... ANCHE LEI PIANGE.

 

 

Autore: Anneliz

 

Spoiler per: La 7° Season fino a “Storyteller”, con accenni alle serie precedenti.

 

Pairing: Nessuna.

 

Rating: Angst. POV di Andrew.

 

Timeline: Post “Storyteller” 

 

Summary: Di notte si possono scoprire verità non tanto piacevoli… Una in particolare, riguardo un generale che non è poi così di ferro.

 

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright. Le lyrics all’inizio della fan-fiction appartengono alla canzone “Cry Ophelia” di Adam Cohen. La traduzione posta a fianco è opera mia.

 

 

 

You say you wanna learn how to live your life without tears

But we've been trying to do that for thousands of years

So go on and cry Ophelia

It's the only thing to do sometimes

You know I'm crying too

Right there with you

It's alright Ophelia

Everybody cries

Dici che vuoi imparare come vivere la tua vita senza lacrime

Ma noi stiamo provando a farlo da migliaia di anni

Così va’ avanti e piangi Ofelia

E’ la sola cosa da fare qualche volta

Sai, anch’io sto piangendo

Lì insieme a te

E’ tutto a posto Ofelia

Tutti piangono

 

 

 

C’è una cosa.

 

Una cosa che non mostra mai.

 

Che non può mostrare, perché pensa che non sarebbero in grado di comprenderla.

 

Perché crede di non avere il diritto di farlo.

 

E invece ne sente lo stesso il bisogno.

 

Di nascosto, sempre di nascosto.

 

Quando tutti gli altri sono addormentati.

 

Quando crede che nessuno di noi può vederla.

 

Si nasconde, da tutti, preferisce la solitudine.

 

…L’ho vista per caso, qualche notte fa.

 

Si sta avvicinando la primavera, lo sai, fa più caldo qui.

 

E non è facile addormentarsi in una stanza piena di ragazzine che parlano e ridacchiano metà del tempo.

 

Come ho detto, non è facile addormentarsi.

 

Esco fuori con la mia immancabile telecamera al collo, sperando che l’aria fresca della notte possa rilassarmi.

 

Cammino un po’ intorno alla casa, solo per sgranchirmi le gambe.

 

E poi sento qualcosa.

 

Un rumore impercettibile all’inizio, sempre più chiaro via via che mi avvicino.

 

Impossibile non riconoscerlo.

 

Singhiozzi.

 

All’oscurità, su un terreno di morte, lontano da tutti.

 

Lei è inginocchiata per terra, su quella stessa terra in cui ha immerso qualche giorno fa una ragazza.

 

E poi si è presa gioco di lei, violando la sacralità della sua stessa morte.

 

Eccola lì, il grande generale del nostro esercito.

 

Sta piangendo.

 

Sembra quasi che non voglia fermarsi mai.

 

Piange come non l’ho mai vista piangere.

 

Io non l’ho mai vista piangere davvero.

 

Mai.

 

Lei è sempre stata quella forte.

 

Lei è quella con il potere.

 

…E’ a questo che il potere l’ha portata.

 

Alla solitudine, a nascondersi, a non poter manifestare più veramente se stessa.

 

Sta piangendo ancora e ancora, senza accorgersi di me.

 

Di me che la spio dall’ombra, incapace di avvicinarmi a lei, ma allo stesso tempo incapace di allontanarmi.

 

Sono ghiacciato, immobilizzato al mio posto.

 

Posso solo continuare a guardare.

 

Guardare senza sapere cosa fare.

 

Volendo dirle qualcosa, qualsiasi cosa.

 

Per confortarla, per farle capire che non è sola nel suo dolore.

 

Ma poi, no, non so davvero quale sia il suo dolore.

 

Perché lei non me lo ha mai mostrato.

 

Non lo hai mai mostrato a nessuno di noi.

 

Lei con la sua immancabile maschera.

 

A volte di rabbia, a volte di freddezza senza fine.

 

Indifferenza, indifferenza verso il mondo e verso la morte.

 

E cattiveria.

 

La maschera che indossa spesso è solo questo.

 

Male allo stato puro.

 

Tanto che c’è da chiedersi sul serio, a volte, chi sia il Primo Male.

 

L’entità astratta e invincibile che stiamo combattendo, o la donna amara che ci sta guidando in questa guerra.

 

Tutti la odiano.

 

Non possono che odiarla.

 

Perché lei non è mai gentile, non sorride, non si disturba neanche a ricordare i loro nomi.

 

E’ solo la Cacciatrice.

 

Quella con il potere.

 

La donna che ha sventato quasi una decina di Apocalissi.

 

E ha stabilito di formare un esercito.

 

Perché se c’è una cosa più forte del Male, quello sono loro.

 

E’ questo che lei ha detto.

 

Lei che si è innalzata a loro comandante, il comandante di soldati ancora inesperti, ragazzine che diventeranno donne.

 

Anche lei è stata ragazzina.

 

La ricordo al liceo.

 

Non è mai stata una delle più belle o delle più popolari.

 

Non parlava mai con tipi come noi, troppo immersa nella sua battaglia personale.

 

Ma era pura.

 

Ed era coraggiosa.

 

Ed ero orgoglioso di lei, e insieme così sollevato che esistesse una Buffy Summers pronta a difendermi, nell’evenienza.

 

Allora tutti la ammiravamo.

 

Perché era una ragazza che combatteva col sorriso sulle labbra.

 

Come quando facemmo esplodere il liceo.

 

Quello, sì, quello fu memorabile.

 

Qualcosa che resterà per sempre impresso nella mia memoria.

 

Anche allora lei era il comandante.

 

Era a capo di una truppa di ragazzini abituati a vivere nella luce, perché completamenti ignari del pericolo che si celava ogni notte nell’oscurità.

 

Ci ha comandato allora.

 

E noi abbiamo vinto, e siamo sopravvissuti… quasi tutti.

 

E l’abbiamo ammirata.

 

Perché aveva saputo come comandare.

 

E perché non era stata sola.

 

Perché allora aveva avuto con sé l’aiuto di validi collaboratori.

 

…C’erano quel Daniel Osbourne e la ricca Cordelia Chase.

 

E poi Willow e Xander, naturalmente.

 

E Il bibliotecario Giles, sempre al suo fianco.

 

E poi c’era quel vampiro, un altro vampiro buono come il nostro Spike.

 

Guardali ora.

 

Se ne sono andati.

 

Quel vampiro, Cordelia Chase e Daniel Osbourne.

 

E guarda invece chi è rimasto.

 

Willow, la strega che aveva tentato di ucciderlo non meno di un anno prima.

 

Xander, l’unico che lo avesse mai veramente tollerato, ma che faceva di tutto per nasconderlo.

 

E poi, sì, certo, Spike e Anya.

 

E ancora Giles con lei.

 

Ma ora lei non comanda più col loro aiuto.

 

Adesso è il solo comandante.

 

Il guerriero che si è addossato volontariamente il peso del comando, senza accertarsi se per caso fosse troppo gravoso da reggere tutto da sola.

 

Ecco ora questo guerriero.

 

Una donna arrabbiata, aspra, senz’amore.

 

Senza considerazione per niente, eccetto una cosa.

 

Oh, sì, una cosa le importa ancora.

 

Lo posso vedere nei suoi occhi, ogni volta che la guardo, anche attraverso una telecamera.

 

La vittoria. La vita.

 

Perché potrebbe anche non volerlo ammettere, ma lei non vuole morire.

 

Vuole vivere, vuole andare avanti, vuole continuare a combattere, anche dopo.

 

E pensa che per farlo non possa fidarsi di nessuno.

 

Nessuno eccetto se stessa.

 

Nessuno che possa veramente meritare il comando quanto lei.

 

E così è sola.

 

E ora piange.

 

In questa sorta di cimitero, lontana dalle persone che le vogliono bene.

 

Lontana dal suo esercito.

 

Perché lei è il comandante.

 

E loro non possono vederla piangere.

 

Perché un comandante deve mostrarsi sempre forte.

 

Sempre duro.

 

E’ questo che lei è, ora.

 

E’ dura, dura dentro.

 

Ha forgiato una corazza che la difende da qualsiasi attacco esterno.

 

E ora è sola.

 

E continua a piangere.

 

Per le ragazze che ha fatto uccidere, per quelle che farà uccidere, per tutto il sangue versato.

 

Perché ce ne sarà ancora di sangue.

 

Perché è sempre sangue.

 

Ma no, non sempre, a quanto pare.

 

A volte è anche lacrime.

 

Le lacrime che hanno richiuso il sigillo.

 

Le mie lacrime.

 

Io che ho pianto per l’orrore del mio crimine.

 

Per aver ucciso il mio migliore amico.

 

…Anche io ho pianto.

 

Non solo lì, su quel sigillo, davanti a lei.

 

Anche io ho pianto, da solo.

 

Perché anch’io sono solo, proprio come lei.

 

Solo che, quello che lei non capisce, quello che proprio non riesce a vedere…

 

E’ che lei ha ancora degli amici.

 

Ha ancora delle persone che la amano.

 

E se solo si affidasse a loro, se solo potesse lasciarsi andare con loro…

 

La mia telecamera è rimasta accesa tutto questo tempo.

 

Buffo, non me ne ero neanche accorto.

 

Perché per una volta non volevo registrare niente.

 

Perché più la guardo, e più penso che questo non sia qualcosa da registrare.

 

O forse, invece, sì.

 

Memorizzare questa scena sulla pellicola, per mostrarla, a lungo, ancora e ancora, all’esercito che adesso starà dormendo nella casa.

 

Per dimostrare che il loro comandante non è poi così forte.

 

Che anche il suo dolore impregna la notte.

 

Che anche le sue lacrime inumidiscono il terreno.

 

Perché anche lei è umana, sotto quella corazza.

 

Ma forse lo hanno dimenticato.

 

Forse lo ha dimenticato lei stessa.

 

Forse è così avviluppata in questa sua convinzione di avere il potere, di essere quella con il potere…

 

Che ormai ha perso di vista il fatto che anche lei era stata una ragazzina, proprio come loro.

 

E proprio come loro ha bisogno di piangere.

 

…E adesso vorrei solo urlare.

 

Urlare contro di lei, scuoterla, farle capire.

 

Fare cadere finalmente la corazza di indifferenza, e gelo, e durezza che ha creato intorno a sé.

 

Per farla tornare una ragazzina.

 

Per farle vedere il mondo attraverso gli occhi del suo esercito, solo ragazzine.

 

Che sono stanche, e spaventate.

 

E anche loro vorrebbero piangere, ma non possono, perché sanno che lei si prenderebbe gioco di loro.

 

Per farle capire che tutti hanno bisogno di piangere.

 

Farle vedere, anche, che se però hai qualcuno accanto a te, quando piangi, che possa consolarti… non sembra tutto più così disperato.

 

Che forse c’è uno spiraglio di luce, dopotutto.

 

E invece non c’è.

 

Non ora. Non con lei.

 

Perché lei non piangerà mai davanti a loro.

 

E loro non piangeranno mai davanti a lei.

 

E’ un ciclo continuo, veramente peculiare.

 

Qualcosa di cui parlare nel mio prossimo documentario, magari.

 

Sempre che non sarò morto nel frattempo.

 

Sempre che non saremo tutti morti nel frattempo.

 

…Mi muovo silenziosamente come posso, cercando di lasciare questo posto di dolore e morte.

 

Ma, ehi, anch’io sono ancora solo un ragazzo, e anche piuttosto imbranato.

 

Un ramo scricchiola sotto il mio piede, e lei alza la testa.

 

I capelli le cadono disordinatamente di fronte al viso, strisce di mascara le rigano le guance.

 

I suoi occhi sono arrossati, gonfi dal pianto.

 

E ora sono pieni di paura.

 

Perché sanno che qualcuno ha scoperto il suo piccolo segreto.

 

Le mani che fino a poco fa stringevano terriccio, si alzano come in una preghiera.

 

Non si muove dal suo posto, però, rimane ferma.

 

Mi guarda, cercando di interpretare la mia reazione.

 

Poi si accorge della telecamera.

 

I suoi occhi tornano a fissarsi nei miei, e la corazza sembra tornata al suo posto.

 

La rabbia scintilla nell’oscurità di quegli occhi, è come un fuoco che distrugge ogni cosa.

 

Detesto quel fuoco.

 

E’ quello che la rende cattiva.

 

Lei non tenta neanche di negare l’evidenza, non si pulisce il viso, non si strattona i vestiti.

 

Continua a fissarmi, e improvvisamente so quali saranno le sue parole.

 

Lo so, senza sapere neanche come.

 

“Loro non lo sapranno. Mai.”

 

E così adesso mi ha coinvolto nel suo piccolo sporco segreto.

 

Adesso sono io quello reso partecipe delle sue debolezze.

 

Ho quasi il timore che lei possa alzarsi, avvicinarsi a me e picchiarmi da un momento all’altro.

 

Ma no, lei non ha ancora la forza per farlo.

 

Non adesso, almeno.

 

E niente mi assicura che non lo farà la prossima volta, con un’altra scusa.

 

La guardo alzarsi, adesso, e poi passarmi accanto, senza degnarmi di uno sguardo, affrettandosi in casa.

 

Sento la porta sbattere.

 

Poi è di nuovo silenzio.

 

…Era il silenzio che cercavo stanotte.

 

E l’aria fresca della notte, per chiudere fuori dalla mia mente qualsiasi altro rumore.

 

E invece ho trovato solo altro rumore.

 

Solo, più forte, più indesiderato, più disperato.

 

Riguardo assentemente il punto dove lei è stata fino a un attimo fa.

 

Sento delle lacrime affacciarsi ai miei occhi.

 

Adesso sono io che ho bisogno di piangere.

 

Perché stasera ho visto qualcosa che gli altri non sapranno mai.

 

Qualcosa che, senza sapere perché, mi fa male.

 

Perché, dentro di me, so che se la situazione cambiasse, se ci fosse qualcosa che potesse riparare tutto… le cose non andrebbero così male.

 

Sarebbe tutto diverso.

 

E invece tutto resta in questo modo.

 

Intanto, io sono ancora qui, e non posso che pensare che, beh… che…

 

…Anche lei piange.

 

 

 

 

FINE