Autore:
Anneliz
Spoiler per: “Ultime Impressioni di Viaggio”
Pairings:
B/S,
A/X, W/T... D/X
Rating: Angst… con un po’ di fluffy iniziale!
Timeline: Circa sessant’anni dopo Ultime Impressioni di
Viaggio
Summary: “Adesso, il sipario era calato davvero”.
Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David
Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcun scopo di
lucro e non intende violare alcun copyright. La canzone menzionata nella fanfic
è “Where Do We Go From Here”, presa in prestito brevemente da “Once More, With
Feeling” 6x07.
Note dell’Autore: Per rendere più facile la lettura… immaginate la
prima parte come il Natale che avreste sempre voluto vedere a casa Summers,
almeno tre anni dopo “The Gift”, facendo tabula rasa della 6^ e 7^ Season. La
seconda parte appartiene all’universo di “…Anche lei piange.”
Dawn si controllò ancora una volta allo
specchio.
Aveva arricciato i capelli, che le
ricadevano morbidi sulle spalle con quelle piccole onde che la facevano
sembrare così sofisticata.
Aveva applicato con attenzione
l’eye-liner e un filo di mascara, solo per far risaltare le ciglia già lunghe.
Come ultimo tocco, aveva passato un po’
di lipgloss sulle labbra… e il risultato era quello che voleva.
Aveva preso in prestito da sua sorella
la gonna sabbiata, quella corta con il cinturone.
Willow le aveva prestato invece la
camicia nera che aveva addosso… quella sottile di seta, con la schiena
trasparente.
Piegandosi, tirò su la zip di uno
stivale e poi dell’altro, e sorrise, ancora incredula di aver davvero comprato
gli stivali di pelle nera alti fin sotto il ginocchio che aveva sognato per
tanto tempo.
Si diede un ultimo sguardo, solo per
essere sicura, per controllare che niente fosse fuori posto.
Voleva essere carina per loro.
Sorrise al riflesso nello specchio.
Era felice. Dio, se lo era.
Janice l’aveva chiamata solo un’ora
prima per comunicarle, ridendo, che entrambe erano state ammesse a Berkeley.
Un sogno realizzato, pensò sorridendo
ancor di più.
Come se non bastasse, il suo migliore
amico da tre anni, Justine, le aveva finalmente chiesto di essere la sua
ragazza.
Quando lo aveva raccontato a Buffy, per
festeggiare, avevano passato un’intera giornata a Los Angeles a fare shopping e
chiacchierare.
Era felice. Probabilmente come non era
mai stata e mai sarebbe stata.
Soddisfatta del suo aspetto, aprì la
porta della sua camera e uscì nel corridoio.
Voci indistinte provenivano dal basso.
Voci conosciute. Voci amiche.
Willow stava parlando del suo ultimo
successo nel campo della magia. Xander stava cantando a squarciagola sulle note
di qualche stupida canzone natalizia.
Si avviò alle scale, passando
velocemente davanti alla porta della camera di sua sorella, ignorando gli ovvi
rumori che venivano dall’interno.
Poteva dire di averci fatto
l’abitudine. Anche se, naturalmente, era sempre così disgustoso!
Scese ogni scalino lentamente, sperando
in un ingresso trionfale.
Ci riuscì.
“Dawnster… cavolo, s-sei…”
Xander balbettò un po', cercando di
schiarirsi la voce.
Dawn sorrise trionfante. Ecco la
reazione che cercava!
Qualcuno diede una gomitata a Xander,
facendolo saltare leggermente.
Dawn risalì lungo il braccio fino a guardare
gli occhi sorridenti di Anya.
“Non farci caso… è solo il suo
modo piuttosto impacciato per dire che sei bellissima stasera”
Dawn ricambiò il sorriso, e vide Xander
annuire una volta prima di rivolgersi alla ragazza bionda al suo fianco.
“Ahn, che cosa ti avevo detto
riguardo alle gomitate?”
Anya parve rifletterci un momento su,
prima di rispondere con uno strano brillio negli occhi.
“’Ahn, non devi colpirmi in pubblico’,”
cominciò, affettando un timbro più basso e maschile. “’Mi fa sembrare meno
virile’”
Xander arrossì, e Anya lo abbracciò
prontamente e gli schioccò un sonoro bacio sulle labbra.
Quando si staccarono, tornarono a
guardare Dawn, che era ai piedi della scala e si guardava attorno cercando di
reprimere il sorriso.
“E’ vero, Dawnie,” intervenne
Willow, “sei davvero incantevole stasera”
“L-luminosa,” concordò Tara,
comparendo al fianco della sua ragazza.
Dawn fece un mezzo inchino, e tutti
applaudirono ridendo.
“Avete finito di adulare mia
sorella?”
Cinque paia di occhi si alzarono per
veder scendere Buffy con Spike dietro di lei.
Dawn rivolse alla sorella un’alzata di
sopracciglio.
“Hai finito di adulare Spike?” esclamò con un sorrisetto malizioso
sul viso.
Buffy arrossì furiosamente, nascondendo
il viso nel collo del vampiro ora accanto a lei.
Spike le passò un braccio intorno alle
spalle e finse un sospiro.
“Purtroppo. Ha detto che c’era
questa strana festività chiamata… Natale… e che dovevamo sembrare assolutamente presentabili”
Si sentì un imbarazzato “Spike!” prima
che tutti tornassero di nuovo a ridere.
“Se non ci sbrighiamo la cena si
fredderà”, esclamò d’un tratto Anya in tono pratico, spingendo Xander verso la
camera da pranzo.
Dawn lasciò passare Willow e Tara e
Buffy e Spike, guardandoli mormorare qualcosa tra di loro prima di scomparire
dal suo campo visivo.
Con passo tremante si avviò anche lei
in quella direzione.
Non capiva, non sapeva spiegarsi perché
stesse tremando. Era una cosa proprio non da lei.
La gioia, quella la capiva. Comprendeva
perfettamente la sensazione di leggerezza che la accompagnava ad ogni passo,
come se stesse fluttuando tra le nuvole.
Dopo pochi passi si ritrovò sulla porta
della camera da pranzo.
Tutti erano già seduti attorno al
tavolo. Aspettavano solo lei.
I piatti fumanti erano già in bella
mostra. Emanavano un odore delizioso.
Andò a sedersi al suo solito posto, tra
Spike e Tara.
Il vampiro le accarezzò una guancia,
sorridendo.
“Buon Natale, briciola”
Forse in un altro momento avrebbe messo
il broncio e avrebbe ribattuto che briciola era un soprannome così stupido e
infantile.
Ma adesso voleva sentirsi solo amata. E
quella singola parola, nella sua semplicità, conteneva tutto l’affetto che
Spike provava per lei.
“Buon Natale anche a te, Spike”
Dawn alzò timidamente il bicchiere di
vino davanti a lei, invitando tutti a fare lo stesso.
“Buon Natale a tutti,” esclamò, e
nella stanza risuonò distintamente un trillo di bicchieri.
“Ora possiamo cominciare a
mangiare?”
“Ahn, che cosa ti avevo detto
riguardo…”
~ * ~ * ~
“Nonna?”
La bambina si chinò leggermente e prese una mano della donna.
Stava diventando un po’ fredda.
Lasciò ricadere la mano sul letto.
Strano, era così… leggera. Senza peso.
La bambina scrollò le spalle, appoggiò un bacio veloce sulla fronte della
donna e le rimboccò le coperte.
Forse così non avrebbe avuto più freddo.
In punta di piedi, uscì dalla camera da letto e si avviò al piano di
sotto.
Un uomo sulla ottantina stava seduto in una sedia a dondolo, intento a
leggere il giornale.
La bambina poteva vederlo solo di profilo.
Gli andò vicino, e per quanto piccola e leggera, il parquet sotto i suoi
piedi scricchiolò un po’.
L’uomo girò gli occhi verso di lei.
“Kittie? Che cosa fai ancora alzata?”
Kittie saltò da un piedino a un altro, senza fermarsi.
“Voglio i miei regali. Voglio aprire i regali!”
L’uomo la guardò sorridendo.
“Lo sai che i regali si scartano la mattina di Natale”
La bambina lo sapeva, glielo avevano detto così tante volte, era così ogni
anno. Da sempre.
Persino da quando il nonno e la nonna abitavano in una strana cittadina
di sogni e incubi chiamata con un buffo nome.
“Nonno?”
Il vecchio, che aveva riportato lo sguardo sul giornale, fissò ancora
Kittie.
“Mi racconti la storia di come hai avuto questo?”
Kittie indicò l’occhio, e solo allora il nonno si girò completamente
verso di lei.
Indicando la benda nera che copriva il suo occhio sinistro, Xander rise.
“Ma bambina… ti avrò raccontato questa storia almeno un milione di
volte”
Kittie si imbronciò.
“Ma io voglio ascoltarla ancora,” mormorò in quel tono petulante a cui
Xander non aveva mai saputo resistere.
La prese tra le braccia e la sistemò sulle sue gambe, e cominciò la
storia di un tempo passato…
~ * ~ * ~
Xander entrò in silenzio nella camera da letto e appoggiò sullo
schienale di una sedia la sua vestaglia.
Si avvicinò alla grande specchiera sopra il comò per osservare la benda.
“Domani mattina chiamerò Tommy,” borbottò alla moglie. “E’ da tanto che
non viene a trovarci. Credi che ce la farà per cena?”
La sua domanda non ricevette risposta.
Xander si avvicinò al letto, sedendosi.
“Dawnie? Sei sveglia?”
Si sporse verso il lato destro, dove riposava il corpo immobile della
moglie.
La scosse leggermente, prendendola per un braccio.
Solo allora si accorse che forse era… troppo immobile.
Con una sensazione di panico che non provava da chissà quanto tempo, prese
tra le sue una delle mani della moglie.
Respira a fondo, si diceva di respirare, doveva respirare, non doveva
farsi prendere dal panico.
Controllò il battito sul polso.
Un brivido freddo lo attraversò da capo a piedi, e Xander si sentì gelare.
Si sentì freddo come la mano che stringeva forte.
La mano che apparteneva a sua moglie, al suo tesoro, a Dawnie.
Chiuse gli occhi brevemente, per poi riaprirli, e verificare che lei non
stesse davvero più respirando.
Il suo petto non si alzava né si abbassava più.
Era finita. Era finita davvero. Era… tutto finito.
Non si diede più il tempo di pensare.
Quando chiamò la polizia, suo figlio, sua figlia, non era davvero in sé.
Non era davvero cosciente delle sue azioni.
Era finito. Era tutto finito. Questo era tutto quello a cui riusciva a
pensare.
Una canzone risuonava nella sua testa.
Si ritrovò a riflettere che era strano che la ricordasse ancora. Strano
che il suo cervello non l’avesse automaticamente rimossa come più delle cose
legate a Sunnydale.
“We can tell the end is
near... Where do we go from here?”
La fine era vicina. Ma non c’era più alcun luogo dove andare.
Avevano trovato la loro casa a Seattle, e qui sarebbe rimasto.
Quella canzone apparteneva a un tempo troppo lontano per poter
indugiarvi oltre.
Un tempo in cui Anya, Tara, Giles, Willow, Spike… Dawn erano ancora
vivi.
Un tempo in cui Buffy era con loro… riluttante… ma era con loro, e non
dispersa Dio sa dove, sull’orlo della pazzia, o chissà… forse anche lei morta.
Un tempo che altri non poteva definirsi che passato.
Xander ritornò nel suo studio e si sedette ancora una volta sulla sedia
a dondolo, in attesa dell’arrivo dei poliziotti.
Solo allora, chissà perché, gli tornò in mente che aveva visto un
sorriso sul volto della moglie.
Doveva esser stata felice negli ultimi istanti della sua vita.
Sorrise anche lui, anche se il suo era più una smorfia che un sorriso.
In quel tempo passato era stato solo un gioco, un incantesimo. Adesso,
il sipario era calato davvero.
FINE