IMMORTAL

 

 

Autore: Anneliz

 

Spoiler per: Tutta la 7^ Stagione di BtVS, in special modo, “Chosen”, e la 4^ stagione di AtS, e soprattutto “Home”.

 

Pairing: B/Andrew, B/S (una sorta)

 

Rating: Angst

 

Timeline: Quasi trent’anni dopo Solo fantasmi

 

Summary: La vita va avanti… le persone cambiano… la domanda è: quanto?

 

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright. Le lyrics appartengono alla canzone “My Immortal” degli Evanescence.

 

 

 

 

 

 

 

Buffy tamburellò sul tavolo con le dita di una mano, distrattamente girando il capo intorno per osservare l’aspetto rustico del pub.

 

Il suo sguardo si posò su un’anziana coppia a qualche tavolo dal suo.

 

Li vide sorridere al bambino piccolo che avevano con loro, spiegandogli chissà quale mistero della natura.

 

Sorrise anche lei, fermando la mano.

 

L’uomo allungò una mano sul tavolo, prendendo con la sua quella della donna.

 

I due si guardarono negli occhi per un momento, prima di tornare a parlare col bambino.

 

Qualcosa dentro di lei si strinse come in una morsa.

 

Il suo cuore sanguinante, rifletté spassionatamente.

 

L’amore che quei due provavano l’uno per l’altra si rifletteva fino a lei, sommergendola di calore.

 

Non abbastanza per riscaldarla nell’interno.

 

Niente era mai abbastanza per scioglierla completamente.

 

Trattenendo quel treno di pensieri che avrebbe potuto – lo sapeva – travolgerla senza pietà, e lasciarla più vuota di quanto già fosse, si costrinse a guardare da un’altra parte.

 

E il suo sguardo cadde naturalmente sull’uomo biondo che aspettava al bancone.

 

Buffy si soffermò per un attimo sui suoi capelli pettinati in puntine verso l’alto, ricordando come proprio quella mattina lui si fosse soffermato davanti allo specchio ad applicare un po’ di gel.

 

Ricordando lo sguardo gentile che lui le aveva rivolto, guardando attraverso il riflesso dello specchio la sua forma sdraiata tra le coperte.

 

Buffy sentì un’altra morsa al petto, ma stavolta non distolse lo sguardo.

 

Avrebbe voluto che lui la guardasse, ora.

 

Che la guardasse con i suoi occhi gentili e potesse così prometterle… cosa?

 

Qualcosa che nessuno le avrebbe mai potuto dare.

 

Qualcosa che, senza che lei potesse rendersene conto, le era stato sottratto tanti anni prima in cambio di un dono.

 

I capelli dell’uomo al bancone erano biondi.

 

Ma Buffy si era stupita quando, per la prima volta, ne aveva trovati di bianchi.

 

E si era stupita, quando aveva realizzato che il suo sguardo gentile aveva acquistato quel sottile tono adulto di cui lei non si era mai accorta prima.

 

Lui poteva maturare e cambiare.

 

Lei no.

 

A causa di un dono fattole molto tempo prima.

 

Il suono sensuale di un pianoforte invase d’improvviso l’aria.

 

Quella musica le riportò alla memoria ricordi che avrebbe preferito rimanessero sepolti.

 

Poi la profonda voce della cantante risuonò tentativamente, e poi sempre più forte.

 

 

~ I'm so tired of being here

Suppressed by all of my childish fears

And if you have to leave

I wish that you would just leave

Because your presence still lingers here

And it won't leave me alone ~

 

 

Buffy sentì un suono molto simile a un singhiozzo.

 

E poi si accorse con orrore, di esser stata lei stessa ad emetterlo.

 

Chiuse gli occhi istintivamente, lasciando semplicemente che la musica le scivolasse addosso.

 

Non era più stanca come lo era stata allora.

 

Allora il suo era stato quasi un desiderio di morte, la stanchezza di vivere in un mondo che… non sembrava aver più felicità per lei.

 

Ma ora, si rese conto, quella stanchezza e quell’insofferenza non erano scomparse.

 

Credeva di averle immerse così bene in profondità, che non sarebbero mai più risalite in superficie.

 

E invece era accaduto.

 

Invece, sentiva ancora una volta, come tanto tempo prima, che quello non era il suo posto.

 

Che doveva esserci, nell’universo, un posto che fosse designato unicamente per lei… ma sicuramente non poteva essere qui.

 

Un posto dove tutte le paure che l’avevano trattenuta e l’avevano bloccata un tempo sarebbero svanite per sempre.

 

Un posto dove… lui sarebbe svanito per sempre, e non sarebbe più tornato a torturarla.

 

O dove, in alternativa, sarebbero vissuti insieme per… l’eternità.

 

Perché la sua presenza… il ricordo dei suoi occhi blu, il tocco delle sue mani, l’amore che infondeva da lui… tutto di lui era ancora con lei.

 

Anche se lei lo combatteva ogni giorno.

 

Anche se ogni giorno lei si ripeteva di non pensare a lui.

 

Ogni giorno quando sperava, pregava, che lui l’avrebbe lasciata sola.

 

Ma, lui non andava mai via.

 

Rimaneva con lei, e il suo dono per lei era una costante memoria che quello che avevano avuto era esistito.

 

E Buffy ripensò, per l’ennesima volta, che avrebbe davvero preferito poter farne a meno.

 

 

~ ~ ~ ~

 

 

Andrew conosceva quella canzone.

 

Ricordava di averla sentita, tanti anni prima, e di non aver davvero capito il suo significato.

 

Perché come si poteva essere così ossessionati da una persona, da poter conservare per sempre il suo ricordo?

 

O come si poteva essere così… innamorati di una persona, da accettare di starle accanto per sempre?

 

 

~ When you cried I'd wipe away all of your tears

When you'd scream I'd fight away all of your fears

And I've held your hand through all of these years

But you still have all of me ~

 

 

Si girò, dando le spalle al bancone, per fissare la sua ragazza seduta qualche tavolo più in là.

 

La sua ragazza.

 

Gli piaceva il suono di quella parola.

 

Gli piaceva sapere che se lei avesse avuto un problema, lui sarebbe stato lì per lei.

 

Che se lei avesse ancora sentito il bisogno di piangere, lui le avrebbe offerto la sua spalla.

 

Che se lei, di notte, si fosse svegliata urlante da uno dei suoi incubi, lui sarebbe stato quello a consolarla.

 

Che se soltanto lei glielo avesse chiesto, lui l’avrebbe condotta per mano in qualsiasi luogo.

 

Dopo tanti anni lui non aveva dimenticato.

 

Non aveva dimenticato chi era stato, o chi lei era stata.

 

Andrew ricordava tutto perfettamente, anche dopo quasi trent’anni.

 

Anche dopo quasi trent’anni di viaggi ininterrotti, e continue scoperte, e piacevoli giornate trascorse insieme.

 

Non aveva dimenticato che c’era stato un tempo in cui lei era stata più fredda del ghiaccio.

 

E non dimenticava che, ancora oggi, c’erano alcuni momenti in cui sapeva di non possederla completamente.

 

Momenti in cui lei era così scostante, e indifferente a qualsiasi cosa, che tutto quello che avevano costruito sembrava quasi sgretolarsi sotto il peso della sua freddezza.

 

Non aveva dimenticato quante volte aveva pensato ad arrendersi.

 

Quante volte aveva considerato che, forse, non ne valeva davvero la pena.

 

Ma poi, alla fine, era rimasto sempre.

 

Lui rimaneva sempre al suo fianco.

 

Lui era quello che non l’avrebbe abbandonata.

 

O almeno era quello che a Andrew piaceva pensare.

 

Senza che lui potesse farci qualcosa, lei si era impadronita di lui.

 

Lei ora aveva tutto di lui.

 

Anche se lui, lo sapeva, non avrebbe mai avuto completamente lei.

 

 

~ ~ ~ ~ ~ ~

 

 

Quella stupida canzone continuava a suonare in sottofondo, anche dopo che lui era ritornato al suo tavolo.

 

Buffy parlava con lui, lo ascoltava, rideva ed era semplicemente lì per lui.

 

Ma una piccola parte della sua mente era irrimediabilmente attirata dalle parole della canzone.

 

Dalla sottile consapevolezza che si stava facendo lentamente strada dentro di lei.

 

E la verità di quelle parole bussava così forte alla sua anima, che Buffy avrebbe potuto giurare di non sentire nient’altro.

 

Eppure sentiva lui, lì di fronte a lei.

 

Anche se il suo pensiero, coadiuvato da quella maledetta canzone, la portava lontano.

 

 

~ Your face it haunts my once pleasant dreams

Your voice it chased away all the sanity in me ~

 

 

Ricordava ancora tutto del fantasma che qualche volta tornava a perseguitarla nei sogni.

 

Ricordava come all’inizio fosse stato solo pazzia per lei.

 

Ricordava i primi giorni dopo la sua scomparsa, quando lei barcollava sul limite di quel cratere, e sul limite della sanità.

 

E poi, l’uomo che adesso le era davanti l’aveva salvata.

 

Come un cavaliere dall’armatura scintillante, le aveva fatto vedere che il mondo poteva essere ancora bello.

 

Che ogni cosa, vista con lui, poteva essere ancora bella.

 

Ma un viso e una voce, nei suoi sogni, come in alcuni momenti di perfetta chiarezza, sembravano voler continuamente contraddirlo.

 

E lei non aveva saputo più chi avesse avuto ragione.

 

L’uomo che le era rimasto accanto per trenta lunghi anni senza aspettarsi davvero così tanto da lei…

 

…o l’altro, quello che, nonostante le sue risuonanti promesse, l’aveva abbandonata, per non lasciarla mai completamente sola?

 

…E perché, esattamente, ci stava ancora pensando?

 

Perché, quando l’uomo davanti a lei la stava guardando con così tanto amore?

 

Perché non poteva semplicemente accettare che le cose fossero andate a quel modo?

 

Ma non poteva.

 

 

~ I've tried so hard to tell myself that you're gone ~

 

 

Non avrebbe mai potuto accettarlo.

 

Come non avrebbe mai potuto accettare che lui fosse andato veramente.

 

Perché, in qualche modo, lui continuava a vivere dentro di lei.

 

In un modo così speciale, che nessuno sarebbe mai riuscito a scacciarlo.

 

In un modo così unico, che a volte lei si chiedeva davvero se fosse stato questo perché.

 

Perché poi lui era stato così diverso.

 

Ma forse la sua era solo un’illusione.

 

Era solo uno stratagemma per giustificare, anche contro l’evidenza dei fatti, il comportamento di lui.

 

Non importava, era quello che continuava a ripetersi.

 

Non doveva, per nessuna ragione, importare.

 

Lui la riportò a sé, sfiorandole delicatamente con una mano il viso.

 

Un viso che non avrebbe mai visto cambiamenti, eccetto cicatrici o lividi.

 

Un viso che sarebbe rimasto giovane, per sempre.

 

Il suo dono e la sua maledizione.

 

 

~ ~ ~ ~ ~

 

 

Andrew ricatturò la sua attenzione, guardando con ammirazione il suo viso da ventenne.

 

Niente avrebbe mai potuto scalfirlo.

 

Niente, eccetto la tristezza quando il ricordo dell’altro era così chiaramente visibile nei suoi lineamenti.

 

Niente, eccetto la rabbia che, di tanto in tanto, la invadeva, per essere incapace di ribellarsi al proprio destino.

 

Niente, eccetto l’affetto che lui vedeva riflesso spesso nei suoi occhi, diretto a lui.

 

Erano i momenti in cui lui avrebbe sempre voluto urlare.

 

Quelli in cui, nonostante lei fosse con lui, lui si sentiva così tanto inspiegabilmente solo.

 

 

~ And though you're still with me

I've been alone all along ~

 

 

Andrew preferì rivolgerle un caldo sorriso, piuttosto che cedere alle lacrime che sapeva stavano per arrivare.

 

Dannata canzone…

 

E dannato lui che, nonostante tutto, continuava a sottoporsi a questa tortura.

 

Quando sarebbe finalmente tutto finito?

 

Quando lei si fosse stancata da lui e sarebbe andata in cerca dell’altro che l’aveva rifiutata?

 

O quando lui non avrebbe più accettato di vederla così invariabilmente giovane mentre la vecchiaia, o la solitudine, continuavano a roderlo lentamente dall’interno?

 

In quel momento non voleva pensarci, rifletté.

 

Le prese una mano tra le sue, stringendola forte.

 

Poi si volse verso un uomo che stava passando accanto a loro.

 

“Mi scusi… potrebbe farci una foto?”

 

Gli mostrò la piccola macchina fotografica digitale che prima aveva tenuto nella giacca del cappotto.

 

Rivolse un sorriso quasi triste a lei, che lo aveva guardato leggermente sorpreso.

 

“Solo un ricordo di ora”

 

Neanche lui sapeva se il suo tono tradiva l’amarezza che stava sentendo.

 

L’uomo lasciò che si preparassero, e dopo qualche momento premette il piccolo pulsante per lo scatto.

 

Il flash illuminò le loro forme, mentre entrambi sorridevano all’obiettivo.

 

Solo una foto dell’anno 2032 da aggiungere al loro più che fornito album.

 

 

~ ~ ~ ~ ~

 

 

“… La riunione è aggiornata”

 

Il rumore di sedie che venivano trascinate all’indietro segnalò l’uscita dalla stanza dei dipendenti della Wolfram & Hart.

 

Anche Angel si alzò in piedi, e prima che potesse allontanarsi, afferrò per il polso il suo miglior impiegato del mese.

 

William si girò a guardarlo con un’espressione contrariata.

 

Angel lo ammonì con lo sguardo di non fare storie.

 

“Ho qualcosa di cui devo parlarti”

 

William sospirò, ma tornò a sedersi.

 

“Dimmi pure” mormorò abbassando lo sguardo davanti a lui su una stilografica argentata.

 

Angel uscì dalla stanza riunioni per ritornarvi un minuto dopo portando con sé un pacco di lettere, poi le appoggiò sul tavolo.

 

William le guardò senza capire.

 

“Queste”, gli disse, indicando le lettere, “sono lettere di Buffy”

 

Il viso di William si indurì immediatamente.

 

Buffy.

 

Non era qualcosa di cui parlavano ormai troppo spesso.

 

Soprattutto da quando Angel aveva riacquistato la sua umanità.

 

E lui invece…

 

Quando ogni precisa memoria di lei era ritornata, per un piccolo, fugace secondo, William aveva pensato di andare da lei.

 

Ma quell’attimo di insanità era passato in fretta.

 

Lui non poteva tornare da Buffy.

 

Non doveva.

 

Doveva dimostrare al mondo, e a se stesso, che poteva essere qualcuno – un essere umano – anche senza di lei.

 

E no, forse non era neanche questo – lui non doveva dimostrare niente a nessuno..

 

Vivere senza di lei era quello che doveva fare, semplicemente, perché solo così si sarebbe risparmiato tutto il dolore che solo lei sapeva recargli.

 

A volte, sì, William pensava ancora a lei.

 

Ma erano soltanto pensieri innocui.

 

Si domandava dove fosse, se stesse bene, se avesse finalmente trovato l’unico uomo in grado di renderla felice…

 

E no, quel pensiero non gli provocava nessun dolore.

 

Assolutamente.

 

…Solo un po’, magari.

 

Non che William lo avesse mai ammesso con qualcuno.

 

Neanche con Cordelia, che sapeva ascoltarlo così bene.

 

Ma… non era importante ora.

 

Angel stava parlando di lettere.

 

Lettere di Buffy.

 

William sapeva che Buffy e Angel si scrivevano spesso.

 

Ma Angel non aveva mai condiviso quella corrispondenza con lui.

 

“Cosa?” William domandò ad Angel, in tono strettamente professionale.

 

Sospirando, Angel prese un singolo foglio e glielo porse.

 

In quell’attimo, guardandolo, William vide finalmente i cambiamenti sul volto stanco del suo capo.

 

Quell’umanità che aveva riacquistato anni prima lo stava trasformando lentamente.

 

Quell’aspetto troppo giovane era scomparso, per essere rimpiazzato dall’aria seria di un quasi quarantenne.

 

In un altro momento, si sarebbe preso gioco di lui, ma adesso preferì prestare attenzione a quello che gli stava porgendo.

 

Era una foto, William notò distrattamente.

 

“Guardala,” lo incitò Angel.

 

William scrollò le spalle, e girò la foto.

 

E la rivide.

 

Bella come lo era sempre stata.

 

Con il sorriso che lo aveva stregato dalla prima volta che le aveva messo gli occhi addosso, e gli occhi verdi scintillanti.

 

Buffy.

 

E certo, vide anche Andrew al suo fianco.

 

Li vide l’uno accanto all’altro, sorridenti, e non poté reprimere un pensiero amaro.

 

Alla fine si era preso lui la ragazza.

 

Alla fine era stato lui il più fortunato.

 

Aveva mantenuto la sua promessa di prendersi cura di lei.

 

Ora, William avrebbe dovuto essere soddisfatto, giusto?

 

…Giusto.

 

William ridiede l’istantanea ad Angel, senza una parola, ma l’uomo la spinse nuovamente nelle sue mani.

 

“Non vedi niente di strano qui?”

 

William avrebbe voluto dire di sì.

 

Una piccola parte di lui, quella che aveva represso in profondità, avrebbe voluto urlare che doveva essere lui quello al suo fianco nella foto.

 

Naturalmente non lo fece.

 

“E’ una foto perfettamente normale, Angel. Non vedo cosa…”

 

Angel lo guardò negli occhi, aggrottando la fronte in quel suo modo serio.

 

“William, guarda la data sul retro”

 

Con fare indifferente, William girò l’istantanea e lesse la singola riga.

 

Winchester, 20 agosto 2032

 

Inarcando un sopracciglio, William riguardò l’immagine.

 

La fissò di nuovo, a lungo, quando finalmente intuì quello a cui Angel si stava riferendo.

 

Spalancando gli occhi, li fissò in quelli più anziani del suo capo.

 

“Lei… l-lei è…”

 

Ingoiò il nodo che aveva in gola, e riprese a parlare.

 

“Voglio dire, lei non è…”

 

“La mia ipotesi,” lo interruppe Angel, girando lo sguardo sull’istantanea, “è che tu non sia stato l’unico a ricevere un dono quella notte.”

 

Quella notte.

 

Inconsciamente, William strinse la mano sinistra.

 

La notte della sua morte, certo, quando era accaduta quella cosa incredibile.

 

Mentre le loro dita, le sue e quelle di Buffy, si erano intrecciate, e persino le loro anime sembravano essere unite… Buffy gli aveva fatto un dono.

 

Qualcosa di cui neanche lei era a conoscenza.

 

Gli aveva trasferito un po’ della sua forza.

 

E così, quando William era tornato alla vita come umano, aveva conservato ancora i poteri della Cacciatrice.

 

L’unico caso, che si fosse mai potuto registrare dall’inizio dei tempi ad oggi.

 

Non che la sua unicità fosse durata a lungo.

 

“Lei ti ha conferito i suoi poteri da Cacciatrice,” continuò Angel. “E tu sei stato l’eccezione, finché… beh, fino al giorno dell’incidente.”

 

L’incidente.

 

Insolito eufemismo per indicare il giorno della sua seconda morte.

 

O forse era la terza?

 

Un errore… uno stupido, stupido errore…

 

E un vampiro aveva avuto il suo buon giorno.

 

Come aveva sempre promesso a Buffy che sarebbe accaduto a lei.

 

Solo che il vampiro aveva avuto un contorto senso dell’umorismo, e l’aveva nuovamente reso quello che una volta era stato.

 

E da quindici anni William era di nuovo un vampiro.

 

Ma non vi dava più tanta importanza.

 

“Ma a quanto pare anche tu le hai fatto dono di qualcosa…”

 

Angel stava parlando ancora.

 

William alzò il capo per incontrare il suo sguardo.

 

“Lei è…”

 

“…immortale,” terminò Angel per lui a voce bassa.

 

Avrebbe pianto, se non avesse versato già abbastanza lacrime.

 

E avrebbe riso, se solo i suoi muscoli facciali glielo avessero permesso.

 

E… e… avrebbe voluto fare tante altre cose.

 

Ma rimase immobile dov’era, impassibile.

 

Stettero in silenzio per qualche minuto, entrambi insicuri su cosa dire.

 

Fu William che spezzò il silenzio.

 

Con calma, ringraziò Angel per l’informazione e, con altrettanta calma, uscì dalla stanza, augurandogli la buona notte.

 

Poi, con passi controllati, si ritirò nel suo ufficio, al piano più alto dell’edificio.

 

Aveva detto ad Angel buona notte, eppure la notte stava per finire.

 

La tenue luce dell’alba si intravedeva già all’orizzonte.

 

William rimase in piedi contro la finestra protetta magicamente, guardando la nascita del nuovo giorno.

 

Con un gesto arrabbiato, asciugò la singola lacrima che graziava la sua guancia.

 

 

 

FINE