TEMPESTA ELETTRICA

 

 

 

 

Spoiler per: “Faith, Hope and Trick”, “Lover’s Walk”, “The Wish” (sebbene Buffy e Spike non siano presenti al momento degli episodi… immaginate che tutto si sia svolto anche senza di loro)

 

Pairing: A/F, B/S, W/O

 

Rating: Un po’ di Angst sparso qua e là

 

Timeline: post “Due nella Tempesta” (per Buffy e Spike) – post “The Wish” (per tutto il resto della Gang): ciò significa che Oz e Cordelia hanno lasciato Willow e Xander, e che Anya ha perso i suoi poteri da demone della vendetta.

 

Summary: Buffy e Spike sono tornati a Sunnydale… cosa succederà quando scopriranno che alcune cose, in loro assenza, sono cambiate… ed altre invece no?

 

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

Note dell’Autore: So quanti di voi aspettavano questo seguito, e sono davvero dispiaciuta per avervi fatto aspettare tanto. Negli ultimi giorni ho visto i DVD della 3^ Season di Buffy, e un’idea, all’improvviso, si è fatta strada nella mia mente e proprio non ha voluto andarsene! Spero che vi piaccia, e soprattutto, che mi facciate sapere cosa ne pensate!

 

Distribuzione:  Per la distribuzione di questa fanfic rivolgersi per favore alla sottoscritta! 

 

 

 

 

Della sua infanzia, Faith ricordava distintamente la continua ubriachezza della madre e i lunghi anni trascorsi in solitudine, troppo orgogliosa per giocare con altri bambini, e troppo intimidatoria perché loro potessero avvicinarsi a lei.

 

Man mano che cresceva, aveva capito molte cose.

 

Che non poteva fidarsi di nessuno, eccetto che di se stessa.

 

Che tutti gli uomini, per quanto di aspetto piacevole e pronti a prometterle anche il mondo, sarebbero stati sempre e solo una disgrazia.

 

Che il mondo era duro, e doloroso, e che ogni giorno era una continua battaglia per la sopravvivenza.

 

Quest’ultima parte, poi, l’aveva provata letteralmente sulla propria pelle.

 

Era venuta a conoscenza del suo destino da Cacciatrice.

 

Quella era forse l’unica memoria felice che Faith avesse.

 

Il breve momento in cui aveva sperato di non essere così completamente sola.

 

Il tempo in cui aveva pensato che l’altra Cacciatrice – quella che risiedeva a Sunnydale – in qualche modo avrebbe potuto aiutarla.

 

Ma poi la sua Osservatrice, quella donna tanto gentile e tanto, tanto giovane, era morta.

 

E Faith aveva perso anche quelle ultime illusioni.

 

Arrivare a Sunnydale, allora, era stato solo un modo per liberarsi di Kakistos.

 

Che, comunque, l’aveva seguita fino a lì, imperterrito.

 

Ma, per la prima volta, nella sua intera vita, Faith non era stata sola.

 

E non importava davvero che  l’altra Cacciatrice non fosse stata lì.

 

Non era stata sola quando aveva dovuto affrontare i fantasmi del passato e quel vampiro che le sembrava così spaventoso.

 

Mentre infilava il largo palo di legno nel petto del suo nemico, Faith aveva finalmente compreso che tutto poteva essere diverso.

 

Che le persone che allora le stavano intorno, per aiutarla – potevano diventare suoi amici.

 

Che l’Osservatore che si fingeva bibliotecario avrebbe potuto essere il suo Osservatore, e allenarla a migliorare.

 

Che il vampiro dagli occhi tormentati che era rimasto il più del tempo nell’ombra, uscendone solo per uccidere qualche suo simile, forse avrebbe potuto insegnarle a convivere col suo dolore.

 

E forse diventare anche qualcos’altro.

 

…Che era poi quello che era successo.

 

E lei non si era mai resa conto, fino a quel momento, di possedere così tanto amore.

 

Non aveva creduto di poter essere ancora in grado di piangere, quando lei e Angel avevano finalmente ammesso i propri sentimenti l’uno all’altra.

 

Faith sapeva dell’altra Cacciatrice.

 

Sapeva che tutti loro, tutti, anche il suo Angel, continuavano a soffrire per la sua scomparsa e non smettevano mai di cercarla.

 

Ma non si sentiva minacciata da lei.

 

Adesso aveva tutto quello che aveva sempre desiderato nella vita.

 

Anche Joyce, la madre dell’altra Cacciatrice, era stata con lei gentile come gli altri, diventando quasi la madre che Faith non aveva mai avuto davvero.

 

Sì, tutto sommato, Faith era felice.

 

Sapeva che non c’era niente che avrebbe potuto distruggere il suo piccolo mondo d’amore…

 

 

 

Faith guardò, immobile, mentre Angel, Xander, Willow e Giles correvano al fianco di Buffy.

 

Senza prestarvi davvero attenzione, spinse leggermente con la punta del piede il corpo svenuto di un uomo biondo a terra accanto a lei.

 

“Del biondo qui che ne facciamo…”

 

Non si aspettava veramente una risposta, non dopo essere così pienamente consapevole che non l’avevano neanche ascoltata.

 

Tutta la loro attenzione era sulla piccola ragazza per la quale avevano speso più e più notte svegli.

 

Prese un lungo respiro, cercando di ricomporsi.

 

Non vi riuscì.

 

E quello che Faith pensava non sarebbe più successo, accadde di nuovo.

 

Faith si sentì per la prima volta dopo molti mesi, sola.

 

  CAPITOLO 1

 

 

 

 

Quando Buffy aveva riaperto gli occhi, per un momento ogni cosa attorno a lei era sembrata semplicemente appannata e opaca.

 

Un attimo dopo, la vista le si era schiarita lentamente, e l’immagine di una donna bruna le era comparsa dinanzi.

 

Una donna che Buffy non aveva mai visto prima.

 

Ma che, istantaneamente, in qualche strano modo che non sapeva neanche spiegarsi, le aveva emanato un senso di familiarità.

 

Così, solo in un secondo momento aveva scoperto che quella ragazza che la guardava con così tanta altrettanto inspiegabile ostilità, era anche lei una Cacciatrice.

 

E a quanto pare, quella ragazza -  Faith - aveva preso il suo posto, qui a Sunnydale.

 

In più modi di uno. In più modi di quello che avrebbe gradito.

 

Aveva risposto con calma e rassicurazione alle frantiche domande dei suoi amici.

 

Aveva dato a Giles una precisa e dettagliata descrizione del loro viaggio.

 

In silenzio, aveva guardato Angel restare in disparte, e parlare sottovoce a Faith.

 

Sentendo uno strano vuoto all’altezza del petto, aveva appurato dai suoi amici, non senza mordenti commenti e minacce di morte, che Spike era riuscito a scappare molto prima che lei si svegliasse.

 

Chiudendo gli occhi, chiudendo all’esterno le voci dei suoi amici, i loro volti, le domande di Giles, la vista di Faith e Angel e… tutto… tutto… un breve pensiero attraversò la sua mente.

 

“E’ questo l’inferno?”

 

 

~ * ~ * ~

 

 

Quando Spike arrivò nella sicurezza delle ombre, in una delle tante cripte disabitate di Sunnyhell, solo allora… lasciò uscire quel sospiro che aveva minacciato di sommergerlo così tante volte.

 

Solo lì, nel silenzio di quel luogo che puzzava terribilmente di morte, si lasciò andare ai ricordi e ai pensieri.

 

Ricordò di essersi svegliato nella biblioteca del liceo, a terra, ai piedi di un tavolo.

 

Ricordò che qualcuno – l’Osservatore, forse… non vi aveva davvero prestato attenzione – si era accorto di lui, ed immediatamente aveva attirato l’attenzione degli altri.

 

Ricordò di esser riuscito ad alzarsi, nonostante avesse quasi la sensazione che il peso del mondo risiedesse sulle sue spalle, e di esser riuscito a correr via.

 

E, una volta arrivato alle porte, per un momento, un breve, brevissimo momento, si era girato e l’aveva cercata con gli occhi.

 

E l’aveva trovata, sì, l’aveva trovata… sdraiata su quel tavolo di legno, circondata dai suoi amici, tutti in cerchio attorno a lei, per proteggerla…

 

…da lui.

 

Lui che l’aveva protetta per quei lunghi mesi molte più volte di quanto probabilmente avessero fatto loro.

 

Era bastato quello… i loro sguardi, il loro disgusto, la loro sfiducia… a confermare tutto ciò che Spike aveva temuto sarebbe successo.

 

Cos’altro avrebbe potuto tuttavia aspettarsi?

 

Non che… volesse tutto quello.

 

Non che fosse in cerca della loro fiducia o del loro rispetto… non che pensasse neanche di meritarli.

 

No. A lui bastava lei.

 

E sapeva, con una consapevolezza che gli stringeva il cuore in una morsa che quasi non lo lasciava respirare, che non l’avrebbe avuta.

 

Anche se tutto… tutto… era cambiato tra di loro.

 

Anche se Angel – l’Angel per il quale erano andati all’Inferno – aveva addosso l’odore di quella donna bruna – un’altra Cacciatrice, si era reso conto.

 

Spike non era mai stato un tipo che si faceva molte illusioni.

 

Sapeva amare, ne era in grado, e più di una volta proprio le sue passioni lo avevano cacciato nei guai.

 

Ma Spike non era un illuso.

 

Spike aveva saputo da subito che, quando Angelus era stato maledetto per la prima volta, non aveva abbandonato lui e Dru perché si sentisse confuso e perso – ma solo per il suo proverbiale egoismo.

 

Che nonostante Dru fosse rimasta con lui per tutti quegli anni, non era stato perché lo amava o per chissà quale altro motivo romantico… ma perché aveva bisogno che lui si prendesse cura di lei, e perché aveva bisogno di un sostituto mentre daddy era via.

 

Aveva saputo che Buffy gli aveva chiesto aiuto, all’inizio dell’estate, solo perché lui era forte, e senza più speranza, e… semplicemente pazzo.

 

E questo, ancora, poteva capirlo, perché… non aveva fatto lui la stessa cosa, rivolgendosi a lei quando Angelus aveva minacciato di mandare il mondo all’Inferno?

 

Sì, questo poteva capirlo.

 

Ma non aveva illusioni che il suo mondo, ora, potessero accettarlo.

 

Anche se, a quanto pare, non avevano avuto problemi ad accogliere Angel nelle loro braccia, non voleva credere che per lui sarebbe stato così facile.

 

Di nuovo, non che gli importasse cosa quei bambocci pensassero di lui.

 

Non… veramente.

 

… A lui sarebbe bastata solo lei.

 

Con un altro lungo, profondo sospiro, si chiese se fosse quello l’inferno, ignaro che dall’altra parte della città, per motivi simili e diversi, Buffy stava facendo la stessa cosa.

 

 

~ * ~ * ~

 

 

Trick bussò alla porta, riaggiustandosi nervosamente la cravatta.

 

Dopo un attimo, un umano su cui poteva odorare anche troppa paura, gli aprì la porta e si fece da parte per lasciarlo passare.

 

Dal giorno in cui aveva messo piede a Sunnydale, Trick era stato immediatamente messo in guardia dagli altri vampiri sugli affari illegali portati avanti dal Primo Cittadino.

 

Certo non ne era stato intimorito, e certo aveva continuato ad occuparsi dei suoi interessi, tentando, almeno, di essere il più discreto possibile.

 

Beh, sì, poteva ammettere che ‘La Caccia alla Cacciatrice’ non era stata la cosa più discreta da fare.

 

E, con una punta di risentimento, ricordò la sua cattiva riuscita e come aveva dovuto rimborsare i suoi partecipanti – o, quelli che ne erano sopravvissuti, pensò sorridendo.

 

E, certo, il suo ingresso trionfale in città accompagnato da Kakistos non aveva fatto un buon effetto.

 

Tuttavia, Trick era stato perplesso nel ricevere quell’ingiunzione a recarsi al Municipio.

 

E ancor più, lo era ora, ora che si trovava di fronte a Richard Wilkins III in persona.

 

Un umano, rifletté, e subito quel pensiero fu accompagnato da un altro.

 

Probabilmente non per molto.

 

“Vuole accomodarsi, signor Trick?” gli chiese educatamente il Sindaco.

 

Ancora sorpreso, il vampiro fece come gli era stato detto.

 

Wilkins sorrise.

 

“Sono sicuro che andremo molto d’accordo, signor Trick,” continuò il Primo Cittadino, offrendogli la mano con un altro sorriso.

 

Di riflesso, Trick gli porse la propria, ricambiando il sorriso.

 

Oh sì, sarebbero andati d’accordo…

 

     CAPITOLO 2

 

 

 

 

Quando Buffy, quella notte, chiuse gli occhi, distesa nel suo letto tra le comode coperte del suo letto, nella sicurezza della sua casa, si accorse solo allora di quanto fosse stanca.

 

Di quanto avesse desiderato quel caldo letto e quell’affetto familiare che sua madre le aveva dimostrato.

 

Di quanto, in definitiva, persino la bocca dell’inferno che aveva tanto odiato fosse più sopportabile se paragonata all’inferno stesso.

 

Non che, naturalmente, avesse mai pensato il contrario.

 

Anche se la presenza di Spike le aveva sempre dato uno strano senso di normalità, non si era mai illusa che quella potesse essere casa.

 

No, non sarebbe mai potuto succedere.

 

Soltanto che, ora che era tornata alla normalità del suo mondo, della sua famiglia, dei suoi affetti, della sua casa, delle sue cose… proprio ora…

 

Sentiva che c’era qualcosa che mancava.

 

Sentiva che quello che per lei prima rappresentava normalità ora non lo era più veramente.

 

Se chiudeva gli occhi, risentiva su di sé lo sguardo fermo ed espressivo di Spike mentre la guardava quando credeva che lei non se ne accorgesse.

 

Se chiudeva gli occhi sentiva la sensazione della dura terra sotto di sé, e la morbidezza dell’abbraccio di Spike.

 

Solo quando chiudeva gli occhi, onestamente, poteva ammettere che le mancava Spike.

 

E solo quando chiudeva gli occhi, da sola, quando più nessuno poteva giudicarla o biasimarla, si accorgeva che era scomparsa.

 

La scintilla.

 

Quella che l’aveva legata ad Angel dal primo momento che si erano visti.

 

Oh, certo, aveva sentito qualcosa.

 

Quando l’aveva guardato, quando aveva scrutato nei suoi occhi… vi aveva letto tutto quello che Angel teneva in quegli occhi. Aveva saputo subito di Faith.

 

Così come, guardando in un secondo momento Faith, pensava di aver motivato quell’ostilità nei suoi confronti.

 

Era gelosia.

 

E lei, Buffy, proprio lei che forse avrebbe dovuto essere la più gelosa di tutte… era rimasta lì, senza parlare, senza sapere cosa fare, eccetto stare lì impalata a guardarli.

 

Più vuota di quanto si fosse mai sentita prima, perché la consapevolezza che guardare Angel con un’altra non faceva scattare niente dentro di lei, era persino peggio di qualsiasi altra reazione.

 

Era appena arrivata a quella conclusione, che sentì qualcosa alla finestra, e istantaneamente represse una risata.

 

Perché, certo, se stava pensando ad Angel, lui doveva essere proprio lì.

 

Mettendosi a sedere a letto, si girò verso la finestra.

 

“Puoi entrare”, bisbigliò.

 

Il vampiro non se lo fece ripetere, e scavalcò con cautela la finestra.

 

Si sorprese, Buffy, nel constatare che la vista di lui, che sempre le aveva tolto il fiato, stavolta non faceva altro che riscaldarle il cuore.

 

Ma in quel modo tipico delle persone a cui vuoi bene, ma niente di più.

 

Niente di più.

 

Finalmente una realizzazione la colpì.

 

Buffy sgranò leggermente gli occhi, e Angel la guardò confuso.

 

“Buffy?”, le chiese in tono preoccupato. “C’è qualcosa che non va?”

 

Lei distolse lo sguardo, scotendo la testa.

 

Poi, dopo un attimo, tornò a guardarlo, sorridendo.

 

“E’ tutto apposto”.

 

Angel annuì soltanto, e un pesante silenzio cadde nella stanza.

 

L’epifania che l’aveva colta poco prima risuonava ancora incessantemente nella mente di Buffy, imperterrita come qualcuno che voleva schernirsi di lei.

 

In un certo senso c’era dell’ironia in tutto ciò.

 

Sei andata all’Inferno, per lui, per cercarlo, e che cosa hai ottenuto invece? Tu lo hai…

 

…perso.

 

Angel era perso ormai per lei.

 

E quella consapevolezza non la feriva più di quanto avrebbe potuto uno schiaffo.

 

Ad un tratto la sua risata spezzò il silenzio che era calato su di loro.

 

Angel sollevò il capo, guardandola stranamente.

 

Buffy alzò una mano, come per scusarsi, e poi tentò di smettere.

 

“Scusa, Angel… è solo che… guardaci”

 

Spalancò le braccia, come per includere entrambi.

 

“Guardaci adesso. Noi che potevamo discutere di tutto, ora siamo anche troppo imbarazzati per aprir bocca”

 

Il vampiro sospirò.

 

“Ascolta… Buffy-”

 

Buffy alzò di nuovo una mano, interrompendolo.

 

“No. Lascia parlare me. Prometto che non ci metterò molto.”

 

Buffy esalò, prima di prendere un altro lungo respiro.

 

Se doveva dirlo… se doveva finire tutto… se tutto era già finito, allora meglio fare questo il prima possibile.

 

 

~ * ~ * ~

 

 

Joyce non aveva voluto origliare.

 

Davvero, non era certamente nel suo stile.

 

Aveva sempre pensato che fosse una cosa terribilmente maleducata e terribilmente fastidiosa.

 

Aveva educato Buffy perché non lo facesse mai.

 

Ma, quella sera, Joyce aveva passato anche troppo tempo a rigirarsi tra le coperte.

 

Persino più di quanto ne avesse trascorso quell’estate, quando non aveva avuto altro pensiero che per Buffy.

 

Anche quella sera il suo pensiero era rivolto a sua figlia.

 

Ma, questa volta – e Joyce ringraziava ancora il Signore per quel miracolo – lei era al sicuro nella sua camera da letto.

 

Tornata a casa. Dall’Inferno.

 

Joyce non aveva voluto neanche cominciare ad immaginare che cosa sua figlia avesse visto in quel posto… sapeva, sapeva che avrebbe odiato venirne a conoscenza.

 

Così non le aveva chiesto.

 

Non di meno l’ansia era ciò che la teneva sveglia.

 

Così, ormai arresa, Joyce scostò le coperte e si alzò dal letto, prese la sua vestaglia e la infilò mentre usciva dalla camera e si avviava verso quella di Buffy alla fine del corridoio.

 

E lì, a pochi passi, aveva sentito delle voci.

 

Quella di Buffy, sì, era facilmente riconoscibile.

 

E dopo le numerose volte che lui era stato in casa loro per organizzare le ricerche per Buffy, Joyce fu subito in grado di riconoscere la voce di Angel.

 

Naturalmente, Joyce sapeva di Faith e Angel.

 

E naturalmente, dopo che sua figlia l’aveva stretta tra le proprie braccia e l’aveva rassicurata di star bene, il pensiero di quanto non sarebbe stata bene… dopo… aveva attraversato brevemente la sua mente.

 

Ma aveva lasciato perdere quel pensiero, ancora troppo meravigliata e felice che Buffy fosse di nuovo con lei.

 

A quanto pare, invece, sua figlia stava già sistemando questi affari da sola.

 

Non colse molto della conversazione che si svolgeva all’interno, solo qualche frase spizzicata.

 

Come quella di Buffy, che diceva “…ho visto oggi come la guardavi…”, o quella di Angel, un bisbigliato “… credevo che non ti avrei più rivisto…”

 

Per un momento, Joyce interpretò la strana calma nella voce di sua figlia come un semplice meccanismo di difesa contro il colpo che di sicuro l’avrebbe colta in pieno viso.

 

Ma man mano che la conversazione procedeva, e le loro voci continuavano a restare calme, e certo Joyce non riusciva a distinguere rimpianto da nessuna delle due parti…

 

Forse non era un modo per difendersi, si ritrovò a ragionare.

 

Forse a sua figlia non importava davvero più.

 

Se per una parte Joyce fu sollevata da quella considerazione, che la liberava da qualsiasi suo intervento futuro atto a mostrare a Buffy la luce della ragione, anche, tuttavia, la lasciava profondamente perplessa.

 

Non era stata sua figlia, proprio quella stessa mattina, a raccontarle con calma il motivo di quella lunga separazione?

 

Non era stato per lui che Buffy era andata all’Inferno?

 

Mentre pensava ciò, sentì le voci affievolirsi prima di scomparire del tutto.

 

Aspettò un minuto, due, poi tre, attendendo solo i suoni che le avrebbero indicato l’esplosione finale dei sentimenti repressi di sua figlia.

 

Ma non vennero mai.

 

Dopo che ne furono trascorsi cinque, Joyce entrò cautamente nella stanza dove aveva trovato un foglietto di spiegazioni solo mesi prima.

 

Buffy era seduta presso la finestra, il corpo semi girato verso la porta.

 

Guardava nell’oscurità della notte con un’espressione sul volto serena come Joyce non gliel’aveva mai vista.

 

Avvertendo la sua presenza, sua figlia si voltò verso di lei sorridendole.

 

Joyce non pensava che le persone fossero tutti uguali.

 

E nemmeno credeva che le loro reazioni e comportamenti dovessero essere simili.

 

Ma, poteva ammettere con se stessa, aveva sempre creduto che Buffy avrebbe pianto.

 

Quando sarebbe accaduto – quando finalmente avrebbe aperto gli occhi e si sarebbe resa conto che un futuro con Angel era impossibile – aveva pensato che avrebbe pianto.

 

Evidentemente si era sbagliata.

 

Sorridendo a sua volta, e mormorando un buonanotte che sembrava stentato persino alle sue stesse orecchie, Joyce si diresse nella sua camera da letto.

 

Silenziosamente imponendosi di scoprire come e cosa avesse cambiato la sua Buffy a quel modo.

 

 

~ * ~ * ~

 

 

Buffy richiuse la porta dietro sua madre, senza fermarsi a domandarsi se e cosa lei avesse sentito della conversazione appena avuta.

 

Non sarebbe importato. Presto sarebbe stato di dominio pubblico.

 

Già dal mattino successivo, immaginò.

 

C’erano persone che avevano atteso così tanto che accadesse.

 

Xander, ad esempio, le balzò alla mente, ma Buffy respinse qualsiasi pensiero relativo all’argomento.

 

Non aveva davvero bisogno dell’espressione soddisfatta sul viso di Xander.

 

Voltandosi verso il suo letto, guardò di nuovo la finestra.

 

Era una notte stranamente scura, senza luna, senza stelle.

 

Morta, quasi senza vita.

 

Troppo, terribilmente troppo simile alla notte continua che aveva vissuto all’Inferno.

 

Eppure non la impauriva così tanto.

 

Non le faceva venir voglia di rintanarsi sotto le coperte per non uscirne più.

 

Le faceva pensare a Spike, questo sì.

 

Le faceva porre interrogativi a cui non voleva rispondere… non era pronta… non ancora.

 

Per un momento, pensò di volerlo accanto a sé, ora, per consolarla e stringerla fra le sue braccia e continuare a dirle quanto non avesse più bisogno di Angel.

 

Come se già non lo sapesse.

 

Ma, rifletté, ne aveva avuto abbastanza di vampiri per quella sera.

 

Sedendosi a letto, prese il ricevitore dal comodino e compose a memoria il numero di Willow.

 

Forse era tempo che tornasse a essere più se stessa…

 

 

~ * ~ * ~

 

 

Spike, vecchio mio, hai certamente perso il tuo tocco.

 

Così Spike pensava mentre a lunghe falcate si allontanava dal vicolo buio del Bronze, la ragazza che aveva scelto come sua prima vittima, a terra vicino secchi di spazzatura maleodoranti.

 

Viva.

 

E senza dubbio non in pericolo di vita.

 

Spike non poteva capacitarsene.

 

Non capiva perché avesse preso così poco sangue… perché non l’avesse uccisa… come sapesse che non avrebbe trovato alcun gusto nel farlo.

 

Un vampiro non chiede a se stesso perché beve sangue.

 

Perché lo sa ancor prima di conoscere se stesso.

 

Perché è una necessità a cui non può fare a meno, e uccidere, in un secondo momento, è un piacere che sarebbe stupido non concedersi.

 

Certo, non c’era alcuna ragione effettiva per uccidere.

 

Lo aveva sempre fatto, da quel che poteva ricordare, perché era una sensazione che lo faceva sentire vivo al pari del sangue che lo teneva sano e forte.

 

Ma quella notte, quando aveva avvicinato il viso grottesco al collo liscio e caldo della ragazza… e quando poi vi aveva affondato i denti aguzzi, tirando il primo avido sorso di sangue…

 

L’aveva sentita.

 

Quella voce che, per la prima volta in 120 anni, gli aveva consigliato di non uccidere, se non era strettamente necessario.

 

E Spike, ubbidiente a quella voce, aveva preso qualche altra sorsata prima di lasciar cadere la ragazza, svenuta.

 

Guardandola ai suoi piedi, non aveva certo provato colpa per quello che aveva fatto.

 

E neanche aveva provato ribrezzo per se stesso, per non essere riuscito a farlo fino in fondo.

 

Aveva sentito che era la cosa da fare.

 

Non la cosa giusta… né la cosa sbagliata… ma quello che lui avrebbe dovuto fare.

 

Mentre i suoi passi lo conducevano, inconsciamente, all’abitazione a Revello Drive in cui era stato una sola volta, Spike pensò che non era così strano.

 

In definitiva, si era sempre vantato di essere diverso dai suoi simili.

 

E se quella voce gli aveva semplicemente consigliato di fare questo, di non prendere una vita umana se non davvero necessario… beh, poteva farlo.

 

Il suo sguardo si posò di riflesso sulla finestra aperta del secondo piano della casa da cui proveniva fortissimo il suo profumo.

 

Non avrebbe ammesso con se stesso, mai, neanche sotto tortura, che quella voce rassomigliava pericolosamente a quella di Buffy.

 

 

   CAPITOLO 3

 

 

 

 

Il pomeriggio seguente alla sua assunzione ufficiale, Trick si ritrovò nuovamente al Municipio.

 

Questa volta, portava informazioni che, pensava, avrebbero di certo fatto comodo al suo capo.

 

La Cacciatrice bionda è rispuntata in città,” esordì entrando.

 

Richard Wilkins, proprio allora, era intento al suo mini-golf da ufficio, e quando ancora una volta non riuscì a far buca, gettò via la mazza irritato.

 

“Che diavolo…”

 

Si ricompose, notando lo sguardo perplesso sul viso del vampiro.

 

Emise una grassa risata, andando a sedersi al suo posto dietro la scrivania.

 

Trick rimase in piedi a guardarlo.

 

“Dunque la piccola Buffy è tornata a casa,” disse sorridendo. “Sono sempre stato molto affezionato a quella bambina…”

 

“Signore, la Cacciatrice è un problema,” replicò Trick in tono serio.

 

Chissà perché, ma proprio non riusciva a trovare l’ironia della situazione.

 

“Avevamo già una Cacciatrice, Faith… e me lo lasci dire per esperienza, non è una preda facile… Ed ora anche quest’altra…”

 

“Nessuna delle due costituisce un serio problema per i miei piani futuri, Trick,” lo informò il Sindaco senza scomporsi.

 

Da tre anni Richard Wilkins si era abituato a dover confrontarsi con una Cacciatrice nella sua città… quanta differenza poteva farne un’altra?

 

“Tra l’altro,” continuò il Sindaco, “nessuno sospetta anche lontanamente quello che stiamo per compiere… sono troppo vicino alla meta perché qualcuno possa anche solo pensare di fermarmi”

 

Trick annuì, non ancora del tutto convinto.

 

Del resto, se il suo capo era convinto… poteva esserlo anche lui senz’altro.

 

“Ah,” mormorò poi, “stavo dimenticando un’altra cosa… ci sono voci in giro che dicono che anche Spike sia tornato in città…”

 

“Spike?” Wilkins corrugò leggermente la fronte. “Non è il giovanotto che l’anno scorso creò quel putiferio col Giudice?”

 

“Esattamente,” ammise Trick.

 

Il Sindaco distolse lo sguardo per un momento, pensando profondamente.

 

Il sorriso, comunque, tornò presto di nuovo sul suo viso.

 

“Bene. Tenetelo d’occhio. Non voglio che causi altri problemi”

 

“Sarà fatto, signore,” disse il vampiro, facendo un cenno con la testa, girandogli le spalle e uscendo dalla stanza.

 

Seduto sulla sua poltroncina girevole, Richard Wilkins si girò fino a guardare l’ampia finestra, ora coperta da pesanti tendaggi, che dava sulla piazza.

 

Con un gesto veloce, le tende si aprirono, e la luce inondò la stanza.

 

Il Sindaco restò lì per un momento, deliziandosi nel calore della luce sulla sua pelle.

 

Non ancora per molto. Non ancora per molto.

 

Un largo sorriso si disegnò sulle sue labbra.

 

 

~ * ~ * ~

 

 

 

“…e quando è entrato Giles, minacciandolo di fare… chissà cosa, Snyder non ha potuto che riammettermi!”

 

Willow ridacchiò.

 

“Come a dire, ‘na na na na na’”

 

Buffy sorrise orgogliosa.

 

“Proprio quello che gli ha detto mia madre”

 

Risero ancora insieme, e le loro voci erano le uniche nella notte del cimitero.

 

Solo allora, Buffy ricordò tutta la nostalgia dei primi tempi all’Inferno, e si rese conto di quanto davvero le fosse mancata Willow.

 

Di quanto le fosse mancata la sua vita.

 

Allo stesso tempo, si rese conto di quanto le mancasse qualcun altro…

 

“Così, tu e Oz…” bisbigliò ad un tratto.

 

Willow si rabbuiò leggermente, ma non perse il sorriso.

 

“Stiamo uscendo. Dovrò riconquistare la sua fiducia. So che non sarà facile, ma non voglio perderlo” ribatté, gli occhi che le scintillavano.

 

Buffy le strinse la spalla in tono rassicurante.

 

“Sono sicura che andrà tutto bene”

 

Willow annuì, e il suo viso riacquistò colore.

 

“Lo spero anch’io”

 

Ripresero a camminare in silenzio, fino a che fu Willow che apostrofò Buffy.

 

“Mi dispiace per quello che è successo con Angel”

 

La Cacciatrice abbassò il capo, nascondendo lo sguardo.

 

“Non devi dispiacerti. Non è una cosa per cui abbiamo sofferto. È successo, e basta. Ed è meglio che sia così. Io…”

 

Non lo voglio. Non più. E’ tutto diverso. Non è sbagliato.

 

“…credo che lui e Faith saranno felici”

 

Era una strana sensazione tornare a cacciare in uno dei tanti cimiteri di Sunnydale.

 

Surreale.

 

Farlo con Willow… aveva dimenticato com’era.

 

Era solo che, per molti mesi, aveva dimenticato com’era essere una ragazza di diciassette anni.

 

Aveva imparato ad essere una combattente… una strega… solo questo.

 

Aveva imparato a non fidarsi di nessuno, eccetto se stessa. E Spike.

 

All’Inferno non aveva trovato calore… eccetto che nelle braccia fredde di un vampiro.

 

“Deve essere stato strano con Spike”

 

La Cacciatrice sollevò il capo guardandola interrogativamente.

 

“Spike?”

 

Willow annuì, assumendo un’espressione dubbiosa.

 

“Beh sì. All’Inferno. Tutti quei mesi sola con lui”

 

Non era strano la parola che le veniva alla mente.

 

“Eravamo a disagio all’inizio. Come fai a fidarti del tuo peggior nemico tutto all’improvviso?”

 

Willow le fece cenno con la testa, per indicarle di continuare.

 

“Ma poi è stato… come se lo avessi conosciuto da sempre. Come se combattere insieme, e non contro l’altro, fosse quello che facevamo da una vita”

 

“E lui non ha mai provato… lo sai,” Willow fece il segno di un morso, “ad avere un assaggio?”

 

Buffy parve rifletterci un momento.

 

“Beh, sai, non aveva bisogno di sangue lì dov’eravamo… e sapeva che era una cosa che non gli era permessa. Da contratto”

 

Willow annuì.

 

Non parlarono oltre di Spike.

 

Buffy comprendeva. Capiva che non sarebbe stato facile far accettare ai suoi amici questo nuovo lato del vampiro.

 

Ma avrebbe tentato. E avrebbe avuto successo.

 

Perché… beh, perché non voleva considerare l’alternativa e quello che sarebbe stata disposta a fare.

 

 

 

~* ~ * ~

 

 

 

Sarebbe stata la seconda notte senza di lei.

 

La seconda, prima di tante altre a venire.

 

Non era una prospettiva piacevole, ma avrebbe dovuto affrontarlo.

 

Avrebbe dovuto affrontare la possibilità che lei capisse quale errore era stato fidarsi di lui, rifletté Spike.

 

Presto o tardi avrebbe dovuto pensare a cosa avrebbe fatto, senza di lei, dove avrebbe potuto dirigersi, cosa avrebbe dovuto fare per tornare ad essere quello che era stato. Prima di lei.

 

Avrebbe dovuto pensarci seriamente, abbattendo quelle false speranze e quelle voci, dentro di lui, che bisbigliavano che lei non lo avrebbe abbandonato.

 

Non poteva illudersi. Non doveva sperare.

 

Ma poi…

 

Poi sentì dei passi morbidi avvicinarsi nella sua direzione.

  

Senza voltarsi, sapeva che era lei. Il suo profumo lo avvolgeva e annebbiava i suoi sensi.

 

Solo quando lei gli fu alle spalle, Spike si concesse di girarsi e guardarla.

 

Lo sguardo serio sul suo volto avrebbe dovuto almeno meravigliarlo.

 

Ma la sua sola presenza lì, in quel momento, era… giusta.

 

Non voleva farsi ancora altre domande. Per quella sera.

 

“Sarei venuta a cercarti prima, ma c’era molto da fare. La scuola, gli amici, la caccia. Rimane poco tempo per divertirsi”

 

“E Angel?”

 

Forse non avrebbe dovuto affrontare subito il problema.

 

Dopotutto, non le sentiva addosso neanche il suo odore.

 

Ed era quasi sicuro di aver udito, quella stessa notte, in lontananza la voce del suo Sire de facto e di un’altra donna… ma poteva sempre sbagliarsi.

 

E in questo frangente, non ne aveva alcuna intenzione.

 

Vide il viso di Buffy contorcersi leggermente, e ne individuò il motivo.

 

Non seppe se le farfalle nel suo stomaco erano provocate da sollievo o tristezza per lei.

 

Non volle indugiare oltre.

 

Aprì le braccia, come aveva fatto tante volte all’Inferno, e attese che lei gli corresse incontro.

 

Per un breve momento temette… temette che questa volta lo avrebbe rifiutato e avrebbe riso di lui.

 

Non sapeva perché avrebbe dovuto pensarlo.

 

Evidentemente si sentiva più vulnerabile del solito.

 

Ma Buffy aveva bisogno di lui esattamente come lui ne aveva di lei.

 

Un momento, e poi tutto quello che percepiva era il suo calore, il suo dolce profumo, la sensazione della sua pelle morbida, la forza del suo abbraccio.

 

Era tornato tutto a posto.

 

I timori che lo avevano assalito solo qualche minuto prima erano scomparsi.

 

Le voci dentro di lui, andate, proprio come la parte che aveva sentito mancante era tornata al suo posto.

 

“Posso dormire con te stanotte?” bisbigliò lei ad un tratto ancora stretta a lui, e lui non l’avrebbe sentita, non fosse stato per il suo udito potenziato.

 

Spike annuì, sorridendo leggermente, sorridendole e prendendola per mano.

 

Lei ricambiò il suo sorriso, e si incamminarono verso Revello Drive.

 

Almeno per quella notte, era tornato tutto a posto.

 

     CAPITOLO 4

 

 

 

 

Sedeva con la schiena appoggiata alla fredda pietra di una lapide.

 

Attendeva che arrivassero. I Vampiri. I Mostri delle favole.

 

Quegli esseri dal viso grottesco e l’andatura elegante di un felino.

 

Era al buio, con le braccia strette intorno alle ginocchia, e si dondolava lentamente.

 

Non aveva paura. Non aveva paura.

 

Era quello che continuava a ripetersi.

 

Era l’unico modo che conosceva per far sì che l’oscurità e l’orrore non si impadronissero di lei.

 

Era l’unica cosa che poteva fare, nell’attesa che lei arrivasse.

 

Ma non arrivava.

 

E lei era ancora seduta contro quella lapide, mentre la luce della luna si dissolveva lentamente dietro una densa coltre di nubi.

 

Non doveva aver paura. Lo sapeva. Lei sarebbe arrivata.

 

Ma il tempo continuava a scorrere implacabile, e così cresceva la paura, e la solitudine era più forte di tutte.

 

Quello che doveva fare era andare via, andare via era l’unica cosa che poteva portarla alla salvezza.

 

E quando si alzò per correre, non pensava potesse essere la cosa sbagliata da fare.

 

Non credeva che sarebbe stata punita per ciò.

 

Dopotutto, era solo spaventata. Era una ragazza. Non era abituata all’oscurità che quegli esseri grotteschi sembravano indossare come una seconda pelle. Non da sola.

 

Fu all’uscita del cimitero, allora, che ricordò di avere un compito.

 

Le avevano detto che era stata Prescelta. La donna gentile l’aveva indicata come quella destinata a combattere i Vampiri.

 

Per dovere, lo avrebbe fatto. Anche da sola. Aveva sempre combattuto contro il mondo sola. Che differenza avrebbe potuto fare ora?

 

Così, quando scorse l’ombra di qualcuno avvicinarsi, più che la ragione, prevalse l’istinto.

 

Il colpo al cuore col paletto – paletto? Non si era accorta prima di averlo stretto in mano – fu pulito e preciso.

 

La donna gentile sarebbe stata orgogliosa di lei.

 

Sennonché quella figura sembrava non voler scomparire.

 

Ecco, non era come le avevano detto. Avrebbe dovuto trasformarsi in polvere. Perché invece…

 

Fu invasa allora da uno strano senso di colpa.

 

Cosa aveva fatto? Perché la donna gentile non era arrivata prima? Perché era stata sola?

 

Non era colpa sua… non poteva essere colpa sua, lei aveva solo fatto ciò che le era stato detto…

 

 

 

Faith si rigirò tra le coperte, senza svegliarsi, mentre un Angel altrettanto addormentato la stringeva più forte tra le braccia.

 

Il mattino dopo non avrebbe ricordato niente del sogno.

 

E avrebbe classificato la strana sensazione alla bocca dello stomaco come qualcosa di irrilevante, un errato presentimento.

 

Non aveva mai avuto, prima d’allora, sogni profetici.

 

Non sapeva quale fosse la loro funzione, come interpretarli.

 

Solo settimane più tardi, d’un tratto, quelle immagini oniriche sarebbero tornate ad assediarla implacabili e violente.

 

Ma, più tardi.

 

Quella notte, Faith dormiva serena tra le braccia dell’uomo di cui si stava innamorando.

 

Era felice.

 

 

 

~ * ~ * ~

 

 

Ora lo sentiva. Nelle ossa. In ogni parte di lei. In ogni particella.

 

Era persa.

 

Si trovava di fronte al liceo, sola, col suo vestito bianco, e tutto quello a cui poteva pensare, era che non si era mai sentita più persa.

 

Dall’interno proveniva il suono attutito della musica.

 

Risate, voci, schiamazzi. Gli altri studenti euforici stavano festeggiando perché potevano permetterselo.

 

Lei no. Se fosse entrata nella palestra, non sarebbe stato per divertirsi.

 

Se si fosse mostrata, col suo bell’abito bianco e i capelli tirati su in un elegante chignon, non avrebbe preso parte ai festeggiamenti.

 

Era sola e persa. E i vampiri all’interno la stavano aspettando.

 

Ancora non trovava giusto che lui fosse morto.

 

Non che gli fosse particolarmente affezionata. Non c’era stato neanche il tempo.

 

Ma lui sapeva. E avrebbe potuto aiutarla. E non sarebbe stata più sola.

 

E invece eccola là, la cheerleader, la reginetta di maggio, la più corteggiata della scuola.

 

Pronta ad affrontare sola un nemico che probabilmente sarebbe stato più forte di lei, e l’avrebbe schiacciata in un attimo.

 

D’improvviso si sentì vacillare, e la vista le si offuscò.

 

Quando riaprì gli occhi, non riconobbe l’edificio che le si stagliava davanti.

 

Un cartellone segnalava “Sunnydale High School”.

 

Un altro abito bianco, un altro liceo, un altro nemico da sconfiggere.

 

Sola, di nuovo, perché questo era il suo destino e questo prevedeva la profezia.

 

Certe cose non cambiavano proprio mai.

 

Ma poi, mentre se ne stava lì, aspettando chissà cosa, quel qualcosa cominciò ad avvicinarsi.

 

Un rumore di passi la costrinse a girarsi, e prima che potesse batter ciglio, si ritrovò a bloccare la lama di una spada con le mani nude.

 

Sapeva a chi apparteneva la spada, sapeva che era, ancora una volta, un nemico. Temeva che questa volta non sarebbe stata lei la vincitrice.

 

Ma, lei era la Cacciatrice, giusto?

 

E per quanto sola, aveva ancora se stessa, giusto?

 

La lama si disintegrò tra le sue mani, e per poco quasi non cadde.

 

Era sull’orlo di una rupe.

 

Sotto di lei, si stendeva una baia affollata di strane creature, una nave dalle mostruose fattezze e una distesa infinita di fuoco rosso.

 

La disperazione l’avrebbe colta  di nuovo, se non avesse sentito, d’un tratto, una mano stringere la propria.

 

Non fece caso alla sua freddezza. Tutto era freddo, in quel luogo dannato.

 

C’era qualcuno, al suo fianco. Emanava una sensazione di protezione.

 

Istintivamente, si strinse alla figura.

 

E fu come se la baia con i suoi personaggi dannati, la spada, il liceo, l’abito bianco… tutto… tutto… scomparisse, dinanzi alle sensazioni che quel semplice abbraccio sapeva trasmetterle.

 

Non le importava scoprire a chi appartenessero quelle braccia, quel petto, quelle labbra che le stavano bisbigliando all’orecchio parole di conforto.

 

Non aveva bisogno di saperlo. Da qualche parte, nel suo subconscio, o nel suo cuore, quel nome era già impresso a fuoco.

 

Si lasciò cullare ancora un po’, fino a che l’oscurità li avvolse nuovamente, e lei si sentì spingere via da lui.

 

Protese la mano, cercandolo, tentando inutilmente di ritrovare quella fonte di pace e conforto.

 

Si ritrovò stretto in mano un paletto insanguinato, e una strana sensazione di colpa la invase così violenta, che le mancò il respiro, e sentì le forze abbandonarla.

 

Chiuse gli occhi, e attese di terminare quell’eterna caduta…

 

 

 

I suoi occhi sbarrati nel buio della camera fissavano immobili il soffitto.

 

Aveva dimenticato com’era, aveva scordato la sensazione.

 

Svegliarsi con quel senso di panico e di ansia, quella sensazione di cose non fatte, di cose a venire.

 

Cose a venire, in questo caso.

 

Cose che l’avrebbero separata da lui.

 

Girò il viso alla sua destra.

 

Spike dormiva sereno, probabilmente lo avrebbe fatto ancora per molte ore.

 

Buffy lo guardò in silenzio.

 

In silenzio, si strinse a lui e chiuse gli occhi.

 

D’istinto, Spike ricambiò l’abbraccio.

 

Il mattino dopo, nell’aspra luce del giorno, Buffy avrebbe scelto di ignorare il sogno, preferendo tenerlo per sé piuttosto che consultarsi con Spike o Giles.

 

Forse, se l’avesse fatto, avrebbe potuto affrontare preparata gli eventi che sarebbero seguiti.

 

     CAPITOLO 5

 

 

 

Note: Come avete potuto constatare, la fan-fic è ambientata nella 3^ Season. In alcuni casi (come per questo capitolo) prenderò alcuni episodi stravolgendoli a mio piacimento. Ricordate che in questo universo alcuni fatti e personaggi sono differenti… il che, a mio avviso, richiede un cambiamento degli eventi!

 

Faith si sedette in silenzio al tavolo nel centro della biblioteca.

 

I raggi del sole entravano dalle finestre e rendevano l’ambiente caldo e accogliente.

 

Sorrise, poggiando i piedi sul tavolo, ringraziando la California per i suoi inverni per niente rigidi.

 

Per lei che era abituata a New York era stato un cambiamento notevole, ma piacevole.

 

Un giorno avrebbe portato Angel a Manhattan, decise.

 

Ma poi, come rendendosi conto di quel pensiero, scosse la testa.

 

Come diavolo le saltavano in testa certe idee? Si sentiva stupida solo ad averlo pensato…

 

Ma perché no, poi. Non aveva diritto anche lei a comportarsi come una ragazza?

 

Dopotutto, aveva ancora solo diciotto anni. Proprio oggi, ricordò, e il sorriso sul suo volto si ampliò.

 

Le giunse all’orecchio distrattamente la voce di Giles.

 

Era nel suo studio, e parlava al telefono, era facile intuirlo.

 

Ad un certo punto, le sembrò di sentire la parola “…Cruciamentum…”

 

Non vi fece caso. Giles usava tutta una serie di strane parole per i suoi affari da bibliotecario.

 

Lentamente i suoi pensieri ritornarono al suo compleanno, e Faith si concesse per una volta di pensarci come ogni ragazza.

 

Non come una bambina che era stata costretta troppo presto a crescere.

 

Non come la Prescelta che aveva dei doveri e dei compiti ben precisi.

 

Come Faith. E fu la prima volta.

 

Neanche la consapevolezza che l’altra Cacciatrice, Buffy, era nata nello stesso giorno, riusciva a scuoterla.

 

In un certo senso aveva fatto l’abitudine anche a lei.

 

Si era abituata a vederla ogni giorno, ad andare a caccia con lei, a cenare con lei quando Joyce la invitava ancora.

 

In un certo senso, le si era quasi affezionata. Quasi. Anche se non l’avrebbe mai ammesso.

 

Giles la riscosse dai suoi pensieri arrivandole davanti all’improvviso.

 

Sembrava trafelato, e preoccupato da qualcosa, ma ancora Faith non gli diede importanza.

 

Non si era chiesta neanche perché lui l’avesse convocata così improvvisamente, e a quell’ora.

 

Quando lui le mostrò quello strano cristallo blu, lei semplicemente scrollò le spalle e prese a fissare la venatura al centro come lui le aveva detto di fare.

 

Doveva essersi distratta per un attimo, perché Giles la scosse leggermente per attirare la sua attenzione.

 

Faith si scusò e tornò a guardare il cristallo e le altre pietre che l’Osservatore le mostrò una dopo l’altra.

 

E riusciva a pensare soltanto che, senza dubbio, avrebbe preferito risparmiarsi la parte teorica del lavoro.

 

 

~ * ~ * ~

 

 

La ballerina gira graziosa, le braccia sollevate quasi ad incorniciarle il capo.

 

Il peso del corpo è tutto appoggiato su una gamba, terminante in una punta.

 

L’altra gamba riposa, leggermente piegata, senza mai muoversi.

 

La ballerina continua a girare mostrando al mondo il suo sorriso.

 

I capelli tirati su in uno chignon acquistano dalla luce riflessi dorati.

 

La musica in sottofondo è piacevole, rilassante.

 

La bambina guarda il carillon ammaliata, ad occhi spalancati, senza distogliere lo sguardo.

 

Non alza lo sguardo neanche per rispondere a suo padre.

 

Lui le accarezza con gentilezza i capelli biondi legati in due code, e sorride.

 

La musica è così bella, che le fa venire voglia di ballare.

 

Ma poi, nessuno mai sarebbe bravo come la bella ballerina sul palchetto.

 

“Allora… ti piace?”

 

La bambina annuisce sorridendo, ancora ammirando il carillon.

 

“Sono contento, piccola,” e il padre sembra esserlo davvero, contento.

 

“Che ne dici di metterlo qui? Così potrà far compagnia al signor Gordo”

 

“Si papà,” concorda la bambina alzandosi in punta di piedi e dandogli un bacio sulla guancia.

 

 

“E’ meraviglioso, Spike”, bisbigliò Buffy.

 

E lo era davvero. Proprio come quello che le aveva regalato suo padre dieci anni prima.

 

Il tipo di carillon che aveva sempre ammirato nelle vetrine dei negozi di giocattoli, da bambina.

 

Simile al carillon che era rimasto, chissà dove, nella vecchia casa a Los Angeles, e che forse era stato trovato da un altro bambino.

 

Spike sorrise nervoso, passandosi una mano tra i capelli.

 

“Sono lieto che ti piaccia”

 

Non poteva affermarlo con assoluta certezza, ma Buffy era sicura che Spike stesse arrossendo.

 

Spike, l’indomito arrogante che niente faceva arrossire.

 

Se avesse avuto una macchina fotografica avrebbe di certo immortalato quel momento per i posteri.

 

Sorridendo maliziosa, decise di metterlo ancora più in imbarazzo.

 

Alzando una mano gli accarezzò una guancia, e gli diede un leggero bacio sull’altra.

 

Quando si allontanò per guardarlo, il suo sorriso si allargò notevolmente.

 

Adesso era sicura che Spike stesse arrossendo!

 

Impacciato, lui le sorrise gentilmente, si sorrisero entrambi mentre i loro sguardi si incrociarono.

 

Da tre settimane a questa parte Spike era stato… strano, aveva pensato a volte.

 

In alcuni momenti, la osservava di soppiatto quando pensava che lei non se ne accorgesse.

 

E la cosa altrettanto strana è che quando lo faceva, inspiegabilmente Buffy sentiva come delle farfalle nello stomaco.

 

Come ora, ora che lui la stava guardando così apertamente… ammirato.

 

Non sapeva trovare un altro aggettivo per descrivere la sua espressione.

 

E i suoi occhi avevano acquistato la tonalità più scura che lei vedeva molto raramente e…

 

“Buffy!”

 

La voce di sua madre la riscosse, e dopo un ultimo sguardo a Spike, aprì la porta della sua camera e si affacciò nel corridoio.

 

“Cosa c’è, mamma?”

 

Joyce uscì dalla sua camera con il cordless in una mano, e venne verso di lei.

 

“Era Giles. Dice che stamattina presto avevate un appuntamento per lo studio di non so quale cristallo”

 

Buffy si morse un labbro.

 

“Giusto. Lo avevo completamente dimenticato”

 

Sua madre sorrise.

 

“Fai presto. Ti sta aspettando a scuola”

 

Proprio allora anche Spike uscì nel corridoio e rivolse un cenno a Joyce.

 

“Salve, Joyce”

 

Lei ricambiò il cenno.

 

“Spike. Come…”

 

Senza che avesse bisogno di parlare, il vampiro capì e le indicò la coperta nell’angolo.

 

“Capisco,” assentì Joyce, e poi, sorridendo, gli domandò “Ti andrebbe una tazza di cioccolata?”

 

Il volto di Spike parve illuminarsi.

 

“Certo. Faccia strada”

 

Buffy aveva assistito al loro scambio in silenzio, guardandoli sorridente, e quando li vide scendere le scale, corse nella sua camera per togliere il pigiama e indossare qualcosa di più consono.

 

Sulla strada verso la porta, scorse la sua immagine riflessa nello specchio.

 

Come incantata, si soffermò a guardarsi e sorrise.

 

Quello specchio non l’aveva mai vista così serena e felice.

 

Diciotto anni, pensò Buffy eccitata, prima di continuare verso la porta e chiuderla alle sue spalle.

 

 

~ * ~ * ~

 

 

“E come ti sei sbarazzato di Faith?”

 

“Le ho detto di andare incontro a Buffy”

 

“Ma quanto pensi che ci metteranno?”

 

“Vi ho già detto che odio queste stupide feste a sorpresa?”

 

“Vi ho già detto che sono d’accordo con Cordy?”

 

“Anya!”

 

“Fate silenzio, mi sembra di sentirle arrivare…”

 

Le porte della biblioteca si aprirono con uno schianto e Buffy e Faith comparvero all’entrata.

 

E lì restarono, con gli occhi sgranati e le bocche spalancate.

 

Sopra il tavolo, in fondo, era stato appeso un festone dorato con la scritta ‘Buoni 18 Anni Buffy e Faith’.

 

La biblioteca era sommersa di palloncini, e sul tavolo stava una torta a due piani con quelle che, a prima vista, sembravano una quarantina di candele.

 

E Giles, Xander, Willow, Oz, Cordelia e Anya erano in piedi accanto al tavolo con dei buffi cappellini sul capo.

 

“Sorpresa!” esclamarono in coro.

 

Era tutto abbastanza buffo, considerato che, dopotutto, era il loro diciottesimo compleanno, e che ciò significava che avevano raggiunto un certo livello di maturità.

 

Non importava loro. Erano davvero sorprese, piacevolmente, ed era questo quello che contava.

 

Dopo, quando la festa era ormai al termine, Buffy si avvicinò a Giles.

 

“Grazie di cuore. Mi sembra di non averlo detto abbastanza, ma… vi voglio davvero bene. Davvero.”

 

Si abbracciarono per un momento, e quando si separarono entrambi avevano gli occhi leggermente umidi.

 

E Buffy si approfittò della sua distrazione momentanea.

 

“Ah, e volevo dirle… si ricorda che mio padre ha disdetto quell’appuntamento per lo show di pattinaggio sul ghiaccio?”

 

Giles annuì, assumendo la sua migliore espressione comprensiva.

 

“Beh, sa,” continuò Buffy, “Spike si è offerto di accompagnarmi. Ed è da così tanto che non vedo uno spettacolo-”

 

Fu bruscamente interrotta dall’Osservatore.

 

“Non stasera, Buffy”

 

Lei si accigliò, e la gioia che aveva provato solo secondi prima sembrava esser svanita.

 

“Non capisco. Stasera, sì. E’ il mio compleanno. Capita una sola volta all’anno”

 

Giles si tolse gli occhiali e prese a pulirli nervosamente secondo quell’abitudine che era ormai diventata familiare.

 

Ma in quel momento, sembrava solo urtarla di più.

 

“Non vedo quale sia il problema. Non c’è nessuna grande Apocalisse all’orizzonte. E’ solo per una sera. E di certo non lascerò il forte indifeso…”

 

Con un cenno del capo, indicò Faith a qualche metro di distanza che parlava, con aria divertita, con Cordelia e Anya.

 

L’Osservatore scosse il capo.

 

“Buffy, io non-”

 

“Non gliel’ho detto per chiedere il suo permesso, signor Giles,” tagliò corto Buffy freddamente. “Era solo per farglielo sapere”

 

Senza più aggiungere altro, gli voltò le spalle e si diresse verso l’uscita, incurante degli sguardi degli altri che sentiva su di sé.

 

Giles tentò ancora di trattenerla, prendendola per un braccio.

 

“E’ di fondamentale importanza che tu stasera rimanga, Buffy. Non può essere altrimenti che così”

 

Buffy lo fissò per qualche secondo con aria indagatoria, quasi come se stesse chiedendo a se stessa chi era la persona che le stava davanti in quel momento.

 

E la calda sensazione di amore che aveva sentito appena varcata la soglia della biblioteca si era dissolta in fredda ostilità.

 

“Faith,” esclamò rivolgendosi all’altra Cacciatrice, “non sarò a caccia stasera. Coprirai tu il Restfield?”

 

Anche senza vederla, Buffy sapeva che il volto di Faith era accigliato e pensieroso.

 

Forse anche lei si stava domandando che cosa aveva, esattamente, Giles.

 

Ma stasera, comunque, avrebbe pattugliato il Restfield. Con Angel. E di certo non avrebbe rimpianto uno stupido show di pattinaggio sul ghiaccio.

 

“Certo, B. Non è un problema”

 

Fu il tono con cui l’aveva detto, così aperto, leale… come a voler dire che era una cosa normale scambiarsi dei piaceri… che spinse Buffy a guardarla e sorriderle.

 

E anche Faith ricambiò il sorriso.

 

Poi, Buffy tornò a voltarsi e uscì dalla biblioteca. 

 

    CAPITOLO 6

 

 

 

Note: Solo per il bene della fanfic, facciamo tutti finta che il cognome di Faith sia Dushku (che poi è il vero cognome dell’attrice).  

 

 

“Non posso credere che Giles abbia detto quelle cose”, mormorò Buffy, uscendo dalle doppie porte di vetro.

 

Spike la seguì sospirando.

 

“Andiamo, Cacciatrice, stava solo pensando al tuo bloody sacro dovere, nient’altro”

 

“Appunto!” sbottò lei senza fermarsi. “Per una sera almeno avrebbe potuto essere accondiscendente”

 

Spike sospirò ancora.

 

La serata era stata piacevole… le pattinatrici erano davvero incantevoli e le luci creavano degli straordinari effetti ottici.

 

E Buffy era al suo fianco, felice, ridente. E questo rendeva felice lui.

 

Ma appena avevano messo piede fuori dal locale, la faccenda con Giles sembrava esser tornata a tormentarla.

 

“Come se non avessi servito la causa per migliaia e migliaia di notti prima… come se-”

 

“Buffy!” la interruppe lui non proprio con gentilezza.

 

Lei si volse a guardarlo con aria imbronciata, e questo bastò a farlo sciogliere.

 

“Scusa, tesoro… Ma se vuoi, potremmo fermarci alla biblioteca se sei così preoccupata? Giusto per vedere se c’è ancora bisogno di noi?”

 

Il viso di lei parve illuminarsi mentre lui le apriva la portiera.

 

“Okay,” approvò sorridendogli. “Mi conosci così bene”

 

Lui richiuse la portiera e camminò fino al lato del guidatore, domandandosi in effetti quanto davvero bene la conoscesse.

 

 

~ * ~ * ~

 

 

 

Quando arrivarono alla biblioteca, Buffy era talmente in ansia che inconsciamente aveva stretto la mano di Spike, e ora la teneva ancora mentre aprivano la doppia porta.

 

Solo qualche passo, e si rese conto che la postazione al tavolo era vuota, come anche lo studio di Giles, a giudicare dal silenzio e dalle luci spente.

 

Strinse di nuovo la mano di Spike, e ritornarono all’auto.

 

“Più tranquilla ora?” le domandò il vampiro mentre si dirigevano verso Revello Drive.

 

Buffy annuì, ma quella strana sensazione di pericolo incombente non sembrava esser passata.

 

Chiamò sua madre quando entrò in casa, ma non ricevette risposta.

 

Fece accomodare Spike in cucina e si affaccendò a prendere pentolino, latte e cacao finché scorse sulla lucida superficie del bancone qualcosa di scuro.

 

Curiosa, voltò quella che sembrava essere una fotografia, e la fissò ad occhi sbarrati.

 

Spike fu subito dietro di lei, e contrasse la mascella alla vista.

 

Un vampiro. Uno strano vampiro aveva sua madre. Un vampiro che richiedeva la sua presenza a Prescott Lane.

 

Non persero più altro tempo.

 

Pentolino, latte e cacao rimasero in cucina, mentre la vecchia De Soto rompeva tutti i limiti di velocità diretta a Prescott Lane.

 

 

~ * ~ * ~

 

 

 

Spike avvertì distintamente un’altra presenza accanto a loro e, mentre Buffy apriva la porta della vecchia casa dall’aspetto abbandonato, si avvicinò silenziosamente alla parte più buia della veranda.

 

Un attimo dopo, Buffy vide venirsi incontro uno Spike imbronciato seguito piuttosto controvoglia da Angel.

 

“Angel,” mormorò Buffy piano, “che ci fai qui?”

 

Angel indicò la casa.

 

“L’odore di Faith mi ha portato qui”, bisbigliò guardando ancora l’edificio.

 

“E Joyce è qui, sono sicuro,” aggiunse Spike.

 

Buffy strinse i denti, riuscendo finalmente a dare un senso alla strana sensazione che aveva provato.

 

Che diavolo sta succedendo, pensò tra sé e sé, ma non osò parlare, perché il pensiero di sua madre in pericolo era più spaventoso degli altri.

 

“C’è un vampiro all’interno,” bisbigliò Buffy a Angel.

 

Lui scrollò semplicemente le spalle e mormorò “Entriamo”.

 

La casa puzzava di sangue e morte, lo avvertirono appena entrati.

 

Tutto l’arredamento era completamente impolverato e immerso nell’oscurità.

 

Buffy fece qualche passo in avanti, tendendo tutti i sensi per captare qualche suono.

 

Finalmente tutti e tre avvertirono dei passi che si avvicinavano sempre più veloci e si girarono in quella direzione.

 

Angel accolse prontamente nelle sue braccia una Faith con la fronte insanguinata e un occhio nero.

 

“M-mi sta c-cercando,” balbettò in modo confuso, e Angel la strinse ancor di più a sé.

 

“Tranquilla, Faithy, tranquilla…”

 

Buffy si avvicinò all’altra Cacciatrice e le sfiorò un braccio con la punta delle dita.

 

“Stai bene?”

 

Faith abbassò gli occhi, quasi sul punto di piangere.

 

“I-io… non ho più alcuna forza,” tirò su col naso, guardandolo con occhi velati di lacrime, “…né velocità, mira, coordinazione… ho p-perso tu-tutti i miei poteri da Cacciatrice…”

 

Buffy spalancò gli occhi e mormorò un debole “Come?”

 

Faith scrollò le spalle.

 

“Non lo so. Questa sera Giles mi ha detto di venire qui perché c’era un vampiro che avrei dovuto cacciare, e quando abbiamo cominciato a combattere mi sono sentita debole come non mai. Sono rimasta nascosta tutto questo tempo”

 

Buffy si oscurò. “Giles?”

 

“Cacciatrice,” le si rivolse Spike, “presto, dammi un pugno”

 

Sapeva cosa avrebbe significato farlo… sapeva, in cuor suo, cosa sarebbe successo.

 

Fece come Spike le aveva detto, e quando portò il braccio in avanti per colpirlo non riuscì ad imprimere la forza che voleva al colpo.

 

E quando il suo pugno chiuso entrò in contatto col petto di Spike, Buffy sentì un sordo dolore alla mano.

 

Si ritrasse, con occhi spalancati.

 

“Io non ho più-”

 

“Sono lieto di vedervi entrambe qui, Cacciatrici”

 

Si volsero come uno nella direzione da cui era provenuta la voce.

 

Spike girò gli occhi con una faccia disgustata.

 

“Kralik. Che diavolo ci fai qui?”

 

“Sei il suo Sire?” domandò Angel senza distrarsi.

 

“Oh Dio, no!” esclamò Spike. “E’ stata Dru!”

 

“Dru, ovvero quella non proprio sana di mente?” intervenne Faith.

 

“Proprio lei,” replicò Buffy. “Quindi tutto questo non mi stupisce”

 

Kralik avanzò nella stanza verso di loro.

 

“Non mi aspettavo di vederti qui, Spike… e certo non aspettavo Angelus…”

 

Angel strinse le labbra in una parodia di sorriso.

 

“Lieto di essere così famoso”

 

“…ma, al momento mi siete soltanto di intralcio. Hobson, Blair”

 

Immediatamente due vampiri comparvero al suo fianco.

 

“Prendeteli”

 

Un semplice comando, e i due vampiri si lanciarono contro di loro.

 

Spike e Angel avanzarono, lanciandosi un’occhiata.

 

“Dì, Spikey, credi di poter affrontare entrambi?”

 

Spike inarcò un sopracciglio.

 

“Stai scherzando, Peaches?”

 

Con una scrollata di spalle, Angel si diresse verso Kralik.

 

“Cacciatrici, andate a liberare Joyce. In fretta” Spike disse a Buffy e Faith prima di dirigersi verso Hobson e Blair.

 

E le ragazze non persero altro tempo.

 

Dimentiche dei vampiri e della battaglia, uscirono nella stanza trovandosi in uno stretto corridoio.

 

“Ora dove?” mormorò Faith.

 

Buffy scosse la testa.

 

“Non lo so. Davvero non lo so”

 

“Forse sarebbe meglio dividerci,” replicò Faith, guardando l’altra Cacciatrice.

 

“Siamo senza forza ora, Faith. Siamo due ragazze normali”

 

“Noi non siamo normali,” esclamò Faith con un sorriso sprezzante. “Sali al secondo piano. Io proverò nel seminterrato”

 

Buffy annuì, poco convinta, e andò in cerca delle scale.

 

Salì di corsa, timorosa che qualcuno potesse seguirla.

 

Non dubitava di Angel e Spike, ma aveva avuto l’impressione che quel Kralik non avesse tutte le rotelle a posto.

 

Di nuovo, non c’era da stupirsi che il suo Sire fosse Drusilla.

 

Con un sorriso tremolante sul volto, si guardò a destra e a sinistra, tentando di decidere in quale direzione andare.

 

Un rumore ovattato la fece girare di colpo a destra, e corse verso una porta socchiusa.

 

La aprì lentamente, attenta a non far più rumore di quanto fosse necessario, e si addentrò nella stanza.

 

Sua madre non era lì.

 

Con un sospiro, si accinse a tornare indietro, quando sentì la porta richiudersi dietro di lei.

 

E in quel momento, anche senza poteri da Cacciatrice, ancor prima di girarsi, sapeva che c’era un vampiro dietro di lei.

 

Sapeva che…

 

“Buffy!”

 

“Spike”

 

Buffy tirò un sospiro di sollievo, avvicinandosi a Spike e stringendolo forte.

 

“Sono contenta che sia tu” mormorò lei affondando il viso nel suo petto.

 

Lui le accarezzò la schiena per tranquillizzarla.

 

“E’ tutto a posto. Kralik e i suoi sono morti. Angel è andato in cerca di Faith”

 

“Mia madre!” esclamò Buffy staccandosi da lui. “Dobbiamo ritrovarla! E se l’avesse già-”

 

“E’ ancora viva,” la interruppe Spike mettendole un dito sulle labbra. “Sento il suo odore”

 

Buffy annuì con occhi spalancati, e per un momento le sembrò che Spike stesse per dirle dell’altro, quando lui le prese una mano e la riportò al primo piano.

 

E fu allora che un Giles munito di ascia irruppe attraverso una finestra.

 

Cacciatrice e Osservatore si guardarono per un momento.

 

Negli occhi di Buffy, oltre l’incredulità, c’era solo freddezza. Lui l’aveva tradita.

 

Aveva tradito tutti loro.

 

“E’ qui sotto! Joyce è qui!”

 

L’urlo di Faith catturò la loro attenzione, e subito si diressero verso il seminterrato.

 

 

~ * ~ * ~

 

 

 

“So che non posso scusare in alcun modo quello che ho fatto”

 

Le parole di Giles rimasero sospese nel silenzio della biblioteca.

 

L’osservatore guardò le sue Cacciatrici, in attesa.

 

Il suo sguardo incontrò due identiche espressioni ferite.

 

“Come potremmo?” mormorò poi Buffy, e il tono della voce tradiva le sue lacrime.

 

Faith cominciò a camminare lentamente, scotendo la testa incredula.

 

“Io mi fidavo di te,” esclamò arrabbiata. “Mi fidavo di te con la mia vita! Tu eri il mio Osservatore e-”

 

“Un’esatta scelta di parole, miss Dushku,” esclamò rivoltò a Faith un uomo vestito in giacca e cravatta che le ragazze non avevano mai visto.

 

“Che diavolo vuoi ancora, Quentin?” urlò invece Giles all’uomo.

 

Quentin non si scompose ma si presentò alle ragazze porgendo la mano.

 

“Quentin Travers, capo del Concilio degli Osservatori”

 

Le ragazze, in piedi l’una accanto all’altra, lo guardarono con disprezzo dall’alto in basso.

 

“Immagino sia lei il responsabile di quello che ci è accaduto” esclamò Buffy corrugando la fronte.

 

L’uomo ritirò la mano.

 

“Ci è veramente dispiaciuto per l’inconveniente, non era certo previsto, ma per farci perdonare considereremo il Cruciamentum come superato”

 

Travers si volse poi verso Giles.

 

“Per quanto riguarda te, Rupert… il Cruciamentum non è solo un test per la Cacciatrice… lo è anche per il suo Osservatore. E dal momento che sei intervenuto senza che ti fosse stato richiesto… consideriamo il tuo Cruciamentum come fallito”

 

Giles fissò Travers senza scomporsi.

 

Travers continuò.

 

“Il tuo rapporto con le Cacciatrici è di tipo paterno e per niente professionale. Pertanto, puoi ritenerti licenziato”

 

Rupert si alzò cominciando a pulirsi gli occhiali, senza replicare.

 

Quentin Travers si girò di nuovo verso le Cacciatrici, battendo le mani una volta.

 

“Bene, detto questo. Il vostro nuovo Osservatore arriverà quanto prima e sono sicuro che-”

 

Buffy lo interruppe alzando una mano.

 

“Credo di parlare per entrambe,” e guardò Faith, che annuì confermando, “quando dico che non intendiamo più sottometterci a queste torture”

 

Il capo del Concilio annuì comprensivo.

 

“Sono sicuro, miss Summers, che un episodio del genere non si verificherà mai più-”

 

“Io non sono sicura, lo so,” replicò Buffy in tono calmo. “Perché da ora in avanti, io e Faith non ubbidiremo più agli ordini del Concilio”

 

Quentin Travers guardò entrambe spalancando gli occhi.

 

“Che cosa intende dire?”

 

“Stiamo dicendo,” mormorò Faith sorridendo, “che ci dimettiamo”

 

Quentin aprì la bocca per replicare, ma Buffy non gliene diede il tempo.

 

“Le consiglio di andarsene. Ora” aggiunse poi in tono più fermo.

 

Buffy e Faith guardarono Quentin Travers uscire dalla biblioteca.

 

Sentendosi più esausta che mai, Faith andò a sedersi, lasciandosi cadere su una sedia e chiudendo gli occhi.

 

Li riaprì immediatamente quando sentì un fazzoletto tamponarle leggermente il taglio sulla fronte.

 

Giles era inginocchiato davanti a lei.

 

“Mi dispiace,” mormorò piano.

 

Buffy andò a sedersi accanto a Faith e sospirò.

 

Le ragazze rimasero in silenzio mentre l’uomo finiva di pulire i tagli sul viso di Faith.

 

[WIP]