Spoiler
per: “Faith, Hope and Trick”,
“Lover’s Walk”, “The Wish” (sebbene Buffy e Spike non siano presenti al momento
degli episodi… immaginate che tutto si sia svolto anche senza di loro)
Pairing: A/F, B/S, W/O
Rating: Un po’ di Angst sparso qua e là
Timeline: post “Due nella Tempesta” (per Buffy e Spike) – post
“The Wish” (per tutto il resto della Gang): ciò significa che Oz e Cordelia hanno
lasciato Willow e Xander, e che Anya ha perso i suoi poteri da demone della
vendetta.
Summary: Buffy e Spike sono tornati a Sunnydale… cosa
succederà quando scopriranno che alcune cose, in loro assenza, sono cambiate…
ed altre invece no?
Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David
Greenwolt
Note
dell’Autore: So quanti di voi
aspettavano questo seguito, e sono davvero dispiaciuta per avervi fatto
aspettare tanto. Negli ultimi giorni ho visto i DVD della 3^ Season di Buffy, e
un’idea, all’improvviso, si è fatta strada nella mia mente e proprio non ha
voluto andarsene! Spero che vi piaccia, e soprattutto, che mi facciate sapere
cosa ne pensate!
Distribuzione: Per la
distribuzione di questa fanfic rivolgersi per favore alla sottoscritta!
Della
sua infanzia, Faith ricordava distintamente la continua ubriachezza della madre
e i lunghi anni trascorsi in solitudine, troppo orgogliosa per giocare con
altri bambini, e troppo intimidatoria perché loro potessero avvicinarsi a lei.
Man
mano che cresceva, aveva capito molte cose.
Che
non poteva fidarsi di nessuno, eccetto che di se stessa.
Che
tutti gli uomini, per quanto di aspetto piacevole e pronti a prometterle anche
il mondo, sarebbero stati sempre e solo una disgrazia.
Che
il mondo era duro, e doloroso, e che ogni giorno era una continua battaglia per
la sopravvivenza.
Quest’ultima
parte, poi, l’aveva provata letteralmente sulla propria pelle.
Era
venuta a conoscenza del suo destino da Cacciatrice.
Quella
era forse l’unica memoria felice che Faith avesse.
Il
breve momento in cui aveva sperato di non essere così completamente sola.
Il
tempo in cui aveva pensato che l’altra Cacciatrice – quella che risiedeva a
Sunnydale – in qualche modo avrebbe potuto aiutarla.
Ma
poi la sua Osservatrice, quella donna tanto gentile e tanto, tanto giovane, era
morta.
E
Faith aveva perso anche quelle ultime illusioni.
Arrivare
a Sunnydale, allora, era stato solo un modo per liberarsi di Kakistos.
Che,
comunque, l’aveva seguita fino a lì, imperterrito.
Ma,
per la prima volta, nella sua intera vita, Faith non era stata sola.
E
non importava davvero che l’altra
Cacciatrice non fosse stata lì.
Non
era stata sola quando aveva dovuto affrontare i fantasmi del passato e quel
vampiro che le sembrava così spaventoso.
Mentre
infilava il largo palo di legno nel petto del suo nemico, Faith aveva
finalmente compreso che tutto poteva essere diverso.
Che
le persone che allora le stavano intorno, per aiutarla – potevano diventare
suoi amici.
Che
l’Osservatore che si fingeva bibliotecario avrebbe potuto essere il suo
Osservatore, e allenarla a migliorare.
Che
il vampiro dagli occhi tormentati che era rimasto il più del tempo nell’ombra,
uscendone solo per uccidere qualche suo simile, forse avrebbe potuto insegnarle
a convivere col suo dolore.
E
forse diventare anche qualcos’altro.
…Che
era poi quello che era successo.
E
lei non si era mai resa conto, fino a quel momento, di possedere così tanto
amore.
Non
aveva creduto di poter essere ancora in grado di piangere, quando lei e Angel
avevano finalmente ammesso i propri sentimenti l’uno all’altra.
Faith
sapeva dell’altra Cacciatrice.
Sapeva
che tutti loro, tutti, anche il suo Angel, continuavano a soffrire per la sua
scomparsa e non smettevano mai di cercarla.
Ma
non si sentiva minacciata da lei.
Adesso
aveva tutto quello che aveva sempre desiderato nella vita.
Anche
Joyce, la madre dell’altra Cacciatrice, era stata con lei gentile come gli
altri, diventando quasi la madre che Faith non aveva mai avuto davvero.
Sì,
tutto sommato, Faith era felice.
Sapeva
che non c’era niente che avrebbe potuto distruggere il suo piccolo mondo
d’amore…
Faith
guardò, immobile, mentre Angel, Xander, Willow e Giles correvano al fianco di
Buffy.
Senza
prestarvi davvero attenzione, spinse leggermente con la punta del piede il
corpo svenuto di un uomo biondo a terra accanto a lei.
“Del
biondo qui che ne facciamo…”
Non
si aspettava veramente una risposta, non dopo essere così pienamente consapevole
che non l’avevano neanche ascoltata.
Tutta
la loro attenzione era sulla piccola ragazza per la quale avevano speso più e
più notte svegli.
Prese
un lungo respiro, cercando di ricomporsi.
Non
vi riuscì.
E
quello che Faith pensava non sarebbe più successo, accadde di nuovo.
Faith
si sentì per la prima volta dopo molti mesi, sola.
CAPITOLO 1
Quando
Buffy aveva riaperto gli occhi, per un momento ogni cosa attorno a lei era
sembrata semplicemente appannata e opaca.
Un
attimo dopo, la vista le si era schiarita lentamente, e l’immagine di una donna
bruna le era comparsa dinanzi.
Una
donna che Buffy non aveva mai visto prima.
Ma
che, istantaneamente, in qualche strano modo che non sapeva neanche spiegarsi,
le aveva emanato un senso di familiarità.
Così,
solo in un secondo momento aveva scoperto che quella ragazza che la guardava
con così tanta altrettanto inspiegabile ostilità, era anche lei una
Cacciatrice.
E
a quanto pare, quella ragazza - Faith -
aveva preso il suo posto, qui a Sunnydale.
In
più modi di uno. In più modi di quello che avrebbe gradito.
Aveva
risposto con calma e rassicurazione alle frantiche domande dei suoi amici.
Aveva
dato a Giles una precisa e dettagliata descrizione del loro viaggio.
In
silenzio, aveva guardato Angel restare in disparte, e parlare sottovoce a
Faith.
Sentendo
uno strano vuoto all’altezza del petto, aveva appurato dai suoi amici, non
senza mordenti commenti e minacce di morte, che Spike era riuscito a scappare
molto prima che lei si svegliasse.
Chiudendo
gli occhi, chiudendo all’esterno le voci dei suoi amici, i loro volti, le
domande di Giles, la vista di Faith e Angel e… tutto… tutto… un breve pensiero
attraversò la sua mente.
“E’
questo l’inferno?”
~
* ~ * ~
Quando
Spike arrivò nella sicurezza delle ombre, in una delle tante cripte disabitate
di Sunnyhell, solo allora… lasciò uscire quel sospiro che aveva minacciato di
sommergerlo così tante volte.
Solo
lì, nel silenzio di quel luogo che puzzava terribilmente di morte, si lasciò
andare ai ricordi e ai pensieri.
Ricordò
di essersi svegliato nella biblioteca del liceo, a terra, ai piedi di un
tavolo.
Ricordò
che qualcuno – l’Osservatore, forse… non vi aveva davvero prestato attenzione –
si era accorto di lui, ed immediatamente aveva attirato l’attenzione degli
altri.
Ricordò
di esser riuscito ad alzarsi, nonostante avesse quasi la sensazione che il peso
del mondo risiedesse sulle sue spalle, e di esser riuscito a correr via.
E,
una volta arrivato alle porte, per un momento, un breve, brevissimo momento, si
era girato e l’aveva cercata con gli occhi.
E
l’aveva trovata, sì, l’aveva trovata… sdraiata su quel tavolo di legno,
circondata dai suoi amici, tutti in cerchio attorno a lei, per proteggerla…
…da
lui.
Lui
che l’aveva protetta per quei lunghi mesi molte più volte di quanto
probabilmente avessero fatto loro.
Era
bastato quello… i loro sguardi, il loro disgusto, la loro sfiducia… a
confermare tutto ciò che Spike aveva temuto sarebbe successo.
Cos’altro
avrebbe potuto tuttavia aspettarsi?
Non
che… volesse tutto quello.
Non
che fosse in cerca della loro fiducia o del loro rispetto… non che pensasse
neanche di meritarli.
No.
A lui bastava lei.
E
sapeva, con una consapevolezza che gli stringeva il cuore in una morsa che
quasi non lo lasciava respirare, che non l’avrebbe avuta.
Anche
se tutto… tutto… era cambiato tra di loro.
Anche
se Angel – l’Angel per il quale erano andati all’Inferno – aveva addosso
l’odore di quella donna bruna – un’altra Cacciatrice, si era reso conto.
Spike
non era mai stato un tipo che si faceva molte illusioni.
Sapeva
amare, ne era in grado, e più di una volta proprio le sue passioni lo avevano
cacciato nei guai.
Ma
Spike non era un illuso.
Spike
aveva saputo da subito che, quando Angelus era stato maledetto per la prima volta,
non aveva abbandonato lui e Dru perché si sentisse confuso e perso – ma solo
per il suo proverbiale egoismo.
Che
nonostante Dru fosse rimasta con lui per tutti quegli anni, non era stato
perché lo amava o per chissà quale altro motivo romantico… ma perché aveva
bisogno che lui si prendesse cura di lei, e perché aveva bisogno di un
sostituto mentre daddy era via.
Aveva
saputo che Buffy gli aveva chiesto aiuto, all’inizio dell’estate, solo perché
lui era forte, e senza più speranza, e… semplicemente pazzo.
E
questo, ancora, poteva capirlo, perché… non aveva fatto lui la stessa cosa,
rivolgendosi a lei quando Angelus aveva minacciato di mandare il mondo
all’Inferno?
Sì,
questo poteva capirlo.
Ma
non aveva illusioni che il suo mondo, ora, potessero accettarlo.
Anche
se, a quanto pare, non avevano avuto problemi ad accogliere Angel nelle loro
braccia, non voleva credere che per lui sarebbe stato così facile.
Di
nuovo, non che gli importasse cosa quei bambocci pensassero di lui.
Non…
veramente.
…
A lui sarebbe bastata solo lei.
Con
un altro lungo, profondo sospiro, si chiese se fosse quello l’inferno, ignaro
che dall’altra parte della città, per motivi simili e diversi, Buffy stava
facendo la stessa cosa.
~
* ~ * ~
Trick
bussò alla porta, riaggiustandosi nervosamente la cravatta.
Dopo
un attimo, un umano su cui poteva odorare anche troppa paura, gli aprì la porta
e si fece da parte per lasciarlo passare.
Dal
giorno in cui aveva messo piede a Sunnydale, Trick era stato immediatamente
messo in guardia dagli altri vampiri sugli affari illegali portati avanti dal
Primo Cittadino.
Certo
non ne era stato intimorito, e certo aveva continuato ad occuparsi dei suoi
interessi, tentando, almeno, di essere il più discreto possibile.
Beh,
sì, poteva ammettere che ‘
E,
con una punta di risentimento, ricordò la sua cattiva riuscita e come aveva
dovuto rimborsare i suoi partecipanti – o, quelli che ne erano sopravvissuti,
pensò sorridendo.
E,
certo, il suo ingresso trionfale in città accompagnato da Kakistos non aveva
fatto un buon effetto.
Tuttavia,
Trick era stato perplesso nel ricevere quell’ingiunzione a recarsi al
Municipio.
E
ancor più, lo era ora, ora che si trovava di fronte a Richard Wilkins III in
persona.
Un
umano, rifletté, e subito quel pensiero fu accompagnato da un altro.
Probabilmente
non per molto.
“Vuole
accomodarsi, signor Trick?” gli chiese educatamente il Sindaco.
Ancora
sorpreso, il vampiro fece come gli era stato detto.
Wilkins
sorrise.
“Sono
sicuro che andremo molto d’accordo, signor Trick,” continuò il Primo Cittadino,
offrendogli la mano con un altro sorriso.
Di
riflesso, Trick gli porse la propria, ricambiando il sorriso.
Oh
sì, sarebbero andati d’accordo…
CAPITOLO 2
Quando
Buffy, quella notte, chiuse gli occhi, distesa nel suo letto tra le comode coperte
del suo letto, nella sicurezza della sua casa, si accorse solo allora di quanto
fosse stanca.
Di
quanto avesse desiderato quel caldo letto e quell’affetto familiare che sua
madre le aveva dimostrato.
Di
quanto, in definitiva, persino la bocca dell’inferno che aveva tanto odiato
fosse più sopportabile se paragonata all’inferno stesso.
Non
che, naturalmente, avesse mai pensato il contrario.
Anche
se la presenza di Spike le aveva sempre dato uno strano senso di normalità, non
si era mai illusa che quella potesse essere casa.
No,
non sarebbe mai potuto succedere.
Soltanto
che, ora che era tornata alla normalità del suo mondo, della sua famiglia, dei
suoi affetti, della sua casa, delle sue cose… proprio ora…
Sentiva
che c’era qualcosa che mancava.
Sentiva
che quello che per lei prima rappresentava normalità ora non lo era più
veramente.
Se
chiudeva gli occhi, risentiva su di sé lo sguardo fermo ed espressivo di Spike
mentre la guardava quando credeva che lei non se ne accorgesse.
Se
chiudeva gli occhi sentiva la sensazione della dura terra sotto di sé, e la
morbidezza dell’abbraccio di Spike.
Solo
quando chiudeva gli occhi, onestamente, poteva ammettere che le mancava Spike.
E
solo quando chiudeva gli occhi, da sola, quando più nessuno poteva giudicarla o
biasimarla, si accorgeva che era scomparsa.
La
scintilla.
Quella
che l’aveva legata ad Angel dal primo momento che si erano visti.
Oh,
certo, aveva sentito qualcosa.
Quando
l’aveva guardato, quando aveva scrutato nei suoi occhi… vi aveva letto tutto
quello che Angel teneva in quegli occhi. Aveva saputo subito di Faith.
Così
come, guardando in un secondo momento Faith, pensava di aver motivato
quell’ostilità nei suoi confronti.
Era
gelosia.
E
lei, Buffy, proprio lei che forse avrebbe dovuto essere la più gelosa di tutte…
era rimasta lì, senza parlare, senza sapere cosa fare, eccetto stare lì
impalata a guardarli.
Più
vuota di quanto si fosse mai sentita prima, perché la consapevolezza che
guardare Angel con un’altra non faceva scattare niente dentro di lei, era
persino peggio di qualsiasi altra reazione.
Era
appena arrivata a quella conclusione, che sentì qualcosa alla finestra, e
istantaneamente represse una risata.
Perché,
certo, se stava pensando ad Angel, lui doveva essere proprio lì.
Mettendosi
a sedere a letto, si girò verso la finestra.
“Puoi
entrare”, bisbigliò.
Il
vampiro non se lo fece ripetere, e scavalcò con cautela la finestra.
Si
sorprese, Buffy, nel constatare che la vista di lui, che sempre le aveva tolto
il fiato, stavolta non faceva altro che riscaldarle il cuore.
Ma
in quel modo tipico delle persone a cui vuoi bene, ma niente di più.
Niente
di più.
Finalmente
una realizzazione la colpì.
Buffy
sgranò leggermente gli occhi, e Angel la guardò confuso.
“Buffy?”,
le chiese in tono preoccupato. “C’è qualcosa che non va?”
Lei
distolse lo sguardo, scotendo la testa.
Poi,
dopo un attimo, tornò a guardarlo, sorridendo.
“E’
tutto apposto”.
Angel
annuì soltanto, e un pesante silenzio cadde nella stanza.
L’epifania
che l’aveva colta poco prima risuonava ancora incessantemente nella mente di
Buffy, imperterrita come qualcuno che voleva schernirsi di lei.
In
un certo senso c’era dell’ironia in tutto ciò.
Sei
andata all’Inferno, per lui, per cercarlo, e che cosa hai ottenuto invece? Tu
lo hai…
…perso.
Angel
era perso ormai per lei.
E
quella consapevolezza non la feriva più di quanto avrebbe potuto uno schiaffo.
Ad
un tratto la sua risata spezzò il silenzio che era calato su di loro.
Angel
sollevò il capo, guardandola stranamente.
Buffy
alzò una mano, come per scusarsi, e poi tentò di smettere.
“Scusa,
Angel… è solo che… guardaci”
Spalancò
le braccia, come per includere entrambi.
“Guardaci
adesso. Noi che potevamo discutere di tutto, ora siamo anche troppo imbarazzati
per aprir bocca”
Il
vampiro sospirò.
“Ascolta…
Buffy-”
Buffy
alzò di nuovo una mano, interrompendolo.
“No.
Lascia parlare me. Prometto che non ci metterò molto.”
Buffy
esalò, prima di prendere un altro lungo respiro.
Se
doveva dirlo… se doveva finire tutto… se tutto era già finito, allora meglio
fare questo il prima possibile.
~
* ~ * ~
Joyce
non aveva voluto origliare.
Davvero,
non era certamente nel suo stile.
Aveva
sempre pensato che fosse una cosa terribilmente maleducata e terribilmente
fastidiosa.
Aveva
educato Buffy perché non lo facesse mai.
Ma,
quella sera, Joyce aveva passato anche troppo tempo a rigirarsi tra le coperte.
Persino
più di quanto ne avesse trascorso quell’estate, quando non aveva avuto altro
pensiero che per Buffy.
Anche
quella sera il suo pensiero era rivolto a sua figlia.
Ma,
questa volta – e Joyce ringraziava ancora il Signore per quel miracolo – lei
era al sicuro nella sua camera da letto.
Tornata
a casa. Dall’Inferno.
Joyce
non aveva voluto neanche cominciare ad immaginare che cosa sua figlia avesse
visto in quel posto… sapeva, sapeva che avrebbe odiato venirne a conoscenza.
Così
non le aveva chiesto.
Non
di meno l’ansia era ciò che la teneva sveglia.
Così,
ormai arresa, Joyce scostò le coperte e si alzò dal letto, prese la sua
vestaglia e la infilò mentre usciva dalla camera e si avviava verso quella di
Buffy alla fine del corridoio.
E
lì, a pochi passi, aveva sentito delle voci.
Quella
di Buffy, sì, era facilmente riconoscibile.
E
dopo le numerose volte che lui era stato in casa loro per organizzare le
ricerche per Buffy, Joyce fu subito in grado di riconoscere la voce di Angel.
Naturalmente,
Joyce sapeva di Faith e Angel.
E
naturalmente, dopo che sua figlia l’aveva stretta tra le proprie braccia e
l’aveva rassicurata di star bene, il pensiero di quanto non sarebbe stata bene…
dopo… aveva attraversato brevemente la sua mente.
Ma
aveva lasciato perdere quel pensiero, ancora troppo meravigliata e felice che
Buffy fosse di nuovo con lei.
A
quanto pare, invece, sua figlia stava già sistemando questi affari da sola.
Non
colse molto della conversazione che si svolgeva all’interno, solo qualche frase
spizzicata.
Come
quella di Buffy, che diceva “…ho visto oggi come la guardavi…”, o quella di
Angel, un bisbigliato “… credevo che non ti avrei più rivisto…”
Per
un momento, Joyce interpretò la strana calma nella voce di sua figlia come un
semplice meccanismo di difesa contro il colpo che di sicuro l’avrebbe colta in
pieno viso.
Ma
man mano che la conversazione procedeva, e le loro voci continuavano a restare
calme, e certo Joyce non riusciva a distinguere rimpianto da nessuna delle due
parti…
Forse
non era un modo per difendersi, si ritrovò a ragionare.
Forse
a sua figlia non importava davvero più.
Se
per una parte Joyce fu sollevata da quella considerazione, che la liberava da qualsiasi
suo intervento futuro atto a mostrare a Buffy la luce della ragione, anche,
tuttavia, la lasciava profondamente perplessa.
Non
era stata sua figlia, proprio quella stessa mattina, a raccontarle con calma il
motivo di quella lunga separazione?
Non
era stato per lui che Buffy era andata all’Inferno?
Mentre
pensava ciò, sentì le voci affievolirsi prima di scomparire del tutto.
Aspettò
un minuto, due, poi tre, attendendo solo i suoni che le avrebbero indicato
l’esplosione finale dei sentimenti repressi di sua figlia.
Ma
non vennero mai.
Dopo
che ne furono trascorsi cinque, Joyce entrò cautamente nella stanza dove aveva
trovato un foglietto di spiegazioni solo mesi prima.
Buffy
era seduta presso la finestra, il corpo semi girato verso la porta.
Guardava
nell’oscurità della notte con un’espressione sul volto serena come Joyce non
gliel’aveva mai vista.
Avvertendo
la sua presenza, sua figlia si voltò verso di lei sorridendole.
Joyce
non pensava che le persone fossero tutti uguali.
E
nemmeno credeva che le loro reazioni e comportamenti dovessero essere simili.
Ma,
poteva ammettere con se stessa, aveva sempre creduto che Buffy avrebbe pianto.
Quando
sarebbe accaduto – quando finalmente avrebbe aperto gli occhi e si sarebbe resa
conto che un futuro con Angel era impossibile – aveva pensato che avrebbe
pianto.
Evidentemente
si era sbagliata.
Sorridendo
a sua volta, e mormorando un buonanotte che sembrava stentato persino alle sue stesse
orecchie, Joyce si diresse nella sua camera da letto.
Silenziosamente
imponendosi di scoprire come e cosa avesse cambiato la sua Buffy a quel modo.
~
* ~ * ~
Buffy
richiuse la porta dietro sua madre, senza fermarsi a domandarsi se e cosa lei
avesse sentito della conversazione appena avuta.
Non
sarebbe importato. Presto sarebbe stato di dominio pubblico.
Già
dal mattino successivo, immaginò.
C’erano
persone che avevano atteso così tanto che accadesse.
Xander,
ad esempio, le balzò alla mente, ma Buffy respinse qualsiasi pensiero relativo
all’argomento.
Non
aveva davvero bisogno dell’espressione soddisfatta sul viso di Xander.
Voltandosi
verso il suo letto, guardò di nuovo la finestra.
Era
una notte stranamente scura, senza luna, senza stelle.
Morta,
quasi senza vita.
Troppo,
terribilmente troppo simile alla notte continua che aveva vissuto all’Inferno.
Eppure
non la impauriva così tanto.
Non
le faceva venir voglia di rintanarsi sotto le coperte per non uscirne più.
Le
faceva pensare a Spike, questo sì.
Le
faceva porre interrogativi a cui non voleva rispondere… non era pronta… non
ancora.
Per
un momento, pensò di volerlo accanto a sé, ora, per consolarla e stringerla fra
le sue braccia e continuare a dirle quanto non avesse più bisogno di Angel.
Come
se già non lo sapesse.
Ma,
rifletté, ne aveva avuto abbastanza di vampiri per quella sera.
Sedendosi
a letto, prese il ricevitore dal comodino e compose a memoria il numero di
Willow.
Forse
era tempo che tornasse a essere più se stessa…
~
* ~ * ~
Spike,
vecchio mio, hai certamente perso il tuo tocco.
Così
Spike pensava mentre a lunghe falcate si allontanava dal vicolo buio del
Bronze, la ragazza che aveva scelto come sua prima vittima, a terra vicino
secchi di spazzatura maleodoranti.
Viva.
E
senza dubbio non in pericolo di vita.
Spike
non poteva capacitarsene.
Non
capiva perché avesse preso così poco sangue… perché non l’avesse uccisa… come
sapesse che non avrebbe trovato alcun gusto nel farlo.
Un
vampiro non chiede a se stesso perché beve sangue.
Perché
lo sa ancor prima di conoscere se stesso.
Perché
è una necessità a cui non può fare a meno, e uccidere, in un secondo momento, è
un piacere che sarebbe stupido non concedersi.
Certo,
non c’era alcuna ragione effettiva per uccidere.
Lo
aveva sempre fatto, da quel che poteva ricordare, perché era una sensazione che
lo faceva sentire vivo al pari del sangue che lo teneva sano e forte.
Ma
quella notte, quando aveva avvicinato il viso grottesco al collo liscio e caldo
della ragazza… e quando poi vi aveva affondato i denti aguzzi, tirando il primo
avido sorso di sangue…
L’aveva
sentita.
Quella
voce che, per la prima volta in 120 anni, gli aveva consigliato di non
uccidere, se non era strettamente necessario.
E
Spike, ubbidiente a quella voce, aveva preso qualche altra sorsata prima di
lasciar cadere la ragazza, svenuta.
Guardandola
ai suoi piedi, non aveva certo provato colpa per quello che aveva fatto.
E
neanche aveva provato ribrezzo per se stesso, per non essere riuscito a farlo
fino in fondo.
Aveva
sentito che era la cosa da fare.
Non
la cosa giusta… né la cosa sbagliata… ma quello che lui avrebbe dovuto fare.
Mentre
i suoi passi lo conducevano, inconsciamente, all’abitazione a Revello Drive in
cui era stato una sola volta, Spike pensò che non era così strano.
In
definitiva, si era sempre vantato di essere diverso dai suoi simili.
E
se quella voce gli aveva semplicemente consigliato di fare questo, di non
prendere una vita umana se non davvero necessario… beh, poteva farlo.
Il
suo sguardo si posò di riflesso sulla finestra aperta del secondo piano della
casa da cui proveniva fortissimo il suo profumo.
Non
avrebbe ammesso con se stesso, mai, neanche sotto tortura, che quella voce
rassomigliava pericolosamente a quella di Buffy.
CAPITOLO 3
Il
pomeriggio seguente alla sua assunzione ufficiale, Trick si ritrovò nuovamente
al Municipio.
Questa
volta, portava informazioni che, pensava, avrebbero di certo fatto comodo al
suo capo.
“
Richard
Wilkins, proprio allora, era intento al suo mini-golf da ufficio, e quando
ancora una volta non riuscì a far buca, gettò via la mazza irritato.
“Che
diavolo…”
Si
ricompose, notando lo sguardo perplesso sul viso del vampiro.
Emise
una grassa risata, andando a sedersi al suo posto dietro la scrivania.
Trick
rimase in piedi a guardarlo.
“Dunque
la piccola Buffy è tornata a casa,” disse sorridendo. “Sono sempre stato molto
affezionato a quella bambina…”
“Signore,
Chissà
perché, ma proprio non riusciva a trovare l’ironia della situazione.
“Avevamo
già una Cacciatrice, Faith… e me lo lasci dire per esperienza, non è una preda
facile… Ed ora anche quest’altra…”
“Nessuna
delle due costituisce un serio problema per i miei piani futuri, Trick,” lo
informò il Sindaco senza scomporsi.
Da
tre anni Richard Wilkins si era abituato a dover confrontarsi con una
Cacciatrice nella sua città… quanta differenza poteva farne un’altra?
“Tra
l’altro,” continuò il Sindaco, “nessuno sospetta anche lontanamente quello che
stiamo per compiere… sono troppo vicino alla meta perché qualcuno possa anche
solo pensare di fermarmi”
Trick
annuì, non ancora del tutto convinto.
Del
resto, se il suo capo era convinto… poteva esserlo anche lui senz’altro.
“Ah,”
mormorò poi, “stavo dimenticando un’altra cosa… ci sono voci in giro che dicono
che anche Spike sia tornato in città…”
“Spike?”
Wilkins corrugò leggermente la fronte. “Non è il giovanotto che l’anno scorso
creò quel putiferio col Giudice?”
“Esattamente,”
ammise Trick.
Il
Sindaco distolse lo sguardo per un momento, pensando profondamente.
Il
sorriso, comunque, tornò presto di nuovo sul suo viso.
“Bene.
Tenetelo d’occhio. Non voglio che causi altri problemi”
“Sarà
fatto, signore,” disse il vampiro, facendo un cenno con la testa, girandogli le
spalle e uscendo dalla stanza.
Seduto
sulla sua poltroncina girevole, Richard Wilkins si girò fino a guardare l’ampia
finestra, ora coperta da pesanti tendaggi, che dava sulla piazza.
Con
un gesto veloce, le tende si aprirono, e la luce inondò la stanza.
Il
Sindaco restò lì per un momento, deliziandosi nel calore della luce sulla sua
pelle.
Non
ancora per molto. Non ancora per molto.
Un
largo sorriso si disegnò sulle sue labbra.
~
* ~ * ~
“…e
quando è entrato Giles, minacciandolo di fare… chissà cosa, Snyder non ha
potuto che riammettermi!”
Willow
ridacchiò.
“Come
a dire, ‘na na na na na’”
Buffy
sorrise orgogliosa.
“Proprio
quello che gli ha detto mia madre”
Risero
ancora insieme, e le loro voci erano le uniche nella notte del cimitero.
Solo
allora, Buffy ricordò tutta la nostalgia dei primi tempi all’Inferno, e si rese
conto di quanto davvero le fosse mancata Willow.
Di
quanto le fosse mancata la sua vita.
Allo
stesso tempo, si rese conto di quanto le mancasse qualcun altro…
“Così,
tu e Oz…” bisbigliò ad un tratto.
Willow
si rabbuiò leggermente, ma non perse il sorriso.
“Stiamo
uscendo. Dovrò riconquistare la sua fiducia. So che non sarà facile, ma non
voglio perderlo” ribatté, gli occhi che le scintillavano.
Buffy
le strinse la spalla in tono rassicurante.
“Sono
sicura che andrà tutto bene”
Willow
annuì, e il suo viso riacquistò colore.
“Lo
spero anch’io”
Ripresero
a camminare in silenzio, fino a che fu Willow che apostrofò Buffy.
“Mi
dispiace per quello che è successo con Angel”
“Non
devi dispiacerti. Non è una cosa per cui abbiamo sofferto. È successo, e basta.
Ed è meglio che sia così. Io…”
Non
lo voglio. Non più. E’ tutto diverso. Non è sbagliato.
“…credo
che lui e Faith saranno felici”
Era
una strana sensazione tornare a cacciare in uno dei tanti cimiteri di
Sunnydale.
Surreale.
Farlo
con Willow… aveva dimenticato com’era.
Era
solo che, per molti mesi, aveva dimenticato com’era essere una ragazza di
diciassette anni.
Aveva
imparato ad essere una combattente… una strega… solo questo.
Aveva
imparato a non fidarsi di nessuno, eccetto se stessa. E Spike.
All’Inferno
non aveva trovato calore… eccetto che nelle braccia fredde di un vampiro.
“Deve
essere stato strano con Spike”
“Spike?”
Willow
annuì, assumendo un’espressione dubbiosa.
“Beh
sì. All’Inferno. Tutti quei mesi sola con lui”
Non
era strano la parola che le veniva alla mente.
“Eravamo
a disagio all’inizio. Come fai a fidarti del tuo peggior nemico tutto
all’improvviso?”
Willow
le fece cenno con la testa, per indicarle di continuare.
“Ma
poi è stato… come se lo avessi conosciuto da sempre. Come se combattere
insieme, e non contro l’altro, fosse quello che facevamo da una vita”
“E
lui non ha mai provato… lo sai,” Willow fece il segno di un morso, “ad avere un
assaggio?”
Buffy
parve rifletterci un momento.
“Beh,
sai, non aveva bisogno di sangue lì dov’eravamo… e sapeva che era una cosa che
non gli era permessa. Da contratto”
Willow
annuì.
Non
parlarono oltre di Spike.
Buffy
comprendeva. Capiva che non sarebbe stato facile far accettare ai suoi amici
questo nuovo lato del vampiro.
Ma
avrebbe tentato. E avrebbe avuto successo.
Perché…
beh, perché non voleva considerare l’alternativa e quello che sarebbe stata
disposta a fare.
~*
~ * ~
Sarebbe
stata la seconda notte senza di lei.
La
seconda, prima di tante altre a venire.
Non
era una prospettiva piacevole, ma avrebbe dovuto affrontarlo.
Avrebbe
dovuto affrontare la possibilità che lei capisse quale errore era stato fidarsi
di lui, rifletté Spike.
Presto
o tardi avrebbe dovuto pensare a cosa avrebbe fatto, senza di lei, dove avrebbe
potuto dirigersi, cosa avrebbe dovuto fare per tornare ad essere quello che era
stato. Prima di lei.
Avrebbe
dovuto pensarci seriamente, abbattendo quelle false speranze e quelle voci,
dentro di lui, che bisbigliavano che lei non lo avrebbe abbandonato.
Non
poteva illudersi. Non doveva sperare.
Ma
poi…
Poi
sentì dei passi morbidi avvicinarsi nella sua direzione.
Senza
voltarsi, sapeva che era lei. Il suo profumo lo avvolgeva e annebbiava i suoi
sensi.
Solo
quando lei gli fu alle spalle, Spike si concesse di girarsi e guardarla.
Lo
sguardo serio sul suo volto avrebbe dovuto almeno meravigliarlo.
Ma
la sua sola presenza lì, in quel momento, era… giusta.
Non
voleva farsi ancora altre domande. Per quella sera.
“Sarei
venuta a cercarti prima, ma c’era molto da fare. La scuola, gli amici, la
caccia. Rimane poco tempo per divertirsi”
“E
Angel?”
Forse
non avrebbe dovuto affrontare subito il problema.
Dopotutto,
non le sentiva addosso neanche il suo odore.
Ed
era quasi sicuro di aver udito, quella stessa notte, in lontananza la voce del
suo Sire de facto e di un’altra donna… ma poteva sempre sbagliarsi.
E
in questo frangente, non ne aveva alcuna intenzione.
Vide
il viso di Buffy contorcersi leggermente, e ne individuò il motivo.
Non
seppe se le farfalle nel suo stomaco erano provocate da sollievo o tristezza
per lei.
Non
volle indugiare oltre.
Aprì
le braccia, come aveva fatto tante volte all’Inferno, e attese che lei gli
corresse incontro.
Per
un breve momento temette… temette che questa volta lo avrebbe rifiutato e
avrebbe riso di lui.
Non
sapeva perché avrebbe dovuto pensarlo.
Evidentemente
si sentiva più vulnerabile del solito.
Ma
Buffy aveva bisogno di lui esattamente come lui ne aveva di lei.
Un
momento, e poi tutto quello che percepiva era il suo calore, il suo dolce profumo,
la sensazione della sua pelle morbida, la forza del suo abbraccio.
Era
tornato tutto a posto.
I
timori che lo avevano assalito solo qualche minuto prima erano scomparsi.
Le
voci dentro di lui, andate, proprio come la parte che aveva sentito mancante
era tornata al suo posto.
“Posso
dormire con te stanotte?” bisbigliò lei ad un tratto ancora stretta a lui, e
lui non l’avrebbe sentita, non fosse stato per il suo udito potenziato.
Spike
annuì, sorridendo leggermente, sorridendole e prendendola per mano.
Lei
ricambiò il suo sorriso, e si incamminarono verso Revello Drive.
Almeno
per quella notte, era tornato tutto a posto.
CAPITOLO 4
Sedeva
con la schiena appoggiata alla fredda pietra di una lapide.
Attendeva
che arrivassero. I Vampiri. I Mostri delle favole.
Quegli
esseri dal viso grottesco e l’andatura elegante di un felino.
Era
al buio, con le braccia strette intorno alle ginocchia, e si dondolava
lentamente.
Non
aveva paura. Non aveva paura.
Era
quello che continuava a ripetersi.
Era
l’unico modo che conosceva per far sì che l’oscurità e l’orrore non si
impadronissero di lei.
Era
l’unica cosa che poteva fare, nell’attesa che lei arrivasse.
Ma
non arrivava.
E
lei era ancora seduta contro quella lapide, mentre la luce della luna si
dissolveva lentamente dietro una densa coltre di nubi.
Non
doveva aver paura. Lo sapeva. Lei sarebbe arrivata.
Ma
il tempo continuava a scorrere implacabile, e così cresceva la paura, e la
solitudine era più forte di tutte.
Quello
che doveva fare era andare via, andare via era l’unica cosa che poteva portarla
alla salvezza.
E
quando si alzò per correre, non pensava potesse essere la cosa sbagliata da
fare.
Non
credeva che sarebbe stata punita per ciò.
Dopotutto,
era solo spaventata. Era una ragazza. Non era abituata all’oscurità che quegli
esseri grotteschi sembravano indossare come una seconda pelle. Non da sola.
Fu
all’uscita del cimitero, allora, che ricordò di avere un compito.
Le
avevano detto che era stata Prescelta. La donna gentile l’aveva indicata come
quella destinata a combattere i Vampiri.
Per
dovere, lo avrebbe fatto. Anche da sola. Aveva sempre combattuto contro il
mondo sola. Che differenza avrebbe potuto fare ora?
Così,
quando scorse l’ombra di qualcuno avvicinarsi, più che la ragione, prevalse
l’istinto.
Il
colpo al cuore col paletto – paletto? Non si era accorta prima di averlo
stretto in mano – fu pulito e preciso.
La
donna gentile sarebbe stata orgogliosa di lei.
Sennonché
quella figura sembrava non voler scomparire.
Ecco,
non era come le avevano detto. Avrebbe dovuto trasformarsi in polvere. Perché
invece…
Fu
invasa allora da uno strano senso di colpa.
Cosa
aveva fatto? Perché la donna gentile non era arrivata prima? Perché era stata
sola?
Non
era colpa sua… non poteva essere colpa sua, lei aveva solo fatto ciò che le era
stato detto…
Faith
si rigirò tra le coperte, senza svegliarsi, mentre un Angel altrettanto
addormentato la stringeva più forte tra le braccia.
Il
mattino dopo non avrebbe ricordato niente del sogno.
E
avrebbe classificato la strana sensazione alla bocca dello stomaco come
qualcosa di irrilevante, un errato presentimento.
Non
aveva mai avuto, prima d’allora, sogni profetici.
Non
sapeva quale fosse la loro funzione, come interpretarli.
Solo
settimane più tardi, d’un tratto, quelle immagini oniriche sarebbero tornate ad
assediarla implacabili e violente.
Ma,
più tardi.
Quella
notte, Faith dormiva serena tra le braccia dell’uomo di cui si stava
innamorando.
Era
felice.
~
* ~ * ~
Ora
lo sentiva. Nelle ossa. In ogni parte di lei. In ogni particella.
Era
persa.
Si
trovava di fronte al liceo, sola, col suo vestito bianco, e tutto quello a cui
poteva pensare, era che non si era mai sentita più persa.
Dall’interno
proveniva il suono attutito della musica.
Risate,
voci, schiamazzi. Gli altri studenti euforici stavano festeggiando perché
potevano permetterselo.
Lei
no. Se fosse entrata nella palestra, non sarebbe stato per divertirsi.
Se
si fosse mostrata, col suo bell’abito bianco e i capelli tirati su in un
elegante chignon, non avrebbe preso parte ai festeggiamenti.
Era
sola e persa. E i vampiri all’interno la stavano aspettando.
Ancora
non trovava giusto che lui fosse morto.
Non
che gli fosse particolarmente affezionata. Non c’era stato neanche il tempo.
Ma
lui sapeva. E avrebbe potuto aiutarla. E non sarebbe stata più sola.
E
invece eccola là, la cheerleader, la reginetta di maggio, la più corteggiata
della scuola.
Pronta
ad affrontare sola un nemico che probabilmente sarebbe stato più forte di lei, e
l’avrebbe schiacciata in un attimo.
D’improvviso
si sentì vacillare, e la vista le si offuscò.
Quando
riaprì gli occhi, non riconobbe l’edificio che le si stagliava davanti.
Un
cartellone segnalava “Sunnydale High School”.
Un
altro abito bianco, un altro liceo, un altro nemico da sconfiggere.
Sola,
di nuovo, perché questo era il suo destino e questo prevedeva la profezia.
Certe
cose non cambiavano proprio mai.
Ma
poi, mentre se ne stava lì, aspettando chissà cosa, quel qualcosa cominciò ad
avvicinarsi.
Un
rumore di passi la costrinse a girarsi, e prima che potesse batter ciglio, si
ritrovò a bloccare la lama di una spada con le mani nude.
Sapeva
a chi apparteneva la spada, sapeva che era, ancora una volta, un nemico. Temeva
che questa volta non sarebbe stata lei la vincitrice.
Ma,
lei era
E
per quanto sola, aveva ancora se stessa, giusto?
La
lama si disintegrò tra le sue mani, e per poco quasi non cadde.
Era
sull’orlo di una rupe.
Sotto
di lei, si stendeva una baia affollata di strane creature, una nave dalle
mostruose fattezze e una distesa infinita di fuoco rosso.
La
disperazione l’avrebbe colta di nuovo,
se non avesse sentito, d’un tratto, una mano stringere la propria.
Non
fece caso alla sua freddezza. Tutto era freddo, in quel luogo dannato.
C’era
qualcuno, al suo fianco. Emanava una sensazione di protezione.
Istintivamente,
si strinse alla figura.
E
fu come se la baia con i suoi personaggi dannati, la spada, il liceo, l’abito
bianco… tutto… tutto… scomparisse, dinanzi alle sensazioni che quel semplice
abbraccio sapeva trasmetterle.
Non
le importava scoprire a chi appartenessero quelle braccia, quel petto, quelle
labbra che le stavano bisbigliando all’orecchio parole di conforto.
Non
aveva bisogno di saperlo. Da qualche parte, nel suo subconscio, o nel suo
cuore, quel nome era già impresso a fuoco.
Si
lasciò cullare ancora un po’, fino a che l’oscurità li avvolse nuovamente, e
lei si sentì spingere via da lui.
Protese
la mano, cercandolo, tentando inutilmente di ritrovare quella fonte di pace e
conforto.
Si
ritrovò stretto in mano un paletto insanguinato, e una strana sensazione di
colpa la invase così violenta, che le mancò il respiro, e sentì le forze
abbandonarla.
Chiuse
gli occhi, e attese di terminare quell’eterna caduta…
I
suoi occhi sbarrati nel buio della camera fissavano immobili il soffitto.
Aveva
dimenticato com’era, aveva scordato la sensazione.
Svegliarsi
con quel senso di panico e di ansia, quella sensazione di cose non fatte, di
cose a venire.
Cose
a venire, in questo caso.
Cose
che l’avrebbero separata da lui.
Girò
il viso alla sua destra.
Spike
dormiva sereno, probabilmente lo avrebbe fatto ancora per molte ore.
Buffy
lo guardò in silenzio.
In
silenzio, si strinse a lui e chiuse gli occhi.
D’istinto,
Spike ricambiò l’abbraccio.
Il
mattino dopo, nell’aspra luce del giorno, Buffy avrebbe scelto di ignorare il
sogno, preferendo tenerlo per sé piuttosto che consultarsi con Spike o Giles.
Forse,
se l’avesse fatto, avrebbe potuto affrontare preparata gli eventi che sarebbero
seguiti.
CAPITOLO 5
Note:
Come avete potuto constatare, la fan-fic è ambientata nella 3^ Season. In
alcuni casi (come per questo capitolo) prenderò alcuni episodi stravolgendoli a
mio piacimento. Ricordate che in questo universo alcuni fatti e personaggi sono
differenti… il che, a mio avviso, richiede un cambiamento degli eventi!
Faith
si sedette in silenzio al tavolo nel centro della biblioteca.
I
raggi del sole entravano dalle finestre e rendevano l’ambiente caldo e
accogliente.
Sorrise,
poggiando i piedi sul tavolo, ringraziando
Per
lei che era abituata a New York era stato un cambiamento notevole, ma
piacevole.
Un
giorno avrebbe portato Angel a Manhattan, decise.
Ma
poi, come rendendosi conto di quel pensiero, scosse la testa.
Come
diavolo le saltavano in testa certe idee? Si sentiva stupida solo ad averlo
pensato…
Ma
perché no, poi. Non aveva diritto anche lei a comportarsi come una ragazza?
Dopotutto,
aveva ancora solo diciotto anni. Proprio oggi, ricordò, e il sorriso sul suo
volto si ampliò.
Le
giunse all’orecchio distrattamente la voce di Giles.
Era
nel suo studio, e parlava al telefono, era facile intuirlo.
Ad
un certo punto, le sembrò di sentire la parola “…Cruciamentum…”
Non
vi fece caso. Giles usava tutta una serie di strane parole per i suoi affari da
bibliotecario.
Lentamente
i suoi pensieri ritornarono al suo compleanno, e Faith si concesse per una
volta di pensarci come ogni ragazza.
Non
come una bambina che era stata costretta troppo presto a crescere.
Non
come
Come
Faith. E fu la prima volta.
Neanche
la consapevolezza che l’altra Cacciatrice, Buffy, era nata nello stesso giorno,
riusciva a scuoterla.
In
un certo senso aveva fatto l’abitudine anche a lei.
Si
era abituata a vederla ogni giorno, ad andare a caccia con lei, a cenare con
lei quando Joyce la invitava ancora.
In
un certo senso, le si era quasi affezionata. Quasi. Anche se non l’avrebbe mai
ammesso.
Giles
la riscosse dai suoi pensieri arrivandole davanti all’improvviso.
Sembrava
trafelato, e preoccupato da qualcosa, ma ancora Faith non gli diede importanza.
Non
si era chiesta neanche perché lui l’avesse convocata così improvvisamente, e a
quell’ora.
Quando
lui le mostrò quello strano cristallo blu, lei semplicemente scrollò le spalle
e prese a fissare la venatura al centro come lui le aveva detto di fare.
Doveva
essersi distratta per un attimo, perché Giles la scosse leggermente per
attirare la sua attenzione.
Faith
si scusò e tornò a guardare il cristallo e le altre pietre che l’Osservatore le
mostrò una dopo l’altra.
E
riusciva a pensare soltanto che, senza dubbio, avrebbe preferito risparmiarsi
la parte teorica del lavoro.
~
* ~ * ~
La
ballerina gira graziosa, le braccia sollevate quasi ad incorniciarle il capo.
Il
peso del corpo è tutto appoggiato su una gamba, terminante in una punta.
L’altra
gamba riposa, leggermente piegata, senza mai muoversi.
La
ballerina continua a girare mostrando al mondo il suo sorriso.
I
capelli tirati su in uno chignon acquistano dalla luce riflessi dorati.
La
musica in sottofondo è piacevole, rilassante.
La
bambina guarda il carillon ammaliata, ad occhi spalancati, senza distogliere lo
sguardo.
Non
alza lo sguardo neanche per rispondere a suo padre.
Lui
le accarezza con gentilezza i capelli biondi legati in due code, e sorride.
La
musica è così bella, che le fa venire voglia di ballare.
Ma
poi, nessuno mai sarebbe bravo come la bella ballerina sul palchetto.
“Allora…
ti piace?”
La
bambina annuisce sorridendo, ancora ammirando il carillon.
“Sono
contento, piccola,” e il padre sembra esserlo davvero, contento.
“Che
ne dici di metterlo qui? Così potrà far compagnia al signor Gordo”
“Si
papà,” concorda la bambina alzandosi in punta di piedi e dandogli un bacio
sulla guancia.
“E’
meraviglioso, Spike”, bisbigliò Buffy.
E
lo era davvero. Proprio come quello che le aveva regalato suo padre dieci anni
prima.
Il
tipo di carillon che aveva sempre ammirato nelle vetrine dei negozi di
giocattoli, da bambina.
Simile
al carillon che era rimasto, chissà dove, nella vecchia casa a Los Angeles, e
che forse era stato trovato da un altro bambino.
Spike
sorrise nervoso, passandosi una mano tra i capelli.
“Sono
lieto che ti piaccia”
Non
poteva affermarlo con assoluta certezza, ma Buffy era sicura che Spike stesse
arrossendo.
Spike,
l’indomito arrogante che niente faceva arrossire.
Se
avesse avuto una macchina fotografica avrebbe di certo immortalato quel momento
per i posteri.
Sorridendo
maliziosa, decise di metterlo ancora più in imbarazzo.
Alzando
una mano gli accarezzò una guancia, e gli diede un leggero bacio sull’altra.
Quando
si allontanò per guardarlo, il suo sorriso si allargò notevolmente.
Adesso
era sicura che Spike stesse arrossendo!
Impacciato,
lui le sorrise gentilmente, si sorrisero entrambi mentre i loro sguardi si
incrociarono.
Da
tre settimane a questa parte Spike era stato… strano, aveva pensato a volte.
In
alcuni momenti, la osservava di soppiatto quando pensava che lei non se ne
accorgesse.
E
la cosa altrettanto strana è che quando lo faceva, inspiegabilmente Buffy
sentiva come delle farfalle nello stomaco.
Come
ora, ora che lui la stava guardando così apertamente… ammirato.
Non
sapeva trovare un altro aggettivo per descrivere la sua espressione.
E
i suoi occhi avevano acquistato la tonalità più scura che lei vedeva molto
raramente e…
“Buffy!”
La
voce di sua madre la riscosse, e dopo un ultimo sguardo a Spike, aprì la porta
della sua camera e si affacciò nel corridoio.
“Cosa
c’è, mamma?”
Joyce
uscì dalla sua camera con il cordless in una mano, e venne verso di lei.
“Era
Giles. Dice che stamattina presto avevate un appuntamento per lo studio di non
so quale cristallo”
Buffy
si morse un labbro.
“Giusto.
Lo avevo completamente dimenticato”
Sua
madre sorrise.
“Fai
presto. Ti sta aspettando a scuola”
Proprio
allora anche Spike uscì nel corridoio e rivolse un cenno a Joyce.
“Salve,
Joyce”
Lei
ricambiò il cenno.
“Spike.
Come…”
Senza
che avesse bisogno di parlare, il vampiro capì e le indicò la coperta
nell’angolo.
“Capisco,”
assentì Joyce, e poi, sorridendo, gli domandò “Ti andrebbe una tazza di
cioccolata?”
Il
volto di Spike parve illuminarsi.
“Certo.
Faccia strada”
Buffy
aveva assistito al loro scambio in silenzio, guardandoli sorridente, e quando
li vide scendere le scale, corse nella sua camera per togliere il pigiama e
indossare qualcosa di più consono.
Sulla
strada verso la porta, scorse la sua immagine riflessa nello specchio.
Come
incantata, si soffermò a guardarsi e sorrise.
Quello
specchio non l’aveva mai vista così serena e felice.
Diciotto
anni, pensò Buffy eccitata, prima di continuare verso la porta e chiuderla alle
sue spalle.
~
* ~ * ~
“E
come ti sei sbarazzato di Faith?”
“Le
ho detto di andare incontro a Buffy”
“Ma
quanto pensi che ci metteranno?”
“Vi
ho già detto che odio queste stupide feste a sorpresa?”
“Vi
ho già detto che sono d’accordo con Cordy?”
“Anya!”
“Fate
silenzio, mi sembra di sentirle arrivare…”
Le
porte della biblioteca si aprirono con uno schianto e Buffy e Faith comparvero
all’entrata.
E
lì restarono, con gli occhi sgranati e le bocche spalancate.
Sopra
il tavolo, in fondo, era stato appeso un festone dorato con la scritta ‘Buoni
18 Anni Buffy e Faith’.
La
biblioteca era sommersa di palloncini, e sul tavolo stava una torta a due piani
con quelle che, a prima vista, sembravano una quarantina di candele.
E
Giles, Xander, Willow, Oz, Cordelia e Anya erano in piedi accanto al tavolo con
dei buffi cappellini sul capo.
“Sorpresa!”
esclamarono in coro.
Era
tutto abbastanza buffo, considerato che, dopotutto, era il loro diciottesimo
compleanno, e che ciò significava che avevano raggiunto un certo livello di
maturità.
Non
importava loro. Erano davvero sorprese, piacevolmente, ed era questo quello che
contava.
Dopo,
quando la festa era ormai al termine, Buffy si avvicinò a Giles.
“Grazie
di cuore. Mi sembra di non averlo detto abbastanza, ma… vi voglio davvero bene.
Davvero.”
Si
abbracciarono per un momento, e quando si separarono entrambi avevano gli occhi
leggermente umidi.
E
Buffy si approfittò della sua distrazione momentanea.
“Ah,
e volevo dirle… si ricorda che mio padre ha disdetto quell’appuntamento per lo
show di pattinaggio sul ghiaccio?”
Giles
annuì, assumendo la sua migliore espressione comprensiva.
“Beh,
sa,” continuò Buffy, “Spike si è offerto di accompagnarmi. Ed è da così tanto
che non vedo uno spettacolo-”
Fu
bruscamente interrotta dall’Osservatore.
“Non
stasera, Buffy”
Lei
si accigliò, e la gioia che aveva provato solo secondi prima sembrava esser
svanita.
“Non
capisco. Stasera, sì. E’ il mio compleanno. Capita una sola volta all’anno”
Giles
si tolse gli occhiali e prese a pulirli nervosamente secondo quell’abitudine
che era ormai diventata familiare.
Ma
in quel momento, sembrava solo urtarla di più.
“Non
vedo quale sia il problema. Non c’è nessuna grande Apocalisse all’orizzonte. E’
solo per una sera. E di certo non lascerò il forte indifeso…”
Con
un cenno del capo, indicò Faith a qualche metro di distanza che parlava, con
aria divertita, con Cordelia e Anya.
L’Osservatore
scosse il capo.
“Buffy,
io non-”
“Non
gliel’ho detto per chiedere il suo permesso, signor Giles,” tagliò corto Buffy
freddamente. “Era solo per farglielo sapere”
Senza
più aggiungere altro, gli voltò le spalle e si diresse verso l’uscita,
incurante degli sguardi degli altri che sentiva su di sé.
Giles
tentò ancora di trattenerla, prendendola per un braccio.
“E’
di fondamentale importanza che tu stasera rimanga, Buffy. Non può essere
altrimenti che così”
Buffy
lo fissò per qualche secondo con aria indagatoria, quasi come se stesse
chiedendo a se stessa chi era la persona che le stava davanti in quel momento.
E
la calda sensazione di amore che aveva sentito appena varcata la soglia della biblioteca
si era dissolta in fredda ostilità.
“Faith,”
esclamò rivolgendosi all’altra Cacciatrice, “non sarò a caccia stasera.
Coprirai tu il Restfield?”
Anche
senza vederla, Buffy sapeva che il volto di Faith era accigliato e pensieroso.
Forse
anche lei si stava domandando che cosa aveva, esattamente, Giles.
Ma
stasera, comunque, avrebbe pattugliato il Restfield. Con Angel. E di certo non
avrebbe rimpianto uno stupido show di pattinaggio sul ghiaccio.
“Certo,
B. Non è un problema”
Fu
il tono con cui l’aveva detto, così aperto, leale… come a voler dire che era
una cosa normale scambiarsi dei piaceri… che spinse Buffy a guardarla e
sorriderle.
E
anche Faith ricambiò il sorriso.
Poi,
Buffy tornò a voltarsi e uscì dalla biblioteca.
CAPITOLO 6
Note:
Solo per il bene della fanfic, facciamo tutti finta che il cognome di Faith sia
Dushku (che poi è il vero cognome dell’attrice).
“Non
posso credere che Giles abbia detto quelle cose”, mormorò Buffy, uscendo dalle
doppie porte di vetro.
Spike
la seguì sospirando.
“Andiamo,
Cacciatrice, stava solo pensando al tuo bloody sacro dovere, nient’altro”
“Appunto!”
sbottò lei senza fermarsi. “Per una sera almeno avrebbe potuto essere
accondiscendente”
Spike
sospirò ancora.
La
serata era stata piacevole… le pattinatrici erano davvero incantevoli e le luci
creavano degli straordinari effetti ottici.
E
Buffy era al suo fianco, felice, ridente. E questo rendeva felice lui.
Ma
appena avevano messo piede fuori dal locale, la faccenda con Giles sembrava
esser tornata a tormentarla.
“Come
se non avessi servito la causa per migliaia e migliaia di notti prima… come
se-”
“Buffy!”
la interruppe lui non proprio con gentilezza.
Lei
si volse a guardarlo con aria imbronciata, e questo bastò a farlo sciogliere.
“Scusa,
tesoro… Ma se vuoi, potremmo fermarci alla biblioteca se sei così preoccupata?
Giusto per vedere se c’è ancora bisogno di noi?”
Il
viso di lei parve illuminarsi mentre lui le apriva la portiera.
“Okay,”
approvò sorridendogli. “Mi conosci così bene”
Lui
richiuse la portiera e camminò fino al lato del guidatore, domandandosi in
effetti quanto davvero bene la conoscesse.
~
* ~ * ~
Quando
arrivarono alla biblioteca, Buffy era talmente in ansia che inconsciamente
aveva stretto la mano di Spike, e ora la teneva ancora mentre aprivano la
doppia porta.
Solo
qualche passo, e si rese conto che la postazione al tavolo era vuota, come
anche lo studio di Giles, a giudicare dal silenzio e dalle luci spente.
Strinse
di nuovo la mano di Spike, e ritornarono all’auto.
“Più
tranquilla ora?” le domandò il vampiro mentre si dirigevano verso Revello
Drive.
Buffy
annuì, ma quella strana sensazione di pericolo incombente non sembrava esser
passata.
Chiamò
sua madre quando entrò in casa, ma non ricevette risposta.
Fece
accomodare Spike in cucina e si affaccendò a prendere pentolino, latte e cacao
finché scorse sulla lucida superficie del bancone qualcosa di scuro.
Curiosa,
voltò quella che sembrava essere una fotografia, e la fissò ad occhi sbarrati.
Spike
fu subito dietro di lei, e contrasse la mascella alla vista.
Un
vampiro. Uno strano vampiro aveva sua madre. Un vampiro che richiedeva la sua
presenza a Prescott Lane.
Non
persero più altro tempo.
Pentolino,
latte e cacao rimasero in cucina, mentre la vecchia De Soto rompeva tutti i
limiti di velocità diretta a Prescott Lane.
~
* ~ * ~
Spike
avvertì distintamente un’altra presenza accanto a loro e, mentre Buffy apriva
la porta della vecchia casa dall’aspetto abbandonato, si avvicinò
silenziosamente alla parte più buia della veranda.
Un
attimo dopo, Buffy vide venirsi incontro uno Spike imbronciato seguito
piuttosto controvoglia da Angel.
“Angel,”
mormorò Buffy piano, “che ci fai qui?”
Angel
indicò la casa.
“L’odore
di Faith mi ha portato qui”, bisbigliò guardando ancora l’edificio.
“E
Joyce è qui, sono sicuro,” aggiunse Spike.
Buffy
strinse i denti, riuscendo finalmente a dare un senso alla strana sensazione
che aveva provato.
Che
diavolo sta succedendo, pensò tra sé e sé, ma non osò parlare, perché il
pensiero di sua madre in pericolo era più spaventoso degli altri.
“C’è
un vampiro all’interno,” bisbigliò Buffy a Angel.
Lui
scrollò semplicemente le spalle e mormorò “Entriamo”.
La
casa puzzava di sangue e morte, lo avvertirono appena entrati.
Tutto
l’arredamento era completamente impolverato e immerso nell’oscurità.
Buffy
fece qualche passo in avanti, tendendo tutti i sensi per captare qualche suono.
Finalmente
tutti e tre avvertirono dei passi che si avvicinavano sempre più veloci e si
girarono in quella direzione.
Angel
accolse prontamente nelle sue braccia una Faith con la fronte insanguinata e un
occhio nero.
“M-mi
sta c-cercando,” balbettò in modo confuso, e Angel la strinse ancor di più a
sé.
“Tranquilla,
Faithy, tranquilla…”
Buffy
si avvicinò all’altra Cacciatrice e le sfiorò un braccio con la punta delle
dita.
“Stai
bene?”
Faith
abbassò gli occhi, quasi sul punto di piangere.
“I-io…
non ho più alcuna forza,” tirò su col naso, guardandolo con occhi velati di
lacrime, “…né velocità, mira, coordinazione… ho p-perso tu-tutti i miei poteri
da Cacciatrice…”
Buffy
spalancò gli occhi e mormorò un debole “Come?”
Faith
scrollò le spalle.
“Non
lo so. Questa sera Giles mi ha detto di venire qui perché c’era un vampiro che
avrei dovuto cacciare, e quando abbiamo cominciato a combattere mi sono sentita
debole come non mai. Sono rimasta nascosta tutto questo tempo”
Buffy
si oscurò. “Giles?”
“Cacciatrice,”
le si rivolse Spike, “presto, dammi un pugno”
Sapeva
cosa avrebbe significato farlo… sapeva, in cuor suo, cosa sarebbe successo.
Fece
come Spike le aveva detto, e quando portò il braccio in avanti per colpirlo non
riuscì ad imprimere la forza che voleva al colpo.
E
quando il suo pugno chiuso entrò in contatto col petto di Spike, Buffy sentì un
sordo dolore alla mano.
Si
ritrasse, con occhi spalancati.
“Io
non ho più-”
“Sono
lieto di vedervi entrambe qui, Cacciatrici”
Si
volsero come uno nella direzione da cui era provenuta la voce.
Spike
girò gli occhi con una faccia disgustata.
“Kralik.
Che diavolo ci fai qui?”
“Sei
il suo Sire?” domandò Angel senza distrarsi.
“Oh
Dio, no!” esclamò Spike. “E’ stata Dru!”
“Dru,
ovvero quella non proprio sana di mente?” intervenne Faith.
“Proprio
lei,” replicò Buffy. “Quindi tutto questo non mi stupisce”
Kralik
avanzò nella stanza verso di loro.
“Non
mi aspettavo di vederti qui, Spike… e certo non aspettavo Angelus…”
Angel
strinse le labbra in una parodia di sorriso.
“Lieto
di essere così famoso”
“…ma,
al momento mi siete soltanto di intralcio. Hobson, Blair”
Immediatamente
due vampiri comparvero al suo fianco.
“Prendeteli”
Un
semplice comando, e i due vampiri si lanciarono contro di loro.
Spike
e Angel avanzarono, lanciandosi un’occhiata.
“Dì,
Spikey, credi di poter affrontare entrambi?”
Spike
inarcò un sopracciglio.
“Stai
scherzando, Peaches?”
Con
una scrollata di spalle, Angel si diresse verso Kralik.
“Cacciatrici,
andate a liberare Joyce. In fretta” Spike disse a Buffy e Faith prima di
dirigersi verso Hobson e Blair.
E
le ragazze non persero altro tempo.
Dimentiche
dei vampiri e della battaglia, uscirono nella stanza trovandosi in uno stretto
corridoio.
“Ora
dove?” mormorò Faith.
Buffy
scosse la testa.
“Non
lo so. Davvero non lo so”
“Forse
sarebbe meglio dividerci,” replicò Faith, guardando l’altra Cacciatrice.
“Siamo
senza forza ora, Faith. Siamo due ragazze normali”
“Noi
non siamo normali,” esclamò Faith con un sorriso sprezzante. “Sali al secondo
piano. Io proverò nel seminterrato”
Buffy
annuì, poco convinta, e andò in cerca delle scale.
Salì
di corsa, timorosa che qualcuno potesse seguirla.
Non
dubitava di Angel e Spike, ma aveva avuto l’impressione che quel Kralik non
avesse tutte le rotelle a posto.
Di
nuovo, non c’era da stupirsi che il suo Sire fosse Drusilla.
Con
un sorriso tremolante sul volto, si guardò a destra e a sinistra, tentando di
decidere in quale direzione andare.
Un
rumore ovattato la fece girare di colpo a destra, e corse verso una porta
socchiusa.
La
aprì lentamente, attenta a non far più rumore di quanto fosse necessario, e si
addentrò nella stanza.
Sua
madre non era lì.
Con
un sospiro, si accinse a tornare indietro, quando sentì la porta richiudersi
dietro di lei.
E
in quel momento, anche senza poteri da Cacciatrice, ancor prima di girarsi,
sapeva che c’era un vampiro dietro di lei.
Sapeva
che…
“Buffy!”
“Spike”
Buffy
tirò un sospiro di sollievo, avvicinandosi a Spike e stringendolo forte.
“Sono
contenta che sia tu” mormorò lei affondando il viso nel suo petto.
Lui
le accarezzò la schiena per tranquillizzarla.
“E’
tutto a posto. Kralik e i suoi sono morti. Angel è andato in cerca di Faith”
“Mia
madre!” esclamò Buffy staccandosi da lui. “Dobbiamo ritrovarla! E se l’avesse
già-”
“E’
ancora viva,” la interruppe Spike mettendole un dito sulle labbra. “Sento il
suo odore”
Buffy
annuì con occhi spalancati, e per un momento le sembrò che Spike stesse per
dirle dell’altro, quando lui le prese una mano e la riportò al primo piano.
E
fu allora che un Giles munito di ascia irruppe attraverso una finestra.
Cacciatrice
e Osservatore si guardarono per un momento.
Negli
occhi di Buffy, oltre l’incredulità, c’era solo freddezza. Lui l’aveva tradita.
Aveva
tradito tutti loro.
“E’
qui sotto! Joyce è qui!”
L’urlo
di Faith catturò la loro attenzione, e subito si diressero verso il
seminterrato.
~
* ~ * ~
“So
che non posso scusare in alcun modo quello che ho fatto”
Le
parole di Giles rimasero sospese nel silenzio della biblioteca.
L’osservatore
guardò le sue Cacciatrici, in attesa.
Il
suo sguardo incontrò due identiche espressioni ferite.
“Come
potremmo?” mormorò poi Buffy, e il tono della voce tradiva le sue lacrime.
Faith
cominciò a camminare lentamente, scotendo la testa incredula.
“Io
mi fidavo di te,” esclamò arrabbiata. “Mi fidavo di te con la mia vita! Tu eri
il mio Osservatore e-”
“Un’esatta
scelta di parole, miss Dushku,” esclamò rivoltò a Faith un uomo vestito in
giacca e cravatta che le ragazze non avevano mai visto.
“Che
diavolo vuoi ancora, Quentin?” urlò invece Giles all’uomo.
Quentin
non si scompose ma si presentò alle ragazze porgendo la mano.
“Quentin
Travers, capo del Concilio degli Osservatori”
Le
ragazze, in piedi l’una accanto all’altra, lo guardarono con disprezzo
dall’alto in basso.
“Immagino
sia lei il responsabile di quello che ci è accaduto” esclamò Buffy corrugando
la fronte.
L’uomo
ritirò la mano.
“Ci
è veramente dispiaciuto per l’inconveniente, non era certo previsto, ma per
farci perdonare considereremo il Cruciamentum come superato”
Travers
si volse poi verso Giles.
“Per
quanto riguarda te, Rupert… il Cruciamentum non è solo un test per
Giles
fissò Travers senza scomporsi.
Travers
continuò.
“Il
tuo rapporto con le Cacciatrici è di tipo paterno e per niente professionale.
Pertanto, puoi ritenerti licenziato”
Rupert
si alzò cominciando a pulirsi gli occhiali, senza replicare.
Quentin
Travers si girò di nuovo verso le Cacciatrici, battendo le mani una volta.
“Bene,
detto questo. Il vostro nuovo Osservatore arriverà quanto prima e sono sicuro
che-”
Buffy
lo interruppe alzando una mano.
“Credo
di parlare per entrambe,” e guardò Faith, che annuì confermando, “quando dico
che non intendiamo più sottometterci a queste torture”
Il
capo del Concilio annuì comprensivo.
“Sono
sicuro, miss Summers, che un episodio del genere non si verificherà mai più-”
“Io
non sono sicura, lo so,” replicò Buffy in tono calmo. “Perché da ora in avanti,
io e Faith non ubbidiremo più agli ordini del Concilio”
Quentin
Travers guardò entrambe spalancando gli occhi.
“Che
cosa intende dire?”
“Stiamo
dicendo,” mormorò Faith sorridendo, “che ci dimettiamo”
Quentin
aprì la bocca per replicare, ma Buffy non gliene diede il tempo.
“Le
consiglio di andarsene. Ora” aggiunse poi in tono più fermo.
Buffy
e Faith guardarono Quentin Travers uscire dalla biblioteca.
Sentendosi
più esausta che mai, Faith andò a sedersi, lasciandosi cadere su una sedia e
chiudendo gli occhi.
Li
riaprì immediatamente quando sentì un fazzoletto tamponarle leggermente il
taglio sulla fronte.
Giles
era inginocchiato davanti a lei.
“Mi
dispiace,” mormorò piano.
Buffy
andò a sedersi accanto a Faith e sospirò.
Le
ragazze rimasero in silenzio mentre l’uomo finiva di pulire i tagli sul viso di
Faith.
[WIP]