VOYEUR

 

 

Autore: Anneliz

Spoilers per: «Seeing Red», «Grave»

Pairing: B/S

Rating: Angst, con un po’ di Romance alla fine

Timeline: Da qualche parte in un’ipotetica 7^ stagione.

Sommario: “Non riesce a muoversi. Non vuole. Fa male. Vuole osservare.”

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt , ME, e scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

Note dell’autore: Sembra incredibile, ma dopo quasi nove mesi mi è tornata l’ispirazione per scrivere qualcosa relativo a Buffy e Spike. Yuppy ya-hi-he! Speriamo che continui!

Distribuzione:  Per la distribuzione di questa fanfic rivolgersi per favore alla sottoscritta!

 

 

Piove. A dirotto.

L’acqua scende sulla terra con forza, senza mai smettere.

E’ così da un paio di ore.

Lei è lì a fissarli da quando è cominciato.

Sotto la pioggia dirompente, completamente fradicia, i capelli incollati al viso.

Rimane imperterrita a guardarli.

Sono all’asciutto, loro, protetti da una tettoia. Dimentichi della pioggia.

Dimentichi di qualsiasi altra cosa.

Lei li guarda, e pensa che probabilmente, ora come ora, per loro non esiste alcun universo eccetto il proprio.

Ha la sensazione che non dovrebbe guardarli, che è sbagliato, che dovrebbe andarsene e farla finita.

Ma non riesce a muoversi. Non vuole. Fa male. Vuole osservare.

Vuole osservare lui, i suoi capelli ossigenati che risplendono anche nell’oscurità.

Vuole soffermarsi sulla sua schiena forte che si inarca e si piega, le solide braccia che scompaiono dietro di lei.

Vuole vedere lei, una sconosciuta.

Vuole – ha bisogno – di vederne il viso, e capire perché – perché – lui abbia scelto proprio lei.

Capire che cosa abbia lei di tanto speciale.

Continua a guardarli, incapace di reagire, mentre il dolore si impossessa lentamente di ogni parte del suo corpo.

E’ allibita, non credeva di poter provare tanto dolore, non credeva di poterne provare per lui.

La rende quasi estatica il pensiero che, sì, invece può.

E lo sta facendo, adesso. Sta soffrendo.

Silenziosamente, gradualmente.

Ha come la sensazione che ogni organo le venga strappato con forza, e che nella vuota cavità che è il suo corpo qualcuno stia iniettando un liquido gelido.

Le ricorda il dolore per la perdita di sua madre.

La consapevolezza di non poter cambiare le cose, un’impotenza logorante.

Le ricorda il dolore provato dopo esser tornata dal paradiso.

Solitudine incommensurabile e rabbia cieca contro il mondo.

Avverte tutte queste sensazioni mentre sta lì a guardarli, voyeur indesiderato.

Si stanno baciando, corpo premuto contro corpo, le mani di lui a intrappolarle il volto in una posizione che lei conosce fin troppo bene.

Le manca, la sensazione della pelle di lui sulla propria.

Lo ha odiato, per un po’ di tempo, ha rabbrividito al suo solo pensiero e ha rifuggito il suo tocco.

Ma, dopo un po’, l’odio è scomparso. La sfiducia si è dissolta.

Lei ha capito che lui era stato sinceramente dispiaciuto, prima, dopo e durante l’incidente.

Lo ha capito, e in qualche modo lo ha perdonato.

Come ha perdonato se stessa per avergli permesso di arrivare fino a quel punto.

Lo ha perdonato, e ora le manca.

Sa che lo ha perso, sa che per lui la passione è legata a un sentimento ben più forte, sa che lui si innamora così facilmente.

Lo sa, e la consapevolezza le toglie il respiro.

Pensa che avrebbero meritato una seconda possibilità, dopotutto.

Pensa a lui, andato a riconquistare la sua anima, per lei.

Pensa a tutto quello che lui ha sopportato l’anno precedente.

Crede che se adesso potessero ritrovarsi, lei tenterebbe di amarlo come lui merita di essere amato.

Non è sicura di amarlo, non completamente.

Sa che prova un sentimento. E sa che quel sentimento è così forte da provocarle dolore.

O non è forse solo rimpianto per qualcosa che poteva essere e non sarà mai?

Li guarda, stretti l’una all’altro al riparo dalla pioggia, e pensa che, se adesso lui si voltasse a guardarla – se percepisse la sua presenza – lei non si arrenderebbe.

Combatterebbe con le unghie e con i denti per lui.

Ma lui non si volta. Non si separa dall’altra. Non immagina neanche che lei è lì, a guardarlo.

Respira lentamente. Non può più continuare a fissarli. Non può.

Sa che deve andare via prima di essere annientata del tutto, prima di scomparire.

Si gira, e il semplice movimento richiede uno sforzo enorme.

Teme di non riuscire a camminare a lungo. Teme di non riuscire ad arrivare a casa.

Non vederli, almeno, è già un miglioramento.

Porta il piede destro avanti, si ferma, poi il sinistro, una pausa, e di nuovo.

Forse, pensa, se farà così, ogni giorno, ogni momento, il dolore scomparirà.

Non farà più così tanto male.

Lei dimenticherà come ha già fatto tante altre volte.

Deve aver fatto una decina di passi, quando una sagoma le si para davanti.

I suoi istinti avvertono, vampiro, e lei prende un respiro profondo, non alza lo sguardo, si prepara mentalmente alla battaglia.

L’acqua cade pesantemente intorno a lei e le annebbia i sensi.

Spera che anche il suo avversario sia altrettanto affetto dalla pioggia.

Finalmente alza gli occhi verso il vampiro.

Lui è davanti a lei.

Lei socchiude le labbra, stringe gli occhi, sente qualcosa – il suo cuore che pensava morto – battere rumorosamente nel petto.

Lui è davanti a lei, e lei vuole disperatamente afferrargli una mano, per accertarsi, per assicurarsi che sia davvero lui.

 

Non lo fa. E' ancora immobile.

Lui solleva un sopracciglio e la guarda interrogativamente.

Lei si volta, cerca due ombre alle sue spalle, le trova, al riparo sotto una tettoia, e si sente incredibilmente stupida e incredibilmente sollevata.

Noneraluinoneraluinoneraluinoneralui.

Avverte una pressione alla mano, e si volta di nuovo a guardarlo.

Per un momento la sfiora un pensiero, che anche lui li ha visti, che capirà, che si prenderà gioco di lei… e improvvisamente è di nuovo spaventata.

Sa che lui intuirà i suoi pensieri. Sa sempre leggerla come un libro aperto.

Ma lui la sorprende, ancora una volta.

Applica di nuovo una leggera pressione alla sua mano, e con l’altra libera, le sfiora per un attimo la guancia.

E’ la prima volta che lei non si ritrae al suo tocco.

Lei percepisce la meraviglia e la gioia di lui, ma resta a guardarlo, in silenzio.

Adesso è troppo – felice -  troppo grata, per poter fare altro.

Ma lui, forse, sa anche questo.

Le accarezza i capelli bagnati, e scende giù fino al suo gomito.

Lo prende e la spinge gentilmente.

Verso casa.

Lei annuisce, lo prende per mano e incrocia le sue dita con le proprie, esibendo un coraggio che non credeva di avere.

Sta ancora piovendo a dirotto mentre si avviano verso casa. Insieme.