AT NIGHT

 

Author:Anyanka72

Pairing: Spike/ Buffy

Genere, Angst, drama, romance

Data di pubblicazione: 2001

Rating: R

Summary:

 

 

CAPITOLO 1

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Era tornata alla cripta. Già tre notti, una dopo l'altra. Finiva sempre lì. Non entrava, però. Non come una volta, non irrompendo sfondando la porta, "tanto il vampiro non può farmi male, non può fare del male a nessuno". Facile, avere coraggio, così. Strano, non se lo era veramente mai detto, ma provare "naturalmente" una sensazione di sicurezza, in sua presenza, la sollevava dal peso di doverla simulare. Perchè non si era mai sentita al sicuro con lui, in effetti. Nessuna di quelle gradevoli, confortanti sensazioni, che è bello poter provare, dopo tutto, con un ospite fisso delle tue giornate.

"So che sei lì fuori. Lo sapevo anche ieri."

"..."

"Non ti invito a entrare, nè ti caccerò via."

Appare sulla soglia.

Lo vede. Solita poltrona, la luce delle candele, un brandy, ...che strano, basta birra... Lo vede spostarsi sulla poltrona,continua a darle le spalle. Potrebbe passare la notte, così. Infine, lui parla.

"Manca anche a me. Quella piccoletta mi faceva sentire... bene. Utile. Non è poco, in una prospettiva eterna. Non che molto abbia importanza."

Lacrime negli occhi di lei.

"Non sono stata capace di proteggerla. Contava su di me, e io non l'ho difesa. Il mondo. Il mondo contro la mia sorellina.Io contro il mondo.Sempre.Non finisce mai. Ruoto intorno,giro,cresco,invecchio,e le persone intorno a me spariscono. La mamma. Dawn." La voce sempre più rotta, il pianto ormai un singhiozzo. Si alza, le va incontro, l'abbraccia. Gli si aggrappa, come se fosse l'unico punto fermo, l'unico, assurdo brandello di realtà semplicemente ancora in piedi, semplicemente ancora vero, semplicemente ancora lì. Lui la calma, le asciuga le lacrime. Non la guarda. Comprende, capisce, ma è così stanco di comprendere. Così inutile, capire. E gioca il solo gioco che conosce, sull'unico campo dove si sente sicuro. Un sorriso di scherno gli illumina il volto. L'allontana.

"Oh, ma per favore. La cacciatrice. A piagnucolare nella tana del vampiro. Sbaglio di cripta, temo. Dov'è il tuo Angel"?

Si asciuga le lacrime, la freddezza l'ha sorpresa.

"Se n'è andato."

"Oh, Signore e Signori, ecco il nostro Re del mordi-e- fuggi! Un artista,che altro dire. Non imparerò mai". Ma non ce la fa, la farsa è sempre più faticosa, meno divertente, ultimamente l'ironia dura così poco... e poi, perchè lei non si è arrabbiata? Perchè è ancora in piedi lì, manca un insulto all'appello, questo è il momento in cui scorre il veleno, prima di scomparire fino alla prossima volta... E invece... SORRIDE... con tristezza, certo, ma... La guarda incerto.

"Lo sai... Spike... ...Nonostante tutte le ovvie difficoltà, tutti gli "impossibile" che mi sono detta e che mi sono stati detti, tutto il dolore, tutta la paura, io mai, VERAMENTE MAI, fino a ora, avevo creduto che la mia vita sarebbe stata senza Angel. La sognavo, sai? C'eravamo io, lui, un camino, noi due sdraiati sul divano vicino al fuoco..."

Torna a darle le spalle. Si siede sulla poltrona. Silenzio, ma che strano, com'è confortante questo silenzio.

"Io sognavo di diventare un contabile nella ditta di mio padre." Sorride amaramente. Stupore negli occhi di lei. Lui continua.

"...E avrei sposato una donna meravigliosa,che mi avrebbe amato per tutta la vita, e avremmo avuto dei bambini. Un sacco di marmocchi che avrebbero girato per casa, a cui insegnare a leggere, a pescare... Sarei stato un buon padre." Lei sorride. Non stava scherzando.

"Già..."

"E invece sono diventato un assassino. C'era un bambino, stasera."

"Cosa..."

"Non funziona più, Buffy. Non so come sia successo, ma non funziona più."

"Come...come fai a esserne sicuro... tu...

"Che t'importa, come? Non succhiando qualcuno, comunque. Una rissa tra ubriachi, conosci il mio genere."

Un paletto, onnipresente paletto. Gesto meccanico ad afferrarlo. Lo farebbe ormai anche guidando, anche dormendo, anche lavando i piatti. La differenza tra la vita e la morte sta in un paletto. Lo ascolta continuare. La voce di lui trema un poco.

"E-era vicino al campetto della scuola, poco dopo il tramonto. Piangeva. Si era allontanato dalla madre. Mi è venuto incontro.L'ho preso in braccio".

Gli si avvicina. Non si sente il minimo rumore. L'avrà sentita avvicinarsi? Il cuore le batte così forte.

"Per un momento, Dio, non puoi capire cosa ho provato. L'essenza stessa della vita. Pura. Lì, a un centimetro da me. Tremavo, lui... ha smesso di piangere."

Lei si muove, pensando "lo faccio. DEVO farlo. Ora non ho un motivo per non farlo."

"...Poi.. poi, ho sentito la voce della madre. E avevo una scelta. Non per molto."

"...E...?"

L'afferra con forza senza girarsi.Il braccio si piega sotto la sua pressione. Il paletto cade. Non si è mosso di molto. Poi la contro di sè, costringendola a guardarlo negli occhi.

"Non funziona più, cacciatrice. Ma non te l'ho già detto?" Vicina, vicina. Quanto è vicina.

Lei si libera, che curioso, il loro ballo...

E adesso cosa? ...Già...

Ora, deve proprio smettere di mentirsi. Due cose: quella è la porta. Solo un secondo, e sono lì. E lui non mi fermerà. ..O sì?

Spike la osserva, serio. Si risiede in poltrona, tacito assenso. Fai quello che vuoi.

Beh, deve comunque fare qualcosa. Uscire. Andarsene. Rimandare, posticipare, a domani, a fra un mese, a mai più. Posporre. Non restare qui un minuto di più. C'erano due cose... Si riavvicina. Gli è di fronte, allunga una mano, a prendere la sua. Lo sguardo di lui, fermo.

"Potrei averti mentito."

"Sul chip?"

"Sul bambino." Decide per tutti e due. La prende per le braccia, la fa sedere su di sè. La presa è dolce, ferma, ma dolce.. e le carezze piacevoli, e...

Lui guarda lontano, accarezzandola.

"Non hai paura di me?" Lei appoggia la testa sulla spalla di lui. Quella gradevole sensazione di sicurezza...

"Sì. E ho ancora più paura di me stessa."

 

 

 

 

  CAPITOLO 2

 

 

Erano ore che parlavano. Giocherellava nervosamente con il bicchiere, osservava il liquido all’interno, ostentando una calma che non aveva. Era esausto. Ed era comunque nervoso. Lo era sempre, in quei loro incontri.

 

Angel se ne accorgeva tutte le volte. Ancora prima di salutarlo. Poteva dire di avvertire il suo nervosismo il giorno prima. Ma... "dovevano", vedersi. Non avevano mai saltato un appuntamento. Stessa ora, stesso posto, stesso giorno del mese. A volte passava più di un mese ...dipendeva da quanto complicate si erano fatte le cose nel frattempo. Frequentandolo, aveva imparato qualcosa da lui, doveva ammetterlo: aveva capito come non essere. L’avventatezza del passato era svanita, lasciando spazio al calcolo. Aveva abbassato di un tono i comportamenti: l’impulsività era adesso "leggera ansia". La rabbia, tristezza. E il ghigno...un sorriso. Lasciava i sentimenti più violenti agli esseri viventi... o, agli altri vampiri. E’ necessario, quando hai uno scopo. Era diventato più difficile del previsto, ma anche più interessante. Questo era quello che pensava nei giorni buoni. Ma, per questo argomento, non c’erano giorni buoni. I loro incontri erano come delle confessioni reciproche. Si servivano, si studiavano, si interrogavano.

 

“...E, a proposito dell’anima...”

 

Angel non voleva un altro interrogatorio.

 

“L’anima... Che curioso, ogni volta che ci penso. Si annulla, dicono. ...E chi lo dice, i libri antichi? E chi lo ha detto a chi li ha scritti? Cioè, è una questione di fede, immagino... come chi non ha mai incontrato uno di noi e comunque crede nella nostra esistenza.. in fondo lo fa sulla base del nulla...

Chi ci conosce, invece, e sa per certo che siamo reali (oh, molto reali)... perchè lo fa, ha bisogno di inventarsi nuovi miti? Voglio dire, "la leggenda narra che... la profezia dice che..." Non siamo ancora usciti dalla tomba, e già su di noi sanno tutto, chi siamo, cosa siamo, come ucciderci..."

 

Si ferma, sogghigna. Accende una sigaretta, cammina lentamente nella stanza. Sente gli occhi dell'uomo seguirlo.

 

"Intendevo se hai in mente di utilizzare la versione "co" o "senza". E regolarci di conseguenza. Non siamo qui per parlare di profezie, adesso.”

 

"Oh, no. Ti sbagli. Noi due siamo SEMPRE qui per parlare di questo. ...E che piacevole sorpresa, quando scopri quanto alcune di queste teorie, mai verificate, possano tornare utili... Loro "vogliono" crederci.

...Lo sai? Non sono tante le cose che riescono ancora a stupirmi, e questa è una. L'altra, naturalmente, beh la sai. La più sconvolgente creatura dell’universo, con le sembianze di una ragazzina americana. Quando l’ho vista la prima volta, non volevo crederci."

 

Buffy. Il vero argomento. Sempre. Era come se l'altro gli stesse pagando un debito, in fondo.

 

"D’accordo, è Buffy il punto. E sai di sbagliarti. Quella comune ragazzina americana... Sono anni che cerchi di convincerti di questo. Hai giocato con i suoi sentimenti. Ti sei divertito. Le hai fatto credere-”

 

"Abbiamo, Giles, abbiamo."

 

"Okay. D’accordo. Abbiamo. Non cambia i termini del problema. Cos’hai intenzione di fare, adesso?"

"Tu, Giles, TU, che cosa hai intenzione di fare?"

Gli si avvicina, ha per un istante abbandonato il sorriso rassicurante. Giles freme sulla sua sedia. Lo guarda intensamente, dritto negli occhi. Che cosa intendeva fare, gli aveva chiesto.

 

Lo avesse saputo... sapeva cosa AVREBBE VOLUTO, in effetti. Questo significava, però, rinnegare sè stesso. Non che questo, in fondo, fosse un fatto nuovo. Solo, lei non avrebbe capito. Lei... non avrebbe perdonato. Faceva ridere, a pensarci adesso. Tutti, tutti ingannati. Persino Darla, che scomodo personaggio...il sangue nel frigorifero, che tocco di classe. La profezia che avrebbe dovuto liberare il Maestro. Quella sì, era stata una bella pensata. Farle credere che sarebbe morta, impaurirla, indurla poi a sacrificarsi lo stesso, facendo leva sui suoi sensi di colpa e di responsabilità. In biblioteca, quella sera, erano stati due attori magistrali, lui e Giles. Cosa importava svelarle il tradimento, dopo, in punto di morte? Non fosse stato per quel ragazzino... A quell’ora era pronto a godersi il gran finale, sprofondato in poltrona. E sarebbe tutto finito. Eliminata. Per Giles, la libertà. Libertà da una vita di prigionia. Cacciatrice morta, altra cacciatrice, altro osservatore. E addio per sempre alle tenebre. Il Maestro camminerà? Che tutti i Maestri dell'inferno camminino. Si può quasi arrivare ad impazzire, e forse lui ci era stato vicino. Era stato rimosso dal suo incarico, ma la regola era sempre "cacciatrice morta, altra cacciatrice, altro osservatore". Poi... poi anche lui ne era rimasto incantato. Adesso l'amava. Come un padre. Lei lo faceva "sentire" come un padre. ...E quella sua deliziosa innocenza, che prima aveva sempre chiamato stupidità. E i suoi occhi spalancati su un mondo in delirio, che non perdevano la speranza. Comunque, era in trappola. Ora, poi, addirittura reintegrato! Non fosse stato che questo avrebbe potuto riscatenare la sua follia, Angel avrebbe riso per ore. In fondo, non poteva sapere se Giles era ancora una minaccia. POTEVA tornare ad esserlo. Si era divertito a torturarlo, però. Alcune cose non cambiano mai. Chissà perchè, a distruggere il mondo proprio non voleva aiutarlo... o forse era stato per la fidanzata... Ma poi tra nemici possono nascere nuovi patti. E Giles aveva molto da perdere.

 

Giles... in fondo, sentiva che il suo animo non era malvagio. Sentiva la colpa, affiorare in ogni sua parola. Beh, ognuno ha il suo inferno personale. Chi era lui per giudicarlo.

 

Inoltre, il licenziamento dal consiglio avrebbe fatto desistere Giles dal proposito di eliminarla... Ora aveva una scusa per andarsene. Non le parole della madre, non le parole del sindaco, che cosa gliene importava se lei non era immortale... MA DOVEVA ANDARSENE. Non dover più inventare scuse puerili per proteggerla. Non dover più temere per la sua vita. Non dover più passare le notti con lei, abbracciato a lei, baciarla, ricoprirla, inondarla, di baci e di carezze... e doversi fermare, perchè... l’ANIMA!!! Come se per amare ci volesse un’anima, quanto, quanto, avrebbe voluto dirglielo, urlarglielo... E che sì, ce l'aveva, e che sì, non l'avrebbe persa, e che sì, avere un'anima non lo aveva MAI fermato, MAI. Dal fare qualunque, cosa. Completamente vampiro, completamente demone, completamente pazzo per amore. E se l’era cercato lui, questo maledetto gioco che gli si era ritorto contro.

 

Giles lo osservava, silenzioso. Il suo complice. Per sempre legati, e per sempre colpevoli.

...Ma doveva tenerlo d’occhio. Ecco cos’altro aveva imparato da lui, il doppio gioco.

 

Perchè quell’insulsa ragazzina americana... Lo aveva commosso, stupito, emozionato. Aveva giurato che l’avrebbe uccisa per questo, ma l’aveva solo e semplicemente amata, per questo. E doveva accorgersene vedendo le sue lacrime quando declamava le sue battute da demone. Quando arrivato al limite, cercava di ucciderla e non poteva. Vigliacco. Vigliacco come nessuno, spietato come nessuno. Non si sarebbe mai perdonato, quell’ultimo bacio, strappato all’inferno. E per quell’unico bacio, infliggerle il dolore di averlo ucciso non da demone, ma da amante, ritrovato e perduto in un momento. Quando era tornato, quei primi mesi inconsapevoli, quella notte di natale, erano stati gli unici, brevi momenti in cui aveva potuto essere di nuovo se stesso.

 

Uccidere Giles. Perchè no? Sapeva, che Giles lo temeva. Il nervosismo. Lo sentiva. Misera consolazione. Comunque, non era una soluzione.

"Io... credo che per lei sia importante che tu venga al funerale. Probabilmente la considererai una grossa scocciatura, ma sarebbe opportuno che tu venissi".

 

"Onestamente, non so cosa ho intenzione di fare". Ancora quel sorriso sarcastico. "Non mi piacciono, i morti". Ma probabilmente, farò un salto dalle vostre parti. Meglio così."

 

La rivedrò. La potrò toccare. Da quanto tempo. No. Controllarsi. Potrai sfogarti quando sarai solo.

 

"Ah..., per l'anima... versione "con", naturalmente". Si lascia sfuggire un sorriso forzato.

 

Tempo. Prendere tempo. In eterno. lo aveva già fatto per cinque anni, e quello, almeno, giocava a suo favore. Non poteva ucciderlo, a questo punto. Buffy voleva bene a Giles,, e quello era il suo paracadute Lo avrebbe già ucciso da un pezzo, altrimenti. Ed era anche il più potente asso nella manica, di Giles. Per questo, meglio non fargli credere che la ragazzina fosse poi ancora tanto importante. Cioè, lei avrebbe potuto credere a lui e non a me, pensava...

 

Ebbene, aveva detto a Giles, forse ne era stato ossessionato, ecco tutto. Ma "non voleva essere ucciso da lei", "non voleva altri problemi"... Percui andava via da Sunnydale, ma con l'accordo che si sarebbero visti spesso. Voleva le sue sicurezze, dopo tutto. Era una sua condizione, e non aveva intenzione di cedere. E Giles aveva poco da scegliere.

 

L'unica difficoltà per Giles era sperare di non tradirsi quando Buffy gli aveva confidato che "Angel l'aveva lasciata"... "Oh, Buffy, mi dispiace. Per una situazione come questa, ci vorrebbe un bel gelato..." Ci aveva creduto? "Il gelato verrà", gli aveva risposto. Bene. Era andata.

 

"D'accordo, direi che anche per questa volta ci siamo annoiati abbastanza. E, Rupert caro, voglio arrivare a Los Angeles prima dell'alba...Tu mi capisci."

 

Pazzesco, si diceva. Le nostre tre vite si reggono su una montagna di menzogne, e lei,inconsapevole, tiene le fila. Giles non vuole più ucciderla. ...Ma posso esserne sicuro del tutto? Io potrei ucciderlo, ma ora più che mai Buffy ha bisogno di qualcuno che la sostenga. E in fondo, io non voglio affatto, uccidere Giles. Rappresenta il mio unico legame rimasto con lei. Vado agli appuntamenti col cuore che fa le capriole nel petto. Passo ore a studiare le domande giuste. Devo sapere. Cosa fa. Con chi sta. Se mi ama ancora. Non ha il minimo senso, ma io devo saperlo. Non so cosa accadrà quando sentirò di averla persa davvero... Finora non è ancora successo, ma potrebbe. Potrebbe. E mi accorgo che questo è l'unico motivo che mantiene i miei comportamenti controllati. Lo faccio per Lei. perchè, "se lei mi vedesse..." "se lei fosse qui..." Forse sono davvero, impazzito.

 

Saluta seccamente Giles, alla prossima volta.

 

Ed esce, la notte, solitaria. Vede la sua casa... No. Ancora una volta, no.

"Non abbandonarmi..." Distoglie lo sguardo dalla sua finestra, e se ne va.

 

 

  

 

CAPITOLO 3 Il beneficio del dubbio

 

 

Stava iniziando a scaldarsi. Non era male, avere finalmente un degno compagno di allenamento. Doveva ammettere che stava funzionando, la tensione e l’angoscia, anche se solo per un poco, erano meno dolorose. Era stata una buona idea. E poi, era abile. Appena riusciva a schivare un colpo, aveva appena il tempo di ricomporsi per evitare il successivo. Era come una partita a scacchi, e lui sembrava sempre essere in vantaggio di una mossa. Ed era veloce! Non gli conosceva tanta tecnica. Si sentiva un po’ truffata, in un certo senso. Come mai le sembrava più efficiente ora, in un combattimento dimostrativo, che una volta quando era questione di vita o di morte? Aveva solo avuto fortuna, prima? Era lei che si era intenerita? O peggio ancora, indebolita? O solo, cercava di non fargli troppo male, e lui ne aveva subito approfittato? Aveva questo, di bello, Spike. Anche adesso, non la trattava con i guanti.

"L’hai fatto?" Aveva il respiro affannoso.

"Fatto cosa?" Le sorrideva, ma non abbandonava la concentrazione.

"Hai ricominciato a... vivere da vampiro?"

 

‘Calma, tesoro’, pensava. ‘E’ stato così... strano, trovarti ancora addormentata sulla mia poltrona stamattina. Sei splendida, quando dormi. Proprio non ce l’ho fatta, a svegliarti, ieri sera. Non ricominciamo subito ad essere, tu la cacciatrice, io il vampiro. Non adesso. Ora va tutto bene. Forse l’ho fatto, forse no. Potrei aver fatto di peggio. E forse un giorno te lo dirò. Ma ora sei qui, sei un po’ più tranquilla e io non ci penso neanche, a ricominciare al gatto e al topo.’

 

Aveva assunto un’espressione vaga. Doveva comunque, dirle qualcosa.

 

"Non risponderò a nessuna domanda, se non in presenza del mio avvocato". Lei gli aveva sorriso leggermente, non smettendo di colpirlo.

"Tu non puoi andarci, in tribunale. Le udienze si tengono di giorno".

"Oh, quindi sarò condannato senza un giusto processo? Molto, molto poco americano". Si era allontanato per schivare il suo calcio.

"Io non userei il termine ‘giusto’, quando si tratta di te."

"Oh, andiamo, vuoi togliermi tutto il divertimento? Pensa ai giornalisti, fuori dal tribunale, che mi inseguono. ‘Ehy, mister vampiro! E’ vero che ha trucidato intere famiglie? Che ...ha dilaniato i corpi delle sue vittime? Che ha ballato sulle loro tombe, bevendo calici colmi del loro sangue?"

"Spike!"

"E poi," l’idea lo divertiva. Continuava, sempre senza abbassare la guardia- "pensa a quello che potrei rispondere io: ‘no, signori giornalisti! Sono innocente! Io sono una vittima! Come... come Lee Oswald! E’ uno sporco complotto del governo!’ Ah, potrei andare in televisione, alle conferenze stampa, pensa a tutte le cose che potrei dire!..."

"Spike, se mai tu dovessi andare DAVVERO in televisione, dovrebbero censurare tutto quello che dici, e poi... mettere dei sottotitoli. In francese."

"Che cosa vorresti insinuare?" Si era distratto, e Buffy ne aveva approfittato, colpendolo in pieno volto. Aveva vacillato ed era caduto a terra.

"Voglio dire, Spike", il respiro un po’ affaticato, "che il tuo vocabolario non è proprio quello che si dice ... ‘indicato’ per un telegiornale del mattino."

 

Lui sembrava aver incassato malvolentieri. Si era rialzato, aveva aggrottato le sopracciglia. ‘Ci sarà una cosa che le piace, di me?’.

 

"Oh. Okay, reginetta delle educande. Ti dirò una cosa che ho imparato. Se ci sono parole che più di altre rendono l’idea di quello che una cosa significa per te, allora vanno usate. Se il mondo fa schifo, io non dico che è brutto. Se una musica è meravigliosa, io non dico che è bella."

 

"E se un bambino è morto, tu ‘dici’, che l’hai ammazzato?"

"No, se non sono stato io."

 

Buffy lo guardava. Era diventato improvvisamente serio.

 

"Bene. ....Okay Spike, penso che per oggi ci siamo picchiati abbastanza. Devo andare, adesso."

 

Le sorrideva di nuovo, allusivo.

"...E se una donna dice che deve andare... spesso penso che intenda il contrario."

Era rimasta un po’ interdetta. Si era sentita punta sul vivo?

"Cosa vorresti insinuare ‘tu’, adesso? ... E comunque, Spike..., se questa è una di quelle volte, ti consiglio di ‘pensarci’ meglio!"

"Oh, ho capito allora! Tu adori... “andartene”, da questo posto. ...Ecco perchè fai di tutto per “venirci”, ogni volta che ti è possibile!"

"‘Io’ non... faccio di tutto..."

Sentiva il suo sguardo canzonatorio. Dal suo punto di vista, poteva addirittura dire di non avere torto. Intollerabile.

"Bene, allora. Le mie...scuse più sentite per il disturbo. Ti... scriverò una cartolina, ogni tanto. Addio, Spike!"

Voleva ribattere qualcosa, ma non gliene aveva dato il tempo. Si era limitato a guardare la porta, che si stava richiudendo dietro di lei. Chissà, davvero, quando l’avrebbe rivista. Non lo sapeva mai. E, indifferentemente, non era mai il momento giusto.

 

Aveva sbuffato, poi si era asciugato il sudore dalla fronte. Che cosa significava, tutto questo?

 

...Che cosa significava, tutto questo?

 

Si stava allontanando in fretta dalla cripta, il sole era già alto. Ha questo di buono, pensava, un fidanzato vampiro. Se ci litighi a colazione, non può inseguirti in giardino. .....Cosa stava cercando di provare? ...Quale fidanzato?

 

E poi, c’era altro da fare. Come sempre. Solo che... Doveva scoprire se le stava mentendo.

 

"... e hai dormito nella cripta?” Willow la guardava, con la domanda ‘perchè’ sulle labbra. Xander stava per dire qualcosa.

 

"Non ho ‘dormito’, ...mi ci sono addormentata. E’... diverso".

 

"Anche a me capita di addormentarmi davanti alla televisione, solo che quando mi sveglio non sono nella tana di un pluriomicida. ...Forse perchè non mi ci sono ‘recato’, prima? Devo pensarci."

"Xander, capisco le tue preoccupazioni, ma Spike non è..."

"Spike ‘non è’. Giusto. Questo, è quello che Spike ‘è’. Niente. ...A parte, ovviamente, un serial killer che in più di un’occasione ha cercato di ucciderci, e che adesso ti dichiara il suo amore dopo averti incatenata, con la ex fidanzata vampira e per di più pazza legata a sua volta di fronte a te. ...Mi sono dimenticato qualcosa?"

"Spike è l’unico serial killer ad aver rischiato la sua vita per salvare quella di Dawn." Gli occhi le si erano riempiti di lacrime.

"Ehy, Buffy, ...lo so. Scusami. Effettivamente... ultimamente... In più... con quel chip... insomma, forse dovrei dargli il beneficio del dubbio."

 

Effettivamente, aveva detto Xander. ...No, effettivamente invece c’era un problema. La irritava passare attraverso sensazioni che aveva già provato. ‘Io non devo fare discriminazioni’, pensava. ‘Se Spike è tornato a essere il mostro di prima, Spike avrà il trattamento da mostro che merita’. Specialità ‘Buffy Summers’. Ma l’odio... quell’odio necessario... O almeno, il distacco...

 

Adesso, sì, con Spike era innegabilmente diverso. Ucciderlo l’avrebbe fatta sentire un’assassina, non una cacciatrice. Come con Angel. Oh, non scherziamo. Angel era diverso. Angel aiutava le persone. (lo aveva fatto anche Spike). Angel rischiava la vita, per me ( beh...anche Spike, e in più di un’occasione). Angel mi amava (Spike...) ...No, Spike no. Categoricamente, no. Spike non ha un’anima. (“Beh, ha un chip, qual è la differenza?” ...diceva Dawn). Spike ha cercato di uccidere me e i miei amici. (e anche Angel, con la differenza che lui, in un caso, lo aveva fatto davvero).

 

...Spike non mi piace! Eccola, la differenza! Io non amo Spike! Ecco: ucciderò Spike perchè non lo amo. Ottima motivazione. ...Voglio che se ne vada, da qui! Sparisca. Tolga le tende, evapori, si disintegri, si teletrasporti in un altro continente.

 

Per ora, era seduto silenzioso nella sua cripta. Sorseggiava qualcosa da un bicchiere. Da solo. Adesso avvertiva qualcuno però, dietro di lui. Una donna, avrebbe detto. Che si avvicinava. E quando aveva sollevato gli occhi dal bicchiere, per guardarla... semplicemente non aveva potuto fare altro che ricambiare il suo sorriso un po’ sprezzante, invitarla ad accomodarsi, e offrirle da bere. Non era certo tipo da lasciarsi andare a gesti di sorpresa, di stupore, di meraviglia... non per Darla, almeno.

 

"Oh, gesù. Stavo giusto dicendo, oggi, che mi serviva un avvocato. E’ proprio vero che, in certi casi, a certi avvocati... ‘devi la vita’." La fissava con un sorrisetto ironico.

"Drusilla mi ha parlato della tua ‘rinascita’. ... E anche della tua nuova morte, per dirla tutta. E di quello che avete in mente di fare, giusto. ...Come stai?"

"Mai stata meglio, grazie. Credevo che non me lo avresti più chiesto."

"E io credevo che non ti avrei più rivisto. Vederti è terrificante. E’ come se non ci fosse neppure più il suicidio come soluzione. Già è abbastanza la vita eterna, figuriamoci adesso che neppure la polverizzazione costituisce la fine. Sono profondamente turbato."

"Beh, io sono contenta di averti rivisto, comunque. Ti trovo bene. A parte, uhm... quello sguardo da cane bastonato. Che c’è, ti senti solo?"

"Hey. Spero davvero che tu non sia tornata dall’aldilà per venire a seccarmi con le tue stupide chiacchiere. Avresti fatto un viaggio inutile. Lasciami in pace, trovati qualche fessacchiotto e... invitalo a cena."

"Sono venuta a trovare ‘te’".

"Come avrò fatto a non capirlo."

"Okay, perchè non la smettiamo, con questi giochetti? Mi dici che cosa ci stai a fare, ancora qui?"

"Donne. Con le vostre continue domande. Devono aver messo un cartello sulla mia porta: ‘Donne con una domanda, entrate e fatela a Spike’. Datevi una risposta, provateci almeno. ‘Che cosa ci sta a fare ancora quì, Spike?’ ‘Cosa lo trattiene?’ E soprattutto" si era alzato e le si era avvicinato, guardandola torvo negli occhi "cosa diavolo te ne importa?"

 

Non si era scomposta. Anzi, adesso gli stava sorridendo, in modo conciliante.

"Sono venuta a finire quello che ha cominciato Drusilla."

"Con tutto il rispetto, bellezza. Non c’è riuscita la donna che ho amato per più di cent’anni, se pensi di avere una chance ti consolo in partenza per la tua futura sconfitta: non sarà stata colpa tua. Era un compito al di sopra delle tue forze. Lodevole, comunque, averci provato."

L’espressione di Darla era diventata maliziosa.

"Non l’hai sempre pensata così..."

 

Ora lui la guardava con un ghigno divertito.

 

“Oh, sì invece che l’ho sempre pensata così. Anche allora. Cosa vuoi, noi uomini siamo fatti così. E’ stato bello, divertente... aveva il fascino del proibito...” Le aveva avvicinato la bocca all’orecchio, e le parlava piano, quasi sfiorandola con le labbra. Poi si era staccato, bruscamente.

 

“Ma non credere di aver mai significato più di qualche momento di distrazione. Era piacevole, soprattutto...”

 

“Per Angel. Vero? Ecco perchè trovavi la cosa tanto divertente.”

 

“Tesoro, non ti ho mai costretta a fare qualcosa che non volevi. E anche tu, ti servivi di chi potevi, per soffocare le tue frustrazioni. Amavi il vampiro sbagliato, ecco tutto.”

 

“E Drusilla? Come la metti, col tuo ‘grande amore per Drusilla’?”

 

“Fondamentalmente, non l’ho mai tradita. Lei lo sapeva... Se siamo rimasti insieme così a lungo era perchè sapeva che il mio amore per lei era sempre lo stesso. E’ stata lei a prendermi, è stata lei a lasciarmi. In tutto il tempo che abbiamo trascorso insieme, io non sono mai stato capace di fare altro che farmi trascinare dalle mie passioni, ma era lei la mia guida. E quando ha capito che non l’amavo più, mi ha lasciato al mio destino. Eccolo, il mio grande amore per Drusilla: non c’è giorno in cui non pensi quanto sarebbe meraviglioso, desiderare ancora di affondare la testa nel suo grembo, e tornare ad essere felice come un tempo.”

Si era chinato per accendersi una sigaretta.

“Abbiamo bisogno di te, William. Non possiamo farcela, senza di te. Drusilla crede che non riuscirà più a convincerti, ma... io penso che avresti da guadagnare, nel cambio. Ecco perchè sono venuta. Guarda in faccia la realtà. Pensaci... Potreste tornare davvero, ad essere felici come un tempo. Lo desideri tu stesso.”

“No Darla, non possiamo. Ho appena detto che sarebbe bello, ma... io non lo desidero più.”

Gli aveva rivolto uno sguardo di compatimento, e aveva soffocato una risata. Lui sentiva la rabbia crescere.

“E perchè? Perchè adesso vorresti ‘un altro grembo’? Uh, il nostro vampiro innamorato! Che tenerezza! Sei solo un povero illuso, mio caro.”

L’aveva afferrata per i polsi, stringendoli con forza.

“Sei proprio sicura, che risorgere fosse quello che volevi? Uh? Dì un po’, com’è dall’altra parte? La vuoi, una mano a tornarci?”

“E che cos’è che desideri, ora, Spike, eh? Dillo! Cosa vuoi adesso?”

La guardava. Le passioni... giusto. Anche Angel, lo diceva sempre. Aveva ragione. Quell’istinto, di fare sempre la cosa sbagliata, per il gusto di arrivare a un passo dalla fine e non sapere se anche quella volta si sarebbe salvato. Sentire il sangue ribollire. “La passione ci guida”, diceva... “spalanca le mascelle, e noi obbediamo. Quale altra scelta abbiamo?”

 

Di sicuro, non avrebbe voluto che finisse così.

Darla era sdraiata accanto a lui, addormentata. Le luci delle candele illuminavano debolmente la stanza. Lui era sveglio, seduto sul letto, gli occhi sbarrati. ...E lei, ...in piedi, davanti a lui. Pochi centimetri, da lui. Zitta. Immobile. Con un’espressione indefinibile. Guardava, soltanto. Cosa avrebbe potuto dire? Esisteva, qualcosa che si poteva dire?

 

Voleva solo parlargli... voleva dirgli che, dopo tutto, voleva provare a fidarsi di quello che vedeva ora. Di come lui era ora e non di com’era stato in passato. E che si stava sforzando di abbandonare i preconcetti che le avevano fatto mantenere le distanze fino adesso. Appunto. Fidarsi di quello che vedeva ora.

 

... E non aveva intenzione di chiedergli niente, di fare più nessuna domanda. Voleva... ...dargli il beneficio del dubbio. E poi, aveva passato tutto il giorno leggendo i giornali. E proprio non aveva trovato nessuna notizia di nessun bambino ucciso, fuori da nessun campetto della scuola. Nè altrove, per la verità. ...E poi, doveva ammetterlo, si era sentita ...bene, in sua compagnia, l’altra notte. E poi...

 

Voltarsi, andarsene. Adesso sì, che non c’erano due cose tra cui scegliere. Accidenti, QUELLA ERA DARLA!!! Ma cos’era, quello, uno scherzo macabro?

‘Io l’ho vista, andare in cenere, Darla. Davanti ai miei occhi! Angel, l’ha uccisa! ...O no? ...Ma che cosa significava, tutto questo? Anche Angel era coinvolto? Ma certo, Angel l’amava, come ho potuto credere che l’avesse uccisa PER ME! Stupida, stupida idiota. ...Bene, l’avrai anche amata, Angel, ma sembra che lei abbia cambiato partito, ora! ...Lo dico sempre, io, se vuoi che una cosa funzioni, devi farla personalmente. Almeno, non sarebbe tornata. E io, non avrei dovuto assistere a questa scena disgustosa. Disgustoso. Questo, era il mio aggettivo preferito per Spike. Meglio, meglio continuare a pensarla così.

Prega che io non pianga, Spike. E’ la tua sola speranza di passare vivo la notte.’

 

 

La porta era ancora aperta. Per un lungo momento, non aveva fatto altro che continuare a fissarla.

 

Infine, si era alzato per richiuderla. Lentamente, molto lentamente. Era come se ogni più piccolo movimento lo facesse fremere dal dolore. Non aveva il coraggio di pensarci. Meccanicamente, aveva raccolto i vestiti e tutti gli altri oggetti di Darla, e poi l’aveva svegliata.

 

“Darla ...ti prego di andartene. Mancano... mancano circa quattro ore, prima che il sole sorga. Hai tutto il tempo per tornare a casa. ...Io non verrò con te.”

 

Che cosa era successo? Era determinato, ma anche... così triste. Possibile che non si fosse mai accorta dell’espressione che aveva, quando era triste? Possibile che in tutti quei decenni, non si fosse mai sentito tanto ... male?

E comunque, lei sapeva capire un ‘no’ definitivo. Lo aveva ascoltato in silenzio, senza interromperlo. Infine, aveva accettato la sua decisione.

 

L’aveva persino accompagnata alla porta... Non aveva potuto fare a meno di sorridere, pensando alla situazione.

Strano, strano Spike. Non aveva mai capito, cosa ci trovasse in lui Drusilla. Forse, non l’aveva mai guardato davvero con attenzione.

Si era voltata per salutarlo. Non sapeva, precisamente, cosa dire.

“E’ stato... io non lo so, cosa è stato. Spero di...rivederti, un giorno, William.”

“Sì. ...un giorno.” Si sentiva così stanco.

La guardava, allontanarsi nella notte.

“Ah,..... Darla?”

“...Sì?”

“...Salutami Drusilla. E ...abbiate cura di voi.”

 

Poi aveva richiuso la porta, spento le candele.

E maledetto se stesso. Come tutti i giorni. Quel giorno, non lo aveva ancora fatto.

 

 

CAPITOLO 4-Domande

 

“Xander?...”

“Uhm?”

“.....”

“Dimmi.”

“Ecco io...”

“Si?”

“Nah, niente.”

“Okay.”

“Cioè...”

“...Buffy. L’ultima volta che hai fatto così, poi mi hai detto che Spike era innamorato di te.

... A essere sincero, sono sicuro che NON vorrò sentire cosa stai per chiedermi ora ma... Sono un masochista. Dimmelo. ...E poi, mi hai messo addosso troppa curiosità.”

“Bene. Volevo farti una domanda.”

“Va’ avanti..”

“...Secondo te... se un non-morto... va a letto con una non morta... che pero’ dopo è “morta”...”

“...’Morta-morta’? Cioè... mortissima?”

“Defunta. Kaputt. Polvere. Puff!”

“...Capito... ok, un non-morto e una non-morta al quadrato... che vanno a letto insieme... il fatto di Spike comincia a piacermi di più. No, seriamente: qual era la domanda?”

“Niente, lascia perdere. Non voglio più pensarci.”

“D’accordo.”

“Però...”

“Buffy! Cerchiamo di concentrarci qui, almeno, uh? Potremmo essere arrivati a buon punto.”

“Lo credi davvero?”

“Uhm, sì, Xander potrebbe avere ragione. In questo libro si dice che...uhm...”

 

Giles era arrivato vicino a loro. Erano al magic shop, circondati dai libri.

 

Un obiettivo. Uno scopo. Qualcosa da fare, con cui tenersi impegnata. Tutto, tutto andava bene, qualunque cosa la tenesse lontana dal precipizio in cui era stata sul punto di cadere. In effetti, tutti gli ultimi mesi erano stati soltanto come un lungo sogno a occhi aperti. Aveva persino cercato di rivedere Angel... E lui si era fatto negare. Aveva incontrato Wesley, che l’aveva dirottata su false piste. Alla fine, aveva dovuto accettare il fatto che forse non voleva vederla... Ma perchè? Era venuto, al funerale della mamma. Perchè non a quello di Dawn? Beh, se si poteva considerarlo un funerale... Avevano sepolto una bara vuota. Il corpo di Dawn non era stato ritrovato. Anche questo, un sottile filo di speranza che la teneva sospesa sul nulla di tutti i giorni. Dawn. La sua piccola, innocente, sorellina. ... Se stessa, con qualche anno di meno. Identiche. Due gocce d’acqua, Dawn, dove sei... e ancora quel groppo alla gola. Che le faceva per un istante desiderare di morire. Mollare tutto e tutti, i suoi compiti, i suoi troppi, troppi doveri... e i suoi pochi, insignificanti diritti. Non sapeva più quali erano, o se ne avesse, ancora.

 

Angel. Spike. Quando pensava a loro, non poteva far altro che provare una pena infinita. Per loro. Lei, un diritto più di loro, ce l’aveva. La morte. Un giorno, diceva, invecchierò. Vedrò tutto con occhi diversi. Dimenticherò. Ehy, potrei morire domani. E non risorgerò. Ecco, questo era il pensiero che più di tutti le dava conforto.

 

E poi, la lotta. La lotta di tutti i giorni, di tutte le notti. Ucciderli. Ucciderli tutti. Ma ora, non le bastava più. Dovevano soffrire. Oh, sì, prima di conficcare il pietoso paletto di grazia nel cuore, dovevano passare per atroci sofferenze. Se non era un vampiro, ancora meglio. Non li conosceva tutti, i demoni. Quando ne incontrava uno nuovo, non sapeva che cosa l’ avrebbe ucciso, e la cosa la divertiva. Poteva giocare a scoprire il colpo fatale, e fino a quel momento...

 

Era più richioso, certo, ma niente è più mortale di una cacciatrice con un desiderio di morte. Adesso sì, sentiva che non aveva più niente da perdere. Un po’ più delle altre mille volte in cui se l’era detto. Di giorno, recitava la parte che tutti le conoscevano, la Buffy solare, che rideva alle battute di Xander, punzecchiava Anya e si confidava con Willow... di notte, beh, di notte...

 

Ma poi arrivava ad un punto. Ogni notte. E, se le prime volte che questo accadeva, girava i tacchi e tornava a casa (quella grande casa vuota...) ...se prima, non aveva il coraggio di ammettere con se stessa... cosa? Non sapeva neppure come definirlo...

 

Le altre volte, si era comportata... da vampiro. Spiava, cioè. Osservava. Osservava la vita degli altri. Dalle finestre con le tende tirate, guardava le ombre muoversi dietro di esse. Ascoltava le loro voci. Voci di estranei, che vivevano le loro giornate, come se nulla fosse. Come se il mondo non potesse finire domani, come se la bocca dell’inferno non potesse spalancarsi sotto i loro piedi tra un’ora. Li invidiava. Li odiava. Lei era condannata, a quel tormento perpetuo, ogni notte, ogni giorno.

 

...Per loro. Gente che non aveva mai conosciuto, gente che non le avrebbe mai detto grazie. Per loro, era morta, Dawn? ...Doveva smetterla di fare simili ragionamenti. Tutto questo, l’avrebbe solo portata alla follia, o peggio, a compiere qualche gesto folle. E allora, quando proprio sentiva che era sull’orlo del disastro, sull’orlo del...delitto, sull’orlo del... precipizio... andava da Spike.

 

E lo spiava. “Un’aspirante vampira”, diceva di se stessa ogni tanto. “Conosci il tuo nemico”, si diceva ancora, per illudersi, mentre il passo diventava più veloce, fino alla sua cripta. E rimaneva lì fuori, sceglieva la parte finale della notte, quando doveva per forza, per prudenza, essere già rientrato. Infatti, lo trovava sempre. Spike. Silenzioso, immerso nei suoi pensieri... chissà, a cosa pensava. Chissà, quale epoca stava ricordando adesso... la rivoluzione d’ottobre? la seconda guerra mondiale? ... Il giorno in cui gli aveva sbattuto in faccia la porta di casa sua?

 

...E rimaneva lì, senza alcuna ragione. Credendosi invisibile. Sapeva come nascondersi dagli esseri umani, ma Spike non lo era. Aveva scoperto, sere dopo, che l’aveva sempre notata. Perchè, aveva aspettato così tanto, prima di farla entrare, allora? Forse... forse non la voleva intorno, dopotutto. Forse sperava che, ignorandola, lei infine si sarebbe stancata, di cercarlo.

 

Così come quando la cercava lui prima. ...A modo suo, naturalmente. Come tutte le cose che faceva, del resto. Esisteva un “modo Spike”, di fare le cose. Esisteva un “modo Spike” anche di “dire”, le cose... Ed esisteva, naturalmente, un “modo Buffy” di distruggere, le cose. Non sapeva se c’era un “modo Buffy” di sistemarle, però. Non lo vedeva da quella notte... E, in una città come Sunnydale, questo voleva dire farlo di proposito. Era Darla, il motivo?

 

“Ehy, Buffy...? Sei tra noi?” Xander la stava osservando.

“Uh? Ah, s-sì... certo. Eravamo arrivati a qualcosa, giusto?”

“Sì, uhm..” Giles passava dal libro a lei, la guardava un po’ preoccupato. “Buffy... tutto bene?”

“Signor Giles...”

“Sì?”

 

“Io ho... rivisto Darla.”

Sudore freddo. Pallore. Il sangue defluiva, semplicemente, dal volto di Giles verso altre zone del suo corpo. Stai calmo, Giles... Calmo. Poggia quel dannato libro. NON tremare. Parla, dì qualcosa.

 

“D-Darla? Come, Darla...? N-non...”

 

“Non è possibile, ho capito. E’ questo che sta per dirmi. Come se l’impossibile mi basti, come spiegazione. Io l’ho vista, signor Giles. E... per altro, sembrava ricordarsi molto bene... di come si stia al mondo.”

“Ah-hah, eccola, la non-morta! ..Era..era lei, giusto? La tua domanda...?” Xander parlava, ma l’attenzione di Buffy era concentrata su Giles. Voleva una risposta.

 

“A-ah..ecco...i-io non ho una spiegazione da darti, Buffy.” Il telefono. immediatamente. Che storia era quella? E non pensava, di dirmelo? Forse..forse non lo sa nemmeno lui?

 

“Signor Giles? Dov’è andato anche lei, ora? Cos’è, una seduta individuale? Siamo in tre, qui, se non l’avete notato...”

Buffy lo osservava con attenzione. Doveva distrarla.

 

“C-che cosa... che cosa hai intenzione di fare, al proposito?”

“Non lo so. E’ da un po’, che non la vedo. Non so dove sia, in effetti. Potrebbe essere ancora qui, ma, se c’è, si nasconde bene.”

“Quante volte l’hai vista, ci hai parlato?

“Beh...una sola...No, non ci ho parlato.”

“Ma... quindi sei sicura che tu... v-voglio dire, potresti esserti sbagliata...”

“Signor Giles, IO NON MI SONO SBAGLIATA. Okay? Era...era lei. Ne sono sicura. Forse... forse dovrei parlare con Angel.”

“No! ...Ehm... cioè... Non sappiamo cosa stia facendo, al momento. Potrebbe... essere un momento sbagliato.”

“Signor Giles, noi non sappiamo MAI cosa sta facendo Angel. Per quanto ne so... in questo momento potrebbe essere a... allo stadio, a fare shopping, o a casa sua, dio solo sa con chi.

“...Il non-morto con la non-morta al quadrato... Oh mio dio, Buffy! Adesso ho capito! Oh, santo cielo...” Xander aveva assunto un’espressione di stupore... e sincero disgusto. Buffy continuava a fissare Giles.

“Voglio parlargli. Darla... se è ancora in giro lui mi deve delle risposte.” Ma... lei ‘sapeva’, che quello... quello non era, l’unico motivo. E non voleva nemmeno formularlo, quel pensiero...

“Okay, affrontiamo il problema con calma. Non sembra essere un pericolo, giusto? Se lo fosse stata, avremmo avuto dei... segnali. Lo... lo chiameremo. Ma prima... dobbiamo cercare di capire se è una minaccia. Purtroppo, non c’è solo questo. Non precipitiamo le cose.”

 

Buffy sembrava essersi un po’ tranquillizzata. Avrebbe voluto dire la stessa cosa di se stesso. Doveva uscire da quella situazione.

 

“Non preoccuparti, Buffy... ce la faremo anche questa volta, a scoprire cosa c’è sotto. E poi... se non si è ancora mostrata in giro... f-forse questo è un buon segno.”

“...Certo. Ma continuiamo le ricerche, non... si sa mai.” Un caldo sorriso, a tranquillizzarli... Li amava più di quanto non amasse se stessa. ...Non che ci volesse molto, in quel momento. E quella scena... Era Darla, davvero, ad avere fatto la differenza? Se ci fosse stata un’altra... Sarebbe tornata, comunque, a... spiarlo?...

 

D’accordo. Perchè limitarsi, dopotutto? Per lei? Anche adesso? ...Ma perchè non se n’era andato? Tanto, prima o poi l’avrebbe scoperto. Un vampiro è un demone, non ci sono alternative. Doveva sopravvivere, no? Eppure, l’ultima volta, era rimasto... disgustato. Non aveva mai...incredibile, era quasi arrivato alle lacrime. ...Ora, sì. Ora, il gesto stesso, l’idea stessa, quell’attimo prima... Era terribile. Quella sera, alla fine, si era fermato. Corso via, la vittima scampata per miracolo avrebbe raccontato che era ‘volato’, via, letteralmente. Oh, non si era certo sentito meno colpevole. Non l’aveva fatto sentire meglio. Mio dio, diceva, fa che io muoia stanotte. Lascia che lei mi trovi adesso, e io ti giuro che glielo lascerò fare. Non aveva il coraggio, di farlo da solo. Non se lo meritava nemmeno, di morire. Troppo facile. Ma cosa esisteva a fare, solo per seminare cadaveri a beneficio della sua sete di soravvivenza? No, non va bene, si diceva. E rideva, di se stesso.

Un vampiro con una coscienza è un vampiro morto. Sono già abbastanza patetico ad essermi innamorato (sembrava una frase blasfema, pensata da lui) di “miss giustizia, fratellanza e amore fra i popoli”, proprio non me lo posso permettere di fare il moralista sulla scelta della cena. Mi devo nutrire. L’ho scelto io, di diventare così. Sii uomo abbastanza, Spike, da ammettere che tu “non sei”, dalla parte dei buoni. Tu sei il nemico da abbattere. Non si fraternizza col nemico. Vale per lei, deve valere soprattutto per te. Affronta il tuo destino, e nel frattempo, arriva sazio alla notte finale.

 

 

 

Aveva sentito un rumore, una lotta. L’aveva vista. Si era nascosto poco lontano, e osservava la scena. Era alla fine, quel malcapitato doveva essere un novellino. Ecco, era finita.

Poteva andarsene.

 

“Spike!”

“Oh, maledizione.”

 

Si stava avvicinando. I paletti hanno questo, più delle spade o delle pistole: se ti colpiscono ti uccidono, e sono sempre carichi. E lei, lo aveva ancora in mano.

 

“Ciao, Spike.”

“Ciao, dolcezza. Mi avevi promesso una cartolina.”

“Non... mi ricordavo il tuo indirizzo.”

“Me ne sono accorto.”

“...Tu, piuttosto... è un po’ che non ti si vede.”

“Oh, ho fatto visita a vecchi amici. Sai, le solite cose...”

“‘Vecchi’, mi sembra il termine giusto.”

“Ah, ho cambiato la serratura. ...Ma se vuoi, ti do le chiavi. Non vorrei che tu mi sfondassi la porta, un’altra volta. Sai, potrebbe anche non darmi fastidio, ma...”

“...Ma a qualcun altro, potrebbe. Vero? Dì un po’, hai cambiato gusti? Una volta, ti piacevano le brune!”

 

L’aveva guardata dall’alto in basso, con un sorrisetto di scherno.

 

“Mi piacciono ...le donne.” Cos’era quello, rossore? Doveva averlo sognato.

 

“Comunque, no. No alle chiavi, no alle porte sfondate. E’ casa tua, e io non ho il diritto di vedere cosa fai. O con chi.”

“E chi te lo ha tolto?”

“...Cosa...?”

“...Il diritto. Magari mi piace, sapere che sei nei paraggi.” Sogghignava. Si stava avvicinando un po’ troppo. Lo conosceva, sapeva che faceva sempre così... E tutte le volte si stupiva. Lo prevedeva, e nel momento stesso in cui accadeva, lui era già... troppo vicino. Mai del tutto. ...Però...

 

“Hey.” Aveva alzato istintivamente il paletto. Lui ne sembrava stranamente affascinato. Aveva rivolto di nuovo gli occhi su di lei. Un altro passo. Continuava a sorriderle.

 

“Magari, se non fossi scappata via, quella sera... Chi lo sa, a volte, ...per impulso... si rinuncia a cose piacevoli...”

“Attento, Spike. NON mi provocare.” Stava tremando per la tensione.

“... Cosa? Altrimenti, cosa?”

Aveva fatto un passo indietro. Era davvero sicura di aver pensato, che un po’ le era mancato?

“Vorrei sapere che storia è questa. Quella donna...”

“Era Darla. Non ti sei sbagliata. Era questo?”

“Io... non capisco. E... forse non voglio nemmeno capire. Quello che so è che Darla era...”

“La donna di Angel. E’ così? O che era morta per mano sua? So cosa stai pensando. Dormi sonni tranquilli, tesoro. Il tuo Angel non ti ha ingannato. L’aveva uccisa veramente. Il come sia tornata, beh questo non te lo so dire neppure io. Un più alto potere ci guida, immagino.”

 

Era un po’ più sollevata, era innegabile. Lo aveva notato anche lui... E aveva impercettibilmente sorriso. Un impercettibile, triste, sorriso.

 

“Io veramente...”

“Ti chiedevi come Darla, dopo essere stata con Angel per un paio di secoli... è così, cacciatrice? C’è qualcosa che accetti, semplicemente, di questo mondo? O devi continuare a farti domande stupide, girando a vuoto su questioni di nessuna importanza?”

“Mi chiedevo cosa ci facesse lì. Con te. Che cosa volesse, da te.”

“Oh. Niente di buono, naturalmente. E niente che ti riguardi, comunque. Puoi... credermi.”

Gli credeva...

“Ma sai... non parlo di lavoro, con la concorrenza.”

“... Mi... mi dispiace per l’incidente. E... tu la... Dov’è, adesso?” Lo guardava, ansiosa.

 

‘Ecco, questa è una domanda al limite della pertinenza. Non farne, Buffy, non a me. Queste sono domande pericolose. In un equilibrio ossessivo maniacale come il mio, in aggiunta al fatto che sono estremamente stressato, e che l’oggetto delle mie ossessioni sei tu, una domanda così potrebbe ADDIRITTURA farne germogliare delle altre, e me ne vengono in mente un paio. Ma voglio restare con i piedi per terra, e so che più probabilmente me lo chiedi perchè lei in passato ha cercato di ucciderti. Ma c’è il rischio che io voglia scegliere di pensare che vuoi saperlo per un altro motivo. In più, è quasi un’ora che parliamo al freddo e per me è davvero tempo di andare a casa. Dio come sono contento di averti rivisto e di aver riascoltato la tua voce... stasera, ho passato davvero un brutto momento. ... Sogni d’oro, piccola.’

 

“Non è più qui, è tornata a Los Angeles. Quella notte. Almeno credo.

...Soddisfatta? Stammi bene, ammazza-vampiri.”

 

L’aveva lasciata così, si era voltato e se n’era andato. E lei era rimasta lì, senza rispondere niente... Poi, aveva guardato un istante nella sua direzione... sorridendo, appena un po’.

 

CAPITOLO 5-Pensieri 

 

Lo sentiva. Lo avvertiva sempre, se qualcosa stava cambiando, se qualcosa non andava. Era come un leggero brivido, che gli correva giù, lungo la schiena. E lo teneva sveglio. E gli toglieva la sete. E gli faceva provare un senso di nausea. L’aveva già provato, in un paio di occasioni. Ma sapeva che non sarebbe durato. E aveva avuto ragione.

E ora, lo avvertiva più forte.

Era sempre riuscito a sentire i suoi pensieri… Poi, da quella terribile meravigliosa notte, quando aveva sentito la sua stessa vita, fluire dentro di lui… invece di lievi sussurri erano diventati suoni violenti. E adesso, come un ladro, strisciava nella sua mente.

...Ma si era sbagliato. Era lei a farlo entrare, tutte le volte. Solo, ora no. E rimaneva sulla soglia, sentendo la rabbia crescere.

Si era alzato, girava nervosamente nella stanza. Si sentiva un animale in gabbia. Un animale feroce. Era ancora giorno, ma non riusciva a dormire, e non poteva uscire. Improvvisamente aveva scagliato contro la parete il bicchiere di cristallo che aveva in mano da un’ora.

 

‘…Ti prego, dimmi che non è come sto pensando. Ti ...prego, dimmi che mi sto sbagliando. …Ti prego, fammi entrare. Fammi entrare... E non farmelo ripetere.’

...Ora la sentiva. La porta, era ancora aperta.

Un sorriso gli aveva illuminato il viso. Ora... andava di nuovo tutto bene. La fine era rimandata. Avrebbe voluto poter dire evitata... ma la loro era una tragedia, non un romanzo rosa. Nelle tragedie ci sono i morti, e di solito finiscono male. La differenza è la lunghezza.

 

“Ciao, pensieri di Buffy. Sono venuto a giocare un po’ con voi.”

 

Angel. Dove sei Angel? Perchè mi hai abbandonata? E’ migliorato qualcosa, da quando te ne sei andato? Sei più felice, adesso? Stai bene? Cosa stai facendo? Pensi a me? Mi ami sempre?

 

Sorrideva, sentiva il suo calore... Aveva chiuso gli occhi, si era immerso in quel fiume di parole... sarebbe rimasto lì per sempre.

 

E intanto chi me li restituirà, questi anni, Angel? Non potevamo... non era più giusto... rubare questi anni alla saggezza? Io... non so neppure se ci arriverò mai, al ‘tempo della saggezza’... Perché mi hai fatto questo? Se sapevi che non avresti mai potuto rimanere con me... Cosa devo fare? Mi manchi, Angel, non ti vedo da troppo tempo... Mi hai abbandonata?

 

Buffy, piccola Buffy, con tutti i tuoi interrogativi. Me ne sono andato... perchè non avevo le risposte che volevi sentire.

 

 

  

 

CAPITOLO 6-Una lieve imprecisione

 

 

...Lo stava veramente mettendo a dura prova. Il combattimento più lungo, che aveva avuto con lei, di cui riuscisse a ricordare. Era... cattiva, in un certo senso. ‘Più, cattiva’, cioè’. Aveva avuto infiniti scontri, con lei e con mille altri, prima, e in un certo senso ne aveva tratto una sua teoria, un ... vademecum del combattente, un breviario del fare-non fare.

Vuoi uccidere? Fallo. Subito. Appena ne hai l’occasione, anche alla prima mossa. Non aspettare di arrivare stanco a sferrare il colpo decisivo, non puoi sapere se dopo il primo ne verranno altri.

...Vuoi ferire? Difenditi. Lascia che sia l’altro a stancarsi, incassa i suoi attacchi, intanto risparmia le forze. Sii preciso nei tuoi colpi, misurali, schiva i suoi. Scansare un pugno non è come darlo. Risparmi metà della fatica. Nel frattempo, l’altro si indebolisce, si innervosisce, si impaurisce. Le sue certezze diminuiscono e allora, puoi arrivare allo scacco matto. E poi, graziosamente, puoi concedergli di vivere. Lo avrai, nel novanta per cento dei casi, eliminato comunque. Ti eviterà, o, meglio ancora, ti offrirà i suoi servizi. In tutti e due i casi (sopra ogni altra tattica), prima pensa. Così, si sopravvive, nell’eternità. Non è un mondo colorato, è un universo buio dove regnano la rabbia e la paura. Alleati con la prima, sfrutta la seconda.

...Vuoi... cambiare le carte in tavola? (oh, era maestro in questo.) Parla. Dissimula, fai sembrare il combattimento una conversazione. Uno…scambio di opinioni. Scherzaci su. Ma questo, avveniva davvero raramente. Doveva avere a cuore l’avversario, per scegliere la terza opzione. E in tutto quel tempo, beh... da quando Drusilla non era più stato il centro dei suoi pensieri... E forse, davvero fin da quando aveva messo piede a Sunnydale la prima volta...

Ma non sembrava possibile, farlo, ora. Adesso, doveva per forza seguire l’opzione numero due. E doveva farlo per difendersi. Ferirla, anche se avesse voluto, non sembrava così facile. Era mossa da una rabbia cieca. E piangeva, nello stesso tempo. Perchè? Ma sembrava addirittura vedere meglio, con quegli occhi gonfi e pieni di lacrime.

Non potevano continuare ancora a lungo, DOVEVA fare qualcosa. Uno dei due sarebbe morto altrimenti. Lo sapeva. Non era arrivato vivo fino a oggi per caso.

... Poi..., lei si era fermata. Così, semplicemente, come se l’avesse sentito, e fosse d’accordo con lui. Doveva averlo anche lei, il suo personale libro di istruzioni.

...Ed erano rimasti lì, sul prato. Esausti, stremati, sdraiati uno poco distante dall’altra.

“Buffy...”

“Stai zitto, Spike.”Lo aveva incontrato al cimitero, stava rientrando dalla perlustrazione. Un incontro casuale. Erano diventati sempre più rari, ultimamente...

“Che ci stai facendo qui?”

...E le aveva rivolto il più dolce dei sorrisi.

“...Colgo le margherite. Lo faccio ogni sera. Poi, le depongo sui cadaveri delle mie vittime.”

Gli aveva dato uno schiaffo. E lui, aveva pensato di restituirglielo.

 

 

“...Quindi, alla fine, è così, giusto? Era vero, che sei tornato quello di prima. Per questo, ti fai vedere così poco.”

“Oh, non sto più zitto? Mi era sembrata una buona idea. Non sono in forma per una conversazione.”

“PIANTALA, Spike. Parla. E dimmi la verità.”

Sorrideva, gli occhi al cielo ancora scuro.

“Te l’ho sempre detta la verità, Buffy. Forse non... ti ho detto tutto.”

Si era messa a sedere, e lo guardava. Non sembrava minacciarlo, ma doveva stare in guardia. Aveva ancora gli occhi gonfi e qualche livido. Per un paio doveva ringraziare lui.

“Bene, allora. Dimmelo, “questo tutto”. Adesso. E NON provare a ripetere che continuo a farti le solite domande stupide.”

Le avrebbe chiesto perché aveva pianto, forse …perchè avrebbe voluto che le avesse mentito, che… poteva ancora essere il vampiro inoffensivo degli ultimi tempi? …Forse le dispiaceva davvero, avere il dovere di... ucciderlo?

Lui era ancora sdraiato, e la fissava con attenzione.

“Non ‘domande stupide’. Solo... quelle che non contano.”

Era tanto, che voleva dirglielo... Aveva anche pensato di non farlo. Forse, per lei, era meglio così. Ma gli sguardi di quell’osservatore, la sua... “bontà”... gli facevano venire i brividi. Non riusciva a pensare, a lei, così tanto tempo in...mano sua. E poi, siamo onesti, troppe cose non quadravano. Angel, almeno... beh, che si poteva dire, ancora, di Angel? C’era ancora qualcosa che lo stupisse, di Angel?

Poi si era alzato in piedi, e l’aveva, gentilmente, aiutata a fare altrettanto. E lei si era scostata, con fastidio.Come tutte le volte. Come se anche il minimo contatto, con lui, fosse semplicemente insopportabile. Quell’ espressione...

“NON toccarmi! …E quali sarebbero queste domande che contano, um, Spike? Dimmi, Spike: COS’E’, che mi devo chiedere? Cosa credi di sapere TU, che io non so?”

Lo guardava con un tale disprezzo, con un tale...odio. Cominciava a essere davvero, esasperato. Stanco. Sfinito. Basta con gli insulti, basta con le lotte, basta con le lacrime. Tanto lei non avrebbe mai capito. Non avrebbe mai accettato. Non voleva, capire, molto semplicemente. E lui ne aveva abbastanza. Aveva smesso, di raccontarsi bugie. Non avrebbe voluto dirglielo... Va bene, allora. Era davvero finita.

“Lo sai Buffy? ...Mi chiedevo per quanto tempo avrei potuto ancora continuare a… sopportare. A... controllarmi, al cospetto della tua INCREDIBILE stupidità. La tua… cecità. E ora, finalmente... lo so: fino a questo preciso momento. Ma perchè non ti svegli, ragazzina?” L’aveva afferrata per le spalle. Forse le stava facendo male.

“Chiediti, CHIEDITI, se tutto quello che vedi è vero. Se mai, in qualche momento, ci sia stata una “lieve imprecisione”. Qualcosa, anche piccola… che semplicemente NON... ‘doveva andare così’. ...E se tu non stia facendo di tutto per negarlo anche a te stessa. Solo perché.. è più facile continuare a vivere questa dannata farsa che tu chiami vita... e continuare a farti prendere in giro, tutti i giorni, che aprire gli occhi. E magari prima o poi ti farai ammazzare, sì,” adesso aveva uno sguardo cattivo, “magari morirai… senza sapere, senza sapere nemmeno in QUEL momento. ...Se le persone che ti stavano intorno… quelle che hai AMATO… ti abbiano sempre ricambiato la cortesia.” L’aveva ascoltato, senza fiatare. Impietrita. Si era liberata dalla sua stretta.

“Oh, sì, me lo sono chiesto. TU, per esempio. Tu, non dovresti essere qui, da tanto tempo. TU, sei una lieve imprecisione. …Solo… molto più fastidiosa, ingombrante… INUTILE di una lieve imprecisione.” Stava tremando. Anche lui.

Negli occhi, oh, a saper guardare, certo... aveva una tale quantità di cose non dette. Parole, che aveva ricacciato in gola. Sarebbe morto, piuttosto che pronunciarne una.

“Lo sai che ti dico? Buona fortuna, Buffy.”

Lacrime, silenziose, nei suoi occhi... Ma se n’era andato prima di vederle.

 

“U-una lieve imprecisione? Ha usato proprio queste parole?” Willow la guardava un po’ sorpresa.

“Beh sì… ma non credo che sia questo il punto…”

“N-no, infatti, solo…solo che suona strana, un’espressione così, detta da Spike.” Si erano guardate, sorridendo.

“Ha detto anche qualcos’altro, Willow. Ha detto… chiediti se… hai avuto la sensazione che i conti non tornassero, una volta o due. O... qualcosa del genere.” Willow cercava di sdrammatizzare, era evidente che Buffy, era rimasta colpita da quel discorso...

“…Beh Buffy, lo conosciamo, Spike.Si sarà… si sarà inventato questa nuova cosa, per attirare la tua attenzione…”

“Sì, è sicuramente così.” Aveva scosso la testa, come per liberarsi da un cattivo pensiero.

 

Già…

 

Ma non andava tutto bene. C’era, qualcosa che strideva. C’era.

 

E quella sera, era uscita prima, per la caccia.

E, dal momento che aveva tempo, era passata a trovare il signor Giles a casa sua.

E, dato che la porta era aperta, era entrata.

E, dato che era al telefono...

...Solo che, il tono della sua voce non le era piaciuto.

Quindi… aveva sollevato l’altro ricevitore. E quell’altra voce… Aveva sentito un calore improvviso.

...Ma anche il suo tono, non le piaceva.

E aveva riagganciato la cornetta.

Ed era uscita senza fare rumore.

E si era chiesta quante altre volte l’aveva già fatto.

 

Ed era andata da Spike.

E non l’aveva trovato. Un lungo, interminabile momento, in cui si era sentita davvero, persa. Davvero, sola.

Ma soprattutto... Mancavano troppe cose. Stava lì, in piedi, guardando il vuoto.

 

“Ciao, bellezza. Sei venuta a salutarmi, stavolta. Le abitudini cambiano.” Era alle sue spalle, si era voltata di scatto. Aveva in mano delle casse.

“Te…ne vai?” La guardava, e la rabbia era svanita. Come se la producessero, ogni volta che si vedevano, e poi svanisse quando si allontanavano. La rabbia era il loro modo di comunicare. Meglio di niente.

« Me ne vado. »

“E pensi... di stare via per molto?”

“Un secolo o due... ancora non lo so. E’ la mia politica. Mai più di cinquant’anni nello stesso posto.”

“Tu non… sei qui da cinquant’anni.”

“Oh, puoi credermi: mi sono sembrati più lunghi questi, dei centoventi che li hanno preceduti.”

“E sai già... dove andrai?” Lui continuava a riempire le casse.

“Uhm, sono uno spirito libero. Ti ricordi, i Ramones? ‘Here today, gone tomorrow!’ ...Ah ma già… a te non piacevano.”

Si limitava a osservarlo aggirarsi intorno, in silenzio.

 

Infine, abbassando gli occhi, aveva indietreggiato. E lui non sapeva, se avrebbe resistito senza fare la solita cosa sbagliata. L’ultima?

 

‘Vattene, Buffy, vai fuori di qui, ti prego. Lasciami in pace, dimenticati di me. E perdonami.’

 

“Perché sei qui, Buffy?”

“Perchè avevi... ragione. L’altra notte, la… lieve imprecisione.”

La osservava. Quindi, ora sapeva?

“E come l’hai scoperto?”

“Io non... io non l’ho scoperto. Io… io non ho voluto scoprire niente. Avevi ragione quando dicevi che io NON VOGLIO SAPERE.” La voce tremava, era diventata quasi un sussurro.

“Voglio continuare a credere che la mia vita sia perfetta, che... il signor Giles mi ami, che ...Angel mi ami…” Stava crollando. Indietreggiava ancora... Si odiava. Era questo, che aveva voluto ottenere?

“Buffy, io...”

E istintivamente, gli era corsa incontro, gli si... era stretta al petto. Era così piccola, rannicchiata tra le sue braccia… Che cosa avrebbe fatto, se non l’avesse trovato? Era rimasto immobile.

“Solo... solo che la mia vita NON è perfetta… Non è vero niente. NIENTE, è vero. Loro...”

Questa cosa, lui non l’aveva prevista. Nè sapeva come affrontarla. E di certo, non l’aveva fatto per questo.

“Shh, Buffy, calmati. Non... fare così. Passerà. Andrà meglio.”

Una risata. Una risata isterica. Si era staccata da lui.

“E come può andar meglio, Spike? Come? ...Cosa? La mia vita è… solo uno scherzo, nessuno mai... forse, anche Willow, Xander, e tutti gli altri...”

“...E forse anche io, Buffy. Forse, io sono anche peggio di qualcuno di loro. Forse… ho solo instillato un dubbio, e tu sei saltata alle conclusioni sbagliate. Non sarebbe la prima volta. Magari capirai che è tutto un malinteso. E che io sono l’ultima persona da cui dovresti farti consolare, o anche solo farti vedere così.” Si era un po’ calmata.

“E perchè avresti dovuto farlo?”

E forse, se le avesse restituito almeno una certezza... Era così facile, perché no? Le aveva sorriso.

“Divertimento? Noia? Curiosità? Forse me la sto godendo un mondo a vedere come sei distrutta, adesso. ...Pensaci, Buffy...”

 

Ma lei non doveva pensarci, lei ci aveva già pensato. Erano anni, che ci pensava. O non avevano sul serio creduto tutti quanti che fosse 'completamente' stupida, vero? I suoi sogni, per esempio. Tutto, era spiegato, nei suoi sogni. Tutto era così... chiaro. La sola cosa, veramente sua.

L’unica, che non le aveva mai mentito. E c’erano tutti, nei suoi sogni. Il signor Giles, Angel, Drusilla, persino Willow... Tranne, Spike. Tutti, a mostrarle la ‘loro’ verità... ma era stato Spike.

“No, Spike, tu... lo hai fatto per me.”

“Beh tesoro, se è così, ho finito il mio compito. Forse, mi hai incontrato per questo. Forse, dovevo “aprirti il cammino”... E ora sei pronta.”

 

“E... adesso sei contento, giusto? Adesso, puoi andartene! Addio, Buffy, ‘non ti ho ucciso ma ho fatto di peggio’! Ho ragione? E chissà come te la godi, davvero, sì, ti credo! Buon ...viaggio Spike! Addio! Puoi essere contento, hai creato il tuo capolavoro! Ti ...odio! IO VI ODIO TUTTI!”

 

Aveva pensato, lo spazio di un secondo, di lasciarla andare davvero. Non fermarla. Sarebbe stato più… ragionevole. Solo che quasi mai, faceva quello che poteva essere giusto, saggio, ragionevole. E poi... cosa importava, se poi sarebbe corsa comunque verso il baratro? Non poteva impedirglielo, certo. Nessuno, poteva. Forse, poteva arrivarci un po’ più tardi...

 

E farlo, non era stato così facile. Comunque, era riuscito a fermarla, a impedirle di uscire, aveva chiuso la porta. E adesso stava fronteggiando non Buffy, ma la pura disperazione. Lo aveva aggredito, lo aveva ferito, lo stava…provocando. E non era da lei, perchè anche se cacciatrice, fondamentalmente combatteva per difendersi. Ora, no. Ora, lo colpiva deliberatamente, anche se non poteva non sapere, che lui non voleva farle alcun male... Ma certo. Chi meglio di lui poteva capirlo. E davvero, stavolta non poteva sperare che si sarebbe fermata, come l’ultima volta. Si erano davvero fatti male, stavolta. Per quanto avesse cercato di impedirlo, le aveva fatto male. Non che a lui fosse andata meglio. Era

Non era stato facile, ma era riuscito a immobilizzarla. Spalle al pavimento, e lui sopra a bloccarle le mani.

“Buffy, non è questione di me o di te. Tu non sei nell’elenco delle vittime, per me. Quindi se vuoi puoi uccidermi, ma non sperare che lo faccia io. Non sono tanto... caritatevole. Oppure... fai quel che diavolo vuoi.” Era stanca, distrutta. Respirava a fatica. E stava lì, sdraiata, e quasi le era venuto da ridere.

“Non so se ti è sfuggito: non è così facile, per me, fare quello che voglio. E ti ricordo, che la porta l’hai chiusa tu.”

“Oh, beh, scusami tanto! Non è facile badare ai particolari, quando sei indeciso se prendere a pugni il nemico o... Lascia perdere.” L’aveva lasciata andare, si erano rialzati. Lo guardava.

“Sono stanca, di lasciar perdere. Stanca di fare finta di niente. Spike,non... andartene. Tu vuoi davvero, andartene? Si era avvicinata.

“Buffy... tu non vuoi davvero che io resti, non sei lucida. Domani ti renderai conto che non ha alcun senso.”

“Certo... Quando ricomincerò a vivere la mia vita piena di significato." Ed era sempre più vicina...

"Spike, tu vuoi,...andartene?” Non era semplice, mantenere la lucidità.

“No, non ‘voglio’ andarmene. Ma me ne andrò…”

Lo guardava, sembrava stranamente attratta da una ferita che aveva sulla fronte…

“Stai sanguinando…”

Poi lui l’aveva ...baciata, e lei aveva sentito la rabbia svanire. E se mai, nei momenti inconfessabili in cui aveva immaginato questo momento, aveva pensato che forse avrebbe potuto fare paragoni… Ma non c’erano, paragoni.

Non si sarebbe allontanata con disgusto... E poi l’aveva guardata, e aveva sorriso...

“Se questo è un altro sogno... giuro che domani mi butto sotto il sole di mezzogiorno.”

Non avrebbe mai smesso, di baciarla.

“Questa domanda... la mia...domanda... non era...una domanda stupida, vero?”

“No, Buffy, non lo era.” la stava guardando, e lei sentiva il sangue scorrerle più veloce nelle vene.

“...E che cosa avresti risposto?” Parlavano, tra un bacio e l’altro, le casse ovunque, il trasloco da una cripta... no, niente aveva senso.

“Avrei risposto che non avrei voluto andarmene. …Poi avrei aggiunto, che però ci sono cose che non dipendono da noi.”

“E tu cosa… faresti, adesso, se…dipendesse da te?” Lo guardava negli occhi. Non aveva dovuto meditare le parole, per risponderle. Bene...

“Farei tornare indietro il tempo. E... non ti avrei detto quello che ti ho detto.”

“Ma forse, in quel caso, non sarei quì...” Lui aveva alzato le spalle, e le accarezzava le guance, le baciava l’orecchio, e scendeva, con le mani, lungo il collo, dolcemente....

“Non importa. Forse, saresti venuta comunque.”

 

 

 

 

 

  

 

CAPITOLO 7-Intimità

 

 

“... Questa non è una favola. Quando ti bacio, tu non ti svegli da un sonno profondo, e non ‘vivremo per sempre felici e contenti’”

“No Angel. Quando tu mi baci, io vorrei morire.”

 

Aveva avuto un fremito.

 

Ci sono momenti che vorresti non arrivassero mai, ma arrivano.

Momenti in cui ti è improvvisamente tutto chiaro, in cui le parole non servono più, in cui accetti la realtà...

Anche se vuol dire essere stati sempre ingannati, anche se vuol dire amare chi non dovresti. O chi forse non ti amerà mai. A cosa fare, al riguardo, lei avrebbe pensato dopo.

 

Si erano allontanati.

Lei lo aveva capito, lui no . Lui, lo aveva sempre saputo.

 

“Spike...”

“Va tutto bene, Buffy. E’... giusto così.”

“Io... vorrei, che..”

“...Lo so. Ma non puoi.”

“Non posso... però ti prego Spike, non... non andare via. Io non... voglio, non rivederti più.”

“E io non voglio essere la tua personale spalla su cui piangere.”

Si stava asciugando le lacrime, ...un’altra volta. Le era sfuggito un sorriso imbarazzato.

“...Sono una frana, vero? Anche lui aveva sorriso.

“Sì, vero. Una... adorabile frana devastatrice.”

Gli era corsa incontro, singhiozzando. Aveva affondato la testa nel suo petto.

“Okay, okay frana, non me ne vado. Solo... almeno, non piangere per me.”

L’aveva guardata e le aveva fatto una faccia buffa, per farla ridere. Aveva funzionato. Poi lei aveva di nuovo nascosto la testa nel suo abbraccio.

“In fondo”, le aveva detto, mentre giocava con i suoi capelli, e la coccolava, “...in fondo... solo i grandi amori fanno piangere... giusto? ...Quindi non ti preoccupare, piccola. …Con me sei al sicuro. ”

 

Poi aveva guardato lontano, e infine aveva chiuso gli occhi... godendosi ogni attimo, di quella calma, ogni attimo, di quell’indescrivibile, momento di intimità.

 

 

  

 

 CAPITOLO 8-Sogni e cassetti

 

 

Un’altra notte d’inferno. Era sudata, fissava il vuoto a occhi spalancati. Un altro sogno terribile.

…Era in camera sua, davanti allo specchio. Era molto più giovane, aveva i capelli piu’ scuri. Indossava il vestito bianco che la mamma le aveva comprato per il ballo di primavera, il suo primo anno di scuola a Sunnydale… Osservava le pieghe del vestito, stava decidendo che acconciatura scegliere, e a quel punto, ricordava, sua madre l’aveva chiamata per dirle che c’era Willow al telegiornale.

 

…Solo che questo non era un ricordo. E la luce era molto diversa. Era…buio. E improvvisamente, dietro di lei, nello specchio… aveva visto Giles. Sogghignava, aveva una tale espressione… E nella mano, alzata, aveva un coltello. Aveva gridato, e si era svegliata. In quella grande casa, completamente da sola. Respirava affannosamente, lacrime di terrore.

 

…Ma c’era un un altro ricordo. Di un altro sogno. Dell’autunno successivo, il primo giorno a casa dopo le vacanze estive. Aveva sognato Giles che le diceva di averla già uccisa una volta. Poi lei gli aveva strappato la maschera, e allora aveva visto il suo vero volto, il volto del Maestro. E anche allora, si era svegliata nel panico.

…E c’era Angel, alla finestra.

 

Stava per dire che lo avrebbe voluto anche adesso, ma… era diventata attenta ai desideri. Le realtà parallele esistevano. Lei era vissuta in una di queste per cinque interminabili anni.

 

Spike… dov’era, Spike? Cosa faceva, Spike?

Se si potesse, scegliere la realtà parallela dove vivere, pensava… Lei quale avrebbe scelto? E Spike, invece? ‘Forse, lui sarebbe rimasto nella sua, con Drusilla, forse… non l’avrei mai conosciuto…’

 

Si era vestita, ed era uscita. Forse, con un po’ di fortuna…

 

Non lo vedeva dalla notte prima, quella terribile, lunghissima… dolcissima notte. Perché non l’aveva trovato, al risveglio? Era crollata all’alba, aveva dormito per ore, quando si era svegliata il sole era già tramontato… era rimasta un po’ lì, nella penombra, era… confortevole, si avvertiva la sua presenza… Infine era tornata a casa sua, il giorno dopo aveva affrontato la giornata non ricordava neppure come, e adesso…

Non se ne sarebbe andato, aveva detto… aveva detto la verità? Aveva trovato un biglietto, vicino a lei, quella sera. Lo aveva ancora in tasca.

‘Ben risvegliata. Spero che il pavimento sia stato comodo. Ti avrei anche riportata a casa tua, ma non avevo cuore di lasciarti sdraiata nell’ingresso. Oh, ma se lì c’è la moquette e preferisci, la prossima volta che mi sveglio prima di te, ti ci porto. Promesso. Non hai che da chiedermelo .’

Spike… non avrebbe pronunciato una frase seria, neanche in punto di morte.

Forse stava ancora sognando, forse era un lunghissimo maledetto incubo. Doveva vederlo.

 

Stava lanciando dei sassolini nel laghetto del parco. Osservava i gorghi, la loro ampiezza, il tempo che impiegavano a svanire. Il paragone con i sassolini non lo soddisfaceva. ‘Io farò molto più rumore quando me ne andrò. Oh, sì davvero .’

 

Era fuggito da casa sua, quella sera. Scappato. Non poteva sopportare la sua presenza. Le si era avvicinato, la osservava, sorrideva al suo viso addormentato. Ai lividi, se n’erano aggiunti altri. Le sfiorava le tempie, le guance, la scrutava, per capire quale incantesimo, gli avesse fatto. Era come stupito, e si sentiva così… felice. Avrebbe dovuto fermarsi, sapeva, che avrebbe potuto perdere il controllo… Non voleva farle del male. Aveva un taglio ancora non rimarginato, proprio sotto il labbro. Guardarlo lo aveva fatto trasalire. Allontanarsi, distogliere l’attenzione… ma non ne era stato capace. Aveva chiuso le labbra su quella ferita, così… lievemente… se rubi la vita al prossimo per mestiere, prima o poi un po’ di perizia la impari…

Ed era così… dolce… una sensazione violenta. Sarebbe anche potuto svenire.

…Poi, aveva sollevato le labbra, e le aveva sfiorato la guancia, il mento, giù, fino al collo, e aveva sentito il suo cuore battere…

E allora, per un istante… Poi era stato assalito dall’orrore. Si era scostato con…terrore, e lei, miracolosamente, non si era accorta di niente. Continuava a dormire, sembrava così… tranquilla.

L'aveva guardata, tremava.

Non avrebbe potuto fare mai niente, eccetto che amarla da lontano. Non voleva farsi sorprendere dalla debolezza di un momento. Non voleva condannarla. Amava la sua vita. Era stato un bel sogno, e adesso si era svegliato.

 

E non sarebbe cambiato niente se lei l’avesse… ricambiato? …Ma tanto, lei non l’avrebbe mai amato. Non poteva perdere tempo con domande stupide. O speranze, stupide. Le aveva promesso che sarebbe rimasto… beh, come se fosse famoso per rispettare i patti.

 

Prima di arrivare al parco, aveva vagato per le strade. Poi, era entrato in un pub.

Stava seduto al bancone, con gli occhi rivolti al bicchiere che teneva in mano.

“Ciao…”

Una bella ragazza, davvero. Le aveva sorriso.

“Ciao anche a te.”

“Sei…nuovo, di queste parti?”

“ ‘Nuovo’ non è… la parola giusta. Non vengo spesso qui.”

Però, faceva piacere, doveva riconoscerlo, essere… gentilmente importunato. Come se valesse la pena, di perdere del tempo con lui. Cara ragazza.

“Ti va se… Ce ne andiamo?”

E aveva anche un bel sorriso, proprio, proprio carina. Aveva accettato, naturalmente.

…E domani, lei avrebbe potuto ancora raccontare alle amiche, dello strano, misterioso, tipo incontrato la sera prima.

La… vita, poteva essere anche questo, pensava.

Non per lui. Per lui, vita era ascoltare la sua voce, vederla camminare… Non importava se sentiva solo i suoi insulti, e camminava sempre via da lui. Non importava. L’avrebbe avuta ancora, così… vicina?

Quanto a quella ragazza, avrebbe detto che era stata la sua gentilezza a salvarla. Avevano chiacchierato, nient’altro. Si era inventato tutta un’esistenza, cose che aveva fatto, cose che aveva visto… era stato piacevole.

 

Stava ancora sorridendo pensandoci, quando aveva sentito i suoi passi. Gli piaceva che i loro incontri cominciassero così. Farsi sorprendere da lei, a fare qualcosa… qualunque, cosa?

‘… Piccola Buffy… cerca di perdonarmi se stasera avrai un’altra delusione… Non c’è un'altra soluzione.’

Non si era neanche voltato, preferiva non guardarla.

“Ehy, ronda più lunga del solito, stasera… Tranne me, ogni vampiro che si rispetti è a nanna nella sua tomba, adesso.”

“Ciao, Spike. …Cercavo… te, infatti.”

“E tu sai sempre dove trovarmi, giusto Buffy?”

“Spike, io…”

“…Scusa, tesoro, sono stanco. Stavo per andare via, in effetti” si era alzato, la guardava con un sorrisetto ironico “…beh,pensandoci… potresti venire a fare conversazione nella mia, di tomba… che stupido, ormai ci passi più tempo di me. Che dici, ti va, Buffy?” Aveva allungato una mano a sfiorarle la guancia, non precisamente con gentilezza, e lei si era istintivamente ritratta indietro.

“Spike. Ti prego, sto… parlando sul serio.”

Lui non sorrideva più.

“Anch’io, Buffy. A un’ora dall’alba sono sempre dannatamente serio. Cosa vuoi?”

 

Non …capiva, perché faceva così, adesso? Perché? Era… impossibile, sperare in un rapporto… ? …Ma cosa stava pensando? Un ‘rapporto’ con Spike? Aveva abbassato gli occhi.

“Ecco… beh, forse… è stata una cattiva idea. Io non… Buona notte, Spike.”

Lui non aveva risposto niente, si era voltato e si stava allontanando. Lo guardava andare via.

“Ah, Spike…”

Si era fermato.

“Uhm?”

“Grazie per… la coperta.”

Era un colpo basso. Che faceva affiorare una parte, di lui, che doveva scomparire. Ma che non era ancora scomparsa. Si era voltato, e la guardava, con dolcezza, ora. …L’aveva notato.

“Buffy…”

“…Si?”

“…Non importa. Buona notte, Buffy.”

Lei gli sorrideva …timidamente.

“Spike… vale un… invito,… se lo faccio da qui? Così… potresti portarmi anche oltre, la soglia… Non… c’è la moquette, nell’ingresso.”

 

Lui stava per sentirsi afferrare dal panico, un’altra volta. Quel momento terribile, la sera prima. La speranza di allontanarla, la consolazione di non poterla avvicinare, almeno quando era a casa sua, al sicuro… almeno quando non era lei a consegnarsi a lui, a venire a tentarlo… Quanto la odiava, adesso.

 

“Non… farlo, Buffy. E’ una pessima idea.” Di nuovo, lei non capiva quel tono freddo, com’era diverso, come se… sempre, tutti, sapessero qualcosa che lei non sapeva. Perché?

“Ma perché, è una pessima idea? Tu, sei l’unico, che…”

“Tu lo credi. E’ così facile, farti credere tutto quello che vuoi.” La scherniva. “Guardati adesso. A parlarmi, come se fossimo vecchi amici.”

“Beh, ma che …significa, questo, adesso? Vecchi amici… Tu mi hai… baciata, l’altra notte! Cos’è, stai…cercando una nuova personalità? Andava tutto… troppo bene, e ti annoiavi?” Lacrime. No. Non gliene avrebbe fatto vedere una. Continuava a sorriderle con cattiveria.

“Beh, e perché no? Eri così… indifesa… disponibile… chiunque l’avrebbe fatto, al posto mio.”

Aveva perso il controllo delle sue parole, adesso. Diceva cose, che non sapeva neanche di pensare. Gli occhi lucidi. E sorrideva, della sua stessa stupidità. Aveva alzato la voce.

“Aspetta… ho capito. Ci sono già passata. Adesso mi dirai che ‘non so cosa voglio, che non so cosa sto facendo ’ …Vediamo: ci svegliamo nella tua bella cripta, io cerco uno specchio. Tu mi dici: ‘niente specchi’. Io ribatto: ‘niente specchi, niente cassetti. ’ …Poi ti parlo dell’importanza di un cassetto nella vita di una coppia. Vuoi sentire il discorso?!”

Si, l’avrebbe sentito.

“Io non sono Angel, tesoro, se è a lui che ti riferisci. Con me… è più semplice. Niente specchi per le note ragioni, niente cassetti perché non voglio nessuno a riempirli. Ti è …CHIARO, adesso? L’aveva guardata, molto, da vicino. Non avrebbe resistito ancora molto. Vattene, si diceva. Adesso. Lei non aveva distolto lo sguardo. E quello che gli aveva detto adesso, lo aveva detto quasi… per dispetto.

“No, Spike, NIENTE, mi è chiaro. Niente. E in ogni caso, tu sei… il benvenuto, a casa mia.”

Non le aveva quasi fatto finire la frase. Le era saltato addosso, la bloccava a terra. Lei cercava di liberarsi, l’aveva colta di sorpresa, stava per urlare. La sua voce, un sibilo.

“Credi DAVVERO, bellezza, che basti una serata in dolce compagnia con me, uhm, perché io diventi il miglior amico dell’uomo? RISPONDI!”

“Lasciami andare… Lasciami!” Non era che non avesse la forza, di liberarsi da sola, era… per un attimo… per un attimo, aveva pensato di arrendersi. Basta, ne aveva avuto abbastanza… Poi, lui l’aveva lasciata andare. Rideva.

“Ma sì, perché no? Vai…vai pure. Avrò tempo… Angel aveva ragione. Tu NON HAI LA MINIMA IDEA, di quello che stai facendo.”

Grazie al cielo, poteva fargli molto male. Lo aveva colpito con violenza, e poi era corsa via. Lui, non l’aveva seguita, o almeno, pensava. In effetti, era rimasto immobile, guardandola andare via.

Infine, lei aveva pianto... correva, e piangeva disperatamente.

Perché doveva essere tutto tanto orribile? Perché le cose non potevano andare diversamente? … Perché non era una favola?

 

 

  

 

 

CAPITOLO 9- Libero

 

Era il momento giusto. Giles era fuori per delle commissioni, e non sarebbe tornato per oggi.

“...Bene, Buffy, alzati e cammina!” Si era sentito il colpo del libro, che aveva chiuso improvvisamente.

“Uh… Buffy… era un libro religioso, quello? … Chi era quel tale, …Lazzaro, giusto?”

Erano al magic shop. Buffy guardava Xander con un’espressione risoluta.

“Xander. Ho bisogno che tu mi faccia un favore.”

Xander ne era compiaciuto. Le aveva sorriso, contento della richiesta di aiuto.

“Per servirla, signorina! Sono o non sono, Xander - chiamami- se- ti- serve- un- favore?” E’ il mio secondo nome! Che posso fare?”

“Ti senti ancora con Cordelia, giusto?”

 

Xander era impallidito, le aveva fatto cenno di abbassare la voce, poi si era avvicinato e bisbigliava, agitatissimo.

“…Allora è vero che mi odi! Se Anya ti sente sono un uomo morto! Sarò... Xander - non- chiamarmi- se- ti- serve- un- favore- perché- sono- morto!” ….perché me lo chiedi?”

“Tu non… gliel’hai ancora detto? …Xander! Si suppone che se due persone fanno sul serio, come voi…”

 

Curioso. Sembrava essere quasi tutto come sempre, se non fosse stato… E poi, era un banco di prova. Se Xander avesse mentito stavolta, avrebbe saputo che era dei loro. Però, avrebbe dovuto riconoscere che era un attore eccezionale. Ma lui le aveva salvato la vita una volta, e voleva dargli una possibilità.

 

“…Glielo…dirò! In effetti, ci ho anche pensato, una volta o due, in fondo, è normale che due ex si possano sentire, insomma, ma…”

“…Ma?” Non era molto convinta, nè di Xander, nè del concetto che stava esprimendo.

“Ecco, lei… sai, …la faccenda dei demoni della vendetta, e tutto il resto… NON che io abbia paura, certo, figurati…”

 

“Che avete da parlare fitto fitto, voi due?”

Anya si era avvicinata, sorridendo, Xander era balzato in piedi dalla sedia, allontanandosi da Buffy.

“N-niente! Fitto fitto, oooh, ma che dici…” Anya l’aveva guardato interrogativa, poi si era rivolta a Buffy.

“Buffy, allora, è okay per te se il negozio lo chiudi tu? Io devo proprio uscire adesso. Ti lascio le chiavi sul bancone.”

“Certo Anya, vai pure. …Chiudiamo noi.”

 

Sorrideva sinceramente divertita, osservando il terrore negli occhi di Xander mentre Anya gli si avvicinava.

“C-ciao, tesoro, ci vediamo a casa.” Anya gli aveva dato un bacio veloce ed era uscita.

 

“Puoi smettere di tremare, adesso, Xander. Cessato pericolo.”

“Sì sì , divertiti pure, tu, cosa vuoi saperne, TU, di cosa vuol dire essere fidanzati con un demone… Ah… e-ecco… cioè, volevo…lascia perdere, dev’essere... l’allineamento dei pianeti, la luna discordante, che mi fa dire… insomma, lascia perdere.”

“Okay, Xander, ascoltami. Ho bisogno che tu chiami Cordelia.”

“Perché io?”

“Perché devo parlarle.”

“E perché non la chiami tu, allora? Sarà… contenta…credo,… di sentirti. Mi chiede spesso, di te!”

Buffy aveva aggrottato le sopracciglia.

“Davvero?”

“Beh… No, in realtà no… Ma lo sai, com’è fatta Cordelia…NON è che non le manchi, sono sicuro, è solo che…”

“Meno male…” Era più sollevata.

“Come, meno male? Buffy…”

“Ascolta, Xander, non posso chiamarla io. Non lo faccio mai. Ti spiegherò… fallo per me. Devi… solo passarmela.”

“Ok, allora. …Hai delle monete?”

Era un piano semplice. Sapeva delle visioni di Cordelia, e non voleva che inavvertitamente ne accennasse ad Angel, o che magari lo avesse già fatto. Doveva essere una sorpresa, quando sarebbe capitata, per un’incredibile coincidenza, sotto casa sua, e per caso avesse deciso di fargli una visita… In fondo, erano rimasti buoni amici, no? Tra ex, si usa… E non avrebbe saputo bene dire perché, ma di Cordelia si fidava. Non l’avrebbe tradita. Aveva sospirato profondamente, osservando Xander comporre il numero.

 

…Era passata una settimana. E lui, non si era fatto vedere. Cosa si aspettava, che dopo quell’ “invito”, l’avrebbe trovato sotto casa, magari nascosto dietro a un albero? Oppure di svegliarsi e ritrovarselo in camera seduto sul davanzale della finestra come faceva Angel?

‘Io non sono Angel, tesoro…’ Sì, questo era fuori discussione.

Era “aspettare”, il verbo giusto?

Aveva guardato, ostentando indifferenza, fuori dalla finestra… Okay, non c’era tempo. Era quasi il tramonto, e doveva sbrigarsi. Aveva finito di preparare la piccola valigia. Tra al massimo due ore lo avrebbe visto.

 

 

…Era passata una settimana da quando aveva deciso di evitarla. Pensava che sarebbe stato terribile. Lo era stato.

La desiderava più di quanto desiderasse il sangue delle sue vittime. Non gli era successo mai, nemmeno con Drusilla. E lei, era stato l’amore più grande della sua vita. Almeno fino adesso. Non aveva più ucciso nessuno da quella sera. Era stato solo un attimo, ma l’aveva sottovalutato. Come al solito. Alle conseguenze delle sue azioni non pensava mai. “Delle conseguenze ci sono sempre”, si diceva. “Che importa quali sono?”

Questa era la conseguenza di quell’istante. Il solo sfiorarle le labbra quella sera. Mai nessun altro“bacio”? …“abbraccio”? …“morso”? …“assaggio”? No. Niente avrebbe più retto il confronto. Era ancora tentato, naturalmente. Era come un drogato, dopo anni di astinenza.

“Solo che la droga ti uccide, il sangue… fa ridere, a pensarci. Il sangue no.”

“Dipende… Se ce l’hai, ti uccide… per mano mia. Se non ce l’hai, ed è il mio caso, sei al sicuro… Il mondo sanguina. Qualche goccia prima o poi cadrà anche su di te.”

 

E quindi… qual era la soluzione, adesso? Lasciarsi vincere dalla debolezza, irretirla, confonderla, magari… magari sedurla, era così attaccabile adesso.

…E? Ucciderla? Sì, avrebbe potuto tentare. E adesso, avrebbe anche potuto farcela. Lo sapeva benissimo. Poi, perché ucciderla? Avrebbe… avrebbe potuto renderla… uguale a lui. ….La sua compagna per la vita. Per… l’eternità. …Perché no? Fremeva, quando pensava a questa possibilità.

Ma meglio aspettare. Nel frattempo? Oh, nel frattempo, le notti erano sue. Non c’era solo la… caccia, dopotutto.

‘E’ solo questione di adattamento, e io, per l’inferno, posso dare lezioni, in questo .’

…C’era l’alcol. C’era la musica. C’erano… le altre.

…Le notti, erano davvero sue.

 

Era tornato al bar di Willy. Ora che non poteva più sperare che venisse a cercarlo a “casa sua”… tanto valeva distrarsi.

Non doveva più, almeno, temere gli attacchi di altri demoni. Poteva trascorrere in pace le ore del suo tempo libero. E per i suoi incontri… privati, non doveva più temere le visite inopportune… dell’unica donna per la quale non se ne sarebbe mai andato, perché negarlo… almeno fino a che lei sarà qui. E poi, almeno, da Willy, sapeva chi avrebbe incontrato. Conosceva il territorio. Avrebbe potuto persino, se avesse voluto, ricominciare con la vecchia vita, adesso. Spadroneggiare, avere dei servitori. Se avesse voluto. Era ritornato, quello di prima. Lo sentiva. Ma anche questo, non lo faceva stare meglio. E incontrava, naturalmente, quelle che definiva i suoi “incontri privati”.Le preferiva bionde, non troppo alte, con un viso innocente. Pallido…ma che sembrasse, innocente. Per questo, non era più stato in quel pub… In fondo, era un vampiro. Un essere inferiore… No, non era che il suo nuovo stato non lo facesse sentire meglio. In realtà, non era mai stato peggio.

 

Era lì da più di un’ora, ormai. Aveva percorso la cripta in lungo e in largo, deprecando la scelta di ogni oggetto.

“Spike, Spike… Non imparerai mai, cosa vuol dire avere gusto.”

Scuoteva la testa, parlando ad alta voce da solo, con un sorrisetto di rassegnazione.

“E questa polvere, santo cielo…A tipi come noi, la polvere dovrebbe incutere un timore mortale… Come fai, amico, a viverci immerso?”

 

Poi aveva visto la sua foto. Era rimasta nascosta, forse nemmeno Spike ricordava fosse ancora lì. L’ultima rimasta, dopo il disastro provocato dalla visita di Drusilla. Non poi molto tempo prima.

 

E… aveva smesso di sorridere. Osservava il viso sorridente di Buffy nella foto. Lui poteva vederla tutti i giorni. Parlarle tutti i giorni. Dov’era adesso? Era stato a casa di Buffy, e lei non c’era. Ed era venuto da Spike… E Spike non c’era.

‘Beh, tanto tornerai, Spike. E prego che tu torni da solo .’

 

Non era stata una bella serata. Ma certo, fino adesso era stata uno spasso, se aveva indovinato la presenza che avvertiva nella cripta. Beh, almeno…

 

“Bene, per una volta mi sono risparmiato l’effetto sorpresa!”

“Metti a dura prova, la pazienza dei tuoi ospiti.”

Si era acceso una sigaretta, scendendo i gradini dell’ingresso.Aveva notato la porta forzata.

“Oh, il mio fabbro ha trovato una gallina dalle uova d’oro, con me. Sono l’unico che ripara la porta di casa più spesso di quante volte un politico cambi opinione. Accomodati, comunque, fa come se fossi a casa tua. Devo aver confuso le date…non hai detto che venivi venerdì?”

“Finiscila, Spike. Questa, non è una visita di cortesia.”

Spike gli aveva rivolto un ghigno, e adesso gli dava le spalle. Cercava del bourbon, e aveva preso due bicchieri. Angel lo guardava, immobile.

“Che tu lo creda o no, amico” si era girato, e lo fissava, con una smorfia simile a un sorriso “…sono contento, di parlare con te. Oh, non perchè sei TU, naturalmente…” Angel continuava a fissarlo “… ma perché almeno, in un certo senso… almeno ho la certezza, che nei prossimi minuti avrò una conversazione da uomo a uomo. La presenza femminile era diventata ingovernabile, qui dentro.”

Continuava a rimanere in silenzio.

“Bene amico, uhm… adesso che si fa? Sentivi la nostalgia di casa? Sei…tanto, tanto triste come al solito? Ti va di affogare i dispiaceri nell’alcol insieme a me?”

“Ho visto Darla, Spike. E… mi sono giunte voci. Voci che mi impensieriscono.”

“Uhm. Hai visto Darla.”

“Esatto. E mi ha detto di averti incontrato.”

“Era difficile non incontrarmi, in una cripta dove abito solo io.”

“Non è l’unica cosa che mi ha detto.E ho rivisto anche Drusilla.”

“Non dirmelo… anche lei ti ha detto di avermi incontrato!”

Adesso rideva davvero, di gusto. Non Angel.

“Io non riderei, se fossi in te, Spike.”

 

Tanto, non sarebbe finita bene, quella serata. Tanto valeva, andare subito al sodo.

 

“Ehy. Forse tu sentivi la mia mancanza, ma io no. Perché non mi dici cosa vuoi? E’ per Darla, che sei venuto? E’ per me, che sei venuto?”

“E’ per Buffy, che sono venuto.”

“Beh, Buffy non abita qui.”

“E ti piacerebbe.”

“E mi piacerebbe.”

L’aveva colpito in pieno volto, molto violentemente. Poi non gli aveva dato il tempo di rialzarsi, l’aveva afferrato alla gola e adesso lo aveva spinto contro la parete. Spike non riusciva quasi a parlare.

“Quante volte, Spike, devo ricordartelo, NON perdermi di vista. Sei una rivelazione, Spike. Non posso credere che tu sia ancora al mondo.”

“Ehy amico, dov’è finito il tuo distacco? Potrei aver scherzato. Come siamo arrivati a questa tenzone per contenderci la bella del villaggio?”

L’aveva lasciato andare. Non era venuto per ucciderlo.

“Dov’è, lei?”

“Non lo so. Sono giorni che non la vedo. Ehy, perché non le telefoni?”

“Non la chiamo mai.”

“Sì, alle donne piace.”

“Cosa le hai detto?”

Eccolo, il motivo. Molto, molto bene.

“Le ho detto quello che doveva sapere.”

Angel sentiva di nuovo affiorare la rabbia, ma doveva controllarsi. E sapeva quando era finita. Avrebbe solo voluto vederla, parlarle, un’ultima volta. Lasciarla con una spiegazione degna di questo nome, almeno per una volta. E c’era anche un’altra cosa...

“Tu non hai la minima idea, del disastro che potresti aver provocato, Spike.”

“No, non ce l’ho. Ma se non sei venuto per uccidermi, dimmi cosa diavolo sei venuto a fare.”

 

Angel voleva capire. Chissà, se i sentimenti che provava per lei, erano veri.

“Beh, in fondo, sono venuto a farti i miei migliori auguri. Quella ragazza, tu non hai idea di cosa potrebbe farti.Non immagini nemmeno, in che guaio ti stai cacciando.”

“Frena, amico. Non vorrei interrompere questo tuo momento teatrale, nel quale tu sei il principe sul cavallo bianco che graziosamente mi fa dono della bella principessa, ma non siamo noi a decidere. Non io, almeno. Lei ti ama. Tutte le notti cerca di morire, ma tu questo lo sai. E dove sei?”

Il disprezzo di Spike era autentico. Bene, ottimo. Povero Spike, nessuno avrebbe potuto comprenderlo, meglio di lui. Lo ascoltava, nascondendo il compiacimento.

“Tu sei… andiamo, Angel, lo so io e lo sai tu. Tu, sei… l’esteta, quello che non va per distruggere, va per… incrinare. E poi, lasci che la vittima faccia il resto da sola, per piombare alla fine a dare il colpo di grazia. Io… sono la mina vagante, la scheggia impazzita. Dritto all’obbiettivo, e succeda quel che succeda. Non sopporti che lei ti sia sopravvissuta, è così?”

Adesso lo guardava dritto in faccia, gli si era avvicinato tanto, da sfiorarlo.

“Dillo, ammettilo, lei è la tua maggiore sconfitta! Ma guardati, hai dovuto addirittura abbandonare la città! Tu! Cosa ti aspetti che ti dica io, adesso?”

Non poteva tollerare oltre, naturalmente. E Spike si era quasi lasciato colpire di proposito. Aveva incassato il colpo, quasi impassibile.

“Non mi aspetto che tu dica niente. Non mi aspetto niente, da te. Ma lei sì. Cerca di esserci, quando verrà a cercarti.”

“Buffy non verrà a cercarmi.”

“Oh, lo farà. E ricordati, Spike… Questa non è mia, l'ho sentita in un film:" aveva sorriso, pensando alla citazione "'Sei libero quando puoi fare una cosa, tutti i giorni, e scegli di non farla'. ...E io, Spike, sono felice, della mia scelta. TUTTI i giorni. Non di essermene andato… di avere ancora, se tutto non fosse così maledettamente impossibile, un motivo per tornare qui. Non l’avrei, se avessi scelto la strada più semplice.”

Spike non aveva risposto niente… Il suo sire. Il suo maestro. La sua famiglia.

Lo stava guardando andare via, verso la porta. Si era girato, proprio sulla soglia.

“Ah, e ricordati, Spike… Tu non sei mai stato una mia vittima. Stai attento… alle cose che potrei incrinare.”

Ed era scomparso. La sua famiglia… una famiglia mortale.

 

 

 

CAPITOLO 10- Altri momenti

 

 

…Ma non era venuto solo per lui. La notte era appena cominciata .

 

Spike.

Sì, un tempo era stato il suo maestro. E in tutti quegli anni, anche se non l’aveva mai voluto ammettere, aveva sempre invidiato una cosa, a Spike.

Una cosa che Spike aveva, e che nessuno gli aveva mai insegnato. La capacità di accettare la sua condizione di vampiro. Spike aveva, a suo modo certo, e in una sua personalissima interpretazione, l’umiltà di non sentirsi nient’altro che questo.

Lui, al contrario, era stato sempre talmente… distaccato. Si era sempre sentito… talmente superiore.

Spike, no. Non si era mai nascosto dietro aloni misteriosi, reconditi meandri di pena.

Spike era l’esempio di come si potesse pagare, sempre e subito, i propri passi falsi.

…Spike non aveva debiti.

 

…Non era, che volesse pareggiare i conti con Spike.

Lui, voleva ritornare in vantaggio.

 

 

Si era guardato intorno, sembrava che fosse… esplosa una bomba. Oppure, …che avesse avuto un incontro con lei.

“Oh, grandioso.”

 

Osservava il disastro nella cripta. Ogni cosa, rovesciata, distrutta.

Aveva perso il controllo un’altra volta. Stava peggiorando. Probabilmente avrebbe resistito ancora poco, pensava. Non vedeva via d’uscita.

Si era appoggiato alla parete, ansimando.

“Non ho bisogno… di uno sputa-sentenze per capire cosa mi ha GIA’ fatto. O il ‘piccolo guaio’ in cui mi sono cacciato.”

Aveva chiuso gli occhi.

“Felice, di non avere scelto la via più semplice.”. Rideva, amaramente. Chissà chi voleva prendere in giro.

“…Né ho bisogno delle tue prediche, per distinguere il bene dal male.LO SO, cosa è il male.”

Solo che Angel non era uno sputasentenze. Non in questo caso, almeno.

Sì, lo sapeva. E Angel sapeva che lui sapeva.

 

Era sempre questione di vita o di morte. …No, non era questo. Era sempre questione di vita E di morte. La desiderava, la voleva. Non voleva più nient’altro che lei. Questo, gli aveva fatto. Lentamente, gradualmente, gli… aveva tolto il desiderio di qualunque altra cosa. Nessun’altra vittima, lei. DOVEVA essere lei. Voleva la sua vita, voleva la sua morte.

…E ancora no, non era questo, che voleva.

 

Avrebbe solo voluto che si presentasse alla sua porta, gli dicesse… oh, non aveva molta importanza cosa gli avrebbe detto. Solo, che fosse venuta, l’avesse guardato… l’avesse… “visto”, veramente… e che questo… non costituisse un problema.

E non si sentiva, sempre, così forte… La tentazione di andare a casa sua. Guardarla dormire, respirare il suo respiro. A volte era certo che se l’avesse uccisa, il tormento sarebbe finito…

Beh, lo sapeva anche Angel, questo. Se davvero l’amava, perché non lo aveva ucciso?

 

 

…Chi voleva prendere in giro? Tanto, Angel non le avrebbe potuto dare le risposte che cercava.

…E comunque, non l’aveva trovato. Stava considerando come mai, mai, era riuscita a raggiungere un risultato, anche il più insignificante, se “qualcuno”, non voleva. L’ostacolo poteva essere chiunque: Angel, Giles, Xander, persino Cordelia…

“Mio dio persino Cordelia, influisce sulla mia vita. Chi diavolo voglio prendere in giro?”

Era tornata a casa, era notte fonda. Non se l’era sentita di rimanere a Los Angeles tutta la notte. “Desiderava”, tornare a Sunnydale. Come se ci fosse una ragione per tornare, anche se non riusciva proprio a vedere quale. Scoppiava in lacrime, singhiozzi improvvisi. Si calmava pochi minuti, e poi ricominciava. Avrebbe smesso, un giorno? Guardava la foto di Dawn, aggrappandosi a quella speranza. Ma stava smettendo di sperare. Lo sapeva. Niente, di tutta quella vita aveva più un senso. Non era nemmeno… stata capace di farsi uccidere da Spike.

…Lui l’amava, no? E allora cosa diavolo aspettava a entrare da quella porta, e… fare qualsiasi cosa, qualsiasi. Anche ucciderla.

“Accidenti a te, cos’altro devo fare, vuoi… vuoi che ti paghi, forse?” urlava, sperando di perdere la voce.

 

In ogni caso, non era di Spike, la colpa. Lo sapeva… lo sapeva, la colpa era sua. Voleva credere in Angel, voleva credere in qualcosa. Continuare, a credere. Continuare, a sperare. Nonostante tutto.

“Beh, potrei “credere” in Spike!” si diceva con sarcasmo. “Perché no?”

…Perché no?

 

Era salita in camera sua. C’era qualcuno.

 

“Ciao, Buffy. …Temevo di non vederti più, per questa notte.” Le sorrideva, dolcemente…

…Aveva appena fatto in tempo a posare la valigia, e a sollevare gli occhi.

“…Angel…” Era rimasta immobile un istante. C’era stato un tempo, in cui questo momento l’avrebbe fatta gridare di gioia. Quando era finito questo tempo? Gli era corsa incontro d’istinto lo stesso. E si lasciava abbracciare, stringere…

Lui per un attimo, aveva considerato l’idea di mandare all’aria tutti i suoi piani. Rimanere lì, con lei, abbracciato a lei.

Poi Buffy lo aveva investito con una serie di parole, una serie di domande.

 

“Cosa è successo, perché sei qui, sono venuta a Los Angeles stasera, dimmi che tutto quello che sto pensando è sbagliato…”

 

Era davvero, lì? Le stava pensando, quelle cose, o le stava dicendo? Quando sarebbe finito, quest’incubo?

Lui la stringeva, l’accarezzava…la sua piccola Buffy, il suo amore, al quale era venuto a spalancare gli occhi per sempre.

E iniziava adesso a capire, adesso che la sentiva così vicina, che la toccava, che sentiva il suo profumo, che non avrebbe più sentito… Adesso, che lei era a un passo dall’allontanarsi per sempre, e non c’era modo di evitarlo. Ecco, cosa si provava. Ecco, tutta la paura di quegli anni. E sentiva che era a un passo dalle lacrime. Ma non era venuto per piangere.

 

Ci sono anche altri momenti. Che inizi a temere non arriveranno mai. Ma arrivano. E scopri che è valsa la pena non aver rinunciato prima, che è meraviglioso essere ancora qui.

 

Non avrebbe mai saputo descrivere, la gioia di quando l’aveva rivista. Il momento, in cui l’aveva riabbracciata. E finalmente, aveva pianto lacrime di gioia. Com’era cresciuta, in quei pochi mesi.

 

“Giles è a Los Angeles, l’ho chiamato io.” Le aveva detto. “…Sarà trattenuto da qualche imprevisto… c’è chi se ne sta occupando… fino a questo pomeriggio. Và a prenderla.”

Era andato via da poco, forse, pensava, guardandolo andare via, forse, un giorno…

Ma una cosa alla volta.

 

I dettagli non le interessavano. Le modalità, i come. I perché li immaginava. Dawn era viva, e qualcuno doveva pagare. Nient’altro importava.

 

 

Era balzato in piedi per l’improvviso rumore. Aveva una benda sugli occhi, la usava per difendersi dalla luce. Poteva ferire così tanto, la luce del sole.

Gli sembrava di aver già vissuto, quella scena. Anche a Buffy, in effetti. Era stanco, era appena andato a dormire, non era stata una bella nottata, non era pronto a rivederla così presto. Né poteva pensare che le sue intenzioni fossero amichevoli.

Lei lo guardava, incerta.

 

“Uhm… odio ripetermi, ma non ho battute nuove, a quest’ora di giorno. Quindi ecco la migliore: l’ultima volta che sei piombata qui in questo modo mi ricordo che ho detto: ‘non c’è niente da temere, è solo la cacciatrice’. …Però era sera…” Poi aveva guardato oltre la sua spalla.

“…E avevi portato la famiglia…”

Dawn lo guardava, intimidita.

“…Ciao, Spike…” aveva le lacrime agli occhi per l’emozione.

Per una frazione di secondo, aveva persino smesso di pensare a Buffy. Non poteva… crederci. L’aveva superata, le era corso incontro, e l’aveva…presa in braccio. Poteva costargli la vita, in effetti, quel gesto. Pazienza.

“…Dawn! Sei…Stai…stai bene?” L’aveva rimessa a terra, si era inginocchiato per vederla meglio, per vedere se fosse vera.

“Sono contenta di rivederti, Spike…”

“Anch’io, piccolina…”

“Spike…”

Si era ricomposto, e si era voltato verso Buffy.

“Sì. Dimmi.”

“Ecco io, …lo so che forse non dovrei chiedertelo ma…”

“…ma è tornata l’allegra brigata britannica e vuoi l’unico abbastanza forte per proteggere briciola. E’ così?”

“No, Spike. Non è tornata nessuna brigata, la… brigata se n’è andata per sempre. Devo solo eliminare l’ultimo rimasto, ma non voglio lasciare Dawn sola. E… non l’ho ancora detto a nessuno, per… lo sai, perché.”

Aveva fatto un risolino.

“E tu, ti fidi di me?”

“Non mi... fidavo, di te. Fino... a un minuto fa. Puoi… farlo?”

Gli sembrava tutto pazzesco. Quello che aveva visto, quello che gli stava chiedendo, tanto più quello che le aveva risposto. Probabilmente, pensava, Dawn gli era mancata più di quanto ricordasse.

“…Posso farlo.”

“Ah, Spike…”

Aveva alzato gli occhi, con un’espressione annoiata.

“Lo so. Cercherò di non viziarla troppo e mi assicurerò che non guardi troppa televisione. …Se no mi uccidi.”

“Non voglio che le accada niente di male. E…ti ringrazio, Spike.”

Poi si era rivolta a Dawn.

“Tornerò presto, Dawn. Non… dovrebbe volerci molto. Non avere paura.”

“Io non ho paura, Buffy.”

Buffy l’aveva abbracciata, ed era uscita. Spike non smetteva di guardarla, come se fosse solo un sogno. E la gioia, oh, la gioia…

Lei gli sorrideva.

Accidenti, com’era contento di rivederla.

“Dawn… non posso credere che tu sia viva. Perdonami, io… non sono riuscito a difenderti. E’ stata tutta colpa mia.”

Dawn scuoteva la testa, comprensiva. Cercava di rassicurarlo, che situazione folle.

“E’ stata di qualcun altro la colpa, Spike. Tu sei stato… il mio eroe. Io l’ho visto, come sono andate le cose…”

“Ma chi, come..”

Aveva alzato le spalle, come se stesse raccontando la storia di qualcun altro, e non fosse una storia interessante.

“Beh, è stato Giles… E’ stato facile, mi ha presa e portata via, nella confusione nessuno ha notato niente. Io poi sono rimasta incosciente per qualche tempo, e mi sono svegliata in mano sua. “

 

Non aveva saputo evitare un sorriso.

“Beh Dawn, non vorrei essere in lui, adesso. Io… ho ucciso per molto meno. Potrei dire la stessa cosa di qualcun altro.”

 

La toccava, le sfiorava i capelli, sentiva la sua voce…

E, improvvisamente, aveva capito la trappola. Il trucco. Aveva riconosciuto, il tocco dell’artista. L’assassinio… di qualità. Ma certo. Dawn, … Buffy. Il sangue di Buffy,…

 

Angel conosceva Buffy, e lui sapeva. Sapeva tutto. Prevedeva, che Buffy sarebbe andata da lui.

“…Cerca di esserci, quando verrà a cercarti…”

Casa sua era stata solo una tappa, ora l’aveva capito. Angel non si sarebbe scomodato per così poco. Come conosceva bene anche lui. E come poteva essere stato così stupido.

Si era irrigidito. E poi si era scostato da lei, come spaventato. Starle lontano…

“Spike… cosa… ti succede?”

“Niente, io… ti va… di bere qualcosa?”

“Bleah, sicuramente avrai solo sangue in quel frigorifero…”

“N-no, c’è anche della… della coca…”

“Davvero? Grande! Non l’avevi l’altra volta..”

“L’avevo, solo che non volevo dartela. Non ti conoscevo… Mi piace il Cuba-Libre.”

 

‘Bene, Dawn, parliamo. Chiacchieriamo, di qualunque cosa. Concentriamoci su qualcosa, qualunque cosa. ’

 

Guardava fuori dalla finestra. Giorno. Maledetto giorno.

Cosa poteva fare? Non poteva uscire. Non poteva dirle di andarsene. Ucciderla avrebbe significato uccidere l’unica cosa bella che ancora lo faceva vivere. Solo che lui non era, precisamente, un essere umano con una coscienza. Sentiva le lacrime, sentiva le mani sudate.

 

Era corsa al frigo e aveva preso la bibita.

“Beh Spike, chissà Buffy quando tornerà… che facciamo adesso?”

Aveva fatto un sospiro profondo. Le aveva sorriso. La guardava fisso negli occhi, e aveva abbassato la voce.

“Ti va di… sentire… come finiva… voglio dire, ‘veramente’… la storia… della bambina nella carbonaia?”

Dawn aveva spalancato gli occhi per la contentezza.

“IO LO SAPEVO, che non poteva essere finita così!!!”

 

 

 

 

  

 

 

CAPITOLO 11- Sorprendente

 

 

Alla fine, aveva capito, che almeno su Willow, Xander, Tara, Anya, poteva contare. Non che l’avesse scoperto, non doveva scoprirlo. Doveva riconoscerlo. Willow e Tara, avevano più volte provato a dirle, che non c’era Dawn, in nessuna dimensione demoniaca. Se ne sarebbero accorte. E si infuriava, con loro, perché non volevano aiutarla. E quante volte Willow aveva pianto con lei, l’aveva costretta a mangiare, saltava le lezioni al college per venire a trovarla, per farla parlare, per farla…esistere, non si illudeva certo di poter farla vivere. Willow era l’unica, a cui raccontava i suoi strani incontri degli ultimi tempi, con Spike. Quello che provava, cioè, in quegli incontri. E Willow la comprendeva. Non le aveva mai sentito pronunciare una di quelle solite frasi, sull’opportunità, sul pericolo.

“Grazie, Willow…”

Xander e Anya, beh erano Xander e Anya. Lui, le voleva bene, da sempre. Avrebbe fatto qualunque cosa, per lei, e anche se non credeva che l’avrebbero mai ritrovata, non aveva saltato un incontro. Ore, a consultare volumi che non gli avrebbero portato una sola risposta. Ma c’era sempre. Ci sarebbe sempre stato. Anya… beh Anya era talmente immersa nel suo strano e personalissimo mondo, che era al di là di ogni sospetto. A volte, la invidiava.

“Rimani nel tuo mondo, Anya… non hai idea di quanto possa essere orribile questo.”

Infine, quel pomeriggio, era andata al magic shop.

L’aveva visto. Lui, il burattinaio. Con quell’espressione, innocente.

Aveva sbattuto con violenza un libro sul tavolo, Giles era sobbalzato, e si era voltato.

“Uh…c-ciao, Buffy, mi… hai spaventato.” Aveva un mezzo sorriso, sul volto.

Il magic shop era deserto, Anya aveva fatto come le aveva chiesto. Non aveva fatto domande. Oh, beh, si era giusto lamentata un po’ del mancato guadagno che qualche ora di chiusura avrebbe provocato, ma a parte questo…

“Salve, signor Giles. E’ stato via, mi hanno detto.”

“Come, stato via? C-chi… beh, si ecco io… in realtà, ho fatto una capatina a Los Angeles. Mi… servivano delle cose, per il… lavoro.”

“Capisco. Signor Giles, posso farle una domanda?”

“Ma certo, Buffy. …Dimmi pure.” Aveva posato il libro che stava consultando.

“Ecco, mi chiedevo… io non sono mai morta, in realtà, è così?”

“M-morta? Che…domanda è questa, Buffy? Le…circostanze della tua morte…”

“Signor Giles, LEI mi vede morta?”

“N-no, Buffy, …s-sei…viva. Ma allora, beh, tecnicamente…”

Buffy rideva. Aveva alzato la voce.

“E come fa a saperlo? Lei non c’era! …O forse c’era?”

“Io ero QUI, Buffy. E non … CAPISCO, il tono che stai usando adesso.”

Camminava nervosamente.

“Andiamo, signor Giles. …Io l’ho vista, la mamma. LEI, era morta. Nessuna rianimazione l’ha riportata in vita.”

“Tu non sei tua madre, Buffy, tu sei… la cacciatrice. Non puoi… non puoi paragonare…”

“Io sono la cacciatrice. Giusto. E ce n’è solo una, ho ragione?”

“Sì, Buffy. ce n’è solo una.”

Era troppo. Giles aveva osservato il tavolo, che lo separava da lei, sollevarsi, fare un volo nella stanza. E si era davvero spaventato, al rumore che aveva fatto, quando si era distrutto, cadendo al suolo.

Gli si era avvicinata. Lui quasi non respirava.

“Non ce n’è, SOLO una, Giles. C’è la… migliore, quella che…resiste. Quella che… sopravvive, OGNI COSA succeda. E’ questo, che vi interessa. La… selezione. Io, Kendra, Faith… siamo state solo pedine, nelle vostre mani. Quante, bugie. Kendra, il suo osservatore, dov’era? E se non ne aveva più uno, perché non mandargliene un altro? Faith… povera, Faith. Voi, siete stati VOI, a rovinare la sua vita. Forse, se il sindaco l’avessi incontrato io…”

“Buffy…”

“NON ci provi neanche, signor Giles. …Signor Giles, io non sono un’assassina. …Non permetta, che cominci a pensare che lei NON E’, un essere umano…”

Finalmente, aveva abbandonato quel tono, da studioso, perso nei suoi libri, nelle sue maniere sorpassate… finalmente. L’aveva scostata, e la guardava con un sorriso che lei non gli aveva mai visto. Non sapeva quanto gli era grata, per questo sorriso.

“Hai bisogno di me, non troverai mai tua sorella, altrimenti.”

Aveva soffocato una risata. Non era ancora il momento, di ridere.

E questo gesto, riassumeva anni di menzogne, dolore, morte. L’aveva colpito, era a terra, il naso sanguinante. Ma lei, era calma. Sarebbe stato l’unico atto di violenza che si sarebbe permessa, contro di lui. E voleva che quelle fossero le ultime parole che gli avrebbe detto.

“Comunque, signor Giles, io SONO, la cacciatrice. Una ... cacciatrice con... famiglia e amici. …Voglio che lei se ne vada, da qui. Stasera. Parta sul primo volo, torni da dove è venuto. Prenda tutte le sue profezie, i suoi libri, se li riporti in Inghilterra. …O all’inferno. Per me è uguale. Non lo farà? La ucciderò.”

Poi, se n’era andata. Non si era mosso. Deglutiva a fatica. Lo sapeva, non l’avrebbe visto mai più.

 

… Non aveva mai ascoltato così a lungo, quei vecchi dischi. Come amava i Rolling Stones, adesso! E i Deep Purple, tutte i passaggi di Child in Time… E i Beatles, e gli Aerosmith (che, per essere americani…) grazie a Dio, c’era la musica, aveva detto una volta. Non avrebbe mai smesso di ripeterlo. Le aveva insegnato le note di Simpathy for the devil, e avevano persino riso, mentre provavano a cantarla. Non era precisamente intonata, e come si era offesa, quando gliel’aveva detto! Ma era viva, era viva… stanca, distrutta, ma viva. Non le aveva permesso di dormire. Non doveva addormentarsi. E quando aveva sentito bussare alla porta… si era sentito felice di esistere. Che strano.

“Ciao, Spike.”

“Ciao, Buffy… tutto…bene?”

Lo aveva guardato, con quel suo sorriso così speciale.. la sua ragazza dello shampoo.

“…Ora, sì, ora va tutto bene. Dawn, andiamo?”

“Vengo, Buffy. Spike… ciao. Mi eri… mancato tanto.”

“…Falla riposare. Sono… sicuro che deve dormire un po’.”

“Buona notte, Spike.”

Dawn gli aveva dato un bacio sulla guancia, poi aveva preso Buffy per mano, ed erano andate via.

…E si era accovacciato a terra, esausto, felice… e poteva piangere, finalmente…

 

Era davvero finita. Poteva andarsene. Chissà, se sarebbe intervenuto per difendere Dawn? La questione era, sapere fino a che punto arrivasse l’amore di Spike. Beh, l’amore di Spike era più che sufficiente.

“Bene Buffy, hai fatto la scelta giusta, tutto sommato. Non ti sei sbagliata. Non avere paura, adesso, di fare l’ultimo passo.” Ed era davvero andato via, stavolta. Dopo, naturalmente, aver chiarito un paio di punti con Giles, in merito all’escludere definitivamente un suo ritorno. Giles non sarebbe più tornato. Quanto a lui, ...chissà? Forse, un giorno… Strano, non era finita in tragedia. Era finita, semplicemente.

 

 

Quella canzone… diceva, è sorprendente, in un’attimo, all’improvviso, vedi finalmente la luce. Quando arriva il momento, in cui sai, che tutto andrà bene. La stava canticchiando, ad occhi chiusi, sdraiato, cercando di riposare, finalmente…

 

E aveva sentito di nuovo, il rumore alla porta. Sorprendente… ci stava ancora pensando, a quella canzone. E adesso, cosa?

 

“Oh, no, Buffy, non due volte nello stesso giorno. Te l’avevo detto, dovevi accettare la mia proposta per le chiavi. …o semplicemente bussare. Non avrai ANCORA bisogno del mio aiuto?”

‘Grazie, ironia, di avermi seguito all’inferno.’

 

Quella cosa, lei non l’aveva mai fatta. Chissà, se ne avrebbe avuto il coraggio. Ormai comunque era lì.

“No, non... mi serve il tuo aiuto. Grazie, per oggi.”

“Me l’hai già detto.” Si era messo a sedere sul letto.

Beh, non aveva intenzione di renderle le cose facili. Era Spike, dopotutto. Ma com’era bello, essere lì.

“Buffy, …non avresti dovuto portarla qui. Potevo… E Dawn non avrebbe potuto difendersi.” Si era alzato. Lo seguiva con gli occhi.

“Tu non l’avresti fatto. Lei, lo sapeva. E’ stata Dawn, a voler venire qui.” Aveva fatto un sorriso, pensando a Dawn, e alla sua piccola bugia. “Non avevo scelta. Voleva vederti.”

 

“Dawnie… briciola. Che bello, rivederla. L’unica che non mi ha mai fatto sentire inutile.”

“Non come la sua stupida sorella, vuoi dire.”

Aveva alzato gli occhi, per guardarla. Non poteva, non voleva, aveva paura di crederci.

“…Non come sua sorella, voglio dire.”

 

Stavolta, non aveva dovuto fare niente, trattenerla, bloccarle le mani, salvarla dal suicidio, niente. Quando arriva il momento…

 

“Buffy ti… stai avvicinando troppo. E ti avverto, io, non… sono esattamente un bravo ragazzo.”

Aveva fatto un altro passo verso di lui. Sperava non si notasse, che le tremava la voce.

“…E io, non… mi aspetto che tu inizi a esserlo proprio in questo momento, Spike.”

 

E Spike, in alcuni momenti, non amava, le mezze misure. Non indulgeva, in frasi romantiche, non quando erano superflue. Aveva… bisogno, di quel bacio. …E non era lontanamente paragonabile, a quell’altro…Era disperato, doloroso, era… reale.

Cos’aveva detto, solo quella mattina, riguardo a vittime,sangue, morte, cosa diceva? Un altro bacio, respirava il suo respiro.

 

“Buffy, io …”

“Lo so, Spike. …anch’io”

Era sceso a baciarle l’orecchio, lei sentiva le ginocchia cedere.

 

“Buffy… sei sicura che sia quello che vuoi…i-insomma tu… ci sono cose che devo dirti, cose che devi sapere.”

Era così...bello. Non voleva che smettesse.

“No, non ci sono. Sono cose che so. E se ci sono cose che non so… per adesso non le voglio sapere. C’è un limite a quante cose posso scoprire, in una sola giornata. Non ti crederei.”

L’aveva presa in braccio, adagiata sul letto, e la guardava…

 

Come... aveva fatto a non vedere l’amore nei suoi occhi, fino adesso? Forse allora, non era solo colpa di Buffy, dopotutto. Se lui non si era mai accorto, dell’amore di Buffy, …perché allora avrebbe dovuto farlo lei? Solo per le parole che le aveva detto? Solo per averle dichiarato il suo amore minacciandola di morte in cambio di una speranza? Quanto era stato stupido ed egoista. E credeva di essere stato trattato tanto ingiustamente…

 

‘Buffy, mi dispiace, se non sono stato capace di fartelo capire, fino adesso. ’

 

Gli era venuto in mente un pensiero curioso… le si era sdraiato accanto, “Buffy, lo sai…” e le baciava la fronte, le guance, le sussurrava, nell’orecchio “lo sai, tu… sei…”

“Sì Spike, ci ho… pensato. E’ così?” Chissà come riuscivano a tenere il filo del discorso…

Le aveva sorriso, accarezzandole il viso con le dita, lievemente imbarazzato.

“Sì, è così… ma anche se non fosse così…” Si erano messi a sedere, uno di fronte all’altra.

Guardandolo, capiva che non aveva sbagliato, a venire lì, che non era stato un… colpo di testa (oh, l’aveva pensato, naturalmente)… ripensava alle parole di Angel, che le diceva che un giorno, se avesse scoperto che lei non l’avesse piu’ amato, sarebbe impazzito, avrebbe ucciso tutti i suoi amici… e Spike…

“Spike non è un mio amico,” gli aveva risposto.

“Esatto, Buffy… e per usare le sue stesse parole beh… non lo sarà mai.”

No, forse no. Non importava, cosa sarebbe stato Spike. O cos’era stato prima. Spike era qui, adesso. Spike non se n’era andato. Era stato insultato, aveva sopportato, aveva aspettato. E lo aveva visto, di nascosto, quante volte, piangere, sulla tomba di Dawn. Per poi fare l’indifferente, provocarla… cinque minuti più tardi.

L’aveva abbracciato, lui le aveva asciugato le lacrime che le erano scese sulle guance, poi aveva sollevato il suo viso verso di lui.

“Basta, piangere…”

E gli aveva sorriso, con gli occhi ancora lucidi.

“Spike… grazie, di non essere mai stato nei miei sogni.”

 

FINE