Due personaggi in cerca di autore

 

 

 

 

Author: Anyanka72

Pairing: Sarah/James

Genere: Real Person Fiction

Rating : PG-13

Summary: Un’inaspettata decisione porta James Masters e Sarah Michelle Gellar a trovarsi bloccati sul set di BTVS.

N.d.a.: La storia non è conclusa e non lo sarà.

 

“Sì… No… No, non… torno a casa stasera mi… fermo a San Pedro… Sì… Certo… OH, NON LO SO! Sì. Ti chiamo domani. Forse torno dopodomani. Ciao. Ti amo anch’io.”

 

Chiuse il cellulare con un gesto stizzito.

“Come no”, mormorò tra i denti.

“Ti amo talmente tanto che preferisco passarmi il week end da sola su un set deserto piuttosto che tornare a casa a “divertirmi”.

 

Stava scendendo la sera… Molto velocemente. Si congratulò con se stessa. Era riuscita a liberarsene, finalmente, liberarsi di tutti. Credevano fosse andata via ore prima, e invece era tornata, nascondendo l’auto poco lontano e poi aveva raggiunto il set di nuovo a piedi. Niente produttori esecutivi, niente registi, truccatori parrucchieri costumisti

“per il lavoro che fanno, poi…”, mormorò, mentre si apprestava a entrare nella parte “segreta” del set. L’ufficio dei “grandi lavori”, che era strategicamente collocato alla fine di un lungo corridoio che correva laterale a tutta la costruzione, per le riprese fuori Torrance. Per impedirne l’accesso se non ai soli autorizzati. Era impossibile ‘capitarci per sbaglio’. Era la stessa scenografia utilizzata per l’Iniziativa, solo che ora era tutto meno “metallico” e più “cavernoso”. E c’erano anche varie stanze. Per evitare gli spostamenti inutili, per le riprese da girare immediatamente di seguito a quelle in esterna. La sua camera, quella di Dawn, il bagno. E il magic shop. E poi, alcune caverne. Visto da fuori era imponente, da dentro era invece, un piccolo labirinto Cosa che non aiutava. Potenza dei prefabbricati, pensò. Una piccola cittadella dove di giorno potevano esserci centinaia di persone tra troupe, attori e comparse.

E curiosi, c’erano anche quelli. I più ostinati se ne erano andati da poco, al tramonto del sole. Li aveva guardati andare via con sollievo. Neanche loro si erano accorti di lei. Un vero miracolo, avrebbero rovinato tutto.

Ripensava ai vestiti, un capolavoro dei quali portava ancora addosso. Ma non aveva voluto cambiarsi subito. Fece un sospiro e si incamminò per il corridoio buio, armata di torcia. La luce si trovava solo all’inizio e alla fine del corridoio, e mentalmente si diede della stupida per non averla accesa. Ormai non voleva tornare indietro. Tutto quel pensare ai vestiti l’aveva distratta.

“Appena preso quello che mi serve, vado a cambiarmi. Prima il dovere.” Continuava ad avanzare. Accidenti quanto era lungo. E buio. Di giorno non si notava, ma non c’erano finestre per tutta la sua lunghezza. Tanto era di certo ormai buio anche fuori…

Avvertì un primo, quasi impercettibile, brivido. Ma per ora era solo eccitazione e non paura. Doveva pensare ad altro.

“Ma perché, perché, non mi fanno scegliere che vestiti mettere. In una ripresa, mioddio, avevo persino una specie di… kimono, quale americana media metterebbe il kimono per fare ricerche? E poi a me non piace il kimono!! Aaaahhh, lasciamo perdere”.

 

Si slegò i capelli . “almeno quelli me li hanno fatti tagliare , bontà loro. Mi chiedo che cosa avrei fatto se avessero detto no? Avrei preteso un aumento di paga – se devo inciampare in me stessa quando recito, almeno pagatemi il rischio. Oh, sì.” Pensò che in caso avrebbe potuto chiedere davvero dei soldi come risarcimento. Glieli avrebbero dati. Per i vestiti non c’era stato verso però, doveva sottostare ai gusti di qualche sarta con una notevole dose di sadismo.

“Beh sempre meglio io della povera Alyson. Lei sì che vanterebbe un credito di tutto rispetto nei loro confronti per le “cose” che le mettono addosso..."

 

Caspita, era davvero buio. Ora avrebbe voluto un’altra torcia. E poi perché camminava così lentamente?

 

Aveva già individuato il luogo dove avrebbe dormito, ma prima, veniva la cosa per cui si era trattenuta là. Non aveva resistito ad aspettare l’indomani. Era come una marachella da bambini, e la cosa la eccitava. Solo che pianificare incursioni nella stanza dei bottoni alla luce del giorno era una cosa, al buio diventava un’altra… E da soli… E nessuno sapeva che era lì… E certo i vari set non erano esattamente la sua idea di rassicurante… Appoggiati alle pareti c’erano i mostri in gomma e lattice e chissà quale altro -ugh- materiale di che venivano usati in quei giorni. Ne sfiorò uno con una spalla e quasi trasalì. La storyline a quel momento prevedeva che Willow inviasse una lunga teoria di strani esseri a combattere la cacciatrice.

 

“Benedetta ragazza potevi evocarne di meno… Accidenti da vicino fanno “davvero” quasi paura… Sparsi qua e là, per terra e sui tavolini lungo il corridoio, sacchetti di sangue finto. La storia era sempre meno divertente via via che proseguiva. Solo che adesso era a metà della strada, per raggiungere gli uffici che sarebbero stati aperti di nuovo lunedì mattina, doveva andare avanti. Non si sognava neanche di voltarsi.

Quando aveva iniziato a diventare terrore, l’eccitazione? Non doveva prima passare dalla fase “ho paura”?

Ora era in preda a panico da suggestione. Cominciava a respirare più affannosamente. Cercava di rimanere calma ma sentiva le lacrime di nervosismo che già le rigavano le guance. Una reazione fisica, lo sapeva, glielo avevano detto. Non che questo l’aiutasse adesso. Calma, doveva stare calma. Ma certo, non era possibile, lei non poteva avere paura, quel posto lo conosceva come le sue tasche, sì, certo, era così…

Ma…

Aveva la sensazione che tutto stesse procedendo senza “ostacoli” solo perché proseguiva diritto. Si era convinta di questa assurda circostanza, cioè. Doveva essere così. Era un gioco di nervi tra lei e l’ignoto. Se avesse proseguito senza cedere all’impulso di correre via, dietro di lei non si sarebbe materializzato nulla, e neanche davanti. Cominciò a farsi venire in mente i vari Nightmare. Il primo soprattutto… Ma lei, l’attrice, com’è che si chiamava? ci aveva creduto davvero che Freddie non esisteva? Infatti guarda cosa è successo dopo… La torcia illuminava il corridoio meno di quanto avrebbe voluto. E sentiva i suoi passi fare troppo rumore. Sentiva anche il rimbombo dei suoi passi. Che differenza c’era tra il rimbombo e l’eco? A scuola di musica glielo avevano insegnato… Concentrarsi su qualcos’altro. Dunque l’eco si ha quando…

 

TUM TUM TUM

 

Sentì il suo cuore fermarsi. Si portò una mano alla bocca per non urlare. Con l’altra spense la torcia. Mossa sbagliata. Doveva “vedere” da “dove” arrivava il rumore. Ecco. Riaccesa. Ora inquadrava la maschera di Spike. E l’autocontrollo scomparve, quando il fascio di luce passò sul suo volto e sui canini e sulle tracce di sangue ai lati della bocca. E si voltò e corse via, stavolta terrorizzata, gridando. Fino a che non si scontrò contro qualcosa-qualcuno…

“Ah-ha! Eri tu! Ciao Sarah”

“Aaahhh! Vattene o ti uccido!”

“Ehy, ma che hai…?”

Anche lui aveva una torcia. E la passò sul viso di lei, scoprendo il pallore e le lacrime. Doveva aver avuto davvero paura.

Cercò di parlarle normalmente, reprimendo il desiderio di prenderla in giro… Si era spaventata sul serio? Possibile?

 

“Non hai sentito che ti chiamavo?”

“Tu..TU… Ti odio! Ma ti rendi conto che mi hai fatto quasi prendere un colpo?”

 

Ora poteva ridere.

 

“Quasi? Tesoro stai per avere un infarto, respira… Ti ho chiamato da fuori, ma evidentemente non mi hai sentito..."

 

“Ti ‘ho’ sentito, BENISSIMO. E ti ho ignorato. E-ed è stato almeno UN’ORA fa!”

“Uhm... E se mi hai sentito è troppo chiederti perché non mi hai risposto?”

 

Cercò di darsi un contegno. Si allontanò da lui e si rassettò il vestito. Ricordandosi che aveva una voglia tremenda di toglierselo. …Non adesso, ovvio.

Poi lo prese per un braccio e uscì con lui da dove erano venuti. Sentiva prossimo un attacco di claustrofobia, là dentro.

Arrivarono al magic shop. Subito fuori dal tunnel buio.

 

“Beh perché… volevo che te ne andassi, semplice. Speravo, che se ne fossero andati tutti- se ne sono andati tutti vero? Cioè, siamo soli?”

“Uhm… sì, tesoro, se ne sono andati tutti… Siamo soli…”

 

E tirò su un sopracciglio mimando un’espressione allusiva. Sarah sorrise, sollevata.

 

“Bene.”

“Oh, bene?” disse divertito.

“Uh cioè… sì insomma, meglio che non ci sia nessun altro… Voglio dire nessuno della troupe. Sai, domande, timore che vogliamo ficcanasare nelle loro carte…”

 

“...Perché noi non vogliamo, vero tesoro?”

“Ti dispiacerebbe darci un taglio col tesoro James?

Non siamo, sul set di Buffy l’ammazzavampiri.”

 

“Ah no?” Disse, facendo un gesto ampio con la mano.“Eppure avrei detto…”

“James, ti dispiace? Non fare il cretino.”

 

“D'accordo... Perché gridavi, prima?”

“Perché ti ho visto”, disse senza pensarci troppo.

“Oh, tante grazie”

“No, intendevo dire la tua maschera, James, di là, appesa a un manichino. Ti giuro che al buio faceva impressione.”

“”Sei buffa, sai? Non ti sei ancora calmata…”

“E piantala. Non ero così spaventata”.

“Come vuoi. E che ci fai qui di sera e da sola, piccola Sarah? Vuoi rubare i piani industriali del grande capo?”

 

Arrossì lievemente. A quel punto, meglio dire la verità. Se l’avesse fatto almeno l’avrebbe reso complice. In caso li avessero scoperti, meglio dividere la pena.

 

“Beh ecco… in un certo senso.”

James sorrise.

 

“E’ così, allora… Un pochino ti conosco, allora. Quando ti ho vista sgattaiolare qui dentro alla chetichella sapevo che c’era qualcosa da scoprire”

“E non potevi guardare da un’altra parte, tanto per cominciare? Tu non dovresti essere qui. Questo non fa parte, del mio piano”

“Beh, ora sono qui.”

Lo guardò sconfortata. Forse, se l’avesse pregato…

“James lo so che prima ti sono sembrata una donna isterica là dentro ma è stato il potere della suggestione e il fatto che non ero mai stata in questo posto da sola di notte. Non succederà più. Puoi… stare tranquillo. E-e… andartene.

 

James aggrottò le sopracciglia.

“Vuoi che me ne vada.”

“Sì, voglio che te ne vada”

“Non è generoso da parte tua… Se vuoi scoprire cosa bolle in pentola e, detto per inciso, quello che c’è nel menu per te finisce anche nel piatto del sottoscritto, è semplicemente il minimo che anche io dia una sbirciatina, no?”

 

Doveva convincerlo… Accidenti se era entrato nel personaggio. Insistente e petulante come il vampiro che interpretava. E carino, finalmente si era tolto quella gelatina dalla testa – un momento questo non c’entrava.

 

Prese un profondo respiro prima di proseguire.

“…Allora va bene. “Voglio”, restare qui. Per… il week end. Da ‘sola’.”

“Vuoi restare qui.”

“Esatto”

“Per ‘l’intero’ week end.”

Sarah annuì, quasi spazientita.

“E’ quello che ho detto.”

“Da sola.”

“La finisci di ripetere quello che dico? Hai sentito no?”

“…E perché?”

La guardava sorridendo.

 

Che situazione imbarazzante… un momento. Non c’era ‘niente’ di imbarazzante. Lei voleva fare una cosa. Ed era il minimo che riuscisse a farla. Voleva un po’ di privacy.

 

“Ma perchè poi dovrei dirtelo! Voglio. stare. da. sola!”

 

Iniziò a muoversi per la stanza. La sala del magic shop era ‘molto’illuminata. Bene.

Senza mostri. Solo qualche teschio. Ma quelli non fanno niente. Sicuro. Se lui l’avesse davvero lasciata si sarebbe fermata là, non se ne parlava di affrontare quel lungo corridoio di notte di nuovo, da sola. Prima che se ne andasse però lo avrebbe mandato a chiudere le varie porte. “Tutte”. A doppia mandata. Se doveva trattenersi un altro po’ (perché dopo lo avrebbe mandato via, certo), che si rendesse utile.

 

James si accese una sigaretta.

 

“Oh-ho, vedo che il fatto che hai smesso di fumare lo tieni buono solo per i fans!”

Incrociò le braccia, seccata. Sigaretta, uguale "non ho la minima fretta di andarmene, tesoro". Accidenti a lui.

 

Sorrise, tirando una lunga boccata soddisfatto.

Si alzò e si mosse per prendere un portacenere, che casualmente stava esattamente dietro di lei e per prenderlo dovette sfiorarle un istante il braccio. La cosa la innervosì. Stranamente, dal momento che tra pugni, calci e baci appassionati passava gran parte della giornata incollata a quella stessa persona. Anche questo pensiero non c’entrava.

 

“Sono sigarette “di scena”. Non ne compro più. Ma un vizio è un vizio, Sarah…”

“Certo…”

Perché la parola “vizio” sembrava così seducente?

“…E non ho lecca lecca a portata di mano.”

 

Questo c’entrava ancora meno.

 

“D’accordo” disse tornando verso il bancone della cassa e appoggiandoci i gomiti, cercando di assumere una posa disinvolta, “ora direi che abbiamo finito qui no? Mi hai trovato, ti sei tolto la tua curiosità, è VENERDI’ SERA, avrai sicuramente mille impegni e-“

“Sono libero.”

E sogghignava.

 

Sarah lasciò cadere le braccia lungo i fianchi esasperata.

“Sei insopportabile, te lo hanno mai detto?”

“…Gratis? Una volta o due. Tu, un migliaio. Ma lo fai solo perché ti pagano, sono sicuro.”

“Sei molto pieno di te, questo lo sai sì? E te lo dico gratis anche io”

 

Inclinò un po’ la testa, poco convinto. Decise di lasciar cadere a cosa.

 

“…Allora, tesoro, facciamo il punto della situazione. Io avrei effettivamente un impegno a casa, questione che posso risolvere con una telefonata- un impegno imprevisto, un’improvviso bisogno di girare una scena di notte… capita. Faccio la mia telefonata, e poi tu mi racconti che cosa esattamente sei venuta a cercare.”

“Non sono tenuta a dirtelo.”

“E io ti starò tra i piedi tutto il tempo per impedirti di raggiungere il tuo scopo.”

“...E perché vuoi restare?”

 

...Domanda diretta. Vediamo che cosa mi risponde. Che carino quando sogghigna. Se va via adesso probabilmente mi darò dell’idiota tutta la notte. Basta, lui non è, la mia priorità. E da quando era nella lista delle questioni da considerare?

 

“Mi dà fastidio l’idea di te da sola qui dentro. Se non lo avessi saputo pazienza, ma adesso lo so. Non posso andarmene così.”

“Oh, ma sì che puoi!” Cercò di sorridergli, incoraggiante. “Puoi-puoi farlo, davvero!”

Fece finta di non sentirla.

“Non è un gran posto per una ragazzina. E, Sarah, eri spaventata a morte prima.”

“Punto primo, non sono una ragazzina. Punto secondo non ero…”

“Inoltre…” Spense la sigaretta e si sedette sul bancone, dove lei era appoggiata.

“…Non ho tutta questa voglia di passare un solito venerdì… E invece mi incuriosisce parecchio sapere che combina Spike nelle prossime puntate.”

“Megalomane”

“Senti chi parla.”

“B-beh ma io ne ho il DIRITTO” Non sei tu quello che muore una stagione sì e una no…”

“Beh io sono morto da una vita, se mi passi il gioco di parole, tesoro”

“Ha-molto divertente-ha. No… sono seria.”

“Seria a che proposito.”

 

 

 

  

 

CAPITOLO 2

 

“…Uuhm?”

“ti ho chiesto a che proposito sei seria.”

 

E improvvisamente le venne in mente che…

Si girò verso di lui con un’espressione allarmata.

 

“..E adesso cosa?”

“Che ore sono?”

“…Le otto e mezza, quasi. Perché?”

“Oh no… Vieni con me!”

 

Si diresse verso il corridoio, fece per entrare, e, per quanto stupido, si fermò sulla soglia. Lui notò l’esitazione e sogghignò. Doveva fare in modo di evitare di farsi prendere in giro, perché lo sopportava tanto poco quanto scoprire a venticinque anni di avere paura del buio… era seccante. E non c’era tempo, soprattutto.

 

Visto che sembrava non avesse intenzione di seguirla, a meno di un’esplicita richiesta, tornò verso di lui e gli disse piano,

“Dobbiamo nasconderci”

“Nasconderci? Perché? E perché stiamo bisbigliando?”

“Vuoi fare quello che ti dico? Hai detto che vuoi rimanere, no? Vuoi davvero restare, giusto?”

“...e quindi?”

“Beh, tra meno di cinque minuti la guardia di turno farà il suo giro proprio qui, anzi per essere precisi sta ‘per’ aprire quella porta… Si voltarono verso l’ingresso che dava sul cortile, la porta principale in quella parte del set.

 

“Okay, ti seguo.”

“Neanche per idea”, disse prendendolo per un braccio, “tu fai strada e andrai davanti”

“…E tu eri quella che poteva restare da sola, uhm?”

“James…” stava per perdere la pazienza, e assumere la peggiore delle espressioni da Buffy che lui le ricordasse. Ma non ebbe tempo di dire niente.

 

Videro la maniglia spostarsi e sentirono un rumore metallico di chiavi nella serratura.

 

“…Corri!”

 

Ritornarono nel corridoio buio, e questa volta lo percorsero tutto di corsa. Non era così lungo riflettè Sarah, se avesse corso prima si sarebbe potuta nascondere, non avrebbe incontrato lui, e adesso non avrebbe rischiato di essere scoperta e non avrebbe rimediato una brutta figura. E le seccava la seconda cosa quasi quanto la prima.

 

Si fermarono davanti alla porta chiusa a chiave in fondo al corridoio continuando a bisbigliare un po’ affannati.

“Devo dirtelo, la cosa inizia a diventare davvero particolare.”

“SHHHH! Mi dirai dopo quanto sia particolare! Io sarei già là dentro se non fosse per colpa tua!”

“Come potevo sapere l’orario di ronda della guardia giurata?”

“Dopo, le domande dopo. Puoi farmi luce con quella torcia? Qui, sulla serratura.”

La vide estrarre una chiave, che aprì la pesante porta metallica. Sentirono un rumore all’inizio del corridoio.

“Spegni la torcia!” Gli sibilò.

 

Entrarono, e con estrema cautela Sarah richiuse a chiave la porta dietro di loro. Rimasero in silenzio ad aspettare che i passi dell’uomo della sorveglianza si facessero più vicini, che controllasse che la porta fosse chiusa a chiave, e infine, sospirarono di sollievo quando sentirono i passi tornare ad allontanarsi.

 

Gli fece cenno di non parlare e per alcuni minuti rimasero effettivamente in silenzio. Era contenta che fosse buio pesto là dentro, così poteva fare a meno di nascondere un sorriso.

…Effettivamente, era stato divertente. E non si divertiva in modo così stupido da un sacco di tempo. Ma… chissà cosa stava pensando lui in quel momento? E aspetta un minuto si disse, sono chiusa a chiave in una stanza con…E, mi ci sono chiusa dentro “io”. E CHE stanza, poi!

Come era possibile trovarsi in una situazione così surreale?

 

“Uh, tesoro… per quanto tempo rimarremo qui al buio e in silenzio e…”

“Possiamo parlare normalmente, ora. Se n’è andato. E possiamo accendere la luce.” Cercò di assumere un atteggiamento pratico.

La guardò compiaciuto, incrociando le braccia.

 

“La nostra piccola Mata Hari. Sembra che tu sappia esattamente un sacco di cose che io non so su questo posto, chi l’avrebbe mai detto.”

“Beh, ‘tesoro’, io sono la protagonista” disse con un sorrisetto.

“Lo sai che il fatto che siamo qui dentro – chiusi dentro, preciso- complica le cose e dovrai spiegarne un paio anche a me, vero o mia protagonista?”

 

Sarah sospirò e accese una luce. Doveva farlo, in effetti.

 

Anche quell’ufficio non aveva finestre, come il corridoio. Come potevano ‘lavorarci’ i ‘grandi artisti’, i ‘creativi della situazione’, e in pieno giorno? Le sembrava impossibile. Ma questo rendeva le cose molto più semplici ora. La luce si sarebbe potuta notare dall’esterno e così invece il problema non si poneva.

 

“Ora ti arrabbierai, James.”

“No, che non mi arrabbierò.”

“…Okay, è molto semplice. Tom – hai presente Tom, vero?- il capo della sicurezza, qui, mi ha spiegato come funzionano i servizi di guardia, quando il set viene lasciato per qualche giorno.”

“Senti senti. “Tom”.

James incrociò le braccia. Diede uno sguardo all’uffico. Spazioso. E non finiva con quell’unica grande sala, sulla parete di fronte alla porta di ingresso se ne aprivano altre, che portavano in altre stanze.

 

“…Esatto. Ogni sera viene effettuato un giro di guardia, e uno solo, alle 8 e mezzo. La parte del magic box è la prima ad essere ispezionata. Il secondo turno viene fatto di nuovo alle 8 e trenta del mattino, e di nuovo la sera, ogni dodici ore.”

“Un ragazzo loquace, questo Tom…”

“…Beh, diciamo che… sì, gli ho dato anche un po’ corda lo riconosco”

“Sono sinceramente stupito.”

 

Sorrideva… Forse non si sarebbe arrabbiato allora per la parte che veniva adesso… Beh non restava che scoprirlo.

 

“…Gli allarmi entrano in funzione alla stessa ora, cioè, le… ecco… venti e trenta. A partire da quel momento, e fino alle 8.30 del mattino dopo, nei weekend, chiunque non autorizzato cerchi di entrare – o di uscire- da qui dentro, fa scattare l’allarme. Quindi…”

 

“…Vuoi dire che siamo chiusi qua dentro.” Non sorrideva più, le sembrava… Ci avrebbe scommesso. Accidenti a lui, e alla sua curiosità- beh, gli sta bene, pensò.

 

“…Voglio dire che siamo chiusi qui dentro.”

“Non ci posso credere.”

Aveva uno sguardo indefinibile…

 

“Ehy, io ho provato a dirti di andartene!”

“Non mi hai spiegato la faccenda delle guardie e degli allarmi però. Una dimenticanza interessante”

“…Ero spaventata”

“Hai passato venti minuti a cercare di dirmi che non eri spaventata.”

“Ah sarebbe colpa mia adesso? La colpa è tua e della tua voglia di impicciarti in cose che non ti riguardano.”

“Scusa se la mia preoccupazione per il tuo benessere ti è stata di disturbo, signorina primadonna.”

Ma aveva ancora un vago cenno di sorriso, sulle labbra… Giusto?

 

“Mi dispiace di averti rovinato il venerdì sera, okay? Ma sei tu che non te ne sei voluto andare e…”

“E le chiavi di questo posto? Come le hai avute?”

“Ecco…”

“Non dirmelo… “Tom”…?”

“No! Cioè…io… me le sono fatte… prestare, sai, ‘oh, che sciocca, ho dimenticato una cosa eccetera, e…”

“…E poi ti sei ‘dimenticata’ di restituirle.”

“B-beh tanto alla guardia non servivano. Questo ufficio non deve essere aperto neanche da loro. Lo trovano chiuso, ed è l’unica cosa che gli serve sapere. Sai, mi hanno detto anche questo”, aggiunse con un sorrisetto sarcastico. “E quindi, ho messo insieme due più due… Non è poi così difficile come sembra.”

“Sono sempre più impressionato.”

 

“…Quando mi hai trovato, stavo giusto venendo a nascondermi qui, e ad aspettare che la guardia facesse il suo giro… Mi stai ascoltando?”

“Non vedo l’ora di sapere il resto. Come sei riuscita a far credere che te ne sei andata, per esempio.”

 

“Oh, semplice. Sono uscita insieme agli altri, poi sono tornata con la macchina all’entrata sud, che di solito usa la troupe. Per evitare, sai, che mi vedesse ancora qualcuno, eccetera.

“Nel caso, c’era sempre la scusa “ho dimenticato qualcos’altro…Noialtri siamo gente COSI’ distratta…”

“Esatto. E comunque se mi avessero scoperto avrei detto di essere rientrata da là per evitare possibili curiosi, eccetera.”

“Naturalmente.”

“Le chiavi le ho da ieri. Avevo finto di essermi dimenticata una cosa ‘fondamentale’ e personale che era rimasta in questo ufficio. Mi hanno dato le chiavi di riserva e le ho tenute. Oggi ho detto che nella mia sbadataggine le avevo lasciate a casa e che lunedì le restituirò.”

 

“…E non conviene a nessuno far sapere che manca una chiave fondamentale… Lo sai che stai facendo passare al buon Tom un week end d’inferno?”

“Nah… Lui si fida di me.”

“Io non lo farei” disse con un sorriso.

“…Comunque. Ora le ho io, fine della storia.

“…Così… nessuno ti ha visto tornare.”

“No, sapevo a che ora monta il servizio di guardia a quell’entrata. E ho fatto i miei calcoli.”

Era soddisfatta di se stessa. Sicuramente l’aveva impressionato. La guardava come se la credesse “incapace” – come si permetteva?- di pensare a un piano del genere.

 

“Quello che non capisco è, quel tizio ti ha dato le chiavi, così, senza opporre obiezioni?”

“E’ stata una cosa ‘preparata’! Prima ho dovuto guadagnarmi la sua fiducia…”

“…E?”

“Beh… Ho dovuto…”

“…Sì?”

“…prendere il suo numero di telefono”, disse con un’aria afflitta. James scoppiò a ridere.

“Devi essere “davvero” determinata, uhm? Mi fai quasi paura.”

“Ehy! Me lo aveva offerto, potevo rifiutarlo? Tu piuttosto!”, disse improvvisamente allarmata. “Non sei uscito!”

Adesso aveva ancora quello sguardo canzonatorio…

“Sì, invece.”

“E quando?”

“Dopo averti chiamato. Quando ti ho vista entrare e non mi hai risposto. Allora ti ho seguito.”

“Tu che cosa?”

“Che posso farci? E’ quello che ho fatto.” Disse, allargando le braccia.

“Quindi tu…”

“…Esatto. Sono uscito, ho fatto due chiacchiere con chi c’era, poi sono tornato indietro quando tutti gli altri sono usciti, ho raccontato a “Tom” – simpatico ragazzo- una storiella che somiglia pericolosamente alla tua, ho fatto un giro, ti ho visto, poi gli ho chiesto se potevo uscire dal ‘retro’ – sai, i curiosi, eccetera…”

“Tu… tu non…”

“Ed eccomi qua.”

“Tom non l’avrebbe mai fatto a meno che… Oddio non dirmi che…”

James tirò fuori un numero di telefono.

“…Cugina di Tom. Dice che se la chiamassi, ne sarebbe molto felice.”

“…Vergognati.”

“Ah io vero? E tu allora?”

“Io l’ho fatto per uno scopo! Tu lo hai fatto per… Tu per che cosa lo hai fatto, si può sapere?”

 

Non le rispose, continuando a guardare il numero di telefono che aveva in mano con un mezzo sorriso. “Magari la cugina di Tom…”

“Risparmiami, ti prego.”

“E comunque resta il problema delle chiavi di questo posto. Siamo chiusi nel sancta sanctorum di tutti i segreti, a questo punto diventa più complicato andarcene che restare e rischiare, e le chiavi le hai tu. Che si fa?”

“Oh, quello non è un problema. …Lunedì l’aggiungerò al mazzo casualmente, e se anche dovessero scoprirmi, a chi credi che converrebbe far venir fuori che finire qui dentro è così facile? Chiunque lo sapesse, terrebbe la cosa per sé. Non ci sono pericoli.”

 

“Io ne vedo almeno uno.”

“E quale?”

“Cibo. Acqua. Un bagno… Accidenti non era solo uno.”

Lo guardò preoccupata.

“Sei arrabbiato vero?”

“Sono affamato, Sarah. E imprigionato qui dentro – oh, non che ‘dopotutto’ sia così terribile… Ma prima o poi dovremo per forza, uscire da qui.”

 

Per il cibo e l’acqua non c’è problema. E’ pieno di cibo. Servizi igienici degni di un albergo, letti quanti ne vogliamo. Le altre stanze non sono neanche ispezionate, solo il magic box domattina.

. …Il set, intendo.”

“Oh, dormire in camera di Buffy? Il mio sogno da una vita…”

“C’è anche la camera di Dawn.”

“Sei una noia, Sarah. …E le telecamere?”

“Non ci sono telecamere”

“Vuoi dire, niente gingilli, del tipo minivideocamere montate chissà dove, a circuito chiuso, niente di niente?”

“Niente”, disse, realmente felice. “Nessuna ripresa del set quando i produttori esecutivi non ci sono. Disposizioni della produzione. Perché pensi che io abbia voluto restare qui, James? Ne ho ABBASTANZA di telecamere, voglio un week end senza riprese. Di nessun tipo.”

 

“Questo non me lo hai ancora spiegato…”

“E niente altro ti spiegherò. Quindi, ora sai tutto. Siamo qui. Chiusi, qui. Non possiamo uscire dal set. Dobbiamo restarci per due giorni e lunedì fare finta in qualche modo di essere “appena arrivati” sbucando da chissà dove, e se ci trovano beh, credo che non ci licenzierebbero tutto sommato, ma preferirei non sapere come reagirebbero… E inoltre se ci scopre qualcuno di esterno al set, che magari fa anche il giornalista… Non voglio neanche pensarci.”

“Quando arriva la parte positiva, tesoro?”

“…Non… moriremo di fame e di sete?”, gli disse, sorridendo incoraggiante.

Scosse la testa rispondendo al suo sorriso. Aveva davanti un week end interessante. Con una…collega simpatica. Non solo simpatica… curiosa. E anche tante carte altrettanto capaci di solleticare la sua curiosità. Quelle, dopo, però. Prima veniva una telefonata. E poi veniva la cena.

 

 

Storia non conclusa