LA GEMMA DI AMARA

 

 

 

Author: Anyanka72

Genere: romance, action

Pairing: Spike Buffy

Rating: NC-17

Timeline: Post The Harsh Light of the Day” 4 season BTVS

Summary: Lo scontro fra Vampiro e Cacciatrice ha uno sviluppo inaspettato

Data di pubblicazione originale 2001

 

N.d.a. Questa è la prima versione della storia intitolata “Lo sguardo di Buffy”

 

“Come ha osato parlarmi così! Brutto bastardo. Dannato, maledettissimo vampiro.”

 

…Peccato, non essere riuscita a trattenerlo alla luce del sole quel secondo di più. …Ma, certo, lui doveva aver pensato anche ai rischi. Doveva sapere, della necessità di tenersi aperta una via di fuga.

 

“Beh… almeno c’è ancora qualcuno che non mi sottovaluta. …Ma mi insulta. Sono stata capace, di farmi insultare da Spike. Mio dio, come ho potuto cadere così in basso.”

 

E ciò che era peggio… aveva ragione.

Continuava a girare in tondo nella sua stanza al dormitorio, parlava da sola, non riusciva a calmarsi… Non aveva avuto voglia di uscire con Willow e gli altri, ripensava al combattimento ‘diurno’ con Spike, quella mattina, e si rigirava l’anello tra le mani. Giles aveva insistito perché lo tenesse lei quella notte. Il piano era dare la gemma Oz perché la portasse a Angel, come avevano deciso. Ma finchè Oz non partiva, effettivamente era più al sicuro in mano sua. Spike poteva tentare un’altra mossa per riprendersela. Aveva quasi distrutto il sottosuolo (e non solo) di Sunnydale, per averla.

 

“Ma ci sarà mai, un limite, alle pazzie di Spike?”

 

Il silenzio in quella stanza era passato dal triste, all’opprimente, all’insopportabile. Si sentiva sola. Willow infine era uscita con Oz…

Buffy l’aveva praticamente costretta, ad uscire con lui. Lei aveva acconsentito malvolentieri a lasciarla sola, ‘dopo quello che era successo con Parker’…

 

E poi era stanca, di leggere negli occhi di Willow il dispiacere per la sua ‘condizione’. Non voleva farsi compatire. Ci riusciva già benissimo da sola.

 

Aveva smesso di pensare a Spike, adesso pensava a Parker. E lacrime brucianti le scendevano lungo le guance. Si era raggomitolata su se stessa, sul suo letto, al buio, e piangeva, senza riuscire a smettere. Non esattamente per come era finita la storia con ‘lui’, ma perché le sembrava che Parker, anche se inconsapevolmente, avesse in un certo senso messo la parola ‘fine’,(o confermato definitivamente, se mai ce ne fosse stato bisogno) alla sua speranza, o ai suoi inutili tentativi, di essere anche una ragazza normale, con un fidanzato normale, che conduceva una vita normale.

 

Oh, provava, cercava, di dire a se stessa che storie come la sua capitavano tutti i giorni. Che si trattava solo di superare il momento, che sarebbe stata un’esperienza che l’avrebbe fatta crescere.

 

Ma quando guardava la realtà dei fatti, vedeva solo che aveva diciannove anni.

E che quindi, non era più una bambina.

E che la sua vita, consisteva nell’ uccidere demoni e vampiri. ‘…Soltanto’.

E che, a lei, non era consentito l’amore.

Eccola, la ‘realtà dei fatti’...

 

…La sua prima volta… con il grande, eterno, amore della sua vita.

Al risveglio, Angel si era trasformato in un assassino sanguinario. L’aveva derisa, l’aveva insultata.

Poi, aveva fatto di peggio. Aveva ucciso persone a lei care, distruggendo per sempre ogni possibilità di futuro tra loro.

…E 'questa'... era la sua seconda volta. E in questo caso, era un ragazzo normale…

 

Quindi era lei, a essere sbagliata. Senza dubbio.

Aveva in testa tutti quei bei discorsi preconfezionati e razionali, che non la consolavano.

Perché dovevano avere ragione questi discorsi e non lei, invece? Non aveva la prova del contrario. E sentiva di stare perdendo la forza e la voglia di cercarla.

Non voleva vedere più nessuno…

Ma in questo momento aveva disperatamente bisogno di coccole, e affetto, e cappuccino, e cioccolato…

Percui si era decisa a uscire, voleva andare a casa sua, da sua madre… Cercare di non pensare, per quella sera. E sperava che camminare l’avrebbe distratta. Per precauzione però, si era infilata la gemma di amara al dito.

“Meglio essere prudenti, forse Spike è ancora a Sunnydale…”

Di nuovo Spike.

Da due giorni, quando non pensava a Parker, non faceva altro che pensare a Spike, per i motivi più vari. Primo tra tutti, aveva cercato di nuovo di ucciderla, e questo tra gli altri era il più confortante. Faceva sembrare ogni cosa al posto giusto, in un certo senso.

 

Secondo, … ‘stava’, con Harmony! La controfigura bionda di Cordelia, solo, ancora meno intelligente. E versione vampiro. Almeno, Drusilla… per quanto pazza…

Aveva sempre avvertito, il fascino di Drusilla. Era innegabile. Le sembrava praticamente naturale, logico, che Spike l’amasse così tanto.

Tanto da tradire il suo sire, tanto da arrivare ad allearsi con lei, tanto da fuggire da Sunnydale pur di portarla via con sé. Drusilla era stata anche l’ossessione di Angel... percui perché meravigliarsi?

*Chissà cos’ha lei che io non avrò mai…*

 

...Ma Harmony! E perché poi ci pensava? Perché sembrava quasi che le desse fastidio? Forse perché pensava che, PERSINO Harmony, avesse qualcosa di interessante per un uomo, e che lei non aveva?

 

Terzo, l’aveva offesa. Crudelmente. Odiava il fatto che, con tutti i momenti possibili… Spike doveva ‘emergere dalle tenebre’ esattamente per assistere a uno dei momenti più umilianti di tutta la sua vita. La sua infinita fortuna.

 

E inoltre… non era da lui, tutta quella storia. Spike non era il tipo del ‘vampiro con delirio di onnipotenza’.

Amava vantarsi, certo, causare danni, uccidere…

 

Ma in pratica niente gli era mai interessato più di tanto che vivere, in eterno, con la sua principessa.

Spike uccideva per nutrirsi. Che lo trovasse anche dannatamente divertente era secondario. Poi, gli piaceva eliminare gli avversari scomodi, ma solo per proteggere il suo territorio.

 

‘Questo’, invece, rimaneva un atto al di fuori dal suo normale modo di comportarsi.

Fondamentalmente: che diavolo gliene poteva importare dell’invincibilità? Non gli avrebbe riportato la sua amata.

E, lo Spike che lei conosceva bene, piuttosto avrebbe valutato il suicidio, come soluzione. Non certo diventare invincibile. Non riusciva a cogliere il punto.

 

*…Inventarsi un modo per passare il tempo?* … Poteva essere…

*…No, Spike ha mille modi per ingannare il tempo.

...Stare con Harmony è uno dei peggiori, ma chi sono io per giudicarlo.*

 

Ma, per le cose che le aveva detto quella mattina, Spike l’avrebbe pagata. Perché erano le SUE parole, che continuava a ripetere a se stessa. Si era dimenticata quanto potesse essere malvagio Spike, o non lo era mai stato tanto?

 

Era talmente assorta nelle sue congetture che aveva appena notato la figura che si stava allontanando in fretta dal portico di casa sua. Aveva un’aria vagamente familiare, quella camminata.

Aveva considerato per un istante se seguirlo oppure no, poi ci aveva rinunciato, ed era entrata in casa.

 

***

…Finalmente, era riuscito a liberarsi di Harmony. Non sarebbe ritornato alla sua cripta per niente al mondo. Aveva deciso di passare il resto della notte, e il giorno dopo, a Sunnydale in albergo. Da solo, lontano da lei e dalle sue stupide chiacchiere. E voleva, recuperare quell’anello. A costo di morire nel tentativo. Ma avrebbe pensato a come fare la notte dopo, ora, voleva fare una capatina da Willie. E lungo la strada, avrebbe pensato alla cena. Aveva tutto il tempo, la notte era appena cominciata.

Maledetta cacciatrice. Non fosse stato per lei, adesso poteva essere finalmente lontano, da quella dannata città. Da quel dannato paese, addirittura. Avrebbe potuto trasferirsi dove voleva. Un paese caldo come la California, però. Forse il Messico. Caldo, e assolato. Senza bocche dell’inferno. …Senza bionde cacciatrici, con gli occhi che brillavano al sole.

 

…Era tutta colpa sua, comunque. Se non fosse andato a cercarla, ora non si sarebbe trovato in questa situazione. A quest’ora, non avrebbe più dovuto preoccuparsi dell’alba e dei tramonti. Niente camere d’albergo dove rifugiarsi terrorizzato dal sole. Ora, sarebbe stato libero. Perché diavolo aveva corso un simile rischio? Idiota, stupido idiota.

Voleva rivederla. La causa di tutti i suoi più brucianti fallimenti, la causa delle sue attuali sofferenze, di tutta la pena che provava da anni. Voleva rivederla e dirle addio per sempre. Non aveva più bisogno di affrontarla, aveva ottenuto quello che cercava. Ma non era proprio riuscito a sopportare, quella scena pietosa. Buon dio, lei era la cacciatrice!

…Sempre capace di distruggere ogni suo piano, tanto forte da costringerlo per mesi su una sedia a rotelle… e che sarebbe stata perfettamente in grado, se lo avesse davvero voluto, di ucciderlo, di uccidere Drusilla. Lei che da sola, aveva sconfitto Angelus.

 

…E che adesso si prostrava ai piedi di chi? Un insignificante imbecille che si stava prendendo gioco di lei, santo cielo era così evidente! E LEI, restava lì, a sentirsi insultare! ‘Buffy’! Rimaneva là, a sentirsi dire, tra le righe, che… a letto non era niente di speciale. Perché era questo, che il ragazzino le stava dicendo, o almeno era questo, quello che lei leggeva nelle sue parole. A Spike bastava guardarla, per capire che era così. …E tutto ciò per lui, era semplicemente inconcepibile.

 

…La osservava. ...E, maledicendosi per questo, la trovava bellissima. L’aveva incontrata sere prima, ma alla luce del sole era davvero un’altra cosa. Quel ragazzo doveva essere un pazzo. E poi, era impossibile che stesse dicendo la verità. Non poteva crederci. Angel aveva perso l’anima, per lei.

...E ancora, questo non aveva significato altro, che nuove e atroci pene per lui. Immobilizzato, a osservare per mesi Angelus sedurre Drusilla… La SUA, Drusilla, sotto i suoi occhi. Trascinarla lentamente, inesorabilmente, via da lui. Per sempre. Da allora Drusilla non era, ‘veramente’, mai più tornata.

Sì, non l’avrebbe affrontata, se non avesse assistito a quella scena. Era davvero, un idiota.

 

Ma non aveva saputo resistere, il suo dolore lo aveva eccitato. Perché non approfittarne, sottolineare qualche passaggio, renderle ancor più chiaro il concetto? Farle provare, almeno per un maledetto secondo, cosa significava soffrire veramente? Come soffriva lui?

 

Ecco perché lo aveva fatto. E ci era riuscito, dannazione. Aveva perso l’anello, ma lo sguardo ferito della cacciatrice quando lottavano, lo aveva ancora nella mente, indelebile.

…No, non della cacciatrice. Lo sguardo ‘di Buffy’. E insieme a questo un altro pensiero, non riusciva a eliminare da quella mattina… non solo da quella mattina.

 

CAPITOLO 2

 

“…Ciao mamma, sono io!”

Buffy? Tesoro che ci fai qui? ...E’ successo qualcosa?”

Joyce l’aveva raggiunta in fretta nell’ingresso. Un sorriso misto a preoccupazione. Ogni deviazione alla norma, lo sapeva fin troppo bene, significava problemi e pericolo.

Buffy lottava per non piangere, non voleva che il risultato della sua visita fosse farla preoccupare… Aveva solo bisogno che per un momento qualcuno la facesse sentire importante, insostituibile, preziosa… non per i suoi sacri doveri, come faceva Giles. Preziosa per qualcuno. Le si era buttata tra le braccia stringendola forte,

“Tivogliobenetivogliobene…”

La madre aveva ricambiato l’abbraccio,

“Oh, tesoro, anch’io ti voglio bene… cos'è successo?”

Non aveva voglia di raccontarle di Parker.

“Niente, non succede niente, in realtà va tutto a… meraviglia. Ho pensato di fermarmi a dormire, non ho lezione fino a domani pomeriggio. Ehy, non sei contenta di vedere la tua unica figlia?"

 

Joyce era più sollevata. Ma le sembrava nervosa…

 

“…Ah, bene cara, fantastico. La tua camera è pronta a riceverti, come sempre, lo sai.”

 

*La mia camera...* Si sentiva già più felice.

 

Aveva annuito con entusiasmo.

“E... posso avere uno di quei tuoi speciali cappuccini con extradose di zucchero e biscotti al cioccolato?”

“Ma certo tesoro, perché non aspetti in soggiorno-“

Aveva notato qualcosa in cucina.

“…Mamma?”

“Sì Buffy?”

“...Sono due tazze di the, quelle? Hai avuto visite?"

“S-sì, uhm, ecco…vuoi…un po’ di thè?”

La guardava, interrogativa.

“Beh, non è un po’ tardi, per il thè? E poi tu non… Oh mio dio…”

La camminata. E il thè… Chi poteva bere il thè a quell’ora se persino Giles dopo le sette di sera…?

“Buffy…”

No, non era possibile…

“…Mamma! Come… come hai potuto…farlo entrare in questa casa! Ma ti rendi conto di cosa poteva succederti?”

Non riusciva a sopportare il pensiero di Spike e sua madre, da soli, nella stessa stanza.

Non aveva aspettato la risposta. Era corsa su per le scale per recuperare alcune armi. Quella storia doveva assolutamente finire.

Sentiva la voce di Joyce che la chiamava dalle scale.

“Buffy, che cosa vuoi fare?…E poi lui ha il… ‘permesso’, di entrare in questa casa! Nessuno di voi glielo ha tolto! ...E se avesse voluto farmi del male l’avrebbe fatto, non… avrebbe suonato il campanello, e…e atteso che io… che lo… beh, di essere invitato a entrare.”

“Cosa che NON dovevi fare!” Le aveva risposto dalla sua camera. Assurdo.

“…Buffy, mi stai ascoltando? Cosa hai intenzione di fare?”

Le aveva risposto scendendo in fretta le scale dirigendosi alla porta.

“Ho'intenzione di fare' finalmente quello che va fatto. Ho aspettato anche troppo. E non chiedermi perché perché non lo so neppure io.”

Tremava per la rabbia. Odiava letteralmente l’idea di doverlo affrontare di nuovo, perché per farlo avrebbe dovuto rivederlo e rivederlo voleva dire rivedere il disprezzo che gli aveva letto in faccia quella mattina, e l’unica cosa buona era che sarebbe stata l’ultima volta. Doveva essere l’ultima. Voleva che lo fosse. Almeno nel suo lavoro, era efficiente. Anche se le bastava sempre di meno.

 

Joyce l'aveva raggiunta sulla porta, prendendole le mani nelle sue.

“Tesoro, calmati. Non mi ha fatto niente di male, e magari non è nemmeno più in città, adesso.”

 

*Quante cose non sai, mamma…*

 

“…E ti ha detto, perché era venuto?”

“Beh no… In realtà, non si è fermato molto. Mi ha… mi ha chiesto anche di te…”

 

Questa, poi. Aveva un sorriso sarcastico adesso. Come poteva essere, che sua madre trovasse normale prendere il thè con un vampiro. Spike, poi, tra tutti i possibili vampiri.

 

“E tu, non lo hai trovato strano?”

“Beh ecco, dal momento che io gli avevo chiesto di Drusilla… poteva essere semplicemente buona educazione, la sua.”

 

Certo, come no. Spike, ‘educato’. Come quella mattina, quando le aveva detto… meglio lasciar perdere.

 

“Ma certo. Buona educazione. Questo si chiama raccogliere informazioni sul nemico, mamma.”

“Dove vuoi andare, adesso?”

“A cercarlo. Al cimitero, nelle fogne, dovunque sia, io lo troverò.”

“Buffy…”

 

Era stata una stupida a pensare che venire a casa l’avrebbe distratta. Ma… era costretta ad ammettere, che parlare di Spike era infinitamente meno penoso che ricordare Parker. Spike era lavoro. Non doveva metterla sul personale. Le parole che le aveva detto facevano parte di un copione. Perché prendersela tanto.

Con un sospiro, si era allontanata dalla soglia. E poi era da tempo, che voleva rivolgerle quella domanda.

 

“Mamma… visto che più o meno siamo in argomento… perché, ho quasi la sensazione, che tu consideri Spike… sì insomma… che lo consideri quasi, … insomma non hai mai trattato Angel…”

 

Joyce si era irrigidita involontariamente.

“…E… e loro due, in fondo…”

“Spike, non è come Angel.” Era stato l’asciutto commento di Joyce.

“Lo so bene, che non è come Angel! Ed è precisamente questo il punto!” Buffy aveva sbottato, esasperata. Ma su questo, Joyce non sembrava voler cedere e darle ragione per tranquillizzarla.

“Angel mi ha quasi portato via la mia bambina.” Buffy aveva alzato gli occhi, a incrociare quelli della madre.

“…E Spike, ha contribuito a farmela ritrovare.”

Non sapeva bene cosa ribattere. Dopo, lo sguardo di Joyce si era fatto più dolce.

“Tesoro, per l’amor del cielo, non andare. Sei venuta per stare un po’ con la tua mamma, giusto? …Fallo per me.”

Si era lasciata convincere a non uscire. Per il momento. Erano rimaste a chiacchierare un po’ in soggiorno. Era tanto che non lo faceva. Aveva fatto bene a fermarsi. Infine era salita in camera sua…

 

…E mentre Joyce la guardava salire le scale, pensava alle cose che non le aveva detto.

Di come si ricordasse ogni minuto di quella sera, di come la rivivesse, tutti i giorni.

Come se, ogni volta che parcheggiava la macchina nel vialetto, potesse da un momento all’altro vederla comparire con Spike al suo fianco, che cercavano un modo perché il mondo non finisse. E mormorava, sottovoce…

“…Sembrerà assurdo, e probabilmente lo è… ma quando sei uscita di casa quella sera, e temevo il peggio, il pensiero che continuava a ripetersi nella mia mente era ‘almeno, non deve affrontare tutto questo da sola’… E, per quanto sappia che Spike è… un pericolo, e lo so… non sai quanto mi sollevi, pensare che questa volta non devi affrontare Angel…”

 

***

 

*…Voglio tagliarle la gola. E bere. Bere avidamente. Mi disseterai, cacciatrice. E quando ripenserò a Sunnydale, il ricordo più dolce sarà quel momento.*

 

Era uscito dal bar di Willie, e vagabondava per il suo terzo cimitero. Voleva ricordarsi tutti i luoghi di Sunnydale dove era stato. Dove era stato felice, dove era stato sul punto di morire. Casa di Buffy era un luogo neutro. In quella casa, aveva provato emozioni diverse. E poi, Joyce gli andava a genio. Strano, ma era così. Ed era scortese, essere in città e non farle una visita. Beh… anche uccidere sua figlia poteva essere considerato scortese. Meglio allora, salutarla prima di farlo.

 

Almeno, aveva scoperto qual era la stanza di Buffy al college. Il vecchio Willie era sempre lo stesso. Poteva colpire il giorno dopo… Odiava aspettare, ma colpire stasera era troppo prevedibile… Sicuramente lo stava aspettando.

 

 

Non riusciva a chiudere occhio, né a stare ferma a letto. Quindi si era rivestita ed era uscita dalla finestra. …Come le era mancato, quel gesto. Faceva parte della caccia non meno che affondare il paletto nel cuore di un vampiro.

Doveva trovarlo. Non doveva permettergli di avvicinarsi a sua madre mai più. E come aveva osato deriderla ad alta voce in pieno campus all’ora di punta, per poi recitare la parte del vampiro triste e sconsolato con sua madre. Se lo immaginava, a raccontarle del suo amore perduto. Aveva superato ogni limite. Non doveva più tornare, questi erano stati i patti, ed era già la seconda volta che lo faceva, e per ben tre volte era entrato in casa sua. La prima, perché voleva riconquistare Drusilla. E anche la seconda. Stavolta cosa diavolo voleva? Non poteva essere solo la gemma di amara.

 

Si era diretta di nuovo verso il campus, in fondo, l’aveva visto spuntare da lì. Forse seguendo i tunnel, avrebbe potuto scoprire dove si nascondeva.

 

…Spike aveva avuto la stessa idea. Insieme alla gemma avevano trovato altri oggetti interessanti, oggetti preziosi, che aveva lasciato momentaneamente là. Oggetti che potevano tornare utili.

 

Nessuno dei due sembrava preoccuparsi più di tanto dei segnali di avvertimento che informavano che la zona era a rischio crolli.

 

CAPITOLO 3

 

Sunnydale. Il sottosuolo di Sunnydale. Tutto era odioso in quella città, a cominciare dal nome. Per terminare con la cacciatrice. …Perchè tutto era proibito. Erano cose che non avrebbe potuto avere. Il sole, per esempio. L'aveva visto davvero poco, da vivo. Fosse nato in California... Ma nascere a Londra nel 1860 non era precisamente la stessa cosa. Ricordava la nebbia, i vapori di carbone. Le ali nere delle farfalle, che una volta erano bianche. Ricordava la pioggia incessante. Contava le volte in cui in un anno riusciva a vedere il cielo limpido. Gli piaceva, il sole…sembrava che il mondo facesse meno schifo, in una giornata di sole.

 

...E la cacciatrice… 'Questa', cacciatrice. Se l'avesse uccisa in tempo... niente sarebbe stato uguale. Angel sarebbe andato via con i suoi tormenti, Drusilla sarebbe rimasta al suo fianco.

Se l’avesse uccisa in tempo…non l'avrebbe conosciuta.

Pensieri pericolosi. Il sole bruciava, e la cacciatrice, uccideva.

 

 

L’aveva visto, le dava le spalle. Per un attimo era trasalita. Voleva vedere cosa stava facendo. Guardarlo, lì, da solo e di nascosto. Aveva un’espressione assorta. Triste, avrebbe detto. Un’espressione quasi umana. Non sapeva se attaccarlo di sorpresa… La rabbia era l’unica cosa che tenesse a freno la paura. Perché c'era, la paura. Era da sola, in un tunnel, poche vie di fuga, e lui si sarebbe difeso. Ricordava tutti i loro scontri. Lei aveva sempre avuto la meglio in effetti, ma lui era sopravvissuto. Quindi, c'era da avere paura. E quanto sembrava lontana, la loro strana tregua. Che cosa l'aveva rotta? Non riusciva a ricordare con precisione, il rapimento di Willow, d’accordo, le minacce… E lui a casa con sua madre… Come stasera… Spike arrivava nella sua vita, e la sconvolgeva. Cosa ci faceva, lì sotto a guardarlo? E si era resa conto che c'era qualcosa che non andava. Cioè, non aveva una risposta al perché si trovava lì sotto di notte. Perché era uscita di casa. Si era resa conto che aveva trasformato la rabbia in pretesto. E ricordava i suoi occhi al sole quella mattina. Il suo sguardo diceva due cose: voglio vederti morta, e finalmente vedo la luce del sole. Ecco, perché voleva l’anello. Che stupida.

Involontariamente aveva spostato un sasso, e lui si era girato. Adesso l’aveva vista.

Buffy aveva smesso di respirare. Le sembrava di averlo spaventato, come se fosse stato possibile. Ma non poteva più riflettere sul da farsi.

 

 

…Per un attimo, era rimasto interdetto. Non pensava che l’avrebbe rivista così presto. E quegli occhi non brillavano solo al sole. Si era preso il tempo di osservarla, dall’alto in basso, e…

 

E... cosa diavolo stava pensando? Si chiedeva Buffy.

Gli aveva sorriso. *D’accordo… iniziamo con la solita recita…*

 

“...Ma che sorpresa, Spike. Sempre a ficcare il naso in cose che non ti riguardano.”

 

L’espressione che aveva visto prima, se l’aveva vista davvero, era scomparsa. Adesso c’erano i soliti lineamenti di sempre, e c’era di nuovo la derisione, mentre le restituiva lo stesso falso sorriso.

 

“…E che sorpresa, l’ammazzavampiri. Ma non ce l’hai una vita, un ragazzo? Oh…dimenticavo: l’ho visto con i miei occhi.”

 

L'aveva ascoltato abbastanza, non voleva che dicesse una sola altra parola, non voleva ‘sentirgli dire’, una sola altra parola in proposito. …Come se, se Spike non avesse detto niente, tutto ciò, sarebbe stato meno vero.

Non si aspettava che l’avrebbe attaccato lei per prima, e si era fatto sorprendere impreparato. Tutti quegli scontri con lei… Non aveva imparato niente?

Buffy lo aveva colpito con tutta la forza di cui era capace facendolo atterrare su un mucchio di macerie. Perdeva sangue dal naso e dalla bocca. Le avrebbe fatto pagare anche questa, pensava. Rialzandosi, mostrava il suo volto da vampiro. Era felicissimo di averla incontrata, non stava aspettando altro. Da anni, ma questo non lo aveva ancora capito, non aspettava altro. E mentre si asciugava il sangue dalla bocca con una mano, la guardava con odio, puro odio. Stava decidendo il punto dove colpirla.

 

“Beh Spike, non sei in forma come stamattina. Oh, dimenticavo: ti porto i saluti di mia madre.”

“…E io, le porterò le condoglianze per la tua morte."

 

Le si era scagliato addosso. Buffy aveva incassato il colpo allo stomaco, cercando di ignorare il dolore, e poi l’aveva colpito, facendolo indietreggiare. Ma l’aveva raggiunta di nuovo, e con uno schiaffo l’aveva mandata a sbattere contro una parete facendola cadere. Era di nuovo su di lei. Buffy l’aveva allontanato con un calcio e si era rialzata immediatamente. Perdeva sangue dalla fronte. Si studiavano, come due animali feroci.

Spike rideva.

“Lo sai dolcezza, dicevo a me stesso... se mettessi tutta questa passione a letto, forse ce l’avresti, un ragazzo... Vedo frustrazione sessuale, nei tuoi occhi.”

“Sei un porco, Spike.”

“Me l’hai già detto, tesoro. Mi insulti, ma non mi smentisci...”

 

Si era abbassata per schivarlo. Non doveva permettergli di immobilizzarla contro la parete… E dal momento che non doveva essere leale, aveva puntato alle gambe. Con cattiveria e precisione mortale. Sapeva dove avrebbe fatto più male.

 

Spike era riuscito ad allontanarsi solo un attimo prima che potesse rompergli una gamba, urlando per il dolore.

 

Buffy era forte, ma lui era più veloce. Questo, faceva dei loro combattimenti qualcosa di speciale. Le si era di nuovo avventato addosso, prendendola per la vita, e l’aveva trascinata a terra con il suo peso. Buffy lottava per liberarsi. Non sarebbe stato difficile morderla, in quel momento. Spike lo sapeva e rideva.

 

“Continuando il discorso bellezza… Questa è la tua idea di preliminari? Interessante...”

Afferrandolo per la giacca, era riuscita finalmente a trovare la forza di sollevarlo e a farlo letteralmente volare sopra la sua testa.

Era stanca, ansimava. Spike era rimasto a terra, sulla schiena, sembrava incapace di muoversi.

Si era rialzata con un paletto in mano. Doveva farla finita.

 

“Mi disgusti, Spike. Spero che ti sia divertito abbastanza stamattina. Perché è stata l’ultima volta.”

“…Oh no, tesoro, non ho ancora cominciato a divertirmi.” Aveva riassunto i suoi lineamenti umani. Era un altro, sleale modo, per difendersi? Puntare sulle sue debolezze umane, farle pensare per un attimo che forse loro erano… No, loro non erano uguali. …Però…si era ricordata di Angel. Anche lui, aveva fatto lo stesso, anni prima… Quando era stata a un passo dall’ucciderlo.

 

…Perché diavolo non si alzava? Aveva in mente qualcosa? …Certo, logico, lo sapeva. Non poteva ucciderlo, così. Se si fosse avvicinata, l’avrebbe presa per le gambe, l’avrebbe fatta cadere, e forse non sarebbe riuscita a ucciderlo prima che lo facesse lui. E Spike non aveva certo bisogno di riprendere fiato. Doveva aspettare. Era sempre sdraiato davanti a lei. Era così, che sarebbe morta? Sottoterra, da sola, e uccisa da Spike? In quella maledetta giornata? Improvvisamente, le sembrava così ingiusto. Doveva distrarlo. Forse provocarlo, così si sarebbe rialzato. Non poteva reggere il silenzio.

 

“Mi dici perché diavolo stai facendo tutto questo? Perché moriresti per questo anello? Vuoi essere invincibile per la tua nuova fiamma?”

“Oh no cacciatrice, no davvero. Non farei niente per quella stupida oca. Non è per lei che lo faccio.”

“E allora perché? Perché accidenti sei tornato a rovinare le mie giornate?” Era davvero esasperata.

Sentiva la sua risata soffocata.

“Giusto, io non sono necessario. Le tue giornate sono già abbastanza squallide, me ne sono reso conto.”

“ALZATI, maledizione! E NON immischiarti nella mia vita. Potrei dire lo stesso di te. Quando non sei totalmente ubriaco, passi il tempo a piagnucolare la perdita della tua adorata Drusilla, che, sfortunatamente, pare abbia deciso di passarsi tutti i demoni dell’inferno, ‘TRANNE’ te.”

A questo si era rialzato di scatto. Sorridendo.

 

*Chissà se ti rendi conto, piccola, di quanto sia eccitante per me tutto questo. Ti vedo, sai? Stai tremando… *

 

“Cantamene un’altra, cacciatrice. Ho già sentito anche questa. …Oh sì, tutti i demoni dell’inferno tranne me. Come il tuo ‘Parker’, che si passerà tutte le tue compagne di corso, 'tranne' te. Come il tuo Angel, che ha preferito la vita monastica, pur di non avere, 'te'.” Poi, aveva aggrottato le sopracciglia… “Un momento… chi l’ha detto, questo? Tu lo rendevi ‘felice’, altre possono renderlo almeno ‘soddisfatto’…"

“STAI ZITTO!”

“…E perché? Posso avere ragione, no?" Aveva scrollato le spalle. "…Io mi accontenterei…”

“Mi fai schifo, Spike.”

 

L’aveva detto con disprezzo, ma sentiva le lacrime avvicinarsi. Poteva aver ragione. Era possibile. Assolutamente possibile. Per Parker, era sicuro. Quanto a Angel… L'unica differenza era che lei segretamente cercava di negarlo a se stessa e Spike le sbatteva in faccia la verità.

Spike sogghignava. Perché picchiarla, se bastava così poco a distruggerla? Era così?

 

“Stai indietreggiando… hai paura di me, cacciatrice? Perché mi hai cercato, allora?” Era sinceramente curioso. Aveva fatto un passo verso di lei.

 

Pregava di non perdere la concentrazione. Parlavano perché lui aveva voglia di parlare. Avrebbero lottato quando lui avesse deciso di ricominciare. E lei non voleva morire…

 

"E’ per quello che ti ho detto stamattina? Perché altrimenti tesoro, non ce n’era nessun motivo nè stanotte… nè domani, a dirla tutta. L'anello ce l'hai tu. ...Ma tu sei qui. Speravi di incontrarmi? Sei qui, per dimostrarmi che vali di più, per farmi vedere che avevo torto? E… non solo come ammazzavampiri… E’ così, Buffy? …Eccomi.”

 

Vero. Gliel’avevano detto tutti, che non c’era niente di sbagliato in lei, Willow aveva passato giorni, settimane a tranquillizzarla. Ma perché fosse davvero così, doveva convincere Spike. Senza nessun motivo logico, naturalmente. Lo stesso Spike che non era riuscita a convincere, quando sosteneva che lei e Angel erano solo amici. E aveva ragione lui. E quanto aveva odiato, che avesse ragione lui.

Buffy esitava, istintivamente aveva fatto un altro passo indietro.

 

“…E’ davvero così facile, ferirti? Un povero imbecille che domani può essere morto può farti più male di quanto potrei fartene io? Sei solo la cacciatrice o sei anche una donna? Perché da quello che vedo da qui, hai tutti i numeri per esserlo…"

 

…Accidenti a lui. E adesso come sarebbe uscita da quella situazione? Sentiva tremare, la mano che reggeva il paletto.

 

Poi, avevano sentito il rumore di qualcosa cedere. E dall’alto, cadevano sassolini, e terriccio… Avevano alzato gli occhi, e avevano visto allargarsi la crepa sopra di loro. Poi si era sentito un rumore assordante, ed erano stati investiti dall’intero soffitto del tunnel, che stava gli stava franando addosso. Una trave stava per investirla, e l’ultima cosa che ricordava, era che Spike l’aveva tirata via da lì, prima che potesse colpirla. Poi aveva perso conoscenza.

 

CAPITOLO 4

L’ L’aveva portata nella sua camera d’albergo. Che diavolo gli era venuto in mente? Beh… lasciarla sotto le macerie non gli era sembrato un atto elegante. Neppure per lui. O il più utile. In fondo, era curioso, non era venuta a cercarlo per qualcosa? E aveva davvero voglia di chiederglielo. Osservava il suo viso, il suo corpo esile. Era davvero incredibile, una ragazzina così piccola, e su di lei, l’onere di fermare ‘quelli come lui’. E sarebbe stata la sua terza cacciatrice. Un record. Una volta gli piacevano i record. Gli piaceva vantarsi, no? Ora voleva solo che si svegliasse. E non era mosso da… buone intenzioni.

La prima cosa di cui si era accorta quando era rinvenuta, era il dolore ai polsi. E il dolore alla testa. E che qualcuno le stava disinfettando una ferita sulla fronte. Bruciava.

Aveva aperto gli occhi, e finalmente aveva distinto la figura sopra di lei. Ed era sobbalzata.

 

“Che diavolo stai facendo! Dove sono?”

Ecco perché le facevano male i polsi… la circolazione. E le corde troppo strette. Aveva le braccia sollevate sopra la testa e i polsi legati insieme alla testata del letto.

La guardava con un sorriso ironico, finendo di medicarla.

 

“Come nuova. …O, quasi, nuova…”

Buffy cercava di liberarsi, ma l’unico risultato era procurarsi altro dolore.

Aveva fatto un cenno alle corde, prima di guardarla di nuovo con quell’assurdo sorriso.

Sì… era decisamente meglio da viva.

 

“Troppo strette? Vuoi che le allarghi un po’?”

“Che senso ha tutto questo? Perché mi hai portato qui? Vuoi dirmi dove diavolo ci troviamo?”

 

Si era alzato dal letto, iniziando a slacciarsi i bottoni della camicia. La giacca, già appoggiata ai piedi del letto…

 

“…Interessante conversazione. Continuerai a farmi tre domande per volta?”

 

Sentiva la paura, scorrerle lungo tutto il corpo. Cosa aveva intenzione di fare? Si era tolto la camicia, rimanendo in t-shirt. ‘Perché’ si era tolto la camicia? Oh, mio dio…

 

“…Dimmi dove siamo.”

 

Aveva appoggiato la camicia vicino alla giacca. Si muoveva lentamente. Le faceva paura, la sua lentezza.

E la sua voce, ‘troppo’ calma.

 

“Nella mia camera d’albergo. Domanda numero due.”

“Che cosa è successo?”

“Oh, una piccola frana… solo un’altra parte di questa inutile città rasa al suolo.” Sogghignava.

“…Sei svenuta. E ti ho portata qui .”

“E perché? Che cos’ hai in mente? Torturarmi?”

 

L’aveva guardata inarcando ironicamente un sopracciglio. Si era accorta che erano ancora tre domande, ed era arrossita per la rabbia. Ma aveva notato uno dei suoi paletti sul comodino, con la coda dell’occhio.

 

”…Tu che ne dici, ‘perché’ sei qui, cacciatrice?” Aveva avvicinato il suo viso a quello di Buffy, per guardarla negli occhi… Paura. Bene.

 

Poi si era risieduto sul letto e, abbastanza inaspettatamente, l’aveva slegata. E per farlo le si era avvicinato a sfiorarle l’orecchio con le labbra, intenzionalmente.

 

“…Perché, sei ancora viva? Vuoi scoprirlo?” Le aveva mormorato.

 

All’accenno di contatto Buffy aveva chiuso gli occhi, per il disgusto, e appena libera, si era spostata velocemente, afferrando il paletto.

Spike si era alzato dal letto divertito.

“Ha-ha-ha, dolcezza. Sono immune ai paletti, adesso. Ricordi stamattina? Oh, è grandioso combattere alla luce del sole…”

Con autentico terrore aveva visto la gemma, al dito di Spike.

 

…Perché, non l'aveva ancora uccisa? Non era certa che le sarebbe piaciuto scoprirlo. La porta. Poteva provare a fuggire, non poteva farcela da sola. L’aveva scansato saltando giù dal letto ed era corsa verso l'uscita, ma lui era stato più veloce, l'aveva ripresa e scaraventata di nuovo sul letto.

“Sbagliato, dolcezza. Se vuoi lasciare il mio letto io devo essere d’accordo.”

 

“Che DIAVOLO vuoi da me? Lasciami andare!” Si era rialzata ma lui le si era parato di nuovo davanti sbarrandole la strada.

 

“Mi stai pregando, tesoro? Mi piace, sentirti pregare.”

“Sei un…”

“Aspetta, lo so cosa stai per dire: ‘bastardo’? ‘pervertito’? ‘mi fai schifo, Spike’?”

Si stava decisamente divertendo.

 

Buffy tremava, invece. Cosa poteva fargli, con l’anello in mano sua? Non poteva ucciderlo… e si sentiva ancora debole, dopo la frana…

 

“Qualunque cosa tu abbia intenzione di farmi Spike, non sarà piacevole come credi. E farò di tutto per ucciderti, stanne certo.”

“E che cosa vuoi fare, cacciatrice? Metterti a urlare? Poco intelligente. Lo sai vero, cosa succede se qualcuno accorre in tuo aiuto?”

 

Lo sapeva. Una strage, probabilmente. Altri innocenti uccisi. E lei a osservare. E il risultato non sarebbe cambiato. Come, quanto, lo detestava. …Schifoso, maledetto bastardo. Si era allontanato, indietreggiando ma senza staccare gli occhi da lei. E si stava togliendo la t-shirt.

 

“…Comunque la porta è chiusa a chiave, tesoro. E non ti lascerei il tempo di forzarla.”

 

Cercava di evitare di guardarlo, ma lo…stava guardando. Ora era vestito solo dei pantaloni. Avrebbe voluto essere già morta.

 

“Perché fai tutto questo, Spike? Perché non mi hai semplicemente ucciso, se mi odi così tanto? ”

 

Si era messo a ridere. Perché faceva tutto questo… E perché, la odiava così tanto… Da dove cominciare…

 

“Vediamo… per quegli insopportabili mesi su una sedia a rotelle? Perché hai fatto tornare Angelus? E ‘come’, l’hai fatto tornare. …Perché ho dovuto assistere impotente per mesi ai tradimenti di Drusilla?”

 

“Cosa…”

 

“Ma svegliati, razza di cretina. Cosa credi che facesse Angel nel suo tempo libero, uhm? Ti aiuto: non ha mai giocato a carte con me.”

Aveva visto, con autentica gioia, le lacrime scorrere sulle sue guance.

 

“…e nemmeno Drusilla.” L’ultima frase l’aveva detta tra i denti.

 

“Non… lui non… loro….”

 

E aveva riso, con cattiveria. Davvero non lo immaginava?

 

“Oh, ‘sì’, ‘lui’, sì…” La sua risatina le rimbombava nella testa. Si era portata le mani alle orecchie per non sentire… E lui l’aveva raggiunta e l’aveva presa per i polsi, stringendo intenzionalmente, per farle più male.

 

“ ‘Loro’, ‘sì’. Ora, quindi, ‘tu’, sei qui, per la stessa ragione, stupida ragazzina. Peccato soltanto che dovrò raccontarglielo… e Angel non potrà ascoltare, ‘sentire’… come ho fatto IO… tutto quel maledetto tempo…” Le bisbigliava nell’orecchio, le sue labbra la sfioravano. E stringeva ancora di più. Voleva arrivare a farla quasi gridare.

 

“SMETTILA! STAI ZITTO! Non è vero…”

 

Continuava a piangere. Angel, Drusilla. In fondo, lo aveva sempre saputo. E Spike aveva assistito. Ma non era stata colpa sua, lei non sapeva, non voleva, lei non aveva nessuna colpa… Pagare, di nuovo, come sempre, per colpe non sue. Sentiva montarle dentro un dolore, e una rabbia, impotente… Era così stanca. Maledettamente stanca, terribilmente stanca…

 

Spike aveva sospirato, alzando gli occhi al cielo, in una finta rassegnazione.

 

“Come vuoi, tesoro. Torna su quel dannato letto.”

Aveva sollevato il viso a guardarlo, la voce piena di disprezzo.

 

“Vai all’inferno, Spike. Preferisco morire, piuttosto.”

 

L’aveva presa per le spalle e Buffy si era scostata, e gli aveva dato uno schiaffo. Ma le aveva restituito il colpo, facendola cadere a terra. Perdeva sangue dalle labbra lei, adesso. E aveva la vista annebbiata per le lacrime.

 

Difficile, controllarsi. Vedere il sangue sulle sue labbra l’aveva eccitato. Si era trasformato, l’aveva sollevata di peso e l’aveva baciata con ferocia, succhiando avidamente il sangue dalla ferita sulle labbra. La sentiva colpirlo, strattonarlo, sentiva che avrebbe urlato, se avesse liberato la sua bocca. Ma ignorava il dolore dei suoi colpi.

Forse, non era proprio riuscito a concentrarsi su nient’altro che l’emozione per il gusto del suo sangue. Così dolce. Così eccitante. Doveva farla stare ferma.

 

E lui doveva calmarsi. Aspettare. L’aveva rimessa sul letto, e le aveva rilegato i polsi. Aveva riassunto il suo volto umano. Era rossa in viso, e quegli occhi…

 

“…Peccato”, le aveva sibilato. “Potrebbe essere meno penoso, tesoro. Non che non lo trovi divertente lo stesso.”

 

Poi aveva preso a baciarle le tempie, una guancia, il collo, poi la gola, e l’aveva graffiata, solo per farle un piccolo taglio superficiale, non voleva realmente ucciderla… non ancora. Voleva solo osservare il piccolo taglio, e il sangue che ne usciva. La ferita si sarebbe rimarginata presto.

 

Buffy si era sforzata di soffocare le grida per il dolore. Il dolore ai polsi era terribile. Ma sapeva che sarebbe stato felice, di sentire quanto le stesse facendo male, e non voleva concedergli la soddisfazione. Era sempre più terrorizzata.

 

Aveva sollevato di nuovo lo sguardo su di lei, quando il sangue della ferita sul collo si era fermato.

 

Ora le sembrava quasi che… volesse calmarla, tranquillizzarla. Non aveva mai fatto davvero caso, agli occhi di Spike. Al colore dei suoi occhi… Begli occhi. Era un’esperienza fissarli. Non ricordava nemmeno di aver mai ‘parlato’ così a lungo, con Spike. Beh pensava, non era neppure mai stata legata a un letto con un’aspettativa di vita così corta, in compagnia di Spike. Che adesso aveva ripreso a parlarle, con un tono sprezzante.

 

“Lo sai cacciatrice? L’ultima volta che ti ho visto… Aspetta… anche la penultima… mi hai detto che ero ‘patetico’. Poco gentile, da parte tua..”

 

“Ho detto solo la verità.” La sua voce era debole, rotta dal pianto. Le bruciavano le labbra, si era passata la punta della lingua sulla ferita, involontariamente, ma… questo… non sapeva neanche, che poteva essere un gesto da non fare, con Spike che non le toglieva gli occhi di dosso, e che sembrava essere affascinato, adesso, dalle sue labbra…

 

“…Concesso. E noi siamo sinceri l’uno con l’altra, è così?”

“Dannazione che altro vuoi da me, Spike?” Tremava violentemente. Anche con il corpo di lui, a tenerla ferma sul materasso. Le aveva accarezzato una guancia con il dorso della mano, ora… apprezzando la sua pelle vellutata.

 

“…Prima, volevo solo vederti morire. Ma ora… credo di trovare più interessante vedere a cosa sei capace di arrivare per sopravvivere.”

“Cosa…”

“Il tuo tempo, oggi.” L’aveva interrotta. “Questa giornata, qui. Con me. Compiacente… per quanto possibile. ‘E’, senza una sola lacrima. Le lacrime sono così inutili, tesoro…”

 

Buffy pensava alla prospettiva, a quanto fosse orribile. Aveva chiuso gli occhi, pregando che fosse solo un incubo, e Spike continuava a parlarle…

 

“…Se lo farai, non solo non ti ucciderò, ma domani, non sarò più a Sunnydale. Mi basterà il ricordo… e soprattutto, sapere quanto sarai disgustata da tutto questo. …E se muori, non potrai ricordartelo…”

 

Aveva riaperto gli occhi, e lo vedeva sorriderle con cattiveria.

 

“E ti chiederai, QUANDO, avrò incontrato Angel. Quando sarà avvenuto, che… beh, per un quarto d'ora, almeno… Sì, credo di sì… quel quarto d’ora in cui avrò TUTTA la sua attenzione..."

 

Mentre le parlava le aveva fatto scorrere una mano lungo i fianchi. E le dita dell’altra, giocavano con il suo ombelico. Le aveva sollevato la maglietta. Non che non se ne fosse accorta, solo… pensava a quello che le stava dicendo. Fino adesso. E il pensiero di Angel le aveva causato una morsa di dolore allo stomaco. Dolore che Spike aveva notato, e il suo sguardo si era indurito.

 

*Vivi ancora nel ricordo di Angel… povera cacciatrice. Oh, sì. Lasciarti vivere è il peggio che ti possa capitare. E rovinarti quante più ore possibile è il meno, che ho intenzione di fare.*

 

Prima di parlare Buffy aveva sentito l’inspiegabile bisogno di schiarirsi la gola. Quel brivido di freddo. Familiare. Il ricordo, delle mani di un vampiro sulla sua pelle. Non era possibile dimenticarlo.

 

“E che cosa... cosa succede, se dico di no?”

“Direi che ti ucciderei, dopotutto. Ma vedi, il punto è che non puoi, dire di no. Semplice. Non hai scelta. Sei debole, legata al mio letto e forse, non hai nemmeno voglia che io smetta… dimmi che mi sto sbagliando…”

 

Si stava rilassando sotto le sue carezze.

Era delicato. E non spiacevole. Ingiustamente, illogicamente, maledettamente delicato. Strano effetto fa la paura, o la rabbia, pensava… E più la feriva a parole, più gentile diventava il suo tocco. Beh era stato un allievo di Angelus, giusto? E sembrava aver imparato bene gli insegnamenti. Perché doveva essere diverso, Spike? Come diavolo se lo era immaginato fino adesso? Pensava che Spike fosse soltanto il vampiro indebolito e affranto che aveva chiesto il suo aiuto due anni prima? Il vampiro disperato, ubriaco e patetico dell’anno scorso? Chissà quante altre e ben peggiori torture aveva subito, Spike, nella sua esistenza. Come aveva potuto sottovalutarlo tanto?

E quando, aveva mai pensato a Spike in questo modo, prima?

…Voleva, che smettesse? …Aveva ragione lui?

 

…Era morbida. Era tutto quello a cui Spike riusciva a pensare, in quel momento, morbida… calda e leggermente abbronzata. E si era fermato un istante a considerare il contrasto, tra la sua carnagione pallida contro quella dorata della cacciatrice… un bel contrasto.

 

Angel… com'era lontano adesso Angel... *Mi ha lasciato per una vita normale… Eccola, la mia ‘vita normale’, Angel… Dove sei, adesso?*

La voce ora le era uscita più ferma.

 

“Spike, ti prego io non… conto niente, in tutto questo. Non hai bisogno di me, per tutto questo…”

 

Vero, in parte. Spike lo sapeva. Non aveva bisogno di lei. Drusilla non sarebbe tornata comunque per questo, in fondo. E Angel, aveva davvero voglia di rivederlo? …E... persino dal suo punto di vista, Buffy non aveva tutte le colpe.

 

…Così morbida. Indifesa. Impaurita. E aveva ancora il sapore del suo sangue sulle labbra…

...In fondo, perché perdere tempo a stabilire chi dei due avesse sofferto di più? La vita non è giusta… perché avrebbe dovuto lasciarla andare?

 

"...Allora, diciamo che sei qui perché sei bella, cacciatrice.” Le baciava il collo. Buffy tremava, non sapeva più, realmente, se di paura.

 

“E io ti voglio.” Stava scendendo verso il seno, adesso.

 

“E posso averti.” Sentiva le sue labbra scorrerle sul ventre.

 

“Sono… bella?”

“E desiderabile.” Un bacio all’ombelico.

“E eccitante.” La sentiva tremare.

La bocca, scendeva all’inguine. Buffy deglutiva a fatica. Sentiva la stanza girare.

Poi aveva perso la cognizione del tempo, del dove si trovavano, del pericolo, di tutto tranne che del perché. Le sue dita si erano fatte strada tra i jeans che aveva slacciato quasi senza che lei se ne accorgesse e avevano indugiato un istante sulla sua biancheria intima. Un istante. Non aveva accennato alla minima resistenza…

Aveva chiuso gli occhi, inspirato profondamente… accettato?

 

Non si era neanche accorta, di aver sollevato i fianchi per permettergli di spogliarla più facilmente. Osservava compiaciuto la scelta della seta, “Sapevo, che doveva essere seta…”, aveva detto, forse. Non ne era molto sicura.

 

Era andata un istante col pensiero alla corda che le teneva bloccati i polsi. Poi, al pensiero che le aveva tolto i jeans, ‘quasi’ con la sua collaborazione.

 

Era una sensazione così diversa. Comunque fosse finita, al momento il pensiero più consolante era che non era colpa sua, non sarebbe stata colpa sua… non lo voleva, giusto? E l’avrebbe lasciata vivere… Forse aveva ragione, per sopravvivere, forse avrebbe accettato quello che le aveva chiesto, forse non era poi così nobile, come si era sempre detta di essere, dopotutto… E poi, c'era il fatto che Spike...forse... non avrebbe potuto deriderla. Non avrebbe avuto motivo di farlo, visto che era una violenza. E questo era liberatorio. O forse, era perchè… le sue dita, si erano fatte strada fino a toccare i suoi punti più intimi, e non le aveva fatto male… Si era stupito anche lui. Non pensava possibile che fosse…

 

E… Era differente. Era una sensazione completamente, totalmente, sconosciuta, impossibile averla mai provata, prima. Le sue mani erano… fresche, e nemmeno Angel... questo... non l’aveva fatto. Sentiva il suo corpo inarcarsi sul letto, indipendentemente dalla sua volontà, e le era sfuggito un gemito. Si sentiva stordita. Cercava di dimenticare che ci fosse Spike, lì, con lei…

 

E Spike non aveva saputo resistere alla risata.

“Oh, beh, ma allora è davvero facile, cacciatrice… Sei una sorpresa…”

 

...E la realtà era bruscamente tornata, come un secchio d’acqua gelata addosso. Ma aveva davvero voglia, di lasciarsi andare alla rabbia?

 

Si era accorto del suo singhiozzo soffocato. E si era maledetto, silenziosamente, per quella frase inutile. Ma era sorpreso, non aveva semplicemente pensato, che quello che aveva in mente di fare potesse mai avvenire con Buffy… partecipe. …Né, che fosse così piacevole osservare le sue reazioni. Non era così, che doveva andare. L’aveva costretta a guardarlo.

 

“Le lacrime non fanno parte dell’accordo, tesoro. Non piangere.”

 

“Io non… io non ho detto sì, all’accordo…”

 

Con le dita le aveva asciugato le lacrime. Poi aveva rischiato, Buffy avrebbe potuto fargli male… e l’aveva baciata. Non aveva provato a ferirlo a sua volta...

 

 

...Spike la stava baciando. Ed era… bello. E sbagliato. Era un atto vile. Che non sarebbe mai avvenuto se non avesse avuto quel maledetto anello al dito. Un bacio rubato. Come altre cose, che stavano per esserle prese contro il suo consenso. Ma era… bello. Non aveva saputo impedire alle sue labbra di schiudersi… Alla sua lingua di giocare con quella di Spike. Come se fosse un bacio vero… Lui non l’aveva forzata a farlo. E tanto meno aveva esitato, quando infine lei aveva risposto. Non l’aveva baciata con violenza, come aveva pensato di voler fare. Non aveva morso le sue labbra, per assaggiare il suo sangue, come aveva fatto prima. Era stata lei, a farlo diventare più appassionato...

 

...Dopo un' accenno di resistenza, aveva sentito le sue labbra schiudersi e dargli più facile accesso. Avrebbe giurato, che lo stesse invitando, provocando. Ma si sbagliava di certo, non poteva essere.

 

Poi con riluttanza si era allontanato dalla sua bocca, e aveva soffocato un gemito, quando l’aveva rivista, passarsi la punta della lingua sulle labbra, sembrava, a volerlo tentare a baciarla di nuovo. Se ne rendeva conto, lei?

 

Quanto a baciarla poteva evitare di farlo. Poteva fare ben altro. Poteva fare di peggio. E invece aveva catturato di nuovo le sue labbra, mentre le mani erano risalite fino al petto, e giocavano con l’allacciatura del reggiseno.

 

“Questo è un sì, cacciatrice?” Aveva detto, con una voce meno sicura di prima, lasciando le sue labbra.

 

“…Non… ho scelta, giusto?”

 

Aveva avuto bisogno di riprendere fiato per rispondergli, e anche la sua voce, non risuonava più così aspra.

 

“…Ripensandoci, sì, puoi scegliere. C’è sempre, una scelta.”

 

Aveva abbassato la bocca sul suo seno, baciando e mordicchiando, senza farle realmente male. Era riuscito a slacciarle il maledetto indumento, quante cose non necessarie, avevano le donne. Drusilla non lo portava mai. Era andato per un istante all’immagine di Drusilla. …E adesso le aveva fatto male. Aveva sentito il suo grido… Si era calmato immediatamente, leccando con la lingua la piccola ferita, poco distante dall’aureola , il punto più sensibile… Le avrebbe fatto ancora più male in quel caso.

 

E continuava a giocare con le dita, facendole scorrere liberamente sul suo piccolo seno. Osservava il suo petto, sollevarsi e abbassarsi al ritmo del respiro. Buffy cercava disperatamente di ignorare quanto piacevoli fossero le sue carezze. Quanto fosse rimasta sconvolta dalle sue mani, un attimo prima. Quanto volesse essere ancora… toccata da lui. E in fondo, anche il dolore per il suo morso, aveva sempre con sé una punta di un sentimento diverso, che leniva il dolore fisico… Ricordava ancora troppo bene, cosa volesse dire, l’intimità con un vampiro, ‘sapeva', cosa voleva dire essere morsa da un vampiro. Stava sollevandole la maglietta. Voleva togliergliela.

 

“Vuoi dire che… se ti dicessi di no, tu… potresti lasciarmi andare?”

 

Aveva abbassato di nuovo la testa sul suo petto, facendo scorrere le labbra - fredde, gelide, mentre Buffy si sentiva bruciare, e non riusciva a capire se per l’imbarazzo, la vergogna, l’eccitazione o l’umiliazione, o semplicemente il desiderio- sul suo seno, e poi aveva catturato un capezzolo tra le sue labbra, gentilmente… Aveva chiuso gli occhi.

 

Perché, era così gentile? Perché questa insulsa, odiosa, petulante ragazzina bionda legata al suo letto gli faceva provare il desiderio di non essere brutale, violento, perché era ancora viva? E com’era delizioso, il profumo, sulla sua pelle.

 

“Vuoi andartene, Buffy?”

 

Aveva un suono strano, pronunciato in quel suo accento curioso, il suo nome. E aveva anche avuto un effetto, strano. L’aveva fatta sentire per un attimo una ‘persona’ ai suoi occhi. Non il nemico, non la cacciatrice. Una donna? …Forse. Era per questo, che l’aveva cercato… no? Voleva andarsene?

 

…A piangere, a commiserarsi, a sentirsi tremendamente sola, e in lotta contro il mondo e i suoi abitanti. Con i suoi ricordi cupi. E lontano, da quelle labbra, da quelle mani, e da quella voce, che le faceva venire i brividi. E che le aveva detto che era bella. E desiderabile. E eccitante. Lei, che non si sentiva desiderabile per nessuno.

 

Perché gliel’aveva chiesto? E se avesse detto sì? L’avrebbe fatta andare via così? E cosa voleva dire, essere così generosi? Lui ‘non era’, generoso. E lei aveva poco da scegliere, a dire la verità. La domanda che le aveva fatto non aveva il minimo senso, eppure se lei avesse detto sì, in quel momento sentiva che avrebbe potuto…sì, avrebbe potuto lasciarla andare. Non, che l’avrebbe fatto, alla fine. L’avrebbe uccisa. Questo lo aveva rassicurato. Peccato, però.

 

“No, Spike.”

Aveva sollevato la testa. E la guardava stupito. *No? Aveva detto: ‘No’?* Le aveva sorriso.

 

“...Forse non dovresti, fidarti così tanto di me, tesoro. Potrei non mantenere il patto…”

 

Voleva ignorare la cosa. Era un’informazione che conosceva.

 

“Spike, dicevi davvero prima?”

“Cosa?”

“Che… sono desiderabile?”

 

Era questo. Ma cosa diavolo erano riusciti a farle in quei due anni? Beh qualunque cosa avessero fatto, c’erano riusciti. Si era stupito a pensare che voleva indietro la ‘sua’ cacciatrice. Quella spavalda, sicura di sé, quell’odiosa piccola ragazzina che non era mai riuscito a sconfiggere. In quanti modi poteva farla soffrire, adesso. Poteva persino abusare di lei e poi scegliere. Dissanguarla, o lasciarla lì, legata, denigrandola. Disprezzando le sue ‘prestazioni’. Forse, questo sarebbe stato ancora peggio. In fondo lasciarla vivere era peggio. Lo pensava davvero adesso.

 

E non aveva bisogno di nutrirsi, inoltre.

E c’erano una quantità, di inoltre. Perché era tornato, perché aveva voluto rivederla, Drusilla e le sue accuse, e il suo rifiutare la realtà. E i suoi occhi che lo guardavano, adesso, aspettando una risposta.

 

“Chiudi gli occhi”

“Perch-"

“Non ti farò male.”

“…D’accordo.”

 

Aveva iniziato a baciarle la fronte, le tempie, l’orecchio, giocando con il lobo, mordicchiandolo e facendola fremere leggermente. Ma aveva tenuto gli occhi chiusi, come le aveva chiesto. Poi era sceso al collo, avvertendola irrigidirsi di nuovo.

 

“Non ho intenzione di morderti…”

…E il suo respiro si era gradualmente normalizzato. Poi le aveva baciato la spalla, il braccio, il gomito, i polsi… e infine l’aveva liberata.

 

“…Fatto. Non è facile rilassarsi legati a un letto, vero tesoro?”

 

Aveva sorriso. Era il primo sorriso…di sollievo, che le vedeva comparire sul viso, da quando l'aveva vista quella notte. E non aveva aperto gli occhi.

Finalmente aveva potuto abbassare le braccia…

 

“Tu vuoi che… mi rilassi, Spike?”

Improvvisamente si sentiva combattuto, dal desiderio di essere gentile – in fondo, non gli era mai piaciuto trattare male una donna- e quello di ferirla. Era la cacciatrice, NON era una donna.

 

“Sono un egoista, tesoro. Lo faccio per me. Non potevo toglierti la dannata maglietta, con i polsi legati al letto. E se sei rilassata, io mi diverto di più. Adesso alzati.”

 

L’aveva fatto, lasciando che lui la spogliasse. Poi

l’aveva osservato fare altrettanto. Se… non fosse stato un assassino. Se non fosse stato che si odiavano. Se non fosse stato Spike… Qualcosa di irrazionale in lei, le aveva fatto apprezzare quello che vedeva. O forse, non era irrazionale… forse era una semplice ammissione… Infine l’aveva presa per le braccia, interrompendo quello strano flusso di pensieri, e condotta di nuovo sul letto, e l’aveva seguita.

 

E si era sentita afferrare dal panico. E il panico l’aveva trasformato in rabbia. E la rabbia l’aveva trasformata in parole di disprezzo. E se fossero state le sue ultime parole, pazienza…

 

Semplicemente, le era tornato in mente Parker. Che l’aveva rifiutata. E Angel, o il suo alter ego demoniaco, poco le importavano le distinzioni, al momento, e tutto il dolore che aveva portato nella sua vita, e le parole che le aveva detto ‘dopo’, “no, sei stata brava, avrei giurato che fossi una professionista”, con quel suo sorriso sardonico, e adesso si trovava imprigionata seminuda con uno dei ‘figli’ di Angel, solo perché ‘poteva’ farlo, e stava per approfittarsi di lei, e poi l’avrebbe derisa, come aveva fatto Angel, e rifiutata come aveva fatto Parker.

 

“Lasciami andare, vattene, ti odio, non toccarmi!”

 

E aveva approfittato delle mani di nuovo libere per graffiarlo, colpirlo, allontanarlo, il più possibile da sé. Con un calcio lo aveva fatto cadere dal letto, si era alzata, aveva preso la maglietta per coprirsi, mentre lui era ancora a terra. Però doveva passargli accanto per andare alla porta… era stato fin troppo facile prenderla per le caviglie e farla cadere. La bloccava a terra con il suo peso.

 

“Non è leale dolcezza. Non erano questi gli accordi.”

“IO NON scenderò MAI a patti con te, Spike. Se mi vuoi avere, mi avrai morta.”

“Perché stai facendo tutto questo casino, Buffy? Davvero non ti capisco. Non mi sembravi così disperata, fino a un momento fa.”

 

Si era messa a ridere amaramente.

“Non ti divertiresti, Spike. Non ne vale la pena… ti prego, non farlo…”

 

“…Lascialo decidere a me, questo.”

Si era rialzato. Buffy si era rannicchiata a terra, le ginocchia tra le braccia. Non doveva piangere… non era così facile, però, impedirselo.

 

“Alzati… PER FAVORE, alzati.”

 

Aveva preso, incerta, la mano che le aveva offerto per rialzarsi. Si chiedeva se il motivo della sua improvvisa preoccupazione fosse la somiglianza del suo comportamento con quello di Drusilla. Di certo, ora non doveva sembrargli, molto in sé.

 

“E si può sapere perché adesso sei così gentile con me? Vuoi dirmi che cosa hai in mente, Spike? Mi hai rapito. Mi hai ferito. Mi hai baciato…”

“E ho iniziato qualcos’altro. E non ho finito.”

 

L’aveva attirata a sé, voleva sentire il calore della sua pelle nuda.

E il contatto, la vicinanza, forse la improvvisa intimità di poco prima, non le avevano causato la repulsione che provava all’inizio, era quasi… confortante, che la stringesse a sé. Soprattutto, aveva capito che era determinato. Che non l’avrebbe commosso con le sue lacrime. Doveva cercare di calmarsi.

 

 

...Era così bello, sentire il suo piccolo corpo caldo, il

contatto con la sua pelle… Sentire il suo cuore battere… Non avrebbe potuto prevederlo.

 

 

...Poteva approfittare di questo momento di calma… forse non le avrebbe negato almeno questo, no?

 

“…Spike ti… ti chiedo un favore. ...So che non ho nessun motivo per credere che lo farai, ma te lo chiedo lo stesso. Per favore… per favore non dirmi niente dopo. Vattene, o uccidimi… ma ti prego dopo non dirmi niente.”

 

 

Ma invece, era solo questo che voleva, Spike, no? Non gli interessava l’atto in sé, giusto? Le avrebbe preferito qualunque altra donna… Non poteva prometterglielo…

 

“Non… riderai… di me?”

 

Aveva sollevato il viso a guardarlo con gli occhi umidi.

 

“…No, cacciatrice. Non riderò di te.”

L’aveva presa in braccio. Era così leggera. Buffy lo guardava, gli aveva passato una mano sul viso, poi l’aveva attirato a sé, e lo aveva baciato. Era un grazie? Si era lasciato baciare, condurre da lei. Sentiva il desiderio di perdere il controllo, di affondare ancora i denti nel suo corpo. Sfogarsi, finalmente. Perché si stava controllando? L’aveva riadagiata sul letto, e lei lo aveva attirato a sé, gli aveva passato una mano sul petto, per poi scendere, fino ai suoi boxer…

Cosa stava facendo, adesso? Aveva in mente qualcosa? Le sue mani gli avevano provocato un brivido che non doveva provare.

 

“Buffy…”

“Per favore Spike…”

 

Lei, voleva solo che tutto finisse, e in fretta. Voleva che la tensione diminuisse, aveva accettato definitivamente la situazione, una piccola parte di sé sperava anche che forse dopo l’avrebbe lasciata finalmente in pace… O forse era stata la sua improvvisa, apparente, preoccupazione per lei…

 

 

Sentire la sua voce, improvvisamente un sussurro, chiedergli... cosa? Come se… stesse aspettando, che lui facesse, qualcosa, e non pregasse più, invece, che lui non facesse nulla. Non riusciva a resistere al desiderio di ricoprire di baci la sua pelle nuda. Senza rendersene quasi conto stava scendendo di nuovo verso il suo stomaco, e più in basso. Buffy… si stava abbandonando alle emozioni, senza più cercare di combatterle. Non era possibile.

 

 

Quante volte lo aveva immaginato? Quante volte aveva creduto solo di essere un pazzo, ossessionato, quante volte aveva pensato assurdamente a un momento del genere? Le aveva abbassato i boxer di seta. Ora era lì, completamente nuda, in suo potere, su quel letto, così piccola, e così bella. E sembrava volere che lui continuasse…

 

 

Si stava chiedendo, chissà poi perché, se non fosse troppo, per lei. Sembrava una bambina. Uno spietato killer, certo, una bambina mortale. Ma inesperta, assolutamente indifesa adesso. Con un demone senz’anima nel letto che l’aveva picchiata, le aveva succhiato il sangue dalle labbra mentre la baciava, e al quale nonostante tutto il suo corpo rispondeva, chiedendogli di non fermarsi.

 

 

William si sarebbe fermato. Ma William era morto. William era stato ucciso, la sua anima mandata all’inferno, e adesso lui era solo un mostro che viveva di sensazioni. E il mostro era tornato in superficie. Affondando i canini nella carne morbida, all’interno della sua coscia. Godendo, del grido di dolore che questo aveva provocato. E poi, come faceva sempre dopo averla morsa, asciugava la ferita con la lingua. Buffy la sentiva scivolare, verso una delle sue zone più sensibili. Ruvida, quando il demone prendeva il sopravvento e si nutriva, era una sensazione così diversa, violenta, quasi insopportabile, e sembrava finire sempre troppo…presto.

 

Ora, non si era più fermato. Troppo faticoso mantenere il controllo, e soprattutto non voleva più fermarsi. Non voleva più controllarsi. …E Buffy neanche. Aveva superato il momento in cui rifiutava, in virtù di quello che era, perché “tutto questo è sbagliato”, “perché tu sei la cacciatrice e lui è un vampiro”…

 

Lui, era un vampiro che non le aveva mai mentito. Aveva sempre detto che la voleva morta e aveva sempre provato a ucciderla. Facile, onesto, lineare. E prima, si era accorto della sua paura. Ed era stato capace di baciarla quasi dolcemente. Non le importavano i suoi secondi fini. Tutti ne hanno, e Spike non ne aveva fatto mistero. Di cosa poteva accusarlo, in fondo? Lei ‘era’, un suo nemico… Come altrimenti avrebbe dovuto trattarla?

 

Assaporava il suo corpo. Felice, nel vedere i suoi fianchi sollevarsi, quasi inconsciamente…Deliziosa, più del suo profumo… ed eccitata. Era risalito al suo ventre, sostituendo la sua lingua con le mani, un istante, per allontanarle subito dopo, sentendola sospirare per il piacere del contatto, e il piccolo, sicuramente involontario, sospiro di frustrazione, quando le sue mani erano uscite da lei.

 

Buffy aveva stretto le lenzuola, per sfogare, in qualche modo la tensione insostenibile, ora aveva raggiunto le sue spalle e affondato le unghie nella sua schiena. Non aveva più i lineamenti demoniaci, adesso, e poteva guardare i suoi occhi, più cupi, e poteva leggerci dentro il desiderio… ‘per lei’. Non era vendetta, adesso, rivalsa, volontà di farle del male, di distruggerla… Non c’era niente di tutto questo, nello sguardo che le rivolgeva adesso. O nel bacio che le aveva dato ora…

Sentiva che non voleva aspettare di più. Voleva ‘sentirlo’, dentro di sé. E temeva che se l’avesse capito, o se gliel’avesse chiesto, lui non l’avrebbe fatto, un’altra piccola tortura… Spike aveva interrotto il bacio.

 

“Cacciatrice… Se c’è qualcosa che vuoi che io faccia dimmelo...”

“C-cosa…”

 

Era così evidente? Le sorrideva, senza derisione, però. Poi era tornato ad occuparsi della sua pelle, ricoprendo di piccoli baci la zona tra il collo e la spalla, continuando a parlarle, sottovoce.

 

“Non ti vergognerai di me, tesoro… Non ne avresti motivo… Non riesco a pensare a niente che mi imbarazzerebbe, e a niente che non ti farei…”

 

“I-io non… ho mai…”

“Uhm?”

“…chiesto…”

 

…Davvero, una bambina. Che aveva paura persino di chiedere… Aveva provato un sentimento improvviso, simile alla tenerezza, adesso. “Per”, Buffy…

 

“Impara, cacciatrice. Prova con me.”

 

Aveva sospirato, cercando le parole, e di superare l'imbarazzo.

 

“…Le… le tue mani… Spike…”

“Dove, tesoro?”

“S-su di me… dentro di me…”

 

Le aveva sorriso. E aveva provato uno strano piacere, nell’accontentarla… Non smetteva di guardarla. Le sensazioni che attraversavano il suo volto, il rossore appena accennato, e il lieve sorriso, che le sue carezze provocavano.

E non era riuscito a essere altro che gentile, attento a non farle male, curioso di scoprire quali fossero i suoi punti più sensibili.

Aveva tenuto gli occhi chiusi, aveva paura di guardarlo, paura che le leggesse negli occhi quello che provava, per quello che ‘lui’, le stava facendo. Lui, che fino a pochi momenti prima l’aveva ferita e picchiata. Impossibile, no... incredibile, fosse capace anche di tanta gentilezza.

 

Aveva aperto gli occhi, e quello che aveva visto, l’aveva sconvolta. Spike la guardava, con un’espressione affascinata, come se stesse guardando la… donna che amava. …O almeno, quello sguardo… Almeno così, le era parso…

 

Ignorando, o forse sorridendo, dentro di sé, della immancabile battuta che le aveva rivolto,

“Giochi col fuoco dolcezza…”, era andata ai suoi boxer, abbassandoli. L’aveva aiutata a spogliarlo. Gradualmente stava guadagnando sicurezza in se stessa. Forse era il pensiero che avrebbe potuto ucciderla? No, non era più questo… E adesso, osservava lei, le espressioni sul viso di Spike. Stupita, da quanto il suo tocco potesse avere tanto effetto su di lui, un assassino, un demone… che fremeva per le sue carezze.

E che stava per perdere il controllo un’altra volta, e lottava per non farlo…

 

“Buffy…”

“Fa… fa l’amore con me, Spike…”

 

Aveva avvertito come un... ringhio, soffocato, nella sua gola… Poi, l’aveva presa per le spalle e voltata di nuovo con la schiena al materasso.

 

E l’aveva baciata, con passione, come se volesse distrarla, impedirle di cambiare idea, farla concentrare su qualcos’altro, e ancora, dolcezza, e ancora, il desiderio di... non farle male. Doveva essere pazzo.

E il momento in cui aveva sentito il suo corpo caldo abbandonarsi e accoglierlo, il suo calore circondarlo, avvolgerlo, trascinarlo sempre più vicino…

Aveva iniziato, inconsciamente a muoversi sotto di lui… come se fosse davvero la prima volta. …Tutto quello che era successo fino a quel momento, era stato una prima volta. E quello che sentiva ora, era una prima volta.

 

Non poteva credere a quello che era successo, e alla gioia che quella scoperta le aveva fatto esplodere dentro… ‘Lei’, ancora non riusciva a credere che fosse vero, aveva fatto l’impossibile… era stata capace di trasformare un demone in un… amante.

 

…Lei, che non aveva creduto finora di essere capace di fare altro che... il contrario. Avrebbe voluto dirglielo, ma… lui non avrebbe capito.

 

 

Sentiva di essere quasi in paradiso. Non era vero, non poteva star succedendo davvero, semplicemente non poteva essere che quella ragazza bionda che lo stava guardando, a pochi centimetri da lui, fosse vera, fosse viva, e fosse Buffy. Si sarebbe svegliato. Sicuramente. E non voleva svegliarsi…

 

 

Gli aveva passato una mano sul viso, voleva che la guardasse, voleva, ancora, vedere i suoi occhi. Guardarlo. Per una qualche ragione credeva fosse importante, cercare di leggere nel suo sguardo che cosa provava lui, in quel momento. E non era descrivibile, quello che aveva visto. Quello che ‘lei’, aveva fatto…

Era spaventata…e inspiegabilmente, assurdamente, felice. Questo era di certo diverso… Ed era meraviglioso. E ne era terrorizzata.

 

“Spike…”

“…Lasciati andare, tesoro…” le aveva detto, con una voce soffocata, quasi implorandola.

 

E l’aveva fatto, l’avevano fatto entrambi. Meraviglioso. Accecante, e quasi insopportabile, il piacere che aveva provato Buffy. *Cosa... cosa sta sentendo, lui...?*

E un attimo prima, solo un attimo prima, gli aveva chiesto di chiamarla per nome, e lui glielo aveva mormorato sulle labbra… Poi si erano abbandonati l’uno nell’altra, lo sentiva fremere sulla sua gola, come se cercasse di impedirsi di approfittare del momento…

“…fallo, Spike, non ho paura di te…”

 

E aveva finalmente ceduto al desiderio di bere da lei, in quel momento. Era stato meraviglioso aver aspettato, perchè ora era così diverso…

Ed era diverso anche per lei. Perché sembrava quasi un atto d’amore, questo.

 

...Poi l’aveva sentito finalmente rilassarsi, si era staccato da lei e... l’aveva abbracciata, stretta, non voleva lasciarla andare completamente... e quel gesto così… umano…

 

 

“…Ora… ora posso piangere, Spike?”

 

Aveva sollevato la testa. Le aveva sorriso, accarezzandole una guancia. Non... sembrava che avesse voglia di deriderla, dopotutto...

 

In realtà, stava solo cercando le parole giuste per risponderle.

 

“…Io... io credo che tu abbia già pianto abbastanza, cacciatrice...” , aveva mormorato.

 

Gli aveva restituito il sorriso. Avrebbe voluto che fosse così, ma non ne era molto convinta.

 

“…C’è… sempre un motivo per cui piangere, credo…”

 

Ora la guardava, serio. Voleva capisse, che intendeva davvero, quello che le stava per dire.

 

“...E allora, tu risparmia le lacrime per i motivi giusti.

E impara a capire se chi ti sta parlando è un idiota. E quel ragazzino, stamattina... aspetta ieri mattina..." Si erano sorrisi.

"...era un idiota...” Continuava ad accarezzarle il viso, dolcemente.

 

“...Perché… mi stai dicendo questo adesso? Io non…”

L’aveva baciata, di nuovo. E lei l’aveva abbracciato, stretto a sé, mentalmente perdonandogli tutto quello che era successo prima… anche se lui non le aveva chiesto scusa, in realtà… non l’aveva fatto, giusto? E allora perché…

Ma ci avrebbe pensato dopo… Ora era stanca, esausta… Sì… ne avrebbero parlato dopo…

Spike l’aveva sollevata e messa delicatamente sotto le coperte. Poi l’aveva seguita, l’aveva abbracciata, l’aveva baciata lievemente, infine aveva posato la testa sulla sua spalla, la bocca a sfiorarle il collo. Delizioso, il lieve contatto della sua bocca…

 

“Spike…”

“Shhh… dormi, tesoro…”

“…Io…volevo dirti…”

 

Ma non la stava più ascoltando. Sì era addormentato. Aveva osservato il suo viso sorridente, soddisfatto. …Felice? Non avrebbe potuto dirlo. Fino a quando il sonno, infine, aveva raggiunto anche lei.

 

Al risveglio, 'naturalmente', aveva detto... Spike non c’era. In fondo, non ne era neppure più di tanto stupita.

 

Ma incredibilmente per la prima volta, sentiva di non essere stata, realmente abbandonata. Aveva trovato del succo d’arancia e delle ciambelle sul comodino. Vicino al paletto. Aveva sorriso. E poi, aveva trovato altre due cose.

 

Quello che davvero l’aveva stupita, era stato trovare la gemma sul tavolino, e sotto di essa, un biglietto.

 

“Niente di personale, dolcezza”, diceva. “ ‘Dovevo’, andare via. …Per una volta ho rispettato un accordo. Quanto alla gemma, fai quello che devi fare. Non è così che voglio ottenerla. Non cercare una logica, io non lo sono…” aveva sorriso. E il sorriso, era diventato anche più luminoso, quando aveva letto l’ultima frase…

 

“Nel nostro accordo non era detto che non avrei potuto tornare, vero cacciatrice? La prossima volta che ci incontreremo, devo ricordarmi di chiedertelo. – Spike.”

 

fine