Author: Anyanka72
Pairing:
Spike/Buffy, Halfrek
Rating: PG-13
Genere: AU, Drama,
Romance
Timeline: Post
BTVS
Summary: Talvolta le scelte più dolorose sono quelle
più semplici
C'era
ancora nell'aria quel profumo dozzinale, della... "donna", che aveva
portato con sè. E che adesso, si era portato via.
...Dove?
Aveva visto la porta, chiudersi alle sue spalle. E quel crampo, appena
percettibile, quel senso di... nausea. E non era l'atmosfera di festa -di
"festa"?
...Anche
su questo si sarebbe potuto discutere. Intorno a sè, circondata da tutti quegli
invitati vocianti, vedeva ben pochi motivi, per festeggiare. I due sposi (se
mai fossero arrivati a pronunciare il
fatidico
"sì"), non si vedevano da nessuna parte, e da un pezzo. E dalle
espressioni che aveva colto sui loro volti prima che se ne andassero (e dove?)
non era precisamente un buon segno.
Nauseata,
sì, si sentiva così. "Leggermente" però, non abbastanza da sentirsi
male.Ma prossima. Se resisteva era solo una questione di nervi. Se avesse
ceduto appena un po' sarebbe crollata. E continuare a guardare quella porta che
si era chiusa, con una lentezza esasperante dietro di lui - (o
forse
era stata soltanto la sua immaginazione? Da quanto tempo era immobile a
fissarla? Qualcuno l'aveva notata?) ... non l'avrebbe fatta sentire meglio. In
effetti si sentiva sempre peggio.
"Uhm...
posso aiutarti, tesoro?"
...Sì,
qualcuno l'aveva notata.
"O-oh,
Halfrek..." accennò a un mezzo sorriso, ma la capacità di recitare
riusciva bene solo con le persone. Era perfettamente inutile mettersi a
fare
la commedia con un demone. Buono o cattivo che fosse. Una delle loro
prerogative, finalmente l'aveva capito, era che da buoni predatori, erano
abilissimi
a cogliere le paure e le incertezze dell' 'altro', non importava, se avversario
o meno. Scovarle, riconoscerle, avevano un vero fiuto per esse, perché la paura
era un'arma.
E
gli esseri umani ne fornivano in abbondanza.
E
lei, la cacciatrice, messa là, sulla bocca dell'inferno. A impedire che…ne
uscissero troppi.
"…Persa
nei tuoi pensieri, tesoro?"
"uh?
Ah... no Halfrek, scusa" Sentiva il nervosismo aumentare, e con esso il
desiderio di nasconderlo. E l’assoluta certezza che era del tutto inutile. In
altre parole Halfrek la sapeva lunga. La guardava con un sorrisetto... era
comprensione? Compatimento? Aveva assistito alla scena tra lei e Spike prima?
Com’era snervante continuare a nascondere tutto.
"No,
io... sono solo un po’… preoccupata. Per...Xander, e-e Anya."
Debole,
una scusa davvero patetica. Non si illudeva di convincere se stessa, figurarsi
qualcun altro.
"Oh
beh, accadrà ciò che deve accadere, io credo. Prendiamo del the?"
Buffy
osservò il... curioso modo di inclinare la testa della demonessa. Del the...
certo. Anche lei, aveva improvvisamente una terribile voglia di the.
E
poi, parlare con Halfrek non poteva essere più terribile che pensare a quella
porta... giusto? E il desiderio di riaprirla. Di trovarlo, dovunque
fosse
andato. Eliminare ogni ostacolo e...
"...Sicuro,
Halfrek, prendiamo del the".
La
guidò verso un tavolo un po' appartato, si sedettero. Appena là, con la tazza
tra le mani, Buffy si sentì improvvisamente imbarazzata. Cosa
diavolo
le avrebbe detto? L'aveva praticamente trascinata là, via dalla porta, parlare
con qualcuno era meglio, tutto era meglio, distrarsi, è
sbagliato,
è sbagliato, è sbagliato... Solo che adesso non sapeva come continuare o anche
solo cominciare la conversazione. Le sorrise, il tipico sorriso che viene da
fare al controllore che ti ha pizzicato sull'autobus
senza
biglietto. Halfrek le restituì il sorriso.
I
demoni sono creature davvero bizzarre, pensava la cacciatrice. Troppo,
bizzarre.
"E-e
così… tu, hai... voglio dire ti è mai capitato di..." Halfrek seguì con
gli occhi il gesticolare di Buffy con le mani, infine annuì, comprendendo la
domanda non espressa. Era decisamente a disagio, Buffy,e naturalmente odiava
esserlo. Sapeva che l’altra lo aveva notato e odiava anche questo.
"Uccidere?
No, tesoro."
"Oh.
Oh, ecco,...bene."
Improvvisamente
assunse le sue sembianze umane, per parlarle. Forse, per metterla a suo agio.
Forse, per tenderle un tranello? Aveva fatto così, con Dawn… Anya aveva fatto
lo stesso con Cordelia. Buffy non potè non riconoscere quello che aveva detto
Anya di Halfrek, però: decisamente era una bellezza. Simile... simile a...
ecco. Simile a Drusilla. Curioso.
"Quando
sono diventata demone io, la vita umana aveva molto più valore di quanta ne
avesse solo pochi secoli prima...Che curioso... Lo diceva anche quella
scrittrice, com'è che si chiamava? Quella che ha
scritto
tutti quei bei romanzi sui vampiri..."
"'Rice'.
Anne, 'Rice'." Buffy sbuffò. Detestava sentir citare Anne Rice.
*Perché
ogni volta che si parla di vampiri viene fuori Anne Rice? Per quella scrittrice
poi, i vampiri erano degli eroi! Sicuro, non doveva uscire ogni notte armata
fino ai denti per impedire che trucidassero la popolazione della sua città.
Inaudito. E come li descriveva! Affascinanti… E pieni di passione… Poteva
esserci qualcosa di meno vero? …Sicuro Buffy, come no...*
"Giusto,
cara... Qual era il titolo del romanzo?"
"Visto
solo il film", il commento secco di Buffy.
E
poi Halfrek aveva un tono così... così irritante. Come Giles. Come... Spike.
"Halfrek
sei inglese, per caso?"
Continuava
a sorriderle sorseggiando il suo the.
"In
un certo senso. Ero inglese una volta."
Aveva
colto una sfumatura malinconica nella frase, che le fece abbandonare per un attimo
l’atteggiamento rigido con cui le si rivolgeva.
"Beh
sono... sono persone... interessanti, gli inglesi..."
"Oh
sì. Alcune, decisamente lo sono."
Poi
scese un imbarazzato silenzio. Quando ebbe raggiunto il limite del tollerabile,
Buffy si mosse per congedarsi dalla scomoda interlocutrice.
"Uhm
io... credo che... sia meglio vedere come procede la...festa".
"Oh,
tanto non si sposeranno. Non è il ragazzo giusto per lei. La lascerà."
Questo
l’aveva fermata.
"Come
puoi dire una cosa simile? E-e poi Xander è un mio amico! E non voglio sentirne
parlare male!"
"Non
ne sto parlando male mia cara... è la verità..."
La
verità. Delle due l’una. O, questi demoni, si trinceravano dietro alla
questione della verità, per difendersi dall'accusa di predire 'sempre' avvenimenti
infausti, 'tanto la legge di Murphy è dalla loro', pensava sempre Buffy
oppure...
"Tu
non... lo conosci, tu non... puoi sapere, la verità..."
"Beh
non era mia intenzione allarmarti mia cara, ma io so, la verità. E' il mio
lavoro."
"Certo.
Immagino vi facciano un corso."
Halfrek
guardò il resto del the rimasto nella tazza che aveva ancora tra le mani.
"Direi
piuttosto che impariamo dai nostri errori."
"Vuoi...
vuoi dire che a volte ti è capitato di... "punire" un
innocente?"
*fa
che non mi dica che è successo...*
"Oh
no tesoro, intendevo dai miei, errori. Quelli che commettiamo tutti, durante la
nostra vita mortale."
-Perchè
poi la chiamava tesoro? Dannati inglesi e il loro gergo pomposo…-
"Oh."
"E'
così curioso. Ora ho la saggezza necessaria e tutto il tempo del mondo. E non
ho niente di cui farmene."
"Vuoi
dire che non... che a parte fare vita da demone non… uh, chessò… nessuno con
cui uscire?" –Non riusciva a resistere alla provocazione. Non si fidava,
di Halfrek. Non le piaceva.
Uhm.
'Attenta, Buffy', si disse. Imprudente irritare un demone della vendetta,
dopotutto. Specie, se non si sa con esattezza di quanta autoironia disponga. Ma
non sembrava aver raccolto la provocazione.
"Voglio
dire, tesoro, che mi fa un'immensa tristezza vederti commettere sbagli così
familiari per me. E' come rivedere la mia vita. E non poter farci niente anche
adesso, sapendo che è ancora possibile, ma non per molto. Capisci?"
"No."
Le
sue parole l'avevano disturbata. Così come il suo sguardo fisso, adesso.
Guardare negli occhi un demone. Un "altro", demone. E stare attenti a
non pronunciare la magica parolina, vorrei, desidero. Certo, sarebbe stato più
semplice - e sarebbe stata meno nervosa- se non avesse desiderato niente.
"...Dovresti."
"Non...
mi va, di continuare questo discorso, io... devo andare."
"William.
Conoscevo, William." Halfrek posò finalmente la tazza.
Buffy
si irrigidì.
"Non
so di cosa stai parlando."
…Sì,
invece. Aveva colto le espressioni tra
i
due, quel giorno a casa sua. L'atto di civetteria di lei, il sistemarsi i
capelli nervosamente. Quello che aveva detto Spike vedendola, "aspetta un
minuto...", con negli occhi come una... rivelazione. Chi diavolo...
"Lo
sai, di chi sto parlando. Lo conosci... molto, meglio di me."
"Non
conosco... William. Non ho MAI, conosciuto NESSUN William..."
Halfrek
non trattenne un risolino.
"Sì,
invece. Lo vedi tutti i giorni. Lo guardi negli occhi, tutti i giorni. E quando
non sei con lui beh, 'vorresti', tutti i giorni. Sì, che lo
conosci.
E lo stai trattando quasi peggio di quanto…"
"...Peggio
di quanto, “cosa”? cosa credi di sapere? Chi sei davvero, tu?”
Un’ombra
di tristezza? Le era sembrato.
“…Ero…
solo una che lo conosceva.”
*Molto
bene. Ehy, sono circondata dalle amiche di ‘William’. Aspetta, dalle
‘conoscenti’, di William. E io che pensavo che Passions fosse la sua unica
occupazione nel tempo libero. (a parte, me.)*
“Halfrek
non è il tuo… nome originario, forse?”
“Cecily,
era… il mio nome originario.”
“…Cecily?”
Halfrek confermò, con un cenno del capo. E Buffy si sentì attraversare la mente
da un pensiero preciso: “Non pensarci neanche, cara Cecily.” e neanche se ne
era resa conto.
“…Ma
tu guarda la combinazione". Si era alzata, la guardava a braccia conserte.
"Quindi…
ti ha parlato di me.” Puro orgoglio femminile, adesso. Demone o meno, restava
una donna.
“…Chissà
quanto deve essere stato... acido, il suo racconto. Che ti ha detto, che ero
un'arpia, una donna odiosa?"
"Mi
ha detto che eri la creatura più splendente che avesse mai incontrato."
"Oh."
"Già...
Oh."
"Non
lo vedevo da così tanto tempo. L’ultima volta che l’ho incontrato sono stata
imperdonabile, con lui.”
“Imperdonabile?
Oh, non si è mai imperdonabili, con-”
“Me
ne ricordo come se fosse ieri. Com’ero altezzosa, com’ero… superba…”
“Uhm…
non vorrei sembrarti rude ma è di “Spike”, che stiamo parlando… E se è bastato
solo che lo ‘maltrattassi’ un po’, perché non tornasse più a cercarti…”
"E'
morto quella notte."
'Ecco'
perché non è più tornato, lesse nei suoi occhi Buffy.
“Cosa…”
“Ritrovarono
il suo cadavere in un vicolo. Il ‘vicolo dei vampiri’." Sorrise con
amarezza. "...Così, lo chiamavamo allora. Se ne trovavano tanti. Lo
sapevano tutti, e lo sapeva anche lui. E il fatto è che lui non ci sarebbe mai
andato per sbaglio. Se lo ha fatto è perchè ha voluto... rischiare. E lo sai?”
Halfrek
rialzò gli occhi a guardarla, “Io allora, ero così certa, che fosse solo un…
‘essere inferiore’. Non ‘poteva’, semplicemente non poteva, passarmi per la
mente che forse era stato per colpa mia. Non sono neppure andata al funerale.”
Non
potè evitare di essere trasportata col pensiero a quell’immagine. Immaginava un
cimitero buio, freddo. Pochissimi convenuti. E lei non c’era. La donna che
William aveva amato. Non aveva avuto neppure la… pietà, di andare a salutare la
sua tomba. Ammetteva che al proposito Spike aveva forse un… motivo, di
risentimento. Almeno… almeno uno. E non… le aveva fatto nulla comunque, dopo…?
"Sono
stata così meschina e crudele, con lui. Lo sono stata sempre, e lui... beh,
lui, tornava lo stesso."
Buffy
cercò di rimanere impassibile. Cercò di non immedesimarsi perchè era male, non
doveva, lei non era Cecily e soprattutto William NON era Spike e...
"Come...
e come è successo che... insomma tu..."
"Oh.
Beh, quello è stato dopo, naturalmente. Ero così stupida”, disse, scuotendo la
testa con un sorriso di autocompatimento. “Credevo che la felicità
fosse
sposare un uomo di buona famiglia e con un buon nome. Le cose che ci
insegnavano allora. E poi l'ho trovato. Di ottima famiglia e disposto a pagare
non immaginavo fosse possibile quanto, per mantenere il suo nome immacolato. Ho
pensato molto a William, dopo. E... lo sai, cara? Nei momenti di disperazione
più nera c'era sempre un verso orribile di William a ridarmi una speranza. Era
come se leggendo le sue poesie lui fosse ancora vivo, e mi amasse ancora. Come
se avesse potuto entrare dalla mia porta, se avesse voluto. Sembrava quasi
possibile, in quei momenti.”
Poi
si fermò. Buffy la guardava, ansiosa di sentire come… finisse la storia. E
aveva davanti ancora il cimitero. La solitudine. L’incomprensione. Nessuna
meraviglia che… Ma no, invece. No, non esisteva al mondo una possibilità che la
inducesse a giustificarlo. Mai. Poteva convenire che la vita non doveva essere
stata facile per Spike ma era comunque imperdonabile per una somma di altri
motivi. La prossima volta che l’avesse visto, se li sarebbe ricordati. Sicuro,
ora era solo confusa, nulla di più. I discorsi di una donna pentita per il male
causato possono essere fuorvianti ma in fondo, chi era questa ‘donna’, davanti
a lei? Poteva essere chiunque, dire qualunque cosa. Ma aveva torto. Lei aveva ragione,
e Halfrek, no. Era così, che stavano le cose. Così, che doveva essere.
“…Oh,
scusami tanto cara, non volevo affliggerti..."
"Non
mi hai afflitto. E' come se mi stessi parlando di un altro. Te l'ho detto,
non…lo conosco. Lui non è così. Non è, semplicemente, lui."
"Posso
chiederti una cosa allora?"
”Io...
fa pure.”
“Beh
cara,perché sei ancora qui ad ascoltare tutto questo?”
Odiosa
saccente demonessa. Vero, era tempo di finirla. Spike o chiunque fosse stato in
passato non le interessava più. Conosceva la storia e com’era cominciata. E si
era fatta un’opinione al riguardo, opinione che nessuno doveva cercare di
modificare.
"Hai
ragione. Per nessun motivo, in fondo. Quindi ti... ringrazio della
chiacchierata ma io uhm... devo andare. Devo andare a-a...cercare Dawn."
"Certo...
Dawn. Ah, Buffy..."
"Sì?"
"...Niente,
tesoro. Solo se... hai paura che non torni più... semplicemente non continuare
a lasciarlo uscire da quella porta. Un giorno potresti sorprenderti a
guardarla… e un giorno anche realizzare che potrebbe non riaprirsi mai.
Potrebbe semplicemente non tornare.
Ah...
e poi digli che lo saluto. E che sta un amore coi
capelli
biondi."
Poi
si allontanò, c'era del lavoro da fare. Anya, da confortare. Era davvero
impegnativo, questo viaggio di lavoro a Sunnydale. “Bastardo!”
…non
gli fu possibile schivare il colpo. E i motivi erano più di uno, principale,
non se l’aspettava. Né di trovarla ad… ‘attenderlo’ alla sua porta né di
meritare (non questa volta in modo particolare…), pugni, e calci, e…
“Ma
che DIAVOLO…”
Un
altro calcio.
…Era
seriamente da considerare, pensò mentre veniva sbattuto con violenza al muro,
l’idea di rivestirlo di materiale che attutisse i colpi. Trovava seccante continuare
a sbattere contro le pareti di casa propria. Per una somma di ragioni alcune
non poi così spiacevoli… Ma quella di adesso non era di questo genere.
…Doveva
fare qualcosa.
“Buffy-“
“Sta
zitto. NON dire una sola parola! Dove ACCIDENTI sei stato fino adesso!”
Venne
colpito nuovamente.
Era
troppo. Perse ogni volontà di controllarsi.
“Sei
venuta” uno schiaffo- “solo a dirmi” – e un altro- “che sono un bastardo?”
***************************
Ore.
L’aveva aspettato ‘ore’. Ore a chiedersi che fine avesse fatto. Ore a chiedersi
dove (con chi…) poteva essere. E se fosse stato aggredito. E se quella donna,
fosse stata pericolosa. E se, non l’avesse più potuto vedere e, e… e cosa? Si
sentiva un’idiota.
Ma
che cosa ci stava facendo ancora lì ad aspettarlo. Aspettarlo, poi! E perché?
Per dirgli cosa? Esisteva qualcosa di più stupido che rimanere in quella cripta
al buio? Perché non tornava, maledizione…
Aveva
acceso tutte le candele. Una per una. E poi le aveva spente tutte. Una dopo
l’altra. Due volte. *Tra un po’, mi metterò anche a fare le pulizie… accidenti
a lui…* Il pensiero le provocò una smorfia, tra il disgustato e il
terrorizzato.
Ed
era sempre più infuriata. Non avrebbe mai dovuto ascoltare i discorsi di
Halfrek.
“Se
hai paura che non torni più… semplicemente non continuare a farlo uscire da
quella porta. Potrebbe semplicemente non tornare…” queste parole, l’avevano
sconvolta. Perché… avevano più che solo quel significato, lo… sentiva.
Era
corsa alla sua cripta, dopo aver balbettato una misera scusa per assentarsi dal
‘party’. Bella festa, comunque. In grado di gareggiare con molti dei suoi
compleanni.
Non
ci aveva voluto riflettere. La spaventava, pensare a… a…
…Una
volta là, qualcosa sarebbe successo. Qualcosa succedeva sempre. Solo che lui non
c’era…
…Perché
sembrava che riuscisse benissimo a stare lontano da lei quando lei invece non
aveva resistito un’ora prima di rivederlo? E il desiderio di vederlo apparire
da dietro a una porta, una porta qualsiasi. E in fretta. Quanto era malata tutta
quella situazione.
E
poi, avevano raggiunto un ‘accordo’, no? E si erano lasciati… civilmente, alla
festa. Più o meno. Poteva… considerarsi una conclusione, no? …’Doveva’… essere
una conclusione… Sicuro…
Doveva
finire, sapeva, che qualcosa, tutto… sì, tutto… doveva finire tutto… Doveva
lasciarlo in pace… Tornare alla realtà… Quale realtà?
E
di colpo, era come… smarrire il senso. Succedeva sempre più… spesso. Da quando
era tornata. Sì ma… tornata da dove? Nemmeno a lui… poteva dirlo, perché… non ne
era sicura neanche più davvero lei.
Pensieri,
voci… Strani. Disturbanti… Estranei. Era… era perché era sola, là, in quella
cripta… L’avvolse un senso di vertigine.
Ce
l’avrebbe fatta senza tutto questo?
Dov’era?
Dove… si trovava? E… dov’era Spike? E chi era Spike? E …gli altri? Da “dove”,
arrivava? Che… diavolo era quel vestito che aveva indosso? A volte tutto
davanti ai suoi occhi era come se… svanisse… Sentiva voci di… sconosciuti e… la
mamma, e… Solo che non erano estranei, erano loro, erano tutti loro ad esserlo,
e di nuovo, dov’era? Cos’era questa cripta? Stava per essere travolta dal
terrore. Brividi di freddo e di paura, al buio di una cripta da sola. “E se io
non fossi la cacciatrice? Che…cosa sono? …Dove… sono? Spike dove sei… Dove…
siete tutti… Ti prego ritorna…” Stava per piangere di nuovo. Piangeva così
spesso, ultimamente….
…E
poi, e poi, si era aperta la porta.
…Finalmente.
Spike
ebbe appena il tempo di pronunciare il suo nome con stupore prima di venire
aggredito.
******************
“…Esatto!
Perché non sei altro che questo! Uno schifoso maledetto bastardo!” Le lacrime,
la paura, il senso di vuoto erano scomparse in un attimo. Dimenticate. Era
rientrata nel ruolo.
“Walking
through the part…”
Stava
facendo qualcosa. Bene. Bene. Ma…
*Finchè
combatte contro di me, va tutto bene…*
Ma,
si stava rendendo conto che non andava tutto bene.
Si
difendeva in automatico, prevedendo ogni sua mossa, scegliendo persino quando
farsi colpire, per illuderlo che quel combattimento fosse… reale…
No,
non era possibile…
********
“E
non potevi” disse prendendola per le spalle “dirmelo” -scansò di un soffio un
altro colpo al viso- “…prima?”
“Non
te lo dirò mai abbastanza!”, gli urlò, dandogli una ginocchiata allo stomaco e
liberandosi.
Spike
si piegò per il dolore…questo gli aveva fatto male, accidenti. Ma maledizione,
giurò a se stesso, stavolta si sarebbe difeso. Era come se Buffy glielo avesse
sentito… pensare.
“Stammi
bene a sentire, riccioli d’oro,” le disse lanciandosi nuovamente su di lei.
Si
era distratta inseguendo quel pensiero strano, e Spike riuscì a bloccarle i
polsi.
“…Ti
ho detto di NON chiamarmi così…”, gli sibilò. Ma non riuscì a liberarsi in
tempo, dandogli modo di sbatterla a terra senza troppe cerimonie.
La
guardava respirare affannosamente.
*******
Quanto
era felice di averla trovata là…
*******
La
tenne ferma al pavimento bloccandole il corpo con il suo, e sorrise del
momentaneo successo, avvicinandosi con un sorriso malizioso al suo viso.
“…Abbiamo
già affrontato questo argomento, tesoro... bellezza… dolcezza… E… non te lo
dirò MAI abbastanza,” sogghignò.
“Vedremo
‘quanto’, durerà questo tuo abbastanza, Spike”. Cercò di scrollarselo di dosso
senza riuscirci. E si rese conto (come aveva potuto rendersene conto solo...
ora?) Che non… era affatto vero che… la teneva ferma al pavimento. Era… era
lei, a far sì che Spike… Ma no, non poteva essere. Non doveva, essere… Tremò,
sotto di lui. Era terrorizzata.
“Durerà
“tanto”, cacciatrice”, le disse sorridendo. Buffy lo ascoltava appena. “Ti
piace troppo continuare questo balletto… Durerà tutto il tempo che questo ti
renderà felice…”
“Io
non… io non sono felice, Spike…”
Le
sorrise scuotendo la testa.
“D’accordo…
come vuoi tu… ma non hai lo stesso, tutta la voglia di eliminarmi che dici. Non
puoi fare a meno di me, riconoscilo…”
Prese
ad accarezzarle il viso e poi il collo con la punta delle dita della mano
libera. Con l’altra le teneva ancora bloccate le mani. La sentì rilassarsi un
po’, e tremare lievemente. Era vero… Doveva essere vero… Non poteva non essere
vero…
Cercava
disperatamente una prova, una…
E
scelse il solito vecchio registro. Battute che aveva imparato a memoria. Alle
quali sapeva cosa Spike avrebbe risposto. Si chiese se… avesse provato a fargli
una domanda alla quale lui non avrebbe saputo rispondere… Cosa… Cosa avrebbe
potuto chiedergli che le rivelasse che lui era… vero? Era quasi paralizzata dal
terrore, adesso. E Spike non se ne accorgeva. Forse perché…non voleva, che
Spike se ne accorgesse…?
Ma
no… cosa stava pensando… Era solo suggestione e nient’altro… Ma cosa l’aveva
scatenata?
“…Ti
sbagli. Tu… mi fai ribrezzo. Io stessa, mi faccio ribrezzo.”
“Bugiarda…”
Poi
avvicinò le labbra alla sua bocca, e la baciò, delicatamente. Erano solo…
giorni, che non la baciava… sembravano… anni…
“This
isn’t real, but I Just wanna feel…”
Sentiva
questa canzone nella testa, sempre, continuamente… Dove diavolo l’aveva
imparata? Parlava di… fuoco, parlava di…
Fuoco. Incendio. Walk through
the fire… C’era stato un incendio, lo
ricordava… Quante persone erano morte? Quando era successo?
“I
died… too many years ago… But you can make me feel, like… it isn’t so…”
…Questa..
e questa la cantava lui… Morto… molti anni fa… Ma quanti? E perché io riuscirei
a… Ma… ma certo…
Lo
stava… baciando…
“No…no…lasciami,
lasciami!” Riuscì finalmente a liberarsi dalla sua presa e si rialzò
allontanandosi.
Spike
rimase a terra, cercando di nascondere l’irritazione, il nervosismo, la paura
di perderla ancora. Spike odiava, avere paura. E odiava lei, almeno tanto
quanto l’amava.
“Scusa
tesoro, ma quale sarebbe il tuo piano? Credevo fossimo stati abbastanza chiari
e… sinceri, poco fa a quella parodia di festa. Che… sei tornata a fare?”
“Ha!
Sinceri! Sentitelo. Tornerò alla mia cripta, ‘da solo’!”
“E
l’ho fatto, mi pare…”
Non
sapeva neanche più quello che gli stava dicendo.
“Non…
non erano questi i patti. Tu, dovevi… dovevi…”
“…Cosa,
tesoro? Indossare il saio perché tu mi respingi? Ehy… non ho mai detto di
essere un santo.”
“Hai
detto di amarmi!”
“…né,
di essere fedele.”
Gli
tirò un altro schiaffo, e lui fece altrettanto.
All’inferno,
si disse Spike.
Sarebbe
andato avanti per sempre, se così doveva essere. L’afferrò, e scaraventò contro
la bara di marmo al centro della cripta. Buffy avrebbe avuto bisogno di qualche
istante di più per rialzarsi, adesso. E questo gli dava modo di decidere la
prossima mossa.
“…Se
eri venuta per fare pace dolcezza, forse dovresti riconsiderare i tuoi metodi.”
“I-io
non… sono venuta per fare pace Spike.” Cercò di alzarsi ma non le reggevano
bene le gambe.
…Forse
aveva esagerato? Ma soppresse l’istinto di soccorrerla. Non doveva, per nessuna
ragione, caderci un’altra volta, ancora una maledetta volta. Sì, l’avrebbe
lasciata, sanguinante, a morire di fame nella sua cripta. Cercò disperatamente
di provare gioia all’idea. Buffy cercò… di fargli provare gioia all’idea…
“Mio
dio…” mormorò, mentre brandelli di… verità? Si componevano e sgretolavano
davanti ai suoi occhi. Ma “che cosa”, le aveva fatto capire che…
Si
mise a sedere sul pavimento, gli occhi bassi, tremando.
Spike
era sfinito. Prese una sigaretta e l’accese, sedendosi poco lontano da lei.
Per
un lungo momento rimasero in silenzio, evitando di guardarsi in faccia. Sperava
di non averle fatto troppo male. Avrebbe voluto poterglielo chiedere. Avrebbe
voluto non avere alcun motivo di chiederglielo. Stava cercando, di fare a meno
di lei. Disperatamente. E gli sembrava anche tutto così stupido. I momenti con
lei erano… a volte, erano semplicemente meravigliosi. ‘Loro due’, erano
meravigliosi, insieme…
Se
solo… Se solo, lei non avesse dovuto dire, un istante dopo, ogni ‘dopo’, quanto
fosse infelice di passare del tempo con lui. Se solo fosse rimasta una notte,
una sola dannatissima notte, a condividere il suo letto invece di scappare via
come una ladra vergognandosi di quello che era appena successo. …Un’altra
volta. Perché vergognarsi, poi? Era… bello. Era così… giusto.
Se
solo non gli avesse comunicato costantemente rifiuto e disgusto. Tranne in quelle
poche ore della giornata in cui sembrava dimenticarsi di tutto, di se stessa,
di chi era lui, di questo mondo e anche di quell’altro, se ne esisteva davvero
uno.
Come
sembrava felice, in quelle poche ore. Lo sembrava ‘davvero’. E la maledetta
traditrice era persino capace di… fargli ‘credere’, per un piccolissimo
istante, che questo dipendesse da lui. E poi, come un crudele incantesimo che
svaniva, le tornava la memoria.
E
tornava anche la sua solitudine. E il silenzio, nella cripta. Non più il suono
della sua voce, che mormorava piano il suo nome. Anche al risveglio sentiva la
sua voce chiamarlo. Non sentiva più, dopo le sue fughe nella notte, la sua
risata… Era bellissimo sentirla ridere. Quasi quanto fare l’amore con lei.
Quasi quanto leggere nei suoi occhi il desiderio di essere baciata, toccata, da
‘lui’. E nessun altro. Le idiozie, che si bisbigliavano piano all’orecchio in
quei momenti! E sembrava tutto vero, e tutto possibile. Perché, continuava a
negare? Perché, doveva ridurlo alla condizione di spiarla, seguirla… Lui, il
‘vero’ Spike, non l’avrebbe mai fatto…
“E
allora che diavolo vuoi ancora? Non ti basta quello che mi hai già fatto?
“Mi…
io… mi dispiace io non… volevo, i-io…”
Lo
guardò, con gli occhi pieni di tristezza. A volte, pensò, diventava
improvvisamente così triste. Ogni tanto c’era anche questo. Arrivava da lui sul
punto di scoppiare in lacrime. E a volte lo faceva anche. Si accovacciava sulle
sue ginocchia e lui la consolava. Ed era in quei momenti in cui la rassicurava
che sarebbe andato tutto meglio, che Dawn le voleva bene, che un giorno avrebbe
smesso di piangere. Era in quei momenti, che capiva che amarla era giusto, che
valeva la pena sopportare tutto il resto. Che sarebbe stato giusto anche…
morire, per lei. E sapeva anche che il loro ‘amore’, era così. Destinato a non
vedere mai – divertente gioco di parole, diceva a se stesso- la luce del sole.
Ma si accontentava di questo, perché anche così, valeva la pena. In quel breve
tempo lei era solo ‘sua’. Sapeva, che non pensava a nessun altro, quando era
con lui.
Ma
sapeva tante altre cose. Sapeva che lei veniva a cercarlo quando aveva voglia
di piangere perché glielo… avrebbe permesso, senza cercare di fermarla, come avrebbero
fatto i suoi “amici”. Sapeva che lei ‘sapeva’ che lui l’amava davvero anche se
lo negava in pubblico e anche quando era tra le sue braccia. E sapeva che anche
lei lo amava. Lo sapeva. E sapeva che non sarebbe mai… potuto durare. E infine
sapeva… che non era vero… niente.
No…
Certo, che era tutto vero. Doveva, essere tutto vero.
“Buffy…”
cercò
di avvicinarsi a toccarla e lei si ritrasse scuotendo la testa. Non lo guardava
neanche negli occhi adesso.
“No,
tu… tu le scrivevi delle poesie…”
“…Poesie?
Buffy…” Non capiva, ora.
“Esatto…
poesie. A lei, poesie, a me, le manette.”
Aveva
uno sguardo così assente, che lo fece ‘davvero’, preoccupare. E lui odiava
preoccuparsi, no? Si sforzò di sorridere, dopotutto era una cosa assurda, vero?
Certo…
“Tesoro…”
“Oh,
ma non è questo, Spike… Non è questo…”
Decise
di ignorare il discorso sulle manette.
“Buffy
è... un secolo e mezzo che non scrivo poesie. E la donna di oggi io… Io non so
nemmeno come si chiamasse. Impossibile potesse ispirarmi un solo verso.”
Sorrise
all’idea di lanciarsi nuovamente in improbabili rime. Lo appassionava così
tanto un tempo. Vecchio ingenuo William.
Ma…
quanto, tempo prima?
E
ancora quello sguardo assente, quegli occhi che non lo vedevano.
“E
invece parlo proprio della tizia di oggi”, gli disse con ostinazione. Si stava
irritando di nuovo.
“Tesoro
ti ho già detto…” provò a dirle, con calma. Buffy lo interruppe.
“Ooh,
NON provare a dire che non ti ricordi neppure il suo nome! …Me ne hai anche
parlato!”
“Parlato?
E quando? E se era la prima volta che la vedevo come facevo a…Andiamo Buffy,
che stai dicendo?”
Non
capiva… davvero?
Si
alzò, con gli occhi pieni di lacrime.
“Tu…tu
non sei vero, Spike…”
Per
quanto non volesse… accettare… anche Spike… Era... dura. Anche per lui.
“Per
favore tesoro torna in te, che… che significa che io non sono vero?”
“…Quello…
che ho… detto, Spike…”
Poi
si sentì fredda, iniziò a tremare, la testa sembrava scoppiarle… E perse i
sensi, crollando tra le sue braccia.
“Buffy!”
Ma
non lo sentiva più.
*************************************************
I can’t even see, if this is
really me, …and I just wanna be… alive…
Life’s not a song… Life isn’t
bliss, life is just this, is living… You
have to go on living…
************************************************
“Oh
Hank… non riuscirei a sopportare che lo facesse un’altra volta…”
“Non
lo farà, Buffy è forte, Buffy vuole vivere…”
*************************************************
Aveva
provato ad uccidersi. E poi… aveva chiamato aiuto. Si era salvata.
Volontariamente. I medici dicevano qualcosa a proposito di una collaborazione
della “paziente”, e questo li aveva fatti sperare… La tenevano sveglia più di
quanto avessero fatto finora.
“Branco
di incompetenti, la nostra bambina ha… passato anni della sua vita dormendo…”
Forse,
pensava Joyce, se l’avessero curata diversamente…
Ma
temevano potesse farsi del male, se l’avessero lasciata cosciente troppe ore
della giornata. E così… Poi quell’autunno provarono a lasciarla “sveglia” per più
ore del giorno. E infatti Buffy alla prima occasione in un momento di lucidità
provò a ingoiare un’intera scatola di barbiturici. Ma qualcosa le aveva fatto
cambiare idea, decise di chiamare aiuto. Di… continuare a vivere.
“You have to go on living…”
Continuava
a cantare quella canzoncina dopo, sogghignando in un modo terribile…
Chissà
dove l’aveva sentita, si chiedevano Hank e Joyce.
“Forse
abbiamo… sbagliato tutto, con lei…”
“Era
così giovane…”
Ricordavano
la notte dell’incidente al suo amico. L’avevano raggiunta in ospedale, ma era
già troppo tardi. Buffy aveva quel terribile sguardo fisso… Su un lettino
bianco.
E
da allora non c’era stato più nulla da fare. Piombò in una tenebra da cui non
sembrava volere svegliarsi.
“Il
senso di colpa può, in soggetti particolarmente emotivi e fragili…”
Il
parlottare senza senso, per gli occhi di una madre, di un medico che le sta
dicendo che sua figlia è… impazzita…
Joyce
sapeva, perfettamente, che non era il senso di colpa. Era l’amore. E l’amore
per una ragazzina di quindici anni può essere… spaventoso.
Quanto
era accaduto era stato vissuto, dicevano i medici, come ‘colpa’, di Buffy. Era
stato per difendere lei, che lui...
Anche
a Joyce mancava. Non vedeva di buon occhio la relazione tra i due per via della
differenza d’età ma gli voleva sinceramente bene. E sapeva che lui ne voleva a
sua figlia e le mancava tanto…
Passava
molto tempo con Buffy quando lei era in viaggio di lavoro. Buffy al suo ritorno
le raccontava quanti film avessero visto, in sua assenza. E credeva (o si
illudeva) che l’affetto che Buffy provava per lui fosse solo il riflesso della
mancanza di una vera figura paterna accanto, maledetto divorzio…
***********************************************
“Sono
troppo grande per te…”
“Non
significa che un giorno non potresti amarmi però, vero?”
“No,
tesoro, non… significa”, le diceva sorridendole.
“Bene.
Un giorno anche io sarò più grande,” gli rispondeva. Era adorabile, una… ancora
una bambina, pensava lui, ma adorabile.
“Ma
io sarò ‘ancora’. Più grande. Ehy, forse sarò anche morto, per quel giorno!”
“Non
dirlo neanche per scherzo!” Aveva quasi urlato, per il terrore a quel pensiero.
Cercò di calmarla.
“Ehy,
ehy. Stavo scherzando. Magari sono immortale…”
“…Sì,
ecco. Questo mi piace di più. Immortale. Come… come i vampiri in questo stupido
film.”
“..Ma
più carino.”
“…Molto,
più carino”, gli rispose sorridendo.
***************************************************
"Mi
dispiace, Spike…”
“…Lo
so, Buffy, che ti dispiace. “Mi dispiace Spike”, e “mi fai schifo Spike”, sono
le cose che mi dici più spesso.”
Andò
col pensiero a quel giorno quando l’aveva “lasciato”, di nuovo.
Alle
parole, che aveva usato, a “come”, lo aveva chiamato…
************************************************
“Io
ti sto usando. E questo mi sta uccidendo. Non posso amarti… Mi dispiace,
William…”
************************************************
“Mi
dispiace, William…”, ripetè, sottovoce, come a se stessa.
Si
alzò in piedi, la raggiunse, la fece alzare e la scosse. Doveva CAPIRE, doveva,
superare…
“Io
NON sono William! Non sono PIU’ William! William è morto, MORTO! Lo capisci,
Buffy?”
“…Lo
so, Wiliam, che sei morto…”
Lo
guardava con un tale sorriso…
…
Pregò in silenzio che non lo facesse, ‘per favore tesoro stà zitta, non dire
niente, non dire PIU’ niente…”
“Ora…
ora io lo so…”
****************************************
Ricordò…
Tutto. Si era ricordata, finalmente. Spike la sentì tremare lievemente tra le sue
braccia, osservando le lacrime che scorrevano silenziose sulle sue guance.
Ecco, cosa le aveva detto Halfrek… Il vicolo dei vampiri… Ecco, cosa non
tornava nelle sue parole…
************************************************
“Il
vicolo dei vampiri, Spike…”
“Cosa…”
“Non…
c’è nessun vicolo dei vampiri, a Londra… ora io lo so…”
“Buffy
ti prego…”
“…Ma
esiste. Solo che è qui, qui a Los Angeles…”
****************************
Ora…
ricordava. Tutti i brandelli di verità si stavano ricomponendo. L’aggressione,
che aveva subito. Aveva litigato con lui, quella sera. Certo, una ragazza
ostinata, una… bambina stupida, ecco cos’era. Nient’altro che questo. Lui non
poteva amarla, le aveva detto… Perché era più grande di lei, e lei un giorno
avrebbe capito che era solo una stupida cotta adolescenziale. E allora lei
l’aveva sbattuto fuori di casa, dicendogli di non tornare mai più. Tanto lui…
sarebbe tornato. Non era la prima volta che litigavano. Di lì a un’ora sarebbe
tornato. Solo che non l’aveva fatto. Si era sentita persa, abbandonata anche da
lui. E allora aveva deciso di ‘vendicarsi’. Era uscita di casa, volontariamente
dirigendosi verso uno dei quartieri più pericolosi che conosceva. Dove c’era,
il “vicolo dei vampiri”, tristemente famoso per il numero di omicidi che vi
venivano compiuti. Sempre, truci fatti di sangue, la cronaca nera di Los
Angeles era piena, di delitti avvenuti là...
Ne
avevano parlato, una volta, e lui le aveva detto di non farsi venire mai l’idea
di andarci da sola… e fu esattamente quello che fece quella sera. E l’aveva
chiamato da una cabina dicendogli che se gli fosse importato qualcosa di lei,
sarebbe dovuto venire a prenderla.
Lo
fece, naturalmente.
La
raggiunse, preoccupato. Dio, quella ragazza lo avrebbe fatto morire. Ma era
così… irresistibile. Impossibile non amarla.
Ricordò
che vedere la sua preoccupazione l’aveva rallegrata. Le disse quanto fosse
stata imprudente e infantile…
“Certo,
tanto io sono solo una bambina testarda ed egoista, non è vero William?”
“Andiamo
a casa, Buffy…”
“Bene
bene bene, guarda cosa abbiamo da queste parti, Frank…”
Erano
due uomini, dall’aspetto molto poco rassicurante.
***************************************************
Buffy
chiuse gli occhi, cercando di scacciare le immagini dalla sua mente…
Ma
continuavano ad arrivare.
Uno
dei due si avventò su di lei, William urlò di lasciarla stare e l’altro…
“Oh
mio dio no…”
Vide
l’uomo colpire William, con un coltello. …Più volte.
Lui
si accasciò a terra quasi come se fosse senza peso.
“WILLIAM!”
Poi,
si sentirono in lontananza le sirene della polizia, e i due decisero di non
perdere tempo e scappare, lasciandola là. Avrebbe causato ancora più problemi,
non li aveva visti bene in faccia e inoltre non c’era tempo per ucciderla.
“William
no… Aiuto… Qualcuno ci aiuti…”
La
polizia non li vide. Le sirene si allontanarono e poi ci fu solo il silenzio.
************************
“B-Buffy…
stai… bene?”
“Sì
io sto bene Will oh mio dio mi dispiace… mi dispiace tanto io non…”
“Non…
è colpa tua, Buffy…”
“Sì
che è colpa mia!” Urlò tra le lacrime.
“...hai
ragione io-io sono solo una stupida ragazzina e non sono stata neanche capace
di fare qualcosa per difenderti…”
“Tu
non… puoi difendermi, sei piccola…” cercò di scherzare, ma sentiva le forze
abbandonarlo.
“William
ti prego… Ti prego non… lasciarmi…” Vide il sangue. Non aveva mai visto così
tanto sangue. Non lo avevano colpito al cuore, ma aveva avuto numerosi colpi al
torace. Perdeva sangue copiosamente.
“Oddio,
se fossi almeno capace di fermare il sangue…”
“Buffy…
ascoltami. T-ti ricordi il nostro discorso, di stasera?”
“Sì…
non sforzarti di parlare…
“Io…
Non potrei mai, non amarti. Mai, anche se avessi… cento anni più di te, ti
avrei amato lo stesso…” le disse, sorridendo.
“Ti
amo anch’io Will… Ti prego non… addormentarti… Devo chiamare aiuto…”
“Mi
dispiace, piccola…”
“C-cosa
ti dispiace?”
Le
sorrise debolmente.
“Che
non ti vedrò diventare grande…”
“Mi
vedrai, invece. Te lo giuro. Ora… Ora riposati, qualcuno… verrà a cercarci…”
*************************************************
Poggiò
la testa sul suo petto. Ascoltò il battito del suo cuore, che diventava sempre
più debole, sempre più impercettibile. E pianse, tutte le sue lacrime. I
soccorsi arrivarono con le prime luci dell’alba. Dovettero trascinarla a forza
via da quel corpo freddo. Così… freddo. E dovettero darle un tranquillante
perché la smettesse di picchiarli.
**************************************************
Spike
sbuffò e andò verso il minibar della sua cripta. Voleva del bourbon. Forte. Doppio.
Liscio. Voleva dimenticare… Voleva ‘farle’, dimenticare… E voleva stringerla,
abbracciarla, sentire il suo calore...
“Certo,
sono morto e sono risorto. E non ho un’anima e non posso amarti…”
“No,
tu non sei risorto! Sei MORTO! Tu non… puoi più… amarmi, tu non puoi più amare…
nessuno…”
“Io
posso, amare qualcuno. Io “ti” amo, Buffy.”
“Come…
puoi, amarmi io… sono solo una… una povera pazza…”
Spike
sorrise.
“Ed
è la cosa che più mi manca di te…”
“Questo
tu… tu l’hai GIA’ detto! Sei… solo un bugiardo! La mamma, me l’ha detto! Tu-tu
lo hai lo hai detto per-per Drusilla!”
“…Chi…
è… Drusilla, Buffy?” le disse. O forse no.
*Io…
sono IO, Drusilla… Sono IO, la pazza… Drusilla è pazza… Drusilla… è lei, che ti
ha ucciso… Io, ti ho ucciso…*
Si
prese la testa tra le mani, urlando,
“SMETTILA!
Mamma fallo smettere! Mamma!”
La
raggiunse e la costrinse a guardarlo negli occhi.
“Tua
madre è MORTA, Buffy! Non può più sentirti!”
Lo
guardò con puro odio negli occhi, strattonandolo e liberandosi dalla presa.
“No,
stai mentendo… La mamma è VIVA! Lei mi parla! Io l’ho vista oggi!”
“Buffy
tu hai… hai bisogno di aiuto…”
Si
risedette sul pavimento.
“Io…
voglio.. vedere mia madre…”
“Ora..
ora calmati, tesoro.”.
Si
era rannicchiata su se stessa e cautamente, le si era avvicinato.
“No…
non posso più vedere la mia mamma… la mia mamma è morta, sai? Sì… è morta
l’anno scorso… e io non ho potuto fare niente per salvarla…”
E
iniziò a sogghignare…
****************************************
“Oh
mio dio…”
Joyce
si portò una mano alla bocca, cercando di soffocare un singhiozzo.
“Sii
forte, Joyce… Non possiamo esserle d’aiuto altrimenti e lei ha bisogno che tu
sia forte. Fallo per lei.”
Joyce
annuì.
“Ma
sta soffrendo… Sta… piangendo… dice che sono morta, l’altro giorno si è
inventata una sorella, dice che la sua amica Willow è diventata una strega
molto potente e che l’ha fatta resuscitare, Hank io non so quanto posso
resistere ancora…”
Joyce
scoppiò in lacrime tra le braccia del marito.
"Se
supererà questo momento, potrà farcela", disse il dottore accanto a loro.
"Non
è mai stata così tanto cosciente come adesso... Mi creda, Joyce... abbiamo una
speranza concreta. Si fidi di noi."
*************************************************
La
osservò, lentamente ritornare in se. L'aveva portata sul letto, quando aveva
riperso conoscenza. Ci aveva provato. Aveva provato, a trattenerla ancora in
quel mondo, ma… era giusto lasciarla andare. Giusto restituirle la sua vita.
L’amava, no?
“Buffy
ti prego… parlami…”
“Spike?
Dove… cosa è successo?”
“Niente,”,
le mentì.
“Non…
ti sei sentita… bene, sei… svenuta.”
E
poi, vide le cose che non aveva mai voluto vedere. Quante cose non vediamo se
decidiamo che per noi non esistono…
“Miss...
Edith?…”
E
indicò la bambola, appoggiata a una mensola, poco distante. Aveva smesso di
rifiutare la realtà delle cose.
Spike
sorrise tristemente.
“Sì
tesoro, vuoi… giocare con Miss Edith?”
“Io…
Io credo che sia ora… che sia ora di smettere, di giocare, Spike…”
“Sì...
lo penso anch’io. Anche se… Speravo che questo momento non arrivasse… mai.”
“…Ma…
perché tutto questo… perché adesso?”
“Perché
non sei più felice qui... Perché… non puoi amarmi, qui. E’… è la tua mente che…
ci ha provato ma che rifiuta… di farti trovare la pace… con me. Io… io ci ho
provato, tesoro…” Le sorrise.
“Sì…
ricordo… tutti i tuoi discorsi sulla tenebra e il volermi accanto a te…”
“Eri
tu, Buffy. Sei sempre stata tu. Ma… non posso renderti felice, io sono morto. E
tu devi fartene una ragione…”
“I-io
non voglio lasciarti… Io non voglio tornare in un mondo dove tu non ci sei… Io
non posso farcela… Mi ucciderei alla prima occasione…”
“No,
non lo farai, piccola, perché in quel caso, io te lo impedirò. E tu sai,”
allungò una mano a sfiorarle una gamba, guardandola allusivo, “quanto posso
essere convincente…”
Gli
sorrise.
“Lo
so, Spike…”
“Devi
andare 'adesso'. Ora che sei forte abbastanza. Lascia questo mondo, non gli
appartieni più.”
“Io…
io avrei voluto dirti che ti amo, anche in questo mondo, Spike…”
Le
si sdraiò accanto, prendendole il viso tra le mani, e mormorando sulle sue
labbra,
“Io
lo so che mi ami, piccola… l’ho sempre saputo, allora come adesso…Non è stata
colpa tua, è solo successo…”
Le
lacrime presero a scorrere nuovamente sulle sue guance, sapeva che sarebbe
davvero stata l’ultima notte insieme a lui.
“Non
so se avrò la forza di lasciarti…”
“Io
ti aiuterò, Buffy.”
Prese
a sbottonargli la camicia. E notò, con orrore, i segni delle coltellate al
torace.
“Non
fanno più male, Buffy… Niente può farmi più male.”
“Neanche…
perdermi?”
“...No,
se devo averti in questo modo, tesoro. Tu devi vivere.”
So one of us is living...
"Come…
dicevi in quella canzone… giusto? Ecco… il significato…”
“Esatto…”
Accarezzò
le ferite, poi vi passò sopra le labbra, baciandole. Si lasciò spogliare,
delicatamente, lentamente, assaporando ogni singolo attimo di quegli ultimi
momenti con lui.
E
lo stesso fece Spike. Non averla avuta davvero, in fondo, non importava, questo
sembrava davvero così reale…
“Ogni
notte passata con te è stato come essere in paradiso, Spike…”
“…Curioso,
tesoro… Forse dopotutto sono io che sono tornato…”
“Ti
amo, Spike.”
Le
sorrise.
“Anch’io
ti amo, Buffy. Ora chiudi gli occhi,” sussurrò.
Annuì
e lo fece, piegando leggermente la testa di lato, scoprendo il collo per dargli
più facile accesso. Bevve da lei, e ogni goccia del sangue che le portava via
invece di ucciderla la riportava alla vita.
*********************************************
Rivide
gli occhi di sua madre, illuminarsi, e fu così felice, di essere tornata…
***********************************************
Depose
i fiori sulla tomba, e pensò,
*Ora…
ora sono più grande, William… E… e tu non ci sei… Lo sai? A volte, non sono
davvero così sicura di aver fatto bene a scegliere questo mondo… Spero che
esista davvero, un mondo in cui potrò rivederti, prima o poi.*
Poi,
si rialzò, asciugò le lacrime, e sorrise.
“Dannato
vampiro, mi hai rubato sei anni di vita… E sono stati… così maledettamente...
pochi. Tornerò… presto.”
Quel
cimitero aveva qualcosa di… familiare.
L’aveva
visto così tante volte.
Solo
che nei suoi ricordi, c’era una cripta, con l’abitante più insopportabile e
meraviglioso che avesse mai conosciuto, e non una lapide… che non avrebbe
voluto vedere mai. Che per anni non aveva avuto la forza di accettare. Che
diceva:
William
"Spike" Sullivan,
1969-1996,
Amico
insostituibile,
Nei
nostri cuori per sempre.
“Ti
amo,” mormorò allontanandosi.
Ed
era sicura di averlo sentito rispondere “Anch’io ti amo, piccola. Ti amerò
sempre.”… così, come era certa di averlo… visto sorridere, mentre lo diceva.
-
Fine