Fanfiction
ospitata per gentile concessione del Bloodylove
in attesa di riuscire a rintracciare l'autrice.
TEARS OF RAIN (Lacrime di pioggia)
Di Abigail
RATING: per tutti, assolutamente...
DISCLAIMER: è tutto (personaggi a
parte) della mia piccola cara Sofy, la mitica autrice
di questa meraviglia...tvttttb
tesoro!!!
COPPIA: Buffy
e Spike, ovviously.
UNIVERSO: è un AU totalmente umano,
perciò niente mostri, vampiri, cacciatrici, ecc. Solo due persone comuni come
tante, che si incontrano per caso in un giorno di pioggia...che succederà?
AVVERTENZE:Originariamente,
questo racconto nn era stato scritto per un Buffyverse, era una cosa totalmente a sè.
Ma poi, vedendo che i personaggi erano fisicamente e caratterialmente simili,
io e l'autrice abbiamo avuto l'idea di riadattarlo, e i
compito è stato affidato a me. Spero di nn aver tolto
niente alla narrazione originale, e di aver fatto un buon lavoro. Cmq, ci tengo
a precisare che il merito va tutto a Sofia, che ha avuto l'idea per questa
bellissima, a mio parere, storia, e l'ha scritta in modo divino.
Piove ancora. Gocce grosse quanto lacrime di pianto danzano sui finestrini del furgone,
scivolando copiose attraverso la piccola fessura al suo interno.
Sorrido piano, come se le cose
potessero tornare indietro, mentre in qualche casa elegante so che ora lui
starà accarezzando il ventre e il viso di una qualche ingenua ragazza.
Non ha più importanza.
Penso che mi devo
sbrigare, perché a mio fratello Xander serve
il furgone. Inoltre rischio di arrivare in ritardo al lavoro, e il mio impiego
è piuttosto precario, lo so bene. Ma nonostante tutto, non riesco ad
allontanarmi da questo luogo. E’ stato in questo vicolo buio e sporco, piena
solo di cassonetti maleodoranti, che la mia vita ha preso una svolta che non mi
sarei mai aspettata.
Qui, ho conosciuto lui.
E’ successo poco più di un mese fa.
Stavo andando a gettare l’immondizia fuori dal locale, e mi sono trovata
improvvisamente davanti lui. Che sensazione nuova, i suoi occhi di ghiaccio
puntati sulla mia camicetta rosa. Non ha detto una parola. Si è limitato a
togliermi il sacco di plastica dalle mani, sfiorandole appena con le sue.
L’ho rivisto al bar più e più volte, e
ho provato lo stesso brivido percependo il suo sguardo su di me, mentre gli
servivo da bere nella mia striminzita uniforme. Non è certo da me provare
attrazione per uno sconosciuto, taciturno, alto e sempre fuori posto ovunque si
trovi. Troppo strano e misterioso per un piccolo paesino come questo.
In ogni caso, è da ieri che non ho
notizie di lui. Dicono che l’abbiano arrestato.
Se non dovesse tornare sarebbe solo
colpa mia.
Arrivo al locale, pieno zeppo, tanto
per cambiare. Una vecchina vuole sapere se il sorbetto all’arancio è ad alto contenuto
di grassi. Un uomo d’affari con una ventiquattr’ore nera vuole un caffè.
Tutti vogliono qualcosa, ma sembra che
almeno loro sappiano cosa. Non come me.
Fra tazze e spiccioli che cadono a
terra tintinnando, scorgo uno spolverino di pelle nero. Mi si ferma il cuore in
gola.
E’ lui. Lo so.
Ma allora perché non ho il coraggio di
alzare gli occhi e guardarlo?
- Il solito – mormora con voce appena
roca e sussurrata quanto basta a farmi sentire male.
Beve, paga e svanisce nella nebbia. Come al solito.
E io, finalmente riesco a muovermi.
Corro fuori, inciampando goffamente nei miei clienti, e riesco a ordinare alla
mia bocca di formulare una frase, una misera frase che possa trattenerlo.
- Spike, aspetta! –
Si volta, e la
mie poche certezze vacillano pericolosamente.
I capelli biondi gli ricadono sugli
occhi, le labbra morbide e sensuali appena dischiuse che celano i denti candidi
e perfetti non sono niente in confronto a quegli occhi…
…Ma è probabile che mio padre non
abbia pensato lo stesso, quando ci ha trovato avvinghiati nudi sul sedile
posteriore, coperti solo dallo spolverino, e dalla nera notte.
I suoi occhi di ghiaccio mi trafiggono
per quella che temo essere l’ultima volta. E tutto attorno a noi sembra
fermarsi.
Solo la pioggia continua a cadere,
imperterrita. Cade sul mio seno, ormai bagnato fradicio, sui miei capelli
biondi, mi scorre sulle cosce e lungo le guance.
- Loro…Loro lo sanno che non sei stato
tu, che non mi hai violentata –
Ecco, l’ho detto. Lui non distoglie
gli occhi dai miei, e io ho paura di affogare in quell’azzurro magnetico.
- Ma questo non fa differenza. Io
rimango per tutti un pazzo molestatore. Sono andato a letto con la tipica brava
ragazza. Se non sei più candida e pura come la neve è solo colpa mia –
Sogghigna sarcastico. Io arrossisco
violentemente, al ricordo di quella notte. Appena mio padre si era ripreso
dalla vista di sua figlia coperta da un ragazzo alto, con due forti e possenti
spalle si era messo a urlare, brandendo una mazza da baseball. So che può sembrare
buffo detto così, ma, credetemi, non l’avevo mai visto fuori di sé in quel
modo. E’ stato terrificante. Aveva preso il braccio muscoloso che ancora era
agganciato alla mia spalla, e strattonato il suo proprietario fino a buttarlo
fuori dal furgone. Ora non mi parla più.
- Così – sogghigna ancora il mio
interlocutore – Ora dovrei aspettare. Bene. Muoviti –
Gli tiro un ceffone, senza nemmeno
sapere da dove prenda il via il mio braccio, forse da quel poco di dignità che
mi è rimasto.
A quel punto, il suo sogghigno
svanisce.
Il ghiaccio nei suoi occhi si
infiamma. Capisco di avere paura nel momento in cui mi balza addosso, e penso
che forse mi picchierà per quello schiaffo.
E invece…Invece mi bacia. Lentamente,
appassionatamente, mi bacia. E mentre precipito in sensazioni che non riesco a
definire, posso solo percepire le sue labbra contro il mio orecchio che
sussurrano piano qualcosa. Qualcosa che avrei voluto non sentire mai…
- Addio, Buffy
–.
Dolcemente, ma con decisione, si
stacca da me e si allontana nella nebbia.
E mentre i miei occhi si riempiono di
lacrime, riesco solo a pensare a quanto mi piaccia il mio nome sulle sue
labbra...