Fanfiction ospitata per gentile concessione del Bloodylove in attesa di riuscire a rintracciare l'autrice.

 

NON E' QUELLO CHE CI ASPETTAVAMO TUTTI

Di Flame

 

 

Autrici: Flame (progettazione della trama) e Abigail (scrittrice).

Timeline: un anno dopo la fine di Chosen, quindi ATTENZIONE: CONTIENE SPOILER SULLA SETTIMA STAGIONE DI BTVS (i piccoli e insignificanti riferimenti alla vita dei personaggi di ATS sono tutti parti della nostra fantasia malata)

Disclaimer: Tutti i personaggi di questa ff appartengono a Joss Whedon e bla bla bla bla...

Coppia: Ma Buffy e Spike ovviamente!! Cosa ve lo diciamo a fare???

Rating: Per stare sicuri facciamo v.m. 14, ma potrebbe anche cambiare. Ve lo diremo man mano che postiamo i vari capitoli.

 

 

CAPITOLO I

 

 

Los Angeles 28 Agosto 2005

 

 

Spike era seduto sui gradini del palazzo che ospitava la sede della W&H, l’agenzia investigativa del suo antico nemico Angel, osservando il cielo stellato.

Mentre si accendeva una delle sue solite sigarette il vampiro alzò gli occhi e volse lo sguardo verso la luna piena, così bianca e splendente nel nero cielo notturno. La luce lo colpì in pieno viso, rendendo la sua pelle ancora più pallida di quanto non fosse già, facendolo somigliare ad un fantasma.

Già, un fantasma.

Lo era stato, per un po’ di tempo. Quando credeva di essere morto per sempre, dopo avere salvato il mondo sacrificandosi per il bene dell’umanità. Invece poi era tornato, inspiegabilmente, ed era entrato a fare parte della squadra di Angel che era diventato l’eroe di LA, e che in fondo si era dimostrato un buon amico per lui, l’unico che capiva veramente cosa stesse provando in quei momenti di lenta agonia quando era appena resuscitato. Ma non aveva mai più visto nessuno di quelli che aveva lasciato a Sunnydale morendo.

Ripensò a Dawn, la sua piccola briciola che gli mancava tantissimo, a Willow, la strega dai capelli rossi, a Tara, l’unica del gruppo che riusciva un po’a comprenderlo, alle baby-cacciatrici che avevano dovuto allenare due anni prima, al compatriota sig Giles, a Anya, ex-demone della vendetta redenta per amore come lui, a Xander. Sì, doveva ammetterlo, persino l’idiota gli mancava, lui e le sue frasi dette sempre a sproposito e la sua totale incapacità di ragionare in modo logico e coerente.

E naturalmente, c’era lei.

La rivedeva come se fosse lì in quel momento. I lunghi capelli biondi come oro, ondeggianti nel vento, il sorriso sempre luminoso e sincero che rivolgeva ai suoi amici, il corpo snello e perfetto che lui aveva tante volte contemplato e accarezzato, e di cui aveva imparato i contorni, tanto da poterli tracciare a memoria senza nessuno sforzo. E quegli occhi verdi, a volte simili a smeraldi, vivi e brillanti, altre volte dolcissimi e ambrati, nei quali era annegato ancora e ancora, sognando un amore impossibile che lei non poteva dargli.

Non le aveva creduto nemmeno quella volta in cui, prima che morisse, gli aveva confessato di amarlo. Le loro mani si erano intrecciate, mentre la sua prendeva fuoco e lei aveva pronunciato solamente poche semplicissime parole, semplici ma ricche di significato profondo, che ancora risuonavano nella sua testa come una incessante e insistente cantilena. Quel “Ti amo Spike” era stato un gesto estremo, senza dubbio, che lui aveva interpretato come un ultimo favore prima della morte. Morto, sì, ma per salvare il mondo? No, nessuno aveva capito che cosa lui volesse realmente fare abbandonandosi alla morte.

Era morto per salvare lei, salvarla ed essere il suo eroe, qualcosa di più di “una cosa malvagia e disgustosa”,come amava tanto definirlo quando ancora erano amanti.

Bei tempi, quelli.

Tristemente, Spike si alzò dai gradini e schiacciò sotto i piedi la sigaretta che stava fumando un attimo prima. In quel momento una mano si posò sulla sua spalla.

- Ehi, tutto bene? –

Il biondo si voltò, e si ritrovò a fissare i propri occhi, blu come zaffiri preziosi, in quelli caldi e scuri di Angel, che lo guardava a sua volta, interrogativo. Scrollò le spalle.

- Niente, pensavo… - nel suo sguardo perso si poteva chiaramente intuire il ricordo non ancora sbiadito di una profonda sofferenza, la stessa che aveva tormentato Angel per anni, quando ancora stava a Sunnydale. Il vampiro bruno sospirò, posando una mano ferma sulle spalle dell’altro e costringendolo a sedersi. Stranamente, lui non protestò e si limitò a sbuffare, lievemente irritato.

- A…? – chiese Angel, ma in cuor suo sapeva già a cosa stesse pensando: ci aveva pensato lui in tante occasioni, ci pensava ancora adesso, incessantemente. Semplicemente non poteva farne a meno.

Spike rise amaramente – Lo sai benissimo a cosa stavo pensando, altrimenti non staresti lì a guardarmi con quella faccia preoccupata da cucciolo smarrito, Angel. Avanti, fammi la solita predica e vattene, non ho proprio voglia di litigare stanotte –

L’altro scosse la testa – No, Spike, non ti farò nessuna predica stavolta. Voglio solo parlare con te –

- Va bene, allora parliamo. Cosa vuoi? – il suo tono era rassegnato ed esasperato. Angel sorrise soddisfatto. Proprio quello che voleva: ora gli avrebbe risposto senza troppe storie pur di levarselo dai piedi.

- Voglio che mi spieghi perché te ne stai lì a rimuginare invece di pensare a rifarti una nuova vita. Ups, volevo dire una nuova non-vita, naturalmente –

Lui ghignò – Non hai mai avuto senso dell’umorismo, Angel. Non è il caso di cominciare proprio ora –

Attese un istante prima di rispondere alla domanda.

- Comunque io…non lo so, non riesco a…dannazione! - Angel si impietosì. Pareva davvero disperato.

- Ascolta. Tu devi andare avanti, io lo so, ci sono passato anche io. E mi vedi no, adesso ho Cordelia, e mi sono ripreso, anche dopo la delusione per la fine di un amore importante come il no… -

Spike scattò in piedi, furioso. I suoi occhi mandavano lampi pericolosi.

- Cosa intendi dire, che io non la amavo come facevi tu invece? – gridò, in preda alla rabbia più ceca.

- Andiamo Spikey. Tu non sai nemmeno cosa sia provare amore vero per qualcuno! Sì, certo, hai avuto Drusilla, ma lei era il tuo Sire dopotutto! E questa storia di te e Buffy…beh…anche se ti sei trovato un’anima non puoi certo fare paragoni fra te e me, non credi? In fondo lei era letteralmente pazza di me. Prova un attimo a… - l’altro rise sarcastico, ma di nuovo fu interrotto dalle grida dell’antico rivale.

- Balle! Tu non sopporti che io l’abbia amata e la ami ancora adesso perché tu non sei riuscito a farlo! Per te era solo un gioco, uno stupido gioco! Tutto il tuo atteggiamento da “Mr sono un povero peccatore non merito il vostro perdono” e sbavare addosso alla cacciatrice per poi abbandonarla era solamente una presa in giro! Lei era solo una ragazzina, maledizione! Cosa vuoi che ne capisse? Io invece la amavo per quello che era, non perché ammazzava demoni e sventava apocalissi una dietro l’altra! Tra lei e me non c’è mai stato niente di serio, lo riconosco, ma almeno io la amavo davvero! – si appoggiò con le mani alla parete dell’edificio, mentre Angel si alzava in piedi a fronteggiarlo. Il moro serrò i denti nel disperato tentativo di trattenersi. Non poteva perdere il controllo proprio adesso che stava per raggiungere il suo scopo.

Voleva assolutamente capire cosa Spike volesse veramente.

- Spike – il vampiro biondo si voltò sorpreso, sgranando gli occhi. Nonostante tutto quello che gli aveva detto, lui non lo aveva ancora scaraventato dall’altra parte della strada, né sembrava particolarmente arrabbiato: era solo incredibilmente serio. L’altro riprese a parlare.

- Tralasciando tutto quello che hai appena detto, visto che non mi sento di picchiarti visto come sei ridotto…perché non la dimentichi come ho fatto io? Cosa ti spinge a fare tutto questo? Perché ti tormenti così? –

Spike lo guardò sconfortato e frustrato. Sentiva il bisogno di confessare a qualcuno tutto quello che si era tenuto dentro per mesi. Si allontanò di qualche passo e si sedette nuovamente sugli scalini, prendendosi la testa fra le mani dalle dita bianche e affusolate. Quando infine rispose, la voce gli tremava come non mai.

- Io ci ho provato…te lo giuro, ci ho provato tanto, sono uscito con un numero infinito di altre donne, dopo….ma nessuna aveva…quello che…nessuna era come lei! Ogni giorno il suo ricordo mi tormenta, mi tortura…la rivedo nella mia mente, mentre mi guarda un ultima volta con gli occhi lucidi e spalancati…Dio, quegli occhi, che spettacolo…mi faceva impazzire quando mi guardava così…mi parla…mi dice che mi ama, anche se non è vero…e poi se ne va…e tutto intorno a me crolla e brucia,stavo morendo definitivamente…ma il bello era che a me non importava…sapevo che lei…che lei era al sicuro e…mi bastava…. – si interruppe, aveva un nodo in gola e non riusciva a continuare. Angel rimase in silenzio e aspettò che l’amico finisse.

- Ogni notte…sempre….ogni notte io la vedo, Angel. La sogno…e….nei miei sogni lei…è felice…finalmente è tranquilla, lontano da Sunnydale, lontano da qui…si è rifatta una vita, la vita normale che desiderava…so che ora non faccio più parte della sua vita…non è che ne avessi mai fatto veramente parte, ma eravamo quasi diventati…amici…so che devo starne fuori, e lo farò…ma nonostante questo…nonostante il fatto che lei sia lontana centinaia, migliaia di chilometri da qui… -

Alzò la testa, premendosi le mani sulle tempie e guardando l’altro fisso negli occhi. Con suo sommo stupore, questo vide che erano pieni di lacrime che lottavano per uscire,e che lui era incapace di trattenere. Trattenne il fiato attenendo la conclusione del discorso, cercando di non dare a vedere il proprio sbalordimento.

- …nonostante tutto io non riesco ancora a dimenticarla. Io la amo, Angel. Del tutto irrazionalmente, lo so benissimo…ma la amo, e continuerò a farlo –

Angel sorrise, stupendo l’amico. Quello non era il suo solito sorriso di scherno: era diverso, più gentile, più affettuoso, quasi…amichevole.

Si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla fasciata dallo spolverino nero. Dopo averlo fissato un istante alzò lo sguardo verso il cielo pieno si stelle e sospirò.

- Sai…quando tu arrivasti io ti odiavo. Soprattutto perché eri andato a letto con Buffy. Dopotutto la consideravo ancora mia e…non riuscivo ad accettare il fatto che tu fossi legato a lei, in qualche modo. Era solo sesso, ma sentivo che c’era anche qualcosa in più, da parte di tutti e due. Ho sperato con tutto il cuore che non fosse amore, ma non ne ero così sicuro. Buffy mi ha detto che prima che tu morissi ti ha confessato di amarti –

- Sì, è vero ma… -

- Aspetta Spike, lasciami finire. Ora, quando me l’ha detto io non ci ho creduto e ho riso, sebbene lei giurasse che fosse vero. Dovevi sentirla, era così triste e arrabbiata per non poter fare niente, per essere del tutto impotente…si è messa a piangere al telefono. A quel punto io mi sono sentito ghiacciare. Capii che diceva la verità – il vampiro moro si voltò verso quello biondo che lo guardava come se fosse completamente pazzo, e lo scrollò gentilmente per le spalle, seppur con aria di rimprovero.

- Spike, Buffy ti ama. Non so se sia legata a qualcuno ora, in fondo è passato un anno, ma…devi andare da lei. Potrebbe esserci un’ultima possibilità per voi. Spike, non lo capisci?? Se lei ti ama ancora, se ti vuole…potreste essere felici insieme! Non è questo ciò che vuoi? –

- C-certo ma…i-io non so se… - l’altro balbettò confuso.

- Devi andare da lei. Mettiamo da parte i vecchi rancori, adesso non si tratta di noi, ma di lei. Della sua felicità. A questo punto mi sono rassegnato, sono felice con Cordelia, lei mi ama e anche io la amo. Non posso aspettarmi che Buffy mi rivoglia indietro dopo tutto quello che le ho fatto passare. E forse nemmeno io lo voglio. Quindi se proprio non posso essere io a stare al suo fianco, allora non voglio vederla con altri che con te. Ha bisogno di qualcuno che la ami e la desideri fino alla follia...e che la renda felice come non è mai stata. E ora, l’unico che può farlo sei tu –

Spike non rispose, era scioccato. Angel, il suo nemico, Angel, l’uomo che aveva odiato fino all’esasperazione e che gli aveva portato via Dru solo per ripicca lo stava praticamente implorando di tornare con l’amore della sua vita, la cacciatrice. E stava dicendo che accettava il fatto che lei non lo amasse più. Che accetava il fatto che ora Buffy amasse lui.

Non vedendolo rispondere, l’altro prese un foglietto su cui scarabocchiò un indirizzo e glielo mise in mano.

- Beh, visto che non mi rispondi mi vedo costretto a dedurre che chi tace acconsente. Questo è il suo nuovo indirizzo. Sta a Roma, in Italia. Ha sempre voluto andare in Europa, me lo ricordo bene. Ti ho prenotato un volo per le due, stanotte. Dovrai fare scalo a Parigi, mi dispiace, ma è il massimo che posso permettermi. Buon viaggio –

Spike fissò il biglietto come in trance.

- Ma come farò a… -

- Non discutere con me, Spike. Ho già pagato e il biglietto non è rimborsabile – detto questo infilò le mani in tasca e fece il gesto di dirigersi verso l’entrata dell’agenzia.

Dopo aver fatto pochi passi Angel si fermò e proruppe in una piccola risata – Ah, Spikey, un’ultima cosa –

- Dimmi – il biondo si riscosse dal suo torpore e parve riconquistare almeno in parte il proprio autocontrollo.

- Non mi deludere! Falla felice, o ti verrò a cercare e ti torturerò fino a che non crollerai in ginocchio e mi implorerai di smettere. Lo sai che ne sono capace. L’Angelus che è in me non vede l’ora di tornare ai bei vecchi tempi e non tarderà a farlo se solo tu gliene darai l’occasione! –

- Angel, Cordelia è al corrente del fatto che il suo attuale fidanzato è un pazzo torturatore di poveri innocenti? –

Il moro rise nuovamente, ritornando poi serio – Sul serio Spike. Non farla soffrire o dovrai vedertela con me. Ma….in fondo in fondo mi fido di te, nonostante ti conosca bene per quello che in realtà sei stato. Buona fortuna….amico mio –

Spike sorrise, e Angel trasalì. Faceva uno strano effetto vederlo fare qualcosa di diverso da un diabolico sogghigno.

- Grazie Angel. Grazie di tutto. Sei un amico anche tu –

Senza aspettare risposta il vampiro biondo si ficcò le mani marmoree nelle tasche dello spolverino nero e si allontanò a grandi passi.

Angel sorrise e scosse la testa, per poi scomparire attraverso il portone.

Quando fu certo di essere abbastanza lontano, Spike si bloccò e rise. Era una risata felice, gorgogliante, da bambino. Alzò la testa e chiuse gli occhi, inspirando a fondo l’aria fresca della sera.

- Buffy, amore mio, sto arrivando da te. E questa volta, è per restare –.

 

**********

 

 

CAPITOLO II

 

 

Volo Los Angeles-Parigi 8.000 metri d’altezza - 29 Agosto 2005

 

 

- Signore, gradisce qualcosa da bere? –

La voce della hostess riscosse Spike dal suo torpore, costringendolo a staccare gli occhi dal finestrino. La fissò a occhi sgranati.

- Cosa? –

La ragazza sospirò, annoiata e frustrata. Erano le tre di mattina, le facevano male i piedi e la mascella per il troppo sorridere e aveva tanta voglia di urlare e dire a quel tipo quello che pensava di lui, ma se avesse fatto un’altra scenata ad un passeggero come quella di pochi giorni prima l’avrebbero licenziata e questo proprio non poteva permetterselo. Rivolgendo al ragazzo ossigenato che sedeva di fronte a lei un sorriso smagliante ripetè gentilmente quanto aveva appena detto, senza perdere la calma.

- Ho detto, vorrebbe che le portassi qualcosa da bere? –

- Oh sì un bourbon, grazie – il vampiro si rimise a fissare il buio attraverso il finestrino con occhi vacui senza degnare di uno sguardo la donna. Questa si allontanò imprecando tra i denti.

Spike si chiese se il bourbon fosse stata una scelta saggia. Ubriacarsi prima di reincontrare la propria ex, se così la si poteva definire, dopo un anno che non si vedevano non era l’ideale. Doveva essere lucido per poterle parlare, e il bourbon non aiutava. Ma d’altronde avrebbe dovuto fare scalo a Parigi, quindi non c’era da preoccuparsi: avrebbe avuto tutto il tempo necessario per smaltire la sbornia e rendersi presentabile.

Ad un tratto un pensiero sconvolgente gli attraversò la mente e il biondo cominciò a sudare freddo. La cacciatrice non sapeva che lui era tornato dopo la battaglia, pensava che fosse morto per sempre. Quando era tornato, non aveva voluto che Angel le telefonasse per darle la lieta notizia, e lui di certo non aveva perso tempo insistendo.

Come avrebbe reagito vedendoselo davanti all’improvviso? E se lei non avesse voluto rivederlo? Se l’avesse insultato come al solito e lo avesse cacciato via? O peggio, se fosse rimasta ferita dal fatto che lui non l’aveva cercata prima o lo avesse rifiutato? Dopotutto Buffy e Angel si erano sentiti parecchi mesi prima, nel frattempo lei doveva essersi rifatta una vita. Nuovo paese, nuova città, nuova casa, nuovo lavoro, nuovo ragazzo…..

Oh no, non doveva pensarci. “Pensa a qualcos’altro, idiota che non sei altro! Non pensare a quello…”. Troppo tardi: l’immagine di lei fra le braccia di un altro uomo mentre gli sorrideva adorante e lo baciava gli si era già proiettata nella mente. I suoi occhi si offuscarono dalla gelosia e lui contrasse la mascella, rendendo i suoi lineamenti più affilati di quanto non fossero già.

In quel momento la stessa giovane hostess di poco prima gli si parò davanti, porgendogli il vassoio con il bicchiere di bourbon e sorridendo falsamente.

- Il suo aperitivo signore. Gradirebbe anche qualche… - la poverina si interruppe, basita. Spike le rivolse uno sguardo infuriato e afferrò con veemenza il bicchiere contenente il liquido, svuotandolo tutto d’un fiato. La ragazza continuava a fissarlo con gli occhi spalancati.

- Un altro, prego. E doppio, stavolta – ringhiò lui, stringendo le dita attorno al bicchiere e posandolo nuovamente sul vassoio di plastica.

“Ma questo è completamente pazzo“ si disse la hostess, e filò via a tutta velocità senza fiatare, lasciando Spike solo con i suoi turbolenti pensieri.

Dopo mezz’ora e cinque bicchieri di bourbon, il biondo cominciò a sentirsi stanco e le palpebre gli si fecero pesanti. Piano piano si addormentò, scivolando in un sonno profondo e senza sogni, cullato dal rombo dell’aereo in sottofondo.

 

 

Roma Banca Comunale – 29 Agosto 2005

 

 

Buffy Summers stava lavorando al computer del suo ufficio da più di quattro ore, e ormai sentiva i morsi della fame assalirle la bocca dello stomaco, e una certa spossatezza. Stava quasi per addormentarsi sulla tastiera quando un’immagine del sito Internet in cui stava cercando informazioni sulle banche americane attirò la sua attenzione. Strinse gli occhi e cercò di focalizzarla meglio alla debole luce della lampada da tavolo. Un cratere.

“Il cratere di Sunnydale, piccola cittadina californiana distrutta un anno fa da un terremoto. Il terremoto fu causato dallo spostamento di alcune zolle tettoniche che provocarono una violenta scossa che distrusse l’intera città. Il cratere è tutto quello che ne rimane oggi. Fortunatamente non vi sono stati morti né feriti, data la precedente evacuazione della città effettuata dalle autorità competenti, che si premurarono di…”

Buffy sentì le lacrime dibattersi per uscire, mentre ricordi e immagini dolorose si affollavano nelle sua mente. Sunnydale non era stata distrutta da un terremoto come avevano scritto i giornali. Lì si era svolta la sua battaglia contro il Primo Male, che avrebbe potuto segnare la fine del mondo intero se non lo avessero impedito. In quella battaglia era morto Spike.

Ripensando al suo amante morto per salvarli, la bocca della ragazza fu invasa da uno strano sapore acido e amarognolo. Coprendosi la bocca con la mano, corse in bagno e si infilò nel primo gabinetto disponibile, avendo cura di chiudere bene la porta. Entrata, liberò lo stomaco e si lasciò cadere a fianco del water appoggiando la testa contro il muro, le lacrime che scorrevano copiose lungo il viso.

Spike. Dopo un anno ancora ricordava tutto di lui, il suo viso, i suoi capelli, suoi occhi. Quei magnifici e sconvolgenti occhi blu intenso, che la guardavano ora divertiti, ora infuriati e lampeggianti, ora traboccanti d’amore. Perché il punto era che lui l’amava.

Che stupida era stata a credere che non fosse vero. A credere che la sua fosse solo un’ossessione. No, quello era vero e proprio amore, e lei era stata così cieca da capirlo quando ormai era troppo tardi. Quando lui era già morto.

Gli aveva detto cose terribili quando erano ancora amanti, cose di cui adesso si vergognava. Ma lui non aveva mai rinunciato, aveva continuato a starle accanto, a proteggerla, a proteggere sua sorella Dawn quando lei era morta dopo aver combattuto contro Glory, la dea infernale. Sorrise, ricordando il giorno in cui lei era stata riportata in vita dai suoi amici. Dawn l’aveva portata a casa, l’aveva vestita e pettinata e le aveva dimostrato tutto il suo affetto. Ad un certo punto era arrivato Spike, sbattendo la porta e urlando contro Dawn, che era scappata senza dirgli niente. Quando però aveva visto Buffy si era scordato di tutto e si era seduto con lei sul divano in salotto. Poi lei gli aveva chiesto quanti giorni era stata via, e lui le aveva risposto “147 giorni ieri“. Già in quel momento avrebbe dovuto capire quanto lui la amasse.

L’aveva aiutata, amata, consolata, aveva combattuto per lei, aveva lasciato che lei lo insultasse e poi tornasse senza mai cacciarla. L’orgoglio, non esisteva più. L’aveva sempre aspettata. Lei non lo aveva mai capito.

Infine, un anno prima era morto. Lasciando lei sola, a dover ricominciare tutto daccapo, per il bene suo e di sua sorella. Lasciandosi il passato alle spalle senza voltarsi mai. E ora, di lei rimaneva solamente un corpo vuoto e freddo.

Buffy si alzò, aggrappandosi con le mani al lavandino. Guardò la sua immagine riflessa nello specchio: un mostrino patetico e piagnucoloso, ecco quello che sembrava. Si spruzzò acque fredda sul viso e si ricompose come poteva, poi tornò dritta nel suo ufficio.

Dopo aver raccolto la borsa e averci infilato il portatile, uscì dalla sede della banca in cui lavorava come impiegata e si incamminò verso la metropolitana. Non ce l’avrebbe fatta a lavorare ancora, era troppo sconvolta. Aveva bisogno di andare a casa e provare a rilassarsi, o sarebbe impazzita.

Una volta arrivata salì al piano superiore e si stese sul letto. Una lacrima le solcò il viso.

Buffy si raggomitolò su se stessa, cercando di soffocare i singhiozzi che le scuotevano tutto il corpo. Non sapeva perché, ma non riusciva a smettere di piangere.

 

 

Parigi Champs Elysées – 30 Agosto 2005

 

 

Spike aprì la porta dell’Hotel Antoine e una ventata d’aria fredda lo investì. Era notte fonda, il volo per Roma sarebbe partito solo due ore dopo e lui non aveva nessun posto dove andare. La camera dell’albergo dove aveva alloggiato era già stata pagata e ripulita, pronta per essere occupata nuovamente, e forse la cosa migliore da fare era rinchiudersi a bere in qualche locale malfamato degli Champs Elysées.

Con passo deciso il vampiro si incamminò lungo la strada, confondendosi nell’oscurità. Una musica dolce suonava in lontananza, probabilmente proveniva da qualche bel ristorante di lusso. La luna splendeva alta nel cielo e una dolce brezza serale gli accarezzava il viso. Una serata perfetta, pensò lui.

Perfetta sì, ma per tutte le coppiette che gli passavano di fianco in quel momento senza nemmeno guardare dove andavano, sbaciucchiandosi e tenendosi per mano, felici e innamorati in quella magica notte nella capitale dell’amore. Spike invece era solo, abbandonato e dubbioso. Questo non contribuiva certo a migliorare il suo umore.

Sempre più infuriato si infilò rapidamente in una qualche bettola fumosa e comprò una bottiglia di bourbon. Annegare i propri dispiaceri nell’alcool, quella sì che era una buona idea. Così almeno per cinque minuti non avrebbe pensato a Buffy.

Ma chissà se lei gli pensava?

Probabilmente no, si disse. In questo momento sarà sicuramente in qualche locale a divertirsi, ballando e ridendo assieme ai suoi amici. Come ballava lei non ballava nessun’ altra, con quelle movenze lente e sensuali che…

Impedì alla propria mente autolesionista di andare oltre, uscendo all’aria aperta e attaccandosi alla bottiglia. In pochi minuti la vuotò completamente e la gettò a terra, rompendola in mille pezzi, i cocci di vetro scuro che rotolavano incessantemente lungo la strada.

Il biondo si accasciò su una panchina, gettando la testa all’indietro. I palazzi sopra di lui continuavano a girare.

“Non reggo più l’alcool come una volta, maledizione!” pensò. Non si accorse della figura alta e snella che si dirigeva verso di lui con passo lento e aggraziato.

- Ciao, William –

Spike si voltò raggelato, e quello che vide lo sconvolse e lo sconfortò insieme: davanti a lui, più bella che mai nel suo abito nero e con i capelli corvini che le ricadevano sulle spalle bianchissime, stava Drusilla.

- D-dru? – balbettò, incredulo.

- Sono proprio io, amore – ribattè lei.

- Oh, no. Non è possibile. Perché? – mormorò lui, profondamente frustrato. Proprio adesso doveva arrivare?

- Shhh… - gli ordinò la vampira accostandosi al suo orecchio e cominciando a mordicchiarlo delicatamente.

- Paparino, sei stato davvero cattivo ad andartene così…mammina non è contenta – sussurrò.

- Dru, tesoro, ti prego… - l’ossigenato provò ad allontanarla, ma lei gli si avvicinò maggiormente e con un gesto rapido gli scostò la camicia, aprendogliela sul petto. Poi, sensualmente, iniziò ad accarezzarlo.

- Che cosa…? – chiese affannosamente lui – basta, Dru, lasciami. Non ho tempo –

- Sì, lo so, devi correre dalla tua cacciatrice. Ma io ora sono qui e non ti lascerò andare, William. Tu sei mio – l’ultima frase suonava come una velata minaccia.

- Oddio… - mormorò il vampiro biondo, cercando inutilmente di respingerla. Ma il suo Sire non si lasciava intimidire.

Riprese ad accarezzarlo e a baciarlo, mentre lui, sopraffatto dall’alcool, si abbandonava lentamente al piacere.

Ad un tratto però, un pensiero gli attraversò la mente, e per un attimo tornò lucido. Buffy.

Con scatto felino immobilizzò i polsi della antica amante e la fissò negli occhi. Il suo sguardo era gelido.

- Smettila, Dru. Questo non è il momento si rivangare i vecchi tempi. Ho un volo da prendere – così dicendo si alzò dalla panchina e afferrò lo spolverino. Lei lo trattenne per un braccio.

Spike si voltò, e vide che i bellissimi occhi violetti della donna erano pieni di lacrime. Lei cominciò a dondolarsi avanti e indietro.

- Miss Edith me l’aveva detto, ma io non ho voluto ascoltarla…tu vuoi andare da lei, ma lei ti farà soffrire, lo sai…non andare William, non farlo, non voglio che lei ti faccia del male…luce, luce, troppa luce… -

Lui la guardò, e gli fece una pena infinita. Drusilla voleva solamente il suo bene, e impedirgli di soffrire ancora per colpa di Buffy.

Si chinò dolcemente verso di lei, e le prese le mani. La vampira alzò lo sguardo.

- Dru, passerotto, ascolta. Io devo andare da lei, capisci? Anche se soffrirò, devo andare. Questa sarà l’ultima volta, non le permetterò di ferirmi ancora. Io la amo, Dru. Non posso tornare con te –.

Drusilla scosse la testa e sorrise amaramente.

- Lo so che la ami, Will. Se è quello che vuoi va da lei, ma ricordati: così ti fai solo del male. Anche le stelle lo dicono. Lei non ti merita – accennò con il braccio agli astri che risplendevano nella notte, poi chinò la testa e tornò a piagnucolare in silenzio.

Il biondo le diede un ultimo bacio sulla fronte e se ne andò, lasciandola sola raggomitolata su quella panchina, a rimuginare e a parlare a sé stessa.

Gli dispiaceva lasciarla così, ma doveva andarsene o avrebbe fatto tardi.

Corse a perdifiato fino all’aeroporto, appena in tempo per il check-in e l’imbarco. Una volta salito sul velivolo si accomodò al suo posto e chiuse gli occhi, lasciando ancora una volta che il sonno si impossessasse di lui.

Dopotutto, aveva una notevole sbornia da smaltire.

 

 

 

CAPITOLO III

 

 

Volo Parigi-Roma 8.000 metri d’altezza – 30 Agosto 2005

*******

 

Era notte fonda, e lui stava andando a casa di Buffy.

Percorreva il viale camminando molto lentamente e tenendo la testa bassa, il cuore che batteva all’impazzata.

Se ne avesse avuto uno, ovvio.

Intorno a lui, le luci di Roma brillavano abbagliandolo. Era davvero una città bellissima. Alzò impercettibilmente lo sguardo per ammirare meglio quella vista magnifica e continuò ad avanzare.

Ad un tratto la vide: era appoggiata al cancelletto d’ingresso, e guardava con aria sognante il vuoto. Indossava un vestitino azzurro, leggero e estivo, i capelli biondi sciolti sulle spalle. A quella vista, il sangue di lui andò in ebollizione.

Si avvicinò ancora di più, incerto su cosa dire. Quando fu a pochi metri dall’entrata la chiamò piano.

- Buffy –

Lei si voltò, e un’espressione di stupore e meraviglia si dipinse sul suo viso.

- Spike! –

In attimo gli fu addosso, allacciandogli le braccia dietro il collo accarezzandogli freneticamente i capelli e la nuca con una mano. Spike la strinse a sé come se non volesse più lasciarla andare via.

- Spike! Sei tu! – ripetè la ragazza, la voce rotta dal pianto.

- Si amore mio, sono io e sono qui e non ti lascerò fuggire via questa volta – le sussurrò lui.

- Ma io non voglio fuggire… - Buffy si staccò da lui e gli pose le mani sul torace scolpito, guardandolo negli occhi.

- Spike, io ti amo –

Il viso del vampiro si illuminò e lui strabuzzò gli occhi, sbalordito e incredulo.

- Davvero mi ami, Buffy? – le chiese.

- Si, ti amo più della mia vita stessa! Scusami per tutto quello che ti ho fatto passare! – lo implorò lei, affondando il capo nel suo petto e singhiozzando sommessamente. Il biondo le pose due dita sotto il mento e glielo sollevò delicatamente, guardandola con due occhi blu pieni d’amore. Lei lo fissò a sua volta.

- Buffy, anche io ti amo, e non ho niente da perdonarti tesoro. Ora quello che conta è che siamo insieme –

- Ma… - lo interruppe lei, dubbiosa sul fatto che l’avesse davvero perdonata.

Spike le chiuse la bocca con un dolce bacio e la sollevò fra le braccia, portandola in casa come una novella sposa.

Entrati, lui chiuse la porta con un tonfo e bloccò la donna sulla superficie liscia del legno con il suo peso. I loro corpi aderivano perfettamente, e il basso ventre di lui le premeva addosso, sconvolgendola e eccitandola allo stesso tempo.

Lentamente, lui cominciò a mordicchiarle il lobo dell’orecchio e a stuzzicarlo con la punta della lingua, per poi scendere verso il collo e le spalle, fino alla profonda scollatura del vestito mentre con un unico, fluido gesto della mano destra le tirava giù la cerniera sulla schiena. I suoi occhi sfavillarono quando vide che sotto non portava reggiseno. I mugolii di piacere della ragazza lo eccitarono ancora di più mentre lei lo spronava a continuare, premendogli addosso e passandogli le dita fra i capelli spettinati.

Quasi con violenza gli tolse di dosso la maglietta attillata e percorse il suo petto con le mani e le labbra, dandogli morsi e baci leggeri, soffermandosi sulle punte tese. Ai suoi gemiti si erano aggiunti anche quelli di Spike.

- Continua amore, ti prego… - mormorò il vampiro, in estasi per quello che lei gli stava facendo.

Buffy alzò la testa e gli sorrise.

- Saliamo… –

Di nuovo lui la prese in braccio a la baciò appassionatamente, salendo le scale che portavano al piano superiore della casa. Una volta arrivato aprì una porta a caso e la buttò sul letto, gettandosi sopra di lei subito dopo.

Cominciò a succhiarle avidamente i seni, scendendo successivamente verso lo stomaco e l’ombelico. La ragazza chiuse gli occhi, abbandonandosi al piacere.

Molto delicatamente lui le sfilò i jeans e infilò una mano al di sotto delle mutandine di seta rosa, ormai fradice, mentre lei gemeva e sospirava più forte.

Calme ed esperte, le sue dita si insinuarono sotto il tessuto, cominciando a solleticarle il clitoride, provocandole onde di piacere in tutto il corpo così violente da farla sussultare.

Dopo alcuni minuti di piacevole tortura Spike sorrise e ritirò la mano, chinando la testa fra le sue cosce. Poi riprese a fare esattamente quello che stava facendo prima, sostituendo la propria lingua alle dita.

Quando vide che lei era pronta e ormai al limite, con un unico movimento affondò in lei una,due,tre,quattro volte, facendole urlare il suo nome.

Alla fine si addormentarono abbracciati, esausti ma appagati da quella notte di d’intenso amore.

 

La mattina dopo, Buffy si svegliò e si accorse del braccio di Spike intorno alla sua vita, che la stringeva possessivamente. Lo spostò con un gesto delicato, alzandosi piano a sedere e scivolando fuori dal letto per non disturbarlo. I suoi sensi di vampiro, però erano all’erta, e lui aprì subito gli occhi. La guardò con sospetto mentre si alzava e cominciava a rivestirsi.

- Dove vai? –

La voce del ragazzo la fece sussultare. Poi lei si girò, guardandolo leggermente seccata.

- Al lavoro. E faresti meglio a vestirti e ad andartene anche tu, prima che Dawn ritorni a casa. Non voglio che ci veda insieme –

- Come? – chiese Spike incredulo.

- Hai sentito bene – rispose gelidamente Buffy mentre si voltava dandogli di nuovo le spalle.

Furioso, lui si alzò e le afferrò il polso, costringendola a guardarlo. Quando vide il suo sguardo, si ghiacciò. Negli occhi verdi della ragazza si poteva legger una freddezza inusuale.

- Tu vuoi veramente che io me ne vada, Buffy? – disse con voce bassa e minacciosa.

La cacciatrice lo fissò un attimo con aria di sfida prima di rispondere.

- Sì –

Il vampiro la strattonò violentemente.

- Come puoi affermare questo dopo tutto quello che ci siamo detti ieri? – le gridò. L’altra proruppe in una fragorosa risata.

- Spike, l’unica cosa che volevo da te era solamente una indimenticabile scopata e direi che l’ho ottenuta, quindi fammi un favore e esci di qui prima che mia sorella faccia il suo ritorno a casa e ti veda con me – affermò crudelmente.

- Ma…tu avevi detto che mi amavi… - balbettò lui confuso e addolorato. Lei gli si avvicinò e gli accarezzò una guancia con aria fintamente compassionevole.

- Oh povero cucciolo, la piccola cacciatrice ti ha deluso. Pensavi davvero che fossi sincera quando ho ammesso di amarti? Volevo solamente portarti a letto, e l’unico modo per raggiungere il mio scopo era mentirti. Ora sto con Riley, è tornato e mi ama davvero, non come te che sei solamente una cosa cattiva e senza sentimenti. Come vedi non c’è futuro per noi due. Ora vattene, ti prego –

Spike aveva gli occhi lucidi e lampeggianti di rabbia. Non poteva credere che fosse tutta una menzogna. Sembrava così vera, così sincera quando gli aveva dichiarato il suo amore…no, non voleva crederci.

Le strattonò il polso ancora più forte, strappandole un piccolo grido di sorpresa e dolore.

- Sei una sgualdrina, Buffy! Come puoi avermi circuito così? Tu sei mia! – ringhiò.

- Spike, lasciami mi fai male così – piagnucolò la ragazza, cercando inutilmente di sottrarsi alla sua stretta d’acciaio.

- Tu sei mia! – ripetè lui, aumentando la presa.

Buffy lanciò un grido spaventato, vedendo che il suo viso furioso e addolorato mutava nel volto della caccia. Con un ringhio sordo, il vampiro si avventò su di lei e cominciò a berne il sangue dolce rinvigorente, il sangue della cacciatrice, mentre la sua vittima sentiva che la vita la stava lentamente abbandonando…

- Spike, no, ti prego, no…no!! –

*******

 

- …No! –

Il vampiro si svegliò di soprassalto, ansimando furiosamente. Si guardò intorno sorpreso, come se non si rendesse conto di dove si trovava. Beh, in effetti era proprio così. Sbattè le palpebre un paio di volte, poi si accasciò sulla poltroncina, prendendosi la testa fra le mani. Un sogno. Era solo uno stupido sogno. Eppure sembrava così reale…

Spike rabbrividì. Per un attimo aveva temuto di trovarsi veramente in quella situazione, e di perdere il controllo. Più di tutto però, ricordava le parole di Buffy, vivide nella sua mente

“ Tutto ciò che volevo da te era solamente una indimenticabile scopata e direi che l’ho ottenuta…ora vattene“.

Era solamente quello che Buffy aveva sempre cercato quando veniva da lui? Una indimenticabile scopata e niente di più?

Si bloccò improvvisamente, e il suo sguardo divenne intenso e disperato. Non poteva essere così, non doveva essere così…

“Non pensarci nemmeno. In fondo lei ha ammesso di amarti. Non possono essere tutte bugie” gli sussurrò una vocina in fondo al suo cuore. Ma un'altra, più acida e sprezzante, quella stessa che era appartenuta a William Il Sanguinario più di un secolo prima rideva beffarda.

“Povero illuso. Pensi veramente che Buffy ti ami? Sei ancora più stupido di quanto pensassi…come potrebbe amarti? Rassegnati”

Improvvisamente, la voce del comandante che comunicava con i passeggeri attraverso gli altoparlanti interruppe quel fastidioso colloquio con se stesso. Spike gliene fu tremendamente grato.

- Dio benedica la moderna tecnologia… - mormorò. Poi si mise ad ascoltare con attenzione.

- Comunicazione di servizio: siamo felici di annunciarvi che l’atterraggio all’aeroporto di Roma verrà effettuato tra pochi minuti. Vi ringraziamo per avere scelto la nostra compagnia aerea, e buon soggiorno in Italia. Speriamo di rivedervi presto… -

“Le solite banalità” sospirò Spike alzando gli occhi al cielo. Rapidamente si slacciò la cintura di sicurezza e recuperò il proprio spolverino di pelle nera dal sedile accanto, che per fortuna era sempre rimasto vuoto. Chissà cosa avrebbe pensato un eventuale vicino di posto sentendo i suoi gemiti e ansiti di piacere nel sonno…o peggio, sentendolo urlare e ringhiare.

Come annunciato dal comandante, poco dopo l’aereo atterrò e i passeggeri si mossero verso l’uscita contemporaneamente, sgomitando e scalciando. Il vampiro attese pazientemente di poter scendere a sua volta.

Non appena ebbe posato i piedi sull’asfalto della pista d’atterraggio, tirò involontariamente un sospiro di sollievo. Niente da dire, gli aerei erano molto veloci e comodi, ma non erano proprio il suo genere. Preferiva senza dubbio la sua cara De Soto, peccato solamente che a quell’ora fosse ridotta a una frittella, schiacciata delle macerie della vecchia Sunnyhell…

Con aria agitata, Spike si mosse verso l’uscita dell’aeroporto e aprì le pesanti porte di vetro con una spallata. Si fermò un istante, incantato da ciò che vedeva. Erano le tre di notte, e le nuvole cupe nel cielo nascondevano le stelle, ma non per questo Roma gli sembrava meno bella. I palazzi alti e imponenti, i monumenti antichi, l’aria di mistero e magia che aleggiava intorno a quella città lo lasciarono senza fiato.

Dopo alcuni secondi dedicati alla contemplazione del paesaggio, il vampiro mosse qualche passo, spiegando svogliatamente il bigliettino che gli aveva dato Angel. Lesse: Trastevere, Via Portuensi 21. Fece una smorfia. D’un tratto la prospettiva di rivedere Buffy non lo attirava più così tanto, si sentiva un tantino ansioso…

Ansioso? Era puro terrore quello che provava, ammise sorridendo sarcastico. Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Avrebbe dovuto pensarci prima.

Sospirò, e scuotendo la testa si incamminò lungo il viale alberato, gettando di tanto in tanto qualche occhiata alla gente che gli passava accanto distrattamente senza degnarlo di un occhiata, tutta presa dai propri problemi e personali frustrazioni. Proprio come lui.

 

 

Roma Trastevere, Via Portuensi 21 – 30 Agosto 2005

 

 

Buffy dormiva, raggomitolata sul suo letto in posizione fetale. Aveva pianto per più di due ore, poi la stanchezza aveva preso il sopravvento e si era abbandonata tra le braccia di Morfeo.

Il campanello suonò, e qualcuno cominciò a tempestare di pugni la porta.

- Buffy? Buffy, rispondimi per l’amor del cielo! –

La ragazza si svegliò di soprassalto, spaventata dalle grida. Nonostante non fosse ancora del tutto sveglia, si precipitò giù dalle scale con il cuore che batteva all’impazzata. Aveva uno strano presentimento.

- Chi è? – chiese con voce incerta.

- Oh, Buffy, allora stai bene! Sono io, Xander – rispose l’amico da dietro la porta.

La bionda sospirò. Certo, era Xander. Ma cosa le era venuto in mente?

Di malavoglia gli aprì la porta e si sforzò di apparire amichevole. Xander era in piedi davanti a lei e le rivolgeva un sorriso smagliante.

- Buffy! – ripetè abbracciandola – allora stai bene! –

Buffy sembrava confusa dalla sua reazione. Sembrava quasi che Xander si aspettasse si trovarla morta.

- Xander, certo che sto bene. Perché dovrei stare male? – chiese perplessa.

Il ragazzo aveva l’aria imbarazzata. Cominciò a balbettare frasi senza senso, arrossendo furiosamente.

- Beh, vedi, io e Will avevamo pensato di invitarti a quel nuovo locale che ha aperto all’angolo della strada…non mi ricordo come si chiama… -

L’amica sgranò gli occhi – Adesso? Ma sono le due di notte, Xan! –

- Lo so, ti abbiamo chiamato più o meno verso le undici per farti un’improvvisata, ma tu non hai risposto…così abbiamo pensato che stessi già dormendo…e siamo andati da soli…poi al locale abbiamo incontrato quella tua collega, una ragazza davvero carina, come si chiama? Ah, sì, Giulia. Beh, dopo qualche chiacchiera di circostanza lei ci ha chiesto se stavi ancora male. Noi ovviamente non sapevamo di cosa stesse parlando, così ci ha spiegato che verso le otto te ne eri andata dall’ufficio con un’aria davvero sconvolta, avevi gli occhi gonfi e il viso rosso e stavi tremando. Allora io e Willow ci siamo preoccupati, e lei mi ha mandato a cercarti a casa per controllare che stessi bene. Da come ti ha descritto Giulia sembrava che fossi…non so, una specie di moribonda – terminò Xander gesticolando nervosamente.

Buffy si sentì avvampare di collera. Mai che quella ragazza si facesse gli affari propri. Ricordava che durante la prima settimana di lavoro aveva combinato un sacco di guai. Un giorno stava lavorando al computer, e il the freddo che stava bevendo si era rovesciato sulla tastiera, bloccandola. In quel momento nell’ufficio era entrata Giulia con in mano alcuni fascicoli, e Buffy si era confidata con lei, chiedendole però di non parlarne a nessuno e promettendo che avrebbe sostituito la tastiera ormai inservibile con una nuova. Naturalmente l’altra aveva acconsentito, rassicurandola a proposito del suo silenzio. Il giorno dopo, l’intero reparto era già al corrente dell’accaduto.

- Piccola impicciona, invadente e ficcanaso io ti… - si interruppe, vedendo che Xander la stava osservando confuso.

- Sto benissimo, Xan. Non ti devi preoccupare – esclamò con finto entusiasmo, rivolgendo all’amico un gran sorriso e guardandolo dritto negli occhi per convincerlo del fatto che quella spudorata menzogna fosse in realtà la verità.

Ovviamente, confermando ogni sua previsione, non ci riuscì.

Il moro le sorrise con dolcezza.

- Sei sicura, Buffy? Non mi sembra – le disse.

Buffy scoppiò improvvisamente in lacrime, affondando il viso nel petto del ragazzo. Questo cominciò ad accarezzarle lentamente i capelli, sussurrandole parole di conforto.

- Buffy, piccola…perché piangi? – le chiese in un sussurro.

La bionda alzò la testa e lo fissò un attimo. Poi si sciolse dal suo abbraccio e si avviò verso la cucina, facendogli segno di seguirla. Lui non se lo fece ripetere due volte. Era del tutto intenzionato a capire il motivo del comportamento dell’amica, e aveva deciso che ci sarebbe riuscito.

Buffy si fermò davanti ai fornelli, e mise su il bricco del caffè. Gettò un’occhiata rapida all’altro, e si sedette al tavolo, prendendosi la testa fra le mani. In poco tempo, le lacrime ricominciarono a scendere copiose sul viso. Xander se ne accorse e allungò una mano verso di lei.

- Buffy, non fare così, ti prego. Parlami – la supplicò.

Lentamente la ragazza alzò la testa e provò a sorridergli. Il tentativo di sorriso però, ben presto si trasformò in una smorfia che di gioioso aveva ben poco.

- Va tutto bene, Xan. Davvero. Sono solo un po’…stanca, ecco tutto – rispose, asciugandosi le lacrime e alzandosi per versare il caffè nelle tazze. Lui la afferrò per il polso, costringendola a voltarsi. Aveva un’aria ferita, come se in qualche modo lei l’avesse tradito.

- Perché non vuoi sfogarti con me? Eravamo amici… - le disse. Nei suoi occhi si poteva chiaramente leggere un’ombra di dolore.

Buffy non riusciva a capirlo.

- Xander, basta adesso. Te l’ho già detto, sono solo stanca. Non ci sono problemi - con la voce rotta dall’emozione e dal pianto trattenuto, la ragazza si divincolò dalla presa che lui ancora esercitava sul suo polso e afferrò con veemenza il bricco del caffè e le due tazze, versandovi dentro il liquido scuro. Poi le sbattè sul tavolo e si sedette nuovamente, abbassando lo sguardo per non incontrare quello triste e addolorato dell’amico.

- Buffy – riprovò Xander – ti prego, dimmi qualcosa! Qualunque cosa! –

Lei non rispose e si coprì ulteriormente il viso con le mani. Lui gliele afferrò e la costrinse a guardarlo. Aveva gli occhi lucidi.

- Parlami! Perché fai così, Buffy? Spiegamelo, almeno potrei provare a capire! – gridò.

All’improvviso la ragazza si alzò di scatto, rovesciando all’indietro la sedia. Xander era palesemente scioccato dalla sua reazione. Buffy era in piedi davanti a lui, tremante di rabbia e indignazione. Aveva il viso rosso, e le lacrime già cominciavano a scorrerle lungo le guance paonazze. Cominciò a inveire contro l’amico.

- Tu non puoi capire! Come potresti? Tu non sai cosa significa far finta di niente sempre, giorno dopo giorno per non far preoccupare nessuno! Non sai cosa significa convivere con il senso di colpa in ogni momento della giornata, così come non sai cosa significa soffrire come ho fatto e sto ancora facendo io! Non lo sai e basta! Quindi smettetela di dirmi che passerà, che devo farmene una ragione perché non c’è rimedio! Smettetela di fingere che sia solo una fase, una fase che dura da ormai da un anno e che ancora non accenna a sparire! Smettetela di mentirmi, e di fare finta che non sia successo niente! Non è vero! Non è una fase e non passerà! E sai perché? Perché nonostante tutto quello che voi avete sempre detto, nonostante tutto quello che avete fatto per allontanarlo e nonostante quello che ho fatto anche io, condizionata dalle vostre osservazioni, io lo amavo! E lo amo ancora! E non ho nessuna intenzione di smettere di ricordarlo! –.

Xander stesso si sentiva sul punto di seguire l’esempio della ragazza e scoppiare in singhiozzi e sua volta. Le parole di lei l’avevano ferito e sorpreso, non si sarebbe mai aspettato certi discorsi da parte sua. Buffy, la sua dolce, piccola Buffy aveva esplicitamente accusato lui e tutti i loro amici di averle tarpato le ali, di avere monopolizzato il suo giudizio e di averla praticamente costretta a fare quello che aveva fatto. Loro, le persone che le erano rimaste accanto fin da quando aveva quindici anni, che l’avevano consigliata e sostenuta in tutto, che le avevano aperto gli occhi sui suoi sbagli e le decisioni errate, che l’avevano difesa e protetta dagli altri in ogni momento, in ogni situazione. Loro, i suoi amici di sempre.

Riportò rapidamente lo sguardo sulla biondina di fronte a lui. Vide che aveva nascosto nuovamente il volto fra le mani e stretto i pugni, il corpo minuto ed esile scosso da violenti singhiozzi. Sembrava così indifesa in quel momento, così fragile. Non era per niente simile alla ragazza forte e coraggiosa che era stata un tempo, la potente cacciatrice. La scorza dura che si era creata in tutti quegli anni di combattimenti e lotte era stata abbattuta, e di lei non rimaneva altro che un cuore a pezzi e un animo profondamente ferito. Non sapeva cosa dire o fare per confortarla.

Le si avvicinò con cautela, temendo che lei potesse cacciarlo o insultarlo come aveva fatto poco prima. Contro ogni previsione, la ragazza gli si gettò letteralmente addosso, cercando comprensione e conforto nel suo abbraccio affettuoso.

Dopo qualche minuto Buffy alzò nuovamente lo sguardo cercando gli occhi scuri dell’amico. Cominciò a balbettare frasi sconnesse e apparentemente senza senso. Xander accostò l’orecchio alla sua bocca, cercando di capire cosa dicesse. Da quella distanza, le parole arrivavano più chiare e distinte.

- Io…ho visto…il suo sguardo…mentre mi diceva che… - deglutì, sforzandosi di non scoppiare a piangere e continuare. Doveva riuscire a esprimere quello che sentiva - …che non mi credeva…quando affermavo di amarlo…lo pensava davvero…era sincero…non mi credeva veramente, capisci? Non era…una bugia! Lui non mi ha creduto! E perché avrebbe dovuto? Io non l’avrei fatto! – esclamò prima di riprendere a singhiozzare bagnando di lacrime la camicia del ragazzo.

Lui non sapeva davvero cosa dirle. Gli faceva male vederla così, ma non era mai stato bravo a consolare le persone. Si limitò a tenerla fra le braccia, accarezzandole di tanto in tanto i capelli biondi.

Ad un tratto Buffy si staccò da lui proprio come aveva fatto una decina di minuti prima. Quella volta però lo fissò negli occhi e gli sorrise dolcemente, seppure nel suo sorriso vi fosse un’ombra di tristezza. Questo lo tranquillizzò. Almeno non si sarebbe messa a urlare e a recriminare.

- Scusami – disse, asciugandosi le lacrime – ti devo essere sembrata una stupida. Ma il fatto è che…non riesco a non sentirmi in colpa –.

Xander ricambiò il sorriso – Non ho mai pensato che tu fossi una stupida –.

- Come no – lo prese in giro lei.

Uscirono nel giardino e si fermarono davanti al cancelletto d’ingresso, inspirando a fondo l’aria fresca della sera. Così, deserta e silenziosa, con le luci della città che si riflettevano nelle acque del Tevere, Roma sembrava ancora più bella.

La brezza serale mosse i capelli di Buffy, facendoli ondeggiare. Lei sorrise e si rivolse nuovamente all’amico, senza però voltarsi a guardarlo.

- Sai, non volevo che finisse così. Non volevo nemmeno dire tutte quelle cose, in realtà. Solo, non so adesso come farò ad andare avanti. Come farò a convivere con i miei rimorsi e il senso di colpa. Gli ho detto delle cose orribili, Xan, cose che non puoi neanche immaginare. L’ho illuso…usato…ferito…e lui ha continuato ad amarmi senza condizioni, senza riserve. Non ha mai chiesto niente, solo un po’ d’amore…io non ho saputo dargli neanche quello. Ma lo amavo. L’ho sempre amato, me ne rendo conto solo ora. Non sono mai riuscita a dirglielo, ma lo amavo davvero. E giuro che non ho mai sofferto tanto come adesso –

Il ragazzo le si avvicinò e le pose una mano sulla spalla. Sospirò pesantemente, cercando le parole giuste per dimostrare a Buffy che si sbagliava. Su tutta la linea.

- Buffy, ascoltami. Quel giorno, il giorno del mio matrimonio, quando ho abbandonato Anya all’altare mi sono sentito come se mi stessero rigirando un bastone nella carne, lentamente e dolorosamente. Mi sono sentito come se mi stessero strappando il cuore dal petto. Ho sofferto molto, dopo. Lei era infuriata, mi odiava, e aveva ragione. Non mi ha mai veramente…perdonato per quello che le avevo fatto. Non avrebbe potuto, io l’avevo lasciata lì ad aspettare, sapendo benissimo che non sarei tornato più. Ho capito troppo tardi che stavo sbagliando. E a quel punto non c’era più niente da fare. Poi, la notte prima della battaglia…ho capito che la amavo ancora. E che anche lei mi amava. Il giorno dopo, lei è morta per salvare Andrew. Anya era un demone, eppure, in quel momento mi è sembrata molto più umana di quanto non fossi mai stato io. Io avevo sbagliato. Io l’avevo delusa. Lei mai. Si era sempre fatta in quattro per aiutarci, a modo suo. Non sai cosa darei per poterle dire tutte queste cose guardandola negli occhi – Xander aveva le lacrime agli occhi. Ricordare Anya, ammettere le proprie colpe davanti a Buffy era doloroso. Ma doveva spiegarle cosa sentiva, e perché cercava di fingere che niente fosse successo. Sospirò nuovamente.

- Tu pensi che io...faccia finta di niente perché sono insensibile. No, non è questo –

- Xan, io non ho mai… - lo interruppe la ragazza. Lui la bloccò con un cenno.

- No, Buf, lasciami finire. Non sono insensibile. Non ricordo perché fa troppo male farlo. Io ti ammiro, Buffy. Ti ammiro perché hai il coraggio di mostrare i tuoi sentimenti, le tue emozioni di fronte agli altri. Io non sono come te. Ricordare Anya, la sua voce, il suo sorriso, è così…doloroso. Non posso farlo. Il senso di colpa mi divora, e io cerco di soffocarlo con umorismo scontato e banalità. Ma ci penso, sempre. E fa male, ti assicuro che fa male –

Il ragazzo prese Buffy per le spalle e la voltò, guardandola fissa nei grandi occhi verdi.

- Lui ti amava davvero, Buffy. E sapeva che lo amavi anche tu. Lo ha detto solo perché non poteva permettere che tu lo rimpiangessi per tutta la vita. Lo ha fatto per te, sperando che prima o poi lo avresti dimenticato. Per fortuna tu non l’hai fatto. Sono molto fiero di essere tuo amico, Buffy. Tu hai avuto il coraggio di non dimenticare –.

La ragazza sorrise, commossa dalle parole dell’amico. Non si sarebbe aspettata tanta comprensione proprio da parte sua.

- Davvero pensi questo? – gli chiese in un sussurro.

- Certo. L’ho sempre pensato. Sei una persona eccezionale, Buffy – rispose lui, continuando a sorriderle.

In attimo se la ritrovò tra le braccia. Piangeva. Ma questa volta non per il dolore, bensì per la commozione. Finalmente aveva ottenuto la comprensione del suo amico più caro.

Rimasero così per qualche minuto, poi lentamente lei si scostò e gli sorrise radiosa. Xander fu felice di vedere che le sue parole l’avevano rasserenata un poco, o almeno così sembrava.

- Sei un amico prezioso. Quello che hai detto è stato come un toccasana. Continuerò a soffrire, la ferita dentro di me è ancora fresca dopo un anno, ma il fatto che finalmente siamo riusciti a parlarne e a capirci, il fatto che tu mi abbia consolato senza giudicare mi rende davvero felice. Grazie Xander. Di tutto – gli disse lei.

- Di niente, Buffy. Quello che ho detto lo penso davvero. Ora però sarà meglio che vada, è tardi e tu devi essere stanca dopo aver pianto tanto – le fece notare lui, guardando l’orologio da polso. Accidenti, era tardi davvero, pensò. Molto più di quanto si sarebbe aspettato.

Con un rapido gesto aprì il cancello e le fece un cenno di saluto con la mano. Ad un tratto, Buffy gli si avvicinò e pose un lieve e casto bacio sulle sue labbra, per poi staccarsene subito. Il ragazzo pareva sinceramente stupito, anche se del tutto piacevolmente.

- Ti voglio bene, Xan. Ci tenevo che lo sapessi – affermò la ragazza, mentre un dolce sorriso le illuminava il volto.

- Anche io ti voglio bene, Buf –. Xander si voltò per andarsene, quando all’improvviso qualcosa lo bloccò. Il ragazzo spalancò contemporaneamente bocca e occhi, cominciando sudare e ad agitarsi.

- Xander, ma cosa…? – la bionda seguì il suo sguardo, e quello che vide la ghiacciò. Il cuore cominciò a batterle furiosamente nel petto. D’innanzi a loro si ergeva una alta e snella figura, apparentemente coperta da un lungo spolverino nero.

“No” pensò Buffy “Non può essere vero…”.

 

 

 

 

Roma Trastevere Via Portuensi 21 – 30 Agosto 2005 (circa quindici minuti prima)

 

 

Spike percorse con studiata lentezza il viale che costeggiava il Tevere. Salì sul marciapiede e si sedette su una panchina, passandosi una mano sulla fronte per asciugare il sudore, sebbene non ne avesse bisogno. Rimase lì per qualche minuto a fissare il fiume che scorreva a pochi metri da lì. L’acqua era nera almeno quanto il cielo sopra di lui. Alzò lo sguardo. Le nuvole erano sparite, portate via dal vento, e le stelle avevano finalmente fatto la loro comparsa. D’un tratto, da una nube superstite fece capolino la pallida luna. Sembrava quasi che anch’essa ridesse e lo fissasse.

“Ridi, ridi” pensò il vampiro “Ma intanto quello che si agita e si preoccupa sono io. Perché deve essere tutto così difficile?”.

Una brezza quasi impercettibile si levò, scompigliandogli leggermente i capelli biondi, resi quasi argentati a causa della debole luce della luna. Lui chiuse gli occhi, assaporando quella sensazione. Buffy aveva scelto bene. Roma era davvero una città magica e stupenda.

Sospirò. Qualunque cosa facesse, dovunque fosse, il suo pensiero inevitabilmente andava sempre a lei. Anche ora che si limitava a osservare la bellezza del paesaggio, subito aveva pensato alla cacciatrice: la donna che gli aveva rubato il cuore e poi lo aveva calpestato senza pietà alcuna, usandolo e ferendolo come mai nessuno aveva fatto.

Sorrise, pensando a come tutte le situazioni si somigliavano. Quando solo poche ore prima era stato raggiunto da Drusilla a Parigi, era seduto come in quel momento su una panchina e stava pensando a Buffy. Certo, era ubriaco allora, ma in un certo senso anche adesso si sentiva come se lo fosse. Gli girava la testa e gli tremavano leggermente le gambe, ma molto probabilmente quello stato d’animo era dovuto al fatto che stava per rivedere colei che amava dopo tutto quel tempo.

Chiuse di nuovo gli occhi e rivide tutti i momenti passati insieme, come in un film. Il loro primo incontro…lui aveva detto che l’avrebbe uccisa…stupido megalomane….poi Angelus, e la loro alleanza…forse era stato allora che aveva cominciato a innamorarsi di lei. Tutte le battaglie combattute, a volte come avversari su fronti opposti, altre come alleati in un tacito accordo di pace e, perché no, amicizia. E il chip. Era stata la sua fine, quel maledetto chip. Non aveva più potuto uccidere gli esseri umani, e allora aveva iniziato ad aiutare la cacciatrice e la sua banda di amici idioti. Infine si era accorto di amarla. Si era inserito nel loro gruppo, e la storia era cominciata…insultato, picchiato, usato e mandato al diavolo. Aveva lottato e riavuto la sua anima per lei, e quello era il ringraziamento?

Ma poi, ricordava tutti rari momenti di dolcezza, e la rabbia se ne andava così come era arrivata. Quel “Io credo in te, Spike” e “Non sono pronta a vivere senza di te” lo riempivano di gioia e speranza. Per ultimo, ma non per questo meno importante, anzi, il “Ti amo” sussurrato a mezza voce mentre la caverna crollava. Ma in quel momento non ci aveva fatto nemmeno caso. Esistevano solo loro due. Era stato davvero solo un contentino prima che morisse, o in quelle parole c’era anche del vero?

Gemette, frustrato. Tutto quel rimuginare non lo avrebbe portato da nessuna parte. Era ora di andare.

Si alzò dalla panchina e riprese a camminare lungo la strada. Dandosi un veloce sguardo intorno pensò che probabilmente a quell’ora lei stava certo dormendo. Ma era inutile, non sarebbe riuscito ad aspettare fino all’indomani mattina. Doveva vederla, subito, o sentiva che sarebbe impazzito.

Aguzzò la vista e lesse il numero che contrassegnava la casa davanti a cui si trovava. Diciannove. Quindi la casa di Buffy era quella di fianco. Bene.

Prese un respiro profondo e si passò una mano fra i capelli. Era nervoso oltre al limite dell’isteria, ma se se ne fosse andato, sarebbe stato solo tutto tempo sprecato. E lui odiava sprecare tempo. Fece uno, due, tre passi, e si ritrovò ad avere una visuale perfetta del giardino della piccola villetta. Fece una altro passo avanti e si fermò, il respiro mozzato. Buffy era in giardino, e sembrava stesse parlando con Xander. La fissò, incantato. Non ricordava nemmeno fosse così bella. I capelli biondi ora le ricadevano sulle spalle morbidi e lisci, come una cascata di seta. Indossava una normale gonna e una camicetta, chiaramente erano abiti da lavoro. Decisamente un insolito abbigliamento a quell’ora della notte.

Ad un tratto lei si voltò verso l’amico, dandogli così le spalle. Si abbracciarono, o almeno così sembrava. Un attimo. Lei lo stava…baciando?

Cominciò ad ansimare, il cuore a mille. Così, era questo tutto il suo dolore? Non si era certo aspettato che lei non si fosse rifatta una vita e si fosse data alla castità, ma fra tanti proprio con Xander? Questo non avrebbe mai potuto perdonarglielo.

“Bloody hell!!” pensò.

Tutto il dolore provato poco prima si sostituì alla furia più cieca. Ma come aveva potuto? E così quel “Ti amo Spike” non significava proprio niente? Gliel’avrebbe fatta vedere lui.

Avanzò ancora di un paio di metri senza farsi vedere, protetto dall’oscurità.

- Buffy – disse. Nessuno dei due sembrava averlo sentito, continuarono a parlare come se niente fosse successo, ma non era abbastanza vicino da poter sentire i loro discorsi. Deglutì nervosamente. Stava quasi per chiamarli di nuovo quando improvvisamente Xander si voltò verso di lui e spalancò occhi e bocca contemporaneamente. Il moro non riusciva a vederlo in faccia, ma lo spolverino nero e gli anfibi lo tradivano. Seguendo lo sguardo dell’amico anche Buffy si voltò.

- Xander, ma cosa… - la sentì dire, prima che anche lei si interrompesse. Si avvicinò ancora di più alla coppia, tanto che se avesse allungato una mano avrebbe potuto toccarli. Strano a dirsi, ma gli occhi di lei in quel momento sembravano pieni di lacrime.

- Spike – dissero all’unisono. Sforzando di non lasciar trapelare nessun sentimento dalla propria voce, il biondo si rivolse ai due in tono freddo e pacato.

- Buffy – disse, andando con lo sguardo dall’una all’altro – Xander –

- Spike! Sei tu! – ripetè la ragazza, e fece come per abbracciarlo. Lui, per quanto gli costasse farlo, mosse un passo indietro, facendole chiaramente capire che non voleva essere toccato, non da lei perlomeno.

I suoi grandi occhi di verdi si riempirono ancora di più di lacrime – Spike, ma cosa… -

- Non dire niente, Buffy. Sei già stata molto chiara – sibilò, guardandoli entrambi con odio.

- Spike, cosa succede? – chiese la ragazza, disperata. Perché non voleva che lei lo abbracciasse?

- E me lo chiedi anche? – gli occhi del vampiro si erano ridotti a due fessure ormai. Xander avanzò verso di lui, cercando di capire il perché del suo atteggiamento.

- Senti, Spike, non so perché tu non… - cominciò. L’altro lo fulminò con lo sguardo.

- Stai zitto tu! – ruggì.

Aveva deciso di mostrarsi impassibile, come se non gliene importasse niente, ma l’intervento del ragazzo che cercava di fare da paciere era davvero l’ultima goccia.

- Smettetela! Tacete! Vi ho visti! Vi ho visti baciarvi! Cosa pensavate? Che fossi comparso qui all’improvviso? Ho visto tutta la scena se è per questo! Siete disgustosi! – il suo tono di voce cambiò e divenne ferito e terribilmente triste. Spostò lo sguardo sulla biondina che piangeva disperata.

- Come hai potuto farmi questo, Buffy? Io pensavo che tu mi amassi, che fossi sincera quando me lo hai confessato…ma è evidente che per te quelle parole non significavano nulla. Come temevo, solamente un ultimo piacere prima che mi disintegrassi, vero? Ma come, te lo chiedo anche, è ovvio che è vero – disse esasperato, deglutendo prima di continuare – è sempre stato così con te, Buffy. Tu mi lanciavi briciole d’attenzione, facendomi sperare, illudendomi, per poi smentire tutto. Non hai mai voluto assumerti nessuna responsabilità, io ero solo il tuo giocattolino sessuale che usavi per scaricare lo stress e non pensare. Non sono qui per rinfacciare e recriminare, non avrebbe senso adesso. Ma ti dirò una cosa, cacciatrice. Smettila di mentire a te stessa, di pensare che solo perché sono morto da più di un secolo non ho sentimenti e non posso essere ferito. Io ho dei sentimenti, chiaro?! Amo, provo dolore come tutti voi! Anzi, forse più di voi, più di quanto tu possa immaginare, e di quanto abbia mai immaginato, visto e considerato come mi hai sempre trattato. E ora questo. No, non credo di poterlo sopportare…addio, Buffy. Me ne vado, e questa volta per sempre –.

Buffy singhiozzava disperata, non voleva credere a quello che lui le aveva appena detto. Era tornato da lei, dopo un anno di agonia passata a sentirsi in colpa per la sua morte, e ora le stava facendo chiaramente capire che non la voleva più e che era tutta colpa sua se era così. Ma lui aveva semplicemente frainteso tutto! Provò inutilmente a fermarlo, richiamandolo, gridando e piangendo, ma lui continuò inesorabile ad allontanarsi, per poi sparire definitivamente nell’oscurità.

Lei rimase qualche secondo a fissare il buio, incredula. Così, era finita per sempre, come aveva detto lui?

No, questo non poteva permetterlo.

Con uno scatto che rimandava ai suoi passati anni di cacciatrice in piena forma, si lanciò in casa e afferrò il cappotto, sotto lo sguardo attonito di un pietrificato Xander. Cominciò a correre a perdifiato lungo il viale, senza sapere dove si stesse dirigendo. Sapeva solo che doveva ritrovarlo per spiegargli, per cercare di capire se potevano ancora stare insieme dopo tutto quello che si erano detti in precedenza.

Nel frattempo la luna faceva nuovamente capolino dalle nuvole, assistendo come un silenzioso spettatore a quella battaglia senza fine contro se stessi.

 

 

 

Roma Trastevere – 30 Agosto 2005

 

 

Spike correva lungo il viale alberato, correva, correva. Correva senza meta, per sfuggire al dolore.

Non sapeva dove stesse andando, o il perché. Sapeva solamente che sarebbe dovuto andare il più lontano possibile da quel posto, e da Buffy.

Correva, correva, correva.

Sembrava non sentire più niente: né le automobili sulla strada, né i pochi passanti, né il rumore del fiume a qualche metro da lui. Niente aveva più senso, niente aveva una logica. Solo lui, il suo dolore muto e la sua corsa folle.

Mentre correva via i pensieri nella sua mente vi si riversavano tutti in una volta, stordendolo.

“Era come pensavo, lei non mi avrebbe mai aspettato per così tanto tempo. Non mi ha mai amato davvero. Sono solo un illuso” pensò. Ma una remota regione del suo subconscio, forse quella scintilla di speranza che non aveva mai smesso di brillare, era di tutto un altro parere.

“Non è vero! Lei ti ama! Sicuramente ci sarà una spiegazione per quello che hai visto! Hai fatto tanta strada per arrivare sin qui, perché adesso vuoi mollare in questo modo?”

Rallentò l’andatura, confuso.

“Dovrei fermarmi ora? Tornare indietro per ascoltare ciò che lei ha da dirmi?” si chiese.

“No! Vattene idiota, vattene prima di soffrire di nuovo!” urlava il suo demone dentro di lui.

“Fermati William. Fermati adesso, e prova a fidarti di quello che senti nel tuo cuore. Non è troppo tardi, William. Non è mai troppo tardi” replicò l’altra voce.

Il vampiro era sempre più perplesso e stordito. Si fermò e si appoggiò al muro ansimando.

“Fermati ora William. Segui il tuo istinto, e i tuoi sogni si avvereranno. Lei ti ama” ripeté dolcemente la voce.

“Sta mentendo! Buffy non ti ama! Non ti ha mai amato! Non lasciare che lei ti uccida dentro come è successo in passato! Va via finché sei in tempo! I sogni sono per gli stupidi!” gridò il demone. Ora il tono di voce non era più arrabbiato, ma sprezzante. Il biondo si sentì per la seconda volta in poco tempo ghiacciare il sangue nelle vene quando capì di chi era quella voce. Era dell’uomo che lo aveva tormentato ed assillato sin da quando era diventato vampiro: Angelus.

Colto da un’ondata di furia improvvisa, Spike rialzò la testa e si raddrizzò con aria fiera. I suoi occhi blu mandavano lampi pericolosi ed egli strinse la mascella, rendendo i propri lineamenti ancora più affilati.

– No – disse a denti stretti – non mi farò fregare così una seconda volta. Non soffrirò più, mai più per te, cacciatrice –

E con questo ripartì armato di nuova forza. La sua corsa verso un luogo sconosciuto ricominciò, mentre le voci tacevano definitivamente.

I sogni sono per gli stupidi.

 

------------------ (poco dopo)

 

Dopo avere corso per un tempo che a lui parve infinito, finalmente Spike si era fermato nei pressi di un vecchio ponte sul fiume Tevere, sfinito e addolorato come non mai.

Barcollando, il vampiro si trascinò fino alla balaustra di pietra e vi si appoggiò con tutto il proprio peso. Il fiume sotto di lui scorreva assieme lento e impetuoso. Restò lì a fissarlo per alcuni attimi, come in trance.

Buffy. Buffy aveva baciato Xander. E quel che era peggio, lui aveva visto tutto. Come poteva avere il coraggio di ripresentarsi lì e farsi spiegare dopo questo?

Aveva dato tutto a quella ragazza. Il suo cuore, la sua anima, il suo corpo. E cosa aveva avuto in cambio? Insulti e ferite, ecco quello che aveva avuto.

“Hai fatto proprio un buon affare, Spike. Saresti grande nel commercio internazionale” si disse, in tono amaramente sarcastico.

Le nuvole che prima si erano tanto facilmente diradate avevano fatto la loro ricomparsa nel cielo stellato, nascondendo gli astri e la luna. Senza che il biondo se ne accorgesse, immerso com’era nei propri pensieri, di lì a poco cominciò a piovere.

Si dice che la pioggia lavi via il dolore e la solitudine. Essa cancella la tristezza e la rabbia, come una passata d’acqua e sapone può cancellare lo sporco di una giornata dal viso di un uomo.

Non fu così per Spike.

Mentre gocce di pioggia cadevano sui suoi capelli e sui suoi vestiti, bagnandolo, lacrime trattenute per così tanto tempo, per così troppo tempo, lentamente scesero lungo il suo viso, mescolandosi alla pioggia e alle acque torbide e nere del fiume sotto di lui.

Ovunque, solo acqua.

Era impensabile piangere per un vampiro, ma forse tutto questo era dovuto alla sua anima. Si vide riflesso nello specchio che il fiume costituiva: eccolo lì, un povero, patetico idiota ancora aggrappato ai suoi sogni d’amore, persino dopo che si erano inequivocabilmente infranti davanti ai suoi stessi occhi. Probabilmente era questo che Buffy pensava di lui. Beh, se era così non aveva del tutto torto.

Rimase lì a guardarsi per qualche istante ancora. Una frase gli tornò alla mente all’improvviso.

“Dying is just like sleeping…”

Chi l’aveva detto? Ah sì, Shakespeare. Morire è come dormire. Lui aveva già sperimentato la morte, e poteva dire che, sì, in effetti morire era solo un lungo ed eterno sonno, dal quale fortunatamente si era risvegliato. Si ritrovò a pensare a come sarebbe stata la sua esistenza se non fosse morto quella notte, e non fosse diventato un vampiro. Forse sarebbe stata migliore, forse peggiore. Come poteva saperlo?

Morire è come dormire. In quel momento avrebbe voluto solo morire, morire e non sentire più. Morire e non soffrire più.

Chiuse gli occhi, sentendosi completamente svuotato. Non avrebbe dovuto pensarci, non avrebbe dovuto piangere, ma non riusciva comunque a impedirselo.

Dopo qualche istante riaprì gli occhi, e si rimise a fissare il proprio riflesso nelle acque del fiume. Ad un tratto, qualcosa attirò la sua attenzione, qualcosa che poco prima era sicuro non ci fosse. Strizzò gli occhi nel tentativo di aguzzare la vista e si sporse impercettibilmente verso l’acqua del fiume.

Vide capelli ossigenati, un viso affilato, uno spolverino nero. Ma da sopra lo spolverino nero, qualcosa di pallido spuntava. Si sporse ancora.

Una mano. Una piccola, bianca, sottile mano.

Una mano che lui conosceva molto bene.

Strinse i denti, resistendo al forte impulso di voltarsi.

La mano di Buffy.

 

 

Roma Trastevere – 30 Agosto 2005 (cosa ha fatto Buffy nel frattempo? Circa dieci minuti prima…)

 

 

Buffy rallentò il passo, fermandosi un attimo per riprendere fiato. Era da più di mezz’ora che vagava senza sosta come una disperata per Trastevere, e non era ancora riuscita a raggiungere Spike. Oltretutto, pensò mentre le prime gocce d’acqua le inumidivano il viso, stava anche iniziando a piovere a dirotto.

E se lui fosse già tornato all’aeroporto?

Scosse violentemente la testa, come per scacciare quei pensieri. Doveva pensare positivo, essere ottimista, o non sarebbe mai riuscita a trovarlo in tempo. Altrimenti, si sarebbe semplicemente accasciata sul marciapiede e avrebbe chiuso gli occhi, pregando di morire in fretta. E lei questo non poteva permetterlo, non voleva più lasciarsi andare. Questa volta non avrebbe lasciato che l’uomo che amava se ne andasse senza una ragione, non in quel modo, non ora che era tornato! Doveva almeno raggiungerlo, tentare di spiegargli, costringerlo ad ascoltarla. Poi, avrebbe deciso. Ma almeno doveva provare.

Riprendendo l’andatura veloce adottata poco prima svoltò l’angolo, la bocca tirata in una linea decisa e l’aria corrucciata e determinata. Si girò e si affacciò sull’incrocio di strette stradine che caratterizzavano il quartiere.

La bionda sbuffò.

“ Perfetto, ci mancava solo un incrocio “ pensò, sconfortata “ E ora dove vado? Che direzione prendo? Destra, sinistra, dritto? Maledizione! “

Avanzò di qualche metro e si guardò ancora intorno, imboccando una delle tre possibili scelte. Poi fece lo stesso con le altre due.

La prima dava su un vicolo buio, la seconda su un largo viale. La terza, infine, conduceva ad uno dei tanti ponti sul fiume Tevere.

Scrutò nell’oscurità in cerca di indizi, ma non ne trovò. Si lasciò sfuggire un gemito esasperato. Possibile che fosse tutto così difficile?

Ad un tratto scorse una figura appoggiata al ponte. Era lontana, leggermente china sulla balaustra di pietra, e fissava il fiume davanti a sé.

Avvicinandosi ancora di più notò, con sua somma gioia, che indossava un lungo spolverino scuro.

Spike.

Molto velocemente, stando attenta a non fare il benché minimo rumore, percorse i pochi metri che la separavano da lui, trovandosi così solamente a qualche passo dal vampiro, ancora voltato di spalle.

Improvvisamente si ritrovò come pietrificata, e cominciò a sudare. Cosa gli avrebbe detto? Cosa avrebbe fatto? E se lui non avesse voluto ascoltarla? Tutta la bella determinazione di un attimo prima se ne andò così come era venuta, lasciandola sola e piena di dubbi e interrogativi.

Di una sola cosa era sicura: se Spike se ne fosse andato ancora, non sarebbe più riuscita ad andare avanti. Non quella volta.

Avanzò ancora, più decisa ma comunque molto insicura e agitata.

D’un tratto, le spalle del biondo ebbero un impercettibile sussulto e Buffy udì un piccolo lamento uscirgli dalla gola. Non appena capì cosa stesse accadendo, il cuore le balzò in petto e avvertì un dolore sordo alla bocca dello stomaco.

Spike stava piangendo. E come sempre, era colpa sua.

“ No. Lui non deve più piangere per me “ si disse, arrabbiata con se stessa come non lo era mai stata prima di allora. In pochi secondi azzerò le distanze fra di loro, e dopo una breve esitazione gli mise una mano sulla spalla, cercando di attirare la sua attenzione.

Inizialmente, Spike non sembrò accorgersi di nulla. Poi, lentamente, la ragazza lo sentì irrigidirsi. Dopo qualche istante ancora, il vampiro si voltò, molto lentamente, come se non sapesse bene nemmeno lui cosa fare.

Quando Buffy se lo ritrovò davanti, a pochi centimetri dal suo viso dopo così tanto tempo, provò una gioia indescrivibile, e un forte impulso di saltargli al collo e stringerlo fino a soffocarlo perché non se ne andasse mai più e non la lasciasse mai più sola la colse.

Un anno dopo, rivedeva finalmente il suo viso: gli stessi zigomi alti, le stesse guance scavate, le stesse labbra morbide che aveva baciato così tante volte, gli stessi capelli ossigenati, ora un po’ spettinati, che aveva accarezzato e nei quali aveva passato le dita. E gli stessi penetranti occhi blu che inspiegabilmente riuscivano sempre a leggerle fino in fondo all’anima. Ora, quegli stessi occhi la guardavano con un misto di stupore, dolore e rabbia, e, poté leggervi Buffy, anche amore. Amore sconfinato, come era sempre stato il suo.

Pian piano il suo respiro si fece sempre più affannoso, e la bionda gli si avvicinò ancora di più. Ancora prima che se ne potesse rendere pienamente conto, le sue labbra erano premute su quelle di lui, in una muta ma sempre molto esplicita richiesta di perdono.

Nonostante tutto, fu un bacio brevissimo.

Non appena le loro bocche si incontrarono, sentì Spike emettere un gemito di sorpresa, lottando per riuscire a staccarsi. Ma nel frattempo Buffy lo aveva afferrato per le spalle, e non sembrava intenzionata a mollare la presa.

Quando dopo vari tentativi il vampiro riuscì a sciogliere la ferrea presa di lei dalle sue spalle, indietreggiò immediatamente, fissandola con uno sguardo che alla ragazza sembrò vagamente disgustato. Subito gli occhi le si riempirono di lacrime.

Perché?

Come se avesse potuto sentire i suoi pensieri, Spike cominciò a balbettare confusamente – No, Buffy, no…non sarebbe giusto…non puoi farmi questo…tu non… -

- Shhh…. – sussurrò lei, accostandosi nuovamente al suo viso e facendo come per baciarlo.

Quella volta il tono di lui fu molto meno gentile.

- No! – gridò – Credi di potermi mollare e riprendere quando ti pare? Beh, indovina, non è così! Ho anche io dei sentimenti, Buffy! E una mia dignità! E non lascerò che tu mi ferisca di nuovo e che mi spezzi il cuore come hai fatto due anni fa! Non riuscirei a sopportarlo…non questa volta… - aggiunse poi in tono più pacato, mentre lei continuava a guardarlo confusa. Sospirò – Ero venuto qui a Roma per cercare di rimettere le cose al loro posto…e vedere se fra noi poteva esserci ancora qualcosa…ma vedo che mi sono sbagliato…fra noi non c’è mai stato nulla…. – mormorò prima di allontanarsi in fretta.

In un attimo Buffy gli fu addosso, stringendogli il braccio con forza per farlo voltare. Quando lui si girò, vide gli occhi di lei colmi di lacrime di rabbia e impotenza, che lo fissavano fiammeggiando.

Dio, quanto gli era mancato quello sguardo. Gli era mancato tutto di lei.

- Dove credi di andare? Non lascerò che tu te ne vada senza prima avere ascoltato quello che ho da dirti! – ringhiò lei, furiosa. Il biondo le rivolse uno sguardo di sfida.

- Non puoi obbligarmi ad ascoltarti –

- Allora vorrà dire che parlerò al vuoto – terminò freddamente lei. Lui non rispose, rimanendo immobile. Con la voce che le tremava, Buffy cominciò il discorso che si era fatta tante volte nella sua mente in quegli ultimi mesi senza di lui.

- So che in passato sono stata orribile con te – iniziò guardandolo negli occhi – Ma quando la nostra relazione è iniziata…non riuscivo ancora ad accettarla. Lo so, ho fatto e detto cose atroci, che non potrai mai perdonarmi. Io non lo farei, almeno. Ma la notte prima della battaglia contro il Primo Male…ho capito finalmente cosa il mio cuore voleva –

Abbassò lo sguardo a fece un pausa, prima di proseguire con un tono di voce pacato addolorato.

- Questo anno senza di te è stato terribile. Il senso di colpa mi dilaniava, non sai quante volte mi sono chiesta “E se non gli avessi dato quel medaglione? E se mi fossi comportata diversamente?”. Ti stupiresti se ti dicessi quante lacrime ho consumato pensando a te, al fatto che eri morto lasciandomi sola. Non era quello che volevo, non lo è mai stato. Spike, io ti amo. Ti ho amato sin dall’inizio. Ero solamente spaventata da quello che provavo. Non accettavo l’idea di provare emozioni così intense con un altro vampiro, non dopo Angel. Ti prego Spike, credimi! Io ti amo. Dammi un'altra possibilità. Dacci un'altra possibilità. Ti chiedo solo questo –

Oramai la ragazza singhiozzava disperatamente. Non sapeva cosa dire per convincerlo che lo amava davvero.

- Quando sei arrivato, prima….stavo mandando via Xander. Quando è arrivato io avevo appena finito di piangere, e gli ho fatto una scenata. Lui mi ha lasciato sfogare, mi ha aiutato ascoltandomi e cercando di consolarmi. Anche lui sta soffrendo molto per la morte di Anya. Ma non credo tu voglia parlare di lui, o sbaglio? – chiese sorridendo stancamente.

Spike la fissava senza dire nulla, sul viso un espressione imperscrutabile. Buffy non sapeva più cosa pensare.

La pioggia nel frattempo aveva continuato a cadere, infradiciando i loro vestiti e i capelli. Nessuno dei due però sembrava volersi muovere da quel ponte sul fiume.

Passarono minuti che a Buffy sembrarono anni. Poi, in modo incredibilmente lento, Spike mosse pochi, incerti passi verso di lei.

In un attimo si ritrovò stretta fra le sua braccia, il viso di lui affondato fra i suoi capelli umidi di pioggia.

E finalmente si sentì di nuovo viva.

Il cuore prese a batterle furiosamente nel petto e una strana sensazione di calore le si diffuse in tutto il corpo, mentre piangendo si stringeva di più a lui. Spike era definitivamente tornato da lei.

Per sempre.

Molto tempo dopo si staccarono, guardandosi con amore infinito. Spike le passò dolcemente una mano sul viso, asciugando la pioggia e le lacrime.

- Non piangere, sai che non lo sopporto – sussurrò.

- Ma anche tu stai piangendo – osservò lei.

Il vampiro la strinse nuovamente a sé, cullandola teneramente affinché si calmasse.

- Piango perché sono felice – mormorò fra i suoi capelli.

Quando i singhiozzi della bionda si attenuarono, lui allentò un poco la stretta, scostandosi per guardarla negli occhi.

- Ti amo Buffy. Non ho mai smesso di amarti, e continuerò a farlo finché tu vorrai – le confessò.

La ragazza avvicinò il viso al suo orecchio, sorridendo.

- Che ne dici di per sempre? – sussurrò.

Lui ricambiò il sorriso.

- Direi che è una scelta perfetta, passerotto – rispose ridendo.

Sollevata, Buffy posò la testa sulla sua spalla, chiudendo gli occhi. Si sentiva davvero stanca.

- Spike… - mormorò.

- Amore, cosa c’è? – le chiese lui.

- Andiamo a casa… -

Sorridendo felice, il vampiro la sollevò fra le braccia e si avviò lungo la strada, mentre la bionda affondava il viso nell’incavo del suo collo, accoccolandosi nella sua stretta.

Era l’inizio di una nuova vita. L’inizio di un nuovo amore.

Le nuvole si erano diradate lentamente, e la pioggia aveva infine smesso di cadere. Un sole luminoso e splendente si apprestava a fare capolino nel cielo blu, mentre la luna sorrideva ai due amanti ritrovati dopo un anno di lacrime e oscurità infinita.

 

 

CAPITOLO IV

 

Roma Trastevere – 30 Agosto 2005

 

 

 

Nonostante Buffy avesse girato ininterrottamente per più di mezz’ora per Trastevere nel tentativo di trovare Spike e spiegargli ciò che non aveva mai avuto il coraggio di dirgli, ci vollero soltanto pochi minuti perché questi ritornassero al punto di partenza, e perché finalmente i due giungessero alla nuova residenza delle sorelle Summers.

Spike si fermò a pochi passi dal cancello d’ingresso della villetta e sospirò, incerto sul da farsi. Si mise ad osservare con attenzione quasi eccessiva l’abitazione, come se questa avesse potuto dargli le risposte che così disperatamente cercava, o forse, più semplicemente, per prendere tempo, nell’attesa che Buffy si svegliasse e gli dicesse cosa fare. Notò sorridendo che la nuova residenza dei Summers assomigliava molto a quella in cui abitavano Buffy e Dawn quando erano ancora a Sunnydale. Una grande casa in stile coloniale, circondata da un lungo porticato e con un bellissimo e rigoglioso giardino davanti. Alzò lo sguardo verso i rami dei pini che si stagliavano orgogliosi contro il cielo nero e trasse un sospiro malinconico. Ah, che meraviglia…Chissà quanti anni avevano quei grandi e possenti arbusti…Sicuramente molti…

Improvvisamente il viso del vampiro assunse un aria perplessa, ed egli scosse violentemente il capo. Ma che storia era quella? Era lì, immobile, con Buffy che sonnecchiava beatamente fra le sue braccia e si metteva a pensare agli alberi? No, decisamente non era quello il momento più opportuno per darsi alla botanica…

Doveva assolutamente svegliarla, seppure potendo avrebbe scelto di non farlo. Era così dolce con quel broncio da bambina e quell’aria serena che non le aveva mai visto…

La scosse delicatamente, ottenendo nient’altro che un mugolio infastidito da parte della bionda.

- Buffy? Amore? Svegliati, siamo arrivati – sussurrò, sorridendole dolcemente.

La ragazza aprì piano un occhio, per poi sollevare lentamente lo sguardo sul vampiro. Gli sorrise di rimando, ancora un po’ intontita, stringendogli maggiormente le braccia attorno al collo. Dopodiché chiuse di nuovo gli occhi, mugugnando qualcosa che Spike non comprese.

- Scusa cosa hai detto passerotto? – le chiese, chinandosi sul suo viso.

- Spike…ho sonno…. – mormorò lei, strofinandogli lentamente la guancia contro la morbida pelle nera della giacca.

Il biondo ebbe un leggero fremito, una sensazione di frenesia che scomparve subito dopo. Silenziosamente, un passo dopo l’altro, penetrò nel giardino della villetta e percorse il vialetto ordinato di ghiaia che conduceva all’ingresso della casa. Salì i gradini del portico uno alla volta, e il rumore dei suoi passi riecheggiò nel legno, producendo una serie di scricchiolii sinistri. Si avvicinò ancora di più alla porta, e notò con sommo stupore che era aperta. Rivolse un occhiata di rimprovero alla ragazza che dormiva tranquilla fra le sue braccia, del tutto ignara di ciò chi succedeva intorno a lei. Una cacciatrice che non si cura di chiudere la porta di casa dopo essere uscita così da lasciare libero accesso ad ogni malintenzionato? C’era qualcosa di più paradossale?

Ah, certo, dimenticava. Un sanguinario e malvagio Vampiro Maestro innamorato perdutamente della Cacciatrice, questo era di gran lunga più assurdo.

Con l’ennesimo sospiro quella notte spalancò la porta con un calcio e varcò la soglia, premurandosi di richiudere dopo essere entrato. Era un tipo previdente, lui.

Si guardò attorno, senza emettere un suono. La casa era avvolta nel buio, ma i suoi sensi di vampiro gli permettevano di penetrare anche nell’oscurità più fitta. Dopo un secondo di riflessione stabilì che si trovavano nell’ingresso, e che alla sua destra vi erano il salotto e la cucina. Sicuramente da qualche parte ci dovevano essere delle scale che portavano al piano di sopra. Era più che sicuro che ci fosse un secondo piano, da fuori lo si notava molto chiaramente.

Mosse qualche passo in avanti, e improvvisamente inciampò in un gradino, riuscendo a mantenere stabilità sufficiente ad impedire che lui e Buffy si sfracellassero sul pavimento. Sorrise sarcastico, soffocando un gemito di dolore, dovuto all’urto del ginocchio contro lo spigolo di un mobile. Aveva trovato le scale, il pulsare doloroso che avvertiva a metà della gamba destra ne era la prova.

Salì con estrema lentezza, quasi tremando. Sapeva di essere egoista, se aveva così paura allora perché non aveva svegliato Buffy chiedendole se poteva portarla in camera? No, la verità era che non voleva sentirsi rifiutare ancora una volta. E allora perché non rimanere a bearsi nella propria ignoranza? Preferiva essere all’oscuro di tutto, almeno così poteva starle accanto liberamente. Ma sapeva che era solo un illusione.

Quando si trovò in cima alle scale trasse un respiro profondo, incredibilmente liberatorio, come se avesse trattenuto il fiato per tutto quel tempo. Avanzò con sicurezza e aprì a caso una delle tre porte che si trovavano sul pianerottolo. Naturalmente non conosceva la casa, ma riusciva a percepire l’odore di lei all’interno, sapeva che quella era la sua stanza.

L’essenza della donna che amava lo travolse come un’onda, e lo sbalordì. La camera era in penombra, ma riusciva a distinguere le forme degli oggetti che le conferivano un aspetto meno impersonale. Una scrivania, una mensola piena di foto sue e di Dawn, probabilmente recenti, un grande letto coperto da una delicata trapunta rosa e un peluche posato sul materasso. Sorrise intenerito, quasi senza accorgersene. Era Mr. Gordo, il maialino di pezza che lei possedeva da quando era bambina. Non credeva lo avesse ancora.

Molto delicatamente, depose il corpo della ragazza sul letto, valutando se avrebbe dovuto spogliarla e infilarla sotto le coperte. Decise infine di non farlo, e le lasciò addosso camicetta e gonna, coprendola comunque con la trapunta.

La guardò per qualche minuto dormire passandosi ripetutamente la mano fra i capelli, scompigliandoli ulteriormente. Era bellissima, e lui la amava da morire. Col tempo il suo amore per lei non era mutato, anzi, se possibile era ancora più forte di prima.

Con le lacrime che gli offuscavano la vista si diresse a lunghi passi verso la porta, certo che se fosse rimasto appena un secondo di più non sarebbe riuscito ad andarsene. Ad un tratto però si fermò, sentendo qualcosa trattenerlo per la manica dello spolverino. Si voltò di scatto e sbarrò gli occhi, incredulo dinnanzi all’evidenza di ciò che i suoi stessi sensi gli permettevano di vedere. Ciò che lo stava trattenendo era niente poco di meno che la mano di Buffy, che in quel momento lo stava osservando seduta sul letto dove lui l’aveva deposta, con gli occhi verdi sgranati e splendenti come schegge di smeraldo purissimo nella notte.

- Dove vai? – mormorò lei in tono quasi infantile, come quello di una bambina a cui è stato appena sottratto il suo giocattolo preferito.

- Stavo…. – tentò lui, non sapendo bene quale risposta darle. Si avvicinò al letto, sconfortato, e abbassò lo sguardo.

- Me ne stavo andando via – disse alla fine.

Lei spalancò ancora di più gli occhi, se possibile.

- E perché? – chiese, sentendosi improvvisamente ferita nell’animo. Lui…voleva andarsene?

- Perché non ero sicuro di cosa avresti voluto, ecco perché. Ed ora, se non ti spiace…. – rispose lui, facendo come per voltarsi e andarsene, di nuovo. E di nuovo la mano di lei lo trattenne, con una presa molto più forte e decisa questa volta.

- Buffy, ma si può sapere cosa vuoi, maledizione? – le domandò lui, esasperato dal suo comportamento così contraddittorio nei suoi confronti. La osservò alzarsi e avvicinarsi a lui, senza però lasciargli la mano.

La fissò per un lungo istante, mentre lei gli si avvicinava sempre di più, perdendosi così in quel mare verde e infinito che erano i suoi occhi.

- Possibile che tu non l’abbia ancora capito? – Fu un sussurro quasi impercettibile, udibile solo da lui che si trovava ad un soffio dalle sue labbra.

Il vampiro scosse piano il capo, ipnotizzato dall’intensità con cui lei lo stava scrutando.

- Te – disse all’improvviso la ragazza, scuotendolo dal suo torpore. Dopodiché rimase semplicemente immobile a fissarlo, attendendo un qualche tipo di reazione da parte sua.

- Cosa? – domandò infine lui con voce strozzata.

Lei scrollò le spalle e fece un timido sorriso.

- Te. Mi hai chiesto cosa volevo. Beh, è molto semplice. Io voglio te. Ho sempre voluto soltanto te, Spike. Ed ora che sei tornato non ti lascerò più andare via – spiegò, accarezzandogli lentamente la guancia, come aveva fatto la notte prima della battaglia contro il Primo, quando aveva dormito fra le sue braccia per la seconda volta senza fare altro, ed era stata la cosa più dolce e intensa della sua vita.

Proprio come allora, il viso di lui si inclinò al suo tocco, strofinandosi contro la sua mano per aumentare il contatto.

Ma, pensò Buffy, questa volta non sarebbe finito tutto con un abbraccio. Era arrivato il momento di dimostrargli la sua fiducia.

Si scostò da lui, e dentro di sé Spike si sentì morire. Che cos’era quindi, un addio? Un'altra cosa alla “Vorrei tanto tesoro, ma proprio non possiamo?”. Pregò che lo uccidessero adesso, perché non avrebbe retto ad una cosa del genere. Non di nuovo.

Con le mani che le tremavano leggermente, Buffy pose le dita sui primi bottoni della camicetta bianca che indossava, e cominciò a slacciarli con lentezza.

Spike sgranò gli occhi blu, in completa confusione. Il cuore gli scoppiava nel petto e sentiva di stare per avere un infarto, cosa impossibile per lui. Ma, considerò, probabilmente non avrebbe voluto morire in nessun altro modo….

Con gesti lenti e provocatori, Buffy si lasciò scivolare dalle spalle la camicetta, ormai completamente slacciata, rimanendo in reggiseno davanti agli occhi del vampiro. Un fascio di luce lunare penetrato dalla finestra alla sue spalle la illuminava da dietro contornando il suo corpo con un innaturale ed etereo candore, che la rendeva ancora più splendida di quanto non fosse già, con il rossore delle sue guance visibile al chiaro di luna.

Era la cosa più bella che Spike avesse mai visto, e il vampiro ne rimase quasi turbato.

Il ragazzo le si avvicinò con il passo di un predatore che ha fiutato la sua preda, ma nel suo sguardo si poteva leggere una certa dose di incredulità mista a confusione, gioia e paura di avere equivocato tutto.

Si fermò a pochi centimetro da lei, e sollevò una mano per accarezzarle piano una spalla. La pelle della bionda si tese sotto al suo tocco, e Buffy accostò il viso a quello di lui, fissandolo negli occhi.

- Fa l’amore con me, Spike. Ti prego – sussurrò.

Il vampiro deglutì, e quando parlò la voce gli tremò leggermente.

- Sei sicura Buffy? – le chiese.

- Sì – rispose semplicemente lei, e a quel punto non ci furono più barriere o incertezze. Fu solo amore.

Entrambi lasciarono che le loro difese crollassero miseramente, mentre le loro bocche si incontravano e le loro lingue si intrecciavano in un bacio dolce, appassionato e tenero insieme, come era sempre stato fra loro.

Si interruppero solo molto tempo dopo, e lei ne approfittò per sfilargli dalle spalle lo spolverino, rivelando la t-shirt nera che indossava sotto di esso. Dolcemente gliela tirò fuori dai jeans, incoraggiandolo ad alzare la braccia così da permetterle di sfilargliela da sopra la testa.

Rimase incantata alla vista del suo torace liscio e bianco come marmo, perfettamente glabro. Lo accarezzò piano con le mani, partendo dal collo per poi percorrergli le spalle ampie e i pettorali scolpiti nella roccia, i muscoli tesi come corde di violino sotto il suo tocco.

Quando poi arrivò alla cintura e fece per slacciargliela, lui la fermò gentilmente, e lei lo guardò confusa, senza capire. Aveva forse fatto qualcosa di sbagliato?

L’aveva con delicatezza fermata prima di perdere completamente il controllo e saltarle addosso. Non voleva spaventarla, né forzarla. Ma sentiva che sarebbe diventato pazzo a breve, se non avesse al più presto potuto toccare la sua pelle di seta e velluto.

Con un unico aggraziato movimento Spike si mise dietro di lei, circondandole la vita con le braccia e affondando il visto nell’incavo del suo collo, fra i suoi capelli dorati.

- Mi sei mancata, passerotto – lo sentì mormorare.

Sorrise, accarezzandogli le braccia e intrecciando le dita con le sue.

- Mi sei mancato di più tu – sussurrò, appoggiando il capo al suo petto e chiudendo gli occhi. Lui rispose con un mormorio appagato, e iniziò a baciarle avidamente il collo, scendendo poi verso la spalla destra. Lei rabbrividì, stringendosi di più a lui.

Le sue mani vagarono sensualmente sui suoi fianchi sottili e sulla sua schiena, raggiungendo infine il gancio del reggiseno che egli slacciò in fretta, da vero esperto. Glielo fece scivolare dalle spalle, proprio come aveva fatto con la camicetta, e subito prese a torturarle il seno con una mano mentre con l’altra le abbassava la cerniera della gonna grigia da lavoro.

Dopo poco anche questa si ritrovò sul pavimento accanto agli altri indumenti, e la stanza si riempì dei gemiti e dei sospiri di piacere della ragazza, mentre lui aveva scostato la stoffa dei suoi slip rosa confetto e lentamente, molto, troppo lentamente perché lei potesse ancora ragionare con coerenza a quel punto, aveva fatto scivolare un dito dentro di lei, facendole emettere uno strozzato grido di piacere.

Senza smettere di torturarla con le sua abili dita, Spike si era nuovamente impossessato delle labbra di Buffy, con più audacia questa volta, e la stava progressivamente indirizzando verso il letto, fino a che non vi si ritrovò completamente sdraiata con lui sopra che la baciava famelico, senza nemmeno capire come esattamente ci fossero arrivati, e quando.

Ma in fondo, neanche quello aveva veramente importanza.

Quello che davvero importava era che loro erano finalmente lì, e si fidavano abbastanza l’uno dell’altra da poter fare l’amore senza remore e senza paure nascoste, con ancora la passione bruciante che da sempre li aveva uniti, anche quando combattevano.

Sentire di nuovo la sua pelle nuda contro la propria altrettanto esposta, il suono basso e roco dei suoi gemiti e vedere i suoi occhi blu scurirsi per il desiderio e la lussuria per Buffy era semplicemente il Paradiso. Al confronto, il posto dove era stata per centoquarantasette giorni prima di essere riportata in vita dai suoi amici era un luogo misero e freddo, nulla paragonato al tanto agognato abbraccio di Spike, e al sapore dei suoi baci affamati di lei.

Le sembrava perfino di non avere più nemmeno bisogno d’aria, mentre lui continuava a divorarle le labbra seguendo il ritmo del suo dito che pompava dentro di lei sempre più velocemente. Sapeva che se solo lui avesse smesso un secondo di baciarla ne sarebbe certamente morta.

E Spike era assolutamente certo di provare lo stesso sentimento al riguardo, ragion per cui non staccò un solo istante le labbra dalle sue, durante la loro perfetta e ritrovata unione.

Dopo l’amore, entrambi giacquero abbracciati nel piccolo letto ormai sfatto, sereni ed appagati come non lo erano più da molto, molto tempo ormai.

Con infinita tenerezza, lui poggiò il capo sul suo seno e inspirò profondamente, con gli occhi chiusi e un sorriso disteso sulle belle labbra arrossate dai baci, e strinse un po’ di più le braccia attorno alla sua vita mentre Buffy accarezzava i suoi bei capelli biondi scompigliati, che parevano quasi seta sotto la punta delle sue dita.

Poi chiusero gli occhi, e furono solo l’oblio e la pace del riposo.

Quando l’ alba giunse a rischiarare con la sua luce rosata e luminosa la città e i suoi palazzi, prendendo il posto della pallida ed ammaliante luna, essa li trovò così, dolcemente abbracciati, legati da un destino che aveva permesso loro di superare infine ogni difficoltà e ritrovarsi, finalmente felici, finalmente rilassati e certi che, con l’aiuto dell’altro, tutto sarebbe andato bene.

Finalmente, forse per la prima volta da quando si erano incontrati, davvero insieme.

 

[WIP]