Fanfiction ospitata per gentile concessione del Bloodylove in attesa di riuscire a rintracciare l'autrice.

 

 

MY HEART AT SEA

Di Flame

 

 

 

Timeline: 1912, l’anno del terribile naufragio del Titanic. Ho ambientato la mia storia proprio su questa famosissima e sfortunata nave.

 

Disclaimer: Tutti i personaggi di questa ff appartengono a Joss Whedon ecc ecc, ed i riferimenti storici sono presi da fonti enciclopediche e letterarie , NON dal film “Titanic”.

 

Rating: Direi che per ora V.m.12...per gli altri capitoli...ve lo dirò man mano che li posto.

 

Ringraziamenti: 1 grazie davvero speciale alla mia migliore amica Abigail, che mi ha detto che era una ff davvero bella e mi ha incitato a scriverla. Se le prossime pagine non sono bianche è anche 1 pò merito suo. Grazie tesora! tvtb!

Inoltre un grazie a voi lettrici/lettori che avete letto e/o commentato la mia (e d Abby, ovviamente ) prima ff e mi avete dato uno stimolo per scriverne un’altra.

Questa ff la dedico a tutte/i voi.

 

Ok, e per porre fine a questa cosa mielossissima (non mi riconosco neanche ) eccovi il 1° capitolo!!!

 

 

Capitolo 1 – Two boys and a dream (prima parte)

 

“-Xan! Xan! Guarda un pò qua!-

Il ragazzo si avvicinò all’amico, che era in piedi accanto allo scrittoio della loro minuscola e squallida stanzetta d’albergo –l’unica che si potevano permettere- , intento a leggere un articolo del “The Daily Telegraph”.

-Che c’è?- disse, annoiato.

-Leggi questo articolo! E’ la nostra occasione, amico!-

Il bruno si avvicinò ancora, e lesse:

 

“Il 10 aprile partirà dal porto di Southampton l’inaffondabile R.M.S. Titanic, “regina dei mari”, nel suo viaggio d’inaugurazione per New York.

La White Star Line è molto fiera di presentarvi questa lussuosissima nave, ultima aggiunta alla compagnia, giudicata “inaffondabile” grazie alla funzionalissima struttura. Inoltre...”

 

-Beh, bello Spike, ma...perchè è la nostra occasione?- chiese il giovane, un pò accigliato.

-In fondo- disse il biondo, laconico.

 

“...la White Star Line cerca perciò giovani in buona salute ed in gamba per far parte dell’equipaggio. Per informazioni o per farsi assumere, presentarsi direttamente al porto di Southampton entro il 9 aprile.”

-Continuo a non capire...- borbottò Xander.

-Xander Harris, fai due più due! Stiamo parlando di un viaggio GRATIS in America! Potremo farci una nuova vita, diventare ricchi, comprarci una casa e...-ammicò all’amico-...e poi ho sentito che le ragazze americane sono molto più....ehm...trasgressive di quelle Londinesi!-

Il bruno rise:

-William Shelby, o meglio, Spike, non dovresti avere questi pensieri!- poi tornò serio- Ma....andare in America...voglio dire, è dall’altra parte del mondo, non abbiamo nessuno lì, non abbiamo soldi...-

-Se è per questo non li abbiamo neanche qui. –Lo interruppe l’altro, con tono amaro- E’ un’occasione da non perdere, Xander, dico sul serio. Li potremo ricominciare tutto da capo, magari guadagneremo anche un pò sulla nave, facendo lavoretti extra eccetera. Il resto servirà a pagarci il viaggio. E poi al massimo dopo un pò torniamo qua.-

Xander inclinò la testa di lato, come faceva sempre quando stava riflettendo.

Soppesò le parole di William, e poi disse:

-D’accordo. Sai che ti dico, compare? Lo faremo! E poi o la va o la spacca!-

Spike sorrise da un orecchio all’altro:

-Così mi piaci! William Shelby e Xander Harris, il nostro nome sarà scritto per tutta New York!-

L’altro fece un sorriso malizioso:

-Sì, sì, però voglio la segretaria!-”

 

 

Capitolo 1 – “Two boys and a dream” (seconda parte)

 

Whitechapel, * Londra, 8 aprile 1912, (un giorno dopo).

 

“-Sei pronto, Spike?- chiese Xander, con una nota di eccitazione nella voce.

-Ehi ma non eri tu che non voleva venire??- scherzò Spike.

-In primis: non ho mai detto che non volevo venire, in secundis, non cambiare argomento!- rispose Xander, mettendosi in posizione di “Attenti!” e parlando con voce solenne.

Spike chiuse l’ultima valigia. – Non sapevo che avevi il complesso del soldatino mancato. Dovresti arruolarti, sai?-

Xander disse in falsetto- Oh, sai, la mia mammina mi comprava i soldatini, ma io ho sempre preferito le bamboline. Voglio dire, vuoi mettere? Prendere il tè con la signorina Violetta è molto meglio che sporcarsi i vestiti e schiamazzare tutto il giorno!- sorrise e riprese con voce normale:

-Non trovi? -

Spike ammiccò – Hai perfettamente ragione-

-Per l’inferno maledetto, sono davvero molto fortunato ad averti, Xander.- si disse in cuor suo, anche se si sarebbe vergognato moltissimo ad ammetterlo all’amico.

 

*Per chi non lo sapesse Whitechapel è per fama il quartiere più povero di Londra, dove Jack lo Squartatore commise molti dei suoi omicidi.

 

 

Southhampton, contemporaneamente.

 

-Lizzie, secondo te riuscirò a trovare un bel ragazzo a bordo?- disse una ragazza bionda con voce squillante.

-Non so, Harmony. Sai, ci sono dei bei fusti in 3a classe, e probabilmente sono anche tutti idioti, essendo poveri, perciò dovresti trovarti bene.- la prese in giro l’amica, anch’essa bionda.

-Elisabeth Summers, ma da chi l’hai presa quella lingua biforcuta?- finse di rimproverarla Anya, un’altra ragazza del gruppo.

-Di sicuro non da me.- affermò una donna molto graziosa con i capelli castani, sorridendo, apparentemente apparsa dal nulla.

-Madre!- esclamò Elisabeth- Mi hai fatto prendere un colpo!-

-Ciao Lizzie, anch'io ti voglio tanto bene. -scherzò la donna- Senti, sono venuta a dirti che ho preso delle camere nell’albergo “Florence”, vicino al porto.

Eccovi le chiavi delle vostre camere, mi raccomando, vi voglio di ritorno per le sette, c’è ancora molto da fare e fra due giorni partiamo! E fai attenzione a Dawn...-

-Mamma!- protestò la ragazza più giovane, che finora era rimasta zitta- Non sono più una poppante, ho 15 anni, ti ricordo che sono solo 2 in meno di Liz!-

-Fa lo stesso, Dawn, tua sorella è comunque responsabile di te quando non ci sono io. Allora, mi raccomando, fate attenzione, d’accordo? E divertitevi tutte!-

-Sì, mamma.- dissero le due sorelle, un pò imbarazzate.

-Grazie, signora Summers!- cantilenarono le altre.

Appena la signora Summers fu lontana abbastanza da non sentirle, le quattro ragazze scoppiarono in gridolini di gioia ed eccitazione, e si diressero verso il porto.

Mancavano ancora 200 metri che già vedevano, anche se non era molto vicino al molo, la loro nave.

Come non vederla?

R.M.S. Titanic.

254 metri in lunghezza (1/4 di chilometro), 28 in larghezza.

La gigantesca nave era alta 31 metri, 10 dei quali erano sott’acqua, ed anche se questi non si contavano, la nave era comunque alta molto più delle case e dei palazzi di quell'epoca.

C’erano quattro immense fumaiole, ed Elisabeth e le sue amiche seppero dopo che solo tre delle quali erano vere, mentre l’ultima, fittizia, era stata aggiunta per aumentare l’immagine di grandezza e potere della nave, ed anche per fare fuoriuscire il fumo prodotto dalle numerose cucine.

La R.M.S. Titanic era il più grande mezzo di trasporto mai costruito dall’uomo.

-Uau...- sussurrò Lizzie.

-Jiminy! (equivale al nostro perbacco) Sapevo che era molto grande, ed anche lussuosa, ma questo...questo è...è....- Anya tentò invano di descrivere tale maestosità.

-Divino.- completò una voce maschile appartenente ad un giovane uomo dai capelli bruni impomatati.

-Angel! - squittì Elizabeth, diventando improvvisamente rossa.

-Ciao tesoro. Ti stavo cercando- il bruno ammiccò alla ragazza, facendola arrossire ancora un pò, poi si rivolse al gruppetto eccitato accanto a lei:

-Salve, signorine.-

-Oooooh ciao Liam! – risposero loro con un pò troppo entusiasmo, mentre la bionda osservava la scena disgustata.

Il ragazzo sembrò non notare quell’eccessiva simpatia nei suoi confronti, perchè proseguì come non fosse mai stato interrotto:

Vi dispiace se io e Lizzie facciamo un giretto al porto? Vi raggiungiamo dopo, all’albergo.-

-Ma certo che no! Andate pure!- esclamarono le tre fanciulle, per poi scoppiare a ridere non appena la coppietta si fu allontanata.

 

-Allora, Lizzie, come stai? Sei contenta di partire?- ruppe il silenzio che si era creato fra loro Liam, qualche minuto dopo.

-Tantissimo, Angel, tantissimo! – esclamò la bionda, contenta di aver trovato qualcosa di cui parlare- anche perchè adesso ho saputo che vieni con me...-

-Davvero sei contenta? Mostrami quanto...- il ragazzo ammiccò e sorrise, ma in modo buono, non malizioso.

-Tanto così- Elisabeth si avvicinò a lui e lo baciò lievemente sulle labbra – Oh, Liam....-

L’altro non le fece finire la frase:

-Per l’amor del cielo, non mi chiamare Liam come quelle oche delle tue amiche! – sorrise- Adesso sono Angel.-

-D’accordo amore, sei un angelo, ma precisiamo una cosa: sei il mio angelo.-

I due si baciarono ancora, questa volta con maggior foga, poi si avviarono, mano nella mano, all’albergo, chiaccherando e ridendo.

 

Southampton, 9 aprile 1912, ore 6 del mattino

 

Il giorno prima Spike e Xander avevano erano passati dall’ufficio postale di Londra e avevano chiesto se potevano fare le consegne del giorno dopo a Southamton, in modo da poter arrivare a destinazione senza dover pagare il treno, il che avrebbe inciso molto negativamente sui loro pochi risparmi. Li venne dato il permesso ed ebbero un carro trainato da due cavalli per poter effettuare le consegne, che non erano tantissime.

Fecero a turni per stare svegli e guidare i cavalli durante la notte, e quando furono le sei del mattino, ed erano ormai vicini a Southampton, William diede uno scossone a Xander per svegliarlo:

-Ehi, Xan, svegliati, dai!-

Si sentì un mugolio indefinito provenire dal corpo inerte del ragazzo bruno.

Così l’altro prese un pò d’acqua gelata dalla sua borraccia e la versò giù per il colletto dell’amico, il quale si destò subito.

-Ma insomma, è questo il modo per svegliare la gente?- chiese, stizzito.

-Oh, probabilmente no, ma di sicuro è il più divertente.- disse Spike, ridendo.

L’altro non ebbe altra scelta che unirsi alla risata dell’amico.

-Ah! Ma sul Titanic sarà diverso, vedrai! Già sento il profumo dei croissants appena sfornati e mi vedo davanti uno stuolo di ammiratrici bellissime che mi chiedono se ho dormito bene...- disse.

-Xander non ricordo di averti chiesto di raccontarmi il bellissimo sogno che hai fatto stanotte....-lo derise l’amico – comunque ti ho svegliato per dirti una cosa: siamo arrivati!-

L’altro si guardò intorno, incredulo, e vide che avevano sì raggiunto la città.

-Questa città è così diversa da Londra- pensò ad alta voce- c’è odore...di mare, di eccitazione, di mistero...mi piace questo posto!- sorrise.

Tutto intorno a loro c’erano, nonostante fosse solo l’alba, persone indaffarate, donne che lavavano le lenzuola all’aperto, uomini che si avviavano a lavoro, bambini vivaci che giocavano prima di andare a scuola, anziane signore che spettegolavano, ragazzi e ragazze adolescenti che camminavano, un pò imbarazzati ma felici, mano nella mano...una miriade di colori, emozioni e suoni nuovi.

 

Capitolo 2- The unsinkable (L’inaffondabile)

 

Southampton, il porto, 9 aprile 1912, ore 9 del mattino

“Al termine delle loro consegne, i due ragazzi si avviarono verso il porto di quell’interessante cittadina di mare.

Era da un pò che avevano addocchiato una certa nave e ci stavano fantasticando sopra, facendo finta di essere ricconi snob.

-Allora, amico, cosa ne pensi?- chiese Spike.

-Beh, Lord William, devo ammettere che è abbastanza bella, ma così...piccola! Voglio dire non è nemmeno la metà del mio palazzo!- scherzò Xander, con un falso accento scozzese.

-Hai ragione, mio caro Xander, duca di Edimburgo, dev’essere anche scomoda!-

Continuarono così per un pò, finchè non arrivarono al molo e videro una cosa che li lasciò a bocca aperta.

La nave su cui si erano immaginati ricchi e famosi si chiamava “R.M.S. Titanic”.

-Noi. viaggeremo. su. quello?- esalò Xander.

-Sì. E ricordami, quando raggiungiamo l’America, di chiedere in giro se per caso c’è un premio di un milione di dollari per l’amico bello dell’uomo-telegramma.- rispose Spike,cercando disperatamente di reprimere le risate.

Senza riuscirci, ovviamente.

Il bruno incrociò le braccia facendo finta di essere offeso:

-Molto spiritoso!- esclamò con voce lamentosa, per poi unirsi alla risata dell’amico.”

 

Southampton, Hotel Florence, 5 stelle, 9 aprile 1912, ore 9.10 del mattino.

“-Yaaaaawn...- sbadigliò Harmony, mentre le altre tre ragazze si stiracchiavano.

-Buongiorno a tutte!- strillò eccitatamente Anya, mentre saltava da un letto all’altro, provocando molti lamenti da parte di chi era sotto le coperte – Rallegratevi ragazze, oggi è la vigilia della partenza! Yuppi! Yuhuuu! Evviva!-

-Mm..qualcuno la spenga- biascicò Elizabeth, ancora mezza addormentata. Al contrario della madre, che come al solito si era alzata presto, faceva molta fatica a svegliarsi la mattina.

-BUM!-Dawn la svegliò completamente, colpendola in faccia con un cuscino -Prendimi se ci riesci!-

Dopo una quindicina di minuti in cui avevano fatto a cuscinate, le ragazze cominciarono a prepararsi per la lunga ed indaffarata giornata che le aspettava.

-Liz, cosa fai?- chiese la bruna alla sorella, che si stava dando degli schiaffetti da sola sulle guance.

L’altra arrossì un pò – Cercavo di farmi venire un pò di colorito. E' normalissimo.- si giustificò.

-Beh adesso non ti serve di sicuro fare la masochista, sei rossa come un pomodoro!- esclamò Harmony.

Tutte e quattro risero di cuore, poi si avviarono alla sala grande per fare colazione.

Lì furono raggiunte da Liam, che, da vero galantuomo, tirò indietro una sedia, e poi vi fece accomodare la sua ragazza, che era lusingata da tutte quelle attenzioni.

-Oooh, Angel, non potrei avere un fidanzato migliore- gli disse, dandogli un casto e veloce bacetto sulla guancia, timorosa che qualcuno li vedesse.

-Nè io avere una più donna bella di te- le rispose il bruno, accarezzandole i lucenti capelli color grano ed approfondendo il bacio mentre le altre ridacchiavano sommessamente.

Un signore sulla quarantina si avvicinò e fece cenno alla ragazza, che si staccò immediatamente dall'altro.

-Liz, posso parlarti un momento?- le disse gentilmente.

-D’accordo...- esitante, la ragazza si avvicinò all’uomo, che le sussurrò:

-Elizabeth, in quanto tuo padrino, ti ordino di non baciare quel ragazzo in pubblico. Non hai ancora diciott’anni e non sei sposata con lui. Sai come sono le cose, qui in Inghilterra. Per quanto non ci piaccia affatto, nè io nè tua madre ti vietiamo di vederlo...ma non vogliamo che tu venga arrestata e il tuo nome infangato. Chiaro?-

-Sì Rupert. Come vuoi, Rupert.- disse lei in tono di sfida. Poi si allontanò e raggiunse le sue amiche senza dire altro.

-Ah! Liz, pensi davvero che io voglia rendere la vita un inferno? Spero che un giorno capirai che io amo tua madre e voglio bene anche a te, in quanto sua, e...mia, figlia. Non ti farei mai del male. Mai.- si disse l’uomo, ferito per l’ennesima volta da quell’indifferenza.

Quando Elizabeth si risedette a tavola, le altre le chiesero ansiose:

-Allora? Cosa voleva lo stupido?-

-Tutto a posto, mi ha solo detto che la mamma si raccomanda di stare unite e non perderci.- rispose lei. Non sapeva perchè aveva mentito, ma qualcosa in lei le diceva che in fondo il suo padrino voleva solo il suo bene, nonostante lei continuasse ad essere sgarbata con lui.

Una piccola vocina che aveva la voce molto simile a quella di sua madre proseguì dicendole che in effetti Angel non era il suo ragazzo ideale...ma quella vocina fu messa in fretta a tacere.

-Allora,- riprese- siete eccitate?-

-Sììììì- strillarono in coro le altre.

-Bene perchè abbiamo un sacco di roba da fare...-sorrise la ragazza.

Il gruppetto cominciò a pianificare la giornata, parlottando con tono concitato.”

 

Southampton, il porto, ore 9.50

“I due amici avevano affitato una camera in una pensioncina poco distante dal molo, si erano lavati, pettinati e avevano indossato il loro abito migliore: tallieur, camicia bianca, e cravatta.

Dopo una breve inchiesta avevano trovato il capitano della grande nave.

William cominciò a parlare per primo:

-Ehm, salve capitano...capitano?-

-Smith, ragazzo, Capitano Smith.- lo aiutò l’altro.

Era un uomo un pò burbero, ma gentile.

-Ehm, sì, Capitano Smith- proseguì il biondo, un pò incerto- vede, io e il mio amico qui- Xander fece un cenno con la mano, imbarazzato- abbiamo letto un articolo a proposito del Titanic su “The Daily Telegraph” e...alla fine c’era un annuncio in cui- il ragazzo fu interrotto:

-Siete qua per chiedere lavoro, e, in cambio, un passaggio gratis in America, vitto e alloggio. Giusto?- l’uomo sorrise.

-Esatto- rispose l’altro, sollevato.

-Allora, vediamo...mi mancano degli addetti alle caldaie. Il vostro compito sarebbe principalmente quello di far funzionare le caldaie, e poi potreste dare una mano quando serve da qualche parte, mi sembrate dei buoni lavoratori....Accettate?-

I due si scambiarono un’occhiata. Xander annuì felicemente all’amico. Spike gli fece l’occhiolino, poi si voltò nuovamente verso il suo datore di lavoro.

-D’accordo.-

I due si avvicinarono al capitano e firmarono il contratto che lui gli stava porgendo.

-Capitano, come descriverebbe questa nave?- gli chiesero, curiosi.

-In una parola. Inaffondabile. Dio stesso non potrebbe affondare questa nave.-*”

 

*Questa frase fu pronunciata davvero dal Capitano Smith. Durante la costruzione, infatti, la nave fu pubblicizzata come “Inaffondabile” dalla compagnia “White Star Line”, anche se la nave non era ancora stata ultimata e provata. Purtroppo nè l’impresa di costruzione ne nessun altro si preoccupò di smentire quest’affermazione puramente falsa.

 

 

 

Capitolo 3- Leave your doubts behind you (Lascia i tuoi dubbi dietro di te)

Southampton, il porto, 9 aprile 1912, ore 12.47

“Le ragazze, cariche di pacchi e pacchetti, erano dirette verso l’hotel, con l’intento di mangiare qualcosa di sostanzioso dopo quell’estenuante mattinata di acquisti.

-Lizzie, pensi davvero che quel vestito che ho comprato mi stesse bene? Non so cosa farei se gli americani lo trovassero brutto...-

-Già, magari ti butteresti dal ponte del Titanic, così non dovrei neanche sentire più le tue cavolate...- pensò Elizabeth, ma, sforzandosi di sorridere, si voltò verso Harmony e le disse:

-No, Harm, ti sta benissimo, e tutti i ragazzi americani andranno in visibilio quando ti vedranno.

L’altra sorrise compiaciuta.

-Dio, non ne posso più delle loro frivolezze...io voglio..voglio...- Elizabeth non fece neanche in tempo a concludere il pensiero che –WHAM- sbattè contro qualcosa di duro, e senza neanche aver visto di cosa si trattava, era per terra, a gambe all’aria.

Guardò sù, un pò imbarazzata, e si ritrovò a fissare due occhi blu come il mare, che appartenevano al viso lievemente abbronzato di un ragazzo biondo, che era...in poche parole...bellissimo.

I lineamenti erano perfetti, e delineavano con grazia ed eleganza il suo volto.

Il corpo era del tutto simile a quello di un Adone, magro ma muscoloso, e da sotto la camicia si potevano intravedere gli addominali scolpiti. Sembrava quasi una statua del neoclassicismo greco, a cui lo scultore aveva donato la vita.

Anche l’abbigliamento denotava una certa classe: pantaloni neri, camicia bianca e cravatta nera, con sopra però una giacca strana, lunga, nera. Liz non aveva mai visto un capo di vestiario così..particolare. O neanche un ragazzo così...così...fantastico...

La voce del ragazzo la riportò immediatamente al presente:

-Signorina...signorina...sta bene?- E che voce! Melodica, anche se un pò roca...semplicemente meravigliosa...

-Ehm..signorina...tutto a posto?- Il biondo ripetè per la seconda volta la sua domanda.

Elisabeth si rese conto solo in quel momento della situazione: si era scontrata con un tipo megagalattico e...non aveva ancora detto niente!!!

Arrossendo furiosamente, riuscì a balbettare: - Oh....mi scusi...è stata colpa mia...i-io...non stavo guardando...mi scusi...-

Un guizzo divertitò balenò negl’ occhi di lui mentra l’aiutava a rialzarsi:

-No, si figuri, io non l’ho proprio vista...Piacere comunque, io sono W..- venne interrotto dalle grida delle altre ragazze, che erano rimaste un pò indietro e fino ad allora avevano guardato la scena senza parlare.

-Liz..Liz!! Vieni via da quell’uomo...ti potrebbe far male...- e con questo Harmony strappò via l’amica da William, che la osservava a bocca aperta. Xander intanto stava fermo accanto ad Elisabeth, con aria distante.

La ragazza si voltò un’ultima volta verso di loro, poi si girò con un sospiro..chissà se avrebbe mai rivisto quel tipo strabiliante. Non sapeva neppure il suo nome..W...Wesley? Walter? William? Chissà… Avrebbe voluto voltarsi indietro, correre verso di lui e non lasciarlo mai più...ma non poteva. Non poteva proprio. Non poteva far altro che ricordarsi di lui per sempre.

 

 

-Xander, chi era quella ragazza? Come si chiama? Ho sentito che le sue amiche la chiamavano Liz..Eliza? Elisabeth? – domandò il biondo.

-Ah, quella. L’ho già vista in giro. Si chiama Elisabeth, già. Elisabeth Summers. Ma levatela dalla testa amico. La sua famiglia è abbastanza nobile, e lei...è la tipica snob inglese.

Certo, è educata, ma, se è come dicono, in questo momento si sta facendo quattro risate su di te in compagnia delle sue degne compare. Probabilmente sparleranno di te con tutti.-

-Oh beh, poco male. Tanto qui non conosco nessuno, nè tantomeno voglio conoscere qualcuno. Voglio abbandonare l’Inghilterra completamente, capisci? Farà meno male.-

L’amico annuì comprensivo, e mentre i due camminava in silenzio, Spike non poteva fare a meno di pensare a quella ragazza..ad Elisabeth.

Già, Elisabeth.

Non aveva mai visto una ragazza così spettacolare.

Era minuta, con, allo stesso tempo, un corpo bellissimo: magro ma non scheletrico, con le curve della misura giusta, ed i muscoli non visibili ma presenti.

Il viso leggermente abbronzato, ma non in maniera volgare, solo appena notabile, la differenziava dalle altre ragazze, fin troppo pallide.

Gli occhi erano luminosi, verdissimi, delle vere e proprie pietre di giada contornate da bianco.

Le labbra erano di media grandezza, nè troppo sottili nè troppo carnose, di una tonalità rosa scuro.

I capelli erano biondi e lunghi, non proprio ricci, ma ondulati, e, anche se lui non li aveva mai toccati o annusati, era sicuro che sarebbero stati morbidissimi e profumati.

Una cosa non capiva: se davvero era come diceva Xander, perchè era sembrata così...sincera?

Il suo imbarazzo era vero o solo una maschera di quello che provava veramente?

Probabilmente la seconda, ma William non riusciva a convincersene.

Gli pareva strano, anzi, quasi impossibile che una ragazza che gli avesse mentito, o che comunque non lo considerava, gli avesse provocato una tale altalena di sensazioni...

A dir la verità, non riusciva proprio credere che una ragazza era riuscita, dopo solo un minuto di conversazione, ad infiltrarsi nei suoi pensieri più intimi, lasciando di sè una traccia indelebile.

Tuttavia, mentre saliva sulla grande nave con Xander per vedere il posto che gli avrebbe ospitato per i prossimi quattro giorni, riuscì a mettere da parte questi pensieri per osservare con grande attenzione quel luogo a lui estraneo, cercando di “fotografare” tutto nella sua mente.

Quello sarebbe stato un viaggio che non avrebbe mai dimenticato, e voleva riuscire, negl’anni a venire, a ricordarsi ogni singolo particolare.

Sì girò verso l’amico...o almeno verso quello che ne rimaneva.

Xander era in piedi accanto a lui, con un espressione inebetita, e lo sguardo fisso su...William cercò di seguire con gli occhi ciò che Xander stava osservando.

E poi la vide.

Una ragazza, più o meno della loro età, era appoggiata al ponte e fissava il mare, con un mezzo sorriso sul volto.

Era molto carina, e poteva capire perchè Xander aveva perso il lume della ragione solo fissandola.

I capelli rossi le contornavano il viso, facendo risaltare i suoi occhi verde bosco e i suoi lineamente estremamente aggraziati.

Xander, ricordandosi improvvisamente del dono della parola, disse:

-Devo. Conoscere. Quella. Ragazza.-

L’altro sorrise, e, fingendosi seccato, replicò:

-Oh, Xan, devi cambiare repertorio! Voglio dire, non posso ripetere la mia battuta sull’uomo-telegramma due volte alla stessa persona! Devo sembrare un minimo originale, no?-

Il bruno rise assieme all’amico, e, con passo più o meno deciso, si avvicinò alla ragazza, la quale lo guardò con un misto di sorpresa e curiosità.

-Ehm, ciao...Io sono Xander. Scusa se ti disturbo, riconosco che la vita asociale ha i suoi vantaggi, ma mi chiedevo se magari potresti...parlare un pò con me...- qui il ragazzo arrossì un pò, mentre William si disse – Niente male amico! Cominci ad imparare dal maestro!-

Lei rise e poi si presentò:

-Ciao Xander, io sono Willow. E, nonostante la mia vita asociale abbia dei pregi, devo ammettere che ha il difetto della noiosità...mi farebbe molto piacere parlare con te.-

Xander si voltò verso il biondo, il quale gli fece il pollice alto, poi si girò verso Willow.

-Facciamo una passeggiata, ti va?-

La rossa sorrise e annuì.

 

 

 

Capitolo 4- Goodbye, England. Goodbye Buffy, Goodbye Spike. (Addio Inghilterra. Addio Buffy, Addio Spike.)

 

Southampton, il porto, 10 aprile 1912, ore 5.27

“William non riusciva a dormire. Al contrario del suo amico, che si era addormentato senza difficoltà, era molto irrequieto. Ad un certo punto, stanco di fissare il soffito della stanza, si alzò, si vestì, lasciò un biglietto a Xander e uscì.

Il sole era appena sorto e sembrava per metà immerso nel mare, donando al cielo e all’acqua una miriade di sfumature dai toni caldi. Giallo, Arancione, Rosso, Rosa...i colori si abbracciavano rendendone quasi impossibile la distinzione.

William preferiva la notte al giorno, ma dovette riconoscere che quella vista era mozzafiato.

Si accese la sua fedele pipa, inalando il fumo a pieni polmoni ed espellendolo attraverso piccoli cerchi di fumo grigiastro.

Non sapeva perchè gli piacesse così tanto il tabacco, ma lo aiutava a riflettere.

Certo, prima o poi avrebbe dovuto smettere ma...ogni cosa a suo tempo.

In questo momento la sua mente era rivolta ad altro...ad Elisabeth, per la precisione.

Provava vergogna per questo, ma non poteva farci niente.

Lei continuava ad insinuarsi nella sua mente, e ad addentrarsi nei suoi desideri più intimi e segreti.

Ma perchè pensava sempre a lei?

Certo era bella, bellissima a dir la verità, ma non poteva esserne attratto solo per questo.

“E’ questo quello che chiamano colpo di fulmine?” si chiese.

Ma no, non era possibile. Lui non credeva in queste cose.

Non era possibile che proprio lui, William Shelby, si fosse innamorato a prima vista.

Il biondo prese a calci una bottiglia di vetro vuota che era lì davanti, furioso con se stesso per aver permesso che quella stupida oca facesse irruzione nella sua mente dopo in incontro di sì e no cinque minuti.

Si, adesso sarebbe entrato nel primo pub che avesse trovato e l’avrebbe dimenticata.”

 

Southampton, il porto, Hotel Florence, 10 aprile 1912, contemporaneamente.

“Elisabeth si rigirò nel letto per quella che le sembrava la millesima volta.

Non c’era niente da fare, non riusciva a prendere sonno. Perchè? Era l’eccitazione dovuta al viaggio?

No, e lei lo sapeva bene. Era quel..quel..W-non sapeva cosa.

Non era neanche più sicura di aver capito che la prima lettera del nome fosse una W, anzi, a dire il vero, non era neanche più sicura di aver incontrato quel ragazzo afrodisiaco per davvero.

Turbata e scontenta, la bionda si alzò e, non volendo disturbare gli addetti al servizio in camera a quell’ora, decise di uscire.

Mancava ancora un quarto alle sei ma il porto era già pieno di vita. La ragazza si sentì una fitta al cuore al pensiero di lasciare questo posto così incredibilmente...bello.

E suo.

Era la sua patria, e lei la stava abbandonando...si sentiva una traditrice.

Con la testa colma di questi pensieri, entrò in un pub lì vicino, abbastanza sorpresa di averlo trovato già aperto.

Si sedette al bancone e ordinò una limonata. Mentre la beveva, qualcuno, senza guardarla, si sedette accanto a lei.

-Una coca-cola, amico. Il mio stomaco mi vieta di bere alcolici la mattina. – recitò una voce che Elisabeth aveva sentito solo una volta, ma che per lei era già inconfondibile.

Apparve il barista e servì la consumazione al ragazzo:

-Attento, bello. E’ da poco sul mercato, io non l’ho ancora assaggiata ma fra i miei clienti c’è già chi la ama e chi la detesta...spero tu sia del primo tipo. –

-Non ti preoccupare, amico. L’ho già provata, non è male. – replicò lui mentre l’altro si allontanava borbottando.

Ancora quella voce...un pò roca, con un forte accento londinese. La faceva impazzire...

L’oggetto delle sue attenzioni si voltò verso di lei, e la ragazza sentì che il suo battito cardiaco accelerava rapidamente.

-Mi sai dire che ore so..- William s’interruppe. “Dannazione! Proprio colei che devo dimenticare...Dio..quant’è bella...Basta, William. Adesso parlale e o la va’ o la spacca.”

-Oh..ma noi ci siamo già visti, non è vero signorina...- “Ma che cavolo ho detto??”

-Summers, Elisabeth Summers. E lei? – “Oddio, oddio, sta succedendo per davvero!”

-Spike Shelby. – “Potevi anche usare un tono di voce più gentile! E’ una ragazza!”

-Spike? – “Idiota! Sarà il suo soprannome, no! Adesso fai la figura della ficcanaso..”

-Beh, William, a dire il vero. Ma nessuno mi chiama così. – Il ragazzo sorrise.

-Oh, capisco..Spike. Possiamo darci del tu? – “Uau..che sorriso...”

-Certamente..Elisabeth.-

Elisabeth fece una smorfia:

-Che nome insulso. Gli amici mi chiamano Liz,o Lizzie, ma neanche quello mi piace molto..-

Lui ci pensò su un attimo, poi disse:

-Vorrà dire che io ti chiamerò Buffy. Ora devo andare...mi dispiace.–

-Oh...-

-Addio, Buffy. –

-Addio, Spike...-

Mentre la figura di lui si allontanava, Elisabeth rimase immobile, assorta nei suoi pensieri.

Era triste, ma si consolò quando, uscendo dal pub, scorse il suo fidanzato.

-Angel!- gridò.

-Liz!- il moro si avvicinò a lei – E’ da un pò che ti cerco dov’eri andata? E perchè a quest’ora? -

-Oh, non riuscivo a prendere sonno, così ho fatto un giretto...-

-Capisco, ma adesso è tardi amore, torniamo all’hotel.-

I due si avviarono abbracciati ed Elisabeth si convinse che Liam era il suo vero amore, mentre William solo un...amico. Sì, un amico.

 

Southampton, 10 aprile 1912, il porto, ore 9.00

William era tornato al suo alloggio dove aveva trovato uno Xander russante che aveva calciato via le coperte.

Sorrise, e poi lo svegliò:

-Xander...-

-La tua vita è così misera ed insulsa che non hai altro da fare apparte rompere agli amici?-

Spike sorrise ancora.

-No, ma provo un piacere perverso a farlo. Su, sono le nove!-

L’altro si alzò lentamente e, lavati, vestiti e pettinati (il biondo un pò meno pettinato) i due amici lasciarono la pensioncina e si recarono alla loro nuova casa, il Titanic.

Un ufficiale li accompagnò nelle loro stanze, in terza classe e li lasciò lì in modo che facessero conoscenza con qualche altro passeggero.

Xander scoprì con gioia che Willow aveva la camera accanto alla loro, mentre nella camera che li affiancava dall’altro lato c’era una ragazza che non avevano ancora conosciuto.

-Ehi! Piacere, io sono Spike, e questo è il mio amico idiota Xander. – i due sorrisero alla ragazza, che era anche lei molto graziosa.

-Ehilà Spike e il-suo-amico-idiota-Xander. – sorrise a sua volta – Io mi chiamo Tara.

-Bene! Cosa ti porta a partire? Hai amici in America, o cerchi di cambiare vita?- chiese il biondo.

L’altra abbasso lo sguardo e sussurrò:

-Io...sto scappando.-

I due amici spalancarono gli occhi:

-Scappando? Da chi? E perchè?-

-Dall’Inghilterra e dai pregiudizi che la gente ha nei miei confronti. E posso assicurarvi che sono molti. Vedete io...io...mi sento attratta dalle donne. Non capisco perchè, ma è così. Le cose sconosciute o insolite spaventano sempre la gente, e io non voglio creare quest’effetto. Ecco, ve l’ho detto. Ora andate, vi capirò se non volete più parlarmi.-

-Stai scherzando?- domandò William- ma per favore! Sei già una della banda!-

Il volto di Tara s’illuminò e la ragazza rise di cuore.

 

Southampton, Hotel Florence, 10 aprile 1912, ore 11.30

-Andiamo, andiamo! Siamo in ritardo!- declamò la voce esuberante di Joyce.

Le ragazze, insieme a lei, ad Angel e a Giles, si affrettarono giù per le scale del grande hotel e corsero per tutta la strada che li separava dalla nave, ormai in partenza.

Arrivarono trafelate, ma ancora in tempo, e il Capitano in persona li accompagnò ai loro alloggi.

Prima classe, Naturalmente.

Joyce e Giles avrebbero occupato la stanza 67, accanto a loro ci sarebbe stata la stanza di Angel, la 69. Di fronte invece ci sarebbero state le stanze 66 e 68, rispettivamente occupate dalle coppie Harmony-Anya ed Elisabeth-Dawn.

Tutti andarono sul ponte per la partenza.

Sul molo c’era un infinità di persone, molti parenti od amici di chi partiva, altri anche solo semplici curiosi.

A mezzogiorno in punto la nave mollò gli ormeggi. Ma, mentre veniva trainata al largo da due barche minori, per poco non si scontrò con il New York, una piccola imbarcazione che era legata ad un’altra nave.

Il Titanic, muovendosi, aveva provocato una tale ondata d’acqua da spezzare gli ormeggi che legavano il New York alla sua rispettiva nave, in modo che questi si avvicinasse alla grande nave.

La collisione fu evitata per poco e alcuni, fra i passeggeri, pensarono che si trattasse di un sinistro presagio.

In ogni caso erano partiti. Spike fece un sorriso amaro:

-Addio Inghilterra, Addio Buffy.”

Dall’altro capo della nave, Elisabeth sussurrò al vento:

-Addio Inghilterra, Addio Spike.”

 

 

Capitolo 5 – New life, new dreams... (Nuova vita, nuovi sogni)

 

Il Titanic, a poche ore dalla costa irlandese, 12 aprile 1912, ore 14.43

Il Titanic era salpato da Southampton a mezzogiorno. Verso il tramonto aveva raggiunto Cherbourg, in Francia, per far salire passeggeri in più. Sempre la sera dell’11 aprile salpò per Queenstown, in Irlanda, e finalmente, verso l’una e mezza di pomeriggio di giovedì 12 aprile 1912, il Titanic era in mare aperto, diretto a New York.

Elizabeth, ovvero Buffy, era in compagnia delle sue amiche, Liam e qualche altro giovane nobilotto viziato di cui non si ricordava il nome.

Stavano facendo un breve tour del Titanic, ed era il Capitano Smith in persona a fargli da Cicerone.

Buffy stava pensando ancora una volta a Spike. Cercò di cacciarsi quel pensiero dalla testa, e dedicò tutta la sua attenzione al pomposo signore che era davanti a loro.

- [..] E questa è la palestra. Tutte le attrezzature ginniche sono dell’ultimo modello. Chiaramente, per i nostri passeggeri vogliamo soltanto il meglio. Anzi, la crema del meglio. –

Qui il gentiluomo si concesse una breve risatina. Sembrò non notare che gli altri non ridevano, e proseguì con tono ossequioso.

- Avete qualche domanda da pormi? Per voi sono sempre disponibile. E poi mi siete simpatici.–

Strizzò l’occhio ai ragazzi.

Liam ghignò sprezzante:

- Vorrei anche vedere, buon’uomo. Abbiamo pagato per avere gl’ultimi modelli e il meglio del meglio, lo sa? E poi io me ne frego di esserle simpatico o meno.–

Il capitano rimase senza parole. Inanzitutto per il tono con cui il bruno gli si era rivolto, e poi anche perchè nessuno l’aveva mai chiamato “buon’uomo”.

Ma chi si credeva di essere quel giovanotto rozzo ed ineducato?

- Guardalo,- pensò Smith, osservando la bionda che rimproverava il fidanzato – E’ completamente ridicolo. La sua fidanzata gli ha detto che non deve comportarsi così e lui che fa? Le sorride e le dice che non deve preoccuparsi, che un vero uomo si comporta così e che a lui non interessa la gente borghese. – L’ufficiale contò fino a dieci, poi fece per aprir bocca ma alla fine scelse di rimanere in silenzio. Non doveva litigare con i clienti.

Liam parlò una seconda volta, questa volta per chiedere ciò che secondo lui era fondamentale:

- Solo la 1a classe ha accesso alla palestra, vero? –

L’uomo più anziano era rientrato nel suo elemento.

- Certamente. Solo prima classe e qualche raro ma speciale passeggero della 2a, signore. Ora vi riporto alle vostre stanze, se siete d’accordo. –

- Prima vorremmo vedere la 3a classe. E’ possibile, vero? – a parlare era stato uno degli amici viziati di Liam.

- Non è una bella vista signore, in 3a classe c’è della gente povera, galeotti, persone che vogliono scappare dal proprio passato...non avete nulla a che spartire con loro. -

Qui venne interrotto dal moro:

- Questo è poco ma sicuro, ma io e i miei amici vogliamo farci quattro risate. Ci portì là. –

- Come desiderate. –

La terza classe non era poi così brutta come la descrivevano i passeggeri che alloggiavano nella 1a e 2a classe.

Ogni stanza aveva 3 o 4 letti, una bella tappezzeria, anche se semplice, e qualche mobile.

Certo, le stanze non erano finamente decorate e arredate con gusto come quelle della 1a classe, ma la maggior parte dei loro occupanti non aveva mai visto luoghi più lussuosi.

Liam e i suoi compagni passarono gran parte del giro turistico a sghignazzare e ad additare i passeggeri, mentre Buffy e le sue compagne osservavano in silenzio.

Quando il gruppetto attraversò il ponte principale Elisabeth ebbe un tuffo al cuore.

A pochi metri da lei, seduto con il suo amico e due ragazze, una dai capelli rossi e una dai capelli mori, c’era...lui. Spike. Non poteva essere. Cosa le aveva detto, quando si erano salutati? “Addio, Buffy.” Certo, addio perchè anche lui sarebbe partito per l’America, ma non sapeva che lei avrebbe fatto lo stesso. Il cuore gli si gonfiò di emozioni: c’era felicità, c’erano speranza, attrazione, ma anche un pò di paura. Come avrebbe fatto con Angel?

Decise che per il momento era meglio far finta di non averlo visto, (anche se questo le richiedeva un certo autocontrollo, visto che voleva solo corrergli incontro e abbracciarlo) e più avanti avrebbe pensato a qualcosa.

Di conseguenza doveva muoversi, o avrebbe rischiato che lui la vedesse e questo avrebbe rovinato i suoi piani.

Strinse l’avambraccio del fidanzato e gli sussurrò: “Amore...andiamo, dai.”

Scoprì un sentimento strano, mai provato prima nei suoi confronti, quando il bruno sorrise e disse “Troppo schifoso, eh? Non riesci a sopportare di vedere questa feccia...Ti capisco.”

Ci mise qualche secondo a riconoscerlo.

Poi le arrivò l’illuminazione.

Era odio.

Odio allo stato puro.

La ragazza strinse i denti e si sforzò di ostentare un’aria impaurita.

“Già...portami via...ho paura.” Bleah, mi faccio schifo da sola..

L’altro parve credergli, perchè le cinse la vita e accelerò l’andatura.

Quando arrivarono al “confine” della 3a classe Buffy rimase sconvolta alla vista dei pesanti cancelli che ne delimitavano il territorio.

“A che servono?” chiese, a metà fra l’indignazione e la perplessità.

“Alle 7 di sera li chiudiamo, signorina.” Le rispose pronto il Capitano.

Qui le risate di Liam e dei suoi amici aumentarono.

Buffy stava per ribattere al capitano, ma si ricordò appena in tempo che Angel la considerava ancora la sua docile e obbediente fidanzata, e per il momento non doveva farlo insospettire.

La piccola comitiva si allontanò dalla 3° classe, scherzando e ridendo su ciò che aveva visto, ma la mente di Elisabeth era rimasta lì, con Spike...e voleva restarci per sempre.

Doveva trovare 1 piano.

 

Il Titanic, en route per New York, 12 aprile 1912, ore 19.43

Alla fine ce l’aveva fatta. Aveva trovato un piano. Quella sera, in quel momento, l’intera famiglia e gli amici erano riuniti intorno al capitano al centro della lussuosa sala da pasti della 1° classe, intenta a consumare una squisita ed elaborata cena.

Al termine erano, come naturale, previste le danze ma Buffy avrebbe accusato un forte mal di testa per riuscire a sfuggire dal sul petulante fidanzato.

E infatti, com’era prevedibile, mentre era sul ponte a riflettere, Liam le si avvicinò e parlò con voce sussurrante: “Posso avere il piacere di questa danza, signorina Summers?”.

Sorridendo alla sua stessa piccola battuta prese la mano della ragazza e la baciò, per poi dedicarsi con maggior fervore e passione e meno eleganza alla bocca della ragazza.

Buffy si rese conto, con stupore, che ora quei gesti le facevano ribrezzo, lo stesso bacio che soltanto l’altroieri era per lei fondamentale, così dolce ed indimenticabile era ora per lei solo una causa di disgusto.

Con fatica riuscì a staccarsi dal ragazzo. “Mi dispiace amore, stasera proprio non posso...sto male, e devo recuperare le forze...non vorrei mai perdermi il gran ballo di domani sera..” “Invece mi piacerebbe moltissimo.” Pensò.

Il bruno sorrise a queste parole “Già...è un’occasione speciale..vuol dire che faremo qualcosa di speciale...solo per questa volta, puoi andare.”

E, dopo un’ultimo bacio, la guardò allontanarsi nella notte.

Buffy, svoltato l’angolo, controllò che nessuno l’avesse vista e poi sfrecciò verso il ghetto della 3° classe. Al cancello sì coprì il viso con uno scialle e chiese all’ufficiale che era lì di guardia la stanza di un certo William e di farla passare. “387, signorina.” Essendo di 1° classe, le venne solo rivolto uno sguardo curioso, ma era libera di entrare e uscire a suo piacimento.

Andò subito alla 387. Si fermò, indugiò vari minuti, giocherellando con il battiporta. Alla fine si decise e, dopo un sospiro, bussò.

Toc, toc, toc.

Dall’interno, prima silenzio. Poi un ragazzo, bruno, si alzò e andò ad aprire, trovando però nessuno davanti a lui. “Che strano” pensò “sarà stato qualcuno che si era sbagliato.”

Ma Buffy non aveva sbagliato porta, solo non aveva avuto il coraggio, pensava, mentre fissava rapita l’oceano dal ponte della 3a classe.

“Ehi. Attenta. Non vorrai mica cadere giù.” disse una melodiosa voce che aveva aspettato con trepidazione dall’ultima volta che l’aveva sentita.

La ragazza si voltò con rapidità.

“Spike! Che...”

Il biondo si avvicinò e le accarezzò la mano.

“Continua” le disse con dolcezza.

“Che bello vederti. Mi sei mancato.”

Un sorriso paradisiaco illuminò il volto del ragazzo, accentuandone i fini lineamenti.

“Anche tu, Buffy...anche tu.”

I due chiacchierarono per ore e ore, ridendo e scherzando, finchè Buffy non dovette tornare in camera per evitare che i suoi parenti tornassero dal ballo prima di lei.

 

[WIP]