Fanfiction
ospitata per gentile concessione del Bloodylove in attesa di
riuscire a rintracciare l'autrice.
IL
GIOCATORE D’AZZARDO
Di Francesca82
PROLOGO
… L’uomo misterioso e affascinante
porse la mano a Buffy e la luce sicura di quei caldi occhi azzurri le lanciò un
ammonimento. Con il cuore che le batteva furiosamente, Buffy lo guardò captando
il suo ordine silenzioso; pose la sua piccola mano in quella di lui, tremando,
mentre l’uomo l’attirava a se. Un braccio muscoloso le circondò la vita e lui
le pose un bacio leggero sui folti capelli biondi. “Buffy, non aver paura, avrò
cura di te per sempre”, mormorò con voce profonda e melodiosa. Con un dito
sollevò il piccolo mento. Lui abbassò la testa castana, sorridendo felice
mentre il morbido corpo di lei si fondeva in quello magro e slanciato di lui.
Poi la sua bocca dal taglio sensuale schiuse quella di lei…
“Vai a Tahoe per una vacanza?”, chiese
la ragazza seduta accanto a Buffy, distogliendola da quelle meravigliose
fantasie. “Oppure lavori lì?”
Con un silenzioso sospiro di rimpianto
Buffy si costrinse a tornare alla realtà e distolse lo sguardo dal finestrino
dell’aereo. Buffy le rivolse un sorriso amichevole e rispose alla domanda: “Non
lavoro lì, ma non sono neppure in vacanza. Vado a passare l’estate con mio
padre.”
La biondina inarcò le sopracciglia.
“Oh deve essere pieno di soldi se si può permettere di trascorrere tutta
l’estate a Tahoe.”
Sorridendo con indulgenza Buffy scosse
la testa in senso di diniego. “In effetti lui vive vicino al lago Tahoe perché
dirige il casinò di un albergo, il Cedars.”
“Oh, che bello! Sarebbe talmente
meraviglioso per me conoscere qualcuno che lavora lì. Mi chiamo Anya Jenkins,
sono una cantante e sicuramente morirei di gioia se avessi l’opportunità di
cantare in un albergo come quello. A proposito come ti chiami? Non me l’hai
ancora detto.”
“Io sono Buffy Giles.” Buffy
incuriosita le chiese da quanto facesse la cantante. “Sono ormai cinque anni,
all’inizio cantavo in postacci dove tutti erano ubriachi. E ora che ho
venticinque anni sto aspettando l’ingaggio della mia vita: farei qualunque cosa
per essere una diva affermata.”
“Allora ti auguro buona fortuna.”
Buffy si sentiva decisamente più matura, ma anche meno sognatrice a ventun anni
di quanto lo fosse Anya.
“Ho bisogno di qualcosa di più della
fortuna però. Dovrei conoscere qualcuno in uno degli alberghi, uno come tuo
padre…” concluse con fare allusivo.
Buffy rifiutò di cogliere il
suggerimento, anche se a suo padre avrebbe fatto piacere conoscere Anya. Mentre
ricordava tutte le giovani donne simili alla cantante che aveva visto accanto a
lui nel corso degli anni, il terrore al pensiero dell’estate che l’aspettava a
Tahoe la colse di nuovo. Era così ogni anno. Mentre sua madre Joyce, il
patrigno e la loro figlia Dawn trascorrevano l’estate a Los Angeles, lei veniva
spedita nel Nevada per trascorrere più di due lunghi mesi con un uomo che
conosceva appena, e per il quale non aveva neanche il minimo rispetto
nonostante fosse suo padre. Lei non voleva andare, ma suo padre, Rupert Giles
che le inviava il denaro per gli studi universitari, l’aveva informata che non le
avrebbe fornito l’occorrente per la scuola se non fosse andata da lui.
Non sapeva perché la volesse visto che
non le dedicava mai molta attenzione. Suo padre era un irresponsabile giocatore
d’azzardo e un amabile scapestrato, anche se dal suo aspetto composto e con
quegli occhialini non lo dimostrasse.
Ma per quanto odiasse andare lì, era
costretta ad ammettere che dovevo essere uno dei posti più belli del mondo. Il
lago blu zaffiro era racchiuso in un bacino fra i monti della Sierra Nevada
proprio sul confine tra Nevada e California. Le colline che circondavano le
acque limpide come un gioiello erano ricoperte da foreste di pini e cedri e a
lei sembrava di immergersi in un sogno; peccato che vivere accanto a suo padre
non lo sarebbe stato.
CAPITOLO I
L’atterraggio avvenne senza problemi e
nel giro di poco tempo si trovò al Cedars.
Davanti alla porta di mogano
dell’ufficio del padre fece una breve pausa e, con la mano già appoggiata sulla
maniglia di ottone, si voltò a guardare il casinò, mentre un’espressione
perplesssa le sconvolgeva il volto dai lineamenti delicati. Cosa mai al mondo
poteva esserci di tanto affascinante in una pallina che girava in tondo su una
ruota da roulette? Non riusciva proprio a capire l’interesse per il gioco
d’azzardo. Entrò e la prima persona che vide fu Jenny Calendar, che negli
ultimi dieci anni era stata la segretaria di suo padre, era l’unica che era
riuscita a stabilire con lui un rapporto permanente da quando aveva divorziato
da sua madre. Il suo primo pensiero fu che Jenny era troppo buona per lui.
Sulla trentina avanzata, aveva capelli castani, una figura snella e giovanile:
era attraente, ma aveva anche qualcosa in più, personalità e calore.
Appena la vide, Jenny corse ad
abbracciare affettuosamente Buffy. “E’ bello rivederti cara, sei diventata una
giovane e bella donna. Rupert sarà sorpreso quando vedrà quanto sei cresciuta!”
Il sorriso di Buffy si smorzo
leggermente, dubitava che suo padre si sarebbe accorto di lei.
Pur essendo una donna intelligente,
Jenny era cieca nei confronti delle debolezza di Rupert. Era una di quelle
persone buone e sincere e si meritava un’esistenza sicura con un marito che
l’amasse veramente e dei figli. Che purtroppo non avrebbe mai trovato con suo
padre.
“Non pensavo di trovarti ancora qui, Jenny”
mormorò Buffy d’istinto “Speravo, per il tuo bene, che saresti andata via. Non
voglio sembrarti scortese, ma so che ami mio padre da quando iniziasti a
lavorare per lui. So aveste un breve flirt, e che quando lui iniziò ad uscire
con un’altra, lo amavi ancora troppo per lasciarlo.” “Quello che è accaduta tra
noi appartiene al passato ed è stato dimenticato. Non ti devi preoccupare per
me.”
Buffy non si diede per vinta. “Perché
sprecare tutta la vita per un uomo come mio padre? Lui non cambierà mai. Non
capisco come tu possa sopportare di vederlo uscire con tutte quelle ragazze!”
“Non ti sei mai innamorata, Buffy?”
replicò Jenny “Quando avrai trovato l’uomo che penserai di poter amare per
tutta la vita, credo che allora comincerai a capire. L’amore non si può
chiudere come se fosse un rubinetto. E’ un sentimento tenace che riesce a
sopravvivere a tante prove, anche terribili. Ma questo lo scoprirai quando ti
sarai innamorata…”
“Allora spero che non mi succeda mai”,
rispose arrabbiata Buffy. “E se dovesse accadere, non sarà mai con un uomo come
mio padre, che prende sempre e non da mai nulla in cambio. Voglio innamorarmi
di un uomo che, insieme al suo amore, mi dia anche una sicurezza affettiva. Se
non riuscirò a trovare qualcuno così, allora non mi innamorerò mai.”
Sorridendo con tenerezza Jenny scosse
la testa. “Sei così giovane Buffy, non sai ancora che non siamo noi a scegliere
la persona giusta della quale innamorarsi. A volte succede e basta.”
Buffy stava per replicare quando entrò
suo padre. “Sono felice di vedere che sei arrivata sana e salva, Buffy.” E la
gratificò con uno di quegli strani, incerti sorrisi. “Hai fretta di andare a
casa, Buffy? Vorrei che tu portassi da bere ad alcuni ragazzi al tavolo
privato. Due delle nostre cameriere del bar sono fuori servizio oggi e siamo a
corto di mano d’opera. Non ti secca farlo, vero?”
Buffy sospirò silenziosamente. Le dava
fastidio, certo, ma questo non significava nulla; almeno lei non avrebbe dovuto
indossare una di quelle minuscole uniformi che indossavano le cameriere sul
lavoro.
“Come va in quella saletta?” chiese
Jenny, “Hanno giocato tutta la notte, vero? Quando finirà?”
“Presto”Rupert era sardonico nella
risposta. “Non credo che il giovane erede dei giacimenti di petrolio sia più così
entusiasta di diventare un professionista del gioco d’azzardo. Spike lo ha
praticamente ripulito!”
Quando Buffy arrivò, non fu sorpresa
nel notare che nessuno dei cinque uomini seduti al tavolo nella saletta privata
alzò lo sguardo su di lei. Lei li osservò con distacco: cravatte costosissime
allentate, colletti sbottonati, capelli arruffati, per lei avevano tutti lo
stesso aspetto, eccetto…
Doveva ammettere che l’uomo dai
capelli chiari, sulla trentina, seduto al lato estremo del tavolo, sembrava un
tantino più accettabile degli altri.
I giocatori d’azzardo erano uomini
duri, freddi e totalmente privi di emozioni e questo, secondo la sua opinione,
li rendeva praticamente inutili come esseri umani.
Mentre gentilmente chiedeva ad ognuno
quale fosse la sua ordinazione, quelli continuavano a fissare le carte e
nessuno si prese la briga di ringraziarla.
Anche se aveva fretta di fuggire da
quella stanza satura di fumo, si rese conto di aver servito solo quattro
bibite, mentre al tavolo c’erano cinque giocatori. Poiché si trovava in piedi
accanto all’uomo biondo, si chinò sulla sua spalla: “Mi scusi signore, ma non
mi hanno dato nulla per lei”, mormorò cortesemente, “desidera bere qualcosa?”
Lui alzò pigramente il capo e lei notò
un leggero velo di barba sulla mascella forte, ma non fu certo quello a
turbarla! Fu piuttosto il luccichio di apprezzamento che brillò negli occhi di
lui mentre scorrevano sul suo corpo snello, soffermandosi poi sulla bocca.
Quando lei arrossì, l’uomo le sorrise:
una cosa che non aveva mai visto fare ad un giocatore impegnato in una dura
partita.
“Credo che prenderò del caffè”, disse
alla fine, con voce profonda e melodiosa. “Grazie riccioli d’oro.”
Le guance di lei divennero ancora più
calde. “Il mio nome è Buffy”, sussurrò lei, “e preferisco essere chiamata
così.”
“Io preferisco chiamarti riccioli
d’oro”, ribatté lui con un sorriso provocatorio. “E ora che ne pensi di quel
caffè, riccioli d’oro?”
“Si accomodi pure”, rispose irritata.
“Il bollitore del caffè è proprio dietro di lei.”
Mentre le sopracciglio dell’uomo si
inarcava per la sorpresa, suo padre intervenne.”Per l’amor del cielo, Buffy,
versa una tazza di caffè a Spike. Non vedi che è nel bel mezzo di una partita?”
Allora Buffy per evitare discussioni
inutili gli porse il caffè e notò che grazie ai tre assi che Spike teneva in
mano, avrebbe sicuramente vinto.
“Grazie dolcezza” le sussurrò Spike,
con voce profonda addolcita da una sfumatura di divertimento. “Spero di non
aver causato troppi problemi.”
Senza perdere tempo a rispondere,
Buffy si avviò verso la porta; ma prima di aprirla si sentì costretta a
guardarsi indietro. Il calore invase nuovamente le sue guance quando si accorse
che Spike la guardava attentamente con negli occhi quella strana luce di
apprezzamento. Stringendo le labbra alzò il mento, aprì la porta e uscì. Fuori,
nel corridoio, si fermò aggrottando la fronte e pensò che, a parte i capelli
biondi, l’enigmatico Spike assomigliava in tutto e per tutto all’uomo dei suoi
ricorrenti sogni ad occhi aperti.
Più disturbata da questa
considerazione di quanto volesse ammettere anche con se stessa, proseguì
lentamente. Poi scosse la testa, con determinazione. Probabilmente non avrebbe
più rivisto quell’uomo e anche se così fosse stato, non avrebbe fatto alcuna
differenza. Aveva deciso tanto tempo prima di non farsi irretire da un
giocatore d’azzardo e Spike non avrebbe certo costituito un’eccezione.
CAPITOLO II
Uno dei croupier del casinò,
momentaneamente fuori servizio, accompagnò Buffy a casa, che distava solo un
chilometro dall’albergo, ma la strada era stretta e tortuosa.
Nascosta da una fila di pini alti e
maestosi, l’abitazione in legno, somigliante a un cottage, guardava il lago; la
proprietà si estendeva, lungo un sentiero ombreggiato, fino a una graziosa
insenatura chiusa da scogli affioranti.
Con grande gioia di Buffy, c’era un
breve tratto di spiaggia dove lei passava la maggior parte del tempo, nuotando
nell’acqua fredda e tonificante, oppure semplicemente seduta sulla sabbia
tiepida, a sognare ad occhi aperti. Quando era stanca, faceva lunghe
passeggiate lungo i sentieri che s’inerpicavano sui pendii ai lati delle strade
secondarie. Preferiva passare tutte le vacanze da sola. Quello era il suo
paradiso, ma anche il suo inferno, non avendo altre alternative di vacanza.
Buffy entrò in casa e chiamò ad alta
voce: “Willow!” Ci fu uno sbatacchiare di pentole in cucina. Poi una donna
esile, dai capelli color del fuoco, sui cinquanta anni aprì la porta e con un
ampio sorriso disse: “Buffy! Bentornata a casa!”, abbracciandola calorosamente.
Nonostante la grande differenza di età
Buffy considerava Willow Rosenberg, la governante nella casa del padre, la sua
più cara amica: con lei poteva confidarsi e sentirsi al sicuro, a casa.
Le due si diressero nella camera della
ragazza, parlando di cosa era accaduto durante la loro lontananza. Qui Buffy
frugò in una delle valige alla ricerca del suo bikini, in tessuto jeans, ed
entrò in bagno per una doccia rinfrescante. Finito iniziò a togliere le
numerose mollette che tenevano fermi i suoi capelli; pesanti ciocche dorate
caddero sulle sue spalle, fino a raggiungere la vita.
“Bene”, disse prendendo il libro che
stava leggendo e un flacone di olio protettivo per la pelle.“Ho una grandissima
voglia di farmi una nuotata, quindi vado giù alla spiaggia. Ma tornerò in tempo
per cambiarmi per la cena.”
Un poco più tardi, sul viottolo
stretto e tortuoso che conduceva alla spiaggetta, attraverso una fila di pini
che arrivavano fino a riva, Buffy si fermò, godendo del silenzio rotto solamente
dal rumore dei rami carichi di pigne e dalle rare limpide note del canto di un
uccello. Poi proseguì e scese gli irregolari scalini di pietra levigata che
portavano alla radura.
Respirando a pieni polmoni quell’aria
fresca e dolce adagiò il telo da spiaggia sulla sabbia fine e vi si sdraiò,
pensando di prendere un quarto d’ora di sole prima di fare il bagno.
Stava sdraiata da pochi minuti, mezza
addormentata, quando si accorse che il sole non batteva più così intensamente
sulle sue palpebre chiuse. Socchiuse piano piano i suoi occhi verdi che si
dilatarono per la meraviglia, mentre vagavano da un paio di lunghe gambe
muscolose ai dei fianchi stretti cinti da un costume da bagno bianco e poi ad
un petto ampio e muscoloso, coperto da una polo azzurra e infine su, ad
incontrare un altro paio d’occhi un po’ divertiti. Quell’uomo che la sovrastava
sorrise, mettendo in mostra le guance lisce e gli angoli della bocca dalla
curva sensuale.
Con un piccolo sospiro di sorpresa,
Buffy si sedette bruscamente, mentre lui si lasciava cadere in ginocchio
sull’asciugamano accanto a lei. Istintivamente la ragazza incrociò le braccia
sul seno, poi riuscì a recuperare rapidamente il controllo sufficiente per
fissare con astio il giocatore d’azzardo Spike. Lui passava pigramente le sue
lunghe dita tra i capelli biondi e non sembrava affatto accorgersi
dell’espressione indignata di Buffy. Era troppo occupato a percorrere col suo
sguardo pungente la figura di lei, dalla massa scintillante dei capelli dorati
che le incorniciavano il volto delicato, alle caviglie sottili, sino ai
graziosi piedini.
Quando i suoi occhi azzurri incontrano
nuovamente quelli di lei, le guance di Buffy divennero di porpora. Lui sorrise
con indulgenza e disse dolcemente: “Ciao, riccioli d’oro.”
L’indignazione accese ancora di più il
colore delle sue guance. “Mi può chiamare Buffy, oppure signorina Giles”, disse
troppo pudicamente. “Ma desidero che non mi chiami più con quel nomignolo!”
“Peccato, perché a me piace, ma se vuoi ti posso chiamare dolcezza o
passerotto.”
Buffy si mosse un po’ a disagio
sull’asciugamano, perché non aveva idea di come trattare quell’uomo. Non le
piaceva il turbamento che lui creava in lei e che la lasciava senza fiato e
desiderava ardentemente che se ne andasse e la lasciasse in pace.
“Cosa fa lei qui?”, chiese alla fine,
bruscamente. “Questa è una spiaggia privata.”
“Non credo che a Rupert dispiaccia che
io sia qui.” La voce di Spike era calma. “Sai, dolcezza, non sei per niente una
ragazza socievole.”
“Mia madre mi dice sempre di non
parlare con gli estranei”, ribatté lei in tono tagliente, spostandosi il più
possibile sul bordo dell’asciugamano. “E dato che non la conosco…”
“Spike Lodoby”, si presentò con
noncuranza. “E non sono veramente un estraneo, no? Perlomeno conosco tuo
padre.”
Questa è la ragione principale per cui
vorrei evitarti, avrebbe voluto rispondergli lei, ma alzò invece il mento in
segno di sfida e gli chiese sostenuta: “Perché non va da qualche parte a
dormire? Pensavo che fosse esausto dopo aver passato tutta la notte al tavolo
da poker.”
Spike accarezzò la linea forte del suo
mento rasato di fresco. “Ero stanco finché non sono uscito sul mio balcone e
non ti ho visto quaggiù sulla spiaggia. Ho deciso allora che avrei fatto un
bagno.”
“Abita vicino?” chiese dolcemente
Buffy, ignara della nota di sgomento nella sua voce. “Così vicino da vedere
questa insenatura dal suo balcone?”
Girandosi lui guardò tra gli alberi
verso destra della proprietà del padre di Buffy. “Abito nel cottage in legno di
cedro su quello stretto promontorio.”
Mentre parlavano, lui sollevò nella
mano una manciata di sabbia per poi farla lentamente scendere tra le sue dita
magre. Buffy fissava le mani di Spike, i professionisti del gioco d’azzardo che
aveva conosciuto nel corso degli anni portavano vistosi anelli di diamanti, ma
le sue dita erano, grazie a Dio, assolutamente nude. In effetti lui era diverso
dai giocatori che aveva incontrato fino ad allora. C’era troppo calore in
quegli occhi blu così privi di emozioni fino al momento in cui, durante quel
pomeriggio, l’aveva notata. Tuttavia i giocatori non riuscivano ad accendere e
spegnere quello sguardo freddo a volontà. Fissavano invece la gente con sguardo
sempre glaciale e indifferente, e il solo fatto che Spike fosse diverso bastava
a renderla curiosa nei suoi confronti.
Mentre lo fissava, la fronte
aggrottata per la perplessità , improvvisamente si rese conto che anche lui la
fissava intensamente. Arrossì di nuovo e distolse velocemente lo sguardo.
“Allora vuoi passare tutto il
pomeriggio sdraiata qui al sole, rovinando con una scottatura quella bella
pelle liscia, oppure desidereresti fare una nuotata?”
“Credo che lei dovrebbe andare a
dormire”, ribatté nervosamente Buffy. “Specialmente se stasera pensa di giocare
nuovamente a poker.”
“Ma io non ci penso affatto! Io lascio
sempre passare un giorno o due tra le partite impegnative. Quindi, andiamo a
fare questo bagno?”
“Si accomodi”, mormorò lei senza
guardarlo, “credo che io rimarrò qui ancora un po’ prima di entrare in acqua.”
“Allora, cosa vuoi fare? Se hai un
mazzo di carte potremmo giocare a strip-poker.”
Buffy voltò bruscamente la testa per
fissarlo stupita, gli occhi dilatati dalla sorpresa. Ma non poté capire se
parlava sul serio oppure scherzava, perché il suo sguardo era nuovamente velato
da quella fredda luce blu acciaio.
Doveva trovare un modo di liberarsi di
quell’uomo prima che le rovinasse completamente la giornata..
Il cuore già le batteva
freneticamente, e più lui si avvicinava, più forte le battevano le vene delle
tempie. Non era solo il fatto che lui si comportasse diversamente dai giocatori
che conosceva a turbarla. Lui era così straordinariamente virile che lei non
riusciva a rilassarsi, dal momento che era sola con lui, in quella insenatura
così appartata.
Il suo sguardo impacciato evitò il
petto poderoso e lei inghiottì con difficoltà. “Perché intanto non va lei a
farsi una nuotata? Non c’è bisogno che mi aspetti”, disse debolmente. “A me
piacerebbe leggere ancora un po’.”
“Io credo che dovremmo fare qualcosa
insieme, e certamente non possiamo leggere contemporaneamente lo stesso libro.
A meno che…” continuò allungando la mano verso il romanzo francese appoggiato
all’asciugamano, “…ci siano delle scenette d’amore molto piccanti che tu pensi
sia interessante leggere in due…”
Con una protesta sulle labbra, Buffy
allontanò bruscamente la mano di lui, prese il libro e lo nascose sotto un
lembo dell’asciugamano. “Perché mai potrei desiderare di leggere scenette
piccanti con lei anche se ci fossero davvero?”
Una luce indecifrabile si accese nei
vivaci occhi di Spike. Lui alzò la mano e accarezzò con il dorso la guancia
accaldata di lei. “Non ti accorgi quando ti si prende in giro, dolcezza?”
chiese dolcemente.
Lei si sentì una sciocca. Mordendosi
il labbro inferiore lo guardò, indecisa se scusarsi per essersi comportata come
un’adolescente oppure se lasciar cadere il discorso. Spike decise per lei.
Alzandosi in piedi con agilità di un puma, le tese la mano e la tirò in piedi,
accanto a se. Poi la condusse verso l’acqua che si rompeva appena in piccole
onde, premendo con le dita nell’incavo della sua schiena per farla avanzare.
Lei tremò a questo contatto così
intimo e s’inoltrò nell’acqua, soprattutto per sfuggire a quel tocco sensuale.
Annaspando mentre l’acqua fredda le
avvolgeva la pelle sensibile delle gambe, non perse tempo a pensarci su e si
tuffò. Riemergendo per respirare, scivolò nell’acqua limpida in bracciate
veloci ed eleganti finché il suo corpo non cominciò a riscaldarsi.
Spike nuotava a poca distanza, con
stile perfetto e Buffy, mentre pigramente si teneva a galla, lo osservò con la
coda dell’occhio. Quando capì che lui non si sarebbe avvicinato, si rilassò e
si distese sulla schiena per assaporare i raggi caldi del sole.
Passarono circa quindici minuti in cui
lei fu completamente sola. Poi improvvisamente, la pace si spezzò:
automaticamente Buffy respirò profondamente mentre due mani forti l’afferravano
per le caviglie e la tiravano senza tante cerimonie sott’acqua.
Senza paura lei si rilassò completamente
finché quelle stesse mani le circondarono la vita.
Allora lottò spingendo le mani sul
petto di Spike mentre riemergevano insieme. Poteva sentire il battito regolare
del cuore di lui, e poteva vedere, dal sorriso pigro e sensuale che gli piegava
la bocca volitiva, che i suoi sforzi per sfuggirgli non lo avevano turbato
affatto. Si rilassò, permettendogli di tenerla a galla insieme a lui, mentre
fendeva l’acqua.
“Adesso va meglio, non ti pare?”,
chiese Spike con voce bassa, lo sguardo posato sulla curva invitante del seno
di lei.
“Dovresti rilassarti più spesso,
dolcezza. Sei una ragazzina così seria e compita.” Lei non trovò risposta e,
quando le dita di lui si allargarono per cingerle un fianco, si irrigidì e
iniziò nuovamente la sua inutile lotta. Nello scalciare le sue gambe si
intrecciarono per caso con quelle di lui e il contatto con quelle cosce le fece
mancare il respiro. Una vampata di calore percorse il suo corpo e arrossì
intensamente.
Spike avvolse gentilmente i capelli di
lei intorno alla propria mano, facendole inclinare indietro il corpo. Il colore
dei suoi occhi si incupì fino a diventare come quello, zaffiro scuro,
dell’acqua in cui erano immersi.
“Sei incantevole piccola ingenua,
riccioli d’oro”, mormorò lui con voce roca, mentre abbassava la testa.
Prima che lei riuscisse a capire
quello che le stava accadendo, la bocca ferma di lui scese gentilmente sulla
sua.
Una mano le pigiava sulla nuca, mentre
con il braccio lui le circondava la vita, stringendola a sé.
Lei si sentì nuovamente invasa da
un’ondata di calore e dischiuse leggermente le labbra per sentire la punta
della lingua di lui toccare la sua.
Con un piccolo sussulto si staccò da
lui, nuotando freneticamente verso la spiaggia.
Una volta giunta al suo asciugamano,
si buttò su di esso a faccia in giù, tremando violentemente, poi di nuovo
s’irrigidì nel sentire Spike che si adagiava accanto a lei, toccandole una
gamba con la sua coscia muscolosa. Buffy non sapeva cosa dire né fare. Aspettò
che fosse lui a fare la prima mossa, ma dopo qualche minuto non sentendolo
muoversi, si girò.
Lui era sdraiato sulla schiena accanto
a lei. Con gli occhi chiusi, gli sembrò rilassato in maniera esagerata, finché
non si accorse del suo respiro lento e regolare. Dormiva. La bocca di Buffy si
spalancò dalla sorpresa mentre osservava quel volto attraente.
Era davvero un tipo impossibile. Come
poteva corteggiarla come aveva fatto per poi addormentarsi come se niente
fosse, mentre lei aspettava almeno una parola di scusa!
Buffy scattò in piedi, gli occhi accesi
dall’indignazione, mentre raccoglieva il suo accappatoio.
Senza guardare indietro, attraversò la
spiaggetta e salì i gradini di pietra lasciandolo profondamente addormentato
sul suo asciugamano.
CAPITOLO III
Due giorni dopo, il giovedì mattina,
Buffy era seduta al tavolo del soggiorno, intenta ad osservare il padre.
Solitamente si scambiavano poche informazioni l’uno dell’altro riguardanti il
tempo passato lontano; anzi a pensarci bene era solo lei a parlare per
raccontargli della scuola.
Quella mattina, tuttavia, fu diverso.
Quando il padre posò la tazza di the che stava bevendo, beneficiandola di uno
dei suoi rari sorrisi, lei non riuscì più a contenere la curiosità. Chiese
impulsivamente: “Cosa ne sai di Spike Lodoby?”
“Spike?” Rupert pulì pensieroso i suoi
occhiali, poi alzò le spalle. “Credo di non sapere molto su quell’uomo.”
Buffy sperava che lui le dicesse quel
poco che ne sapeva e, impaziente, gli suggerì: “Allora, dimmi quello che sai.”
“Spike è uno di quegli uomini misteriosi
che capitano a volte qui a Tahoe. Nessuno sa niente di lui. Naturalmente le
voci sono tante. Quasi tutti credono che abbia fatto il giro delle case da
gioco d’azzardo europee prima di arrivare qui, ma non ho mai sentito nessuno
dire di averlo incontrato in quell’ambiente. Un paio di giorni fa sono arrivati
dei ragazzi da Montecarlo, e lì non l’hanno mai visto.”
“Capisco”, disse Buffy soprappensiero.
“Cosa vuol dire questo? Che ha appena iniziato a fare il professionista?”
“Non credo sia un novizio. E’ troppo
freddo, controllato. Se avesse appena iniziato a fare il professionista,
s’impegnerebbe per crearsi una reputazione. Si sarebbe accertato di far parte
di ogni partita importante. Invece ne perde parecchie. La metà delle ragazze
scritturate per gli spettacoli al Cedars darebbe lo stipendio di un mese per
sapere qualcosa in più su di lui.”
Buffy era incapace di nascondere il
suo interesse. “Vuoi dire che non è mai uscito con una delle ragazze?”
“Una o due, ma non sono riuscite a
sapere nulla. E’ un tipo piuttosto solitario. Ma come mai sei così interessata
a lui, dopo averlo visto una sola volta al casinò?”
“Effettivamente l’ho rivisto”, mormorò
Buffy. “Mentre ero alla spiaggia, martedì pomeriggio, lui mi ha raggiunto e
abbiamo parlato un po’.”
Brice strinse la mascella. “Non è
stato un incontro casuale, dato che non c’è nessun passaggio aperto tra le
nostre spiagge. Suppongo che ti abbia vista dal suo balcone e che si sia preso
il disturbo di attraversare il bosco solo per parlarti! Perché lo ha fatto?!”
“Veramente non so perché”, rispose
stupita dalla veemenza di suo padre.
“Ti ha chiesto di uscire con lui,
Buffy? Se lo ha fatto spero tu abbia rifiutato!”
“Non mi ha chiesto niente, ma se lo
facesse, perché dovrei rifiutare? Pensavo ti piacesse.”
“Mi è simpatico, ma deve avere almeno
dieci o undici anni più di te.”
“Ma la differenza d’età non è poi così
grande e non è un ostacolo.”
“Non si tratta solo di questo, ma
anche del diverso tipo di esperienza, lui è abituato a donne più sofisticate di
te.”
Lo sai, non ha molto senso quello che
stai dicendo. Dici che non dovrei farmi coinvolgere da lui, ma Spike è come
te!”
“Esattamente” rispose il padre. “Ed è
per questo che sono sicuro di quello che dico. Non vorrei che ti facesse del
male, come io ne ho fatto a tua madre. Se mi vuoi scusare ora devo andare.”
Buffy lo fissò mentre usciva, ancora
incapace di stabilire se avesse udito esattamente ciò che aveva detto. Suo
padre si sentiva in colpa! Forse lui non era così superficiale come lei aveva
sempre creduto. Non le aveva mai mostrato molto affetto e lei aveva quindi
creduto che non avesse sentimenti. Ora iniziava a dubitare che in quella
corazza, in cui lui si rifugiava, non vi fosse forse una piccola apertura.
Più tardi espose questo dubbio a
Jenny, che era passata da casa per prendere alcuni documenti.
Jenny sempre pensierosa rispose ai
suoi mille quesiti. “Tuo padre ti ama, forse non riesci a capirlo, perché non
riuscite a comunicare. Penso che lui sia molto timido. A volte siete proprio
simili, vi chiudete in voi stessi e non esprimete i vostri sentimenti.”
“Mio padre!”, fece Buffy incredula.
“Non posso credere che lui sia timido. Se lo fosse non potrebbe dirigere un
casinò, né aver avuto tante donne nella sua vita.”
Jenny scosse la testa. “Ma quello che
dici non è necessariamente vero. C’è gente che conduce una vita estremamente
superficiale, perché è troppo timida per donarsi completamente ad un’altra
persona. E’ molto più sicuro non farsi coinvolgere, ma ciò significa vivere una
vita molto solitaria. Tuo padre è un uomo molto solitario, che tu te ne renda
conto o meno.”
Buffy non poteva discutere con lei.
“Bene, ora devo proprio andare”, disse
Jenny. “Sai, Buffy, sei una ragazza molto dolce. Credo che ti presenterò a mio
fratello. Arriva domani e passerà con me due settimane; forse tu e lui potreste
tenervi compagnia mentre sarete qui. Si chiama Xander. Ha ventisette anni e
crede suo dovere controllarmi. Mi tormenta continuamente perché io lasci Tahoe
e Rupert e tenti di costruirmi una vita più sicura altrove. Ti prego tienimelo
un po’ occupato; alla lunga i suoi consigli sono stancanti.”
Buffy accettò senza particolare
entusiasmo.
Quel pomeriggio Buffy decise di
esplorare i pendii boscosi che salivano la strada secondaria. Cercava i fiori e
le piante selvatiche di cui tanto le aveva parlato la cara Willow, secondo la
quale erano perfetti sia nella preparazione di ricette che per rimedi contro le
malattie.
Riuscì a trovare molte varietà di
fiori, dalle violette, ai fiori a forma di stella celesti che tanto le
ricordavano il colore del lago. A un certo punto vide con la coda dell’occhio
una macchia di giallo che faceva capolino attraverso il sottobosco davanti a
lei. I suoi occhi si dilatarono per l’eccitazione, mentre pensava di aver
trovato il raro giglio del leopardo. Senza curarsi dei rami che le frustavano
le gambe nude, si fece largo tra i cespugli, entusiasta. Ma mentre allungava la
mano per prenderli, vide qualcosa strisciare sul terreno.
Il terrore si impadronì di lei.
Cercando di scappare una lunga ciocca di capelli le si impigliò in un ramo. Non
potendo fuggire si guardò intorno, temendo di vedere un’intera famiglia di
rettili velenosi, ma niente. Quando si fu liberata completamente si arrampicò
velocemente fino al sentiero, lottando contro i cespugli che le impedivano il
cammino e cercò di mettere più distanza possibile tra sé e il ributtante
animale. E, per aggiungere vergogna al dolore, inciampò su una radice sporgente
che non aveva visto nella rapida e poco dignitosa fuga.
Imprecando tra se cadde in ginocchio,
battendo le mani e le ginocchia sul terreno. Si rialzò e si guardò la gamba
destra graffiata, attenta a non sporcare i suoi corti short. Ormai, più
irritata che spaventata, scansò con il dorso della mano una ciocca spettinata
dalla fronte ,avviandosi verso un ruscello. Cercò di pulirsi alla meglio le
ferite e dovette trattenere il fiato per il bruciore.
Accaldata e innervosita scese lungo il
sentiero, raggiungendo la strada a circa due chilometri dalla casa del padre.
Aveva zoppicato lungo la strada
tortuosa per circa duecento metri, quando una macchina dietro di lei rallentò.
Si voltò, ma il sole accecante le fece socchiudere gli occhi. Non riconobbe
quindi l’uomo che guidava, finché non le si affiancò.
“Sai, dolcezza, hai l’aspetto di chi
ha bisogno di essere salvata”, dichiarò Spike, sorridendole con aria indolente.
“Ti interessa un passaggio fino a casa?”
Mentre lui fermava
Dopo la sua disavventura nei boschi,
era stanca e non aveva nessuna voglia di fare anche solo un altro passo. Eppure
si chiedeva se fosse una cosa saggia andare da sola in macchina con ‘lui’:
Spike poteva essere un uomo pericoloso.
Alla fine si decise, aprì la portiera
e salì in macchina. Le sue guance le si tinsero di rosa nell’incontrare lo
sguardo eloquente degli occhi blu di lui.
Perché mai doveva essere così lindo
nei suoi calzoncini bianchi da tennis e maglietta di cotone anch’essa candida ,
quando lei sembrava un giocattolo sbattuto qua e la da un gatto?
Mentre con gli occhi socchiusi lui
faceva scorrere lo sguardo sul suo corpo teso, senza alcun ritegno, lei chinò
velocemente gli occhi incapace di subire un esame così attento.
“Non sapevo che in questi boschi ci
fossero anche degli orsi grizzly.” Le disse Spike. “E non avrei mai creduto
fosse tra le tue abitudini lottare con loro.”
“Veramente divertente”, mormorò Buffy
sulla difensiva, cercando di risistemarsi i capelli arruffati. Alzando il mento
in gesto di sfida, fissò Spike con arroganza. “Spero solo che la tua guida non
mi faccia desiderare di stare davvero lottando con un grizzly. Dato che non ti
da fastidio azzardare con i tuoi soldi, spero che tu non abbia la stessa
mentalità anche per quello che riguarda la tua vita, e spero proprio che tu non
guidi come un matto.”
Lui ridendo le disse:”Ti assicuro che
sono un autista molto attento. Le lascio agli altri le acrobazie, io amo troppo
la vita.” “Ho l’impressione che non ti piacciano i giocatori d’azzardo”,
dichiarò infine, guardandola con intensa attenzione, gli occhi azzurri fermi
sul suo volto. “Oppure sono io che non t’interesso?”
“Sono i giocatori in genere”, rispose
onestamente Buffy.
“Non fare delle generalizzazioni
troppo affrettate”, l’ammonì Spike. “Non tutti i giocatori sono uguali. Io, ad
esempio, sarei felice se tu volessi conoscermi meglio, se tu me lo
permettessi.”
C’era una nota incoraggiante nella sua
voce profonda che le fece battere più veloce il sangue nelle vene. Mordendosi
il labbro inferiore strinse le mani in grembo, per fermare il ridicolo
tremolio, e fissò lo sguardo fuori dal finestrino.
Poi, quando
“Sì, è vero”, rispose lui laconico,
guardandola con il riso negli occhi. “Non mi guardare come se ti avessi rapito
per qualche scopo nefasto, dolcezza, ti sto solo portando a casa mia.”
“Ma io non voglio andare a casa tua!”
Disse lei a voce bassa, mentre il suo cuore batteva furiosamente in un
miscuglio di paura e di eccitazione. “Devo fasciare il ginocchio, sono ferita!”
Lui annuì, gettandole un’occhiata, ma
questa volta sulla sua coscia snella e levigata.
“Ho visto che sei ferita”, mormorò.
“Potremmo occuparci della cosa a casa mia.” “Non c’è bisogno che tu mi
ringrazi, sarò felice di giocare al dottore. Inoltre, ho il tuo libro e il tuo
asciugamano e suppongo che tu voglia riaverli.”
E’ un tipo incorreggibile, pensò Buffy
scuotendo la testa.
Lei lo guardò con astio ignorando le
sue parole, tanto era stupita dal modo apparentemente senza sforzo con cui lui
riusciva a suscitare in lei emozioni tanto violente. “Non ho dimenticato il
fatto che lei abbia il mio libro, signor Lodoby. Ne avevo letto solo metà,
vorrei sapere come finisce.”
“Io l’ho letto”, annunciò lui
bruscamente, incrociando gli occhi verdi di lei con l’azzurro dei suoi. “Anzi
l’ho preso proprio per questo scopo. Pensavo di scoprire la vera Buffy Giles.
Si può capire molto di una persona da quello che legge…”
“Davvero?!”, rispose lei spazientita.
“Adesso, ad esempio, so che tu sei
un’inguaribile romantica. Assomigli molto all’eroina del tuo romanzo, timida,
ma festosa e in cerca d’amore. E sono sicuro che l’uomo che cerchi assomiglia a
quello che ha trovato la tua eroina. L’eroe cupo e malinconico che non viene
compreso, ma che la salva dalle grinfie del suo falso amore Angel. Poi lui
ammette di averla amata in silenzio durante tutte le loro traversie, e ora la
vuole sposare e proteggere per il resto dei suoi giorni. E’ questo l’uomo che
cerchi, riccioli d’oro?”
Buffy era stupita e spaventata da
tanta perspicacia: le sembrava che Spike le avesse letto nel pensiero, come mai
nessuno prima, e poiché assomigliava all’uomo dei suoi sogni, almeno in
apparenza, quella capacità di capirla era a dir poco irritante. “Solo perché ho
letto qualche romanzo francese, non può desumere che io mi identifichi con le
eroine.”
“Dai, dolcezza, non mi dirai che non
stai cercando un tipo forte e sicuro di cui innamorarti.”
“Bene, anche se fosse?” Ribatté lei
decisa, scossa dalla carezza che lui le stava facendo. “Cosa ci sarebbe di
male?”
“Nulla”, rispose lui. “Ma non è
piacevole sapere che non mi includi nella categoria dei tipici eroi.”
Credendo di sentire una nota di
rammarico, Buffy lo guardò e gli disse: “Non c’è niente di personale, lei è
solo un giocatore d’azzardo e io…”
“E tu non ti fidi dei giocatori d’azzardo.”
Scosse la testa e sorrise maliziosamente, “Ti debbo forse ricordare che la
nostra eroina non si fidava neanche lei del nostro eroe. Ricordi? E’ solamente
alla fine che capisce di avere sbagliato il suo giudizio su di lui. Non credi,
quindi, di poter sbagliare in quello che credi di me?”
Nel frattempo arrivarono al suo
cottage in legno di cedro, sagomato a forma di ‘A’ maiuscola e circondato da
una fila di pini maestosi, senza che lei trovasse una risposta alla sua
domanda.
Nel scendere dall’auto aveva una
faccia così dubbiosa e sconcertata che Spike le chiese:”Cosa c’è che non va?
Credo che tu abbia paura di me, dolcezza.”
“Non è vero protestò lei, raddrizzando
le spalle. “Non ho motivo per aver paura. O no?”
“Nessuno, assolutamente.” Lui le prese
il braccio con la sua mano forte, per guidarla verso la porta.
Dopo quanto si erano detti, Buffy si
vide costretta a seguirlo docilmente. Ma, gettando uno sguardo al profilo
deciso di Spike, sentì la coscienza che le diceva che avrebbe fatto meglio a
darsi alla fuga attraverso i boschi, come se fosse inseguita dal diavolo
stesso.
CAPITOLO IV
L’interno della casa di Spike aveva un
suo fascino particolare. Le pareti rivestite in legno e il soffitto a volta,
intersecato da travi in legno di cedro, creavano un’atmosfera accogliente.
Un tappeto Navaho tessuto a mano nei
caldi colori marrone e ruggine copriva, in parte, il pavimento di parquet
davanti al camino di pietra. Il divano era tappezzato in tessuto patchwork nei
colori azzurro, marrone e ruggine, e aveva ai lati due poltroncine celesti. Una
massiccia scrivania antica dominava una delle pareti interne, sulle quali erano
disposte varie tele di artisti locali che raffiguravano paesaggi di montagna
della Sierra.
Spike condusse Buffy attraverso la
stanza verso il divano: la stretta della mano di lui sotto il suo gomito si
fece più forte, spingendola in avanti.
“Siediti”, le ordinò gentilmente,
mentre le dita ferme della sua mano ancora le stringevano la pelle sensibile
dell’incavo del braccio, per poi lasciarla finalmente libera. “Vado a prendere
il cofanetto del pronto soccorso per occuparmi del tuo ginocchio.”
Spike tornò nel giro di poco tempo con
un catino di ferro pieno di acqua tiepida saponata e aveva tutto l’occorrente
per un’ottima medicazione.
Si inchinò davanti a Buffy, che si
irrigidì e dovette respirare profondamente per il turbamento che provava nel
vedere così vicini quei capelli biondi. Lui tolse i residui di terra dalla sua
ferita. “Sto tentando di non farti male. E’ importante che puliamo bene questo
graffio, questo terriccio deve essere pieno di batteri.
“Lo so!” mormorò lei. Poi le si mozzò
il respiro nella gola e chiuse gli occhi nel sentire le dita di lui toccare
leggermente la pelle sensibile del ginocchio. Non aveva mai pensato che il tocco
di un uomo potesse essere così gentile. Un brivido di piacere, le percorse
tutto il corpo.
I suoi occhi ombrati dalle lunghe
ciglia si aprirono lentamente e lei dovette stringere le mani per evitare che
andassero a toccare i folti capelli di lui, mentre le spalmava un unguento
antibatterico sul ginocchio, coprendolo con una garza che fissò con un cerotto.
Quando Spike ebbe finito, invece di
alzarsi, rimase lì accanto a lei, lo guardo fisso nei suoi occhi.
Buffy sospirò inquieta, quando la mano
di lui si strinse sulla snella caviglia della gamba sana e quando iniziò a
tracciare una scia, per lei quasi di fuoco, sul polpaccio tornito.
Tremò visibilmente. Avrebbe dovuto
respingere quella mano, lei lo sapeva. Tuttavia non riusciva a trovarne la
forza. Quella carezza suscitava veri e propri rivoli di vivo fuoco nelle sue
vene e quella sensazione, fino ad allora ignota, era così piacevole che sentiva
un desiderio inebriante, che al contempo la spaventava, che quella carezza
continuasse per sempre.
Quasi impazzita per la luce ardente
nei profondi occhi azzurri di lui, lei sentì il desiderio folle di allungare la
mano per sfiorargli i folti capelli.
“Buffy”, mormorò Spike con voce roca,
poi imprecò sottovoce mentre un muoversi frenetico interrompeva quell’atmosfera
magica.
Si alzò in piedi, mentre un cane si
catapultava verso di lui, tremante dal piacere di rivederlo, emettendo piccoli
guaiti di gioia.
“Giù, Georgia!” disse Spike con voce
ferma. Buffy fu sorpresa nel vedere come il sovraeccitato Labrador s’accucciasse
subito, fissando il padrone con gli occhi neri adoranti e supplichevoli, mentre
la sua coda massiccia batteva il tam-tam sul pavimento.
“Spike, è bellissima!” Buffy si
meravigliava che lui così sensibile da farsi conquistare da una bestiola dal
pelo morbido, per graziosa che fosse.
Eppure, per essere onesta almeno con
se stessa, doveva ammettere che Spike Lodoby l’aveva attirata dal primo momento
in cui l’aveva visto. Quell’uomo era un affascinante enigma, troppo
affascinante si disse pensierosa, per la pace della sua mente.
“Sarà anche bellissima, ma se continua
a crescere dovrò fare la fame per mantenerla!”, ribatté ironicamente, tirando
scherzosamente una ciocca di capelli di Buffy, una cascata color oro sulle sue
braccia nude. Le dita di Spike si posarono lievi tra quei capelli di seta,
esplorandone il morbido intreccio con la punta delle dita.
Buffy, riconoscendo il segnale di
pericolo, tentò di scansarsi, ma proprio in quel momento Georgia venne in suo aiuto,
facendosi largo tra di loro: fissò Spike speranzosa, gli scuri occhi limpidi
supplicanti un po’ di attenzione.
Lui sospirò con impazienza e prese la
mano di Buffy nella sua, tirandola in piedi accanto a sé.
“Facciamo una passeggiata fino al
lago”, suggerì scuotendo la testa. “Forse lì inseguirà una farfalla o qualcosa
di simile.”
Buffy sapeva che avrebbe fatto meglio
a non andare con lui, ma la pressione di quelle dita intrecciate alle sue le
dava una strana sensazione di apatia che le impediva di esprimere le obiezioni
che forse avrebbe dovuto sollevare. E le sue gambe le sembravano stranamente
deboli, mentre usciva con lui.
A lei sembrava di essere perduta in
uno dei suoi sogni ad occhi aperti. Anche se sapeva che Spike non aveva nulla a
che vedere con gli uomini dei suoi sogni, non ne era del tutto convinta. Forte,
autoritario, eppure capace di tenerezza.
Ma lei sapeva che questa era solo
un’impressione perché sotto quella facciata così piacevole doveva per forza
nascondersi una fredda superficialità. Doveva essere sicuramente così, ricordò
con fermezza a se stessa. In fin dei conti era un giocatore d’azzardo!
Sulla spiaggia Spike e Buffy trovarono
un posto all’ombra sotto le fronde di un albero. Si sedettero e lui stirò le
lunghe gambe muscolose davanti a sé, mentre lei s’avvolse le braccia intorno
alle gambe appoggiando il mento sul ginocchio sano, conscia del fatto che
questa posizione era di autodifesa.
Per alcuni minuti non si dissero
niente, poi Spike sospirò e scosse la testa. “Perché non mi racconti da cosa
deriva questa tua avversione per i giocatori d’azzardo, dolcezza?”, le chiese
bruscamente. “Avrà sicuramente a che vedere con i rapporti con tuo padre,
vero?”
“Giusto!”, replicò lei, così sorpresa
dalla sua capacità di leggerle nel pensiero da non tentare neppure di negare la
verità. “Ci ha abbandonato. Quando avevo tre annida lasciato me e mia madre
solo per essere libero di giocare e di correre dietro ad altre donne. Non ho
quindi molte ragioni per avere stima degli uomini come lui.”
“Non tutti gli uomini si
assomigliano”, le ricordò gentilmente Spike. “E anche se tu non vuoi credermi,
non tutti i giocatori d’azzardo sono uguali. Solo perché tuo padre in gioventù
è stato un irresponsabile, non puoi automaticamente stabilire che lo sia anch’io”.
Persa nei suoi pensieri Buffy iniziò
pian piano a rilassarsi. Distese di fronte a sé le sue gambe e si appoggiò
indietro sui gomiti. Mentre stava per chiedere a Spike qualcosa in più sulla
sua vita, arrivò Georgia ‘galoppando’ attraverso la spiaggia, con un bastone
tra i denti.
Si fermò bruscamente davanti a Spike,
con la parte posteriore del corpo in movimento e con la coda che faceva su e
giù, gli occhi neri e morbidi fissi con implorazione sul volto di lui, per
spingerlo a giocare con lei.
“Incastrato ancora una volta”, mormorò
Spike alzandosi con un sorriso un po’ sciocco. Si allontanò verso la sponda del
lago e, con sua grande sorpresa, gettò il bastoncino lontano verso il centro
dello specchi d’acqua. Poi Georgia si tuffò all’inseguimento nell’acqua senza
esitazione; riportò il bastone a Spike e attese che lui lo lanciasse di nuovo.
L’esercizio fu ripetuto diverse volte, ma Buffy ben presto perse l’attenzione
allo spettacolo offerto dal cane.
Era più attirata dal modo in cui
guizzavano sulle spalle di Spike i muscoli, ad ogni lancio del bastone. Quasi
contro la sua volontà, Buffy permise che il suo sguardo scendesse sulle lunghe
gambe muscolose di lui.
Poi Spike si liberò della camicia,
accaldato per l’esercizio sotto il sole; e lei ne fissò la schiena poderosa e i
suoi occhi si dilatarono in un improvviso desiderio di toccargli la pelle nuda.
Allontanò frettolosamente lo sguardo,
smarrita dall’insolita piega delle sue fantasie. Raccogliendo una manciata di
sabbia, la lasciò poi lentamente filtrare attraverso le dita, rimproverandosi
per essersi lasciata andare a quei pensieri.
Non si accorse che Spike le si stava
di nuovo avvicinando. E Georgia, dopo una rapida scrollata per liberarsi
dall’acqua, correva vicino a lui. Poi, ancora piena di energia, si buttò in
avanti, ancora troppo cucciolo per tenere a freno la sua esuberanza.
Con la velocità di una gazzella piombò
su Buffy buttandosi su di lei e facendola cadere indietro in un infelice
tentativo di contatto amichevole. Anche se si trattava di un invito a giocare,
fu proprio inaspettatod e Buffy colpì il terreno con tale forza che le si
smorzò il fiato. Nulla di rotto, solamente un attimo senza respiro.
Stordita dalla botta, lei chiuse un
attimo gli occhi, mentre Georgia mugolava intristita e le annusava la guancia,
conscia istintivamente del suo errore.
Scappò via con la coda tra le gambe e
le orecchie abbassate, quando Spike le diede l’ordine in tono severo.
Buffy aprì lentamente gli occhi e
abbozzò un sorriso incerto, mentre Spike si gettava per terra accanto a lei.
“Riccioli d’oro, stai bene?”, mormorò
con voce roca. “Per poco meno di un palmo non hai battuto la testa contro un
sasso.”
Lei annuì, allungando la mano per
toccare la ruvida superficie del sasso proprio dietro di sé.
Poi, senza fermarsi a considerare i
possibili effetti della sua azione alzò una mano e con la punta delle dita
tremanti sfiorò la piega affascinante che si scavava sulla guancia di lui,
accanto alla sua bocca. Un fuoco azzurro si accese negli occhi di lui, segnale
di pericolo, e Buffy scostò la mano.
“Dolcezza”, mormorò lui, con la voce
roca dall’emozione.
“No!” Fu solo un sospiro, poi fu
troppo tardi.
La bocca di lui scese veloce coprendo
la sua, con una intensità sempre più forte.
Le dita di Spike affondarono nella massa
setosa dei capelli dorati della ragazza, mentre le appoggiava il palmo della
mano sulla nuca. Labbra ferme ma carezzevoli forzavano le sue, con una
pressione che le fece aprire la bocca per l’assalto di quella di lui.
Un desiderio calorosamente acuto si
accese dentro di lei, e poi divampò. Fiamme di desiderio percorrevano il suo
corpo, accendendo ogni nervo, bruciando ogni centimetro della sua pelle,
rendendo il carezzare di lui un piacere e un dolore insieme.
La lingua di Spike accarezzò le labbra
morbide di lei unite alle sue, poi invase il tiepido, dolce, umido, segreto
della sua bocca. Lui gemette spingendola giù sulla sabbia col peso del suo
lungo corpo snello.
Era totalmente soggiogata. Un tepore
delizioso si diffuse lungo le gambe di Buffy e,mentre i baci caldi e possessivi
di lui la conquistavano, sempre più esigenti, lei divenne un fluido bollente
sotto di lui, rispondendo a quei baci dapprima con esitazione poi con abbandono
selvaggio, che l’avrebbe scandalizzata se fosse stata in grado di ragionare.
Ma tutto quello che poteva fare era
assaporare quelle sensazioni: le sue braccia esili circondarono il collo forte
di Spike, godendo della forza della gamba che teneva prigioniera quella sua,
più delicata.
Lei era ammaliata dalla capacità
dell’uomo di risvegliare i suoi sensi; le sembrava di avere atteso quest’attimo
da sempre e le sue piccole dita s’intrufolavano nei folti capelli chiari della
nuca di lui, chiedendo baci con sempre maggiore intensità.
“Dolcezza, dammi la possibilità di
essere tenero”, sussurrò lui raucamente ma, mentre allontanava la sua bocca da
quella di lei, le labbra di Buffy si attaccarono alle sue, mentre i suoi occhi
si aprirono pian piano, illuminati da uno scintillio di accattivante innocenza.
Il suo desiderio di mostrarsi delicato
si bruciò nel fuoco acceso dalla completa accondiscendenza di lei.
Di nuovo le sue labbra ferme
catturarono quelle di lei con forza brutale. Dita malferme abbassarono le
spalline della maglietta, sollevandole il tessuto sino a scoprire le punte del
seno sodo, la cui pelle lui cercava con la bocca.
La punta della lingua tormentò
l’incavo lievemente profumato finché lei si perse in una gioiosa sensualità,
sentendosi veramente donna per la prima volta nella sua vita.
Mentre lei si muoveva febbrilmente
sotto di lui, le lunghe dita sensibili si diressero verso l’alto, prendendo
possesso del seno: ne accarezzò le curve con le dita che trasmettevano tutto il
suo desiderio, a fatica represso.
I capezzoli caldi e rigidi si
inturgidirono sotto quel tocco e lui bisbigliò il suo nome, un timbro roco
nella voce. “Buffy ho bisogno di te. Terribilmente”, mormorò pianissimo. Le sue
dita tremanti cercarono il bottone che chiudeva i calzoncini, mentre il respiro
caldo alitava sulle labbra di lei.
“Se hai paura fermami, ora o mai più!”
Quelle parole e il tocco delle dita
che le accarezzavano il ventre, la riportarono alla realtà con sgradevole
rapidità. In lei si risvegliò una paura profonda, al pensiero che lui era un
uomo, il quale poteva prendere da lei tutto quello che lei gli offriva senza
darle però in cambio neanche un pensiero, per il resto della sua vita. Per
qualche motivo sconosciuto lui le stava offrendo una scappatoia e lei doveva
approfittarne.
Con un grido soffocato sulla spalla di
lui ne fermò la mano, mentre vergogna e disgusto di sé la sommergevano, nella
piena coscienza di ciò che stava per fare.
Lo spinse via e si liberò, girandosi
su un lato senza riuscire ad evitare che un gemito soffocato a metà sfuggisse
dalle sue labbra strette. Vergognandosi di essersi comportata così liberamente
pensò che non si sarebbe mai più perdonata.
Sentiva accanto a sé il respiro
irregolare di Spike, e si irrigidì quando la mano di lui si chiuse sulla sua
spalla, facendola girare verso di lui.
“Per l’amor di Dio, non piangere!”,
mormorò lui accarezzandole la guancia bollente con il dorso della mano e
aggrottando la fronte quando lei si sottrasse alla carezza.
“Dolcezza, non avrei mai fatto nulla
che tu non desiderassi.”
Arrossendo, lei scosse la testa. “Lo
so!”, bisbigliò disperata, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. “Ma io
ero disposta a farlo fino all’ultimo minuto, io volevo…” Poi stringendo
fermamente le labbra disse: “Non permetterò che mi accada ancora. Non mi
lascerò usare.”
La mascella di Spike si indurì. Il
fuoco nei suoi occhi si spense, mentre la guardava freddamente.
“Usare?! Credi davvero che fosse
quello che volevo fare? Soddisfare un desiderio puramente fisico? Non hai
un’opinione molto alta di me, vero?”
“So benissimo che tipo di vita
conduci, so a quale tipo di donna sei abituato. Se… ti avessi permesso di … se
tu avessi fatto l’amore con me non avrebbe avuto per te più significato di
quanto ne abbia quando fai l’amore con una di loro. Ma io… Oh, Spike, i nostri
valori sono così diversi e io odio me stessa per non essermi ricordata in
tempo… prima che le cose arrivassero a quel punto.”
“Che razza di bambina sei, riccioli
d’oro”, ribatté lui severamente. “Sapevo che tu avevi dei lati infantili, ma ho
avuto il torto di vedere che, per certe cose, tu fossi una donna. Ma non lo
sei. Sei una ragazzina timida e decisamente troppo giovane per me. Vieni ti
porto a casa, dove potrai trovare rifugio nella tua cameretta!”
Buffy, distrutta dalla sua cinica
valutazione, avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma i suoi pensieri non trovarono
voce neanche mentre lui la riportava a casa, frenando così violentemente
davanti alla villa di suo padre che si alzò una nuvoletta di polvere dalle
ruote posteriori.
Lei era così indignata che sbottò.” Ho
saputo fin dall’inizio che non avrei dovuto fidarmi di te. E non venirmi a dire
che sono una ragazzina, perché tu non sei altro che un bamboccio, che vuole
fare dei giochetti cretini per tutta la vita, che non vuole assumersi nessuna
responsabilità.”
Le labbra di lui si allungarono in una
linea dritta e dura. “Attenta a quello che dici, dolcezza. O sarò tentato di
dimostrarti che sono un uomo, in maniera che non dimenticheresti presto!!!”
Anche se il battito del suo cuore
accelerò, lei alzò la testa orgogliosamente. “Mi piacerebbe vedertelo fare!” Lo
sfidò, ma al contempo ebbe la prontezza di spirito di scendere dalla macchina.
Sbatté la portiera e si avviò verso la
porta d’ingresso, borbottando tra i denti, mentre sentiva Spike girare la sua
DeSoto e partire a razzo.
“Sapevo che non era sincero”, disse
mentre entrava rumorosamente in casa. “Che uomo impossibile!”
Ancora piena di indignazione andò
dritta al telefono e chiese di Jenny Calendar per invitarla con il fratello a
cena fuori, per la sera seguente.
L’invito venne prontamente accettato e
Buffy riattaccò il telefono, sorridendo con rammarico.
Spike Lodoby poteva anche pensare di
essere il solo uomo sulla faccia della terra, ma lei gli avrebbe dimostrato il
contrario.
CAPITOLO V
Buffy non si era mai annoiata tanto in
vita sua.
Dato che Jenny e suo padre non si
erano potuti liberare per la cena, era ora suo dovere intrattenere il fratello
di Jenny, un compito non facile.
Con sua grande delusione, Xander
Calendar si era rivelato un tipo decisamente squallido. Alto, moro, era un tipo
piuttosto attraente, almeno in apparenza; ma la sua personalità lasciava molto
a desiderare.
Lei aveva scelto uno dei più eleganti
e confortevoli ristoranti di Tahoe, tuttavia Xander non faceva altro che
trovarvi dei difetti.
“E’ troppo buio qui dentro!”, borbottò
scrutando con cura eccessiva il menu. “Come dovremo leggere quest’affare senza
luce?”
Buffy rispose con un debole sorriso,
lei riusciva a leggerlo benissimo. “Credo usino solo qualche lampada per creare
un’atmosfera romantica. A me sembra un posto romantico, a te no?”
“Romantico?” Lui alzò lo sguardo su di
lei, aggrottando la fronte come se non conoscesse il significato della parola.
“Direi che è piuttosto antipatico dover sforzare gli occhi per guardarsi
intorno.”
Buffy sospirò tra sé, giocando con il
cordoncino della cintura del suo abito di jersey verde, che aveva scelto in
quanto lo considerava l’abito più sofisticato del suo guardaroba. La scollatura
bassa e incavata lasciava esposto solo un accenno della rotondità del suo seno,
ma anche quella timida evidenza della sua femminilità era sembrata mettere in
imbarazzo Xander. Al diavolo quindi il tentativo di apparire bella e
sofisticata, pensò malinconicamente. Tanto valeva che avesse indossato un sacco
di patate.
“Suppongo che dopo la cena dovremo
stare a guardare uno di quegli spettacoli di cabaret. Uno di quelli in cui
ragazze semi-nude vanno avanti e indietro sul palcoscenico.” Disse il ragazzo.
“Se ti piace rimanere a vedere le
ragazze possiamo farlo!”, ribatté lei con una punta di sadismo. “Non l’avevo
messo in programma, ma se davvero ti interessa…”
“No, non volevo dire questo!”,
balbettò Xander. “Ti posso assicurare che non ho alcun desiderio di guardare
tali disgustose esibizioni. Non sono quelle le ragazze che fanno al caso mio.”
“E a che tipo di ragazza ti
riferisci?”, chiese Buffy, riuscendo a fatica a non perdere la pazienza. “Se
quello che hai detto era inteso come un insulto, ti voglio dire che alcune
delle ragazze che ballano al Cedars sono persone davvero per bene!”
“Uhm, perbene, e a poco prezzo,
probabilmente”, disse lui. Poi senza neppure consultare Buffy ordinò
imperiosamente ogni portata.
“Spero che ti piaccia la sogliola?”,
si ricordò finalmente di chiederle, dopo che il maitre si era già allontanato.
“Mi piace la sogliola, ma odio la
zuppa d’avena. Avrei preferito la crema di piselli.”
“La zuppa d’avena ti farà bene”,
sentenziò lui, passandosi un dito tra i corti capelli marrone pallido. “E
suggerisco di lasciar perdere i dolci. Per finire il pasto prendiamo invece
della frutta fresca. Lo zucchero raffinato fa male ai denti, sai?”
“Già, è vero, tu fai il falegname,
questo è proprio pane per i tuoi denti!”, ironizzò Buffy.
Fortunatamente, per tutto il resto
della cena, Buffy non dovette preoccuparsi di fare conversazione: c’era già
Xander che ci pensava per tutti e due.
A Buffy bastò annuire di tanto in
tanto, anche se fu un miracolo se non si addormentò.
Dopo che loro servito il caffè, Xander
suggerì di ballare. Quando l’ebbe condotta sulla pista, con riluttanza, lasciò
che lui la prendesse tra le braccia.
Quasi immediatamente lui iniziò a
gettare occhiate significativa in direzione della scollatura bassa del vestito
di lei; con il braccio intorno alla sua vita aumentò la presa avvicinandola a
sé, mentre Buffy, facendo resistenza, quasi inciampò. Sfortunatamente, ciò gli
permise di alzare il braccio che circondava e di posarle una mano sul seno.
Buffy non aveva mai potuto tollerare i
falsi santarellini. Irrigidendosi, si allontanò da lui, con gli occhi verdi che
lanciavano fiamme. “Non lo fare più!”
“Scusami”, mormorò l’uomo diventando
rosso. “Ma tu sei una ragazza davvero carina, quindi non puoi darmi torto.”
“Ci siamo conosciuti soltanto
stasera”, gli ricordò, mentre iniziava a provare per lui una certa antipatia.
“E si tratta soltanto di un invito a cena, nulla di più.”
“Potrebbe diventare qualcosa di più,
eventualmente…” suggerì lui, sbirciando di nuovo il suo seno. “Dai, perché
domani non ce ne andiamo a pescare? Conosco una piccola insenatura privata…”
Buffy avrebbe preferito andare a pesca
con un pescecane! Finse un’aria dispiaciuta. “Mi spiace, domani sono
impegnata.”
“Allora facciamo dopodomani?”
“Sono occupata anche dopodomani.” Poi
per evitare che lui continuasse, disse: “Penso che a tua sorella faccia piacere
stare con te, visto che abitate così lontano, non credo abbiate molte occasioni
per vedervi.”
“Le occasioni ci potrebbero essere. Ho
tentato abbastanza di farla venire via da questo posto e trasferirsi da me, ma
non ha abbastanza buon senso per farlo.”
Ma lei non lo stava più ascoltando. I
suoi occhi erano incollati ad una coppia che ballava sull’altro lato della
stanza. Una strana sensazione di freddo si diffuse nel suo petto mentre
guardava Spike attirare una bionda perfetta contro il suo corpo asciutto e
abbassare la testa per bisbigliarle qualcosa all’orecchio. Quando la bionda
rispose con un sorriso provocante, Buffy sperimentò, per la prima volta, le
fitte della gelosia.
Poi, scuotendo la testa riportò la sua
attenzione a Xander. Lui intanto stava continuando a parlare. “Non ho nessuna
intenzione di lasciare qui mia sorella, soprattutto nelle mani di quel Rupert
Giles. Lei deve essere una matta se crede di amarlo. Lui è un play-boy e non
sarei sorpreso se venisse a sapere che è anche un drogato e un ubriacone.”
La rabbia di Buffy esplose mentre
guardava la faccia insulsa di Xander. “Devo forse ricordarti che stai parlando
di mio padre?Lui avrà certo i suoi difetti, ma ti dirò che non fa uso di droghe
né è un alcolizzato, come hai elegantemente affermato poc’anzi. E non tollero
il fatto che tu faccia simili supposizioni solo perché non ti piace. Se Jenny
lo ama, deve esserci per forza qualcosa di buono in lui.”
“Ne dubito, tante donne si innamorano
di scapestrati. Forse Jenny è solo ceca per accorgersi che, per lui, le donne
sono solo corpi caldi.”
“Falso santarellino!” Buffy era
rimasta senza fiato. “Tu osi parlarmi così di lui quando tu, proprio tu, hai
tentato di palpeggiarmi dopo neanche due ore che ci eravamo conosciuti! Se non
altro mio padre è onesto su quello che cerca nelle donne. Tenti di fare il
moralista, poi tocchi una ragazza quando meno se l’aspetta. Non mi sorprende
che Jenny si sia stancata di ascoltare le tue prediche!”
Quindi Buffy balzò via, troppo
arrabbiata anche solo per guardare dove andava. Improvvisamente sbatté contro
qualcosa di solido e delle mani forti le presero le braccia.
Con i grandi occhi dilatati per la
sorpresa, guardò il viso serio di Spike.
“Balliamo, dolcezza?” mormorò,
prendendola di sorpresa. E la condusse con gentilezza nel ritmo lento e
ipnotico della danza.
Ballare con Spike era tutt’altra cosa
che ballare con Xander. Il braccio di Spike che circondava la sua vita era
gentile e confortante. La punta delle dita della ragazza, curve intorno alla
spalle di lui, sentirono i muscoli tesi attraverso il tessuto di lino del
completo color sabbia. Per qualche motivo a lei ignoto si sentiva sicura tra
quelle braccia, cosa ridicola in quanto sapeva che uomo pericoloso potesse
essere. Avrebbe voluto rimanere indifferente, ma bastò la sua vicinanza per
turbarle i sensi e per risvegliare le sensazioni che aveva provato con i suoi
baci. Pregò che lui non riuscisse a leggerle nei pensieri come aveva già fatto
altre volte.
“Hai avuto una bella serata, dolcezza?
O hai appena avuto una piccola discussione con il tuo ragazzo?”
“Xander non è il mio ragazzo, Dio me
ne scampi!”, protestò violentemente. “E’ il fratello di Jenny Calendar, è
l’essere più mortalmente noioso che io abbia mai conosciuto. Dopo aver tentato
di mettermi le mani addosso, ha avuto il coraggio di criticare mio padre per
essere un dongiovanni.”
“Facciamo una passeggiata sulla
veranda, per un solo minuto?”, le chiese.
Buffy lo seguì riluttante, impaurita,
mentre lo guardava: certamente avrebbe ripreso la discussione del giorno prima.
Ma ora sapeva che c’era un solo modo per evitare di ricominciare la
discussione: fermarla prima che iniziasse.
“Circa ieri, Spike”, iniziò lei. “Io
voglio dirti… so di aver esagerato, d’aver detto cose non vere.”
Le mani di Spike le strinsero la vita,
girandola verso di sé mentre il suo sorriso di risposta era al contempo gentile
e scherzoso. “Stai dicendo che improvvisamente approvi il mio stile di vita?”
“No, continuo a non capire perché vuoi
fare il giocatore d’azzardo professionista, ma sono sicura che hai ragione. La
mia mancanza di comprensione nasce dai sentimenti che provo per mio padre. Ma
non intendevo quello che ho detto quando ti ho dato del bamboccio.”
“Scuse accettate, mormorò lui,
facendosi più vicino. “Ti debbo confessare che neanche io ti considero una
bambinetta.”
“Invece sì. Tu pensi che io mi
comporto come una ragazzina e questo ti da fastidio.”
“No, è solo che mi ricordi mia
moglie.”
“Moglie? Vuoi dire che sei sposato?!”
rispose Buffy triste e senza fiato.
“Ero sposato. Avrei dovuto dire ex
moglie. Ma poiché non mi sono mai risposato, penso ancora a Drusilla come a mia
moglie. E, per alcune cose, riccioli d’oro, mi ricordi lei.”
La conversazione stava diventando
terribilmente difficile. “Vuoi dire che le assomiglio?”
“Nient’affatto. Lei era alta e bruna,
il tuo contrario. Ma era giovane e inflessibile nei suoi punti di vista, forse
ancora più inflessibile di quanto lo sia tu. Non approvava la mia professione,
pensava fosse uno spreco di tempo. E io non ho avuto pazienza con lei quando ha
iniziato a farmi storie quindi… basti dire che nessuno di noi due contestò il
divorzio. Non avremmo mai dovuto sposarci, perché eravamo troppo giovani.”
“E tu pensi che io mi comporto da
giovane e immatura come faceva lei”, mormorò debolmente Buffy. “E’ questo che
stai dicendo?”
“Non proprio. Io credo che tu
maturerai, diventerai meno inflessibile con il tempo. Drusilla, invece, non era
in grado di cambiare. E’ uguale ora a quando ci siamo sposati, per quanto ne so
io. Fortunatamente ha sposato un uomo importante, che le poteva assicurare una
vita tranquilla con un reddito alto, una casa elegante e tutto il lusso che può
desiderare. Credo che sia felice quanto le sia possibile esserlo, perché si
sente al riparo, confortata da tutti questi simboli di sicurezza.”
“Non credo che sia questo il tipo di
sicurezza che io cerco” si difese Buffy, debolmente. “Io voglio solo una
sicurezza emotiva, perché …, perché mio padre non me ne ha mai data.”
“Inizio a capirti”, mormorò Spike.
Stranamente le sue dita tremavano e si girò verso il fascio di luce. Buffy vide
che aveva la fronte imperlata di sudore.
Si avvicinò a lui, premendo
istintivamente il dorso delle dita contro la fronte di lui e aspirando
lievemente quando la pelle dell’uomo bruciò le sue dita fredde. “Spike, tu
bruci. Credo che tu abbia la febbre. Cos’hai?”
“Non è nulla, perlomeno non è nulla
che non sarà passato tra un paio di giorni”. Ma quando lei alzò lo sguardo
preoccupato sul suo volto serio, lui le sorrise vagamente.
“Non fare quello sguardo, dolcezza,
non è nulla di serio. Presi questa malattia in Africa e ogni tanto ho una
ricaduta. Ma i sintomi non durano più di qualche giorno.”
“Oh, non sapevo che fossi stato in
Africa.”
“Ci sono tante cose che tu non sai di
me”, ribatté.
“Credo che dovresti andare a casa, a
letto. Vuoi che ti porti a casa io con la tua macchina?” disse Buffy
preoccupata.
“No, grazie. Tu hai un cavaliere,
ricordi? E io mi sento ancora abbastanza bene per andare da solo a casa, dopo
aver accompagnato Harmony al suo appartamento.”
Harmony. Senza dubbio era la bionda
statuaria, pensò Buffy, mentre la gelosia la soffocava di nuovo. Forse la
bellissima Harmony si sarebbe anche offerta di riaccompagnarlo a casa e di
rimanere con lui tutta la notte. Lei era sicura che lui non avrebbe fatto
obiezioni. Chinò la testa con un cenno rapido. “Spero che ti sentirai meglio,
domani”, disse freddamente. “Arrivederci.”
Poi dopo aver mormorato una veloce
buona notte, si fece largo tra le coppie che danzavano fino al tavolo dove
sedeva Xander, fumante di rabbia per l’attesa.
CAPITOLO VI
Tre giorni dopo, Buffy saliva le scale
del piano superiore, tanto simile ad un’alcova, della casa di Spike. Saliva in
punta di piedi, per andare nella sua stanza.
In questa casa dalla struttura
semplice c’erano solo due camere da letto, quella padronale e una più piccola
per gli ospiti; entrambe si aprivano su un ballatoio che si affacciava sul
salotto al piano di sotto.
Tenendo in bilico il vassoio su un
braccio, Buffy aprì la porta silenziosamente ma aggrottò la fronte quando vide
Spike in piedi accanto ad una libreria, vestito solo con una corta vestaglietta
di seta.
“Cosa fai in piedi?”, chiese con la
voce più autoritaria possibile. “Il dottore ha detto che devi stare a letto
almeno per altri due giorni; quindi tornaci subito! Se vuoi un libro da leggere
te lo prendo io.”
“Ti sei rivelata una vera tiranna. Lo
sai, vero”, borbottò lui senza molta convinzione, mentre si sedeva sulla
coperta appoggiandosi indietro contro i cuscini. “credo ce ti piaccia avere
quest’opportunità di darmi ordini. Ti sarà dispiaciuto che abbia dormito la
maggior parte dei due giorni passati; non potevi dirmi quello che dovevo fare.”
“Non ero qui durante il giorno. C’era
la tua governante a darti un’occhiata, io sono rimasta solo le notti, così che
lei potesse riposarsi. Qualcuno doveva pur farlo: quando sono venuta sabato
mattina per vedere come stavi, non eri in grado di rimanere solo neppure per un
attimo. Scommetto che non te ne ricordi.”
Spike le sorrise maliziosamente
scuotendo il capo. “Mentre ero in condizioni così disperate, non hai mai avuto
la tentazione di approfittare di me, dolcezza?”
“Non essere sciocco!”, ribatté lei, ma
le sue guance diventarono rose e lui rise. “Bene è ora della pappa e se stai
abbastanza bene per gironzolare per la tua stanza, stai abbastanza bene anche
per mangiare da solo.”
“Stavo tornando in camera dopo aver
fatto una doccia e la barba. Pensavo che avessi apprezzato il fatto che sto
tentando di essere diabolicamente bello per te”, disse ironicamente Spike e
senza alcun avvertimento allungò la mano per prendere quella di lei. “Ma se tu
non ti siedi qui con me, penserò che ho fatto tutta questa fatica per niente.”
Buffy esitò: fino a quel momento non si
era sentita in pericolo a stare lì, perché lui era in un tale stato febbrile da
non notare quasi la sua presenza. Ma ora che stava molto meglio, le circostanze
erano cambiate. Lei era assai conscia della dell’intimità della situazione.
Il suo sguardo corse involontariamente
alla lunga gamba muscolosa. Probabilmente non indossava nulla sotto quella
vestaglietta corta. Ed erano soli in casa, soli in camera da letto. La ragione
le diceva che rimanere sarebbe stata una folli, specie con l’umore scherzoso che
aveva lui. “Dovrei scendere a riordinare la cucina, la tua cameriera oggi non
viene, quindi…”
“La cucina può aspettare, dolcezza.
Siediti qui e parla con me, mentre mangio questo brodo insipido.”, disse lui.
“Il dottore quando ha detto che potrò lasciare il letto?”
“Ventiquattrore dopo che ti è scesa la
febbre.” Buffy gli toccò la fronte. “Sembri molto più fresco. Quando sono
arrivata qui sabato e mi sono resa conto di quanto eri malato, avrei voluto
chiamare la tua famiglia, ma naturalmente tu non mi hai mai detto nulla di loro
e non ho potuto farlo. Non vorrei essere impicciona, ma tu hai una famiglia da
qualche parte?”
“Una sorella e i genitori, tutti in
Inghilterra. Ma sono contento che tu non lo abbia fatto, mia madre entra subito
in agitazione anche se sa che questa febbre mi torna ogni re, quattro anni.”
“Li vedi spesso? Sei loro vicino”,
domandò Buffy incuriosita.
“Vicino quanto lo può essere un uomo
di trentadue anni. Ma perché tutte queste domande, dolcezza?”
“Perché sono molto curiosa. Tu sei un
tale mistero per tutti qui. Nessuno sa nulla di te.”
“Non mi ero accorto di aver suscitato
tanta curiosità; ma non nascondo nessun oscuro segreto. Semplicemente non
racconto la storia della mia vita a tutti quelli che incontro.”
“Sei un uomo così strano”, disse la
ragazza. “Voglio dire, che non so mai cosa aspettarmi da te. Non sei il tipo di
persona che presumevo tu fossi. Tu… mi confondi completamente.”
Le palpebre di lui si abbassarono un
poco sugli occhi di un azzurro profondo. “Davvero, dolcezza? Certamente non è
confonderti quello che desidero. Dimmi perché ti confondo.”
“Io non lo so”, mormorò lei. Poi si
spostò imbarazzata verso il bordo del letto, incapace ormai di sottrarsi allo
sguardo intenso che aveva catturato il suo. Si chiese cosa le stesse accadendo,
perché sentiva un bisogno prepotente di intrecciare le dita quei folti capelli.
Le sembrava che Spike fosse diventato il punto cruciale della sua esistenza e
questo le faceva paura. Nessun altro uomo era mai stato presente in ogni suo
pensiero come lo era lui. Anche nel sonno, nei suoi sogni, Spike la
ossessionava; era per lui il primo pensiero al risveglio, la mattina.
Era una pazzia, si stava lasciando
coinvolgere troppo, anche perché credeva di sapere che l’interesse di lui non
era in nessun modo serio. Ricordandosi che era una sciocca a rimanere sola con
lui, cercò di liberare le mani da quelle di lui. Spalancò gli occhi dalla
sorpresa e anche dalla paura quando sentì che lui stringeva la presa.
“Debbo andare, per favore, Spike.”
“Non ancora”, le bisbigliò lui, “non
ancora.”
“Ma tu sei malato, dovresti riposare.”
“Preferisco fare questo”, le disse,
passando le lunghe dita tra i capelli ondulati di lei. “I tuoi capelli sono
così morbidi, come seta pura.”
“Spike”, sospirò lei, lasciandosi
andare con riluttanza contro di lui, mentre le sue dita forti le accarezzavano
la nuca, distruggendo così anche il suo ultimo barlume di resistenza.
L’adagiò sul letto muovendosi con lei,
coprendole il corpo snello con il peso rassicurante del suo.
Perduta nelle fiamme azzurre di quegli
occhi, Buffy gli circondò il collo con le braccia. Emise un sospiro, quando
sentì le labbra di lui posarsi sul collo.
Le sue piccole dita tremanti
accarezzarono i tendini del collo di Spike e gioì del respiro affannato che
accompagnò la sua carezza timida e inesperta. Il mondo sembrava girarle
intorno.
Spike intanto abbassava le spalline
del suo vestito e le ricoprì le spalle con baci dolci e leggeri. Lei incominciò
a tremare per il fuoco bruciante che sembrava consumarla. Lei non volle più
altro che rimanere con li, nel suo letto, per sempre.
Ogni pensiero l’abbandonò: infilò le
mani sotto i risvolti della vestaglia di Spike e iniziò ad accarezzargli il
petto muscoloso.
Sussurrando il suo nome, Spike la
baciò con trasporto e violenza, non riuscendo più a trattenersi. Il piacere
serpeggiò in lei, facendole arcuare il corpo sotto quello di lui. Sotto la
vestaglia le sue mani tremanti sfiorarono i fianchi magri, poi si unirono
intorno alla schiena larga e muscolosa, avvicinandola a sé ancora più forte. Il
ginocchio di lui premeva contro i suoi, poi le loro gambe si intrecciarono
mentre lui avvolgeva i folti capelli della ragazza nella sua mano piegandole la
testa, mentre le disegnava un sentiero bruciante di piccoli baci lungo il collo
d’avorio.
“Non riesco a lasciarti perdere”,
sussurrò lui con voce roca. “ho tentato, ma non ci sono riuscito.” Si girò su
un fianco trascinandola con sé. Lentamente le abbassò la cerniera del vestito e
lo fece scivolare sino ai fianchi. Con le dita le scostò i capelli ondulati che
scendevano a cascata nascondendole il seno, mentre lei sentiva lo sguardo di
lui bruciarle la pelle.
Spike iniziò ad accarezzarle il seno,
scorrendo con le dita lungo le piene rotondità che pulsavano per poi tracciare
deliziosi circoletti intorno alle turgide punte rosate dei capezzoli. Una
sensazione di attesa insopportabile crebbe dentro di lei, mentre lei lo
guardava abbassare la testa lentamente. La bocca di lui cercò prima la punta
delicata di un seno e poi l’altra, mentre con i denti le mordicchiava, con
ferma dolcezza, finché i sensi della ragazza non furono soggiogati da un mare
di piacere, in attesa della resa totale.
Buffy gli esplorò con le dita il
contorno delle orecchie, del collo, delle spalle muscolose mentre la punta della
lingua di lui, percorrendo i capezzoli turgidi ed eretti, creava onde furiose
che pulsavano profondamente il lei.
Ora , pur non volendo che Spike
abbandonasse il suo seno, sentiva il bisogno di avere la bocca di nuovo sulla
sua.
Infilando le dita rai capelli folti di
lui, lo spinse ad alzar la testa. “Baciami”, gli ordinò dolcemente e, mentre
lui obbediva, gli circondò il collo con le bracci, unendosi alla passione di
lui, mentre si spingeva sempre di più contro il suo corpo virile, snello e
poderoso.
Mormorando parole roche contro le sue
labbra tenere ma ardenti, le tolse le braccia dal collo, tirandole giù finché
non furono alla cintura della vestaglia. “Scioglila”, le ordinò con ardore,
“per favore, riccioli d’oro, lascia che io ti ami.”
Ancora una volta, l’uso continuo della
parola ‘amore’ la riportò alla ragione. Lui non ti ama, le urlava dentro la
voce della coscienza; però lei si stava innamorando di lui e, se gli permetteva
di soddisfare i suoi desideri puramente fisici, sapeva che ne sarebbe stata
ferita, quando lui si fosse stancato di lei. Il terrore esplose in lei, con la
paura di aver aspettato troppo per poterlo fermare.
Iniziò a lottare freneticamente sotto
di lui, spingendo via il petto muscoloso e forte, pregandolo: “Spike, non posso
proprio, non riesco ad andare fino alla fine. Per favore non mi costringere,
per favore!”
Lui si irrigidì, poi, con un gemito,
rotolò sulla schiena, coprendosi gli occhi col braccio e respirando
affannosamente.
Un silenzio innaturale calò tra loro e
lei scioccamente, gli pose una mano sul torace, mormorando: “Mi dispiace, io…”
“No, non mi toccare un’altra volta”,
le ordinò lui bruscamente respingendola. “E vattene dal mio letto prima che io
decida di fare l’amore con te, con o senza il tuo consenso.”
Lei sapeva che lui l’avrebbe fatto,
quindi scese velocemente dal letto e si risistemò. Per un attimo lo fissò
sconcertata: aveva tutte le ragioni per essere furioso.
“Riccioli d’oro”, disse lui
stancamente, alzandosi su un gomito per guardarla malinconicamente, “vai a
casa.”
Lei scosse la testa ostinatamente.
“Non me ne andrò, hai bisogno di qualcuno che ti aiuti.”
“Sto molto meglio ora, posso farcela
da solo.”
Sospirando lei andò verso di lui,
toccandogli la fronte con il dorso della mano. “La temperatura si è di nuovo
alzata.”
Lui rise amaramente, prendendole la
mano e allontanandola da sé. “A qualsiasi uomo sarebbe salita la febbre con
quello che è successo ora.”
“Mi dispiace, non so cosa mi sta
accadendo ultimamente, ma io…”
“Sei solo giovane, dolcezza. Troppo
giovane e inesperta per me. Non voglio coinvolgerti in una relazione per la
quale sei troppo giovane, quindi… credo che ora dovresti andare a casa.”
Annuendo lei si avviò verso la porta,
ma si fermò un attimo. “Però torno per passare la notte qui.”
“No. Non sarebbe una cosa saggia per
te.”
“Ma ancora non stai bene e io verrò
verso le otto”, lo informò, ostinata. Poi corse via prima che lui le facesse
cambiare idea.
Spike però non era uomo che si potesse
sfidare facilmente, come dovette capire Buffy quella sera.
Mentre aiutava Willow con i piatti,
squillò il telefono: era lui!
“Non è necessario che tu venga qui
stanotte”, disse freddamente. “Ci sarà qualcun altro!”
Buffy non gli credé . “Lo stai dicendo
solo perché pensi che sarebbe meglio che io non venissi.”
“Non credo che neppure tuo padre la
consideri una buona idea”, rispose lui stancamente, “quindi resta a casa, c’è
qualcuno che passerà la notte qui.”
“Chi?”, lo sfidò lei. “Se davvero c’è
qualcuno, non dovrebbe essere un problema dirimi di chi si tratta.”
Dopo una lunga pausa, Spike ammise
controvoglia: “E’ Harmony, passerà qui tutta la notte.”
A Buffy sembrò che le avessero gettato
un sasso contro il petto; un dolore acuto, intenso la percorse ma lei era
determinata a non far trapelare quanto soffrisse.
Allora disse con fare allusivo:
“Harmony, oh, sono sicura che avrà più di una cura in serbo per te.”
“Senza dubbio”, fu la brusca risposta.
Dopo aver sussurrato un freddo arrivederci,
mise giù la cornetta e si affrettò nella sua stanza, dove si chiuse a chiave.
Se aveva avuto bisogno di una prova
del fatto che a Spike non importava nulla di lei, il rifiuto di lui quella sera
gliela aveva fornita. “Avresti dovuto saperlo fin dall’inizio, imbecille!”, si
disse ad alta voce, buttandosi sul letto. E anche se le lacrime da dentro
continuavano a salirle agli occhi, lei si rifiutò di piangere.
CAPITOLO VII
Una settimana più tardi Buffy si
trovava al casinò, perché doveva nuovamente sostituire una delle cameriere.
Questa volta, doveva lavorare dalle tre del pomeriggio fino a mezzanotte e suo
padre aveva voluto che anche lei indossasse una corta uniforme di seta nera.
Si stupiva che suo padre volesse farle
indossare quella roba: la scollatura arrotondata e morbida si apriva fino ad
esporre una parte del seno, pieno ed eretto, e la corta gonnellina arricciata
raggiungeva appena le cosce.
Si sentiva decisamente indecente anche
se in effetti indossava molto di più di quando era in bikini.
Era il principio che la irritava o
piuttosto la sua riluttanza a mostrarsi in giro nel casinò con
quell’abbigliamento provocante, dovuta soprattutto al fatto che quando era
arrivata aveva notato
Per qualche ragione a lei
incomprensibile non le andava che Spike la vedesse nella minuscola uniforme
anche se l’aveva vista con certo meno cose indosso.
Nonostante ciò, girare intorno a lui e
anche ad altri uomini nel casinò sarebbe stato umiliante. Aveva paura che lui
l’avrebbe considerata così come facevano tutti gli altri: un corpo abbastanza
piacente e scarsamente vestito, per il loro piacere. Lei voleva significare per
Spike qualcosa di più di un corpo, ma capiva che il suo desiderio non si
sarebbe trasformato in realtà.
Si osservò ancora una volta e decise
di portare in avanti i capelli, così che le lunghe ciocche mascherassero il suo
seno. Così iniziò il suo turno.
Poco dopo venne fermata dal padre che
la guardò attentamente e corrucciando lo sguardo. “Hai dei capelli molto belli,
Buffy, ma non credo sia necessario che tu li porti come se fossero un
mantello”, la criticò gentilmente.
Eppure quando ebbe sollevato le
ciocche dorate ondulate e le ebbe sistemate dietro le spalle di sua figlia, il
suo volto normalmente inespressivo si animò di una luce sorpresa. “Non mi ero
reso conto che tu… tu fossi cambiata tanto, dall’anno scorso”, borbottò
imbarazzato pulendosi gli occhiali. Poi, inaspettatamente, le spostò di nuovo i
capelli sul davanti: “Forse avevi ragione, ti stanno meglio così”, e si
allontanò.
Buffy era stupita, sembrava proprio
che Rupert stesse iniziando a provare dei sentimenti paterni verso di lei. Per
la prima volta sentì di avere un vero padre.
Tre ore più tardi le venne affidato un
vassoio con delle bibite per un tavolo privato.
Quando entrò nella saletta dove si
svolgeva la partita privata, i suoi occhi furono immediatamente attratti da
Spike.
Mentre giocava, i suoi occhi blu, che
le aveva visto ardere di passione, erano ora freddi ed inespressivi. Eppure
quando, alzando lo sguardo, la vide, una luce improvvisa brillò nell’azzurro
profondo di quegli occhi.Con un gesto noncurante della mano si alzò
dicendo:”Salto un giro.”
Lui le si avvicinò, il suo sguardo la
esaminò, lentamente, dai lunghi e morbidi capelli alle snelle caviglie e ai
teneri piedini, calzati in scarpe di seta nera dal tacco altissimo.
“Ora non sembri più tanto giovane,
signorina Giles”, le disse sottovoce. Poi, mentre le guance di lei si tingevano
di rosa, rise dolcemente. “Ripensandoci, sembri proprio molto giovane.”
“Sei insopportabile”, mormorò Buffy
irritata, “mi tratti come se avessi tredici anni.”
“Per quello che riguarda la tua
esperienza in fatto di sesso, hai più o meno quell’età.”
“Non da quando ho incontrato te”,
ribatté lei, mentre nei suoi occhi si accendeva una luce provocante e
maliziosa. “Mi hai fatto fare un corso intensivo di recupero.”
“Ma non hai ancora sostenuto l’esame
finale”, rispose lui seriamente, mentre il sorriso scherzoso si attenuava,
“quindi ti puoi ancora considerare inesperta. E anch’io devo ricordarmelo
bene.”
“Perché, non mi vedi da una settimana
e non ho motivi per immaginare che tu abbia pensato a me in alcun modo”,
rispose sulle spine.
La mascella di Spike si contrasse
nervosamente e lui si avvicinò quasi minaccioso. “Non vorrai sostenere
quell’esame finale prima di essere pronta, vero? Se è così, allora è meglio che
noi due non ci incontriamo più.”
“Se è questo quello che vuoi…”, disse
abbassando lo sguardo. “Scusami, ma ora dovrei continuare con il mio lavoro!”
Dopo aver servito tutti, Buffy uscì
dalla stanza il più velocemente possibile e senza voltarsi a guardarlo. Ma
sfortunatamente quel breve incontro fu soli il preludio di un altro. Nel salone
principale, incontrò l’amica bionda e statuaria di Spike.
La ragazza la fermò e le chiese come
stava andando la partita privata. Lei rispose, notando con disappunto che
Harmony era molto più bella da vicino di quanto non sembrasse da lontano,
sembrava una dea dell’Olimpo.
Buffy capì improvvisamente perché
Spike non era più interessato a lei. Aveva una donna come Harmony pronta ad
accorrere al suo cenno e non desiderava certo sprecare il suo tempo con una
ragazza come lei, troppo inibita per soddisfare i suoi desideri.
Le spalle di Buffy si incurvarono,
mentre saluta la bionda; la gelosia aumentava in lei fino al punto di
trasformare l’antipatia che nutriva per Harmony in odio vero e proprio. Anche
se avesse desiderato dedicare una parte di quell’astio a Spike, era troppo
realista per imbrogliare se stessa: quello che provava per lui non era certo
odio.
Il pomeriggio andò di male in peggio.
Erano passate almeno un paio d’ore da quando aveva incontrato Harmany, quando
sentì una voce che la chiamava dall’altro lato del casinò. Girandosi, vide
l’aspirante cantante che aveva conosciuto in aereo, Anya Jenkins, che le faceva
cenni frenetici.
Lo sguardo indagatore della ragazza
non era certo incoraggiante mentre attraversava il casinò affollato, per
raggiungerla.
“Ti vorrei far sapere che sono cinque
giorni che ti sto dando la caccia!”, fece Anya in tono seccato. “Cominciavo a
pensare che tu fossi caduta nel lago e fossi annegata. Dove ti sei nascosta?
Sono passata qui tutti i pomeriggi sperando di incontrarti.”
“Non vengo al casinò più di quanto sia
necessario”, replicò Buffy con freddezza. “Sono qui solo perché a mio padre
serviva una cameriera.”
Gli occhi di Anya si illuminarono
quando Buffy accennò a suo padre. “Non mi avevi detto che il tuo vecchio dirige
il casinò?”
Sperando di evitare quello che sapeva
sarebbe seguito, Buffy cercò di allontanarsi. “Scusa ho da fare.”
“Aspetta.” Anya la fermò con un
gridolino stringendole delicatamente il braccio. “Ti ricordi che quando ne
parlammo sull’aereo promettesti di presentarmi a lui?”
Buffy negò con il capo. “Non mi
ricordo di averti fatto una promessa del genere.”
“Invece, sì”, mentì tranquillamente
Anya, mentre si accomodava il corpetto scollato del vestito. “Mi hai detto che
se fossi capitata al Cedars dovevo cercarti e mi avresti presentato tuo padre.”
Anya le aveva detto sull’aereo che
avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ottenere una scrittura e Buffy le aveva
creduto. Per questa ragione non voleva che la ragazza conoscesse Rupert, quindi
scosse nuovamente la testa.
“Per favore, sono disperata. Nessuno
degli alberghi fa assunzioni, quindi da quando sono qui non sono mai riuscita a
parlare con qualcuno che abbia un po’ di autorità, disposto a sentirmi. Sei
l’ultima speranza che ho. Non conosco nessun altro da queste parti e, visto che
tuo padre è una persona importante, non puoi presentarmi a lui? Per favore. Se
fai questa cosa per me ti sarò grata per sempre.”
A questo punto, Buffy non sapeva più
cosa dirle. Anya avrebbe dovuto avere il buon senso di andarsene subito da lì
prima di spendere tutti i suoi soldi. Avrebbe voluto aiutarla, ma non boleva
presentarla nemmeno a suo padre. Non sapeva più cosa fare; però la decisione
venne presa per lei.
“Stai facendo una pausa Buffy?”,
chiese Rupert e notando Anya sfoderò il suo sorriso più seducente. Gli occhi
seri che valutarono la figurina minuta dalle curve generose si strinsero, in
segno di approvazione, per ciò che avevano veduto.
“Se devi fare una pausa, tanto vale
che tu stia comoda. Vieni nel mio ufficio insieme alla tua amica.”
Buffy era in trappola. Non aveva altra
possibilità che seguire suo padre.
Quando Rupert aprì la porta della sua
segretaria, e Buffy vide Jenny che alzava lo sguardo dalla scrivania e gli
sorrideva affettuosamente, dovette mangiarsi il gemito che le era salito alle
labbra. Se suo padre avesse iniziato una relazione con Anya, Jenny ne sarebbe
stata ferita per l’ennesima volta e, seppure indirettamente, sarebbe stata
colpa sua, o così almeno lei pensava.
Che stupido pasticcio, pensò
sconsolata; ed ebbe la tentazione di fuggire via. Ma era davvero troppo tardi. Anya
e suo padre si stavano scambiando sguardi interessati.
Buffy dovette presentargli Anya, che
le tese languidamente una mano carica di anelli. Lui la tenne nella sua più a
lungo del necessario, poi le fece uno dei suoi sorrisi enigmatici. “Le
piacciono i gioielli, signorina Jenkins?”
Lei sorrise maliziosamente. “Sono come
tutte le donne, signor Giles, mi piacciono le cose belle.”
“Chiamami Rupert”, disse lui. “E cosa
fa per guadagnare i soldi per comprarsi le belle cose che le piacciono?”.
“Sono una cantante, una cantante molto
brava. Ho cantato nei migliori locali di San Francisco. Ora sono qui in
vacanza. Ero venuta per vedere se sarebbe stato possibile lavorare qui nel
futuro e ho deciso che è un posto molto bello. E dato che Buffy e io siamo
amiche, si è offerta di chiederle se avesse contatti con gli alberghi più
grandi”, mentì spudoratamente Anya.
“Conosco qualcuno”, rispose prendendo
il braccio della ragazza. “Andiamo nel mio ufficio a discuterne.”
Senza neanche salutare Buffy, Anya si
lasciò condurre da Rupert nell’ufficio privato.
Appena si fu chiusa la porta, Buffy
girò su se stessa per affrontare Jenny. “Non mi sono offerta di presentarle mio
padre, Jenny, credimi. Non mi sarei mai offerta di fargli conoscere una ragazza
come quella. Non vorrei ferirti per nulla al mondo. Ti prego credimi.”
“Basta così, Buffy. Va tutto bene. Se
non fosse stata lei, sarebbe stata qualche altre donna giovane, quindi non
fartene una colpa.”
“Come puoi sopportarlo, Jenny?”, bisbigliò
tristemente Buffy, pensando non tanto a Rupert e Anya, quanto a Spike e
Harmony. “Non ti fa un male incredibile vederlo con un’altra?”
“Fa male, ma non tanto quanto
all’inizio. O forse, dopo tutto questo tempo, mi ci sono abituata.”
Poco tempo prima Buffy avrebbe chiesto
a Jenny perché non lasciava Rupert ma, da quando aveva incontrato Spike, aveva
capito che ad alcuni problemi non c’era una facile soluzione. Che strano! Dopo
aver visto come suo padre aveva ferito Jenny, si era lasciata attrarre da un
uomo proprio come lui.
D’istinto fece il giro della scrivania
per baciare lievemente la guancia di Jenny. “Vorrei che tu, dieci anni fa, ti
fossi innamorata di qualcuno più degno di fiducia. Ma l’amore non è sempre
saggio, vero?”
Mentre la donna scuoteva la testa,
Buffy andò alla finestra per guardare, senza vederli, i rami degli alti pini e
dei cedri che ondeggiavano alla brezza leggera. Nel suo cuore stava nascendo un
acuto dolore quando, gettando lo sguardo sul piazzale adibito a parcheggio,
vide Spike e Harmony fermi accanto alla DeSoto. Mentre lei li guardava, Harmony
si alzò sulla punta dei piedi per accostare le sue labbra a quelle di lui, in
un lungo bacio. Buffy si voltò bruscamente.
CAPITOLO VIII
Buffy si svegliò più tardi del solito,
dopo una notte insonne trascorsa ad agitarsi nel letto. Si alzò con riluttanza
e si preparò; indossò un prendisole scollato color crema e, seduta alla
toilette, sistemò si spazzolò i capelli esaminando il suo viso. Sono
decisamente troppo pallida, pensò, e cercò di rimediare applicando del fard
color pesca sulle guance e del mascara sulle ciglia schiarite dal sole; ma non
c’era rimedio per le ombre scure che le erano apparse sotto gli occhi. Si era
addormentata subito la sera prima, solo che dopo un paio d’ore si era svegliata
ed era rimasta sveglia fino all’alba pensando a Spike. “Un inutile spreco di
tempo”, disse Buffy, rivolgendosi alla sua immagine riflessa nello specchio,
con gesto di scherno. “Ci puoi scommettere che lui nn ha certo perso la notte
pensando a te, visto che c’era Harmony a fargli compagnia.”
Il dolore pungente che sentiva in
petto cresceva al solo pensiero della bionda.
Dopo aver rifatto il letto, andò in
cucina a bere una tazza di caffè e trovò suo padre che le rivolse un sorriso di
saluto. “Ti sei alzata tardi questa mattina. Ti senti bene, vero?”
“Benissimo”, rispose brevemente Buffy,
ancora irritata con lui per il suo comportamento della sera prima, con Anya.
Non sarebbe stata troppo sorpresa se lui non fosse neppure tornato a cas, la
sdra prima. Sospettava che Anya Jenkins, pur avendolo appena conosciuto,
sarebbe stata ben lieta di ospitarlo nel suo letto all’albergo.
Comunque suo padre era in casa e Buffy
si addolcì un pochino.
“Non mi avevi detto che stamattina
saresti andata a fare spese?”, insistette Rupert, infilando la mano nella tasca
interna della giacca. Ne estrasse diverse banconote di grosso taglio.
“Naturalmente puoi accreditare sul mio conto tutte le spese di vestiario per
l’inverno, ma questi prendili come soldi in più. Vai dal gioielliere, comprati
qualcosa di veramente bello.” Le porse i soldi, sorridendo con il suo solito
fare incerto, un po’ imbarazzato.
Buffy prese i soldi ed esclamò
dolcemente, guardandolo con gli occhi verdi pieni di stupore: “Ma questi sono
più di cinquecento dollari. E’ troppo. Paghi già tutto per me, non è necessario
che tu mi faccia anche un regalo così grande.”
“Lo so che non è necessario, ma io lo
desidero. Spendili, Buffy. Comprati quello che ti piace di più. E ora , visto
che di solito ti ci vuole tutta la giornata per fare spese, sarà il caso che tu
vada, no?”
“Va bene”, disse la ragazza e lo
ringraziò con un sorriso. Ma, mentre stava per andarsene sentì dei passi in
corridoio. Si girò per salutare Willow, ma invece dovette mordersi le labbra
per trattenere un grido di sorpresa. Non era Willow che entrava con
disinvoltura in cucina, ma Anya, che si comportò come se avesse ogni diritto di
gironzolare tranquillamente in casa di Rupert. Ignorando la ragazza, rivolse
all’uomo un sorriso languido pieno di familiarità.
“Buongiorno, amore. Come fai ad essere
così sveglio quando mi hai lasciato dopo le tre di ieri notte? Io mi sentivo
così stanca e pigra che avrei dormito fino a mezzogiorno, ma mi sono ricordata
che avevi promesso di presentarmi al tizio che fa le scritture al Cedars e
allora sono venuta qui per andare albergo insieme a te.”
Buffy sentì il risentimento crescerle
dentro come un’onda e rivolse un’occhiata di ghiaccio al padre, quindi uscì a
passo di marcia dalla cucina, senza neppure uno sguardo per Anya.
Entrò come una furia nella sua stanza,
sbattendosi la porta alle spalle. Il tonfo echeggiò in tutta la casa, con sua
grande soddisfazione.
Stava borbottando tra sé quando
improvvisamente si aprì la porta della sua camera e lei si girò appena in tempo
per vedere Rupert irrompere nella stanza.
“Buffy, ti prego, dobbiamo discutere
questa storia. Io…”
“Non voglio parlare con e”, rispose
lei sostenuta. “Non c’è assolutamente niente da dire.”
“Invece sì. Posso spiegarti tutto”,
ribatté lui.
“Non è necessario che tu spieghi
nulla”, esclamò lei con sarcasmo. “Ho anch’io degli occhi e quello che ho
appena visto spiega tutto in maniera chiarissima.”
“Sii ragionevole”, mormorò trai denti
pulendosi le lenti degli occhiali. “Sono tuo padre, ma sono soprattutto un uomo
con determinate necessità. E tu sei abbastanza grande per capirlo.”
Buffy fece una smorfia di disprezzo.
“Oh, sì, questo lo capisco bene, ma è proprio necessario che tu vada con donne
come Anya per soddisfare questi…bisogni? Ti sta usando, ma non lo capisci?!”
“Lo so perfettamente”, ribatté Rupert
freddamente, mentre gli occhi gelidi si accendevano di impazienza, “non sono
uno sciocco.”
“E allora perché fai così? Non riesco
a capire!”, gli chiese lei con calore. “Cos’hai che non va? C’è Jenny…”
“Cosa diavolo c’entra Jenny in tutto
questo? Perché tirarcela dentro?”, la interruppe Rupert con irritazione.
“Se non lo sai tu, non sarò certo io a
dirtelo. Se fai così devo supporre che continuerai a vedere quella contante da
quattro soldi, pur ammettendo che lei vuole solo sfruttarti. Non puoi fare sul
serio! Ma sì, invece! Beh, ti dirò quello che penso. Se continui a vederti con
lei puoi essere certo che non vedrai più me. Me ne andrò, considerala una
promessa!”
Rupert imprecò fra i denti. “Sembri
dimenticare che di noi due è il genitore. Tu sei la figlia e il padre. Potrai
anche essere cresciuta, ma io non intendo prendere ordini da te.”
Buffy rimase senza fiato. Suo padre
non le aveva mai parlato in quel modo. Sembrava proprio… un padre; ma ormai era
troppo tardi. Neppure suo padre poteva ordinarle di continuare a vivere sotto
il suo stesso tetto mentre lui portava avanti quella squallida relazione con la
sua…amante. Lei non l’avrebbe sopportato. Si eresse in tutta la sua statura e
lo squadrò con aria di sfida.
“Buffy! Ho ascoltato a sufficienza le
tue lagne. Ora prendi
“E’ questo che credi, dunque?”,
ribatté lei. “Io invece credo che siano anche affari miei e non intendo
alleggerire la tua coscienza sporca usando i tuoi soldi. Prendi i tuoi soldi e
dalli a Anya, sono sicura che se li è guadagnati! E non comprerò abiti per la
scuola. Piuttosto che accettare qualcosa da te preferirei andare in giro nuda
per il campus.”
“Stai reagendo in maniera esagerata”,
le rispose il padre freddamente, mentre usciva dalla stanza.
Buffy era inviperita. Così lui credeva
di poterle imporre di restare mentre permetteva a quella sgualdrinella di
sfruttarlo…ma lei gi avrebbe dimostrato che si sbagliava. Ancora non sapeva
come, ma l’avrebbe fatto
Buffy passò la giornata sulla riva del
lago a meditare la sua vendetta. Considerò la possibilità di ritornare a casa,
ma castrò subito questa idea. Partire non era la risposta adatta. Sarebbe stato
anche troppo facile per suo padre continuare con il suo solito stile di vita.
Verso le quattro fu colpita come un
fulmine da un’idea fantastica. Rise allegramente: l’avrebbe sistemato ben bene.
La soluzione migliore era dargli un po’ della sua stessa medicina.
Corse a casa a lavarsi, poi prese una
valigia, cominciò a riempirla e vi mise dentro gli abiti e gli accessori che le
sarebbero serviti.
Willow entrando nella sua stanza e
vedendo la valigia già pronta disse con tono severo: “Cosa diavolo stai
facendo? Non vedo come puoi cambiare la situazione scappando da tua madre.”
“Ma io non sto scappando da mia madre,
Willow. Non ti devi preoccupare, ma ho intenzione di dare una lezione a mio
padre andando a vivere con un uomo.”
Willow quasi soffocò per lo stupore.
Buffy le spiegò meglio. “Se mio padre
porta qui Anya, allora io posso andare a vivere con un uomo.”
“Ma tesoro”, le disse implorante la
donna, “non puoi fare una cosa così sciocca. Sei una brava ragazza, così
ingenua. Potresti ritrovarti in un mare di guai mentre cerchi un uomo che ti
accolga in casa.”
“Ma non ho nessuna intenzione di
cercare un uomo, non è necessario. Ho già in mente l’uomo adatto.”
“Chi?”, le chiese Willow con sospetto.
“Non quel biscazziere, Lodoby, o come si chiama.”
“Esattamente quello!”, ribatté Buffy
tranquillamente. Detto questo, salutò la sua amica e se ne andò, ripetendo tra
sé e sé che sarebbe stato solo per pochi giorni, e poi non correva alcun
pericolo; intanto lui la considerava solo una ragazzina.
Fortunatamente sia Spike che la sua
governante erano usciti quando Buffy arrivò. Solamente Georgia era sdraiata
accanto alla porta di servizio e appena la vide le corse incontro, facendole le
feste. “Almeno tu sei contenta di vedermi. Spero che il tuo padrone non abbia
la reazione opposta quando tornerà stasera.” Poi prese la chiave dal
nascondiglio in un vaso di felci dove l’aveva vista prendere da Spike quando
l’aveva portata lì per fasciarle il ginocchio. L’aveva adoperata quando lui era
stato malato e quindi non le sembrò poi tanto strano entrare in casa senza
invito. Questa volta il motivo era più egoistico, ma Buffy non ci pensò e portò
la sua valigia nella camera da letto più piccola. Dopo averla vuotata si
chiese, guardando il letto d’ottone, se il sonno l’avrebbe raggiunta facilmente
quella notte. Non così facilmente, sospettava, soprattutto perché non sarebbe
riuscita a dimenticare che Spike era nella stanza accanto.
Verso le sette Buffy capì che Spike
non sarebbe tornato per cena, allora si preparò un’insalata, lavò i piatti e si
diresse in soggiorno. Vide un portatile con stampante in un angolo, e pensò di
scrivere una lettera alla madre; però non sapeva nemmeno da che parte
cominciare per accenderlo, allora si decise a finire il suo romanzo. Ben presto,
distesa sul divano si addormentò.
Fu svegliata poco dopo da lunghe dita
gentili che le accarezzavano i capelli. Si stirò pigramente, poi socchiuse gli
occhi.
“Spike”, bisbigliò, guardandolo con
tenerezza, affascinata dai riflessi dei suoi capelli sotto la luce tenue del
lume. Tentò di tirarsi su, ma lui le circondò la vita con le mani così che lei
gli si trovò molto vicina.
“Riccioli s’oro, come mai sei qui?”,
le chiese ansiosamente, “qualcosa che non va?”
“No, cioè sì.” Per il nervosismo Buffy
cominciò a mordicchiarsi un’unghia. Lui era troppo vicino. Sentiva il calore
del suo corpo, e la fragranza del dopobarba le riportava alla mentele occasioni
nelle quali gli era stata anche più vicina. Si ritrasse quanto più poteva da
lui, poi le parole iniziarono a uscire veloci dalle sue labbra. Gli raccontò
tutto e aggiunse: “Suppongo che tu non capisca perché sono così turbata. A te
la sua relazione con Anya deve sembrare una cosa normale.”
Spike sorrise con rassegnazione. “Non
hai ancora capito che non sono la copia esatta di tuo padre, vero? Non dovresti
mai fare supposizioni, perché non sempre hai ragione. Io capisco benissimo ciò
che provi, ma anche tu dovresti accettare l’idea che tuo padre non è più un
bambino e se vuole vivere con lei tu non glielo puoi impedire.”
“Benissimo”, ribatté lei seccata, “ma
lui dovrà accettare il fatto che non intendo vivere insieme a lui finché
continua a farsi prendere in giro da Anya.”
Spike le prese il mento con la mano e
cercò il suo sguardo. “E’ per questo che sei qui?”
Buffy annuì e mormorò: “Ti prego,
lasciami rimanere. Non ti darò disturbo. Voglio solo che capisca come mi sono
sentita io.”
Lui inarcò un sopracciglio con aria
interrogativa. “Sei davvero un paradosso, dolcezza. Prima mi cataloghi fra gli
uomini come tuo padre, capaci solo di vedere le donne come oggetti dei loro
desideri sessuali e di piacere, poi, però, ti fidi di me al punto di voler
restare qui! Non temi ch io possa sfruttare questa situazione a mio vantaggio?”
Lei arrossì. “Io.. io credo di potermi
fidare, vero? E poi tu stesso hai dichiarato che sono troppo giovane e
inesperta e che non saresti interessato…”
“L’interesse c’è, maledizione”,
mormorò lui con voce roca e stranamente profonda, stringendola ancora di più a
sé e accarezzandole la pelle nuda della vita con le mani esperte. La bocca
sfiorò il suo piccolo mento proseguendo, poi, lentamente, verso la base del
collo. “Ti ho detto già una volta che la tua innocenza mi affascina.” Le sfiorò
le labbra e lei sospirò tremando, allora lui alzò il capo avvolgendola nella
luce azzurra dei suoi occhi, che non nascondevano il suo ardente e intenso
desiderio. “Vedi, dici di fidarti, ma non appena ti tocco inizi a tremare.”
Posò una mano sul seno di lei mentre
le accarezzava con l’altra la base del collo. “E anche il tuo cuore sembra
impazzito. Hai tanta paura di me, dolcezza?”
“Sì… no… qualche volta mi fai paura,
davvero!”, rispose lei senza fiato, mordicchiandosi un labbro.
Gli occhi verdi erano confusi mentre
lo fissava smarrita. “Anche tu sei un enigma per me”, bisbigliò. “Non so mai
quello che farai. Come ora. Non so a cosa stai pensando. Non riesco a capire
se… se mi desideri.”
“Io ti desidero sempre, passerotto.
Sei una donna molto desiderabile e io voglio fare l’amore con te, ma non se tu
lo faresti solo per far dispetto a tuo padre. Quando faremo l’amore sarà perché
anche tu lo vorrai, perché risponderai sinceramente alle mie carezze come hai
fatto l’altro giorno nella mia stanza, ricordi?”
Annuendo come incantata dal suono di
quelle parole lei si appoggiò a Spike e rimase delusa quando lui la lasciò
alzandosi in piedi e infilando le mani nelle tasche dei jeans.
“Ma per questa notte non ti devi
preoccupare”, le disse con un’espressione indecifrabile. “Sono quasi le due e
sembri molto stanca. Sarà meglio andarcene tutti e due a letto. In camere
separate, naturalmente!”
Anche se capiva dal tono di voce che
la stava prendendo in giro, Buffy arrossì di nuovo e corse in camera.
“Dolcezza, svegliati”, le disse la
voce di Spike. Lei aprì gli occhi lentamente, poi li spalancò per la sorpresa e
anche con un po’ di paura. Lui le sorrise teneramente. “Ti devi svegliare, c’è
qui tuo padre e pretende di parlarti immediatamente.”
Buffy si svegliò di colpo. Si sedette
sul letto e notando lo sguardo di Spike che seguiva la linea della scollatura
della sua camicia da notte, tirò su il lenzuolo fino al mento.
“Cosa vuol dire ‘pretende di vedermi’.
E’ davvero così infuriato?”
“Non è entusiasta del fatto che tu
abbia trascorso qui la notte”, le rispose con un sorriso ironico. “Ed è
arrabbiato con me. Dal modo in cui mi ha squadrato si direbbe che mi consideri
l’ispiratore e responsabile di questa situazione.”
“Mi dispiace. Immagino che tu non
avresti voluto entrare in tutta questa storia, ma…”
“Ma tu vuoi fargli credere che siamo
amanti…” Spike finì la frase per lei. “A giudicare dall’espressione del suo
sguardo quando gli ho aperto la porta, è proprio quello che teme.”
“Tu mi farai da spalla? Non è
necessario che ti comporti come un amante, basta che gli lasci capire che non
ti dispiace che io sia qui, ti prego.”
“Sembra che nel tuo piano io ci sia
giù dentro fino al collo”, sorrise lui. “Quando ho aperto la porta ho avuto
l’impressione che volesse prendermi a pugni anche perché avevo indosso solo
questi jeans sbottonati.”
Inghiottendo con una certa difficoltà,
Buffy lo guardò attentamente per la prima volta da quando era entrato a
svegliarla. Conciato in quel modo aveva decisamente l’aspetto di un amante
virile.
Guardò affascinata l’ampio torace.
Bastò un’occhiata alle lunghe gambe muscolose fasciate dai jeans, perché il suo
cuore cominciasse a battere furiosamente. I suoi occhi tornarono sui capelli
dorati e poi, quasi contro la sua volontà , si soffermarono sulla bocca
sensuale.
“Vestiti, riccioli d’oro”, le ordinò
bruscamente, girandosi verso la porta. “Se non scendi subito, credo proprio che
Rupert verrà su a cercarti.”
Uscì di corsa dal letto e si guardò
allo specchio: se i sentimenti che provava per Spike sembravano rispecchiarsi
nell’espressione sognante dei suoi occhi e nella piega sensuale delle sue
labbra, non si poteva dire lo stesso per il suo abbigliamento da ragazzina.
Lei voleva mostrarsi al padre con
l’aspetto di chi abbia trascorso una notte folle di passione. Allora uscì dalla
camera in punta di piedi e raggiunse silenziosamente quella di Spike. Il suo
letto era disfatto, ma non vide pigiami da nessuna parte; pensò che forse lui
dormiva nudo e con difficoltà allontanò le immagini che quel pensiero le aveva
portato alla mente. Prese quindi una camicia dal suo armadio e la indossò,
rimboccandosi le maniche. Si osservò poi soddisfatta allo specchio. La camicia,
enorme su di lei, dava esattamente quell’aspetto en desabillé che lei
desiderava ottenere. Quell’abbigliamento era provocante al punto da dare uno
shock a suo padre. Arruffò leggermente i capelli con le dita e tentò di
assumere un’espressione languida… dopo di che si sentì pronta.
Scendere tranquillamente le scale fino
al salone centrale fu uno dei compiti più ardui che Buffy avesse mai
intrapreso, ma doveva andare fino in fondo si ripeté ostinatamente.
Scalza, scese silenziosamente lo
scalone. I due uomini non la notarono ed ebbe quindi il tempo di tirare un
respiro profondo per darsi contegno e coraggio.
“Buongiorno”, disse poi con voce assonnata,
attraversando pigramente la stanza.
Ignorò il respiro brusco del padre, si
avvicinò alla sedia di Spike e gli appoggiò casualmente una mano sulla spalla.
Rupert la fissava con rabbia ed era chiaro che avrebbe voluto prenderla a
sberle. Cercò di mantenersi calma restituendogli tranquillamente lo sguardo.
“Cosa significa quell’abbigliamento?”,
chiese il padre ferocemente, con i pugni stretti sui braccioli della poltrona.
“E, comunque, cosa significa il fatto che tu sia qui? Cosa stai cercando di provare?”
“Nulla di speciale.” Buffy assunse la
sua espressione più innocente. “Mi andava di vivere qui con Spike per un po’ di
tempo. Non voglio esserti tra i piedi finché vai in giro con Anya Jenkins.”
“Io sono arrabbiato da morire. Vai a
fare la valigia, ti riporto subito a casa!!!”
“Non credo. Non intendo tornare a casa
fin quando continuerai a vederti con Anya, e questa è la mia ultima parola.”
Rupert esplose. “Farai quello che ti
dico e no n riuscirai a costringermi a fare quello che vuoi tu. Uscirò con Anya
se lo desidero e non ti permetterò di dirigere la mia vita. Tu sei la figlia e
io il genitore, e se non cominci a ricordartene ti darò la prima sculacciata
della tua vita.”
La sua rabbia riuscì solo a rinforzare
la testardaggine di Buffy. Purtroppo lei aveva un aspetto troppo vulnerabile e
Rupert cercò di sfruttarlo rivolgendosi a Spike.
“Lodoby, non siamo grandi amici, ma
pensavo di conoscerla abbastanza da credere che non avrebbe approfittato di una
ragazzina innocente come Buffy. Sembra che mi sia sbagliato.”
Spike si irrigidì. “Posso assicurare
che sua figlia è innocente stamattina quanto lo era ieri quando è arrivata
qui”, disse seccamente. “Lei non è una bambina e le dirò onestamente che mi
sento molto attratto da lei. Quindi, anche se tra noi non è accaduto nulla ieri
sera, non le prometto che sarà sempre così, soprattutto se vivrà qui in casa
mia.”
Il volto di Rupert si accese per l’ira
e di nuovo si rivolse a Buffy. “Mi hai molto deluso. Stai scherzando con il
fuoco. Spike è troppo grande per te e se non stai attenta finirai per esserne
ferita- Non credo che tu voglia correre un tale rischio solo per farmi fare
quello che vuoi. Vai di sopra, da brava, e fai la valigia così ti riaccompagno
a casa tua.”
“Se Spike è troppo grande per me,
allora tu sei troppo vecchio per Anya”, gli rispose lei ferma. “Finché
insisterai nel vederla io intendo rimanere qui con Spike.”
Rupert imprecò, alzandosi in piedi.
“Non permetto a nessuno di disporre della mia vita, tanto meno a mia figlia. Me
ne vado senza di te. Vorrà dire che tornerò a prenderti quando avrai ritrovato
la ragione.”
Così uscì dalla casa sbattendosi la
porta alle spalle.
Buffy si rivolse malinconicamente a
Spike: “Temo di averti incastrato per qualche tempo, cioè fino a quando mio
padre non avrà cambiato idea. Non ti darò fastidio, vedrai. Grazie per aver
detto quella cosa sull’essere attratto da me, hai reso tutto molto più
convincente.”
“Ho parlato onestamente, dolcezza,
perciò non commettere l’errore di crederti al sicuro, qui con me”, mormorò lui,
gli occhi azzurri illuminati da una fiamma di desiderio mentre accarezzavano
dolcemente il corpo di lei. “Ricorda quel che ti ho detto ieri sera: desidero
fare l’amore con te e, se vuoi conservare la tua verginità, comincia a
indossare qualcosa di meno provocante di quella camicia. Sono un uomo, non un
santo, e non so per quanto tempo potrò resistere alla tentazione. Stai attenta,
te lo ripeto per l’ultima volta.”
Senza preavviso allungò le mani e le
accarezzò il seno palpitante. Gli occhi azzurri si strinsero in due sottili
fessure. Lei rimase senza fiato per alcuni secondi, senza riuscire a muoversi.
Poi, con un piccolo grido di terrore, si liberò e corse verso la sua camera.
Con il respiro irregolare si appoggiò
alla parta chiusa. Spike era stato anche troppo chiaro. E lei aveva capito alla
perfezione, senza ombra di dubbio.
[WIP]