Fanfiction ospitata per gentile concessione del Bloodylove in attesa di riuscire a rintracciare l'autrice.

 

IL GIOCATORE D’AZZARDO

Di Francesca82

 

 

PROLOGO

 

… L’uomo misterioso e affascinante porse la mano a Buffy e la luce sicura di quei caldi occhi azzurri le lanciò un ammonimento. Con il cuore che le batteva furiosamente, Buffy lo guardò captando il suo ordine silenzioso; pose la sua piccola mano in quella di lui, tremando, mentre l’uomo l’attirava a se. Un braccio muscoloso le circondò la vita e lui le pose un bacio leggero sui folti capelli biondi. “Buffy, non aver paura, avrò cura di te per sempre”, mormorò con voce profonda e melodiosa. Con un dito sollevò il piccolo mento. Lui abbassò la testa castana, sorridendo felice mentre il morbido corpo di lei si fondeva in quello magro e slanciato di lui. Poi la sua bocca dal taglio sensuale schiuse quella di lei…

 

“Vai a Tahoe per una vacanza?”, chiese la ragazza seduta accanto a Buffy, distogliendola da quelle meravigliose fantasie. “Oppure lavori lì?”

Con un silenzioso sospiro di rimpianto Buffy si costrinse a tornare alla realtà e distolse lo sguardo dal finestrino dell’aereo. Buffy le rivolse un sorriso amichevole e rispose alla domanda: “Non lavoro lì, ma non sono neppure in vacanza. Vado a passare l’estate con mio padre.”

La biondina inarcò le sopracciglia. “Oh deve essere pieno di soldi se si può permettere di trascorrere tutta l’estate a Tahoe.”

Sorridendo con indulgenza Buffy scosse la testa in senso di diniego. “In effetti lui vive vicino al lago Tahoe perché dirige il casinò di un albergo, il Cedars.”

“Oh, che bello! Sarebbe talmente meraviglioso per me conoscere qualcuno che lavora lì. Mi chiamo Anya Jenkins, sono una cantante e sicuramente morirei di gioia se avessi l’opportunità di cantare in un albergo come quello. A proposito come ti chiami? Non me l’hai ancora detto.”

“Io sono Buffy Giles.” Buffy incuriosita le chiese da quanto facesse la cantante. “Sono ormai cinque anni, all’inizio cantavo in postacci dove tutti erano ubriachi. E ora che ho venticinque anni sto aspettando l’ingaggio della mia vita: farei qualunque cosa per essere una diva affermata.”

“Allora ti auguro buona fortuna.” Buffy si sentiva decisamente più matura, ma anche meno sognatrice a ventun anni di quanto lo fosse Anya.

“Ho bisogno di qualcosa di più della fortuna però. Dovrei conoscere qualcuno in uno degli alberghi, uno come tuo padre…” concluse con fare allusivo.

Buffy rifiutò di cogliere il suggerimento, anche se a suo padre avrebbe fatto piacere conoscere Anya. Mentre ricordava tutte le giovani donne simili alla cantante che aveva visto accanto a lui nel corso degli anni, il terrore al pensiero dell’estate che l’aspettava a Tahoe la colse di nuovo. Era così ogni anno. Mentre sua madre Joyce, il patrigno e la loro figlia Dawn trascorrevano l’estate a Los Angeles, lei veniva spedita nel Nevada per trascorrere più di due lunghi mesi con un uomo che conosceva appena, e per il quale non aveva neanche il minimo rispetto nonostante fosse suo padre. Lei non voleva andare, ma suo padre, Rupert Giles che le inviava il denaro per gli studi universitari, l’aveva informata che non le avrebbe fornito l’occorrente per la scuola se non fosse andata da lui.

Non sapeva perché la volesse visto che non le dedicava mai molta attenzione. Suo padre era un irresponsabile giocatore d’azzardo e un amabile scapestrato, anche se dal suo aspetto composto e con quegli occhialini non lo dimostrasse.

Ma per quanto odiasse andare lì, era costretta ad ammettere che dovevo essere uno dei posti più belli del mondo. Il lago blu zaffiro era racchiuso in un bacino fra i monti della Sierra Nevada proprio sul confine tra Nevada e California. Le colline che circondavano le acque limpide come un gioiello erano ricoperte da foreste di pini e cedri e a lei sembrava di immergersi in un sogno; peccato che vivere accanto a suo padre non lo sarebbe stato.

 

CAPITOLO I

 

L’atterraggio avvenne senza problemi e nel giro di poco tempo si trovò al Cedars.

Davanti alla porta di mogano dell’ufficio del padre fece una breve pausa e, con la mano già appoggiata sulla maniglia di ottone, si voltò a guardare il casinò, mentre un’espressione perplesssa le sconvolgeva il volto dai lineamenti delicati. Cosa mai al mondo poteva esserci di tanto affascinante in una pallina che girava in tondo su una ruota da roulette? Non riusciva proprio a capire l’interesse per il gioco d’azzardo. Entrò e la prima persona che vide fu Jenny Calendar, che negli ultimi dieci anni era stata la segretaria di suo padre, era l’unica che era riuscita a stabilire con lui un rapporto permanente da quando aveva divorziato da sua madre. Il suo primo pensiero fu che Jenny era troppo buona per lui. Sulla trentina avanzata, aveva capelli castani, una figura snella e giovanile: era attraente, ma aveva anche qualcosa in più, personalità e calore.

Appena la vide, Jenny corse ad abbracciare affettuosamente Buffy. “E’ bello rivederti cara, sei diventata una giovane e bella donna. Rupert sarà sorpreso quando vedrà quanto sei cresciuta!”

Il sorriso di Buffy si smorzo leggermente, dubitava che suo padre si sarebbe accorto di lei.

Pur essendo una donna intelligente, Jenny era cieca nei confronti delle debolezza di Rupert. Era una di quelle persone buone e sincere e si meritava un’esistenza sicura con un marito che l’amasse veramente e dei figli. Che purtroppo non avrebbe mai trovato con suo padre.

“Non pensavo di trovarti ancora qui, Jenny” mormorò Buffy d’istinto “Speravo, per il tuo bene, che saresti andata via. Non voglio sembrarti scortese, ma so che ami mio padre da quando iniziasti a lavorare per lui. So aveste un breve flirt, e che quando lui iniziò ad uscire con un’altra, lo amavi ancora troppo per lasciarlo.” “Quello che è accaduta tra noi appartiene al passato ed è stato dimenticato. Non ti devi preoccupare per me.”

Buffy non si diede per vinta. “Perché sprecare tutta la vita per un uomo come mio padre? Lui non cambierà mai. Non capisco come tu possa sopportare di vederlo uscire con tutte quelle ragazze!”

“Non ti sei mai innamorata, Buffy?” replicò Jenny “Quando avrai trovato l’uomo che penserai di poter amare per tutta la vita, credo che allora comincerai a capire. L’amore non si può chiudere come se fosse un rubinetto. E’ un sentimento tenace che riesce a sopravvivere a tante prove, anche terribili. Ma questo lo scoprirai quando ti sarai innamorata…”

“Allora spero che non mi succeda mai”, rispose arrabbiata Buffy. “E se dovesse accadere, non sarà mai con un uomo come mio padre, che prende sempre e non da mai nulla in cambio. Voglio innamorarmi di un uomo che, insieme al suo amore, mi dia anche una sicurezza affettiva. Se non riuscirò a trovare qualcuno così, allora non mi innamorerò mai.”

Sorridendo con tenerezza Jenny scosse la testa. “Sei così giovane Buffy, non sai ancora che non siamo noi a scegliere la persona giusta della quale innamorarsi. A volte succede e basta.”

Buffy stava per replicare quando entrò suo padre. “Sono felice di vedere che sei arrivata sana e salva, Buffy.” E la gratificò con uno di quegli strani, incerti sorrisi. “Hai fretta di andare a casa, Buffy? Vorrei che tu portassi da bere ad alcuni ragazzi al tavolo privato. Due delle nostre cameriere del bar sono fuori servizio oggi e siamo a corto di mano d’opera. Non ti secca farlo, vero?”

Buffy sospirò silenziosamente. Le dava fastidio, certo, ma questo non significava nulla; almeno lei non avrebbe dovuto indossare una di quelle minuscole uniformi che indossavano le cameriere sul lavoro.

“Come va in quella saletta?” chiese Jenny, “Hanno giocato tutta la notte, vero? Quando finirà?”

“Presto”Rupert era sardonico nella risposta. “Non credo che il giovane erede dei giacimenti di petrolio sia più così entusiasta di diventare un professionista del gioco d’azzardo. Spike lo ha praticamente ripulito!”

Quando Buffy arrivò, non fu sorpresa nel notare che nessuno dei cinque uomini seduti al tavolo nella saletta privata alzò lo sguardo su di lei. Lei li osservò con distacco: cravatte costosissime allentate, colletti sbottonati, capelli arruffati, per lei avevano tutti lo stesso aspetto, eccetto…

Doveva ammettere che l’uomo dai capelli chiari, sulla trentina, seduto al lato estremo del tavolo, sembrava un tantino più accettabile degli altri.

I giocatori d’azzardo erano uomini duri, freddi e totalmente privi di emozioni e questo, secondo la sua opinione, li rendeva praticamente inutili come esseri umani.

Mentre gentilmente chiedeva ad ognuno quale fosse la sua ordinazione, quelli continuavano a fissare le carte e nessuno si prese la briga di ringraziarla.

Anche se aveva fretta di fuggire da quella stanza satura di fumo, si rese conto di aver servito solo quattro bibite, mentre al tavolo c’erano cinque giocatori. Poiché si trovava in piedi accanto all’uomo biondo, si chinò sulla sua spalla: “Mi scusi signore, ma non mi hanno dato nulla per lei”, mormorò cortesemente, “desidera bere qualcosa?”

Lui alzò pigramente il capo e lei notò un leggero velo di barba sulla mascella forte, ma non fu certo quello a turbarla! Fu piuttosto il luccichio di apprezzamento che brillò negli occhi di lui mentre scorrevano sul suo corpo snello, soffermandosi poi sulla bocca.

Quando lei arrossì, l’uomo le sorrise: una cosa che non aveva mai visto fare ad un giocatore impegnato in una dura partita.

“Credo che prenderò del caffè”, disse alla fine, con voce profonda e melodiosa. “Grazie riccioli d’oro.”

Le guance di lei divennero ancora più calde. “Il mio nome è Buffy”, sussurrò lei, “e preferisco essere chiamata così.”

“Io preferisco chiamarti riccioli d’oro”, ribatté lui con un sorriso provocatorio. “E ora che ne pensi di quel caffè, riccioli d’oro?”

“Si accomodi pure”, rispose irritata. “Il bollitore del caffè è proprio dietro di lei.”

Mentre le sopracciglio dell’uomo si inarcava per la sorpresa, suo padre intervenne.”Per l’amor del cielo, Buffy, versa una tazza di caffè a Spike. Non vedi che è nel bel mezzo di una partita?”

Allora Buffy per evitare discussioni inutili gli porse il caffè e notò che grazie ai tre assi che Spike teneva in mano, avrebbe sicuramente vinto.

“Grazie dolcezza” le sussurrò Spike, con voce profonda addolcita da una sfumatura di divertimento. “Spero di non aver causato troppi problemi.”

Senza perdere tempo a rispondere, Buffy si avviò verso la porta; ma prima di aprirla si sentì costretta a guardarsi indietro. Il calore invase nuovamente le sue guance quando si accorse che Spike la guardava attentamente con negli occhi quella strana luce di apprezzamento. Stringendo le labbra alzò il mento, aprì la porta e uscì. Fuori, nel corridoio, si fermò aggrottando la fronte e pensò che, a parte i capelli biondi, l’enigmatico Spike assomigliava in tutto e per tutto all’uomo dei suoi ricorrenti sogni ad occhi aperti.

Più disturbata da questa considerazione di quanto volesse ammettere anche con se stessa, proseguì lentamente. Poi scosse la testa, con determinazione. Probabilmente non avrebbe più rivisto quell’uomo e anche se così fosse stato, non avrebbe fatto alcuna differenza. Aveva deciso tanto tempo prima di non farsi irretire da un giocatore d’azzardo e Spike non avrebbe certo costituito un’eccezione.

 

CAPITOLO II

 

Uno dei croupier del casinò, momentaneamente fuori servizio, accompagnò Buffy a casa, che distava solo un chilometro dall’albergo, ma la strada era stretta e tortuosa.

Nascosta da una fila di pini alti e maestosi, l’abitazione in legno, somigliante a un cottage, guardava il lago; la proprietà si estendeva, lungo un sentiero ombreggiato, fino a una graziosa insenatura chiusa da scogli affioranti.

Con grande gioia di Buffy, c’era un breve tratto di spiaggia dove lei passava la maggior parte del tempo, nuotando nell’acqua fredda e tonificante, oppure semplicemente seduta sulla sabbia tiepida, a sognare ad occhi aperti. Quando era stanca, faceva lunghe passeggiate lungo i sentieri che s’inerpicavano sui pendii ai lati delle strade secondarie. Preferiva passare tutte le vacanze da sola. Quello era il suo paradiso, ma anche il suo inferno, non avendo altre alternative di vacanza.

Buffy entrò in casa e chiamò ad alta voce: “Willow!” Ci fu uno sbatacchiare di pentole in cucina. Poi una donna esile, dai capelli color del fuoco, sui cinquanta anni aprì la porta e con un ampio sorriso disse: “Buffy! Bentornata a casa!”, abbracciandola calorosamente.

Nonostante la grande differenza di età Buffy considerava Willow Rosenberg, la governante nella casa del padre, la sua più cara amica: con lei poteva confidarsi e sentirsi al sicuro, a casa.

Le due si diressero nella camera della ragazza, parlando di cosa era accaduto durante la loro lontananza. Qui Buffy frugò in una delle valige alla ricerca del suo bikini, in tessuto jeans, ed entrò in bagno per una doccia rinfrescante. Finito iniziò a togliere le numerose mollette che tenevano fermi i suoi capelli; pesanti ciocche dorate caddero sulle sue spalle, fino a raggiungere la vita.

“Bene”, disse prendendo il libro che stava leggendo e un flacone di olio protettivo per la pelle.“Ho una grandissima voglia di farmi una nuotata, quindi vado giù alla spiaggia. Ma tornerò in tempo per cambiarmi per la cena.”

Un poco più tardi, sul viottolo stretto e tortuoso che conduceva alla spiaggetta, attraverso una fila di pini che arrivavano fino a riva, Buffy si fermò, godendo del silenzio rotto solamente dal rumore dei rami carichi di pigne e dalle rare limpide note del canto di un uccello. Poi proseguì e scese gli irregolari scalini di pietra levigata che portavano alla radura.

Respirando a pieni polmoni quell’aria fresca e dolce adagiò il telo da spiaggia sulla sabbia fine e vi si sdraiò, pensando di prendere un quarto d’ora di sole prima di fare il bagno.

Stava sdraiata da pochi minuti, mezza addormentata, quando si accorse che il sole non batteva più così intensamente sulle sue palpebre chiuse. Socchiuse piano piano i suoi occhi verdi che si dilatarono per la meraviglia, mentre vagavano da un paio di lunghe gambe muscolose ai dei fianchi stretti cinti da un costume da bagno bianco e poi ad un petto ampio e muscoloso, coperto da una polo azzurra e infine su, ad incontrare un altro paio d’occhi un po’ divertiti. Quell’uomo che la sovrastava sorrise, mettendo in mostra le guance lisce e gli angoli della bocca dalla curva sensuale.

Con un piccolo sospiro di sorpresa, Buffy si sedette bruscamente, mentre lui si lasciava cadere in ginocchio sull’asciugamano accanto a lei. Istintivamente la ragazza incrociò le braccia sul seno, poi riuscì a recuperare rapidamente il controllo sufficiente per fissare con astio il giocatore d’azzardo Spike. Lui passava pigramente le sue lunghe dita tra i capelli biondi e non sembrava affatto accorgersi dell’espressione indignata di Buffy. Era troppo occupato a percorrere col suo sguardo pungente la figura di lei, dalla massa scintillante dei capelli dorati che le incorniciavano il volto delicato, alle caviglie sottili, sino ai graziosi piedini.

Quando i suoi occhi azzurri incontrano nuovamente quelli di lei, le guance di Buffy divennero di porpora. Lui sorrise con indulgenza e disse dolcemente: “Ciao, riccioli d’oro.”

L’indignazione accese ancora di più il colore delle sue guance. “Mi può chiamare Buffy, oppure signorina Giles”, disse troppo pudicamente. “Ma desidero che non mi chiami più con quel nomignolo!” “Peccato, perché a me piace, ma se vuoi ti posso chiamare dolcezza o passerotto.”

Buffy si mosse un po’ a disagio sull’asciugamano, perché non aveva idea di come trattare quell’uomo. Non le piaceva il turbamento che lui creava in lei e che la lasciava senza fiato e desiderava ardentemente che se ne andasse e la lasciasse in pace.

“Cosa fa lei qui?”, chiese alla fine, bruscamente. “Questa è una spiaggia privata.”

“Non credo che a Rupert dispiaccia che io sia qui.” La voce di Spike era calma. “Sai, dolcezza, non sei per niente una ragazza socievole.”

“Mia madre mi dice sempre di non parlare con gli estranei”, ribatté lei in tono tagliente, spostandosi il più possibile sul bordo dell’asciugamano. “E dato che non la conosco…”

“Spike Lodoby”, si presentò con noncuranza. “E non sono veramente un estraneo, no? Perlomeno conosco tuo padre.”

Questa è la ragione principale per cui vorrei evitarti, avrebbe voluto rispondergli lei, ma alzò invece il mento in segno di sfida e gli chiese sostenuta: “Perché non va da qualche parte a dormire? Pensavo che fosse esausto dopo aver passato tutta la notte al tavolo da poker.”

Spike accarezzò la linea forte del suo mento rasato di fresco. “Ero stanco finché non sono uscito sul mio balcone e non ti ho visto quaggiù sulla spiaggia. Ho deciso allora che avrei fatto un bagno.”

“Abita vicino?” chiese dolcemente Buffy, ignara della nota di sgomento nella sua voce. “Così vicino da vedere questa insenatura dal suo balcone?”

Girandosi lui guardò tra gli alberi verso destra della proprietà del padre di Buffy. “Abito nel cottage in legno di cedro su quello stretto promontorio.”

Mentre parlavano, lui sollevò nella mano una manciata di sabbia per poi farla lentamente scendere tra le sue dita magre. Buffy fissava le mani di Spike, i professionisti del gioco d’azzardo che aveva conosciuto nel corso degli anni portavano vistosi anelli di diamanti, ma le sue dita erano, grazie a Dio, assolutamente nude. In effetti lui era diverso dai giocatori che aveva incontrato fino ad allora. C’era troppo calore in quegli occhi blu così privi di emozioni fino al momento in cui, durante quel pomeriggio, l’aveva notata. Tuttavia i giocatori non riuscivano ad accendere e spegnere quello sguardo freddo a volontà. Fissavano invece la gente con sguardo sempre glaciale e indifferente, e il solo fatto che Spike fosse diverso bastava a renderla curiosa nei suoi confronti.

Mentre lo fissava, la fronte aggrottata per la perplessità , improvvisamente si rese conto che anche lui la fissava intensamente. Arrossì di nuovo e distolse velocemente lo sguardo.

“Allora vuoi passare tutto il pomeriggio sdraiata qui al sole, rovinando con una scottatura quella bella pelle liscia, oppure desidereresti fare una nuotata?”

“Credo che lei dovrebbe andare a dormire”, ribatté nervosamente Buffy. “Specialmente se stasera pensa di giocare nuovamente a poker.”

“Ma io non ci penso affatto! Io lascio sempre passare un giorno o due tra le partite impegnative. Quindi, andiamo a fare questo bagno?”

“Si accomodi”, mormorò lei senza guardarlo, “credo che io rimarrò qui ancora un po’ prima di entrare in acqua.”

“Allora, cosa vuoi fare? Se hai un mazzo di carte potremmo giocare a strip-poker.”

Buffy voltò bruscamente la testa per fissarlo stupita, gli occhi dilatati dalla sorpresa. Ma non poté capire se parlava sul serio oppure scherzava, perché il suo sguardo era nuovamente velato da quella fredda luce blu acciaio.

Doveva trovare un modo di liberarsi di quell’uomo prima che le rovinasse completamente la giornata..

Il cuore già le batteva freneticamente, e più lui si avvicinava, più forte le battevano le vene delle tempie. Non era solo il fatto che lui si comportasse diversamente dai giocatori che conosceva a turbarla. Lui era così straordinariamente virile che lei non riusciva a rilassarsi, dal momento che era sola con lui, in quella insenatura così appartata.

Il suo sguardo impacciato evitò il petto poderoso e lei inghiottì con difficoltà. “Perché intanto non va lei a farsi una nuotata? Non c’è bisogno che mi aspetti”, disse debolmente. “A me piacerebbe leggere ancora un po’.”

“Io credo che dovremmo fare qualcosa insieme, e certamente non possiamo leggere contemporaneamente lo stesso libro. A meno che…” continuò allungando la mano verso il romanzo francese appoggiato all’asciugamano, “…ci siano delle scenette d’amore molto piccanti che tu pensi sia interessante leggere in due…”

Con una protesta sulle labbra, Buffy allontanò bruscamente la mano di lui, prese il libro e lo nascose sotto un lembo dell’asciugamano. “Perché mai potrei desiderare di leggere scenette piccanti con lei anche se ci fossero davvero?”

Una luce indecifrabile si accese nei vivaci occhi di Spike. Lui alzò la mano e accarezzò con il dorso la guancia accaldata di lei. “Non ti accorgi quando ti si prende in giro, dolcezza?” chiese dolcemente.

Lei si sentì una sciocca. Mordendosi il labbro inferiore lo guardò, indecisa se scusarsi per essersi comportata come un’adolescente oppure se lasciar cadere il discorso. Spike decise per lei. Alzandosi in piedi con agilità di un puma, le tese la mano e la tirò in piedi, accanto a se. Poi la condusse verso l’acqua che si rompeva appena in piccole onde, premendo con le dita nell’incavo della sua schiena per farla avanzare.

Lei tremò a questo contatto così intimo e s’inoltrò nell’acqua, soprattutto per sfuggire a quel tocco sensuale.

Annaspando mentre l’acqua fredda le avvolgeva la pelle sensibile delle gambe, non perse tempo a pensarci su e si tuffò. Riemergendo per respirare, scivolò nell’acqua limpida in bracciate veloci ed eleganti finché il suo corpo non cominciò a riscaldarsi.

Spike nuotava a poca distanza, con stile perfetto e Buffy, mentre pigramente si teneva a galla, lo osservò con la coda dell’occhio. Quando capì che lui non si sarebbe avvicinato, si rilassò e si distese sulla schiena per assaporare i raggi caldi del sole.

Passarono circa quindici minuti in cui lei fu completamente sola. Poi improvvisamente, la pace si spezzò: automaticamente Buffy respirò profondamente mentre due mani forti l’afferravano per le caviglie e la tiravano senza tante cerimonie sott’acqua.

Senza paura lei si rilassò completamente finché quelle stesse mani le circondarono la vita.

Allora lottò spingendo le mani sul petto di Spike mentre riemergevano insieme. Poteva sentire il battito regolare del cuore di lui, e poteva vedere, dal sorriso pigro e sensuale che gli piegava la bocca volitiva, che i suoi sforzi per sfuggirgli non lo avevano turbato affatto. Si rilassò, permettendogli di tenerla a galla insieme a lui, mentre fendeva l’acqua.

“Adesso va meglio, non ti pare?”, chiese Spike con voce bassa, lo sguardo posato sulla curva invitante del seno di lei.

“Dovresti rilassarti più spesso, dolcezza. Sei una ragazzina così seria e compita.” Lei non trovò risposta e, quando le dita di lui si allargarono per cingerle un fianco, si irrigidì e iniziò nuovamente la sua inutile lotta. Nello scalciare le sue gambe si intrecciarono per caso con quelle di lui e il contatto con quelle cosce le fece mancare il respiro. Una vampata di calore percorse il suo corpo e arrossì intensamente.

Spike avvolse gentilmente i capelli di lei intorno alla propria mano, facendole inclinare indietro il corpo. Il colore dei suoi occhi si incupì fino a diventare come quello, zaffiro scuro, dell’acqua in cui erano immersi.

“Sei incantevole piccola ingenua, riccioli d’oro”, mormorò lui con voce roca, mentre abbassava la testa.

Prima che lei riuscisse a capire quello che le stava accadendo, la bocca ferma di lui scese gentilmente sulla sua.

Una mano le pigiava sulla nuca, mentre con il braccio lui le circondava la vita, stringendola a sé.

Lei si sentì nuovamente invasa da un’ondata di calore e dischiuse leggermente le labbra per sentire la punta della lingua di lui toccare la sua.

Con un piccolo sussulto si staccò da lui, nuotando freneticamente verso la spiaggia.

Una volta giunta al suo asciugamano, si buttò su di esso a faccia in giù, tremando violentemente, poi di nuovo s’irrigidì nel sentire Spike che si adagiava accanto a lei, toccandole una gamba con la sua coscia muscolosa. Buffy non sapeva cosa dire né fare. Aspettò che fosse lui a fare la prima mossa, ma dopo qualche minuto non sentendolo muoversi, si girò.

Lui era sdraiato sulla schiena accanto a lei. Con gli occhi chiusi, gli sembrò rilassato in maniera esagerata, finché non si accorse del suo respiro lento e regolare. Dormiva. La bocca di Buffy si spalancò dalla sorpresa mentre osservava quel volto attraente.

Era davvero un tipo impossibile. Come poteva corteggiarla come aveva fatto per poi addormentarsi come se niente fosse, mentre lei aspettava almeno una parola di scusa!

Buffy scattò in piedi, gli occhi accesi dall’indignazione, mentre raccoglieva il suo accappatoio.

Senza guardare indietro, attraversò la spiaggetta e salì i gradini di pietra lasciandolo profondamente addormentato sul suo asciugamano.

 

CAPITOLO III

 

Due giorni dopo, il giovedì mattina, Buffy era seduta al tavolo del soggiorno, intenta ad osservare il padre. Solitamente si scambiavano poche informazioni l’uno dell’altro riguardanti il tempo passato lontano; anzi a pensarci bene era solo lei a parlare per raccontargli della scuola.

Quella mattina, tuttavia, fu diverso. Quando il padre posò la tazza di the che stava bevendo, beneficiandola di uno dei suoi rari sorrisi, lei non riuscì più a contenere la curiosità. Chiese impulsivamente: “Cosa ne sai di Spike Lodoby?”

“Spike?” Rupert pulì pensieroso i suoi occhiali, poi alzò le spalle. “Credo di non sapere molto su quell’uomo.”

Buffy sperava che lui le dicesse quel poco che ne sapeva e, impaziente, gli suggerì: “Allora, dimmi quello che sai.”

“Spike è uno di quegli uomini misteriosi che capitano a volte qui a Tahoe. Nessuno sa niente di lui. Naturalmente le voci sono tante. Quasi tutti credono che abbia fatto il giro delle case da gioco d’azzardo europee prima di arrivare qui, ma non ho mai sentito nessuno dire di averlo incontrato in quell’ambiente. Un paio di giorni fa sono arrivati dei ragazzi da Montecarlo, e lì non l’hanno mai visto.”

“Capisco”, disse Buffy soprappensiero. “Cosa vuol dire questo? Che ha appena iniziato a fare il professionista?”

“Non credo sia un novizio. E’ troppo freddo, controllato. Se avesse appena iniziato a fare il professionista, s’impegnerebbe per crearsi una reputazione. Si sarebbe accertato di far parte di ogni partita importante. Invece ne perde parecchie. La metà delle ragazze scritturate per gli spettacoli al Cedars darebbe lo stipendio di un mese per sapere qualcosa in più su di lui.”

Buffy era incapace di nascondere il suo interesse. “Vuoi dire che non è mai uscito con una delle ragazze?”

“Una o due, ma non sono riuscite a sapere nulla. E’ un tipo piuttosto solitario. Ma come mai sei così interessata a lui, dopo averlo visto una sola volta al casinò?”

“Effettivamente l’ho rivisto”, mormorò Buffy. “Mentre ero alla spiaggia, martedì pomeriggio, lui mi ha raggiunto e abbiamo parlato un po’.”

Brice strinse la mascella. “Non è stato un incontro casuale, dato che non c’è nessun passaggio aperto tra le nostre spiagge. Suppongo che ti abbia vista dal suo balcone e che si sia preso il disturbo di attraversare il bosco solo per parlarti! Perché lo ha fatto?!”

“Veramente non so perché”, rispose stupita dalla veemenza di suo padre.

“Ti ha chiesto di uscire con lui, Buffy? Se lo ha fatto spero tu abbia rifiutato!”

“Non mi ha chiesto niente, ma se lo facesse, perché dovrei rifiutare? Pensavo ti piacesse.”

“Mi è simpatico, ma deve avere almeno dieci o undici anni più di te.”

“Ma la differenza d’età non è poi così grande e non è un ostacolo.”

“Non si tratta solo di questo, ma anche del diverso tipo di esperienza, lui è abituato a donne più sofisticate di te.”

Lo sai, non ha molto senso quello che stai dicendo. Dici che non dovrei farmi coinvolgere da lui, ma Spike è come te!”

“Esattamente” rispose il padre. “Ed è per questo che sono sicuro di quello che dico. Non vorrei che ti facesse del male, come io ne ho fatto a tua madre. Se mi vuoi scusare ora devo andare.”

Buffy lo fissò mentre usciva, ancora incapace di stabilire se avesse udito esattamente ciò che aveva detto. Suo padre si sentiva in colpa! Forse lui non era così superficiale come lei aveva sempre creduto. Non le aveva mai mostrato molto affetto e lei aveva quindi creduto che non avesse sentimenti. Ora iniziava a dubitare che in quella corazza, in cui lui si rifugiava, non vi fosse forse una piccola apertura.

Più tardi espose questo dubbio a Jenny, che era passata da casa per prendere alcuni documenti.

Jenny sempre pensierosa rispose ai suoi mille quesiti. “Tuo padre ti ama, forse non riesci a capirlo, perché non riuscite a comunicare. Penso che lui sia molto timido. A volte siete proprio simili, vi chiudete in voi stessi e non esprimete i vostri sentimenti.”

“Mio padre!”, fece Buffy incredula. “Non posso credere che lui sia timido. Se lo fosse non potrebbe dirigere un casinò, né aver avuto tante donne nella sua vita.”

Jenny scosse la testa. “Ma quello che dici non è necessariamente vero. C’è gente che conduce una vita estremamente superficiale, perché è troppo timida per donarsi completamente ad un’altra persona. E’ molto più sicuro non farsi coinvolgere, ma ciò significa vivere una vita molto solitaria. Tuo padre è un uomo molto solitario, che tu te ne renda conto o meno.”

Buffy non poteva discutere con lei.

“Bene, ora devo proprio andare”, disse Jenny. “Sai, Buffy, sei una ragazza molto dolce. Credo che ti presenterò a mio fratello. Arriva domani e passerà con me due settimane; forse tu e lui potreste tenervi compagnia mentre sarete qui. Si chiama Xander. Ha ventisette anni e crede suo dovere controllarmi. Mi tormenta continuamente perché io lasci Tahoe e Rupert e tenti di costruirmi una vita più sicura altrove. Ti prego tienimelo un po’ occupato; alla lunga i suoi consigli sono stancanti.”

Buffy accettò senza particolare entusiasmo.

 

Quel pomeriggio Buffy decise di esplorare i pendii boscosi che salivano la strada secondaria. Cercava i fiori e le piante selvatiche di cui tanto le aveva parlato la cara Willow, secondo la quale erano perfetti sia nella preparazione di ricette che per rimedi contro le malattie.

Riuscì a trovare molte varietà di fiori, dalle violette, ai fiori a forma di stella celesti che tanto le ricordavano il colore del lago. A un certo punto vide con la coda dell’occhio una macchia di giallo che faceva capolino attraverso il sottobosco davanti a lei. I suoi occhi si dilatarono per l’eccitazione, mentre pensava di aver trovato il raro giglio del leopardo. Senza curarsi dei rami che le frustavano le gambe nude, si fece largo tra i cespugli, entusiasta. Ma mentre allungava la mano per prenderli, vide qualcosa strisciare sul terreno.

Il terrore si impadronì di lei. Cercando di scappare una lunga ciocca di capelli le si impigliò in un ramo. Non potendo fuggire si guardò intorno, temendo di vedere un’intera famiglia di rettili velenosi, ma niente. Quando si fu liberata completamente si arrampicò velocemente fino al sentiero, lottando contro i cespugli che le impedivano il cammino e cercò di mettere più distanza possibile tra sé e il ributtante animale. E, per aggiungere vergogna al dolore, inciampò su una radice sporgente che non aveva visto nella rapida e poco dignitosa fuga.

Imprecando tra se cadde in ginocchio, battendo le mani e le ginocchia sul terreno. Si rialzò e si guardò la gamba destra graffiata, attenta a non sporcare i suoi corti short. Ormai, più irritata che spaventata, scansò con il dorso della mano una ciocca spettinata dalla fronte ,avviandosi verso un ruscello. Cercò di pulirsi alla meglio le ferite e dovette trattenere il fiato per il bruciore.

Accaldata e innervosita scese lungo il sentiero, raggiungendo la strada a circa due chilometri dalla casa del padre.

Aveva zoppicato lungo la strada tortuosa per circa duecento metri, quando una macchina dietro di lei rallentò. Si voltò, ma il sole accecante le fece socchiudere gli occhi. Non riconobbe quindi l’uomo che guidava, finché non le si affiancò.

“Sai, dolcezza, hai l’aspetto di chi ha bisogno di essere salvata”, dichiarò Spike, sorridendole con aria indolente. “Ti interessa un passaggio fino a casa?”

Mentre lui fermava la DeSoto sul bordo della strada, Buffy gettò uno sguardo di desiderio al sedile foderato di pelle nera.

Dopo la sua disavventura nei boschi, era stanca e non aveva nessuna voglia di fare anche solo un altro passo. Eppure si chiedeva se fosse una cosa saggia andare da sola in macchina con ‘lui’: Spike poteva essere un uomo pericoloso.

Alla fine si decise, aprì la portiera e salì in macchina. Le sue guance le si tinsero di rosa nell’incontrare lo sguardo eloquente degli occhi blu di lui.

Perché mai doveva essere così lindo nei suoi calzoncini bianchi da tennis e maglietta di cotone anch’essa candida , quando lei sembrava un giocattolo sbattuto qua e la da un gatto?

Mentre con gli occhi socchiusi lui faceva scorrere lo sguardo sul suo corpo teso, senza alcun ritegno, lei chinò velocemente gli occhi incapace di subire un esame così attento.

“Non sapevo che in questi boschi ci fossero anche degli orsi grizzly.” Le disse Spike. “E non avrei mai creduto fosse tra le tue abitudini lottare con loro.”

“Veramente divertente”, mormorò Buffy sulla difensiva, cercando di risistemarsi i capelli arruffati. Alzando il mento in gesto di sfida, fissò Spike con arroganza. “Spero solo che la tua guida non mi faccia desiderare di stare davvero lottando con un grizzly. Dato che non ti da fastidio azzardare con i tuoi soldi, spero che tu non abbia la stessa mentalità anche per quello che riguarda la tua vita, e spero proprio che tu non guidi come un matto.”

Lui ridendo le disse:”Ti assicuro che sono un autista molto attento. Le lascio agli altri le acrobazie, io amo troppo la vita.” “Ho l’impressione che non ti piacciano i giocatori d’azzardo”, dichiarò infine, guardandola con intensa attenzione, gli occhi azzurri fermi sul suo volto. “Oppure sono io che non t’interesso?”

“Sono i giocatori in genere”, rispose onestamente Buffy.

“Non fare delle generalizzazioni troppo affrettate”, l’ammonì Spike. “Non tutti i giocatori sono uguali. Io, ad esempio, sarei felice se tu volessi conoscermi meglio, se tu me lo permettessi.”

C’era una nota incoraggiante nella sua voce profonda che le fece battere più veloce il sangue nelle vene. Mordendosi il labbro inferiore strinse le mani in grembo, per fermare il ridicolo tremolio, e fissò lo sguardo fuori dal finestrino.

Poi, quando la DeSoto passò velocemente oltre la casa di suo padre, spalancò gli occhi e si girò nuovamente sul sedile per vedere il volto di Spike. “Ma hai superato il vialetto d’accesso!”

“Sì, è vero”, rispose lui laconico, guardandola con il riso negli occhi. “Non mi guardare come se ti avessi rapito per qualche scopo nefasto, dolcezza, ti sto solo portando a casa mia.”

“Ma io non voglio andare a casa tua!” Disse lei a voce bassa, mentre il suo cuore batteva furiosamente in un miscuglio di paura e di eccitazione. “Devo fasciare il ginocchio, sono ferita!”

Lui annuì, gettandole un’occhiata, ma questa volta sulla sua coscia snella e levigata.

“Ho visto che sei ferita”, mormorò. “Potremmo occuparci della cosa a casa mia.” “Non c’è bisogno che tu mi ringrazi, sarò felice di giocare al dottore. Inoltre, ho il tuo libro e il tuo asciugamano e suppongo che tu voglia riaverli.”

E’ un tipo incorreggibile, pensò Buffy scuotendo la testa.

Lei lo guardò con astio ignorando le sue parole, tanto era stupita dal modo apparentemente senza sforzo con cui lui riusciva a suscitare in lei emozioni tanto violente. “Non ho dimenticato il fatto che lei abbia il mio libro, signor Lodoby. Ne avevo letto solo metà, vorrei sapere come finisce.”

“Io l’ho letto”, annunciò lui bruscamente, incrociando gli occhi verdi di lei con l’azzurro dei suoi. “Anzi l’ho preso proprio per questo scopo. Pensavo di scoprire la vera Buffy Giles. Si può capire molto di una persona da quello che legge…”

“Davvero?!”, rispose lei spazientita.

“Adesso, ad esempio, so che tu sei un’inguaribile romantica. Assomigli molto all’eroina del tuo romanzo, timida, ma festosa e in cerca d’amore. E sono sicuro che l’uomo che cerchi assomiglia a quello che ha trovato la tua eroina. L’eroe cupo e malinconico che non viene compreso, ma che la salva dalle grinfie del suo falso amore Angel. Poi lui ammette di averla amata in silenzio durante tutte le loro traversie, e ora la vuole sposare e proteggere per il resto dei suoi giorni. E’ questo l’uomo che cerchi, riccioli d’oro?”

Buffy era stupita e spaventata da tanta perspicacia: le sembrava che Spike le avesse letto nel pensiero, come mai nessuno prima, e poiché assomigliava all’uomo dei suoi sogni, almeno in apparenza, quella capacità di capirla era a dir poco irritante. “Solo perché ho letto qualche romanzo francese, non può desumere che io mi identifichi con le eroine.”

“Dai, dolcezza, non mi dirai che non stai cercando un tipo forte e sicuro di cui innamorarti.”

“Bene, anche se fosse?” Ribatté lei decisa, scossa dalla carezza che lui le stava facendo. “Cosa ci sarebbe di male?”

“Nulla”, rispose lui. “Ma non è piacevole sapere che non mi includi nella categoria dei tipici eroi.”

Credendo di sentire una nota di rammarico, Buffy lo guardò e gli disse: “Non c’è niente di personale, lei è solo un giocatore d’azzardo e io…”

“E tu non ti fidi dei giocatori d’azzardo.” Scosse la testa e sorrise maliziosamente, “Ti debbo forse ricordare che la nostra eroina non si fidava neanche lei del nostro eroe. Ricordi? E’ solamente alla fine che capisce di avere sbagliato il suo giudizio su di lui. Non credi, quindi, di poter sbagliare in quello che credi di me?”

Nel frattempo arrivarono al suo cottage in legno di cedro, sagomato a forma di ‘A’ maiuscola e circondato da una fila di pini maestosi, senza che lei trovasse una risposta alla sua domanda.

Nel scendere dall’auto aveva una faccia così dubbiosa e sconcertata che Spike le chiese:”Cosa c’è che non va? Credo che tu abbia paura di me, dolcezza.”

“Non è vero protestò lei, raddrizzando le spalle. “Non ho motivo per aver paura. O no?”

“Nessuno, assolutamente.” Lui le prese il braccio con la sua mano forte, per guidarla verso la porta.

Dopo quanto si erano detti, Buffy si vide costretta a seguirlo docilmente. Ma, gettando uno sguardo al profilo deciso di Spike, sentì la coscienza che le diceva che avrebbe fatto meglio a darsi alla fuga attraverso i boschi, come se fosse inseguita dal diavolo stesso.

 

CAPITOLO IV

 

L’interno della casa di Spike aveva un suo fascino particolare. Le pareti rivestite in legno e il soffitto a volta, intersecato da travi in legno di cedro, creavano un’atmosfera accogliente.

Un tappeto Navaho tessuto a mano nei caldi colori marrone e ruggine copriva, in parte, il pavimento di parquet davanti al camino di pietra. Il divano era tappezzato in tessuto patchwork nei colori azzurro, marrone e ruggine, e aveva ai lati due poltroncine celesti. Una massiccia scrivania antica dominava una delle pareti interne, sulle quali erano disposte varie tele di artisti locali che raffiguravano paesaggi di montagna della Sierra.

Spike condusse Buffy attraverso la stanza verso il divano: la stretta della mano di lui sotto il suo gomito si fece più forte, spingendola in avanti.

“Siediti”, le ordinò gentilmente, mentre le dita ferme della sua mano ancora le stringevano la pelle sensibile dell’incavo del braccio, per poi lasciarla finalmente libera. “Vado a prendere il cofanetto del pronto soccorso per occuparmi del tuo ginocchio.”

Spike tornò nel giro di poco tempo con un catino di ferro pieno di acqua tiepida saponata e aveva tutto l’occorrente per un’ottima medicazione.

Si inchinò davanti a Buffy, che si irrigidì e dovette respirare profondamente per il turbamento che provava nel vedere così vicini quei capelli biondi. Lui tolse i residui di terra dalla sua ferita. “Sto tentando di non farti male. E’ importante che puliamo bene questo graffio, questo terriccio deve essere pieno di batteri.

“Lo so!” mormorò lei. Poi le si mozzò il respiro nella gola e chiuse gli occhi nel sentire le dita di lui toccare leggermente la pelle sensibile del ginocchio. Non aveva mai pensato che il tocco di un uomo potesse essere così gentile. Un brivido di piacere, le percorse tutto il corpo.

I suoi occhi ombrati dalle lunghe ciglia si aprirono lentamente e lei dovette stringere le mani per evitare che andassero a toccare i folti capelli di lui, mentre le spalmava un unguento antibatterico sul ginocchio, coprendolo con una garza che fissò con un cerotto.

Quando Spike ebbe finito, invece di alzarsi, rimase lì accanto a lei, lo guardo fisso nei suoi occhi.

Buffy sospirò inquieta, quando la mano di lui si strinse sulla snella caviglia della gamba sana e quando iniziò a tracciare una scia, per lei quasi di fuoco, sul polpaccio tornito.

Tremò visibilmente. Avrebbe dovuto respingere quella mano, lei lo sapeva. Tuttavia non riusciva a trovarne la forza. Quella carezza suscitava veri e propri rivoli di vivo fuoco nelle sue vene e quella sensazione, fino ad allora ignota, era così piacevole che sentiva un desiderio inebriante, che al contempo la spaventava, che quella carezza continuasse per sempre.

Quasi impazzita per la luce ardente nei profondi occhi azzurri di lui, lei sentì il desiderio folle di allungare la mano per sfiorargli i folti capelli.

“Buffy”, mormorò Spike con voce roca, poi imprecò sottovoce mentre un muoversi frenetico interrompeva quell’atmosfera magica.

Si alzò in piedi, mentre un cane si catapultava verso di lui, tremante dal piacere di rivederlo, emettendo piccoli guaiti di gioia.

“Giù, Georgia!” disse Spike con voce ferma. Buffy fu sorpresa nel vedere come il sovraeccitato Labrador s’accucciasse subito, fissando il padrone con gli occhi neri adoranti e supplichevoli, mentre la sua coda massiccia batteva il tam-tam sul pavimento.

“Spike, è bellissima!” Buffy si meravigliava che lui così sensibile da farsi conquistare da una bestiola dal pelo morbido, per graziosa che fosse.

Eppure, per essere onesta almeno con se stessa, doveva ammettere che Spike Lodoby l’aveva attirata dal primo momento in cui l’aveva visto. Quell’uomo era un affascinante enigma, troppo affascinante si disse pensierosa, per la pace della sua mente.

“Sarà anche bellissima, ma se continua a crescere dovrò fare la fame per mantenerla!”, ribatté ironicamente, tirando scherzosamente una ciocca di capelli di Buffy, una cascata color oro sulle sue braccia nude. Le dita di Spike si posarono lievi tra quei capelli di seta, esplorandone il morbido intreccio con la punta delle dita.

Buffy, riconoscendo il segnale di pericolo, tentò di scansarsi, ma proprio in quel momento Georgia venne in suo aiuto, facendosi largo tra di loro: fissò Spike speranzosa, gli scuri occhi limpidi supplicanti un po’ di attenzione.

Lui sospirò con impazienza e prese la mano di Buffy nella sua, tirandola in piedi accanto a sé.

“Facciamo una passeggiata fino al lago”, suggerì scuotendo la testa. “Forse lì inseguirà una farfalla o qualcosa di simile.”

Buffy sapeva che avrebbe fatto meglio a non andare con lui, ma la pressione di quelle dita intrecciate alle sue le dava una strana sensazione di apatia che le impediva di esprimere le obiezioni che forse avrebbe dovuto sollevare. E le sue gambe le sembravano stranamente deboli, mentre usciva con lui.

A lei sembrava di essere perduta in uno dei suoi sogni ad occhi aperti. Anche se sapeva che Spike non aveva nulla a che vedere con gli uomini dei suoi sogni, non ne era del tutto convinta. Forte, autoritario, eppure capace di tenerezza.

Ma lei sapeva che questa era solo un’impressione perché sotto quella facciata così piacevole doveva per forza nascondersi una fredda superficialità. Doveva essere sicuramente così, ricordò con fermezza a se stessa. In fin dei conti era un giocatore d’azzardo!

Sulla spiaggia Spike e Buffy trovarono un posto all’ombra sotto le fronde di un albero. Si sedettero e lui stirò le lunghe gambe muscolose davanti a sé, mentre lei s’avvolse le braccia intorno alle gambe appoggiando il mento sul ginocchio sano, conscia del fatto che questa posizione era di autodifesa.

Per alcuni minuti non si dissero niente, poi Spike sospirò e scosse la testa. “Perché non mi racconti da cosa deriva questa tua avversione per i giocatori d’azzardo, dolcezza?”, le chiese bruscamente. “Avrà sicuramente a che vedere con i rapporti con tuo padre, vero?”

“Giusto!”, replicò lei, così sorpresa dalla sua capacità di leggerle nel pensiero da non tentare neppure di negare la verità. “Ci ha abbandonato. Quando avevo tre annida lasciato me e mia madre solo per essere libero di giocare e di correre dietro ad altre donne. Non ho quindi molte ragioni per avere stima degli uomini come lui.”

“Non tutti gli uomini si assomigliano”, le ricordò gentilmente Spike. “E anche se tu non vuoi credermi, non tutti i giocatori d’azzardo sono uguali. Solo perché tuo padre in gioventù è stato un irresponsabile, non puoi automaticamente stabilire che lo sia anch’io”.

Persa nei suoi pensieri Buffy iniziò pian piano a rilassarsi. Distese di fronte a sé le sue gambe e si appoggiò indietro sui gomiti. Mentre stava per chiedere a Spike qualcosa in più sulla sua vita, arrivò Georgia ‘galoppando’ attraverso la spiaggia, con un bastone tra i denti.

Si fermò bruscamente davanti a Spike, con la parte posteriore del corpo in movimento e con la coda che faceva su e giù, gli occhi neri e morbidi fissi con implorazione sul volto di lui, per spingerlo a giocare con lei.

“Incastrato ancora una volta”, mormorò Spike alzandosi con un sorriso un po’ sciocco. Si allontanò verso la sponda del lago e, con sua grande sorpresa, gettò il bastoncino lontano verso il centro dello specchi d’acqua. Poi Georgia si tuffò all’inseguimento nell’acqua senza esitazione; riportò il bastone a Spike e attese che lui lo lanciasse di nuovo. L’esercizio fu ripetuto diverse volte, ma Buffy ben presto perse l’attenzione allo spettacolo offerto dal cane.

Era più attirata dal modo in cui guizzavano sulle spalle di Spike i muscoli, ad ogni lancio del bastone. Quasi contro la sua volontà, Buffy permise che il suo sguardo scendesse sulle lunghe gambe muscolose di lui.

Poi Spike si liberò della camicia, accaldato per l’esercizio sotto il sole; e lei ne fissò la schiena poderosa e i suoi occhi si dilatarono in un improvviso desiderio di toccargli la pelle nuda.

Allontanò frettolosamente lo sguardo, smarrita dall’insolita piega delle sue fantasie. Raccogliendo una manciata di sabbia, la lasciò poi lentamente filtrare attraverso le dita, rimproverandosi per essersi lasciata andare a quei pensieri.

 

Non si accorse che Spike le si stava di nuovo avvicinando. E Georgia, dopo una rapida scrollata per liberarsi dall’acqua, correva vicino a lui. Poi, ancora piena di energia, si buttò in avanti, ancora troppo cucciolo per tenere a freno la sua esuberanza.

Con la velocità di una gazzella piombò su Buffy buttandosi su di lei e facendola cadere indietro in un infelice tentativo di contatto amichevole. Anche se si trattava di un invito a giocare, fu proprio inaspettatod e Buffy colpì il terreno con tale forza che le si smorzò il fiato. Nulla di rotto, solamente un attimo senza respiro.

Stordita dalla botta, lei chiuse un attimo gli occhi, mentre Georgia mugolava intristita e le annusava la guancia, conscia istintivamente del suo errore.

Scappò via con la coda tra le gambe e le orecchie abbassate, quando Spike le diede l’ordine in tono severo.

Buffy aprì lentamente gli occhi e abbozzò un sorriso incerto, mentre Spike si gettava per terra accanto a lei.

“Riccioli d’oro, stai bene?”, mormorò con voce roca. “Per poco meno di un palmo non hai battuto la testa contro un sasso.”

Lei annuì, allungando la mano per toccare la ruvida superficie del sasso proprio dietro di sé.

Poi, senza fermarsi a considerare i possibili effetti della sua azione alzò una mano e con la punta delle dita tremanti sfiorò la piega affascinante che si scavava sulla guancia di lui, accanto alla sua bocca. Un fuoco azzurro si accese negli occhi di lui, segnale di pericolo, e Buffy scostò la mano.

“Dolcezza”, mormorò lui, con la voce roca dall’emozione.

“No!” Fu solo un sospiro, poi fu troppo tardi.

La bocca di lui scese veloce coprendo la sua, con una intensità sempre più forte.

Le dita di Spike affondarono nella massa setosa dei capelli dorati della ragazza, mentre le appoggiava il palmo della mano sulla nuca. Labbra ferme ma carezzevoli forzavano le sue, con una pressione che le fece aprire la bocca per l’assalto di quella di lui.

Un desiderio calorosamente acuto si accese dentro di lei, e poi divampò. Fiamme di desiderio percorrevano il suo corpo, accendendo ogni nervo, bruciando ogni centimetro della sua pelle, rendendo il carezzare di lui un piacere e un dolore insieme.

La lingua di Spike accarezzò le labbra morbide di lei unite alle sue, poi invase il tiepido, dolce, umido, segreto della sua bocca. Lui gemette spingendola giù sulla sabbia col peso del suo lungo corpo snello.

Era totalmente soggiogata. Un tepore delizioso si diffuse lungo le gambe di Buffy e,mentre i baci caldi e possessivi di lui la conquistavano, sempre più esigenti, lei divenne un fluido bollente sotto di lui, rispondendo a quei baci dapprima con esitazione poi con abbandono selvaggio, che l’avrebbe scandalizzata se fosse stata in grado di ragionare.

Ma tutto quello che poteva fare era assaporare quelle sensazioni: le sue braccia esili circondarono il collo forte di Spike, godendo della forza della gamba che teneva prigioniera quella sua, più delicata.

Lei era ammaliata dalla capacità dell’uomo di risvegliare i suoi sensi; le sembrava di avere atteso quest’attimo da sempre e le sue piccole dita s’intrufolavano nei folti capelli chiari della nuca di lui, chiedendo baci con sempre maggiore intensità.

“Dolcezza, dammi la possibilità di essere tenero”, sussurrò lui raucamente ma, mentre allontanava la sua bocca da quella di lei, le labbra di Buffy si attaccarono alle sue, mentre i suoi occhi si aprirono pian piano, illuminati da uno scintillio di accattivante innocenza.

Il suo desiderio di mostrarsi delicato si bruciò nel fuoco acceso dalla completa accondiscendenza di lei.

Di nuovo le sue labbra ferme catturarono quelle di lei con forza brutale. Dita malferme abbassarono le spalline della maglietta, sollevandole il tessuto sino a scoprire le punte del seno sodo, la cui pelle lui cercava con la bocca.

La punta della lingua tormentò l’incavo lievemente profumato finché lei si perse in una gioiosa sensualità, sentendosi veramente donna per la prima volta nella sua vita.

Mentre lei si muoveva febbrilmente sotto di lui, le lunghe dita sensibili si diressero verso l’alto, prendendo possesso del seno: ne accarezzò le curve con le dita che trasmettevano tutto il suo desiderio, a fatica represso.

I capezzoli caldi e rigidi si inturgidirono sotto quel tocco e lui bisbigliò il suo nome, un timbro roco nella voce. “Buffy ho bisogno di te. Terribilmente”, mormorò pianissimo. Le sue dita tremanti cercarono il bottone che chiudeva i calzoncini, mentre il respiro caldo alitava sulle labbra di lei.

“Se hai paura fermami, ora o mai più!”

Quelle parole e il tocco delle dita che le accarezzavano il ventre, la riportarono alla realtà con sgradevole rapidità. In lei si risvegliò una paura profonda, al pensiero che lui era un uomo, il quale poteva prendere da lei tutto quello che lei gli offriva senza darle però in cambio neanche un pensiero, per il resto della sua vita. Per qualche motivo sconosciuto lui le stava offrendo una scappatoia e lei doveva approfittarne.

Con un grido soffocato sulla spalla di lui ne fermò la mano, mentre vergogna e disgusto di sé la sommergevano, nella piena coscienza di ciò che stava per fare.

Lo spinse via e si liberò, girandosi su un lato senza riuscire ad evitare che un gemito soffocato a metà sfuggisse dalle sue labbra strette. Vergognandosi di essersi comportata così liberamente pensò che non si sarebbe mai più perdonata.

Sentiva accanto a sé il respiro irregolare di Spike, e si irrigidì quando la mano di lui si chiuse sulla sua spalla, facendola girare verso di lui.

“Per l’amor di Dio, non piangere!”, mormorò lui accarezzandole la guancia bollente con il dorso della mano e aggrottando la fronte quando lei si sottrasse alla carezza.

“Dolcezza, non avrei mai fatto nulla che tu non desiderassi.”

Arrossendo, lei scosse la testa. “Lo so!”, bisbigliò disperata, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. “Ma io ero disposta a farlo fino all’ultimo minuto, io volevo…” Poi stringendo fermamente le labbra disse: “Non permetterò che mi accada ancora. Non mi lascerò usare.”

La mascella di Spike si indurì. Il fuoco nei suoi occhi si spense, mentre la guardava freddamente.

“Usare?! Credi davvero che fosse quello che volevo fare? Soddisfare un desiderio puramente fisico? Non hai un’opinione molto alta di me, vero?”

“So benissimo che tipo di vita conduci, so a quale tipo di donna sei abituato. Se… ti avessi permesso di … se tu avessi fatto l’amore con me non avrebbe avuto per te più significato di quanto ne abbia quando fai l’amore con una di loro. Ma io… Oh, Spike, i nostri valori sono così diversi e io odio me stessa per non essermi ricordata in tempo… prima che le cose arrivassero a quel punto.”

“Che razza di bambina sei, riccioli d’oro”, ribatté lui severamente. “Sapevo che tu avevi dei lati infantili, ma ho avuto il torto di vedere che, per certe cose, tu fossi una donna. Ma non lo sei. Sei una ragazzina timida e decisamente troppo giovane per me. Vieni ti porto a casa, dove potrai trovare rifugio nella tua cameretta!”

Buffy, distrutta dalla sua cinica valutazione, avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma i suoi pensieri non trovarono voce neanche mentre lui la riportava a casa, frenando così violentemente davanti alla villa di suo padre che si alzò una nuvoletta di polvere dalle ruote posteriori.

Lei era così indignata che sbottò.” Ho saputo fin dall’inizio che non avrei dovuto fidarmi di te. E non venirmi a dire che sono una ragazzina, perché tu non sei altro che un bamboccio, che vuole fare dei giochetti cretini per tutta la vita, che non vuole assumersi nessuna responsabilità.”

Le labbra di lui si allungarono in una linea dritta e dura. “Attenta a quello che dici, dolcezza. O sarò tentato di dimostrarti che sono un uomo, in maniera che non dimenticheresti presto!!!”

Anche se il battito del suo cuore accelerò, lei alzò la testa orgogliosamente. “Mi piacerebbe vedertelo fare!” Lo sfidò, ma al contempo ebbe la prontezza di spirito di scendere dalla macchina.

Sbatté la portiera e si avviò verso la porta d’ingresso, borbottando tra i denti, mentre sentiva Spike girare la sua DeSoto e partire a razzo.

“Sapevo che non era sincero”, disse mentre entrava rumorosamente in casa. “Che uomo impossibile!”

Ancora piena di indignazione andò dritta al telefono e chiese di Jenny Calendar per invitarla con il fratello a cena fuori, per la sera seguente.

L’invito venne prontamente accettato e Buffy riattaccò il telefono, sorridendo con rammarico.

Spike Lodoby poteva anche pensare di essere il solo uomo sulla faccia della terra, ma lei gli avrebbe dimostrato il contrario.

CAPITOLO V

 

Buffy non si era mai annoiata tanto in vita sua.

Dato che Jenny e suo padre non si erano potuti liberare per la cena, era ora suo dovere intrattenere il fratello di Jenny, un compito non facile.

Con sua grande delusione, Xander Calendar si era rivelato un tipo decisamente squallido. Alto, moro, era un tipo piuttosto attraente, almeno in apparenza; ma la sua personalità lasciava molto a desiderare.

Lei aveva scelto uno dei più eleganti e confortevoli ristoranti di Tahoe, tuttavia Xander non faceva altro che trovarvi dei difetti.

“E’ troppo buio qui dentro!”, borbottò scrutando con cura eccessiva il menu. “Come dovremo leggere quest’affare senza luce?”

Buffy rispose con un debole sorriso, lei riusciva a leggerlo benissimo. “Credo usino solo qualche lampada per creare un’atmosfera romantica. A me sembra un posto romantico, a te no?”

“Romantico?” Lui alzò lo sguardo su di lei, aggrottando la fronte come se non conoscesse il significato della parola. “Direi che è piuttosto antipatico dover sforzare gli occhi per guardarsi intorno.”

Buffy sospirò tra sé, giocando con il cordoncino della cintura del suo abito di jersey verde, che aveva scelto in quanto lo considerava l’abito più sofisticato del suo guardaroba. La scollatura bassa e incavata lasciava esposto solo un accenno della rotondità del suo seno, ma anche quella timida evidenza della sua femminilità era sembrata mettere in imbarazzo Xander. Al diavolo quindi il tentativo di apparire bella e sofisticata, pensò malinconicamente. Tanto valeva che avesse indossato un sacco di patate.

“Suppongo che dopo la cena dovremo stare a guardare uno di quegli spettacoli di cabaret. Uno di quelli in cui ragazze semi-nude vanno avanti e indietro sul palcoscenico.” Disse il ragazzo.

“Se ti piace rimanere a vedere le ragazze possiamo farlo!”, ribatté lei con una punta di sadismo. “Non l’avevo messo in programma, ma se davvero ti interessa…”

“No, non volevo dire questo!”, balbettò Xander. “Ti posso assicurare che non ho alcun desiderio di guardare tali disgustose esibizioni. Non sono quelle le ragazze che fanno al caso mio.”

“E a che tipo di ragazza ti riferisci?”, chiese Buffy, riuscendo a fatica a non perdere la pazienza. “Se quello che hai detto era inteso come un insulto, ti voglio dire che alcune delle ragazze che ballano al Cedars sono persone davvero per bene!”

“Uhm, perbene, e a poco prezzo, probabilmente”, disse lui. Poi senza neppure consultare Buffy ordinò imperiosamente ogni portata.

“Spero che ti piaccia la sogliola?”, si ricordò finalmente di chiederle, dopo che il maitre si era già allontanato.

“Mi piace la sogliola, ma odio la zuppa d’avena. Avrei preferito la crema di piselli.”

“La zuppa d’avena ti farà bene”, sentenziò lui, passandosi un dito tra i corti capelli marrone pallido. “E suggerisco di lasciar perdere i dolci. Per finire il pasto prendiamo invece della frutta fresca. Lo zucchero raffinato fa male ai denti, sai?”

“Già, è vero, tu fai il falegname, questo è proprio pane per i tuoi denti!”, ironizzò Buffy.

Fortunatamente, per tutto il resto della cena, Buffy non dovette preoccuparsi di fare conversazione: c’era già Xander che ci pensava per tutti e due.

A Buffy bastò annuire di tanto in tanto, anche se fu un miracolo se non si addormentò.

Dopo che loro servito il caffè, Xander suggerì di ballare. Quando l’ebbe condotta sulla pista, con riluttanza, lasciò che lui la prendesse tra le braccia.

Quasi immediatamente lui iniziò a gettare occhiate significativa in direzione della scollatura bassa del vestito di lei; con il braccio intorno alla sua vita aumentò la presa avvicinandola a sé, mentre Buffy, facendo resistenza, quasi inciampò. Sfortunatamente, ciò gli permise di alzare il braccio che circondava e di posarle una mano sul seno.

Buffy non aveva mai potuto tollerare i falsi santarellini. Irrigidendosi, si allontanò da lui, con gli occhi verdi che lanciavano fiamme. “Non lo fare più!”

“Scusami”, mormorò l’uomo diventando rosso. “Ma tu sei una ragazza davvero carina, quindi non puoi darmi torto.”

“Ci siamo conosciuti soltanto stasera”, gli ricordò, mentre iniziava a provare per lui una certa antipatia. “E si tratta soltanto di un invito a cena, nulla di più.”

“Potrebbe diventare qualcosa di più, eventualmente…” suggerì lui, sbirciando di nuovo il suo seno. “Dai, perché domani non ce ne andiamo a pescare? Conosco una piccola insenatura privata…”

Buffy avrebbe preferito andare a pesca con un pescecane! Finse un’aria dispiaciuta. “Mi spiace, domani sono impegnata.”

“Allora facciamo dopodomani?”

“Sono occupata anche dopodomani.” Poi per evitare che lui continuasse, disse: “Penso che a tua sorella faccia piacere stare con te, visto che abitate così lontano, non credo abbiate molte occasioni per vedervi.”

“Le occasioni ci potrebbero essere. Ho tentato abbastanza di farla venire via da questo posto e trasferirsi da me, ma non ha abbastanza buon senso per farlo.”

Ma lei non lo stava più ascoltando. I suoi occhi erano incollati ad una coppia che ballava sull’altro lato della stanza. Una strana sensazione di freddo si diffuse nel suo petto mentre guardava Spike attirare una bionda perfetta contro il suo corpo asciutto e abbassare la testa per bisbigliarle qualcosa all’orecchio. Quando la bionda rispose con un sorriso provocante, Buffy sperimentò, per la prima volta, le fitte della gelosia.

Poi, scuotendo la testa riportò la sua attenzione a Xander. Lui intanto stava continuando a parlare. “Non ho nessuna intenzione di lasciare qui mia sorella, soprattutto nelle mani di quel Rupert Giles. Lei deve essere una matta se crede di amarlo. Lui è un play-boy e non sarei sorpreso se venisse a sapere che è anche un drogato e un ubriacone.”

La rabbia di Buffy esplose mentre guardava la faccia insulsa di Xander. “Devo forse ricordarti che stai parlando di mio padre?Lui avrà certo i suoi difetti, ma ti dirò che non fa uso di droghe né è un alcolizzato, come hai elegantemente affermato poc’anzi. E non tollero il fatto che tu faccia simili supposizioni solo perché non ti piace. Se Jenny lo ama, deve esserci per forza qualcosa di buono in lui.”

“Ne dubito, tante donne si innamorano di scapestrati. Forse Jenny è solo ceca per accorgersi che, per lui, le donne sono solo corpi caldi.”

“Falso santarellino!” Buffy era rimasta senza fiato. “Tu osi parlarmi così di lui quando tu, proprio tu, hai tentato di palpeggiarmi dopo neanche due ore che ci eravamo conosciuti! Se non altro mio padre è onesto su quello che cerca nelle donne. Tenti di fare il moralista, poi tocchi una ragazza quando meno se l’aspetta. Non mi sorprende che Jenny si sia stancata di ascoltare le tue prediche!”

Quindi Buffy balzò via, troppo arrabbiata anche solo per guardare dove andava. Improvvisamente sbatté contro qualcosa di solido e delle mani forti le presero le braccia.

Con i grandi occhi dilatati per la sorpresa, guardò il viso serio di Spike.

“Balliamo, dolcezza?” mormorò, prendendola di sorpresa. E la condusse con gentilezza nel ritmo lento e ipnotico della danza.

Ballare con Spike era tutt’altra cosa che ballare con Xander. Il braccio di Spike che circondava la sua vita era gentile e confortante. La punta delle dita della ragazza, curve intorno alla spalle di lui, sentirono i muscoli tesi attraverso il tessuto di lino del completo color sabbia. Per qualche motivo a lei ignoto si sentiva sicura tra quelle braccia, cosa ridicola in quanto sapeva che uomo pericoloso potesse essere. Avrebbe voluto rimanere indifferente, ma bastò la sua vicinanza per turbarle i sensi e per risvegliare le sensazioni che aveva provato con i suoi baci. Pregò che lui non riuscisse a leggerle nei pensieri come aveva già fatto altre volte.

“Hai avuto una bella serata, dolcezza? O hai appena avuto una piccola discussione con il tuo ragazzo?”

“Xander non è il mio ragazzo, Dio me ne scampi!”, protestò violentemente. “E’ il fratello di Jenny Calendar, è l’essere più mortalmente noioso che io abbia mai conosciuto. Dopo aver tentato di mettermi le mani addosso, ha avuto il coraggio di criticare mio padre per essere un dongiovanni.”

“Facciamo una passeggiata sulla veranda, per un solo minuto?”, le chiese.

Buffy lo seguì riluttante, impaurita, mentre lo guardava: certamente avrebbe ripreso la discussione del giorno prima. Ma ora sapeva che c’era un solo modo per evitare di ricominciare la discussione: fermarla prima che iniziasse.

“Circa ieri, Spike”, iniziò lei. “Io voglio dirti… so di aver esagerato, d’aver detto cose non vere.”

Le mani di Spike le strinsero la vita, girandola verso di sé mentre il suo sorriso di risposta era al contempo gentile e scherzoso. “Stai dicendo che improvvisamente approvi il mio stile di vita?”

“No, continuo a non capire perché vuoi fare il giocatore d’azzardo professionista, ma sono sicura che hai ragione. La mia mancanza di comprensione nasce dai sentimenti che provo per mio padre. Ma non intendevo quello che ho detto quando ti ho dato del bamboccio.”

“Scuse accettate, mormorò lui, facendosi più vicino. “Ti debbo confessare che neanche io ti considero una bambinetta.”

“Invece sì. Tu pensi che io mi comporto come una ragazzina e questo ti da fastidio.”

“No, è solo che mi ricordi mia moglie.”

“Moglie? Vuoi dire che sei sposato?!” rispose Buffy triste e senza fiato.

“Ero sposato. Avrei dovuto dire ex moglie. Ma poiché non mi sono mai risposato, penso ancora a Drusilla come a mia moglie. E, per alcune cose, riccioli d’oro, mi ricordi lei.”

La conversazione stava diventando terribilmente difficile. “Vuoi dire che le assomiglio?”

“Nient’affatto. Lei era alta e bruna, il tuo contrario. Ma era giovane e inflessibile nei suoi punti di vista, forse ancora più inflessibile di quanto lo sia tu. Non approvava la mia professione, pensava fosse uno spreco di tempo. E io non ho avuto pazienza con lei quando ha iniziato a farmi storie quindi… basti dire che nessuno di noi due contestò il divorzio. Non avremmo mai dovuto sposarci, perché eravamo troppo giovani.”

“E tu pensi che io mi comporto da giovane e immatura come faceva lei”, mormorò debolmente Buffy. “E’ questo che stai dicendo?”

“Non proprio. Io credo che tu maturerai, diventerai meno inflessibile con il tempo. Drusilla, invece, non era in grado di cambiare. E’ uguale ora a quando ci siamo sposati, per quanto ne so io. Fortunatamente ha sposato un uomo importante, che le poteva assicurare una vita tranquilla con un reddito alto, una casa elegante e tutto il lusso che può desiderare. Credo che sia felice quanto le sia possibile esserlo, perché si sente al riparo, confortata da tutti questi simboli di sicurezza.”

“Non credo che sia questo il tipo di sicurezza che io cerco” si difese Buffy, debolmente. “Io voglio solo una sicurezza emotiva, perché …, perché mio padre non me ne ha mai data.”

“Inizio a capirti”, mormorò Spike. Stranamente le sue dita tremavano e si girò verso il fascio di luce. Buffy vide che aveva la fronte imperlata di sudore.

Si avvicinò a lui, premendo istintivamente il dorso delle dita contro la fronte di lui e aspirando lievemente quando la pelle dell’uomo bruciò le sue dita fredde. “Spike, tu bruci. Credo che tu abbia la febbre. Cos’hai?”

“Non è nulla, perlomeno non è nulla che non sarà passato tra un paio di giorni”. Ma quando lei alzò lo sguardo preoccupato sul suo volto serio, lui le sorrise vagamente.

“Non fare quello sguardo, dolcezza, non è nulla di serio. Presi questa malattia in Africa e ogni tanto ho una ricaduta. Ma i sintomi non durano più di qualche giorno.”

“Oh, non sapevo che fossi stato in Africa.”

“Ci sono tante cose che tu non sai di me”, ribatté.

“Credo che dovresti andare a casa, a letto. Vuoi che ti porti a casa io con la tua macchina?” disse Buffy preoccupata.

“No, grazie. Tu hai un cavaliere, ricordi? E io mi sento ancora abbastanza bene per andare da solo a casa, dopo aver accompagnato Harmony al suo appartamento.”

Harmony. Senza dubbio era la bionda statuaria, pensò Buffy, mentre la gelosia la soffocava di nuovo. Forse la bellissima Harmony si sarebbe anche offerta di riaccompagnarlo a casa e di rimanere con lui tutta la notte. Lei era sicura che lui non avrebbe fatto obiezioni. Chinò la testa con un cenno rapido. “Spero che ti sentirai meglio, domani”, disse freddamente. “Arrivederci.”

Poi dopo aver mormorato una veloce buona notte, si fece largo tra le coppie che danzavano fino al tavolo dove sedeva Xander, fumante di rabbia per l’attesa.

 

CAPITOLO VI

 

Tre giorni dopo, Buffy saliva le scale del piano superiore, tanto simile ad un’alcova, della casa di Spike. Saliva in punta di piedi, per andare nella sua stanza.

In questa casa dalla struttura semplice c’erano solo due camere da letto, quella padronale e una più piccola per gli ospiti; entrambe si aprivano su un ballatoio che si affacciava sul salotto al piano di sotto.

Tenendo in bilico il vassoio su un braccio, Buffy aprì la porta silenziosamente ma aggrottò la fronte quando vide Spike in piedi accanto ad una libreria, vestito solo con una corta vestaglietta di seta.

“Cosa fai in piedi?”, chiese con la voce più autoritaria possibile. “Il dottore ha detto che devi stare a letto almeno per altri due giorni; quindi tornaci subito! Se vuoi un libro da leggere te lo prendo io.”

“Ti sei rivelata una vera tiranna. Lo sai, vero”, borbottò lui senza molta convinzione, mentre si sedeva sulla coperta appoggiandosi indietro contro i cuscini. “credo ce ti piaccia avere quest’opportunità di darmi ordini. Ti sarà dispiaciuto che abbia dormito la maggior parte dei due giorni passati; non potevi dirmi quello che dovevo fare.”

“Non ero qui durante il giorno. C’era la tua governante a darti un’occhiata, io sono rimasta solo le notti, così che lei potesse riposarsi. Qualcuno doveva pur farlo: quando sono venuta sabato mattina per vedere come stavi, non eri in grado di rimanere solo neppure per un attimo. Scommetto che non te ne ricordi.”

Spike le sorrise maliziosamente scuotendo il capo. “Mentre ero in condizioni così disperate, non hai mai avuto la tentazione di approfittare di me, dolcezza?”

“Non essere sciocco!”, ribatté lei, ma le sue guance diventarono rose e lui rise. “Bene è ora della pappa e se stai abbastanza bene per gironzolare per la tua stanza, stai abbastanza bene anche per mangiare da solo.”

“Stavo tornando in camera dopo aver fatto una doccia e la barba. Pensavo che avessi apprezzato il fatto che sto tentando di essere diabolicamente bello per te”, disse ironicamente Spike e senza alcun avvertimento allungò la mano per prendere quella di lei. “Ma se tu non ti siedi qui con me, penserò che ho fatto tutta questa fatica per niente.”

Buffy esitò: fino a quel momento non si era sentita in pericolo a stare lì, perché lui era in un tale stato febbrile da non notare quasi la sua presenza. Ma ora che stava molto meglio, le circostanze erano cambiate. Lei era assai conscia della dell’intimità della situazione.

Il suo sguardo corse involontariamente alla lunga gamba muscolosa. Probabilmente non indossava nulla sotto quella vestaglietta corta. Ed erano soli in casa, soli in camera da letto. La ragione le diceva che rimanere sarebbe stata una folli, specie con l’umore scherzoso che aveva lui. “Dovrei scendere a riordinare la cucina, la tua cameriera oggi non viene, quindi…”

“La cucina può aspettare, dolcezza. Siediti qui e parla con me, mentre mangio questo brodo insipido.”, disse lui. “Il dottore quando ha detto che potrò lasciare il letto?”

“Ventiquattrore dopo che ti è scesa la febbre.” Buffy gli toccò la fronte. “Sembri molto più fresco. Quando sono arrivata qui sabato e mi sono resa conto di quanto eri malato, avrei voluto chiamare la tua famiglia, ma naturalmente tu non mi hai mai detto nulla di loro e non ho potuto farlo. Non vorrei essere impicciona, ma tu hai una famiglia da qualche parte?”

“Una sorella e i genitori, tutti in Inghilterra. Ma sono contento che tu non lo abbia fatto, mia madre entra subito in agitazione anche se sa che questa febbre mi torna ogni re, quattro anni.”

“Li vedi spesso? Sei loro vicino”, domandò Buffy incuriosita.

“Vicino quanto lo può essere un uomo di trentadue anni. Ma perché tutte queste domande, dolcezza?”

“Perché sono molto curiosa. Tu sei un tale mistero per tutti qui. Nessuno sa nulla di te.”

“Non mi ero accorto di aver suscitato tanta curiosità; ma non nascondo nessun oscuro segreto. Semplicemente non racconto la storia della mia vita a tutti quelli che incontro.”

“Sei un uomo così strano”, disse la ragazza. “Voglio dire, che non so mai cosa aspettarmi da te. Non sei il tipo di persona che presumevo tu fossi. Tu… mi confondi completamente.”

Le palpebre di lui si abbassarono un poco sugli occhi di un azzurro profondo. “Davvero, dolcezza? Certamente non è confonderti quello che desidero. Dimmi perché ti confondo.”

“Io non lo so”, mormorò lei. Poi si spostò imbarazzata verso il bordo del letto, incapace ormai di sottrarsi allo sguardo intenso che aveva catturato il suo. Si chiese cosa le stesse accadendo, perché sentiva un bisogno prepotente di intrecciare le dita quei folti capelli. Le sembrava che Spike fosse diventato il punto cruciale della sua esistenza e questo le faceva paura. Nessun altro uomo era mai stato presente in ogni suo pensiero come lo era lui. Anche nel sonno, nei suoi sogni, Spike la ossessionava; era per lui il primo pensiero al risveglio, la mattina.

Era una pazzia, si stava lasciando coinvolgere troppo, anche perché credeva di sapere che l’interesse di lui non era in nessun modo serio. Ricordandosi che era una sciocca a rimanere sola con lui, cercò di liberare le mani da quelle di lui. Spalancò gli occhi dalla sorpresa e anche dalla paura quando sentì che lui stringeva la presa.

“Debbo andare, per favore, Spike.”

“Non ancora”, le bisbigliò lui, “non ancora.”

“Ma tu sei malato, dovresti riposare.”

“Preferisco fare questo”, le disse, passando le lunghe dita tra i capelli ondulati di lei. “I tuoi capelli sono così morbidi, come seta pura.”

“Spike”, sospirò lei, lasciandosi andare con riluttanza contro di lui, mentre le sue dita forti le accarezzavano la nuca, distruggendo così anche il suo ultimo barlume di resistenza.

L’adagiò sul letto muovendosi con lei, coprendole il corpo snello con il peso rassicurante del suo.

Perduta nelle fiamme azzurre di quegli occhi, Buffy gli circondò il collo con le braccia. Emise un sospiro, quando sentì le labbra di lui posarsi sul collo.

Le sue piccole dita tremanti accarezzarono i tendini del collo di Spike e gioì del respiro affannato che accompagnò la sua carezza timida e inesperta. Il mondo sembrava girarle intorno.

Spike intanto abbassava le spalline del suo vestito e le ricoprì le spalle con baci dolci e leggeri. Lei incominciò a tremare per il fuoco bruciante che sembrava consumarla. Lei non volle più altro che rimanere con li, nel suo letto, per sempre.

Ogni pensiero l’abbandonò: infilò le mani sotto i risvolti della vestaglia di Spike e iniziò ad accarezzargli il petto muscoloso.

Sussurrando il suo nome, Spike la baciò con trasporto e violenza, non riuscendo più a trattenersi. Il piacere serpeggiò in lei, facendole arcuare il corpo sotto quello di lui. Sotto la vestaglia le sue mani tremanti sfiorarono i fianchi magri, poi si unirono intorno alla schiena larga e muscolosa, avvicinandola a sé ancora più forte. Il ginocchio di lui premeva contro i suoi, poi le loro gambe si intrecciarono mentre lui avvolgeva i folti capelli della ragazza nella sua mano piegandole la testa, mentre le disegnava un sentiero bruciante di piccoli baci lungo il collo d’avorio.

“Non riesco a lasciarti perdere”, sussurrò lui con voce roca. “ho tentato, ma non ci sono riuscito.” Si girò su un fianco trascinandola con sé. Lentamente le abbassò la cerniera del vestito e lo fece scivolare sino ai fianchi. Con le dita le scostò i capelli ondulati che scendevano a cascata nascondendole il seno, mentre lei sentiva lo sguardo di lui bruciarle la pelle.

Spike iniziò ad accarezzarle il seno, scorrendo con le dita lungo le piene rotondità che pulsavano per poi tracciare deliziosi circoletti intorno alle turgide punte rosate dei capezzoli. Una sensazione di attesa insopportabile crebbe dentro di lei, mentre lei lo guardava abbassare la testa lentamente. La bocca di lui cercò prima la punta delicata di un seno e poi l’altra, mentre con i denti le mordicchiava, con ferma dolcezza, finché i sensi della ragazza non furono soggiogati da un mare di piacere, in attesa della resa totale.

Buffy gli esplorò con le dita il contorno delle orecchie, del collo, delle spalle muscolose mentre la punta della lingua di lui, percorrendo i capezzoli turgidi ed eretti, creava onde furiose che pulsavano profondamente il lei.

Ora , pur non volendo che Spike abbandonasse il suo seno, sentiva il bisogno di avere la bocca di nuovo sulla sua.

Infilando le dita rai capelli folti di lui, lo spinse ad alzar la testa. “Baciami”, gli ordinò dolcemente e, mentre lui obbediva, gli circondò il collo con le bracci, unendosi alla passione di lui, mentre si spingeva sempre di più contro il suo corpo virile, snello e poderoso.

Mormorando parole roche contro le sue labbra tenere ma ardenti, le tolse le braccia dal collo, tirandole giù finché non furono alla cintura della vestaglia. “Scioglila”, le ordinò con ardore, “per favore, riccioli d’oro, lascia che io ti ami.”

Ancora una volta, l’uso continuo della parola ‘amore’ la riportò alla ragione. Lui non ti ama, le urlava dentro la voce della coscienza; però lei si stava innamorando di lui e, se gli permetteva di soddisfare i suoi desideri puramente fisici, sapeva che ne sarebbe stata ferita, quando lui si fosse stancato di lei. Il terrore esplose in lei, con la paura di aver aspettato troppo per poterlo fermare.

Iniziò a lottare freneticamente sotto di lui, spingendo via il petto muscoloso e forte, pregandolo: “Spike, non posso proprio, non riesco ad andare fino alla fine. Per favore non mi costringere, per favore!”

Lui si irrigidì, poi, con un gemito, rotolò sulla schiena, coprendosi gli occhi col braccio e respirando affannosamente.

Un silenzio innaturale calò tra loro e lei scioccamente, gli pose una mano sul torace, mormorando: “Mi dispiace, io…”

“No, non mi toccare un’altra volta”, le ordinò lui bruscamente respingendola. “E vattene dal mio letto prima che io decida di fare l’amore con te, con o senza il tuo consenso.”

Lei sapeva che lui l’avrebbe fatto, quindi scese velocemente dal letto e si risistemò. Per un attimo lo fissò sconcertata: aveva tutte le ragioni per essere furioso.

“Riccioli d’oro”, disse lui stancamente, alzandosi su un gomito per guardarla malinconicamente, “vai a casa.”

Lei scosse la testa ostinatamente. “Non me ne andrò, hai bisogno di qualcuno che ti aiuti.”

“Sto molto meglio ora, posso farcela da solo.”

Sospirando lei andò verso di lui, toccandogli la fronte con il dorso della mano. “La temperatura si è di nuovo alzata.”

Lui rise amaramente, prendendole la mano e allontanandola da sé. “A qualsiasi uomo sarebbe salita la febbre con quello che è successo ora.”

“Mi dispiace, non so cosa mi sta accadendo ultimamente, ma io…”

“Sei solo giovane, dolcezza. Troppo giovane e inesperta per me. Non voglio coinvolgerti in una relazione per la quale sei troppo giovane, quindi… credo che ora dovresti andare a casa.”

Annuendo lei si avviò verso la porta, ma si fermò un attimo. “Però torno per passare la notte qui.”

“No. Non sarebbe una cosa saggia per te.”

“Ma ancora non stai bene e io verrò verso le otto”, lo informò, ostinata. Poi corse via prima che lui le facesse cambiare idea.

Spike però non era uomo che si potesse sfidare facilmente, come dovette capire Buffy quella sera.

Mentre aiutava Willow con i piatti, squillò il telefono: era lui!

“Non è necessario che tu venga qui stanotte”, disse freddamente. “Ci sarà qualcun altro!”

Buffy non gli credé . “Lo stai dicendo solo perché pensi che sarebbe meglio che io non venissi.”

“Non credo che neppure tuo padre la consideri una buona idea”, rispose lui stancamente, “quindi resta a casa, c’è qualcuno che passerà la notte qui.”

“Chi?”, lo sfidò lei. “Se davvero c’è qualcuno, non dovrebbe essere un problema dirimi di chi si tratta.”

Dopo una lunga pausa, Spike ammise controvoglia: “E’ Harmony, passerà qui tutta la notte.”

A Buffy sembrò che le avessero gettato un sasso contro il petto; un dolore acuto, intenso la percorse ma lei era determinata a non far trapelare quanto soffrisse.

Allora disse con fare allusivo: “Harmony, oh, sono sicura che avrà più di una cura in serbo per te.”

“Senza dubbio”, fu la brusca risposta.

Dopo aver sussurrato un freddo arrivederci, mise giù la cornetta e si affrettò nella sua stanza, dove si chiuse a chiave.

Se aveva avuto bisogno di una prova del fatto che a Spike non importava nulla di lei, il rifiuto di lui quella sera gliela aveva fornita. “Avresti dovuto saperlo fin dall’inizio, imbecille!”, si disse ad alta voce, buttandosi sul letto. E anche se le lacrime da dentro continuavano a salirle agli occhi, lei si rifiutò di piangere.

 

CAPITOLO VII

 

Una settimana più tardi Buffy si trovava al casinò, perché doveva nuovamente sostituire una delle cameriere. Questa volta, doveva lavorare dalle tre del pomeriggio fino a mezzanotte e suo padre aveva voluto che anche lei indossasse una corta uniforme di seta nera.

Si stupiva che suo padre volesse farle indossare quella roba: la scollatura arrotondata e morbida si apriva fino ad esporre una parte del seno, pieno ed eretto, e la corta gonnellina arricciata raggiungeva appena le cosce.

Si sentiva decisamente indecente anche se in effetti indossava molto di più di quando era in bikini.

Era il principio che la irritava o piuttosto la sua riluttanza a mostrarsi in giro nel casinò con quell’abbigliamento provocante, dovuta soprattutto al fatto che quando era arrivata aveva notato la DeSoto di Spike nel parcheggio.

Per qualche ragione a lei incomprensibile non le andava che Spike la vedesse nella minuscola uniforme anche se l’aveva vista con certo meno cose indosso.

Nonostante ciò, girare intorno a lui e anche ad altri uomini nel casinò sarebbe stato umiliante. Aveva paura che lui l’avrebbe considerata così come facevano tutti gli altri: un corpo abbastanza piacente e scarsamente vestito, per il loro piacere. Lei voleva significare per Spike qualcosa di più di un corpo, ma capiva che il suo desiderio non si sarebbe trasformato in realtà.

Si osservò ancora una volta e decise di portare in avanti i capelli, così che le lunghe ciocche mascherassero il suo seno. Così iniziò il suo turno.

Poco dopo venne fermata dal padre che la guardò attentamente e corrucciando lo sguardo. “Hai dei capelli molto belli, Buffy, ma non credo sia necessario che tu li porti come se fossero un mantello”, la criticò gentilmente.

Eppure quando ebbe sollevato le ciocche dorate ondulate e le ebbe sistemate dietro le spalle di sua figlia, il suo volto normalmente inespressivo si animò di una luce sorpresa. “Non mi ero reso conto che tu… tu fossi cambiata tanto, dall’anno scorso”, borbottò imbarazzato pulendosi gli occhiali. Poi, inaspettatamente, le spostò di nuovo i capelli sul davanti: “Forse avevi ragione, ti stanno meglio così”, e si allontanò.

Buffy era stupita, sembrava proprio che Rupert stesse iniziando a provare dei sentimenti paterni verso di lei. Per la prima volta sentì di avere un vero padre.

Tre ore più tardi le venne affidato un vassoio con delle bibite per un tavolo privato.

Quando entrò nella saletta dove si svolgeva la partita privata, i suoi occhi furono immediatamente attratti da Spike.

Mentre giocava, i suoi occhi blu, che le aveva visto ardere di passione, erano ora freddi ed inespressivi. Eppure quando, alzando lo sguardo, la vide, una luce improvvisa brillò nell’azzurro profondo di quegli occhi.Con un gesto noncurante della mano si alzò dicendo:”Salto un giro.”

Lui le si avvicinò, il suo sguardo la esaminò, lentamente, dai lunghi e morbidi capelli alle snelle caviglie e ai teneri piedini, calzati in scarpe di seta nera dal tacco altissimo.

“Ora non sembri più tanto giovane, signorina Giles”, le disse sottovoce. Poi, mentre le guance di lei si tingevano di rosa, rise dolcemente. “Ripensandoci, sembri proprio molto giovane.”

“Sei insopportabile”, mormorò Buffy irritata, “mi tratti come se avessi tredici anni.”

“Per quello che riguarda la tua esperienza in fatto di sesso, hai più o meno quell’età.”

“Non da quando ho incontrato te”, ribatté lei, mentre nei suoi occhi si accendeva una luce provocante e maliziosa. “Mi hai fatto fare un corso intensivo di recupero.”

“Ma non hai ancora sostenuto l’esame finale”, rispose lui seriamente, mentre il sorriso scherzoso si attenuava, “quindi ti puoi ancora considerare inesperta. E anch’io devo ricordarmelo bene.”

“Perché, non mi vedi da una settimana e non ho motivi per immaginare che tu abbia pensato a me in alcun modo”, rispose sulle spine.

La mascella di Spike si contrasse nervosamente e lui si avvicinò quasi minaccioso. “Non vorrai sostenere quell’esame finale prima di essere pronta, vero? Se è così, allora è meglio che noi due non ci incontriamo più.”

“Se è questo quello che vuoi…”, disse abbassando lo sguardo. “Scusami, ma ora dovrei continuare con il mio lavoro!”

Dopo aver servito tutti, Buffy uscì dalla stanza il più velocemente possibile e senza voltarsi a guardarlo. Ma sfortunatamente quel breve incontro fu soli il preludio di un altro. Nel salone principale, incontrò l’amica bionda e statuaria di Spike.

La ragazza la fermò e le chiese come stava andando la partita privata. Lei rispose, notando con disappunto che Harmony era molto più bella da vicino di quanto non sembrasse da lontano, sembrava una dea dell’Olimpo.

Buffy capì improvvisamente perché Spike non era più interessato a lei. Aveva una donna come Harmony pronta ad accorrere al suo cenno e non desiderava certo sprecare il suo tempo con una ragazza come lei, troppo inibita per soddisfare i suoi desideri.

Le spalle di Buffy si incurvarono, mentre saluta la bionda; la gelosia aumentava in lei fino al punto di trasformare l’antipatia che nutriva per Harmony in odio vero e proprio. Anche se avesse desiderato dedicare una parte di quell’astio a Spike, era troppo realista per imbrogliare se stessa: quello che provava per lui non era certo odio.

Il pomeriggio andò di male in peggio. Erano passate almeno un paio d’ore da quando aveva incontrato Harmany, quando sentì una voce che la chiamava dall’altro lato del casinò. Girandosi, vide l’aspirante cantante che aveva conosciuto in aereo, Anya Jenkins, che le faceva cenni frenetici.

Lo sguardo indagatore della ragazza non era certo incoraggiante mentre attraversava il casinò affollato, per raggiungerla.

“Ti vorrei far sapere che sono cinque giorni che ti sto dando la caccia!”, fece Anya in tono seccato. “Cominciavo a pensare che tu fossi caduta nel lago e fossi annegata. Dove ti sei nascosta? Sono passata qui tutti i pomeriggi sperando di incontrarti.”

“Non vengo al casinò più di quanto sia necessario”, replicò Buffy con freddezza. “Sono qui solo perché a mio padre serviva una cameriera.”

Gli occhi di Anya si illuminarono quando Buffy accennò a suo padre. “Non mi avevi detto che il tuo vecchio dirige il casinò?”

Sperando di evitare quello che sapeva sarebbe seguito, Buffy cercò di allontanarsi. “Scusa ho da fare.”

“Aspetta.” Anya la fermò con un gridolino stringendole delicatamente il braccio. “Ti ricordi che quando ne parlammo sull’aereo promettesti di presentarmi a lui?”

Buffy negò con il capo. “Non mi ricordo di averti fatto una promessa del genere.”

“Invece, sì”, mentì tranquillamente Anya, mentre si accomodava il corpetto scollato del vestito. “Mi hai detto che se fossi capitata al Cedars dovevo cercarti e mi avresti presentato tuo padre.”

Anya le aveva detto sull’aereo che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ottenere una scrittura e Buffy le aveva creduto. Per questa ragione non voleva che la ragazza conoscesse Rupert, quindi scosse nuovamente la testa.

“Per favore, sono disperata. Nessuno degli alberghi fa assunzioni, quindi da quando sono qui non sono mai riuscita a parlare con qualcuno che abbia un po’ di autorità, disposto a sentirmi. Sei l’ultima speranza che ho. Non conosco nessun altro da queste parti e, visto che tuo padre è una persona importante, non puoi presentarmi a lui? Per favore. Se fai questa cosa per me ti sarò grata per sempre.”

A questo punto, Buffy non sapeva più cosa dirle. Anya avrebbe dovuto avere il buon senso di andarsene subito da lì prima di spendere tutti i suoi soldi. Avrebbe voluto aiutarla, ma non boleva presentarla nemmeno a suo padre. Non sapeva più cosa fare; però la decisione venne presa per lei.

“Stai facendo una pausa Buffy?”, chiese Rupert e notando Anya sfoderò il suo sorriso più seducente. Gli occhi seri che valutarono la figurina minuta dalle curve generose si strinsero, in segno di approvazione, per ciò che avevano veduto.

“Se devi fare una pausa, tanto vale che tu stia comoda. Vieni nel mio ufficio insieme alla tua amica.”

Buffy era in trappola. Non aveva altra possibilità che seguire suo padre.

Quando Rupert aprì la porta della sua segretaria, e Buffy vide Jenny che alzava lo sguardo dalla scrivania e gli sorrideva affettuosamente, dovette mangiarsi il gemito che le era salito alle labbra. Se suo padre avesse iniziato una relazione con Anya, Jenny ne sarebbe stata ferita per l’ennesima volta e, seppure indirettamente, sarebbe stata colpa sua, o così almeno lei pensava.

Che stupido pasticcio, pensò sconsolata; ed ebbe la tentazione di fuggire via. Ma era davvero troppo tardi. Anya e suo padre si stavano scambiando sguardi interessati.

Buffy dovette presentargli Anya, che le tese languidamente una mano carica di anelli. Lui la tenne nella sua più a lungo del necessario, poi le fece uno dei suoi sorrisi enigmatici. “Le piacciono i gioielli, signorina Jenkins?”

Lei sorrise maliziosamente. “Sono come tutte le donne, signor Giles, mi piacciono le cose belle.”

“Chiamami Rupert”, disse lui. “E cosa fa per guadagnare i soldi per comprarsi le belle cose che le piacciono?”.

“Sono una cantante, una cantante molto brava. Ho cantato nei migliori locali di San Francisco. Ora sono qui in vacanza. Ero venuta per vedere se sarebbe stato possibile lavorare qui nel futuro e ho deciso che è un posto molto bello. E dato che Buffy e io siamo amiche, si è offerta di chiederle se avesse contatti con gli alberghi più grandi”, mentì spudoratamente Anya.

“Conosco qualcuno”, rispose prendendo il braccio della ragazza. “Andiamo nel mio ufficio a discuterne.”

Senza neanche salutare Buffy, Anya si lasciò condurre da Rupert nell’ufficio privato.

Appena si fu chiusa la porta, Buffy girò su se stessa per affrontare Jenny. “Non mi sono offerta di presentarle mio padre, Jenny, credimi. Non mi sarei mai offerta di fargli conoscere una ragazza come quella. Non vorrei ferirti per nulla al mondo. Ti prego credimi.”

“Basta così, Buffy. Va tutto bene. Se non fosse stata lei, sarebbe stata qualche altre donna giovane, quindi non fartene una colpa.”

“Come puoi sopportarlo, Jenny?”, bisbigliò tristemente Buffy, pensando non tanto a Rupert e Anya, quanto a Spike e Harmony. “Non ti fa un male incredibile vederlo con un’altra?”

“Fa male, ma non tanto quanto all’inizio. O forse, dopo tutto questo tempo, mi ci sono abituata.”

Poco tempo prima Buffy avrebbe chiesto a Jenny perché non lasciava Rupert ma, da quando aveva incontrato Spike, aveva capito che ad alcuni problemi non c’era una facile soluzione. Che strano! Dopo aver visto come suo padre aveva ferito Jenny, si era lasciata attrarre da un uomo proprio come lui.

D’istinto fece il giro della scrivania per baciare lievemente la guancia di Jenny. “Vorrei che tu, dieci anni fa, ti fossi innamorata di qualcuno più degno di fiducia. Ma l’amore non è sempre saggio, vero?”

Mentre la donna scuoteva la testa, Buffy andò alla finestra per guardare, senza vederli, i rami degli alti pini e dei cedri che ondeggiavano alla brezza leggera. Nel suo cuore stava nascendo un acuto dolore quando, gettando lo sguardo sul piazzale adibito a parcheggio, vide Spike e Harmony fermi accanto alla DeSoto. Mentre lei li guardava, Harmony si alzò sulla punta dei piedi per accostare le sue labbra a quelle di lui, in un lungo bacio. Buffy si voltò bruscamente.

 

CAPITOLO VIII

 

Buffy si svegliò più tardi del solito, dopo una notte insonne trascorsa ad agitarsi nel letto. Si alzò con riluttanza e si preparò; indossò un prendisole scollato color crema e, seduta alla toilette, sistemò si spazzolò i capelli esaminando il suo viso. Sono decisamente troppo pallida, pensò, e cercò di rimediare applicando del fard color pesca sulle guance e del mascara sulle ciglia schiarite dal sole; ma non c’era rimedio per le ombre scure che le erano apparse sotto gli occhi. Si era addormentata subito la sera prima, solo che dopo un paio d’ore si era svegliata ed era rimasta sveglia fino all’alba pensando a Spike. “Un inutile spreco di tempo”, disse Buffy, rivolgendosi alla sua immagine riflessa nello specchio, con gesto di scherno. “Ci puoi scommettere che lui nn ha certo perso la notte pensando a te, visto che c’era Harmony a fargli compagnia.”

Il dolore pungente che sentiva in petto cresceva al solo pensiero della bionda.

Dopo aver rifatto il letto, andò in cucina a bere una tazza di caffè e trovò suo padre che le rivolse un sorriso di saluto. “Ti sei alzata tardi questa mattina. Ti senti bene, vero?”

“Benissimo”, rispose brevemente Buffy, ancora irritata con lui per il suo comportamento della sera prima, con Anya. Non sarebbe stata troppo sorpresa se lui non fosse neppure tornato a cas, la sdra prima. Sospettava che Anya Jenkins, pur avendolo appena conosciuto, sarebbe stata ben lieta di ospitarlo nel suo letto all’albergo.

Comunque suo padre era in casa e Buffy si addolcì un pochino.

“Non mi avevi detto che stamattina saresti andata a fare spese?”, insistette Rupert, infilando la mano nella tasca interna della giacca. Ne estrasse diverse banconote di grosso taglio. “Naturalmente puoi accreditare sul mio conto tutte le spese di vestiario per l’inverno, ma questi prendili come soldi in più. Vai dal gioielliere, comprati qualcosa di veramente bello.” Le porse i soldi, sorridendo con il suo solito fare incerto, un po’ imbarazzato.

Buffy prese i soldi ed esclamò dolcemente, guardandolo con gli occhi verdi pieni di stupore: “Ma questi sono più di cinquecento dollari. E’ troppo. Paghi già tutto per me, non è necessario che tu mi faccia anche un regalo così grande.”

“Lo so che non è necessario, ma io lo desidero. Spendili, Buffy. Comprati quello che ti piace di più. E ora , visto che di solito ti ci vuole tutta la giornata per fare spese, sarà il caso che tu vada, no?”

“Va bene”, disse la ragazza e lo ringraziò con un sorriso. Ma, mentre stava per andarsene sentì dei passi in corridoio. Si girò per salutare Willow, ma invece dovette mordersi le labbra per trattenere un grido di sorpresa. Non era Willow che entrava con disinvoltura in cucina, ma Anya, che si comportò come se avesse ogni diritto di gironzolare tranquillamente in casa di Rupert. Ignorando la ragazza, rivolse all’uomo un sorriso languido pieno di familiarità.

“Buongiorno, amore. Come fai ad essere così sveglio quando mi hai lasciato dopo le tre di ieri notte? Io mi sentivo così stanca e pigra che avrei dormito fino a mezzogiorno, ma mi sono ricordata che avevi promesso di presentarmi al tizio che fa le scritture al Cedars e allora sono venuta qui per andare albergo insieme a te.”

Buffy sentì il risentimento crescerle dentro come un’onda e rivolse un’occhiata di ghiaccio al padre, quindi uscì a passo di marcia dalla cucina, senza neppure uno sguardo per Anya.

Entrò come una furia nella sua stanza, sbattendosi la porta alle spalle. Il tonfo echeggiò in tutta la casa, con sua grande soddisfazione.

Stava borbottando tra sé quando improvvisamente si aprì la porta della sua camera e lei si girò appena in tempo per vedere Rupert irrompere nella stanza.

“Buffy, ti prego, dobbiamo discutere questa storia. Io…”

“Non voglio parlare con e”, rispose lei sostenuta. “Non c’è assolutamente niente da dire.”

“Invece sì. Posso spiegarti tutto”, ribatté lui.

“Non è necessario che tu spieghi nulla”, esclamò lei con sarcasmo. “Ho anch’io degli occhi e quello che ho appena visto spiega tutto in maniera chiarissima.”

“Sii ragionevole”, mormorò trai denti pulendosi le lenti degli occhiali. “Sono tuo padre, ma sono soprattutto un uomo con determinate necessità. E tu sei abbastanza grande per capirlo.”

Buffy fece una smorfia di disprezzo. “Oh, sì, questo lo capisco bene, ma è proprio necessario che tu vada con donne come Anya per soddisfare questi…bisogni? Ti sta usando, ma non lo capisci?!”

“Lo so perfettamente”, ribatté Rupert freddamente, mentre gli occhi gelidi si accendevano di impazienza, “non sono uno sciocco.”

“E allora perché fai così? Non riesco a capire!”, gli chiese lei con calore. “Cos’hai che non va? C’è Jenny…”

“Cosa diavolo c’entra Jenny in tutto questo? Perché tirarcela dentro?”, la interruppe Rupert con irritazione.

“Se non lo sai tu, non sarò certo io a dirtelo. Se fai così devo supporre che continuerai a vedere quella contante da quattro soldi, pur ammettendo che lei vuole solo sfruttarti. Non puoi fare sul serio! Ma sì, invece! Beh, ti dirò quello che penso. Se continui a vederti con lei puoi essere certo che non vedrai più me. Me ne andrò, considerala una promessa!”

Rupert imprecò fra i denti. “Sembri dimenticare che di noi due è il genitore. Tu sei la figlia e il padre. Potrai anche essere cresciuta, ma io non intendo prendere ordini da te.”

Buffy rimase senza fiato. Suo padre non le aveva mai parlato in quel modo. Sembrava proprio… un padre; ma ormai era troppo tardi. Neppure suo padre poteva ordinarle di continuare a vivere sotto il suo stesso tetto mentre lui portava avanti quella squallida relazione con la sua…amante. Lei non l’avrebbe sopportato. Si eresse in tutta la sua statura e lo squadrò con aria di sfida.

“Buffy! Ho ascoltato a sufficienza le tue lagne. Ora prendi la Porche e vai in città a fare compere, come avevi progettato. Dimentica tutto questo. Non sono affari tuoi.”

“E’ questo che credi, dunque?”, ribatté lei. “Io invece credo che siano anche affari miei e non intendo alleggerire la tua coscienza sporca usando i tuoi soldi. Prendi i tuoi soldi e dalli a Anya, sono sicura che se li è guadagnati! E non comprerò abiti per la scuola. Piuttosto che accettare qualcosa da te preferirei andare in giro nuda per il campus.”

“Stai reagendo in maniera esagerata”, le rispose il padre freddamente, mentre usciva dalla stanza.

Buffy era inviperita. Così lui credeva di poterle imporre di restare mentre permetteva a quella sgualdrinella di sfruttarlo…ma lei gi avrebbe dimostrato che si sbagliava. Ancora non sapeva come, ma l’avrebbe fatto

Buffy passò la giornata sulla riva del lago a meditare la sua vendetta. Considerò la possibilità di ritornare a casa, ma castrò subito questa idea. Partire non era la risposta adatta. Sarebbe stato anche troppo facile per suo padre continuare con il suo solito stile di vita.

Verso le quattro fu colpita come un fulmine da un’idea fantastica. Rise allegramente: l’avrebbe sistemato ben bene. La soluzione migliore era dargli un po’ della sua stessa medicina.

Corse a casa a lavarsi, poi prese una valigia, cominciò a riempirla e vi mise dentro gli abiti e gli accessori che le sarebbero serviti.

Willow entrando nella sua stanza e vedendo la valigia già pronta disse con tono severo: “Cosa diavolo stai facendo? Non vedo come puoi cambiare la situazione scappando da tua madre.”

“Ma io non sto scappando da mia madre, Willow. Non ti devi preoccupare, ma ho intenzione di dare una lezione a mio padre andando a vivere con un uomo.”

Willow quasi soffocò per lo stupore.

Buffy le spiegò meglio. “Se mio padre porta qui Anya, allora io posso andare a vivere con un uomo.”

“Ma tesoro”, le disse implorante la donna, “non puoi fare una cosa così sciocca. Sei una brava ragazza, così ingenua. Potresti ritrovarti in un mare di guai mentre cerchi un uomo che ti accolga in casa.”

“Ma non ho nessuna intenzione di cercare un uomo, non è necessario. Ho già in mente l’uomo adatto.”

“Chi?”, le chiese Willow con sospetto. “Non quel biscazziere, Lodoby, o come si chiama.”

“Esattamente quello!”, ribatté Buffy tranquillamente. Detto questo, salutò la sua amica e se ne andò, ripetendo tra sé e sé che sarebbe stato solo per pochi giorni, e poi non correva alcun pericolo; intanto lui la considerava solo una ragazzina.

Fortunatamente sia Spike che la sua governante erano usciti quando Buffy arrivò. Solamente Georgia era sdraiata accanto alla porta di servizio e appena la vide le corse incontro, facendole le feste. “Almeno tu sei contenta di vedermi. Spero che il tuo padrone non abbia la reazione opposta quando tornerà stasera.” Poi prese la chiave dal nascondiglio in un vaso di felci dove l’aveva vista prendere da Spike quando l’aveva portata lì per fasciarle il ginocchio. L’aveva adoperata quando lui era stato malato e quindi non le sembrò poi tanto strano entrare in casa senza invito. Questa volta il motivo era più egoistico, ma Buffy non ci pensò e portò la sua valigia nella camera da letto più piccola. Dopo averla vuotata si chiese, guardando il letto d’ottone, se il sonno l’avrebbe raggiunta facilmente quella notte. Non così facilmente, sospettava, soprattutto perché non sarebbe riuscita a dimenticare che Spike era nella stanza accanto.

Verso le sette Buffy capì che Spike non sarebbe tornato per cena, allora si preparò un’insalata, lavò i piatti e si diresse in soggiorno. Vide un portatile con stampante in un angolo, e pensò di scrivere una lettera alla madre; però non sapeva nemmeno da che parte cominciare per accenderlo, allora si decise a finire il suo romanzo. Ben presto, distesa sul divano si addormentò.

Fu svegliata poco dopo da lunghe dita gentili che le accarezzavano i capelli. Si stirò pigramente, poi socchiuse gli occhi.

“Spike”, bisbigliò, guardandolo con tenerezza, affascinata dai riflessi dei suoi capelli sotto la luce tenue del lume. Tentò di tirarsi su, ma lui le circondò la vita con le mani così che lei gli si trovò molto vicina.

“Riccioli s’oro, come mai sei qui?”, le chiese ansiosamente, “qualcosa che non va?”

“No, cioè sì.” Per il nervosismo Buffy cominciò a mordicchiarsi un’unghia. Lui era troppo vicino. Sentiva il calore del suo corpo, e la fragranza del dopobarba le riportava alla mentele occasioni nelle quali gli era stata anche più vicina. Si ritrasse quanto più poteva da lui, poi le parole iniziarono a uscire veloci dalle sue labbra. Gli raccontò tutto e aggiunse: “Suppongo che tu non capisca perché sono così turbata. A te la sua relazione con Anya deve sembrare una cosa normale.”

Spike sorrise con rassegnazione. “Non hai ancora capito che non sono la copia esatta di tuo padre, vero? Non dovresti mai fare supposizioni, perché non sempre hai ragione. Io capisco benissimo ciò che provi, ma anche tu dovresti accettare l’idea che tuo padre non è più un bambino e se vuole vivere con lei tu non glielo puoi impedire.”

“Benissimo”, ribatté lei seccata, “ma lui dovrà accettare il fatto che non intendo vivere insieme a lui finché continua a farsi prendere in giro da Anya.”

Spike le prese il mento con la mano e cercò il suo sguardo. “E’ per questo che sei qui?”

Buffy annuì e mormorò: “Ti prego, lasciami rimanere. Non ti darò disturbo. Voglio solo che capisca come mi sono sentita io.”

Lui inarcò un sopracciglio con aria interrogativa. “Sei davvero un paradosso, dolcezza. Prima mi cataloghi fra gli uomini come tuo padre, capaci solo di vedere le donne come oggetti dei loro desideri sessuali e di piacere, poi, però, ti fidi di me al punto di voler restare qui! Non temi ch io possa sfruttare questa situazione a mio vantaggio?”

Lei arrossì. “Io.. io credo di potermi fidare, vero? E poi tu stesso hai dichiarato che sono troppo giovane e inesperta e che non saresti interessato…”

“L’interesse c’è, maledizione”, mormorò lui con voce roca e stranamente profonda, stringendola ancora di più a sé e accarezzandole la pelle nuda della vita con le mani esperte. La bocca sfiorò il suo piccolo mento proseguendo, poi, lentamente, verso la base del collo. “Ti ho detto già una volta che la tua innocenza mi affascina.” Le sfiorò le labbra e lei sospirò tremando, allora lui alzò il capo avvolgendola nella luce azzurra dei suoi occhi, che non nascondevano il suo ardente e intenso desiderio. “Vedi, dici di fidarti, ma non appena ti tocco inizi a tremare.”

Posò una mano sul seno di lei mentre le accarezzava con l’altra la base del collo. “E anche il tuo cuore sembra impazzito. Hai tanta paura di me, dolcezza?”

“Sì… no… qualche volta mi fai paura, davvero!”, rispose lei senza fiato, mordicchiandosi un labbro.

Gli occhi verdi erano confusi mentre lo fissava smarrita. “Anche tu sei un enigma per me”, bisbigliò. “Non so mai quello che farai. Come ora. Non so a cosa stai pensando. Non riesco a capire se… se mi desideri.”

“Io ti desidero sempre, passerotto. Sei una donna molto desiderabile e io voglio fare l’amore con te, ma non se tu lo faresti solo per far dispetto a tuo padre. Quando faremo l’amore sarà perché anche tu lo vorrai, perché risponderai sinceramente alle mie carezze come hai fatto l’altro giorno nella mia stanza, ricordi?”

Annuendo come incantata dal suono di quelle parole lei si appoggiò a Spike e rimase delusa quando lui la lasciò alzandosi in piedi e infilando le mani nelle tasche dei jeans.

“Ma per questa notte non ti devi preoccupare”, le disse con un’espressione indecifrabile. “Sono quasi le due e sembri molto stanca. Sarà meglio andarcene tutti e due a letto. In camere separate, naturalmente!”

Anche se capiva dal tono di voce che la stava prendendo in giro, Buffy arrossì di nuovo e corse in camera.

 

“Dolcezza, svegliati”, le disse la voce di Spike. Lei aprì gli occhi lentamente, poi li spalancò per la sorpresa e anche con un po’ di paura. Lui le sorrise teneramente. “Ti devi svegliare, c’è qui tuo padre e pretende di parlarti immediatamente.”

Buffy si svegliò di colpo. Si sedette sul letto e notando lo sguardo di Spike che seguiva la linea della scollatura della sua camicia da notte, tirò su il lenzuolo fino al mento.

“Cosa vuol dire ‘pretende di vedermi’. E’ davvero così infuriato?”

“Non è entusiasta del fatto che tu abbia trascorso qui la notte”, le rispose con un sorriso ironico. “Ed è arrabbiato con me. Dal modo in cui mi ha squadrato si direbbe che mi consideri l’ispiratore e responsabile di questa situazione.”

“Mi dispiace. Immagino che tu non avresti voluto entrare in tutta questa storia, ma…”

“Ma tu vuoi fargli credere che siamo amanti…” Spike finì la frase per lei. “A giudicare dall’espressione del suo sguardo quando gli ho aperto la porta, è proprio quello che teme.”

“Tu mi farai da spalla? Non è necessario che ti comporti come un amante, basta che gli lasci capire che non ti dispiace che io sia qui, ti prego.”

“Sembra che nel tuo piano io ci sia giù dentro fino al collo”, sorrise lui. “Quando ho aperto la porta ho avuto l’impressione che volesse prendermi a pugni anche perché avevo indosso solo questi jeans sbottonati.”

Inghiottendo con una certa difficoltà, Buffy lo guardò attentamente per la prima volta da quando era entrato a svegliarla. Conciato in quel modo aveva decisamente l’aspetto di un amante virile.

Guardò affascinata l’ampio torace. Bastò un’occhiata alle lunghe gambe muscolose fasciate dai jeans, perché il suo cuore cominciasse a battere furiosamente. I suoi occhi tornarono sui capelli dorati e poi, quasi contro la sua volontà , si soffermarono sulla bocca sensuale.

“Vestiti, riccioli d’oro”, le ordinò bruscamente, girandosi verso la porta. “Se non scendi subito, credo proprio che Rupert verrà su a cercarti.”

Uscì di corsa dal letto e si guardò allo specchio: se i sentimenti che provava per Spike sembravano rispecchiarsi nell’espressione sognante dei suoi occhi e nella piega sensuale delle sue labbra, non si poteva dire lo stesso per il suo abbigliamento da ragazzina.

Lei voleva mostrarsi al padre con l’aspetto di chi abbia trascorso una notte folle di passione. Allora uscì dalla camera in punta di piedi e raggiunse silenziosamente quella di Spike. Il suo letto era disfatto, ma non vide pigiami da nessuna parte; pensò che forse lui dormiva nudo e con difficoltà allontanò le immagini che quel pensiero le aveva portato alla mente. Prese quindi una camicia dal suo armadio e la indossò, rimboccandosi le maniche. Si osservò poi soddisfatta allo specchio. La camicia, enorme su di lei, dava esattamente quell’aspetto en desabillé che lei desiderava ottenere. Quell’abbigliamento era provocante al punto da dare uno shock a suo padre. Arruffò leggermente i capelli con le dita e tentò di assumere un’espressione languida… dopo di che si sentì pronta.

Scendere tranquillamente le scale fino al salone centrale fu uno dei compiti più ardui che Buffy avesse mai intrapreso, ma doveva andare fino in fondo si ripeté ostinatamente.

Scalza, scese silenziosamente lo scalone. I due uomini non la notarono ed ebbe quindi il tempo di tirare un respiro profondo per darsi contegno e coraggio.

“Buongiorno”, disse poi con voce assonnata, attraversando pigramente la stanza.

Ignorò il respiro brusco del padre, si avvicinò alla sedia di Spike e gli appoggiò casualmente una mano sulla spalla. Rupert la fissava con rabbia ed era chiaro che avrebbe voluto prenderla a sberle. Cercò di mantenersi calma restituendogli tranquillamente lo sguardo.

“Cosa significa quell’abbigliamento?”, chiese il padre ferocemente, con i pugni stretti sui braccioli della poltrona. “E, comunque, cosa significa il fatto che tu sia qui? Cosa stai cercando di provare?”

“Nulla di speciale.” Buffy assunse la sua espressione più innocente. “Mi andava di vivere qui con Spike per un po’ di tempo. Non voglio esserti tra i piedi finché vai in giro con Anya Jenkins.”

“Io sono arrabbiato da morire. Vai a fare la valigia, ti riporto subito a casa!!!”

“Non credo. Non intendo tornare a casa fin quando continuerai a vederti con Anya, e questa è la mia ultima parola.”

Rupert esplose. “Farai quello che ti dico e no n riuscirai a costringermi a fare quello che vuoi tu. Uscirò con Anya se lo desidero e non ti permetterò di dirigere la mia vita. Tu sei la figlia e io il genitore, e se non cominci a ricordartene ti darò la prima sculacciata della tua vita.”

La sua rabbia riuscì solo a rinforzare la testardaggine di Buffy. Purtroppo lei aveva un aspetto troppo vulnerabile e Rupert cercò di sfruttarlo rivolgendosi a Spike.

“Lodoby, non siamo grandi amici, ma pensavo di conoscerla abbastanza da credere che non avrebbe approfittato di una ragazzina innocente come Buffy. Sembra che mi sia sbagliato.”

Spike si irrigidì. “Posso assicurare che sua figlia è innocente stamattina quanto lo era ieri quando è arrivata qui”, disse seccamente. “Lei non è una bambina e le dirò onestamente che mi sento molto attratto da lei. Quindi, anche se tra noi non è accaduto nulla ieri sera, non le prometto che sarà sempre così, soprattutto se vivrà qui in casa mia.”

Il volto di Rupert si accese per l’ira e di nuovo si rivolse a Buffy. “Mi hai molto deluso. Stai scherzando con il fuoco. Spike è troppo grande per te e se non stai attenta finirai per esserne ferita- Non credo che tu voglia correre un tale rischio solo per farmi fare quello che vuoi. Vai di sopra, da brava, e fai la valigia così ti riaccompagno a casa tua.”

“Se Spike è troppo grande per me, allora tu sei troppo vecchio per Anya”, gli rispose lei ferma. “Finché insisterai nel vederla io intendo rimanere qui con Spike.”

Rupert imprecò, alzandosi in piedi. “Non permetto a nessuno di disporre della mia vita, tanto meno a mia figlia. Me ne vado senza di te. Vorrà dire che tornerò a prenderti quando avrai ritrovato la ragione.”

Così uscì dalla casa sbattendosi la porta alle spalle.

Buffy si rivolse malinconicamente a Spike: “Temo di averti incastrato per qualche tempo, cioè fino a quando mio padre non avrà cambiato idea. Non ti darò fastidio, vedrai. Grazie per aver detto quella cosa sull’essere attratto da me, hai reso tutto molto più convincente.”

“Ho parlato onestamente, dolcezza, perciò non commettere l’errore di crederti al sicuro, qui con me”, mormorò lui, gli occhi azzurri illuminati da una fiamma di desiderio mentre accarezzavano dolcemente il corpo di lei. “Ricorda quel che ti ho detto ieri sera: desidero fare l’amore con te e, se vuoi conservare la tua verginità, comincia a indossare qualcosa di meno provocante di quella camicia. Sono un uomo, non un santo, e non so per quanto tempo potrò resistere alla tentazione. Stai attenta, te lo ripeto per l’ultima volta.”

Senza preavviso allungò le mani e le accarezzò il seno palpitante. Gli occhi azzurri si strinsero in due sottili fessure. Lei rimase senza fiato per alcuni secondi, senza riuscire a muoversi. Poi, con un piccolo grido di terrore, si liberò e corse verso la sua camera.

Con il respiro irregolare si appoggiò alla parta chiusa. Spike era stato anche troppo chiaro. E lei aveva capito alla perfezione, senza ombra di dubbio.

 

[WIP]