Fanfiction ospitata per gentile concessione del Bloodylove in attesa di riuscire a rintracciare l'autrice.

 

 

BROCCATI TENEBRA E PALETTI

di Siranna

 

 

 

Prologo:

Quella che sto per narrarvi è una storia di bizzarra natura, qualcosa che solletica la mia lingua come il pepe e mi induce a condividere con altri la mia perla.

Nella regione più remota dei vostri pensieri voi potrete pensare che sia frutto di vaneggiamenti, oh ma tutto ciò che è creato lo è, la pazzia è il sale della vita. Io non sono una persona e nemmeno sono da considerarsi un individuo dalla lucida mente. Per reputazione sono un fanfarone, la mia rinomata qualità di inventore supera i limiti dellimmaginazione umana, ma ogni cosa ha un fatto vero e se la vostra mente è aperta a ciò che normalmente si rifiuta allora quanto segue non sarà altro che pura, nuda, genuina verità. Io non sono altro che un araldo senza volto e senza storia, un giullare del re Tempo.

Io, sono il Canta Storie

 

Chosen

Passi frettolosi risuonavano in un viottolo scuro, la puzza dei rifiuti delle case impregnava laria e nauseava gli uomini.

Una giovane fanciulla, dai capelli color del grano maturo correva a perdifiato nella stradina. Il suo vestito blu di seta francese, con ampia scollatura e molti pizzi, frusciava sul terreno e si imbrattava della sporcizia. Era un abito adatto ad una festa nei quartieri alti della città, non ai sobborghi di Londra. Le piccole scarpette azzurre di seta macinavano i metri e producevano un suono fastidiosamente amplificato dal silenzio della notte.

Aveva gli occhi lucidi perla corsa e le guance arrossate, i capelli biondi ormai sfuggivano dalla crocchia aggraziata, ricadendo ribelli sulle spalle nude.

Tentava di correre più veloce che poteva ma la gonna voluminosa si impigliava ovunque, strappandosi.

Unombra veloce come un felino strisciava lungo i muri sudici, in tetro silenzio seguiva la giovane. Potete credere che fosse umano, in effetti tutto lo lasciava presagire. La corporatura atletica, laltezza e la forma fisica erano quelle di un uomo di trentanni.

Un uomo forte e vigoroso capace di correre a lungo, agilmente e senza affanno, un uomo intuitivo.

Ma se si notava bene attraverso i bervi squarci di luce offerti dalla casta luna, si scorgevano due occhi che nulla avevano di umano, due cerchi giallo inferno che bruciavano al fuoco della morte.

 

La fanciulla correva disperata, senza emettere un fiato ma con la paura nelle vene che scorreva più densa dellolio. Le sue membra fragili e spossate non potevano più sostenere il peso della corsa, le gambe le dolevano e presto avrebbero ceduto, abbandonandola.

Come se la Sorte avesse deciso di voltare la sua faccia alla giovane, il vestito si impigliò in un ferro, capitato nel muro accanto chissà per quale scopo. Urlò in preda al panico e con uno strattone liberò il bel vestito, stracciandolo e rimanendo solo in sottoveste, qualche traccia delle maniche e del corpetto rimaneva ancora.

Giunse dinnanzi ad una vecchia casa di malcostume che a quellora era ormai chiusa, non cera nessuna via duscita.

Si girò verso la strada, la luce debole di qualche lanterna illuminava la sagoma nera che avanzava verso di lei. Sentì le lacrime salire e la paura quasi diventare insopportabile, il verde acqua si fece più intenso alla luce della luna.

Il cacciatore avanzò con molta più lentezza, sorridendo inquietante, aveva denti strani e lunghi, così affilati che avrebbero lacerato il collo di una vacca senza sforzo. Quando riuscì a vederne il viso un solo ed autentico urlo di terrore le uscì dalle labbra, era trasfigurato in una maschera demoniaca, nemmeno le novelle di Mr. Poe erano altrettanto spaventose.

La raggiunse in un balzo famelico, eccitato oltre linverosimile dallodore della carne.

Quella notte una creatura avrebbe lasciato questo mondo...

 

Il mostro sparì in uno sbuffo di cenere improvviso, emettendo un urlo gutturale di sorpresa.

La fanciulla ansimò sentendo la tensione scemare dal suo corpo. Strinse convulsamente a sé un oggetto con la mano destra. Guardò la polvere sparsa a terra nel fango e scrollò quella che era finita su di lei. Con un sospiro di sollievo si appoggiò al muro, non curandosi della fuliggine che lo ricopriva e facendo una smorfia per il male ai muscoli.

<<Molto bene mia cara.>> un uomo, sulla cinquantina, ben vestito in un abito da sera nero elegantissimo. Portava un cilindro lucido sulle ventitré. Le si avvicinò pulendosi il monocolo con un panno rosso.

<<La ringrazio duca.>>sussurrò col fiatone la fanciulla, gli lanciò unocchiata e sorrise lievemente, aggiustandosi una ciocca bionda disordinata. Fece roteare il paletto tra le dita e lo infilò nel vestito.

<<Davvero notevole Elisabeth, ma ti prego, chiamatemi Signor Giles...>> le porse il braccio e lei lo accettò contenta. <<Come vuole...Signor Giles.>>

camminarono piano lungo la via periferica, come una normale coppia londinese della buona società. Certo erano piuttosto ambigui, la giovane aveva si e no 17 anni e luomo 54. si combinavano matrimoni strani allepoca. Il duca era celibe, un uomo colto che amava la lettura. Nella sua villa nei pressi di Hyde Park possedeva una stanza di due piani, le cui pareti erano interamente coperte da libri, per un totale di più di due milioni si volumi...

 

La fanciulla rabbrividì allaria della notte e duca le coprì galantemente le spalle con il suo soprabito.

<<Davvero mi chiedo come facciate ad indossare tali abiti.>> asserì luomo aggiustandosi il monocolo sullocchio e scoccando unocchiata di profondo disgusto allabitino.

La fanciulla sorrise ed annuì gentilmente. <<Non li scelgo io purtroppo, mia madre dice che questano è di moda scoprire le spalle di tre centimetri.>>luomo alzò gli occhi al cielo in un moto di compatimento per il gentil sesso, convenendo con sé stesso che era solo colpa della società maschile se si arrivava a quellestremo, ma da buon inglese di vecchio stampo si tralasciò dalla lista degli individui che escogitavano tali mezzi di tortura, lui era contrario a tutto ciò.

<<Direi che le signore delle buona società dovrebbero accontentarsi di vestire bene e comode, ritengo che scoprire il collo e, in estremis, una piccolissima porzione di decolté sia al limite della decenza per non apparire volgare!>> ribatté puntiglioso, non era daccordo che la sua piccola prescelta se ne andasse per i salotti nobiliari vestita come una sgualdrina. La giovinetta annuì concorde e guardò loscurità dietro a sé, avvertiva una strana sensazione, non capiva ne come ne perché ma non si sentiva del tutto fuori pericolo, qualcosa o qualcuno pareva seguirli, nei sobborghi londinesi si potevano reperire ogni genere di creature, ma poteva essere solo suggestione data dal nero della notte...

<<Dovevate svolgere il vostro compito proprio abbigliata in quel modo mia cara?>> chiese il duca con una nota di rimprovero, davvero non concepiva cosa passava per la mente delle donzella.

Lei era mortificata.<<Mi rincresce Signor Giles ma la festa si è protratta per un tempo imprevisto e a casa non cera nessuno pronto a coprirmi, Anya è dovuta venire ad aiutare domestiche della baronessa Landou.>> sussurrò contrita.

<<Capisco Elisabeth, non vi sto rimproverando. Mi chiedevo solo come avreste spiegato lo stato in cui siete una volta rientrata a casa.>> sorrise lievemente per la premura delluomo, se anche il duca Hank Summers fosse stato così...

<<Non crucciatevi per me Duca. Labito che si indossa ad un festa, specie se così importante, non viene più utilizzato. Sarebbe scandaloso per una debuttante non che di cattivo gusto!>>

Il Signor Giles scosse la testa, se ne intendeva così poco della moda inglese femminile, nonostante fosse delle nobili origini della casata di sua maestà la regina!

<<Mi duole sapere che il vostro debutto in società si è concluso in questo modo.>> disse poi, lievemente imbarazzato. <<Dal consiglio sono arrivati ordini immediati...>> lei sorrise.

<<Non importa duca. Credo che sia stato il momento più emozionante di tutta la serata.>> luomo sorrise per la sottile ironia della sua pupilla. <<Non sapevo che i balli delle debuttanti fossero tediosi!>> lei ripensò alla serata. La sua amica del cuore Drusilla aveva avuto lonore di inaugurare lestate con un ballo nella bella villa, il ballo delle debuttanti. Per questo un poco la invidiava.

Tutto era iniziato alle otto e trenta e le giovani avevano sfilato accompagnate dal loro cavaliere, lei era stata la dama del caro Andrew che dopo la cerimonia era tornato frettolosamente dalla sorella Down. Elisabeth era lultima di tre sorelle, Willow, Down e lei, le tre gemme dellovest, come amavano chiamarle i vari nobili che conoscevano. Loro erano americane.

La cena era stata sublime, la compagnia frizzante almeno finché la cara Drusilla non si era allontanata in compagnia del giovane ufficiale Parker, un amico del fratello. Lizzie era stata sballottata tra le madri delle ragazze. e quanto siete carina mia cara.. come fate ad essere sempre così splendente... mia figlia deve imparare da voi... nessuno ha la vostra grazia, avete preso da Lady Joyce.. almeno per una buona mezzora e poi era iniziato il vero tormento. Drusilla aveva due fratelli, Osvald che amava storpiare il suo nome in Oz che aveva due anni in più di Willow e quindi sei più di lei. E poi cera Riley, il capitano Riley. Si era arruolato nellaccademia militare ed era entrato nellesercito di Sua Maestà. Costui sembrava avere un debole per Elisabeth, non laveva lasciata un attimo dacché era riuscita a sottrarsi alle attenzioni delle signore. Una conversazione monotona e troppo tirata, lei non capiva nulla di tattiche militari e nemmeno di gradi duniforme e lui sembrava ostinatamente propenso a mostrargli la sua, nemmeno fosse stato un trofeo di guerra. La cara Drusilla era molto sfortunata ad avere un fratello del genere, per grazia del Signore se ne stava in Egitto per la maggior parte dellanno.

<<No duca, non lo sono per la maggior parte di noi. Dipende dalla compagnia che si ha>> rispose lei sorridendo tra sé e sé.

 

<<Bene, siamo arrivati a Rovello Road, buona notte cara Elisabeth.>> lei bussò alla porta di servizio per tre volte e quando le venne aperto dalla domestica entrò.

<<Buona notte duca. A domani notte al solito luogo.>>

I due umani si separarono ed ognuno di loro tornò alle proprie rispettive vite, senza pensare ai fatti accaduti in quelle brevi ore.

Una figura scura uscì dallombra più assoluta. Il suo viso bianco ed aggraziato venne illuminato dalla luna. Gli occhi scuri come il mare saettarono alla luce della camera della fanciulla. Un pallido sorriso gli raggiunse le labbra. Quella notte, sotto una cascata di avvenimenti strambi aveva trovato la sua preda finalmente e lavrebbe perseguitata fino ad averla.

<<Finché morte non ci unisca...>>

 

 

Becoming part1 (parte1)

Il mattino giunse troppo presto per il corpo spossato della fanciulla, qualcosa congiurava contro di lei di sicuro. Non era una nobildonna scansafatiche, assolutamente. Per cera un fatto: il suo corpo non rispondeva bene ai comandi prima di una certa ora, qualunque essa fosse non era quella in cui ora avrebbe dovuto alzarsi.

Un paio di mani la costrinsero ad alzare la testa dal cuscino di piume che venne velocemente sottratto al suo possesso e sbattuto ripetutamente. Elisabeth si limitò a ripiombare pesantemente sul materasso, senza accennare ad un risveglio.

<<Su contessina, si alzi! Il sole brilla nel cielo e la colazione è pronta!>> gridò Anya, con un tono di voce considerabile inammissibile per quellora del mattino. Nel frattempo aveva già iniziato a riavviare le coperte, un metodo infallibile per svegliare del tutto qualcuno.

<<Anya...ti prego!! Almeno tu abbi pietà di me!>> biascicò la ragazza.

La domestica sorrise e con poca delicatezza sollevò la sua padroncina dal letto e la mise su una sedia priva di qualsiasi tipo di imbottitura, una vera tortura!

La giovincella mugugnò qualcosa contro Anya ma poi si arrese, lasciandosi spogliare e immergere nella tinozza stracolma dacqua calda.

Mentre si passava la spugna marina sulla pelle ripensò alle sensazioni della sera prima. Laveva turbata troppo quel vampiro? Infondo era solo il suo sesto demone... probabilmente si era suggestionata.

<<Anya...?>> la ragazza le sorrise con naturalezza, cosa poteva mai volere ancora quella creaturina da lei? La mattina non parlava mai se non prima di un paio dore.

Anya era una giovane donna di 27 anni, unolandese dal fisico snello ma forte, un paio di occhi verde muschio e capelli dal colore tenue e caldo come il miele.

Aveva una parlantina spiccia che catturava lattenzione e lespressione: non avere peli sulla lingua sembrava coniata apposta per lei.

Forse non si rendeva nemmeno conto delle gaffe che faceva. Ma era una buona lavoratrice e il suo carattere era adorabile, senza contare la prontezza di linguaggio che disarmava qualsiasi interlocutore indesiderato.

<<Non hai mai avuto limpressione...di essere seguita ed osservata?>> chiese Elisabeth con occhi grandi e curiosi, attendendo una risposta che forse lavrebbe aiutata ad eliminare un po di dubbi su quella notte.

<<Mia cara padroncina! Sapesse quante volte! Per le strade molti occhi sono puntati su di me, e non solo quelli dei garzoni!!>> sorrise sorniona con espressione maliziosa.

<<Laltro dì il duca dellHardforshire mi ha seguita fino a casa e mi ha chiesto se...>> si interruppe alla vista degli occhi verdi ed innocenti che la stavano fissando con attenzione. Non poteva continuare, non aveva il diritto di parlare di certe cose.

<<Ma non penso che fosse ciò che intendevo io. È già tardi e vostra madre vi sta aspettando per la colazione.>> lasciò cadere la cosa. Non si curò di cosa volesse dire la fanciulla, anche se conosceva il suo destino, di giorno era solo un giovane normale della buona società. Di notte era un altro discorso.

 

Londra, 12° Dì del mese delle rose, 1805

Cinque uomini camminavano per Revello Road, avevano arie neutre, senza la minima espressione. La loro camminata era rigida e il loro aspetto distaccato. Se ne stavano impettiti nei loro completi scuri ed eleganti. In quattro accerchiavano un ometto più basso e grassoccio, fasciato da un abbondante panciotto violaceo, il collo stretto in un papillon marrone. Faceva ruotare con la mano destra un bastone di legno lucido e nero, sormontato da un pomello dargento in cui era incisa finemente una croce.

Trotterellava tranquillo in mezzo ai suoi quattro armadi da compagnia, sentendosi immensamente protetto. Scoccava occhiate impertinenti ad ogni passante che non fosse del suo stesso rango, mentre con gli altri si esibiva in profonde riverenze.

Giunsero dinnanzi a villa Summers. I quattro scagnozzi osservarono le finestre chiuse, solo al terzo piano le persiane erano alzate e delle tende bianche si muovevano nellaria.

Luomo si aggiustò il colletto della camicia e raddrizzò il cappello.

Si avviò con passo rigido fino alla porta principale di legno chiodato; bussò con il bastone sul legno scuro e profumato e poi tirò la campanella. Dopo qualche istante si aprì uno spioncino e Anya, la ragazza tuttofare della famiglia domandò cosa desiderassero.

<<Abita qui Elisabeth Anne Summers?>> la ragazza annuì accondiscendente e si domandò come facesse ad esserci gente tanto stupida, se quella era la celebre villa Summers era ovvio che lei abitasse lì!

<<Sì mio signore, devo riferire qualche messaggio?>> chiese angelica, scrutando con molta attenzione i quattro individui che tenevano i cappelli calati sugli occhi.

<<No, desidero vedere la contessina, subito!>> Anya lo osservò molto più attentamente, con i suoi occhi verde scuro analizzò in breve tempo luomo.

Era ben vestito e in modo piuttosto strano. Avrebbe voluto passare inosservato ma era più forte di lui, sfoggiare la sua ricchezza era la prerogativa più insistente. Da quella distanza non percepiva alcun odore molesto, nemmeno del sospettoso puzzo di alcool. Gli odori dl

delle persone erano assai utili, secondo Anya, per capire chi fossero e di che condizione sociale. Aveva imparato ad osservare gli uomini che chiedevano della signorina, ormai era in età buona, ma poteva essere anche un bocconcino appetibile per un consumo veloce o peggio. Lei non poteva permettere questo, se i signori non se ne occupavano lei invece sì.

<<Sareste così cortese da fornirmi il vostro nome? Così posso annunciarvi alla mia signorina e chiederle se ha il tempo per voi.>>

luomo fece una smorfia dimpazienza. <<Sir Warren Montcreef, la ragazza DEVE vedermi.>> quellimposizione non piacque ad Anya, era solo un umile tutto fare ma nella sua vasta esperienza con il genere maschile sapeva bene cosa aspettarsi.

<<Prego accomodatevi nel salotto piccolo, vado a chiamarla.>> i cinque uomini entrarono compatti come un muro di calce. Sir Montcreef si sedette impettito nella poltrona di velluto beige.

Il luogo in cui si trovavano era una stanza illuminata dalla luce del meriggio morente, dai colori chiari e delicati tendenti al bianco. La ragazza entrò nella stanza con leggiadria, con la gonna color lilla che frusciava leggera intorno a lei, producendo un lieve rumore come di foglie mosse dal vento. Dalla sua pelle candida arrivava un gradevole profumo di vaniglia. I suoi capelli catturavano la luce del tramonto e la trasmettevano anche al viso, erano raccolti in una lunga treccia che arrivava sino a metà schiena.

Warren si alzò in piedi e le fece un profondo inchino, i suoi scagnozzi piegarono appena il capo. Rispose inchinandosi a sua volta, raggiungendoli e sedendosi davanti alluomo.

Pose le mani in grembo e concentrò la sua attenzione sulluomo, guardandolo dritto negli occhi anche se sapeva che una dama di alto rango non avrebbe dovuto farlo.

<<Contessina Summers, non indugerò oltre, lei deve subito seguirci.>> lanciò unocchiata ai cinque uomini che le stavano attorno. I quattro avevano discretamente cominciato ad accerchiarla, lasciandole poca via duscita. Cominciò a sentire paura.

<<Se è per quella terra per il viso che ho dimenticato di pagare a Piccadilly...sarei andata a portare i soldi...>> ma lui non parve ascoltarla.

<<Voi siete la prescelta, il vostro destino è legato a quello di tutto il mondo. Voi siete la cacciatrice.>> in un primo momento aveva creduto ad uno scherzo. In seguito aveva ardentemente pregato che fosse così.

In meno di due ore le era stata spiegata la parola cacciatrice, gli obblighi che comportava e quale sarebbe stato il suo futuro dora innanzi.

Le avevano presentato il suo cosi detto osservatore, il duca Giles dellHellmouth. Egli era inglese ma da alcuni anni viveva in America sulla costa occidentale. Nel ducato di Hellmouth appunto, un possedimento che confinava con il contado di Sunnydale, di proprietà del conte Summers. Quel luogo doveva il suo nome al fatto che in esso vi fosse la Bocca dellInferno, una spaccatura che faceva da tramite diretto tra la terra e il mondo dei demoni. Lì abitava insegnando alla usa vecchia cacciatrice, Kendra. La fanciulla dalla pelle di cioccolato era stata uccisa in uno scontro avvenuto con un esercito di demoni, unimboscata.

Lo scettro del potere ora era passato ad Elisabeth ed era il suo turno di proteggere il mondo. Naturalmente cerano poi i vampiri, uomini che venivano prosciugati del loro sangue da altri di essi che poi donavano loro in fin di vita parte del proprio liquido rosso. Così si creavano questi mostri, uomini morti che continuavano a vivere, il loro cuore non batteva, non avevano bisogno di respirare e avevano processi di guarigione molto accelerati. Il loro volto era uguale a quello umano ma quando uccidevano si trasfigurava, i canini si allungavano e diventavano terribili armi mortali che laceravano la pelle. Anche gli occhi mutavano il loro pigmento trasformandosi in cerchi gialli e demoniaci.

Erano forti come cento uomini, solo la cacciatrice poteva difendersi da loro grazie alla sua straordinaria forza. Potevano morire solo se trafitti precismante nel cuore con un paletto di legno. Temevano il fuoco, lacqua santa e i crocifissi. Fuggivano il sole perché li trasformava in cenere.

Così Elisabeth aveva appreso tutto in giorno solo. Nel giro di poche ore la sua vita era cambiata profondamente e mai sarebbe tornata quella di prima.

Ma soprattutto Elisabeth non sapeva che da quando aveva accolto in sé la forza, due paia di occhi si erano puntati su di lei, entrambi vividi di oscurità che lavrebbero avviluppata piano piano.

 

 

Becoming part 1 (parte2)

Londra, 27° Dì del mese delluva, 1805.

<<Sapete contessina, ci sono persone da cui dovete guardarvi in questa casa>> sussurrò Anya. Elisabeth sgranò gli occhi impaurita, come poteva essere?

<<Dallultima visita del signor Travers cè qualcuno che vi tiene docchio...>>

un mese prima, il capo degli osservatori Quentin Travers, aveva contattato il duca Giles tramite missiva importantissima.

Quentin abitava in un lussuoso palazzo nella City dove teneva riunioni e congressi con gli altri osservatori. Alla fine di ogni anno veniva scritta una parte di un importantissimo volume: Il Diario degli Osservatori. Il quale sarebbe servito ai posteri per apprendere la verità e i compiti sulle cacciatrici e su tutti i demoni.

Quel giorno i signori Summers si erano allontanati per una visita importante, Elisabeth aveva dovuto acconsentire ad accogliere il suo osservatore e laltro uomo.

Si erano chiusi in uno degli studi del conte ed avevano discorso per circa tre ore, in un fitto bisbiglio a cui la giovane prescelta non aveva potuto assistere.

Erano circondati da libroni e molte altre carte antiche, era sicuramente successo qualcosa di importante se non addirittura molto grave ma purtroppo la cacciatrice aveva il divieto di interferire con le decisioni del suo osservatore, aveva il dovere di ubbidire e difendere lumanità elaborando piane e strategie ma era poco apprezzato lo spirito diniziativa. Il duca Giles era un uomo abbastanza permissivo dopotutto, ma nonostante le continue richieste della sua pupilla non aveva aperto bocca sulla questione discussa quel pomeriggio. Così linteresse di Elisabeth si era accresciuto, soprattutto quando uscendo dalla stanza Giles aveva sussurrato: <<Non credo lo accoglierà bene, e nemmeno io sono sicuro di farlo...>> con il corso dei giorni la curiosità della fanciulla non si era placata.

 

Si chiese chi potesse avere dei sospetti, chi la tenesse docchio, chi si permetteva di tenere docchio Lei! La Gemma dellOvest!!

Nessuno li aveva visti uscire? Nonostante fosse umiliante per il signor Travers dover abbandonare la casa come un volgare ladruncolo, era stato necessario uscire per la porta di servizio. Cosa avrebbero detto i vicini, specialmente quellimpiccione del Signor Wilkins, se alle sette di sera avessero visto due uomini maturi uscire dalla porta principale di villa Summers quando i signori non cerano? Le figlie avrebbero perso il loro onore pur non essendo colpevoli di nulla.

E di lì non li aveva visti nessuno! Cera la carrozza che li copriva e...<<XANDER!>> urlò di colpo, con il terrore in volto. Anya annuì con aria grave.

<<Precisamente, Alexander stava sistemando le ruote della carrozza da viaggio quel pomeriggio e vi ha veduti!>> Elisabeth si portò una mano alla fronte e sospirò.

<<Ho capito che vi tiene docchio da qualche giorno, osserva spesso la vostra camera dalla stradina qui dietro dove si apposta come un falco...se solo fosse più magro...aspetta il vostro ritorno ogni notte perché sa che uscite, solo non ne sa il motivo...-confidò la giovane, addolorata di recare preoccupazioni alla piccola Lady.

Una lunga ruga dapprensione le attraversava la fronte e i suoi occhi non potevano fare altro che lampeggiare illuminati dalla paura di venir smascherata.

<<Siamo rovinati amica mia... il cocchiere è un gran impiccione e questa sua qualità è nota in tutta Londra almeno quanto lamore per lo spettegolare!>> biascicò con voce così madida di disperazione che avrebbe commosso perfino uno spietato assassino. Ormai grandi lacrime le rigavano il viso candido, se lavessero scoperta, non necessariamente per quello che in effetti era ma solo le sue uscite notturne...allora non avrebbe più avuto scampo. Suo padre così rigido ed intransigente in fatto di rispettabilità lavrebbe ripudiata e se si fosse saputo al di fuori delle mura di villa Summers, su tutta la famiglia sarebbe sceso il disonore. Le sue sorelle avrebbero dovuto convivere con lonta di avere in casa una svergognata e nessun nobiluomo le avrebbe degnate di uno guardo. Decisamente non poteva permettersi un affronto simile nei loro confronti ma come spiegarlo al signor Travers, come parlarne a Giles che in lei sembrava riporre molta fiducia e che le concedeva un rapporto ben lungi dallessere solo quello di Osservatore-Cacciatrice? Per queste persone che erano a conoscenza dei fatti la cosa non contava affatto, la salvezza del mondo e la segretezza della missione erano tutto.

Anya mise le mani sui fianchi in un gesto di stizza e cominciò a pensare, vedere la padroncina rodersi le unghie dalla disperazione era per lei così frustrante...ma lavrebbe seguita sempre ed in ogni sua decisione perché le era molto affezionata, laveva cresciuta lei infondo.

Allimprovviso la donna alzò il volto con aria furba e maliziosa, sorridendo piano con un ghigno degno del più esperto demone vendicativo.

<<Forse un modo cè per sfuggire da questa situazione...>> sussurrò con tono così sadico da far accapponare la pelle.

<<E come...?>> domandò debolmente speranzosa la ragazza.

<<Bè credo sia ora di distrarre il giovane Alexander dai suoi doveri di guida morale...>>il ghigno si allargò a dismisura.

<<Davvero mia fidata amica?>> chiese ora molto incuriosita la fanciulla, era proprio vero che nessun uomo avrebbe battuto Anya in astuzia...

<<Certo...avrai sentito parlare di arti femminili...bè Xander mi sembra ben dotato...non credo sarà un sacrifico tanto grande...>>

 

Surprise! (parte 1)

Poco dopo Elisabeth scese nel giardino dinverno, una grande stanza circolare fatta interamente di vetro che dava direttamente sul grande parco della villa. Il soffitto era ricoperto da una morbida cascata dedera verde scuro che offriva un riparo nelle giornate più calde. Vi si trovava allinterno un tavolo di ceramica italiana finemente dipinta a mano, qui si consumavano spesso incantevoli e leggeri spuntini e colazioni, senza contare la parte riservata al the con gli amici più cari. Nelle giornate di pioggia la stanza riecheggiava delle chiacchiere delle tre sorelle e delle amiche, che si intrattenevano raccontandosi frizzanti pettegolezzi sulle coppie appena formatesi o discutendo dellultima trovata degli stilisti parigini in fatto di corsetti.

La ragazza era molto più sollevata dopo la trovata della sua cameriera e, pur non avendo inteso fino in fondo le sue intenzioni, sapeva di essere in buone mani. Limportante era continuare a nascondere ogni cosa alla madre e alle sorelle.

Così scese con il suo sorriso più smagliante ed innocente, il suo viso dangelo avrebbe incantato ed ingannato chiunque e contava soprattutto su questo. Daltronde la madre la vedeva così poco e si curava ancor meno di lei che era inutile temere un profonda indagine. Quanto alle sorelle, Down sarebbe stata alle prese con i suoi problemi pratici di trovare un lavoro rispettabile e molto decoroso al suo Andrew al più presto, si sarebbero sposati di lì a pochi mesi e per quellepoca lui avrebbe dovuto garantirle un tenore di vita consono alle sue aspettative, vale a dire un reddito non inferiore alle 2000 sterline allanno.

Quanto a Willow, lei era sempre assorta nei suoi pensieri dolci e fantasiosi, scriveva lettere lunghe fiumi di parole che però non imbucava mai, sorrideva con aria sognante tra sé tenendo in mano la piuma con eleganza e scarabocchiando strani disegni sulla carta. Si sarebbe detto fosse innamorata ma di chi? Non aveva nessun fidanzato e gli ammiratori li disdegnava tutti. Era una bellissima ragazza Willow, con lunghissimi e setosi boccoli rosso fuoco, che però alla luce delle stelle sembravano addirittura quasi porpora, baciati dalla luna malata. Le incorniciavano un volto incantevole, magro e leggero punteggiato da lievi lentiggini ambrate e un paio di occhi verde muschio così dolci da incantare un Dio.

 

<<Tesoro sei semplicemente adorabile in quellabitino di colore rosa pallido! È stata proprio una buona scelta!>> esclamò Lady Summers resa orgogliosa dalla figlia minore che ogni giorno si faceva più bella e slanciata, nonostante la modesta statura aveva la grazia delle nobili inglesi e quella puntigliosa precisione nel vestirsi che la rendeva un amore di ragazza.

Le sorelle annuirono e abbracciando la piccola con amore la fecero accomodare tra loro.

<<Buon giorno madre, sorelle care, avete passato una buona notte?>> chiese soave, la prima cosa da fare è sempre ingraziarsi la madre.

<<Naturalmente piccola mia ma adesso è giorno, non parliamo di una cosa oscura e subdola come la notte!>> decretò la signora, versandosi una generosa tazza di the.

Elisabeth non condivideva appieno. Per lei la notte era importante alla pari del giorno, lei viveva anche nella notte e ormai aveva imparato a riconoscere ed apprezzare lodore della notte. Nella notte doveva imparare a sopravvivere e a dominare, perché lei era la guardiana della notte. Qualcosa di fuggente che avvolgeva il corpo e ne cambiava la forma, che aiutava a celare le anime.

<<Scusatemi madre. Che programmi avete per oggi, se mi è permesso chiederlo?>> sussurrò non realmente interessata alla risposta.

Joyce schiarì la voce e con unocchiata rivolta alle due maggiori disse:<<Dobbiamo prima recarci a prendere i pizzi per rifinire il corredo di Down e poi da Mrs. Deveraux per gli abiti di Willow, sai cara, sono arrivati dei completi molto belli giusto laltro ieri. Tu cara hai le lezioni non è vero?>> Lizzy sbuffò leggermente, era più che vero, era un dato di fatto che il suo lunedì pomeriggio dovesse trascorrere tra interminabili ore di grammatica tedesca e filosofia greca, senza contare il ripasso del latino.

<<Si madre, infatti.>> sussurrò con aria abbattuta.

Willow le rivolse un sorriso dincoraggiamento e Down le promise a mezza voce che avrebbe portato un catalogo di Moda di Mrs. Deveraux e che lavrebbero guardato insieme una volta concluso gli studi. Lei gliene fu enormemente grata, adorava la moda e soprattutto i coloratissimi cataloghi con quei ritratti in china così belli ed aggraziati!

Joyce suonò il campanellino dargento che teneva sempre con sé e pochi minuti dopo arrivò la cameriera con un vassoietto dargento, sul quale erano posate in ordinata pila quattro lettere.

La padrona le prese e le guardò con soddisfazione. Ne aprì una con lapposito taglia carte e la lesse molto interessata, mentre la sua espressione mutava in gioia e soddisfazione. Quando ebbe finito accantonò le altre da un lato e mandò via la donna, concentrando la sua attenzione tutta su Elisabeth che si sentì al quanto sconcertata e preoccupata. Che era accaduto a sua madre perché si accorgessi di lei?

<<Figlia mia, è necessario discutere di una questione molto importante...>>allimprovviso le era venuta unaria grave e la fanciulla si allarmò, che fosse stata scoperta? Non avrebbe retto alla vergogna...non ora che finalmente aveva trovato una barlume di speranza di convivere con la sua delicata situazione.

Joyce si pulì langolo della bocca con uno spicchio di tovagliolino, gli occhi color miele velati da un misto di dolce eccitazione.

<<Ebbene mia cara, come ben sai abbiamo organizzato una festa mercoledì sera perché tra una settimana compirai diciotto anni*...>>

fece una pausa ad effetto e la ragazza sospirò profondamente, sollevata.

<<Hai il permesso di invitare chi desideri infatti gli inviti sono già stati spediti, ci sarà il fior fiore della buona società inglese e tutti i tuoi amici più cari. Quello però che non sai è che unaltra persona si è aggiunta alla lista...è di lei che dobbiamo parlare...>> altra pausa. Le due maggiori si scoccarono unocchiata dintesa di sottecchi.

<<Elisabeth, tuo padre ha ricevuto notizia che il barone di Dublino, il signor Liam OConnor, è a Londra per affari. Poiché tuo padre ha interessi in Irlanda ha deciso di invitare anche il barone alla tua festa. Avremo occasione così di mostrargli la nostra ospitalità e...diciamo di accattivarcelo un po e poi è un onore per tutta la nostra famiglia avere come ospite un uomo così importante!>>

Elisabeth era allibita, la sua bocca era aperta in un cerchio perfetto di stupore. Non poteva credere che sua madre avesse fatto una cosa del genere!

Aveva veduto per la prima volta il barone in un ritratto e dire che ne era rimasta incantata era un eufemismo.

Quelluomo possedeva un fascino ammaliatore. Aveva lunghi capelli scuri che sembravano possedere una morbidezza impalpabile, gli occhi erano due pozzi neri che brillavano di dolcezza, resi vivi da una tristezza quasi disarmante. Aveva una fronte piuttosto alta e spaziosa ed Elisabeth, pur non avendola mai toccata, era certa fosse liscia e profumata come un petalo di rosa. Il suo volto poi...una maschera di marmo di Carrara, bianchissimo e lucente. Lo aveva adorato dal primo momento, pur trattandosi di un dipinto che non era sicuramente in grado di rendergli giustizia.

Un pizzico sul braccio da parte di Down la fece tornare in sé, fissò pera sua madre, con sorriso sognante.

<<Vedo cara figlia che non sei contrariata per la decisione di tuo padre...nella lettera arrivata stamani ho appreso la notizia che il barone è molto onorato per questinvito e accetta di buon grado, pregandoci di riferirti che sarà più che un piacere essere lospite donore della tua festa e ti manda i più sinceri e dolci auguri. Inoltre, pochi minuti fa è arrivato anche questo dono da parte sua, cara che ne dici di scartarlo?>>

le fu messo in mano un piccolo pacchettino avvolto in carta di riso blu. Gli occhi di Willow, Down e Joyce si puntarono immediatamente sulloggetto mentre la loro curiosità saliva insieme a quella della fanciulla.

Con mani tremanti deccitazione aprì delicatamente linvolucro scuro e al suo interno si rivelò un astuccio quadrato di velluto rosso. Unesclamazione di stupore apparve sui visi delle tre donne.

Quando lo aprì vide un finissimo anello dargento, con un cuore tenuto ai lati da due mani e sormontato da una corona.

Sospirò senza fiato per la bellezza delloggetto, cosa che compiacque molto le tre donne.

Down sorrise, sua sorella presto sarebbe stata baronessa dIrlanda, conosceva alla perfezione le intenzioni di suo padre. E lei, la cara sorella avrebbe avuto una buona occasione per introdurre Andrew nel mondo della finanza. Il barone era un grande possidente e aveva parecchi amici tra tutti i più grandi finanzieri e curatori dinteressi. Il caro Hank avrebbe diviso il contado di Sunnydale in tre porzioni, una volta che le tre figlie si fossero sposate lavrebbe dato come dote. Era praticamente certa che avessero combinato un matrimonio dinteresse alle spalle di Elisabeth, OConnor possedeva terreni in America, la maggior parte dei quali confinavano con Sunnydale e Hellmouth, quindi accaparrarsi una parte anche del primo era la sua prerogativa. Daltra parte il conte Summers avrebbe avuto una figlia baronessa e dei buoni terreni in Irlanda, che cercava da anni di accaparrarsi senza successo. Il barone non voleva Elisabeth per il suo bel faccino, non principalmente. Se poi le si innamorava tanto meglio.

Ed Andrew avrebbe amministrato i terreni oltreoceano, con una piccola pressione sul padre che aveva un debole per lei sicuramente avrebbe ottenuto tutto questo. Così sarebbe potuta tornare in america, odiava lInghilterra e la sua grigezza malinconica, voleva il sole della sua patria natia! Se solo Andrew non fosse stato tanto preso da quello stupido teatro e dal modo per migliorare le rappresentazioni grazie alle innovative scoperte della scienza! Che cosa serviva nella vita un lavoro di così basso reddito e onore?

 

Elisabeth, ignara dei programmi macchinosi che la madre e Down stavano facendo, rigirava tra le mani il suo anello, ammirandolo insieme a Willow. Pensava già al suo ballo, il suo primo ballo con la persone più importante della sua vita!

 

 

Surprise! (parte2)

Pomeriggio inoltrato, le cinque circa, una luce livida di sole si intrufolava attraverso le imposte semi chiuse del grande studio di mogano rosso.

Elisabeth rigirava il suo anello tra le mani, lo sfiorava amorevolmente e ne percorreva i contorni con perizia, sorridendo tra sé e sé per la delicatezza delle rifiniture, per la lucidità dellargento, sorridendo a quelle mani incise così delicatamente. Si perdeva nellosservare la fluidità delle curve del cuore.

Immaginava la sera in cui lavrebbe incontrato per la prima volta, lei avrebbe indossato qualche sofisticato abito appena confezionato apposta per lei, la Gemma dellOvest, dalla boutique parigina più rinomata. Avrebbe accolto i suoi ospiti con gentilezza, volteggiando in quei metri di stoffa morbida e sfoggiando la sua naturale grazia. Avrebbe mostrato il gradito dono a tutte le sue amiche e le avrebbe fatte morire dinvidia!

Sorseggiando coppe di Champagne della miglior annata sarebbe riuscita ad accaparrarsi lattenzione di ogni uomo nella sala. Alla luce argentea delle candele riflessa dai cristalli dei lampadari avrebbe camminato con scioltezza, mostrando il suo sorriso ammaliante a chiunque, conversando brillantemente di moda con le signore e di politica con i signori; avrebbe civettato in modo pudico, sempre bevendo vino e rimanendo perfettamente sobria. La sua risata argentina e non volgare sarebbe risuonata al di sopra della voce dei presenti come il canto dellallodola e avrebbe perfino incantato gli orchestrali italiani che avrebbero provato in mille modi a riprodurre si tal impareggiabile melodia. Il timbro vellutato della sua voce avrebbe ammaliato le menti e attratto lattenzione di tutti i presenti su di lei che si sarebbero ben impressionati della contessina Summers, così giovane e così matura!

Poi sarebbe arrivato lui, avvolto in vesti azzurre che gli fasciavano il corpo in modo superbo. Sarebbe entrato dalla porta principale, che naturalmente si sarebbe aperta da sola al contatto con la sua aura. I suoi occhi avrebbero sparso una nuova aria nella casa, unatmosfera che sapeva di dolcezza e amore, intelligenza e superiorità. Con il suo passo elegante avrebbe attraversato tutto il salone, lasciando senza fiato ogni dama che si sarebbe rosa dallinvidia. I suoi fluenti capelli mori sarebbero stati come quelli di un dio greco, avrebbero ondeggiato morbidamente sulle spalle larghe e proporzionate creando una cornice meravigliosa per quel viso dangelo perfetto.

Si sarebbe avvicinato a lei e con un profondo inchino lavrebbe omaggiata, alzando poi il capo e sussurrando con la delicatezza della brezza estiva il suo nome. Quella parola sarebbe sgorgata dalle labbra carnose e sarebbe parsa la più bella della terra. Al suono di quella voce vellutata si sarebbe sciolta nel sorriso più seducente e avrebbe a sua volta pronunciato il suo nome, con una fitta di dolore nel separarsi da quelle sillabe così preziose, donandole allaria che le avrebbe portate a tutti. Poi lui lavrebbe presa gentilmente per una mano, conducendola sulla pista da ballo camminando quasi senza poggiare i piedi a terra. E lì lavrebbe fatta volteggiare nel valzer più romantico della sua vita, una volta fermati lavrebbe tratta a sé, avvicinando le labbra e sussurrando con un tono caldo e tenero

<<Signorina Summers!!!>>

Elisabeth fece un salto sulla poltrona e fu portata violentemente alla realtà, ritrovandosi tristemente seduta nella stanza che usava per studiare, in un abito semplice di cotone rosa, con il caldo nauseante della stanza chiusa, in compagnia di libri e del suo precettore, il signor Snyder.

La voce stridula, che sembrava grattare le pareti della gola quando usciva, stava alzando il suo volume.

<<Capisco siate eccitata dalla vostraimminente festama non sono più disposto ad accettare questa totale mancanza di concentrazione da parte vostra! Nulla è più importante della grammatica francese per me e nemmeno un ricevimento in vostro onore mi farà desistere dallimpartirvi una buona educazione! Sono stato abbastanza chiaro?!>> sibilò sputacchiando luomo, guardandola con cattiveria.

Lei sospirò rassegnata e assumendo laria più contrita che conoscesse.

<<Scusatemi signore, avete perfettamente ragione! Siete autorizzato a riprendermi in modo brusco la prossima volta che succederà>>

<<Certo che sono autorizzato!! Sono il vostro insegnante e guida morale! Vi assicuro che non ci saranno prossime volte signorina!!>> sbraitò luomo così rosso da sembrare su punto di un attacco di cuore.

Lei abbassò il capo, come poteva pretendere che quellessere la capisse?

Snyder era un uomo di minima statura, magro e secco, con un passo nervoso e veloce. Aveva una testa piuttosto grossa con una strana forma a pera girata al contrario. Era calvo quasi completamente, eccezione fatta per dei capelli posti ai lati, sopra le orecchie.

In mezzo alla faccia erano piantati un paio di occhi a capocchia di spillo che osservavano tutti con quellaria di antipatica stizza tipica di un uomo che sa di non piacere alle persone.

La voce aveva un timbro fastidiosissimo anche perché sembrava sciacquare nella bocca con la saliva e creare un risucchio terribile.

Le sue mani erano magre come quelle di un povero contadino francese del 1788 e saettavano con scatti iracondi sulle carte, stringendo convulsamente i lapis che faceva grattare fastidiosamente.

Vestiva con abiti troppo rigidi e dallodore di naftalina che variavano dal grigio antracite a blu scurissimo.

Qualche anno prima era stato il preside mediocre di un prestigioso istituto scolastico nel quartiere Bene di Londra. In seguito ad un incendio doloso di cui non si era mai trovato il colpevole ledificio era stato distrutto completamente, erano morti tre figli di nobili molto influenti e a causa dei familiari lui aveva perso tutto. Così ora si abbassava a dare lezioni private nelle case nobiliari.

La cosa strana era che odiava profondamente i ragazzi e da quel fatto soprattutto i rampolli. Riteneva che un istituto scolastico sarebbe stato perfetto una volta eliminati tutti i giovani. Li odiava per la loro felicità e la spensieratezza, per quella loro tendenza a vivere serenamente ogni giorno e odiava i loro schiamazzi assurdi. Nella sua vecchia scuola trattava tutti con le maniere forti e si asteneva dallusare la frusta solo perché pagavano bene. Ma li aveva sempre disprezzati, soprattutto per quella loro tendenza ad accoppiarsi come conigli, la sola idea lo riempiva di ribrezzo.

In special modo detestava la signorina Summers perché vedeva in lei lesempio più concreto della stupidità e gaiezza giovanile senza contare che, a suo parere, possedeva una spiccata tendenza a cacciarsi nei guai. Non gli piaceva quella giovincella, leggeva nei suoi occhi verdi così fastidiosamente luminosi una insolenza senza pari.

<<Signorina avanti, ancora una volta!>> ordinò perentorio.

<<Je fais, tu fais il fait, nous faisons, vous faites, ils font. Je vais, tu vais, il va, nous allons, vous allez, ils vont. Jai été, tu as été, il a été, nous ont été, vous avez é..>> <<No, No, No!!! Non pronunciate esattamente! Non è una U stretta! È OU quindi una U normale! Come direste Uva!! Dallinizio!!>> sbraitò arrabbiatissimo, facendo scrocchiare le dita della mano sinistra e stringendo convulsamente i fogli desercizi.

 

Alla fine della giornata Elisabeth era sfinita e aveva cominciato ad odiare profondamente la lingua francese.

Era nella sua stanza sdraiata sul letto quando Willow era entrata come una furia con in mano una busta stropicciata. Laveva aperta febbrilmente con un tagliacarte e aveva cominciato ad estrarre il foglio. Quando si era accorta della sorella era diventata completamente rossa in viso e aveva nascosto dietro di sé, sulla scrivania, loggetto incriminato.

Non si era nemmeno tolta il cappellino e i guanti.

<<E-Elisabethno-non ti avevo vistascusami>> secondo la bionda avrebbe dovuto almeno immaginare che ci fosse, dato che quella in cui era entrata era la sua camera. Era straordinario quanto le sorelle maggiori non si preoccupassero di invadere la sua privacy, fortunatamente non aveva fuori nessun ferro del mestiere, come avrebbe spiegato la presenza di una balestra armata di un lungo paletto di legno? Di certo non sarebbe riuscita a salvarsi dicendo il classico:Non è come pensi…”.

<<Non importa Willow, hai bisogno di qualcosa?>> domandò piuttosto preoccupata nel vedere la sorella così sconvolta per essere stata scoperta a fare qualcosa di male, neanche fosse stata lei la Cacciatrice!

<<No Lizzy, ero venuta qui perchéperché ho sbagliato stanzasai tutto il giorno sotto il sole a fare compere estenuanti>> rise nervosamente e sorrise poco convincente.

<<È che mi sembravi cosìsconvoltaè andato tutto bene oggi pomeriggio?>> domandò seguendo i movimenti della rossa che tentava in tutti i modi di far sparire il foglio senza dare nellocchio.

<<Ohsì certo, cè la mamma giù che ti aspetta, vuole parlartiecco perché ero salita qui capisci?>> si allargò in un sorriso incoraggiante.

<<Ma se hai appena detto che hai>> <<Elisabeth Anne Summers! Se continui a contraddire le persone non troverai mai nessun uomo che ti sopporti sai? Il conte è un uomo che ama il silenzio e la sottomissione!>> si girarono entrambe e videro Down ferma sulla porta che batteva il piedino in segno di rimprovero, aveva un bel sorriso divertito e le braccia incrociate. Col mento alzato in maniera altezzosa e i capelli raccolti in una crocchia elegantissima sembrava uninsopportabile donna perfetta.

Elisabeth non gradì losservazione tanto più che alla mora nessuno aveva chiesto nulla.

<<Su vieni Elisabeth, nostra madre ha bisogno di farti vedere una cosa.>> così dicendo la prese per un braccio e la guidò gentilmente verso il salotto azzurro. Prima di uscire completamente dalla camera scoccò unocchiata complice a Willow.

 

Arrivata di sotto trovò Joyce immersa nei pacchetti dalle più varie forme e colori. Nel suo abito di cotone leggero color verde chiaro faceva una magnifica figura, il cappellino bianco inamidato con le penne bianche le rendeva il viso tagliente, accentuandone la magrezza. Aveva unaria così altezzosa da sembrare fatta di marmo. Elisabeth si sorprese una volta di più della classe che sua madre sfoggiava e di quanto potesse apparire perfetta in ogni occasione, anche dopo unestenuante giornata di shopping.

Appena la vide le fece cenno di avvicinarsi, mentre impartiva ordini ad uno stuolo di domestici, pregandoli di scartare e ritirare i nuovi acquisti.

Elisabeth la raggiunse, accorgendosi che un paio di pacchi erano rimasti accanto alla madre.

<<Cara figlia, con le tue sorelline ci siamo divertite a scegliere un regalo di compleanno per te.>> esclamò molto eccitata, quasi fosse lei la festeggiata. Lei sgranò gli occhi stupita e guardò Down che annuì felice, venendo ad abbracciarla forte.

<<Mamadre mi avete già donato quel meraviglioso cavallo arabo! Non avreste dovuto!>> la signore Summers scosse la mano per dirle di non preoccuparsi. Con gli occhi brillanti di felicità la donna la guidò verso i pacchi.

<<Tesoro quello era più che altro il regalo di tuo padre! Lui non se e intende molto di desideri femminili e alla tua età è ancora più difficile scegliere un donodiciamo che questo è il regalo di noi ragazze che ti conosciamo benissimo>> rise scioccamente. Definirsi ragazza da parte sua era veramente una gentilezza verso quelle rughe profonde che le increspavano la pelle intorno agli occhi. Quanto al conoscerlaElisabeth cominciò a preoccuparsi seriamente di quale natura potesse essere il regalo dato che era già un miracolo che sua madre si ricordasse di avere una figlia di quasi diciotto anniripose la fiducia nelle sorelle che di sicuro erano le persone che la conoscevano meglio dopo Drusilla.

<<A proposito mia cara, come avresti chiamato quella bellissima bestia?>> chiese la donna mentre frugava tra le montagne di carta velina che la separavano dal dono.

<<Lucius>> disse soprapensiero la ragazza.

<<Un nome bizzarro Elisabeth anche seconsiderato il suo aspetto mi pare gli si addica. Incute abbastanza un senso di tenebrosa forza. Quel suo colore nero è così profondo>>

Down andò ad aiutare la madre perché non riusciva veramente a districarsi dalla montagna di carta protettiva.

Quando riuscirono a prendere lagognato oggetto Elisabeth chiuse gli occhi e li riaprì. Rimase a bocca aperta. Davanti a lei le due donne reggevano un tessuto bellissimo di broccato nero e un altro di velluto che era percorso magnificamente da fini capelli dargento. Ne toccò quasi con paura una parte e percepì sotto le dita una sensazione di morbidezza incredibile, pari a quella che si ha accarezzando il pelo di un coniglio dangora. La lucentezza dellargento era straordinaria e spiccava tra il nero con semplice eleganza, formavano strani disegni monocromatici di fiori pregiati delle regioni dellOriente.

<<Allora sorellinati piace?>> domandò la mora, togliendosi distrattamente il cappellino color lavanda.

<<Èsono superbe! O vi ringrazio madre! Grazie Downgrazie Willow!>> aggiunse vedendo laltra raggiungerle con il più radioso dei sorrisi. Da come laveva vista precipitarsi nella camera si aspettava che avesse appreso qualcosa di terribile, ora invece era la personificazione della serenità e gaiezza.

<<Sono solo stoffe naturalmente tesoro, per mercoledì sera diventeranno un meraviglioso vestito! Ho già commissionato il modello a madame Deveraux.>> Elisabeth si trattenne a stento dal saltarle addosso, quelle erano cose per le bambine e non per signorine di ormai diciotto anni! Annuì compostamente e strinse forte le mani della donna, sorridendo quasi non potesse più farne a meno. Abbracciò invece le sorelle e li ringraziò di tutto cuore per lottima scelta.

Dopo aver di nuovo ringraziato la madre e sfiorato amorevolmente con gli occhi la stoffa se ne tornò in camera, doveva assolutamente scrivere un messaggio alla sua migliore amica.

Si sedette sullo scrittoio della cameretta e accompagnata dalla luce morente del sole prese tutto loccorrente per scrivere. Sbadatamente diede una manata ai fogli bianchi e li sparpagliò in giro per il pavimento. Quando si accinse a raccoglierli ne trovò uno già scritto, inizialmente pensò ad una brutta ma non riconoscendo la scrittura sua ne di nessun altro membro della famiglia lo lesse.

Mia carissima amica,

sono molto colpito dalla vostra lettera e vorrei informarvi che ricambio il vostro sentimento con molto ardore. Da lungo tempo vi ho osservato con occhi diversi da quelli di un semplice amico, ho sempre taciuto il mio sentimento a causa della vostra età, nonostante non siate di molto più giovane di me ho temuto di turbarvi con una dichiarazione. Quando ho letto ciò che avete scritto con la guida del cuore anche il mio ha palpitato più forte e ora entrambi sono una cosa sola. Vi prego non consideratemi uno sfacciato, però sento il bisogno di dirvelo apertamente mia adorata e di usare una persona diversa dal Voi: Ti amo carissima, dal primo istante in cui ti vidi a quel ballo in maschera, vestita da nordica principessa. Non riesco a vivere senza vederti almeno una volta al giorno e il pensiero che la voce del mio liuto possa rallegrare le tue orecchie mi è di grande conforto perché attraverso quelle note posso raggiungerti.

Ci vedremo quando tu sai, non attendo altro che stringerti e baciare la tua chioma rossa!

Il tuo servo e devoto amore

O.

Elisabeth era esterrefatta non solo perché aveva letto la corrispondenza altrui con molta leggerezza ma perché quelle parole così intrise damore lavevano stordita. La cara e bella Willow aveva trovato finalmente qualcuno a cui dare il proprio cuore!

Era felicissima per lei ma anche estremamente triste, presto anche la maggiore si sarebbe sposata e lei sarebbe rimasta in quella casa da sola per sempre, senza nemmeno la compagnia di quella dolce ragazza timida e riservata a cui confidava quasi ogni segreto.

Era evidente che ormai Willow aveva letto la risposta, ecco spiegato lo smagliante sorriso a trentadue denti. Ma come avrebbe potuto vivere lì senza nessuno?

Con le lacrime che minacciavano di sgorgare da un momento allaltro ripose il foglio tra gli altri e ne prese uno pulito. Leccando la penna e immergendola nellinchiostro scrisse:

Cara Dru,

sono disperata e gioiosa allo stesso tempo! Dru non crederai mai a quello che sto per dirti! Willow ha un corteggiatore e anzi, a quanto ho capito è stata lei a fare il primo passo!!! La timida e riservata Willow!! Lho appreso da una lettera sparsa tra i miei fogli di bella!! La deve aver letta in camera mia di nascosto e poi dimenticata!! Io sono a pezzi amica mia! Non voglio rimanere da sola in questa grande casa!!

La buona notizia è che mia madre, anchio stentavo a crederci allinizio, mi ha regalato una stoffa meravigliosa per cucire il vestito del ballo di Mercoledì!! Lha già mandata alla sarta! Sono in fibrillazione cara Dru, non pensavo che a mia madre venissero certe idee! La credevo una donna impegnata a far la bella vita, partecipando a ricevimenti e a balli ma ora scopro che sa di avere una figlia! Da quando il barone ha accettato linvito sembra molto interessata a me! Le importa qualcosa di sua figlia e vedo che tiene a me! Quanto a lui Drusilla carafremo dalleccitazione! Tu non hai idea di quanto sia bello e il pensiero che abbia accettatoti ho già parlato dellanello?…” e qui Elisabeth andò avanti per molto tempo, raccontando tutto ciò che sapeva sulluomo e quello che già sentiva di provare.

Alla fine del breve messaggio uscirono sei pagine scritte fitte fitte da entrambi i lati. Quando ebbe finito chiamò Anya.

<<Amica ti prego, sgattaiola a chiamare la servetta dei Landau e digli che dica alla cuoca di dire alla domestica di dire a Amy di dire a Drusilla di trovarsi al solito posto perché le devo dare una cosa!>>

I parchi delle due dimore erano confinanti, sul lato ovest cera un grande muro ricoperto da edera incolta, proprio sotto questedera le due amiche avevano scovato dodici anni prima un passaggio di pochi decimetri. Da lì comunicavano ricoperte dal rifugio offerto dalla pianta rampicante che invadeva entrambi i giardini. Si scambiavano spesso giocattoli o piccoli doni daffetto, Drusilla scriveva magnifiche filastrocche e poesie che col passare del tempo aveva acquistato una musicalità e originalità straordinaria. Ma del resto la stessa Dru era molto originale. Aveva una fervida fantasia, poteva considerarsi eccentrica e grande sognatrice. Una bellissima ragazza dal corpo slanciato e i lunghi capelli bruni che la rendevano simile ad una fata.

 

Una volta consegnato il messaggio a Drusilla se ne andò a cena e poi a letto. Pregando che Willow perdesse il suo spasimante e immaginandosi nel suo vestito meraviglioso a volteggiare con il suo principe.

 

Una carrozza coperta correva velocissima per le vie limitrofe di Londra. I cavalli nerissimi erano spronati fino allesaurimento, correvano così veloci che gli occhi rossi sembravano scoppiargli, li rendevano simili a demoni dellinferno. Nelloscurità della notte stavano macinando i chilometri e presto sarebbero giunti a destinazione.

Presso le mura di Londra la vettura nera frenò fino a consumare le ruote ma tale era la velocità a cui andava che arrivò a sbattere contro il cartello di legno che diceva: London.(è inventato, non ne ho la minima idea se ci fosse)abbattendolo.

Dallo sportellino uscì fluidamente una figura nerovestita. Si voltò verso la strada appena percorsa e aspirò dalla sua sigaretta, espellendo il fumo con aria arrogante. I suoi capelli scintillavano alla luce della luna.

<<Casa dolce casa>>

 

 

First Date (parte1) prendetelo come un primo incontro

Il giorno fatidico era finalmente giunto, alle tre del pomeriggio la casa si trovava nel subbuglio più totale. Cerano domestici che correvano di qua e di là senza sosta. Lucidavano i più pregiati argenti della casa, pulivano gli enormi pavimenti di marmo fino a farli splendere. Una frotta di cameriere era intenta a sistemarsi gli indumenti e ad inamidarsi i grembiulini. Gli enormi lampadari di cristallo di casa Summers erano stati abbassati e passati con piumini per circa due ore tanto che ora la luce delle candele era così intensa da abbagliare. Enormi guide di velluto blu scuro scendevano dalle scale e si snodavano fino allingresso, i tappeti erano privi di qualsiasi forma di polvere e anche la stoffa che ricopriva ogni poltrona, divanetto o divano era impeccabile.

Ma tutto il fermento per far apparire la casa al meglio non era nemmeno minimamente paragonabile al fervore che cera tra le donne Summers.

Ognuna di loro aveva ogni sorta di problemi. Down non riusciva a trovare una scarpa e aveva tristemente scoperto che il suo fermaglio di quarzo bianco preferito non riusciva a contenere la massa di capelli mori. Willow aveva molta difficoltà a scovare i guanti in coordinato con il vestito, dato che la sua camera era stata messa sottosopra da Down che cercava quella maledetta scarpa. In pratica sembrava che i bauli e gli armadi avessero rigurgitato tutto il loro contenuto. La signora Summers era estremamente irrequieta perché la figlie avevano problemi e perché, da parte sua, temeva anche per lorganizzazione della casa. Per la prima volta in vita sua si era trovata in difficoltà nellarredare la dimora per una festa. Non conosceva i gusti dellospite donore e quindi temeva di sembrare troppo pacchiana o molto umile. Anya si era offerta per aiutarla nello scegliere le decorazioni, anzi avrebbe anche fatto tutto lei ma Joyce, memore del fatto che la ragazza non aveva propriamente gusti sobri da persona normale aveva rifiutato gentilmente lofferta. Dato che però le cose da fare si accumulavano era stata costretta a preparare una lista dettagliata e molto precisa di come addobbare ogni singolo metro della casa e aveva obbligato la domestica a seguirla punto per punto senza permetterle di modificare nemmeno una virgola. Si rammentava ancora quando per il battesimo di Elisabeth aveva ordinato alla sartoria una serie di abiti verde acido cangianti, sostenendo che il colore andava molto di moda e che era semplicemente stupendo e molto più adatto del bianco crema ordinato dalla padrona.

Le stanze delle quattro donne erano un viavai di cameriere che portavano spazzole, fiocchi, specchi, cosmetici,sottane da una camera allaltra. Tra il subbuglio generale e lagitazione maniacale della minore avevano dovuto somministrare la bella donna a padrone e serve, altrimenti nel giro di due ore sarebbero morti tutti dansia. Il povero maggiordomo Oliver faceva su e giù dalle scale, essendo stato qualificato come portavoce ufficiale tra il mondo di sotto e quello di sopra. Se al poverino non era scoppiato ancora il cuore era solo perché da giovane aveva fatto il centometrista nella squadra parrocchiale. Ma allalba dei suoi settantotto anni gli riusciva difficile correre per quegli scalini quattro volte in dieci minuti per riferire ogni sorta di problema si verificasse con la procedura darredo. Raggiungere i piani superiori però non implicava la fine dei problemi, oltre a dover cercare la signora Summers su tre pianerottoli diversi doveva pure scovarla in mezzo al viavai di ragazze cariche di vestiti e mutandoni, ovviamente senza intralciarle.

La figlia bionda era la più nervosa di tutti. Lidea di incontrare il suo principe azzurro e di dover sostenere con lui una conversazione di più di due sillabe la terrorizzava. Le pareva capitassero tutte a lei, prima si era rovesciata la cera di una candela addosso, macchiando la sottana. Così per cambiarla aveva dovuto far girovagare la povera cameriera per mezzora dato che quellindumento sembrava risultare lunico raro esemplare della sua specie in quella casa. Una volta rimediato aveva rotto il ventaglio di pizzo viola così si era dovuta far prestare da Willow quello nero, usato per il funerale di zia Winifred. Il vestito era in ritardo, i capelli pieni di nodi e le forcine introvabili. Il nastro di seta pareva non essere mai esistito e la spazzola un oggetto sconosciuto in casa Summers. Così tra strepiti isterici e pianti incontrollabili la povera ragazza era sprofondata nello sconforto più totale.

 

Una scampanellata alla porta dingresso risollevò molti animi. Chi sperava fosse finalmente il cesto di fiori ordinato dal garzone più di unora prima, chi credeva fossero le livree nuove per i camerieri, chi implorava fossero i guanti persi e chi pregava ardentemente fosse un maniaco armato di schioppo pronto a farli fuori tutti.

Anya andò ad aprire evitando agilmente due divani e un quadro trasportati per il corridoio. <<Fa che sia Jack lo Squartatore, fa che sia Jack lo Squartatore>> aveva ripetuto ad alta voce tutto il tempo.

Aprì il portone e si trovò davanti Giles.

<<Squartatore sbagliato.>> disse ricevendo unocchiata sorpresa ed interrogativa da parte delluomo. Non si scompose più di tanto e con aria di sufficienza esclamò: <<Suvvia non faccia tanto il sorpreso, le sue abitudini sanguinarie le so da un pezzo!>>

<<Mia cara ragazza io sono qui per vedere la signorina Elisabeth! Ma come fa a conoscere>> <<Oh un giorno il mio occhio è caduto accidentalmente su un suo libro. Lo Squartatore, capo di una setta di esaltati che venera Dio sa cosa, di media statura, bruttino, miope ed appassionato di mistero, tweed e libri, inglese ho fatto due più due, più palese di così!>> luomo ci rimase un tantino male ma non fece in tempo ad esprimere un parere poiché la ragazza lo agguantò per un braccio e lo trascinò dentro casa.

<<Misericordia!>> esclamò esterrefatto luomo, allibito di fronte al caos e allagitazione. Anya sorrise. <<Già, le do un consiglio: non faccia mai figli o se proprio deve si dimentichi ogni compleanno o occasione che potrebbe essere un motivo per organizzare una festa!>> questa sua pillola di saggezza riscosse la piena approvazione delluomo anche se non lavrebbe mai ammesso davanti a lei.

<<Ha detto che voleva vedere la signorina? È una visita di cortesia o>> lo guardò dritto negli occhi lasciando in sospeso la frase. Lui tossicchiò leggermente e con un filo di voce disse: <<Altroti prego falla scendere subito.>> lei annuì e corse verso le scale.

Chiamò il maggiordomo e un rantolo disperato le rivelò che si trovava ai piedi della scalinata appoggiato sfinito al corrimano. Gli occhi vacui e terrorizzati da una possibile richiesta di chiamare qualcuno di sopra. Anya capì che fargli fare anche un solo gradino poteva essere fatale e avere un cadavere in giro per casa era un bellinconveniente dato che non avrebbe saputo proprio dove metterlo.

Scosse la testa e sul volto dellometto si dipinse un sorriso di sollievo.

Si inerpicò per le scale ben attenta a non sgualcire le bordature dorchidee viola che ricoprivano la ringhiera.

Arrivò incolume fino alla camera della padroncina, sperando di non trovare anche qualche paletto sparso insieme agli abiti, nella foga

<<Signorina, il duca Giles è di sotto e desidera vedervi.>> lei la guardò sorpresa, con una ciocca di capelli sparata per aria.

<<Non poteva aspettare stasera per gli auguri?>> chiese frastornata.

Anya scosse la testa e guardandola fissa negli occhi disse: <<Ha detto che è una questione di *pungente* importanza, vi ha dato la *caccia* tutta la giornata.>> la ragazza intuì e senza dire nulla si precipitò giù dalle scale, arrivando con in indosso poco più che una sottana. Il duca la guardò imbarazzato e arrossì, ringraziando Anya che laveva poi coperta con una vestaglia recuperata in mezzo a tutto.

<<Signor Giles, ha sbagliato orario, la festa è alle nove! Quindi se non le dispiace dovrebbe ripassare *solo* a quellora!>> ma locchiata contrariata che le lanciò la fece tacere.

<<Elisabethmi duole dirtelo ma questa sera devi andare a cacciasono arrivati ordini improrogabili dal consiglio.>>

<<Ma..ma..maquesta sera I vampiri non ci saranno! Gli ho dato la serata libera laltra notte perché oggi cera la mia festa! Vedrà non succederà nullaè il mio intuito femminile da esperta che me lo suggerisce ed è una garanzia perché io sono unammazzavampiri e sono una donnala garanzia cè!!>> esclamò disperata.

<<Mi rincresce moltissimo mia cara ma non ti è permesso trasgredire dagli ordini del tuo superiore!>>

<<Ordini? Ma lei non mi stanon mi ha mai ordinato nulla! Non ha il diritto di venire a farlo ora! Non è legale che nella sera del mio compleanno lei mi ordini!>> grido con le lacrime che minacciavano di uscire prepotenti. Anya capì che se non lavesse calmata subito, lo stress, la tensione accumulata e la notizia le avrebbero fatto venire una crisi isterica.

Labbracciò stretta e lei ricambiò, scoccando da sopra la spalla della donna occhiate cariche dodio al suo Osservatore.

<<Dovresti essermi grata per questo! Molte poche cacciatrici hanno avuto la libertà che hai tu!>>

<<La mia libertà? Che cosho io? Non ho nemmeno una vita normale come ogni ragazza della mia età!>>

<<Elisabeth tu non sei una ragazza normale! Sei la prescelta! Per ogni generazione cè una prescelta che si ergerà sul male>> <<La smetta! La so a memoria quella stupida tiritera! Non lho scelto io di essere così!>>

<<Non mi importa mia cara, questi sono gli ordini, devi andare a caccia perché è il tuo dovere e perché questa è una notte strana.>> si pulì il monocolo con un panno e riprese la sua aria imperturbabile, anche se nei suoi occhi si poteva leggere il dispiacere per vedere la ragazza soffrirelui non era certo uno di quegli osservatori despota che pretendevano la perfezione dalle loro adepte. In cuor suo considerava molto la vita umana e non vedeva queste giovani ragazze come macchine per uccidere ma come esseri umani. Aveva sgarrato anche troppo e Quentin ne era venuto a conoscenza. Se verrò a sapere ancora di queste tue iniziative umanitarie ti solleverò dallincarico Rupert! E sarà per sempre…” era solo per il suo bene se doveva agire così.

<<Che succederà stanotte?>> domandò più interessata. Il suo istinto di predatrice era riemerso prepotentemente e non poteva soffocarlo.

<<Non posso rivelartelo, trasgredirei agli ordini.>> lo guardò molto male, profondamente contrariata per latteggiamento distaccato e non curante, sapeva però che era inutile discutere.

<<Al solito posto dunque?>> domandò rassegnata.

Lui le sorrise benevolo perché era felice che avesse compreso le sue ragioni.

<<Sì, a Restfield.>>

 

 

First Date(parte2)

Erano le otto e tre quarti e ormai era tutto perfettamente a posto anche se aveva richiesto I nervi di un paio di cameriere e le dita delle mani di un falegname. Fortunatamente Anya aveva dimostrato quanto fosse efficiente nel seguire alla lettera gli ordini della padrona e nel non farsi prendere dal panico.

Appena entrati nella casa si era accolti da una schiera di camerieri pronti a ritirare i soprabiti veloci come fulmini e con la discrezione di un buon dipendente. Una guida blu scuro copriva una parte del grande pavimento di marmo bianco, tracciando un sentiero che conduceva fino al primo piano, dove si trovavano molti salottini privati e varie stanze in cui potersi rilassare, al secondo piano cerano le camere delle signore e un paio di studi inaccessibili agli ospiti. Allultimo piano infine stavano le camere della servitù dove ben poche persone sarebbero comunque salite.

Il piano terra invece ospitava il giardino dinverno dove la festeggiata avrebbe accolto gli ospiti e intrattenuto le conoscenze più intime, un salone immenso da ballo interamente addobbato con fiori dalle tonalità scure posati sui tavolini ai lati della pista dove si sarebbero potuti consumare aperitivi. Cera poi la sala da pranzo ovvero un enorme stanza in cui una tavolata con più di duecento posti era stata imbandita. Le posate dargento brillante erano disposte in modo impeccabile, cerano cinque serie di forchette e coltelli, senza contare due cucchiai e le posate da dessert, un vaso dargento contenente un fiore dorchidea teneva in piedi il cartellino con il nome dellospite, i bicchieri erano cinque anchessi, tutti nel più pregiato cristallo.

I ritratti di famiglia che adornavano le pareti di un grande corridoio erano stati resi vivi tanto risultavano puliti. Quel corridoio conduceva ad una scalinata esterna di granito rosa che apriva le porte al parco verdissimo. Le aiuole erano arricchite da fiori aggiuntivi e qua e la delle candele coperte da carta giallo tenue illuminavano fiocamente la via dando un effetto magico. Le piccole fontane sparse per il giardino zampillavano acqua freschissima creando un dolce sciacquio rilassante. Perfino delle lucciole erano state comprate per far risultare latmosfera più romantica e ora nuotavano nellaria rilucendo come piccole gemme illuminate a sprazzi dal sole.

 

Le tre sorelle Summers scesero le scale e si sistemarono in piedi allingresso, giusto alla fine della scalinata pronte ad accogliere gli ospiti.

Willow indossava un abito verde smeraldo che risaltava i suoi occhi, era scollato moderatamente e con maniche fino a metà braccio. Indossava guanti corti bianco latte, sul polso destro portava un finissimo bracciale di oro molto chiaro con incastonato al centro una pietra che richiamava il colore dellabito ed era in coordinata con il girocollo.

I capelli rosso fiammante erano raccolti in piccole ciocche fissate al capo con forcine discrete mentre altri sottili ciuffi lunghi toccavano morbidamente le spalle.

Down era avvolta da morbida seta azzurro cielo, delle strisce di sottile raso si intrecciavano sostenendo labito, andando ad allacciarsi dietro la schiena. Era estremamente semplice ma molto elegante, abbinati aveva un paio di guanti lunghi fino al gomito bianco crema e portava con grazia una fredda collana doro bianco con nel centro un turchese grosso quanto una ciliegia. Aveva i lunghi capelli castani raccolti in una crocchia elaborata con alcune ciocche sciolte che andavano a cadere sulla vita, precisamente nel centro.

Elisabeth era qualcosa di straordinario. Pur nella sua modesta statura appariva sicura di sé e labito slanciava molto la sua figura avvolgendola come una seconda pelle e sottolineando la perfezione della vita. La lunga e leggera gonna di broccato frusciava tra le sue gambe, il velluto formava un morbidissimo corpetto senza maniche che risaltava il seno, era scollato quasi al limite della decenza. Un paio di guanti bianco argento lunghi fino a metà braccio risaltavano il colore dorato della pelle. Il dito indice della mano destra sfoggiava lanello regalatole dal suo principe azzurro, che con la sua semplicità esaltava leleganza e la sottigliezza della mano. Sul polso sinistro faceva bella mostra di sé un fine bracciale dargento con incastonati piccoli spruzzi di brillanti, unestremità si allungava a formare la testa di un serpente con occhi di ametista. La collana presentava il medesimo soggetto solo che la testa era leggermente più grande e cadeva proprio sullo sterno risaltando il corpo perfetto della ragazza. I capelli biondo grano erano raccolti in un paio di treccine poste ai lati della testa, che andavano a congiungersi intorno ad una crocchia da cui il resto dei capelli si snodava, scendendo elegantemente fino a metà schiena.

Tutte e tre erano estremamente agitate ma se le prime due bene o male avevano già un cavaliere, la più piccola tremava per leccitazione e la paura di risultare poco attraente.

Anche Joyce, splendida in un abito blu allultima moda, e Hank Summers erano particolarmente agitati, temevano una cattiva riuscita della serata e di conseguenza un brusco arresto alla loro espansione nel settore finanziario.

Alle nove precise era arrivata la famiglia Landou. Drusilla era qualcosa di etereo. Quellabito rosso porpora sottile e leggero come le ali di una farfalla la faceva sembrare una ninfa e la morbida chioma nera ondulata, fermata ai lati del capo con un filo di brillanti, risaltava il viso. I suoi grandi occhi violetti erano più dolci che mai e brillavano alla luce delle candele come due tizzoni ardenti, messi in risalto dal filo di trucco scuro che li contornava.

Jenny Landou, una donna molto bella da cui la figlia aveva preso la grazia e laspetto, era vestita in modo strano, una sorta di abito orientale, arrivato appositamente dalle regioni della Romania di cui era originaria. Discendeva da unantichissima stirpe di zingari e lei era una delle principesse del clan. Laver sposato il barone Hethan Landou laveva portata in Inghilterra ma ciò non significava che avesse dimenticato le sue origini tzigane.

Si avvicinò subito ad Elisabeth, che considerava una specie di seconda figlia dato che lei e la sua bambina si conoscevano dalla nascita e in passato non era passato giorno in cui la bionda andasse a trovare la mora, anche per un semplice the, ma un the con Drusilla non era mai unoccasione semplice, in effetti nulla lo era con lei. Ogni osa prendeva il fascino di mistiche poesie e litanie delle lontane terre orientali.

Dopo aver salutato tutte e tre le sorelle andò ad abbracciare la contessa Summers e il conte, facendo insieme al marito i complimenti per la splendida decorazione della casa.

I capitano Riley non aveva la solita aria baldanzosa, purtroppo quella sera avrebbe avuto poche possibilità di rimanere a chiacchierare in modo frizzante con Elisabeth come qualche sera prima, sapeva bene che purtroppo aveva un temibile avversario, contro il quale non avrebbe mai potuto competere. Nonostante questo aveva deciso di vestirsi nella sua uniforme di gala, che secondo il suo modesto parere esaltava la sua imponente e muscolosa figura.

Quando salutò Beth sembrava teso e rassegnato, da parte sua la ragazza non prestava molta attenzione agli ospiti, attendeva impaziente una sola persona...

Osvald la salutò cordialmente come al solito, ma la cosa che la stupì fu la quantità di parole che aveva per Willow, non capitava spesso di vederlo intrattenere una lunga discussione. Dimprovviso si rammentò la O. sulla lettera per la rossa e capì ogni cosa. Lui era il fantomatico spasimante della sorella!! Dunque era per quello che non le staccava gli occhi di dosso ultimamente, era per quello che le parlava così tanto!!

Infine giunse anche Andrew, che fu requisito immediatamente da Down e non si videro più fino a cena.

Arrivarono altri ospiti, ognuno dei quali venne accolto dalla famiglia ma per Elisabeth non cera gioia perché lui non era entrato ancora in quella casa!

Prese da parte Drusilla e la guidò verso il giardino dinverno. Sedute su un divanetto cominciò a parlarle.

<<Dru sono preoccupatissima!! Non è ancora arrivato e io...ho paura! E se avesse cambiato idea?>>

la mora la guardò con quel suo sguardo perso e molto dolce, accarezzandole i capelli biondi con amore e prendendole le mani disse: <<Non ti preoccupare mia piccola rosellina! Io so che verrà, le stelle me lhanno confidato giusto ora...>>alzò gli occhi al cielo e attraverso il vetro rimirò il cielo che si faceva sempre più scuro. Come avvolta da una musica molto dolce si mise ad ondeggiare, portando nei suoi movimenti armoniosi anche le mani di Elisabeth che la guardava incantata.

<<Un principe azzurro questa notte verrà...la chiave del tuo cuore in suo possesso avrà...>> canterellò sognante e sorridendo in modo così dolce allamica da commuoverla. Labbracciò più stretta che poté e cercò di trasmetterle tutto laffetto che nutriva in lei. Drusilla le accarezzò il capo con naturalezza e sussurrò sciocchezze al suo orecchio, parlando in un linguaggio tutto suo, il linguaggio delle stelle.

<<Dru tesoro cosa fare senza di te?>> domandò la bionda. Lei sorrise enigmatica e fece ondeggiare piano le dita della mano destra, osservandole rapita.

<<Non so risponderti mia dolce Elisabeth, per fortuna non potremo mai scoprirlo perché non ci lasceremo mai, nemmeno quando le stelle moriranno e la loro luce si spegnerà nelleternità e io non potrò più ascoltare il loro canto...>> due pallide lacrime le sgorgarono dagli occhi e si persero tra la chioma corvina.

<<Voglio che tu sia sempre la mia amica più grande, desidero condividere con te ogni momento della mia vita e dirti sempre tutto!>> esclamò felice la bionda, stringendo di più le mani dellaltra che però non parve ascoltarla. Si alzò di scatto e quasi camminando sospesa da terra si avvicinò a una finestra. Chiuse gli occhi e parlò molto piano, via via che il suo monologo seguitava la sua espressione cambiava e diveniva triste, finché di colpo non si mise a piagnucolare tappandosi le orecchie. Si voltò verso Elisabeth e le fece segno di raggiungerla, non appena le fu vicino le raggiunse lorecchio e sussurrò lieve:

<<Il vento malvagio che vien dal mare mi ha rivelato cattive nuove...

nellora più buia dove gli spiriti escono a vagare...

troverai un angelo nero che nellombra si muove

e la tua felicità lentamente saprà guastare...

una persona sola ma due nomi in viso

porterà nel nido amore e tormento

principe e angelo uniti da legame liso

sapranno darti terrore e sgomento....>>

la ragazza rimase per un attimo immobile poi stringendo di più Beth riprese:<<Non capisco Elisabeth...non sono mai state cattive con me le stelle...non mi hanno mai lasciata senza spiegazioni...non comprendo il loro canto e ho paura rosellina mia...Mammina ha tanta paura per la sua bimba...>> bisbigliò quasi piangendo.

Lizzy al strinse a sé ricordando nelle sue parole il gioco che facevano da piccole di mamma e figlia, era allarmata per limprovviso mutamento di Dru. Non dava molto peso alle predizioni in versi ma questa volta sembrava che la giovane tzigana avesse avuto cattive notizie e in qualche modo si allarmò. Dopotutto conosceva la verità, sapeva che al mondo esistevano magia e demoni, era la Cacciatrice! Cosa poteva essere successo di così sconvolgente da spaventare anche la giovane e sognatrice Dru?

 

 

First Date(parte3)

Un improvviso bussare alla spalla riscosse Elisabeth, voltandosi trovò il sorriso bonario un po tirato di sua madre.

<<So che vorrete parlare tesoro, ma cè un cavaliere che reclama la sua dama...>>

lei rimase a bocca aperta, troppo eccitata per dire qualsiasi cosa.

<<E un altro fa altrettanto>> una voce maschile sopra le loro teste fece voltare Drusilla che come dincanto sorrise raggiante a Parker e se ne andò sognante con lui, senza più traccia dapprensione in viso. Ma Elisabeth era troppo presa dal suo problema per occuparsi anche dellamica. Fu scortata dalla madre allingresso dove si era formata una certa calca, in mezzo a quella gente stava lui, il barone Liam OConnor.

Porse al maggiordomo cilindro, bastone e mantello e si apprestò a fare il suo trionfale ingresso nella sala, incurante della moltitudine di persone che lo guardavano con curiosità ed interesse, apparentemente ignaro si essere la vera attrazione della serata.

Alzò il volto candido e immacolato, incontrando lo sguardo della fanciulla bionda totalmente succube della sua bellezza. Le iridi verdi si fusero con quelle nere in un muto abbraccio carico di sbigottimento, passione, amore e fu magico, per entrambi.

Elisabeth si sentì quasi morire osservando la limpida malinconia che quegli occhi sapevano esprimere, erano intrisi di bontà e carichi di molti pesi. Chi era quelluomo capace di sopportare tutta quella voragine di tristezza?

Avanzò molto piano verso di lei, quasi abbagliato dal colore dei suoi capelli, rapito dalla forma angelica del suo viso, stregato dal corpo minuto e dalle linee dolci. Si sentì irretito da quella giovane sconosciuta che più che bambina non era ma che lo trascinava in un vortice senza fine, si sarebbe buttato ai suoi piedi pur di poterla amare e anche solo per un istante sentirsi ricambiato, perché non cera la possibilità che lui fosse felice, era condannato ad uneternità di pene e dolori e nemmeno quel raggio di sole avrebbe potuto scalfire la coltre di malinconia che lo annebbiava.

Quando finalmente le loro mani si incontrarono, ad Elisabeth si mozzò il respiro. Il dipinto non gli rendeva per niente giustizia, avvolto in quel vestito blu scuro sembrava più un Principe di terre sconosciute, un principe delle favole e lei, almeno per quella sera, era la sua principessa. Ripensò fugacemente alla frase di Dru Un principe azzurro questa notte verrà...la chiave del tuo cuore in suo possesso avrà.., sicuramente quelluomo aveva con sé quel prezioso e piccolo oggetto perché sentì il suo cuore schiudersi dolcemente in un caldo movimento e tutto questo per lui, perché aveva trovato il suo Principe.

Non riuscì a pensare altro, quando lui parlò la sua mente si fermò del tutto e una sorta di morbido torpore li avvolse, estraniandoli dal resto delle persone. Cerano solo loro due e nulla più contava al di fuori di questo.

<<Mia dolce Elisabeth...sono onorato di trovarmi qui, al vostro ricevimento, permettetemi di esprimermi i miei più umili auguri...>> le afferrò con dolcezza la mano e vi pose un delicato bacio. I suoi occhi si illuminarono alla vista del piccolo anello dargento elegantemente indossato da quel dito meraviglioso.

Un profondo silenzio cadde nella sala, tutti aspettavano la risposta rapiti, come se da quella frase potesse dipendere il destino del mondo.

<<Vi ringrazio immensamente, sono lieta che siate venuto...non so esprimere la mia gioia nel trovarmi finalmente al vostro cospetto...>>sussurrò a mezza voce la ragazza, intimidita e allo stesso tempo lusingata per il modo in cui lui la guardava.

Tutti intorno a loro si sciolsero in un sorriso estasiato, le signore avevano gli occhi lucidi di commozione per quellincontro così speciale e gli uomini si scambiavano cenni dapprovazione. Joyce aveva gli occhi lucidi di pianto e stringeva la mano di suo marito con la felicità che cresceva di secondo in secondo. Hank era semplicemente in brodo di giuggiole e macchinava quanti e quali terreni avrebbe potutuo scegliere nellIrlanda, quanto potere avrebbe acquistato una volta che tutta la trattativa economico-matrimoniale si fosse conclusa e a quanto sembrava, tutto si sarebbe svolto in breve tempo, la sua cara figlia si dimostrava molto interessata.

Down scambiò unocchiata compiaciuta con Andrew, pianificando le prossime nozze e il suo trasferimento immediato nel contado di Sunnydale. Willow aveva un dolce sorriso stampato in volto e teneva un po imbarazzata la mano di Osvald, sentendosi candidamente felice nellosservare la sorellina e il suo possibile cavaliere. Oz osservava il tutto con cipiglio e finalmente anche a lui apparve un piccolo e tenero sorriso, guardò ancora la coppia e poi diede un lieve bacio sulla guancia della sua rossa, pensando che dopotutto anche loro erano felici.

Liam puntò gli occhi in quelli verdi di Elisabeth e si sentì rincuorato, cera tanta purezza in lei, tanta rettitudine che non avrebbe mai potuto cadere nella via sbagliata, non avrebbe mai potuto cedere e scendere in un abisso tenebroso, non si sarebbe mai riaffacciato Lui.

<<Vorreste concedermi questo ballo Elisabeth?>> chiese posando morbidamente la sua voce nellaria, facendola sembrare il canto degli uccelli del paradiso alle orecchie della sua dama.

Volteggiare...camminare...dondolare nelle note di un valzer tra le sue braccia...poteva sognare qualcosa di più straordinario? Mentre la musica fondeva i loro corpi e catturava le loro menti...poterlo vedere e sorridergli a poca distanza dallincantevole viso..tutto questo per lei che non era nulla di speciale, tutto questo per lei che era la cacciatrice e non una fanciulla normale...la cacciatrice che si ergeva su ogni altra cosa, il cui sacro compito era più importante di ogni altra cosa...ma non quella sera, quella sarebbe stata la Loro sera, ciò che sarebbe seguito non aveva importanza.

<<Con infinito piacere Barone.>> rispose timida.

Così sotto le note di un magnifico valzer avevano cominciato a muoversi, leggiadri e maestosi, due figure figlie in qualche modo della luce e in qualche modo delle tenebre.

Dopo pochi istanti anche tutti gli altri presero a danzare, trasportati dalla magia di quella coppia straordinaria che li guidava su sogni passati, su ricordi di giovinezza e grandi feste.

Ballavano trasportati solo dai loro sguardi, non cera un motivo per staccarsi e quando la musica finì rimasero fermi per poco a fissarsi, dopo di che si allontanarono e giunsero vicino ad una grande finestra che dava sul parco illuminato dalla luna piangente.

<<Vorreste andare in veranda? La notte è calda e così bella...>> sussurrò timida Elisabeth.

Uno strano brivido corse lungo la schiena del barone, una lieve paura gli si impossessò e si sentì meno sicuro della sua precedente diagnosi. La notte. Tutto in quel luogo minacciava il Suo ritorno ma del resto...lui stava nella notte, era la sua casa ma non la sua vita, lui non viveva nella notte, la sopportava soltanto come unico mezzo per riscoprire il mondo ma in realtà vi sopravviveva soltanto, non era una creatura della notte di fatto ma solo di nome. Purtroppo per sua scelta tutto era cominciato...le pene e la luce che bruciava e viveva, riviveva in lui...una pallida e infelice imitazione della sua specie.

<<Come desiderate mia carissima...>> la seguì per il corridoio dove ammirò i ritratti della grande famiglia e poté notare in lei alcuni tratti dei suoi antenati, era cosi bella e pura...

giunsero alla grande scalinata e vi si appoggiarono lievi lievi, come due ombre nella notte chiara.

<<Non trovate sia un luogo bellissimo?>> chiese sognante la ragazza osservando le opere di decorazione dei suoi domestici.

Perché voleva tormentarlo, distruggerlo così? Cosa cera di bello nella notte? Una pallida imitazione del giorno, una metà oscura e cattiva che racchiudeva cattiverie e brutture, dove nulla era casto. Seguì a malincuore il suo sguardo e capì che si riferiva al grande parco, tirò un sospiro di sollievo e annuì.

Le prese improvvisamente la mano e la strinse, sfiorando il cerchietto dargento che le aveva regalato. Alla ragazza brillarono gli occhi, come poteva non svenire dopo che...dopo che...aveva mostrato quella dolcezza e bontà nel gesto? Eppure cera qualcosa in lui che la lasciava perplessa, era così triste e allo stesso tempo sembrava nutrire un certo disgusto per ogni cosa che aveva un legame con la notte e loscurità in genere, cosa poteva turbare un giovane uomo forte, bellissimo e vigoroso come lui?

<<Questo anello...sono lieto che labbiate apprezzato. Significa molto per me.>>

lei sorrise e cercò di fargli capire quanto tenesse a quelloggetto, era come una sacra reliquia e a volte temeva anche di bestemmiare pensandolo, ma per lei era più importante di qualsiasi altro pregiatissimo gioiello avesse.

<<Sul serio? È veramente meraviglioso, così semplice e diretto...io amo le cose semplici.>> sussurrò sempre più in imbarazzo per trovarsi con lui da sola, a parlare, al chiarore della luna.

<<Nella mia terra, lIrlanda, viene dato come pegno...daffetto. Le due mani testimoniano lamicizia, la corona è la fedeltà e il cuore..bè è facilmente intuibile. Lo chiamiamo Claddagh ed è dato alle future spose...>> lei divenne scarlatta e lo guardò con occhi nuovi. Davvero voleva questo da lei? Come poter manifestare gioia senza esagerare...non lo sapeva nemmeno lei.

<<Sono...commossa barone...è veramente il più bel regalo che avessi mai ricevuto. I gioielli sono così freddi e privi di significato ma questo...questo è speciale, come lo siete voi per me...>> abbassò gli occhi imbarazzata e le gote le si colorarono ancora di più.

<<Sono felice mia cara...felice di avervi incontrato e di avervi dimostrato quanto tengo a voi.>> delle piccole lacrime di gioia le inondarono le guance.

<<Oh vi scongiuro non piangete per questo...non sono che le parole di uno sciocco...non volevo turbarvi e nemmeno disgustarvi.>>

<<Ma che dite? Sono state le cose più belle e sincere che abbia mai sentito, barone..>> <<Liam...>> <<Liam...avete fatto breccia nel mio cuore e nella mia anima e ora non cè che il vostro nome inciso dentro me...mi scorre nelle vene e mi esalta...voi siete tutto...>> lui si chinò molto piano e le diede un bacio, il primo vero bacio, casto e puro, di vero amore.[]

Rimase interdetta per qualche secondo e poi sorrise, consapevole che quella notte avevano sugellato qualcosa di più grande di un amicizia, qualcosa che risplendeva i colori dellamore e richiamava il profumo delle rose.

Tornarono dentro e ripresero a ballare, volteggiando felici e incuranti di tutti coloro che li osservavano chiedendosi cosa fosse successo.

 

In lontananza, da una finestra poco visibile, qualcuno aveva osservato costantemente tutta la sera la piccola Elisabeth, si era incantato ad osservarne le fattezze armoniose e la pelle bianca, pensando a quale odore potessero avere i suoi capelli. Immersa in quel vestito nero, il suo nero, laveva ammirata e aveva deciso che qualunque cosa fosse accaduto avrebbe avuto da lei qualcosa, quella notte lavrebbe sconvolta e turbata, perché questo era il suo compito e questa la sua intenzione, lui voleva solo sapere che un giorno la ragazza avrebbe dato lanima per lui.

 

 

First date (parte4, lultima)

Nello studio in mogano del padre delle tre Gemme dellOvest due uomini si fronteggiavano, uno più basso e pesante, laltro altissimo e vigoroso.

<<Allora è tutto deciso Barone?>> aveva chiesto un po in pensiero Hank, stringendo delle carte.

<<Naturalmente, laccordo è sempre valido.>> rispose Liam, pensando più alla sua bella che alle trattative.

<<Molto bene allora...se vorreste firmare questi documenti....>> il conte aveva posto sotto i suoi occhi tutti i termini dellaccordo e gli aveva porto una penna e dellinchiostro rosso. A quel colore la mano di Liam aveva vacillato, una strana luce era nata nei suoi occhi e una strana sensazione di...fame si era accesa in lui, costringendolo a deglutire e ad appoggiarsi saldamente alla sedia che stava dietro di lui.

<<In-in effetti pre-preferirei firmare tutto il giorno del fidanzamento...sempre che ci sia...ho ancora molti dubbi in proposito. Devo prima consultarmi con i miei contabili.>> aveva ribattuto, mentre quella sensazione di malessere e allo stesso tempo di potere stava crescendo. Non poteva essere vero...non poteva essere bastata la vista di quel liquido per risvegliarLo...forse i suoi pensieri non del tutto consoni ad un uomo rispettabile che in quel momento si erano affacciati alla mente...la sua dea bionda. I suoi occhi scuri, ancora più scuri del solito, saettarono sulla giugulare delluomo che gli stava di fronte, la vena pulsava pulsava, piena di vita e di sangue, conteneva qualcosa di inimmaginabile, un liquido che avrebbe fatto impazzire di piacere qualunque...ma non poteva pensarlo ora, non riusciva a trattenerLo ma sapeva che doveva metterci tutta la sua volontà per uscire di lì senza fare nulla...una volta fuori dalle mura della casa non avrebbe più importato.

Hank intanto era diventato leggermente paonazzo, il battito del suo cuore aveva accelerato, se solo si fosse reso conto di cosa aveva risvegliato...

<<Ma ma come? Io credevo che fosse ormai tutto pronto, ha già trattato con in suoi contabili e...>>

<<Ho detto che ho bisogno di tempo e così sarà!!>> urlò il giovane moro, facendo correre un lampo giallo nelle iridi che fu appena notato dal conte, spaventato a morte per limprovviso mutamento del suo ospite. Liam si era sporto in avanti e aveva quasi ringhiato, le mani bianchissime premute contro il legno della scrivania e le labbra aperte in un ghigno perfido.

Come per incanto si ricompose, anche se unespressione di malessere e sbigottimento si era impossessata del bel volto, era visibilmente spaventato. Sembrava unaltra persona ora, quasi impaurito da sé stesso e dal suo scatto...oh se doveva allontanarsi da lì, per non cedere, non con le persone più importanti che conosceva...non ti preoccupare Liam...non la mangerei... quasi svenne e un senso di nausea profonda assalì la bocca dello stomaco. Perché succedeva tutto questo? Cosa aveva il potere di richiamarLo così in fretta e perché, perché in nome di Dio non riusciva a scacciarlo come faceva di solito?

Hank lo soccorse e lo fece sedere, preoccupato prese un bicchiere del Brandy che teneva nel mobiletto e lo porse al barone.

<<State bene signore?>> chiese titubante.

La vena la vena! Quel meraviglioso involucro scuro che si muoveva a ritmi incalzanti...lo poteva vedere, poteva sentirlo vivere...quel collo era così vicino...fame, tanta fame e poi voglia di morte...fuoco, grida...

Si alzò di scatto e prese il bicchiere con malagrazia, tracannando il contenuto in un sorso e sorridendo deliziato, passandosi la lingua sui denti bianchissimi e leggermente lunghi.

Lanciò unocchiata torva e allo stesso tempo maligna, sgomenta, alluomo.

<<Benissimo...solo un capogiro vi ringrazio. Ritornando al discorso precedente, io devo riflettere su alcune cose che riguardano vostra figlia...penso sia lecito anche che io provi la merce...>> sorrise lascivo lasciando di stucco Hank, poi come se niente fosse accaduto tornò ad avere quello sguardo compito e gioviale, con solo la bontà e la tristezza negli occhi.

<<Se..se per voi sta bene così allora anche per me è lo stesso...>> ritirò i fogli nella scrivania e ricevette il congedo dallospite.

Una volta fuori casa Liam si accasciò a terra e si strinse lo stomaco, cercando disperatamente di resistere a Lui. Emise qualche leggero urlo e poi si sdraiò sulle mattonelle umide e sudice.

Una donna, una prostituta, gli si avvicinò piano. La sua gonna frusciava e risvegliava i sensi di un mostro, il suo odore di perdizione nutriva la creatura, la rendeva viva.

Si tolse il bocchino dalla bocca rossa e chiese, toccando una spalla del Barone: <<Tutto bene amico?>> in un attimo se lo ritrovò attaccato al collo e sentì la propria carne lacerarsi, mentre il sangue fluiva via e con lui la vita. Liam scaraventò il corpo a terra e liberò il sorriso alla luna. Espirò il fumo della sigaretta e ghignò. <<Mai stato meglio...>>

 

Erano pressappoco le due di notte, la festa era finita da circa unora. A mezza notte erano stati lanciati dei fuochi dartificio per la festeggiata, venivano direttamente dalla Cina. Avevano cenato e riso tutta la serata, insieme avevano danzato fino al limite dellimpossibile e catturato lattenzione di tutti gli altri ospiti a cui era stato chiaro che genere di sentimento scorresse tra il barone e la contessina. Inutile dire che la signora Summers era contenta come una Pasqua e le sue lacrime sembravano ormai essere a getto continuo. Aveva preso da parte la figlia e le aveva confidato quanto fosse felice per lei. Le aveva inoltre detto che il barone era molto interessato ad un legame più profondo e che, se tutto fosse andato bene, dopo qualche mese di fidanzamento si sarebbero potute celebrare le nozze. Elisabeth era quasi svenuta alla notizia. Non le sembrava vero che lui volesse come sua compagna lei, la giovane e senza pretese Elisabeth Summers.

E ora era fuori, per le vie umide di Londra, allora tarda mentre tutti in quella città riposavano nei loro letti morbidi. Camminava sbuffando leggermente. Questa volta aveva cambiato abito e sembrava una semplice popolana che si aggirava per lenorme cimitero di Londra. Ma era sopra pensiero, non rifletteva sul suo compito e non guardava intorno a sé le lapidi, nemmeno si curava di unombra che laveva seguita da casa.

Si vedeva la rallentatore le immagini della splendida serata, cercava di rammentare il profumo della pelle di Liam e il calore del suo corpo...quello non riusciva proprio a rammentarlo. Le braccia che lavevano tenuta per lintera festa...si non era proprio stato una piuma nello stringerla, ma era accecato dallamore...come lei del resto. Lo vedeva sorriderle dovunque e lei lo guardava e gli rispondeva immaginandoselo...

Solo si chiedeva ogni tanto dove fosse il duca Giles, era lì da circa un quarto dora ma non laveva visto e lui sarebbe arrivato in ritardo solo quando la pioggia fosse caduta allinsù!

Senza nemmeno capire come, si ritrovò a terra nellerba fredda, con il viso sporco di terra e un lancinante dolore allo zigomo destro. Guardandosi intorno si trovò di fronte un vampiro col volto della caccia e le fauci aperte in un ringhio affamato. La teneva ferma schiacciandola a terra con un piede poggiato sullo stomaco.

Buffy lo osservò attentamente, aveva i capelli castani quasi biondi, che ricadevano in riccioli ribelli. Due zigomi pronunciati che tagliavano il viso bianco latte, dolce e con classe nonostante fosse trasfigurato. I suoi occhi gialli mandavano bagliori indefinibili e dentro di essi poteva vedere molto bene qualcosa oltre alla malvagità e alla morte...cera un briciolo di intelligenza e la coscienza, cosa assai strana per un vampiro.

Nonostante fosse schiacciata sul terreno umido e fangoso non tentò di alzarsi, poteva osservarlo bene e questo le bastava, anche perché si sentiva rapita dal suo sguardo indecifrabile e dal suo corpo snello. Era vestito con una camicia rossa di seta lucida che scopriva leggermente il petto, che strana moda era ma soprattutto, aveva veramente il coraggio di sfoggiare quello stile trasgressivo? Per non parlare di un lungo giaccone di quella che sembrava pelle, leggermente sbiadita e usurata dal tempo. I calzoni poi, seta anchessa, della più pregiata si sarebbe detto...

Sorrise beffardo e tornò ai suoi lineamenti normali, senza però spostarsi. Lei si dimenò un poco, guardandolo con occhi seccati e in attesa.

<<Cè qualche problema piccola?>> domandò irrispettoso, uno sporco vampiro che si permetteva anche di parlarle come se fosse una venditrice di piacere! Ma la sua voce laveva...colpita. Era profonda e con un forte accento inglese che lei non aveva mai preso, nonostante vivesse lì da tanto. Cera poi una nota di cupa rabbia e unombra di amarezza, ma erano nascoste, non si mostravano sempre. Lirrispettosa derisione che poteva udire in ogni sillaba le dava fastidio, era un tipo che doveva essere messo al suo posto.

<<Sì cè un problema, sono qui nel fango putrido di un cimitero e inoltre...perché mi seguivate?>> finalmente se nera resa conto. Però era inconcepibile come lei fosse ancora lì ai suoi piedi anzi sotto i suoi piedi, lei che era la cacciatrice! Certo era ancora una novizia per così dire ma...dovera finito il suo istinto e odio contro i demoni? Perché lui annullava le sue difese?

<<So cosa stai pensando passerotto...non preoccuparti non mordo, non te.>> ghignò lievemente e non spostò il suo peso dal corpo di lei. Era così bella anche immersa nel fango, vestita da poco più che stracciona...sarebbe stata sua, presto o tardi lavrebbe indotta a dannarsi lanima per lui.

Lei lo guardò perplessa, credendo a ben poco di quello che aveva detto, tentò con la forza di alzarsi ma lui non si mosse di un millimetro, chi era per atterrare la cacciatrice in questo modo? Poi come se niente fosse spostò il piede e le porse una mano, tirandola su e portandola a pochi centimetri dal suo viso. Poté ammirare degli occhi blu come loceano in tempesta, profondi come la mente umana, che contenevano una miriade di pensieri ben diversi dalluccidere qualcuno. Ne rimase impressionata e per lungo tempo non fece nulla, si limitò a guardarci dentro come se vedesse una storia lunga secoli...smarrendo i propri doveri e la propria anima nel colore degli zaffiri.

<<La verità è, cacciatrice, che pensavo fossi più alta, più grossa e tutto il resto. Invece sei un grazioso fuscello di ragazza. Mi chiedo come tu sia ancora viva...>> alzò gli occhi al cielo e la guardò mascherando le sue sensazioni... come desiderava stringerla, accarezzarla e amarla per sempre...

<<Che cosa volete?> se la luna fosse piombata a terra sarebbe stata meno sorpresa di come aveva palato. Aveva dato del voi ad un vampiro! Dimostrava che aveva rispetto per lui...cosera successo?

Il ragazzo nascose la propria sorpresa e il proprio compiacimento. Gli piaceva e lo rispettava, cosa che le precedenti cacciatrici non avevano fatto...

<<La stessa cosa che vuoi tu bellezza.>> rispose annusandole i capelli, smarrendosi nel profumo del suo corpo. Non si era ancora scostata da lui, ma aveva osato troppo infatti la vide allontanarsi imbarazzata.

<<E...e io co-cosa voglio?>> stava balbettando ma era più forte di lei, cosa sentiva allo stomaco? Come se si stesse rivoltando tutto, percepiva uno strano calore sulla pelle e la cosa non le dispiaceva, semplicemente la rendeva perplessa. Quando la guardava il calore aumentava ma non era normale timidezza...si sentiva inspiegabilmente sconvolta da quello sguardo, come se le bruciasse i sensi.

<<Ucciderli bambina, ucciderli tutti...fino a che non ne rimanga polvere e in te non scorra leccitante respiro della morte...>> si leccò sensualmente le labbra continuando a puntarle lo sguardo acceso da uninsana passione. Chi era questa donna, questa cacciatrice, capace di sconvolgerlo tanto?

Rabbrividì senza poter trattenersi, il calore era aumentato e anche un formicolio nel basso ventre...le sue parole impregnate di malvagità e morte lavevano sconvolta, perché immaginandosele si sentiva pervadere dal desiderio di morte. Il suo istinto veniva fuori e nulla contava più se non essere la cacciatrice e uccidere, quanti più demoni poteva. Certo non lui, non quello che ora aveva preso laura di un mentore...di un saggio e spietato maestro.

<<Mi dispiace...ma non è vero...no-non voglio morte voglio solo...essere lasciata in pace...da sola...>> e questa negazione non era forse un modo per difendersi? Ma non da lui...da lui mai. Dalla miriade di emozioni che suscitavano in lei le parole sul suo compito dette in quel modo...non voleva essere la schiava e lamica della morte...solo una paladina della luce...e non per sua scelta.

<<Tu pensi davvero di avere una scelta? Le cacciatrici sono le puttane della morte e al tempo stesso i suoi ruffiani...e tu non sfuggirai questa legge, anche perché io non lo voglio.>> ora rabbrividiva per paura, le parole che aveva usato...così pungenti e spudorate...lei non voleva, nessuno glielaveva mai detto questo...dovera il signor Giles?!

Si voltò per andarsene ma la sua voce la trattenne...non poteva più sfuggire a quella voce, era come un richiamo per un mondo a parte, oscuro e di morte, dove lei avrebbe prosperato. Il suo mondo.

<<Non andartene senza questo...dovresti essere pronta ma non lo sei, almeno ti proteggerà dai più deboli di noi...>> le lanciò una scatoletta di velluto blu. Aprendola vi trovò una croce dargento con una S* incisa nel centro, dove i due bracci si univano. Come la toccò sentì che era sua, le apparteneva. Un oggetto del genere...solo per le cacciatrici, era evidente che un vampiro non poteva averla trovata per strada. Un pensiero le balenò in fronte, lui era uno di Loro, quelli che le avevano tolto la fanciullezza relegandola al ruolo di salvatrice di anime.

<<Chi siete?>> chiese più arrabbiata, stringendo nella mano la croce senza però degnarla.

<<Che posso dirti passerotto...sono un amico.>> disse con aria di sufficienza. Non gli era sfuggito il mutamento nei suoi occhi, ora non si fidava più così ciecamente di lui. ma avrebbe rimediato, sentiva nelle sue vene il desiderio assopito di morte scorrere, stava solo a lui risvegliarlo.

<<Sì? Bene, non ho bisogno di un amico di Travers.>>buttò lì, stringendo convulsamente la collana.

<<Non ho detto di essere amico suo.>> sorrise sensuale e le si avvicinò con passo da predatore. Se solo avesse saputo cosa stava scatenando in lui in quel momento...una incontrollabile voglia di impadronirsi di quelle labbra infantili lo stava uccidendo e la sua...Lei...ardeva più che mai nel suo cuore. Aveva riconosciuto la sua gemella...

 

*N.B. la S sta per Slayer, ma possiamo interpretarla in un altro modo dato il nome di chi glielha data...mi sn sentita in dovere di personalizzare loggetto xk mi disgustava il fatto che fosse stato Angel nella serie a dargliela e qui Spike...diciamo che avrà una certa importanza la cosa...

 

 

Storyteller (parte1)

Elisabeth aveva estratto il paletto e lo faceva volteggiare tra le dita, non si sentiva più molto a suo agio con il vampiro. Avvertiva in lui qualcosa di strano, in effetti aveva poco del vampiro comune. Mai nessun demone che aveva incontrato le aveva regalato una catenina con una croce, ne laveva risparmiata o aiutata. Certo le parole che aveva sentito erano state pesanti e possedevano una gravità inaspettata, eppure non riusciva a non sentirsi attirata da quellessere. Losservava camminare lentamente avanti e indietro, con passo fluido si aggirava tra le lapidi e le osservava, a volte si fermava ad accarezzare la pietra lisa e altre sorrideva alle immagini. Ma tornava sempre con lo sguardo su di lei ed era ogni volta una nuova scossa, era catturata dalla sua immagine e dalla personalità ambigua, forte, di quellessere.

Osservò attentamente la collana, esaminò la croce. Era dargento lucidissimo e senza nessuna decorazione a parte la S incisa in modo elegante, aveva dei tratti gotici e misteriosi, emanava unaura di potere non indifferente e faceva ribollire il sangue della ragazza. Sapeva con assoluta certezza che quelloggetto era antichissimo e molte altre cacciatrici prima di lei erano state catturate dal suo potere, lavevano indossato e combattuto con esso. Poteva carpire dal metallo un calore insolito, liquido, che era irradiato dalla cosa stessa. Si chiese se avrebbe dovuto metterlo, dopotutto poteva anche fidarsi...era un oggetto che molte altre prescelte avevano avuto e nonostante le fosse stato consegnato da un vampiro sentiva che non era pericoloso. Daltra parte un gioiello simile, di così potente forza mistica, non poteva essere scivolato nelle mani del vampiro con tanta facilità, era evidente che apparteneva al Consiglio e in quel caso...doveva usarlo? Loro erano la legge ma aveva seri dubbi sul fatto che il loro operato fosse sempre stato ortodosso, Travers e tutta la sua cerchia di fedelissimi non le avevano fatto una buona impressione. Inoltre sembrava che anche il Duca Giles non si fidasse troppo di loro. Il vampiro non era amico di Travers, anche questo aspetto era da considerare e allora di chi fidarsi veramente? Dovera Giles quando le serviva aiuto e che fine aveva fatto?

Alzò allimprovviso gli occhi e si ritrovò davanti lo strano individuo, ora la guardava con quei laghi blu che erano i suoi occhi, vivevano e bruciavano di vita propria e contenevano una miriade di emozioni che alimentavano il loro fuoco. Cera pena in quegli occhi? Poteva leggervi dentro solitudine e caparbietà, disprezzo e amore e tanta, tantissima passione. Lui non era morto, non nellanimo e forse era per quello che la ipnotizzava, cercava in lui luomo che aveva la forza del vampiro, convinta che solo in lui potesse trovare risposte che non sapeva nemmeno di cercare. Allimprovviso notò che le sue mani affusolate e bianchissime, con le dita sottili che evidenziavano il punto di congiunzione tra le due falangi, si stavano muovendo verso le sue. Come in una scena al rallentatore presero la catena dargento e laprirono. Facendo molta attenzione al ciondolo si portò dietro di lei, ora lo poteva sentire muoversi mentre il suo profumo di tabacco, menta e alcool inebriava le sue narici. Era estremamente vicino. Con delicatezza spostò i capelli ancora sporchi di terra via dal collo, posandoli morbidamente su una spalla. La sfiorò appena con due dita lasciando una lieve carezza e tornò ad occuparsi della catena. Approfittò di piccoli ciuffi biondi ribelli per scostarli e toccare il collo nudo. La freddezza delle dita era impressionante, sentì un brivido correre lungo la schiena e dellenergia pura diffondersi dove lui posava le mani. Chiuse gli occhi senza accorgersi e avvertì maggiormente quel calore che lui emanava, una sorta di battito cardiaco costante, come se ci fosse un cuore ancora vivo. Il vampiro abbassò le palpebra e poté sentirLa scaldarsi, dentro di lui bruciava di un sentimento nuovo, che non aveva mai concesso a nessuno. Accarezzando con movimenti dolci ed intensi la pelle della ragazza ne aspirò lodore. Spezie, orientali...olio di patchouli e cannella...dovevano essere molto ricchi.. con gesti estremamente lenti, quasi le sue mani non volessero privarsi di quel corpo, allacciò la catena. Nel momento stesso in cui i due ganci si unirono una leggera luce si sprigionò dalla S facendola diventare come incandescente. Elisabeth poté percepire distintamente il battito di un cuore dietro di lei e il calore, che emanava il vampiro.

Lasciò il suo collo e si toccò il petto con una mano, aveva brillato dentro di lui. aveva potuto percepire le anime di tutte le giovani donne che lavevano portata prima di lei, quella croce era intrisa delle anime di tutte le giovani cacciatrici e aveva cercato di prendersi anche la sua...

Lizzie si voltò di scatto, con gli occhi lucidi e il respiro affannoso.

<<Chi siete?>> domandò a fil di voce.

Ancora sorpreso osservò intensamente i prati verdi dei suoi occhi. Era arrivato il momento.

<<William il Sanguinario, amore.>> rispose con voce calda.

Rimase per un attimo a bocca aperta, poi la richiuse memore delle buone maniere e strinse in mano il paletto saldamente, mettendosi in posizione dattacco. Lui non ne parve sorpreso, anzi si rilassò contro la parete di un mausoleo del cimitero.

<<Questo dovrebbe dirmi qualcosa?>> domandò con astio. Lui si strinse nelle spalle, accarezzò languido lo spolverino.

<<No cacciatrice, pochi possono vantare di aver fatto la mia conoscenza e ancora meno possono dire di averlo fatto in modo pacifico.>> lei rimase sempre in posizione di difesa, sebbene quel vestito lurido e i capelli scomposti la facessero somigliare più a una ragazzina scarmigliata che a una guerriera.

<<E questo dovrebbe farmi rabbrividire?>> esclamò beffarda, stringendo il paletto con meno vigore e allentando la guardia. Ma fu uno sbaglio, in un lampo lui le fu addosso e le prese un braccio, torcendolo dietro la schiena, imprigionandola in quella sorta di abbraccio caldo e di dolore. Avvicinando la bocca al suo orecchio le parlò, mentre osservava rapito il profilo leggero e deciso del suo viso. <<No ma dovrebbe istruirti e farti capire che razza di cattivo ragazzo io sia...mai abbassare la guardia di fronte a me...in OGNI situazione...>> il suo fiato freddo le solleticò lorecchio e sparì nei capelli biondi. Il braccio le faceva male ma niente era paragonabile al dolore che avvertiva al ventre, come se lo stomaco si stesse rivoltando ad ogni sua parola. I brividi che pensava di paura percorrevano incessanti la sua spina dorsale. Per un istante, quando lo sentì annusarla chiuse gli occhi ma poi la ragione prevalse. Con uno scatto si liberò dalla sua presa e si riposizionò davanti, larma sguainata e lo sguardo determinato. Si beò della vista del visino angelico arrossato e degli occhi lucidi, il suo respiro era affannoso e insicuro, come voleva che fosse.

<<Che volete da me, se non bramate il mio sangue allora cosa?>> una domanda, sarebbe stato così invitante risponderle a tono, snocciolando la miriade di desideri che percorrevano la mente centenaria. Metterla al corrente dellimbarazzante quanto piacevole effetto che aveva su di lui ed osservare la sua reazione. Cosa voleva? Molte cose e tutte inadatte alle orecchie innocenti di una bambina come lei.

<<Ogni cosa al suo tempo dolcezza, verranno anche i giorni del sangue e del piacere ma non ora, in questo preciso istante voglio rivelarti chi sono.>> disse con voce roca ma lo sguardo fermo, deciso, come quello di un cacciatore che sta mirando alla sua preda.

<<Mi pare che sia stato fatto. Sei William il Sanguinario...>> rispose con un filo di impertinenza.

<<Ma tu non conosci le mille e più sfaccettature del mio io, i miei soprannomi, le mie gesta e nemmeno ciò che ho dentro di me e mi sembra una grande mancanza visto che io, di te, so ogni più piccolo segreto.>> schioccò beffardo la lingua e assistette alle sue reazioni.

<<Sarà una cosa lunga?>>domandò guardando il cielo ancora scuro.

<<È probabile, dipende da quanto sei disposta a credermi. Per quanto mi riguarda io ho tutta leternità.>>nei suoi occhi leggeva linteresse bramoso per la sua storia e in verità non vedeva lora di raccontarla, sbottonarsi così davanti a quella che secondo natura era la sua nemica poteva risultare al quanto bizzarro. Ma lui era un vampiro del tutto diverso, cosa ci fosse in lei ancora non sapeva, sentiva solo che doveva farlo, perché solo lei lo avrebbe compreso fino in fondo, anche se non subito.

<<E la luce del sole? Allalba dovrete andarvene...>> cera dispiacere e apprensione nel tono? Una certa amarezza di sicuro.

<<Ci sono tante caratteristiche del mio essere vampiro che non conosci bambina ma sono disposto a correre il rischio di fartene partecipe e tu? Sei disposta a correre il rischio di scoprirmi?>>

Lei annuì piano, senza nemmeno averci riflettuto su. Cera qualcosa che lattirava profondamente verso il passato del vampiro e lei lo accettava...chiedendosi perché ma lo faceva.

Si appoggiò al muro del mausoleo come aveva fatto lui prima, con le braccia incrociate e lespressione rilassata. Una posa che sembrava essere volutamente provocante, se solo il vampiro non avesse saputo quanto inesperta fosse la fanciulla. Estrasse il paletto e lo tenne pronto a colpire.

<<Oh cacciatrice, abbiamo bisogni di armi per questo?>>

 

 

Storyteller (parte2)

Londra, 1603

C¡¯era stata una grande festa in casa Lionell, era il debutto in societ¨¤ di Miss. Darla. Una fanciulla dagli intensi occhi azzurri e i capelli color dell¡¯oro. Un viso affusolate e ricco di sensualit¨¤, con la pelle chiara come l¡¯alabastro. Il naso era perfettamente dritto e la bocca rosea e carnosa invitava ai baci pi¨´ di qualunque altra parte del corpo minuto e pieno di grazia.

Quella sera erano in molti i nobili che circolavano per la casa, nei loro maestosi vestiti pieni di pizzi e gorgiere apparivano come la scrematura della societ¨¤ londinese, una minuscola parte rispetto alla quantit¨¤ di poveri e lavoratori che affollavano le vie della grande metropoli. La famiglia Lionell era una delle pi¨´ rispettate ed importanti della capitale e Darla era la quindicesima donna per successione al trono inglese. Chi non conosceva questa famiglia non poteva che venire dalle terre sconosciute oltre l¡¯oceano, che ancora nascondevano molti segreti da che gli spagnoli le avevano conquistate. Il titolo nobiliare risaliva a circa duecento anni prima, quando un antenato, il signor Wilbourn Lionell aveva partecipato alla spedizione verso l¡¯altro capo del mondo sulla Ni¨¾a, seguendo il conuquistador Cristoforo Colombo. L¡¯uomo che all¡¯epoca era poco pi¨´ che ventenne era riuscito a mettere le mani su una grossa fortuna, al ritorno in patria era stato colui che aveva ideato il piano per la liberazione della caravella, caduta nelle mani dei corsari berberi. Grazie all¡¯immenso coraggio dimostrato nell¡¯ammutinamento contro i pirati e alla buona riuscita dell¡¯operazione era stato accolto in Spagna come un eroe e ricevuto a corte dalla regina Isabella, la quale aveva concesso lui il titolo di Barone. Una volta tornato in patria, l¡¯Inghilterra, si era accaparrato al convalida del titolo anche dalla Corona Inglese, donando met¨¤ dei profitti accumulati con la conquista delle Americhe. In seguito la famiglia aveva mantenuto ottimi rapporti con Spagna partecipando attivamente alla lotta contro i calvinisti; saggiamente, comprendendo il declino imminente della grande potenza coloniale aveva combinato importanti matrimoni con i nobili francesi, tenendosi in amicizia con l¡¯altra grande potenza europea. Con il distacco dell¡¯Inghilterra dalla chiesa cattolica la famiglia aveva accresciuto il suo potere, diventando grande sostenitrice e seguace dell¡¯arcivescovo di Canterbury e rompendo i rapporti con la monarchia spagnola, a causa dei disordini interni era comunque possibile far valere il titolo di Barone e avere potere. Grazie alla fiera prosperit¨¤ dell¡¯Inghilterra la famiglia Lionell si era arricchita sempre di pi¨´, commerciando con la maggior parte dell¡¯Europa e dell¡¯Asia, dove aveva grandi piantagioni di the. In America persisteva comunque la dominazione coloniale della famiglia.

Cos¨¬ le figlie della famiglia Lionell erano diventate bocconcini prelibati per i giovani rampolli europei, nonostante alcune fossero racchie e poco intelligenti. Il titolo e l¡¯immensa ricchezza della famiglia facevano gola a molti, cos¨¬ si combinavano fastosi matrimoni tra le nobili casate d¡¯Europa e quella inglese.

Darla era una delle tante giovani promesse spose, la sua mano era stata chiesta da un Barone irlandese di grande bellezza, famoso per la sua vita di piaceri sordidi e di perdizione e naturalmente la ricchezza della famiglia. Cos¨¬ quella sera era stato combinato il matrimonio tra i due giovani.

Nessuno sapeva che la bella Darla fosse malata di Tifo, preso forse in qualche bettola da lei frequentata di nascosto durante le notti in cui il suo bisogno si faceva sentire.

Cos¨¬ inspiegabilmente, circa una settimana dopo il debutto, la giovane era stata trovata morta nel suo letto, con solo un paio di segni sul collo provocati probabilmente dalla sua stessa pazzia, che l¡¯aveva colta durante la notte a causa della febbre alta. Solo un prete era stato chiamato dalle domestiche che temevano per lei, ma al mattino dell¡¯uomo non ne era rimasta l¡¯ombra. Pregarono quindi che la giovane Darla avesse avuto il buon senso di confessarsi prima di abbandonare la vita e due gironi dopo la sua morte si svolsero i funerali, ricchi e sfarzosi. Il matrimonio salt¨° e del promesso sposo non si seppe pi¨´ nulla, se non che la sua vita di piaceri continuava libera come prima.

 

Londra, 1805.

<<S¨¬, indubbiamente mamma Darla era una puttana fatta e finita, ma ¨¨ questo che preferisco in lei, in effetti ¨¨ l¡¯unica buona qualit¨¤ che trovai in quella donna, sempre che cos¨¬ si possa chiamare.>> disse beffardo il vampiro, aspirando dalla sua sigaretta intensamente e guardando la cacciatrice con profondo interesse.

Lei era accovacciata ai suoi piedi e si abbracciava le gambe, ascoltandolo attentamente. Pendeva da quelle labbra carnose e attendeva impaziente la continuazione della storia.

<<Non capisco, cosa centra tutto questo con voi? Questa nobildonna ¨¨ morta di atroci sofferenze e voi la chiamate pu...prostituta e anche mamma...non capisco William.>> sbatt¨¨ le lunghe ciglia sugli occhi verde smeraldo, facendo impazzire il vampiro. Controllandosi meglio che pot¨¦ si dedic¨° alla sua sigaretta, finendola in un colpo. Doveva dannatamente calmarsi o avrebbe fatto fuori un¡¯intera stecca in una notte. Si era sentito strano quando aveva udito il suo nome pronunciato dopo tanto tempo e da una creatura cos¨¬ incanteovle.

<<Vedi piccola, la mia storia si intreccia con molte altre. Potr¨° anche essere un diavolo di vampiro succhia sangue ma la mia storia ¨¨ maledettamente interessante e complessa e comincia tutta l¨¬, dal vicolo dietro casa Lionell.>> sbuff¨° il fumo al cielo e si perse in piccoli cerchi, rilucendo spettrale alla luce della luna.

Il tono imperioso aveva impaurito Elisabeth che non seppe spiegarsi come una cacciatrice potesse temer di suscitare la collera in un vampiro, chi era lui per imbrigliarla cos¨¬ al suo volere?

<<Ero il giovane figlio di un signore dell¡¯alta borghesia. Mi chiamavo William Black anche se quel nome e quella persona non esistono pi¨´. Io sono Spike, la spina nel fianco di qualsiasi cacciatrice!>>

 

 

 

Storyteller(parte3)

<<Ancora non capisco>> sussurrò la fanciulla, sedeva incuriosita ai piedi del vampiro,con uno sguardo assorto dipinto in volto e la consapevolezza di non poter sottrarsi alla curiosità che la pervadeva. Il vampiroSpikeche nome bizzarro, sovrapposto ad uno così dolce come William, inspiegabilmente sentiva di adorare quel nome, in modo in cui la lettera iniziale doveva essere pronunciata, il movimento delle labbra simile ad un baciola L e la M che si fondevano in una strana danzala ,musicalità di quel nome era strabiliante e trasmetteva una strana dolcezza e un senso di affidabilità, nessun uomo malvagio avrebbe potuto chiamarsi William. Laltro invece, quello pseudonimo che si era costruito da solo era adattissimo alla nuova personalità. Un suono aspro e sprezzante, come ogni sua parola e quella sfacciataggine con cui la P prolungava e irrobustiva il suo suononon era nemmeno un nome in verità. Solo i cani si chiamavano così. Conoscendo i due nomi sentiva di possedere qualcosa di lui, ora la sua personalità non era del tutto allo scuro, aveva qualcosa per sé. In effetti gli si adattavano entrambi, aveva la faccia da William e da Spike, come se fossero stati coniati apposta per lui.

<<Lo farai amore, come ogni uomo fa per adattarsi a vivere in questo maledetto mondo>> tacque per lunghi minuti. Eppure voleva sentirlo parlare ancora,carpire dalle sue labbra qualcosa di lui che ancora le era sconosciuta. Perché se si sentiva così legata, così indissolubilmente attaccata a lui doveva pur conoscere qualcosa delmaestro che le era piovuto accanto.

<<William Black nacque nel 1603, lo stesso giorno in cui Darla Lionell morì e venne battezzato lo stesso giorno in cui lei risorse.>> era evidente che non capiva, la piccola era ancora inesperta e così maledettamente innocente che gli faceva quasi paura, come si poteva sporcare un simile fiore? Come aveva potuto il Consiglio strapparle la vita normale e affibbiarle lingrato e sporco compito di difendere il mondo? in quel momento il suo antico odio per tutta quellimmondizia di gente si rifece vivo e punse la sua scintilla con violenza.

<<Bizzarro non credi? Una vita per una morte, una benedizione per una dannazione eterna, un bambino per un mostro.>> Elisabeth alzò il volto verso il suo interlocutore. Cominciava a capire, lo si vedeva dagli occhi stralunati e pieni di stupore.

<<Tutu hai duecentodue anni? Non esistono vampiri così vecchisolo il maestro ha raggiunto la veneranda età di trecento anni>> lui scrollò le spalle. <<Che vuoi che ti dica bambina, sono sempre stato un tipo speciale!>>ridacchiò orgoglioso di se stesso.

<<Continua.>> quellordine perentorio lo riportò a terra, smise di compiacersi di sé stesso e catturò i suoi occhi in uno sguardo stupito, come se non credesse possibile che la sua storia potesse veramente interessarle ma che lascoltasse più per forza di cose. Invece lesse nelle iridi verdi tutta la curiosità ingenua della bambina, un misto dadorazione che si perdeva nellincredulità e nella genuina voglia di ascoltare una storia.

<<Era un ragazzo fragile, nei suoi occhi blu cera la consapevolezza che non sarebbe vissuto molto e che non avrebbe mai trovato il suo posto nella società di cui si spacciava membro. Era un sognatore incallito che amava passare le sue giornate seduto accanto alla madre, declamandole poesie che lui stesso scriveva e che solo lei sembrava in grado di apprezzare.>> si interruppe per tenere docchio la fanciulla seduta ai suoi piedi. Aveva appoggiato la schiena alla lapide dove lui era seduto e teneva gli occhi chiusi, immaginandosi ogni sua parola e facendosi unidea del giovane William in base a quello che ne restava ora, carpendo la sua immagine da quellammasso di carne morta che le stava accanto e che le parlava con tono sprezzante.

Era ancora lì il vero William?

Posò una mano affusolata, lunga e bianca sul collo scoperto. Non si nascose al suo gesto, nonostante fosse una signorina che aveva ricevuto uneducazione e sapeva che quelle cose si fanno solo dopo vari appuntamenti con il fidanzato e non con uno sconosciuto. Perché non si era ritratta? Voleva quel contatto, come se potesse avvicinarla di più a lui e la quantità di immagini che costruiva con la sua mente si intensificasse e diventasse più reale. Accarezzò teneramente la pelle morbida, evitando accuratamente la collana, non voleva affatto conoscere quella sensazione di risucchio, desiderava evitare che la sua scintilla ricevesse altri scossoni e gli facesse battere inconsciamente il cuore. A volte succedeva e poi faceva un male dinferno. Il sangue veniva pompato a velocità altissima nelle vene e sembrava che le spaccasse, poi quando tutto si fermava, perché in effetti durava pochi secondi, il sangue si arrestava di botto e la scintilla doleva. Bruciava come se fosse arsa da mille fiamme, che si propagavano nelle vene con il sangue, ormai fermo. Gli avevano dato la scintilla ma non avevano esposto gli effetti collaterali, forse perché non sapevano farlo neppure loro. Non esisteva una spiegazione logica per quello che gli accadeva, succedeva e basta e faceva troppo male per sperare di risentirlo. Non gli importava della circolazione, lui era vampiro, anche se un po speciale certo.

 

Galway, Irlanda. Ultimo dì dellanno 1603

<<Cosa state facendo tutta sola mia cara? Vi siete persa forse?>> la donna taceva. Era una giovane dai lunghi capelli biondi, raccolti in unacconciatura raffinata e lievemente spettinata. Il grande cappello di piume ricadeva storto da un lato del capo che era piegato sul petto e si muoveva scosso dai singulti. Il vestito della dama era di un giallo vaniglia molto caldo, con pizzi neri sul corpetto e su uno spacco triangolare della gonna. Sul bordo inferiore sincrostava il fango dei vicoli.

Julius si rendeva perfettamente conto di come fosse avvenente e di quanti soldi potesse avere, in quel momento si chiedeva se fosse stato più conveniente portarla dai genitori che forse lo avrebbero ricompensato, oppure soddisfare un altro tipo di bisogno.

La donna non parlava, non dava segno di essersi accorta di lui, si limitava a singhiozzare emettendo lievi squittii. Aveva paura e lo capiva perfettamente, forse comportandosi da bravo cristiano sarebbe riuscito ad avvicinarla.

<<Miss, vi prego non piangete e lasciatemi aiutarvi, sono sicuro che troveremo insieme una soluzione.>> lei parve smetter per un secondo i piagnistei, ma poi riprese implacabile, coprendosi il viso con le mani coperte di pizzo nero.

Decise di attraversare la strada, portandosi allaltro capo del lurido vicolo e piano piano le si accostò, usando tutta la charme e il potere seduttore e rassicurante di cui era dotato.

Posò una mano sulla piccola e graziosa spalla, magra e morbida come la seta. Da dovera uscito un tale gioiello? Chi poteva lasciarsi sfuggire una creatura di così rara bellezza e non correre a cercare il tesoro perduto? Da quale maniero era fuggita?

<<Su su mia cara, permettetemi di porgervi i miei umili servigi e di aiutarvi.>> le porse il fazzoletto bianco, piegato diligentemente in tre spicchi. Una manina guantata lo accolse con reverenza e lo portò al viso, tamponandolo delicatamente.

<<Molto bene mia cara e ora lasciate che vi aiuti ad alzarvi, vi prego Miss, non potete certo restare in questo vicolo maleodorante, la notte girano tante anime dannate!>> la donna alzò il volto e due occhi dangelo, azzurri come il cielo dellinverno, investirono Julius, portandolo quasi alla pazzia. Con quella chioma bionda la facevano sembrare un candido angelo sceso dal paradiso, la sua pelle dalabastro catturava la luce della luna e la spegneva. Aveva due labbra carnose e voluttuose che avrebbero allietato le notti di molti uomini. Rimase per un attimo trafitto dalla bellezza fredda della sconosciuta, in quegli occhi leggeva caparbietà e orgoglio e tanta, tantissima perdizione. Forse quella notte si sarebbe conclusa veramente nel migliore dei modi.

<<Mio salvatore, siete un perfetto gentiluomo! Non so come dimostrarvi la mia gratitudine per avermi salvato da questo pianto interminabile>> allungò la manina e lui si chinò a baciarla, per prenderla poi e aiutare la donna ad alzarsi dallacciottolato discontinuo della viuzza. Lessere si alzò in piedi con agilità straordinaria e in un attimo fu chiaro che non aveva nulla a che fare con una povera fanciulla spaurita. Come si erse in tutta la sua figura agguantò la testa delluomo e la piegò violentemente di lato, liberando il collo robusto e pulsante di vita. Vi affondò i denti con oscuro piacere e lacerò brutalmente la pelle, strappando la carne e rompendo la vena grondante di sangue. Succhiò intensamente.

Un uomo camminava lontano, in modo malfermo

Mentre la vita lasciava il corpo, la sua persona si rigenerava e rinnovava la carne in cui dimorava il demone.

Aveva al fianco due donne, vestite indecentemente, che lo sorreggevano a mala pena

Squarciò definitivamente il collo e si intrise le labbra di liquido rosso e denso, che colava lento lungo il suo mento e macchiava labito giallo.

Luomo era sempre più vicino e sorrideva in modo demoniaco alle sue accompagnatrici, mentre il puzzo alcolico del suo fiato arrivava fino al naso del demone...

Bevve fino allultima goccia, poi scaraventò di lato il corpo e si pulì con un dito il mento e le labbra, leccando il sangue rimasto con la lingua.

Camminava incurante del mostruoso omicidio che si era compiuto e inconsapevole del fatto che il brutale assassino fosse a pochi metri da lui

I suoi occhi persero il colore giallo brillante e ritornarono azzurri ed innocenti, dolci come quelli di un bambino. Si riavviò i capelli e ripulì piano il corpetto macchiato.

Era ben vestito, con abiti sontuosi di festa che recavano lodore poco raccomandabile delle innumerevoli bettole i cui era passato

Rivolse il bel viso dangelo alla luna, adocchiando luomo, con ancora la bocca sporca di sangue ai lati.

<<Darla……?!?>>

 

Londra, 1805

 

<<William era promesso sposo ad una giovanissima nobildonna, amica di famiglia e compagna assillante delle sue giornate più brutte, Cecily. Ma William non lamava, nonostante fosse graziosa e piena di virtù e avesse un sostanzioso patrimonio. Lei era perdutamente innamorata del giovane poeta, sopportava anche le sue poesie che a quanto dicevano facevano sanguinare le orecchie anche delle vacche. Per questo venne soprannominato William il Sanguinario. Gli amici di Cecily, baronetti, conti e rampolli della bella società non sopportavano il poeta, dicevano fosse un fallito e un disperato, un invertito.>> Elisabeth storse il naso. <<Che significa invertito?>> domandò innocente. Quegli amici della fidanzata non le piacevano proprio, come potevano accanirsi così su un giovane tanto dolce come William? Le faceva molta compassione e nutriva una certa avversione per questa donna a lui promessa sposa, diciamo pure che sentiva tanta gelosia. Non si rendeva conto,non si ricordava che il giovane poeta non era altri che il vampiro arrogante che le sedeva accanto e la coccolava.

Spike ridacchiò. <<Un uomo che è attratto da altri uomini, una checca.>> Elisabeth arrossì oltre limmaginabile, sapeva di queste cose solo perché le aveva lette di nascosto in un libro.

<<E perché vi definivano.>> arrossì di nuovo e non concluse, sperando che lui avesse capito.

<<Non dicevano checca a me ma a William, è ben diverso. Lo facevano perché amava oltre ogni immaginazione sua madre, era la sua confidente e la donna del suo cuore, come aveva più volte dichiarato. Questo perché Annie(che bello mi chiamo cm la mamma di William!!!)era lunica in grado di amare il ragazzo e di comprenderlo.>> una piccola, quasi impercettibile lacrima scese sulla guancia del vampiro e lì brillò. Girandosi in quel momento Lizzie la vide e ne rimase sorpresa, commossa dallamore che doveva ancora nutrire per quella donna ormai defunta da secoli.

<<Ma-ma avrà avuto un padrevero?>> chiese quasi in un sussurro, temendo di urtarlo o di interromperlo in un momento di dolore, solo a causa della sua curiosità.

<<Oh certo, ma vedi, Quentin Black non è la figura più adatta per fare il padre. È solo un borioso uomo daffari, i cui dei sono i soldi e la prosperità personale. Non ha ideali e combatte solo perper tornaconto personale. Lui non mi ama. Quentin è un essere senza scrupoli che si allea con le forze che gli fanno più comodo e ha i suoi intrallazzi ovunque ci sia da guadagnare. Non ha amore se non per sé stesso e il suo posto. Quentin è un ingrato figlio di puttana.>> Elisabeth sussultò sentendo linsulto pesante. Luso improvviso del presente laveva sconcertata ancora di più, evidentemente si ricordava perfettamente tutto ed era così in collera con luomo da non poter pensarlo morto nemmeno per un secondo. Infondo lo capiva, era stato un uomo veramente meschino. Strano come tutti i Quentin di sua conoscenza fossero dei poco di buono

<<WillSpikemi dispiace molto per voinon credevo che avesteaveste avuto una vita così priva damore.>> la frase lintenerì nel profondo.

<<Senza amore? No, mia madre mi dava tutto lamore che occorre ad un figlio per crescere,anche se era maledettamente malata di cuore ha sempre trovato il modo per darmene un pezzettino>> questa volta bloccò la lacrima sul nascere, una volta basta e avanza.

<<William non voleva Cecily, sebbene lei si dichiarasse innamorata alla follia di lui. Non amava gli amici ipocriti ed arroganti della ragazza e non desiderava sposare anche loro assieme alla promessa. Non si sarebbe mai scrollato di dosso tutta quella lordura della società inglesepur desiderando ardentemente di trovarvi un posto non voleva scendere a compromessi per farlo. Sposare Cecily e ricevere in casa propria gente che lo derideva era uno di questi.>>

<<In effetti posso comprendere la vostra scelta, anche io mi rifiuterei di sposarmi con chi non amo e per convenienzaper grazia di Dio questo non accadràil mio amore mi ama e non brama il mio titolo>> il cuore di Spike ricevette una scossa e questa volta la scintilla non centrava nulla. Lei era promessaera destino che non trovasse mai campo libero con una donna?

Bene fantomatico Mr. Xsono pronto a darti guerra. Lei sarà solo mia!

Non la lasciò finire, i racconti delle gesta apocalittiche del piccolo sorcio del suo cuore non gli interessavano.

<<William amava, amava una donna che aveva il nome più bello di tutti, lunica che gli permetteva di andare avanti: Faith.>> si ritrovò mortalmente invidiosa di quella donna, aveva conosciuto lamore di William, aveva conosciuto la sua umanità e apprezzato le dolci parole che componeva per lei. Non che sentisse il bisogno di quel tipo dattenzioni dal vampiro, aveva già chi gliele avrebbe date. Solo provava desiderio di incontrare quella parte di Spike che si chiamava William, la sua metà, ciò che era stato e che forse continuava ad essere.

<<Ma William non ebbe mai fortuna con lamore, la donna gli fu strappata. Non che avesse possibilità, era in procinto di sposarsi e una volta accaduto non voleva tradire la moglie, pur non amandola. A volte compiango il me stesso di allora.>> concluse accendendosi una nuova sigaretta e cominciando a fumare con avidità, mentre il sottile rotolo di carta bruciava e si accorciava, così come la vita di ogni uomo. Ardeva nella notte con una luce calda e tremolante, ardeva nel suo petto con una luce accecante e rovente. Illuminava un frammento del suo viso, illuminava tutto il suo essere. Due cose che bruciavano, una si sarebbe estinta presto, laltra mai.

<<Eravate un gentiluomo, avevate degli idealivolete dire che ora sono spariti?>> chiese con una punta di risentimento la fanciulla che ormai si era arresa alle mani del vampiro e permetteva loro di accarezzarla dolcemente sul capo e sulla nuca.

<<Dopo duecento anni di massacri e di persecuzioni comici a perdere labitudine di vivere secondo moralità e principi cristiani.>> sbottò freddamente il ragazzo, mentre gettava il mozzicone ormai finito, morto.

<<Cosa accadde a Faith?>> una vocina sottile ed impaurita lo spronava a continuare, chiedendogli con la genuina curiosità di una bambina di continuare la bella favola. Se solo si fosse resa conto che non era niente di tutto ciò

<<Morì, ovviamente. Tutti allepoca morivano, tutte le persone degne di restare al mondo.>> Elisabeth si portò una mano alla bocca, stupita ed addolorata per una persona morta due secoli prima, sentendosi in dovere di consolare qualcuno che ormai aveva

accettato levidenza.

<<Mi rincresce immensamente Williamdovete aver sofferto.>> locchiata che ricevette le fece capire di aver sbagliato a commiserarlo.

<<Non ho bisogno del tuo compatimento cacciatrice, ormai ne ho passate maledettamente tante che il tuo dispiacere non mi fa ne caldo ne freddo.>>

dopo poco riprese a parlare, come se non potesse fare a meno di confidare a qualcuno la propria vita, in un certo qual modo come per espiare.

<<Morìuccisa, una morte violenta. Fu ritrovata in un vicolo, con la gola squarciata. Hai capito cacciatrice chi uccise la piccola Faiht?>>

 

Unaltra lacrima occhieggiò sulla sua guancia, brillò come una fiamma alla luce della luna e poi scorse via velocissima per quel volto scavato e morbido.

<<Ioio sono sconvoltadire che mi dispiace non allevierà il vostro dolore vero? Ma non cera una cacciatrice che difendeva gli innocenti?>> chiese sentendosi in qualche modo colpevole, presa in causa in quella storia.

<<Certo che cera, si chiamava Armony ed era unoca bionda che abitava vicino ad Hyde Park, la sua massima ispirazione era essere invitata ad un the in cui avrebbe conosciuto il suo uomo, ricco e rimbambito. Quella notte non svolse il suo sacro dovere perché nel pomeriggio si era stancata a giocare a cricket!>> gridò con rabbia il ragazzo, prendendo a calci la lapide su cui fino ad un attimo prima era seduto. La ridusse velocemente in pezzi e costrinse Elisabeth ad alzarsi, prendendola per un braccio e attirandola a sé con un furore omicida negli occhi. Le strinse le mani intorno alle braccia fino a lasciarvi segni lividi.

<<Capisci ora piccola Buffy? Faith morì perché una puttanella non aveva voglia di alzare il suo culo e andare a fare quello per cui era stata scelta! Distrusse i miei sogni di poeta togliendomi la mia musa mora e cavandomi dal cuore la voglia di vivere!>> le premeva le dita affusolate sui muscoli, non ancora ben sviluppati. Stava riversando su di lei tutto il rancore accumulato nei secoli, rendendola partecipe del dolore che gli aveva attraversato il cuore immobile per decenni, facendogli commettere atrocità. Lei taceva, impaurita dal demone che vedeva agitarsi negli occhi blu ed emergere lento come lolio dalle sue pupille. Comprendeva la sua ira anche se non fino in fondo, si rese conto di quanto fosse ancora umano. Così capace di soffrire anche a distanza di anni per un fatto che gli aveva sconvolto lanimo di dolce poeta. Pur capendo quale pericolo correva stando alla mercé del demone non reagiva, il paletto ormai giaceva abbandonato lontano. Si fidava dopotutto, non del demone, di quello doveva ancora imparare ad avere fiducia, ma delluomo che vedeva lontano da lui.

<<Il dolore che ancora provate è comprensibile, ma accanirvi contro me non porterà ad un miglioramento della situazione, ormai stantia. Io mi fido di voinon fatemi ricredere>> bisbigliò piano Elisabeth, scoprendo in sé un insolito coraggio. Si sentiva un po più cacciatrice, dopo diversi mesi in quel momento si sentì partecipe nella lotta contro il male. La vita che fino a sera era stata quella della perfetta giovane nobildonna inglese, si era come spezzata e una metà era stata sostituita prepotentemente da quella di una prescelta. Non che percepisse una maggiore forza fisica, era il concetto astratto di Cacciatrice di cui si era impossessata, laveva fatto suo e in quel momento aveva capito che mai, nemmeno per un breve istante, la sua vita sarebbe stata come quella di una persona normale.

Si ricordò di essere ancora tra le sue braccia, alzò gli occhi e gli rivolse lo sguardo più maturo e completo che avesse mai dato, spruzzava dolcezza e tanta comprensione. Una sorta di magia vibrante sgorgò violenta dalle loro iridi che si incontrarono e unirono come in un dolce abbraccio. Rimasero in quella posa per qualche secondo, il vento notturno scompigliava i capelli biondi di Elisabeth e accarezzava il suo viso, un fiotto di luce lunare pennellava le guance di Spike come se volesse abbronzarlo con il suo pallore delicato e malato.

A poco a poco lasciò la presa e permise al sangue di Elisabeth di tornare a scorrere liberamente nelle sue braccia.

Lei si sistemò il vestitino insignificante e con un bel sorriso si appoggiò ad unaltra lapide. Cera una scritta a caratteri semplici che recitava: Margot OGrady, 1709-1730. Beloved sister, beloved friend. Di fianco un ritratto sbiadito in bianco e nero, consumato attraverso il vetro di protezione. Era una ragazza graziosa, con ancora i tratti da bambina in alcuni punti del viso.

<<Voglio una tomba come questa quando morirò>> sussurrò appena, ma il prodigioso udito del vampiro percepì la frase e lo fece gelare. Non era che un pensiero espresso allimprovviso ma nonostante questo lo faceva pensare, per lui aveva molto più senso che per qualcun altro. Aveva visto negli occhi delle cacciatrici il desiderio di morte passare fugacemente, conosceva abbastanza bene le loro avventure da sapere che presto, molto presto avrebbero dovuto fronteggiare il loro stesso desiderio di una fine. Lo spirito di conservazione non persisteva a lungo come negli uomini. Perché loro non aveva nulla, con gradualità finivano per allontanarsi dal resto dellumanità e perdevano gli affetti. Lasciavano il loro passato come se fosse lavato via dalle loro anime e una volta che questo accadeva non avevano più nessuno dimportante per il quale valesse la pena di vivere, nessuno le teneva ancorate alla vita. Dopo anni di battaglie per il mondo capivano che era giunto il momento di terminare quella per la propria esistenza, concludendo con un pareggio. Il loro corpo e la loro mente per lumanità, lanima per loro stesse.

Ma non voleva che accadesse anche a lei, era troppo importante per il suo cuore fermo. Quentin non avrebbe dovuto portarlo lì, era la sua dannazione, lo era diventata non appena aveva catturato la sua immagine. Quel maledetto bastardo di Quentin, era lunico che poteva capirlo e non laveva mai fatto. William disprezzava Quentin,Spike odiava Quentin molto di più di come un figlio possa disprezzare il padre.

Si sedette ancora come prima, sulla lapide, sopra di lei. Aveva unespressione accigliata e si sentiva sinceramente mortificato per la reazione precedente.

<<Così Faith morì. Il dolore mi straziava il petto e mi costrinse, quella stessa sera, a vagare da solo per le vie di Londra. Tutto ebbe inizio lì.>> Lizze lascoltava ancora, rapita di nuovo dal suono melodioso e profondo della sua bella voce. Un improvviso pensiero le attraversò la mente.

<<Come mi avete chiamata prima?>> domandò incuriosita.

<<Buffy? Non so da dove mi è venuto, un soprannome>> chiarì semplicemente.

<<Un po ridicolo non trovate? Mi fa sembrare una ragazzetta de vicoli tutta fango e polvere. Spike le lanciò unocchiata divertita, guardandola nella tenuta da bassi fondi.

<<O certo perché Lizzie dona un tocco deleganza alla tua persona!>> ribatté sarcastico.

<<Che avete contro Lizzie? Me lha dato mia madre!>>

<<Come vuoidovera rimasto? Ah sì. Dunque, camminavo malfermo per una via, recitando alla mia Faith poesie che avrei voluto tanto dirle. Ero talmente debole che mi accasciai su un muro e non mi rialzai per molto tempo. Quando finalmente ripresi conoscenza mi trovai davanti una donna. Aveva il viso di un angelo, folti capelli biondo chiaro e occhi di un azzurro maturo ed intenso che abbagliavano. Non farti ingannare, non era una crocerossina. La bellezza in questione non era altro che quella sgualdrina di Darla Lionell, sopravvissuta per venticinque anni alle tenebre che lavevano creata e cresciuta nel loro sporco seno.>> unespressione di stupore si disegnò improvvisa sul volto di Elisabeth.

<<Ecco perchémamma Darla! Dio del cielo non sarà stata mica lei ad iniziarvi?>> lui sorrise tetro.

<<Oh sì. Mi adescò molto facilmente, promettendomi rosei futuri e felicità. Così io la seguii nel suo mondo fatto di perdizione e morbida oscurità. Credo che si sarebbe limitata a cibarsi di me se non avesse visto dellattraente in quello stupido poeta. Il mio fisico una volta divenuto prestante le servì per molte volte, procurandole una certa dose di piacere. Non che scoparmi Darla fosse per me lapice della mia ispirazione, ma ero il suo childe e tantè, anche il suo servo. Dovevo piegarmi ad ogni suo volere anche se devo riconoscere che non era un passatempo niente male...>>

 

 

apparve unespressione schifata sul volto della piccola contessina.

<<Non potete dire sul serio vero? Non credevo foste così volgare...provo disprezzo per voi in questo momento...>> sbottò irritata, il suo ideale di William si stava lentamente sgretolando, come creta contro lacqua. Era di nuovo scomparso il suo poeta? E chi era diventato, cosera quella figura fatta di carne, sangue e arroganza che si muoveva? Sprezzante, senza ritegno e volgare, con la predilezione per bagordi a base di sgualdrine e vino. Lei non voleva perdere quella strana cosa che aveva trovato e nemmeno pentirsi di averlo considerato come un suo pari, a cui dare fiducia e amicizia.

<<Sai Elisabeth, si fa in fretta a giudicare se non si ha mai provato. Ma quando sentirai qual è il potere della passione, quando capirai come un uomo o vampiro, come qualsiasi creatura possa diventare soggetta al desiderio...quando proverai piacere sotto le carezze di qualcuno...allora capirai Elisabeth, capirai perché si diventa schiavi di tutto questo turbinio di sensazioni.>> le si era parato davanti, guardandola con gli occhi lucidi e pieni di strane emozioni, dardeggiavano verso i suoi proiettili di luce calda. La sua voce era roca, il suo sguardo perso in quello della ragazzina.

<<I-Io non cadrò mai in tutto ciò che dite...sono una donna cristiana...non avrò mai...>>

<<Credi che negli umani non ci sia perdizione? Che in ogni essere vivo o morto che cammina sulla terra non ci sia un angolo di perversione? È costantemente dentro di noi, che scava, cammina lento e intanto osserva, le nostre emozioni, i gesti quotidiani, le persone e poi colpisce. Raggiunge il suo obbiettivo e ti assoggetta, allora luomo non sarà ne più ne meno che una bestia. Il desiderio di morte che cè in te, in ogni cacciatrice...è più forte di qualsiasi altro istinto. Troverai la morte Elisabeth...presto o tardi la sua mano accarezzerà il tuo collo, ma prima avrai trovato in te quella parte nera che tutti hanno.>>

le accarezzò i capelli, vicino al suo viso come non era mai stato. Lui voleva, voleva insegnarle a comprendere quella parte di sé, desiderava scoprirla insieme.

 

Londra, 1628. Fogne della città.

 

<<Dovremo aspettare ancora molto?>>

<<Non angustiatevi mio Signore, il processo di trasformazione è quasi completo.>>

<<Speriamo che non si riveli una delusione come laltro.>>

<<Sono certa di no.>>

<<Me lo auguro, ho grandi progetti per Mr. Black quindi spera di non aver commesso errori.>>

<<Vi assicuro che sarà perfetto.>>

<<Il fallimento non ti si addice Darla.>>

<<Non amo ripetere i miei falli.>>

<Sarebbe imbarazzante per te, quanto per me che ti ho creato. E io non voglio che la fratellanza si sbellichi alle nostre spalle.>>

<<Non accadrà, Mr. Black saprà accontentarvi.>>

<<Lo spero mi cara, lo spero per entrambi.>>

 

<<Guardate, si sta svegliando.>>

<<È giunto il momento della verità.>>

la figura buttata sulla paglia, al lato di una grande camera umida e gocciolante, si mosse quasi impercettibilmente.

Le altre due persone, sempre che di persone si possa parlare, guardarono eccitate entrambe. Avevano gli occhi puntati come calamite su quel corpicino esile avvolto in stracci luridi.

Il malcapitato girò di colpo la testa, rimase in quella posizione per qualche istante. Era girato precisamente verso di loro e in qualche modo li inquietava. Sembrava che oltre le palpebre pesanti, calate, lui riuscisse a vederli. Immobile pareva fissarli attraverso la pelle pallida e morbida. Un leggero sorriso gli si dipinse sul volto cesellato, una smorfia più che altro. In ogni ruga delle labbra cera paura, tristezza, gioia, una punta di sfacciataggine e lombra incurabile di perversione. La tenebra aveva compiuto il suo lavoro.

Le labbra si alzarono morbidamente liberando gengive bianchissime e denti altrettanto candidi, aguzzi come coltelli e scintillanti. I canini più prominenti degli altri. Chiedevano sangue, esigevano carne, volevano vita.

Darla, istintivamente, si aggrappò al braccio del suo creatore. Lei in piedi lui seduto su una sorta di ridicolo trono. Eccitazione profonda le pulsava nelle vene morte e le incendiava la pelle. Questa volta non aveva fallito. Percepì in sé la vita del demone che aveva creato. La sua prole stava venendo alle tenebre, rinnegando per sempre la luce.

Con molta lentezza il ragazzo mutò il suo volto. Una maschera piena di grinze aggraziate, rughe di malvagità. Ora restava solo una cosa, quella che rendeva linsieme il più bel quadro di terrore mai eseguito. Sollevò con snervante cautela le palpebre, sapendo che la luce non lavrebbe mai più toccato. Apparvero due pupille nere come il suo nome, cattive come il suo animo. Intorno a loro...giallo. Il giallo più tenebroso mai veduto. Un colore per il quale i pittori si sarebbero dannati lanima per possedere, senza sapere quanto ci sarebbero arrivati vicino.

Il volto del demone fatto e finito li guardava con crescente disprezzo, conteneva arroganza nei tratti e, cosa che inquietò maggiormente il Maestro, autorità. Unautorità indiscussa su tutto, la maturità di una grande cacciatore.

Si alzò piano in piedi, aveva una nuova sensazione, quella di essere morto e risorto, come il più grande e potente di tutti.

Mise gli occhi sulla donna, bionda e bellissima, con gli occhi azzurri come zaffiri, avvolta in un vestito color crema, piume nei capelli raccolti in boccoli e tanti pizzi, crinoline a non finire e le sue labbra...rosse come un cuore pieno di sangue. Quelle labbra che lo avevano dannato, assaggiato, strappato alla mediocrità della vita.

Laltro essere invece, brutto oltre limmaginabile, con un grugno compiaciuto. Le sue sporche manaccie attaccate a quelle della donna. William non aveva la donna, la venerava, si sentiva irresistibilmente assoggettato dal suo sguardo, in suo potere. Come una barca tra i marosi.

<<William Black...un nome nero quanto lo spirito del suo portatore...ah...meraviglioso.>> gracchiò il mostro. Aveva una voce gutturale che grattava contro la gola.

La donna bionda gli strinse amorevolmente la mano e guardò il suo cucciolo, con oscuri progetti negli occhi.

<<Il suo nome sarà una leggenda tra la gente di questa città, e molto oltre.>> fama, la bramava, poteva sentirlo. E anche lui si sentì piacevolmente pizzicato dal profumo della gloria. Infondo che cosera lui? un vampiro. Lo sapeva. Laveva capito subito. E sarebbe stato il più grande dei vampiri! William il sanguinario avrebbe fatto sanguinare molto più che le vacche.

Il mostro parlò ancora, era un vampiro, per quanto strano fosse il suo aspetto. Come carne corrosa dalle fiamme.

Si avvicinò con passo irritante alle due figure, squadrando con impertinenza quel piccolo sgorbio seduto su quel ridicolo trono.

<<Allora...a quanto ho capito tu saresti una specie di maestro...>> disse sprezzante. I sue vampiri si guardarono molto compiaciuti. Imparava in fretta.

<<Lui è il Maestro, comanda il nostro ordine.>> precisò la donna. Sapeva che una parte del suo sangue scorreva in lei. Sapeva anche che per lui era lo stesso. Leggeva il sangue della donna... si chiamava...D..Daphne..no, Da...Darla. che nome dolce e crudele, sfacciato nella sua bontà. Non era per lei.

<<Si chiama ordine dAurelius, noi siamo i prescelti, gli eletti.>>

se sperava di impressionarlo allora era fuori strada. Ormai nulla faceva più effetto. Quando si è morti e poi risorti in sembianze demoniche è difficile sorprendersi per qualcosa.

Lanciò unocchiata di disprezzo al luogo in cui si trovavano.

<<Mh, e come mai vivete nelle fogne?>> la donna gli lanciò unocchiata assassina, non era stato molto cortese.

<<Ci nascondiamo sotto terra e rendiamo omaggio ai grandi anziani. In attesa del giorno in cui risorgeremo, risorgere! Per distruggere il mondo che ci cammina sopra la testa!>> gridò euforico il Maestro.

Ma lui era impassibile, non capiva.

<<Perché volete farlo?>> lui grugnì perplesso, come se avesse detto unidiozia.

<<Bè voglio dire...hai fato un salto di sopra ultimamente? Non è male, io non potrei vivere in un buco puzzolente e infestato dai topi come questo. Se non dormo in un letto vero...cè il rischio che la mattina mi svegli di pessimo umore...e questo Darla non è conveniente.>> lei sussultò a sentire il suo nome. Era davvero un esemplare straordinario. Ma allo stesso tempo troppo ribelle.

<<È ancora così giovane...>> cercò di scusarlo.

<<E non basta, voglio una buona coperta e le migliori lenzuola di seta e una bella vista, Darla dovrebbe sempre avere una bella vista..vero mammina?>> chiese guardando la bionda.

<<Noi usciamo in superficie solo per nutrirci e accrescere i nostri ranghi, non viviamo in mezzo allumana pestilenza..>>

William ridacchiò e squadrò il vampiro.

<<Non prendertela ma...non ce la faresti mai con quella faccia!>>

<<William!>> urlò la giovane, chiaramente iraconda.

<<Non sarai sempre così brutto vero amico?>>

<<Il maestro è andato oltre la maledizione delle fattezze umane!>> lo difese Darla.

<<Tranquilla mammina, a me non verrà quel maledetto muso da pipistrello!>>

il vampiro scattò in piedi e colpì duramente William, mandandolo al tappeto.

<<Solo i vampiri più abili riescono a vivere tanto a lungo quanto ho vissuto io e tu dovresti esserne al prova!>> lo colpì ancora la volto, facendo sanguinare la perfezione di quei lineamenti. Ma lui non si lasciò intimidire.

<<Italia! Tu e io Darla...>> biascicò mentre il sapore del suo stesso sangue lo eccitava.

<<William...> cera esitazione nella voce, ma anche rabbia.

<<Questo non è il posto per te...costretta a vivere con un mostro...io sono dannatamente più bello!>> protestò pungolando la bella vampira.

Laltro lo colpì ancora.

<<Imparerai a portarmi rispetto!>>

<<Tu appartieni al mio mondo là fuori, potrai nutrirti come vorrai e avere tutto ciò che desideri. Avrai la vita che hai sempre sognato Darla! Pensaci, quale volto vuoi guardare per leternità...il suo o il mio?>> aveva fatto centro, il sorriso della donna, entusiasta, lo provava.

<<Povero illuso! Lei è una mia creatura...>> ma guardando la bella, vide che ormai non gli apparteneva più.

<<Mi abbandonerai per questo stallone vero?>> non cera tristezza.

Lei aiutò la sua creatura ad alzarsi e la condisse fuori...via dalle fogne putride, verso la notte stellata.

<<Non durerà a lungo...diciamo che gli do un secolo...al massimo.>>

 

 

Storyteller(parte5)lultima.

Londra, 1805.

<<Ma non appena Darla capì che i miei progetti allettanti non erano altro che un modo per fuggire di lì, il suo atteggiamento cambiò radicalmente.>> laveva lasciata andare, di malavoglia, e ora non era più molto vicino. Il volto corrosa da dubbi e lacerato dallincomprensione. Si chiedeva: chi o cosa sono io? E sarò come dice lui?

tante domande piccola, troppe per una notte già ricca di avvenimenti. Ora il suo arrivo, no! Il suo ritorno alla cara vecchia Londra sembrava lontanissimo. La cacciatrice lo aveva guidato in una girandola di ricordi così opprimenti, talvolta dolorosi, da staccarlo dalla vita reale. Sempre che di vita si potesse parlare.

E lei che cosera? Una chimera, un aquilone senza coda a cui attaccarsi. Aveva il suo destino, aveva la sua vita, aveva anche un uomo. Di sicuro più onesto e meritevole di lui, ma soprattutto umano. Che speranze aveva? E tutto il suo discorso sulla passione...su quellattimo di perdizione...che scopo aveva se non quello di una breve, clandestina lezione pratica? E lui non voleva questo. Voleva leternità con la persona che amava maledizione! Lui era lì per un motivo, uno scopo diverso da quello di amare la cacciatrice, e una volta adempiuto il compito sarebbe stato allontanato, cancellato. Perché non aveva più scopo.

Con unenorme sforzo si distolse dalle sue elucubrazioni. Doveva continuare, perché lo aveva chiesto lei. Se non poteva darle altro allora se lo sarebbe fatto bastare.

<<Il Maestro e tutta la cerchia di fedelissimi volevano...cercavano un cucciolo da addestrare. Puntavano alla conquista del mondo. A volte mi chiedo come possano essere così banali i cattivi. Volevano un cavaliere nero che combattesse la loro battaglia, uno dalla personalità pungente e capace di radunare un esercito di demoni che marciasse sulla terra per conquistarla. Progetti da megalomani squinternati. A parte il semplice fatto che una cosa del genere era impossibile -dio solo sa in quanti non ci abbiano provato- io non avevo la benché minima intenzione di sottomettermi alle loro astruse idee. Ero un vampiro, forte, bello e dannato. Diavolo volevo gloria e avevo fame! Ma questo Darla non sembrò mai accettarlo. Sai Elisabeth, fu anche per questo che decisi di portare con me mia madre.>> ora la giovane sgranava gli occhi verde smeraldino. Orrore, certo, vi si leggeva.

<<Sì hai capito piccola Buffy. Mia madre. Anne Black.>> incrociò le braccia, pronto a sostenere le proteste che di lì a poco sarebbero piovute.

<<Voi...avete avuto il coraggio di condannare allimmortalità vostra madre, la donna che vi ha partorito e cresciuto, la dolce creatura che amavate sopra tutti. Come potete averlo fatto...siete uno sporco assassino.>> lo disse con la calma più completa, la fredda lucidità di una cacciatrice nello sguardo. Forse stava riconsiderando lidea di munirsi del paletto e di agire. Ma non si mosse, sapeva di trovarsi al cospetto di quello che lei aveva definito un assassino, era nelle sue mani. Ma non si mosse, non fece nulla. Lo guardò solo direttamente negli occhi e questa volta non ci furono scintille o cori di usignoli, solo gelo. La forza e lintento della cacciatrice contro la crudeltà e la fame di un vampiro.

<<Mia madre era malata di cuore, prossima alla fine. Quando tornai da lei fu come essere avvolti in una calda coperta dopo un giorno di gelo. Mi ci erano voluti tre giorni per trasformarmi e durante tutto quel tempo, nella famiglia Black era regnata langoscia e la disperazione. In una parte della famiglia Black. Per laltra esisteva solo il disonore di avere un figlio scapestrato, un giovane fallito scomparso giusto prima del matrimonio, il futuro della casata sarebbe andato alle ortiche.

Era una sera, Darla non era venuta con me, non le interessava la cosa. Ostacolarmi però non le conveniva. Dopotutto dipendeva da me, una volta lasciato il maestro non aveva più nulla e lunico modo di agghindarsi con parrucche e crinoline era quello di avere dei soldi, soldi che io rubavo, o guadagnavo in modo illecito. Lei era troppo nobile per fare cose del genere. Tornando a quella sera, la porta mi fu aperta dal nostro maggiordomo. Stebbins. La meraviglia dei suoi occhi e quel breve luccichio mi scaldano ancora il cuore. Poi fu la volta di mia madre. Descriverle tutto, parlare liberamente, farmi accettare era ciò che mi terrorizzava, ma anche nel mio aspetto da mostro lei seppe vedere del buono. Così accolse di nuovo quel figlio tanto amato e mi fece promettere di non lasciarla mai più. Bè laccontentai, promettendole vita eterna, libera da malattie e sofferenze laccolsi nel nostro universo di notte. Il sapore del suo sangue era...paradisiaco. Ricordo che mi piacque, come nessun altro finora. E morivo dalla voglia di assaggiarla, per legarmi indissolubilmente sempre di più a lei, per restare uniti in eterno. Il destino è crudele Elisabeth, forse per chi ha leternità lo è ancora di più. Mia madre morì, mio padre non si disperò come avrebbe dovuto e la sua tomba fu presto dimenticata, ma una notte risorse. Più bella ed elegante che mai, con la spietatezza nello sguardo per gli altri e lamore, puro, incondizionato, invariato per me. Una vampira straordinaria, nella sua fredda cattiveria cera dolcezza per il sottoscritto ogni volta che desideravo. Uccideva e ricamava, beveva sangue e mi cucinava piatti prelibati, fu grazie a lei che non disprezzai mai il cibo umano. Lo amo tuttora. Darla era disgustata ma...come ben sai non si poteva opporre. Mia madre divenne la sanguinaria più abile e più dolce che conoscessi e tutto il suo affetto non degenerò mai in qualcosa di oscuro e di perverso. Ma il destino è una dannata bestiaccia.

Mia madre morì Elisabeth...nel 1703. morì il demone e morì lo spirito. Venne uccisa da una cacciatrice, era cinese, vendeva spezie e mia madre andò a comprare della paprica.>>

Non pianse, si limitò a tremare come scosso da una crisi. Elisabeth gli si avvicinò e lo abbracciò forte, poggiando la testa sulla sua spalla. Da cosa fosse dettato quel gesto non lo sapeva, la sua pietà era riemersa e al diavolo la cacciatrice, ora contava solo consolare unanima no, un demone. E Spike rimase spiazzato da tutto ciò, ma non perse loccasione. Ricambiò labbraccio stringendo a sé la piccola cacciatrice, un gesto pieno damore. Si sentiva compreso, addirittura protetto e si rendeva conto di quanto suonasse ridicolo.

<<William, perdonate la lingua di una stupida, continuate la vostra storia e impeditemi di giudicarvi ancora.>> sussurrò teneramente al suo orecchio Elisabeth. Gli accarezzava i riccioli castano chiaro, le piaceva. Appoggiò la guancia alla sua e sospirò, rimanendo così per un po, finché non sentì il proprio respiro calmarsi. Non si staccò, gli si accovacciò in braccio continuando a stringerlo per confortarlo. Il vampiro non capiva molto bene ciò che accadeva, sentì solo il proprio cuore riceve un altro scossone e battere per qualche secondo, anche se non abbastanza perché lei lo sentisse. Ma non fece male, percepì un piacevole calore e pace, quindi la tenne con sé, nonostante sembrasse una cosa totalmente sbagliata e ridicola.

<<Così persi mia madre. Darla rideva, più piangevo più lei rideva. Mi disse che ero una nullità, un paradosso perché non è possibile che un vampiro ami a tal punto la madre, avrei dovuto sterminare tutti come aveva fatto il mio fratellino. Già, apre che Darla avesse creato ancora, ma si era rivelato tutto una delusione. Una volta passato il momento di massacri famigliari, il cucciolo aveva perso i dentini. Così era stato abbandonato. Sì, cera il disprezzo nella sua voce, un rancore cieco dovuto alla mia insofferenza nei suoi confronti, era il mio Sire ma non importava, non mi sentivo attaccata a lei. Così si scaricò su di me insultandomi e insultando anche mia madre. Dicendomi chiaramente, con tutto il disprezzo che possedeva, che eravamo due esseri inferiori. Al che, senza paura o rimpianti, la uccisi. Presi un paletto e la infilzai e mentre i suoi occhi stupiti e azzurri mi guardavano diventando polvere, seppi che ero libero. Se la morte di Faith non suscitò in me la voglia di uccidere a cacciatrice, anche perché non ero nemmeno a conoscenza della sua esistenza, quella di mia madre fu il motivo perfetto. Andai, cacciai, scovai la mia preda e la uccisi con il suo stesso paletto. Ricordo che mi disse qualcosa in cinese, il lo sapevo perfettamente. Mi chiedeva di rassicurare la sua mammina...fu la goccia che fece traboccare il vaso, la trucidai e lasciai il corpo martoriato appeso ad una corda, a sventolare davanti alla porta della madre. Così ebbi la mia prima vendetta, lappagamento era dominante. Negli anni che seguirono compii molte altre stragi, il mio nome divenne famoso e gli osservatori di tutto il mondo ne vennero a conoscenza. Fu nel 1796 che ebbi la prima, vera, grande svolta della mia vita. Ero sulle tracce di una cacciatrice, la mia fame del loro sangue non si era mai placata, così come la sete di vendetta. Il suo nome era Nikki, faceva la sguattera nella casa di un nobile. Era una nera, bella, forte. Avrei ballato con lei tutta la notte. Questo impermeabile nero era suo, lo usava per i giorni di caccia. Veniva dallAmerica. La uccisi dopo un lunghissimo ballo. Ma non era nemmeno cominciata tutta la storia. Immaginati quale fu la mia sorpresa nello scoprire che il proprietario del corpo e della grande villa altri non era che... Quentin Travers o meglio...Quentin Black. Mio padre.>> Elisabeth lasciò il collo del vampiro in un lampo e la parodia della cacciatrice che morde un giovane vampiro indifeso finì.

<<Coosa? Mi state prendendo in giro....non è possibile che una persona bella come voi sia figlia di...Travers.>> lassurdità della frase parve colpirla dopo un po, ciò nonostante non smise di guardare di sottecchi il vampiro.

<<È la verità passerotto, reagii più o meno così anchio. Ora ti spiego. Quentin, nel 1600, era a conoscenza del mondo demoniaco, della bocca dellinferno e delle cacciatrici. Era losservatore della piccola Harmony, la quale morì uccisa dal Maestro...mi sono sempre dimenticato di ringraziarlo...a lui naturalmente non interessava di quella sgualdrina, ma lei era stata una piccola esca per giungere al cuore della comunità vampirica di Londra. Attraverso operazioni poco legali e omicidi vari, riuscì a far eliminare i veneratori dAurelius. Questo dopo la mia morte e la scomparsa di mai madre, acquistò maggior potere e gli fecero dono di una vita eccezionalmente lunga. Come premio. Puah! Che sciocchi imbecilli. Fatto sta che divenne presto il capo del Consiglio e tutto il resto è storia. Quando mi trovò fu invaso dal terrore, dalla sorpresa e infine dalla solita brama di potere. Mi accolse in casa sua offrendomi la sua grassa ipocrisia, non ebbe mai amore per me. Non ne ha mai avuto. Il mio omicidio fu messo a tacere, venni assoldato come forza speciale nella lotta contro il Male. La mia pericolosità però era evidente, così Quentin decise di darmi una cosa che, secondo la versione fornita al mondo mi avrebbe impedito di ricadere nel vortice di sangue e morte, seconda la versione personale mi avrebbe impedito di nuocere a LUI e a tutti i suoi piani. Cosa mi diede? Lanima. Unanima donata senza amore e fredda di astio. Il mio compito era quello di addestrare cacciatrici e renderle consapevoli della loro missione. È per questo che sono qui Elisabeth. E ora puoi anche venire fuori Rupert, tanto la mia storia finisce qui. È a te che tocca agire ora.>>

Elisabeth voltò il capo e con somma sorpresa vide il Duca Giles uscire dalla porta di una vecchia cripta. Lo sguardo che le lanciò vedendola accoccolata in braccio a Spike fu di disapprovazione, ma non resse a quello della ragazza. Furiosa e pronta alla resa dei conti.

 

 

Lies To me

<<Lascialo subito!>> ordinò luomo, indicando il vampiro a cui era ancora abbracciata la cacciatrice. Lui guardò la testolina bionda che fino a qualche momento prima era appoggiata alla spalla, stava tremando e sicuramente non per il freddo. Non voleva lasciarla andare, con lei si sentiva bene, si sentiva vivo e di nuovo, dopo moltissimo tempo, apprezzato. Ma sapeva che era giusto così, lei doveva svolgere il suo dovere e lui sarebbe rimasto a guardare...come aveva sempre fatto. Ma prima non si era mai sentito bruciare come quando si era trovato vicino a lei. Anche la sua anima lo sapeva, aveva arso di un sentimento nuovo. Cera dellaffetto in quella di Buffy e lei, lanima, lo aveva assorbito tutto, perché non era stata creata per amore, non ne conteneva e ora colmava questa mancanza.

Elisabeth scese dalle gambe dellessere che fino ad un momento prima sembrava un cucciolo indifeso. Ora cera rancore in lui, una rabbia mista ad impotenza verso il nuovo venuto, un imbucato alla loro festa.

<<E tu, non ti azzardare più a toccarla! Limitati ad un atteggiamento professionale con lei altrimenti...>> aveva alzato il dito e lo puntava con decisione verso il ragazzo, anche Giles era scosso dalla rabbia e maggiormente dallindignazione.

<<Altrimenti che farai Rupert? Lo riferirai a mio padre? A lui non importa un accidente di quello che le faccio! Potrei anche scoparmela per quanto gli riguarda, basta che non intralci i piani per la sua importante scalata al successo. E non sarà certo ad un osservatore accecato daffetto per la sua protetta a cui darà ascolto!>> ribatte rancoroso e tagliente, spiazzando la cacciatrice che stentò a riconoscere in lui luomo di pochi istanti prima.

<<Lho detto a Travers che non era una buona idea portarti qui, sconvolgerai lordine naturale delle cose!>>

<<Lo pensi davvero? Nove anni che ho lanima e nove cacciatrici morte, tutte assistite da me. Ma se credi che con questa cosa che mi divora,io mi sia messo sulla strada per la redenzione ti sbagli, non sono un depresso che si auto commisera per i delitti compiuti e la mia sola ragione di vita NON è far sopravvivere le cacciatrici qualche anno in più. Io non sconvolgo lordine naturale, permetto il suo compimento. Le cacciatrici muoiono giovani Rupert. Non sarò certo io a cambiare il loro destino.>> incrociò le braccia al petto e si appoggiò alla parete del mausoleo, in attesa di una risposta.

Lo guardava, sentiva i suoi occhi su di sè o sulla propria anima per meglio dire. E sapeva anche di averla delusa, ma non poteva mostrarsi debole ora, non davanti ad un membro del Consiglio. Suo padre non doveva sapere di averlo imprigionato per sempre.

<<Se sei così, malvagio allora che ci fai ancora qui? Perché non hai compiuto una strage dosservatori?>> lo sbeffeggiò Giles.

<<Non credere che non ci abbia pensato, comincerei da mio padre e credimi quando dico che sarebbe disgustoso trovare ciò che ne rimarrebbe. Ma questa cosa che mi ha rifilato mi rende impossibile uccidere persone, troppe persone. Sono malvagio, sono anche lio di due secoli fa, ma questo lo sono sempre stato. Le mie stragi erano sistematiche, non uccidevo se non avevo fame. Chiamalo rimorso Rupert, ma non riesco ad uccidere per odio.>> e con questo avrebbe potuto riscattarsi, non desiderava darle dispiacere ed essere considerato un vampiro in gabbia, un semplice allenatore, ma sapeva che ne andava della sua reputazione. Giles non era come gli altri ma non sapeva fino a che punto poteva fidarsi di lui.

<<È la tua anima Spike, ti porta ad avere compassione e rispetto per gli umani, tranne di quelli che non lo meritano. Ciò non toglie che tu non debba considerarla una tua preda e hai capito in che senso parlo. Lei è la Cacciatrice e per tanto non deve mescolarsi con te!>> stava per ribattere quando la vide alzarsi e dirigersi in fretta verso luomo. Lo accerchiò e gli si parò davanti.

<<Mi volete dire che cosa sta succedendo?!>> gridò così forte che dei corvi si alzarono in volo da un punto imprecisato del cimitero.

<<Elisabeth, con te farò i conti più tardi ora non è il momento...>>

<<Certo che è il momento adatto! Lei sapeva tutto non è vero? Sapeva perfettamente che lui sarebbe venuto, ecco perché ha insistito tanto che io facessi la ronda e non cè nessuna emergenza! E pensare che io mi fidavo di lei...invece è solo il galoppino di quel...quel...quellimmondo Travers!>> sbottò. Il vampiro osservava la scena. Aveva qualche dubbio ancora sulla forza e intraprendenza del suo raggio di sole? No. Ora sapeva con precisione che da lei poteva ottenere qualcosa e se non era morte allora amicizia, solidarietà. Aveva la possibilità di creare una complicità senza eguali tra di loro e poi forse...chissà...

<<Mia giovane pupilla! Non vi ritenevo capace di usare una tale veemenza contro di me, che sono il vostro Osservatore e che in più occasioni ho cercato di facilitarvi il compito!>> rispose allibito luomo, mentre con un panno puliva delicatamente il monocolo, in evidente imbarazzo per la sua inferiorità rispetto alla fanciulla che educava.

<<Io vi ho sempre apprezzato, ma questa volta non avete scusanti! Ho dovuto apprendere cose...fatti accaduti realmente ad opera del vostro...Consiglio, che ritengo essere abominevoli, vengo a sapere che il mio destino è la morte prematura, la vita nelloscurità e la lotta costante contro la mia stessa anima da..da un vampiro! Non da voi, mio Osservatore ma da lui. Che cosa vi rode di più Signor Giles, il fatto che vi porti poco rispetto o che ne dia di più al demone?>> mise le mani sui fianchi ed attese; luomo rimase per qualche istante perplesso ed infine decise di riprendersi dallo stato catatonico in cui era caduto.

<<Elisabeth, quello che hai appreso oggi non è altro che verità, forse troppo colorita dalle espressioni di un narratore sconveniente. Quanto al modo mia cara, ho ricevuto un ordine e se non volete che il mio corpo si trasportato, non necessariamente in vita, allaltro capo del globo io devo attenermi a questi ordini.>> ora sembrava decisamente in collera, il modo in cui stringeva le labbra e le vene delle tempie arrivavano in trasparenza lo dimostrava. Chi lavrebbe mai detto che lo Squartatore sarebbe tornato?

<<Se posso intromettermi...tutto questo è molto...intenso, ma io ho un compito da svolgere e sinceramente lo voglio fare ora, così da poter intrattenermi con un altro tipo di passatempi, decisamente più piacevoli.>> richiamò la loro attenzione. La giovane lanciò unocchiata ammonitrice al suo osservatore e poi tornò a rivolgersi al vampiro, con una calma fredda altamente disarmante, soprattutto per il fatto che fosse appunto priva demozioni.

<<E voi, non vi credevo così cinico! Tutto quello che avete detto prima è stato disgustoso! La dimostrazione di quanto mi sbagliassi a provare pena e rispetto per voi! Non siete altro che un demone senza cuore, non meritate la mia amicizia! Avete il volto di un narcisista voltagabbana che gioca con i sentimenti altrui per comodo vostro. No cercate più comprensione in me, non ne troverete.>> descrivere quanto male al cuore gli fecero quelle parole sarebbe stato umiliante, ma il suo accordo con se stesso era chiaro:mai farti vedere debole e in Loro potere.

<<Dolcezza, non credo mi sentirò male per questo.>> la totale mancanza di disperazione, anche solo un accenno di tristezza, sollevarono in Buffy una serie di sensazioni contrastanti. Da una parte pensava che erano solo affari suoi e lei, essere trattata come una donnaccia, non lo tollerava proprio, quindi meglio così. Daltra parte si aspettava un leggero sconforto da parte sua, non esisteva il fatto che rimanesse totalmente insofferente alle sue parole, non dopo quello che entrambi avevano provato. Perché era certa che tutti e due avevano sentito qualcosa. Il loro abbraccio...era venuto naturale.

<<Che cosa volete da me!? Non so più di chi fidarmi, ci sono troppe bugie, troppi sotterfugi>> mormorò sconfortata. Il Duca sembrò impietosirsi e dalla sua espressione si capiva che aveva intenzione di accondiscendere alle richieste della sua pupilla, ma unocchiata piena di cinica indifferenza del vampiro lo fece desistere.

<<Rupert, non vorrai darla vinta a questa mocciosa! Non ti facevo così arrendevole Squartatore, anni fa la tua fama mi aveva deliziato ma orasembri solo un vecchio affetto da demenza senile!>> una risata beffarda accompagnò le sferzanti parole del vampiro. Nessuno poteva sapere quanto gli costasse tutto quello, quel cambiamento radicale faceva più male a lui che ad Elisabeth. Però era una partita pericolosa, cera in gioco la vita della cacciatrice ed era un prezzo ragionevole per restare zitto.

<<Come ti permetti brutto demone, dovresti portarmi rispetto!>> sbottò Giles punto sul vivo, la sua spavalderia si afflosciò tutta non appena incontrò lo sguardo di lacerante superiorità di Spike.

<<Ricordati chi è che merita rispetto Rupert! IO sono il più vecchio e il più spietato, ricordati chi è che deve abbassare il capo!>> tuonò lapidario, con quella voce così profonda e cristallina che faceva accapponare la pelle. trasudava virilità e potenza, una sottile ferocia e tacita spietatezza. E Giles non potè altro che abbassare il capo, pur digrignando i denti e sibilando proteste. Riconosceva la superiorità del vampiro, ma non per saggezza, era conosciuto per essere un tipo impulsivo che stava molto sul chi vive. Ne ammetteva lesperienza e la cruda tristezza che aveva dovuto affrontare e che lo aveva portato a diventare ciò che era. Aveva sempre visto la feccia dellumanità, individuato le atrocità della specie umana. Aveva stile, conoscenza e durezza. Gli era superiore.

<<Così va meglio. Quentin mi aveva avvertito che lo squartatore diveniva un agnellino davanti alla sua cacciatrice.>> parlava sempre del padre come se fosse un conoscente, non riconoscendolo mai come capo famiglia e non dandogli mai il rispetto di un cognome. Semplicemente il nome di battessimo che sua madre aveva detto spesso e troppo spesso con amore.

<<Non avevo intenzione di dirle nulla, so qual è il limite.>> precisò lievemente rancoroso losservatore.

<<Non ne dubito, è per questo che Quentin ha affidato lincarico a me?>> era volutamente sarcastico.

<<Mi avevate detto di non essere amico di Travers!>> esclamò tutta un tratto la cacciatrice, delusa e sempre più amareggiata per il modo in cui ora era trattata, per il modo in cui venivano trattate le persone a cui voleva bene.

<<Non sono suo amico, sono un emissario e un dipendente con libero arbitrio. Potrà anche essere più vecchio ma non per questo lo rispetto. Mi limito a sopportarlo, così come fai tu.>> le rispose secco.

<<Smettiamola con queste inutili chiacchiere, se sei qui muoviti e spiegale ciò che devi. Io chiarirò le lacune culturali.>>

<< Potrò essere un eterno e nutrirmi di sangue, avere un carattere impulsivo ma non darmi dellignorante Osservatore, potrei elencarti fatti che i tuoi pidocchiosi libri di storia non riportano Rupert e tu non mi crederesti comunque a causa del tuo fottutissimo scetticismo verso qualunque cosa non sia stampato!>> rispose acido.

<<Non ho tempo per trastullarmi con lezioni di storia vampiro, al contrario di te non ho leternità.>> sbottò Giles, sempre più arrabbiato.

<<Possiamo rimediare subito!>> esclamò rabbioso il vampiro.

Si erano avvicinati progressivamente luno allaltro e da come si squadravano non era un buon segno.

<<Basta smettetela entrambi! Non ho tempo per le vostre arringhe! Il sole sta per sorgere e devo tornare a casa, la torre ha già battuto le quattro!>> Elisabeth si era parata di fronte a loro e aveva alzato le braccia per placare quelle cascate dastio.

Il vampiro alzò gli occhi al cielo e convenne con lei che era meglio sbrigarsi, in secoli di albe conosceva alla perfezione le sfumature adamantine che il cielo assumeva, odiava le albe, sembravano staccarlo crudelmente dalla vita.

<<Sta succedendo qualcosa di strano cacciatrice, sentiamo che cè unoscura presenza che sta salendo e non ci piace. Ogni giorno è sempre più vicina e se prima era unombra sottile ora sta espandendo la sua oscurità. È un male nuovo, non cè notizia di manifestazioni precedenti. Il tuo compito è aspettare una sua mossa, individuarlo e combatterlo, normale routine. Ma devi essere pronta, allenata. Devi essere consapevole. E qui entro in gioco io. Ho allenato nove cacciatrici prima di te, allenate in modo diverso da come può fare un osservatore, io ho metodi forse poco ortodossi ma preparano al mondo vero, quello che cè fuori. Morirai Elisabeth, è una certezza. Ma forse rallenteremo quel momento. Verrai qui ogni notte e subirai le mie anguste lezioni. Mezzanotte, non prima.>> si accese una sigaretta e la guardò attentamente, bevendosi ogni sua espressione, cercando ogni parte di lei per ricordarla per sempre.

Lei annuì piano, non era felice e si sentiva tradita. Veniva catapultata in un mondo del tutto nuovo, cera un VERO cattivo da combattere e toccava a lei. Ma non era pronta, gli allenamenti non sarebbero serviti, sarebbe morta, capitolata, lo sapeva. E non voleva, Spike era sempre una figura mistica ed attraente, che la sconvolgeva, ma si era rivelato e lei non sapeva più se credere alla realtà o a ciò che aveva sentito poco prima, su quella lapide.

Si incamminò verso casa, scoccando uno sguardo di risentimento al suo osservatore e di sfida al vampiro. Elisabeth Anne Summers avrebbe avuto la sua vita felice, con il suo barone e con i suoi terreni in Irlanda, e non sarebbe stato di sicuro nessuno sciocco demone a portarle via tutto.

 

<<È molto di più di quello lo sai vero?>>

<<Naturale che lo so, cosa avrei dovuto fare, dirle che è come un male sottile che dilania lorganismo, che non abbiamo nessun indizio se non vaghe tracce insicure, che quasi certamente attaccherà lei per prima per far avverare unantica profezia, per altro indecifrabile?>>

<<Elisabeth è forte Spike, non si farà sedurre dal male così facilmente e cerca di tenerlo ben a mente.>>

<<Io non sono il male, non lo sono mai stato. Non sono un mostro mitologico che incarna linferno.>>

<<Lo comprendo, anche se mi è difficile. Ma immagino che tu non sia felice.>>

<<La mia anima pulsa, cresce e si stabilizza. Non cè affetto se è ciò che intendi. Quentin non ti dà mai niente per niente e sto ancora cercando si capire che cosa vorrà da me.>>

<<Non mi è mai piaciuto. Tuo padre è un essere strano, sa troppo e sono convinto che sappia qualcosa anche di questa storia. Ci sono segreti inarrivabili nel nostro passato. Agli inizi era caotico e sconclusionato ma gradualmente i primi di noi iniziarono ad annotare le loro esperienze.>>

<<I Diari degli Osservatori. Sono inaccessibili.>>

<<Precisamente e Quentin è dietro tutto questo. Se solo ne permettesse la consultazione>>

<<Potremmo scoprire molto di più.>>

<<Ma non possiamo. Ci sono fatti anche trascurabili che potrebbero esserci daiuto. Reincarnazioni, incesti, esecuzioni e resurrezioni. Senza contare interventi diretti su di voi, alcune manomissioni nei corpi prima del Risveglio e delle Illuminazioni.>>

<<Ma è scuro che sia un>>

<<Quasi certo. La parola Eterno è lunica leggibile.>>

<<Allora ci sarà da lavorare, non so chi possa essere, non bazzico più nei bassi fondi da tempo e i pochi contatti sono stati polverizzati da Jonathan. Quel piccolo sgorbio non avrebbe dovuto giocare a fare leroe.>>

<<Fu un errore il suo addestramento, ma il fatto che fosse riuscito a scampare ad un vampiro e che fosse nipote di uno di noi>>

<<Il Consiglio è pieno di errori, non è colpa tua Rupert.>>

<<Ogni cosa è come se fosse colpa mia, sono uno dei fratelli.>>

<<Sei ancora lunico che si prende a cuore la stronzata dei fratelli Rupert, la vostra elegante giustizia e imparzialità è decaduta da un pezzo. Sbagli se credi di trovarti ancora nel limbo di saggezza e giustizia che spacciate di possedere, nessuno vi crede più oramai, nemmeno gli stessi Osservatori. Alla tua Rupert e a quella di Elisabeth. >>

<<Alla nostra.>>

Le due figure brindarono in silenzio, con poca convinzione. Inconsapevoli di trovarsi a pochi isolati dal fulcro del loro problema.

 

 

Real Me.

Saville Road era sempre stata una via tranquilla, vi erano palazzi lussuosi ed eleganti, con grandi giardini ben curati. Unaria di finta impeccabilità aleggiava su quel piccolo mondo perfetto, un parco giochi per i ricchi Lord e i parlamentari, per quelle persone che si ritenevano i gentlemen inglesi per eccellenza e avevano abbondanti introiti nei settori più disparati. Mentre i loro agenti lavoravano nella city guadagnando denaro a volontà, loro potevano permettersi di partecipare a battute di caccia, the con la nobiltà più in vista e piacevoli passatempi con lintera famiglia. Era un piccolo mondo a parte, senza lo sporco dei vicoli o i tuguri delle periferie, dove i torrenti malsani e incrostati di morte come il Fleet non erano nemmeno concepibili.

Raspberry House abbelliva in modo sobrio la strada, aveva un colore rosso chiaro e morbido. Era in stile gotico con gradi finestre a sesto acuto e vetri colorati, perennemente invisibili a causa degli scuri nero carbone verniciati di fresco. Un discreto parco si allargava intorno alla figura svettante della villa, era ricoperto di alberi imponenti e frondosi, che proteggevano dalla luce solare molti sentieri. Unaria di incalzante decadenza aleggiava sul prato. Non era curato come gli altri, ancora in buono stato ma si intravedevano già le erbacce e ledera. Nel complesso era un elegante edificio, ne più ne meno come gli altri. Ma da un po di tempo a quella parte, gli abitanti di Saville Road avrebbero potuto giurare di percepire un che di innaturale in quella casa, che lentamente dilagava in tutta la via. Cera una sorta di demoniaca entità che opprimeva laria.

 

Erano allincirca le cinque di mattino, ormai Elisabeth era al sicuro nel suo letto e dormiva tranquilla. Spike da qualche parte cercava i smaltire la sbornia e il suo conflitto interiore, Giles probabilmente era con lui. Il sole cominciava a farsi intravedere nel cielo, la luce avrebbe presto ritrovato la grigia Londra e lavrebbe allietata con il suo ridente calore. Era più rassicurante passeggiare per le strade, i garzoni delle stalle uscivano per cominciare il loro duro lavoro, i panettieri impastavano e cocevano il pane, gli operai ungevano di grasso i motori delle loro macchine. Londra si risvegliava come unenorme gatta sonnacchiosa e sbadigliava, i motori delle macchine a vapore facevano le fusa.

Era una bellora per camminare, era un pessimo momento per qualsiasi demone.

 

La porta di Raspberry House si aprì di scatto, sbattendo con violenza contro un mobile di pregiato legno di noce.

<<Mio Dio signore, mi ha spaventato! Ben tornato, le faccio portare la colazione?>> Malcom Liebich fece un compito inchino al suo padrone e gli prese cappotto e cappello, non facendo molto caso a delle strane macchie scure che imperlavano il colletto del soprabito. Da bravo maggiordomo avrebbe spedito tutto in lavanderia senza chiedersi ne il come ne il perché.

Lui non rispose, non si sentiva affamato, anzi una piacevole sensazione di pienezza lo pervadeva e si chiedeva il perché di tutto questo. La cena della sera prima era stata saltuaria e poco nutriente, era troppo preso dal suo angelo biondo per pensare a nutrirsi.

Scosse distrattamente il capo e si trascinò per le scale, ben sapendo che presto il suo animo tormentato avrebbe trovato un po di pace. La sua anima si dibatteva lentamente e con crudeltà, sentiva una maggiore sensazione di rimorso rispetto a quella abituale e questo poteva significare una cosa sola. Anche se non voleva ammetterlo.

Percorse in fretta la rampa, incespicando nei gradini bordati di rosso.

Arrivò nel suo appartamento con il fiato corto e la strana sensazione di un giramento di testa, si spogliò in fretta, rimanendo con il petto nudo dove spiccava una cicatrice profonda, che a suo tempo era stata una ferita dolorosa. Era una sgraziata croce con tre bracci, di quelle di ordini sacri antichi e conservatori.

Adocchiò in lontananza la boccetta di tintura di iodio, lagguantò in un lampo e laprì, si posizionò poi di fronte al grande specchio per mettersela sulla recente ferita, che per inciso non ricordava come si fosse fatto.

Cominciò a spalmarsela con meticolosità, trattenendo gemiti di dolore e deformandosi il viso in smorfie poco entusiaste. Quando alzò gli occhi allo specchio si accorse che qualcosa non andava affatto. Ormai si era abituato allidea che la superficie lo ignorasse completamente, vi si affacciava solo perché era una questione di abitudine, un gesto di pura vanità che compiva da quando era molto giovane. Vedere i propri vestiti, gli oggetti che teneva in mano librarsi nellaria da soli non laveva mai divertito. Gli dava solo un senso di impotenza e tristezza.

Ora invece, Lo specchio rimandava la sua immagine nitidamente o meglio, era lui ma non precisamente, perché il se stesso dello specchio non si stava passando nessun liquido disinfettante sul petto e non aveva gli occhi stralunati.

Era un doppione rilassato contro la cornice delloggetto, con il petto nudo e laria arrogante, gli occhi fiammeggianti e giallo inferno. I capelli mori fluivano liberi e selvaggi sulle spalle massicce, incorniciavano il viso largo e piacevole rendendolo ancora più virile e temibile. Incuteva timore e sgomento, forse anche per il fatto che zanne lunghe e affilate sbucassero crudeli dalle labbra e la fronte fosse ricca di rughe che convergevano allinizio del naso e gli davano unaria da pipistrello.

La bottiglia di tintura precipitò a terra, infrangendosi con uno schianto secco e spargendo il contenuto sul tappeto. Non distrasse le due figure che continuavano a fissarsi.

<<Salve mio caro Angel.>> disse con voce ironica e velata di perfidia.

<<Per la Santa Vergine! Non ancora>> gridò spaventato la figura reale.

<<Inutile invocare madonne, ci sono e ci sarò sempre.>> lo blandì lo specchio.

<<Perché questo!? Non è una pena abbastanza grande la mia!?>> disse disperato.

<<Perché sono il tuo inseparabile compagno, il tuo demone e la tua metà.>> rispose lapidario.

<<Ionon voglio, non ti sopporto>> disse piagnucoloso come un bambino Liam.

Lo specchio scoppiò in una risata cruda e sferzante.

<<Ma lo farai perché tu non hai una tua volontà, tu non sei niente Liam. Sei una figura fittizia, non esisti. Angel esiste, Angelus esiste. Io esisto, mi hai creato tu. Siamo una sola cosa, il rifiuto con cui sto parlando è solo il prodotto di unanima fredda. Non è nulla. Tu vuoi vendetta, IO voglio vendetta, contro chi ha creato questimmonda immagine di me stesso.>> sentenziò implacabile, facendosi sempre più vicino allo specchio, così come Liam.

<<Nonon lo desidero>> disse con poca convinzione il moro.

<<Oh sì che la vuoi! Ricordi quando siamo, quando sono uscito Angel? Eri fiero ed audace, pronto ad un mondo di perdizione, IO lo ero.>> Liam si ritrovò ad urlare, non capiva, non parlava di sua volontà, eppure lo specchio rifletteva la sua immagine, era lui in qualche modo. Era un dialogo con se stesso.

<<Ma poi non è andata come sperato>> si ritrovò a dire e questa volta era proprio lui, Liam aveva parlato. Era difficile da comprendere ma sentiva quelle parole, con lanima. Non poteva permetterlostava accadendo ancora.

<<Ho scoperto che una maledizione gravava su di me, che TU gravavi su di me.>> sibilò ricco dastio.

<<E questo mi ha fatto molto arrabbiare>> sussurrò Liam, non propriamente Liamcera anche una parte di Angel in lui. Stava tornando, si stava impossessando del proprio corpo. Ora lanima si stava nascondendo.

<<Oh se lha fatto! Tu Angel, che volevi votare la tua esistenza alla perdizione e mi hai creatohai valorizzato te stesso chiudendoti nelloscuritàti sei ritrovato con unanima! Una cosa che da vivo non consideravi nemmeno! Sei arrivato tu Liam!>> era infuriato, ma gioioso come un bambino, stava riuscendo nel suo piano.

<<E mi sono sentito traditonemmeno libero di decidere per me stesso!>> urlò Angel, ormai rimaneva ben poco di Liam

<<Meditavi vendetta contro il Consiglio che conoscendo il tuo piano ti aveva fatto maledire! Ma al contempo capivi Angel, mio fida metà, che eri potente, che per te poteva esserci un futuro. Io lo capivo, perché Angel era assopito in me e Liam vinceva>>

<<Non ho potuto vincerenon mi hanno permesso di godere di vita eterna ed eterna oscurità!>> biascicò esaltato, tornando quello che era

<<Sei diventato lombra di te stesso e sei morto per non risorgerema il demone era stato creatoti sei ridotto ad una nullità e Liam è giunto con la sua ridicola coscienza!>>

<<Non ce lhanno permesso>>

<<Liam non sei tu! Non esiste! Tu sei me, un demone spietato, creato dalla tua stessa volontà!>> ormai cera un che di folle nel suo sguardo, le pupille scintillavano contornate dallocra, Angel stesso, Liam, il mezzo demone, si era trasformato. Parlava con la propria immagine e si sdoppiava, si rispondeva, ma era unentità diversa, era il demone che riaffiorava, portando con sé la vecchia, vecchissima personalità del barone irlandese. Portava con sé il VERO Angel.

<<Lei mi ha lasciato!>> urlò Angel al suo doppione. Se la ricordava, fluenti capelli biondo chiaro, morbidi come la seta. Occhi azzurri così belli ed angelici che scioglievano il cuore e contenevano la crudeltà del suo demone. Poi rammentava la sua stretta, le sue labbra che lavevano cercato. Non appena uscito il demone era prevalso, aveva fatto una strage ma poipoi era finito tutto!

<<Nel momento in cui si è resa conto di quanto fossi diverso ti ha abbandonato, demone e uomo che lei stesso aveva generato, ed è andata a perdersi con uno sciocco invertito sentimentale>>

<<Ho soffertovoglio tornarema Liam è sempre nellombralanima mi rode anche adesso e il rimorsomi minaccia>>

<<Tornerai Angel, Liam sarà debellato. Hai scoperto la chiave, lacqua contro la scintilla. Ti vendicherai!>>

<<Che devo fare?!>>

<<Ascoltami>>

 

 

<<E poi abbiamo ballatostretti luno allaltra e in quel momento magico io ho capito che amo quelluomo profondamente e voglio diventare sua moglie, per adorarlo in eternocapisci Dru?>> la ragazza mora annuì condiscendente. Era distesa come una gatta sul divanetto del giardino dinverno, le gambe piegate in modo regale e leggermente tirate verso il busto. Il suo abito era di lino bianco, con ricami viola che scendevano dalla vita e arrivavano allorlo, passando per la parte destra della lunga gonna. Si intrecciavano in un motivo dedera, con foglie molto stilizzate ed appuntite, come tanti corvi neri. Il corpetto aveva il medesimo tema, i lunghi bracci dedera si annodavano con grazia quasi spettrale intorno alla spalla sinistra. I capelli della bella Drusilla erano raccolti in aggraziati boccoli setosi che li accorciavano ed andavano a congiungersi in una crocchia sopra la nuca. Aveva il sole di spalle, le illuminava piacevolmente il corpo rendendola simile ad un angelo. Aveva il viso molto pallido quella mattina, non sembrava in salute ma daltronde Dru era sempre stata di carnagione chiarissima, nessuno ci fece molto caso. Anche i suoi occhi erano più vividi, come alimentati da una luce estranea.

Era arrivata dalla sua migliore amica quella mattina stessa, con al seguito la dama di compagnia, Sheila. Un ombrellino bianco venato di viola come labito e il cappellino, nonostante dovesse fare solo pochi metri. Era una persona che usciva sempre in grande stile, completa di ogni accessorio previsto dalla moda del momento. Quellaria trasognata che aveva sempre la rendeva sì bizzarra, ma anche mortalmente bella. Sembrava una bambina da curare, vezzeggiare e coccolare, una bambolina con la pelle di porcellana.

Era venuta sotto preciso invito di Elisabeth, consapevole del fatto che avrebbe dovuto sentire ogni più piccolo dettaglio della serata, continuamente.

<<Lo sai Dru che mi sono innamorata pazzamente di lui? E mia madre ha detto che molto probabilmente convoleremo a nozze!! Lo sapevi? Non è una notizia fantastica?>> esordì la bionda, non riusciva a stare seduta un minuto sulla poltroncina, era incredibilmente eccitata.

<<Sì cucciolail fatto che tu labbia ripetuto così tante volte fa pensare a mammina che è una buona notizia>> disse dolcemente Dru, accarezzandole una guancia.

<<Ohscusa amica mia, è solo che sono così eccitatanon penso altro che a lui>> disse con aria trasognata.

Locchiata incerta che Drusilla le lanciò la fece gelare. Dopo molto tempo si stupiva sempre delle tendenze dellamica, aveva una certa capacità di capire le persone molto in fretta, tra le mura di casa Landou si vociferava addirittura che la piccola erede avesse la vista. I suoi amici tzigani, che spesso si fermavano a Londra solo per vederla, ne erano convinti e avevano più volte cercato di convincere Jenny ad affidarla a loro, che avrebbero potuto coltivare e accrescere questo dono. La donna però non aveva acconsentito, non tanto per paura di uno scandalo ma perché non amava la magia. Il suo passato era oscuro, non si conosceva molto della sua famiglia e dei loro antenati. Ma Jenny aborriva la magia, non desiderava che sua figlia avesse contatti con essa e nemmeno che le venisse parlato delle molteplici creature che esistevano nel mondo. Drusilla non doveva sapere, non doveva fare anche lei gli stessi errori dei suoi antenati e mettersi, finire al servizio del Consiglio. Jenny sapeva cosera Elisabeth, sapeva ogni cosa, sapeva anche che qualcosa era in atto. Ma lei non avrebbe più fatto nulla, aveva giurato.

<<Sei una bambina bugiardale stelle me lhanno dettoal tuo cuore un nuovo volto parlala sua voce ti ha infiammato il petto>> cantilenò con voce velata la mora. I suoi occhi violetti erano diventati enormi, come quelli di una civetta. Scrutavano sornioni e consapevoli la bionda che era rimasta sbigottita.

<<Parola mia Drusilla, se continui con queste scempiaggini verrai rinchiusa in manicomio!>> trillò sarcastica una voce.

<<Down!!>> la rimproverò Elisabeth contrariata, sapeva che la sua amica non andava molto daccordo con sua sorella, non si erano mai piaciute. Forse perché Dru era un essere onesto, dolce e sincero e Down no. Una persona materialista, che poteva anche ricorrere facilmente ad inganni.

<<Le stelle potranno anche non piacerti Briciola, ciò non toglie che conoscano! E quello che hai fatto ieri sera con Piccolo Principe Bizzarro non piacerebbe a Lady Jo.>> Piccolo Principe Bizzarro era un soprannome, Dru chiamava così Andrew, dicendo che con i suoi capelli biondi, gli occhi chiari e quel viso dolce ed infantile le ricordava un principino delle favole. Bizzarro perché era noto a tutti quanto fosse strano, una volta le aveva fatto vedere un gioco di luce che simulava la nascita delle stelle e da quel giorno lei lo adorava. Quanto a Lady Jo, era il modo in cui Drusilla chiamava la madre di Elisabeth, nei suoi discorsi con lamica.

Down sembrò punta sul vivo. Era successo di sicuro qualcosa, Drusilla ci aveva visto giusto, letteralmente. Inoltre odiava essere chiamata Briciola, nonostante fosse più grande della moretta, era più bassa e meno aggraziata. A volte fastidiosa come una briciola in gola, da quello era nato il soprannome.

<<Chiudi il tuo becco da cornacchia, Pazzerella! Ciò che faccio in casa mia non sono affari tuoi! Cosa dicono le stelle riguardo a ciò che ha fatto TU ieri!? La leggi-stelle è la regina delle sgualdrinelle…”>> scimmiottò la voce della zingara con perfidia, era stata cattiva, Elisabeth non aveva parole.

<<Sarò anche un sgualdrina ma soddisfatta sono rimastanon sono io che ho dovuto simulare lasta>> canterellò tranquilla Drusilla, lasciando trasparire un sorriso che aveva un crudeltà inaspettata. Sembrava che negli occhi brillasse una luce sadica.

Elisabeth non capiva quasi nulla di quello che stava accadendo, ciò di cui si parlava non aveva un significato per lei. Ma Down diventò improvvisamente rosso porpora, con le labbra che tremavano e gli occhi accesi di collera e umiliazione se ne andò via, sbattendo la porta e facendo tremare i vetri del giardino dinverno.

<<Ma che cosa intendeva? Non ci cre-credoperché ti ha dato della sgualdrina Dru!? Dio mio scusala, è solonervosa per limminente matrimoniolo sai>> balbettò Elisabeth, temendo che lamica fosse in collera. Ma con sua somma sorpresa la vide sorridere, dolcemente lattirò a sé e labbracciò, cullandola come se fosse una bambina.

<<Non ti preoccupare dolce Buffy>> <<Come mi hai chiamato?>> chiese esterrefatta la ragazza. Ma che razza di potere conteneva Dru?

<<Il vento mi ha portato il nomeè stato pronunciato da un angelo caduto>> le accarezzò lieve il capo, con lo sguardo vitreo, come se fosse in trance.

<<Briciola non aveva del tutto tortoe io nemmeno. È accaduto qualcosa Buffymammina lo sente e sa che anche per te è lo stessoma non devi dirmelosento che non posso e non devo venirne a conoscenza.>> Elisabeth fu grata alle stelle, al vento, alla risacca del mare, alla luna e a tutti gli emissari di Drusilla.

<<Ma Dru, parlando di cose seriecome poteva avere ragione mia sorella, mi rifiuto di crederlo! Io ho baciato il mio Liam matunon hai baciato Parker>> era più unaffermazione che una domanda.

La sua aria birichina, leggermente di superiorità e di compiacimento la fece fremere, era curiosa, doveva sapere che cosa era successo.

<<Oh sì che ho baciatotanto, Ma non solo>> Elisabeth cominciava a capire.

<<Dru! Ma per queste cose si aspetta il matrimonio!!>> disse scandalizzata ma anche incuriosita.

<<Oh ma io e il mio principe nero non ci sposeremo maila luna lha mormorato al vento e lui lha bisbigliato a mei suoi morsi sono la linfa, i suoi occhi le mie stelle che dovrò sempre guardaredora in avantiil mio siero è in luiil suo presto in meper leternità.>> concluse trasognata.

<<Drutu stai straparlando un po troppoParker non è>>

<<Ma io non intendevo Parker. Il mio principe è molto diverso e poiParker non mi amalo soe non centrano un accidente le stelle! Lho vistonon mi è fedele>> la rabbia era chiaramente intuibile attraverso i suoi lineamenti contratti e duri tutto dun tratto. Sollevò leggera le labbra in un sorriso poco rassicurante, se non fosse stata troppo sconvolta dalla rivelazione Elisabeth avrebbe notato una stranezza. I denti, più affilati e le gengive poco colorate.

<<Oh mia dolcissima Drusilla!! Non è possibile, sembra seriamente preso da te e poi doveva chiedere la tua mano>>

<<E lo farà cucciola ma io non lo voglio, lui non mi ama, apprezza solo il mio denaro e non sono disposta ad accettarlo! Parlerò con mia madre e se lei non acconsentiràfuggirò. Con Linsday, me lha sempre proposto. Ma prima dovrò dare un saluto, lultimo, al mio angelodovrò affogare per lultima volta nel suo nettare>> era triste, si teneva la testa e mugolava con lentezza, presa dallo sconforto.

<<No ti prego Drusilla, pensa allo scandalo, pensa a quello che succederebbee io come fareigli zingari non possono darti quello che hai qui>> cercò di dissuaderla la bionda.

<<Ma io avrò leternità per riprenderlo, me lha detto linferno.>>

 

<<Si rende conto che avevo altre visite prima della sua? Questa sua irruzione nella mia proprietà e nel mio studio non la tollero, non so come sia riuscito ad entrare inosservato, ma non ho nessuna intenzione di farla restare qui!>> luomo prese un campanello dargento e si apprestò a scuoterlo, qualcuno sarebbe venuto a liberarlo da quellenergumeno moro una volta per tutte.

<<Se fossi in lei non lo farei.>> sentenziò con aria grave lintruso.

<<E perché dovrei darle retta? Non ha il diritto di darmi ordini in casa mia!>> luomo aveva una smorfia determinata nel volto, ergendosi in tutta la sua altezza prese loggetto e si preparò a scuoterlo.

<<No ma ho il diritto di aiutarla e farmi buttar fuori nocerebbe molto sia ai suoi piani finanziari che a sua figlia.>> Ethan si arrestò di colpo, con campanello ancora in mano, pronto ad essere scosso.

Appoggiò le mani sulla scrivania e socchiuse gli occhi, come a volere analizzare sottilmente il suo ospite.

<<Che intende dire!? Come si permette di minacciarmi in casa mia! Lei deve essere pazzo, Drusilla è da una amica!>> strillò isterico. Quelluomo non gli era mai piaciuto, fin da quando laveva visto la sera prima. Aveva una stonatura, una macchia in sé, pur sembrando uno stinco di santo.

<<So benissimo dove si trova sua figlia, non potrà dire lo stesso lei domani. Per scongiurare questoincrescioso fatto, ho bisogno di un favore da lei.>> Angel era calmo, sedeva con molta tranquillità su una poltrona di mogano e fumava un sigaro.

Il sudore cominciò a colare copioso dalla fronte di Ethan, aveva ragione sul barone, non ci si poteva fidare di un irlandese. Se i suoi vicino avevano il coraggio di affidare la loro bambina nelle mani di quelluomo erano affari loro. Solo riteneva che la piccola Beth non avrebbe mai soddisfatto appieno le voglie di quel barone, la sua unica salvezza era il fatto che fosse fertile, sicuramente però avrebbe dovuto convivere con linfedeltà e lumiliazione di chiedersi come mai, la sua vicina, avesse il suo stesso profumo.

<<Vuole dei soldi? Li avrà ma prima dovrà darmi una prova di quello che dice, le minacce non si fanno alla leggera.>> si era seduto anche lui, tamburellava sul piano smaltato della scrivania con le dita e i suoi occhi erano di nuovo attenti e vigili. Quando si parlava di affari, Ethan Landou era un mago.

<<Non voglio denaro, in duecento anni ne ho accumulato parecchio. Voglio un incantesimo Ethan, voglio che tu colpisca lo Squartatore.>>

per poco luomo non cadde dalla sedia, nessuno, nemmeno sua figlia sapeva che lui era stato unun mago, un assassino veneratore di un mostro, un membro fedele di una setta.

<<Comecome>> balbettò con tutta la tranquillità che veniva meno. Si stava sciogliendo come neve al sole, non era più al sicuro.

<<Non importa come lho saputo, voglio che tu lo faccia, o tua figlia non potrà darti quello che desideri.>> sentenziò Angel.

<<Se conosci il mio passato allora sai anche che potrebbe non importarmi nulla di mia figlia, in fin dei conti ho due eredi maschi che porteranno avanti il mio titolo e la mia ricchezza.>> sperava di acquistare un po di tempo, anche di convincerlo a desistere, magari sarebbe riuscito ad ingannarlo.

<<Non è importante a livello di discendenza, ma è promessa al figlio del magnate del tabacco, Sir Thomas Parker, della Parker&Sons, industria specializzata per la raffinazione di tabacco. So che ha agganci in tutto il mondo e tende ad espandersi ancora. Il mercato mondiale di tabacco è molto redditizio.>> precisò.

<<Quindi so che non perderesti mai lopportunità di imparentarti con un uomo destinato a diventare tra i più ricchi del mondo.>>

si sentì messo in trappola, ora non aveva più scuse.

<<E come avresti intenzione di privarmi di questa opportunità?>> chiese, pur immaginando la risposta.

<<Mettiamola con un volgare ricatto. O tu farai quellinsignificante incantesimo per me, oppure tua figlia non vedrà più la luce del giorno.>> sorrise diabolico e si godette la faccia stralunata dello stregone. Si accigliò però quando lo vide sorridere sarcastico.

<<Ti credevo più originale, invece una banale minaccia di morte, perché è questo che vuoi fare vero? Ucciderla.>> chiese con una punta dironia.

<<E non solo.>> rispose, lo scintillio degli occhi gialli costrinse Ethan a sedersi nuovamente. Non si era nemmeno accorto di essersi alzato.

<<Capiscomaio no guadagno nulla da questa storia. Infondo è un bello spreco di energie fare incantesimi>> si torse le dita, i vampiri erano avidi ma amavano le persone che somigliavano loro, scaltre e senza rimorsi e modestamente, lui si considerava così.

<<Anche con le spalle al muro ti permetti di contrattare Ethan? Mi piaci, per questo non ti ucciderò per la tua sfrontatezza. Il tuo tornaconto sarà la vendetta, il piacere di mettere al tappeto lo squartatore e fargli pagare per le umiliazioni che ti aveva inflitto. Non ti sembra abbastanza?>> ma dallo sguardo dello stregone capì che non bastava.

<<Con la vendetta non si mangia, e poi a me i piatti freddi non sono mai piaciuti.>> rise da solo per la sciocca battuta, che fece alzare gli occhi al cielo ad Angel.

<<Non mi sembra che tu abbia problemi a mangiare, ma se vuoi verserò un piccolo obolo a tuo nome. Soddisfatto?>> luomo scosse la testa.

<<Dipende da quanto sarà piccolo!>> ora ci stava prendendo gusto, era comunque una tratta, gli affari erano il suo pane.

<<Non sfidare la mia generosità uomo! Ho tolto abbastanza sangue a tua figlia da trasformarla sta notte stessa!>> la cupidigia di Ethan si ridimensionò subito.

<<Come vuoiche cosa devo fare?>> domandò, la parte tecnica della faccenda era che tipo di incantesimo dovesse praticare, ormai erano anni che non giocava con la magia.

<<Dovrai mettere fuori gioco Rupert Giles, non in modo definitivo, sorgerebbero sospetti. Inoltre è molto attaccato alla sua cacciatrice e per questo è stato facilmente individuabile, potresti scatenare lira della ragazza e non è conveniente, senza contare che ne arriverebbe subito un altro dOsservatore e mi ci vorrebbe troppo per individuarlo.no voglio una malattia abbastanza potente ma non mortale. Vedi tu Stregone, limportante è che se ne stia lontano da lei per un po.>> si era alzato e aveva buttato il sigaro fuori dalla finestra.

<<A che scopo allontanarlo?>>

<<Non sono affari che ti riguardano. Fai il tuo dovere e il tuo programma dinvestimenti sarà salvo. Prova a tradirmi e vedrai che succederà alla piccola dolce Drusilla.>>

<<Quando devo cominciare?>> domandò irrequieto.

<<Bè io direi anche immediatamente, buona giornata Ethan.>>

se ne andò con grazia, passando per i corridoi liberò i domestici legati e imbavagliati e uscì dal portone. Imboccò la strada in ombra e tornò a Raspberry House.

 

 

School Hard.

Drusilla era svenuta poco dopo. Si era accasciata con grazia nonostante tutto, la poltrona laveva fortunatamente accolta. Elisabeth si era spaventata oltre limmaginabile, tutto il suo orgoglio, la sua forza di cacciatrice era svanita di fronte a quella disgrazia e si era trasformata in puro panico. Non appena ripresa dallo shock si era precipitata in camera di sua sorella. Non le era importato se aveva sorpreso la rossa e Osvald a baciarsi appassionatamente, non le era nemmeno passato per la testa che avrebbe potuto chiedere aiuto a qualcuno di sotto come il maggiordomo o chiamare Sheila.

Oz era sceso a precipizio dalle scale e nonostante tutto aveva saputo cosa fare con molta calma e razionalità, mentre la bionda gli saltellava attorno continuando a torcersi le mani e a strillare. In un attimo la casa si era accesa di fermento, erano stati portati sali e ventagli, pezze bagnate e alcuni sommari medicinali.

Oz aveva aperto il vestito di sua sorella con molta cura e le aveva sollevato la testa, laveva fatta respirare con più libertà e le aveva fatto odorare i sali, le aveva bagnato la fronte con un panno imbevuto. Nella preoccupazione generale nessuno le aveva esaminato con minuzia il corpo, daltronde perché farlo?

Così i due piccoli buchi sul collo della ragazza erano passati inosservati, perfino allocchio esperto della cacciatrice sarebbero dovuti essere evidenti. Ma quando il fato ci si mette in mezzo nulla può contrastarlo, così nessuno si era accorto di nulla e loscuro segreto di Drusilla non era stato svelato.

Quando finalmente la fanciulla era rinvenuta Osvald laveva presa in braccio delicatamente e senza sforzo, pur essendo più basso. Lei era debole e svuotata di ogni energia, senza contare che era mortalmente pallida, come se il suo colore fosse scivolato via dun colpo. Non aveva riconosciuto le persone intorno a sé, nemmeno Elisabeth che in preda al dolore si era buttata a piangere tra le braccia di Anya. Si era affidata alle cure di quello che pareva un viso noto e aveva lentamente chiuso gli occhi, sospirando e lasciandosi portare via.

Arrivata a casa sua madre si era precipitata a vederla, aveva chiamato il medico che sotto ordine del signor Landou aveva praticato una trasfusione con il suo sangue, visto che Osvald si era fermamente rifiutato di donare il proprio. Jenny non aveva avuto dubbi in proposito alla causa di tutto, non aveva faticato a trovare le ferite circolari sul collo di sua figlia e in preda alla collera cieca si era scagliata contro suo marito, imponendogli un conciliabolo straordinario.

 

<<Oh Willow mi sono mortalmente spaventata!>> singhiozzò Elisabeth in braccio a sua sorella. Erano nella camera di questultima, tutte e tre.

<<Quella ragazza è matta Elisabeth, sinceramente non ne sono rimasta sorpresa. Con le compagnie che frequentaquegli zingarinon capisco come i nostri vicini possano tollerare le visite di quelle immonde persone. Scommetto che cova in grembo il suo bastardo.>> sbottò Down, intenta a sfogliare il Times nella parte economica.

<<Down tesoro come puoi dire cose simili? Di fronte alla nostra sorellina poi! I-io sono sicura che non è cosìla ragazza è giudiziosa>> cercò di giustificare la rossa, mentre accarezzava amorevolmente il capo della più piccola.

<<È completamente fuori di cervello Willow! E i suoi genitori sono troppo orgogliosi per ammetterlo, per evitare lo scandalo mentirebbero anche alla Regina. Non mi meraviglierei affatto se lei fosse in quello stato, perché io SO Willow, io ho visto.>> sentenziò lapidaria la mora. Non concepiva il fatto che una donna potesse farsi ingravidare in quel modo, da un lurido pezzente come uno di quegli zingari dellest, sporchi, ripugnanti e dediti a piaceri sordidi. La signora Landou avrebbe anche potuto essere di sangue blu, ciò non toglieva che fosse in parte zingara. Doveva solo ringraziare la sua gente per quello che era capitato a sua figlia.

<<Ma Down tu non capisci niente, non hai visto niente! Non ti permetto di lanciare accuse contro Dru!>> gridò Beth con le lacrime di rabbia che sgorgavano dagli occhi. Era tanto cinica e senza cuore, come aveva potuto ridursi così la bella Down? Non si meravigliava se Andrew volesse sempre rimandare le nozze, non si stupiva del fatto che sua sorella avesse quella predisposizione per gli affari, possedeva tutta la freddezza che occorreva in campo finanziario.

<<Non mi permetti? E con quale autorità Elisabeth! Fino a prova contraria sono ancora tua sorella maggiore.>> rispose tranquillamente. Odiava quelle scene di debolezza da parte di quella piaga bionda, odiava la sua bellezza infantile, odiava la sua fortuna e odiava le sue amicizie, semplicemente perché erano tali. E odiava doverla consolare per così poco. In quei momenti sentiva di non amare per niente il sangue del suo sangue.

<<Ma io sono la più grande Down e finché sei in nostra presenza ti ordino di non offendere più le amicizie di tua sorella più piccola. Non hai il diritto di giudicare con prove sommarie! Se la giustizia fosse quella che predichi tu ci sarebbero più impiccagioni che nascite.>> Willow si erse in tutta la sua altezza, emanava autorità ora, un luccichio scuro nello sguardo che la faceva sembrare unaltra, più determinata e più dura.

<<È per questo che lInghilterra va a rotoli. Potete continuare a negare levidenza mie care, ma Drusilla è e resta sempre un spostata incosciente.>> con queste parole uscì dalla stanza sbattendo la porta.

Elisabeth rimase a fissare la porta chiusa con rancore. Le carezze meccaniche di Willow tradivano la sua preoccupazione, nei suoi occhi si leggeva chiaramente il dubbio. Non sapeva se le sue parole potessero essere del tutto veritiere.

<<Non temere Beth, Drusilla starà bene e senza gravidanze inaspettate, probabilmente è stato tutto dovuto alla stanchezza.>> Elisabeth si voltò a guardarla incerta.

<<Credi? Non sopporterei di perderla e anche se fosseinsomma non labbandonerei.>> sentenziò pacifica e determinata la cacciatrice.

<<È per questo che Drusilla è fortunata ad avere unamica come te.>> la rassicurò.

<<Willow?>>

<<Sì?>>

<<Parlami di te e Osvald>>

 

<<Grazie a Dio non è in cinta.>> esclamò Ethan asciugandosi la fronte. In realtà conosceva perfettamente il motivo per cui sua figlia fosse ridotta in quello stato semi cosciente. E con tutta probabilità lo sapeva anche sua moglie. Laveva sposata per la sua bellezza, per la sua forza e per il suo rango. Ma soprattutto per il suo infinito ed antico potere. Allepoca le sue manie di grandezza erano predominanti, avrebbe volentieri governato il mondo se glielavessero offerto. La docile figlia dei principi tzigani gli era sembrata la via più breve e migliore per arrivare al successo. Ma docile non era stata. Sapeva le sofferenze e i pericoli che la sua famiglia aveva dovuto affrontare nel corso degli anni, ogni rito contro ogni creatura era stato accompagnato da un sacrificio umano, involontario. Così aveva deciso, sua figlia non avrebbe più portato avanti la tradizione, niente più incesti, niente più resurrezioni, niente più anime donate. Laveva detto chiaramente al suo promesso:<<Potrai sposarmi per il mio denaro, per il mio rango o anche per amore, ma non mi sposerai per creare una discendenza di stregoni e streghe. Non servirò più la causa del Consiglio, vivrò senza il loro sostentamento.>> così si era rassegnato e un po per soldi, un po per la straordinaria bellezza della donna, aveva portato avanti le nozze, senza obbligarla a nulla.

Ma questo non significava che lei non rammentasse che cosa erano in grado di fare i vampiri, quindi se non era del tutto rimbecillita negli, anni aveva compreso perfettamente ogni cosa. Solo non sapeva chi e perché, ma questo nemmeno Ethan lo sapeva.

<<Grazie a Dio un corno! Tu sapevi tutto fin dallinizio, è per questo che hai ordinato immediatamente la trasfusione. Mi meraviglio addirittura che il medico fosse così vicino a casa!>> gridò Jenny, facendo vibrare le finestre. I suoi occhi scuri mandavano bagliori.

<<Tesoro, sono uno stregone e ho compreso subito il fattaccio>> cercò di giustificarsi. Non poteva rivelarle nulla o avrebbero perso tutto.

<<Ethan non sono una sciocca signora londinese, sono una tzigana la cui famiglia ha trattato per secoli con quegli animali, mi vorresti dire che non so più di cosa parlo!?>> doveva stare attento a sua moglie, era una donna difficile e piena di potere, non avrebbe voluto ritrovarsi con qualche escoriazione in luoghi indesiderati.

<<Jenny per lamor del cieloci sentiranno!>> cercò di calmarla.

<<Non mi interessa! Io SO che tu centri qualcosa con questa storia.>> sbottò iraconda, avrebbe volentieri strozzato suo marito. Osava trattarla da stupida, dopo quello che aveva giurato, dopo aver accettato le sue condizioni. Non credeva di aver sposato un uomo tanto ripugnante.

<<Mia cara, mi offende solo il fatto che tu lo pensi. Dovresti rallegrarti invece che dopo tutti questi anni di inattività abbia riconosciuto la ferita e abbia ordinato una trasfusione. Nostra figlia è stata quasi uccisa>>

<<Appunto Ethan, QUASI! Ogni demone con un po di cervello avrebbe finito il lavoro, invece è come unammonizione. E vorresti dirmi che tu sei innocente!?>> aveva battuto i pugni sul tavolo e la sua voce era rimbombata nella biblioteca.

<<Innocente come un bambino.>> dichiarò senza timore.

<<Come preferisci. Ma non me ne starò con le mani in mano. Farò un incantesimo e nessun demone entrerà mai più in questa casa.>>

<<Fallo tesoro, proteggerai la nostra bambina. Ma sei sicura di riuscirci? È un esercizio della vecchia scuola e ricordo comera dura>>

<<Lo farei anche se fosse uneresia!>> detto questo uscì dalla stanza, per andare a mettere in atto i suoi piani.

Ethan la lasciò fare, dopotutto il laccordo col barone era concluso, non vedeva come potesse nuocere ai suoi piani.

 

 

Un calcio, perfettamente parabile, la mandò lunga distesa a terra, facendole battere la testa contro una lapide ed insudiciare il vestito.

<<Che ti succede cacciatrice? Stasera sembri avere la testa altrove.>> disse, porgendole una mano per aiutarla. Lei laccettò automaticamente e non vi prestò attenzione.

<<Che cosa?>> sussurrò capendo che lui aveva detto qualcosa.

La guardò, poggiando le mani ai fianchi e piegando di lato il capo. Un gesto che esprimeva la sua perplessità.

<<Appunto. Cerca di svegliarti o non ti servirà a niente allenarti e io avrò buttato via una serata.>> non che la pensasse veramente in quel modo. Ogni momento passato con lei era prezioso, non aveva atteso altro tutta la giornata. Però lo irritava sapere che lei non era lì con lui, voleva essere il suo primo pensiero appena la luna sorgeva e lultimo appena tramontava. I loro allenamenti, era danze di sottile grazia, ricche di significato ed emozioni. Lui le vedeva così, voleva che in quelle poche ore lei fosse tutta per lui e solo per lui. Quella sera non era così, qualcun altro aveva rubato la sua mente e a lui restava solo il corpo, che non disprezzava manon sopportava di fare lamore con pezzi di carne vuoti. Ogni secondo passato con lei era intenso come fare lamore. La lotta era fare lamore.

<<Ohaccidenti guarda il mio vestitosi è macchiatoAnya mi ucciderà....>> rispose per nulla interessata alla sua critica. Questo lo sconcertò, era sicuro di suscitare per lo meno un sentimento dira in lei e sarebbe già stato qualcosa...ma non potè far altro che constatare che la sua predica si era infranta conto un muro di indifferenza. E questo non gli andava.

<<Per linferno maledetto, vuoi starmi a sentire cacciatrice!?>> finalmente riuscì ad ottenere una reazione, seppur minima. Lei voltò la testa e lo fissò con gli occhi sgranati e laria perplessa.

<<Non hai detto nulla degno di nota...e poi ho problemi più urgenti ora.>> rispose tornando a preoccuparsi per la larga macchia di fango sul retro dellabito.

<<Oh certo! Il tuo povero vestito si è sporcato, a chi importa se il mondo potrebbe andare a puttane da un momento allaltro e la sua unica paladina della luce è incompetente, Elisabeth Anne Summers si è macchiata!>> sibilò contrariato. Lei ora si voltò completamente, con gli occhi verdi infiammati dira e le labbra contratte dalla disapprovazione.

<<Per tua norma e regola, questi sono i vestiti che posso mettere per venire a questi discutibili allenamenti, se li sporco tutti non potrò più usarli ergo: non potrò più partecipare alla tua...lezione.>> spiegò sarcastica. Si era fermamente imposta di non trattare con rispetto il vampiro, a cominciare dal modo informale di parlargli. Ma non seppe che questo lo faceva sentire più vicino alloggetto dei suoi desideri, che lo rendeva felice. Perché non si sentiva più come un protettore ma come un semplice ragazzo, che chiede ad una semplie ragazza un briciolo del suo cuore.

<<Oh andiamo! La nobile contessina Summers che non ha vestiti?>> chiese scettico. Ora erano perfettamente immobili luno di fronte allaltro, ad una discreta e virginale distanza, come due persone civili. Il cimitero era scuri intorno a loro, le lapidi assomigliavano a immobili fantasmi privi di luce, donata loro solo dalla luna malata. Un paesaggio da brivido, ma non per quelle due altere creature, per loro era solo un luogo come un altro dove allenarsi. Spike era di spalle alla luna, non gli piaceva in quelle sere, sembrava ancora più livida di morte e questo era un presagio cattivo. Lasciava che illuminasse Elisabeth con i suoi raggi simili a molli capelli, nonostante le desse un colorito troppo pallido. Ma lo scintillio dei suoi boccoli dorati era adorabile e gli occhi smeraldini ne catturavano sprazzi, di luce. Beveva dalla sua figura, sperava che un giorno avrebbe bevuto da lei.

<<Questi sono gli unici che posso usare per uscire di notte, con te.>> ora assumeva laria di un appuntamento galante. Se avesse potuto lavrebbe portata ovunque, a teatro e allopera, poi lavrebbe anche portata in paradiso...ma quello dopo.

<<Non importa. Voglio solo che tu stia più attenta, non siamo ad una sfilata dalta moda.>> ribattè. Lei mise il broncio, quel gesto adorabile...così ingenuamente provocante. Una volta cresciuta avrebbe saputo giocare con le doti che madre natura le aveva generosamente donato.

<<Va bene...come desideri.>> si mise in guardia, con i pugni alzati e le gambe lievemente divaricate, pronta o addirittura quasi rassegnata a ricevere il colpo. Non gli piaceva vederla così, non si impegnava maledizione! La lotta per lui era...quanto di più vicino alla caccia, si inebriava dei due corpi che si univano, allontanavano ritmicamente, come nellamore. Amava lodore della determinazione e del dolore, come quello fresco del sangue. Si sentiva di nuovo preso dal suo demone e dalla sua antica forza, che si assopiva a contatto con lanima, era imbrigliato, incatenato dallanima ma la lotta...liberava i suoi istinti biechi e primordiali, come quelli di un animale, ma una animale molto aggraziato. Un fiero giaguaro che avanzava flessuoso nella notte.

La guardò ancora, poi mutò il viso. Le si scagliò contro, deciso a colpirla al volto, mentre il piacere dellimminente contatto con il corpo di lei cresceva. Fu respinto, in modo quasi disperato ma riuscì comunque a finire al tappeto. Lei non fece nulla, lo guardò con gli occhi abbastanza lucidi di sorpresa, più per se stessa che per lattacco improvviso, e perplessi, come se non sapesse cosa fare. Il dolore e la preoccupazione per Drusilla la lasciavano del tutto scoperta, soffocando inesorabilmente la sete e la potenza della cacciatrice.

Spike si lecco le labbra, squadrandola dalla testa ai piedi, dalla sua posizione poteva vederla ergersi fiera come una statua greca, altrettanto bella illuminata dalla luna. Mai gli sembrò allo stesso tempo così fragile, cera qualcosa di profondo che la turbava e si sentì stupido, per esserne stato geloso.

Con un colpo di reni si rialzò e le andò vicino, con lentezza. Lei stette immobile ad aspettarlo, in muta rassegnazione.

<<Brava cacciatrice, ma non è abbastanza. Dovevi approfittare della mia caduta, picchiarmi ancora...addirittura impalettarmi.>> lei abbassò il capo, subendo il rimprovero con rassegnazione. Quello non era un mondo per lei, non riusciva, si sforzava ma non capiva come si sarebbe dovuta comportare...non capiva nemmeno come avrebbe potuto affrontare questoscura minaccia.

<<È che...che non ci riesco! Non mi viene...naturale.>> si scusò frustrata. Lui notò il suo disagio e si addolcì se possibile di più. Le sollevò il mento con un dito, per guardarla dritta negli occhi e la trovò splendida, baciata dal chiarore lunare.

<<Non temere piccola...ci sono io...sono qui per questo.>> le sorrise e la fece mettere di nuovo in guardia, questa volta però lattaccò con meno impeto lasciandola parare i colpi con facilità, mentre le sue braccia spezzavano le sue mosse lui la faceva indietreggiare, sembrava quasi che stessero eseguendo un ballo al rallentatore, in una realtà distorta.

Elisabeth si ritrovò inchiodata al muro di una cappella, senza via di scampo, con il vampiro che tentava di picchiarla ancora e le si faceva sempre più vicino. I suoi colpi presero velocità e in breve riuscì ad immobilizzarla contro la parete, con le braccia lungo il corpo.

<<E ora che farai cacciatrice? Reagisci, trova una soluzione e approfitta della mia sicurezza...>> le disse calmò, il volto molto vicino al suo, tanto che lei riuscì a sentire lodore di tabacco del suo alito e questo la infastidì. Lo guardò per qualche secondo e poi riuscì ad allontanarlo con un calcio, potente, che lo mandò di nuovo a terra.

<<Muoviti, agisci e usa questa mia momentanea resa>> la incoraggiò. Sempre molto lentamente, per non interrompere quella sorta di gioco, lei si fece avanti ed estrasse il paletto. Si abbassò piano su di lui, con la gonna che la impacciava nei movimenti. Spike afferrò al sua mano e la portò più in basso, invitandola a proseguire quello che aveva iniziato, portando il paletto verso di sè. Poi senza preavviso ribaltò le posizioni, facendola finire nellerba umida, ancora notevolmente sorpresa. Le si mise praticamente addosso e sostenne il suo peso con un gomito mentre la mano le spostava in fretta il capo per liberare il collo. Con laltra le torceva il braccio armato dietro la schiena, per proteggersi.

La vena pulsava pulsava, il cuore accelerava i battiti e più sangue arrivava nel corpo, ne sentiva il lento ed invitante sciabordio, come quello di un fiume. Immaginò il colore rosso scarlatto e il sapore, doveva essere buono quello di Elisabeth, immensamente buono. Portò la testa proprio sopra la giugulare e ringhiò piano, poi si avvicinò allorecchio e bisbigliò: <<Lo vedi? Si può ribaltare tutto in un attimo, non devi mai indugiare, mai.>> Buffy era scioccata, il sogno pareva essersi spezzato per essere sostituito da un altro, uno in cui lei si ritrovava in balia del vampiro che più laveva colpita e più apprezzava al mondo. La sua bocca che aveva quasi toccato il centro della sua vita, i canini che reclamavano il loro pasto, e lei non si spiegava come non riuscisse ad agire. Era immobile ed accaldata, con una strana sensazione nello stomaco e i brividi freddi che scendevano lungo la schiena, là dove lui le stringeva quasi con gentilezza il braccio. Lo guardò negli occhi gialli, che mai le erano parsi più belli e più temibili e deglutì forte, portando la giugulare a muoversi invitante.

<<Non provocarmi cacciatrice...non sai che cosa scateneresti...>> disse lui, accarezzandole piano la cute, dove teneva ferma la testa.

In un lampo si ritrovò contro un albero, scalzato dal corpo di lei dal suo calcio. Sorrise visibilmente eccitato e contento, lei aveva coraggio, aveva ritrovato la forza e ora era sua, lì, pronta a combattere, a donarsi a lui in uno degli attimi più intimi che potesse concepire.

Si rialzò agilmente e le si scatenò contro, mirando con un calcio al viso che andò a vuoto, lei allora gli afferrò la gamba e lo ribaltò buttandolo di nuovo a terra. Spike si concesse il lusso di vederla sorridere, inconsapevolmente più bella che mai. Ma fu solo un attimo, si avventò su di lei e le colpì il viso, facendola vacillare, evitò i suoi attacchi e le tirò un altro calcio, mandandola a cozzare contro una lapide che si incrinò. Rimase per un attimo ferma, ansante, squadrando con odio il suo avversario, poi si rimise in piedi e lo attaccò ancora. Riuscì ad imprigionarlo contro un albero e lo picchiò di più, Spike non si scompose, liberò facilmente una mano e la prese per il collo, girandola in modo tale da parlarle vicinissimo alle labbra, labbra che lo avevano scioccato, reso ebbro di desiderio.

<<Ma brava la mia Buffy...ma non sarà mai abbastanza contro di me...>> detto questo la respinse, scaraventandola in mezzo al cimitero e facendola picchiare il sedere a terra.

Si rialzò tremante di dolore, ma accecata dalla voglia di annientare quel pallone gonfiato. Ripreso a ballare, come piaceva a Spike e più che una danza sembrava un disperato tentativo di prevalere e affermare il predominio sullaltro, un continuo toccarsi-non toccarsi che lasciava sulla pelle di entrambi una piacevole sensazione di potenza, di calore e di proprietà, come se marcassero il territorio lì dove colpivano e fosse quello un tacito segno di possesso, come se nessuno potesse revocare il diritto di combattere con essi, se non loro stessi. Stavano componendo una musica fatta di forza e stanchezza, di velocità, tessevano la loro storia. Occhi negli occhi, sempre e comunque. Nessuno dei due poteva fare a meno degli occhi dellaltro. Come il cielo con i suoi astri, i fiori col profumo, il vampiro con la sua cacciatrice.

Fu la volta di Elisabeth di essere pressata contro il muro, cozzando contro la parete fredda le mancò il respiro, così come quando lui le fu addosso, a fior di labbra.

<<Ti piace vero Buffy? Lo sento dal tuo cuore che ti piace, lo sento nel tuo sangue che ami lodore del confronto e della battaglia. Ami anche me...come avversario...>> era più unaffermazione che una domanda e lei non seppe negarlo, amava lui, amava combattere con lui, perché le insegnava, non le dava vantaggi, non la trattava come se fosse su un piedistallo, amava sentirsi messa in gioco.

Il respiro era accelerato, per la vicinanza del corpi, per la fatica, per il desiderio di...conoscere sempre di più Spike, anche nella lotta.

Puntò sfacciatamente gli occhi sulle labbra così belle e così femminili, come unape attratta dal nettare. E lei arrossì, ma non si scompose.

<<Sì. Amo te...come mio avversario, la lotta con te...la vicinanza...e la complicità...ma amo di più...>> si interruppe per studiare la reazione. Lo vide farsi più attento...con gli occhi scintillanti e torbidi, densi come la tempera.

<<Si? Cosa ami Buffy...cosa ami...?>> chiese abbacinato dalla sua faccia, rossa e sottile, dal naso lievemente storto, dalla persona in sé, dallanima che scorgeva nei suoi occhi.

<<...illuderti di avermi in pugno.>> e detto questo, lo buttò a terra senza ritegno ed estrasse il paletto, gettandosi sopra di lui come in preda alla follia.

<<Colpiscimi passerotto...se lo vuoi.>> concluse lui, allungando le mani, accarezzandole i fianchi e la mano che brandiva larma.

<<E chi mi farebbe da guida?>> chiese stizzita e resa folle dalle sue mani.

Sogghignò, la amava, con lanima, col cuore, con il corpo. Amava Elisabeth Anne Summers e si sarebbe dannato unaltra volta per lei.

<<LOsservatore Buffy...>> rispose, mentre incatenava gli occhi ai suoi.

<<Ma io non voglio losservatore, voglio te, perché sei lunico di cui mi fido...lunico che ha tirato fuori le due Buffy...cacciatrice e persona e le ha unite, in tutto questo tempo.>> lo guardò e sorrise, amava quel vampiro, in senso platonico, adorava la sua personalità.

<<Ti fidi di me?>>

<<Sempre.>>

 

Alla cortese attenzione del Signor William Black

 

Dopo quanto discusso la sera passata e dopo le decisioni prese in merito allallenamento della ragazza, mi vedo costretto a ricordarvi che i vostri doveri sono puramente didattici, per nessun motivo siete autorizzato a dare informazioni non pertinenti alla lotta alla ragazza, non dovete in alcun modo alimentare la sua curiosità sulla dura missione che si appresta a compiere e nemmeno su quanto sto per dirvi.

I nostri esperti, sotto la guida di un volume scovato per caso nella mia biblioteca, sono riusciti a decifrare parzialmente la pergamena. Abbiamo ragione di credere che si tratti effettivamente di una profezia su un vampiro e una cacciatrice, sulla rinascita di un male che fu sedato, si credeva per sempre, molti anni orsono. Nulla però indica il momento in cui la profezia si compierà e il male avrà via libera, nemmeno la causa ci è chiara, sappiamo solamente che la cacciatrice avrà un ruolo in tutto questo, presumibilmente quello sacro ed antico di proteggere il mondo dalla nuova calamità. Nulla di nuovo in effetti, ma la prova sarà, come si pensa, molto più difficile del previsto. Purtroppo è quasi impossibile decifrare più di quello tradotto finora, abbiamo solo qualche frase isolata, una delle quali tratta di un attimo di pura felicità, crediamo che sia quella larma della cacciatrice, in quanto il demone, non avendo sentimenti e..unanima...non potrà contrastare con la forza di tale emozione. È però necessario proteggere più che mai Elisabeth, non farle incontrare sconosciuti e intensificare oltre misura il suo allenamento. Mi vedo anche costretto ad informarvi che non potrò presenziare ai vostri allenamenti per parecchio tempo, causa un brutta forma di otite e raucedine. Mi raccomando a voi, facendo appello al vostro buon senso, che dovrà pur trovarsi da qualche parte, di controllare costantemente la ragazza, ma limitatevi a quello e NON, per nessun motivo, informatela di quello che sta succedendo. Una volta allenata saprà cosa fare quando verrà il momento, non dobbiamo preoccuparla con informazioni inutili che avrebbero il solo scopo di metterla in agitazione e guastare la sua vita e la sua concentrazione. Gli ordini irrevocabili provengono direttamente dal Consiglio e dal Signor Quentin Travers, vostro padre, per tanto sono da seguire alla lettera.

 

Distinti saluti

Duca Rupert Giles, Osservatore

 

 

William posò la lettera sul tavolo, si portò una mano alle tempie e chiuse gli occhi. Ora sapeva perfettamente cosa fare, come ogni maledetta volta, sempre così, sotto ordine di qualcuno, ordine che per altro non lo convinceva per nulla.

 

 

Conversation with dead people.

 

Elisabeth si svegliò la mattina dopo con lintenzione di rivedere seriamente le sue attività serali. Era stanca, dolorante e molto, molto pentita per ciò che si era lasciata sfuggire. Lui non meritava quelle parole, non era LUI luomo che avrebbe dovuto sentirle dire per la prima volta dalla sua bocca. Per quanto attraente fosse, per quanta classe ostentasse, rimaneva sempre un vampiro. Improvvisamente si chiese perché facesse questo discorso, non ce nera nessun motivo. Lei amava un altro il cui nome era stampato a fuoco nella sua mente, ora come ora, sentiva di volerlo rivedere al più presto.

Scese a fare colazione, trovò le due sorelle ma non la madre, fu informata poco dopo che era uscita per una visita. Con Down non aveva più parlato, sebbene le mancasse il loro rapporto saldo e sincero, loffesa che le sue parole cariche di disprezzo avevano provocato, non le permetteva di considerarla di nuovo degna di nota. Dal canto suo la ragazza si limitava a saluti brevi e freddi, mentre era sempre più immersa nel complicato labirinto dellorganizzazione del suo matrimonio. La data era stata finalmente fissata, di lì a una settimana, Down sarebbe stata finalmente la signora Lank e niente e nessuno le avrebbe portato via la gloria di aver imbrigliato il suo promesso. Elisabeth si rendeva conto che la sorella era arrabbiata anche per unaltra cosa. Sebbene le nozze fossero imminenti, non si registravano leccitazione e langoscia che avrebbero dovuto riempire la casa. Non si parlava daltro del possibile e quasi certo fidanzamento della più giovane. Decise di non curarsene, la sua mente aveva altri problemi molto più gravi per la mente, ora.

Vedere Willow intenta a scrivere le diede un senso di gioia profonda, la serenità con cui muoveva la penna, il sorriso luminoso, lamore che metteva in quella lettera era evidente. Osvald era un ragazzo fortunato. E così le due famiglie si sarebbero imparentate, la speranza che Riley facesse un buon matrimonio con Elisabeth era sfumata non appena si era cominciato a parlare di barone irlandese. il sentimento però che legava i due ragazzi, era tenuto segreto. Sotto esplicita supplica di Willow, non aveva raccontato nulla, sembrava che ci fosse qualcosa che non andava in Oz, che di recente avesse riscontrato una qualche malattia, per cui Willow era preoccupata ma anche fermamente decisa a debellare il male subdolo che affliggeva il ragazzo. Non aveva voluto parlarne, era diventata tremendamente irrequieta e balbuziente, addirittura spaventata, quando si era entrati in argomento. Quello che sorprendeva di più Buffy era la particolare avversione che aveva dimostrato verso la sciagura, come se fosse qualcosa di indegno e sacrilego. Arrivò a sospettare che covasse il mal sottile.

 

Dopo la colazione e una leggera chiacchierata con Willow, tornò nella sua stanza e chiamò Anya per farsi aiutare a vestire.

<<Come va con...la tua missione?>> chiese mentre la donna le stringeva il busto, mozzandole il respiro.

<<Oh...-ridacchiò impertinente e scoccò uno sguardo malizioso fuori dalla finestra-...molto bene signorina, io e Xander ci intendiamo a meraviglia, certo è che aveva una vera fissazione per voi, parlo seriamente. Ma dopo una bella chiacchierata sono riuscito a convincerlo di lasciar perdere...per occuparsi di cose più importanti.>> tirò lultimo laccio e chiuse con straordinaria forza. Ora la sua padroncina aveva un vitino da vespa eccellente.

<<Per esempio?>> andò verso il guardaroba e tirò fuori un vestito di cotone verde pallido, più pesante degli altri. Cominciava a fare freddo. Osservò lampia gonna voluminosa e il sottogonna che doveva indossare, ricco di pizzi e fronzoli, rigido come se fosse stato immerso nella calce. La mente la riportò alla sera prima e allimpiccio di tutti quei metri di stoffa, se non li avesse avuti sarebbe stata molto più agile.

<<Oh...sa, cose più...stimolanti...nulla che potrebbe interessarvi...limportante è, signorina, che quelluomo non si cura più di voi e della vostra sicurezza, non è un bene?>> le porse la sottogonna e laiutò ad entrarvi, dopo di che cominciò ad allacciarle anche quella e a lisciarla per benino.

<<Sì....suppongo di si Anya...>> non la stava ascoltando veramente, ripensava sempre alla gonna e accarezzava quella dellabito, rimuginando.

<<Oh Elisabeth, mi piace molto questo vestito! Ma vedrei un colore più acceso, un bel verde elettrico con tanti fili doro e decorazioni...>> glielo chiuse e ammirò il risultato. La sua contessina era stupenda, labito richiamava il colore degli occhi.

Prese il cappellino con le piume blu e azzurre e glielo mise per benino sulla testa, fermandolo con uno spillone in mezzo alla chioma bionda raccolta. Abbassò al retina intonata alla stoffa e porse lombrello da passeggio alla ragazza.

<<Siete perfetta! Se vi vedesse il barone...>> Elisabeth finalmente la guardò e sorrise, diventando rossa. Poi si diede unocchiata nello specchio e ripensò al vestito della sera prima. Inspiegabilmente le mancò il tocco grezzo della stoffa rozza, la semplicità della gonna.

<<Mi dispiace per labito di ieri...ma non importa se non riesci a pulirlo in tempo...>> mormorò. La giovane cameriera la guardò sorpresa.

<<Ma come farete per stasera..laltro è ancora in lavanderia...>> domandò perplessa.

<<Non importa. Anya...ho bisogno di un favore da te.>>

<<Tutto quello che vuole signorina.>>

<<Devo avere dei vestiti da uomo per stasera.>>

 

In un bordello poco lontano da Soho due persone stavano parlando, stranamente. Una era rimasta nellombra, celata dalloscurità della stanza che era illuminata da pallide e tristi candele, che invece di diffondere unatmosfera calda e sensuale rattristavano solo lanimo.

Laltra era appena uscita dalle tenebre, dopo aver portato al suo ospite una caraffa e un calice. Ora era illuminata dalla luce morente della fiamma. Era una giovane ragazza, al massimo di ventisei anni, ma già con la pelle sciupata e lisa dal lavoro duro, non necessariamente il classico. Aveva le labbra piuttosto vizze e orgogliosamente arrossate dai cosmetici, le guance pallide e poco lisce e dei capelli castani lucenti, morbidi come la seta e ondulati naturalmente, erano lunica bellezza che ancora non era stata sciupata dal tempo. Gli occhi però erano vivi e scintillanti, color cioccolato, adorabili e teneri come quelli di una cerbiatta. Luccicavano e la vibrazione intensa che si percepiva al loro interno faceva pensare ad una persona forte ed orgogliosa, una volta doveva essere stata una ragazza meravigliosa. Il suo corpo era stanco e incurvato dallabitudine di sollevare molti pesi, nonostante non fosse più sodo come un tempo era ancora ambito da molti uomini, la pelle era morbida, anche se non più pura. Sedeva in modo aggraziato, con le gambe accavallate e le braccia conserte, le dita lunghe e belle che tamburellavano sul braccio e facevano tintinnare i cerchi di metallo che adornavano i polsi.

Era molto interessata a quello che il suo ospite stava dicendo e pur essendo immensamente stanca per il lavoro appena concluso, aveva la pazienza e la voglia di ascoltarlo. Daltronde non era venuto di sua spontanea volontà ma sotto un suo preciso invito, letteralmente.

<<Quello che mi stai dicendo è maledettamente scioccante. E pensare che hai dovuto invitarmi lo stesso>> sussurrò pensieroso il ragazzo. Portò il calice alle labbra e bevve, il sangue scese denso e caldo nella gola e lo ristorò, era una situazione strana, di solito non si nutriva mai alla mattina presto. La sera prima però era troppo stanco esconvolto dalla rivelazione, per ricordarsi di cacciare.

<<Lo sai, questo poso non è solo mio, in verità non lo è nemmeno. Appartiene tutto a Robin. È una fortuna che io abbia ancora la facoltà di invitarti.>> rispose con dolcezza.

Spike amava profondamente quella ragazza, laveva salvato dalle grinfie di quel paladino della giustizia da strapazzo. Il padrone effettivo del bordello era il giovane Robin Wood, figlio della cacciatrice che lui aveva ucciso in casa di suo padre, Nikki. Era venuto a conoscenza della vera identità di sua madre solo a diciotto anni, quando losservatore che laveva cresciuto glielaveva rivelato. Da allora si era estraniato dal mondo del Consiglio e si era, per così dire, messo in proprio, tramando vendetta contro il vampiro che laveva privato della sua infanzia. Alimentato dalla forza della violenza, sorretto dalla voglia di ripagare la vita di sua madre, vagava con la guida di mezze voci e bisbigli, brandelli di informazioni, finché un giorno non laveva trovato. Spike si ricordava ancora la loro conversazione, luno di fronte allaltro, sotto la pioggia battente di un temporale eccezionale, si erano affrontati.

<<Ti strapperò il cuore vampiro! Come tu hai fatto a me, quando mi hai privato di mia madre!>>

<<Niente di personale bamboccio, erano solo affari. Se avessi saputo che aveva un figlioti sarei venuto a cercare!>>

<<Bastardo! Lhai resa un ricordo! Un nome negli annali degli Osservatori!>>

<<È quello che sarebbe diventata tra qualche anno, ne più ne meno come ora, tu riempirai le pagine del registro dei casi domicidio irrisolti!>>

<<La vedremo vampiro, sarai cenere prima di domani>>

<<Trovami una tabacchiera carina allora!>>

Poi però il bastardo aveva tirato fuori unarma inaspettata. Il potere di una vecchia melodia che sua madre gli cantava dopo ogni strage, una dolce cantilena popolare che lui amava. Quella melodia lo faceva sprofondare in una malinconia senza fine. Era una dolce agonia che non poteva evitare, il suo subconscio si annullava. Da quando lanima lo aveva invaso e devastato era diventato più debole e quella dolce manifestazione daffetto si era tramutata in una piaga. Lanima di suo padre, lanima che crudelmente gli aveva inferto lo indeboliva.

Si era trovato in balia di quel brutto muso, lo aveva sentito torturarlo con croci e acqua santa. Era in punto di arrendersi e di morire, come un comune novellino. Poi era arrivata lei, venuta a cercare il suo capo per chissà quale motivo, aveva assistito alle ultime torture e poioh se ci pensava rideva ancora di gusto. La ragazza aveva preso una tegola abbandonata e laveva scagliata in testa allaguzzino, tramortendolo. Poi aveva portato Spike nella sua stanza e con molta pazienza, senza preoccuparsi di essere scoperta lo aveva curato. Aveva rinunciato al suo cibo per lui. In un momento di lucidità era riuscito a confessarle di essere un vampiro e lei, contro ogni legge naturale, gli aveva donato il suo sangue.

Da allora erano stati amici.

Robin non aveva mai scoperto nulla ne aveva mai sospettato che la sua più brava e desiderata ragazza si prendesse cura dellassassino di sua madre. Per fortuna.

<<Winnifred mi dispiace. So che non servirà a molto dirti che sarai la benvenuta nei nostri clan.>> la ragazza sorrise, prese la mano del vampiro e laccarezzò con dolcezza. Era stata innamorata di Spike, aveva amato la sua bellezza, la sua forza, il suo demone e il suo coraggio. Ma lui non laveva mai degnata di uno sguardo che non fosse più che amichevole. Ora, nel suo nuovo stato, percepiva lamore per una donna, umana. La sua totale passione e devozione a lei. Ma anche la sofferenza di non essere ricambiato e la determinazione di non rinunciare.

<<Grazie Spike ma lo sai che non hai più lautorità per dire certe cose, non sei più ben visto tra i tuoi con sanguigni.>> aveva unaria rassegnata, la sportività con cui accettava la situazione era meravigliosa, sembrava non essere nemmeno diventata una vampira tanta era la bontà che conservava.

<<Lo so. Vorresti dirmi come e quando è successo tesoro?>> lei arrossì, sentirsi chiamare tesoro le faceva sempre un certo effetto e non dubitava che lui sapesse della sua vecchia cotta. Ma aveva anche aspettato che le passasse, senza dirle nulla, amava provocarla ogni tanto.

<<Non è stato nulla di emozionante, mi aspettavo di più, forse perché colui che mi ha prosciugato non si è preso la briga di darmi il suo sangue. Mi ha semplicemente abbandonato in un vicolo. Per mia fortuna è passato di lì un vampiro stranamente compassionevole e mi ha trasformatosi chiamava Wesley.>>

Un sorriso molto triste apparve sulla sua bella bocca e commosse Spike. Gli sembrò molto più bella del solito e molto più matura.

<<È morto?>> chiese, rendendosi conto di aver usato poco tatto.

<<Sìè stato ucciso daRobin, lha sorpreso mentre beveva da un barbone.>> una lacrima cadde dagli occhi color cioccolato e si infranse sul piattino della candela. Spike le prese con solidarietà la mano.

Gli dispiaque, era una dolce ragazza e meritava di più che servire un lurido bastardo, soprattutto quando questo gli aveva distrutto ciò che aveva di più caro.

<<E tu non hai fatto nulla? Eri lì, lhai visto uccidere il tuo sire enon ti sei vendicata?>> Winnifred chiuse gli occhi con tristezza.

<<No, non avrei dove andare.>> il vampiro più anziano sbattè il pugno contro il tavolo facendo sobbalzare la caraffa e il calice.

<<Cristo Fred! Sei un vampiro, un signore delle tenebre e hai paura di quello scarto umano? Potresti ucciderlo in ogni momento, non hai più bisogno di lui, potresti avere tutto il mondo se volessi!>>

Lei scosse la testa rassegnata. Non capiva, sapeva che per lui doveva essere frustrante vederla lì così, poteva permettersi qualunque cosa e invece non voleva. Per un vampiro inacidito dallanima poteva sembrare un grande spreco, il dono che le era stato fatto serviva a ben poco.

<<Non sono come te, il mio sire erapacifico, un uomo dolce, il suo sangue mi avrà reso più docile di quanto ero già, non posso comportarmi da demone, non è ancora entrato nella mia naturamagari quando Robin se lo meriterà>> rise in modo infantile.

<<Oh Fredmi dispiace maledettamente tanto per te. Potresti fuggire da questo schifo di vita, potresti avere lamore e non i soldi degli uomini.>> si sentiva infervorato, voleva assolutamente convincerla a lasciare ogni cosa della sua vita che riteneva degradante.

<<Tutto lamore che potevo avere mi è stato dato in quellunica giornata, in quel momento, per la prima volta della mia vita ho fatto lamore con qualcuno che lo faceva con me.>> pianse ancora ed in silenzio, ricordando con nostalgia gli occhi verdi e la folta chioma bruna del suo sire, arrivato in un battito di ciglia per darle la vita e svanito in uno sbuffo di polvere per strapparle il cuore. Era felice che lavesse lui.

<<Fredvattene da qui, scappa e vendicati, tu che puoi!>>

<<No. Un giorno me ne andrò ma non ora e poiho paura del mondo, non sono mai uscita da qui.>>.

Rimasero per lungo tempo in silenzio, poi a Spike venne un dubbio, unimprovvisa curiosità.

<<Parlami di quello che ti ha prosciugata, descrivimelo.>> lei strizzò gli occhi nel tentativo di ricordare

<<Non rammento molto, era un ragazzo giovane apparentemente ma molto bello, un po troppo massiccio per i miei gusti. Mi ero avvicinata lui perché pareva stare male, stavo fumando una sigaretta, avevo appena finito. Non appena lho toccato lui mi ha afferrata e il resto lo sai. Non ricordo altro.>> Spike corrugò la fronte.

<<È piuttosto vaga come descrizionecomunque non sarà importante ai fini della mia missione.>>

<<Non penso nemmeno io, dopotutto si è trattato di un normale caso di aggressione, aveva fame e si è nutrito, capita tutti i giorni. Ciò che ricordo con esattezza però è che quando...Wesley...mi donò il suo sangue la mia parrucca bionda era scivolata via, lo ricordo perché ammirò il colore dei miei capelli...oh William, il suo sangue era il nettare più dolce che abbia mai bevuto...mi manca William, mi mancano i suoi insegnamenti e i suoi baci...>> confidò con aperta tristezza, non sapeva se vergognarsi di provare tanto dolore, lei che era un vampiro, oppure rallegrarsi del fatto di poter avere una persona con cui condividerlo. Una persona che aveva perso molto nella sua vita. Non era sicura però che lui comprendesse fino in fondo, era stato Spike stesso ad uccidere la sua sire e non aveva provato rimorso, forse perchè non si amavano come si erano amati lei e Wes. In quei brevi giorni sentiva di aver provato più gioia che nella vita intera.

<<Come farai ora Fred? Non puoi restare qui...Robin se ne accorgerebbe, lo sai come è informato sulla nostra natura. E poi, di chi ti nutrirai?>> fu lusingata del tono preoccupato che usava con lei, dopotutto le sue erano domande lecite e a pensarci meglio, anche lei se le era fatte.

<<Oh non ho paura di lui, sono rimasta qui per un giorno intero e non si è accorto di nulla, ringrazio il Dio che gli importi così poco delle sue ragazze, immagino che potrei dissanguare qualche cliente ogni tanto, a Robin basta il denaro, non importa da chi viene o che fine fa chi lo paga. Inoltre verso le quattro finisce il mio turno, ho ancora abbastanza oscurità per cacciare.>> rispose, stupendo se stessa per la logica e la veridicità di quanto detto, non si credeva tanto intelligente da organizzare la sua non-vita in modo così perfetto. Spike labbracciò con calore, si sentì notevolmente più sollevato. Amava quella ragazza, era unamica straordinaria e in più, gli doveva la vita, saperla al sicuro era confortante, non dubitò del fatto che un giorno sarebbe riuscito a sdebitarsi.

Parlarono ancora un poco e poi per spike venne lora di andare a riposare, non avrebbe potuto allenare il suo amore, altrimenti.

Si congedò dalla sua ospite e le disse con dolcezza: <<Non negarti quello che potrebbe darti la felicità, non negarti la non-vita vera, tu che puoi.>>

 

Elisabeth stava camminando per la strada, il sole autunnale ormai non liberava calore e il venticello freddo dava fastidio. Sarebbe volentieri scappata da crinoline e merletti per mettersi sotto una bella, calda coperta di lana. La visita però la doveva fare, era obbligata dal suo dovere di dama e di amica. Sperò in un bel te caldo.

Arrivò alla porta di casa Landou e si fece annunciare. Poco dopo fu condotta da una cameriera nella camera lussuosa e bizzarra della sua amica. La trovò accovacciata sul grande divano rosso, intenta a canterellare tra se e se una melodia senza tempo. Non appena furono sole le si avvicinò e labbracciò con dolcezza infinita, continuando ad udire quella canzone sussurrata al suo orecchio. Le mani di Drusilla scesero soffici sulle spalle di Buffy e laccarezzarono, si sentì bene vicino al suo angioletto biondo, percepì tranquillità danimo perché una parte di sé le diceva che Beth lavrebbe protetta, unaltra parte invece le imponeva di allontanarsi il più possibile da quella ragazza.

Scioltasi dal dolce abbraccio, la mora prese la coperta e la tirò su entrambe, per sentirsi più protetta dal gelo della solitudine e della debolezza. Prese le mani di Elisabeth e le accarezzò piano, persa in una sorta di sortilegio, dopo di che, la canzone, tutta ad un tratto finì.

<<Buffy...>> la bionda rabbrividì di nuovo nel sentirle pronunciare il suo nome.

<<Buffy sono molto confusa, la principessa sente come se fosse divisa. Un parte vuole il calore e le poesie del sole, laltra solo le canzoni e le chiacchiere delle stelle...>> sorrise e abbracciò di nuovo lamica, come se quel contatto la facesse sentire meglio, unita.

<<Dru...perchè senti questo? Non pensi che forse è per...il tuo stato di debolezza?>>Drusilla le sorrise candida facendo scintillare i grandi occhi violetti e lasciando nellaria una sensazione di irrealtà fastidiosa.

<<La debolezza Buffy, mi è vicina come un ombra...ma mi sento anche in forze...il perché però...non lo conosco e ne le stelle ne il sole vogliono rivelarmelo. È il mio destino quello di attendere...>> allungò una mano pallida ed affusolata verso un campanello. Al suono rispose una domestica che entrò nella stanza con una certa titubanza, pareva avere paura di quale ordine potesse venirle affidato.

<<Portaci due tazze di cioccolata Margaret, con della panna fresca a parte per cortesia.>> non fu possibile dire chi fosse la più sconvolta tra la donna ed Elisabeth. La lucidità usata nel dare quellordine non era da Drusilla. La cameriera infatti restò immobile per qualche secondo di troppo, tanto da suscitare unocchiata scocciata e perplessa da parte della padroncina.

<<Dimmi Drusilla, cosa ti hanno diagnosticato i medici, esattamente?>> chiese Elisabeth. Ora che lamica pareva essersi momentaneamente ripresa era bene intavolare una discussione logica e decente.

<<Oh, i signori con gli occhiali e i gingilli hanno detto che mi manca...ferro. La mia debolezza era dovuta ad una carenza di nettare...ma loro non sanno quanto ne ho bevuto io...la notte scorsa..e quanto ne ha bevuto il mio angelo.>> Elisabeth sospirò frustrata, evidentemente lattimo di lucidità ci teneva a rimanere tale.

Ma ancora non capì, prendendo un po sotto gamba le parole di Drusilla, era ormai esacerbata da tutte le sue filastrocche e tiritere, amava la sua amica, ma quel giorno non era dellumore adatto per starla a sentire. Il nervosismo per lincontro con il suo allenatore e limpressione che sarebbe successo qualcosa a breve, non labbandonarono. Non aveva proprio tempo per cercare di trovare un filo logico e conduttore nel groviglio di frasi e parole della bella zingara.

<<Oh...mi dispiace amica mia...mi raccomando mangia tanta buona carne, chiederò a mio padre se possiamo darvi uno dei nostri cervi della tenuta, così ti rimetterai in sesto con una buona cenetta. Ora scusami Dru ma...ho altre visite da fare purtroppo, rimarrei a chiacchierare per sempre ma mia madre pretende che io svolga i miei compiti di dama...>> si alzò con grazia dal divanetto e stava già per andarsene quando la mano salda, e incredibilmente più fredda del solito, di Dru la fermò. Esasperata si voltò e rimase di sasso. La sua bella amica si era trasfigurata in una maschera di angoscia, pareva che sotto la pelle livida del volto si scorgessero le ossa. Nei suoi dolci occhi violetti cerano pagliuzze dorate e unespressione di puro terrore, incoscienza e malvagità, la scrutavano inquisitori e la spaventavano.

<<Ciò che dici non è lespressione della tua volontà...ma il mio angelo verrà a salvarmi da questo mondo mediocre...>> cantilenò con una voce altissima e stridente, come il rumore di tante seghe sul metallo. Poi cambiò radicalmente espressione e divenne più terrorizzata che se avesse veduto un fantasma.

Senza lasciare il polso di Elisabeth la guardò profondamente negli occhi e un brivido freddo scese lungo la schiena della bionda mentre la paura per Dru e per sé stessa esplodeva nel suo cuore.

<<Attenta Elisabeth! Ti prego attenta, guardati da lui...>> biascicò in preda allansia più grande, mentre ansimava nel tentativo di respirare ed emetteva strani uggiolii che provenivano dal più profondo della gola.

<<Chi Lui? chi è Dru, tesoro calmati, rispondimi, non spaventarti ci sono io...chi è lui?>> chiese angosciata la bionda mentre in ginocchio sorreggeva la testa di Drusilla e tentava di aprirle in vestito per farla respirare.

Ma la mora non dava segno di migliorare, la fissava solo con quegli occhi vitrei e spalancati.

<<Lo scoprirai sabato...>> ansimò, Elisabeth la guardò e fu come se il tempo si fosse fermato. Sentì le parole uscirle spontaneamente dalla bocca e aleggiare sulle loro teste.

<<Che succederà sabato..?>>

Dru si avvicinò al suo viso e sussurrò: <<Lui ucciderà la giovane Elisabeth.>>

 

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