Fanfiction ospitata per gentile concessione del Bloodylove in attesa di riuscire a rintracciare l'autrice.

 

LE URLA DEGLI DEI

Di the gift.

 

PERIODO DI PRODUZIONE: da maggio 2005 fino a....data da stabilirsi.

PROLOGO: la storia si svolge dopo chosen.

COPPIE: Spike e Buffy e nn solo...

RAITING: credo che questa ff sia per tutti, ma per essere più sicuri facciamo un NC-14 per alcuni riferimenti sessuali e scene di violenza

SPOILER: qualcuno riguardo la 5° serie di Angel, ma considerate che l'ho vista a spezzoni, quindi potrebbe anche nn essere esatto.

DISCLAIMER: questa ff nn intende violare alcun copyright, nn è stata realizzata a scopo di lucro ma per puro piacere personale. I personaggi appartengono a Joss Whedon, la Mutant Enemy, la Fox, la WB e la UPN.

 

 

LE URLA DEGLI DEI

post chosen….

 

 

New York

 

Lentamente si alzò e si vestì. Si truccò con cura cercando di nascondere le occhiaie e il viso tirato, legò i capelli in una coda e sfoggiò il suo più bel sorriso. Dawn era già in cucina e sembrava di ottimo umore.

“Sto facendo le frittelle, ne vuoi un po’?” disse alla sorella più grande senza voltarsi, continuando a trafficare tra la padella e il piatto davanti ai fornelli.

“Cos’è, sono sbarcati gli alieni, hanno rapito mia sorella, quella brontolona e attaccabrighe, e al suo posto hanno messo una ragazza sorridente e piena di premure? O forse Warren è risorto ed ha costruito un nuovo robot?” domandò sarcastica Buffy. Al pensiero del buffy-bot una stretta allo stomaco la tormentò.

Ma si riprese all’istante.

“A pensarci bene sarebbe più probabile la prima ipotesi…e sarebbe di gran lunga la migliore” aggiunse.

“Siamo in vena di complimenti eh?” chiese Dawn voltandosi. Era serena quella mattina, come non lo era da tanto.. come non lo era più stata dalla distruzione di Sunnydale e dalla morte di Spike e Anya.

Buffy si fermò a guardarla. La sua sorellina era cresciuta molto nell’ultimo anno, la sua bellezza dapprima acerba era sbocciata prorompente, e quella che ora aveva dinanzi era una donna sicura ed alle volte più giudiziosa di lei.

Dopo l’ultima apocalisse tutta la scooby-gang si era trasferita a Londra nella casa di campagna del sig. Giles, cercando di raccogliere i cocci e annotare tutto quello che avevano vissuto, dalla manifestazione del Primo allo stravolgimento della profezia sulla Prescelta. Inoltre avevano creato una fitta tela medianica contattando gli altri osservatori sparsi nel mondo che avrebbero dovuto seguire le nuove cacciatrici attivate. Faith e Robin si erano trasferiti immediatamente a Claveland a controllare la bocca dell’inferno, mentre Andrew era rimasto con loro sentendo che ormai la sua vita era speciale, e che se si fosse separato da loro tutto sarebbe finito rimanendo di nuovo solo. La sua vocazione era restare con la gang, si sentiva come Luke Skywalker in Star Wars: il suo destino era segnato e doveva combattere contro il lato oscuro della forza.

Erano tre mesi che Dawn e Buffy si erano trasferite a New York lasciando Andrew a Londra con il sig. Giles (*maestro Yoda* lo chiamava) ad allenare le nuove cacciatrici, e tre mesi che non rivedevano ne Willow ne Xander. I due vivevano insieme a Los Angeles dopo che Willow aveva lasciato Kennedy.

“Beh, sai, lei è… lei è troppo < cacciatrice >, io sono tosta, io sono dura, ti ficco un paletto nel cuore e crepi…. No, non che le cacciatrici mi stiano antipatiche, e non sono tutte così, anzi alcune sono dolci e responsabili, delicate a volte, anche se forti, certo, tantissimo forti e coraggiose, ma lei… oh, insomma hai capito…” le aveva detto impacciata, con il suo modo teneramente goffo che la contraddistingueva quando voleva dire troppe cose insieme e si intrecciava con le sue stesse mani.

“Sì Willow, ho capito.. anche se il discorso: ti ficco un paletto nel cuore e crepi è ad effetto” le aveva risposto guardandola dolcemente. Era la sua migliore amica. Lo sarebbe stata per sempre anche se avessero dovuto vivere l’una all’opposto del mondo dall’altra.

“Allora dai, dimmi cos’è che mi devi chiedere…” domandò Buffy addentando una frittella calda.

“Ti piace? Sai ho seguito la ricetta che faceva la mamma e..”

“Dawn…” la esortò.

“C’è una festa stasera, a casa di Helena, sai quella del corso di pittura…”

“Vai ad un corso di pittura?” la interruppe Buffy spalancando gli occhi.

“Beh sì.. ma è innocuo, niente vampiri o demoni.. anche se l’insegnante è talmente brutto che non credo sia umano” rispose Dawn accennando un lieve sorriso.

“E quando me lo avresti detto?” domandò Buffy con la ciambella ancora in mano.

“che l’insegnante è un mostro? Non lo so, forse avrei aspettato ed avrei fatto delle ricerche prima…”

“Smettila.. da quanto hai iniziato il corso?”

“Da un mese.. è carino, mi rilassa. E poi credo di essere persino brava” aveva detto la ragazza. I suoi occhi blu brillavano. Lei aveva continuato la sua vita, era andata avanti. La mattina studiava filosofia al college e il pomeriggio si dedicava al suo ruolo di apprendista osservatrice. Passava intere ore su internet a chattare con le allieve del sig. Giles o con Willow. Annotava tutto: i movimenti demoniaci, i portali che si aprivano, le apocalissi che venivano fermate, le dimensioni che si fondevano, realtà parallele e strani cataclismi. Si teneva informata anche sulla magia in generale e sulle nuove pozioni e spesso, soprattutto negli ultimi giorni, si era messa in contatto con la Wolfram & Hart, lo studio legale dove Angel lavorava ed a quanto pare era divenuto presidente.

“Ok, va bene.” Aveva detto Buffy pensando che era giunto il momento di farle vivere la sua vita. Anche se l’avrebbe sempre tenuta d’occhio.

“Va bene il corso o va bene la festa?” domandò titubante e pronta all’attacco, se ce ne fosse stato bisogno. In realtà ce n’ era sempre bisogno, perché Buffy non le concedeva mai del tempo, tempo in cui poter stare da sola, cioè senza lei, e in compagnia di altre persone che non fossero della scooby-gang.

“Vanno bene entrambi”

“Non… non è possibile! Sei la migliore sorella del mondo..” aveva quasi gridato Dawn dalla gioia e dallo stupore. Non era da Buffy mandarla ad una festa senza neppure aver conosciuto l’accompagnatore, aver fatto un sopralluogo sul posto ed essersi sincerata che nessuna forza maligna la volesse uccidere o torturare. Si accorse così quanto fosse cambiata ed un velo di tristezza e rimpianto le toccarono il cuore.

“Dovresti uscire anche tu.. divertirti, andare a ballare, rimorchiare e magari… oh sì, magari prenderti una bella sbornia” disse gesticolando per dare più enfasi alle parole.

“Non parlare più di sbornia altrimenti ritratto tutto quello che ho detto” disse Buffy guardandola seria. Era triste. Dietro i suoi grandi occhi verdi si poteva vedere un’ombra grigia, densa come una cortina di nebbia. Dawn non se ne era mai accorta. O forse sì, ma aveva sempre cercato di non pensarci. In fondo lei era la Cacciatrice, la Prescelta, era forte e coraggiosa, sempre pronta ad andare avanti, a reagire. O mio dio, lei non lo era più.. non lo era più… da un anno non combatteva, non si allenava, non usciva più di ronda. Da un anno la sua vita era divenuta normale e profondamente monotona. Un po’ come la sua. Venne trafitta da questa rivelazione come da un fulmine. Buffy non era più quella di un tempo. Chissà quanto aveva sofferto, in silenzio come sempre, cercando di non disturbare, di non farla preoccupare, come quando era stata riportata in vita.. nessuno della gang l’aveva capita, e nemmeno lei, nessuno era riuscito a toccarla, ad entrare dentro di lei, ad ascoltarla forse…. Era per questo che si era rifugiata in Spike, aveva trovato consolazione nel nemico mortale, il vampiro dal petto immobile e freddo come il ghiaccio, che l’aveva amata fino alla morte… già, la morte di Spike.. non ne aveva mai parlato, aveva sempre fuggito l’argomento.. eppure ora poteva vedere il dolore, poteva sentire la sua sofferenza… negli occhi di Buffy, dietro alla cortina di nebbia c’erano solitudine e fallimento, pesanti sulle sue spalle come un intero cosmo.

Dawn la raggiunse dietro la penisola e la abbracciò. Buffy ancora seduta appoggiò il viso contro il petto della sorella, lasciando che per una volta si invertissero i ruoli.

“Non devi preoccuparti per me… andrà tutto bene” disse Dawn mentre le accarezzava la testa.

“Sì, sarà tutto ok… ora vai o farai tardi” le disse allentando l’abbraccio e alzandosi. Notò stupita che Dawn era più alta di lei.

“E comunque tornerai a casa prima delle una”

“Oh Buffy, sei sempre la stessa…” sbuffò Dawn mentre usciva dalla cucina.

Poi prese lo zaino, la giacca di jeans, e guardandola aggiunse: “ti voglio bene. Mangiamo insieme oggi?”

“No, devo lavorare anche il pomeriggio oggi. Ci vedremo stasera, prima che tu esca”

“Ok ciao”

Ma prima che aprisse la porta, Buffy la chiamò di nuovo.

“Dawn?”

“Che c’è?”

“Ti voglio bene anch’io”

La sorellina le sorrise tirandosi dietro la porta.

Buffy restò sola nella cucina. In fondo aveva ragione lei: doveva divertirsi un po’ di più. Anzi doveva divertirsi assolutamente del tutto. D’altronde quel lavoro come segretaria presso un ufficio notarile la stava facendo ammuffire come un limone marcito.

Si aggiustò i vestiti tesa, come se dovesse sostenere un esame e si avvicinò al telefono.

Fece il numero ed aspettò.

“Pronto?” una voce maschile rispose dall’altro capo.

“Ciao, sono io, Buffy… è ancora valido l’invito di cenare insieme?”

“Sempre.. lo sai”

“Ok, allora possiamo fare per questo week-end. Ti raggiungerò io, ho proprio bisogno di cambiare aria. E sinceramente ho anche una voglia matta di riabbracciare Willow e Xander”

“Sì non c’è problema, ma se vuoi posso venire io a New York, sai ho il jet della compagnia, non c’è bisogno che tu sprechi soldi inutilmente”

“Non preoccuparti papà, tua figlia lavora, non ti ricordi? Ed è abbastanza grande e donna da offendersi di fronte ad una affermazione del genere” aveva detto lei con sarcasmo ed un punta di irritazione.

Angel si diede dell’idiota. Se avesse cercato di convincerla a non andare a Los Angeles si sarebbe insospettita o peggio, si sarebbe arrabbiata con lui e la cena sarebbe andata a farsi friggere.

Doveva solo sperare che le cose sarebbero filate lisce. Anzi, le avrebbe organizzate in maniera scrupolosa. Non era ancora il momento di dirle la verità. O forse non era ancora il momento che lui la accettasse. Forse era lui a non essere pronto. Era lui a non volerla perdere ancora e ancora e ancora……..

“E’ vero, hai ragione tu. Ti verrò a prendere all’aeroporto”

“Non puoi. Arriverò di pomeriggio. Sai sole e vampiri non vanno molto d’accordo…a meno che tu non voglia un’abbronzatura totale, ma con il tuo carnato chiaro… beh, in quel caso conosco una crema per eritemi solari che fa miracoli!” entrambi risero, poi lei continuò: “Mi farò venire a prendere da Willow e Xander. Li chiamerò subito. Ah, quasi me ne dimenticavo: porterò anche Dawn… così anche lei potrà rilassarsi.”

“E vada per Dawn… ma la cena è solo nostra”

“Ok papà… hai paura di spendere troppo?”

“Ehi ragazza stai parlando con il presidente della W&H!.. guadagno un sacco di soldi, sai? una montagna di soldi! E poi come vampiro non ho bisogno di tante cose… anche se lo sfizio della viper rossa me la sono proprio concesso”

“Hai una viper rossa? Mio dio Angel, devi per forza farmici fare un giro”

“Sì ma guido io, lo sanno tutti che non hai la patente.. e poi sei troppo svampita”

“Vada per la svampita, ma ora ti stupirò: in questo anno ho preso la patente e non me la cavo per niente male. E’ stata una cosa normale che ho aggiunto alla mia vita normale”

“Sei piena di sorprese, eh?”

“A dir la verità non molte ultimamente, ma va bene così”

“Sei triste?”

“Non più degli altri giorni.. che vuoi per una cacciatrice a riposo credo che sia ok così”

“Tu lo sai che potresti tornare ad esserlo… magari più forte ed in gamba di prima… non che prima fossi una schiappa, ma sai aver affrontato tante apocalissi ti rende in un qualche modo… unica. Una tipa tosta ecco.”

“Oh, no.. ancora quella storia dell’essere unica.. io non lo sono e non voglio nemmeno esserlo.. voglio essere…normale, sì, proprio come lo sono adesso”

“Già, come adesso, mentre stai parlando con il tuo ex, un vampiro che tu hai ucciso, e che ha un’anima che sta redimendo con l’aiuto al prossimo dalle forze malvagie che vagano nella notte “ disse Angel di seguito con una punta di ironia. Stava diventando troppo simpatico, se ne era accorto…era insolito per lui. Forse era l’influsso del nuovo arrivato. Come un virus letale l’aveva contagiato.

- che stupidaggini, io sono il bel tenebroso, l’unico - pensò.

Si schiarì la voce con un colpo di tosse, cercando di allontanare quei pensieri infantili.

“Per quanto tu ti possa sforzare, non sarai mai come gli altri..” aggiunse poi dolcemente.

“Credo che sia così…- fece una pausa - Angel, anche tu credi che le cacciatrici siano tipe toste, della serie ti ficco un paletto nel cuore e crepi?”

“Beh, non tutte.. anche se quella frase, ti prego, non dirmela più”

Buffy sorrise. Si sentiva meglio, ora.

“Devo andare Angel. Ti richiamo per dirti a che ora arriveremo.”

“Va bene”

“Allora a presto”

“A presto Buffy”

La ragazza riposizionò il cordless, prese la borsa e uscì di casa. Il lavoro la attendeva, ma diversamente dagli altri giorni, quel tragitto le parve più breve. Tra due giorni sarebbe partita per Los Angeles.

 

 

Los Angeles

Nello stesso istante una figura di uomo apparve sulla soglia dell’ufficio di Angel

“Ehi, soul boy, c’è qualche novità?”

Angel aveva lo sguardo perso nel vuoto.. e la mente altrove.

La telefonata di Buffy lo aveva stupito e rallegrato allo stesso tempo. Tre mesi prima si erano sentiti e lui aveva colto nella sua voce una profonda tristezza. L’aveva invitata a cena solo per tirarla su di morale. O meglio, questa era la scusa che aveva inventato a lei e a se stesso. La verità era che saperla triste e sola, lo devastava come nient’altro. Nemmeno un secolo in un girone infernale l’avrebbe distrutto come sentire Buffy, la sua Buffy, in preda alla morsa della sofferenza. Quella volta le aveva detto che ci avrebbe pensato… e poi quella telefonata, quella mattina…

- comunque, ci ha pensato veramente tanto - concluse alla fine.

Sentendo la voce dell’uomo di fronte a lui, si destò dai suoi pensieri e dal volto della donna che avrebbe amato per sempre.

“Cosa vuoi?” domandò di già alterato. La vista di quell’uomo lo innervosiva sempre, anche quando stava zitto, figurarsi quando parlava e lo torturava con il suo demenziale sarcasmo.

“Ehi siamo su di giri, è moschettiere?...” e senza aspettare una replica, continuò: “ho sentito che prima parlavi al telefono di cacciatrici e credevo ci fossero problemi… sai del tipo: andiamo, impalettiamo, disintegriamo e rendiamo più pulita la nostra anima” disse l’uomo camminando su e giù per la stanza.

“Nessun problema. Nessuna uccisione. Nessun paletto. Nessuna purificazione. Contento ora?” domandò infine Angel ancora seduto cercando di non scomporsi troppo.

“Allora chi era al telefono? Non dirmi che hai ancora qualche amico nel resto del mondo che ti trovi minimamente simpatico da poter riuscire a parlare con te per più di trenta secondi”

Ora si stava irritando. Ma che gliene fregava a lui con chi stava parlando?

“Non era nessuno”

“Ok.. ricevuto il messaggio.. nessuno” fece una pausa squadrandolo. E continuò.

“Comunque quel nessuno deve farti uno strano effetto…”

“Perché?” disse annoiato da tutto quel parlare.

“Beh, a parte il fatto che te ne stai seduto come un carciofo con lo sguardo buio e profondamente triste perso nel vuoto… anzi no , questo è normale… volevo dire: sei talmente sbroccato che ti sei scordato la riunione”

“Oh porca…. Potevi dirmelo subito, accidenti a te!” disse balzando su dalla sedia.

“E che gusto c’era? Non ti rendi conto quanto io goda a vedere la tua faccia così preoccupata.. anche se poca differenza c’è da quella che di solito hai… ma va bene uguale” l’uomo scoppiò in una risata che cercò di frenare non appena si trovò Angel di fronte.

“Andiamo” gli disse Angel con autocontrollo, passandogli davanti, facendo finta di ignorarlo.

L’uomo lo seguì di pari passo, lasciando che lo spolverino nero si alzasse ad ogni falcata lungo il corridoio della Wolfram&Hart.

Angel sentì la sua presenza dietro di lui.

Quell’uomo era un vampiro. Come lui. Aveva un’anima. Come lui. Era un campione. Come lui. Aveva amato la Cacciatrice. Come lui. Ma lei non lo avrebbe mai amato come invece aveva amato lui, l’amore della sua vita. Ne era sicuro. Inoltre aveva i capelli platinati alla Billy Idol ed una strafottenza unica. Era fastidioso ed irritante. A quanto gli risultava, alle donne piaceva la sua aria di sfida e la faccia provocatoria, mentre negli uomini, e soprattutto in lui, faceva nascere una strana voglia di rompergli il suo bel faccino pallido. Prima di entrare nella sala riunioni, si fermò e si voltò a guardarlo.

“Spike, sei insopportabile!” gli disse.

“Anche tu” rispose lui senza chiedersi nemmeno perché glielo avesse detto.

 

 

New York

Era arrivata l’ora di pranzo. Buffy andò al bar più vicino e si comprò un panino. Mentre lo addentava seduta su uno sgabello di fronte al bancone, notò la sua immagine riflessa sullo specchio davanti, in mezzo alle tante bottiglie di liquore che vi si rispecchiavano. Aveva delle occhiaie talmente orribili da farla assomigliare ad un panda, l’aria di una zitella trascurata ed inoltre quella camicetta a fiori rosa la faceva sembrare una vecchia bomboniera .

- oddio, sto diventando una mummia. Persino Spike sembrerebbe più vivo di me - pensò, e si accorse che durante la mattinata, per la prima volta, non aveva mai pensato a lui. Che lentamente il dolore la stesse abbandonando? Forse che il tempo avesse veramente la capacità di frenare il lento dissanguamento del suo cuore? Forse che il ricordo si dissolvesse nel passare dei minuti, dei giorni, dei mesi, degli anni? Forse che il suo amore stesse scemando in maniera uguale al suo rimpianto? No, non poteva essere… quella spada che da un anno trafiggeva il suo spirito, che le rendeva i giorni apatici e le notti tormentate, quella sensazione di vuoto e di inafferrabilità, faceva parte di lei… ci si era quasi affezionata… le faceva sentire qualcosa… era meglio il dolore dell’anima che l’indifferenza del cuore.. e poi, sentire, vivere in maniera tanto intensa la sua mancanza, le donava l’illusione di averlo vicino… a due passi, come gli aveva detto durante la notte più bella delle loro vite. Non voleva dimenticare…. Non voleva che il tempo strappasse come un vento impetuoso le pagine meravigliose del suo passato con lui.. anche il male, la frustrazione, la violenza, l’odio.. anche quello era prezioso, importante.. in fondo, faceva parte del cammino che avevano percorso per giungere infine ad amarsi.. veramente.. per giungere quel giorno nella bocca dell’inferno… per vederlo morire… per potergli dire finalmente… svelargli il dolce segreto che custodiva nel cuore… “ti amo”… Spike aveva detto che non era vero.. ma lei aveva capito. In lei era nata la capacità di leggere nell’ animo del vampiro proprio come lui aveva fatto con lei per anni.. era stato l’amore rivelato a donargli quella capacità quasi mistica.

< No, non è vero, ma grazie per averlo detto >… Lui l’aveva lasciata andare, l’aveva resa libera, le aveva salvato la vita.. C’era un amore più grande, più puro di questo? No, e Buffy lo sapeva.. anche lei aveva dato la sua vita per le persone che amava, per Dawn, per i suoi amici…. Sapeva quanto tutto ciò fosse estremo, intenso e inebriante, come un nettare di aromi che saliva profumando verso il cielo. Le parve di vederla.. L’anima di Spike.. brillare sotto i raggi del sole senza più paura di bruciare, danzare con la stessa agilità di quando lottava tra le nubi più alte, quelle più chiare, dopo aver distrutto il demone che lo aveva incatenato per oltre un secolo… libero e liberante, pronunciare le sue poesie dinanzi agli angeli..

Beh, forse ora stava esagerando. Spike aveva sempre avuto ragione quando le diceva che era un po’ troppo contorta. Ma su una cosa, Spike si era sbagliato: dopo quelle parole lì, sulla bocca dell’inferno, lui non l’aveva resa libera… lei non sarebbe mai stata libera da lui… Spike era dentro di lei, poteva sentirlo scorrergli nelle vene, bruciargli dentro gli occhi, palpitare al ritmo del suo cuore, riempirla ad ogni respiro…Spike era lei, era se stessa, la sua vita, il suo ieri, il suo oggi, il suo domani.. Lui era il suo sempre.. proprio come Willow tanto tempo prima aveva detto a Tara quando smarrita, era stata privata del senno da Gloria.

- Perché per noi è stato impossibile vivere il nostro amore? Perché ci è stato privato il dolore e la felicità che solo un amore condiviso può donare?-

Buffy finì il suo panino e notò che, perdendosi nelle sue elucubrazioni mentali, non si era accorta di quanto fosse disgustoso.

- Appena in ufficio, telefonerò a Willow - si ripromise mentre pagava il conto. Varcò la soglia del bar con il viso alto e lo sguardo sicuro. Non si sarebbe lasciata distruggere dal dolore. Non più. Sentiva che esso poteva donargli una nuova forza. Inoltre era giunto il momento di andare da un parrucchiere, e, crepi l’avarizia, anche da un’estetista.

 

 

 

Los Angeles

 

“Mmh… è buonissimo!”

La ragazza seduta davanti alla scrivania stava assaporando una fetta di dolce al cioccolato. Ad ogni morso indugiava un po’, sentendosi avvolgere da un abbraccio di piacere. Ma non era solo il dolce a farle quell’effetto… erano anche, e soprattutto, gli intensi occhi blu di Spike su di lei. Il vampiro biondo le si avvicinò, poi con lentezza, iniziò a baciarle il collo.

“Mmh… anche tu lo sei” aveva sussurrato mentre respirava l’aroma inebriante della ragazza.

“Smettila… dai! Lo sai che se Angel entra e ci trova così va su tutte le furie” disse la giovane poco convinta, con il respiro bloccato tra un gemito e l’altro. Spike la faceva stare così bene…

“Così come?” aveva domandato lui con aria falsamente ingenua, mentre le sue labbra restavano incollate sull’incavo del collo di lei. Un colpo di tosse li fece staccare. Fred si ricompose ed assunse uno sguardo serio e controllato, Spike mugugnò qualche maledizione tra i denti.

“Ti vuole Angel. Nel suo ufficio. Ha detto subito”. Wesley parlò senza guardare i due in faccia. Un po’ per educazione, un po’ per imbarazzo e un po’ per gelosia. Si era innamorato di Fred all’istante, ed aveva iniziato a corteggiarla con dedizione e delicatezza. Poi era arrivato lui, il super vampiro con l’anima e per giunta biondo, ed aveva catturato il cuore della ragazza nel giro di un mese. Non che lui si potesse paragonare con quel tipo muscoloso, sfrontato al punto giusto e sensuale, ma si riteneva abbastanza piacente e, di certo, molto più educato e colto di lui.

“Ricevuto, il soldato corre alla dannata base” disse incastrando i pollici sulla cintura dei calzoni. Poi guardando Fred con occhi famelici le disse: “noi ci vediamo dopo passerotto”.

“va bene.. a dopo”

In un attimo Spike era fuori della stanza, lo spolverino che danzava ad ogni falcata, accarezzando il suo corpo.

“Allora ciao” aveva aggiunto Wesley verso la giovane, tirandosi dietro la porta.

“Ehi Wes, aspetta.” La ragazza si mise in piedi e gli andò incontro. Aveva il corpo minuto ricoperto da un leggero vestito di viscosa. Gli occhiali calati le conferivano un’aria da intellettuale, anche se quel sorriso infinitamente dolce faceva trasparire la sua fragilità e la sua delicatezza. Sembrava una bambina troppo cresciuta, incatenata nel corpo diafano di una fata.

- ma come può stare con quello zoticone?- pensò Wesley mentre la guardava avanzare.

“Mi dispiace se ci hai trovati così… ma sai Spike alle volte è incontenibile..”

“Non sono cose che mi riguardano..”

“Lo so, ma non vorrei ti facessi strane idee su di me.. insomma non mi sbaciucchio così tutti i giorni, nel mio ufficio. Sono una persona seria e prendo molto seriamente anche il mio lavoro”

“Non ti preoccupare.. chi tu sia, io già lo so.. e mai potrei considerarti una ragazza irresponsabile o poco seria.. stai tranquilla” le disse guardandola con infinita dolcezza.

- Davvero le interessava quello che lui pensava di lei? Davvero era importante sapere come lui la vedeva? - Wesley decise che quelle domande non sarebbero mai dovute sorgere nella sua mente ottenebrata dall’amore e dalla gelosia, anche perché non avrebbe mai potuto conoscerne la risposta.

Lei rispose al sorriso di lui mentre la porta si chiudeva.

- Wesley tu sei pazzo.. non dovresti amare la donna di una altro, soprattutto se l’altro è un vampiro che, anche se ora ha un’anima, nel suo passato scorre solo sangue e morte…-

“Eccomi a rapporto Batman” disse Spike entrando nell’ufficio di Angel con il suo normale impeto.

“Mi raccomando, non bussare mai… Robin!” replicò Angel senza guardarlo in faccia, seduto sulla sua poltrona dietro alla scrivania colma di fogli e plichi. Aveva dinanzi a sé un pacco giallo, legato da un filo di corda e l’indirizzo su scritto… bhè non c’era. C’era solo scritto il nome di Angel e di Spike.

“Qualcuno ci ha fatto un regalo? Magari crede che siamo una coppia, sai, una coppia gay…. Beh, credo che ci saremmo gia lasciati, non sopporto proprio come porti i capelli” ironizzò il vampiro biondo.

“Nessuno ha visto chi lo ha portato e nessuno si ricorda di averlo messo sopra la mia scrivania” disse Angel ignorando le sue solite battute senza senso.

“Bene questo è un buon segno…. O forse no?”. Spike piegò la testa di lato come per vedere meglio, per capirci qualcosa di più. Angel si alzò.

“Dobbiamo aprirlo. Va a chiamare Fred e Wesley. Devono esserci anche loro” gli comandò.

Spike non replicò, capendo la serietà della situazione. Si scaraventò fuori della porta e dopo poco vi rifece ingresso accompagnato dai due. Sarebbero serviti entrambi: l’una era una scienziata laureata in fisica, intelligente e ricca di acume, l’altro un osservatore a riposo, ma molto ben informato sui poteri occulti e sulle ombre che si muovevano nella notte.

“Cosa succede?” chiese Wes.

“E’ arrivato questo pacco.. per noi due” disse Angel indicando se stesso e Spike, “dobbiamo aprirlo”.

“Il mio sesto senso non mi dice nulla di buono” aveva detto Spike con la fronte corrucciata.

“Hai pure un sesto senso?... forse volevi dire che hai solo quello” aggiunse Angel, “questa vale per il discorso sui miei capelli”

“ Non dirmi che ti stai svegliando, eh, nonnino?” aveva subito replicato lui. Non fosse mai che l’ultima parola fosse stata di Angel.

“Oh insomma, la volete smettere? Ci avete chiamati per seppellirci con le vostre continue e inutili punzecchiature? Sembrate una coppia di zitelle inacidite”. Fred li aveva ammutoliti distruggendo l’alta dose di testosterone che fluttuava nell’aria.

Il clima tornò cupo nella stanza della Wolfram&Hart. I quattro erano tesi e pronti. Se lo sentivano tutti, ora, che qualcosa di innaturale, potente e forse pericoloso stava per essere scartato.

Spike si posizionò con il corpo pronto per il combattimento, Fred le si mise vicino seria e concentrata con uno scanner in mano, Wesley guardò negli occhi Angel dandogli il via.

Il vampiro bruno slegò il cordino, staccò i lembi di cartone ed aprì il pacco.

Una lucente, strana e mistica ascia apparve sotto i loro occhi. Emanava una forza straordinaria, un potere antico. Angel spalancò gli occhi e guardò Wesley con aria molto preoccupata. In quel momento Spike cadde a terra con un grido, mentre il suo corpo veniva scosso da violente convulsioni. Fred si chinò verso di lui.

“Aiutatemi, dobbiamo portarlo in laboratorio!” gridò con la voce traboccante di preoccupazione.allarmata

I due uomini si avvicinarono e alzarono il vampiro biondo ormai privo di sensi. Giunti al laboratorio lo adagiarono sopra il lettino bianco e lasciarono che Fred si occupasse di lui. Usciti si guardarono in faccia.

“Cos’era Angel?” chiese Wes preoccupato. In fondo credeva già di saperlo.

“Era l’ascia forgiata per la cacciatrice. L’ascia che ha aiutato Buffy a sconfiggere il Primo. L’ascia che ha stravolto l’antica tradizione della Prescelta.”

“Me lo immaginavo. Ora il punto è: perché si trova qui?”

“Non lo so… ma lo scopriremo. Ma quello che più mi preoccupa è la reazione di Spike… se dovesse ricordare, se gli tornasse la memoria…. saremmo tutti in pericolo. Buffy sarebbe in pericolo”

Detto questo uscì e rientrò nel suo ufficio. Doveva assolutamente saperne di più. E doveva assolutamente far rientrare Gunn e Lorne. Più erano e meglio sarebbe stato.

 

 

New York

Buffy alzò gli occhi verso la finestra che aveva davanti e si accorse con una punta di gioia che era già buio. Presto sarebbe tornata a casa, presto sarebbe passato un altro giorno… presto avrebbe così rivisto i suoi due più cari amici ed il suo primo amore. Accidenti, Willow! Non le aveva telefonato, quel pomeriggio c’era stato un gran via vai nell’ufficio del notaio e lei se ne era dimenticata. Poco male. Appena rientrata a casa l’avrebbe contattata. In fondo era più sicura di trovarla ad ora di cena.

Attraversò la strada e chiamò un taxi. Non aveva voglia di aspettare l’autobus, inoltre voleva rientrare presto per salutare Dawn e darle la lieta notizia della loro piccola gita.

Sua sorella era in camera sua e si stava preparando per la festa. Si stava specchiando per intero e aveva la radio alta. Non si accorse dell’arrivo di Buffy alle sue spalle.

“Però, ti stai dando da fare… sei sicura che si tratti di una semplice festa dove tu non cercherai minimamente di rimorchiare qualche povero e disperato ragazzo?” disse Buffy appoggiata allo stipite della porta, le braccia conserte ad accentuare ulteriormente il suo sguardo indagatore.

“Oddio Buffy, mi hai fatto prendere un colpo!” aveva sobbalzato Dawn, distolta dall’atroce dilemma se mettere il rossetto rosa o il lucidalabbra.

“Andata bene la giornata?” domandò avanzando verso la giovane. Gentilmente, le aggiustò il colletto della camicetta in un gesto tipicamente materno. Dawn sorrise. In fondo le piaceva farsi coccolare da lei, le piaceva subire le sue attenzioni. Notò nello sguardo di Buffy una nuova luce, che quella stessa mattina non brillava. Ne fu felice, e quasi illuminata anch’essa da quella nuova forza, si sentì diversa. La stessa sensazione della prima volta che aveva impalettato un vampiro riducendolo in cenere.

– forse sarà che sono emozionata per la festa… rivedere Mark mi agita un po’- pensò fra se.

Ma non era solo emozionata, era galvanizzata!

“E’ andata bene, sì” rispose cercando di trattenere quella sferzata di vita.

– se non sto calma penserà che mi sono fumata qualche erba e.. addio festa! anzi, addio tutto!-

“Comunque sembra sia andata bene anche a te” aggiunse per deviare lo sguardo scrupoloso e indagatore della sorella maggiore.

“Sì… è stata ok”. Buffy non si lasciò sfuggire la trepidazione negli occhi di lei. Le sembrava che tremasse dalla tensione.

“Non credo che tu me l’abbia raccontata tutta…” aggiunse.

“Dai Buffy smettila, sei più noiosa di mio nonno… persino di Angel, lui ogni tanto almeno stacca”

“Bene, hai centrato il punto… anche se così hai rovinato la sorpresa ed il bel discorso ad effetto che mi ero preparata”

“Che cosa ho fatto? Non mi starai sgridando di nuovo, vero?” Dawn era già sulla difensiva… vedeva allontanarsi da lei la festa, gli amici e soprattutto Mark… si vedeva vecchia, sola e con Buffy che la seguiva come un segugio… oddio, quello era l’inferno!

“Non hai fatto niente Dawn… o forse sì?” chiese guardandola interrogata. La giovane scosse la testa.

“Bene… e ora dove vai?”. Dawn era uscita dalla stanza dirigendosi verso la porta di ingresso. Mentre attraversava il corridoio, cercava di mettersi una scarpa e poi l’altra. Buffy la seguì a ruota.

“Ma insomma, che ti è preso?”

“Tu vuoi sempre comandarmi e decidere quello che devo fare! Inoltre non ti fidi di me, non mi credi… ti senti superiore a me, ti senti meglio di me… pensi che ancora non abbia l’intelligenza giusta per capire il bene dal male, il giusto dallo sbagliato… io ti odio!”. Dawn era sconvolta. Probabilmente la tensione accumulata per la festa e la frustrazione che provava quando si accorgeva che Buffy non era orgogliosa di lei e delle mete che aveva raggiunto, l’avevano portata ad una crisi isterica in piena regola. Ora urlava e piangeva come una bambino al quale era stato tolto un giocattolo.

Buffy la prese per le spalle e cercò di calmarla.. Le accarezzò dolcemente le braccia e la testa.

“Io mi fido di te… come potrei non farlo… e, me ne sono accorta sai, .. ormai sei una donna… ma vedi Dawnie, nella mia vita, anche se non così lunga, anzi direi abbastanza corta… beh, ho visto miliardi di cose… cose brutte, cattive…. Che mi hanno fatto male… non solo a me, anche e soprattutto alle persone che amavo di più…. a te, a Willow, a Tara, a Xander… Anya… Angel… ed infine a Spike…- ah, quel nome…. il solo pronunciarlo le ricordava il loro ultimo sguardo… il loro ultimo tocco… la sua voce, confusa ormai nella nebbia del tempo trascorso - e sì, ancora mi spaventano. Tu sei la cosa più importante della mia vita… tu sei la spinta che mi fa avanzare anche quando non vedo strada davanti a me…. Sei l’unica ragione che mi obbliga a lottare.. ancora…. Per vederti felice. Ecco cosa voglio, ecco perché cerco di pianificare tutto, di avere il controllo… perché voglio che tu sia felice…” Buffy finì il suo lungo monologo con le lacrime agli occhi, cercando di respingerle. Ma non ce la fece, non stavolta. Il pianto sbottò nel suo petto come un terremoto. Le parti erano di nuovo, e per la seconda volta in una giornata, capovolte. Dawn la abbracciò, rimasta scioccata da una reazione così violenta. Non era la prima volta che litigavano, non sarebbe stata neppure l’ultima… ma sentirla tremare così, indifesa e fragile fra le sue braccia, la fece sentire terribilmente in colpa. Era stata troppo dura, forse anche un po’ pazza. Dopo dieci minuti, Buffy si calmò. Dawn la guardò con dolcezza e le chiese:

“allora, sai dirmi qual è questa sorpresa?”

 

 

Los Angeles

Il vampiro biondo era steso sul letto dentro una stanza accogliente e dall’arredamento minimalista. –D’altronde una scienziata non può amare il gotico…- aveva pensato la prima volta che c’era entrato, cinque mesi prima… anzi, ci si era completamente buttato con il corpo di lei sopra il suo..

“Sangue caldo in arrivo!” disse Fred mentre avanzava veloce dentro la camera tenendo in mano una tazza fumante.

”Oddio, forse l’ho scaldato un po’ troppo. Lasciamolo raffreddare…. Non vorrei che ti scottassi” aveva aggiunto sedendosi accanto a lui e adagiando il plasma bollente sopra il comodino.

“Vieni qui”. Spike le aveva cinto la vita con le braccia e se l’era portata sopra il suo corpo, cercandole le labbra in un tenero bacio.

“A quanto pare qualcuno si sente molto meglio....” rise la ragazza adagiandosi accanto.

“Sono un vampiro… ci rimettiamo in fretta… anche se non ho capito cosa diavolo mi sia successo…. Dannazione, io sono un tipo tosto! Angel, lui sì che sarebbe potuto svenire come una donnicciola… ma io no…. Chissà, forse stare vicino a mister simpatia mi ha contagiato…”disse Spike guardando il soffito con aria preoccupata.

“Te l’ho detto Spike… non ha niente a che fare con te o con la tua potenza o con la tua virilità… molto probabilmente è qualcosa legato al tuo ritorno… strane scosse dovute al salto dimensionale che hai affrontato..”

“Quindi la mia virilità non ha subìto danni, eh?” chiese malizioso guardandola direttamente negli occhi.

“Come donna posso dire di no, ma come scienziata devo prima accertarmene di persona… sai, ho bisogno di basi concrete su cui fondare le mie affermazioni e non di dati empirici” sussurrò Fred con voce calda rispondendo alla sua provocazione. A lei piaceva quando lui faceva così… quando la stuzzicava, la tentava… quando la faceva sentire donna e desiderata… si accorse in quel momento che avrebbe potuto volerlo per tutta la vita, senza mai sentirsene sazia. Con le gambe si strinse a lui scivolandogli sopra il petto freddo e muscoloso.

“Per il bene della scienza, sai….” Aveva miagolato la ragazza al suo orecchio facendolo andare su di giri.

– Ah, le donne… vivo da oltre un secolo, eppure riescono sempre a stupirmi…anche se quella parola, elpirico, eltirico, cosa accidenti vorrà dire??- questo fu l’ultimo pensiero del vampiro prima di perdersi nei meandri avvolgenti, brucianti e struggenti del piacere.

“Sì, per il bene della scienza..”

 

 

Angel riattaccò il telefono. Il suo sguardo era teso. Si lasciò sprofondare nella poltrona del suo ufficio. Non aveva fretta di tornare a casa. Nessuno che lo aspettasse, nessuno che lo potesse scaldare, nessuno a cui fare l’ultimo saluto della giornata. In fondo la W&H era diventata ormai la sua casa. Viveva per il suo lavoro… e per salvare delle vite, si intende. Wesley entrò dopo poco, cercando con lo sguardo nella penombra il suo capo. O almeno, era il suo capo a livello ufficiale, perché in fondo Angel era un buon amico. E quando era così preoccupato non c’era da stare allegri.

“Ci hai parlato?” gli chiese scorgendolo seduto dietro la scrivania.

“Pochi minuti fa. Ha detto che cercherà informazioni”. Angel teneva le mani vicine, le dita appoggiate fra di loro a formare un triangolo sospeso dentro il quale guardava talmente assorto, come se tutte le risposte del mondo fossero là dentro.

“E’ una fonte affidabile?”

“La migliore” aveva ribattuto sicuro, “tu invece hai trovato qualcosa?”

“Niente di quello che già sapessimo…. Falce antica… potenza mistica… fine del mondo… destino della prescelta…”

Angel balzò dalla poltrona come se fosse stato punto. Aveva il volto illuminato. Pareva uno scienziato giunto alla soluzione di una formula studiata per tutta una vita.

“Sei un genio Wes!” affermò entusiasta mentre gli passava davanti.

“Grazie, ma…. Ma si può sapere perché?” chiese un po’ frastornato l’uomo mentre guardava uscire il vampiro con insolita fretta.

“Te lo dirò… non appena l’avrò capito anch’io”. Angel era già di fronte all’ascensore. Wesley lo chiamò:”Gunn e Lorne? Loro li hai sentiti? Sai, non possiamo restare scoperti così a lungo… abbiamo bisogno di Gunn per le faccende legali”

“Ho sentito oggi Lorne. Ha detto che ci sono novità. Rientreranno domenica” rispose il vampiro mentre le porte si aprivano con un suono.

“Hanno trovato quello che cercavamo?”

“Ci stanno lavorando… ma credo che ce la faranno… almeno spero. Ora più che mai abbiamo bisogno di quel libro”. Detto questo, Angel sparì dentro l’ascensore.

“Speriamo bene.” disse Wesley di rimando. “Sarà meglio tornare a casa”, aggiunse poi, sentendosi molto stanco. L’orologio segnava le ventuno. Per Angel, in quel momento, iniziava il suo vero lavoro.

 

 

 

New York

Aveva mangiato un piatto d’insalata e un pezzo di pizza riscaldata al microonde. Il cibo non era cambiato un granché da Sunnydale…. Ma tutto il resto… era stato stravolto, rovesciato, sovrapposto… e la cosa più terribile era che mai sarebbe potuto tornare tutto come prima. Nemmeno una cosa, una soltanto, anche la più semplice o la più insignificante… niente come allora.

Buffy prese il cordless e si rilassò sul divano. Compose il numero che ormai conosceva a memoria, e aspettò pazientemente. La voce femminile dall’altro capo non tardò ad arrivare, fresca e solare come se la ricordava.

“Pronto?”

“Ehi, super strega in carriera! Come va da quelle parti?”

“Ehi, ex-prescelta nonché mia migliore e unica e tosta amica! Qui tutto bene! Che si dice nella grande mela?”

“Oh, beh, le mele non mi piacciono un granchè! Però l’uva e le susine sì!”. Buffy sorrise serena. Era così bello accorgersi che nonostante il dolore, le perdite, le apocalissi e i chilometri di lontananza, niente era cambiato, fra loro c’era la stessa sintonia e la stessa coinvolgente pace nel sentirsi. Ogni volta. Ecco: quella era una cosa che continuava anche dopo la distruzione di Sunnydale. Era una pietra preziosa che nessun demone o forza malvagia avrebbe mai trasformato o frantumato. Era vero, le cose erano sì diverse, ma forse solo quelle superficiali, quelle esteriori. Quelle vere, profonde, importanti, le erano rimaste attaccate addosso, dentro l’anima, nemmeno il Primo o la lotta contro gli ubervamps, o la forza sovrannaturale dell’ascia le avevano scalfite, allentate… l’intesa con Willow e Xander, il legame oltre il sangue che c’era con Dawn, l’amore tormentato per Spike, la fiducia incondizionata in Angel… tutto ciò era uguale, intenso e forte come all’inizio, quando la giovane Buffy che mangiava i lecca-lecca, sognava una vita romantica e leggera….

“Ehi, Xan, corri, vieni qua, c’è Buffy al telefono!” aveva urlato Willow assordando la ragazza all’altro capo.

“La nostra grande capa che ci telefona! Sento odore di guai” aveva sentito Buffy in lontananza. Poi una grande risata l’aveva raggiunta come un fiume fresco e gioioso. Ora Willow e Xander avevano le fronti incollate e la cornetta a metà per poter sentire e poter parlare entrambi.

“ Ehi, mia bella bionda che conduce una vita normale in un mondo anormale, come va?”

“Tutto ok, Xander. E tu come te la passi?”

“Diciamo che sono il capo cantiere più sexy e misterioso dell’universo! Inoltre quest’aria da pirata vissuto mi si addice alla grande”

“Già, ed è di grande aiuto con le ragazze, dico bene?” aveva commentato Willow.

“Abbastanza, anche se quando si accorgono che mi manca veramente un occhio, scappano schifate maledicendo capitan uncino!” aveva controbattuto Xander.

“Oh, è così bello sentirvi! Siete sempre i soliti..”

“Le cose belle non cambiano mai… anche se alle volte se ne vanno e non le abbiamo più”.

Il riferimento ad Anya era evidente. Xander ancora soffriva per la sua perdita. Come Buffy soffriva per la perdita di Spike. Solo che lei non glielo avrebbe mai detto. Nessuno l’avrebbe dovuto sapere.

“Che ne dite se facciamo una seduta psicanalitica dentro l’orbita del mio occhio?” ironizzò Xander per smorzare la tensione che involontariamente aveva creato. Ma nessuno se la sentiva più di ridere.

“Allora Buffy, c’è qualche novità?” aveva chiesto Willow. Fu in quell’istante che la ragazza bionda si ricordò del motivo della telefonata.

“Devo dirvi una cosa che spero vi farà piacere”

“Spara, siamo tutto orecchi!” avevano detto i due all’altro capo, quasi in contemporanea.

“Vengo a Los Angeles. Questo fine settimana. Mi sono presa una vacanza. O meglio, io e Dawn ci siamo prese una vacanza!”

“Oddio, ma è favoloso! Tu e Dawm qui….. Xander, dobbiamo farle stare da noi”

“Certo, c’è una stanza sempre libera… sai gli infissi li ho fatti io, è sicura”

“No ragazzi, non vi preoccupate, non voglio darvi problemi..”

“Scherzi!? Nessun probelama. Starai da noi. Così è deciso” disse Willow con un tono che non ammetteva un rifiuto.

“Giusto, ha ragione!” aveva ribadito Xander.

“Ok ragazzi…. Se proprio insistete, accetto! E, a parte una sera in cui cenerò con Angel, staremo sempre insieme!” aveva detto Buffy entusiasta.

“Quindi vai a cena con il bel tenebroso, eh? Qui gatta ci cova….” Aveva detto Xander con una punta di malizia.

“Non c’è nessuna gatta…. Ho solo bisogno di ritrovarmi… e magari divertirmi un po’”

“Hai fatto benissimo, Buffy! E’ giusto che tu te la spassi un po’…. Tutti noi dovremmo farlo più spesso” aveva constatato Willow. Era una strega perfetta, leggeva dentro gli altri senza bisogno di magie.

“Allora siamo d’accordo: ci vediamo a Los Angeles”.

La notte era calata leggera, avvolgendo col suo mantello ingannatore tutta la città. Dalla finestra dell’appartamento al sesto piano si udivano delle risate.. leggere e trasparenti come bolle di sapone. Ma dall’abisso della terra, dal tempo più antico, una nuova minaccia saliva…. Di nuovo dolore e sofferenza stavano giungendo….. oltre le città e i paesaggi, molti chilometri lontano, un’ascia brillava e vibrava dentro una scatola di cartone, emanando una luce tanto forte da disintegrare tutte le fiale, i barattoli, i composti chimici e il materiale scientifico del laboratorio alla Wolfram&Hart. L’indomani mattina chi sarebbe entrato per primo, avrebbe trovato solo vetri frantumati, esalazioni chimiche e uno strano presagio fluttuare nell’aria.

 

 

giovedì

New York

Le lenzuola verde mare erano madide di sudore. Il rumore del cuore accelerato le martellava fin dentro le viscere. La luce obliqua entrava a forza attraverso le tende tirate. Una strozzatura nella gola le impediva di respirare normalmente. Il piumino era accartocciato ai piedi del letto. Le sembrava di aver terminato in quel momento la battaglia contro un demone molto, molto grosso. Per un attimo tornò indietro nel tempo… ma il ricordo del sogno fatto la turbò nuovamente, colpendola come uno schiaffo sulla faccia. Seduta, le braccia a stringere le gambe piegate contro il petto, lo sguardo scioccato proteso in avanti. Non aveva più il sangue freddo di una volta. Se ne accorse con una punta di nostalgia. E ricordò il paesaggio onirico che le aveva disegnato la nottata precedente….

Camminava nel deserto, luogo ormai familiare nelle sue visioni… o almeno, lo era stato fino all’ultima apocalisse, dove la linea delle Cacciatrici era stata spezzata dalla falce nelle mani di una potente strega. Quello era il primo sogno che faceva a riguardo………

Poteva sentire i granelli di sabbia solleticarle i piedi nudi, il sole cuocerle la pelle, il vento bollente scompigliarle i capelli, gli occhi bruciarle dal troppo bagliore riflesso e amplificato dal candore del pavimento soffice sotto di lei… si avvicinò alle sterpaglie che vedeva davanti a lei ed aspettò… sapendo, sentendo che “lei” sarebbe arrivata presto….. non tardò, e giungendo con passi felini, quasi strisciando fra le rocce in fondo, attorcigliandosi alle sterpi riarse e secche, agile e rapida come una gazzella, dall’aspetto feroce e acuto di una pantera…. la sua pelle scura evidenziò maggiormente il contrasto fra quel luogo selvaggio e la giovane dai capelli dorati che, ferma con le braccia conserte, aspettava un qualche tipo di dialogo…. Aspettava di sapere il perché fosse lì, dopo più di un anno, quando ormai non era più la prescelta, ma una donna normale in mezzo a tante altre. Buffy guardò la prima cacciatrice, con lo sguardo proteso, tendendo al massimo i sensi… ed ascoltò, ascoltò la voce che non c’era, la parola che quella creatura non conosceva…. Ma lei ascoltò, nel profondo, dentro di se, nel punto segreto dove i suoni dell’intero cosmo si fondono in un unico linguaggio: il cuore.

“Ritorna… lotta… come fai sempre… come sarai dovunque. Ama ancora… dona ancora… perdona ancora.. ritorna al dolore, non fuggire…. Non potrai mai sfuggirgli..”

La figura nera, il viso dipinto di bianco come la maschera di un teschio, piegata in due, si muoveva, dosando il peso da una gamba all’altra, imitando un pendolo che quasi ipnotizzò Buffy. Lei si sentiva confusa… non capiva.

“Cosa vuoi ancora da me? Non sono più la prescelta… io non sono più come te!” aveva detto a voce alta. Il vento trasportò quel suono oltre le rocce lontane.

“sempre…. Il sangue viene versato sempre… le lacrime scivolano nella notte… sempre. Sangue e lacrime e morte… la paura, il potere.. Niente ha fine, niente ha inizio, ma tutto segue… avanza…. Il sempre regnerà sovrano…tu non potrai mai sfuggirgli..”

“Ho capito, è sempre la stessa storia… la morte è il tuo dono. Ma sai? Grazie, ho già dato. Ora tocca alle altre cacciatrici sparse nel mondo combattere il male. Io sono ufficialmente in pensione!” Buffy stava per perdere la pazienza. Cercò di controllarsi, anche perché solo la figura bruna di fronte a lei avrebbe potuto terminare quell’incontro. Se ancora non si era svegliata da quella visione, significava che c’era dell’altro da sapere… chissà, forse cose nuove. Ebbe un tremito di paura. Non voleva… no, non voleva rientrare in quel vortice. Non ne sarebbe uscita stavolta, mai più….

“non sfuggire al tuo sempre…. Loro ti incateneranno.. di nuovo…e sarà dolore… angoscia…ma poi giungerà la forza…la distruzione assoluta…. Il passato sarà il domani… l’oggi diventerà lo ieri… il sole sorgerà da entrambi…”

“Mio Dio, è impossibile parlare con te. Mi ci vorrebbe il sig. Giles… o un dizionario tascabile!” ma improvvisamente, una strana forza la obbligò a chiudere gli occhi. Doveva essere attenta.. ascoltare con tutto il corpo, percepire il legame tagliente fra se stessa e il suo principio.

“ricorda cacciatrice…la morte è il tuo dono… come la vita… e la sofferenza… non sfuggirgli… non potrai mai resistere al suo richiamo… alla sua voce… all’odore del sangue…. all’urlo del dolore… ricorda.. la morte e la vita…” la voce dentro di lei andò scemando… un colpo di vento più forte la obbligò a riaprire gli occhi. La prima cacciatrice non c’era più. Al suo posto rimaneva un mucchio di terra bruciata.

Poi, improvvisamente, lo scenario cambiò…si ritrovò in cima alla torre, sull’impalcatura…. La notte che sacrificò la sua vita al posto di Dawn… solo che stavolta sua sorella aveva i capelli biondi e grandi, profondi, occhi blu… che la guardavano, vacui, ignari e sconvolti…. Ascoltavano quelle parole, quasi sussurrate, ma così vere e insostenibili da fare male: “Dawn, stammi a sentire. Ascolta. Ti voglio bene. Ti vorrò sempre bene…….”

Ed infine il salto nel vuoto, il corpo trafitto da mille aghi che si contorcevano dentro le carni, la testa trapassata da scariche elettriche…. Un intreccio di sinapsi bruciate…. Il cuore sempre più lento e dissanguato….. gli occhi chiusi in ascolto, ancora.

“Abbiamo lo stesso sangue, Dawn…la morte è il mio dono…. Il dono che ti offro… perché ti amo, profondamente…. L’amore mi ha portato al mio dono…”

Ora si trovava a casa sua, nel suo letto, circondata da cose reali, oggetti appartenuti da tanto, suoni conosciuti… avrebbe dovuto calmarsi. Invece Buffy continuava a sentirsi agitata. Si alzò veloce e andò in camera della sorella: Dawn dormiva placida, i capelli sparsi sul cuscino come un’aureola scura, il viso morbido simile ad un angelo.

– morirei altre mille volte per te - aveva pensato Buffy, mentre rivoli di calde lacrime le scottavano le guance. Il suo cuore iniziò a placarsi e, tornando verso la sua camera, si accorse che di dormire ormai non se ne parlava più.

 

 

Los Angeles

Un altro appartamento, un’altra camera, un’ altra città, un’altra persona. Un uomo, o meglio, un vampiro, e lo stesso risveglio ansimante e sudato dopo aver fatto un sogno strano, sconvolgente e quasi incomprensibile.

Spike aveva riconosciuto il cimitero dove stava camminando… a dir la verità stava correndo o meglio, scappando da qualcuno. Era Sunnydale, la città dove aveva trascorso gli ultimi anni… prima della distruzione del Primo e del suo sacrificio…. Prima del suo ritorno, anche se gli ultimi ricordi precedenti ad esso erano sfuocati, sovrapposti e difficili da riordinare.

Durante quella folle corsa -Speriamo che sia un dannato demone abbastanza incazzato, altrimenti faccio la figura della mammoletta..-, d’improvvisò si bloccò, trovandosi di fronte la figura di una ragazza, ferma e sicura nonostante la piccola statura. Teneva in mano un paletto e lo impugnava pronto per essere affondato… gli occhi di giada lo guardavano giù, fin dentro la gola, i capelli biondi si agitavano arricciandosi, come fili di seta tessi da mani sapienti… la giacca di pelle nera le conferiva austerità… il suo volto, bellissimo al chiarore lunare, sprigionava energia, potenza e tanta bontà. Quella ragazza aveva un qualcosa di familiare, ma troppo debole da decifrare. Spike la fissò, temendo che lei volesse ucciderlo. Non poteva scappare: da dietro un qualche mostro infernale lo stava raggiungendo, davanti aveva questa specie di wonder woman pronta a rinchiuderlo in un posacenere. Una profonda irrequietezza lo pervase. La giovane si avvicinò, seria. Spike posizionò il suo corpo per la lotta, anche se non sembrava che lei volesse battersi con lui. Mano a mano che avanzava, la giovane diveniva sempre più piccola, fino a diventare una bambina dai riccioli dorati e dagli occhi chiari.

- dannazione, sono proprio ridotto male… credo che per una settimana non berrò Barboun… bah, forse solo per un giorno - pensò il vampiro assistendo alla trasformazione inspiegabile apparsa davanti ai suoi occhi. La bambina gli sorrise e d’improvviso il suo bel faccino rotondo assunse una smorfia di dolore… un grido trapassò l’aria immobile di quella densa notte di metallo fuso. Il corpo della piccola svanì, lasciando al suo posto una grigia e argentata cenere che si disperse come coriandoli lanciati in aria….

“Dannazione!” Spike, infuriato e stupito, assunse il volto della caccia. I suoi lineamenti divennero irregolari, i suoi occhi si tinsero di giallo acido, i suoi canini si allungarono in maniera evidente. Chiunque avesse ridotto in polvere quella bambina, che per di più era un vampiro come lui, l’avrebbe pagata a costo della propria vita. Non era pronto a vedere una scena del genere, e ancora di meno lo era nel vedere il volto dell’aggressore. Dietro a quella polvere che si stava adagiando sul prato, un uomo apparve con in mano un paletto. Era lui, era se stesso! Era Spike, un altro Spike, che ignorando la sua presenza, iniziò a correre proprio verso di lui. Il vampiro, preso alla sprovvista, si coprì il volto con le braccia, aspettando l’urto. Ma non accade nulla. Scostò le braccia, e notò con stupore che l’altro Spike gli era passato attraverso…

-era un fantasma… forse proiezioni di quello che dovrà accadere…. Forse qualche dannata anima tornata a vendicarsi… in fondo quando ero cattivo mi sono cibato di centinaia di bambine…- al solo pensiero rabbrividì, sentendo la sua anima gemere..- O forse solo un dannato sogno fatto in una dannata notte… strano, mi sono addormentato molto, molto felice ieri sera- aveva pensato il vampiro. Ma prima di tornare alla realtà, una voce delicata, infantile lo chiamò. Era la voce di quella bambina.

“Spike… Spike… mi hai uccisa….mi hai uccisa… ed ora l’odore del mio sangue ti resterà attaccato addosso…. Nelle tue orecchie risuonerà sempre l’urlo del mio dolore… non potrai sfuggirgli…non potrai mai sfuggirmi”

Il vampiro si era risvegliato così, con quel pianto che gli tormentava l’anima già messa a dura prova. Guardando verso le tende scure, notò con nervosismo che il sole era già sorto. Il posto dove Fred dormiva era vuoto e freddo. Probabilmente si era alzata molto presto per iniziare le ricerche sull’ascia. Si sentì stranamente solo… anche un po’ depresso. Quel sogno era stato così reale… e il viso di quella bambina… ah, al guardarlo si era colmato di pace e serenità… come se avesse visto una creatura dei boschi, pura e lucente. Ma quelle parole appena sussurrate, agonizzate…. Gli stavano facendo male come non mai… nemmeno durante le sue visite all’inferno aveva provato una simile angoscia.. un così grande senso di impotenza.

Improvvisamente il cellulare squillò.

“Pronto” disse con la voce ancora strozzata.

“Spike, sono io, Fred. Tutto bene?” quella dolce voce lenì momentaneamente l’angoscia

“Tutto ok. Ho solo litigato un po’ con Morfeo stanotte… ed ho fatto un pessimo sogno”

“Beh, hai una strana voce.. comunque, qui è tutto pessimo e non è un sogno. Devi proprio raggiungermi in laboratorio. Il prima possibile” ora la scienziata aveva assunto quel tono deciso al quale era praticamente inpossibile dire di no.

“Qualche guaio?”

“Più di uno!”

“C’è da azzuffarsi? Perché sai, ne ho un gran bisogno…”

“No Spike, niente botte.. almeno credo. Comunque, se proprio hai voglia di sfogarti c’è sempre Angel da torturare con il tuo sarcasmo…”

“Oh, sìì.. non vedo l’ora….” Aveva detto chiudendo gli occhi, mentre di già assaporava una bella scazzottata con mister simpatia.

“Ti aspetto…. Ah, ieri sera è stato meraviglioso…” aveva aggiunto Fred sottovoce, colta da una vampata di imbarazzo.

“Anche per me piccola…. Arrivo”. Spike chiuse il telefonino. Quella ragazza era così dolce e decisa. Sì, le piaceva proprio.

Il suo sguardo dapprima malizioso al ricordo dell’amore, tornò ad incupirsi di nuovo. Si alzò pesantemente dal letto e andò a farsi una doccia. Mentre si lavava cercando di togliersi, a suon di violente sfregate sulla pelle di sapone e acqua calda, tutto quel tormento rinato, una voce leggera tornò a distruggergli il cuore…

“mi hai uccisa… mi hai uccisa…”

“Sta zitta!!! Sta zitta!!” urlò stringendo le mani intorno alla testa, sperando di scacciare i fantasmi. Poi, in un impeto di rabbia, Spike affondò un pugno, frantumando un’anta della doccia. La mano prese a sanguinare.

“Dannazione, oggi sarà un pessimo, maledetto giorno! Chi glielo dirà a Fred che le ho distrutto la sua doccia pagata a rate?”

 

 

Angel vagava nell’ufficio della W&H senza darsi pace. Quella notte non si era mai riposato. Durante la ronda che era stata più lunga per coprire anche la zona di Spike, aveva notato una strana affluenza di vampiri ed allora si era diretto nel bar dove sapeva di poter trovare informazioni sugli ultimi movimenti demoniaci e infernali. Il proprietario, un vampiro da quattro soldi, dopo un piccolo avvertimento (“O mi dici quello che sai, o domani servirai come polverina per la stecca del biliardo”) aveva raccontato dell’arrivo in città di tre demoni, molto, molto pericolosi. Erano grigi e alti, con il corpo viscido e olioso, un aculeo sulla schiena e un potente veleno che fuoriusciva dalle mani. Chiunque ne fosse venuto a contatto, o con un pugno o con una presa, sarebbe morto dopo un’ora di agonia, in preda a dolori e incubi atroci. Dopo alcune ricerche, Angel aveva scoperto che quei demoni si chiamavano Xyranty, e preannunciavano l’arrivo di un essere superiore. Erano tipo dei messaggeri, preparavano la strada a qualcuno o qualcosa di molto potente, distruggendo chi potesse in un qualche modo, comportare un ostacolo valido alla realizzazione di enormi stravolgimenti infernali. Probabilmente, l’ennesima apocalisse.

Non era un caso, di certo tutto era collegato: la telefonata di Buffy, l’arrivo dell’ascia, il malessere di Spike , i demoni a flotte ed ora anche la distruzione del laboratorio…. Angel si sentiva inquieto come non mai. Proprio ad un giorno dall’arrivo di Buffy. Rivederla era per lui qualcosa di inspiegabile: era dolore e gioia, pace e ansia, schiavitù e liberazione. Non poteva rimandare la cena… Buffy avrebbe pensato che magari per lui non fosse abbastanza importante… o peggio, si sarebbe potuta insospettire e fare qualcosa d’avventato. Di una cosa era certo: Buffy non si sarebbe dovuta avvicinare per nessun motivo alla W&H. Non avrebbe dovuto sapere di Spike, non era ancora il momento giusto. Voleva che quella cena fosse un’occasione per loro due e basta.. Lui sarebbe stato suo, sempre… e chissà, magari lei era diventata il caldo e friabile biscotto promesso…

 

Spike giunse alla W&H passando per le fogne. Il suo spolverino nero si era impigliato in un ferro, ed il suo pessimo umore era peggiorato ancora di più.

“Maledette fogne, maledetta città e maledetti demoni…. A parte il sottoscritto, si intende” aveva detto guardando il taglio sul davanti della sua seconda pelle nera.

Con passo agile raggiunse Fred nel laboratorio. La giovane lo aspettava fuori della porta, il viso tirato, gli occhi stanchi. Era bellissima, forse ancora di più, così indifesa e tenera. Spike le baciò lievemente una guancia. Lei sorrise per un attimo, poi disse:” Hanno distrutto tutto. Le mie formule, i miei esperimenti, i miei studi. Tutto il mio lavoro.”

“Qualche indizio su chi sia stato?”

“Niente, nessun segno di scasso, nessun movimento sospetto”

“L’ascia c’è ancora?”

“Sì, era fuori della scatola, ma è intatta. Perché ti interessa?”

“Per avermi steso ieri, vuol dire o che era parecchio incazzata con me, o che fra me e lei c’è una connessione… magari è la prima a cui non piaccio” aveva detto il vampiro mentre sbirciava dentro la stanza. Schegge di vetro frantumato erano ancora per terra, anche se una buona parte era già stata raccolta, le pareti erano rimaste segnate dagli schizzi delle soluzioni corrosive, ancora uno strano odore riempiva l’aria. Spike annusò in profondità. I suoi sensi acuti da vampiro gli fecero provare uno strano deja-vù: quell’ odore era familiare, molto nascosto nel suo passato, ma era conosciuto.

“Lo senti anche tu questo strano odore?’” aveva chiesto a conferma, rivolto alla giovane di fianco.

“Sono le esalazioni delle sostanze chimiche. Faticheranno ad andarsene” aveva risposto Fred distrattamente, mentre Spike era entrato nel laboratorio, dirigendosi verso l’ascia.

“Non quell’odore… io intendo questo odore” e mentre parlava, si era accovacciato di fianco alla scatola di cartone che rivelava lo splendore di quell’arma antica e mistica, annusandola vistosamente. Spike chiuse gli occhi… quel profumo così dolce, un aroma dimenticato ma non sepolto del tutto, un misto di vaniglia e sudore, di paura e potenza. Come sotto un potere più grande, Spike allungò il braccio e con la mano avvolse l’impugnatura dell’ascia. Una scossa elettrica lo attraversò con violenza, mentre abbaglianti flash lo invasero: vide una ragazza, la stessa del sogno, grandi occhi verdi e lunghi capelli biondi, poi gli ubervamps lottare contro di lei, ed ancora lei, di nuovo, ferita, distesa a terra, e poi vide un’altra ragazza, mora, prorompente, impugnare quell’arma che lui ora aveva. Quella doveva essere la cacciatrice, la prescelta.

- finalmente… finalmente ho un tuo ricordo… ho la forma del tuo viso… cacciatrice. CACCIATRICE! - questo fu l’ultimo pensiero di Spike prima di cadere a terra senza sensi. Una grande luce era fuoriuscita dall’arma, inondando il vampiro e distruggendo le ultime boccette rimaste per miracolo sopra i banconi.

Fred urlò correndo verso il vampiro. Il corpo steso, gli occhi cerchiati maggiormente, l’ascia caduta per terra che aveva impresso sanguinanti bruciature sul palmo della mano dove prima si trovava. A quel grido, Angel e Wesley accorsero, trovando la giovane in lacrime accanto ad uno Spike ridotto veramente male. Dove i raggi dell’ascia lo avevano colpito, sulle braccia, sul torace, sulle gambe, c’erano grossi tagli, come spade strusciate per lacerargli la pelle. Un rivolo si sangue vermiglio colava da una narice e ai lati della bocca socchiusa.

“Stai bene?” aveva domandato Wesley preoccupato più per Fred che per il vampiro ossigenato.

“Cosa diamine è….?” Aveva invece chiesto Angel, ma prima che potesse finire la domanda, Fred in preda al panico aveva risposto: “anche stanotte. E’ stata l’ascia… Spike parlava di un odore, poi l’ha presa in mano ed ha avuto nuovamente delle convulsioni… poi grandi fasci di luce sono usciti dall’ascia e lui ha gridato una parola.. ha gridato un nome… prima di cadere” Fred si era bloccata. Sapeva cosa significasse quel nome… lo sapeva fin troppo bene.

“Quale? Quale nome ?” aveva chiesto Wes. Angel era teso.

“Cacciatrice..”. Fred aveva le lacrime agli occhi. Angel a quel nome sussultò. Non era possibile, l’incantesimo non poteva essere sciolto… ne era certo, la sua efficacia era stata ottima fino a quel giorno… ma allora, cosa stava accadendo?

– tutto è connesso - pensò il vampiro.

“Portatelo nel mio ufficio” disse a due dipendenti che erano accorsi.

“ Fred cerca di aiutarlo, curalo, strapazzalo, bacialo… insomma fagli qualcosa e vedi cosa si ricorda. Voglio sapere tutto, nei dettagli. Wesley, tu vieni con me. Dobbiamo andare da una persona”. Il vampiro era già diretto all’ascensore, l’uomo gli stava dietro.

“Pensi che le cose siano legate, vero?” aveva detto Wes una volta al piano sottoterra.

“Ne sono sicuro”

“Cosa pensi di fare?”

“Andiamo a trovare una strega. La più potente. O almeno lo era fino a poco fa”. Il rombo della viper rullò dentro i garage. I due si diressero verso il lato opposto della città. In periferia.

 

New York

Buffy era tornata a casa. Eccitata per il giorno dopo, aveva iniziato a cucinare, mentre canticchiava una canzoncina pop. Non si ricordava del sogno fatto, o meglio si era imposta di non pensarci.

- Non lascerò che il mio passato distrugga così il mio presente. D’ora in poi me lo lascerò alle spalle e guarderò avanti. Mai più pensare alle cacciatrici o ai vampiri…. - pensò Buffy, quando si tagliò maldestramente un dito e lo mise sotto il raggio del rubinetto. Il sangue colava insieme all’acqua, creando un liquido rosa e leggero.

“Accidenti, cosa dico…. Proprio domani sera cenerò con uno di loro. Di certo il più bello e misterioso e silenzioso del mondo….secondo solo a Spike… un altro vampiro, ovviamente e per giunta morto… quantomeno, molto più morto di quando era in non-vita e sicuramente fastidioso, chiacchierone, inopportuno e molto sexy” ragionò fra se ad alta voce. Si stupì di come riuscisse a scherzare sulla morte del suo amore… e così era vero…. il dolore, quello atroce, si allontanava da lei, dal suo cuore, lasciando una tiepida nostalgia e tanta tristezza. Ma lei avrebbe continuato, avrebbe riso, avrebbe preso in giro Spike anche ora, sapendo che lui ne sarebbe stato contento…. Dopo tanto, desiderava vivere, ancora e in maniera diversa.

“Che fai, parli da sola? O forse stai minacciando di morte un demone invisibile?”. Dawn entrò in cucina. Era stanca, la sera prima aveva fatto tardi.

“Ciao, creatura della notte! Io e te non abbiamo ancora parlato di ieri sera” aveva detto Buffy notando le occhiaie sotto i suoi bellissimi occhi. Brillavano, ne era certa.

“Se la mia sorellona non si fosse svegliata all’alba per andare in quel buco di ufficio deprimente e appestato di muffa, io avrei potuto raccontarle alcuni particolari piccanti…”

“Dawn! Di cosa stai parlando?” aggredì la sorella agitando la spatola usata per girare le polpette di carne e patate che stava cuocendo.

Entrambe scoppiarono a ridere. Erano sempre le stesse, cane e gatto, in un continuo rincorrersi e lottare per poi abbracciarsi e fare pace. Due sorelle, insomma. Legate oltre la morte, oltre il sangue, oltre il dolore.

“La morte è il tuo dono…” Buffy si ricordò del sogno e un velo di tensione bloccò la spensieratezza.

Si fermò, appoggiò la spatola e uscì, dirigendosi nel piccolo salotto adiacente. Con lentezza si accasciò sul divano, muovendosi come se tutto il corpo le facesse male. Dawn la seguì, preoccupata.

“Stai bene?” chiese alla sorella, presa alla sprovvista da quel cambiamento d’umore.

“Sì, è tutto ok. Sono solo stanca.”

“Stanca di stare seduta cinque ore, obbedire ad un mastino e concentrarsi sui fogli che hai davanti? Beh, ne so qualcosa…. L’unica diversità, è che io non ho un telefono a cui rispondere ogni tre secondi. Quindi sì, te l’abbono: sei più stanca di me” aveva commentato la ragazza. Scherzandoci su, credeva di rilassarla un po’.

“Già… sono una donna molto indaffarata..” sospirò la giovane stringendosi le spalle. Le era bastato un sogno per riattaccarla inesorabilmente al passato che come pece le aveva invischiato le mani e il cuore… ma era poi passato? Era vero che si sarebbe allontanato da lei come la sponda di un isola quando si prende il largo? Lei voleva che ciò accadesse? Si era ripetuta più volte che sì, voleva lasciarselo dietro e riprendere dall’oggi per creare un nuovo futuro…. Ma se quel futuro che lei voleva fosse stato solo un ripiego, l’ennesima fuga dal suo vero e intimo presente? Chi era lei? Chi era Buffy? Dietro a quello sguardo verde come gemma, chi si nascondeva? Di chi era quel cuore che tanto batteva? E la sua forza, sarebbe dovuta restare sotto controllo o questo era solo un trattenersi che l’avrebbe condotta alla follia? Poteva una leonessa abituata a cacciare nella savana bollente nascondersi al polo nord, mangiando cubetti di ghiaccio e grasso di foca? Poteva il sole rinunciare alla sua potenza, al suo calore e diventare freddo e pallido come la luna, regina delle tenebre? Avrebbe dovuto assecondare la sua natura? Ma qual’era la sua natura? Quel sogno l’aveva confusa non poco. O forse le aveva donato nuovamente la vista? Come un cerino aveva dato luce necessaria per ritrovare il sentiero, il ritorno… forse? Buffy scrollò la testa per liberarsi da quella inopportuna introspezione, e guardò l’aria interrogata di Dawn.

“E’ tutto ok, davvero! Andiamo a pranzo ora, altrimenti le polpette che ho fatto, che di già assomigliano a cibo per cani, lo diventeranno davvero”. La giovane dai capelli color del miele si alzò. Sorrise fiduciosa alla sorella. Ma Dawn capì. Qualcosa stava tormentando Buffy e, fra i tanti miliardi di cose che l’avrebbero potuta preoccupare, non seppe quale scegliere. Decise che non avrebbe forzato la mano. Avrebbe aspettato una sua mossa. Inoltre l’indomani avrebbero rivisto Willow, Xander e Angel. Magari con uno di loro si sarebbe aperta. Dawn avrebbe aspettato quel momento e… beh, avrebbe origliato.

 

Buffy quel pomeriggio prese il coraggio a due mani ed entrò dal parrucchiere dando una spuntata alla sua folta chioma; non ancora soddisfatta, e decisa più che mai a non pensare alle sue paranoie, andò dall’estetista, dove cercò di rilassarsi mentre una signora di mezza età ben curata, le trattava il corpo con creme e massaggi. Rientrò a casa per cena e trovò Dawn che aveva smesso in quel momento di preparare gli involtini primavera. Cenarono tranquille, raccontando ciascuna la propria giornta, evitando con cautela di toccare la spaccatura che si era creata prima di pranzo.

“Ho chattato con Willow oggi pomeriggio” disse Dawn addentando un pezzo di pane. “Ha già preparato la stanza degli ospiti”

“Conoscendola ci avrà preparato una festicciola di benvenuto. Sai, torte, biscotti e bibite… il tutto annaffiato dalle battute di Xander”

“Non vedo l’ora, Buffy. Sono così contenta che tu abbia deciso di andare a Los Angeles!”

“Abbiamo bisogno di ritrovarci… vedrai, ci divertiremo”

“Tu di certo. Non è che hai qualche intenzione malsana con quel vampiro, eh?”

“Dawn… io ed Angel siamo amici… buoni amici… anzi forse è come se lui fosse un prete per me.. cioè, non è un prete nel senso della parola, anche se è casto come un bambino per via della maledizione, ma…. ma ha la stessa capacità di ascoltare e di dare consigli… lui mi sa ascoltare e mi capisce…. Mi rincuora, mi conforta.”

“Hai bisogno di essere rincuorata?”

“Un po’… forse… ma non è come pensi” aveva aggiunto vedendo la sorella triste, ora. “Anche tu mi ascolti, anche tu mi conforti… è che Angel è più distante da me… mi è più facile… tu invece mi sei dentro… sei così vicina che alle volte ho bisogno di nascondermi.. per potermi ritrovare… non so se hai capito… non sono brava a spiegare ciò che provo”. Improvvisamente il pensiero volò a Spike… nemmeno con lui c’era riuscita… ed ora era tutto perso nel vuoto degli anni rimasti.

“Ho capito benissimo Buffy… ti ho capito..”. Dawn ora sorrideva. Non le portava rancore.

Dopo un paio d’ore dormivano entrambe. Buffy, malgrado l’incubo della nottata precedente, era stata sopraffatta dalla stanchezza ed era scivolata senza difese nell’oblio della mente.

 

 

Los Angeles

Angel tornò alla W&H che il sole era tramontato da un pezzo. Aveva accompagnato prima Wesley a casa e si era diretto nel suo ufficio. Il colloquio avuto nel pomeriggio lo aveva tranquillizzato e gli aveva dato ragione solo in parte. L’incantesimo su Spike era a posto, in funzione. Ma l’ascia aveva risvegliato in lui ricordi troppo legati alla sensività. Erano segni impressi e profondi, impossibili da cancellare. Il suo olfatto, la sua vista, il suo udito e il suo tatto ne erano stati marchiati a fuoco. Comunque, la strega l’aveva rassicurato che quei flash sarebbero rimasti solo quello: dei flash e nulla più.

Angel aveva avuto ragione però su una parte: tutto era collegato, una qualche forza mistica si stava muovendo e i segnali non facevano sperare in niente di buono. Dovevano solo capire il ruolo che l’ascia e Spike avevano in tutto questo. La strega gli aveva assicurato che se ne sarebbe occupata al più presto.

Angel aprì la porta dell’ufficio. Le altre stanze erano ormai vuote. Fred lo stava aspettando, seduta, il viso appoggiato alle mani, persa nei suoi pensieri. Davanti a lei, la scatola di cartone con dentro l’ascia che pareva brillasse di luce propria.

“Ehi!” aveva sussurrato lui. La penombra della stanza lo portò a parlare quasi sottovoce. Si avvicinò alla scrivania e accese la abat-jour.

“Ehi” rispose lei, alzando il volto stanco. Angel si sedette sulla sua sedia.

“Come sta Spike?”

“Meglio. L’ho accompagnato a casa. Dice di non ricordarsi niente, ma non so se sia vero. Alcune volte dice una cosa, quando invece è un’altra…”

“Ne so qualcosa..”. I due si guardarono. Non avevano mai parlato da soli, prima di allora. Erano amici, ma non così in confidenza da parlare delle loro vite. Lavoravano per lo stesso scopo e facevano del bene. Il resto era sconosciuto.

“Ma non sono qui per parlare solo di Spike. E’ successo qualcosa, dopo l’incidente al laboratorio. Guarda.” Disse la ragazza prendendo l’ascia e porgendola al vampiro.

“Qui, sull’impugnatura” continuò indicandogli il punto esatto con un dito. Angel avvicinò l’arma alla luce. Erano apparsi dei segni scalfiti su quel duro materiale, segni che prima non c’erano.

“Sembrano strani segni, forse un antico alfabeto..”

“Sì, lo credo anch’io. Solo che non capisco niente di cose mistiche accadute miliardi di anni fa, magari ancora prima che l’uomo comparisse sulla faccia della terra.”

“C’è bisogno di un esperto” disse il vampiro alzandosi in piedi, continuando a tenere l’ascia tra le mani.

“Wesley?” domandò la ragazza.

“No. Stavolta mi serve qualcuno che sia ancora di più preparato e che pratichi pure la magia. .. eh sì, credo proprio che tornerò a trovarla” aggiunse dirigendosi verso la porta. Si fermò prima di uscire e la guardò.

“Vai a riposarti. Ne hai bisogno. E rimetti in sesto Spike. Credo avremo bisogno di lui…. Oddio, quanto soffro ad ammetterlo! Non ne fare parola con lui, eh?”aveva ironizzato Angel.

Fred annuì sorridendo, poi lo vide scomparire dietro la porta che si chiudeva.

-sono veramente l’uno l’opposto dell’altro… ma entrambi campioni..- pensò la giovane alzandosi, illuminata dalle luci della città che entravano a forza dalla grande vetrata.

 

 

[WIP]