AGE
OF AQUARIUS
Author:Carmilla
Summary: L’Era dell’Acquario stava entrando….
Genre: one-shot
Fandom: Buffy
The Vampire Slayer
Timeline:
Pre-series BTVS
Rating: R for sex
and violence and language
Pairing: Spike/OC
(sort of)
Disclaimer:
Appartiene tutto a Joss Whedon, alla Mutant Enemy, alla Fox. Non scrivo a scopo
di lucro e non intendo violare alcun copyright
Feedback: Non
fatemi supplicare che non è bello.
Nota: Questa è la 11° fanfic scommessa. Il challenge proposto da Kaz era: “30 fic in 30 giorni. Gli
altri ti dicono cosa scrivere e tu lo scrivi.”
Cosa ha chiesto: Woodstock. E la
spiegazione della frase: “Io c’ero. Ho mangiato un Figlio dei Fiori e ho
passato le sei ore successive a fissare la mia mano”.
Per Laura. Perché ogni volta che la incontro o parlo con lei vedo la
“vera” effulgenza.
Cosa ha chiesto: “Stavolta non te la caverai facilmente. Voglio Spike. E
una MarySue. E voglio che siano gli occhi di Lei a raccontare le gesta di Lui.
E…Carmilla? Lei non deve essere simpatica.”
Per Marianna. Perché le sue richieste sono sempre SFIDE per me. E perché
non si accontenta mai.
Woodstock, 1969.
Era arrivato di notte.
Su una DeSoto relativamente nuova, del 62’ o 63’, nera ma
mal tenuta. E con i finestrini dipinti.
Nera la macchina, neri i jeans, neri gli anfibi di tipo
militare che avevavo fatto inarcare alla Famiglia più di un sopracciglio ma si
era nella fase Pace&Amore e dare del ‘fottuto fascista’ a qualcuno non
sarebbe stato molto amorevole, e
quindi la Famiglia si era limitata a qualche occhiata di disapprovazione e a
qualche commento sottovoce.
Quando per la prima volta avevano visto il suo volto, era
sceso il silenzio.
Pallido, così pallido,
ma in un certo senso il pallore non faceva che accentuare l’impressione che Lui
fosse completamente fuori posto, fuori luogo e tempo, fuori TUTTO con quei
capelli biondi, zigomi taglienti e una bocca….
E c’era anche il modo in cui lui si muoveva, come se scivolasse fra le persone, fra i corpi
accavallati, perché di giorno si ballava, si cantava, si faceva l’amore, ma la
notte era diversa, era fatta per i pensieri elevati, per cambiare il mondo, per
fumare la pipa o provare a mescolare pillore blu e viola e tentare così di raggiungere l’arcobaleno.
Aveva parcheggiato vicino al loro camper multicolore e la sua macchina
sembrava una pantera accanto ad uno stupido, chiassoso elefante.
Era uno Straniero.
Come lei.
La prima volta che lo vide al laghetto artificiale fu la
sera seguente dopo il suo grande scontro con
Al, da lei perso per knock out.
C’era in Irina una mansuetudine di fondo che pareva attrarre
inesorabilmente i prepotenti, e il suo
prepotente del momento era un ubriacone di origini scozzesi di un metro e
novanta chiamato dalla Famiglia “Long Al” che minacciava molto, citava
scorrettamente Bakunin, e si era fatto buttare fuori dalla facoltà di Chimica
dell’UCLA per la sua disinvoltura
proletaria nel maneggiare sostanze illegali.
Era l’Uomo della Pioggia della Famiglia.
Il loro Dio-Psichedelico.
Era un bastardo, rosso di capelli e con crudeli occhi
azzurri.
Quando lui e Irina uscivano insieme luccicanti dall’acqua,
parevano appartenere a una razza diversa da tutti quelli che stavano loro
attorno e le loro espressioni ardenti ti facevano capire che lo sapevano.
Quando partivano bruscamente per il camper, mano nella mano, senza dir niente a nessuno, sentivi
l’urgenza del loro desiderio come una sofferenza che avevi patito ma solo
raramente condiviso.
Ma quando si picchiavano-come era successo- il loro rancore
scatenava un tale uragano che sembrava quasi osceno ad animucce tenere come Willy, Paul o Lucy che preferivano
sgusciare via fino a che la tempesta non fosse passata.
Irina non era certo la più graziosa delle ragazze, ma
irradiava sessualità e insieme un’inguaribile benevolenza che i suoi atteggiamenti aggressivi e
provocatori non riuscivano a nascondere del tutto. Magra, al limite dell’anoressia,
con un naso lungo e forte, -la mia
fottuta eredità russa-, proclamava, orgogliosa o infuriata a seconda di
quanto aveva bevuto, con un viso prematuramente incupito, ora infantile e
l’attimo dopo così vecchio che ti venivano i brividi pensando a quali
esperienze di vita doveva aver avuto.
Era la loro trovatella e la loro madre, quella che teneva i
conti per la benzina ed il cibo e sapeva dov’erano la lozione contro le punture
d’insetti e il cerotto per chi si
feriva al piede.
Ed era anche la loro coscienza, pronta a sgridarli per qualche
reato, reale o immaginario, di sciovinismo, sessismo o apatia occidentale.
Infine era la loro incontrastata prima donna.
Quando calava la sera e le note dal palco si affievolivano
come stelle troppo lontane era Irina che suonava la chitarra, sin troppo bene
per le loro voci, Irina che conosceva le canzoni popolari di protesta e le
cantava con voce rabbiosa e mascolina. In altri momenti poltrivano tutti
assieme in cupe riunioni, fumando marijuana e bevendo scadente vino
californiano.
Tutti tranne Irina, che se ne stava per conto suo, come una
che da tempo avesse bevuto e fumato tutto ciò che le serviva.
Intanto la Famiglia si dedicava a recitare piccoli drammi a
proprio esclusivo beneficio, e c’era nell’aria quella sensazione di petardi bruciati, di una fine vicina, fine di cosa
ancora non era ben chiaro, ma le voci disperate sul palco che si erano
accavallate avevano parlato della Fine dell’Uomo, di Dio, del Mondo, di un’Era
o semplicemente di un altro giorno. Anche
noi stiamo finendo, pensò Irina con lucidità, i piccoli matrimoni all’interno della Famiglia si stavano
sfaldando e a salvarli non bastavano le nuove combinazioni, con Lucy che
pensava di essere incinta, ma lo pensava spesso e con ragione, e Willy geloso
di Paul e Al sempre più irrequieto e violento che si faceva di tutti gli acidi
che poi rivendeva “perché non era uno
stronzo fottuto capitalista e lui ci pensava al prossimo”.
Cazzo, Irina aveva un’occhio nero che testimoniava quanto
lui ci PENSASSE al fottuto prossimo.
E così si era rifugiata al laghetto per leccarsi le ferite e
Lui, lo Straniero, era lì disteso accanto ad una delle sponde con una sigaretta
in bocca, una bottiglia di whisky e con indosso solo i jeans.
Accanto a lui uno dei ragazzini che gravitavano attorno alla
Famiglia, Jack, John, no Joey con una
massa di riccioli i cui occhi grandi e scuri e i lineamenti troppo marcati
tradivano un’origine latina.
Ispanica o forse italiana.
-Te lo dico io, amico. Quelli sul palco? Tutta merda, amico. Sono già passati e neanche lo sanno. La musica
non è quella lagna che si sente per
radio o sui fottuti dischi. La musica è sangue e sperma, amico. E’ viscere e
ossa ed è mandare a fanculo tutto, amico, questo cazzo di mondo, questo cazzo
di sistema che si piscerà nelle mutande quando sentirà la vera musica. Contaci, amico.-
E c’era stata una lieve increspatura nell’immobilità dello
Straniero alla menzione del sangue e della violenza, simile al movimento delle
acque in un lago che sai che c’è
stato, ma potresti giurare di averlo
visto?
Irina non ne era sicura, ma ora il corpo quel corpo così
bianco e liscio sotto la luce della luna si era leggermente voltato verso
l’altro, un eclatante gesto di considerazione e Irina al posto del ragazzo si sarebbe prostrata a terra per un tale
segno di favore e di attenzione.
Ma Jack no..Joey non se n’era accorto, immerso in sogni di
musica e gloria e di ragazze che gli
avrebbero fatto lavoretti con la bocca in limousine
e continuava il suo monologo, ignaro di aver trovato il Santo Graal, di aver
colto l’attenzione dello Straniero ed Irina avrebbe voluto urlargli e
picchiarlo perché aveva l’occasione e, Cristo,
la stava sprecando.
-E sarai TU a cambiare il Sistema?- La voce dello Straniero
era profonda, liquida e Irina pensò, no seppe
che prima di lei intere folle avevano adorato quel Dio d’oro e d’avorio, solo
per sentire la sua voce che fondeva il metallo, che si insinuava nelle ossa e
che ti faceva venire senza toccarti.
-Puoi scommetterci il culo, amico. Con mio fratello ed un
paio di amici stiamo mettendo su una band,
e gli faremo venire le emorroidi a questi stronzi, tanto saremo duri. Te lo
dice Joey Ramone, amico e te lo puoi scrivere sulle palle a lettere di fuoco.-
C’era una tale convinzione nel tono del ragazzo, che persino Irina per
un’attimo CREDETTE. E forse anche lo Straniero avvertì qualche cosa, una nota
alta, di quelle sincere, perché
lanciò una lunga occhiata alla figura dinoccolata accanto a lui ed esalò
lentamente il fumo.
-Può darsi, Ragazzo. Può darsi.- Ed in quel momento Jack, no
merda, Joey sollevò lo sguardo e si
illuminò perché Irina gli piaceva e le aveva messo una mano fra le gambe il
primo giorno, quando l’aveva conosciuta.
La cicatrice delle unghie di lei sulla sua guancia non si
era ancora rimarginata.
-Ehi Irina, dì ciao a Spike.-
E lei fu perduta.
Non lo vedevano mai di giorno. Solo dopo il tramonto
compariva improvvisamente, con l’onnipresente sigaretta fra le labbra ed il
whisky. Al la conduceva spesso nel camper dove facevano ardentemente ed
appassionatamente l’amore.
Quando tornavano, lui di solito era sparito.
Irina si sentiva infelice perché era infedele al suo amante
segreto.
Si domandava se fare o no un giro intorno per ritrovarlo.
Non essendo riuscita a comunicare con lui di giorno, aveva
deciso che era fatto per l’Oscurità.
La notte al laghetto c’era sempre.
Senza
mai guardare, senza mai prestare la minima attenzione a loro. E tuttavia
seguiva ogni sua mossa, e lei lo sapeva, se non altro dall’inclinazione e
dall’immobilità della sua bella testa.
Tu per me, pensava. Io per te; questi bambini non capiscono.
E’ venuto a prendersi
la mia anima,
rifletteva Irina ancheggiandogli davanti spavalda, per dimostrargli la propria
immunità.
Ma quando mai gliela
ho promessa?
Il mattino dopo Irina non uscì dal camper. Nel cuore della notte
la violenza della sua ossessione l’aveva prima divertita e poi
spaventata, e al risveglio era ben decisa a farla finita. Sdraiata accanto al
corpo possente di Al, si era immaginata follemente innammorata di un uomo a cui
aveva malapena rivolto la parola.
A sedici anni stupidaggini simili sono tollerabili; a
ventisei erano indecenti.
Raggiungendo
al Famiglia per pranzo, apprese che in sua assenza lo avevano battezzato
l’Inglese.
In questo non c’era niente di strano: La Famiglia affibbiava
un nome a chiunque attirasse la loro attenzione. Seduta, Irina assisteva
arcigna al loro rozzo annettersi della sua proprietà segreta. Seppe che Lucy
gli si era offerta. E anche Paul, con grande dolore di Willy.
Entrambi rifiutati.
Continuarono a far congetture anche nel pomeriggio.
L’Inglese era un voyeur; era un
ladro, un esibizionista, un culturista, un travestito, un conservatore. Ma
toccò ad Al, che si sentiva minacciato quando si elogiava qualcuno senza la sua
approvazione, il compito di esprimere il giudizio definitivo: -E’ un fottuto segaiolo.-, tuonò, con un ghigno
all’angolo della bocca e si risucchiò i denti anteriori per sottolineare la
propria perspicacia.
Ma l’Inglese si mostrò sordo a tutti questi insulti come
nemmeno Irina avrebbe potuto desiderare; al punto che, del tutto intontiti
dall’alcool e dal fumo, cambiarono idea e decisero che era un “duro”, il loro massimo complimento.
A questo clamoroso cambiamento li aveva portati ancora una
volta Al.
L’Inglese non si era lasciato turbare da loro e neppure
attrarre, ergo, era un “duro” come lo
stesso Al.
Lo dicevano il suo territorio e la sua presenza; non c’è
nessuno che mi comandi, è qui che mi sono accampato.
Duro, insomma.
Bakunin gli avrebbe dato un
bellissimo voto.
Irina lo osservava. Ricordò il suo corpo snello e possente
che si apriva un solco nelle acque del lago. Ricordò i suoi occhi, la
voce, e quello strano sorriso che non
aveva più rivisto dalla notte in cui Joey li aveva presentati.
E ricordò quante volte le era venuto in mente che, se mai
lui si fosse lasciato andare, l’esplosione sarebbe stata assordante.
Sarebbe stato quella notte, decise.
E, in un certo senso, quella FU la notte.
Ma prima ci fu la Ragazza con la Bambola.
E poi il problema con Al.
Avevano
già iniziato a smontare il palco ed un lungo torpedone di macchine si snodava
come un serpente dai mille occhi luminosi.
Domani molti sarebbero ritornati alle loro vite, alla
quotidianità di casa, studio, lavoro, famiglia e questo sembrava un destino
peggiore della morte.
La Famiglia aveva deciso di chiudere in grande stile e Al,
che aveva battezzato la sua ultima fatica Il Volo dell’Angelo, in un eccesso di
generosità ne aveva distribuito campioni gratuiti a tutti. Dietro le palpebre Irina
vedeva mille colori scintillanti.
La Famiglia pensò dapprima ad un’allucinazione collettiva
quando vide la ragazza dai lunghi capelli neri e dal vestito bianco così antico, che volteggiava al ritmo di una
musica che solo lei udiva.
E una voce sottile come un campanellino, piena di gioiosa
ferocia che mormorava forse al cielo, forse alla bambola tutta trine e pizzi
che aveva in braccio:- Senti, Miss Edith? Le stelle parlano stanotte. Chiamano
il mio Cavaliere di Coppe. Chiamano il Cambiamento. Ed è così dolce…così dolce…Shhh. E’ un segreto, Miss Edith.
Lei non vuole dirlo. Lei conosce il suo nome e pensa di possederlo. Ma la Notte
è appena iniziata e Mammina ti regalerà tante nuove compagne.-
-Dru!- La voce di lui tagliò l’aria ed il cuore di Irina
perché c’era TUTTO in quel nome.
Affetto, devozione, amore.
Eternità.
La Ragazza con la Bambola si gettò fra le braccia di lui,
due pedine in bianco e nero illuminate dalla luce della luna, eterei ed
irreali, fronte contro fronte, ignari di tutto e tutti.
Irina si sollevò di scatto e corse via verso il lago, sorda
ai richiami di Lucy e alle bestemmie di Al che era inciampato per seguirla.
Il sacchettino con tutti i soldi e gli acidi di Al
scivolatole dal grembo bruciò velocemente nel falò.
-Dov’è LEI Spike? E’ così piena di fuoco e Miss Edith vuole
giocare con lei.-
-Colomba
abbi pazienza. Non hai giocato abbastanza con gli altri?-, le rispose lui
premuroso, leccando la goccia di sangue vermiglio che dimorava all’angolo della
bocca di lei.
Rifugio di Perfezione.
-La bionda urlava così dolcemente
ma Miss Edith vuole conoscere la Fiamma.-
-E la conoscerai,
Dru. La caccia è stata lunga ma ne è valsa la pena.- La luna schiariva i colori
e il sangue sul vestito di Drusilla assumeva la forma di arcani, esoterici
ghirigori simili al piumaggio di uno strano uccello esotico.
I due amanti si incamminarono
tranquillamente verso il laghetto.
All’inizio Irina non si rese conto di cosa le stava urlando
Al. Poi, nella nebbia confusa, una lama di dolore,
così puro ed accecante e il mondo ritorno improvvisamente a fuoco, con Al che
le torceva il braccio dietro la schiena e le gridava contro. –Te l’avevo detto
di metter tutto in quella tua fottuta borsa, stupida troia. Era tutto lì, soldi
e pillole e io ti ho detto “Prendili e mettili nella tua borsa, Irina”. Perché
i maschi, a meno che non siano dei piccoli finocchi con il cervello bacato come
i nostri Willy e Paul, i maschi non portano borsette, cara, non è così cara? E
allora dove li hai messi, ragazza, dove? Nel tuo fottuto grembo. Ed ora sono puff, STRONZA! Non è così che si mette
freno allo sciovinismo maschile, per quanto si possa essere gelosi del successo
del proprio ragazzo. TROIA!- E Al strinse
ed Irina sentì uno schiocco sordo e il fiato le si blocco in gola.
-Spike l’ha rotta.
Lo dobbiamo punire?- Irina era accasciata a terra, il dolore che le impediva di
respirare.
L’uomo non li vide nemmeno arrivare e Irina sentì un suono orrendo, un risucchio che durò per un tempo indefinito e poi l’espressione sorpresa di Al le si parò di fronte. Con la
sua testa.
Il corpo
era a qualche metro di distanza.
-Ed ora giochiamo!-,
esclamò la donna? mostro? battendo le
mani e sorridendo selvaggiamente.
-Vieni Fiamma, giochiamo.- E l’espressione di lui fu quanto
di più vicino all’amore che Irina
avesse mai visto in tutta la sua vita.
L’Era dell’Acquario stava entrando.
Fine.