END OF DAYS

 

 

AUTHOR:Carmilla.
SUMMARY: Terribile è la collera dell’uomo paziente.
RATING: R.
TIMELINE:  Post Chosen. Poi AU.
PAIRINGS: None
SPOILERS: un po’ di tutto, qua e là

DISCLAIMER: Appartiene tutto a Joss Whedon, alla Mutant Enemy, alla Fox.
Non scrivo a scopo di lucro e non intendo violare alcun copyright
FEEDBACK: Ceeerto che si!! Tanti, buoni, brutti, cattivi, perfidi..insomma  “In bene o in male purchè se ne parli!”

 

 

 

 

Cosa ha chiesto: “Un maxidrabble, Mircalla. 1000 parole o anche meno. Vediamo come te la cavi”.

Per Dorotea. La più “anglosassone”, nelle sue richieste.

 

                                                                                                         

 

 

Terribile è la collera dell’uomo paziente.

                                                                                             Antico proverbio spagnolo

 

Parole utilizzate: 974

 

 

Respirò a pieni polmoni, l’aria  pungente, pulita che sembrava affinare i suoi sensi, renderlo più percettivo nei confronti del paesaggio circostante.

Nubi soffici che gli ricordavano lo zucchero filato, l’odore di resina e muschio, odore di terra e di eternità, con pini dalle cime maestose che delimitavano la radura da dove osservava, da due giorni, il bosco e la vallata sottostante.

 

Giorni di pace.

 

Il camper sembrava fuori posto lì, pesante elefante meccanico, leggermente inclinato verso sinistra e non per la prima volta pensò che avrebbe dovuto al più presto controllare le gomme.

A meno che non fosse un problema con l’asse, e allora sarebbe stato un vero guaio.

Il denaro iniziava a scarseggiare e non era il periodo adatto per i lavoretti stagionali, con le montagne che già incominciavano ad imbiancare e le mattine che portavano con sé non ancora l’inverno ma la promessa dell’inverno, almeno fino al momento in cui la piccola caffettiera non iniziava a fischiare ed allora il gelo lasciava il posto al tepore della bevanda.

 

Dio C’è ed ha Inventato il Caffè.

 

Gli posso perdonare il resto.

O quasi.

 

Sorrise a se stesso, immaginandosi per un attimo nelle vesti di uno di quei predicatori televisivi che tanto piacevano a sua madre a predicare dal pulpito L’Essenza Divina del Blue Jamaican (40 dollari all’oncia l’ultima volta che aveva controllato) e a convincere con voce tonante e con Occhio Imperioso (il singolare d’obbligo, of course) i vari Jack, BobbyLou e SueEllen a pregare per la Salvezza del Mondo e… Fratello-metti-le-mani-sullo-schermo-e-guarirai!

Il rumore di un ramo che si spezzava e la realtà ritornò in pieno technicolor e con essa un odore dolciastro, lievemente nauseante.

Non si voltò perché sapeva cosa c’era dietro di lui, come aveva saputo di Anya nel momento in cui Andrew si era avvicinato, con quella andatura goffa e scoordinata che lo contraddistingueva, ma gli occhi del piccolo nerd avevano cercato proprio lui e ci poteva essere un solo motivo, un solo motivo per quello sguardo.

Sei lento, gli avevano detto fin dall’infanzia.

Sei un ritardato e un buono a nulla, gli avevano urlato i suoi genitori per tutta la vita.

Ma Xander aveva sempre saputo che non era del tutto vero che, con la giusta motivazione, con il giusto incentivo era capace di afferrare le situazioni al volo.

E prendere decisioni.

Così, nei pochi istanti necessari ad Andrew per avvicinarsi, aveva deciso di soffocare tutto, di apparire commosso ma non troppo, di giocare per l’ultima volta allo StupidoXander, un ruolo che aveva recitato benissimo per sette anni, perché, anche se gli altri sembravano quasi sommersi dall’enormità di ciò che era accaduto, dalla fine della battaglia, non voleva correre rischi.

NESSUN rischio.

Ergo la sua risposta idiota ad Andrew quasi a  minimizzare, no svilire quello che c’era stato fra lui e Ahn.

 

La notte stessa era andato via.

Da solo.

Con una sacca piena di libri di magia.

 

 

 

Il suono dietro di sé si ripetè, più netto e Xander si disse che il Mostro (perché solo i Mostri si avvicinano alle spalle, gli aveva confidato Jesse quando avevano sette anni e il suo futuro non era ancora cenere) era stanco della sua immobilità e ricercava una reazione.

Voltandosi lentamente, Xander colse in una singola occhiata  la bestia semiaccovacciata, le zanne insanguinate e il fagotto che trasportava sulle spalle muscolose.

 

Fagotto che si muoveva.

 

 

Con gesti calmi, misurati, prese un grosso tizzone ardente e si avvicinò cautamente al Mostro, che ringhiò sommessamente.

E lasciò cadere la sua preda, arretrando leggermente.

 

 

 

I primi tempi la solitudine lo aveva divorato vivo.

 

Gli incubi erano di due tipi i primi, più confusi e generici, lo lasciavano sudato e tremante, in preda a spasmi che potevano andare avanti anche delle ore.

I peggiori erano quelli che lo gelavano nel profondo, Caleb e il plop dell’occhio.

L’alcool aiutava, anche se di poco, ma Xander sapeva che ci sarebbe voluto del tempo.

 

E il TEMPO era l’unica cosa che aveva in abbondanza, ora.

 

 

 

Il Mostro lo osservava, immobile, quasi sfidandolo ad avvicinarsi.

Il fagotto gemette brevemente ed allungò quella che un tempo era stata forse una mano(?) mormorando suoni sconnessi, indecifrabili ma che si riducevano ad un’unica, singola parola.

 

 

Aiuto.

 

 

-No.-, aveva risposto quietamente Oz la prima volta che glielo aveva chiesto.

-No.-, aveva ripetuto la sera successiva, e così le altre, sempre con quel tono dolce un po’ velato che era il segno del nuovo Oz, Modello Post-Tibet, pensava Xander.

I giorni erano scivolati con lentezza nell’aria piovosa di New Orleans e, quando dalla baracca dove si erano sistemati si riusciva a cogliere il riflesso dei fuochi accesi accanto al fiume, a Xander sembrava di vivere in un limbo.

Governato dal ritmo della musica cajiun.

 

Ma c’erano le notti.

 

Ed una notte in cui i suoi sogni avevano assunto una tinta rosso-sangue, di quel colore che fa male agli occhi, e le voci di Jesse, di Larry, di Jenny Calendar, di Anya, dei suo compagni di classe non sopravvissuti al Giorno del Diploma erano più forti, più insistenti, una mano sulla spalla gli aveva fatto aprire gli occhi.

Oz era nella penombra  e la sua voce più quieta del solito. – Stavi urlando, Xander. Come… se ti stessero spuntando denti in tutto il corpo.-

Xander aveva deglutito ed annuito, certo che in quel preciso momento le parole fossero di troppo.

Oz aveva sospirato.

E poi aveva detto di sì.

 

Il fagotto-essere strisciava ora verso Xander, rantolando pesantemente.

La pelle era spaccata in più punti ed il rumore delle ossa…nichelini in un salvadanaio.

TANTI nichelini.

Un gorgoglio nel disperato tentativo di sollevare la testa.

I due sguardi si incrociarono.

Xander sorrise.

-Per Anya.-

E conficcò il tizzone nell’occhio di D’Holfrynn, spingendolo fino al cervello.

 

La Bestia ululò.

 

Xander si strinse nel giubbotto e gli accarezzò la testa.

-Grazie di tutto, amico. Ora possiamo tornare.-

 

L’inverno era arrivato.

 

 

Fine.