Autrice: Tizy
Periodo di
Produzione: Luglio
2006
Disclaimer: appartiene tutto a Joss e
Co.
Genere: Storia breve, pensieri di
due persone che si incontrano in un momento imprecisato, comunque successivo a
Not Fade Away.
Coppie: E chi volevate che fossero?
Rating: Nc 17 per linguaggio per
così dire scorretto e scene di sesso accennato. Ho pensato che era meglio
andare sul sicuro.
Lei
Sono nervosa, più che nervosa, sono…non lo so neanche
io come sono. Ho il cuore che mi batte forte nel petto, il respiro che mi si
mozza nella gola. Sento le mani sudare e le gambe tremare.
Ho affrontato di tutto, sono morta due volte. Ho
conosciuto il paradiso e anche l’inferno. Ho vissuto sull’inferno per sette anni. Ho amato, pianto, perduto. Mi
sono perduta…e poi ritrovata.
Mi sono sempre sentita sola, incapace di condividere
con gli altri quello che avevo dentro…fino ad una notte, in cui…per la prima
volta, qualcuno è riuscito ad annientare tutti i muri e le barriere che mi ero
costruita intorno.
Lui.
L’ultima volta che l’ho visto, era in un fascio di
luce. Tutto attorno a me crollava ma io riuscivo a vedere solo lui. Sapevo cosa
mi stava donando, la vita. Quella vita che avevo sempre voluto vivere ma che mi
era stata negata dalla mia missione.
E proprio lui, rendeva questo possibile.
Oh lo so che buona parte del merito va
all’incantesimo per risvegliare le potenziali. Ma a chi dovevo l’idea che mi
era venuta? A lui, e alle sue parole, che sciogliendomi dentro, mi avevano
fatto desiderare di non rimanere chiusa nella mia torre d’avorio, di
condividere…
Devo tutto a lui.
Gli dissi che lo amavo, ed era vero.
Non me la sono presa quando mi ha risposto che non lo
era, in quel momento, lo capivo come mai avevo fatto.
Unendo la mia mano con la sua, sentendo quel fuoco
avvolgerle entrambe, avevo compreso…tante cose…
Ma non c’era tempo per spiegarglielo, lui stava
morendo, lo sentivo, stava morendo per me, perché io potessi vivere. Il suo
ultimo dono, dovevo averne rispetto e così me ne sono andata come mi aveva
chiesto, ed ho fatto il possibile affinché il suo dono non andasse perduto.
Poi, ferma davanti al grande cratere in cui si era
trasformata la mia odiata città, ho sorriso…sperando che lui potesse vedere
quel sorriso e potesse capire che era un ringraziamento. Ero libera, non più la
prescelta, potevo finalmente scegliere della mia vita, e lo dovevo a lui.
Volevo che sapesse quanto apprezzassi il suo gesto.
Le lacrime potevano venire dopo, sono venute
dopo…quando ogni giorno che passava, la sua mancanza al mio fianco diventava
sempre più forte. Accadeva nei momenti meno impensati, e mi coglieva di
sorpresa, come la lama che mi aveva trafitta nella bocca dell’inferno. E
maledizione faceva ugualmente male.
E’ stato allora che ho capito un'altra cosa. Che lo
amavo davvero. Non solo per quanto aveva fatto per me, ma per lui stesso, per
come era, per chi era. Mi mancavano i suoi ghigni o le sue battutine argute che
tante volte mi avevano fatto sorridere anche se non avevo voglia.
Mi dicevo, tornerà, lui tornava sempre…
Ed intanto vivevo la mia nuova vita, assaporavo ogni
attimo che mi era stato donato, con la consapevolezza che lo dovevo a lui. E
con la speranza che un giorno avrei potuto raccontargli tutto quello che avevo
fatto.
Ma lui non è venuto.
Oh, per tornare era tornato, ma non è mai venuto da
me. L’ho odiato per questo.
Ma cocciuta come sono, ho deciso che non mi
importava, che se lui non veniva, bene, peggio per lui. Io avrei continuato per
la mia strada. Lo avrei ignorato come lui ignorava me.
E l’ho fatto, ho vissuto, concedendomi anche cose che
adesso mi sembrano solo pazzie, ma che mi hanno aiutata a migliorare a
crescere…a diventare un biscotto. Ora so chi sono, e so cosa voglio e
finalmente ho il coraggio di andare a prendermelo.
Ed eccomi qua, a Los Angeles.
Cammino per le strade che appartengono alla mia
infanzia. E’ qui che sono nata, è qui che è cominciata la mia vita di
cacciatrice, ed è qui che deve riprendere il suo corso.
Noto con interesse tutti i cambiamenti. Le rovine di
alcuni palazzi, mi fanno comprendere la gravità di quella battaglia a cui non
ho partecipato. Probabilmente lui si sarà divertito, conoscendolo so che è
così. Ha fatto la sua danza, anche se non con me.
I miei passi si dirigono sicuri verso un palazzo. So
che lui abita lì. Angel, passando da Roma prima di andare per la sua strada, mi
ha dato tutte le indicazioni.
Angel.
Strano come la vita cambi le persone ed i sentimenti.
Per tanto tempo lui è stato il mio punto di
riferimento. La pietra miliare che ha segnato buona parte della mia vita.
Angel era stato per me, quello che io ero per Spike,
l’unica cosa certa nella confusione della mia esistenza. Ma ora non è più così.
Non so nemmeno io quando la sua immagine ha incominciato a sbiadirsi nel mio
cuore. Forse nel momento stesso in cui ammisi che Spike ne aveva un posto.
Piano, lentamente, l’immagine del mio bel vampiro
bruno, è stata soppiantata da quella di un vampiro ossigenato.
Sorrido all’idea.
Riguardandomi al passato, mai avrei immaginato che quella
sottospecie di buzzurro, vanaglorioso e indisponente, avrebbe potuto
rappresentare tanto per me.
Il sorriso mi muore sulle labbra, quando mi trovo
davanti alla porta del suo appartamento.
Il nervosismo è tornato e mi passo le mani sudate sui
jeans per asciugarle, prima di prendere un profondo respiro e bussare, più
violentemente di quanto volessi.
I secondi che precedono l’apertura della porta, si
scandiscono dolorosamente ad ogni stretta dello stomaco, mentre attendo in
apnea.
Ed infine la porta si apre.
Lui.
Lui
Mi sveglio schioccando la lingua ed inumidendomi le
labbra aride. Aspetto ad aprire gli occhi, so che non appena lo farò, verrò
colto da una fitta atroce al cervello.
Il risultato di un ennesima sbronza.
E’ così che passo tutte le notti da quando sono
tornato corporeo, dopo essere uscito da quel maledetto amuleto. Vado fuori ad
uccidere un po’ di roba e poi finisco la nottata in qualche squallido bar di
demoni o in uno Strip bar a bere fino a quando i pensieri diventano confusi.
Ho più di centotrenta anni ed ho visto di tutto nella
mia vita e non vita. Sono morto due volte, la prima quando Drusilla mi girò, la
seconda nella bocca dell’inferno, ma ogni giorno continuo a morire un pochino,
anche se adesso, il mio cuore che batte nel torace mi dice che sono vivo.
Yeah! Sono fottutamente vivo.
Ma non un maledetto umano per fortuna.
Quegli stronzi avevano sbagliato a tradurre la
profezia. Non era l’umanità ad essere il premio del Campione, ma la vita.
Chi se lo sarebbe immaginato? Di certo non peaches.
Sono un fottuto vampiro che ora ha il cuore che batte e può stare al sole
e…sorpresa sorpresa…la mia vita eterna è finita nel cesso. Già, addio eterna
giovinezza, adesso anche io ho una data di scadenza. Gran bella ricompensa del
cazzo!
Beh, perlomeno adesso posso nutrirmi di qualcosa che
non sia il sangue, anche se di tanto in tanto una bella tazza me la faccio
ancora, giusto per ricordarmi cosa sono. Come se potessi dimenticarlo.
Avevo desiderato l’umanità? Sinceramente non lo so. A
parte che mi piaceva l’idea di fregare qualcosa a peaches. Avere finalmente
qualcosa che lui voleva e non poteva avere, invece mi ha fregato pure lì,
maledetto Angelus.
L’ho saputo dopo, che aveva rinunciato, il pirla. Ed
ora mentre mi stiracchio nel letto facendo attenzione a non fare movimenti
bruschi, mi chiedo se mai sarei riuscito ad essere il campione della
situazione, se avessimo giocato in parità.
Gran bella battaglia, mi sono divertito, comunque. Eh
eh…qualcosa alla fine sono riuscito a farla, in barba al grande condottiero. Il
drago che lui voleva tanto uccidere, me lo sono accaparrato io, mozzandogli la
testa con un colpo netto della mia ascia.
E quando ho ricevuto la ricompensa, ero al settimo
cielo. Per due giorni di fila mi sono messo a prendere il sole come una
lucertola su un sasso. Il risultato? Beh…mi sono decisamente scottato, parevo
un aragosta appena uscita dall’acqua bollente. Ed Angel rideva come un matto
accidenti a lui. Ma almeno adesso ho una abbronzatura da urlo.
Ma lentamente, il sole ha perso per me ogni
attrattiva, pian pianino sono tornato al mio elemento naturale, la tenebra.
Alzandomi strizzo gli occhi, per evitare la luce che
filtra dalle veneziane. E’ pomeriggio inoltrato. Grattandomi la pancia ed i
capelli, mi dirigo a passo stanco verso il bagno. Ho urgente bisogno di una
doccia, sto puzzando come una capra.
E mentre l’acqua calda mi scende sulle spalle,
rilassando i muscoli, mi chiedo perché. Perché non riesco a vivere alla luce
del giorno? Perché mi sento a mio agio solo nelle ombre della notte? Perché
continuo a fare la vita che facevo prima? Perché non sono andato da lei?
E mentre la schiuma dello shampoo mi finisce negli
occhi, facendoli bruciare, so anche le risposte a tutte queste domande.
Non sono andato da lei per tante ragioni, ma
soprattutto per una in particolare, paura. Paura di andare lì, vedermela
davanti e sentirmi dire che non mi ero sbagliato quando ho detto che non era
vero che mi amava.
La favoletta dell’eroe morto poteva valere per gli
altri, ma in verità so bene come stavano e stanno ancora le cose. Sono stato e sono un fottuto
codardo. Ho preferito ignorare che sapere. Ma non lo ammetterò mai con nessuno,
a parte che a con me stesso.
E la ragione per cui continuo a morire ogni giorno e
mi rifiuto di vivere nel sole, è che lei non è con me. Lei è stata il mio sole
per tanto tempo, illuminando con la sua luce le mie notti buie. Ed anche
adesso, quando sento il calore del vero sole sulla mia pelle, avverto la mancanza
di quello di lei che mi riscaldava più a fondo.
Uscendo dalla doccia e guardandomi allo specchio…yeah
altro regalino… vedo che i miei capelli stanno diventando un po’ lunghi e
dovrei anche rischiarirli, ma non me ne frega niente, perché è il volto di lei
che vedo riflesso, un volto che appartiene alla mia mente, alla mia memoria, ed
al mio cuore che ora batte.
Sono solo, come mai mi sono sentito. Anche Angel se
ne è andato, dicendo di voler risolvere una volta per tutte il suo problema con
l’anima ballerina. Ma non ci poteva pensare prima, dico io? No…riflettendoci
forse è meglio se non lo ha fatto, almeno per un po’ sono potuto stare al
fianco di Buffy, al suo posto. Altrimenti col cavolo che ci stavo.
Bravo Angel.
Dannato Angel.
Mi ha scritto una lettera mentre era in viaggio. E’
andato a trovarla! Maledetto, come ha osato andare da lei senza di me? In ogni
caso dal tono depresso della sua lettera, sembra che gli abbia dato buca. Bene!
Se lo merita quell’idiota. Anche se ora che ci penso, mi chiedo se il suo tono depresso, non fosse dovuto al suo
stato cronico, speriamo di no.
In ogni caso mi ha dato una fantastica notizia. Buffy
ha mollato di brutto l’immortale che già si vedeva sull’altare con lei. Ero
tanto felice di venirlo a sapere, che mi sono messo a fare il mio balletto
sexy, urlando al cielo come un matto e finendo alla fine a terra, privo di
fiato, già ora mi tocca davvero respirare…ma è stato un momento fantastico.
La scocciatura è quando devo correre dietro a qualche
demone. Bollocks. Non pensavo fosse tanto dura farlo quando hai necessità di
respirare. Ora ammiro di più Buffy, per come ha sempre affrontato ogni minaccia
che le si è parata di fronte.
E poi c’era quel post scrittum…
Yeah, latino. Grande lingua.
Me lo immagino peaches, che mordicchia la penna,
indeciso se scriverlo oppure no. Infine la sua anima dannata, deve aver deciso
per lui. Benedetti sensi di colpa. Io ora non ne ho più, chissà perché? Forse
aver salvato il mondo per un paio di volte, mi ha messo in pace con l’anima.
O meglio ero in pace, fino a quando non ho letto
quelle poche righe.
Buffy ha
voluto sapere il tuo indirizzo. Gliel’ho dato? Ho fatto bene?
Hai fatto bene? Non lo so. Una cosa la so di sicuro,
da quel momento per me è tornato l’inferno. Uomo, demone, anima, tutto in me si
è sentito ardere come nella bocca dell’inferno. Perché è incominciata l’attesa.
Ho perso il conto delle volte che ho pensato al
motivo per cui Buffy ha voluto il mio indirizzo. Per mandarmi una cartolina?
Naaa…Per sapere dove trovarmi in caso avesse bisogno? Questo è più probabile…
Non oso pensare ad altri motivi, ho smesso di sperare da troppo tempo.
Eppure, adesso, è questa la ragione che mi costringe
ad andare ad ubriacarmi ogni notte. Per quanto cerchi di non pensarci, non
riesco a togliermelo dalla mente.
Un colpo secco alla porta, mi distoglie dai miei
pensieri. Maledizione mi sono tagliato nel farmi la barba. Mi asciugo
velocemente sia della schiuma che della lieve traccia di sangue sulle mie
guance e vado verso la porta per aprire.
Sono nudo, a parte un asciugamano intorno alla vita
ma chi se ne frega? Non sono mai stato un tipo pudico, beh magari quando ero
William, chiunque sia alla porta, mi prenderà come sono. Così impara a venire a
bussare di prima mattina, anche se in realtà sono le tre e mezza del
pomeriggio.
Spalanco la porta un po’ bruscamente, scocciato, e mi
blocco.
Lei.
Lei
Lui.
Il fiato mi esce di botto, lasciandomi quasi
ansimante per carenza di aria.
Lui è…oddio è abbronzato!
Sapevo già della profezia, Angel mi aveva raccontato
tutto, ma un conto era pensarlo, immaginarlo, ed un conto vederlo.
Lui è così…
Oddio, il cervello mi è andato in pappa, non riesco
ad avere un pensiero coerente. L’unica cosa che riesco a fare è percorrere il
suo corpo con lo sguardo, incredula di averlo davvero qui, davanti a me.
E’ in una forma smagliante, quel minuscolo pezzetto
di spugna che cinge i suoi fianchi, non nasconde nulla che già non conoscessi.
Solo che adesso la sua pelle è di un caldo color nocciola, e questo maledizione
lo rende ancora di più attraente, dato che esalta l’azzurro acceso dei suoi
occhi, allargati dalla sorpresa di vedermi. La mia salivazione aumenta.
E la rabbia mi assale.
Me la sento bruciare dentro, all’altezza della bocca
dello stomaco.
Perché non
sei mai venuto? Vorrei urlargli, mentre lui silenzioso, si fa da parte per farmi
entrare.
Ed io entro, superando quella soglia lentamente,
mentre cerco di controllarmi e mi guardo attorno nel suo appartamento, per placare
quell’inferno che mi brucia dentro.
Carino come posto, ma non ha la stessa atmosfera che
aveva la sua vecchia cripta. Dio, ancora non riesco a credere di averla
definita confortevole. Era più di
questo, aveva stile, carattere, sapeva di lui
e l’ho amata e rimpianta per questo.
Invece questo posto è anonimo, come se potesse
appartenere ad un qualsiasi sconosciuto. Non vi percepisco la sua presenza, non
la sento vissuta, non la sento sua, punto.
Ed allora mi volto e lo guardo.
Lui è fermo, appoggiato contro la porta d’ingresso,
che ha chiuso senza che me ne accorgessi.
E la rabbia si scioglie.
Ed arriva la paura.
Perché non mi dice niente? Perché io non gli dico niente?
Possibile che sia arrivata troppo tardi?
Possibile che mi abbia dimenticata, che non mi ami
più?
Ed arriva la stilettata nel mio cuore, mentre dubbi
sempre più angosciosi, iniziano a popolare la mia mente.
Ed allora ricordo.
Lui una volta è venuto.
Anche se non da solo.
Anche se alla fine è tornato via…senza che potessi
vederlo.
E se lo avessi disgustato con la mia relazione con
l’immortale?
E se ora mi odia?
Quando Angel è venuto da me, mi ha fatto una delle
sue solite ramanzine alla Dawson, tutto sul genere geloso marcio. Mi ha chiesto
che diavolo mi passava per la mente per essermi messa con un demone come
l’immortale. Gli ho risposto che non erano affari suoi, che era
Avrei voluto chiedergli di Spike, ma ho capito che
non era il caso. Sarebbe di nuovo partito in quarta, già aveva fatto storie per
darmi il suo indirizzo. Ed ora mi chiedo, cosa abbia pensato Spike della mia
ultima relazione. Perché è il suo giudizio, che veramente temo, e se dovesse
farmi lui le domande che mi ha fatto Angel, non saprei cosa rispondergli.
La verità è che non so nemmeno io perché è successo.
Ed ora tremo, aspettando che lui dica qualcosa,
qualsiasi cosa.
Ma lui non lo fa.
Se ne sta fermo, immobile e si limita a guardarmi,
con quei suoi occhi incredibili ed in questo momento insondabili per me.
Ed allora le vedo.
Le sottili rughe attorno ai suoi occhi.
E non riesco a credere ai miei, rendendomi conto che
il tempo lo ha segnato.
O forse non è stato il tempo, ma le esperienze che ha
vissuto. Esperienze di cui non ho fatto parte.
E questo mi lacera dentro, soprattutto, quando noto
due linee più chiare su le sue braccia.
Ed improvvisamente sento come se i mie stesse braccia
venissero amputate.
Dio, amore
mio, cosa devi aver passato?
I miei occhi si riempiono di lacrime, che però riesco
a non versare. Sapevo di Dana e di quello che era successo e me ne sento
responsabile, perché sarebbe stato un mio preciso dovere andare di persona a
prenderla, invece di mandare quello scemo di Andrew, ma ancora non ero pronta
per vederlo.
Oh si, sapevo già che era tornato.
Non chiedetemi come, non lo so neanche io. Ma lo
sapevo.
Lo sentivo dentro e sentivo anche dove era. Forse,
quando le nostre mani si erano unite, avevano creato un legame fra di noi,
chissà. O forse, era solo il mio cuore che vedeva più in là.
Ma ho finto di non saperlo. Ho chiuso gli occhi e la
mente, ma soprattutto il cuore.
Ero ferita dalla sua defezione. Il suo non essere
tornato da me.
Se non fosse stato per il mio orgoglio ferito, forse
lui non avrebbe dovuto sopportare tante sofferenze, ed ora ne divento
improvvisamente consapevole e mi pento ancora di più.
Intanto, lui, sempre silenzioso continua a guardarmi,
e non mi sfugge quel lampo che attraversa i suoi occhi, vedendo i miei pieni di
lacrime, prima di abbassarlo verso terra, ed allora capisco.
Paura.
Lui ha paura. Ha la stessa paura, che gli avevo letto
quella notte nella cucina di casa mia, mentre mi diceva che la notte passata
insieme a dormire, era stata la più bella della sua esistenza e che ne aveva
paura.
Ed il mio cuore si apre, si riscalda, viene allagato
da emozioni che adesso so bene cosa sono.
Adesso so la risposta alla tua domanda, amore mio.
E so perché non sei venuto.
Perché la prima mossa toccava a me.
Sono io
quella che deve agire adesso.
Mi muovo piano, lentamente verso di lui, fino a
sfiorargli le labbra con le mie.
Sento il suo respiro ansimante, ora caldo, entrarmi
in bocca, mentre gli dico solo quattro piccole parole, lentamente, scandendole
con precisione.
<< Non…è…un…saluto. >>
E poi lo bacio, usando la lingua sia chiaro!
Le parole, le altre, verranno dopo. Ci saranno
spiegazioni da dare, dichiarazioni da fare, ma ora conta solo questo.
Conta solo lui.
Lui
Lei.
Lei è qui davanti a me.
Dimentico che ora devo respirare e rimango in apnea,
fino a quando la testa prende a girarmi ed allora esitatamente prendo un
respiro, lungo e lento e sento i miei polmoni bruciare.
L’attesa è finita.
Riesco a pensare solo a questo, mentre la guardo
fissarmi a sua volta.
Si, l’attesa è finita. Ma ora che accadrà, mi chiedo
con timore.
Ho visto i suoi occhi allargarsi di sorpresa, mentre
mi spogliava con lo sguardo. Non che ci sia molto da spogliare.
Yeah baby!
Sono sexy lo so. Mi verrebbe da dirle, con uno
dei miei soliti ghigni, ma l’indurimento che noto nel suo sguardo mi blocca. Ed ora che ho fatto?
Forse niente. Forse tutto. Forse le da fastidio il
solo fatto che esista ancora.
Ed ancora una volta, il suo atteggiamento mi ferisce,
ma cerco di non darlo a vedere.
Mi faccio da parte, senza emettere una parola. La
lingua o l’ho ingoiata non appena aperta la porta, o è completamente
paralizzata.
Esattamente come il mio cervello.
L’osservo entrare e guardarsi intorno. Lo so questo
posto è uno schifo, ma è tutto quello che ho, tutto quello che mi è rimasto…ma
ora mi sembra un castello, perché ci sei tu.
Anche se so che sei arrabbiata con me per qualcosa.
Anche se so che esiste la forte possibilità, che da un istante ad un altro mi
becchi uno dei tuoi bei pugni. In questo momento non me ne importerebbe niente.
Lo so che è pazzesco, ma ho sentito la mancanza anche di quelli.
Sono solo un fottuto masochista, ecco cosa sono.
E mentre mi sei passata davanti, non sono riuscito a
far a meno di inalare la scia del tuo profumo, che è penetrato come balsamo e
veleno nel mio corpo.
Richiudo la porta lentamente, e per un paio di
secondi ci poggio sopra la fronte, lasciando andare il respiro, per poi
riprenderne un altro velocemente, anche troppo velocemente.
La testa mi gira di nuovo e sono costretto ad
appoggiarmi con la schiena alla porta, per non cadere come una pera cotta a
terra. Gran bella scena sarebbe, svenire davanti alla cacciatrice. Non posso
cadere tanto in basso, non che in alcune occasioni non abbia fatto di peggio,
ma ora devo tenere duro. Sollevo orgoglioso la testa.
E intanto la guardo.
Dio, come sei
bella, amore mio.
E’ sempre uguale, ma allo stesso tempo diversa. Lo
so, lo sento e lo vedo nel linguaggio del suo corpo. C’è una nuova decisione in
lei, come se finalmente avesse capito chi è e cosa vuole.
E questo mi terrorizza ancora di più.
Lei si gira e mi guarda, ed allora cerco di chiudermi
dentro, di nascondermi in quell’angolino che mi sono creato in quest’ultimo
anno. Quell’angolino dove nessuno può raggiungermi, nessuno può farmi male.
Dove però è il mio dolore a regnare sovrano.
Anche questo l’ho imparato da te piccola. Ora capisco
perché ti tenevi tutto dentro, perché quello che c’è fuori può essere molto
peggio. Ora lo so.
E guardo i tuoi occhi restringersi nei miei, come se
stessero cercando di leggermi dentro.
Non posso, non posso permetterti di vedere.
Perché sei
qui? Vorrei
gridarti.
Perché per
l’inferno maledetto sei venuta?
Cos’è che
vuoi?
Il tuo
zerbino personale?
L’immortale
non si faceva calpestare a sufficienza?
O c’è solo la
solita apocalisse in agguato, ed hai bisogno di un campione?
Ma la mia bocca rimane serrata, le parole proprio non
vogliono uscire, perché chiedere, vuol dire poi avere delle risposte, ed io non
so se sarei in grado di accettarle.
Guardo la tua espressione mutare, da rabbiosa a
timorosa…e poi…poi attenta…
Si lo so sono cambiato, non sono più lo stesso,
nemmeno io mi riconosco più. Sembro la brutta copia di peaches. Maledizione a
furia di stare con lui, sono diventato depresso pure io. Senza considerare il
fattore anima.
William si è dato da fare nell’ultimo periodo, se
continuo di questo passo tornerò presto ad essere il classico sfigato e
sognatore che ero nella precedente vita. Maledizione!
Ed ora che diavolo succede? Perché i tuoi occhi si
sono riempiti di lacrime?
No, per
favore questo no, non me lo fare. Se ti metti a piangere non riuscirò a starti lontano.
Andrà a finire che ti prenderò fra le braccia per consolarti e non lo
sopporterei.
Perché potresti rifiutarmi.
Rispedirmi indietro.
E stavolta so con certezza, che il mio cuore si
fermerebbe in quell’istante, per sempre.
Oppure potresti lasciarti avvolgere nel mio
abbraccio, e stringermi a tua volta. Ma non so se sarebbe meglio o peggio.
Perché dopo non riuscirei mai più a lasciarti andare.
Maledizione
cosa vuoi? Perché continui a guardarmi con quello sguardo pieno di dolore negli
occhi e non dici niente?
Poi capisco…le mie braccia, stai guardando le
cicatrici.
Non è niente,
è passato…vorrei
dirti, ma ancora non riesco a spiccicare parola, soprattutto quando tu alzi lo
sguardo e mi fissi.
Io non resisto ed abbasso lo sguardo a terra. Non
voglio vedere la pietà che certamente ora è dipinta sul tuo volto.
Volevo tante cose da te Buffy, ma la pietà non è mai
stata una di queste.
Anche se, devo ammettere…che quando mi hai detto che
mi amavi…è stato bello.
Ma ora non ce la faccio più. Non riesco a starti
davanti e a non sapere cosa provi.
Vattene via
ti prego.
Spostami da
una parte e vattene.
Non voglio
più sapere perché sei qui. Non voglio sapere cosa vuoi da me.
Ho paura, non
lo capisci?
Sono
terrorizzato ed in preda al panico.
E ti sento avvicinare.
No, ti prego
stai lontana…
Sento la tua mano che si posa sulla mia spalla, ma
non mi spinge via, anzi mi tiene, con forza.
Ed il tuo profumo mi assale, allagando le mie narici
e puntando diretto al cervello, paralizzandolo.
E poi il tuo respiro.
Lo sento avvicinarsi alla mia bocca, le tue labbra sfiorare
le mie.
Che diavolo
sta succedendo? Sto sognando? Sono su Candid Camera?Sono vittima forse di un
atroce scherzo?
E sento le tue labbra muoversi, sillabando piano
qualcosa di cui non odo il suono.
Ed infine si impossessano delle mie, con forza, con
passione, con la lingua?!?
Ed ecco che finalmente quelle parole si fanno strada
nel mio cervello ormai quasi inservibile, realizzando la cosa per miracolo.
<< Non…è…un…saluto… >>
E partono i fuochi artificiali.
Ho capito cosa vuoi dire, il significato profondo
delle tue parole e vorrei piangere perché te ne sei ricordata.
E la gioia che mi allaga e mi fa battere forte il
cuore, è indescrivibile.
E maledizione, ora sono felice che batta, se deve battere
per te.
Ora avrei tante domande da fare, tante cose da dire,
ma chi se ne frega. Aspetteranno.
Perché ora conta una cosa sola.
Che è qui…con me.
Conta solo lei.
Conti solo tu.
Lui e Lei
Spike se ne stava disteso sulla schiena, nel suo letto,
mentre passava piano una mano fra i capelli di Buffy, che dormiva sul suo
torace.
Era quasi l’alba.
Aveva perso il conto delle volte che si erano amati,
dapprima appassionatamente, poi con calma, lentamente, ma sempre senza parlare.
Lui aveva avuto paura di chiedere o anche solo di
dire una parola, temendo di rompere quel momento di incanto.
E quando lei si era addormentata stretta a lui, si
era limitato a guardarla, a vegliare il suo sonno.
Perché niente al mondo sarebbe riuscito a farlo dormire,
ora.
La vista dell’asciugamano che qualche ora prima aveva
cinto i suoi fianchi, gettato a terra poco lontano dalla porta, lo fece
sorridere.
Buffy, mentre lo baciava, aveva insinuato la sua
piccola mano nel nodo che lo tratteneva, prima di slacciarlo e farlo cadere a
terra.
E in quel momento lui si era perduto.
Ogni pensiero coerente era scomparso, mentre
stringeva a sé la donna che amava e la sollevava portandola verso il letto.
E lei aveva cooperato, sfilandosi velocemente il
giacchetto che indossava, mentre le mani di lui già si insinuavano sotto la
camicetta.
Ed era stato il paradiso.
Per lui
perlomeno.
Ma ora…mentre la guardava dormire serenamente, la sua
mente si risvegliava, e con essa anche tutte le domande che avrebbe voluto
porle.
E la mente non era la sola cosa che si era svegliata.
Il suo stomaco brontolò sonoramente, dato che erano
passate diverse ore da quando lo aveva nutrito l’ultima volta.
Piano, lentamente, si sciolse dall’abbraccio di Buffy
e si mise a sedere sul letto.
Sfregandosi il viso con le mani, si girò per gettare
un altro sguardo verso di lei, quasi timoroso di vederla scomparire sotto i
suoi occhi.
Sospirando, si alzò lentamente per non far cigolare
le molle del vecchio materasso.
Nudo, senza preoccuparsi di recuperare l’asciugamano,
si diresse verso l’angolo cottura del suo appartamento.
Doveva mangiare qualcosa, a stomaco pieno sarebbe
stato in grado di ragionare meglio.
Dopo aver messo in funzione la macchina del caffè che
si era procurato di recente, dopo aver salvato il culo ad un venditore di
elettrodomestici ( a dire il vero lo aveva quasi minacciato perché gliela
desse), si diresse silenziosamente verso il frigo.
La ventata di aria fresca che lo investì lo fece
rabbrividire, ma rimase lì fermo come un salame davanti al frigo aperto, senza
decidersi cosa tirare fuori.
Ora era piuttosto rifornito di vari generi
alimentari, anche se, nascosta in un angolino, sapeva bene vi era una sacca di
sangue.
Era quasi tentato di prenderla, come se avvertisse dentro
di sé, il bisogno di bere quel fluido corroborante per affrontare la nuova
situazione che si era creata.
Stava quasi per allungare la mano dentro, quando due
braccia morbide e calde lo avvolsero alla vita, e sentì il seno di Buffy
premere contro la sua schiena nuda.
Pelle contro pelle.
Perché anche lei era nuda.
E di nuovo il suo cervello venne gettato alle
ortiche.
Si riscosse solo quando sentì le sue labbra
mormorargli qualcosa contro la schiena.
<< Mmm, sei freddo…>>
E allora, si chiese illogicamente quanto tempo fosse
rimasto davanti al frigorifero aperto.
E percepì il freddo che lo permeava.
Ed il meraviglioso calore di lei che lo avvolgeva.
*******************
Buffy stava sognando.
Ma era più che un sogno.
Nel dormiveglia, era completamente consapevole di
dove fosse e con chi fosse.
Mugolò piano di piacere, felice di essere di nuovo
fra le sue braccia.
Quelle braccia che aveva rimpianto per più di un
anno.
Ora erano calde, ma le sensazione che le trasmettevano
erano le stesse che le avevano trasmesso una notte, che per lei, sarebbe sempre
rimasta speciale.
Perché in quella notte lei aveva provato per la prima
volta, la consapevolezza di non essere da sola. Questo lo aveva capito anche
allora, ma solamente adesso ne comprendeva il significato profondo.
Perché lui quella notte non era solo stato con lei,
ma era diventato parte di lei, donandole una sicurezza che non aveva mai
provato in nessuna delle relazioni che aveva avuto, sia precedentemente che successivamente.
E questo lo aveva reso il solo, così, come lui le aveva detto, che lei era la sola per lui.
Messa in questo modo, non era niente male essere
l’unica, la prescelta.
Sorrise di questo, mentre i suoi sensi si svegliavano
lentamente, allertati da un aroma di caffé.
Sbattendo piano le palpebre, si rese conto di essere
sola nel letto e fece una smorfia di delusione. Un paio di secondi dopo, le sue
labbra si stirarono però in un sorriso, vedendolo poco distante.
Si prese del tempo per osservarlo, per gustarsi il
suo corpo nudo che in questo momento le voltava le spalle. E mentre gli angoli
della bocca si sollevavano, la lingua saettò ad umettarle.
Gran bella
cosa da vedere appena svegli, pensò ridacchiando, mentre le tornava il ricordo di lui
che si definiva “bello e atletico”.
Oddio e lo era. Oh se lo era…
I capelli un po’ più lunghi sulla nuca, la schiena
forte e muscolosa, i glutei pieni e sodi (lo aveva potuto accertare con mano,
pensò mordicchiandosi un labbro) le cosce dure e forti….Lui non era solo bello e atletico
era….divino.
Non resistendo un secondo di più, si alzò di scatto
dal letto e corse a raggiungerlo, infischiandosene della sua stessa nudità. Non
era più una ragazzetta pudibonda, ora era una donna…innamorata.
Avvolgendo le braccia attorno alla sua vita, aderì
alla schiena di lui, rabbrividì un istante, mentre gli posava un bacio sulla
scapola sinistra.
<< Mmm…sei freddo… >> mugolò piano, non
infastidita.
Era strano, ma il sentirlo freddo, quasi glielo
faceva sentire più vero, più reale.
Il suo Big
Bad.
*****************
Spike, ora stava quasi sudando. Ritirando fuori la
mano dal frigo, rinunciò senza pensarci all’idea di farsi una tazza di sangue. Quanto
stava accadendo, lo colpiva troppo, e la fame gli era passata come per
miracolo.
Non era certo la prima volta che lui e Buffy facevano
sesso, anche se in effetti era passato molto tempo dall’ultima volta. Beh,
prima di quel giorno….Ma mai, lei era stata così al risveglio.
A dire il vero, quando ancora facevano sesso, lei non
si era mai permessa di dormire con lui. E quando ci aveva dormito, non avevano
fatto sesso. Insomma quella era una situazione completamente nuova e lui non
sapeva che pesci pigliare.
Che fare? Che dire?
Buffy è
dietro di me, ed è nuda!
La sua mente rimandava solo quel pensiero
all’infinito, non riuscendo a pensare ad altro.
Dì qualcosa.
Dì qualcosa…cercava
di dirsi, tentando di sbloccare il suo cervello paralizzato, e non dal freddo.
<< Umm…ecco…scusa, non volevo svegliarti…
>> Si per cominciare va bene…
Buffy ridacchiò per qualcosa, mentre si girava
impacciato per affrontarla.
Oddio adesso
è peggio!
No, è meglio!
No, è peggio!
Inutile, il suo cervello non voleva cooperare.
Vedersela completamente nuda davanti agli occhi, da una parte era una visione,
ma dall’altra…
<< Non sei stato tu…è stato l’odore del caffé.
>> gli disse lei, ancora ridacchiando, indicando la caraffa ormai piena
sulla macchinetta.
Solo allora si rese conto che l’appartamento, era
pieno dell’intenso aroma del caffè appena fatto. Ma non ebbe tempo di pensare
altro, quando lei lo scostò delicatamente per studiare il contenuto del
frigorifero.
<< Che c’è di buono da mangiare? >> stava
infatti chiedendo, mentre lui ancora fermo come uno stoccafisso, deglutiva
nervosamente.
Poteva solo starla a guardare, mentre si piegava sul
frigorifero e tirava fuori alcune delle pietanze che vi erano dentro, lanciando
dei gridolini qualora trovava qualcosa di suo gradimento.
I biondi capelli che lasciati sciolti sfioravano le
spalle, la schiena ben modellata e la vita stretta. I glutei rosei e pieni, le
gambe lisce e tornite, ed i suoi seni che sobbalzavano ogni volta che lei
faceva un saltello, avendo trovato una prelibatezza.
Era…non c’erano parole per descriverla…
***************
Quando Spike le aveva detto che gli dispiaceva di
averla svegliata, Buffy si sentì attraversare da un brivido. Quella era la
prima volta che sentiva la sua voce, da quando era arrivata al suo
appartamento. A dire il vero, era più di un anno che non la sentiva ed ora,
piccole onde di pelle d’oca, le attraversavano la pelle.
Non ricordava fosse tanto profonda e rauca. Un
secondo dopo però, vedendolo girarsi e guardarla, le venne da ridere.
Non ci poteva credere, Spike stava arrossendo, mentre
i suoi occhi, saettavano dalla punta della sua testa a terra, e viceversa.
Incredibile, era imbarazzato per la sua nudità.
Mentre un sorrisino perfido le spuntava sulle labbra,
ridacchiò ancora, mentre decideva di mettere su uno spettacolino per lui.
Scostandolo appena, si chinò verso il frigorifero.
<< Che c’è di buono da mangiare? >> disse
con voce squillante, ben consapevole dei suoi occhi che le percorrevano il
corpo. Era troppo divertente stuzzicarlo.
C’era stato un tempo in cui lui aveva fatto qualcosa
di simile con lei, ed ora era felice di potergli rendere la pariglia.
Sentiva il suo sguardo bruciare su di sé,
accarezzarle la pelle, riscaldarle lo stomaco.
Cercando di far finta di non essere turbata, si avviò
verso il tavolo con il suo bottino trafugato dal frigo. Posando tutto sulla
tavola, si rivolse poi verso gli armadietti. Allungandosi sulle punta dei
piedi, raggiunse due tazze e le prese, ben sapendo quale spettacolo stava
dando.
Una veloce occhiata da sopra la spalla, la fece
ghignare, nel vedere la sua espressione imbambolata.
Era fantastico.
Per tanti motivi, ma soprattutto per uno.
Per la prima volta nella sua vita, Spike era senza parole,
chiaramente confuso ed completamente ignaro di cosa stesse succedendo, mentre
lei…lei finalmente sapeva tutto.
Allungandogli una tazza di caffè, che lui prese
tremando, sogghignò ancora, mentre con estrema calma si sedeva su una sedia
attorno al tavolo, afferrando e prendendo a mordicchiare un biscotto.
Represse un'altra risata, quando lui si lasciò cadere
con forza, seduto di fronte a lei, su un'altra sedia.
La situazione aveva un che di inreale, loro due,
seduti quasi composti attorno ad un tavolo, ma completamente nudi.
Quando lo vide aprire la bocca, come per dire
qualcosa lo anticipò.
<< Ora si mangia, poi, potrai raccontarmi di
quella cripta con lo steccato di legno bianco… >> gli disse sorridendo
tranquilla, come se avesse detto una sciocchezza qualunque.
Sogghignò vedendolo boccheggiare come un pesce rosso,
per poi illuminarsi come un albero di natale.
La nostra
storia comincia adesso, amore.
****************
Glielo stava facendo apposta, ne era sicuro. Lo stava
stuzzicando, con tutte quelle mossettine e quei saltelli, che gli stavano
facendo sciogliere il sangue nelle vene e risvegliare parti di sé di cui non si
era mai accorto.
Il respiro era diventato un problema, ma quando lei
si stese per prendere le tazze, si bloccò letteralmente nella gola, vedendo la
sua minuta figura, allungarsi, sollevando il seno e indurendo i glutei.
Oddio Buffy,
ti rendi conto di cosa mi stai facendo?
Tu mi vuoi
morto, baby.
Il cuore stava correndo a precipizio, mentre prendeva
tremante la tazza di caffè che lei gli porgeva.
Sto per avere
un infarto.
Gran bel modo
di morire, però!
Vederla mettersi a sedere tutta tranquilla, non placò
neppure un secondo i suoi convulsi battiti. Sentiva le gambe come di gelatina,
non gli restava che sedersi a sua volta a meno che non volesse cadere a terra
stecchito.
Cadde sulla sedia, quasi con un tonfo.
Ma che ha da
ridere?
Che diavolo
sta succedendo?
Qualcuno me
lo dica per favore…
Inutile, non riusciva a capire. Tutta quella
situazione era incredibile. Mai avrebbe pensato di potersene stare seduto lì,
nudo, con Buffy, nuda, davanti a sé,
bevendo del caffè, come se tutto fosse normale.
Aprì la bocca per poter finalmente chiedere quelle
risposte al milione di domande che gli popolavano il cervello, ma lei lo
anticipò.
<< Ora si mangia, poi, potrai raccontarmi di
quella cripta con lo steccato di legno bianco… >>
Lui rimase senza fiato, prese a boccheggiare
ansimando, mentre tutte le domande che si era posto, scomparivano
completamente.
La sua speranza…quella speranza che aveva creduto
perduta, e che si era invece nascosta in un angolino del suo cuore, uscì fuori
prepotentemente.
Poteva quasi leggerle i suoi pensieri nel suo
sguardo.
La nostra
storia comincia adesso, amore. Gli dicevano i suoi occhi.
E tutto prese a brillare.
Il suo sole era tornato.
Ora poteva viverci.
Con lei.
Si, amore…
Fine…O inizio?