REGALO DI NATALE
Autore: Tizzy
Disclaimer: Per quanto odi la cosa, appartiene tutto a Joss
Whedon e co, che gli vada il panettone di traverso.
Periodo di lavorazione: Natale 2007
Rating: PG 13
Protagonisti: Spike/Buffy e altri, fra cui un improbabile Babbo
Natale.
N/A: Siamo in periodo natalizio e mi sono resa conto che non ho mai scritto
una storia di Natale. Così mi è venuta voglia di farlo. Una storia breve che
potrete leggere tutta in una volta, giusto per cambiare. Ho deciso di inserirla
nella quinta serie di Angel, in un momento imprecisato ma successivo a Damage.
Ho visto la quinta serie solo in inglese e non ho mai fatto caso se vi si
accenna al periodo natalizio, ma mi sembra di no, ad ogni modo qui in questa
storia ne parlo, e chiaramente gli eventi che vado a narrare cambieranno poi le
sorti della serie. In ogni caso, specifico che Fred non è ancora stata
infettata da Illyria, e quindi la sua presenza è così spiegata, e che il nome
della città Cedar City l’ho preso dall’atlante e che con la fantasia colloco quella città (realmente
esistente), vicina a dove era Sunnydale, il resto…beh leggetelo.
*°*°*°*°*°*°*
Buffy
si parò con una mano gli occhi. Si era dimenticata che il sole in California
battesse tanto forte e si era anche dimenticata di prendere gli occhiali da
sole.
A
dire la verità, si era scordata un sacco di cose. La sua partenza era stata
decisa sul momento, tutto per colpa di una cosa che Andrew le aveva detto, e
tutto quello che aveva con sé era la sua borsetta con i documenti e pochi spiccioli,
le carte di credito (grazie alle quali era riuscita a pagarsi il volo), ed un
lucidalabbra.
Persino
i suoi indumenti non erano adatti alla situazione; il nero cappottino di panno
non era certo indicato in un posto in cui anche a pochi giorni dal natale
c’erano trenta gradi all’ombra.
Ma
non contava di rimanere a Los Angeles. Più tardi, quando fosse giunta dove
doveva andare, forse il cappotto si sarebbe rivelato utile. Ora però se lo
tolse e agganciandolo al braccio. Ora doveva fare in fretta, per due ragioni.
Prima,
e più importante, non voleva perdere l’autobus per Cedar City.
Seconda,
ma non meno importante, non voleva che la sua presenza nella città degli angeli
venisse scoperta da un certo vampiro che ora lavorava per il nemico.
Fu
quindi a passo veloce che si diresse verso uno dei tanti negozietti
dell’aeroporto; era arrivato il momento di comprare i regali che aveva in
mente. Non sapeva se in seguito avrebbe trovato un luogo dove trovarli, meglio
quindi premunirsi.
Con
il pacchetto ben al sicuro dentro una borsina di plastica stretta al seno,
usciva poco dopo dall’immenso terminal, diretta sicura verso uno degli autobus.
Solo
quando si lasciò andare contro il sedile, vedendo scorrere fuori dal finestrino
immagini tanto conosciute, si chiese cosa stesse facendo.
*°*°*°*°*°*°*
A
Spike sembrava di essere caduto in una dimensione parallela piuttosto strana.
<<
Spiegamelo ancora, perché questa gente festeggia il natale? >> chiese
rivolto al demone verde che gli era accanto davanti agli ascensori, indicando i
vari orpelli che ora infestavano la hall della Wolfram and Hart.
Lorne,
con un cappello con campanellini sulla testa, si girò gioviale verso il biondo
vampiro. << Ma pasticcino mio, natale è la più grande festa commerciale che
ci sia, la gente ci guadagna un sacco di soldi. Soldi uguale potere. Devo dire
altro? >> rispose sorridendo.
<<
E questo è il perché stai indossando quel ridicolo cappello verde che fa a
cazzotti con la tua giacca gialla a pallini rossi. >> commentò Spike
entrando nell’ascensore che finalmente era arrivato.
Sempre
sorridendo e per niente offeso, Lorne lo seguì all’interno. << Certo che
no. Io ci credo davvero a Babbo Natale. Lui esiste! >> esclamò pimpante.
<<
Si, certo, come no. >> bofonchiò a voce bassa Spike, tanto bassa che per
fortuna il verde demone non sentì. In effetti Spike non se la sentiva di
smontare l’allegria che permeava il pyleiano. Perlomeno in quella dannata ditta
c’era almeno una persona che non pensava al Natale solo come ad un evento
consumistico…
<<
Jingle Bells, Jingle Bells…. >>
Ok,
forse era più di una persona.
Le
porte dell’ascensore si erano aperte rivelando una Fred canterina che stava
addobbando uno degli alberi di Natale che adornavano il piano degli uffici. E
dall’espressione felice sul suo volto, era chiaro che anche in lei lo spirito
natalizio era autentico.
<<
Spike! >> lo salutò eccitata, con una striscia di decorazioni che le
pendeva su un braccio e uno sbuffo di polvere argentata su una guancia.
<< Adoro il natale. >> esclamò, sospirando felice.
Il
suo sorriso felice era così bello che Spike proprio non se la sentì di
risponderle ironicamente. << Si vede. >> le ghignò in risposta.
<< Allora, posso sapere a cosa devo questa convocazione? >> chiese
però subito dopo.
Prima
che Fred potesse rispondere, da uno degli uffici fece capolino Wesley. <<
Abbiamo un lavoretto da affidarti. >> disse piuttosto freddamente. Certo,
il suo atteggiamento sarebbe risultato più serioso se non avesse avuto in testa
un cappello da Babbo Natale.
<<
Bloody Hell, ma vi siete trasformati in una succursale del polo nord? >>
non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire Spike. << Dove li hai lasciati
gli elfi? E le renne? >> pungolò ancora all’indirizzo dell’ex osservatore.
Wesley
fu combattuto se roteare gli occhi all’indirizzo del vampiro, o sorridere come
un ebete perché Fred si era avvicinata e gli stava risistemando il capello che
prima era storto sulla testa. Alla fine scelse invece di schiarirsi la gola,
invitando con un gesto il vampiro a seguirlo all’interno dell’ufficio, non
sicuro di come sarebbe risuonata la sua voce.
Fred
e Lorne seguirono Spike, incuriositi a loro volta. Wesley era stato piuttosto
misterioso quando aveva chiesto a Lorne di rintracciare il vampiro biondo e
portarlo in sede. Qualcosa diceva a Fred che Angel non era al corrente di
questa particolare missione che Wesley voleva affidare a Spike.
<<
Allora? >> chiese ancora Spike, sprofondando nella poltrona davanti alla
scrivania, mentre Wes l’aggirava e si sedeva dalla parte opposta.
Ancora
una volta Wes si schiarì la gola. << Devi fare una commissione…come
dire…un po’ particolare… >>
<<
Huh? >> chiese ancora Spike, piegandosi in avanti intrigato dal tono
quasi cospiratorio che l’ex osservatore aveva usato.
<<
Angel non ne sa niente… >>
La
cosa si faceva sempre più interessante. Qualsiasi cosa fosse, se peaches ne
doveva rimanere fuori era fantastico.
<<
È stato chiesto espressamente che fossi tu a farlo… >>
<<
E…? >> spronò Fred a proseguire, non sopportando oltre quello
stillicidio. Lorne al suo fianco mugugnò in accordo.
<<
Questa richiesta non proviene dal circuito della Wolfram. >>
Altra
ottima notizia. A Spike l’idea di lavorare, anche solo saltuariamente, per
quella malvagia ditta non piaceva neanche un po’, ma era la sua unica fonte di
guadagno e quindi di sostegno. Se quanto doveva fare non coinvolgeva la ditta,
beh, tanto meglio. A parte…
<<
Quanto mi pagano? >> chiese, passando al sodo. Poi, notando l’espressione
sul viso degli altri aggiunse: << Ehi, anche io devo campare no? E poi…se
pagano bene magari ci scappano anche dei regalini di natale per voi. >>
il sorriso sornione che concluse la frase, fece roteare a tutti gli occhi, ma
almeno il suo orgoglio fu salvo.
<<
La paga sarebbe di cinquecento dollari… >> il fischio di gioia di Spike
interruppe per un attimo Wes. << …ma quando saprai di cosa si tratta, non
so se vorrai essere pagato. >>
Fu
la volta di Spike di interrompere il suo balletto, sentendo quelle parole.
Dunque c’era l’inghippo. Dio, che ingenuo. Per un attimo aveva sperato che gli
potessero cadere dal cielo cinquecento dollari. Cinquecento dannati dollari di
cui aveva un dannato bisogno. Cosa mai poteva impedirgli di reclamare quei soldi,
se li guadagnava onestamente?
<<
Spiegati. >> ruggì, all’indirizzo del connazionale.
E
Wesley spiegò.
*°*°*°*°*°*°*
Buffy
scese dal pullman guardandosi attorno. Cedar City non le risultava
particolarmente familiare, c’era stata si e no un paio di volte, ma era la
città più vicina a dove doveva andare. Sperava di trovare un taxi che
accettasse di portarla direttamente sul posto. Solo…come spiegare al conducente
perchè voleva andare in un posto che non esisteva più?
E
ancora più difficile era spiegare che era sua intenzione di passare lì la notte
e che il mattino successivo il taxi sarebbe dovuto venire a riprenderla nello
stesso posto. Senza alcun dubbio il tassista la considerava una matta scappata
dal manicomio, ma i soldi prelevati ad un bancomat vicino servirono. Così come
servì la promessa che il mattino successivo ne avrebbe ottenuti altrettanti.
Buffy
non aveva voglia di spiegare le ragioni per cui andava a Sunnydale, o meglio al
cratere che ora era Sunnydale.
La
verità era che anche lei non sapeva bene perché lo stava facendo. Agiva sotto
la spinta di un impulso. Lei doveva andare là.
Solo
quando il cratere si profilò all’orizzonte, e il taxi si fermò per farla scendere,
per poi ripartire con le ruote che stridevano sulla strada polverosa, Buffy
seppe veramente cosa l’aveva spinta lì.
Stringendosi
addosso il cappotto, si avviò lentamente verso l’orlo del cratere. Erano
passati più di sei mesi da quando lo aveva lasciato, voltandogli la schiena e
non girandosi indietro a guardare, mentre il pulmino giallo si allontanava da
quella che una volta era stata la sua città.
Da
quel momento la sua vita aveva preso una nuova piega.
Niente
più essere la prescelta, l’unica, ma solo una fra le tante.
Niente
più il peso del mondo solo sulle sue spalle.
Finalmente
la visione di una vita più felice, normale.
Ma
i fantasmi del passato non erano andati via con lei. Ora finalmente ne era
cosciente. Ed era venuta lì proprio per riuscire a mettersi in contatto con uno
di quei fantasmi. Il fantasma di qualcuno che le era mancato tantissimo e che
sperava di ritrovare lì.
Andrew
le aveva detto di aver letto un libro che aveva ritenuto “altamente
spirituale”. Sul momento non ci aveva dato perso, Andrew aveva il brutto vizio
di elevare sempre tutto al massimo. Però, quando le aveva spiegato che secondo
quel libro, gli spiriti dei morti rimanevano in un certo qual modo collegati a
quella che era stata la loro dimora vivente, vale a dire il corpo, e al luogo
dove erano morti…Buffy si era sentita attraversare da un brivido.
Poteva
essere vero come no, ma a quel punto lei aveva bisogno di fare una prova, ed
era questo che l’aveva spinta ad andare lì.
<<
Ciao mamma… >>
Sedendosi
al riparo di una grossa roccia, Buffy tirò fuori dal sacchetto una candela ed
un mazzolino di fiori. Erano finti, ma era tutto quello che era riuscita a
trovare nel negozio dell’aeroporto.
<<
Mi manchi tanto, sai… >>
<<
Da quando ho lasciato Sunnydale non sono più riuscita a vederti neanche in
sogno…e mi manca così tanto non poter parlare con te. >>
Così
dicendo accese la candela e la pose con attenzione a terra sopra un sasso, dove
vi appoggiò anche i fiori.
<<
Fra poco sarà natale. Io e Dawn lo passeremo a Londra a casa di Giles…ci
saranno anche Willow e Xander…Stiamo tutti bene, ma…io avevo bisogno di venire
qui, anche se la tua tomba non esiste più. Dawn non sa nulla di questo viaggio,
le ho raccontato una bugia, altrimenti sarebbe voluta venire anche lei. Si, lo
so, lei è la tua patatina, ma…per una volta volevo averti solo per me. Ho
bisogno di parlarti mamma…ho bisogno di un tuo consiglio…la mia vita è…
>>
La
voce le si spezzò in gola e si asciugò freneticamente le lacrime che le stavano
rigando le guance. Tutto questo era pazzesco, lo starsene qui, sperando di
avere un qualsiasi segno da parte di sua madre, che sicuramente ora se ne stava
tranquilla e felice in paradiso. Lei più di ogni altro sapeva come era stare
là. Sapeva che starsene lì a parlare al vento non serviva a nulla, ma non
poteva farci niente, il suo cuore le diceva di continuare a parlare.
<<
Non so dove sta andando la mia vita mamma…è come se mi fossi persa, come se
tutto quello che la rendeva degna di essere vissuta se ne fosse andato con
questa città. All’inizio non era così, pensavo davvero che avrei potuto essere
felice…ma adesso ho la sensazione di non sapere più chi sono, quale sia il mio
ruolo. E mi manchi tu…e questo posto…e… >>
Inutile
non riusciva a dirlo, anche solo pensarlo faceva troppo male. Sospirando, si
rannicchiò contro la grossa pietra, fissando come ipnotizzata la fiamma della
candela che bruciava lentamente. Così tanti ricordi le affollavano la mente, il
suo arrivo a Sunnydale, il primo giorno di liceo quando Xander le cadde
letteralmente davanti, Willow ed il suo atteggiamento timido e schivo,
Angel...così tanti ricordi.
Senza
rendersene conto scivolò nel sonno, mentre le immagini dei sette anni trascorsi
a Sunnydale le allagavano la mente, come in un film apparentemente senza fine.
<<
Se continui a startene là tutta rannicchiata prenderai il raffreddore. Credevo
di averti insegnato meglio di così. >>
Buffy
sbattè lentamente le palpebre, ancora umide di lacrime non versate. Una mano
scattò alla bocca, a fermare un grido di sorpresa. << Andrew aveva
ragione. >> riuscì a bisbigliare, mentre guardava l’immagine di sua madre
davanti a sé, illuminata dagli ultimi raggi del sole.
Joyce
Summers sembrava sempre la stessa, come la stessa era l’espressione di
disapprovazione sul suo volto, che passò ad incuriosita udendo le parole della
figlia. << Aveva ragione a proposito di cosa? >> chiese
interessata.
<<
Mamma, sei davvero tu? >> chiese invece Buffy, che improvvisamente era
diventata sospettosa ed aveva allungato una mano verso l’apparizione che aveva
davanti. La mano che accolse la sua, sembrava molto reale e calda.
<<
Certo che sono io, chi altri dovrei essere scusa? >> chiese Joyce
aiutando la figlia ad alzarsi da terra. << E comunque non hai risposto
alla mia domanda di prima. >> ci tenne a puntualizzare.
Buffy
però invece di rispondere, si lanciò verso sua madre, stringendola forte in un
abbraccio, sentendo il bisogno di accertarsi che lei era vera. Lo sembrava, lo
sembrava veramente, chiunque stesse abbracciando profumava come sua madre,
sapeva di sua madre. << Sto sognando vero? >> chiese infine,
tirandosi leggermente indietro per guardare in volto Joyce.
Joyce
le sorrise dolcemente, passandole una mano fra i capelli per tirarli via dal
suo viso. << Si e no, Buffy. >> rispose altrettanto dolcemente.
All’espressione confusa negli occhi di sua figlia, aggiunse: << I tuoi
sogni lo sai sono sempre stati molto più che semplici sogni. >>
Deglutendo
il nodo che le stringeva la gola, Buffy annuì, si ora era chiaro. << Non
sono più riuscita a sognarti da quando me ne sono andata via. >> ci tenne
però a precisare, poi, ricordando la domanda che sua madre le aveva rivolto
prima pensò che la risposta che aveva da dare spiegava anche il suo commento.
<< Andrew ha detto che gli spiriti dei morti rimangono legati in qualche
modo al luogo dove sono morti, così ho pensato di venire qui e tu ci sei.
>>
<<
Oh, bambina…ma io sono sempre stata con te, ovunque tu fossi. >> disse
con affetto Joyce. << Perché io sono qui…dentro di te. >> aggiunse,
indicando il cuore di Buffy.
Mettendo
un braccio sulle spalle della figlia, Joyce condusse la ragazza verso due sassi
vicini e la invitò a sedersi, per poi sedersi accanto a lei. << Lo hai
detto tu stessa prima…ti sei persa. Quando Sunnydale è stata distrutta qualcosa
dentro di te si è spezzato, hai chiuso il tuo cuore per non sentire il dolore
che vi era dentro, e così facendo hai chiuso anche ogni altro contatto.
>> spiegò con calma, stringendo le mani della figlia fra le proprie.
<<
Ma io ero felice, finalmente ero libera e… >> Buffy si interruppe vedendo
sua madre che scuoteva negativamente la testa.
<<
Ti sei convinta di esserlo, Buffy. Ma in profondità dentro di te sapevi che non
era vero. Era il solo modo che avevi per difenderti, per darti il tempo di
accettare quello che era successo. >> la brontolò affettuosamente Joyce.
Buffy
fece una smorfia e si morse il labbro. << Sono sempre la solita testona
che nega anche a sé stessa quello che prova, non è così? >> commentò
amaramente. << Venire qui allora non serviva? >> chiese dopo un paio
di secondi, mentre un pensiero fugace le passava per la mente.
A
quanto sembrava aveva fatto la domanda giusta, perché sua madre sorrise
benevolmente e le strinse le mani. << Venire qui è stata comunque la
scelta giusta. In questo luogo sei finalmente riuscita a rompere il muro dietro
cui ti stavi nascondendo. Prima stavi ripercorrendo la tua vita, non è così?
>> all’annuimento di Buffy, Joyce riprese a parlare. << Attraverso
quei ricordi hai anche ritrovato le emozioni che li accompagnavano. Sia quelle
belle che quelle brutte. Perché ogni emozione è importante, perché sono quelle
emozioni che rendono la vita degna di essere vissuta. Ecco perché non sapevi
più dove stava andando la tua vita, non ascoltavi il tuo cuore. >>
<<
Ma fa male. Ci sono emozioni che fanno così male ed io… >>
<<
Shhh…lo so che fa male. >> Joyce interruppe lo sfogo di Buffy, ponendole
un dito sulle labbra, per poi prenderle la guancia con la mano. << Ce la
farai, se vuoi stare meglio l’unico modo è vivere tutto fino in fondo, e fino
ad ora te lo sei impedito. >>
Buffy
rilasciò un suono che era una via di mezzo fra un singhiozzo ed una amara
risata. << Anche lui una volta mi aveva detto qualcosa di simile.
>> poi, lasciando andare ogni remora, si gettò di nuovo fra le braccia di
sua madre e scoppiò in lacrime. << Mi manca tanto, mamma, mi manca così
tanto. >>
Joyce
accarezzò la testa di sua figlia mentre lei ripeteva quelle parole
all’infinito. Era questo di cui aveva bisogno ora Buffy, piangere. Finalmente
piangere tutte le lacrime che si era vietata di versare. Ma a tutto c’è un
limite. << Se solo non fosse così testone. >> le sfuggì dalle
labbra.
Seppur
immersa nel suo dolore, Buffy udì quelle parole che le suonarono strane.
<< Huh? >>
<<
Niente cara, niente di cui preoccuparsi. Vedrai…tutto andrà a posto. >>
Sollevata,
Buffy si rilasciò di nuovo andare contro il seno di sua madre. Sogno o meno,
voleva godersi quel momento.
*°*°*°*°*°*°*
Spike
stava masticando amaro. Come Wesley aveva predetto, una volta che aveva saputo
cosa doveva fare ogni desiderio di ricevere quei cinquecento dollari se ne era
andato come neve al sole.
Gli
era appena stato dato un compito per cui sarebbe stato pronto a fare qualsiasi
cosa. E lo avrebbe fatto gratis, su questo non intendeva discutere.
Quello
che ora lo stava facendo imprecare non aveva niente a che fare con la
commissione, piuttosto non riusciva a mandare giù che Wesley si fosse rifiutato
di dargli una delle macchine della Wolfram and Hart. Il connazionale si era scusato
dicendo che non poteva farlo senza al contempo dover spiegare ad Angel perché
gli stesse dando una vettura. E come lo stesso Spike aveva ammesso, una volta
saputo cosa doveva fare, quella era certamente una cosa che voleva fare da
solo.
E
così ora stava percorrendo la tangenziale, diretto verso l’interno, dentro la
vecchia Chevrolet scassata di Fred, che era stata l’unica ad offrirsi in aiuto.
Visto i rumorini sinistri che faceva, Spike temeva che da un momento all’altro
l’auto lo lasciasse a piedi, ed aveva ancora molte miglia da percorrere se
voleva arrivare prima del sorgere del sole.
La
fermata dal fioraio era stata d’obbligo, in fondo era stato quello il suo
compito, prendere dei fiori già ordinati e pagati e consegnarli.
Il
pensiero di dove doveva consegnarli invece aveva riaperto una ferita nel suo
cuore.
I
fiori erano destinati a Joyce e Tara.
Sembrava
che Andrew avesse chiamato Wesley, spiegando il suo dilemma. In occasione delle
feste di natale, Willow, Buffy e Dawn desideravano poter far avere dei fiori ai
loro cari scomparsi. Le loro tombe non esistevano più e quindi sarebbe stato un
problema spiegare al commesso del negozio dei fiori che doveva consegnarli sul
bordo della voragine che una volta era stata la città di Sunnydale.
Andrew
si era offerto di occuparsene, dando ad un amico sul posto l’incarico di
portare i fiori e le ragazze avevano accettato, non sapendo che l’amico a cui
Andrew stava pensando era proprio Spike. Angel invece, per richiesta
consapevole di tutti, era meglio che ne rimanesse all’oscuro.
Apparentemente
Andrew aveva mantenuto la sua promessa di non far sapere che Spike era tornato,
ma consapevole dei legami affettivi che lo legavano alle ragazze Summers, lo
aveva ritenuto la persona più adatta per portare a termine il compito. In fondo
Spike aveva conosciuto piuttosto bene sia Joyce che Tara, quindi questo
aggiungeva una componente maggiore al gesto.
E
Spike non aveva potuto fare a meno di essere d’accordo, anche se l’idea di
tornare nel posto in cui era morto non lo riempiva di gioia.
Mentre
guidava non poteva fare a meno di ricordare tutte le volte che aveva fatto
quello stesso viaggio, in condizioni sempre diverse.
La
prima volta era giunto a Sunnydale con in mente la precisa idea di uccidere
La
seconda volta ci era invece tornato con la coda fra le gambe, disperato perché
Drusilla lo aveva lasciato. Quella volta Joyce lo aveva ascoltato e consolato
con il suo delizioso cioccolato caldo.
Poi,
era tornato per prendersi
Da
quel momento tante cose erano cambiate, lui si era innamorato di Buffy ed era
rimasto a Sunnydale per aiutarla nella sua lotta.
E
l’ultima volta…quando, sconvolto per la recente acquisizione dell’anima vi era
tornato non sapendo dove altro andare.
Ed
ora…stava di nuovo tornando.
*°*°*°*°*°*°*
Buffy
si riscosse dal torpore in cui era caduta. Guardandosi attorno si rese conto
che era di nuovo sola, forse lo era sempre stata e tutto quello che aveva fatto
era stato solo dormire e sognare.
Ma
non aveva importanza se la presenza di sua madre fosse stata reale o meno, lei
l’aveva sentita come tale. Le sembrava quasi di poter ancora sentire il suo
odore aleggiarle attorno e per la prima volta comprese cosa dovevano provare i
vampiri con la cosa dell’annusare.
L’aver
visto sua madre, anche se solo in un sogno, le aveva donato una forza che non
sentiva dentro di sé da molto tempo. Si, aveva fatto bene a venire, almeno così
aveva affrontato il suo passato. Forse ora poteva anche affrontare un altro
fantasma.
Una
breve occhiata ai dintorni le disse che erano passate diverse ore mentre
sognava di starsene accoccolata fra le braccia di Joyce, l’oscurità era ancora
fitta ma nell’aria si poteva avvertire che l’alba non era lontana. Piccoli
fruscii preannunciavano il risveglio di altrettante piccole forme di vita.
Persino in quel posto distrutto, apparentemente abbandonato da dio, la vita era
ancora presente.
Lentamente
si alzò in piedi e prese a frugare nel sacchetto, cercando le ultime due cose
che aveva comprato d’istinto e che fino a quel momento non aveva avuto la forza
di tirare fuori. Un pacchetto di sigarette ed una bottiglia di Whisky.
Fiori
e candele non erano adatti per quel particolare fantasma che voleva richiamare.
<<
Così, Spike…eccomi qui. >> disse aprendo il pacchetto di sigarette e
accendendone una che poi posò sul sasso vicino alla candela per sua madre, e
che ora si era consumata.
Poi
lentamente aprì la bottiglia di Whisky, e dopo averne presa una sorsata, alzò
la bottiglia verso il cielo come in un brindisi. << Ho cercato di andare
avanti, sai? So che tu lo avresti voluto ed io ci ho provato, davvero, ma non
ci sono riuscita. La mamma ha ragione, non si può andare avanti se prima non si
affronta quello che ci si è lasciati dietro, così…eccomi qui. >>
<<
Mi manchi. >>
<<
E ti odio. >>
Così
dicendo prese un altro sorso di whisky, ne aveva bisogno per dire quello che
voleva dire.
<<
Maledizione Spike, hai aspettato per tre anni che ti dicessi che ti amavo, e
quando lo faccio tu che fai, che dici? No,
non lo fai, ma grazie per averlo detto? Hai una vaga di idea di come mi sono
sentita? >>
Stava
quasi gridando, ma chi se ne fregava, tanto non c’era nessuno nei dintorni.
<<
E poi sei morto, come un dannato stupido eroe, salvando me, salvando tutti,
salvando il mondo. Hai idea di come ti ho odiato per questo? >>
<<
E come ho odiato me stessa per questo? >>
<<
Dannazione Spike, tu non eri adatto per la parte dell’eroe che si sacrifica e
salva il mondo. Angel era adatto per quella parte. Ed io avrei dovuto saperlo.
Avrei dovuto lasciare che fosse lui ad indossare quel dannato coso… >> un
singhiozzo, dovuto anche all’alcool la interruppe per un secondo. << …ma
era te che volevo accanto a me durante la battaglia… >> e le successive
parole furono appena sussurrate.
<<
Avevo bisogno di te, della tua forza, di quella forza che solo tu eri riuscito
a trasmettermi… >>
<<
Ed ora te ne sei andato… >>
<<
Ed io sono sola… >>
<<
Ed io… >>
Qualunque
cosa stesse per dire fu interrotto da un rumore in lontananza. Un rumore che si
stava facendo più forte ogni secondo che passava. Il rumore di un auto che si
avvicinava.
Non
poteva essere il taxi che aveva richiesto. Era troppo presto. Ma allora chi diavolo…?
Istintivamente
si ritrasse dietro la grossa pietra che le aveva fatto da riparo durante la
notte. Non aveva voglia di vedere nessuno, e ancora meno aveva voglia di essere
vista. Quello era un momento molto privato che stava vivendo, e non voleva che
qualcosa o qualcuno vi si intromettesse.
Accucciandosi
a terra per nascondere meglio la sua presenza, ascoltò il suono dell’auto che
si fermava con uno stridore di freni poco lontano. Il cigolio di una portiera
che si apriva e poi veniva sbattuta. Suono di passi che scricchiolavano sul
selciato pieno di ghiaia avvicinandosi. Poi, nella sua visuale entrarono un
paio di piedi che calzavano stivaletti neri di pelle.
Qualcosa
la colpì come un pugno, neppure lei sapeva perché vedere quei due piedi la
stesse colpendo così tanto, ma dopo essersi fermato per qualche secondo il
cuore prese a batterle forsennatamente nel petto. E le cose non stavano affatto
per migliorare…
<<
Bloody Hell! Ho fatto davvero un bel buco! >>
Il
respiro le si mozzò in gola nel sentire quella voce che mai avrebbe pensato di
sentire ancora. La testa prese a girarle, forse anche a causa del whisky che aveva
bevuto prima, ma non era ubriaca…non lo era vero?
Calma, Buffy. Calma. Forse stai solo
sognando…
<<
Non credevo di avere combinato un casino simile. Scusi Joyce, mi sa che ho
distrutto la sua casa… >>
E se non fosse un sogno…?
<<
Forse avrei dovuto comprare anche io dei fiori, ma i pochi soldi che avevo li
ho dovuti usare per fare il pieno di benzina, Fred mi ha prestato l’auto ma era
a secco. >>
Fantastico, sto sognando che Spike è
qui ed è irritato con qualcuno che si chiama Fred…
<<
Comunque…questi glieli mandano Buffy e Dawn, Andrew ha chiesto a me di
portarli. Oh, è questi sono per te Glinda, da parte di Willow. >>
Buffy
si accigliò, questo era decisamente il sogno più strambo che avesse mai avuto.
Sbirciando da dietro il masso, vide una mano chinarsi per posare a terra due
mazzi di fiori. Erano belli, cento volte meglio di quelli che era riuscita a
trovare lei all’aeroporto.
<<
Anche io avrei dovuto rimanere qua, sotterrato in fondo a questo dannato
buco…ma qualcuno ha deciso diversamente. >>
<<
Ed ora sono qui…a frignare ancora come una checca con lei, Joyce. Mi manca sa?
Nessuno sa ascoltare come faceva lei, Fred ogni tanto ci prova ma, non è lo
stesso. Persino Glinda sapeva fare di meglio. Mi manchi anche tu a proposito.
>>
<<
E mi manca Buffy…solo, che non posso andare da lei, lo sapete no? >>
A
Buffy la testa aveva preso a girare più vorticosamente di prima. “Alt, fermi
tutti!” avrebbe voluto gridare, saltando su e mostrandosi. Ma proprio mentre lo
stava per fare, un soffio di vento le portò per un istante di nuovo la voce di
sua madre. << Ascolta. >>
Era
solo una parola, ma bastò per gelarla sul posto. Ascoltare? Cosa?
<<
Quando sono spuntato fuori stile tornado da quel dannato gingillo e mi sono
ritrovato davanti ad Angel ho pensato di essere all’inferno. Quella era
decisamente l’ultima faccia che volevo vedere, e voi sapete perché. Ho rivisto
l’immagine di Buffy che lo baciava e diavolo, se non era l’inferno quello
allora cosa era? Volevo spaccargliela la faccia, ma sono solo riuscito a
passargli attraverso. Ero un dannato fantasma e non potevo lasciare Los Angeles
o fare niente di utile. >>
Oookay, forse è meglio stare ad
ascoltare. Magari riuscirò a capirci qualcosa.
<<
Volevo andare da Buffy, ma non potevo, non riuscivo neanche ad alzare la
connetta del telefono. Con i tasti forse sarei riuscito a combinare qualcosa,
ma non sapevo il numero e la checca non ha mai voluto dirmelo. E poi cosa avrei
potuto dire? “Hey, sono io, sono leggermente trasparente ma sono tornato?” No,
meglio di no, non volevo che Buffy mi vedesse in quel modo. >>
Punteggio
attuale: paletto nel cuore per Angel e
calcio nel sedere per Spike. Un attimo, si possono dare i calci nel sedere ai
fantasmi?
<<
Poi qualcuno ancora una volta si è intromesso e mi ha fatto tornare tangibile…
>>
Calcio nel sedere assicurato!
<<
E finalmente ho potuto spaccare la faccia ad Angel. Mi avete visto mentre lo
battevo? Spero di si, è stata proprio una bella lotta e lui se lo meritava. Ha
osato dire che mi ero ripreso l’anima solo per rientrare nei pantaloni di
Buffy… >>
Magari piano…
<<
Va bene, anche io non sono stato molto educato quando gli ho detto che non era
certo a lui che Buffy pensava quando…beh, lo sapete…lo so, non è stato da
gentiluomo, ma mi aveva fatto incazzare. Joyce lei lo sa, se mi sono ripreso
l’anima era perché volevo dare a Buffy quello che si meritava, ancora vorrei
farlo… >>
Pianino…
<<
…ma non posso. >>
Ripensandoci…
<<
Buffy si merita qualcosa di più… >>
Un bel calcione, magari nei cosiddetti…
<<
E ora c’è questa profezia…Angel dice che non è vera, ma intanto era pronto a
farmi secco per bere da quella dannata coppa che era finta… >>
Profezia?
<<
Ho detto ad Andrew che preferivo che Buffy continuasse a pensare a me come ad
un eroe morto. Che non volevo spuntare di nuovo fuori come un penny falso…
>>
Torna indietro. Cos’è questa storia
della profezia?
<<
Ma voi lo sapete che non è questa la ragione. La verità è ho paura dannazione.
Ho paura di andare lì, da lei, e dirle “Hey, sono tornato, ancora tutto vampiro
al cento per cento” e che lei mi sbatta la porta in faccia. >>
Dannazione Spike, perché non mi hai
voluto credere?
<<
E poi…se la profezia è vera… >>
Ecco si, bravo, torna alla profezia che
è meglio altrimenti vengo fuori e ti meno.
<<
…potrei veramente dare a Buffy quello che si merita. Io lo merito più di Angel
lo shanshu, giusto? Perché io la mia anima me la sono conquistata e questo
significa che ha più valore giusto? Potrei tornare umano e forse allora Buffy
mi amerebbe… >>
Io ti amo già, scemo. Umano?!?
<<
…potremmo sposarci, magari avere dei figli…è questo che Buffy si meriterebbe di
avere, è d’accordo con me, non è vero Joyce? Lei non voleva che Buffy stesse
con un vampiro. Ecco perché non vado da lei, almeno fino a quando non avrò
saputo di più di questa profezia, su come funziona e cosa si deve fare oltre a
salvare il mondo, cosa che per altro ho già fatto… >>
Buffy
alla parola figli era andata leggermene nel pallone. Avere dei figli…qualcosa a cui non ho mai pensato…dei figli con Spike…
<<
Comunque sia, per ora questa è l’unica cosa che posso fare. Rimanere a Los
Angeles e cercare di lottare per il bene. Adesso però devo andare, manca poco
al sorgere del sole e devo trovare un posto sicuro dove passare la giornata,
non vorrei trasformarmi ancora in un mucchietto di cenere. Ma tornerò,
promesso. >>
Buffy
si riscosse dai suoi sogni ad occhi aperti, i piedi che fino a quel momento
aveva visto si stavano muovendo per andarsene via e lei voleva vedere anche il
resto di lui, maledizione.
Spike
da parte sua si passò una mano fra i capelli, avviandosi verso l’auto di Fred,
ignaro che la sua conversazione con le due donne scomparse non era stata
solitaria come aveva pensato.
E
così, mentre lui saliva in auto, Buffy raccattava frettolosamente il sacchetto
di plastica da terra e vi rinfilava dentro la bottiglia di whisky e le
sigarette, per poi andarsi a piazzare davanti all’auto che era già pronta a
ripartire.
<<
Che diavolo…Buffy? >> esclamò
Spike, inchiodando sul posto.
Aggirando
l’auto e infilandosi nel posto del passeggero, Buffy prese un bel respiro prima
di girarsi verso il vampiro che ne era alla guida. << Ti avverto, dì solo
una parola e ti impaletto! >> gli ordinò in cagnesco, poi vendendo che
lui se ne stava solo là, fermo a bocca aperta, lo spronò. << Su forza,
metti in moto e guida fino ad un posto sicuro, neanche io ci tengo a vederti
trasformare di nuovo in un mucchietto di cenere. >>
Spike
ancora inebetito ubbidì e girò la chiavetta nell’accensione, avviando di nuovo
il motore. Non riusciva a capire cosa stava succedendo, ma lanciando uno
sguardo di sfuggita verso
<<
Spike? >>
<<
Si? >> si azzardò a dire Spike memore dell’avvertimento prima ricevuto.
<<
Appena sarà possibile andremo all’aeroporto. Tu vieni a Londra con me e non
accetto discussioni. Poi diremo a Giles di indagare su quella profezia.
>>
<<
Okay. >> rispose completamente perso Spike, non riuscendo a capire più
nulla.
<<
Certo mi piacerebbe rompere la faccia di Angel, ma visto che lo hai già fatto
tu penso che possa bastare. >>
<<
Okay. >> rispose ancora ubbidientemente Spike.
<<
Spike? >>
<<
Si? >>
<<
Chi è Fred? >>
<<
Lei…uh, lavora per Angel. >> rispose con voce roca Spike.
<<
E tu e lei… >>
<<
No! Diavolo no! Fred è cotta di Wesley, e lui di lei, anche se ancora non se lo
sono detti. >>
<<
Bene! >>
<<
Buffy? >> si arrischiò a chiedere Spike.
<<
Si? >>
Sospirando
di sollievo perché lei gli aveva risposto, Spike si fece forza. << Che ci
fai qui? >>
<<
Sono venuta a prendere il mio regalo di natale. >>
<<
Oh, e cosa dopo? >>
<<
Ho intenzione di tenermelo, che domande. >>
<<
Ed il tuo regalo sarebbe… >>
<<
Un vampiro scemo che non crede che lo ami e che pensa che io lo sposerei solo
se lui diventasse umano, ma si sbaglia. >>
<<
Oh. >>
<<
Qualche altra domanda? >>
Spike
aprì la bocca per parlare, ma niente che aveva un senso sembrava voler uscire,
così la richiuse scuotendo solo la testa.
*°*°*°*°*°*°*
Era
la vigilia di natale alla Wolfram and Hart e di Spike non c’erano notizie.
Wesley, Lorne e Fred stavano iniziando a preoccuparsi.
<<
Forse è stato troppo duro per lui andare dove era morto. >> suggerì Lorne
che con la sua empatia si sentiva solidale con il dolore che il vampiro poteva
avere provato.
<<
Ed io l’ho mandato lì con la mia auto. >> si lamentò Fred, sentendosi
improvvisamente in colpa.
<<
Non piangere zuccherino, non è colpa tua, è tutta colpa di quel moccioso del
consiglio. >> la consolò Lorne mettendole una mano sulla spalla,
ritirandola subito dopo quando vide che Wesley lo guardava male.
<<
Lorne ha ragione, Fred. Se Andrew non avesse chiesto di fare quella commissione
ora staremmo tutti più tranquilli e tu avresti ancora la tua auto. >>
disse pragmatico Wesley, cercando a sua volta di consolare la ragazza.
<<
Ragazzi? Che state facendo ancora tutti qui? Il party aziendale è già iniziato.
>> esclamò Angel entrando nell’ufficio di Wes.
<<
Siamo preoccupati per Spike, lui…uh…non è ancora arrivato. >> rispose
Lorne, riprendendosi appena in tempo da svelare al vampiro moro dove era andato
il suo childe.
<<
Oh beh, tanto meglio. Così almeno questa sera non dovrò sopportarlo. >>
esclamò Angel sfregando insieme le mani, e stupendosi per l’espressione ferita
che riempì gli occhi di Fred. << Mi sono perso qualcosa? >> chiese
sospettoso.
Per
la fortuna dei tre, prima che uno di loro potesse rispondere, Harmony entrò a
sua volta nella stanza, sventolando una busta. << Wes, questa è per te!
>> annunciò porgendola all’ex osservatore.
<<
Posta alla vigilia di natale? >> chiese sospettoso Angel.
<<
Uh, si, penso che sia una lettera dai miei genitori. >> rispose
sbrigativamente Wes, afferrando la lettera e nascondendola velocemente dato che
aveva riconosciuto la scrittura di Spike.
<< Se non ti spiace vorrei leggerla prima di venire al party.
>> aggiunse, anche per levarsi di torno il vampiro.
Rendendosi
conto che Wes stava chiedendo un momento di privacy, Angel annuì e si avviò verso
la porta, trascinando con sé Harmony che invece se ne rimaneva lì in attesa
curiosa di sapere cosa ci fosse nella misteriosa lettera.
Lorne
e Fred li seguirono, anche per non dare adito ad altri sospetti.
Rimasto
solo, Wesley prese con mani tremanti e ne tagliò il bordo con il tagliacarte.
Subito dalla busta caddero sul tavolo le chiavi dell’auto di Fred, e lui si
trovò a fissarle inebetito.
<<
Allora? >> chiese Fred, che stava affacciata sulla soglia, dietro di lei
Lorne che evidentemente non era meno curioso. I due dopo aver fatto una breve
sosta alla festa aziendale, erano subito sgattaiolati via.
Wesley
si riscosse, rendendosi conto che era rimasto a fissare le chiavi per almeno
cinque minuti. << Spike ha restituito le chiavi della tua auto. >>
disse, sollevandole con cautela dal tavolo dove erano cadute, come se temesse
che scottassero.
<<
Oh, e non dice niente? >> esclamò delusa Fred, avvicinandosi per
prenderle.
<<
Oh, si, giusto. >> rispose Wes, tirando finalmente fuori il foglio di
carta che era dentro la busta.
<<
Allora, cosa dice? >> chiese anche Lorne.
<<
Dunque… >> rispose Wes leggendo la lettera. << Dice che Fred potrà
trovare l’auto presso l’aeroporto…poi, che strano, dice che come regalo
quest’anno babbo natale gli ha portato un biglietto aereo per Londra, ci fa gli
auguri e dice di non preoccuparsi che c’è qualcuno che si sta prendendo cura di
lui… >>
<<
Un regalo da Babbo Natale? >> chiese giulivo Lorne.
<<
Un biglietto aereo? >> chiese Fred
<<
Londra? >> chiese invece Wesley a sé stesso.
Volendo
saperne di più, Fred gli strappò la lettera di mano e prese a leggere da sola.
<<
Oh, è tutto vero…ma c’è un post scriptum… >>
Credo che quest’anno Babbo Natale si
sia superato con me, sarà il più bel natale che abbia mai avuto.
E anche tu dovresti darti una mossa
Osservatore.
Deciditi a dire a Fred che la ami,
prima che qualcuno te la soffi da sotto il naso.
Fred
arrossì furiosamente leggendo ad alta voce quelle parole, e altrettanto fece
Wesley, mentre invece Lorne ghignava.
<<
Lo sapevo io che Babbo Natale esisteva. >>
*°*°*°*°*°*°*
Andrew
si stava sistemando il suo costume di Babbo Natale per prepararsi per la festa
che fra poco avrebbe avuto luogo.
Tutto
era andato secondo i suoi piani, Buffy aveva chiamato dicendo che avrebbe
portato con sé un altro ospite al cenone.
Lui
era un uomo di parola, quando aveva promesso a Spike di non dire nulla a Buffy
del suo ritorno aveva preso sul serio la sua promessa.
Questo
però non voleva dire che era disposto a starsene zitto senza fare niente per
riavvicinare quei due.
Natale
era sembrato il momento opportuno per farli rincontrare. Così aveva raccontato
a Buffy una storiella, sapendo che lei se la sarebbe bevuta e sarebbe andata a
Sunnydale per parlare con il suo perduto amore. Ed aveva fatto anche in modo
che Spike vi andasse, per portare dei fiori per la madre di Buffy e la ex
ragazza di Willow.
Il
resto poi era venuto da sé, ed ora Andrew era orgoglioso del suo ruolo nella
vicenda.
<<
Andrew, vieni? Dobbiamo ancora finire di apparecchiare la tavola. >> la
voce di Dawn da dietro la porta lo riscosse dal suo compiacimento.
Aprendo
la porta della sua camera, sorrise alla ragazza, presto avrebbe avuto una bella
sorpresa. << Stasera non sono Andrew. >> disse con fare misterioso.
<<
E allora chi sei? >> chiese Dawn, ridacchiando per la pancia finta che il
ragazzo indossava.
<<
Per stasera puoi chiamarmi Babbo Natale. >>
Fine