ANCIENT PROPHECIES

 

 

Autrice: Cristal

Rating: R

Pairing: Buffy/Angel

Genere: Action, Romance

Timeline: stagione 3 Angel, stagione 6 Btvs, più futuro. La storia comincia dopo Sleep Tight. Summary: e se in realtà Holtz non fosse riuscito a portarsi via Connor?

Tipologia: WIP

 

 

Nota1: avevo letto in precedenza, diverse fan fic cominciate nello stesso modo e mai finite, beh ci ho voluto provare pure io.

Nota2: il personaggio di Hara è una mia invenzione.

 

 

Prologo: QuorToth.

 

Atterrò agilmente sulle gambe rizzandosi subito in piedi. Tutto intorno c’era il fetore della desolazione, della disperazione, della distruzione. Forse non aveva fatto la scelta più giusta ma pur di far soffrire Angelus avrebbe fatto questo e altro.

Allentò la presa sul fagotto che stringeva tra le braccia. Durante il trambusto ed il salto il bambino aveva pianto e strillato, adesso aveva smesso ed era calmo. Forse il salto dimensionale l’aveva fatto smettere di piangere. Lentamente gli scoprì il viso.

Daniel Holtz impallidì mollando la presa. Il fagotto cadde a terra mentre respirava affannosamente e le mani gli tremavano. Si accasciò al suolo guardando di nuovo il bambino. O meglio, il bambolotto con indosso gli abiti da neonato e avvolto nella copertina del piccolo Connor. Una stupida bambola! Non sapeva come ma l’avevano fregato.

Ricordò ogni singolo momento di quella notte e sapeva con certezza che quello che aveva rapito e con cui aveva attraversato il portale per QuorToth era un bambino vero, in carne ed ossa. Era Connor. Perché adesso si ritrovava con una bambola di plastica priva di vita? E quando era avvenuto lo scambio?

C’era di mezzo Angelus? Non credeva, perché se Angelus avesse saputo che lui aveva rapito una bambola non si sarebbe dato tanta pena di riprendersela. Sorrise amaro. Era stato l’inglese. Non sapeva come, ma Wesley Whindam-Price l’aveva raggirato.

Daniel Holtz urlò maledicendo Wesley.

 

 

Parte 1 – Sei un uomo morto Price

 

Angel si divincolò bruscamente dalla stretta di Gunn mentre varcavano la soglia dell’hotel. Lo strattonò così forte che quasi il giovane ragazzo di colore, per quanto forte e agile, cadde a terra. Mentre Fred chiudeva piano la porta alle loro spalle, Angel continuava a sfogare la sua rabbia contro il suo ex amico e collaboratore prendendo a calci una sedia e rovesciando in aria la culla del suo bambino. Il suo dolce e amato Connor che non avrebbe rivisto mai più.

Attirato da tutto quel trambusto, Lorne uscì dallo studio di Wesley per vedere cosa succedeva.

-Tutto bene?-chiese. Ma non andava niente bene.

Sahjhan era morto prima che potesse rivelare qualsiasi cosa sulla profezia su Connor per mano di Justine che l’aveva risucchiato in quell’anfora e Fred e Gunn non avevano scoperto niente di niente nell’appartamento di Wesley, ne tra le sue scartoffie ne tra i suoi appunti, ne in nessun’altra cosa. A parte quella sola frase “il Padre ucciderà il Figlio” che forniva la spiegazione sul perché Wesley aveva rapito Connor, e Holtz se l’era portato via. Per sempre.

-Abbiamo trovato Wesley. È in ospedale, Justine l’ha accoltellato allo stomaco e alla gola.-gli spiegò Fred.

-Si, ed Angel gli ha quasi dato il colpo di grazia soffocandolo con un cuscino.-concluse Gunn.

-Dolcezza, la violenza non porta mai a niente.-tentò di rabbonirlo il demone verde.

-Ha rapito mio figlio, questo è sufficiente. Se Wesley Whindam Price incrocia ancora il mio cammino è un uomo morto.-con quelle sole parole, Angel salì nella sua camera.

-Questo è un bel casino.-sospirò Gunn.

I tre cominciarono a riordinare, sistemando le cose di Wesley in uno scatolone. Ogni cosa che trovavano, di Wesley o di Connor, era una fitta al cuore. Dolorosa e straziante. E non ci sarebbe mai stata più la pace.

Il giorno dopo, Fred varcò timidamente la soglia della camera di Wesley, trovandola vuota e con il letto rifatto. Forse avevano portato Wesley a fare delle analisi. Se gli altri avessero saputo che era andata da lui si sarebbero arrabbiati ma a lei non importava. Fred voleva capire e con la scusa di portargli le sue cose voleva ancora una volta chiedergli spiegazioni, anche se forse Wesley non avrebbe potuto parlare.

-Scusi, infermiera.-fermò una delle infermiere che passavano da lì.-Wesley Whindam Price, l’avete spostato?-chiese.

-Oh no, se ne è andato. Il dottore ha protestato ma lui ha insistito per essere dimesso. Giusto stamattina ha messo firma ed è andato via, speriamo che non si aggravi così, non era ancora pronto per lasciare l’ospedale, fa persino difficoltà a parlare.-scosse la testa e riprese il suo giro lasciando Fred stupita.

La giovane texana non si perse d’animo andando a casa dell’ex osservatore. Bussò più e più volte ma nessuno rispose, a quel punto aprì. La casa era buia ed in perfetto ordine. Posò la scatola per terra ed accese la luce, pareva che nessuno vivesse li da tempo.

Si diresse in camera da letto ma li c’era ancora più desolazione. Un’anta dell’armadio era aperta rivelandolo completamente vuoto. Wesley se ne era andato del tutto e anche se ne era profondamente dispiaciuta decise che forse era meglio così.

Spense tutte le luci, riprese la scatola e uscì chiudendosi la porta alle spalle. Aveva sbagliato, ma Wes le sarebbe mancato.

 

-Arrivo subito!-

La donna sbirciò dallo spioncino per vedere chi bussava alle nove di sera. Aveva sessanta anni e anche se all’apparenza non si vedeva, era una strega molto potente. Non appena ebbe capito chi era, aprì la porta.

-Wesley!-esclamò.-Oh cielo, cosa ti è successo?-si preoccupò vedendolo pallido, pesto e con ancora la fasciatura intorno al collo.

-Sto bene.-sussurrò. Aveva difficoltà a parlare.

-Vieni dentro!-lo invitò chiudendo subito la porta.-Qualcosa è andato storto? Dovevi passare ieri sera.-lo fece accomodare sul divano.

-Scusami, Hara. Un inconveniente.-

-Holtz?-

-In un’altra dimensione a quanto ne so.-sospirò stancamente.-Come sta lui?-

-Benissimo, è un vero angioletto.-la donna avvicinò un passeggino reclinato dove un bambino dormiva pacificamente.

Di tutto quel trambusto Connor non si era accorto di niente, meglio così.

-Immaginavo che Holtz e Justine mi avrebbero fregato per questo ho affidato Connor a te e ti ho chiesto quell’incantesimo.-le disse.

-Beh, è stato facile dare ad una bambola le sembianze e le movenze di Connor anche se fuori da questa dimensione l’incantesimo si rompe. Ma anche se ormai Holtz si fosse accorto che ha preso una bambola è tardi, non si torna facilmente da una dimensione infernale.-gli rimboccò la copertina.

-Devo mettere il bambino al sicuro, per lui restare a Los Angeles è pericoloso. Anche se la città è grande, Angel può comunque fiutare il suo odore e arrivare fino a te.-

-E cosa farai allora?-

-Porterò via il bambino adesso stesso. Lo affiderò ad una persona che potrà prendersi cura di lui meglio di chiunque altro.-

-Ma non puoi guidare in queste condizioni!-esclamò preoccupata.-O lascia almeno che prima ti curi.-

-Non preoccuparti, ce la faccio.-si alzò.-Devo partire subito se voglio guadagnare tempo.-

La donna annuì. Scortò Wesley fuori aiutandolo a sistemare Connor sul seggiolino nel sedile posteriore della macchina che aveva preso a noleggio giusto poche ore prima, la sua se l’era portata via Justine e poi era facilmente rintracciabile dato che Angel e gli altri la conoscevano.

-Stai attento Wesley, in molti vorrebbero mettere le mani su questo bambino e per tanti motivi diversi. Alcuni buoni, altri no.-lo ammonì Hara.

-Non preoccuparti. Sarà al sicuro.-chiuse lo sportello e girò intorno al veicolo per mettersi al posto di guida.-Hara forse non ci vedremo mai più ma grazie per avermi aiutato.-

-Mai dire mai, Wesley. Buona fortuna.-sorrise.

-Anche a te.-ricambiò e partì.

 

Fuori città le strade erano deserte. Wesley guidò guardando continuamente alle sue spalle, come se fosse inseguito dal diavolo, ma forse si sentiva così. Spesso guardava Connor ma lui dormiva pacifico. Per fortuna.

Era teso e preoccupato. Ormai era quasi arrivato ma non si rilassò neanche quando imboccò la deviazione per Sunnydale. La sua destinazione.

 

Parte 2 – La mia luce in fondo al tunnel

 

Il silenzio veniva rotto ogni tanto da qualche parola. Parole di stupore, di tristezza, perché l’unico barlume di normalità della loro vita quella notte era svanito.

Buffy e Willow sedevano sul divano mentre Dawn era accovacciata sulla poltrona e stringevano tra le mani le tazze di tè caldo che stavano sorseggiando mentre esprimevano il loro rammarico per il matrimonio di Xander ed Anya andato a monte, chiedendosi dove fosse adesso Xander che era sparito senza dire niente.

Erano rammaricate per Anya che mai avevano visto così fragile e distrutta ed erano preoccupate per Xander che per mesi aveva tenuto dentro un peso che non era riuscito a confidare alle sue migliori amiche e che poi era venuto fuori nel modo peggiore.

Fuori non pioveva più forte come quel pomeriggio ma il temporale si era trasformato in una pioggerella fitta e sottile che aveva reso la giornata ancora più triste e cupa. Dawn sospirò.

-E pensare che questa doveva essere una giornata felice.-

-Lo speravamo tutti.-tentò di consolarla Willow.-Questi ultimi mesi non sono stati facili.-

-Le cose si sistemeranno, vero?-chiese con la tipica speranza adolescenziale.

-Le cose si sistemano sempre.-sorrise sua sorella.

A quel punto bussarono alla porta e le tre si guardarono a vicenda con le fronti aggrottate chiedendosi chi poteva essere in quella serata piovosa.

-Magari è Xander.-sorrise Willow con speranza.

Con la stessa speranza, Buffy si alzò velocemente da divano e corse alla porta spalancandola. Il suo sorriso scomparve con la stessa velocità sostituito prima dallo stupore e poi dalla preoccupazione.

-Wesley!-esclamò.

Il suo ex osservatore stava in piedi a stento, reggendosi allo stipite della porta, ed era sofferente. Il suo pallore si era accentuato, si teneva lo stomaco e un rivolo di sangue si cominciava ad intravedere dalla fasciatura intorno al collo dato che non veniva cambiata da ore.

Buffy lo sorresse attingendo alla sua forza da cacciatrice e lo trascinò dentro chiudendo la porta con un calcio e scortandolo nel salotto dove Willow e Dawn scattarono in piedi vedendoli arrivare.

-Oddio, cos’è successo?-si preoccupò Willow aiutando Buffy a far stendere l’inglese.-Wes, tutto bene?-gli chiese esaminandolo.

-Chiamo Angel per vedere se è tutto apposto.-Buffy scattò al telefono.

-No!-esclamò Wesley in modo strozzato bloccandola con la cornetta a mezz’aria.-Se viene a sapere che sono qui mi ucciderà.-

-Cosa?-esclamò.-Ma tu ed Angel siete amici.-posò la cornetta e si avvicinò.

-Non più. Non dopo ieri notte.-precisò.

-Buffy ha un taglio alla gola quasi riaperto, devo disinfettarlo e fasciarlo.-si intromise Willow.

-Aspetta.-la bloccò Wesley.-Prima occupatevi di lui.-si aprì lentamente la cerniera del giubbino rivelando il motivo perché si teneva lo stomaco.

Sollevò Connor che si era svegliato e gemeva agitandosi ma senza piangere e lo porse a Buffy che subito lo prese tra le braccia cullandolo.

-Chi è questo bambino?-gli chiese la cacciatrice.

-Il motivo per cui se Angel mi trova mi uccide.-rispose mentre Willow cominciava a curarlo.

-Dawn prepara una tazza di tè per Wesley.-le chiese la sorella e subito la ragazzina obbedì correndo in cucina.-Spiegami tutto, per quanto puoi.-

-Buffy devi occuparti di questo bambino ma Angel non deve sapere niente o mi ucciderà e forse ucciderà anche Connor.-esordì.

-Connor è il bambino, giusto?-chiese e lui annuì.-Perché Angel dovrebbe uccidere un bambino così piccolo?-

-Perché così è scritto. Il padre ucciderà il figlio.-citò.

Buffy e Willow impallidirono fissando entrambe il piccolo.

-Vuoi dire che questo bambino è…?-ma Buffy non riuscì a concludere.

-Si, è il figlio di Angel. È un miracolo, ancora non sappiamo come sia potuto accadere ma le profezie dicono che Angel lo ucciderà ed i tre segni della catastrofe si sono già avverati. Io l’ho portato via ma un vecchio nemico di Angel, Holtz, mi ha teso una trappola. Angel pensa che Connor sia adesso in una dimensione infernale e per questo vuole uccidermi, mi ha aggredito mentre ero in ospedale dopo che la compagna di Holtz mi ha accoltellato e portato via il piccolo. Ma in realtà Holtz ha portato via una bambola resa Connor tramite un incantesimo fatto da una strega che conosco. Io sono andato via di nascosto dall’ospedale e ho preso il bambino senza che Angel sappia niente. Buffy devi proteggerlo, solo tu puoi salvargli la vita.-raccontò.

-E tu cosa farai adesso?-gli chiese mentre Willow finiva di medicarlo.

-Io ho già contattato Giles a Londra e mi sta aspettando, ho un volo questa notte stessa. Gli ho spiegato la situazione e mi aiuterà. Faremo affidamento alle fonti del Consiglio e alla sua fornita collezione di testi antichi, lì ci sarà di sicuro la soluzione a tutto questo. Ci sarà un modo per proteggere Connor.-si tirò piano a sedere aiutato dalla strega rossa.

-Ed io nel frattempo che dovrei fare? Crescere il figlio che il mio ex fidanzato vampiro tecnicamente sterile ha avuto da un’altra donna senza che lui lo venga a scoprire?-si alterò.

-Lo devi proteggere da chi vuole ucciderlo, e fidati che sono in tanti quello che vorrebbero farlo.-precisò.

-Wesley io non sono capace ad occuparmi di un bambino.-

-Nemmeno Angel lo era ma ci riusciva e vedere un vampiro plurisecolare cambiare pannolini era uno spettacolo.-sorrise al ricordo.-Buffy, ti prego. Guardalo. È così piccolo e innocente, non merita di fare una fine orribile per mano del suo stesso sangue. Per mano della persona che lo ama di più al mondo.-

La cacciatrice fissò gli occhi azzurri di quel fagotto che stringeva tra le braccia. Il piccolo la guardò a sua volta e sbadigliò. Solo allora lei notò che le stava stringendo l’indice con la manina. Era come se si fosse aggrappato a lei in cerca di protezione.

-Chi è sua madre?-chiese.

-Cambierebbe qualcosa per te saperlo?-chiese di rimando.

-Forse no, ma sono curiosa di sapere chi è la donna tanto fortunata da essere riuscita a donare un essere così meraviglioso all’uomo che un tempo ho amato più di me stessa.-

-Darla era tornata in vita. Lei rivoleva Angelus e ha condotto Angel in un abisso. Angel ha trascorso con lei solo una notte, Darla pensava di perfetta felicità ma in realtà era perfetta disperazione. Si è uccisa per dare alla luce Connor, l’ultimo gesto l’ha fatto per amore di suo figlio perché non poteva partorirlo naturalmente: un corpo morto non poteva dare la vita.-le spiegò.

-Io lo proteggerò.-decise.

-Grazie.-sorrise.-Quando tutto sarà risolto anche Angel capirà l’enormità del tuo gesto.-

In quel momento, Dawn tornò con un vassoio tra le mani. Willow aiutò Wesley a bere il tè mentre Buffy parlava al telefono con Giles per metterlo al corrente che avrebbe protetto Connor e Dawn si coccolava l’ultimo arrivato in casa Summers contenta di avere quel bellissimo bambolotto ma triste per tutta la storia.

Dopo che ogni dettaglio fu deciso, Buffy si offrì di accompagnare Wesley all’aeroporto. L’ex osservatore consegnò la macchina a noleggio poi attese con Buffy che il volo venisse chiamato. Non mancava molto.

-Ti ammiro, Buffy, è un grande impegno quello che ti stai accollando.-le disse.

-Io ho amato Angel di un amore profondo e unico, non ho più amato così da allora. Proteggere suo figlio, anche se è figlio di Darla, per me non è solo una responsabilità ma anche un dovere che voglio prendermi in ricordo di ciò che c’è stato tra di noi. So che Angel capirà perché l’ho fatto quando glielo diremo.-spiegò con un sorriso.

In quel momento l’altoparlante annunciò il volo diretto per Londra ed i due si alzarono dal divanetto dirigendosi al gate.

-Grazie Buffy. So che Connor è al sicuro con te.-

-Il bambino non può continuare a chiamarsi Connor perché se tutti lo conoscono con quel nome e si scoprisse che io ne ho uno con lo stesso nome capiranno subito la verità. Lo chiamerò Dominick.-decise d’impulso.-Willow si occuperà di creare il suo estratto di nascita e la sua patria potestà. Non avevo mai pensato che avrei avuto così un figlio.-sorrise di auto ironia.

-Sarai una splendida madre, Dominick ti amerà.-sospirò.-A presto, Buffy.-

-A presto, Wesley.-si abbracciarono per salutarsi, poi l’inglese consegnò il biglietto all’addetto insieme al documento di identità.

Poco dopo l’aereo per Londra decollò e Buffy si incamminò lentamente verso casa, verso il suo bambino e la sua nuova vita.

 

 

Parte 3 – La culla vuota

 

Cordelia e Groo entrarono nell’hotel Hyperion allegri e abbronzati ansiosi di rivedere i loro amici, di coccolarsi Connor e di raccontare le loro avventure in Messico ma ciò che li accolse furono le facce tristi di Fred, Gunn e Lorne che subito dissero loro le ultime novità.

Da quando Connor era stato portato via, una settimana prima, Angel era divenuto quasi catatonico. Era chiuso nella sua camera bruciata a fissare la culla vuota di Connor. Nessuno aveva più nominato Wesley anche se Fred aveva riferito che era sparito.

Subito, Cordelia corse di sopra da Angel. Voleva esprimergli la sua tristezza e fargli capire che gli era vicino.

-Mi dispiace tanto.-gli mormorò passandogli un braccio intorno alle spalle.

-Mi manca così tanto. Mi sembrano passati anni invece che pochi giorni.-e una lacrima gli scivolò lentamente giù per una guancia.

-So che Wesley è sparito.-

-Non nominare Wesley!-urlò divincolandosi dal suo abbraccio e alzandosi. colpa sua se tutto questo è successo, doveva dirmelo e avremmo trovato una soluzione insieme. Se era profetizzato che avrei ucciso mio figlio sarei stato io il primo a decidere di allontanarlo da me ma così è stato peggio. Senza poterlo nemmeno abbracciare per l’ultima volta. E adesso lui è nella peggiori delle dimensioni infernali, il QuorToth il cui passaggio non può nemmeno essere più riaperto.-

-Lo so, i ragazzi mi hanno spiegato tutto. Penso che non sarei dovuta partire, se almeno fossi stata qui forse avrei avuto una visione che ci avrebbe aiutato.-sospirò.

-Non pensarlo nemmeno, tu hai fatto bene a prenderti una vacanza. Come sta il Groosalug?-le sedette accanto.

-Bene, si è emozionato alla vista del mare.-sorrise.-Mi sono chiesta spesso in queste due settimane come avrei trovato Connor. Di quanti centimetri era cresciuto o se magari adesso aveva imparato a sorridere.-si fece di nuovo triste.

-Adesso sorrideva.-le confermò.-E riusciva a stringerti il dito, lo faceva più forte con la mano sinistra. A volte pensavo che sarebbe diventato mancino, ma è inutile chiederselo, non lo sapremo mai.-sospirò sconsolato.

-Oh Angel, non dire così. Magari troveremo un modo per riportarlo da noi.-

-No, è impossibile.-scosse la testa.-Il demone che ha aperto il portare per il QuorToth è morto e poi ci aveva assicurato che era impossibile riaprire il portale, non senza una potente congiunzione di forze mistiche e magia nera che se praticate male avrebbero potuto risucchiare l’intero pianeta. È tutto finito.-non si era mai sentito così sconfitto come in quel momento.

Poche cose, per lui avevano avuto senso da quando aveva riacquistato la sua anima, la sua coscienza. Prima c’era stato l’amore, per l’unica ragazza che avesse mai contato qualcosa per lui ma che presto aveva capito essere un amore impossibile sotto tutti i punti di vista. Poi c’era stata la missione, la profezia Shanshu, quel barlume di speranza che l’espiazione dei suoi peccati aveva un senso: il perdono assoluto. Ma dal momento in cui ne era venuto a conoscenza ad ora erano già passati quasi due anni e benché sapeva che la strada era lunga e tortuosa, ogni giorno che combatteva senza sapere niente era una piccola sconfitta. Per ultimo c’era stato Connor, la cosa migliore di tutte, il bambino che mai si era sognato di poter avere e che con il suo innocente e sdentato sorriso gli aveva illuminato l’intera e secolare esistenza.

Di tutte le cose perse, quest’ultima era quella che faceva più male. Più della perdita dell’anima, più dei sensi di colpa che ogni giorno lo rodevano dall’interno. Più di tutto.

In quel momento il suo telefono suonò. Di solito il telefono suonava nella reception ma Angel aveva un numero privato che in pochi conoscevano. Lui non si mosse di un millimetro, improvvisamente si sentiva come invecchiato di tutti i suoi duecento lunghi anni.

-Rispondo io.-fece Cordelia vedendolo così, come se fosse un vegetale.-Pronto?-rispose.

-Non pronunciare il mio nome, fino a che non ti dirò di passarmi Angel.-

Cordy sussultò lievemente, lanciando subito uno sguardo ad Angel che però era troppo assorto nel suo dolore per cogliere quel lieve sussulto. Era Wesley al telefono e voleva parlare con Angel, ma prima voleva dire una cosa a lei.

-Io…io non credo che sia una buona idea.-fece titubante.

-Parlerò rapidamente e poi mi passerai Angel. Ma devi promettermi che ciò che ti dico non lo dirai mai a nessuno, specialmente ad Angel.-silenzio.-Cordy, promettimelo, ti prego.-la implorò.

-Va bene.-assentì.

-Sai tutto ciò che è successo? Anche di Connor?-

-Si.-annuì.

-Bene. Il bambino è vivo, sta bene e Holtz non è riuscito a portarlo nel QuorToth, quello che ha portato via era una bambola sotto incantesimo. Connor non è con me, l’ho affidato ad una persona di mia fiducia che lo proteggerà finché non verrò a capo di questa profezia e troverò un modo per impedirla.-le spiegò.

Cordelia si impedì di tirare un sospiro di sollievo, Angel se ne sarebbe accorto e l’avrebbe messa sotto torchio per sapere quello che sapeva. Aveva promesso di tacere, anche se contro la sua volontà, quindi doveva rispettare la parola.

-Dove sei?-gli chiese.

-Lontano. Fuori dall’America.-precisò.-Adesso passami Angel.-

-Ne sei sicuro?-

-So a cosa vado incontro, non preoccuparti.-fece una pausa._Grazie Cordy.-

-Non c’è di che.-si voltò verso Angel e lo chiamò, lui si girò appena.-Vogliono te.-gli porse la cornetta.

Il vampiro si alzò stancamente e prese il telefono come se fosse un peso. Sembrava davvero avere tutti i suoi duecento anni.

-Si?-chiese.

-Ciao Angel.-lo salutò.

Il vampiro parve riprendere vita. I suoi lineamenti si indurirono, raddrizzò le spalle e gli occhi si strinsero in una fessura mandando scintille d’odio che avrebbero distrutto anche una parete di amianto. Cordelia si spaventò, perché sembrava Angelus.

-Speravo in una qualche complicazione che ti avrebbe ucciso.-sibilò.-Come osi farti sentire dopo quello che hai fatto, brutto bastardo?-

-All’ospedale non potevo parlare, adesso ho un filo di voce per dirti che hai fatto bene a cercare di uccidermi, io avrei fatto lo stesso. Non ti biasimo, quindi, per il tuo gesto. Voglio solo dirti che un giorno capirai ciò che ho fatto e se neanche allora potrai perdonarmi lo capirò. Non sto bene con me stesso ma so di aver fatto la cosa più giusta.-disse.

-Prega il tuo Dio di non incrociare mai più la mia strada, Price, o porterò a termine ciò che ho cominciato. E non sarò l’Angelus che tutti temete, sarò Angel la qual cosa è ancora peggio.-

-Lo so. Addio Angel, almeno per ora.-e detto questo riattaccò.

Angel posò il telefono e si voltò verso Cordelia che era ferma in attesa, si torceva le mani in ansia.

-Non odiarlo, Angel.-lo supplicò.

-Cosa ti ha detto?-la guardò truce.

-Mi ha solo chiesto perdono e supplicato di non odiarlo.-mentì sentendosi uno schifo.

-Lasciami solo adesso, Cordelia.-le voltò le spalle.

-Come vuoi. Torno più tardi.-e detto questo se ne andò chiudendosi la porta alle spalle senza voltarsi nemmeno una volta.

Percorse il corridoio fino al punto in cui lui non avrebbe più potuto sentirla, poi si accasciò a terra e stringendosi le ginocchia al petto pianse. Singhiozzò senza controllo con il cuore diviso in due.

Fu così che Groo la trovò pochi minuti dopo.

-Principessa!-esclamò correndole al fianco.-Ero venuto a cercarti per sapere se ti andava di mangiare. Dimmi cosa ti fa stare così male.-

-Oh Groo, è solo questa orribile situazione.-lo abbracciò.-Ma se ci sei tu va tutto bene.-

-Le cose si sistemeranno.-tentò di consolarla.

 

Nella sua camera, Angel sospirò piano. In quel momento si sentiva devastato dentro, come lo era la sua camera. La culla del suo bambino era bruciacchiata e soprattutto vuota, come il suo cuore.

Lui aveva vissuto a lungo e se c’era una cosa che conosceva era la rassegnazione. Il suo piccolino non sarebbe tornato mai più. Con quella consapevolezza si avvicinò alla culla, la guardò un ultimo istante ripensando ai momenti felici con suo figlio, che purtroppo erano stati molto brevi, e poi cominciò piano a smontarla. Un pezzo alla volta. Per cercare di rimettere insieme i pezzi della sua non vita.

Sapeva di poter dire di avere almeno conosciuto la gioia di essere padre. Non avrebbe mai dimenticato il suo dolce e amato Connor. Mai.

 

 

Parte 4 – Un arduo compito

 

-Ok, ricominciate daccapo e più lentamente perché sono parecchio confuso: Buffy ha un figlio?-

Xander sgranò gli occhi guardando nell’ordine: Dawn che con la sua aria innocente aveva lo sguardo rivolto in aria, Willow che assunse la sua solita aria colpevole che la rendeva adorabile, Tara il cui viso aveva una tonalità di rosso molto rassomigliante al colore dei capelli di Willow, e Buffy che dava il biberon al bambino e si incartava su ogni parola che cercava di dire.

-Non è esattamente mio figlio. Io ho solo il compito di proteggerlo a tempo indeterminato spacciandolo per mio figlio.-precisò.

Xander era arrivato un’ora prima contrito e colpevole, una settimana dopo il suo mancato matrimonio. Voleva scusarsi con le sue migliori amiche e aveva appena cominciato il suo discorso di scuse quando Dawn e Tara erano spuntate gioiose porgendo a Buffy un Connor, per tutti Dominick, o meglio ancora Nicky, profumato e ben vestito dopo un bagnetto appena fatto. E li la testa di Xander era entrata in tilt, specie dopo aver compreso che Buffy era la “mamma” del bambino.

-Bene e fin qui la cosa è chiara. La domanda è: chi è il bambino? E chi te l’ha affidato?-continuò.

-L’ha portato qui Wesley.-rispose come se nulla fosse Dawn.

-Wesley? Intendi Wesley Whindam Price?-e tutte e quattro annuirono.-E perché l’ha portato fin qui? Angel non poteva proteggerlo?-

-In effetti è proprio Angel il problema.-Buffy si alzò e mise Nicky nella carrozzina.-Angel non può proteggere Connor perché potrebbe ucciderlo.-

-Connor? Voi l’avete chiamato Nicky poco fa.-il giovane si sedette perché era ancora più confuso.

-Mi sa che gli faccio un caffè.-e Dawn andò in cucina.

-Ed io ti aiuto!-e anche Tara sparì.

-Il bambino in realtà si chiama Connor ma io devo proteggerlo senza che nessuno lo sappia così gli ho cambiato il nome in Dominick.-esordì Buffy.-La sera che tu non ti sei sposato Wesley è venuto qui, era pesto e non stava bene, aveva rischiato di morire. Mi ha portato il bambino supplicandomi di proteggerlo perché Angel potrebbe ucciderlo anche se non vuole.-

-Si perché, vedi, Nicky è il figlio di Angel.-Willow gli diede la botta finale.

-Fermi tutti!-Xander si alzò.-Il mio mondo sta andando a rotoli. Da quando i vampiri possono avere figli?-

-Questo è un mistero.-rispose Buffy.

-E poi perché Angel dovrebbe uccidere suo figlio?-chi pensò.-Ah...adesso ci sono! Non è Angel, è il buon vecchio Angelus che è tornato dopo essersela spassata per una notte e aver concepito questo bellissimo angioletto. Per questo il piccolo necessita protezione.-ci pensò bene su.-Angelus è tornato?-si preoccupò.

-Hai sbagliato su tutta la linea.-lo smontò Willow.

-Angelus non è tornato.-confermò Buffy.-Si tratta di una profezia ancora non molto chiara. Wesley l’ha scoperta e ha portato via il bambino ad Angel di nascosto. Infatti adesso Wesley si è rifugiato da Giles a Londra dove insieme stanno cercando di capire qualcosa su questa profezia. Angel crede che il bambino sia addirittura in un’altra dimensione perché un suo vecchio nemico l’aveva rapito e poi era sparito in un portale, solo che era un trucco di Wesley.-

-Ok, adesso è tutto più chiaro. Angel ha avuto un figlio e a causa di una profezia rischia di ucciderlo, per questo Wesley l’ha rapito e l’ha portato qui affinché Buffy lo protegga. Ed io che pensavo che l’inglese non avesse spina dorsale.-scosse la testa.-Ma come facciamo adesso con un bambino in giro?-

-Per cominciare Willow e Tara hanno fatto un incantesimo intorno alla casa. Un segnale acustico ci avviserà di chiunque con cattive intenzioni si sia avvicinato troppo e lo terranno loro la sera mentre io sono di ronda.-

-Pensate che possa bastare?-si sedette di nuovo.

-No, anzi è veramente poco, ma per ora non c’è altro che possiamo fare.-sospirò Willow.-Wes ci ha detto che Angel potrebbe uccidere il bambino ma anche che il piccolo è un frutto miracoloso e in molti vorrebbero metterci su le mani, con le buone e con le cattive intenzioni, ma ancora non conosciamo perfettamente questi nemici.-

-In parole povere brancoliamo letteralmente nel buio in attesa che qualcosa accada.-riassunse Buffy.

Dawn e Tara tornarono in quel momento con il caffè che Xander non rifiutò di certo, anche se adesso molte cose erano più chiare.

Certo, non era contento di avere a che fare con il figlio di Angel ma Nicky non aveva colpe, era solo un piccolo bimbo innocente che rischiava la vita solo perché era venuto al mondo. E poi aveva un sorrisino così contagioso che era impossibile non innamorarsi di lui.

 

Il cimitero quella sera era stranamente deserto. Buffy aveva lasciato Nicky a casa con tutti i suoi amici per andare a fare la ronda. Nonostante la diffidenza, tutti si stavano lentamente innamorando di quel pargoletto tenero e paffuto, persino Xander che era il più sospettoso di tutti.

Le scappò un sorriso al pensiero di Nicky. O meglio, Connor. Ormai lo amava come se fosse veramente figlio suo. Subito dopo le si strinse il cuore a pensare che un giorno, forse non troppo lontano, avrebbe dovuto restituirlo al suo legittimo genitore: Angel.

Il suo stesso sangue, l’uomo che lo amava più di quanto lei avrebbe mai potuto fare. Le scappò un sospiro malinconico.

-Oh, ti prego! Dimmi che quel sospiro così dannatamente malinconico ti è sfuggito pensando che ormai è da un po’ che non stai più tra le mie braccia.-

Roteò gli occhi in aria al suono di quella voce e le si rivolse evitando persino di voltarsi.

-Veramente, Spike, ogni volta che ricordo di averti lasciato sorrido di felicità.-solo a quel punto si girò per trovarsi il suo ex amante a pochi metri di distanza che la fissava con il solito sguardo sfacciato.

-Beh, è un vero peccato. Pensavo di essere stato il tuo amante migliore.-

-Mi permetto di dissentire.-

-Non dirmi che il soldatino era meglio di me!-rise.

-Oh no, non parlo di Riley. Sarà successo una volta ma ti posso garantire che quelli si che furono fuochi d’artificio.-lo vide divenire livido di rabbia.-A parte sapere della mia vita sessuale, cosa vuoi?-incrociò le braccia al petto.

-Stasera tutta sola di ronda? Nessuno dei tuoi tirapiedi è venuto a farti compagnia?-avanzò di un passo.

-No, avevano tutti degli impegni.-rispose.

Si, dovevano coccolarsi Nicky al posto mio!” pensò scocciata dal pensiero che tutti, tranne lei, stavano giocando con il piccolo. Si sentiva una mamma egoista ma purtroppo quello era il fascino che il bambino esercitava su tutti, era impossibile resistergli.

-Allora, volendo, potremmo concederci cinque minuti.-avanzò ancora con una esplicita richiesta negli occhi e nella voce ma ormai Buffy non cadeva più nel suo tranello.

-Spike, per l’ennesima volta, no! Non verrò mai più a letto con te, mai!-si voltò per riprendere il suo cammino ma lui la fermò per un braccio.

-Buffy!-la costrinse a voltarsi.

Lei fece per tirargli un pugno sul naso ma lui si abbassò giusto in tempo, anche se il pugno di Buffy non era mirato al suo naso, bensì a quello del vampiro alle spalle di Spike e che indietreggiò stordito. Buffy si liberò di Spike e iniziò a lottare con il demone.

Resosi conto della cosa, Spike cercò di aiutarla ma fu distratto da un secondo vampiro. Era strano, non si era accorto subito di loro e fronteggiandoli capì anche che non erano novellini. E di solito i vampiri “adulti” si presentavano sulla bocca dell’inferno per una sola cosa: provocare guai seri.

Buffy ridusse in cenere il suo vampiro giusto in tempo per cominciare a combattere con un terzo. Ma da dove diavolo sbucavano in così tanti? Erano per caso nascosti?

Gli diede un calcio allo stomaco che lo fece volare a terra e si precipitò ad impalettarlo. A quel punto il vampiro parlò distraendola.

-Puoi ucciderci quanti ne vuoi ma siamo in tanti e sappiamo che hai il bambino.-

Rimase di stucco perdendo la lucidità quel millesimo di secondo necessario al vampiro per darle un pugno al volto così forte da farla indietreggiare per circa un metro. Riacquistata la lucidità lo scaraventò contro un albero dove fu colpito da un ramo spezzato e ridotto in cenere.

Spike stava incontrando difficoltà con il vampiro così lo afferrò per le spalle e lo spostò dal demone prendendo il suo posto.

-Spike, corri a casa mia e di a Willow, Xander e gli altri che in città un gruppo di vampiri sa di Nicky.-gli ordinò.

-Nicky?-si stupì alzandosi e ripulendosi i pantaloni.

-Vai!-gli ingiunse.-Non fermarti e uccidi qualsiasi cosa ti barri la strada e non sia umano.-

Capendo la sua disperazione, visibile anche nel modo di combattere, Spike annuì e corse via lasciandola sola a sbrigarsela con quello che pareva l’ultimo vampiro lì presente.

 

Spike corse come un forsennato per le vie deserte di una notturna Sunnydale. Non sapeva e non capiva quello che stava succedendo ma aveva visto Buffy così preoccupata ed in ansia. Se reagiva in quel modo c’era un motivo. E quel motivo l’aveva chiamato Nicky.

Nicky. Chi cavolo era Nicky? Un nuovo amore? Una persona importante da proteggere? Chiunque fosse, per lei era importante. E poi avrebbe scoperto a breve chi era, se si trovava a casa Summers.

Per strada non incontrò nessuno e quando spalancò la porta di casa Summers precipitandosi nel salotto, fece sussultare di paura tutti i presenti che si alzarono spaventati e si voltarono verso di lui con le armi in pugno.

Erano già armati? E perché cavolo dovevano tenere le armi a portata di mano?

-Cosa vuoi torcia non umana?-lo aggredì Xander sarcastico.

-Mi manda Buffy.-esordì con un po’ di fiatone.-Abbiamo incontrato dei vampiri, belli tosti. Buffy mi ha detto di correre da voi e dirvi che un gruppo di vampiri in città sa di Nicky.-

Li vide impallidire tutti e guardarsi a vicenda. Per un secondo parvero spaesati ma subito si ricomposero e Willow fu la prima a parlare.

-Xander vai a prendere Nicky di sopra e portalo qui, è meglio averlo con noi. Tara di sopra in camera mia c’è un libro di incantesimi, porta giù tutto quello che ti serve per operare.-i due scattarono subito.

-Ed io?-si offrì volenterosa Dawn.

-Vai a chiudere a chiave la porta in cucina e aiuta Spike a portare l’armeria pesante dalla cantina.-i due si diressero immediatamente in quella direzione.

Lei sbarrò le finestre e chiuse le tende. Dentro casa erano al sicuro perché i vampiri non avevano il permesso di entrare, ma le cose sarebbero peggiorate se avessero deciso di dare fuoco alla casa per costringerli ad uscire. Non potevano combattere tenendo in braccio il bambino, e avrebbero avuto poco tempo per infilarsi tutti nella macchina di Xander, se ci entravano, e sgommare via per seminarli.

Xander fu il primo a tornare, seguito a ruota da Tara che reggeva tra le braccia due libri, candele, un mazzolino di fiori e sacchetti vari. Subito Willow la aiutò a depositare il tutto sul tavolino già svuotato. Pochi secondi dopo tornarono Spike e Dawn, solo il vampiro reggeva l’enorme baule di armi evitando lo sforzo alla ragazza.

-Adesso che siamo più armati di un esercito posso sapere chi è così importante da essere protetto così?-chiese Spike.

-Lui è Nicky.-lo informò Willow spingendo verso di lui la carrozzina dove avevano adagiato il piccolo.

-Mi state prendendo in giro?-rimase di sasso.-Tutta questa baraonda per un marmocchio?-li guardò uno alla volta.

-Non è un marmocchio, è il bambino più adorabile dell’universo.-lo difese Dawn piccata.

-E a chi appartiene?-continuò il vampiro biondo indicandolo con l’indice.

A quel punto tutti si guardarono imbarazzati, indecisi se parlare o meno.

-Magari è il caso che lo chiedi a Buffy.-rispose Willow per liquidare la faccenda.

-Avanti, voi lo sapete di chi è e non volete dirmelo.-insistette.

-Una volta tanto hai perfettamente ragione. E adesso che hai ottenuto questa soddisfazione, cosa che non ricapiterà facilmente, puoi farci il favore di stare zitto e concentrato in caso di pericolo.-concluse l’interrogatorio Xander.

Per un paio d’ore fu tutto tranquillo. Nonostante tutto, mantennero la mente sgombra da ogni pensiero e all’erta in caso di movimenti sospetti. Alternarono dei turni di guardia alle finestre, le armi pronte in pugno.

Poi, verso le tre del mattino, la porta lentamente si aprì e in salotto Buffy fece la sua comparsa. Aveva un labbro spaccato e sanguinante, una guancia gonfia e livida, un occhio nero e un taglio sulla fronte che ancora gocciolava sangue. La gamba di uno dei pantaloni era lacerata e si intravedeva un taglio lungo quasi quanto la coscia, aveva la maglia lacerata con diversi tagli sull’addome e la manica destra della giacca e della maglia non c’erano più mettendo in bella mostra circa cinquanta lividi su tutto l’avambraccio. Sembrava uscita da un campo di battaglia.

-Buffy! Stai bene?-si preoccupò Willow correndo verso di lei.

La sua amica le impedì di avvicinarsi alzando una mano. Senza dire niente, prese Nicky dalla carrozzina e voltò le spalle a tutti salendo di sopra e chiudendosi nella sua camera.

-Ma cosa…?-Xander non riuscì a formulare la domanda.

-Li ha affrontati tutti da sola. Tutto il gruppo di vampiri che cercava Nicky.-riuscì a capire Willow.

 

Mandare Dawn a letto fu un’impresa, la ragazzina non voleva coricarsi se prima non sapeva se Buffy stava veramente bene. Tara, che la conosceva bene, le parlò dolcemente e poco dopo la piccola Summers dormiva beata in camera sua.

Da quando Buffy era tornata l’avevano sentita uscire dalla sua camera per chiudersi a chiave in bagno. Poco dopo si era sentito lo scroscio dell’acqua nella doccia, durato ben cinquanta minuti. Poi, Buffy si era di nuovo chiusa in camera. Nicky era stato tutto il tempo con lei.

Al piano di sotto, in tutto quel frangente, non si era sentita volare una mosca. Il silenzio era stato persistente e pesante, pieno di preoccupazione e domande non espresse. Nemmeno Spike, in disparte nell’angolo più remoto del salotto, aveva osato parlare, troppo sconvolto dalla scena appena vista.

Silenziosamente, Tara aveva preparato il caffè per lei, Will e Xander, sorseggiato senza emettere alcun suono. In attesa di qualche segnale che non arrivò neanche dopo due ore che Buffy era tornata. Poi, Spike si staccò dal suo posto dirigendosi verso di loro.

-Io me ne torno a casa, il sole sta per sorgere. Se avete bisogno fatemi sapere.-ruppe il silenzio.

-Ti accompagno alla porta.-si offrì Tara gentile.

Due secondi dopo era di ritorno.

-Forse dovrei andare a chiederle come sta.-Willow si alzò inquieta dal divano gettando un’occhiata alle scale.

-Credo che tu sia l’unica in grado di parlarle, ora come ora.-acconsentì Xander.

-Xander ha ragione.-concordò Tara.

Willow annuì, poi si diresse timidamente su per le scale. Indugiò qualche secondo davanti la porta di Buffy, poi alzò il pugno e bussò piano perché probabilmente Nicky si era già addormentato da un pezzo.

-Buffy?-la chiamò non ottenendo risposta. Piano aprì la porta e sbirciò all’interno.-Posso entrare?-chiese affacciando la testa.

-Vieni pure.-la invitò la sua amica.

Buffy era in vestaglia seduta sul bordo del letto. I capelli pettinati erano ancora umidi e si era messa un cerotto sulla fronte, gli occhi erano gonfi e rossi: chiari segni di pianto. Aveva finito di disinfettarsi e curarsi la gamba che ora stava fasciando piano.

-Ti aiuto.-si offrì Willow chiudendo la porta e inginocchiandosi di fronte a lei e finendo di fare la fasciatura.-Cosa ti è rimasto da fare?-chiese.

-Il braccio e l’addome.-

La sua voce risuonava spenta e stanca. Probabilmente era stata una lotta lunga, faticosa e dolorosa.

-Nicky?-

-Dorme.-

Willow la curò in silenzio fasciandole il braccio. Prima di fasciarle l’addome, Buffy le chiese di guardarle la schiena. Aveva qualche taglio e diversi lividi di chi Willow si occupò. Per un po’, Buffy non avrebbe potuto indossare il reggiseno o il gancio le avrebbe fatto male a lividi e graffi sulla schiena.

-Perché li hai affrontati tutti da sola?-le chiese alla fine sedendole accanto.

-Non c’era tempo per chiamarvi.-sospirò.-Al cimitero uno mi è sfuggito e non potevo permettere che tornasse dagli altri per avvertirli che mi avevano trovato, dovevo ucciderlo prima ma non ci sono riuscita. A quel punto non potevo fuggire, dovevo affrontarli che ne fossi uscita vincente o perdente, per il bene di Connor.-

-Almeno hai vinto.-tentò di consolarla.

-Sessantuno vampiri tutti insieme, il mio record personale. Sfido qualsiasi altra cacciatrice a batterlo.-abbozzò un sorriso.-Devo chiamare Giles e informarlo di stanotte.-

-Riposati adesso, insieme al bambino. Lo chiamerò io più tardi per dirgli quello che è successo.-la aiutò a stendersi spostando la culla accanto a lei, poi uscì silenziosamente.

Al piano di sotto, Xander e Tara la aspettavano. Spiegò loro quello che era successo, poi a quel punto la nottata poté definirsi conclusa anche se erano le cinque del mattino. Xander se ne tornò a casa accompagnando Tara al dormitorio. A quel punto anche Willow andò a stendersi un po’ anche se sapeva che il suo sonno sarebbe stato breve, tra poco Dawn si sarebbe dovuta svegliare per andare a scuola e Buffy non era in condizioni di occuparsi della sorella, troppo stremata dentro e fuori com’era.

 

Buffy fece un brutto sogno. Sognò che era attorniata dagli stessi vampiri appena affrontati ma stavolta erano troppo forti rispetto a lei e la sopraffacevano. Lei cercava di difendersi e combattere mentre Connor piangeva in sottofondo, lontano da lei che comunque riusciva a sentirlo.

Chiamò il bambino ma lui piangeva senza potersi calmare, poi i vampiri furono veramente troppi e troppo forti e le si gettarono addosso mentre lei sentiva le forze abbandonarla continuando, fino alla fine, a chiamare il piccolo.

Si svegliò di soprassalto, l’orologio segnava le dieci del mattino e Connor realmente piangeva nella sua culla. Buffy fu subito accanto a lui, giustamente il bambino aveva di sicuro fame. Fortuna che Willow aveva portato del latte dentro un thermos mentre lei dormiva. Lo versò nel biberon, era ancora caldo, e prese il bambino in braccio per dargli da mangiare.

Appena finito, il piccolo diede segno di aver digerito poi tornò piano ad addormentarsi. Buffy lo rimise nella culla e lo osservò per un lungo tempo. Proteggerlo si stava rivelando un compito più duro di quanto si fosse aspettata ma lei avrebbe resistito perché Connor era importante, indipendentemente dal fatto che era il figlio di Angel, e lo avrebbe protetto fino a quando sarebbe servito anche a costo della sua stessa vita.

 

Parte 5 – La lunga estate di Los Angeles

 

Luglio aveva ormai contato venti giorni. L’aria era irrespirabile e afosa, l’umidità si appiccicava alla pelle e rendeva ogni più semplice movimento un’agonia.

Lentamente la Angel Investigazioni era tornata alla vita. Aveva cancellato dalla vista, ma non dalla mente e dal cuore, ogni traccia riguardante Wesley e il piccolo Connor. Si premuravano di non nominare mai nessuno dei due perché ogni più piccolo pensiero era una spina sanguinante nel cuore e faceva terribilmente male. Tranne poi tornare a cedere nell’abisso.

Lorne era partito per Las Vegas dove un tizio che conosceva lo aveva assunto come intrattenitore nel suo casinò, diceva di stare riscuotendo grande successo e poi Lorne adorava le luci sgargianti e mettere in mostra le sue doti canore. Las Vegas faceva proprio per lui.

Angel era tornato a capo della sua agenzia occupandosi anche della parte che riguardava la ricerca. Non era bravo come Wesley, questo lo sapeva, ma conosceva anche lui molte lingue e i libri vecchi ed ammuffiti.

Tra Fred e Gunn non era durata, i due avevano capito che se la intendevano meglio come amici che come fidanzati e quindi tutto era tornato come prima senza che la faccenda pesasse in alcun modo sull’agenzia e sugli altri già provati dai recenti avvenimenti.

La stessa cosa non si poteva dire di Cordelia e Groo che era ogni giorno sempre più innamorati. La presenza di Groo ormai era un punto fisso e oltretutto affiancava egregiamente Angel nella lotta e quindi era anche utile agli affari. Questo fino ai primi giorni di giugno.

Una sera Cordelia era uscita per una commissione e non era tornata. Alle prime luci dell’alba Groo, Fred e Gunn avevano trovato la sua macchina abbandonata in mezzo alla superstrada, di lei non c’era nessuna traccia.

Ricerche e quant’altro non avevano portato a niente. Tranne alla scoperta, per altro poco significante, che la sera del suo compleanno aveva barattato una parte della sua umanità per poter reggere le visioni che lentamente la stavano uccidendo. Anche se avevano intuito che la sua scomparsa dipendeva da quello non avevano alcun indizio su dove potesse essere, così si limitavano ad attendere che magari un giorno sarebbe tornata.

E così, in un vortice di giorni, luglio aveva sorpassato la metà dei suoi giorni senza alcuna traccia della ragazza.

-Ciao. Ho portato la colazione.-esordì quella mattina Gunn mettendo davanti a Fred e Groo tre bicchieri e due sacchetti di carta.-Caffè freddo per me e Groo, latte freddo con cacao per Fred, brioche miste con crema e marmellata e un bicchiere di sangue di maiale per il capo che oltretutto non vedo. Dov’è Angel?-chiese guardandosi in giro.

-È di sopra. È andato a prendere alcuni libri che ci servono.-rispose Fred prendendo il suo bicchiere e aprendo il sacchetto da cui estrasse un cornetto con la crema.

-Su questi che abbiamo qui non abbiamo trovato niente su quel demone che è stato avvistato al porto.-precisò Groo prendendo anche lui una brioche, con la marmellata di lamponi.

-Nel mio giro di ricognizione, stanotte, non ho notato molte tracce. Forse si è spostato.-Gunn alzò le spalle bevendo un sorso di caffè.

-Sapete, penso che in questo caso una visione di Cordelia ci sarebbe stata davvero utile.-sospirò Fred.-Mi manca veramente tanto.-

-Manca a tutti.-precisò Groo.-A volte immagino di vederla rientrare dalla porta, bella e sorridente come sempre, e allora io corro a prenderla tra le mie braccia e non mi importerà dove lei sia stata, l’importante sarà che sia tornata.-

-Ce lo auguriamo tutti.-gli sorrise Gunn speranzoso.

In quel momento Angel tornò giù chiedendo cosa si auguravano. Il riferimento a Cordelia gettò nello sconforto pure lui ma poi si riprese, dicendo che lei non avrebbe voluto vederli in quel modo, anzi. Ripresero a cercare nei libri che il vampiro aveva portato giù, anche se alcuni necessitavano di traduzione tanto erano vecchi.

 

Il porto di notte era stranamente rumoroso, più che durante il giorno. O così poteva sembrare ad un orecchio umano. C’era il rumore del mare, dei pescherecci ancorati, del luna park sulla baia in lontananza. Per Angel era tutto molto silenzioso.

Lui riusciva a captare ben altri rumori di sottofondo, suoni e rumori che alle orecchie umane erano sconosciuti per lui erano normali.

Fu lui che riuscì a guidare gli altri sulle tracce che la sera prima a Gunn erano sfuggite. Fu lui a scovare delle impercettibili tracce di sangue, a odorare dove si erano dirette. Ma quando assaltarono il capannone era vuoto.

-Eppure i miei sensi non si sono sbagliati.-si giustificò perplesso.

-Magari sono tracce vecchie.-ipotizzò Gunn.

-Mm, non lo so.-qualcosa non gli quadrava.

-Avete sentito?-attirò la loro attenzione Fred dirigendosi verso il fondo.-A me è parso di sentire un lamento.-spiegò.

Cautamente spostò una pila di cartoni per scovarvi un uomo rannicchiato e sanguinante.

-C’è qualcuno qui.-informò gli altri.

-Fred, non avvicinarti!-ma l’avvertimento di Angel giunse un secondo troppo tardi.

Fred si era già chinata su di lui e quello che apparentemente parve una vittima in realtà tramutò il viso e prese Fred stringendola in una morsa e preparandosi a morderla. L’intervento di Angel fu tempestivo, liberò la ragazza e prese il vampiro per la gola alzandolo dal pavimento e inchiodandolo sul muro.

-Chi ti ha ridotto così?-gli chiese.

-La cacciatrice.-ansimò.-Sono fuggito da Sunnydale.-

-Non ci credo che Buffy ti abbia lasciato andare, non è da lei.-strinse di più la morsa tirando fuori il paletto.

-È stata una svista, mi sono nascosto. Eravamo in sessantacinque, io sono l’unico sopravvissuto. Ci ha ucciso tutti in una volta sola.-spiegò.

-Fortuna che ci sono io a rimediare alla sua svista.-e affondò il paletto nel cuore.

-Lei ha qualcosa che ti appartiene. L’ha chiamato Dom…-ma non riuscì a concludere perché esplose in cenere.

-Cosa voleva dire?-chiese Groo.

-Si, stava dicendo qualcosa. L’ha chiamato Dom.-ripeté Fred.

-Non ne ho idea.-Angel aggrottò la fronte stranamente confuso e con uno strano brivido famigliare che gli percorse la schiena.

 

Durante tutto il tragitto di ritorno, Angel fu stranamente silenzioso ed immerso nei suoi pensieri mentre Fred e Gunn progettavano di portare Groo da Lorne, per svagarsi un po’.

Quando varcarono la soglia dell’hotel, il vampiro andò a posare le armi, poi si tolse la giacca adagiandola sul divanetto rotondo.

-Ragazzi prendetevi pure il resto della serata, io vado a fare una doccia e poi leggo un libro.-e liquidateli così, Angel salì di sopra nella sua camera senza neanche guardarli e lasciandoli parecchio straniti del suo comportamento.

Fece una lunga doccia calda che non servì a schiarirgli le idee e rientrò nella sua camera ancora più confuso. Sedette sul letto con l’asciugamano avvolta intorno alla vita, ed un’altra intorno al collo che gli serviva per asciugarsi i capelli.

D’impulso prese il telefono e compose un numero a lui ben famigliare. Il telefono prese a squillare diverse volte e stava per riattaccare quando risposero.

-Pronto?-la voce femminile che rispose aveva il fiatone, segno che aveva corso per rispondere.

-Ehm…ciao Buffy.-fece lui timidamente.

-Angel!-esclamò e a lui parve colta dal panico.

-Ti disturbo?-si preoccupò.

-No! No, assolutamente.-si affrettò a precisare.-Io stavo facendo una doccia dopo ronda e non avevo sentito il telefono e quando l’ho sentito sono corsa prima che Dawn si svegliasse.-

-Buffy non giudicarmi stupido ma stasera è successa una cosa e volevo parlartene.-

-Sono tutta orecchi.-silenziosamente si alzò e controllò nella culla che Nicky dormisse, ma forse era meglio spostarsi perché se il piccolo si svegliava avrebbe cominciato a piangere ed Angel sentendolo si sarebbe insospettito. Ma d’altra parte non poteva andare a parlare in corridoio o avrebbe svegliato Dawn così cercò di abbassare il volume senza insospettirlo.

-Ho incrociato un vampiro, era messo male e mi ha detto che eri stata tu a ridurlo in quel modo. Anzi che erano in più di sessanta e che li hai uccisi tutti.-le spiegò.

A quel punto, Buffy fu davvero colta dal panico perché se quello che le era sfuggito aveva detto qualcosa lei era spacciata.

-Sei sicuro che non ce ne erano altri?-chiese.

-Si, lui ha detto di essere l’unico rimasto.-fece una breve pausa.-Ha detto anche un’altra cosa, ha detto che tu hai qualcosa che mi appartiene. È riuscito a dire Dom prima che esplodesse in cenere. Sai cosa intendeva?-silenzio.-Buffy?-

-No.-rispose lei.-Mi dispiace Angel, non mi dice niente di famigliare.-stava tremando.

-Scusa, Buffy non avrei dovuto chiamarti. È solo che è tutta la sera che ci penso e sentivo una strana sensazione e sapevo che non avrei avuto pace finché non te ne avessi parlato.-si giustificò.

-Hai fatto bene.-deglutì.-Angel ti ricordi com’è stato, tanto tempo fa?-gli chiese d’impulso pentendosi subito di aver parlato.

-Si, ma non chiedermi se provo ancora dell’amore per te, Buffy, perché non lo so più perdonami.-sospirò.-Dopo aver perso Connor, non sono più sicuro di riuscire a provare sentimenti profondi.-

-Saresti in grado di perdonarmi se ti facessi un torto gravissimo, difficile da perdonare?-

-Stai bene?-sorrise.

-Era solo per sapere.-

-Penso che potrei, dipende dall’entità del torto.-fece una pausa.-Buona notte, Buffy, scusa se ti ho disturbato.-

-Tu non disturbi mai. Buone notte a te, Angel.-e detto questo chiuse.

Angel rimase qualche secondo a fissare il telefono nelle sue mani. Buffy gli era parsa strana ma forse era solo stanca. E poi di rado lei gli aveva mentito, quindi se diceva di non sapere a cosa il vampiro si riferisse lui le credeva.

Quella strana sensazione non si era ancora attenuata ma forse era solo lui che era paranoico. Silenziosamente indossò un paio di pantaloni, poi prese un libro dalla libreria e si mise a letto per leggere.

 

La settimana successiva, Angel decise che i suoi amici e collaboratori non meritavano di passare tutta l’estate a lavorare quindi diede loro tre settimane di ferie prenotandogli persino una intera settimana a Las Vegas dove Lorne già li attendeva per farli svagare e divertire.

Lui si rifiutò dicendo che comunque qualcuno doveva pur rimanere in agenzia per mandare avanti il lavoro, il male non si fermava mai.

Non ripensò più alle parole del vampiro ucciso la settimana precedente, d’altronde persino Buffy gli aveva assicurato di non saperne niente e lui non aveva motivo per dubitarne.

Fu durante quel periodo che venne a trovarlo Kate Lockley, non la vedeva da tanto di quel tempo.

-A cosa devo la tua visita?-la accolse mentre preparava una tazza di caffè.-Anzi, prima dimmi come hai fatto a trovarmi.-

-Ho ancora qualche contatto tra i miei vecchi colleghi.-si guardò in giro.

-Allora, dimmi di te. Cosa stai facendo adesso?-la sentiva un po’ in imbarazzo.

-Beh da quando mi hanno licenziata sono stata per un bel po’ senza fare niente. È stato un periodo duro per me. Adesso poco alla volta mi sono ripresa e ho trovato un nuovo impiego, sono diventata la nuova direttrice del carcere femminile.-spiegò.

-Mm, un lavoro abbastanza impegnativo.-le porse il caffè.

-Abbastanza, ma è anche per questo che sono qui.-bevve un sorso.-Sto avendo a che fare con la tua amica, Faith Lehane.-

-Sta bene?-si preoccupò.

-Oh si, sta benissimo. La sua udienza si avvicina e lei non potendosi permettere un avvocato è stata affidata ad un d’ufficio. È qui che sorge il problema: ultimamente Lilah Morgan della Wolfram&Hart va a trovarla spesso e sempre con la solita richiesta di prendere lei in mano il caso. Inizia a diventare una situazione pesante, anche per me.-gli raccontò.

-Non sapendo più come attaccarmi stanno cercando, di nuovo, di attirare Faith.-sospirò.-Di recente mi hanno lasciato in pace, ma a quanto pare stavano escogitando qualcosa. Prima hanno cercato di portarmi via l’hotel, poi, anche per colpa loro, ho perso una persona importante per me ed evidentemente le mie ripetute minacce a Lilah Morgan adesso sono cadute nel vuoto, forse dovrei farle di nuovo visita.-

-Non posso aiutarti in questo, anche se ho ritenuto doveroso doverti dire di Faith.-si alzò e prese la borsetta.-Adesso devo andare, sono quasi in ritardo per il lavoro.-

-Grazie per essere passata.-la accompagnò alla porta.-Vieni quando vuoi.-

-Ci penserò.-sorrise.-A presto.-e detto questo se ne andò.

Non appena fu uscita, Angel tramutò il suo sorriso in pura rabbia contro Lilah Morgan. Era troppo strano che la Wolfram&Hart lo lasciasse in pace per un lungo periodo di tempo, dovevano assolutamente escogitare qualcosa per nuocergli altrimenti non erano soddisfatti di loro stessi.

Tempo addietro avevano cercato di portargli via l’hotel, poi con un cavillo sul contratto d’affitto se l’era cavata. Poi si erano gettati a pesce su Connor permettendo che Holtz se lo portasse via, adesso cercavano di nuovo di raggirare Faith e di farla cadere nelle loro grinfie.

Attese che si facesse buio. Non poteva entrare negli uffici della Wolfram&Hart senza che lo scoprissero dati i loro sofisticati allarmi contro i vampiri e non poteva entrare in casa di Lilah perché non era mai stato invitato. Ma poteva comunque sorprenderla.

Lui sapeva bene come nascondersi negli spazi bui, erano il suo elemento perché lui era una creatura della notte. Sfruttare le zone d’ombra, le superfici che non lo riflettevano per cogliere di sorpresa, essere silenzioso…in circa 250 anni aveva imparato tantissime cose. Forse più del dovuto.

 

Lilah varcò il portone del suo palazzo controllando la posta appena ritirata. Bolletta della luce, bolletta del telefono, la fattura della carta di credito, l’estratto conto della banca, la fattura mensile della casa di riposo dove alloggiava sua madre, pubblicità, pubblicità, pubblicità, pubblicità e ancora pubblicità. Infilò il tutto nella ventiquattrore e prese a salire le scale terribilmente silenziose e desolate.

Tirò fuori le chiavi dalla borsa e le aveva quasi infilate nella toppa quando si sentì osservata. Si voltò ma non c’era nessuno così fece per aprire e a quel punto sussultò spaventata lasciando cadere le chiavi, la borsa e la valigetta.

-Ti disturbo, Lilah?-la salutò Angel.

-Mi hai spaventata.-portò una mano al petto per calmare i battiti del cuore.

Quando Angel faceva in quel modo sapeva che non c’era da fidarsi, la terrorizzava quando faceva quelle improvvisate e soprattutto quell’aria ferina e implacabilmente glaciale che lo contraddistingueva. Era il pericolo allo stato puro.

-Oh potrei farti di peggio che spaventarti.-piegò le labbra in un leggero sorrisino. Ancora terrore.

Rapidamente la afferrò per la gola e la spinse contro il muro di fronte. Non la stava stringendo ne l’aveva alzata da terra ma la sua morsa era ferrea e lei non osava muoversi ne tanto meno respirare per la paura.

-Cosa vuoi?-gli chiese.

-Faith Lehane. Lasciala in pace.-rispose.-Non andare a trovarla, non offrirle i tuoi servigi, niente di niente. Ci avete provato già una volta con lei e non ha funzionato, ora lasciala stare!-strinse appena.

-Sarebbe potuta essere un prezioso elemento.-

-Beh adesso l’elemento ha perso il suo valore. Se vengo ancora a sapere che sei andata da lei e che hai cercato di farti assumere io ti uccido.-la minacciò.-Io e te avremo per sempre un conto in sospeso di nome Connor.-

A quel punto lei abbozzò un sorriso strafottente quasi a volerlo sfidare.

-Degli stregoni potenti al nostro servizio sono riusciti a raggiungere mentalmente la dimensione del QuorToth.-lo informò.-Hanno captato l’aura di Holtz ma niente aura del bambino. È probabile che tuo figlio non sia mai arrivato nel QuorToth.-

-Ti illudi Lilah.-a quel punto fu lui a sorridere.-Nelle dimensioni infernali il tempo scorre più in fretta. Sono passati cinque mesi, è probabile che a quest’ora Connor non sia più un bambino. Può essere diventato un ragazzo o addirittura un uomo adulto.-vide il suo sorriso svanire ed essere delusa.-Come faccio a saperlo? Anni fa ho passato un periodo di tempo in una dimensione infernale. Qui erano passati poco più di tre mesi, li erano trascorsi cento anni.-la lasciò andare.

-Non puoi essere sicuro che si siano sbagliati.-si massaggiò il collo.

-I tuoi stregoni hanno cercato l’aura di Connor bambino. Poco furbi.-fece per andarsene.-Ricordati: lascia stare Faith.-

-Ti odio Angel!-gli urlò dietro.-Vai all’inferno!-era livida.

-Ci sono già stato.-e detto questo sparì dietro l’angolo lasciandola li nel corridoio intenta a massaggiarsi il collo e a bollire di rabbia.

 

Appena lasciata Lilah, Angel andò a trovare Faith. La rimproverò per non averlo informato subito delle visite insistenti di Lilah poi passò a chiederle come stava aggiornandola sugli ultimi avvenimenti.

Le disse di Connor, del tradimento di Wesley, della sparizione di Cordelia. Fino a quel momento non aveva ancora avuto il coraggio di ammettere tutto e adesso esprimerlo a parole rendeva la situazione ancora più reale.

Faith ascoltò con una pazienza che non le si addiceva, essendo di natura irrequieta e ribelle. Alla fine riuscì ad essere di consolazione per il suo amico che se ne andò con il morale un po’ più sollevato.

Quanto tornò a casa, l’hotel era vuoto e deprimente ma lui adesso stava meglio e controllò il calendario perché aveva segnato la data del ritorno dei suoi amici. Mancava una settimana e sia lui che tutto l’hotel erano in uno stato pietoso, quindi avendo intere giornate a disposizione confinate in casa si rimboccò le maniche e sistemò e pulì da cima a fondo tutto l’edificio.

Rimise in sesto le camere non utilizzate, anche se li ci abitavano solo lui e Fred dato che Gunn aveva una casa sua e Groo viveva in casa di Cordelia. Imbiancò, rifece le pavimentazioni, sistemò i mobili, lavò i tendaggi poi passò ai locali che usavano come ufficio allestendo una delle camere come archivio con tanto di scaffali e cassettiere, sistemò la reception dove di solito lavorava Fred e allestì due uffici piccoli per Gunn e Groo, li avrebbero adorati.

Ristrutturò da cima a fondo la cucina comprando nuovi elettrodomestici e facendo la spesa, dato che spesso si fermavano li fino a notte fonda era meglio avere il frigo pieno invece di spendere sempre soldi per una cena comprata fuori. Sistemò anche la sala da pranzo con mobili nuovi, un nuovo tavolo, pareti imbiancate per bene e nuovi servizi di piatti, posate e bicchieri.

Alla fine l’hotel aveva assunto un nuovo aspetto con nuovi lampadari, pareti rinfrescate, mobili nuovi, quadri e persino delle loro foto in giro. Non si occupò del giardino perché non aveva il pollice verde, voleva dire che avrebbero chiamato dei giardinieri.

 

Quella mattina sentì distintamente il rumore del furgone di Gunn fermarsi davanti al cancello. Sorridente mise in funzione la nuova macchinetta del caffè e si guardò intorno per sincerarsi che tutto fosse perfetto. Era soddisfatto.

-Siamo tornati!-esordì Gunn varcando la soglia.

-Wow!-esclamò Fred guardandosi in giro.-Abbiamo sbagliato hotel?-

-Ciao!-li accolse Angel abbracciandoli tutti e tre.-Allora? Piaciuta la sorpresa?-chiese alludendo all’hotel.

-Beh, sembra un posto nuovo!-rise Fred.

-Ditemi tutto della vacanza.-avanzarono verso la reception.

-Oh, amico, dovevi esserci!-cominciò Gunn.-Specialmente per vedere Groo. Era più emozionato di un bambino.-

-Beh a Pylea non ci sono tutte queste cose.-si difese il diretto interessato facendoli ridere.

-Dai, Charles, non essere cattivo, Las Vegas ha emozionato anche me! E poi Lorne è fenomenale, il pubblico lo adora e il suo spettacolo è stupendo. Ti manda a salutare, sperava venissi anche tu.-disse Fred.

-Sarà per la prossima volta. Allora, che ve ne pare dell’hotel?-cambiò argomento Angel.

-Devo ammettere che è totalmente cambiato, e mi piace parecchio.-assentì Gunn.

-Dovete ancora vedere tutto quello che ho fatto.-e cominciò a far fare loro il giro turistico dell’hotel completamente rimesso a nuovo lasciandoli piacevolmente colpiti dalle modifiche.

Mostrò gli uffici nuovi, la cucina con la sala da pranzo, l’archivio e tutte le altre cose spiegando che quello sarebbe stato il nuovo inizio per la Angel Investigations, i suoi amici si dimostrarono pienamente d’accordo con lui su ogni cosa e si congratularono dell’eccellente lavoro svolto.

Gunn, scherzando, disse che se mai avrebbero pensato di cambiare mestiere avrebbero potuto mettere su un’impresa di ristrutturazioni. Angel lo guardò male ma poi rise. Per la prima volta, da tempo immemorabile, sentiva quel peso opprimente sul cuore un po’ più leggero.

 

TBC