VOGLIA DI TENEREZZA
Autore:
Cristal
Spoiler:
tutte le stagioni di Btvs ed Ats (molte cose di Angel saranno poco precise dato
che ho visto solo la stagione uno!), anche se la storia si svolge diversi anni
dopo.
Summary:
siamo nel 2017, tutto è andato esattamente come nelle serie tranne per il fatto
che mi sono tenuta Sunnydale, nella battaglia di Chosen sono la scuola è andata
distrutta e la città si è salvata. Il personaggio di Clay (capirete!) è una mia
invenzione. Capirete subito perché Buffy non c’è ma vi darò dettagli in
seguito. Buona lettura.
Nota:
mi sono scervellata un po’ per dare un titolo poi mi è andato lo sguardo su un
romanzo che mi piace molto e mi ha fatta piangere. Il romanzo è Voglia di
tenerezza di Larry MacMurtry e narra di una madre che dopo essere rimasta
vedova e dopo che la figlia si è sposata cerca tenerezza in atteggiamenti
bambineschi e molti spasimanti e di una figlia che più matura della madre e con
un matrimonio felice ma uguale cerca conforto in altre relazioni con un finale
inaspettato. Non sembrerà subito, ma questa fanfic narra di una madre e di una
figlia.
Una
ragazza alla ricerca della persona più importante della sua vita: sua madre.
Un’anima
dannata alla ricerca dell’unica cosa che non ha mai avuto: la pace.
Un
gruppo alla ricerca di qualcosa che qualcuno si è portato via: la serenità.
Parte
1 – Cambiare ancora
Lei
non aveva mai creduto alle sensazioni, ma quella volta dovette ricredersi. Era
appena scesa dall’autobus, aveva appena poggiato il piede sul suolo…che già
Sunnydale le faceva una strana impressione. Il sole splendeva, gli uccellini
cinguettavano, il posto pareva un bel posto ma forse sembrava troppo perfetto.
Sciocca,
si ammonì scuotendo la testa mentre recuperava il suo bagaglio. Non le piaceva
la perfezione, e dubitava che esistesse, perché la sua vita era tutt’altro che
perfetta. Fin da quando era nata. Spesso si diceva che poteva anche evitarselo,
di nascere.
Recuperati
lo zaino e il borsone si avviò ad uscire dal parcheggio della stazione degli
autobus, eppure Sunnydale le piaceva. Con un sospiro, si avviò verso il cuore
della città. Aveva prenotato una stanza in un motel ma non le piacevano,
avevano sempre una brutta reputazione. Ma in attesa di qualcosa di meglio.
Aveva
solo diciannove anni, compiuti da poco più di un mese e già si sentiva più
grande. Aveva visto molti posti nella sua vita, stata in molte case, dormito in
molti letti, visto molti visi. Poi si era stancata e se ne era andata da Los
Angeles, la sua città natale per fare su e giù per
Arrivò
al Sunnydale Motor Inn evitando di storcere il naso, aveva visto di peggio.
Arrivò alla reception dove un grasso uomo di mezza età in canottiera quasi
sudicia guardava il football in tv. Le ci vollero un paio di richiami prima che
quel tipo la notasse.
-Dimmi
tutto dolcezza?-le chiese con un sorriso disgustoso.
-Ho
prenotato.-spiegò concisa.
-Fammi
controllare.-prese un registro e lo sfogliò.-Nome?-
-Clay
Mary StJules.-si irrigidiva sempre quando le chiedevano il nome. Perché poi
partivano le domande che odiava, e a cui spesso non sapeva rispondere.
-Lo
sai, non ho mai sentito un nome come il tuo.-trovò il nome e prese una chiave
da uno stipetto porgendogliela.-Qualche volta potrai raccontarmi da dove
viene.-
-Magari
nella prossima vita.-lo liquidò strappandogli via la chiave e dirigendosi verso
la camera.
-La
stanza si paga giornalmente!-le urlò.
-Lo
so!-ricambiò già fuori dal suo sguardo.
La
stanza si rivelò meno sudicia di quello che avrebbe immaginato. Era spaziosa,
con un letto grande, un bel cassettone ampio e persino la televisione. Sebbene
sembrasse che fosse più vecchia di lei. Il bagno era sorprendentemente pulito e
c’era pure l’acqua calda, notò quando fece la doccia.
Dopo
si gettò sul letto a pancia in giù, senza neanche disfare i bagagli, non che
avesse intenzione di restare lì per molto, comunque. A pochi centimetri dai
suoi occhi un luccichio argentato attrasse la sua attenzione. Si tirò a sedere
e tirò fuori la catenella che portava al collo.
Ne
prese in mano il ciondolo, un piccolo anello in argento strano. Rappresentava
un cuore incornato sostenuto da due mani. Non aveva mai fatto ricerche su
quell’oggetto, anche se era sempre stato con lei, era l’unica cosa che aveva di
sua madre.
Se
lo rigirò tra le dita tornando, come al solito, all’incisione che c’era
all’interno. Era solo una parola: forever.
-Già,
puoi dirlo forte mamma. Mi hai proprio segnato per sempre.-si strappò via la catenella
e la batté sul comodino.-Stronza!-borbottò e si mise a dormire, era stanca.
Quando
si risvegliò erano le cinque del pomeriggio, il sole era da poco tramontato e
dalla finestra entravano i primi raggi lunari. Si tirò a sedere stiracchiandosi
scoprendosi affamata, e il suo stomaco non smentiva, ma dubitava che in quella
topaia ci fosse annesso il ristorante quindi le toccò vestirsi e uscire per
andare a cercare qualche locale aperto.
Passeggiò
per le vie del centro cominciando a fare la conoscenza di Sunnydale. A
quell’ora il posto era ancora poco affollato, tranne per gli impiegati che
uscivano dall’ufficio e tornavano a casa, diversi studenti ancora si
attardavano nei locali prima di tornare a casa a cenare, e i negozi erano
ancora aperti.
Si
fermò sulla via principale, in un locale chiamato Espresso Pump, lo trovava
abbastanza carino. Mentre spiluccava il suo panino fermò lo sguardo su un
gruppo di liceali che ridevano e scherzavano insieme. Lei era sempre stata
negata per fare amicizia, anzi non ricordava mai di aver avuto alcun amico.
Vederli
ridere e scherzare, fare battute, progettare dove andare sabato sera…lei non
sapeva cosa voleva dire. Li vide allontanarsi con la promessa di sentirsi, non
aveva mai fatto quella promessa.
Dopo
“cena” fece ancora un giro per la cittadina, scovò un locale di nome Bronze
dove vide parecchia gente della sua età abbastanza decente, poi tornò al motel.
Accese
la tv facendo zapping per diversi minuti, poi si fermò a guardare un vecchio
film in bianco e nero. Dal giorno dopo avrebbe dovuto cominciare a cercarsi un
lavoretto, perché sapeva che non si viveva d’aria, soprattutto dato che si
spostava molto.
Poi,
scocciata, afferrò il telefono e chiamò l’unico numero che conosceva. Non era
tardi, erano solo le otto della sera, così le risposero dopo pochi squilli.
-Pronto?-fece
una voce femminile dall’altro capo.
-Ciao
Sarah.-esordì.
-Clay!
Che fine hai fatto, è un pezzo che non ti sento.-la riprese la donna
preoccupata.
-Lo
so, ma mi sono spostata molto. Sono andata a San Diego e da lì ho visto dei
piccoli paesini. Al momento mi trovo a Sunnydale, vicino Los Angeles.-le
spiegò.
-Perché
non torni qui? Lo sai che posso aiutarti a trovarti un appartamento e un
lavoro. Non sei laureata ma hai comunque il diploma, saresti più avvantaggiata
di altri.-tentò.
-Già,
a fare maggiori turni per servire ai tavoli. No grazie, Sarah, preferisco
girare finché non mi stanco. E poi Sunnydale sembra carina, magari potrei
stabilirmi qui, lavorare come commessa e un giorno aprire un negozio tutto
mio.-propose.
-Clay,
tu stai solo scappando.-sospirò.-Ma poi, perché ti fai chiamare Clay, hai un
nome così originale!-esclamò.
-Si,
come no! Non so cosa vuol dire e non l’ho mai sentito a nessun’altra. Tutte le
volte che mi presentavo la gente mi chiedeva spiegazioni e se magari era un
nome di famiglia. Non sapevo mai come rispondere. Clay è strano ma almeno
chiede meno delucidazioni.-alzò le spalle.
-Come
ti pare. Comunque quando vuoi vieni a trovarmi e se ti serve una mano, anche
soldi, non esitare a chiedermeli. Sono l’unica persona che hai.-le disse seria.
-Lo
so, grazie Sarah. Non preoccuparti per me, so cavarmela da sola. Adesso ti
saluto, sono stanca e penso che riposerò un po’. Ti chiamerò appena sistemata
meglio, promesso.-sorrise.
-Ci
conto. A presto.-chiusero.
Clay
spense la tv e si mise a letto, non che avesse davvero sonno. Rimase un po’ a
fissare il soffitto e a rimuginare sulla sua vita, come al solito. Sapeva di
non essere come tutte le altre, lei non aveva avuto la stessa fortuna.
Lei
non sapeva cosa voleva dire fare shopping con le amiche, spettegolare,
truccarsi insieme, uscire con i ragazzi…Ma c’era una cosa che le mancava più di
tutti, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
Si
addormentò senza accorgersene a tarda notte. Ma quella fu una notte turbata da
un sogno strano e confuso. Sognò un cimitero, ombre sospette, vide scorrere del
sangue, sentì l’odore della paura, scoccare una freccia da una balestra,
l’umido dell’erba di notte sotto di sé. L’ultima immagine fu di un oggetto di
legno che si conficcava nel petto di un uomo che non vide in volto e che
esplose in cenere. Si svegliò di soprassalto scattando quasi a sedere.
Respirava affannosamente ed era tutta sudata. Ci mise diversi secondi a
realizzare che si era trattato di un sogno.
Si
alzò ancora sconvolta e andò a fare una doccia, sentiva come se avesse ancora
la cenere addosso. Rimase diversi minuti sotto il getto dell’acqua tiepida,
stava lentamente riprendendo il controllo di sé. Poi si vestì ed uscì.
Comprò
qualcosa per la colazione ed un giornale di annunci di lavoro. Lo sfogliò
cercando delle offerte interessanti. Era seduta sul letto, dopo la colazione
era tornata a casa.
-Uhm…cercasi
barista apprendista, scartato…Cercasi commessa con esperienza per gioielleria, lasciamo
stare che è meglio…Cercasi babysitter anche prima esperienza per bambina di
anni quattro, vitto e alloggio offresi anche.-ci pensò su.-Beh, io ho già
lavorato con i bambini.-afferrò il telefono e compose il numero riportato.
-Pronto?-rispose
una voce di donna dall’altro capo.
-Buongiorno,
chiamo per l’annuncio di babysitter.-si presentò.
-Ah
salve!-esclamò allegra.-Lei ha esperienza con i bambini? So che ho messo anche
prima esperienza, in questo periodo sono a casa, ma se ne ha sarei più sicura.-
-Si,
ho già lavorato come babysitter, ho anche prestato servizio presso alcuni
centri per l’infanzia, orfanotrofi e servizi sociali. Oltretutto so cucinare,
conosco dei giochi per bambini e anche tutte le norme di sicurezza da tenere in
casa e fuori.-spiegò.
-Bene,
sembra perfetta. Come ti chiami?-le chiese.
-Clay
StJules.-disse titubante sperando che non le facesse domande.
-Età?-continuò
facendole tirare un sospiro di sollievo.
-Diciannove
anni, non sono laureata ne frequento il college ma sono diplomata.-precisò.
-Ti
andrebbe di fare un colloquio?-le propose.
-Volentieri.-assentì
con un sorriso.
-Ti
va bene per oggi pomeriggio diciamo verso le sei? Sai così mio marito è già
tornato a casa, come pure la bambina.-precisò.
-Va
benissimo.-assentì.
-Bene
allora l’indirizzo è 1630 Revello Drive, io mi chiamo Dawn O’Donovan. A dopo,
Clay.-la salutò.
-Arrivederci.-ricambiò
e chiuse.
Soddisfatta
sorrise a sé stessa, si sentiva anche emozionata. Avvertì di nuovo quella
strana sensazione, Sunnydale era strana…ma le piaceva.
Si
chiese se magari quella sensazione non fosse in realtà quel sussurro che
cercava da tempo ma che al momento non sapeva riconoscere. Tirò fuori la
catenella che portava al collo, quella con l’anello.
L’unica
cosa che aveva di sua madre. La tirò via dal collo e la mise dentro ad un
cassetto. Sua madre non le aveva reso la vita felice, ne facile. Non voleva
averla con sé mentre faceva un colloquio di lavoro.
Non
sapeva che se ne sarebbe pentita.
Parte
2 – Un angelo caduto
Nell’oscurità
della camera, lui teneva le spalle curve. Come ali spezzate.
Sapeva
cosa dicevano di lui, come lo chiamavano. L’angelo caduto. E che non era più
riuscito non solo a librarsi in volto, ma neanche a rialzarsi.
E
perché doveva rialzarsi d’altronde? Aveva un figlio, questo era vero. Un figlio
meraviglioso che si era fatto la sua vita, aveva una moglie bellissima e due
bambini stupendi. Ma lui non era più riuscito a rialzarsi.
Ed
erano passati sette anni. Ogni giorno era caduto sempre più in basso, sempre di
più, fino a non sapere neanche se esisteva un fondo. Esisteva? L’aveva toccato?
L’aveva passato? Non avrebbe saputo dirlo.
I
suoi più cari amici gli erano rimasti vicino, sapeva che non se ne sarebbero
mai andati, ma ormai con loro scambiava poche parole. Spesso non ricordava
nemmeno di che colore avessero gli occhi tanto non li guardava più in viso da
molto tempo.
Parlava
poco ormai, lui. Aveva esaurito le parole, aveva esaurito i gesti, aveva
esaurito i pensieri, le lacrime, la voglia.
A
che valeva salvare il mondo? A che valeva combattere le tenebre? Lo
consideravano un eroe, lo consideravano un angelo. Ma l’angelo era caduto il 12
agosto del 2010 e non si era più rialzato.
Continuava
a lottare. Uccideva i demoni, sventava le apocalisse, compieva la sua missione.
Ma ne valeva la pena ancora? Sapeva di no.
L’angelo
non sarebbe più tornato a volare.
Sapeva
che doveva alzarsi, erano almeno dieci ore che era seduto sulla poltrona, ma
non ci riusciva. Le spalle erano curve e lo sguardo era fisso su una cornice
sul comodino della sua camera.
La
foto era felice e piena di luce, era così che lei si sentiva quando
gliel’avevano scattata, nel giorno del matrimonio di una cara amica. Indossava
un lungo abito rosa confetto, i capelli biondi come l’oro erano sciolti e
acconciati in morbidi riccioli con in mezzo una ghirlanda di fiori, aveva in
mano un bouquet di fiori freschi e il suo unico gioiello era una collana di
perle appartenuta alla madre.
Gli
occhi risplendevano come verdi smeraldi e il sorriso avrebbe accecato pure il
sole. Ma quel sorriso una sera si era spento e l’angelo era caduto. Si, perché
senza di lei non poteva più rialzarsi. Perché era lei che lo aveva tenuto
ancorato al mondo a cui non apparteneva e alla missione che lo avrebbe portato
alla gioia.
Sentì
appena che avevano bussato alla porta. Non diede neanche l’ordine di entrare,
anche se chi aveva bussato entrò lo stesso. La poltrona dava le spalle alla
porta e non poté vedere lo sguardo accigliato di chi entrò.
-Angel?-mormorò
la giovane donna in pensiero.
-Dimmi
pure Fred.-le rispose con voce stanca e spenta.
-Ti
ho portato una tazza di sangue, l’ho riscaldato nel forno a microonde. La
vuoi?-gli chiese posando comunque il vassoio su un cassettone.
-Le
berrò dopo.-non si voltò neanche a guardarla.
-Uscirai
per la ronda stanotte?-si informò.
Fred
sapeva che a quel punto avrebbe dovuto andarsene e lasciarlo di nuovo solo, ma
non voleva. Era così preoccupata che avrebbe voluto metter radici lì. Anche se
poi lui l’avrebbe estirpata e gettata via, perché nella sua solitudine non
voleva nessuno.
-Si,
uscirò appena tramonta il sole.-
Da
quando era entrata non aveva accennato un solo movimento. Era rimasto nella
stessa identica posizione. Non ne aveva la forza.
-Angel
dovresti uscire da qui, non ti fa bene stare da solo.-si avvicinò fino a
inginocchiarsi accanto la poltrona.-Lo so che l’amavi e che ti manca, ma sono
passati sette anni. Ormai se ne sono fatti tutti una ragione, persino
Spike.-tentò.
-Lasciami
solo Fred.-rispose soltanto.
La
donna sospirò, si alzò e lasciò la stanza. Si sentiva impotente, e con lei
persino il demone che le abitava dentro e con cui aveva raggiunto un tacito
accordo.
Fuori
dalla stanza c’erano due persone che la aspettavano. Speravano in qualche esito
positivo ma dalla sua faccia dedussero che era tutto come al solito.
-Che
ti ha detto?-le chiese un uomo di colore.
-Cosa
vuoi che mi abbia detto?-lo rimbeccò triste.-Non appena gli ho detto che deve
uscire e farsene una ragione perché ormai sono trascorsi sette anni mia ha solo
detto di lasciarlo solo. Non potrà continuare così all’infinito. Dobbiamo fare
qualcosa, Gunn.-
-Non
possiamo fare niente.-le disse un uomo biondo con gli occhi azzurri.-Angel è
più testardo di un mulo e se decide di starsene in quel modo per l’eternità,
stai sicura che tra mille anni lo troverai esattamente per come lo hai
lasciato.-
-Spike
così non ci sei di aiuto!-esclamò arrabbiata facendo diventare la radice dei
capelli castani fino alla fronte blu.
-Tesoro,
Illirya non mi piace e lo sai perciò tienila buona!-le ingiunse arretrando di
un passo.
-Lo
so ma non può starsene così a vita! Le cose sono andate come sono andate e non
potranno mai cambiare, soprattutto dopo sette anni. Ed è stupido fare in quel
modo, rimuginare su cosa sarebbe potuto succedere, calcolare i ma e i se. Lei,
anche se la conoscevo appena, non l’avrebbe voluto.-spiegò d’un fiato
infervorata.
-Tu
non hai idea di quello che lui sta passando!-indicò la porta con un braccio.
-Vieni
a dire a me che non lo so?-le si incrinò la voce facendo sparire ogni traccia
di Illirya.-Ti ricordo che Wesley è morto tra le mie braccia, mi ero appena
accorta di amarlo e già l’avevo perso. Ed è passato più tempo, sono trascorsi
dodici anni.-
-Beh
se ti sei ripresa allora perché non ti mai visto con un altro uomo?-incrociò le
braccia al petto.
-Ma
questo che vuol dire? Io comunque sono uscita, ho ripreso a parlare, a lottare
e vivere. Lui non può starsene in quel modo per sempre, impazzirà di questo
passo.-
-La
ragione l’ha già persa, fidati.-e detto questo il biondo vampiro se ne andò
senza aggiungere altro. Anche lui aveva provato a far ragionare Angel, fin dal
primo momento e non c’era mai riuscito. Dubitava che arrivati a quel punto
qualcuno ci sarebbe più riuscito.
-Pensi
che io stia sbagliando?-Fred si rivolse a Gunn che durante quel breve
battibecco era rimasto in silenzio ad ascoltare.
-No,
Fred, ma siamo tutti diversi. Tu sei riuscita a superare il dolore, Angel no. E
francamente, dopo che questa è la seconda volta che succede non riesco a capire
come mai non si sia ancora esposto al sole.-sospirò.-Temo che prima o poi lo
farà.-
-Anch’io.
Vorrei tanto che Cordelia fosse qui, lei sapeva parlargli.-sorrise al ricordo
della sua cara amica scomparsa da più di dodici anni ormai.
-Già,
era adorabile.-anche Gunn sorrise.-Dai, torniamo al lavoro.-le cinse le spalle
con un braccio e insieme tornarono al piano di sopra dove c’era del lavoro da
sbrigare.
Nel
buio della sua camera, l’angel continuava a cadere sempre più in basso, in un
vortice di ricordi, rimuginare, chiedersi se tutto sarebbe potuto cambiare o
meno. Ma sapeva che erano sempre e solo domande senza risposta.
Il
passato non si poteva cambiare, con o senza magia. Ormai la sua vita era andata
via con lei, tutte le speranze, tutti i sogni…e nel silenzio di quel dolore,
l’angelo pianse.
Pianse
lacrime calde e amare, che sapevano di amore, dolore, rimpianto, rabbia. Tutte
le parole che avrebbe voluto dirle se le sarebbe tenuto per sempre con sé,
tutti i sorrisi che avrebbe voluto farle non li avrebbe più fatti, tutti gli
abbracci che avrebbe voluto darle sarebbero rimasti solo nei suoi pensieri. Le
sue braccia non avrebbero più abbracciato, ma sarebbero rimaste inermi lungo i
fianchi sempre con quella voglia che non avrebbe mai soddisfatto.
In
quello stesso momento il telefono suonò. Era la sua linea privata quindi sapeva
che se non avesse risposto lui non l’avrebbe fatto nessuno. Ed erano in pochi
ad avere quel numero.
Con
un sospiro stanco si alzò e alzò la cornetta sedendosi sul letto. Non sentiva
neanche i muscoli intorpiditi. Ormai era la sua vita che si era intorpidita.
-Pronto?-rispose
sentendosi sfinito.
-Ciao
papà.-gli risposero dall’altro capo.
-Ciao
Connor.-ricambiò.-È successo qualcosa? Va tutto bene?-
-Si,
tutto a posto, stiamo tutti bene.-lo rassicurò.
-I
bambini?-gli chiese.
Connor
ormai si era sposato e aveva due bambini meravigliosi: Madlen di quattro anni,
e Duncan di appena due mesi. Li andava a trovare raramente in quei momenti
tirava fuori alcuni piccoli sorrisi, quelli che non aveva seppellito dentro al
cuore. Portava loro sempre dei regali e ormai Madlen riusciva persino a dire la
parola “nonno”.
-Stanno
benissimo, Madlen all’asilo dicono che sa disegnare molto bene. Credo abbia
preso da te.-sorrise.-Ha dei gran begli occhi verdi, Dawn quasi piange ogni
volta che li vede.-gli si incrinò un po’ la voce.
-Lo
so, me ne sono accorto. Duncan?-
-Oh,
è un tesoro, adesso ha cominciato ad abbozzare dei piccoli sorrisi. È
adorabile.-fece una piccola pausa.-Quando vieni a trovarli?-
-Presto,
lo prometto. Porterò a Madlen un blocco per disegnare con delle matite dato che
sembra portata e a Duncan un sonaglio.-lo rincuorò.
-Papà,
perché non esci un po’?-gli chiese serio.
-Connor,
per favore, non ne voglio più parlare. Sto bene così come sto.-rispose
sembrando ancora più stanco.
-Se
vuoi puoi venire un po’ qui da noi. La cantina è stata svuotata e andrebbe bene
per farci una bella camera. Potresti giocare con i bambini e svagarti un po’. E
poi lo sappiamo che non sei mai andato a trovarla, potresti portarle un
fiore.-gli propose.
-Non
posso, Connor, lo sai. Stare lì sarebbe ancora peggio, sentirei ogni secondo il
suo odore e diventerei matto. Il buio e la solitudine non mi fanno paura, lo
sai. Sono parte di me e ti prego di non insistere.-chiuse il discorso.
-Come
vuoi tu. Adesso ti lascio, vado a prendere Madlen all’asilo e poi devo andare a
casa, Dawn ha fissato un colloquio con una possibile babysitter.-
-Va
bene, a presto.-e chiusero.
Angel
fissò di nuovo lo sguardo sulla cornice accanto al telefono. Era così che
voleva ricordarla sempre: bella, felice e sorridente. Se fosse andato a
trovarla avrebbe dato realtà ad una cosa già vera di suo ma che così sembrava
ancora abbastanza irreale.
No,
stava bene così. Continuava a cadere ma almeno non era ancora atterrato e
quindi il dolore non era ancora esploso tutto. Per sua fortuna.
Parte
3 – In lotta per l’unione
-Okay,
adesso che me l’hai spiegato puoi dirmi di nuovo perché abbiamo bisogno di una
babysitter?-
Il
giovane uomo seguì la moglie nel salotto mentre riordinava la sala, mettendo a
terra una bambina di quattro anni con lunghi e lisci capelli castano chiaro e
due enormi occhi verdi.
-Per
l’ennesima volta, perché tra qualche mese io dovrò tornare a lavorare e nessuno
potrà occuparsi di loro. Con chi diavolo dovrebbe restare Duncan?-gli fece
notare voltandosi verso di lui.
-Lo
so che nessuno può tenerlo ma possiamo trovare un altro modo.-propose.
-Connor,
io non lascerò il lavoro perché quei soldi ci servono. La casa è di mia
proprietà, va bene, ma ci sono le bollette, la spesa, i bambini, noi!-elencò.
-Ho
capito, ci serve una babysitter.-si arrese.-E perché dovremmo offrirle il vitto
e l’alloggio?-insistette allargando le braccia.-Dove dovrebbe dormire poi?-
-Una
camera non usata ce l’abbiamo.-rispose timidamente.
-Ma
era la camera di tua sorella!-esclamò esterrefatto.
-Si
ma nessuno la usa più da sette anni! Cos’è dobbiamo tenerla così a vita? Madlen
dorme nella camera che è stata mia e Duncan è ancora in camera con noi, tra
qualche tempo potremmo far ristrutturare la mansarda in modo da ricavarne
un’altra camera. Questa casa non è poi così piccola e non voglio che la
babysitter faccia avanti ed indietro adducendo dei ritardi. Preferisco che stia
qui da noi.-spiegò.
-Va
bene, Dawn mi arrendo! Prenderemo una babysitter e starà qui con noi. Che sai
dirmi di quella che deve venire oggi?-si informò.
-Sembra
affidabile, oltretutto ha detto che ha già lavorato con dei bambini. Staremo a
vedere.-evitò che Madlen gettasse a terra un vasetto.-Cosa ti ha detto
Angel?-gli chiese.
-Ha
detto che verrà a trovarci presto, vuole portare a Madlen un blocco da
disegno.-sorrise.-Gli ho proposto di stare da noi per un po’ ma ha rifiutato
categoricamente.-
-Stare
qui gli fa male, lo vedo ogni volta che viene.-fece una pausa.
Connor
la abbracciò forte dandole un bacio tra i lunghi e lisci capelli castani.
Sapeva che per quanto sua moglie potesse essere felice il pensiero di quello
che era successo albergava sempre in lei.
Connor,
il figlio di Angel, e Dawn Summers si erano conosciuti nella primavera del 2005
quando la gang di Sunnydale si era unita a quella di Los Angeles per combattere
un numeroso gruppo di vampiri con la folle idea di prendere possesso della città
degli angeli.
Si
erano frequentati tutta l’estate e poi si erano messi insieme. Si erano sposati
da ben cinque anni ormai e avevano Madlen di quattro anni e Duncan di due mesi.
Erano andati a stare a Sunnydale, nella casa di Dawn passata ormai a lei.
Avevano
mantenuto i contatti con la gang anche se ormai, da diverso tempo, gli incontri
diventavano spesso dolorosi e pieni di ricordi.
Willow
e Kennedy si erano sposate nell’autunno del 2009, con una cerimonia unica e
originale. Anche Faith e Robin si erano sposati, in una calda mattina d’estate
del 2007. Vivevano in una casa a pochi metri da quella di Dawn con il loro
unico figlio Gary di dodici anni.
Xander,
dopo la morte di Anya nella lotta contro il primo dove la bocca dell’inferno si
era presa di nuovo il liceo di Sunnydale non si era più legato a nessuna.
Spesso aveva delle storie, senza che i suoi amici lo sapessero, ma erano senza
importanza. Era rimasto a vivere nel suo appartamento ed era diventato un
membro di spicco della compagnia di costruzioni per cui lavorava.
Adesso
erano Andrew, rimasto a Sunnydale e Willow che si occupavano del negozio di
magia rimesso totalmente a nuovo. Giles era tornato in Inghilterra anche se veniva
per le feste, scriveva e chiamava spesso. Era stato lui ad accompagnare Dawn e
Faith all’altare. Era il padre di tutti.
Il
suono del campanello li distolse da quei pensieri tristi. Si staccarono e si
guardarono intorno sperando che fosse tutto in ordine.
Fu
Dawn che andò ad aprire mentre Connor teneva buona Madlen. Non appena aprì il
sorriso che le incurvava le labbra quasi sparì. Davanti a lei c’era una ragazza
alta sul metro e sessanta con lunghi e lisci capelli biondi, occhi verdi,
labbra carnose ed un fisico minuto. Per un attimo rivide sua sorella ma scacciò
via quell’immagine dicendosi che ogni volta che vedeva ragazze bionde con gli
occhi verdi rivedeva sua sorella, facendosi solo del male. Anche se lei era
quella che le somigliava più di tutte quelle che aveva visto.
-Signora
O’Donovan?-chiese la sconosciuta alla sua porta.
-Si.
Immagino che tu sia Clay.-ipotizzò.
-Esattamente.-sorrise
tendendole la mano.-Piacere di conoscerla.-
-Il
piacere è mio.-le strinse calorosamente la mano.-Ma vieni dentro così parliamo
meglio.-si scostò facendola entrare. Prese la giacca di Clay appendendola
nell’ingresso e la scortò nel salotto dove c’era il resto della famiglia.
-Ha
proprio una bella casa.-constatò Clay guardandosi in giro.
-Me
lo dicono in tanti. Clay questo è mio marito Connor.-le presentò e i due si
strinsero la mano sorridendo.-E questa bella bimba è Madlen.-indicò la figlia.
-È
bellissima.-si inginocchiò davanti la bambina.-Ciao tesoro. Mi dici quanti anni
hai?-le chiese.
La
bambina fece il segno con le mani imbarazzata.
-Quatto!-esclamò
allegra mangiandosi la erre.
-Non
parla ancora molto bene.-le spiegò Connor.
-Oh
è normale, è ancora piccola.-si rialzò.
-Sediamoci
così ci dici di te.-le propose Dawn indicandole con una mano il divano dove la
ragazza prese posto. Le sedette accanto mentre Connor si sedeva su una
poltrona.
-Io
mi chiamo Clay Mary StJules, sono nata il venti settembre
-Quindi
non sei nuova nell’occupazione con i bambini.-dedusse Connor.
-Niente
affatto. Vorrei potervi dare un curriculum ma non ne ho. Comunque se volete
delle referenze posso darvi il numero di un’assistente sociale di Los Angeles
che mi trovava questi piccoli lavori e che ho aiutato ai servizi
sociali.-propose.
-No,
ci fidiamo.-la bloccò Dawn.-Io ho messo annuncio per Madlen ma più in là mi
servirà una mano anche con Duncan il nostro secondo figlio di due mesi che al
momento dorme come un angioletto. Io sono ancora in maternità e di conseguenza
al momento il lavoro sarà più facile ma tu hai detto di avere già esperienza.-
-Occuparmi
di due bambini non sarà difficile, oltretutto mi pare di aver capito che Madlen
vada all’asilo.-dedusse.
-Esattamente.-le
confermò Connor.
-A
me il lavoro serve davvero, così come pure la camera. Al momento ne ho una al
Sunnydale Motor Inn ma non mi sembra che abbia una bella reputazione.-li guardò
entrambi.
-Assolutamente
no, anzi è meglio che lo lasci il prima possibile.-le consigliò Dawn in ansia.
-Io
sono una brava ragazza, questo preferisco metterlo subito in chiaro. So
cucinare, lavare, stirare, faccio le pulizie e non invito amici in casa altrui.
Oltretutto non bevo e non mi drogo, potete controllare.-si affrettò ad
aggiungere.
Marito
e moglie si scambiarono un’occhiata che esprimeva già la loro decisione.
-Ti
accompagno adesso stesso a prendere le tue cose dal motel così ti puoi
sistemare da subito.-le disse Connor alzandosi.
-Ho
il posto?-sorrise emozionata.
-Certo
che si.-le confermò Dawn.
-Oh
grazie, davvero!-esclamò contenta.
-Andate
adesso così al ritorno avrai già la camera pronta.-la donna si alzò e con lei
anche Clay che subito andò via con Connor per prendere le sue cose e saldare il
conto.
Rimasta
sola, Dawn salì al piano di sopra con Madlen. Controllò Duncan che dormiva
serenamente nella sua camera e tirò fuori da un cassetto del comò una chiave.
Rimase qualche minuto davanti ad una porta chiusa indecisa sul da farsi, era
così ogni volta che doveva entrare. La camera di sua sorella Buffy. Poi infilò
la chiave nella toppa e fece scattare la serratura.
Aprì
la porta e come tutte le volte un senso di tristezza la invase. L’aveva aperta
solo la settimana prima per farle prendere aria e spolverare, non le piaceva
che si accumulasse la polvere. Della camera erano rimasti solo i mobili, tutti
gli oggetti personali di Buffy li aveva tolti e riposti in scatoloni che
giacevano in soffitta.
Aprì
le persiane e le finestre per fare entrare un po’ d’aria, tolse alcuni residui
di polvere da sopra i mobili, poi mise delle lenzuola pulite nel letto. Era
solo una stanza ammobiliata, perché ogni traccia di Buffy era svanita ormai da
molto tempo.
Ma
Connor aveva ragione, era doloroso dare ad un’estranea la camera di sua
sorella. Era doloroso pensare e ricordare sua sorella. Come sempre.
Mentre
pensava a lei suonò il telefono. Scacciando la tristezza si alzò e rispose.
-Pronto?-
-Ciao,
sono io.-le risposero dall’altro capo.
-Ciao
Willow, come va?-le chiese sorridente.
-Tutto
bene. I bambini?-si informò.
-Stanno
benissimo. Duncan dorme anche se dovrebbe svegliarsi a breve per la poppata e
Madlen è qui con me. Sto aspettando che torni Connor, abbiamo assunto una
babysitter e sono andati a prendere le sue cose. Starà qua da noi.-le spiegò.
-E
dove?-si stupì.
-Le
ho appena finito di sistemare la camera di Buffy.-rispose cercando di dare
forza alla sua voce, anche se non si sentiva affatto così.
-Sei
sicura, Dawn? Quella era la camera di tua sorella, dopo quello che è successo
tutti noi non siamo più gli stessi, ci siamo allontanati e per quanto cerchiamo
di riavvicinarci è molto difficile.-le disse.
-Willow,
è inutile pensarci, è passato troppo tempo. Dopo quello che è successo tu hai
parlato un’ultima volta con lei e le sue intenzioni sono state fin troppo
chiare. Io ho una camera in più che non utilizzo e una babysitter a cui ho
promesso una sistemazione. Il tutto finisce qui.-concluse decisa.
-Come
ti pare, la scelta e la casa sono tue. Stasera io e Kennedy volevamo venire da
te dopo cena. Sai per quella questione se far venire una cacciatrice o meno.
Ken e Faith hanno passato i trenta anni e il fisico non è più lo stesso.-le
spiegò.
-Certo,
venite pure. Io avviso Xander.-propose.
-Ed
io ho già parlato con Andrew. Come farai con la babysitter?-pose il problema.
-Mi
inventerò qualcosa.-e detto questo si salutarono e chiusero.
Finì
di sistemare la camera e poi tornò di sotto. Duncan si era nel mentre svegliato
e gli diede la poppata. Poi lo sistemò nella carrozzina e preparò la cena.
Connor e Clay furono di ritorno dopo pochi minuti.
Presentò
alla ragazza Duncan e poi la portò di sopra per mostrarle la camera, piacque
subito a Clay. La lasciò sistemarsi in pace e la chiamò solo all’ora di cena.
Non ebbe neanche modo di dirle che aspettavano ospiti dopo che lei la
precedette dicendole che dopo la cena si sarebbe ritirata in camera per finire
di sistemarsi e poi leggere fino all’ora di andare a letto.
Sistemò
lei Madlen per la notte mettendola anche a dormire, mentre Dawn si occupava di
Duncan e Connor finiva di caricare la lavastoviglie. Clay si era già ritirata
da un po’ quando suonarono alla porta. Era il gruppo.
Si
scambiarono alcuni convenevoli poi si spostarono in salotto per parlare della
questione. Ormai si vedevano poco per piacere. Le loro riunioni riguardavano il
lavoro, la caccia, i demoni, le apocalisse. Andavano avanti così da sette anni
e francamente dubitavano che sarebbero mai tornati alla confidenza di un tempo.
Il
gruppo lottava per l’unione ma erano ormai consapevoli che quell’unione si era
rotta da tempo e nessuno pensava più che si risanasse. Mentre nella sua camera,
Clay non sapeva che la sua vita stava per cambiare radicalmente.
Parte
4 – Un’altra cacciatrice
Nei
successivi giorni, Clay si ambientò benissimo in casa di Dawn e Connor. La mattina
era lei che alzava Madlen, le preparava la colazione, la vestiva e la portava
all’asilo agevolando il lavoro di Dawn con Duncan e persino Connor che in quel
periodo aveva un bel po’ da fare nella sede di Sunnydale della Wolfram&Hart
adesso dedita al bene e alla caccia ai demoni.
Quando
poi arrivava a casa, Clay rifaceva la sua stanza e aiutava Dawn con gli altri
lavoretti domestici andando ogni tanto anche a fare la spesa. La ragazza
conobbe anche gli altri membri del gruppo una volta che Dawn la portò al Magic
Box e tutti notarono come somigliasse a Buffy. Anche se nessuno la nominò mai
in sua presenza, ne Clay faceva domande a Dawn sulla sua famiglia e quella di
Connor, ne del perché in casa loro si vedevano sempre amici e mai famigliari.
Fu
mentre una mattina Clay finiva di spolverare il salotto e Dawn cambiava Duncan
che notò sul tavolino accanto al divano la foto di una donna che attirò la sua
attenzione.
Era
una signora di circa quarantacinque anni con capelli ricci e biondi appena
sulle spalle. Aveva degli occhi verdi ed un dolce sorriso materno. Era così
dolce e bella che quasi Clay si incantò a guardarla senza neanche accorgersi di
Dawn che scese le scale e si fermò sulla soglia del salotto per osservarla.
Notò nell’espressione di Clay una profonda tristezza ma non sapeva perché.
-Quella
era mia madre.-la distolse dai suoi pensieri.
-È
davvero molto bella.-rimise la foto al suo posto.-Dov’è adesso?-le chiese.
-È
morta sedici anni fa, io ne avevo appena quattordici, mia sorella venti. Lei
aveva avuto un tumore al cervello asportato tutto con un’operazione, solo che
poi ebbe un aneurisma e non ci fu niente da fare. Era la madre più dolce del
mondo. Sarebbe stata così felice adesso con due nipotini.-posò Duncan nella
carrozzina.
-E
tua sorella?-le chiese genuinamente.
-Non
ho voglia di parlare di lei.-liquidò il discorso.
-Scusa
se l’ho nominata.-si scusò contrita.
-Non
preoccuparti.-le sorrise.-Che mi dici invece della tua famiglia?-la vide
diventare scura in volto e portare una mano al petto. Sapeva che Clay portava
sempre una catenina ma non aveva mai visto il suo ciondolo. Immaginò che stesse
tenendolo tra le dita, ed anche molto forte a giudicare dalle nocche che
divennero bianche.
-Non
voglio parlare di loro.-sospirò.-Dawn io devo dirti una cosa.-esordì seria.
-Dimmi
pure.-la incitò.
-Clay
non è il mio vero nome, è un diminutivo che mi sono data.-le disse.
-Come
mai?-si stupì.
-Il
mio vero nome è strano e ogni volta che lo dico tutti cominciano a farmi
domande, domande a cui non ho mai saputo rispondere, per questo mi sono data
come nome Clay, anche se all’anagrafe risulto con il mio vero nome. A te
dispiace se continuate a conoscermi come Clay? Non dico a nessuno il mio nome
da molto tempo ormai.-le spiegò.
-Va
bene, Clay è carino.-sorrise. Stava per dire altro quando suonarono alla
porta.-Vado io, attenta a Duncan.-andò ad aprire, una Willow trafelata entrò
parlando velocemente e agitando le braccia.
-Ha
chiamato Giles, non ce ne mandano un’altra!-esordì nervosa.
-Cosa?!-esclamò
Dawn chiudendo la porta.
-Hai
capito bene!-entrò nel salotto ma si bloccò vedendo Clay.
-Ehm…scusate,
io porto Duncan a fare un giro.-decise la ragazza capendo che doveva sparire.
Prese la carrozzina e la giacca ed uscì in due nano secondi.
-Allora,
spiegami meglio cos’è questa storia!-disse Dawn appena la babysitter fu andata
via.
-Abbiamo
contattato Giles a Londra spiegandogli che ormai sia Kennedy che Faith hanno
una certa età e che per loro la caccia sta divenendo difficile, di conseguenza
ci serve un’altra cacciatrice, più giovane. Beh ha detto che non ce ne
manderanno un’altra, almeno per ora, perché non se ne è attivata nessuna! La
cacciatrice più giovane del momento ha venticinque anni e si trova a Madrid
dove c’è un re vampiro che le da qualche noia. Siamo senza protezione sulla
bocca dell’inferno ed è inutile dire che la cosa è alquanto preoccupante.-disse
tutto d’un fiato gesticolando animatamente.
-E
adesso come facciamo?-ricambiò preoccupata.
-Giles
mi ha consigliato di ricorrere all’incantesimo di localizzazione in modo da
trovare la più vicina o magari una nuova che deve attivarsi.-propose.
-Potrebbe
essere un’idea.-assentì alzando le spalle.
-Si
ma se non ce ne sono? Non so se hai notato ma noi non vediamo una nuova
cacciatrice da ben dieci anni! L’ultima l’ha addestrata tua sorella ed è durata
solo nove mesi.-le ricordò.
-Si
ma una nuova cacciatrice ci serve! Faith e Kennedy non hanno più l’età, tu te
la cavi ancora perché usi la magia ed io e Connor ultimamente non siamo più
andati a caccia per via dei bambini. Non possiamo lasciare scoperta la bocca
dell’inferno, sarebbe un suicidio per tutti.-spiegò.
-Va
bene, allora userò quell’incantesimo sperando in bene. Prenderò gli ingredienti
dal negozio e mi farò aiutare da Andrew.-andò verso la porta.-Ti farò sapere
appena avrò fatto.-
-Chiamami
subito appena hai finito.-le raccomandò accompagnandola. Sulla porta, Willow si
fermò e si voltò a guardarla.
-Ti
fidi davvero di quella ragazza?-le chiese parlando di Clay.
-Si,
è brava e i bambini la adorano. È una brava ragazza.-sorrise.
-Bene,
menomale. Dawn, perché ci siamo allontanati?-si fece seria.
-Willow,
voi in realtà eravate gli amici di mia sorella, ed io la sorella della
cacciatrice di cui dovevate sempre occuparvi. Senza di lei non c’è legame tra
di noi.-rispose.
-Lo
sai, però, che ti vogliamo bene. Vero?-le accarezzò i lunghi capelli.
-Si,
lo so.-annuì.
-Bene,
ci sentiamo dopo.-e detto questo se ne andò.
Dawn
chiuse la porta e tornò alle sue faccende in attesa che Clay tornasse dalla
passeggiata con Duncan. Era davvero una brava ragazza e si fidava di lei,
spesso non capiva perché.
Una
volta arrivata al negozio di magia, Willow aveva detto ad Andrew di chiudere
per qualche ora dato che doveva fare l’incantesimo. Insieme avevano preso gli
ingredienti e si erano spostati nel retro. Willow aveva disegnato un cerchio
magico e ci si era messa dentro con una cartina della California ed un
cristallo magico.
Mentre
Andrew aspergeva per la stanza dell’incenso lei si era concentrata facendo
oscillare il cristallo sulla cartina. Poi il cristallo cadde di colpo su una
località ed entrambi si affrettarono a guardare. Ne andava della sicurezza
sulla bocca dell’inferno.
-Indica
Sunnydale.-constatò Andrew.
-Allora
c’è una nuova cacciatrice qui che dobbiamo ancora scoprire.-disse Willow
alzandosi.
-E
come facciamo?-
-Non
lo so, non possiamo chiedere a tutte le ragazze se sono loro.-sospirò
sconsolata.-Ma se una nuova cacciatrice c’è allora è solo questione di poco
tempo prima che si attivi.-andò nell’altra stanza e contattò Dawn per dirle
della novità e anche che per il momento, anche se l’età la rendeva loro
difficile, dovevano occuparsi attivamente della caccia.
Qualche
sera dopo, Dawn e Connor concessero a Clay la serata libera. La ragazza non
aveva avuto il coraggio di rifiutare perché questo significava dire loro che
non aveva amici e anche rovinare i loro piani per la serata che era quello di
andare a Los Angeles a trovare il padre di Connor.
Così
accettò dicendosi che magari avrebbe fatto un giro in centro, bevuto qualcosa e
poi sarebbe tornata a casa tanto Dawn e Connor non ci sarebbero stati e al loro
rientro avrebbe inventato una scusa per l’ora.
Dopo
aver mangiato un boccone si ritrovò a camminare fino a trovarsi dalle parti del
Bronze, quel locale abbastanza decente che aveva scovato. Entrò rimanendo
assordata dall’orda di gente che c’era. Un gruppo rock si esibiva sul palco,
dei ragazzi ballavano in mezzo alla pista ma il locale era pieno, tanto che si
faceva fatica a camminare.
A
fatica arrivò al bancone riuscendo a trovare un posto libero. Si sedette
guardandosi in giro, avrebbe tanto voluto anche lei riuscire a divertirsi con
degli amici. Poi un barista si avvicinò per prendere la sua ordinazione. Clay
lo guardò qualche secondo poi sorrise.
-Se
ti chiedo dell’alcol vuoi un documento, vero?-gli chiese.
-Esatto
dolcezza.-annuì.
-Beh
sei fortunato che non bevo. Mi dai un cappuccino ed un muffin al
cioccolato?-ordinò.
-Considerali
già tra le tue mani.-disse e si allontanò per prenderla.
Dopo
un paio di minuti glieli consegnò andando poi a servire altri clienti. Clay
scoprì che il cappuccino era buono così pure il muffin. Mentre si gustava le
sue ordinazioni ascoltò il gruppo, erano davvero bravi. Tanto che non si
accorse di averli sentiti per un’ora buona. Fu appena si presero una pausa che
captò una conversazione tra una liceale ed un ragazzo di qualche anno più
grande accanto a lei.
-Puoi
credermi tesoro, io non corteggio chiunque.-disse il ragazzo.
-Lo
so ma sono già le dieci ed io devo andare a casa.-sorrise la ragazza facendo la
preziosa.
-Allora
ti accompagno io, ho la macchina qui dietro. E puoi stare sicura che non ti
toccherò con un dito, sono un ragazzo serio.-insistette.
-Si,
ed io sono ricca sfondata.-borbottò sarcastica.
-Va
bene, ci sto.-acconsentì la ragazza.
-Scema.-la
apostrofò bevendo l’ultimo sorso di cappuccino.
Vedendoli
varcare la soglia e captando che la tipa si era messa nei guai, istintivamente
si alzò e li seguì lasciando i soldi in fretta sul bancone subito raccolti dal
barista. Una volta fuori si accorse di averli persi di vista e si guardò in
giro. Sentiva dentro di sé uno strano sesto senso, una forte sensazione di
pericolo. Aveva il sangue che scorreva forte nelle vene e il respiro affannoso.
I sensi erano tutti all’erta e i muscoli parevano fremere stranamente.
Corse
in direzione di un vicolo buio, a pochi passi sentì un urlo soffocato e di
conseguenza accelerò. Nel vicolo scoprì la ragazza appiattita contro al muro
con il tipo che la teneva forte e le si era avventato sul collo. Gli si lanciò
contro.
-Lasciala
stare!-urlò allontanandolo da lei. La ragazza si rifugiò dietro le sue
spalle.-Corri via.-le disse vedendola tenersi il collo da cui scorreva del
sangue.
-Tu
hai fatto un tremendo errore ragazzina.-il ragazzo si voltò verso di lei
facendole sgranare gli occhi e gelare il sangue nelle vene.
Era
orrendo, aveva il volto deformato, gli occhi gialli e dei grandi denti aguzzi.
Sorrideva diabolicamente e si scoprì impaurita.
-Oh
Dio.-mormorò impietrita mentre il tipo la prendeva per le spalle e si avventava
sul suo collo.
Clay
urlò con quanto fiato aveva in gola mentre sentiva i denti pungerle la pelle
quasi fino a spaccarla. Ma fu solo un attimo perché poi qualcuno allontanò il
tipo da lei. Si guardò in giro, qualcuno l’aveva afferrata per le spalle e le
chiedeva se stava bene.
-Clay?!-alla
voce stupita che chiamò il suo nome si voltò a guardarla.
-Xander!-esclamò
stupita a sua volta.-Chi è quello?-indicò il tipo notando che stava facendo a
botte con Faith.-Che sta succedendo?-
-Te
lo spiegò dopo, non muoverti.-le ingiunse andando ad aiutare la sua amica che
le stava prendendo ma il vampiro gli diede un pugno che lo mandò contro ad un
muro.
Poi
afferrò Faith per la gola e alzandola la scagliò a pochi metri.
-Faith!-urlò
preoccupata. In un impeto di rabbia perché lei odiava la violenza, si lanciò
contro al tipo colpendolo con un pugno al volto.
Scoprì
una forza che non sapeva di avere e riempì il suo avversario di pugni, calci e
mosse di arti marziali che non conosceva mettendolo in seria difficoltà non
accorgendosi del resto del gruppo che arrivava e che guardava la scena
incredulo. L’aveva quasi messo ko e capì che doveva concludere in qualche modo
quando qualcuno le venne in soccorso.
-Clay!-la
chiamò Willow.
Si
voltò verso di lei e si vide arrivare un oggetto contro che afferrò al volo. Lo
osservò per qualche secondo notando che era un semplice paletto di legno. Se lo
rigirò un secondo tra le mani poi notò che il tipo si stava riprendendo e che
le si stava gettando addosso. Senza neanche capire cosa stesse facendo glielo
piantò nel cuore e lo fece esplodere in cenere.
-Oh
santo cielo!-esclamò facendo un passo indietro. Inciampò nella sua borsetta che
era a terra e cadde con il sedere sull’asfalto realizzando ad occhi sgranati
cos’era successo.
-Stai
bene?-le chiese Kennedy inginocchiandosi accanto a lei insieme a Willow mentre
Andrew e Robin andavano a recuperare Xander e Faith.
-Cos’era
quello?-chiese sconvolta.-E perché sono riuscita a prenderlo a pugni? Perché
conosco le arti marziali? Perché sapevo a che serviva quel paletto? Perché
quando gliel’ho piantato nel cuore è diventato cenere?-chiese a raffica
passando lo sguardo dall’una all’altra.
-Te
lo spieghiamo a casa, Dawn e Connor ti staranno aspettando.-le disse Willow
aiutandola ad alzarsi con l’aiuto di Kennedy.
-Sono
andati a Los Angeles dal padre di Connor.-li informò.-Torneranno tardi.-le
reggevano a stento le gambe e così dovettero aiutarla ad arrivare fino a casa.
Si
accorse solo quando si guardò nello specchio dell’entrata che aveva un labbro
spaccato, un livido su uno zigomo e un paio di contusioni allo stomaco e alle
braccia. Nella foga non si era accorta di averle prese anche lei.
Durante
il tragitto non le avevano spiegato niente mentre Andrew chiamava Dawn
dicendole di tornare in fretta perché c’erano novità e Clay aveva subito
un’aggressione. Quando rincasarono trafelati trovarono Clay seduta sul divano
con una tazza di tè in mano e Willow che le curava il taglio allo zigomo. Il
resto del gruppo era sparso per la stanza chiedendo come stava la ragazza e
soprattutto se dirle o meno la verità.
-Cos’è
successo?-esclamò Connor mettendo a terra Madlen mezza addormentata.
-Non
me l’hanno ancora spiegato!-disse irritata Clay.-Ahi!-sobbalzò per il dolore al
labbro.
-Se
stai un po’ ferma riesco a curarti questo taglio!-la riprese esasperata Willow.
-Beh
adesso ditecelo.-li esortò Dawn.-Clay vive con noi, è come se fosse una della
famiglia.-precisò sedendosi accanto alla ragazza.
-Si
è scontrata con un vampiro.-le disse in breve Faith.
-Cosa?!-esclamò
stupita.
-Un
cosa?!-ricambiò la diretta interessata sconvolta.-Cos’era quel coso?!-urlò
quasi.
-Credo
che Clay sia la cacciatrice che doveva attivarsi qui a Sunnydale.-ipotizzò
Willow
-Veramente
lo crediamo tutti.-precisò Xander.
-Ehi
fermi, aspettate un attimo!-Clay si scostò da Willow e si alzò.-Procedete con
ordine! Io ho appena fatto a botte con un tipo che è esploso in polvere e
conosco le arti marziali, cosa che a dire il vero non sapevo. E voi parlare
come se fossero cose di ordinaria amministrazione dicendo parole complicate
come vampiro e cacciatrice. Beh io vorrei delle delucidazioni perché sono
parecchio confusa e sento che sta per venirmi una crisi isterica.-posò la tazza
di tè sul tavolino delicatamente ma questi si ruppe come se vi avessero messo
sopra un masso frantumando tutto.
-Lei
è una cacciatrice.-dedusse Kennedy ovvia.
-Io
adesso mi sveglio e scopro che questo è tutto un sogno.-disse Clay ad occhi
sgranati fissando il tavolino rotto.
-A
proposito di sogni, ne hai fatti di strani di recente?-le chiese Faith.
-Si,
uno.-glielo raccontò e vide che tutti la guardavano che se avesse sognato prati
di fiori.-Cosa?-li guardò tutti stupita.
-Sogni
premonitori. La sua attivazione era imminente.-dedusse la cacciatrice più
anziana.
Fecero
accomodare Clay di nuovo sul divano e lentamente le spiegarono tutto di demoni,
vampiri, magia, cacciatrici, osservatori, incantesimi, occultismo e tutto
quello che c’era da sapere. Lei non parlò per tutto il tempo.
-E
io che pensavo che la mia vita fosse già abbastanza strana.-fu la prima cosa
che disse alla fine.
-Per
prima cosa ti serve un osservatore, penso che dovremmo chiamare Giles per
questo.-propose Robin e tutti assentirono.
-Poi
potrai cominciare l’allenamento e in breve arriveranno le ronde e le vere lotte
con vampiri e demoni.-concluse Kennedy.
-Chissà
perché la cosa non si attira affatto.-commentò ironica.
-Non
attira nessuno, fidati.-le sorrise Faith.
-Beh
adesso che ho scoperto di essere una prescelta, cosa che non ero mai stata in
vita mia, vado ad assorbire il tutto andandomene a dormire. Credo che un bel
sonno mi schiarirà un po’ le idee.-decise alzandosi.-E metto a letto
Madlen.-disse guardando la piccola che si era addormentata su una poltrona. La
prese dolcemente in braccio attenta a non svegliarla e andò di sopra.
-Chi
l’avrebbe detto che era proprio lei la cacciatrice che aspettavamo.-disse
stupita Dawn.
-In
lei c’è un qualcosa che conosco.-fece Faith pensierosa.-La sua forza, il suo
modo di essere non sono comuni di tutte le cacciatrici. Lei sembra quasi
speciale.-spiegò.
-Io
penso che per il momento è meglio se riposiamo tutti.-propose Kennedy
alzandosi.
-Si
e domani chiameremo Giles per dargli la notizia e far affidare un osservatore a
Clay.-concluse Willow stiracchiandosi.
Dawn
li accompagnò tutti alla porta e poi andò a dormire con Connor. Nessuno dei due
si accorse che nella sua camera, Clay fissava il soffitto sveglia. La testa era
piena di pensieri confusi, riusciva solo a distinguere la parola cacciatrice
che si faceva spazio tra tutte.
Ma
l’unica cosa che pensava con più insistenza era che per la prima volta era
speciale. Non lo era mai stata, ma sapeva che non doveva abusarne.
Era
speciale, era vero. Ma ancora conosceva poco quel potere, doveva scoprirlo
piano piano, imparare a conoscerlo e ad usarlo correttamente. Beh era pronta
per imparare.
Lei
era divenuta speciale.
Parte
5 – Una parte della storia
Nei
successivi giorni, Clay non poté cominciare l’allenamento perché le mancava un osservatore
ma Willow le prestò diversi libri per poter studiare un po’ di storia delle
cacciatrici e dei demoni.
A
Clay non piaceva molto leggere ma la curiosità fu comunque forte così li divorò
apprendendo che la prima cacciatrice risaliva all’età primitiva e che da allora
ogni generazione aveva avuto una prescelta fino al 2003 quando Buffy Summers
aveva cambiato la storia diffondendo il potere della cacciatrice a tutte le
ragazze del mondo. Da quel momento non era più esistita una sola cacciatrice ma
bensì ce ne erano migliaia in ogni parte del globo.
Quel
nome le rimase impresso per un po’ nella testa ma non le diede alcun input. Fu
solo un nome letto su un libro senza alcuna importanza. Difatti poche ore dopo
averlo letto lo dimenticò insieme a tutti gli altri nomi mantenendo solo le
nozioni.
Studiò
le varie tipologie di demoni, partendo dai comuni vampiri fino a demoni più
forti e grossi. Studiava di buona lena stando attenta a non trascurare il
lavoro. Lei era lì per occuparsi di Madlen e non voleva che Dawn la riprendesse
perché magari si era distratta. Oltretutto era già ottobre e Dawn sarebbe
tornata a lavoro dopo Natale. Dopo le feste lei si sarebbe occupata anche di
Duncan senza contare che a quel punto avrebbe già cominciato a cacciare sul
serio, almeno pensava.
Un
pomeriggio che Connor era uscito con i bambini lei raggiunse Dawn in giardino
trovandola che potava delle piantine.
-Vuoi
una mano?-le chiese timidamente con le mani affondate nelle tasche.
-Ho
già finito, ma grazie lo stesso.-le sorrise comprensiva.
-Tu
come l’hai presa questa storia del sopranaturale?-le chiese sedendole accanto.
-In
molti modi diversi. Ero una ragazzina quando ne sono venuta a conoscenza, mia
sorella era una cacciatrice, una delle migliori. Pare che non ce ne siano state
altre come lei.-fece una pausa.-Dal principio la cosa non mi interessava più di
tanto, morti, sangue e cose del genere non mi riguardavano. Finché non ho
scoperto la verità su di me.-
-Cosa
intendi?-si incuriosì.
-Io
sono stata creata.-la vide aggrottare la fronte perplessa.-Vedi, io origine io
ero un potentissimo elemento magico fatto solo di pura energia verde,
-Ne
ho scoperto un’altra. Willow è una strega da quasi venti anni, Faith è
cacciatrice da quasi altrettanto del tempo e Kennedy da quindici anni, Robin
era figlio di una cacciatrice newyorkese, Andrew evocava demoni, l’occhio di
Xander è stato cavato da una forza maligna ultra potente e adesso tu in realtà
eri pura energia magica. La mia vita sta prendendo una piega inaspettata.-fece
ridere la sua amica.
-Beh
ti manca una persona ancora.-le fece notare.
-Oh
no, non mi dire che anche Connor ha qualcosa di strano.-la pregò.
-Lui
è in figlio del miracolo, è nato da due vampiri. In realtà è nato nel 2001.-ci
pensò bene.
-Frena,
se è nato nel 2001 dovrebbe avere sedici anni. Perché invece ne ha trentuno?-si
stupì.
-Quando
era molto piccolo fu rapito da un cacciatore di demoni che ce l’aveva col padre
e portato in un’altra dimensione dove il tempo scorre più fretta. Pochi mesi,
terrestri, quando tornò era un adolescente e da allora è cresciuto in base
all’età con cui è tornato. Pensa che sua madre per darlo alla luce si è dovuta
uccidere.-fece una pausa.-In questa combriccola abbiamo tutti qualcosa di
strano.-sorrise.
-Puoi
dirlo forte.-assentì.
-Qual
è la tua storia, Clay?-le chiese seria.
La
ragazza non rispose subito. Guardò la piantina appena piantata per diversi
secondi. Era di un verde acceso, segno che era giovane e forte e che sarebbe
cresciuta bene. Anche lei era giovane e forte ma era cresciuta bene solo
fisicamente, la sua anima portava cicatrici brutte e profonde che una ragazza
come lei non avrebbe dovuto avere.
-Molte
cose non le ricordo, i vari assistenti che mi hanno visto dicevano che le
volevo rimuovere.-esordì.-Ho visto ben dieci case diverse, dormito in dieci
letti, conosciuto dieci famiglie diverse. E ogni volta, quando il periodo di
affidamento passava senza che si giungeva all’adozione io tornavo agli
assistenti sociali mentre la mia vita andava avanti in modo troppo vorticoso
per una bambina. Una volta cresciuta troppo nessuno ha più fatto richiesta per
me così appena ho concluso il liceo e divenuta maggiorenne ho preso le poche
cose che avevo, i soldi che avevo guadagnato e ho lasciato Los
Angeles.-sospirò.-L’unica cosa fissa della mia vita è un nome assurdo che non
rivelo mai a nessuno ed un anello strano mai visto in giro. Cose senza senso
che non mi hanno mai aiutato.-
-Mi
dispiace.-mormorò anche se la storia raccontata era molto superficiale e priva
di approfondimenti che potevano dirle di più su quella ragazza.
-Io
sono una ragazza molto riservata. Non ho mai avuto amici, non ho mai avuto un
ragazzo, pensa che conosco solo un numero di telefono. E adesso sono una
cacciatrice di vampiri. Se devo essere sincera questa cosa non mi aiuta
affatto, mi sento ancora più strana. Ho vissuto una vita particolare che sta
diventando assurda.-ammise.
-Dove
sono i tuoi genitori? Hai fratelli? Sorelle?-si informò.
-Se
ci sono a loro non importava di me.-e con quest’ultima frase che lasciò Dawn
ancora più perplessa si alzò e si chiuse nella sua stanza.
Una
volta lì si sedette sul letto. Non raccontava mai cose di sé, quella era la prima
volta. Certo sapeva di non aver detto molto, si era mantenuta sul vago, ma
quelle confidenze che aveva fatto erano già tanto.
Lei
non possedeva un album di foto, a parte qualche fotografia che le avevano
fatto, non possedeva un cellulare…non aveva niente che la accomunasse alle
altre ragazze. Lei era Clay, un’anonima ragazza adesso resa ancora più
particolare dal fatto che era la cacciatrice.
E
anche questo tassello si aggiungeva alla trama della sua storia assurda. Era
sempre più d’accordo nel pensare che avrebbe davvero fatto meglio a non nascere
mai.
Poco
dopo sentì suonare il telefono. Non rispose perché sapeva che l’avrebbe fatto
Dawn. Pochi secondi dopo, però, la donna la chiamò dal salotto e lei scese per
vedere cosa voleva.
-Ti
vogliono al telefono.-le disse porgendole il cordless.
Lo
guardò stupita. Lei non conosceva nessuno, quindi nessuno poteva volerla al
telefono.
-Non
può essere.-disse aggrottando la fronte perplessa.
-Invece
si.-insistette mettendole l’apparecchio in mano.
-Pronto?-rispose
timidamente.
-Clay
StJules?-le chiese una voce maschile profonda dall’altro capo. Il suo
interlocutore doveva avere almeno cinquanta anni, forse di più. Ma il suo
timbro era anche molto paterno, dolce e gentile. Il timore le passò subito.
-Si,
sono io.-assentì.
-Io
sono Rupert Giles, nuovo fondatore del Consiglio degli osservatori. Ti sto
chiamando da Londra, sono in procinto di partire per raggiungere Sunnydale. A
quanto mi hanno riferito tu sei una nuova cacciatrice.-le spiegò.
-A
quanto pare.-
-Bene,
io sono il tuo primo osservatore. Mi occuperò personalmente di te e della tua
formazione perché, non so se te l’hanno detto, tu ti sei attivata sull’unica
bocca dell’inferno esistente al mondo e questo comporta molti rischi.-le disse
serio.
-Si,
me ne hanno accennato qualcosa.-si sentiva un po’ confusa.
-Bene,
sarò in California questa sera stessa se tutto va bene e ci vedremo domani
mattina alle nove in punto nel negozio di magia di Willow. So che ti occupi dei
bambini di Dawn ma per quell’ora dovresti già aver mandato Madlen all’asilo e
sbrigato le tue faccende.-
-Oh
si signore, sarò puntualissima.-promise.
-Perfetto,
a domani allora. Posso parlare di nuovo con Dawn per favore?-le chiese e lei si
affrettò a passare subito la cornetta alla sua amica.
-Vuole
di nuovo te.-gliela consegnò in fretta e furia e poi corse di sopra nella sua
camera.
Stava
succedendo troppo in fretta, la sua vita aveva ripreso di nuovo a vorticare
come era già successo tra i suoi due e sedici anni. Si sedette per terra ai
piedi del letto e si chiuse a riccio portando le ginocchia al petto.
Nella
sua vita aveva conosciuto solo assistenti sociali, aule del tribunale dei
minori e ben dieci diverse famiglie da cui era sempre stata tolta. Non aveva
mai fatto in tempo ad affezionarsi, a sperare che subito il periodo di
affidamento era finito e non si era giunti all’adozione.
Era
stato un lungo periodo pieno di eventi non adatti a nessun bambino che
l’avevano profondamente segnata.
Chi
era lei, si chiedeva a volte. Chi era veramente Clay Mary StJules? Sapeva bene
da dove venivano il suo secondo nome ed il cognome, non sapeva niente del suo
primo nome a cui aveva dato quel diminutivo.
Tirò
fuori la catenina dal collo rigirandosi tra le dita quel piccolo anello strano
appartenuto a sua madre, come faceva sempre quando pensava alla sua giovane
vita. Troppo già vissuta a diciannove anni, quando avrebbe solo dovuto vivere
senza pensieri.
-Vorrei
solo essere una ragazza normale.-mormorò con le lacrime agli occhi.
Ma
non lo era, non era mai stata. Adesso era divenuta speciale, aveva dei super
poteri ma quelli non avrebbero dato frutto all’unica ricerca che avrebbe voluto
fare ma che non ne aveva mai avuto il coraggio rassegnandosi all’evidenza di
essere sola.
Clay
pianse in pena per la sua vita ancora compromessa e per il suo passato che
avrebbe voluto dimenticare oppure cancellare per farne uno nuovo e migliore.
Anche se da sola, sapeva, non ci sarebbe mai riuscita. Ma l’unica persona che
avrebbe potuto aiutarla in questo non c’era mai stata.
Parte
6 – Ricordi d’infanzia
Dopo
aver pianto silenziosamente per diversi minuti, Clay si stese sul letto. Si
sentiva stranamente stanca ed emotivamente fragile.
Dawn
non venne a disturbarla perché aveva visto come era scappata su dopo la breve conversazione
con Giles, così lei cadde subito in un sonno profondo. Ma per tutto il tempo
sognò ripetutamente di una voce a lei sconosciuta che la chiamava. Con il suo
vero nome.
***************************
15
marzo 2006
-Bambini,
prima che suona la campana prendete i quaderni e segnate il titolo per il tema
della settimana prossima!-
La
giovane maestra attirò l’attenzione dei suoi alunni che tirarono fuori
l’occorrente e si prepararono a scrivere.
-Ricordate
che i temi dovranno essere consegnati martedì e letti di fronte a tutta la
classe.-si sedette alla cattedra e cominciò a dettare.-Titolo: i miei genitori,
chi sono e come sono la mia mamma ed il mio papà.-
In
fondo alla classe una bambina bionda con gli occhi verdi impallidì di fronte a
quel titolo e cominciò a tremare. Scrisse comunque il titolo ma sudava fredda.
-Maestra,
Clay sta male!-esclamò una bambina accanto a lei attirando l’attenzione di
tutti.
L’insegnante
si alzò di scatto avvicinandosi alla bambina tremante e prossima alle lacrime.
-Clay,
cara, stai bene?-le chiese premurosa inginocchiandosi e prendendola per le
spalle.
La
bambina annuì senza fiatare e si ricompose. Odiava attirare l’attenzione su di
sé, preferiva apparire serena e normale.
Ma
il martedì successivo la consegna dei temi fu una vera tortura. Lei, dato che
procedevano in ordine alfabetico, era una delle ultime. A peggiorare le cose
c’era il fatto che erano stati invitati tutti i genitori e i temi venivano
letti davanti a loro.
-Adesso
è il momento di leggere il tema di Clay StJules.-annunciò la maestra e tutti
fecero un applauso, anche se molti genitori si chiedevano chi fosse e perché
non conoscevano i suoi genitori.
La
bambina si pose al centro, davanti la cattedra e guardò tutte quelle persone
che la fissavano in attesa. Aveva solo otto anni ma avrebbe voluto sprofondare.
Poi cominciò a leggere.
-Vorrei
tanto poterli descrivere, la mia mamma e il mio papà.-esordì.-Purtroppo posso
solo immaginarli. Lei ha i capelli biondi? Io non lo so. Lui ha gli occhi verdi
come i miei? Spero di si così magari saprò da chi li ho presi. Ne ho conosciuti
di mamma e papà, sono già stata in tre famiglie e tutte e tre ho dovuto
lasciarle quindi non perderò tempo a parlare di loro. Quelli veri li idealizzo
solamente perché non li ho mai visti. Fine.-lesse facendoli ammutolire tutti.
La
maestra, sconvolta, si schiarì la voce e andò dalla bambina mandandola al suo
posto e passando al prossimo alunno.
Nei
successivi giorni, la bambina notò gli sguardi diversi dei suoi compagni. Lei
era troppo piccola per capire la compassione e la pietà ma notava la differenza
e la odiava. E per quella diversità cominciò a chiudersi sempre più in sé
stessa.
22
ottobre 2010
La
giovane donna quasi correva trafelata per il corridoio deserto, il rumore dei
suoi tacchi echeggiava per l’istituto. Il suo volto era una maschera di
preoccupazione e quando arrivò davanti la porta neanche bussò aprendola
direttamente.
Un
uomo era seduto dietro la scrivania e davanti a lui, seduti su due sedie,
c’erano un bambino con le braccia incrociate ed un broncio ripiccoso ed una
bambina con un taglio in fronte ed una fasciatura ad una mano.
-Clay!-esclamò
la donna inginocchiandosi accanto la bambina.
-Signora,
sono il preside della scuola.-l’uomo si alzò porgendole la mano che strinse
distrattamente.-Lei chi è?-le chiese.
-Sarah
Bass, dipartimento minorile di Los Angeles.-gli mostrò rapidamente il
cartellino.
-Noi
non abbiamo chiamato il dipartimento ma solo i genitori.-precisò perplesso.
-Clay
è sotto tutela del dipartimento, io sono la sua assistente sociale. Cos’è
successo? Perché la bambina è ferita?-chiese arrabbiata alzandosi.
-Stiamo
aspettando i genitori del bambino per spiegare la situazione.-tentò di calmarla
il preside.
Dopo
pochi minuti una coppia entrò nello studio e furono effettuate le
presentazione. Poi il preside li invitò ad accomodarsi e cominciò a spiegare
cos’era successo.
-Clay
è una ragazzina molto intelligente, i suoi voti sono i migliori di tutta la
scuola, ma parecchio riservata. Non ha un solo amico in tutto l’istituto,
mentre Mark…-e fulminò il ragazzino con lo sguardo.-…è qui da me quasi tutti i
giorni e non ha alcuna voglia di studiare!-lo riprese.
Il
padre del ragazzino gli intimò che a casa avrebbero fatto i conti.
-È
successo che durante l’ora di pranzo, Clay stava tranquillamente mangiando in
cortile ripassando i compiti. Mark si è avvicinato e prima le ha gentilmente
cercato di sottrarle via i compiti poi l’ha aggredita urlando, tirandola e
facendola finire a terra. Tutti gli studenti hanno visto la scena e hanno tutti
dato la stessa descrizione dei fatti.-prese un foglio e inforcò gli occhiali
per leggerlo.-Mark ha cercato di sottrarre i quaderni a Clay, poi ci ha provato
con la forza. Quando non c’è riuscito le ha prima dato uno schiaffo,
successivamente l’ha tirata per un braccio tirandoglielo dietro la schiena e
l’ha sbattuta violentemente a terra.-lesse.
-Mark
ma come ti sei permesso?!-lo riprese livida la madre e il bambino girò la testa
come se non gliene importasse niente.
-Vi
ho convocati per decidere con voi che tipo di punizione intraprendere.-precisò
il preside.-Quello che ha Mark ha fatto è grave, in genere l’aggressione ad un
altro studente viene punita con almeno una settimana di sospensione.-
-Si
ma a Clay cosa tocca?-si intromise Sarah.-Ha già i suoi problemi, è stata in
quattro famiglie diverse, è sola e sotto la custodia dei servizi sociali. È già
abbastanza estraniata.-
-Lo
sanno tutti che è nessuno! È sola come un cane per questo nessuno vuole stringere
amicizia con lei!-esclamò rabbioso Mark ricevendo un sonoro ceffone dal padre.
Clay
mantenne lo sguardo fisso sulle sue gambe. Il suo volto era impassibile, non
pianse nemmeno, ormai c’era abituata. Non reagì neanche quando Sarah le mise
una mano su una spalla per confortarla da quelle parole cattive.
-Signor
preside io e mia moglie abbiamo deciso seduta stante di ritirare Mark da
scuola.-annunciò il padre del ragazzo facendo urlare al figlio di no.
-Mark
è un ragazzo difficile e anche a casa abbiamo problemi con lui.-continuò la
madre.-Quindi avevamo già deciso di mandarlo in un istituto privato di recupero
per ragazzi difficili. Mark partirà la settimana prossima.-
-In
quanto a Clay, non le porgiamo le nostre più umili scuse anche a nome di Mark.
Oltretutto siamo disposti ad aiutarla a trovare una famiglia, se gli assistenti
sociali voglio.-propose.
-Beh
se c’è qualche famiglia disposti ad adottare una ragazzina di dodici anni
passate nel mio ufficio, nel dipartimento minorile, e ne discutiamo.-concordò
Sarah.
-Bene,
vi ringrazio per essere venuti.-il preside di alzò e li accompagnò alla porta.
Nel
parcheggio, prima di salire in macchina, Clay fermò Sarah.
-Sarah?-la
chiamò fermandola per un braccio.
-Dimmi
Clay.-le sorrise dolcemente.
-Io
sono stanca.-mormorò con gli occhi velati di lacrime che comunque non fece
sgorgare.
-Cosa
intendi?-si preoccupò prendendola per le spalle.
-Sono
stanca delle famiglie momentanee, sono stanca di essere sola. Perché tutto
questo è capitato a me? Perché loro non mi hanno voluta?-erano domande da
bambini a cui Sarah, però, non sapeva rispondere. Ma a cui non sapeva neanche
mentire, Clay era così intelligente che aveva capito la verità da un pezzo,
ormai.
-Io
non le so queste cose. Tu non devi disperare, prima o poi ci sarà qualcuno che
ti vorrà. Nessuno è solo.-tentò di consolarla.-Prima o poi qualcuno ti amerà
davvero e ne sarà felice.-
-Io
non ci credo ai sogni, perché quando svaniscono rimane solo un gran senso di
vuoto.-dichiarò lasciando Sarah spiazzata per la maturità di quelle parole.
Clay
aveva solo dodici anni, ma un’anima più grande.
03
giugno 2016
La
campana suonò interrompendo le parole dell’insegnante mentre i ragazzi, chi con
fretta chi con calma, raccoglievano le loro cose e si accingevano ad andare
via.
-E
ricordate che per domani c’è il ripasso dell’ultimo capitolo!-urlò
l’insegnante.-Clay, puoi trattenerti un minuto?-chiese alla ragazza che
lentamente si preparava ad andare.
Non
appena l’aula fu vuota, si avvicinò alla cattedra chiedendosi cosa era potuto
succedere.
-Clay
abbiamo saputo che non hai fatto alcuna domanda per il college.-esordì.
-Beh
vede, signora Collins, gli studi fino alla maggiore età mi devono essere
concessi dai servizi sociali a cui sono ancora affidata. Una volta divenuta
maggiorenne al resto della mia vita devo pensare io e non ho i soldi per poter
andar al college.-spiegò.
-Ma
sei la migliore studentessa di questa scuola. Se tu avessi fatto domanda per le
borse di studio penso che ne avresti presa più di una.-le disse dispiaciuta
dalla sua decisione.
-Lo
so ma dovrei sempre mantenere una certa media di voti, comportarmi bene e
attingermi ad un sacco di regole.-protestò debolmente.
-Clay,
tu sei la ragazza più umile e buona che possa esistere. Dimmi realmente perché non
vuoi andare al college. Ti costruiresti un futuro più bello.-tentò di
convincerla.
-Preferisco
cominciare a lavorare e mettere i soldi da parte, per lo studio c’è sempre
tempo. Magari tra qualche anno farò domanda. Al momento non me la sento, ho
altro a cui pensare.-chiuse il discorso.
-Come
vuoi.-fece rassegnata.-Ricordati però che un giorno te ne pentirai.-le sorrise
affettuosamente.
-Penso
di si, ma ho una vita già rovinata a cui pensare.-e detto questo lasciò l’aula.
Nel
corridoio tutti i suoi compagni erano in fermento perché quella sera ci sarebbe
stato il ballo di fine anno. Ridevano, ciarlavano, si chiedevano informazioni
per i rispettivi abiti e su chi le avrebbe accompagnate. Lei non aveva neanche
preso il biglietto.
Quella
sera se ne sarebbe stata davanti alla tv a ripassare per l’interrogazione di
ripasso del giorno dopo. Quella sera sarebbe stata sola come tutte le altre.
Un
paio di settimane dopo ci fu la cerimonia della consegna dei diplomi. Alla fine
lei fu l’unica che rimase con un palmo di mano sola in mezzo al giardino. Tutti
gli altri maturandi erano attorniati dalle famiglie che si congratulavano, lei
aveva solo un pezzo di carta tra le mani di cui non poteva condividere le gioie
con nessuno.
Ma
d’altronde, lei non aveva mai avuto gioie. Quasi non ne conosceva il
significato della parola gioia. Anche se la bramava da sempre.
****************************
Clay
era abituata alle maschere. Nella sua giovane esistenza ne aveva già portate
tante per nascondere il profondo senso di vuoto che provava e che non era mai
riuscita a colmare.
Così
il giorno dopo si alzò al primo trillo della sveglia, si pulì, sistemò Madlen,
la portò all’asilo e quando tornò a casa sbrigò velocemente le sue faccende.
Varcò la soglia del Magic Box alle nove in punto trovando una Willow entusiasta
che non la smetteva di parlare con un uomo di circa sessanta anni dall’aria
distinta vestito di tweed e seduto al tavolo, mentre Andrew sistemava della
mercanzia su uno scaffale.
Alla
sua entrata si voltarono verso di lei. Non notò lo sguardo di stupore che c’era
negli occhi dell’uomo. Con passo sicuro si avvicinò al tavolo dove i due si
alzarono.
-Clay
StJules immagino.-ipotizzò l’uomo con un sorriso.
-Esatto.-confermò
annuendo.
-Rupert
Giles.-le tese la mano che la ragazza strinse.-Devo dire che sei proprio come
ti avevano descritto. Pronta per l’allenamento?-le chiese ritirando la mano.
-Ho
fatto una buona colazione così ho energie da vendere!-esclamò allegra facendo
ridere gli altri.
-Allora
da questa parte.-le indicò il retro e fece per seguirla mentre si avviava in
quella direzione. Solo che Willow lo tirò per una manica.
-Io
la conosco Giles. Anche lei l’ha notato, vero?-gli chiese ben sapendo che
l’uomo sapeva a cosa si riferiva.
-Si,
le somiglia molto. Ma io la vedo in molte ragazze giovani come Clay e di
conseguenza non ci faccio più caso.-rispose.
-Si
ma…anche Faith pensa che Clay sia speciale. Come lei.-insistette.
-Lo
penso anch’io. Sento molta forza in Clay. Ma nessuna sarà come lei.-dichiarò
con un sospiro.
-Lo
so. La raggiunga adesso.-lo lasciò in modo che Giles andasse da Clay che si era
cambiata indossando pantaloni da tuta ed una canotta di cotone. Si era legata
di capelli in una coda di cavallo e attendeva pazientemente l’inizio.
-Prima
di partire con l’allenamento fisico faremo degli esercizi di concentrazione.
Vorresti sederti qui al centro della stanza?-le indicò il punto e la ragazza
obbedì.-Bene, ora chiudi gli occhi e concentrati bene, pensa a…-
Giles
continuò a parlare, la sua voce sortiva quasi un effetto ipnotico su Clay che
si ritrovò a non pensare più a niente. La sua mente si era svuotata da tutto,
persino da quei ricordi che voleva dimenticare. E ad un piccolo pensiero
costante.
Lei
non sarebbe più stata una ragazza normale. Era speciale, ma non più normale.
Parte
7 – Sorella perduta
Giles
allenò Clay per un paio di settimane prima di portarla a fare la sua prima
ronda. Che andò benissimo, Clay si fece proprio valere.
Nel
suo modo di combattere, di ironizzare con l’avversario, Giles rivedeva un’altra
cacciatrice. Ma scacciava sempre quel pensiero molesto. Clay si dimostrò essere
un’ottima cacciatrice e anche parecchio forte, la bocca dell’inferno era tenuta
sotto costante controllo da ben tre cacciatrici, una strega, un osservatore e
tutto il resto della gang.
Clay
non trascurava il suo lavoro, anzi Dawn e Connor si stupivano di come riuscisse
a tornare la notte ad orari assurdi dopo una ronda stancante, alzarsi al
mattino alle sette per occuparsi di Madlen, fare le faccende aiutando Dawn,
andare al Magic Box per l’allenamento, prendere Madlen all’asilo, cenare,
cacciare e poi ricominciare da capo.
Un
pomeriggio che Giles la lasciò in pace per farle andare a fare un po’ di spese
lei tornò a casa con qualche busta che subito portò di sopra per sistemare nel
suo armadio semi vuoto.
Gettò
tutto sul letto e poi aprì le ante, voleva decidere bene come sistemare le
cose. Fece spazio ma un piccolo luccichio attirò la sua attenzione in un angolo
dell’armadio. Incuriosita si chinò a raccogliere l’oggetto. Era una catenina
d’oro bianco con un grosso ciondolo a forma di croce. Era davvero semplice ma
bella.
Senza
pensarci si mise davanti allo specchio e la provò. Si sentiva strana con quell’oggetto
al collo, emanava qualcosa che non riusciva a distinguere. La toccò con la
punta delle dita sentendosi invadere da una strana sensazione.
-Clay,
potresti…-
Nel
medesimo istante entrò Dawn con la cesta dei panni sporchi in mano, ma si
bloccò subito quando le vide la collana al collo. La cesta le cadde a terra
mentre una fitta di dolore le attraversava il viso.
-L’ho
trovata in fondo all’armadio.-si affrettò ad informarla.-Non so perché l’ho
provata, è carina.-
-Toglitela.-le
ingiunse.
-Certo.-subito
la tirò via dal collo e la porse a Dawn che gliela strappò di mano.
-Dove
hai detto che era?-le chiese nervosa.
-In
fondo all’armadio.-le indicò il punto che Dawn ispezionò minuziosamente alla
ricerca di qualcos’altro che Clay non capiva.-Dawn, mi dispiace, io…non ci ho
pensato.-tentò di scusarsi mentre la sua amica finiva la ricerca senza trovare
nulla ed alzava la testa dall’armadio.
-La
prossima volta che trovi qualcosa che non è tuo portalo subito da me!-le disse
dura e poi lasciò la stanza in fretta chiudendosi nella sua, sbattendo persino
la porta. Gesto che fece sobbalzare Clay stupita per quel cambiamento di umore.
Dawn
era sempre gentile e adorabile e non l’aveva mai ripresa in quel modo. Quella
mezza sfuriata l’aveva lasciata perplessa. Cercando di rimediare alla cosa andò
nella sua stanza e si accinse a bussare ma un singhiozzo soffocato che giunse
da dentro la camera la fece fermare con il pugno a mezz’aria. Si chiese perché
adesso Dawn piangesse.
Decisa
comunque a scusarsi con lei, bussò piano e poi entrò timidamente. Dawn era
gettata sul letto, stringeva forte le mani sul copriletto e in una teneva
ancora la catenina trovata. Delicatamente le sedette accanto.
-Dawn?-la
chiamò dolcemente accarezzandole i lunghi capelli sparsi.-Mi dispiace, sento
che è colpa mia.-fece contrita.
-Non
è colpa tua.-mormorò tirandosi a sedere e asciugandosi la lacrime con i palmi
delle mani.
-Io
mi sento come se fosse così.-insistette.-La collana stava in un angolo
dell’armadio, io l’ho raccolta e per istinto l’ho provata. Forse mi ha colpito
perché il ciondolo è una croce. Da quando ho saputo di essere una cacciatrice e
imparato come si scacciano i vampiri mi sono fissata con le croci, oggi ne ho
comprato due ciondoli.-la informò facendola ridere tra le lacrime.
-Non
è per te, stai tranquilla, che ho reagito male. La collana apparteneva a mia
sorella.-la informò.
-Scusa,
non lo sapevo.-si giustificò tenendo la testa bassa.Tua sorella era una
cacciatrice, giusto?-
-Si,
lei era Buffy Summers. Credo che studiando tu abbia letto di lei.-suppose.
-Uhm…-ci
pensò bene ricordando le nozioni che aveva letto.-Oh la cacciatrice che nel
-Esattamente.-confermò.
-Accidenti,
avevi una sorella non da poco!-la fece ridere.
-Già,
Buffy era la migliore, in tutto. Lei era una cacciatrice fantastica e una
sorella vicina e comprensiva. Lei ha mollato gli studi e si è messa a fare ogni
sorta di lavoro pur di tenermi con sé quando nostra madre è morta.-fissò il
ciondolo immersa nei ricordi.-Buffy era ironica, spiritosa, allegra e vitale.
Era una ragazza bellissima, a volte invidiavo i suoi capelli biondi morbidi e
lucenti e i suoi occhi verdi come smeraldi che esprimevano tutto il suo carisma.
Era atletica e mi ha insegnato a cacciare. Era un disastro a cucinare e a
scuola aveva spesso i voti bassi per non parlare del fatto che l’hanno espulsa
due volte. La prima perché ha dato fuoco alla palestra della scuola e la
seconda volta perché hanno ucciso una sua amica nella biblioteca e l’hanno
ritenuta responsabile. Poi, però, l’hanno riammessa.-le raccontò sorridendo.
-Dov’è
adesso Buffy?-le chiese genuinamente.
Dawn
fissò il copriletto mentre gli occhi le si riempivano di lacrime…e ricordi.
************************
11
agosto 2010, ore 20:48
-Perché
non posso venire?!-esclamò insistente seguendo la sorella nella sua camera
intenta a prepararsi.
-Dawn
te l’ho già detto!-sospirò esasperata legandosi i capelli in una coda di cavallo.-Questa
lotta è diversa dalle altre, è pericolosa e non voglio metterti in pericolo.-
-Avverrà
un’ascensione dove un enorme serpentone cercherà di mangiarci?-chiese
incrociando le braccia al petto.
-No.-infilò
un pugnale dentro un borsone.
-Un
dio infernale vuole usare il mio sangue per infilarmi in una serratura e
mischiare tutte le dimensioni?-continuò.
-No.-prese
un grosso quantitativo di frecce.
-Il
Primo vuole aprire la bocca dell’inferno e ci sono un sacco di ubervamp ad
attenderci?-
-No.-rispose
ancora.
-E
allora perché devo restare a casa?-insistette.
-Dawn
questo demone oltre ad essere alto il doppio di me e grosso il triplo, è molto
forte fisicamente e riesce a nutrirsi delle emozioni umane. Se tu fossi lì io
sarei in pensiero per te e lui si nutrirebbe della mia preoccupazione. Potrebbe
indebolirmi molto e raggiungere il suo scopo che è quello di radere al suolo
Sunnydale.-le spiegò prendendola per le spalle.
-Buffy
io sono grande ormai, so badare a me stessa.-tentò di convincerla.
-Lo
so.-sorrise accarezzandole i capelli.-Sei diventata una bellissima donna di
ventitre anni appena laureata in scienze della comunicazione che ha appena
cominciato a lavorare con un bellissimo e dolcissimo fidanzato che tra qualche
anno vuole sposarla. Tu hai avuto ciò che non ho avuto io e voglio che riesci a
mantenerlo.-le disse seriamente.
-Vuoi
davvero che resti a casa?-fece altrettanto seriamente.
-Si.-annuì.
-Va
bene, allora starò qui.-si arrese abbassando le spalle.
-Grazie
Dawn, ti voglio bene.-la abbracciò forte.
-Anch’io
ti voglio bene sorellina.-la strinse a sua volta. Si sentiva strana, come se
quella fosse stato l’ultimo sorriso di sua sorella.-Chiamami appena si è
risolto tutto.-la lasciò.
-Promesso.-sorrise.-Vedrai
che lo stenderò dopo un’ora di botte.-la fece ridere.-Adesso devo andare, Giles
e gli altri mi aspettano al negozio di magia. Da lì ci diamo direttamente alle
ricerche sperando di fare in fretta.-prese la borsa e si avviò al piano di
sotto.
-Io
potrei essere utile nelle ricerche.-proclamò Dawn seguendola.
-Dawn!-la
riprese sulla porta.-Tornerò presto.-le diede un bacio in fronte e uscì.
Dawn
rimase a vederla andare via. Le sembrava un condottiero che entrava nell’arena
dei leoni senza sapere cosa le avrebbe riserbato il destino. Non era una bella
sensazione.
Chiuse
la porta e con un sospiro vi si appoggiò contro. Quella sera sarebbe trascorsa
molto lentamente, lo sapeva. Connor non poteva venire perché aveva del lavoro
da sbrigare con Angel e quindi lei era assolutamente sola.
Girò
per casa nervosa e annoiata per diverso tempo. Cercò di leggere ma chiuse il
libro dopo dieci minuti senza averne letto un solo paragrafo. Accese la
televisione ma dopo mezzora di zapping la spense con un gesto secco. Accese la
radio ma non c’erano canzoni che le piacessero e la spense. Si preparò la cena
ma ne assaggiò solo un boccone e poi la mise in frigo, non aveva fame.
Salì
di sopra, fece un bagno caldo pieno di schiuma ma non riusciva a rilassarsi,
quella sensazione persisteva e iniziava a diventare molesta. Guardò l’ora,
erano già le dieci e ancora non aveva notizie di Buffy. Ma sapeva che le lotte
di sua sorella cominciavano tardi.
Il
suono del telefono la fece sobbalzare violentemente nell’acqua. Un sorriso le
affiorò sulle labbra, era Buffy che di sicuro aveva già finito e glielo voleva
dire. Afferrò il cordless.
-Buffy!-esclamò.
-Sono
Connor.-le risposero invece facendole svanire il sorriso. Non che non fosse
contenta di sentire il suo ragazzo ma la preoccupazione per sua sorella era
tanta.
-Ciao.-lo
salutò svogliatamente.
-Non
sembri contenta di sentirmi. Aspetti notizie da Buffy?-dedusse.
-È
andata a cacciare un demone e non mi ha voluta con sé, ma ha detto che mi
chiamava appena finito. Sto aspettando.-lo informò.
-Vedrai
che se la caverà, tua sorella è dura come il marmo.-tentò di rincuorarla.
-Lo
so, ne ha passate tante.-sospirò.-Quando vieni?-gli chiese.
-Domattina
sono libero, se vuoi andiamo al mare.-le propose.
-Va
bene, ho un costume nuovo che ho comprato giusto ieri.-assentì.-Com’è andata
con Angel?-
-Bene,
abbiamo scovato solo una banda di vampiri. Spike e Fred, ovviamente trasformata
in Illirya, sono tornati a casa un po’ delusi. Avrebbe voluto menar di più le
mani.-le raccontò facendola ridere.
-Ho
capito. Domani sera se vuoi ceniamo da te.-ipotizzò.
-Va
bene, allora dovrò dare una sistemata a casa. Ti metterai qualcosa di sexy?-si
informò.
-Probabile.-lo
lasciò nel dubbio.
-Allora
mi aspetterò una sorpresa. A domani, ti amo.-sorrise.
-Anch’io
ti amo.-e chiusero.
Uscì
dalla vasca, si cosparse la pelle di olio idratante e poi si asciugò
minuziosamente. Andò in camera a vestirsi optando per un paio di pantaloni da
tuta e una comoda felpa. L’aver sentito Connor l’aveva rilassata un po’ ma era
ancora in pensiero.
Senza
che neanche se ne accorgesse si mise alla finestra del salotto a guardare il
viale sperando di vedere arrivare da un momento all’altro sua sorella con la
gang. Il cordless accanto a lei. Non si accorse neanche del passare delle ore.
Poi
verso le tre un lampo squarciò il cielo facendola sobbalzare violentemente e
sbiancare in viso. Era un lampo che presagiva sventura…e morte.
-Buffy.-mormorò.
Corse
a prendere una giacca e afferrate le chiavi uscì di corsa lasciando accese
persino le luci. Non sapeva dove si sarebbe svolta la lotta di sua sorella così
andò al negozio. Era chiuso e la porta era sbarrata ma sapeva che sul retro,
anche se chiuso, Giles teneva una chiave nascosta.
Entrò
da lì e accese le luci, sul tavolo c’erano libri aperti e appunti. Li scorse tutti
velocemente cercando un’indicazione sul luogo della battaglia. Poi in degli
appunti scritti da Willow trovò delle coordinate e su una cartina le vide
congiunte. Indicavano al margine del bosco una vecchia chiesa sconsacrata.
Velocemente si diresse lì.
Era
a piedi e non sapeva quanto era lontano il posto, anche se di corsa ci mise
quasi due ore a raggiungerlo. Nessun altro lampo si era visto in cielo ma la
paura era rimasta.
Quando
arrivò alla vecchia chiesa era tutto immobile e silenzioso. Dentro regnava
un’aria di degrado e isolamento, non c’era traccia di Buffy, della gang o del
demone. Iniziava quasi a temere di aver sbagliato posto, quando poi sentì dei
rumori provenire da un punto lontano. Si diresse lì e scoprì che la lotta si
stava svolgendo nello spiazzo erboso che c’era sul retro.
Giles,
Robin e Andrew si erano rintanati sotto l’unico albero del prato, una quercia,
perché feriti e incapaci di proseguire la lotta insieme a Kennedy che aveva un
braccio rotto che le pendeva inerte. Perdeva sangue e le si vedeva pure l’osso.
Tenevano coperto Xander che era svenuto ed era ferito ad una gamba.
A
combattere erano rimaste Willow e Faith che facevano fronte ad un gruppo di
vampiri che dimezzarono in breve, mentre Buffy, sporca, scarmigliata e un po’
ferita, lottava con il demone a suon di calci, pugni e colpi di spada.
Will
e Faith si liberarono presto dei vampiri correndo dai loro amici. Cercarono di
curare i feriti come meglio poterono anche se non avevano niente. Buffy pareva
isolata dal resto del mondo, tutto il suo essere era concentrato sul demone.
Nessuno
si era accorto che stava sorgendo il sole. Ne che, grazie all’astuzia del
demone che lottando si era girato, le arrivava dritto al volto.
I
primi raggi di sole le furono fatali. Dawn fissava la scena impietrita cercando
un modo per ritardare il sorgere del sole. I poteri della Chiave erano sempre
dentro di lei e spesso li aveva usati un po’ anche se in modo innocente e
pulito.
Buffy
si ritrovò accecata da sole e dovette portare un braccio al volto scoprendo lo
stomaco. Il demone le tolse via la spada e la usò a suo piacere trapassandole
lo stomaco. Lei cadde a terra, il demone la sovrastò e alzò la spada per
colpirla ancora ma in un ultimo, estremo atto di forza la cacciatrice lo
disarmò e afferrata la spada al volo la usò per tagliargli la testa.
Il
demone cadde all’indietro e la testa rotolò da una parte, era morto. Mentre la
cacciatrice giaceva a terra senza muoversi.
-Buffy!!-urlò
Dawn che corse a soccorrerla. Anche i suoi amici si accorsero di quello che era
successo e si avvicinarono, anche se lentamente.
-Non
ti…avevo detto di st..di stare…a casa?-chiese ironica alla sorella tenendosi la
ferita profonda e sanguinante. Era stata passata da parte a parte.
-Ho
avuto una brutta sensazione.-le scostò alcune ciocche di capelli sfuggite
all’elastico dal volto.
-Non
mi lasciare. Mi hai promesso che saresti tornata a casa.-una lacrima le rotolò
sul viso.
-Dawn…ti
prego…devi…trovare…-balbettò.
-Non
parlare, Buffy, adesso ti portiamo in ospedale.-tentò di rassicurarla.
Era
l’unica che stava negando l’evidenza, gli altri lo sapevano di già, anche se
avevano comunque chiamato l’ambulanza.
-Trova…-continuò
la cacciatrice scossa da violenti spasmi.
-Cosa?-si
incuriosì la sorella.
-Cla…claddagh…-mormorò.
-Il
tuo anello? Quello che ti ha regalato Angel?-si stupì. Come poteva pensare ad
un ninnolo perso anni addietro in quel momento?
-Trova…Claddagh…nei
miei diari…ti prego…-aveva spasmi sempre più violenti.
-Non
capisco.-pianse reggendole la testa.
-…Claddagh…-fu
il suo ultimo sussurrò perché poi roteò la testa di lato mentre un rivolo di
sangue le usciva dalla bocca e la mano che aveva sulla ferità cadde sull’erba.
-Buffy?-la
chiamò.-Buffy!-urlò.-Non lo capisco! NO!-urlò tenendola stretta al petto e
macchiandosi del suo sangue, anche se non se ne curò.
Giles,
Willow e Xander rivissero un incubo già vissuto ma in quei momenti le lacrime
non si esaurivano mai. Faith, Kennedy, Robin ed Andrew rimasero impietriti alla
morte della loro amica spargendo nuove lacrime per la cacciatrice migliore di
tutti i tempi.
Il
sole sorgeva bello e splendente, illuminando di rosa quella mattina segnata di
morte e sangue. Il sangue di una guerriera caduta per la terza volta sul campo
di battaglia. Buffy aveva sempre avuto sogni, che non era mai riuscita a
realizzare. Quella mattina del 10 agosto del 2010 il mondo aveva perso uno dei
sorrisi più luminosi, senza più ritrovarlo.
Ma
il sole non poteva capire le urla di Dawn, il corpo di un demone decapitato, la
cacciatrice morta tra le braccia di sua sorella e i suoi più cari amici che la
piangevano ancora. Non si sarebbe potuto fermare mai dal sorgere e tramontare
ogni giorno. Era il cerchio della vita.
**********************
-Mi
è morta così, tra le braccia.-concluse il racconto Dawn ad una Clay
sconvolta.-Per la terza volta, e anche l’ultima.-
-Mi
dispiace tanto.-mormorò.-So che è una frase fatta ma io non conosco il tuo
dolore, anche se posso provare a capirlo.-
-Va
bene lo stesso, grazie.-abbozzò un sorriso.-Willow provò di nuovo a portarla in
vita con un incantesimo diverso dove doveva contattare il suo spirito. Ci
riuscì ma Buffy le disse che stavolta non sarebbe tornata perché aveva già dato
il suo contributo al mondo, aveva lottato, aveva vinto e aveva sofferto molto.
Adesso voleva avere un po’ di pace.-
-Forse
mi giudicherai male ma se ha davvero avuto una vita molto travagliata, magari
se l’è meritata.-tentò.
-Lei
l’ha sempre meritata. Così come meritava tutto il bene e le cose belle di
questo mondo. L’unica cosa che non ho mai capito è perché fino all’ultimo lei
ha pensato a quell’anello.-ricordò perplessa fissando la collana.-Era solo un
ninnolo regalatole da un ex ragazzo per i suoi diciassette anni e che perse
dopo che si lasciarono. Mi nominò pure i suoi diari ma non ho mai avuto il
coraggio di leggerli. Ho solo preso tutte le sue cose, le ho messe nel suo
baule e le ho riposte in soffitta.-
-Magari
non volevi profanare la sua privacy. Forse un giorno leggerai quei diari e
troverai quell’anello che a quanto pare era importante per Buffy.-la esortò.
-Clay
io so che non ci riuscirò mai ma magari potresti farlo tu. Uno di questi giorni
quando hai tempo ti darò il suo baule e lo cercherai tu per me. Puoi?-le
propose.
-Ci
proverò.-sorrise e la abbracciò forte.
A
Dawn, Clay ricordava molto sua sorella. Ma sua sorella era morta da sette anni
e niente e nessuno gliel’avrebbe più riportata indietro. Anche se il suo unico
desiderio era dirle “ti voglio bene” ancora una volta.
Parte
8 – Una battaglia all’orizzonte
-Tutta
questa tranquillità non mi piace!-proclamò Giles poggiato comodamente alla
vetrina del Magic Box mentre beveva una tazza di tè e osservava la gente che
passava per le vie del centro.
Xander
era accanto a lui. Era una bellissima e soleggiata mattina di sole di inizio
novembre. Dentro, Willow e Andrew si occupavano di una folta clientela venuta
per i saldi di fine Halloween mentre Clay si allenava un po’ da sola nel retro.
Quella mattina Dawn era andata dal pediatra con Duncan mentre Connor era
partito presto per Los Angeles, suo padre l’aveva chiamato.
Tutti
gli altri erano ai rispettivi posti di lavoro. Tranne Xander.
-Giles
siamo sulla bocca dell’inferno, se prova a dire una cosa del genere i guai ci
sommergeranno.-lo riprese severo.
-Tu
non dovresti essere al lavoro?-gli chiese guardandolo di traverso. Che un
ragazzino lo riprendesse non gli andava a genio. Lui era il più grande e
proclamava ciò che voleva.
-Ho
appuntamento con degli ingegneri dopo pranzo.-lo informò.
-Allora
al posto di importunare questo vecchio attempato inglese perché non ti dirigi
verso la tua abitazione e controlli ancora il lavoro che devi mostrare agli
ingegneri? Lo dico per il tuo bene, penso che le brutte figure che tu abbia
rimediato in giovane età ti siano giovate per evitarle in età adulta.-gli
consigliò.
-Più
passa il tempo e più il suo slang resta sempre fuori moda.-constatò.
-Sparisci
Xander.-gli fece il gesto di andare via con la mano dove reggeva la tazza senza
neanche guardarlo, poi bevve un sorso della sua bevanda.
-Vado
a chiedere a Will se vuole che le sistemi una mensola che le regge
appena.-sbuffò ed entrò.
-Grazie
tante.-gli urlò dietro. Xander rimaneva sempre il Peter Pan tra tutti loro, non
c’era niente da fare. Anche se adorava quell’eterno liceale sbruffone e
allegro. Finì il tè e poi tornò dentro, la folla si era un po’diramata mentre
Andrew stava alla cassa e Willow si aggirava per il negozio aiutando e
consigliando i clienti. Xander, con cintura per gli attrezzi alla vita, stava
aggiustando una mensola ad uno scaffale.
-Non
le manca un po’ questo posto?-gli chiese il giovane.
-A
volte si. Mi ricorda i tempi andati.-sorrise.
-Pensa
mai ad Anya?-continuò.
-Piuttosto
cerco di non pensarla.-era una battuta, difatti Xander sorrise.-Era la ragazza
più indisponente, impertinente ed insensibile che abbia mai conosciuto. Aveva
una logica tutta sua.-
-Io
la rivedo dappertutto. Mi manca molto.-sorrise ancora pensando alla sua ex
ragazza.
-Ma
a volte era insopportabile, e quando lo era mi faceva rimpiangere Cordelia che
al suo confronto era un angioletto.-ribatté.
-Ci
pensa al fatto che molti di noi sono morti?-si fermò un attimo.-Tara, Cordelia,
Anya. Persino Buffy, per non parlare di Wesley. Era così dannatamente damerino
ed inglese che penso di esserci rimasto più male per la sua di morte che quella
degli altri. Anche se Angel dichiara che era cambiato molto. La vita è proprio
strana.-dichiarò in modo filosofico.
Giles
non parlò subito, forse per riflettere o soppesare alle sue parole.
-La
biblioteca mi manca molto.-dichiarò di colpo facendolo ridere.
-Fino
all’ultimo lei continuerà a leggere.-sorrise.
-Finché
i miei occhi me lo permettono.-precisò.
In
quel momento sputò Clay che aveva finito di allenarsi e, dopo aver fatto una
doccia, si era cambiata mettendo un paio di jeans con camicia e stivali.
-Vuoi
una mano Xand?-chiese all’amico alludendo alla mensola.
-No,
grazie Clay, ho già finito.-rifiutò mettendola a posto e controllando il
risultato, era perfetta.
-Signor
Giles vuole che faccia un giro di ronda stasera?-chiese al suo osservatore.
-Si,
Clay, ma io purtroppo non potrò venire con te perché ho da controllare alcuni
documenti del Consiglio che mi sono arrivati per fax.-rispose.
-Bene,
allora passerò da lei in mattinata per riferirle com’è andata. Adesso vado a
fare due commissioni per Dawn e poi vado a casa, le ho promesso che l’avrei
aiutata a sistemare lo scantinato.-prese le sue cose, salutò tutti e andò via.
-Quella
ragazza è una forza.-sorrise Xander vedendola andare via dalla vetrina del
negozio.
-Già,
è un miracolo quanto sia serena con quello che ha passato.-concordò Giles.
-Si
riferisce agli assistenti sociali?-ipotizzò e l’osservatore annuì.-Dawn dice
che è stata in affidamento a ben dieci famiglie fino ai diciassette anni.
Quando poi è diventata maggiorenne nessuna famiglia si è più offerta per lei.-
-Che
brutta cosa la burocrazia.-dichiarò.
Verso
l’ora di pranzo, dopo che Xander fu andato via perché doveva prepararsi e poi
andare al cantiere, una Kennedy abbastanza infuriata entrò andando direttamente
da Willow che stava dietro al bancone. Non c’erano clienti.
-Indovina
un po’? Sta arrivando mio fratello!-dichiarò per niente entusiasta.
-Davvero?
Ma che bello!-difatti l’entusiasta era Willow.-Così finalmente potrò conoscerlo
dato che non c’era al matrimonio.-
-Tesoro
ma stai bene?-fece sconvolta.-Mio fratello è la persona più insopportabile
dell’universo e se viene qui è perché ha di sicuro combinato qualcosa. Si sarà
messo nei guai al lavoro e starà cercando un posto dove nascondersi,
vedrai.-ipotizzò.
-Temi
che possa scoprire che sei una cacciatrice e tutto il resto?-si preoccupò.
-Figurati,
lo sa già. È stato il primo a cui l’ho detto quando l’ho scoperto. Siamo
abbastanza affiatati ma quando cominciamo a litigare non la finiamo
più.-sbuffò.
-Kennedy
tu hai una grande fortuna ad avere un fratello. Pensa a me che sono figlia
unica.-tentò.
-Ma
quando mai, tu hai sempre avuto Xander come fratello. Per non parlare di Buffy.
Quando vi vedevo insieme non volevo mai disturbarvi, sembravate così
affiatate.-ricordò vedendola diventare malinconica.
-Mi
manca molto a volte.-rifletté.
-Tesoro
mio.-cercò di consolarla accarezzandole il volto.
-Dai,
sistemeremo a tuo fratello la camera degli ospiti e poi così potrò preparare i
miei famosi spaghetti alla carbonara.-sorrise.
-Va
bene, mi arrendo, non lo caccerò a calci. Anche se sono più forte di lui.-la
fece ridere e Willow le diede un bacio.
Nel
pomeriggio, dopo che Clay tornò dal prendere Madlen all’asilo, sotto aiuto di
Dawn preparò dei biscotti per la bambina. Clay era abbastanza negata per
cucinare ma Dawn era brava e la aiutò parecchio facendo risultare i biscotti
buoni.
Dopo
che li ebbe sfornati posò la teglia sul tavolo per farli raffreddare e si voltò
per posare la presina, Madlen era arrampicata su uno sgabello e Dawn si
occupava di Duncan seduto sul seggiolino. Clay non ebbe il tempo di voltarsi
che la teglia cadde a terra.
Stava
per mormorare scuse dispiaciute per averla posata male quando si accorse che
non erano caduti per la sua sbadataggine, bensì perché il tavolo tremava. In
breve tutti cominciò a tremare, e anche molto forte. Era un terremoto.
D’istinto
afferrò Madlen che aveva perso l’equilibrio e stava per cadere dallo sgabello
mentre Dawn afferrava il seggiolino di Duncan e le guidò sotto la porta. La
scossa durò poco più di una quindicina di secondi, ma abbastanza a spaventarle.
Soprattutto Dawn che sapeva che i terremoti a Sunnydale erano sempre fonte di
sventura.
Difatti
uscirono di casa e andarono al Magic Box dove trovarono tutti in subbuglio con
i libri già tirati fuori per le ricerche. Willow aveva preso degli ingredienti
e stava preparando un incantesimo per cercare di capire che succedeva.
Ma
non trovarono niente e dedussero che magari stavolta si era davvero trattato di
una causa naturale. D’altronde i terremoti erano comunque abbastanza frequenti
nella California del sud.
Così,
verso le dieci, Clay uscì per la sua ronda raccomandata da tutti di fare
attenzione. Li rassicurò ed uscì con un sorriso. Di sicuro non aveva voglia di
farsi male.
Pattugliò
senza alcun risultato per almeno un’ora e mezza poi, come al solito nel
cimitero di Rastfield, sentì dei rumori strani provenire da dentro una cripta.
Si acquattò per capirci qualcosa di più, dentro c’erano tre vampiri con lunghe
tonache nere e cappuccio che recitavano formule in qualche lingua morta intorno
ad un semplice cerchio fatto di sangue.
Erano
solo in tre, poteva farcela. Così respirò a fondo per caricarsi e si lanciò
nella mischia interrompendo quello che pareva un rito.
Cominciarono
a volare calci e pugni e subito Clay non si accorse di essersi messa nei guai.
Lo notò quando contò già tre vampiri fatti in cenere e altri che le arrivavano
addosso. Non si era accorta che ce ne erano degli altri appostati in caso di
guai.
Doveva
uscire da lì ed in fretta. Riuscì a liberarsi e scappò fuori ma le si
lanciarono all’inseguimento, mentre correva si accorse di avere una ferita ad
una caviglia. La accerchiarono poco lontano dalla cripta in quattro. Cominciò a
difendersi ma presto due la afferrarono per le braccia mentre un terzo le
scoprì il collo.
-Hai
fatto bene a provarci cacciatrice ma adesso morirai così nessuno saprà
dell’arrivo del nostro potente signore Kramzee finché non sarà troppo tardi.-e
le si avventò sul collo.
Clay
attese quel momento per sferrargli un calcio negli stinchi che lo allontanò da
sé. Si liberò e fece in cenere i due vampiri che la tenevano più un terzo che aveva
capito tardi che succedeva. Corse via lasciando il quarto a riprendersi ed uscì
dal cimitero senza guardarsi indietro.
Aveva
appena oltrepassato il cancello d’entrata quando dei fari la abbagliarono e si
fermò di botto. La macchina, però, non riuscì a frenare prendendola in pieno e
facendola rotolare poco distante.
-Oh
santo cielo!-esclamò l’uomo alla guida uscendo dalla macchina e andando a
soccorrerla.-Sta bene, signorina? La porto in ospedale?-non osava toccarla.
-No.-mormorò
tirandosi sui gomiti.-Devo andare al Magic Box.-si tirò a sedere toccandosi
piano un bernoccolo sulla testa.
-La
porto al pronto soccorso.-decise aiutandola ad alzarsi.
-No,
devo andare dai miei amici, niente ospedale. La prego.-fece supplichevole.
-Va
bene, mi indichi la strada.-si arrese e la fece salire in macchina.
Clay
lo guidò fino al negozio di magia, vi parcheggiò di fronte. Scese in fretta per
aiutare Clay ma la ragazza barcollava e appena rischiò di cadere la prese in
braccio fingendo di non sentire le sue proteste. Ebbe un po’ di fatica
nell’aprire la porta ma ci riuscì.
-Ehi,
mi metta giù!-esclamò Clay mentre entravano attirando l’attenzione di tutti.
-Credo
che questa signorina vi appartenga.-esordì l’uomo avanzando fino alla prima
sedia dove poté depositare la ragazza.
-Clay!-esclamò
Dawn andandole incontro.
-Eric!!-sbraitò
quasi Kennedy andando verso il nuovo venuto.-Cosa diavolo le hai
fatto?!-sbraitò.
-Io?!-ricambiò
il tipo.-È stata lei a venire addosso alla mia macchina.-si difese.
-Chissà
perché ho difficoltà a crederti dato che so il modo in cui guidi.-incrociò le
braccia al petto.
-Ha
ragione.-si intromise Clay in difesa del tipo.-Uscivo correndo dal cimitero di
Restfield quando me lo sono visto venire addosso e per il panico sono rimasta
impalata in mezzo alla strada.-spiegò.
-Cosa
ti è successo?-le chiese Xander porgendole del ghiaccio che era appena corso a
prendere.
-Vampiri,
un grosso numero. Ne ho trovati tre in una cripta che facevano un incantesimo,
li ho attaccati ma ce n’erano altri. Uno ha detto che il loro potente signore
Kramzee sta arrivando.-disse poggiando piano il ghiaccio sulla fronte, ma che
fece un male cane lo stesso.
-Neanche
il tempo che arrivo a Sunnydale e già sento parlare di vampiri.-proclamò il
nuovo venuto.
-Ma
tu chi sei?-gli chiese curioso Andrew.
-Ehm,
ragazzi vi presento Eric, mio fratello minore.-rimediò Kennedy.
-Piacere
di conoscerti.-lo salutò distrattamente Xander.
-Benvenuto
sulla bocca dell’inferno.-continuò Faith.
-E
pensare che sembra un posto così carino.-rifletté sedendosi su una sedia.
Eric
fece la conoscenza di tutti e dichiarò che si sarebbe fermato un po’ a
Sunnydale. Poi si concentrarono su Clay a cui Giles fece ripetere la storia dal
principio. Appena finì notarono tutti che l’osservatore pareva molto
preoccupato.
-Giles,
lei ne sa qualcosa su questo tipo?-gli chiese Willow seria.
-Kramzee
è un demone potentissimo, viene denominato il terrore assoluto. perché si dice
che persino alcuni dei lo temevano. Solo il Primo non l’ha mai tenuto, sappiamo
perché. Vaga tra le dimensioni e ogni volta che arriva in una passa pochissimo
tempo prima che questa venga distrutta e resa il niente assoluto. Se Kramzee ha
deciso di venire sulla terra sappiate che non c’è da stare allegri, anzi
prepariamoci a forse la peggiore apocalisse che vivremo.-spiegò.
-Io
lo odio questo posto.-dichiarò Xander per sdrammatizzare.
-Sono
venti anni che lo dici.-gli fece notare Willow.
-E
ne sono sempre più convinto.-annuì convinto.
-Ehi,
è la mia prima apocalisse!!-saltò su Clay.-Beh vorrei uscire integra, ho solo
diciannove anni anche se vissuti malissimo. Quindi io mi preparò fisicamente e
mentalmente, studierò anche fino a tarda notte e quando arriverà il momento di
affrontarlo sarò così forte che Kramzee a tremare al mio cospetto e non al
contrario!-dichiarò decisa lasciandoli tutti a bocca aperta.
Non
sapeva che in quella determinazione e nel suo tono molti in lei stavano
rivedendo un’altra cacciatrice altrettanto forte e decisa che era scomparsa
ormai da sette anni.
-Io
ci sto sorella!-esclamò Andrew abbracciandola forte.
-Poca
confidenza.-lo respinse Clay.
-Bene,
penso che il primo passo da fare sia chiamare a raccolta più cacciatrici che
possiamo.-propose Willow prendendo una specie di agenda.
-Sono
d’accordo.-concordò Robin.
-Bene,
qui ci sono i numeri di Vi, Rona, Chao Ahn e Molly. Loro conosceranno di sicuro
altre cacciatrici e le cacciatrici ne conosceranno altre. In breve costituiremo
un esercito!-proclamò.
-Oh
no, avrò di sicuro di nuovo la casa invasa!-si preoccupò Dawn.
Cominciarono
a decidere cosa fare perché c’era un’imminente battaglia all’orizzonte che non
si prospettava per niente facile ma che avevano voglia di vincere.
Poggiato
sul bancone, Eric guardava quel gruppo affaccendarsi con un sorriso. Era sicuro
di essere venuto nel posto giusto. Sunnydale gli piaceva proprio. E non solo. E
non solo quella soleggiata cittadina.
Parte
9 – Reclutamento
Non
ci vollero più di cinque giorni prima che le prime cacciatrici arrivassero a
Sunnydale. Ne arrivarono una decina che si sistemarono in casa di Dawn, Willow
e Xander.
Cominciarono
ad allenarsi sotto la guida di Faith e Kennedy, Clay si univa a loro perché
sentiva di essere la prima ad avere bisogno di essere allenata.
Dawn
non avvisò Connor di quello che stava succedendo per non preoccuparlo e farlo
correre di volata a Sunnydale dato che si sarebbe fermato per una settimana a
Los Angeles a Angel per delle questioni di lavoro.
Così
la mattina che rientrò a casa sgranò gli occhi alla vista di Xander che
arrampicato su una scala finiva di aggiustare la porta del salotto che si era
rotta nel terremoto, Gary che badava a Madlen, sua moglie con Willow, Giles,
Robin ed Andrew nella sala da pranzo attaccati ai telefoni che cercavano di
avvisare altre cacciatrici, o i loro osservatori, e una decina di ragazze, tra
cui Clay, fuori nel suo giardino che facevano esercizi sotto la guida di Faith
e Kennedy.
-Sono
capitato in un universo parallelo?-chiese scioccato.
-Ciao
amore, sei tornato!-sorridente, Dawn gli corse incontro abbracciandolo e
baciandolo.-Tutto bene a Los Angeles?-gli chiese.
-Non
devi spiegarmi qualcosa?-le chiese alludendo a tutta quella confusione.
-Oh
ci sarà una apocalisse a breve molto potente e ci servono delle cacciatrici. Ne
sono arrivate solo undici con Clay, Faith e Kennedy arriviamo a quattordici ma
pensiamo di raggiungere i venti a fine settimana.-gli spiegò brevemente.
-Venti?-fece
stralunato.-La casa è già invasa così!-constatò.
-Tranquillo,
non stanno dormendo tutte qui, solo in sei. Due le abbiamo sistemate nella
camera di Clay e le altre i camera di Madlen. Alla piccola ho sistemato un
letto in camera nostra per il momento, ci serviva spazio.-lo rassicurò.-Le
altre stanno dormendo tre i casa di Xander e due da Will e Kennedy che
oltretutto hanno pure Eric il fratello di Kennedy appena arrivato.-
-Si
ma le altre che arriveranno dove le sistemiamo?-pensò.
-Tranquillo,
abbiamo già pensato a tutto. Xander ed Andrew mi hanno aiutato a svuotare la
soffitta, abbiamo sistemato dieci brande lì e qualche cassettone, Xander ne può
ospitare almeno altre sei, Will cinque, Faith e Robin circa altre quindici e
Andrew almeno otto. In tutto ne riusciamo a sistemare cinquantotto, dovrebbero
bastare per riuscire a vincere.-sorrise fiduciosa.
-Ne
moriranno tante, lo sai vero?-sospirò serio.
-La
situazione è molto critica, adesso non ho tempo di spiegarti i dettagli. Ti
andrebbe di aiutarci con il reclutamento? Molte cacciatrici le dobbiamo ancora
contattare.-gli propose.
-Faccio
una rapida doccia e arrivo.-le diede un bacio in fronte e salì al piano di
sopra.
Quando
Connor scese le cacciatrici, che si stavano prendendo una pausa
dall’allenamento, avevano affollato la sala da pranzo. C’era un gran chiasso
perché ovviamente era un bel po’. Si avvicinò a Xander che aveva finito con la
porta.
-Questa
confusione mi ucciderà.-dichiarò.
-Ah,
vedrai che durerà poco, magari cinque o sei mesi.-cercò di consolarlo
battendogli una mano sulla spalla.-Com’è andata a Los Angeles?-si informò.
All’inizio,
Xander non aveva preso bene il rapporto tra Dawn e Connor perché lui era il
figlio di Angel e tra loro i rapporti erano sempre rimasti molto tesi. Poi
aveva visto quanto i due si amassero e soprattutto dopo la morte di Buffy aveva
notato come Connor era stato d’aiuto a Dawn per superare lo shock di
quell’ennesima perdita della sorella. Adesso voleva bene a Connor come se fosse
stato il suo fratellino.
-Tutto
a posto, solo un paio di demoni.-alzò le spalle.-Ma mio padre mi
preoccupa.-sospirò.
-Lui
è quello che ha preso la morte di Buffy peggio di tutti.-dichiarò serio.-Noi
siamo riusciti a riprenderci, Dawn ha avuto te, Willow poteva contare su
Kennedy, io su di lei. Lui, anche se ha te, è sempre stato comunque molto
solo.-
-Non
si riprenderà mai più, nessuno stimolo sarà più per lui abbastanza importante
per andare avanti. La cosa che per davvero considero la peggiore è che dovrà
passare così tutta l’eternità.-si guardò in giro.-Pensi che ci vorranno davvero
cinque o sei mesi?-chiese alludendo alle ragazze.
-Puoi
solo sperare che il demone che deve sorgere lo faccia in fretta e che le
ragazze siano preparate al massimo. Clay mi sembra la più carica.-sorrise
fissando la suddetta che nel suo momento di pausa stava aiutando Dawn con i
bambini.
-È
una ragazza in gamba.-concordò.
In
quel momento suonarono alla porta e andò Dawn ad aprire anche se tutti vollero
vedere chi era. Quando aprì c’erano tre ragazze tutte tra un’età compresa tra i
venticinque e ventisette anni.
-Desiderate?-chiese
loro Dawn affabile.
-Dawn
Summers?-si informò una.
-Si,
sono io.-confermò.
-Bene,
ci hanno detto di chiedere di te o di Rupert Giles, siamo cacciatrici.-le
disse.
-Accomodatevi,
stiamo ancora effettuando delle telefonate.-le fece entrare.-Ne sono già
arrivate undici, altre tre stanno a Sunnydale. Con voi siamo a diciassette, ma
ne attendiamo altre. La battaglia che ci attende si prospetta dura.-le portò
nella sala da pranzo.-Altre tre cacciatrici.-annunciò a tutti.
-Andiamo
bene!-proclamò Connor battendosi una mano sulla fronte.
-Pensa
solo al bene della terra, fidati.-gli disse Xander battendogli una mano sulla
spalla.
-Ci
penserò.-gli assicurò.
Nei
successivi giorni ne arrivarono altre, da ogni parte della terra. Tutte erano
pronte a dare inizio alla battaglia e non vedevano l’ora di combattere anche se
la strada era ancora lunga. Purtroppo le previsioni della gang di riuscire a
sistemare le ragazze furono troppo rosee. Avevano progettato di riuscire a
sistemarne cinquantotto ma alla fine raggiunsero la modica cifra di ben cento
cacciatrici.
Ne
riuscirono a sistemare altre venti nel seminterrato di casa di Dawn, in quello
di Faith e Robin e anche a casa di Xander. Per le restanti trentadue furono
affittati quattro appartamenti dove si sistemarono in gruppi di otto.
Naturalmente
il giardino di casa Summers divenne piccolo per allenare tutte quelle ragazze,
per non parlare del retro del negozio di magia, così venne noleggiato un
capannone che venne adibito a palestra e riempito di tutto l’occorrente.
Ovviamente
non mancarono i primi screzi. Le ragazze erano in tante e risultava difficile
sopportarsi tutte. Già fin dai primi giorni nacquero liti e incomprensioni a
cui in genere faceva capo Faith che era la cacciatrice più anziana.
Ma
una mattina Faith non era ancora arrivata e neanche Kennedy quando due
cominciarono a litigare per una sciocchezza e nessuno riuscì a dividerle.
-Che
succede?-chiese Clay appena arrivata ad una delle ragazze.
-La
ragazza di New York sta di nuovo litigando con la cacciatrice di Atene.-la
informò.
-Quelle
due adesso mi hanno proprio scocciato!-si arrabbiò e facendosi largo tra le
compagne raggiunse le due litiganti.-Smettetela!-si mise in mezzo e le divise
spingendone una da una parte e l’altra dall’altra, fece fare loro un leggero
volo di circa un metro e mezzo.
-Sei
diventata matta?!-la aggredì la newyorkese.
-Se
siete venute per litigare potete tornare da dove siete venute!-esclamò
guardandole entrambe.-Se siamo tutte qui è per un motivo comune e cioè salvare
la terra, non scannarci tra di noi. Voi non avete affrontato quei vampiri, io
si e posso assicurarvi che erano forti e solo il principio.-le riprese.
-Non
devi intrometterti tra di noi.-tentò la greca.
-Bene
e allora non litigate! Se cominciamo noi a non andare d’accordo questa è la
fine. Kramzee si preannuncia forte, potrebbe essere fatale per molte di noi. Quindi
chi è disposto a vivere, ad andare d’accordo con le sue sorelle cacciatrici e a
farci valere alzi la mano.-fu lei la prima a farlo e tutte, timidamente,
intorno a lei alzarono la mano finché rimasero solo le due che litigavano.
-Sei
la più piccola Clay, sai da troppo poco cosa vuol dire essere cacciatrice.-le
disse la stessa.
-Si,
sono la più piccola e me ne vanto perché forse sono quella che ha più voglia di
sopravvivere. E forse anche perché vanto di avere un osservatore come Rupert
Giles che è stato anche quello della grande Buffy Summers e l’appoggio del
gruppo formato da lei. Se voi oggi vantate questi poteri speciali lo dobbiamo a
lei, e forse qualcuna di noi l’ha anche conosciuta. Ci ha dato i poteri per
usarli contro le forze del male e non per scannarci. Quindi vediamo di usarli
per prendere a calci un sedere demoniaco e per evitare che la terra finisca per
diventare un inferno.-fece una pausa.-Siamo noi che abbiamo la responsabilità
di questo splendido posto e siamo state reclutate per adempiere al nostro
dovere. Dobbiamo prepararci al meglio senza subire le distrazioni di una parola
o di altro. Adesso vediamo di finire di comportarci come bambine e di fare le
cacciatrici di vampiri perché è questo ciò che siamo e dobbiamo far fronte ad
una apocalisse.-concluse.
Un
applauso giunse dall’ingresso. Tutti si voltarono e videro Faith che sulla
porta applaudiva alle parole di Clay. Kennedy era con lei.
-Datele
retta perché sarà pure la più piccola tra noi ma è quella che ha maledettamente
ragione. Io darò anima e corpo a questa lotta perché ho un figlio e da voi
chiedo la stessa cosa. Adesso vediamo di dare inizio a questo allenamento,
dobbiamo essere tutte preparate al duecento percento quando Kramzee si
risveglierà.-e ordinò loro di disporsi in file parallele.
Far
fronte con tutte quelle ragazze ci voleva un bel po’ e le parole di Clay
avevano aiutato parecchio. Faith rimpianse che Buffy non fosse più con loro,
avrebbe saputo tener testa a tutte.
Ma
Buffy aveva fatto da maestra pure a lei e avrebbe reso onore alla sua memoria
essendo come lei con quelle ragazze. Ce l’avrebbe fatta.
Parte
10 – Primi guai
-Fidati,
amico mio, è questo l’inferno!-proclamò in modo melodrammatico Connor ad
Andrew, entrambi poggiati sulla balaustra delle scale di casa di Connor e Dawn
a guardare un enorme via vai di ragazze che facevano più chiasso di Madlen
quando giocava.
-Ti
dirò, probabilmente lo pensi perché sei già sistemato ma io ho già una certa
età e se una di queste splendide fanciulle volesse prendermi non mi lamenterei.-sospirò.
-Certà
età?!-lo fissò stupito.-Andrew tu hai trentasette anni, mica settanta!-gli fece
notare.
-Beh
lo so, e anche le mie rughe che avanzano. Mica siamo tutti come tuo padre che a
quasi trecento anni è ancora capace di fare conquiste con il solo sguardo.-lo
guardò.-Anche se io non sono mai stato bello come Angel.-constatò.
-Questo
è vero, ma ti ricordo che mio padre è un vampiro e sono quasi tre secoli che ha
lo stesso aspetto. Oltretutto lo manterrà per sempre.-rifletté.-Tecnicamente
tra noi le cose sono al contrario, io invecchio e lui no. È quasi così
triste.-scosse la testa.
Erano
già passate due settimane da quando erano state reclutate le cacciatrici ed era
cominciato, come lo chiamava Connor, il caos. Le ragazze si allenavano molto e
la sera cacciavano fino quasi al mattino. Al momento non c’erano stati altri
attacchi da parte dei seguaci di Kramzee e di conseguenza non avevano avuto
perdite.
Ma
questo comportamento impensieriva molto Giles. Temeva che i suoi seguaci si
fossero ritirati segretamente per fare i riti senza essere intercettati e aveva
paura che le ragazze potessero ritrovarsi di fronte Kramzee senza essere ancora
pronte.
-Ragazze
tra cinque minuti vediamo di essere tutte pronte, Faith ci uccide se arriviamo
in ritardo!-esclamò Clay chiamando a raccolta le sue compagne.
Lei
era quella che delle ragazze si alzava la prima di tutte. Alle sei e trenta in
punto si alzava, faceva un giro di jogging e quando tornava a casa, dopo la
doccia e la colazione, si occupava di Madlen. Appena tornava a casa dall’aver
accompagnato la bambina all’asilo cominciava a chiamare le sue amiche.
L’allenamento cominciava sempre alle nove e Faith tollerava molto poco i
ritardi.
Pochi
minuti dopo riuscì a radunarle tutte e finalmente uscirono di casa facendo
tirare un sospiro di sollievo a Connor che finalmente si vedeva la casa
svuotata e soprattutto silenziosa.
-Ricordate,
ragazze!-
Faith
faceva avanti e indietro davanti le ragazze. Kennedy la aiutava nel suo compito
di addestramento, per lei quello era un campo nuovo. Le ragazze avevano un’età
che spaziava dai venticinque ai ventisette anni, fatta eccezione per Clay che
con i suoi diciannove anni da poco compiuti era la più giovane. E anche quella
con la maggiore voglia di apprendere e sopravvivere alla dura lotta che le
attendeva.
Ormai
era quasi il tramonto e come sempre prima di uscire per la pattuglia, Faith
impartiva le ultime lezioni della giornata. Teneva a quelle ragazze e sperava
che nessuno si facesse male prima della lotta.
-Non
importa da quanto tempo siamo cacciatrici,-continuò.-non importa da quanto
tempo combattiamo, se non siamo preparate siamo delle novelline. Kramzee è
forte, potente e capace di ucciderci tutte insieme ma avremo una possibilità se
ci impegneremo nell’addestramento. E anche la ronda è una forma di
addestramento. Stasera usciremo in gruppi da trenta, per ogni gruppo nominerò
una responsabile che avrà il compito di guidarvi. Non sarà un capo e non
tollererò un tale comportamento! Siamo sorelle nel destino e non dobbiamo fronteggiarci,
bensì darci man forte a vicenda. Ricordate solo che c’è una sola regola
dell’essere cacciatrice: non morire!-e detto questo divise i gruppi nominando
Clay responsabile del suo.
A
loro, quella sera toccava la zona di pattuglia del cimitero di Restfield.
Stavano molto attente perché era lì che erano stati avvistati i seguaci di
Kramzee.
-Mi
raccomando, restiamo unite.-disse loro Clay.
-Non
è qui che ti sei scontrata con quei vampiri?-le chiese una ragazza con un forte
accento texano.
-Si,
e non è stata una bella esperienza.-le rispose stringendo ancora più forte a sé
il suo paletto.
-Dicono
che questo sia il cimitero con più presenza demoniaca di tutta Sunnydale.-le
informò una ragazza con chiare origini musulmane.
-Non
ti da fastidio quello scialle mentre combatti?-le chiese un’altra di origini
francesi.
-Moltissimo
ma lo devo tenere causa la mia religione.-roteò gli occhi chiaramente
scontenta.
-Beh
qui siamo in America, non nel tuo paese. Se lo togli chi vuoi che se ne
accorga?-le sorrise.
-Ragazze
manteniamo la concentrazione, non facciamoci distrarre.-le distolse Clay.
-Scusa
Clay, ma sono così nervosa!-si giustificò la ragazza francese.
-Non
preoccuparti.-la tranquillizzò.-Aspettate.-le fece fermare, poi si inginocchiò
davanti ad una tomba dove la terra era chiaramente smossa.
Ne
prese una manciata in mano toccandone la consistenza e concludendo qualcosa che
aveva già immaginato. Si rialzò.
-La
terra è umida e morbida, appena rivoltata. Qualcuno si è risvegliato
stanotte.-dedusse.
-Finché
è uno solo va bene. Io non vedo l’ora di tornare a casa.-una ragazza brasiliana
represse un brivido di freddo e anche di paura ben coperta nella sua giacca.
Clay
stava ancora osservando bene il terreno per vedere da che parte era andato.
-Da
quella parte.-indicò a destra e si diresse lì seguita da tutte le altre.
In
effetti il novellino non era andato lontano e subito lo attaccarono. Essendo
uno solo la maggior parte rimasero a guardare ma ben presto si misero anche
loro in movimento perché arrivò un piccolo gruppo.
-Mi
raccomando, niente panico e mantenete la concentrazione!-urlò Clay.-Ricordate
cosa ci ha detto Faith: la prima regola di una cacciatrice è non morire!-colpì
il demone con un calcio allo stomaco e poi con un pugno al viso allontanandolo
da sé.
Ma
presto un piccolo senso di deja vu colpì Clay, perché i vampiri aumentavano al
posto di diminuire e anche se le ragazze tenevano testa molto bene sapeva che
se non si facevano prendere dal panico da quel particolare probabilmente se la
sarebbero cavata. Decise di non dire loro niente e di lasciarle combattere
senza esporle a distrazioni.
Non
si accorse di uno dei vampiri che posizionava qualcosa in mezzo a loro e poi si
allontanava in fretta con qualcosa simile ad un telecomando in mano.
Uno
dei vampiri che stava affrontando Clay le diede un calcio che le fece fare un
discreto volo sull’erba umida accanto a quella che sembrava una scatola
rettangolare che colpì la sua attenzione. Ci mise poco più di cinque secondi a
realizzare cos’era, nel mentre le sue speranze si erano rivelate valide e dei
vampiri ne erano rimasi poco più che una decina, anche meno.
Il
suo avversario le si lanciò addosso ma rapidamente uscì fuori il paletto e lo
polverizzò al volo. Poi si avvicinò alla scatola che le fece capire che la sua
supposizione era esatta, soprattutto un piccolo display con conto alla rovescia
le diede la conferma.
-Ragazze,
correte tutte più lontano possibile!!-urlò con quanto fiato aveva in gola, dato
che il conto segnava appena dieci secondi.
Le
ragazze si distrassero a quell’ordine. Alcune afferrarono il senso delle parole
e cominciarono a correre, altre rimasero impietrite senza aver capito niente e
circa tre furono prese dai loro avversari e morse. Clay corse dietro a quelle
che stavano già scappando.
L’esplosione
fu terribile. Un immenso boato scaraventò Clay e all’incirca dieci ragazze per
almeno due metri e facendole finire in mezzo alle lapidi che sfracellarono.
Clay non osò voltarsi indietro per vedere quello che rimaneva delle ragazze che
erano rimaste lì.
Non
appena tutto si fu calmato continuò a non guardare dietro dedicandosi solo a
quelle rimaste vive. Raccattò quello che restava del suo gruppo e di corsa
abbandonarono il cimitero, non osò contare in quante erano. Una volta fuori si
scontrarono con Faith ed il suo gruppo, Willow con Kennedy ed il suo gruppo più
Giles che era con un altro gruppo.
-Cos’è
successo?!-chiese Faith preoccupata prendendo una ragazza dalle braccia di
Clay.
-Un’imboscata.-le
rispose.-Abbiamo scoperto un novellino ma era solo un’esca. Poi sono arrivati
un sacco di vampiri e quando stavamo per ucciderli tutti ho notato la bomba. Ho
urlato di scappare ma non tutte l’hanno fatto.-le spiegò respirando a fatica,
dato che anche lei era un po’ ferita.
-Ti
aiuto io.-si offrì Giles prendendole un braccio e passandoselo intorno alle
spalle.
-Ce
la faccio, sto bene. Pensate alle altre.-ma le gambe le cedettero e quasi
svenne. Giles le passò un braccio intorno alle gambe e la issò portandola così
fino a casa.
Dawn,
Connor e gli altri quasi si presero un colpo quando videro quella tragedia.
Alcune delle ragazze avevano delle ferite più o meno gravi, altre solo dei
tagli e contusioni. Il peggio arrivò quando fecero la stima delle perdite.
-Il
gruppo di Clay è quello che ha subito le perdite maggiori: quindici
ragazze.-disse Faith agli altri dopo che tutte furono curate e sistemate.
-Santo
cielo.-mormorò Dawn sconvolta.
-Ma
non è tutto.-sospirò prima di continuare.-Delle quindici rimaste almeno otto
sono fuori combattimento per un po’. Con Clay di quel gruppo ce ne restano solo
sette. Del mio ne ho perse altre tre e un altro gruppo ha subito un’altra
imboscata anche se minore e ha perso sei ragazze, due dovranno stare ferme per
molto. In totale ne abbiamo perse ventiquattro e dieci non possono combattere.
Ne abbiamo a disposizione solo sessantasei. Tutte le altre per fortuna sono
illese.-li informò.
-In
effetti dovevamo aspettarcelo.-si intromise Giles.
-Lei
dice?-gli chiese Robin.
-Nel
mondo demoniaco le voci corrono e se cento cacciatrici arrivano di botto a
Sunnydale mentre dei vampiri si preparano a far risorgere un terribile demone
distruttore è ovvio che le due cose sono collegate.-gli diede man forte
Connor.-Hanno capito che erano arrivate tutte qui per Kramzee e hanno cercato
di cominciare a sterminarle. Hanno anche capito che essendo in tante sarebbero
uscite in gruppi numerosi, tutto a loro favore. Se avessimo perso entrambi i
gruppi a quest’ora avremmo perso ben sessanta ragazze e ce ne sarebbero rimaste
solo quaranta.-
-Connor
ha ragione.-assentì Willow.
-Dobbiamo
uscire in gruppi meno numerosi e dare meno nell’occhio. Per un po’ sarebbe
meglio se il cimitero di Restfield fosse out. Lì è dove Clay è venuta a
conoscenza del piano per risvegliare Kramzee e dove abbiamo perso quindici
ragazze in un solo colpo.-propose Kennedy.
-Ragazzi
ne abbiamo affrontati di apocalisse ma questa devo ammettere che mi spaventa
parecchio.-si intromise Xander.-Mi manca Buffy.-disse piano.
-Sapeva
sempre come risolvere queste situazioni.-concordò Dawn.
In
quel momento si udì un leggero bussare allo stipite della cucina. Timidamente,
lì ci stava Eric. Si era appena laureato in medicina e doveva a breve
cominciare l’internato nell’ospedale di Sunnydale, per questo era andato da sua
sorella. Era lui che si era dato più da fare per curare le ragazze.
-Qualcosa
non va, Eric?-gli chiese Kennedy.-Le ragazze stanno bene?-
-Si,
adesso dormono tutte. Stavo cercando Clay, è l’ultima che mi è rimasta da
curare ma non so dove sia finita. Ho notato che aveva anche lei delle grosse
ferite.-rispose.
-Vado
a cercarla io.-si offrì Faith e passò dal corridoio per arrivare al salotto.
Cercò
la giovane cacciatrice per tutta la casa ma non la trovò da nessuna parte,
nemmeno nella sua camera che era deserta. Preoccupata uscì sul portico
continuando a chiamarla, poi girò fino alla porta sul retro. Stava per
rientrare e dire a tutti che era sparita quando sentì un gemito provenire dai
gradini. Li scese e scovò la ragazza rannicchiata nell’angolo tra le scale e il
rialzo della veranda.
-Clay,
cosa ci fai qui?-le si inginocchiò di fronte.-Eric deve curare anche te.-ma lei
la ignorò continuando a singhiozzare come una bambina.
-Ho
fallito Faith.-mormorò con la voce rotta.
-Cosa?-si
stupì sedendole accanto.-Perché?-le chiese.
-Mi
hai affidato un gruppo e non ho saputo difenderlo. Se mi fossi accorta prima
che quella era una trappola tutto questo non sarebbe successo, e non sarebbero
morte quindici cacciatrici.-spiegò.
-Clay
non è stata colpa tua, poteva succedere a chiunque. È successo anche a me una
volta, molti anni addietro. Io ero appena tornata a Sunnydale e Buffy mi aveva
accolto con sé ma le cacciatrici che aveva reclutato le si rivolsero contro e
si affidarono a me. Io le portai in missione ma era una trappola e una bella
bomba ce ne fece perdere parecchie. Io dovetti stare a letto per dei giorni e
mi sentivo tanto in colpa ma poi capii che come era successo a me poteva
succedere a chiunque. Non puoi prevedere certe cose.-tentò di consolarla.
-E
allora perché mi sento come se fosse tutta colpa mia?-la guardò con gli occhi
pieni di lacrime.
Faith
la guardò in fondo e quegli occhi verdi luccicanti di calde lacrime amare le
ricordarono quelli di Buffy quella sera che la sua stessa sorella, i suoi più
cari amici e le ragazze che lei stessa aveva provveduto ad addestrare l’avevano
cacciata dalla sua stessa casa e con gli occhi pieni di lacrime le aveva detto
che adesso toccava a lei prendersi cura di loro.
-Devi
solo essere contenta di essere sopravvissuta. Sei stata tu a dire loro che eri
la più piccola ma quella con la maggiore voglia di sopravvivere.-le ricordò con
un sorriso.
-Non
ci riesco.-scosse la testa singhiozzando più forte.
-Devi
invece!-insistette.-Perché tu hai ancora la possibilità di salvare il mondo e
quindici motivi in più per farlo: le tue sorelle cacciatrice che i seguaci di
Kramzee hanno provveduto ad ammazzare. Quel giorno quando te lo ritroverai
davanti vedrai anche le tue compagne e avrai una forza maggiore di ben quindici
volte perché loro ti saranno accanto.-le accarezzò i lunghi capelli lisci
sporchi di terra ed erba.-Vieni a farti curare adesso.-si alzò e prendendola
per mano la fece alzare a sua volta.
-C’è
solo una cosa che vorrei in questo momento.-si asciugò le lacrime con i palmi
delle mani.
-Cosa?-le
chiese.
-Vorrei
poter conoscere la voce di mia madre. Chissà se avrebbe potuto consolarmi come
hai fatto tu stasera.-rispose.
-Io
ho avuto un’ottima maestra, ed era Buffy Summers. Questa saggezza me l’ha trasmessa
lei e penso che forse, stasera, se ci fosse stata lei avrebbe saputo consolarti
meglio di me.-sorrise.
-Ne
parlate tutti in modo così bello che a volte vorrei essere arrivata prima nelle
vostre vite, così l’avrei conosciuta.-salirono i pochi gradini.
-Sareste
andate d’accordo di sicuro.-ipotizzò.-Entriamo in casa, Kramzee ci ha diminuito
di numero ma non di volontà e forza.-aprì la porta e le due entrarono.
Clay
non si sentiva molto meglio ma almeno si era un po’ ripresa. Quella sera
avevano perso una battaglia ma non la guerra. Oltretutto, quella non erano
proprio disposti a perderla. Adesso avevano dei motivi in più per ridurre
Kramzee in qualcosa che fosse solo un lontano ricordo.
Connor,
però, cominciava ad avere un’idea in testa.
Parte
11 – Richiesta d’aiuto
Nel
giro di qualche giorno le cacciatrici ripresero l’addestramento ma l’umore non
era più come quello di prima. Adesso erano demoralizzate e impaurite, persino
le più grandi e quelle con più esperienza erano ancora restie a digerire ciò
che era successo.
Clay
si era chiusa a riccio in sé stessa, ancora un po’ in colpa, e ormai la sua
vita era divenuta una routine tra gli allenamenti e il suo lavoro di babysitter
di Madlen. Parlava raramente con il gruppo e si era isolata dalle sue compagne
per timore che alcune la ritenessero responsabile.
Dal
canto suo, Dawn cercò di consolare le ragazze per le perdite ma l’unico
tentativo che risultò più valido fu la cena del Ringraziamento che organizzò,
anche per chi non era americano e non capiva quella festa.
I
gruppi per le ronde passarono da trenta ragazze a dieci, per evitare che
dessero troppo nell’occhio, e a nessun gruppo era permesso pattugliare nel
cimitero di Restfield. Essendo il più grande di tutta la cittadina era normale
che il maggior numero di attacchi fosse concentrato lì.
Dopo
qualche giorno, vedendo che il morale e la paura delle ragazza non accennavano
a diminuire, Connor si decise finalmente a parlare con Giles a quattrocchi di
un’idea che aveva. Lo incontrò nel retro del negozio di magia mentre le ragazze
erano impegnate con l’allenamento, Willow ed Andrew avevano clienti in negozio
e tutti gli altri erano al lavoro, in modo che nessuno li disturbasse. Dawn era
a casa con i bambini.
-Allora,
dimmi tutto.-lo incitò l’osservatore seduto sul divano.
-Ho
notato, come penso anche lei del resto, che le ragazze sono demoralizzate e
impaurite. Oltretutto penso che Faith non possa reggere a lungo questa
situazione e anche che ci serve un aiuto.-spiegò un po’ confusamente.
-Aiuto?-si
stupì.-Su cento cacciatrici ce ne sono rimaste sessantasei non contando Faith e
Kennedy e anche Willow, tu, Dawn e gli altri.-elencò.
-Si
ma alle ragazze serve uno stimolo e penso che una mano in più non ci farebbe
affatto male.-precisò un po’ in imbarazzo.
-Cosa
stai cercando di dirmi?-si insospettì.
-Che
ne pensa se chiamiamo anche Angel?-gli propose.
-Angel?-l’osservatore
si alzò pensandoci bene.-Adesso che ci penso bene non abbiamo pensato a
chiamare anche lui, Spike e i suoi due amici.-rifletté.
-Sono
solo in quattro e addirittura quelli forti davvero solo tre ma magari potrebbe
occuparsi lui di aiutare Faith nell’addestramento delle ragazze oltre che
aiutarle in prima linea quando arriverà il momento cruciale.-precisò sperando
di convincerlo.
-Penso
che tu abbia ragione.-assentì.-Si, è meglio se chiamiamo anche lui. Lo vuoi
dire prima a Dawn?-si informò.
-Si,
magari glielo dico adesso che vado a casa. Lei non informi gli altri, li
renderemo partecipi a cosa già fatta.-decise prendendo la sua giacca.
-Come
vuoi.-insieme si diressero nel negozio.-Spero che ci sia veramente di aiuto.-
-Quando
Giles
sedette al tavolo a finire di leggere dei volumi che aveva trovato e dove si
parlava di Kramzee ma era distratto. Non vedeva il vampiro da molto tempo, dal
matrimonio di Dawn e Connor, e quindi da esattamente cinque anni.
Lui
non era venuto quando Buffy era morta, anzi sapeva, così come lo sapevano
tutti, che non era mai andato a farle visita al cimitero. Non lo biasimava, ne
accusava per quello. La prima volta che Buffy era morta era stato lui, si
poteva dire, a salvarla. Aveva guidato lui Xander fino alla tana dal Maestro
dove poi il ragazzo aveva potuto riportarla in vita con un semplice massaggio
cardiaco.
La
seconda volta sapeva che per lui era stato un quanto morire lui stesso, era
scappato da casa ed era andato in un monastero dello Sri Lanka per soffrire in
pace. Poi non si erano più visti per molto anche se i loro rapporti si erano
fatti più frequenti quando Dawn e Connor si erano messi insieme.
La
terza volta, per Angel, era stato devastante. Avevano poi saputo da Spike che
lui aveva urlato per ore, spaccato mobili, pianto e non era uscito. Da quel
momento, per il vampiro era cominciata una lenta discesa in un abisso senza
profondità pieno di disperazione e rimpianti. Sapeva che per quanto tristi,
nessuno si sarebbe mai sentito come lui.
Con
un sospiro, Giles si riconcentrò sui suoi libri sapendo che Angel sarebbe
subito accorso da Los Angeles per aiutarli e proteggere i suoi nipotini che
adorava. Che oltretutto erano anche i nipoti di Buffy, nipoti che la
cacciatrice non aveva mai conosciuto.
Connor
arrivò a casa dove trovò Dawn intenta a sistemare un po’ del caos che da quando
era arrivata la baraonda regnava in casa loro. Gli unici momenti in cui si
supponeva che quella fosse una casa decente era quando le ragazze si allenavano
e di conseguenza non c’era nessuno.
Le
spiegò subito della sua idea, la moglie fu d’accordo e si stupì di come non ci
avevano pensato prima. Con il consenso della donna che amava, Connor salì nella
loro camera per telefonare a suo padre lasciandola a dar da mangiare a Duncan che,
anche se aveva tre mesi, pareva crescere a vista d’occhio. Lo adorava.
Compose
il numero della Wolfram&Hart, sapeva che Angel era di sicuro lì. Gli
rispose una voce femminile che conosceva bene.
-Harmony
sono Connor, puoi passarmi Angel per favore? È urgente.-esordì.
La
bionda vampira da quando aveva cominciato a lavorare come segretaria di Angel
non se ne era più andata, anche se battibeccava spesso con Spike…o ci faceva
del sesso sfrenato. Quei due avevano una specie di rapporto di odio e sesso che
tutti si rifiutavano di capire.
-Al
momento è in riunione ma te lo chiamo.-
Connor
attese in linea mentre Harmony entrava nell’enorme studio di Angel e
interrompeva la piccola riunione che stava avendo con Spike, Gunn, Fred, Eve
ormai passata dalla parte del bene, e Knox, che ancora aiutava Fred con le
ricerche scientifiche. Poco dopo, Angel rispose al telefono.
-Connor?-rispose
in ansia.-Cos’è successo? I bambini stanno bene?-fece preoccupato.
-Stanno
bene, per ora.-sospirò.-Ci serve una mano.-
-Avete
dei problemi?-insistette.
-Non
solo noi, ma il mondo in generale. Hai mai sentito parlare di Kramzee?-si
informò.
-Il
terrore assoluto, si ho letto molte volte di lui. Ma che succede? Sta arrivando
sulla terra?-continuò.
-A
breve si, dovrebbe arrivare. Abbiamo reclutato cento cacciatrici più Faith,
Kennedy e Clay, la nostra babysitter che si è rivelata essere una cacciatrice
ma abbiamo subito un attacco forte e ne abbiamo perse ventiquattro, oltretutto
dieci sono ko per un bel po’.-fece una pausa.-Le ragazze adesso sono
demoralizzate ed impaurite e temiamo che Faith non possa reggere da sola
l’addestramento a lungo. Per questo ti ho chiamato, vorrei che tu, Spike, Gunn
e Fred riuscisse a venire ad aiutarci.-gli spiegò.
-Saremo
lì prima del tramonto.-assicurò.
-Papà,
va bene anche dopo.-sorrise.
-Stiamo
arrivando.-insistette e chiuse.
Connor
scese di sotto a dare la bella notizia a Dawn e poi chiamarono a raccolta la
gang per informarli della cosa, lasciando le cacciatrici agli allenamenti nel
capannone. Arrivarono tutti di corsa e appena sentirono la novità si
dimostrarono d’accordo. Una mano in più faceva sempre comodo, dissero.
Verso
le quattro del pomeriggio la porta si aprì e Clay entrò ridendo allegra con
Madlen in braccio appena uscita dall’asilo. Subito la consegnò a Dawn.
-Ciao,
tesoro. Allora com’è andata oggi?-chiese alla sua bambina.
-Bene,
la maestra ha detto che ha fatto il disegno più bello di tutta la
classe.-sorrise Clay facendole il solletico al pancino.-C’è una
riunione?-chiese vedendo tutti riuniti lì.
-Stiamo
aspettando delle persone.-la informò Giles.
-Si,
abbiamo chiamato mio padre e i suoi amici per darci una mano.-precisò Connor.
-Ehm…non
è per rompere le uova nel paniere, anche perché credo che ci abbiate già
pensato, ma dove dormiranno altre persone in più?-chiese e tutti si guardarono.
-Beh
con le ragazze che abbiamo perso si sono liberati tre appartamenti. Mandiamo lì
delle ragazze da chi ha la casa troppo piena ed Angel con gli altri possono
sistemarsi qui.-propose Dawn.
-Si,
voi con Xander e Faith avete le case stracariche.-assentì Kennedy.
-Allora
faremo così.-annuì.-Nella mia cantina ce ne sono sistemate un bel pò e penso
che sarebbe meglio sistemare lì Angel, Spike e Gunn.-mise Madlen a terra che
subito andò a tirare fuori delle bambole dalla cesta dei giochi.
-Circa
sette possono andarci da casa mia.-propose Xander.
-E
altre dalla mia.-concluse Faith.-Così sono tutti sistemati senza problemi.-
-Questa
situazione è davvero stressante.-disse Xander facendoli ridere.
-Porto
Madlen a fare merenda.-sorrise Clay e prese la piccola portandola in cucina.
Circa
un’ora dopo bussarono alla porta e Dawn andò ad aprire. Non appena ebbe aperto
la porta si trovò davanti Fred.
-Ciao,
siete arrivati!-esclamò abbracciandola.
-Angel
è voluto partire subito.-la informò staccandosi.
Stava
entrando quando notò Madlen che arrivava correndo dal corridoio inseguita da
una giovane ragazza bionda, entrambe ridevano allegre. Non fece in tempo a dire
qualcosa che fu scansata da una coperta fumante che entrò di volata.
-Prima
io che mi sto abbrustolendo!!-esclamò, e non vedendo dove andava andò a
sbattere dritto contro Clay gettandola a terra.
Con
calma dalla porta entrarono Angel che si tolse una coperta da dosso e Gunn che
richiuse la porta. Ma si precipitarono tutti a vedere che succedeva.
-Maledizione,
lo sai che pesi?!-esclamò Clay allo sconosciuto che l’aveva urtata.
-Scusa
non…oh porca miseria!!-Spike si alzò di scatto allontanandosi dalla ragazza
come se fosse una enorme croce.-Vade retro fantasma!! Mi torturi anche da
morta, cacciatrice fatta fantasma ma perfettamente corporea?!-delirò facendosi
prendere per pazzo.
-Sono
io che non lo capisco o è lui che è fumato?-chiese Clay aiutata da Willow a
rialzarsi.
-Cos’è
uno scherzo questo?-il vampiro ossigenato si rivolse a tutti. Fu il primo a
notare che Angel guardava quella giovane ragazza bionda con la bocca spalancata
e senza riuscire a fiatare.
-Non
so cosa stai volendo dire ma io sono Clay, la babysitter di Madlen e anche una
delle cacciatrici. Vi conoscerò dopo che avrò recuperato Madlen e le avrò fatto
un bagnetto dato che si è tutta sporcata di marmellata.-e detto questo tornò a
chiamare la bambina scovandola sotto al tavolo della sala da pranzo e
portandola di sopra.
Tutti
si spostarono nel salotto per parlare della situazione e anche perché sentivano
che Spike ed Angel volevano delle spiegazioni.
-Accidenti,
le somiglia in modo impressionante.-furono le prime parole di Spike.
-L’abbiamo
notato ma non ci abbiamo fatto caso, ne glielo abbiamo fatto notare. Clay non
ha mai visto foto di Buffy.-gli spiegò Willow.
-Per
un attimo ho pensato di avere lei di fronte. Stavo per avere un infarto e
morire.-si portò una mano al cuore drammaticamente.
-Tu
sei già morto.-gli fece notare Angel.-Potrebbe essere anche una coincidenza, a
volte ci sono persone che si somigliano.-ipotizzò in modo distaccato.
-Non
ne abbiamo mai parlato.-chiuse il discorso Dawn.-Che sapete di Kramzee?-chiese.
-Ho
portato dei testi, li andrò a prendere in macchina appena fatto buio.-rispose
Angel.
-Come
sapete che sta arrivando?-si informò Fred sedendosi sul divano.
-Clay
è stata attaccata da un numeroso gruppo di vampiri in un cimitero e loro le
hanno detto che si stava per risvegliare. Qualche giorno fa alcuni vampiri
dello stesso gruppo ci hanno teso un paio di imboscate e hanno ucciso in un
colpo solo ventiquattro cacciatrici, dieci non potranno combattere per un
po’.-spiegò Giles.
-Speriamo
che essendo in tanti possiamo avere una qualche possibilità.-continuò Willow.
-La
lotta sarà molto dura, lo sapete questo vero?-sospirò Angel molto seriamente.
-Si,
lo sappiamo, ed è per questo che vi abbiamo chiamato. Le ragazze adesso sono
impaurite e serve loro uno stimolo e coraggio per andare avanti senza
mollare.-gli disse Connor.
-Beh
tanto non ce ne andiamo, oltretutto ho fatto una valigia grande perché
immaginavo di stare via per un bel po’.-sdrammatizzò Gunn facendoli ridere.
-Dawn
posso chiederti un favore?-Angel si avvicinò alla nuora e la tirò in disparte.
-Qualcosa
non va, Angel?-gli chiese stupita quando nessuno poté sentirli.
-Io
vorrei…si insomma, ti dispiace se vado un attimo in camera sua?-le chiese in
imbarazzo.
-Si,
vacci pure.-sorrise capendo che parlava della camera di Buffy.-Però adesso
quella è la camera di Clay, lo sai, vero?-precisò.
-Lo
so. Grazie, Dawn.-le diede un bacio in fronte e poi salì al piano di sopra
lasciando tutti a parlare dell’imminente lotta.
Già
appena posato il piede sul piano sentì la voce di Clay che dolcemente parlava
con Madlen. Lentamente si avvicinò alla porta e vedendola quasi tutta aperta ci
sbirciò dentro. La giovane ragazza era stesa sul letto con la bambina che si
era quasi addormentata.
Entrò
senza far rumore guardandosi in giro. I mobili erano gli stessi di Buffy, ma di
lei era rimasto molto poco, solo il suo baule blu posato sotto la finestra. Non
c’erano più i suoi cd, i suoi peluche, Mr. Gordo, i suoi vestiti, i suoi libri,
i trucchi, i paletti e tutte le altre sue cose.
Clay
non doveva avere molte cose, dedusse, dato che la camera pareva quasi spoglia,
a parte dei sacchi a pelo posati in un angolo segno che alcune cacciatrici
dormivano in camera con lei. C’erano dei libri, dei cd, dei trucchi, un
portagioie e altre cianfrusaglie quasi senza senso ma pochi oggetti personali
come orsacchiotti di peluche, fotografie e oggettistica varia.
Anche
se, la camera rimaneva sempre quella della sua Buffy, e questo gli provocava un
fortissimo dolore al cuore. Un dolore a cui non si abituava mai tanto era forte
la sua mancanza.
-La
piccola dorme.-gli sussurrò Clay.-Posso fare qualcosa per lei?-gli chiese.
-No,
grazie. Volevo solo rivedere la sua camera.-le disse guardandosi in giro.
-Conosceva
bene Buffy?-lo spiazzò.-Dawn, Faith, Willow e Xander mi parlano molto spesso di
lei, le volevano un bene infinito. Giles un po’ meno perché si sente molto
triste per la sua morte, Andrew, Robin e Kennedy non ne parlano molto anche se
le erano molto affezionati.-sorrise.
-Si,
la conoscevo molto bene. E mi manca molto.-si sedette sullo sgabello che stava
davanti la console. Da lì osservò quella giovane ragazza che somigliava davvero
molto al suo amore perduto.
-Se
vuole posso lasciarla un po’ da solo, anche se non posso svegliare
Madlen.-coprì la bambina e fece per alzarsi e andare via ma lui la trattenne.
-Rimani
pure. Clay, giusto?-la bloccò.
-Si.-annuì.
-È
un nome davvero strano.-sorrise.
-È
un diminutivo del mio vero nome che non dico a nessuno. Quello si che è strano,
la gente mi faceva tante di quelle domande che a volte ho pensato di cambiarlo
ma poi ci ho sempre rinunciato perché pensavo che fosse la chiave per trovare
la mia famiglia.-spiegò.
-L’hai
trovata?-
-Non
l’ho mai cercata per evitare di stare ancora più male. Ho scoperto che in fondo
sono una solitaria e col tempo mi ci sono abituata.-alzò le spalle accarezzando
i capelli lunghi di Madlen che dormiva serena ignara di ciò che succedeva
intorno a sé.
Rimasero
senza parlare per diversi minuti, creando una piacevole armonia che con le
parole avrebbero di sicuro rotto. Quel silenzio creò come un legame a cui
all’inizio non fecero caso.
Fu
Angel a notarlo, capendo che c’era qualcosa di strano in quella ragazza dal
passato anonimo. Connor gli aveva un po’ parlato di lei. Vederla nella camera
di Buffy accentuava quella strana sensazione che provava, sembrava quasi di
rivedere lei. Ma al contempo, la sentiva dappertutto. La sua Buffy gli mancava
molto.
Presto,
il vampiro avrebbe saputo dare un nome specifico a quella sensazione.
Parte
12 – La storia di un amore
Ci
sono momenti che possono determinare il corso di un’intera esistenza.
A
volte durano frazioni di secondo.
A
volte no.
Vi
racconterò una storia.
Quella
stessa sera molte ragazze sgomberarono dalla casa di Dawn, Xander e Faith per
trasferirsi negli appartamenti rimasti vuoti dopo che ben quindici delle loro
compagne erano scomparse.
Dalla
mattina dopo, Faith cedette il testimonio ad Angel su come procedere
all’addestramento. Tutte sapevano che Angel era un vampiro, poche sapevano
della sua reale storia. E quelle che non lo sapevano non si fidavano molto di
lui, questo finché quelle a conoscenza della storia non consigliavano loro di
leggere sui libri di demonologia riguardo ad Angel.
Quella
stessa mattina, appena arrivato, Angel schierò le ragazze davanti a sé per
parlare loro.
-So
che sapete tutte che sono un vampiro.-esordì.-Un vampiro abbastanza strano,
dato che sono stato maledetto con un’anima e addirittura nonno. Se sono qui c’è
un motivo ben valido, e questo motivo siete voi. Mi hanno chiamato per addestrarvi
in attesa di combattere con Kramzee. Lasciatemi dire che io, per mia fortuna
non l’ho mai conosciuto personalmente, ma ho letto molto di lui. Lo chiamano il
terrore assoluto e c’è un motivo. La quantità, nella nostra lotta, non sarà
sufficiente se non ci sarà anche forza e preparazione. Non tollererò chi si
lascerà andare, chi dirà di essere stanca e dichiarerà di non farcela. Siete
cacciatrici, non gente comune. Vi allenerò dalla mattina fino al tramonto per
poi scortarvi durante la ronda. So che avete perso delle compagne, beh è dalla
loro perdita che dovete attingere ad altra forza. La loro morte deve rendervi
furiose con Kramzee e desiderose di farlo a pezzettini. Tutto chiaro?-le
ragazze esclamarono un forte si ed Angel dichiarò che adesso cominciava
l’allenamento.
Con
l’aiuto di Faith, Kennedy e Spike riuscì ad allenarle sia in gruppo che
singolarmente. Dopo aver aiutato una ragazza nell’utilizzo della spada, passò a
Clay che si stava allenando da sola prendendo a calci e pugni un sacco.
La
osservò bene per diversi minuti, Clay sembrava in un mondo a parte. Un mondo
dove faceva da padrona la rabbia e la frustrazione che la ragazza aveva in
corpo. Aveva saputo da Faith che era lei a guidare, quella sera, il gruppo che
aveva subito l’imboscata peggiore. Anche che poi la cacciatrice bruna l’aveva
trovata a piangere perché sentiva di aver fallito.
Le
afferrò il sacco per tenerglielo fermo. Lei se ne accorse ma non rallentò il
ritmo.
-Come
ti senti Clay?-le chiese ma non ricevette risposta.-Credo che tu abbia preso
molto seriamente il mio discorso. Stai immaginando che questo sacco sia
Kramzee?-
-Non
ho mai visto il suo volto quindi si, in questo momento Kramzee ha l’aspetto di
questo sacco.-gli diede un violento pugno.-E se proprio vuoi sapere come mi sento…beh
come tutti i giorni della mia vita da quando ricordo: un’emerita
fallita!-sferrò un potente calcio che quasi fece indietreggiare Angel sorpreso,
era davvero molto forte.
-Perché?-le
chiese.
-Ma
che cosa vuoi tu da me?-ricambiò fermandosi.-Credi di sapere come mi
sento?-afferrò anche lei il sacco guardandolo dritto negli occhi quasi con
sfida.
-Se
vuoi sapere da qualcuno come ci si sente ad essere un fallito, chiedimelo pure.
Sono quasi trecento anni che mi ci sento. Faith mi ha detto che per essere la
più piccola sei quella più determinata, vedi di tirarla di nuovo fuori questa
determinazione o diverrai solo una mocciosa che Kramzee ammazzerà per
prima.-raccolse la sfida ricambiando lo sguardo.
-Io
quel bastardo lo ammazzerò a mani nude. Non so niente di te, ma tu non sai
niente di me e mi va bene così.-fece una pausa.-Perché hai quello sguardo
sempre pieno di ricordi e tristezza?-la sua voce si addolcì.-C’è mai stato
nella tua vita un momento felice?-
-Non
mi posso permettere la felicità.-distolse lo sguardo dal suo, le ricordava
molto Buffy.
-È
un peccato, la meritiamo tutti. Anche se io non la conosco. Tu ogni tanto mi
guardi come se vedessi un’altra.-sospirò ed Angel la guardò.
-Non
potrei mai perché ci sarà mai un’altra lei.-e detto questo se ne andò per
aiutare un’altra ragazza lasciandola con un mucchio di domande.
Quel
pomeriggio, dopo l’allenamento, mentre le ragazze si riposavano in vista della
ronda di quella sera, Clay con una scusa attirò Willow nella sua camera per
parlarle.
-Va
tutto bene?-le chiese la strega rossa vedendola un po’ titubante.
-Tu
conosci bene Angel?-ricambiò.
-Abbastanza,
perché?-si stupì.
-Oggi
abbiamo scambiato qualche parola. Ho notato che mi guardava come se vedesse
un’altra e quando gliel’ho detto ha detto che non ci sarà mai un’altra lei.-le
disse.-Chi è lei?-la vide sgranare gli occhi.
-Perché
me lo chiedi?-le tremò la voce e voltò lo sguardo.
-Non
sono curiosa!-assicurò.-Willow io sono arrivata nelle vostre vite da poco più
di due mesi ma sono stati i mesi più intensi della mia vita perché ho scoperto
di avere dei superpoteri, dell’esistenza di demoni e vampiri e adesso c’è la
lotta con Kramzee. Penso che tu ormai mi conosca, io sono una persona che si fa
i fatti suoi, sono introversa e molto solitaria. Angel ha qualcosa che non
capisco e ho notato che il suo sguardo è difficile da comprendere. Mi sento
come se ci fosse qualcosa che devo assolutamente sapere.-
-Clay
sei sicura di volerlo?-le prese una mano.
-Si.-annuì.
-Bene,
perché la storia che sto per raccontarti è una storia d’amore, felicità mai
avuta e molta disperazione.-precisò.
-Sono
pronta.-assicurò.
Willow
fissò il letto non sapendo da dove cominciare, ma rivedendo perfettamente
quella mattina che Buffy le aveva annunciato che Angel se ne sarebbe andato. E
in lacrime le aveva detto che sentiva come se non potesse respirare. Si, perché
l’aria per Buffy era Angel.
…Adesso
sto solo cercando di non morire…
-La
lei a cui Angel si riferiva…era Buffy.-le rivelò e la vide perplessa.
…Non
riesco a respirare. Mi sento come se non potessi respirare…
-Non
capisco.-scosse leggermente la testa.
…Signorina
c’è qualche problema?...
…Si
c’è un problema. Perché mi stai seguendo?...
-Si
sono conosciuti quando Buffy si è trasferita a Sunnydale, non le ha detto
subito chi in realtà lui fosse, ma lei ne rimase molto attratta. Dopo le prime
volte che lo incontrò già non poteva più fare a meno di lui. Si guardava in
giro dove sapeva che poteva incontrarlo, gongolava quando lui arrivava con il passo
lento e felpato. Si innamorò all’istante anche se non sapeva niente di lui,
solo che era l’uomo del mistero che veniva a darle delle criptiche informazioni
e poi spariva anche per intere settimane.-esordì.
…Se
sei il mio angelo custode vorrei sapere perché…
…Forse
mi piaci…
-Anche
lui era molto attratto da lei anche se si manteneva sempre sulle sue, non
capivamo mai il perché e nella nostra sedicenne innocenza la cosa ci pareva
affascinante. Finché lei non scoprì che lui era un vampiro dopo averlo baciato,
ne rimase profondamente scossa. Poi apprese della sua maledizione, aveva ucciso
una giovane zingara favorita all’interno del clan e gli anziani lo avevano
maledetto dandogli un’anima che lo avrebbe tormentato per
sempre.-sorrise.-Buffy era molto presa da lui tanto da non accorgersi di tutto
ciò che c’era intorno ma anche molto consapevole che tra loro c’erano
incolmabili differenze come l’età, il fatto che lei era umana e lui no, lei era
una cacciatrice e lui un vampiro. Soffriva per questo ma era una fanciulla e
tutto faceva parte di questo.-
…No,
quando tu mi baci io vorrei morire…
-Naturalmente,
per quanto repressero i loro sentimenti, a un certo punto scoppiarono e si
misero insieme. Io era una giovane sognatrice e per me erano l’incarnazione di
una bellissima favola romantica, anche con i loro pro e contro. Buffy sapeva
molto poco di Angel perché lui si vergognava del suo passato, come fa tuttora,
e questo la spingeva a fidarsi poco di lui ma al contempo ad amarlo
moltissimo.-continuò.
…Ti
amo, ma non so se posso fidarmi di te…
-Poi
Buffy cominciò, come ogni diciassettenne, a immaginare qualcosa in più. Eravamo
giovani e con la voglia di scoprire tutto. Accadde tutto nel giorno del suo
diciassettesimo compleanno. Organizzammo una festa a sorpresa ovviamente
rovinata, dei nostri nemici si stavano preparando a risvegliare un potente
demone. Quella sera, poi si scatenò un tremendo temporale che entrambi si
beccarono in pieno.-sorrise.-E si rifugiarono in casa di Angel. Fu lì che per
la prima volta entrambi capirono davvero quanto si amassero e se lo
dimostrarono pure.-la sua espressione si incupì.
…Io
ti amo. Cerco di evitarlo ma non posso…
…Anch’io
ti amo, Angel. Non ci riesco…
…Buffy,
forse non dovremmo…
…Sta
zitto. Devi solo baciarmi…
-Fecero
l’amore?-chiese Clay, e Willow notò nei suoi occhi quanta innocenza ancora ci
fosse.
-Si,
era la prima volta di Buffy. E fu l’inizio della fine.-disse triste.-L’anima di
Angel era fatta per soffrire e non per essere felice, se avesse avuto un attimo
di pura felicità l’avrebbe persa e quella notte accade facendo in modo che
Angelus tornasse a tormentarci. La sua prima vittima fu il cuore di Buffy che
si premurò di spezzare neanche ventiquattro ore dopo il suo ritorno.-
…Angel!
Io ti amo…
…Anch’io
ti amo. Ti chiamerò…
-Da
quel momento cominciò l’incubo. Lui la tormentava, la seguiva, le lasciava dei
disegni e dei fiori, disse a sua madre quello che avevano fatto. Arrivò persino
ad uccidere la fidanzata di Giles, nostra insegnante e membro di quella stessa
tribù che lo aveva maledetto solo perché aveva tradotto la maledizione e voleva
operarla di nuovo. Buffy non si sentiva di ucciderlo, quel viso, quegli occhi,
quel corpo erano ancora quelli del suo adorato Angel ma non era più Angel. Ed
Angelus dal canto suo si cullava di quella cosa, anche lui la amava a modo suo,
di un amore ossessivo e morboso ma comunque amore.-fece una pausa.
…La
passione può ferire profondamente.
Se
potessimo vivere senza conosceremmo certamente la pace.
Ma
saremmo esseri vuoi,
stanze
vuote, buie e inutili.
Senza
passione saremmo come morti…
-Finché
non toccò il fondo cercando di risvegliare un potente demone che avrebbe avuto
il potere di risucchiare il mondo all’inferno.-riprese.-Fece uccidere una
nostra amica e rapì Giles torturandolo per ore. Io avevo scoperto il testo
della maledizione e la operai troppo tardi, loro stavano già combattendo e
Acathla, il demone, era stato risvegliato a breve avrebbe inghiottito il mondo.
Così Buffy fece una delle scelte più difficili della sua vita: non uccise
Angelus, il crudele demone che l’aveva tormentata, ma Angel, il suo amore di
nuovo con l’anima e che non ricordava quello che era successo. La cosa la
sconvolse così tanto che scappò di casa e non la vedemmo per un’intera estate.-
…Chiudi
gli occhi…
-Quanto
tornò notammo che era strana e con lo sguardo un po’ perso, ci disse molti anni
dopo dove era stata e qualche mese a rivelarci cos’era successo realmente
quella mattina della lotta. Poi Angel, in qualche modo strano, tornò e lei non
ce lo disse subito anche se poi mi rivelò che lo aveva tenuto nascosto perché
era tornato in uno stato di primitiva ferocia ed era molto pericoloso. Ci aveva
messo un po’ a farlo riprendere. Quando lo scoprimmo si scatenò una baraonda,
c’era chi aveva paura, chi lo voleva morto e chi voleva concedergli il
beneficio del dubbio. Loro, comunque, non superarono mai i confini mantenendosi
solo amici, o così dicevano.-sorrise.-Finché non tornò Spike, il vampiro
ossigenato che adesso lavora con Angel e che ci ha causato un sacco di
problemi. Aprì loro gli occhi facendogli capire che si sarebbero amati per
sempre. E quando la consapevolezza li colpì decisero di non vedersi più, perché
così era più facile.-
…Devi
solo dirmi che non mi ami…
-Ma
la cosa non durò a lungo perché quello stesso Natale il Primo, il male
assoluto, colpì Angel perché rivoleva Angelus. Colpito dalla disperazione
perché le sue vittime lo tormentavano e i sensi di colpa erano forti, lui cercò
di suicidarsi ma Buffy capì che lo amava troppo per perderlo, non glielo
avrebbe mai permesso. E quell’anno a Sunnydale nevicò per la prima volta nella
storia facendo così in modo che il sole non spuntasse. Angel ebbe una nuova
speranza a cui aggrapparsi, la speranza che avrebbe potuto fare del bene, anche
perché aveva Buffy al suo fianco, il suo grande amore cercato da più di due
secoli.-abbozzò un sorriso al ricordo di quel Natale speciale.
…Non
pensi a me? Ti amo da morire. Ho fatto di tutto per dimenticarti. Ti ho anche
ucciso e non è servito. Odio tutto questo! Che sia impossibile dimenticarti, e
che tu abbia il potere di ferirmi così. So bene tutto quello che hai fatto
perché l’ha fatto anche a me. Oh Dio, vorrei poter desiderare la tua morte ma
non posso, non ci riesco…
-Angel
è sempre stato molto vicino a Buffy, in ogni suo particolare momento. Persino
quando lei perse per un po’ i poteri a causa di una prova. Aveva sempre
quell’istinto di protezione che era impossibile non notare. Anch’io avevo una
persona che amavo molto a quel tempo ma non ho mai visto nessuno che amasse
quanto lui. Anche se eravamo giovani e la paura di quello che era successo
l’anno precedente non ci lasciava mai. Ma Buffy si fidava di lui e noi non
osavamo dirle niente perché il suo sorriso era ciò che realmente contava.-sentì
un groppo alla gola, la sua migliore amica le mancava ancora molto.
…Ho
visto il tuo cuore. Lo tenevi nelle mani per farlo vedere a tutti e io temevo
che potesse venire lacerato o ferito, e ho desiderato proteggerlo di ogni altra
cosa. E scaldarlo con il mio…
-Fu
allora che imparai una cosa: non tutte le favole sono a lieto fine, quella di
Buffy ed Angel finì all’inizio dell’estate, con la fine della scuola, la
consegna dei diplomi e l’ennesima apocalisse. Prima cominciarono i problemi a
causa del tradimento di Faith che allora non era saggia e con la testa a posto
come adesso. C’era la gelosia, la paura e l’insoddisfazione di un qualcosa che
avevano già cominciato ma che non avrebbero più avuto come il sesso.-elencò.
…Sei
ancora la mia ragazza?...
…Sempre…
-Poi
ci fu la consapevolezza della differenza di età e del fatto che il sole,
l’immortalità e i loro ruoli erano contro di loro. Così Angel la lasciò prima
del ballo di fine anno spezzandole il cuore ma aprendole gli occhi sulla loro
storia. Anche se comunque si presentò al ballo avverando il suo sogno di una
serata insieme perfetta. Angel era sempre così, era quello con i piedi per
terra ma sempre pronto a realizzare i sogni di Buffy.-sospirò per il ricordo di
quei tempi.
…Voglio
che la mia vita sia insieme a te…
…Io
no…
-Quindi
decise di andarsene via, senza prima però averla aiutata nella grande lotta con
un potente ed enorme demone che si mangiò alcuni dei nostri compagni di scuola
compreso il preside. Ma quella fu una vera liberazione, soprattutto per gli
studenti che ancora non avevano finito.-la fece ridere.
…Non
ti dirò addio. Quando tutto sarà finito me ne andrò e basta…
-Angel
si trasferì a Los Angeles quella stessa estate mettendo su un’agenzia
investigativa insieme con una nostra ex compagna di scuola di nome Cordelia
Chase che adesso è scomparsa da tredici anni e un mezzo demone che non ho mai
conosciuto. Per un po’ non avemmo loro notizie , tranne quando Buffy gli fece
recapitare un gioiello, poi una sera Angel tornò perché il suo amico aveva
visto Buffy in pericolo e lui non poteva fare altro che salvarla. Lei non lo
vide, ne lui si fece vedere, quella fu la peggiore festa del Ringraziamento che
avemmo mai ma lui era lì a proteggerla come sempre. Poi se ne andò senza farsi
notare ma quel chiacchierone di Xander se lo fece scappare di bocca ed
infuriata lei andò a Los Angeles per parlargli.-aggrottò la fronte.
…Non
dimenticherò mai…
-Buffy
tornò strana da quell’incontro. Disse che durò poco più di cinque minuti ma che
fu molto triste e irreale, come se non fosse vero. Si scambiarono solo poche
parole che la lasciarono quasi basita e con il cuore a pezzi. Mi disse che
Angel era strano ma che qualsiasi cosa fosse successe le non avrebbe
dimenticato mai. Mi disse solamente: “io non dimenticherò mai”. Non ho mai capito
il perché di quelle parole e forse neanche lei.-sospirò pensierosa.
…Allora
faremo come avevamo stabilito. Noi staremo lontani e aspetteremo che il tempo
passi. Con il tempo dovremmo essere in grado…
…Di
dimenticare…
…Si,
perciò io ora vado, comincio a dimenticare…Come facevi a sapere? Sapevi come
ucciderlo…
…È
un demone Mohra. Io ho avuto tempo da dedicare alla lettura…
…Già,
va bene. Allora ci siamo detti tutto, giusto?...
…Credo
di si…
…Non
c’è proprio nient’altro da aggiungere…
…Si,
è tutto…
-Dopo
quell’incontro loro non si rividero per molto tempo, presero strade
diametralmente opposte. Buffy conobbe Riley Finn, l’assistente della nostra
professoressa di psicologia e se ne innamorò. Loro sono stati insieme per circa
un anno tra alti e bassi finché fu lo stesso Riley a scoprire che Buffy non lo
avrebbe mai guardato, ne amato, come Angel. Attraversarono un periodo
difficile, poi lui se ne andò via, Buffy all’iniziò soffrì molto per lui, mai
quanto per Angel. Poi Joyce si ammalò e morì improvvisamente lasciando Buffy
sola, disperata e con i problemi a sommergerla. In quel periodo una potente dea
voleva mettere le mani su Dawn per aprire un potente portale e Buffy aveva
perso la sua più grande sostenitrice, sua madre.-spiegò.
-Almeno
lei ce l’aveva.-fu la prima frase di Clay dopo aver a lungo ascoltato in
silenzio.
-Già,
ed era la madre migliore del mondo. A volte avrei voluto che fosse lei la
mia.-arrossì imbarazzata per quella confessione.-Nessuno di noi sapeva come
consolarla e con la scusa che dovetti chiamare Angel per una questione gli
disse anche della morte di Joyce, lui corse subito a consolarla trascorrendo la
notte con lei al cimitero. Buffy mi disse che lui sarebbe stato disposto a
stare per un po’, ma non per il periodo che lei voleva: per sempre.-
…Come
per sempre? Per sempre va bene per te?...
-Poi
le cose sono precipitate, Glory, la dea che voleva Dawn, scoprì che lei era
…Beh
da questo deduco che sei felice di vedermi…
-La
lotta si avvicinava e noi non eravamo del tutto pronti, così Angel avendo
ricevuto delle informazioni venne a portarle a Buffy anche se ne parlarono solo
per i primi minuti del loro incontro, poi come al solito le cose andarono sul
personale. Angel ha provato dei sentimenti per un’altra ma quando capì che
probabilmente Buffy si stava innamorando di Spike fece il geloso, almeno questo
è ciò che Buffy mi disse.-sorrise.-Parlarono del futuro, di ciò che erano e
delle speranze. Nonostante tutto hanno sempre sperato in un futuro tutto loro.-
…Lo
ammetto. A volte anch’io penso al futuro…
…A
volte è già qualcosa…
…Potrebbe
volerci molto tempo. Anni, se mai accadrà…
…tanto
io non invecchio…
-Dopo
ci fu la lotta che quasi rase al suolo Sunnydale e per un po’ fummo impegnati
nella sua ricostruzione. Poco dopo, Buffy si mise a frequentare un potente
demone chiamato l’Immortale ma era solo una tattica per poterlo uccidere. Lei
lo aiutò poi in una battaglia. Da quel momento, di nuovo, non si rividero per
anni, finché Dawn e Connor non presero a frequentarsi. Ogni tanto si vedevano
ma erano brevi incontri e spesso imbarazzanti. Tutto questo fino a quella
maledetta sera del nove agosto quando siamo andati ad affrontare quel demone.
Buffy è morta all’alba di giorno dieci, quella stessa sera andai da Angel a
dargli la notizia, da allora è diventato ancora più cupo e solitario.-raccontò.
-L’ha
presa molto male.-pareva una domanda ma era un’affermazione.
-Io
penso che in lui abbia diviso il suo dolore in due. Una parte ne è
perfettamente consapevole tanto da soffrire fino a quasi impazzire. L’altra non
ha ancora razionalizzato, pensa ancora che non possa essere vero tanto da
rifiutare persino da andare al cimitero.-spiegò.
-Non
c’è proprio mai andato?-si stupì.
-Assolutamente.-disse
convinta.-Però sa che non c’è più e da allora ha smesso di vivere. Angel sta
sempre chiuso in casa, al buio e al silenzio a pensare e rimuginare. Valuta i
perché e i percome, i se ed i ma ben sapendo che è comunque inutile. Gli unici
momenti in cui è un po’ sereno è quando sta con Madlen e Duncan anche se stare
in questa casa per lui è fonte di dolore perché è la casa di Buffy. Lui non si
riprenderà mai più e tutti quanti sappiamo che prima o poi la farà
finita.-concluse.
-Adesso
capisco quel suo sguardo incomprensibile. Ho sempre sospettato che dietro ci
fosse qualcosa.-sospirò.-Mi dispiace, Will, per averti fatto rivivere dei
tristi momenti.-abbozzò un sorriso.
-Non
preoccuparti, per me parlare di Buffy è sempre un piacere.-la abbracciò sapendo
di averla resa un po’ triste e poi scesero di sotto.
Nel
salotto Madlen stava usando suo nonno come cavallo mentre Spike si sbellicava
dalle risate sul divano a vedere il suo sire messo sotto da una piccola bambina
di quattro anni. Connor era seduto su una poltrona con Dawn appollaiata sul
bracciolo mentre Kennedy era seduta accanto a Spike e cercava di contenerlo.
-Ehi
eccovi qui!-esclamò Dawn notando che erano tornate.-Dove siete state?-chiese
loro.
-In
camera mia, dovevo parlare a Willow di una cosa.-rispose Clay.-Che succede qui,
perché Spike sta ridendo come un dannato?-
-Piccola
cacciatrice tu non hai idea di quale soddisfazione possa essere vedere il tuo
sire ridotto così!-le spiegò il vampiro ossigenato.
-Parli
per invidia perché tu non avrai mai dei nipotini belli e dolci come la
Nei
suoi occhi, Clay vide una luce dolce ma triste, probabilmente stava pensando al
suo amore perduto. E adesso che lei sapeva tutta la storia non poteva fare
altro che stimarlo ancora di più e soprattutto comprendere ancora di più il suo
atteggiamento solitario.
D’altronde
anche lei era una solitaria, un po’ come lui. Non sapeva quanto in realtà.
Lei
non poteva capire l’amore che lo aveva legato a Buffy Summers ma dai suoi occhi
capiva solo una cosa: quell’amore era e sarebbe stato per sempre, è proprio
questo il bello.
Parte
13 – Incomprensibile legame
Clay
aprì la porta di casa di Dawn e nell’uscire quasi si scontrò con Eric. Lui era uno
dei pochi con cui parlava. Avevano cominciato la sera che lui le aveva curato
le ferite che l’esplosione al cimitero le aveva inferto.
-Ehi,
che ci fai qui?-gli sorrise.-Cerchi Kennedy?-si informò.
-Cerco
compagnia.-precisò.-Kenny ha portato Willow a cena per non so quale loro
anniversario e le ragazze, dato che è domenica e hanno la sera libera sono
uscite a divertirsi. Tu perché non sei con loro?-si stupì mentre apriva di più
la porta per farlo entrare.
-Sono
una solitaria.-alzò le spalle e allora Eric notò il paletto che aveva tra le
mani.
-Non
dovresti uscire a caccia da sola.-la ammonì.-Giles ha detto che i vampiri sono
aumentati.-
-Non
avevo nient’altro da fare. Stasera anch’io sono sola perché Dawn e Connor hanno
portato i bambini al luna park.-lo informò chiudendo, lui stava posando la sua
giacca nell’appendiabiti.
-E
gli altri?-chiese mentre entravano.
-Giles
è dovuto andare in Inghilterra, tornerà tra qualche giorno, aveva delle
questioni da sbrigare con il Consiglio. Faith e Robin sono andati con Gary a
Los Angeles ieri mattina per passare il weekend fuori mentre Xander ed Andrew
hanno detto che avrebbero fatto cose da uomini. Gunn e Fred, gli amici di
Angel, sarebbero andati con le ragazze.-elencò.
-Quasi
quasi mi conveniva unirmi a Xander ed Andrew.-rifletté facendola ridere.-Come
ti senti?-le chiese serio.
-Uhm…io
ho molti umori, lo sai. Mi sento ancora responsabile per le mie compagne ma al
contempo penso che sia quello che mi hanno detto Faith ed Angel sia giusto:
devo fare in modo che la loro morte sia fonte di forza per me.-andarono in
cucina dove presero da bere dal frigo.-Tu quando cominci l’internato?-aprì la
sua bevanda.
-Dopo
le vacanze di Natale, al momento non c’è alcuna disponibilità per me.-
-In
cosa ti specializzi?-continuò.
-Ginecologia.-le
disse.
-Chissà
perché mi sembra la cosa più ovvia.-replicò ironica.-Ti si vede dalla faccia
che sei un amante delle donne. O di qualcuna delle loro parti.-ci pensò bene.
-Scherzavo.-rise.-Farò
l’internato nel reparto di oncologia infantile.-
-Che
cosa triste, poveri bambini.-uscì dalla cucina per dirigersi nel salotto. Lui
la seguì a ruota.
Entrambi
avevano scoperto di trovarsi bene insieme e di parlare volentieri. Con Eric,
Clay riusciva ad aprirsi un po’. Non le era mai capitato di trovarsi bene con
qualcuno e tutto le sembrava talmente nuovo da riuscire solo a godersi il
momento.
Nel
seminterrato, in contemporanea, Spike si svegliò dal suo sonnellino giornaliero
trovando il suo sire seduto in un angolo buio con lo sguardo fisso sul muro a
pensare.
-Guarda
che la parete non parla.-lo distrasse stiracchiandosi.
-Lo
so.-replicò.
-Da
quanto tempo sei sveglio?-gli chiese scostando le lenzuola e scendendo i piedi
dal letto.
-Da
mezzogiorno. Ho mangiato qualcosa, ho trascorso il tempo con i bambini e ho
aiutato Dawn a prepararli. Lei e Connor li hanno portati al luna park.-gli
disse.
-A
cosa stai pensando?-continuò serio ma lui non rispose.-Puoi anche dirmelo, lo
so che non stai pensando a Buffy. L’ho notato fin dal primo momento che hai
posato gli occhi su quella ragazza che c’è pensi ci sia qualcosa di strano.-si
infilò gli scarponi e si alzò stiracchiandosi ancora.
-Quegli
occhi sono inconfondibili, neanche quelli di Madlen che ce li ha uguali ai suoi
sono gli stessi.-continuò a non guardarlo.
-Lo
so che le somiglia ma Clay non ha niente a che fare con Buffy. Pensa alla
differenza di età! Oggi Buffy avrebbe avuto trentasette anni, quasi trentotto,
Clay ne ha fatti diciannove a settembre.-tentò di ragionare.
-Hanno
diciassette anni di differenza, lo so. Io però sento qualcosa, è come se
sentissi un legame con quella ragazza e non riesco a spiegarmi questa
sensazione.-sospirò.-Forse sono solo giochi della mia testa, non avevo mai
incontrato una ragazza che somigliasse tanto a Buffy da quando è morta.-
-Probabile.-annuì.-E
poi Clay non ha molto del carattere di Buffy, a parte una bella determinazione
e una grande forza. È una solitaria, sta sempre per conto suo e rivolge la
parola a qualcuno di rado. A volte sembra quasi che somigli di più a te.-rise scuotendo
la testa.
-Non
è divertente, Spike.-lo riprese calmo.
-Sto
solo cercando di distrarti, sire.-precisò.-Anche se al momento, con questa
brutta situazione, distrarci è quello che meno ci serve.-
-Lo
so.-si alzò a sua volta.-Stasera hanno dato alle ragazze la serata libera, ci
andiamo noi a fare un giretto di pattuglia?-gli chiese ma Spike sapeva che il
suo sire ci sarebbe andato lo stesso, anche senza di lui, e quindi accettò.
Salirono
di sopra ma sentendo delle voci andarono nel salotto dove Clay ed Eric
parlavano allegramente sul divano.
-Ehi,
voi due siete a casa!-esclamò Clay con un sorriso notandoli. Un sorriso che ad
Angel ricordò molto Buffy, aveva la stessa luminosità.
-Il
bello addormentato è appena risorto dal suo sonnellino.-li informò Angel indicando
con il pollice il compagno che lo fulminò con lo sguardo.
-Beh
i vampiri di giusta regola dormono fino alla sera, sei tu quello strano che ti
sei svegliato col sole ancora alto e non ti sei più riaddormentato.-lo rimbeccò
piccato.
-Dawn
non me l’ha detto che eravate ancora a casa, e pensare che sono stata da sola
tutto il tempo. A saperlo vi avrei fatto compagnia.-rifletté.
-Fate
un giro di pattuglia?-chiese loro Eric notando che avevano alcune armi.
-Visto
che le ragazze si stanno godendo una serata libera ce ne occupiamo noi.-rispose
Angel.
-Allora
vengo anch’io!-saltò su Clay alzandosi di scatto già pronta.
-Ma
tu sei una cacciatrice e stasera le cacciatrici si stanno riposando.-tentò di
dissuaderla Spike.
-Non
ho niente di meglio da fare, lo sapete. Prometto che starò attenta.-cercò di
convincerli.
-Se
volete vengo anch’io così la tengo d’occhio.-si offrì Eric.
E
in fondo i due vampiri erano molto buoni così accettarono. Oltretutto era
meglio che li portassero con loro altrimenti non ci sarebbe stato nessuno a
calmare i loro continui battibecchi. O ad impedire ad Angel di uccidere Spike
se lo faceva arrabbiare troppo.
Per
un po’ pattugliarono il cimitero tranquillamente. Clay ed Eric erano avanti e
parlavano ridendo dandosi ogni tanto delle gomitate. Angel e Spike erano
indietro e finora non si erano scambiati una parola.
-Sicuro
che non ti stai innamorando di lei?-ruppe il silenzio Spike guardando il suo
sire scandalizzato al solo pensiero.
-Ma
sei matto?!-lo riprese.-Certo che no! Ho amato una sola cacciatrice, basta e
avanza!-
-Scusa!-fece
contrito.-Ma la guardi quasi come fossi geloso.-gli fece notare.
-Spike
è una ragazzina in confronto a me!-stavolta era lui quello scandalizzato.
-Anche
Buffy era una ragazzina quando vi siete messi insieme e tu duecento anni non li
dovevi più fare.-gli ricordò.
-Ti
ignoro perché questa discussione è senza senso.-chiuse il discorso.
-Speriamo
che sia così.-concordò il compagno.
-Angel!
Spike!-li chiamò Clay ed entrambi corsero da lei ed Eric.-Guardate l’erba. È schiacciata,
segno che è stata calpestata.-indicò per terra.
Angel
si chinò ed esaminò con più cura le orme, guardando in che direzione andavano.
-Ha
ragione, da qui ci è passato qualcuno.-si rialzò.-Ma sembrano le orme di una
sola persona, se è così siamo fortunati.-si incamminarono in quella direzione,
scoprendo poco più avanti tre vampiri. Due parevano avere già qualche annetto
mentre uno si vedeva che era un novellino.
Al
novellino ci pensò Clay, mentre Spike ed Angel si occupavano degli altri due.
Non erano molto forti quindi speravano che la cosa si risolvesse in breve.
Eric, dal canto suo, cercava di aiutare la sua amica come poteva ma non aveva
mai combattuto contro un vampiro e dopo il primo pugno finì ko accanto ad una
lapide.
Le
armi giacevano sparse sull’erba ed il novellino stava dando del filo da torcere
a Clay. Con un calcio la spedì a circa due metri di distanza e nel tempo che
lei si rialzò e fece per attaccarlo di nuovo prese una balestra e gliela puntò
contro.
Fu
Angel ad accorgersene e immobilizzato il braccio del suo avversario, lo impalò
velocemente e corse ad aiutare la ragazza.
-Clay!-urlò
gettandola a terra mentre la freccia veniva scoccata dalla balestra e gli si
conficcava appena sotto la scapola, per fortuna non prese l’osso.
Nel
medesimo istante, Eric cominciava a rinvenire e vedendo la scena raccattò la
balestra di Spike e la puntò contro il vampiro colpendolo alle spalle e
riducendolo in cenere. Pochi secondi dopo anche Spike si liberò del suo
avversario e corse ad aiutare Eric mentre Clay si occupava di Angel.
-Che
botta che mi ha dato!-si lamentò il giovane, quasi, medico portando una mano
alla testa.
-Domani
ti verrà un bel bernoccolo. Nel frattempo, spera che tua sorella non se la
prenda con noi decidendo di farci assaggiare la sua forza di cacciatrice.-lo
aiutò ad alzarsi passandosi un suo braccio intorno alle spalle. Insieme si
diressero dagli altri due.
-Ti
fa male?-chiese Clay preoccupata stando attenta a non toccare la spalla con la
freccia ancora conficcata. Era passata per metà ma aveva smesso di sanguinare.
-Abbastanza.-Angel
parlò a fatica portando una mano alla freccia per estrarla.
-Così,
a sangue freddo, ti farà un male assurdo.-lo bloccò Clay.
-Non
c’è altro modo, fidati. E poi io guarisco in fretta, domani si sarà già
rimarginata e sarò di nuovo in piedi.-la rassicurò e con uno scatto veloce si
tirò via la freccia sussultando per il dolore e gettandola di lato.
Clay
lo aiutò a rialzarsi e tutti e quattro uscirono dal cimitero dirigendosi verso
casa. Per quella sera la caccia era più che sufficiente.
Una
volta a casa di Dawn e Connor, Spike si premurò di curare il taglio sulla
fronte di Eric e di porgergli del ghiaccio per la botta alla testa, gli stava
pure spuntando un piccolo livido sulla guancia. Nel mentre, Clay fece sedere
Angel sul divano e dopo averlo aiutato a togliersi la maglietta gli stava
curando e fasciando la spalla.
Fu
in quel modo che Dawn e Connor li trovarono quando rientrarono a casa con
Madlen che dormiva tra le braccia del padre e Duncan che faceva lo stesso nella
carrozzina. I due sgranarono gli occhi per lo stupore e misero i bambini a
letto in fretta e furia per poi sapere cosa diavolo era successo. Alla fine del
racconto guardarono male i due grandi, e cioè Angel e Spike.
-Lo
conosco quello sguardo.-fece Angel alla coppia rimettendosi la maglietta dopo
le cure di Clay.
-Beh
se lo conosci puoi anche interpretarlo.-Connor incrociò le braccia al petto.
-Sono
voluti venire loro.-si difese il vampiro più anziano quasi in modo bambinesco.
-Glielo
dovevate impedire.-insistette Dawn.
-Non
è colpa loro, li abbiamo convinti noi a portarci.-entrò in loro difesa Clay.
-Non
li difendere, Clay.-la riprese Dawn.-Hanno diversi secoli a testa e sanno
ragionare benissimo, così come sanno cavarsela benissimo da soli senza l’aiuto
di una novella cacciatrice e di un ragazzo senza alcun potere.-
-Non
ci hanno costretto!-si arrabbiò la cacciatrice alzandosi indignata.-Siamo stati
noi a voler andare con loro, neanche volevano portarci. E non è solo loro la
colpa se abbiamo preso qualche cazzotto. La freccia era diretta a me, se Angel
non mi avesse gettato a terra mi avrebbe preso in pieno ed Eric ha solo un
bernoccolo in testa che guarirà in qualche giorno. Come posso affrontare un
demone potente capace di distruggere il mondo se mi faccio mettere sotto da un
vampiro appena risorto?-esclamò.
-Comunque
dovevamo insistere di più e farvi restare a casa.-concluse Angel alzandosi a
fatica.-Ora, se non vi dispiace, io chiuderei il discorso qui e vi inviterei ad
andare tutti a dormire. Spike accompagnerà Eric a casa mentre io vado a
riposarmi perché mi hanno appena tirato fuori una freccia dalla spalla.
Buonanotte.-e senza aspettare risposta andò via lasciandoli nel salotto.
-Andiamo
dottorino.-Spike aiutò Eric ad alzarsi e borbottato un “torno subito” uscì per
riaccompagnare il ragazzo a casa sperando che Kennedy non si arrabbiasse troppo
e non facesse gli stessi lividi a lui.
Gli
altri salirono di sopra senza chiudere la porta a chiave anche perché oltre a
Spike dovevano ancora tornare le altre ragazze. Ma sarebbe andato il vampiro
ossigenato a prenderle, lo aveva detto prima di uscire, anche se anche questo
sotto forma di borbottio.
Dawn
controllò Madlen prima di andare a dormire e passando per la camera di Clay
notò una luce soffusa ancora accesa dalla porta semi aperta. Sbirciò dentro,
una abat-jour era accesa sul comodino e la camera era vuota, oltre che per la
finestra aperta.
Entrò
chiamando piano Clay che si affacciò dalla finestra per rivelare la sua
presenza. Avendo scoperto che la tettoia era larga e sicura, ogni tanto si
sedeva lì fuori per pensare un po’. Invitò Dawn a raggiungerla e la sua amica
lo fece subito.
-Come
mai qui fuori? Fa freddo.-le disse passandosi le mani sulle braccia per scaldarle.
-Lo
so, ma mi piace qui, mi aiuta a pensare.-le rivelò guardando di fronte a sé.
-Anche
Buffy si sedeva qui fuori, ogni tanto. Ci rimaneva anche per due ore di fila,
in silenzio e assorta nei suoi pensieri.-sorrise.-E pensare che Buffy non era
una ragazza pensierosa, al contrario. Era sempre piena di vita, spensierata e
allegra.-
-Doveva
essere eccezionale.-sospirò.
-Lo
era.-annuì.
-Io
l’avrei schivata quella freccia.-disse all’improvviso.
-Cosa?-le
chiese perplessa non capendo a cosa si riferisse.
-Al
cimitero.-spiegò.-Quel vampiro che mi ha lanciato la freccia. Io l’avrei
schivata, l’avevo visto scagliarla ed ero preparata ma Angel si è messo in
mezzo gettandomi a terra e facendosi colpire. Non lo so perché l’ha fatto.-
-Neanche
io e Connor, ma Angel è fatto così. Probabilmente non saresti rimasta ferita ma
lui non ha voluto correre comunque il rischio. Deve per forza salvare tutto e
tutti.-si intristì.
-Perché
non è riuscito a salvare Buffy?-chiese ma era un’affermazione.-Willow mi ha
raccontato tutta la loro storia, alla fine stavo per mettermi a piangere.-
-È
una storia triste, lo so.-concordò.-Ma così piena d’amore. Come non ce ne sono
molte al mondo. Io amo moltissimo mio marito ma siamo entrambi d’accordo nel
pensare che non avremo mai un amore come quello di mia sorella con suo padre.-
-Ci
pensi se le fosse stata ancora viva?-la guardò con un sorriso.-Sua sorella e il
figlio del suo amore. Ragazzi che famiglia.-fece ridere la sua amica.
-Hai
ragione.-annuì.
-Sento
che c’è qualcosa con Angel. Quando si è lanciato su di me per proteggermi ho
sentito come una specie di legame, qualcosa di strano a cui non ho saputo dare
un nome.-rifletté seria.-Ed è una cosa che comunque mi fa paura. Da quando sono
diventata cacciatrice ho sempre il timore di scoprire cose che non saprò
affrontare. Spesso ho così paura, Dawn.-
-Ti
capisco.-le accarezzò i lunghi capelli lisci e biondi.-Adesso andiamo a
dormire, è stata una lunga serata e hai bisogno di riposo.-
Tornarono
dentro dove Clay si mise a letto continuando a pensare ad Angel. Sentiva che
c’era qualcosa, ma non voleva andare in fondo per paura di sapere cosa fosse.
Si
rivoltò con un sorriso e i suoi pensieri cambiarono. Angel si confuse con Eric
e Clay si trovò a pensare a quanto fosse caro e dolce con lei. Era proprio un
carissimo amico. Ma Clay non sapeva quale fosse la distinzione tra amicizia e
amore. Non ancora.
Nello
scantinato, Spike era da poco tornato con Gunn, Fred e le ragazze. Erano andati
tutti a dormire ma in quella stanza si stava consumando una piccola
conversazione tra i tre ragazzi.
-E
quindi il caro sire sente che c’è qualcosa, tipo un legame, tra lui e
Clay.-concluse Spike dopo che aveva raccontato tutta la storia a Gunn.
-Non
è che ti stai innamorando?-rifletté il giovane guardando il suo amico.
-Questa
è la cosa più assurda che abbia mai sentito!-scattò Angel indignato.-È solo una
ragazzina e non è di quel tipo di legame che parlo. È diverso.-spiegò.
-Secondo
me è matto.-dedusse Spike avvicinando l’indice alla tempia e rigirandolo come
per fare segno che gli era dato di volta il cervello.
-Non
lo so, ho constato che a questo mondo tutto è possibile.-sospirò Gunn
trattenendo a stento uno sbadiglio.-Ragazzi io sono sfinito e vado a
dormire.-li informò spogliandosi e mettendosi sotto le coperte. Augurò la
buonanotte e dopo poco dormiva.
Anche
i due vampiri si misero a letto ma mentre Spike dormiva, Angel era ancora
sveglio a pensare alle sue sensazioni.
Pensò
alla sua dolce Buffy, forse sentiva qualcosa con Clay perché quella ragazza
somigliava un po’ al suo amore perduto. Ma dopo parecchie ore di rimuginare
senza giungere ad una conclusione, il vampiro smise di pensare e si addormentò
senza sapere che spesso le sensazioni sono esatte. Ne che a pochi metri da lui
dormiva qualcuno che presto o tardi sarebbe divenuto importante per lui.
parte
14 - Aria di festa
Sunnydale
si trasformava per Natale. La tranquilla e solare cittadina diveniva allegra e
festosa, decorata con festoni, fiocchi rossi, agrifoglio e allegri babbi
natale.
Tempo
addietro, quando l’ultimo attacco del Primo aveva quasi risucchiato Sunnydale,
Willow avendo potenziato la sua magia aveva eseguito un piccolo incantesimo di
protezione sulla sua cittadina, anche se non era molto potente. La magia, però,
si potenziava parecchio durante le festività religiose come Natale e Pasqua. Da
all’incirca quattordici anni non c’erano più state lotte durante quelle feste.
Così,
dato che Natale era tranquillo tutte le cacciatrici sarebbero tornate a casa
per trascorrere le feste. Persino quelle di religione musulmana o le ragazze
dei paesi asiatici come Cina, Giappone, Indonesia ed altre sarebbero tornate ai
loro paesi per trascorrere quindici giorni con la loro famiglia.
Clay
odiava i saluti così aveva incaricato Dawn di dire alle sue compagne arrivederci
e il giorno della partenza aveva preferito aiutare Willow al negozio. Con le
feste di Natale persino i gadget mistici diventavano idee regalo ed anche il
negozio di magia veniva preso d’assalto per gli acquisti.
Willow
si avvicinò al bancone dove Clay aveva appena finito di fare uno scontrino.
Attese che ebbe finito di servire il cliente e appena si fu allontanato le
parlò.
-Pare
che ti piaccia.-constatò con un sorriso.-Se vuoi puoi venire più spesso.-le
suggerì.
-Beh
ultimamente la mia vita è molto più frenetica di una volta. Devo occuparmi di
Madlen e poi c’è la caccia e la ronda. A volte quasi mi dimentico di
mangiare.-sorrise chiudendo la cassa.
-Hai
mai pensato a cosa vuoi fare veramente nella vita, Clay?-le chiese seria.
-Veramente
no. Da piccola mi piaceva molto pattinare. Mi ricordo che ogni inverno la mia
assistente sociale insieme con chi si occupava dell’istituto dove vivevo ci
portavano alla pista di pattinaggio sulla statale diciassette. Io non volevo
mai uscire perché adoravo stare lì.-raccontò sorridente.
-Hai
mai pensato di provarci professionalmente?-continuò.
-No,
non avrei saputo come pagare le lezioni. Era già tanto che mi venissero pagare
le scuole e le cure mediche.-scosse la testa.
-E
oltre a pattinare non hai mai pensato a cosa vorresti fare?-alzò le spalle e la
vide pensarci un po’.
-Uhm…non
proprio. Mi piace molto disegnare e mi affascinava la psicologia ma non mi sono
mai permessa di sognare troppo. E adesso ho proprio smesso, ho capito che con
quello che sono diventata devo stare attenta perché potrei non arrivare a
domani.-sistemò alcuni prodotti che stavano posati li accanto.
-Anche
Buffy la pensava come te. Anzi lo ripeteva spesso.-sorrise al ricordo.-Era
molto passionale e solare ma aveva sempre quel pensiero fisso di non riuscire a
vedere la prossima alba che penso sia stata quella la forza che l’abbia fatta
essere cacciatrice per quattordici anni e combattere con tanta determinazione.-
-Ti
manca?-le chiese di slancio.
-Ogni
giorno.-sospirò.-Ma so che lei è in un bel posto e almeno questo mi
rincuora.-il campanello sulla porta d’entrata suonò ed entrambe guardarono il
nuovo cliente.-Vado io.-le sorrise e si avviò verso il nuovo venuto.
Clay
tornò al suo lavoro mentre Willow si occupava del nuovo cliente. Finì nel primo
pomeriggio e andò a fare un giro al centro commerciale, aveva reso noto a tutti
che avrebbe fatto il regalo per Natale solo a Madlen, Duncan e Gary. Erano i
più piccoli e naturalmente agli altri non importava come a loro ricevere un bel
regalo.
Tornò
a casa con tre grossi pacchi trovando Dawn e Connor che facevano l’albero
attorniati da Madlen che cercava a modo suo di aiutare e di Duncan nel
seggiolino che faceva dei piccoli versi, probabilmente di apprezzamento.
-Giusto
in tempo per riporli sotto l’albero.-esclamò Connor allegro alla volta della
ragazza.
-Sono
solo dei piccoli pensierini per i più piccoli.-precisò posandoli
momentaneamente sul tavolino.
-Hai
fatto benissimo, noi non abbiamo bisogno di regali.-sorrise Dawn prendendo
delle palline rosse e mettendole su diversi rami.-Dai, vieni a darci una
mano.-la invitò facendole segno di avvicinarsi.
Timidamente,
Clay si avvicinò finché Connor le mise in mano una pallina di vetro trasparente
con dei disegni blu. Lei non aveva mai fatto un albero di Natale e così ci mise
qualche secondo a posizionare la pallina su un ramo vuoto, stando attenta a che
non cadesse.
In
breve ci prese gusto e finì lei l’albero con Dawn mentre Connor giocava con
Madlen. Alla fine posizionarono sotto i regali e poi contemplarono la loro
opera.
-È
bellissimo.-disse Clay osservandolo con occhi emozionati.
-Hai
ragione.-concordò Dawn.
-Devo
ammettere che avete davvero fatto un ottimo lavoro.-le lodò Connor tenendo
Duncan in braccio. Il piccolo fece dei piccoli versi in segno di
apprezzamento.-Credo che anche lui sia d’accordo.-ipotizzò accarezzandogli la
testa.
-Dallo
a me, adesso. È ora della merendina.-lo prese dalle braccia del marito e si
diresse in cucina.
Connor
prese i pacchi posati sul tavolino e li posizionò sotto l’albero. Nel mentre
Clay lo osservava e Madlen giocava con alcuni giochi.
-Stanno
benissimo.-dedusse rialzandosi.-Presto ne metteremo altri, sarà un albero
stupendo.-sorrise.
-Hai
ragione. Vado un po’ in camera mia, adesso che le ragazze sono partite
finalmente me la potrò godere di nuovo un po’.-sorrise e salì di sopra
lasciando Connor ad occuparsi di Madlen.
Quello
stesso pomeriggio, Kennedy si fece accompagnare nelle compere dal suo adorato
fratellino minore. Insieme girarono per i centri commerciali e alla sera
tornarono a casa pieni di pacchi che posizionarono sotto l’albero appena
concluso da Willow.
-Hai
fatto un albero bellissimo, amore.-sorrise la cacciatrice baciando la moglie.
-Cosa
avete pensato di regalare di bello a Clay?-chiese di punto in bianco Eric.-No,
perché è l’ultimo regalo che mi è rimasto ma sono molto indeciso.-spiegò.
-Avevamo
visto un maglione d’angora in centro e l’ho ritirato oggi.-rispose Willow porgendogli
un bicchiere di vino rosso.-Ho preparato lo spezzatino, ti piace?-
-Molto.-annuì.-Uhm…io
non so che farle, è una ragazza solitaria e parla poco di se. Voi sapete cosa
le piace?-
-Non
esattamente.-rifletté Kennedy.-La conosciamo da un po’, ormai, ma nessuno sa
che libri legge, il suo colore preferito, che musica ascolta, se preferisce
l’oro o l’argento.-
-Io
oggi ho parlato due minuti con lei.-ricordò Willow.-Non è entrata nei dettagli
ma ha detto che le piaceva molto pattinare e disegnare.-
-Un
blocco da disegno non mi pare l’ideale come regalo.-ci pensò bene il giovane
medico.
-Hai
ragione.-concordò Willow.-Sai che c’è una pista di pattinaggio poco fuori
Sunnydale? È sulla statale diciassette.-lo informò ammiccando.
-Vuoi
andare a pattinare una di queste sere?-ipotizzò Kennedy stupita.
-Oh
no, io sono negata, non riesco neanche a stare in piedi.-sorrise e si diresse
in cucina per vedere a che punto era lo spezzatino.
Eric
pensò bene alle parole della cognata e in un primo momento rimase spiazzato,
poi fece mente locale anche sull’informazione che a Clay piaceva pattinare e
collegò le due cose recependo il messaggio che Willow aveva voluto dargli.
Sorrise e bevve un sorso di vino, era ottimo. E forse aveva anche trovato il
regalo di Natale per Clay.
La
mattina dopo uscì di buonora perché aveva delle commissioni da fare per la
scuola. In centro incontrò Clay che aveva appena accompagnato Madlen all’asilo.
-Ciao!-sorrise
la ragazza.
-Ehi,
cosa fai di bello?-le chiese.
-Ho
portato Madlen all’asilo. Menomale che tra poco cominciano le vacanze di
Natale, anche quella bimba ha bisogno di staccare un po’.-rispose allegra.
-Hai
già fatto colazione? No, perché io sono uscito di fretta e non ho mangiato ma
adesso ho una fame da lupi.-le propose.
-Volentieri,
nemmeno io ho mangiato.-accettò ed insieme si fermarono all’Espresso Pump.
Presero
del caffè, forte per Eric e macchiato per Clay, ed ordinarono dei croissant,
marmellata di lamponi per Eric e crema per Clay. Entrambi stavano bene in
compagnia dell’altro e spesso parlavano per molto tempo. Anche se Eric notava
sempre che Clay non si sbilanciava mai sulla sua vita personale e sul suo
passato.
-Allora,
hai già fatto i regali di Natale?-le chiese ad un certo punto.
-Si.-annuì
dopo un altro sorso di caffè.-Ma li ho presi solo per Gary, Madlen e Duncan.
Sono i più piccoli e, a parte Duncan che ha cinque mesi, penso che sono quelli
a cui interessa di più un regalo. Oltretutto non dispongo di grossa
disponibilità monetaria anche se Dawn e Connor mi pagano molto bene.-spiegò.
-Stai
cercando di mettere da parte i soldi?-ipotizzò.
-Un
po’ si. Credo che prima o poi mi piacerebbe riprendere a studiare.-rifletté.
-Che
cosa di bello?-mise in bocca l’ultimo pezzo di brioche e poi si pulì le mani
con un tovagliolo.
-Non
lo so, sono indecisa tra arte e psicologia.-
-Due
cose diametralmente opposte.-le fece notare.
-Lo
so. A me piaceva molto pattinare, da bambina sognavo di diventare
professionista ma non potevo pagarmi le lezioni e adesso sono un cresciuta.-
-Ti
va di venire a pattinare con me?-le chiese di colpo.-Sai io non so cosa
regalarti per Natale e Willow mi ha detto che c’è una pista poco fuori città.
Vorrei regalarti una serata con la tua grande passione da bambina.-
-Va
bene.-accettò.
-Passo
a prenderti alle otto, va bene?-le propose.
-Sarò
pronta per allora.-finì la colazione e si pulì le mani.-Adesso devo scappare,
ho promesso a Fred che l’avrei aiutata nella consultazione di alcuni testi che
parlano di Kramzee. Sarà Natale ma di studiare il nemico non si finisce mai.-lo
fece ridere e poi lo salutò scappando velocemente via.
Clay
non era mai stata ad un appuntamento, quindi per lei quell’uscita era speciale.
Eric le piaceva, si trovava bene in sua compagnia e quella sera l’avrebbe
portata a pattinare, una cosa che adorava. Arrivata a casa dopo aver passato la
mattina con Fred ne parlò a Dawn, la considerava come una sorella maggiore, che
le consigliò di essere naturale e come essere bella. Non che Clay non lo fosse.
Eric
arrivò puntuale alle otto portando via Clay dopo aver subito le scherzose
raccomandazioni di Connor che pareva un fratello maggiore la cui sorellina
andava al ballo. Nessuno si accorse del broncio di Angel dopo che la giovane
cacciatrice fu uscita. Nessuno, tranne Spike ovviamente.
-Già
di tuo sei un musone, adesso vedi di stare attento o il tuo broncio sfonderà il
muro!-lo riprese.
-Non
ho alcun broncio.-si difese alquanto debolmente ma con un forte orgoglio.
-Ah
smettila!-lo rimbeccò.-La ragazza ha diritto ad una serata di svago, questi
ultimi quattro mesi sono stati pesanti per lei, per non parlare del fatto che
non ne ha mai avuto una in vita sua. E tu sembri un padre geloso la cui unica
figlia femmina liceale esce con un universitario.-
-Ti
sbagli su tutta la linea. Io non sono geloso di Clay e, tanto per la cronaca, a
me piace Eric.-precisò.
-Cos’è,
dopo trecento anni ti stai stancando dei soliti gusti sessuali?-ammiccò con un
sorrisino.
-Non
sei divertente!-ringhiò.
-Angel
rilassati!-gli consigliò.-Il bel dottorino si prenderà cura della non indifesa
cacciatrice, passeranno una bella serata e a te domani sarà già passata.
Quest’ultima cosa la spero per me perché non ti sopporto più!-
-Sento
che c’è qualcosa con quella ragazza.-mormorò serio.-Me lo sento dentro.-
-Fidati
del tuo amico: è troppo giovane per te.-e senza attendere la risposta, salì al
piano di sopra per giocare con Madlen lasciando il suo compagno di scorribande
con la voglia di ammazzarlo e anche di urlargli che non era innamorato di Clay.
La
pista di pattinaggio era affollata di gente ma ad Eric pareva che solo Clay
splendesse lì. Da quando erano arrivati avevano cominciato a brillarle gli
occhi e il suo sorriso si era allargato. Era entrata in pista da già venti
minuti e ancora non si accingeva a prendersi una pausa.
Eric
era una frana sui pattini, così si limitava a guardarla dal tavolino che era
riuscito ad occupare. Spesso, Clay gli lanciava degli allegri saluti. Dopo un
po’, finalmente la ragazza si decise ad uscire e sedette accanto al suo
accompagnatore.
-Dovresti
fare un giro anche tu.-gli consigliò.
-Non
so stare neanche in equilibrio.-la informò facendola ridere.
-Guarda
che non sei l’unico.-gli fece notare indicando la pista dove c’erano un bel po’
di persone che spesso e volentieri cadevano.
-Magari
più tardi ci provo, promesso.-le concesse.-Vuoi una cioccolata calda?-
-Volentieri,
ho le mani gelate.-si tolse i guanti di lana e soffio nelle mani unite per
riscaldarle.
-Torno
subito.-e si diresse verso il bar.
Clay
lanciò uno sguardo alla pista dove famiglie, coppie di fidanzati e gruppi di
amici si divertivano. Adesso tutto le appariva diverso da quando era bambina.
Da piccola, andare a pattinare un volta l’anno le appariva come una via di fuga
dal mondo reale ma adesso era diverso. Era cresciuta, aveva degli amici, un
destino e una missione.
Eric
tornò mettendole la tazza fumante davanti al naso e con un sorriso le la prese
ringraziandolo. Passarono una buona mezzora a parlare del più e meno, si
trovavano proprio bene a farlo. Poi Clay manifestò la voglia di tornare in
pista ma non voleva lasciare da solo Eric così insistette a farlo entrare e
dopo un po’ ci riuscì constatando che aveva avuto proprio ragione: non sapeva
neanche stare in equilibrio.
Era
però divertente tenerlo per mano e cercare almeno di farlo stare in piedi
mentre lui ondeggiava e la supplicava di non lasciarlo andare. Ma lei lo fece
correndo avanti allegramente e poi tornando indietro. Eric muoveva le braccia
per mantenere l’equilibrio ma quando la vide tornare indietro l’unica cosa che
riuscì a fare fu allargarle di più per prenderla tra le braccia e tenerla
stretta. Per fortuna di tutti, non cadde, al contrario la abbracciò forte
finché lei lo guardò con un dolcissimo sorriso e gli occhi che brillavano più
di due stelle.
Lui
le accarezzò dolcemente il viso ricambiando quel dolcissimo sorriso. Poi si
chinò su di lei e le sfiorò le labbra con un bacio. Quando capì che non
l’avrebbe respinto la baciò sul serio ma con dolcezza. Il mondo attorno a loro
era magicamente sparito.
-È
così che si fa quindi.-furono le prime parole di Clay dopo il momento con voce
rauca.
-Così
che si fa cosa?-si stupì ma il suo sguardo adesso imbarazzato gli rivelò
tutto.-Era il tuo primo bacio.-affermò.
-Già.-annuì.
-Ti
ha fatto schifo?-si preoccupò.
-No.-scosse
la testa con un sorriso.-Solamente è stato…strano.-disse.-Ma bello.-si affrettò
a precisare.
-Bene,
mi fa piacere.-fece una pausa.-Clay, io sono molto contento di abbracciarti ma
se mi appoggio a te ancora un minuto ti faccio crollare al suolo, quindi è
meglio se mi accompagni a sedere.-la fece ridere e insieme si diressero al
tavolino precedentemente occupato ancora libero.
Trascorsero
una bella serata ed Eric riaccompagnò Clay a casa che era quasi mezzanotte. La portò
fin sulla porta salutandola con un bacio in fronte. Nessuno dei due si accorse
di Angel nascosto nell’oscurità di un albero in attesa di vederli tornare.
Non
si stava innamorando di lei, ne era perfettamente consapevole, ma ne era geloso
come se fosse stata sua figlia. Ormai sapeva di essere ripetitivo ma sentiva di
avere un legame con lei. Era solo questione di tempo prima di capire di cosa si
trattava.
Dal
canto suo, Clay si chiuse la porta della sua stanza alle spalle con un sospiro
beato. Come primo appuntamento era andata più che bene, aveva pure avuto non
uno ma bensì due baci. Si tolse la giacca posandola su una poltrona e si gettò
sul letto sorridendosi come una sciocca. Tirandosi a sedere afferrò da dentro
il comodino un diario dove cominciò ad annotare tutto quello che era successo
quella sera.
Mentre
scriveva lanciò uno sguardo sotto alla finestra dove giaceva il baule blu di
Buffy. Dawn glielo aveva consegnato dopo averle raccontato della sua morte. Le
aveva promesso che prima o poi lo avrebbe aperto per leggere i diari della
cacciatrice defunta ma ancora non si era sentita pronta per farlo. Sentiva come
se avesse profanato la sua memoria leggendo le sue cose più intime e personali.
Senza sapere che stava lì la verità.
parte
15 - Aria di festa
La
vigilia di Natale si riunirono tutti a casa di Dawn e Connor. Già nel
pomeriggio, Clay si mise ad aiutare Dawn nella preparazione della cena
natalizia raccontandole, nel mentre, com’era andato l’appuntamento della sera
precedente.
Connor
aveva portato fuori i bambini mentre Gunn era andato a Los Angeles dai suoi
genitori e Fred era partita quella mattina per passare almeno solo il Natale in
Texas dai suoi sperando che Illirya non si ribellasse alle festività decidendo
di venire fuori ma il demone e la donna avevano stabilito un patto e finora
nessuna delle due l’aveva rotto.
Clay
parlò molto volentieri con Dawn, non sapendo che il tutto arrivava alle
orecchie sensibili del vampiro castano, sveglio sul suo letto mentre Spike se
la ronfava di brutto nel suo.
Il
suo viso in quel momento era una maschera di gelosia allo stato puro. Sperò
solo che le due la smettessero presto di parlarne perché se Spike si fosse
svegliato e l’avesse visto con quella faccia avrebbe ripreso a punzecchiarlo e
lui non lo sopportava più.
Angel
non si era mai sbagliato nelle sue sensazioni. Si era scervellato fino
all’esaurimento su cosa potesse essere il legame che sentiva ma senza alcun
risultato, tranne quello di far straparlare Spike. Sbuffando si rigirò nel
letto e cercò di dormire un po’, riuscì a riposarsi per un paio d’ore prima che
fosse l’ora di alzarsi perché stavano cominciando ad arrivare gli altri.
Fu
una cena molto allegra e divertente, lui la osservò in tutto e per tutto. Tutti
ridevano, scherzavano…e avevano una luce comune negli occhi: se solo anche
Buffy fosse stata lì con loro.
Angel
era un tipo che parlava poco ma osservava molto. Tutti erano felici per via
delle feste e tristi perché c’erano persone amate che mancavano. Ma lui non
voleva rattristarsi con quei pensieri. Nella vita aveva imparato che non sempre
si poteva tornare indietro per migliorare le cose.
E
questa era una cosa che spesso si chiedeva. Era stato giusto tornare indietro?
Gli avevano detto che se fosse stato umano Buffy sarebbe morta. Beh era morta
lo stesso, e per ben due volte.
Ma
a che serviva recriminare se ormai era tutto già successo? Sospirò lievemente e
si concentrò sulla cena preparata da Dawn, anche se per lui non aveva un vero
sapore era comunque tutto buonissimo.
Dopo
cena si spostarono nel salotto ad attendere la mezzanotte, c’era una perfetta
atmosfera famigliare quasi magica. Allo scoccare della mezzanotte, dopo gli
auguri, cominciarono ad aprire i regali depositati sotto l’albero. Era talmente
pieno che Xander ironizzò dicendo che era meglio fare un albero di regali con
sotto l’albero decorato, ma nessuno gli diede retta.
Non
lo dava a dimostrare, ma quella più emozionata nello scartare i regali era
Clay. Non aveva mai avuto un Natale con quella che poteva essere lontanamente
una famiglia, non aveva mai avuto dei regali e adesso tutti quelli che lei non
giudicava più solo amici ma una famiglia le avevano fatto un regalo.
Willow
e Kennedy le regalarono un maglione di angora azzurro cielo aderente, caldo e a
collo alto che le incorniciava le curve giovanili e che accentuava il verde dei
suoi occhi.
Xander
ed Andrew le regalarono un cd di un gruppo che le piaceva. Tecnicamente era il
suo gruppo preferito, lei aveva solo detto la frase “Mi piacciono molto”
durante una discussione con i due sulla musica su cui non si era sbilanciata
molto a causa della timidezza ma i due l’avevano ricordato e conoscendola
avevano interpretato il suo “molto” come un “li adoro” e le avevano preso quel
cd.
Giles
non fu da meno. Un pomeriggio mentre parlavano di libri, l’osservatore aveva
scoperto che la giovane cacciatrice era un’appassionata lettrice, Clay aveva
detto che le piaceva molto Diane Gabaldon e il regalo di Giles si era poi
rivelato essere la raccolta completa, fin dove era stata pubblicata, della
serie incentrata su Claire Randall e sul suo amore James Fraser.
Faith
e Robin le presero un paio di orecchini e Dawn con Connor una catenina con un
ciondolo con un brillantino. L’emozione per lei era tale che tutti cercarono di
smorzarla perché a breve la ragazza avrebbe pianto per la contentezza.
Ma
il regalo che più le tolse il fiato fu quello di Angel. Tecnicamente era solo
un foglio di carta fatta a mano color avorio arrotolato come una pergamena e
legato da un nastro di seta rosso ma quando lo srotolò constatò che era un
ritratto, un suo ritratto fatto a carboncino.
Le
linee morbide, le sfumature e i giochi di ombre erano così perfetti che pareva
quasi una foto in bianco e nero. Lei era ripresa a mezzo busto con il volto
leggermente voltato di lato in un’espressione pensierosa ma serena, i capelli
erano mossi dal vento con una mano tra di essi, le labbra carnose appena
dischiuse e gli occhi appena socchiusi.
-Wow…è…bellissimo.-disse
emozionata. Non si era mai vista sotto quella luce e si chiedeva come avesse
fatto Angel a vederla in quel modo.
Piacque
a tutti il ritratto fatto dal vampiro e fu lo stesso Angel a notare che Dawn fu
l’unica a sbiancare quando lo vide e che trovò una scusa per andare in cucina.
Senza farsi notare la seguì e la trovò a piangere poggiata al lavello.
-Tutto
a posto, Dawn?-si preoccupò raggiungendola.
-Quel
ritratto…-balbettò.-Perché le somiglia così tanto?-pianse coprendosi il viso
con le mani.
-Non
riesco a spiegarmelo nemmeno io.-ammise.-Dawn cosa sai esattamente di questa ragazza?-le
chiese prendendola per le spalle.
-Quello
che mi ha raccontato lei. Non ha genitori, era in affidamento agli assistenti
sociali, ha vissuto in dieci famiglie diverse e che Clay non è il suo vero
nome.-spiegò asciugandosi gli occhi.
-Ma
non lo dice a nessuno, il suo nome.-precisò.-Che ne sappiamo noi di chi è
realmente.-
-Angel!-lo
riprese.-Clay è con noi da settembre ed è sempre stata meravigliosa. Madlen la
adora ed è una cacciatrice eccezionale.-
-Lo
so, hai ragione scusami.-fece contrito.-Io sento che c’è qualcosa sotto e lo
scoprirò. Adesso sistemati, non voglio che si accorgano che hai pianto.-le
sorrise.
-Mi
manca così tanto, Angel.-mormorò.
-Anche
a me.-e detto questo, a posto di tornare dagli altri andò fuori in giardino.
Dawn
attese qualche minuto e poi tornò nel salotto dove nessuno si accorse del suo
turbamento, a parte ovviamente Connor che conosceva molto bene sua moglie.
Una
volta che tutti furono andati via e dati appuntamento al giorno dopo per il
pranzo, Connor chiese a Dawn cosa era successo e lei gli spiegò tutto. Connor
cercò di consolarla ma se c’era una cosa che sapeva era che Buffy aveva contato
molto per Dawn soprattutto durante la sua adolescenza quando aveva perso Joyce
e sua sorella si era fatta in quattro per starle accanto.
Quella
notte la tenne stretta a sé mentre dormiva sentendo passarle il turbamento
durante il sonno. Non poteva far fronte a quel dolore ma almeno cercare di
attenuarlo un po’.
Il
giorno dopo la festa fu ancora più allegra grazie all’affetto di quel gruppo
unito, del meraviglioso pranzo preparato da Dawn e dalla torta con la crema
fatta da Willow.
Clay
non aveva mai vissuto un vero Natale e si stava divertendo da morire. Aveva
indossato il maglione regalatole da Willow e gli orecchini regalo di Faith, entrambi
le stavano benissimo. Dopo il dolce mentre tutti cominciavano a rilassarsi
colse l’occhiata di Eric che le indicava di andare fuori. Con una scusa,
entrambi lasciarono la tavola e si incontrarono sul retro.
-Ti
sta benissimo quel maglione.-le disse lui accarezzandole dolcemente un braccio.
-Mi
piace da morire.-confessò.-Questo è il primo Natale che posso chiamare tale. Mi
sento così felice.-rise allegra.
-E
si vede.-le diede un lieve bacio sulle labbra.-Ma non c’è proprio nessuno che
conosci a parte noi?-le chiese e lei improvvisamente spalancò gli occhi.
-Sarah!-esclamò.
-Chi
è Sarah?-si stupì.
-La
mia assistente sociale. Si è sempre presa cura di me, se avesse potuto mi
avrebbe adottato lei ma non le hanno mai accettato la domanda. Oh cielo, dall’ultima
volta che l’ho sentita sono passati quasi quattro mesi.-spiegò.
-Vai
pure a chiamarla, io torno dagli altri.-la incitò.
-Grazie.-lo
abbracciò e corse dentro.
Salì
in fretta in camera sua e si sedette sul letto afferrando il telefono. Compose
velocemente il numero e attese che qualcuno rispondesse dall’altra parte.
-Pronto?-rispose
una voce che ben conosceva.
-Sarah?
Sono Clay.-la informò.
-Clay!-esclamò
contenta.-Mio Dio sono passati mesi dall’ultima che ti ho sentito, stavo quasi
per preoccuparmi. Dove sei?-
-Sono
a Sunnydale.-rispose.
-Ancora?
Pensavo che volessi spostarti.-si stupì.
-Beh
sono cambiate molte cose. Ho trovato lavoro come babysitter e la famiglia mi ha
accolto in casa. Mi trovo molto bene, Sarah, mi sento come se avessi trovato la
mia famiglia. Loro sono speciali, hanno reso speciale me, mi hanno cambiato la
vita ed il destino. Ho degli amici e…anche una relazione sentimentale appena
cominciata.-le spiegò con un sorriso.
-Clay
tu mi stai rendendo la persona più felice del mondo. Ho così tanto sperato che
trovassi qualcuno che ti volesse bene.-la donna era emozionata quasi fino alle
lacrime.
-E
adesso ce l’ho. Dawn e Connor, la famiglia che mi ha accolto, sono fantastici,
mi trattano come una sorella minore e hanno due figli stupendi. La più grande,
Madlen che è la bimba di cui mi occupo, è dolcissima e mi adora.-sorrise.
-E
cosa mi dici della tua relazione?-continuò.
-Eric
sta facendo la specializzazione in oncologia infantile all’ospedale di Sunnydale
e mi piace molto. Pensa che mi ha portato a pattinare prima di Natale.-disse
brevemente.
-Ha
colpito nel punto giusto, ricordo che adoravi pattinare.-constatò.
-Si,
è stata una bella serata.-ricordò.
-Tesoro,
io sono molto felice per te, davvero. Adesso però devo salutarti perché ho
gente a pranzo, non far passare altri quattro mesi prima di chiamarmi, va
bene?-la pregò.
-Va
bene.-assentì.-A presto, Sarah.-
-Ciao
Clay.-e chiusero.
Clay
posò il telefono contenta per aver sentito l’unica persona che per anni aveva
tentato di farle da famiglia. Era molto affezionata a Sarah, le era stata
accanto nei momenti più difficili della sua vita. Mentre pensava a quanto bene
le aveva fatto la sua amica sentì bussare alla porta. Voltandosi vide Dawn sul
ciglio con un sorriso.
-Tutto
bene?-le chiese.-Willow ha portato in tavola la torta e sembra buonissima.-la
informò.
-Si,
ho solo chiamato la mia ex assistente sociale per gli auguri. Mi è sempre stata
molto vicina.-le spiegò.
-Sono
contenta e la prossima volta che la senti dille che può venire a trovarti
quando vuole.-
-Lo
farò.-annuì alzandosi.
-Senti,
di ad Eric, la prossima volta che vuole darti un bacio di non farlo sotto la
finestra.-la ammonì bonariamente.-Menomale che c’ero io se beccavate Xander non
oso immaginare le battutine.-
-Staremo
più attenti, promesso.-giurò alzando la mano e cominciando a scendere le scale
con lei.-Dawn, ti ho mai detto quanto sono felice con voi?-la fermò a metà
della scala.
-No,
ma non c’è bisogno. Io lo vedo dai tuoi occhi e sono molto contenta per te.-le
accarezzò dolcemente i capelli.
-Comunque
voglio che tu lo sappia, io mi sento come in famiglia qui.-le disse.
-Devi
sentirti così, ti vogliamo davvero bene. E adesso andiamo a gustarci la
torta.-le cinse le spalle con un braccio e raggiunsero la sala da pranzo dove
Willow aveva appena schiaffeggiato la mano di Xander perché aveva cercato di
allungarla sulla torta con gran divertimento di Spike.
C’era
un’atmosfera allegra e gioiosa e tutti se la stavano godendo appieno. Sapevano che
presto le feste sarebbero passate e avrebbero dovuto ricominciare a tenere la
guardia alzata in attesa del risveglio di Kramzee che minacciava di distruggere
la loro serenità a lungo, e molto spesso, ritrovata con difficoltà.
Ma
ci avrebbero pensato in seguito, era Natale e contava solo stare insieme ed
essere felici.
parte
16 - Si riprende
Dopo
un capodanno trascorso ancora in totale allegria e felicità, ben presto si
ricominciò da dove tutto si era interrotto: caccia, allenamenti e ricerche.
Pian
piano tutte le cacciatrici cominciarono a tornare, abbastanza serene e
riposate, pronte a riprendere la battaglia da dove si era interrotta. Gli
allenamenti ricominciarono a pieno ritmo con un Angel nelle vesti di allenatore
severo ma giusto.
Lo
stesso vampiro notò che le ragazze si allenavano con più impegno e meno fatica
giudicando una saggia decisione quella di mandarle tutte a casa durante le
feste. Quel breve periodo le aveva ritemprate e anche fatte riprendere dai
primi attacchi abbastanza feroci dei seguaci di Kramzee, dove già molte loro
compagne avevano perso la vita.
Angel
immise pure una nuova regola: quella di non far uscire tutte le ragazze ogni
sera. Ogni pomeriggio, al tramonto, dopo gli allenamenti, sceglieva venti
ragazze, le divideva in quattro gruppi da cinque e sotto la guida sua, di
Spike, Faith e Kennedy uscivano per la pattuglia. Diceva che sarebbe stato un
modo per disorientare il nemico e anche contenere le perdite in caso di
attacchi.
E
fu durante una di quelle sere che Eric, di doppio turno all’ospedale, riuscì a
passare qualche ora in compagnia di Clay senza che nessuno li disturbasse o
sospettasse di loro. Anche se aveva notato che Willow li guardava in modo
strano e sapeva che Dawn era a conoscenza di loro, perché glielo aveva detto
Clay.
Era
una limpida sera di fine gennaio con le stelle che brillavano alte nel cielo
scuro di Sunnydale. Lui era in pausa e in teoria avrebbe dovuto dormire, ma in
realtà stava sul tetto dell’ospedale insieme con Clay. La ragazza aveva portato
delle coperte e si erano stesi su una, coprendosi con delle altre, a guardare
le stelle.
-Eric?-lo
chiamò lei alla fine di una delle loro interminabili discussioni.
-Dimmi.-la
incitò.
-Ma
tu sai distinguere le stelle?-gli chiese alzando il viso dal suo petto per guardarlo
in faccia.
-Oh
certo che no.-ammise come se fosse la cosa più naturale del mondo.-Ma mi piace
guardarle. Soprattutto d’estate quando il cielo è più limpido. In genere scovo
sempre un posto isolato e con poca luce dove si vedono bene, così posso andarci
per San Lorenzo. Se si trova il posto giusto e le condizioni sono ottime le
stelle che cadono sono un vero spettacolo.-sorrise.
-Wow.-mormorò.-Non
ti pensavo così profondo. In effetti non ho mai pensato bene alle stelle. Forse
perché il mio unico pensiero è sempre stato il mio abbandono.-
-Perché
non l’hai mai cercata?-le chiese a bruciapelo.
-Chi?-si
stupì.
-Tua
madre. Magari non ci fai caso ma parli, o accenni, molto spesso a lei. Ti
chiedi se le somigli, se hai il suo carattere. Tempo fa mi hai pure detto di
esserti chiesta se il nome che ti ha dato significava qualcosa per lei.-fece
una pausa.-Mi stupisco del perché tu non l’abbia mai cercata.-
Clay
si tirò a sedere fissando adesso il cemento ormai sporco della terrazza. Sapeva
che Eric aveva ragione, pensava tutti i giorni a lei. Sua madre. Ma non aveva
mai avuto il coraggio di cercarla.
-Mi
è sempre mancato il coraggio.-ammise.-Volevo provarci ma poi pensavo che se lei
mi ha lasciato doveva esserci un motivo, magari perché non mi voleva allora. E
se non mi voleva quando sono nata perché avrebbe dovuto volermi da cresciuta? E
immaginavo di bussare alla sua porta ma quando lei la apriva mi diceva che non
mi aveva mai voluto, e se così fosse davvero stato il mondo mi sarebbe crollato
addosso.-
-Se
vuoi un aiuto, o un sostegno morale, io ti aiuterò. Se vuoi cercarla, possiamo
farlo insieme. Potremmo cominciare dal ninnolo che ti ha lasciato. Io non ho
mai visto un anello simile quindi dev’essere molto raro, magari unico. Potremmo
fare una ricerca su internet per vedere che tipo di anello è e poi procedere a
cercare i negozi che lo rivendono o gli artigiani che lo fanno.-le propose ma
lei scosse lentamente la testa.
-No.-mormorò.-Adesso
non me la sento, mi sento ancora troppo piccola per subire il dolore di un suo
rifiuto.-
-Magari
potrebbe accoglierti a braccia aperte.-alzò le spalle.
-Più
avanti ci penserò, promesso.-gli assicurò sorridendogli.
-Meritiamo
tutti qualcuno vicino. Adesso tu hai me ma meriti anche qualcuno con un legame
di sangue. E se lei dovesse comunque rifiutarti rimarrei sempre io con te.-le
accarezzò il viso con una mano poi si chinò a baciarla dolcemente.
-Grazie
Eric.-mormorò lei con un sorriso.
Lui
aprì la bocca per rispondere ma il suo cercapersone cominciò a suonare
insistentemente interrompendo la magia di quella splendida serata limpida. Lui
lo prese bloccando il suono e vedendo chi lo chiamava.
-Un’emergenza,
una bambina con tumore allo stomaco in stadio avanzato. Devo andare.-si alzò
velocemente e lei fece lo stesso.
-Va
pure, io raccatto tutto e vado a dormire. Angel ci ha promesso per domani una
bella giornata di allenamento e probabilmente sarà il mio turno di uscita.-lo
incitò prendendo una delle coperte e cominciando a piegarla.
-Va
bene, a domani.-la baciò velocemente e corse via.
Clay
raccolse tutto e poi scese giù. Sunnydale era deserta dato che erano le tre di
notte e lei era all’erta per qualsiasi cosa poteva succedere, ma il suo
tragitto fino a casa fu tranquillo probabilmente perché c’erano le sue compagne
a vigilare sulla tranquillità della cittadina.
Il
giorno dopo la giornata iniziò in modo frenetico. Clay si alzò presto per fare
il suo solito giro di jogging, al ritorno fece rapidamente la doccia, si vesti,
svegliò Madlen, la accompagnò all’asilo e poi aiutò Dawn nelle faccende. Il
momento in cui la donna doveva tornare al lavoro lasciando a lei anche Duncan
si avvicinava rapidamente e ancora non sapevano come giostrarsi perché gli
allenamenti si stavano intensificando in vista di una possibile lotta con
Kramzee in persona. Ma era probabile che Dawn avrebbe chiesto qualche mese di
maternità in più o addirittura fare in modo che il piccolo venisse accettato
alla nursery dell’azienda, era ancora tutto da stabilire.
Persino
l’apertura della filiale di Sunnydale della Wolfram&Hart stava subendo
forti ritardi a causa dell’imminente arrivo di Kramzee così che Connor si
ritrovò a fare più spesso giù tra la cittadina e Los Angeles per discutere le
pratiche con i soci superiori dello studio.
Willow
e Giles non facevano altro che cercare e studiare su Kramzee. Di loro calcoli,
altamente ipotetici, avevano previsto il suo risveglio tra la primavera e
l’estate. Ma non c’era niente di sicuro e i due continuavano le ricerche con
l’aiuto di Xander, Andrew e Robin mentre Angel, Faith, Kennedy e Spike
allenavano le cacciatrici.
L’allenamento
quel giorno fu parecchio stressante. Angel le lasciò in pace solo durante la
pausa pranzo e prima del tramonto, in modo che non fossero troppo stanche per
la ronda notturna.
Come
Clay aveva previsto, Angel la scelse per la caccia e la tenne nel suo gruppo.
Loro si occuparono della zona intorno e dentro i boschi. Per diverso tempo non
videro nessuno così Angel decise di fermarsi rimanendo comunque appostati.
Vedendola sola, il vampiro si avvicinò a lei.
-Come
mai tu non sei tornata a casa per le feste?-le chiese sedendole accanto su di
un masso.
-Evidentemente
sei l’unico a non sapere che non ho famiglia.-gli rispose con un sorriso.
-Tutti
abbiamo una famiglia.-precisò.
-Non
io, sono stata cresciuta dagli assistenti sociali. Quando sono nata mia madre
ha messo firma ed è andata via dall’ospedale senza di me.-gli spiegò.
-Mi
dispiace tanto.-le disse triste per lei. In realtà sapeva che era un’orfana
perché Connor e Dawn gli avevano raccontato la sua storia ma ormai si era
intestardito che quella ragazza doveva avere un qualche tipo di legame e voleva
andare più a fondo.
-Non
preoccuparti.-alzò le spalle.-Mi ha evitato coprifuoco, liti con i genitori, un
padre geloso e cose del genere.-sorrise.
-Non
mentire, Clay. Io ti conoscerò appena ma so leggere benissimo dentro una
persona. I tuoi occhi sono tristi e bramano un conforto materno. Si vede che
hai sognato mille volte di addormentarti mentre ti veniva letta la favola della
buonanotte, di ricevere un bacio prima di varcare la soglia dell’asilo, di dire
a tua madre della tua prima cotta o del tuo primo ciclo, o semplicemente di
ricevere un abbraccio.-aveva colpito nel segno, difatti Clay aveva abbassato la
testa e l’aveva voltata di lato per nascondere gli occhi che erano diventati
lucidi di lacrime.
-Sono
così evidente?-mormorò.
-Non
devi piangere.-le disse girandole piano il viso e asciugandole la prima lacrima
che era scesa giù.-Non è ancora tutto perduto. Forse un giorno tu avrai queste
cose, o anche se non sarà così le saprai dare raddoppiate ai tuoi figli. Io ho
due secoli e mezzo più di te e potrei venirti avo ma se hai bisogno del
conforto di un padre puoi sempre chiamarmi.-le propose.
-Grazie
Angel.-si asciugò furtivamente gli occhi.-Anche se adesso ho trovato ciò che di
più simile è una famiglia.-abbozzò un sorriso.
-Dawn
e Connor?-ipotizzò e lei annuì.-Dawn è una donna straordinaria e molto forte,
ha preso da sua sorella. Ha perso la madre a quattordici anni e Buffy è stata
la sua sola ancora di salvezza, poi è morta per la seconda volta ed è tornata,
poi è morta di nuovo sette anni fa. È cresciuta non facendosi indebolire dal
dolore e imparando ad essere coraggiosa e a vivere da lei. A volte non so dire
se sia meglio o peggio il fatto che non le somigli.-
-Non
tiene neanche una sua foto in giro. C’è quella di sua madre, ma non ho mai
visto una foto di Buffy in giro.-riflettè.
-Forse
è meglio così.-la cacciatrice stava per ribattere quando una ragazza li chiamò.
Scattarono
all’erta e andarono a vedere che succedeva, c’era un gruppetto di vampiri che
aveva rapito una povera coppia. Angel impartì velocemente gli ordini poi si
lanciarono all’attacco. Fu una lotta abbastanza semplice anche se ci furono dei
feriti.
I
vampiri erano in cinque e li sgominarono rapidamente salvando la coppia
terrorizzata. Il resto della ronda proseguì tranquillamente e quando si misero
a letto erano comunque tutte sfinite.
Fu
Clay quella che faticò ad addormentarsi perché rimuginò su come Angel avesse imparato
a conoscerla così bene. Aveva azzeccato tutto quello che aveva detto su di lei
e aveva apprezzato la sua proposta di considerarlo come un padre.
Ma
evitò di pensarci. La lotta con Kramzee si avvicinava sempre di più e adesso
che la routine era ripresa doveva proseguire a pieno ritmo senza distrazioni.
Avevano già avuto perdite e sconfitte ma alla battaglia finale avrebbero vinto
loro.
Clay
non immaginava che presto, per lei, sarebbero arrivate battaglie ben diverse.
Parte
17 – Ferite vecchie e nuove
-Clay,
posso parlarti?-Dawn si affacciò sulla porta della camera della ragazza che la
guardò con aria interrogativa mentre finiva di prepararsi per andare agli
allenamenti.
-Va
bene.-assentì e la donna entrò.-C’è qualcosa che non va?-si preoccupò.
-No,
va tutto bene.-la rassicurò.-Ho parlato con il mio datore e purtroppo non può
concedermi altro tempo per la maternità. Al massimo entro due settimane dovrò
tornare al lavoro e Duncan è ancora troppo piccolo per essere iscritto al nido
anche solo dell’azienda. So che tu devi occuparti di Madlen e che ci sono gli
allenamenti ma non so come fare.-le spiegò.
-Capisco.
In effetti è un bel problema.-concordò.-Non voglio portare il bambino agli
allenamenti, con tutto quel fracasso si sveglierebbe di sicuro e non starebbe
buono ma non posso saltarli.-riflettè.
-Lo
so. Avrò tanto lavoro da recuperare e questo vuol dire che spesso farò
tardi.-disse.
-Per
la sera non devi preoccuparti, non sarò sempre di ronda.-la rassicurò.-E per il
giorno potrei provare a diminuire un po’ gli orari. Proverò a parlare con
Angel, sono sicura che mi verrà incontro.-sorrise.
-Hai
stretto un ottimo legame con lui.-notò.
-Si.
Una sera abbiamo parlato e ho scoperto che sa conoscere bene le persone anche
solo dallo sguardo. Comunque per me è come una specie di padre, o almeno è lui
che me l’ha proposto.-si alzò finendo di sistemarsi.-Adesso devo scappare,
prometto che al mio ritorno troveremo una soluzione.-le assicurò e uscì via di
corsa.
Quel
giorno l’allenamento si svolse in maniera un po’ diversa dal solito. Di solito,
Angel le allenava fisicamente e ogni tanto Giles e Willow impartivano loro un
po’ di teoria e lezioni di demonologia ma si resero conto che finora le ragazze
avevano affrontato solo vampiri quando in realtà alla resa dei conti avrebbero
dovuto affrontare un potente demone.
Così
a Fred era venuta un’idea, e quel giorno le ragazze si trovarono a fare lezione
con Illirya in persona. Inutile dire che quando la videro scattarono tutti all’erta
ma Angel le tranquillizzò dicendo che ormai Illirya combatteva per il bene e
che lei divideva il corpo con Fred, quindi potevano stare tutte tranquille.
-Finora
non sono mai venuta agli allenamenti.-esordì la demone facendo avanti e
indietro di fronte alle ragazze sedute sul pavimento ad ascoltarla.-Anche
perché le ricerche sul vostro nemico ha impegnato Fred. Beh voi fino ad adesso
vi siete allenate molto, avete cacciato e affrontato vampiri. E qui si spiega
la mia presenza. Vampiri. I vampiri sono forti ma mai quanto i demoni, ed è
questo che avrete davanti quando arriverà la battaglia finale: un demone.
Kramzee. Il terrore assoluto. Lui arriva, distrugge e va via. E ricomincia da
un’altra parte. Se avesse la possibilità di arrivare sulla Terra sappiate che
non passeranno più di ventiquattro ore prima che questo pianeta sia solo un
ricordo astratto. Quindi oggi voi non vi allenerete come tutti gli altri giorni
ma affronterete un combattimento con me. Prometto che cercherò di non spezzarvi
le ossa.-scherzò facendole ridere e alleviando così un po’ la tensione che
sentiva sulle ragazze.
Tutte
si alzarono al suo cenno e rimasero immobili mentre la demone le scrutava con i
suoi occhi di quel blu surreale come l’effetto di una lente a contatto
colorata. Tutte in lei vedevano il volto di Fred e a tutte quella
trasformazione faceva comunque paura, perché Illirya incuteva paura.
Il
volto anche se dalla forme umane pareva una maschera di carnevale estremamente
reale con la radice dei capelli e metà della fronte blu che poi sfumava nel
verde fino al colore semi naturale della pelle, come una donna che si era messa
troppo fondotinta e si notava, gli occhi blu intenso e le labbra di un blu che
dava sul grigio piombo. Il corpo era ricoperto da quella che poteva sembrare un
costume ma che in realtà era la vera pelle di Illirya. Le ragazze rimasero
immobili davanti a lei finché non indicò una di loro.
-Tu!-la
chiamò e la ragazza dalle chiare fattezze orientali si avvicinò.-Come ti
chiami?-le chiese.
-Kai
Yin.-rispose.
-Di
dove sei?-continuò.
-Shangai.-continuò
con il mento alto e la chiara fierezza cinese.
-Kramzee
non ti farà tutte queste domande.-le diede un pugno nello stomaco che la fece
cadere a terra.-Farà direttamente così appena ti vedrà.-precisò mentre tutti in
sala trattenevano il respiro per la tensione.
-Illirya.-la
riprese Angel avanzando di un passo.
-Non
le ho fatto male, era finto. Non le verrà neanche il livido.-aiutò la ragazza a
rialzarsi e le scoprì lo stomaco facendo notare a tutti che non c’era il segno
di un colpo.-Come stai?-le chiese.
-È
strano, sembrava vero ma in realtà era finto.-spiegò.
-Ragazze
noi oggi simuleremo un combattimento ma a parte la stanchezza fisica che
sentirete dopo vi avverto che non vi colpirò davvero anche se sembrerà così, è
solo impressione. Vi consento l’uso di qualsiasi arma e dovrete far finta che
io sia davvero un vostro nemico.-diede il via e le ragazze si prepararono a
combattere.
All’inizio
fu un modesto gruppetto di tre a farsi avanti attaccando Illirya ma ben presto
la demone si trovò a far fronte anche a quindici ragazze. Ma constatò che
nonostante gli sforzi di Angel e Faith erano poco preparate. Anche in quindici
non riuscivano a tenerle testa e le mise tutte ko in poco tempo. Tutte…tranne
una.
Fu
quando si trovò faccia a faccia con Clay che si trovò in svantaggio. La ragazza
aveva una concentrazione di ferro e una forza straordinaria. Si trovò a
schivare i suoi colpi e anche a temerli perché erano davvero potenti. Pareva
che tutto intorno a lei fosse sparito e che esistesse solo il suo nemico, che
in quel momento era proprio Illirya.
La
giovane cacciatrice la sorprese con un calcio sullo stomaco facendola piegare
in due e approfittandone per colpirla sulla schiena e farla cadere a faccia in
giù. Le fece perdere l’equilibrio colpendole le gambe e quando la stese supina
le si lanciò addosso ma Clay fu furba e prendendola dal collo la fece volare
sopra di sé mettendole un piede sullo stomaco. Facendo attenzione a che non
riuscisse a rialzarsi, riacquistò velocemente l’equilibrio e con un calcio allo
stomaco le fece mancare il respiro. A quel punto, Illirya dichiarò la fine.
Faith
accompagnò Clay a riposarsi e bere qualcosa mentre Angel aiutò la sua amica ad
alzarsi. Illirya pareva davvero stremata e attese pazientemente che si
riprendesse.
-Vuoi
davvero la brutale verità?-gli chiese la demone ancora con il fiatone.
-Ho
già tirato le mie conclusioni ma dimmi pure.-la esortò incrociando le braccia
al petto.
-Sono
già tutte morte.-disse schietta vedendolo scuotere la testa rassegnato.-Tranne
Clay. Quella ragazza ha la forza di tutte quelle cacciatrici messe insieme. Se
qualcuno per un qualche miracolo riuscisse ad avere la meglio su Kramzee, sarà
lei. Per le altre…-sospirò.-…non so che dire.-
-Sto
facendo tutto il possibile.-disse.
-Lo
so, ma evidentemente dovremo fare di più. Angel lasciamele allenare tutte i
giorni, sono più forte di te e si stanno cullando nel fatto che affrontano
vampiri che riescono a battere.-spiegò.
-Va
bene, ti farò simulare con loro un combattimento di due ore ogni giorno mentre
io e Spike continuiamo con le armi e Faith e Kennedy si occuperanno della
lotta.-decise.
-Se
vogliamo sopravvivere, dovranno essere tutte preparate al duecento percento e
non lo sono.-disse e il vampiro annuì.
-Hai
ragione. Intensificheremo tutto ma non toccherò i gruppi di caccia, vanno bene
come li ho sistemati e così le mantengo anche in forza.-precisò.
-Fai
bene.-ebbe un brivido e si ritrasformò in Fred.-Vuoi che stasera le chieda di
accompagnarvi?-gli propose alludendo alla sua metà demone.
-Va
bene, si unirà al gruppo di Kennedy.-assentì e richiamò le ragazze per
riprendere l’allenamento.
Quella
sera Clay fu di nuovo di ronda e, come al solito, Angel la tenne nel suo
gruppo. Ormai i due avevano un rapporto simile a quello di un padre con la
figlia. Clay si trovava bene con lui e aveva scoperto che era facile parlare
con lui, gli aveva persino detto di Eric e il vampiro le aveva risposto che
l’unica cosa importante era che lei fosse felice. E Clay lo era.
Ma
quella sera la felicità della ragazza era destinata a subire un’incrinatura. A
loro era stata assegnata la zona circostante il Bronze perché era nella parte
più malfamata della città e quindi territorio ideale per vampiri che nonostante
la brutta reputazione di quella zona era sempre piena di giovani che volevano
divertirsi e passare una sera di svago.
Lei
ed Angel stavano passando come se niente fosse davanti ad un gruppo di ragazzi,
ovviamente umani, che ridevano e scherzavano quando uno di loro li notò e dopo
aver aggrottato la fronte perplesso si staccò dal gruppo perché aveva capito di
conoscere uno dei due che quindi fermò.
-Clay
StJules!-esclamò facendoli voltare.
La
ragazza rimase perplessa per qualche secondo cercando di associare il volto di
quel ragazzo di sicuro suo coetaneo a qualche ricordo del suo passato. Un
secondo dopo sgranò gli occhi sconvolta perché quel ragazzo faceva parte del
suo passato…e di una delle sue ferite più profonde.
-Mark.-disse
titubante e timida.
-Proprio
io.-sorrise allargando le braccia.-Come te la passi?-le chiese.
-Molto
bene, grazie. Tu?-ricambiò a disagio deglutendo.
-Benissimo.
Come mai da queste parti?-si stupì perché se bene ricordava il comportamento di
quella sua ex compagna di scuola non era tipo da divertimento, ne da una che
frequentava le zone peggiori.
-Facevamo
un giro.-disse indicando anche Angel.
-E
questo chi è?-si stupì.
-Angel,
un suo amico.-gli strinse la mano con riluttanza, il diretto interessato,
perché aveva visto il cambiamento di Clay e si stava preoccupando.
-Adesso
hai degli amici?-si trattenne dal ridere il ragazzo.-Questa è buona, perché se
ben ricordo tu eri sempre per i fatti tuoi e la parola amico ti era del tutto
estranea.-rifletté.
-Si…beh…adesso
le cose sono cambiate.-balbettò la cacciatrice.
-Lo
vedo.-squadrò Angel ma poi tornò a guardarla.-Si, lo ricordo benissimo. Per
colpa tua, piccola orfanella, i miei mi hanno mandato in un collegio e ci sono
rimasto fino al diploma.-il suo tono adesso era diventato serio e anche un po’
cattivo.
-Non
fu colpa mia.-tentò di giustificarsi.
-Ah
no? Beh chi si mise a piangere e strillare come una martire solo per uno
strattone?-le ricordò.
-Mi
hai quasi rotto un braccio, ho dovuto tenerlo immobilizzato per due
settimane.-precisò.
-Oh
povera piccola!-fece sarcastico.-Beh non importò a nessuno di quell’accaduto
perché nessuno si interessa dei piccoli vermi solitari come te. Neanche a tua
madre è mai importato di te visto che ti ha abbandonata all’ospedale appena
nata, evidentemente fin dalla nascita sapeva che non ti avrebbe mai potuta
sopportare.-
Alla
ragazza diventarono gli occhi lucidi e una lacrima solitaria scivolò giù per
una guancia mentre le vecchie ferite si riaprivano più profonde e sanguinanti
di un tempo. Non si erano mai cicatrizzate, avevano solo formato una sottile
crosta che dopo anni di resistenza si era spaccata rivelando quanto ancora
fossero doloranti.
-Non
piangere, perché tanto non me ne frega niente di quella tua aria da cagnolino
abbandonato ai bordi della strada.-le si avvicinò fino a quasi sfiorarla.-Io i
cagnolini ai bordi della strada li schiaccio con la macchina e poi ci ripasso
sopra.-
Quella
fu la goccia che fece traboccare il vaso. Clay scoppiò in singhiozzi e corse
via lasciandolo a sghignazzare soddisfatto di aver raggiunto la sua vendetta.
Angel la chiamò ma fu tutto invano perché lei non si fermò ne voltò.
Così
il vampiro tirò un destro dritto sul naso di Mark, ex compagno delle scuole
medie di Clay, e poi gli diede anche un calcio che lo fece volare a terra.
Senza neanche curarsi degli amici che lo raggiungevano corse via per cercare di
raggiungere la sua amica.
Clay
corse con tutta la velocità che possedeva mentre i singhiozzi le squarciavano
il petto e le lacrime le bruciavano gli occhi. Neanche si accorse di dove
andava finché non sentì un urlo e riacquistata per un attimo la lucidità corse
in quella direzione trovando quattro vampiri che banchettavano con una giovane
ragazza.
-Lasciatela
andare!!-urlò spintonandone uno in modo che si distraessero dalla preda. Erano
in quattro e anche se lei era sconvolta avrebbe potuto farcela.
La
tattica funzionò perché i vampiri mollarono la ragazza che spaventata e ferita
corse via il più lontano possibile. Clay si trovò accerchiata dai quattro che
già pregustavano botte e del sangue più dolce di quello della preda sfuggita.
Il
primo le si lanciò contro e lei lo schivò appena in tempo perché quasi non lo
vide arrivare tanto gli occhi erano appannati dalle lacrime. E sentì anche il
suo corpo improvvisamente fiacco e pesante. Si asciugò velocemente gli occhi ma
quella sensazione rimase tanto che si sentì presa alla sprovvista quando sentì
arrivare un potente pugno allo stomaco che le fece mancare del tutto il respiro
e piegare in due.
Un
altro pugno la colpì sulla schiena e lei cadde a faccia in giù per terra, fece
per rialzarsi ma un calcio allo stomaco la fece rivoltare sulla schiena. Fece
comunque in tempo a rialzarsi ma subito fu di nuovo attaccata da calci e pugni.
Non riusciva neanche a contrattaccare, non ce la faceva.
Uno
dei vampiri la prese per la gola e la attaccò al muro, vide che un altro tirare
fuori dalla tasca un coltello e sgranò gli occhi per la paura. Era proprio vero
che era un povero cagnolino abbandonato di cui nessuno si prendeva cura.
E
quasi non vide arrivare il coltello, ma sentì indistintamente la lama
penetrarle lo stomaco appena sotto lo sterno, avevano saputo bene dove
colpirla. Sarebbe morta a breve. Ma non sarebbe stata la cosa peggiore perché
gli altri tre vampiri si avventarono sulla sua gola e sentì il rumore della pelle
che si spaccava e il sangue che veniva succhiato con violenza.
Lacrime
solitarie ripresero a scenderle giù per le guance e si stupì come in punto di
morte poteva ancora avere la forza per piangere…e sentirsi sempre la stessa
orfanella senza passato, famiglia e futuro che si era sempre sentita.
Il
vampiro armato annusò il coltello poi diede una piccola leccata al sangue
assaporandolo bene.
-Sangue
di cacciatrice. Ragazzi stasera è la nostra sera fortunata.-disse con un diabolico
sorriso e si avvicinò anche lui alla preda ma non ci arrivò perché qualcuno gli
giunse alle spalle e gli spezzò il collo riducendolo in cenere.
Clay
vide in modo sfocato chi aveva ucciso il suo nemico e cercò di piegare le
labbra in un lieve sorriso, ma non seppe se ci riuscì perché perse i sensi.
Angel
aveva corso come un forsennato per raggiungerla, annusando il suo dolore. Era
così che l’aveva trovata con la chiara sensazione che le stesse succedendo
qualcosa di tremendo. Poi l’aveva vista inchiodata ad un muro con tre vampiri
attaccati al suo collo ed un quarto che si stava avvicinando e non ci aveva più
visto.
In
meno di un millesimo di secondo si era lanciato sul vampiro uccidendolo e
adesso ne aveva allontanati due insieme prendendoli dal colletto e lanciandoli
sul muro alle sue spalle. Il quarto si voltò stupito per l’interruzione
mollando la preda che cadde accasciata a terra.
Senza
che vedesse neanche bene il volto di Angel si trovò un paletto nel cuore e la
sua non esistenza finì in cenere sparsa nell’aria. Gli altri due vampiri si
rialzarono ma Angel fu subito su di loro con il loro stesso volto e l’anima
momentaneamente sepolta senza che neanche lui sapesse dove mentre Angelus,
rapidamente, spezzava loro tutte le ossa e poi li riduceva in cenere.
Velocemente,
mentre ritrovava l’anima e riacquistava sembianze umane, si avvicinò alla sua
amica e si chinò a vedere come stava. Una profonda ferita allo stomaco e tre
morsi sul collo. Impiegò solo due secondi per controllare le sue condizioni, poi
prese un fazzoletto dalla tasca e glielo tenne premuto sullo stomaco per
cercare di tamponare la ferita, la prese in braccio e corse come un disperato
fino all’ospedale pregando affinché quella sera il Signore non volesse essere
così crudele da prendersi quella giovane ragazzina con tutta la vita davanti a
sé.
Entrò
al pronto soccorso dando un calcio alla porta e chiamando aiuto. Subito i
medici di turno lo notarono e insieme agli infermieri si diedero da fare per
aiutarlo. Clay fu portata in una camera e mentre il personale medico si
affaccendava per salvarle la vita, Angel la guardò dicendosi che comunque lei
era forte e se la sarebbe cavata.
-Cosa
le è successo?-gli chiese il medico.
-Non
lo so, ho visto tutto da lontano. Un’aggressione.-spiegò confuso.
-la
conosce?-continuò mentre toglieva il tampone di fortuna dallo stomaco per
controllare la ferita.
-Si,
è una mia amica. Si chiama Clay StJules.-rispose.
-Clay,
riesci a sentirmi?-la chiamò il medico mentre si occupava della ferita.-Sa
quanti erano?-si rivolse di nuovo ad Angel.
-Quattro,
uno aveva un coltello.-deglutì.-Ce la farà?-ma il medico non rispose
rivolgendosi agli infermieri.
-Preparate
immediatamente la sala operatoria, il pugnale ha preso l’entrata dello
stomaco.-disse velocemente e di fretta trasportarono Clay.
Angel
li seguì ma sulla sala operatoria il medico lo fermò dicendogli che doveva
rimanere lì. Angel sapeva che avrebbe potuto entrare con la forza se voleva ma
acconsentì dicendosi che doveva comunque avvisare Dawn.
Così
trovò il primo telefono a gettoni e chiamò sua nuora spiegandole brevemente
l’accaduto. Dawn disse che sarebbero tutti arrivati subito. E infatti nel giro
di cinque minuti lei arrivò con Connor, Willow, Xander e Giles. Faith e Kennedy
erano ancora di ronda con Spike, Illirya e le ragazze mentre Robin era rimasto
a casa con Gary e Andrew e Gunn erano con Madlen e Duncan. Ma tutti attendevano
presto delle buone notizie.
Eric
stava finendo il giro di controllo nel reparto, una bambina tardava ad
addormentarsi e lui era rimasto nella sua camera a raccontarle una favola
quando una sua collega entrò di corsa affannata interrompendo la lettura.
-Eric!-lo
chiamò.
-Dimmi.-si
voltò.
-Hanno
portato la tua ragazza al pronto soccorso, ferita da coltello allo stomaco e
altre al collo. Ha perso molto sangue e adesso è in sala operatoria.-lo
informò.
Eric
mollò subito il libro, si alzò di scatto e corse giù dove trovò il gruppo in
sala d’attesa nervosi e preoccupati per le condizioni di Clay. Chiese cos’era
successo e Willow, che l’aveva appena appreso nei dettagli da Angel, glielo
spiegò.
-Io
entro in sala operatoria.-decise di scatto.
-Ma,
Eric, tu non sei di questo reparto.-tentò di fermarlo la strega.
-Lo
so ma conosco tutti e mi faranno questo favore.-le sorrise per rassicurarla ed
entrò nell’anticamera dove c’erano due infermieri che subito gli fornirono il
necessario per entrare dato che lo conoscevano.
Gli
altri rimasero nella sala d’attesa e la successiva ora fu atroce. Nessuno dava
notizie e da quando era entrato, Eric non era più uscito. Angel si sentiva a
pezzi perché non era riuscito a proteggerla non solo da quei vampiri ma
soprattutto dalle angherie di quel ragazzo.
Lui,
come Clay, era rimasto così sconvolto dalle sue parole da non riuscire ad
aprire bocca. Anche se sapeva che il pugno che gli aveva dato se lo sarebbe
ricordato per un po’. Connor e Dawn cercarono di consolarlo dicendogli che non
fu colpa sua e un po’ ci riuscirono. Anche perché sapevano quanto Clay fosse
solitaria e riservata ma ancora non sapevano quanto fosse emotivamente fragile.
Nessuno
se ne era mai accorto perché aveva sempre mascherato questa sua fragilità con
la solitudine, la riservatezza e la sua forza di cacciatrice. Clay sapeva
essere solare quando voleva, e l’aveva dimostrato con Madlen, era fisicamente
forte, ormai la popolazione demoniaca di Sunnydale la temeva ma nessuno sapeva
cosa provasse realmente nel cuore, adesso si.
Poi
finalmente Eric uscì dalla sala operatoria e tutti gli corsero incontro per
sapere com’era andata. Il ragazzo pareva stremato e subito spiegò perché.
-La
ferita era molto profonda, mi sono dovuto rendere utile anche se chirurgia non
è il mio ramo. Comunque l’operazione è andata bene e ce la farà.-annunciò e tutti
sospirarono di sollievo abbracciandosi felici.-Ma Clay dovrà stare a riposo per
un bel po’, il coltello le ha preso in pieno l’entrata dello stomaco. La
terranno in ospedale per almeno due settimane e dovrà stare in convalescenza
per almeno un mese e mezzo, anche perché le ferite al collo erano profonde e ha
perso molto sangue, le hanno fatto tre trasfusioni e probabilmente ne riceverà
altre.-
-Possiamo
vederla?-chiese Dawn.
-La
stanno portando in camera ma è sotto anestesia e dormirà per tutta la notte.-rispose.-Sarà
di continuo tenuta sotto controllo, era messa male.-
Comunque
per quella notte rimasero Dawn e Willow a vegliare su di lei, e anche Eric che
comunque era di turno per la notte. Gli altri andarono a casa anche perché le
altre ragazze, Faith, Kennedy, Spike ed Illirya non sapevano ancora nulla
dell’incidente.
Verso
le nove del mattino, Eric anche se aveva appena finito il turno, rimase in
ospedale e andò da Clay. Willow era appena andata a prendersi un caffè mentre
Dawn si era appisolata su una poltrona, così si sedette accanto al letto e
guardò la sua ragazza dormire.
Dopo
qualche minuto, la ragazza cominciò a muoversi e lentamente aprì gli occhi
anche se la luce la abbagliò. Batté le palpebre per qualche secondo per mettere
a fuoco e poi si guardò intorno.
-Ehi,
buongiorno.-le sorrise dolcemente Eric.
-Dove
sono?-sussurrò con la voce impastata e debole.
-Sei
in ospedale, Angel ti ha salvata in tempo.-le disse.-Ti hanno operata d’urgenza
allo stomaco e sei stata tutta la notte sotto anestesia. Come ti senti?-le
chiese accarezzandole i capelli.
-Come
tutti i giorni della mia miserabile vita.-disse e scoppiò in lacrime portando
una mano alla bocca e girandosi su un fianco in modo che lui non la vedesse.
-Tesoro
ma che succede?-si preoccupò girando intorno al letto e inginocchiandosi
davanti a lei.
-Tu
non le hai sentite, quelle parole.-balbettò.-La crudeltà e l’odio. Sono e sarò
sempre qualcuno che nessuno ha mai voluto.-singhiozzò.
-Non
dire così, ti prego. Amore calmati, i singhiozzi non ti fanno bene soprattutto
ai punti, rischi di farli saltare.-tentò.-E ignora quello che ti dicono gli
altri, tu adesso hai me e Dawn e tutti gli altri. Siamo noi la tua famiglia e
ti vogliamo bene.-
-E
allora perché c’è ancora questo vuoto dentro di me? Perché è dovuto accadere
proprio a me tutto questo? Perché nessuno non mi ha voluto?-chiese ma sapeva
che lui non poteva avere quelle rispose, neanche lei le sapeva.
Willow
entrò in quel preciso istante e trovò la ragazza in singhiozzi. Preoccupata
corse al letto senza neanche svegliare Dawn che era stata tutta la notte
sveglia mentre lei aveva almeno riposato un’ora durante la notte.
-Che
succede?-si preoccupò.
-È
ancora sconvolta per quello che è successo ieri sera.-spiegò brevemente Eric e
la strega capì che non si riferiva all’incidente ma all’incontro con l’ex
compagno di scuola.
-Clay
so che non puoi ignorare le parole che quel tipo ti ha rivolto ma sappi che per
noi tu non sei una povera orfana, ma una di famiglia. Da quando i tuoi rapporti
con noi si sono intensificati io non ho fatto altro che pensare a te come una
sorellina minore che non ho mai avuto e spero che tu mi permetterai di
prendermi cura di te come tale.-le sorrise dolcemente asciugandole le lacrime.
-Mi
sento così tanto stanca di essere nessuno.-mormorò.
-Non
sei nessuno, sei una parte della nostra famiglia. Adesso riposati ancora, non
devi stancarti.-le diede un bacio in fronte e subito dopo, Clay dormiva di
nuovo stanca per l’operazione e le lacrime.
Willow
ed Eric rimasero a vegliarla, solo ora cominciavano a capire quanto fragile
fosse quella ragazza ed emotivamente sola. Clay non aveva mai avuto nessuno, la
sua vita era stata tra solitudine, assistenti sociali e affidamenti temporanei.
Ma
adesso le cose sarebbero cambiate, perché erano affezionati a quella ragazza e
se aveva bisogno di una famiglia…quella famiglia sarebbero stati loro.
Parte
18 – Riposo forzato
Dawn
aprì la porta e Connor entrò reggendo in braccio Clay. Dietro di loro c’erano Willow
ed Eric che reggevano gli effetti personali della ragazza. Una volta arrivati
nel salotto ci fu un coro di “sorpresa!” e tutti si accalcarono intorno alla
loro amica.
-Ehi
con calma!!-li fermò Connor sistemando Clay sul divano.
-Avete
organizzato una festa a sorpresa per me!-disse Clay quasi commossa.
-È
stata un’idea di Dawn.-ammise Faith sistemandole un plaid sulle gambe.
-Non
importa, è comunque un’idea carinissima.-sorrise a tutti.
-Come
ti senti adesso?-le chiese Kennedy.
-La
ferita fa ancora un po’ male e sul collo mi stanno già venendo le croste. A
parte la debolezza e tutti i medicinali che devo prendere sto abbastanza
bene.-rispose.
-Quel
tuo ex compagno di scuola ha saputo dell’incidente.-le rivelò in modo serio
Dawn.
Immediatamente
il sorriso sul volto della ragazza scomparve e chinò la testa per nascondere
gli occhi lucidi e la tristezza. Le tremavano le mani e le strinse forte per
fermare il tremore.
-Ha
pure chiamato.-continuò Willow.-Voleva sapere come stavi e ti ha chiesto scusa.
Voleva venire all’ospedale ma abbiamo fatto in modo che non accadesse.-precisò.
-Grazie.-si
costrinse ad alzare la testa e abbozzare un sorriso cacciando indietro le
lacrime.
-Ehi,
basta con le cose tristi, questa è una festa!-cambiò discorso Xander avendo
visto, come tutti, il cambiamento della ragazza.
Subito
tornarono tutti ad essere allegri, ma poco dopo Clay si sentì stanca ed Angel
la accompagnò al piano di sopra dove la mise a letto. Dopo pochi minuti la
ragazza dormiva.
Angel
rimase a guardarla, raggiunto poco dopo da Eric. Entrambi rimasero sulla porta
a vederla dormire di un sonno profondo causato dalla debolezza e anche dai
medicinali.
-Come
va?-chiese il giovane medico.
-Si
è addormentata subito, era sfinita.-lo informò.
-Lo
immagino, le hanno anche dato degli antidolorifici pesanti.-sospirò.
-Ti
eri mai accorto di quanto fosse fragile emotivamente?-gli chiese continuando a
tenere gli occhi fissi sulla ragazza.
-Si.-ammise.-Tecnicamente
è stata lei stessa a dirmelo anche se non esplicitamente. Noi parlavamo spesso,
di tutto e tutti, e in ogni parola lei ci ha sempre messo questa sua fragilità.
Il suo unico desiderio è quello di ricevere un abbraccio materno.-
-Lo
so. Una sera abbiamo parlato e quando le ho fatto capire di conoscerla solo
guardandola negli occhi ha quasi pianto. È così giovane ma al contempo così
grande.-rifletté.
-Le
sei affezionato?-si insospettì.
-Si,
ma non come pensi tu. Per me è quasi come se fosse una figlia, io non mi
innamorerò mai più.-proclamò con il solito pizzicore al pensiero dell’amore che
avrebbe provato per sempre.
-Kennedy
mi ha parlato di Buffy, le voleva molto bene.-sorrise.
-Clay
me la ricorda molto, come somiglianza e carattere. Ma nessuna sarà mai come
Buffy. A volte penso a come sarebbe stata una sua figlia, sono sicuro che le
avrebbe somigliato molto. Avrebbe avuto i suoi stessi capelli biondi, gli
stessi occhi verdi e la stessa forma della bocca con lo stesso identico
sorriso. Ma lei non ha lasciato niente di tutto ciò che possa ricordarmela, e
forse è pure un bene.-fece una pausa pensando ancora a lei.-Adesso vado di
sotto, il sole girerà presto da questa parte della casa e finirebbe con il
bruciarmi.-e senza aspettare che lui dicesse qualcosa andò via.
Eric
rimase a vegliare sulla ragazza che ormai sentiva di amare più di ogni altra
cosa al mondo, sperava solo di non doverla perdere mai come Angel aveva perso
la sua Buffy.
Le
successive settimane furono un incubo atroce per Clay. Il forzato riposo la
rendeva nervosa e il non potersi allenare era una tortura. Sapeva che le sue
sorelle cacciatrici erano di ronda senza di lei e anche se non si riteneva così
presuntuosa da ritenersi la migliore avrebbe comunque voluto essere al suo
fianco per aiutarle.
Gli
altri la capivano e lei non sfogava mai la sua frustrazione su di loro,
addirittura quando Madlen veniva a farle visita, cioè a tutte le ore del
giorno, era dolcissima e diceva che i momenti con la piccola le erano di grande
aiuto e conforto. Ma, anche se recuperava le forze in fretta, doveva comunque
riposare e non voleva.
-Ciao,
come va?-
Eric
entrò nella camera trovando la sua ragazza che leggeva svogliatamente una
rivista, il volto era una maschera di noia assoluta.
-Mi
annoio!-proclamò sbuffando.
-Tesoro
lo so ma non puoi tornare in campo se prima la ferita allo stomaco non si
cicatrizzata del tutto.-cercò di consolarla.
-Voglio
uscire.-era imbronciata come una bambina.
-È
già sera e sarebbe pericoloso, Angel ha constatato un leggero aumento dei
vampiri in città. Se ci aggredissero io non potrei difenderti e tu sei ancora
debole per sostenere un combattimento.-rispose.
-Ma
io non ce la faccio più!!-esclamò esasperata.-Qui tutto comincia a starmi
stretto, persino la mia stessa pelle!-
-Non
puoi uscire, lo sai.-la rimbeccò.
-Dio,
Eric, sto diventando matta qui dentro!!-esclamò con rabbia gettando la rivista
di lato e alzandosi.
-Devi
stare attenta a muoverti o ti si scuciranno i punti!-le riprese.
-Chi
se ne frega dei punti, io mi annoio!!-urlò quasi.
-Clay,
non voglio litigare ma non puoi fare la bambina. So che non lo sei.-si calmò.
-Ti
prego!-lo supplicò.-Solo un’oretta, non se ne accorgeranno neanche. A costo di
andare in giardino per prendere un po’ d’aria, Dawn dopo il tramonto non mi ci
ha neanche fatto avvicinare.-
-Beh
ti ricordo che io sono stato in sala operatoria per tutta l’ora di durata della
tua urgente operazione allo stomaco.-incrociò le braccia al petto.
-Va
bene, ho capito.-sospirò rassegnata e tornò a sedersi al centro del letto.
Eric
la guardò e notò che in effetti cominciava davvero ad essere stanca di quel
forzato riposo. Non poteva fare sforzi per via dei punti ed era addirittura
deboli per farli. Sul comodino c’erano delle riviste che si vedeva aveva già
letto e constatò che per la noia aveva sistemato i libri in ordine alfabetico
per autore e i cd allo stesso modo. Iniziava davvero ad ammattire.
-Vestiti,
usciamo dalla finestra, ma in totale silenzio.-decise d’impulso alzandosi e
aprendo il suo armadio. Ne tirò fuori un paio di jeans e un maglione che le
lanciò.
-Dici
davvero?-si illuminò come il sole.
-Si
ma non farti sentire, io mi volto mentre ti vesti.-e detto questo si girò
mentre lei si toglieva i pantaloni del pigiama e indossava i jeans.
Ci
mise neanche un minuto a vestirsi e sistemarsi i capelli, poi si dichiarò
pronta. Eric controllò che nel corridoio fosse tutto tranquillo poi chiuse
piano la porta e si diresse alla finestra. Uscì prima lui in modo di esserle
d’aiuto.
Al
piano di sotto, mentre tutti erano tranquilli e conversavano, due vampiri
alzarono lo sguardo verso i soffitto, poi si guardarono negli occhi con lo
stesso sguardo. Angel fece cenno a Spike di seguirlo e i due si trovarono nel
corridoio.
-Seguili.-disse
solo il vampiro più anziano a quello biondo.
-Ehi,
io non voglio assistere a due ragazzini in piena crisi ormonale che ci danno
dentro!-protestò.
-Non
hanno sedici anni e non mi riferivo a quello!-lo rimbeccò.-Ci sono più vampiri
a Sunnydale, Clay non può combattere ed Eric non può affrontarne nemmeno
uno.-precisò.
-Ma
perché devo andarci io?!-continuò.
-Perché
te lo sto dicendo io, non ti basta?-incrociò le braccia al petto.-Muoviti, non
vorrai farti dare troppo vantaggio.-
Spike
lo guardò torvo poi scosse la testa e uscì dalla porta sul retro. Menomale che
si era portato dietro la sua motocicletta, così non ci sarebbe stato bisogno di
seguirli a piedi. Anche se lui come segugio se la cavava bene. Decise che si
sarebbe messo a debita distanza da evitare di sentire i loro discorsi ma
abbastanza vicino da poterli vedere bene.
Eric
potrò Clay sul promontorio di Sunnydale. Da lì si vedeva benissimo tutta la
cittadina e anche le stelle. Ormai il loro appuntamento con la volta celeste si
era fissato ad almeno una volta alla settimana, ma non erano le stelle in se
per se che interessava loro. In realtà volevano solo stare insieme accucciati
sotto le coperte a parlare. Il loro era ancora un amore acerbo ma che piano
piano stava diventando molto forte.
-Forse
dovremmo cominciare a studiare astronomia.-propose Clay mentre osservavano il
cielo che si estendeva infinito sopra di loro.
-Beh,
in effetti, ultimamente ci mettiamo spesso a guardare le stelle.-concordò.
-Sarebbe
carino se almeno cominciassimo a capirne qualcosa.-continuò.
-Magari
comincerò a cercare dei libri che potremo leggere insieme, soprattutto adesso
che non puoi muoverti troppo.-si voltò a guardarla.
-Sono
solo in convalescenza, mica invalida. Oltretutto la mia forza di cacciatrice mi
sta facendo guarire abbastanza in fretta.-rise.
-Qual’è
il tuo nome, Clay?-le chiese a bruciapelo seriamente.
-Come
scusa?-si stupì guardandolo a sua volta.
-Quale
è il tuo nome?-ripeté.
-Perché
vuoi saperlo?-evitò di rispondere.
-Sto
imparando a conoscerti, anche se molto lentamente. La cosa non mi dispiace più
di tanto ma se vogliamo che il nostro rapporto duri voglio che siamo sinceri.
Io ti conosco come Clay ma qual’è il tuo vero nome?-spiegò.
-Vuoi
davvero saperlo?-abbassò lo sguardo ma lui le prese il mento tra due dita e le
alzò il viso.
-Si.-annuì.
Clay
si tirò a sedere e guardò dritto davanti a sé per qualche secondo. Alle sue
spalle lui si era alzato un po’ poggiandosi su un gomito.
-Te
lo dico se tu mi dici il tuo.-propose voltandosi a guardarlo.
-Io
mi chiamo Eric Christopher Milford.-rispose.-E tu?-
-Te
lo dico solo ad una condizione.-disse decisa e lui annuì.-Niente domande.-
-Ci
sto.-accettò.-Come ti chiami davvero?-le chiese di nuovo.
-Mi
chiamo Claddagh Mary StJules.-gli rivelò.
-Claddagh.-sussurrò
pensieroso.-È…-
-Brutto,
orrendo, strano, senza senso, mai sentito…-elencò.
-Originale.-la
interruppe stupendola.-Mi piace. È…dolce. Sa di tradizione, amore, di una di
quelle antiche leggende celtiche con gli elfi e le fate o di quelle dove un
ninnolo particolare con qualche significato si trasmette di madre in
figlia.-sorrise.
-Mi
stai prendendo in giro.-lo accusò scherzando.
-No!
Lo penso davvero. Magari sarà un nome mai sentito ma a me piace. E poi pensa:
perché metterti un nome tanto strano se tua madre o chiunque l’abbia scelto non
avesse avuto un’idea ben precisa come trovarti?-immaginò.
-Dici?-disse
scettica.
-Perché
no!-alzò le spalle e si tirò a sedere.-Non te ne devi vergognare, io trovo che
sia bello.-
-Tu!
Avresti dovuto sentire tutte le volte che l’ho detto. Gli sguardi della gente
diventavano curiosi e cominciavano a farmi un sacco di domande. Da dove
proveniva, se era un nome legato a qualche tradizione famigliare e via
discorrendo. Io non sapevo mai come rispondere, poi una delle mie compagne di
camera dell’istituto, quando avevo circa cinque anni, che non sapeva parlare
bene disse qualcosa tipo Cladi. Quando cominciai a crescere ci ripensai e lo
trasformai in Clay, da allora mi sono sempre presentata così.-raccontò.
-Non
lo devi nascondere.-le consigliò.
-Non
lo so.-sospirò.-Ehi ma che ora è?!-guardò l’orologio.-Oddio, Eric, siamo fuori
da quasi due ore!-si alzò velocemente e quasi si piegò in due tenendo le mani
allo stomaco.
-Clay!-esclamò
lui vedendola sofferente.-Dio, te l’avevo detto di stare attenta ai punti!-la
riprese.
-Dobbiamo
tornare a casa, o cominceranno ad insospettirsi si di noi.-lo ignorò.
-Tesoro
lo sanno già tutti di noi.-le comunicò.
-Cosa?!-strillò.
-Non
gliel’ho detto se è questo che pensi e neanche Dawn. Ma hanno visto tutti come mi
comporto, soprattutto dall’incidente e ci sono arrivati. Beh diciamo che in
realtà Xander ha fatto una battutina a cui non ho saputo rispondere e l’hanno
capito.-raccontò raccogliendo le coperte.
-Ci
penserò dopo.-concluse.
Nascosto
dal suo angolo dietro un albero, Spike spense la sigaretta che aveva in bocca e
borbottò un “Finalmente!”, contento che i due si fossero decisi a tornare a
casa. Era stanco e anche annoiato, oltretutto i due avevano solo parlato
scambiandosi qualche raro bacino.
Quando
tornarono, Eric tornò di sotto mentre Clay si cambiava le fasciature e si
metteva una comoda tuta pulita. Guardò l’ora, erano solo le nove e trenta di
sera e lei non aveva sonno. Seduta sul letto sbuffò in cerca di qualcosa da
fare, poi l’occhi le cadde su un baule posato sotto la finestra.
Si
alzò e si inginocchiò di fronte al baule blu su cui c’era posato uno strato di
polvere. La soffiò via e poi fece scattare la serratura ma senza alzare il
coperchio. Aveva promesso a Dawn, tanto tempo prima che un giorno l’avrebbe
aperto ma non l’aveva mai fatto, non ancora.
Adesso
aveva del tempo libero che non sapeva come ammazzare, quindi decise che avrebbe
finalmente fugato i dubbi della sua amica cercando ciò che lei non aveva mai
avuto il coraggio.
Claddagh
aveva appena aperto il baule di Buffy Anne Summers.
Parte 19 – Un’altra parte della storia
18
dicembre 2002
-La
bambina ha appena compiuto quattro anni, ma è davvero bellissima. Tra di noi la
chiamiamo la piccola bambola.-
Sarah
Bass sorrise in direzione della giovane coppia, avevano poco più di trentadue
anni a testa. Si tenevano per mano e avevano ascoltato la sua descrizione in
religioso silenzio. Erano seduti intorno ad un tavolo di metallo e l’assistente
sociale aveva una cartelletta posata davanti a sé.
-Noi
veramente volevamo un neonato.-obiettò la donna.
-Lo
so, ma al momento non ce ne sono a disposizione. Avete mai pensato
all’affidamento temporaneo?-chiese loro.
-Si
ma non siamo del tutto d’accordo perché dopo un po’ ci porterebbero via il
bambino e sarebbe tremendo. Noi non vogliamo affezionarci a qualcuno che
dobbiamo perdere. Vogliamo qualcuno per sempre.-spiegò l’uomo.
-Lo
sappiamo. La bambina è in lista fin da quando è nata per l’adozione ma finora
non si è mai interessato nessuno.-li informò.
-Come
mai?-si stupì la donna.
-La
madre, appena data alla luce, ha messo firma e ha lasciato l’ospedale. Molti
pensano che magari poteva essere drogata, alcolizzata o malata e pensano che
qualsiasi patologia si possa essere ripercossa sulla piccola.-disse seria.
-Ma
è così?-si preoccupò.
-Assolutamente.
Claddagh, si chiama così, ha persino fatto il test dell’hiv due volte ma è
sempre risultato negativo. È sana come un pesciolino.-sorrise.
-Claddagh?
È un nome particolare.-rifletté l’uomo.
-È
l’unica cosa che ha voluto la madre, chiamarla così. È nata nella clinica di
Saint Jules a Redondo Beach e le suore che operavano nel reparto maternità
l’hanno chiamata anche Mary, come
-Se
la piccola ci piace potremmo anche procedere con l’adozione?-si informò la
donna.
-Se
volete si. Ormai è Natale e la bambina non ne ha mai passato uno all’infuori
dell’istituto. Potete fare un periodo di prova durante le feste e poi fare
domanda di adozione.-suggerì.
-Possiamo
conoscerla?-chiese.
-Certo.-assentì.-Venite
con me.-si alzò e lui guidò fino al giardino dove tanto bambini giocavano tra
di loro.
Tanti,
tranne una. Una bambina con lunghi e lisci capelli biondi. Era seduta su un’altalena
e si dondolava piano e tristemente avanti ed indietro, la testa abbassata e gli
occhi fissi sulle sue scarpe.
Sarah
si chinò di fronte a lei prendendola per la piccola vita e la bambina alzò
sull’assistente sociale due splendidi e profondi occhi verdi come smeraldi.
Erano stupendi ma già pieni di tristezza e solitudine. Ai due si strinse il
cuore sapendo che qualcuno aveva abbandonato quello splendore.
-Ehi,
piccola, ma cosa fai qui tutta sola?-le chiese ma lei non rispose.-Claddagh?-la
chiamò.
-Ho
freddo, ma mi hanno tolto la giacca.-mormorò e notò che aveva indosso solo una
camicetta.
-Chi
è stato?-si stupì guardandosi in giro e scorse un bambino di sette anni che
usava la giacca della bimba come pezza per pulirsi le mani mentre maneggiava
con la catena di una bicicletta.-Quella peste avrà un bel richiamo!-esclamò
livida.
-Mettiti
questa.-l’uomo si tolse la giacca e la mise intorno alle spalle minute della
piccola.
-Come
mai nessuno se ne è accorto?-si stupì la donna.
-Claddagh
è molto solitaria, il nostro psicologo pensa che, anche se è molto piccola, si
sia già resa conto di quello che le è successo.-spiegò Sarah mentre l’uomo la
prendeva in braccio dall’altalena, quasi spariva dentro la giacca da uomo
enorme.
-Io
penso di parlare anche a nome di mia moglie se dico che vorremmo provare ad
adottarla.-disse l’uomo guardando anche sua moglie che annuì con un sorriso.
-Sono
molto contenta, è fantastico. Manderò la vostra domanda al giudice oggi stesso
e se accetterà dopo le feste Claddagh sarà vostra.-disse felice.-Intanto potete
portarla a casa per le feste, così potrà abituarsi a voi.-
La
coppia la ringraziò felice e dopo aver firmato delle carte burocratiche
portarono a casa quella splendida bambina con gli occhi di smeraldo.
Quello
fu il primo Natale che Claddagh trascorse con una famiglia, le venne persino
regalata una bambola che adorò al primo istante. I coniugi che la avevano in
affido già le volevano bene e dentro di loro sentivano che sarebbe stata loro
al più presto. Parenti e amici iniziavano già ad affezionarsi alla piccola.
Finché
una mattina, Sarah bussò alla porta e nonostante sorridesse i suoi occhi
dicevano che qualcosa non andava.
-Oggi
è arrivata al risposta alla vostra domanda di adozione di Claddagh.-esordì
mentre erano in salotto e la piccola giocava sul tappeto.
-Cosa
dice?-chiese la signora impaziente.
-Il
giudice l’ha respinta.-annunciò dispiaciuta.
-Come
mai?-si stupì lui.
-Non
sempre l’affido temporaneo si conclude con l’adozione, questo lo sapevate.
Oltretutto voi siete in lista per un neonato e…una ragazza incinta che ha
deciso di dare via il bambino ha scelto voi come genitori. Questo fa in modo
che voi non possiate adottare Claddagh.-spiegò.
-E
se noi volessimo rinunciare al neonato per Claddagh?-si informò.
-Per
questo dovrete annullare la domanda per un neonato, parlare con il giudice e
sbrigare un sacco di formalità burocratiche. Al momento io devo portare via
oggi stesso Claddagh da qui.-disse.
I
due protestarono ma la legge era legge. Claddagh non pianse neanche quando
Sarah la prese dalle braccia della donna e la portò via mentre quella che per
due settimane le aveva fatto da madre piangeva e la salutava con la mano. Forse
era ancora troppo piccola per capire, o forse l’aveva capito ma era già più
grande di una bimba della sua età.
20
settembre 2009
Il
sole brillava da dietro la finestra inondando la camera di luce. Era una
giornata bellissima e allegra con gli uccellini che cantavano e il buonumore
che si spargeva intorno senza motivo.
La
sveglia suonò come ogni mattina alle sette e lei la spense al primo squillo
senza aprire gli occhi. Un attimo dopo due profonde pozze verdi incontrarono la
luce del sole. Luce che si rifletteva sui suoi capelli dello stesso colore e
che li rendeva ancora più lucenti.
-Claddagh?-la
chiamò la voce di un’altra ragazzina.-Dobbiamo prepararci.-disse.
-Mi
chiamo Clay!-precisò alzandosi velocemente e andando in bagno.
-Beh,
sulla porta c’è scritto Claddagh.-disse andando davanti la porta.
-E
allora? Da anni, ormai mi chiamano tutti Clay e vorrei che anche tu cominciassi
a fare così.-esclamò da dietro la porta mentre scorreva l’acqua nel lavandino.
In
quel momento bussarono alla porta e subito dopo Sarah entrò in camera con un
braccio dietro la schiena. Tutti i ragazzi che aveva come assistiti la
adoravano.
-Ciao
Sarah!-esclamò allegra la ragazzina correndole incontro.
-Ciao
Julie.-sorrise.-Come va oggi?-
-Molto
bene, anche se andare a scuola non mi entusiasma molto. Perché non possiamo
restare qui?-si imbronciò.
-Perché
il dipartimento non ha potuto pagare l’istituto per fare anche da scuola. E poi
oggi non avete la gita al museo?-si ricordò.
-Sai
che noia!-sbuffò.
-Dai,
vedrai che vi piacerà. Dov’è Claddagh?-si informò.
-In
bagno a lavarsi.-indicò con il pollice la porta.-Cos’hai lì dietro?-fece
sospettosa.
Ma
Sarah non poté rispondere perché la porta si aprì e Clay uscì dal bagno già
lavata e con una accappatoio indosso. Non guardò nessuno andando verso il suo
armadio.
-Non
si saluta?-fece finta di offendersi la giovane assistente sociale.
-Ciao!-bofonchiò
tirando fuori un qualsiasi paio di jeans e una maglia con le bretelle sottili
azzurra.
-Ho
qualcosa per te.-si avvicinò fino a metterle davanti un pacco quadrato
incartato con carta rosa stampata con dei palloncini.
-Perché
lei riceve dei regali?-si offese l’altra ragazzina.
-Oggi
è il suo compleanno.-spiegò Sarah, poi la abbracciò da dietro.-La piccola
bambola compie undici anni.-sorrise.
-Cos’è?-chiese
rigirandosi il pacco tra le mani.
-Se
lo apri lo scopri.-la invogliò.
La
ragazzina cominciò lentamente a sciogliere la carta stando attenta a non
strapparla. Una volta aperto si trovò tra le mani una piccola scatola di
cartone, dentro c’era un portagioie di legno ovale con dentro un carillon.
-Wow,
che bello!-esclamò Julie avvicinandosi per vederlo.
-Ti
piace?-chiese Sarah alla festeggiata.
-Molto,
è bellissimo.-sorrise emozionata perché non aveva molte occasioni di ricevere
un regalo.
-Sono
contenta. Adesso vestiti che è tardi.-le salutò e fece per uscire quando
accanto alla porta notò il calendario.
Non
fu il calendario in sé per sé che la colpì, ma il giorno ventiquattro barrato
da una x rossa. Non c’era segnata alcuna data ma solo quella x.
-Cos’è
questa?-chiese alle due.
-Non
lo so, è Clay che le segna ogni mese.-Julie alzò le spalle.
-Clay,
come mai c’è questo segno sul calendario?-si rivolse alla diretta interessata.
-Ma
nessuno sa farsi gli affari propri?!-esclamò brusca la ragazzina e dopo aver
gettato il regalo sul letto si chiuse in bagno con i vestiti sbattendo
violentemente la porta e chiudendola a chiave.
-Julie
tu vai e di a Robert che oggi Clay non andrà a scuola perché sta poco
bene.-scorse la ragazzina alla porta.
-Ho
sentito dire che quando le ragazze sono scontrose come Clay è perché hanno la
sindrome premestruale.-prese lo zaino.-Cos’è la sindrome premestruale,
Sarah?-chiese.
-Qualcosa
che ti spiegherò più avanti.-la fece uscire e poi chiuse la porta.-Claddagh
esci fuori da li!-ingiunse alla diretta interessata che fece scattare la
serratura e apparve a testa bassa.-Il fatto di non avere genitori non ti rende
maleducata anche perché ti è comunque stata data un’educazione.-la riprese.
-Mi
dispiace.-mormorò contrita.
-Da
quanto tempo va avanti?-le chiese.
-Cosa?-fece
finta di stupirsi.
-Le
mestruazioni. Quand’è stata la prima volta?-precisò.
-A
giugno, quando sono stata male e pensavate fosse indigestione perché vomitavo
sempre.-si sedette sul letto.-Un paio di giorni prima avevo avuto delle perdite
scure e pensavo di avere chissà cosa, poi l’ho letto sull’enciclopedia e compro
gli assorbenti mettendo da parte i soldi delle paghe.-
-Piccola,
perché non me l’hai detto?-le sedette accanto.
-Mi
vergognavo.-precisò.-Sono l’unica in tutto l’istituto, e poi mi pareva una cosa
tremenda. Che ne sapevo io che è una cosa normale che prima o poi sarebbe
arrivata?! Ovviamente non ho un madre a cui poter chiedere certe cose o che me
le spieghi per tempo.-
-Clay
anche se sei orfana questo non vuol dire che tu sia sola. I tuoi affidamenti
finora sono andati male ma prima o poi arriverà la famiglia che ti terrà per
sempre, ne sono sicura.-le accarezzò i lunghi capelli color del grano maturo.
-Sono
già stata in cinque famiglie.-ricordò.
-Lo
so. Senti, ho fatto dire da Julie che non stai molto bene, ti va di fare un
giro al centro commerciale? Ho dei soldi, potrei comprarti dei vestiti nuovi e
della biancheria adesso più idonea a te, mangiamo al McDonald’s e ti spiego
meglio questa storia delle mestruazioni. Vuoi?-le propose.
-Va
bene.-assentì.-Il tuo regalo di compleanno è bellissimo.-sorrise.
-Ti
regalerò una collanina per inaugurarlo.-la strinse forte e poi uscirono.
Clay
aveva già spiegato più di una volta a Sarah che per quanto le volesse bene
niente poteva riempire quel vuoto che sentiva dentro, quella solitudine dovuta
al fatto che non aveva genitori ne parenti. Sarah la capiva e le aveva sempre
detto che prima o poi anche lei avrebbe avuto una famiglia.
Quel
giorno le due fecero shopping e parlarono di tutto. Clay stava crescendo, Sarah
lo capiva, e aveva bisogno di molte risposte anche se già molte le aveva capite
da sola.
15
aprile 2014
La
campana suonò e la classe si svuotò rapidamente mentre l’insegnante urlava i
compiti per il giorno dopo sicura che nessuno aveva sentito e che quindi, il
giorno dopo, avrebbe messo un sacco di insufficienze.
Il
corridoio era popolato di ragazzi, tutti a scambiarsi saluti, informazioni e
altro ancora.
Clay
aprì il suo armadietto e ci ripose dentro un block notes e un libro per
prendere un altro libro e un quaderno. Lo chiuse con un sospiro e si avviò a
mensa, era ora di pranzo e ne avrebbe approfittato per ripassare la lezione di
storia. Quello era un altro giorno uguale all’altro che si trovava a vivere.
Ormai ci aveva preso l’abitudine.
Dopo
la scuola aveva un appuntamento. Qualche giorno prima, dopo diverse settimane
di indecisione, si era decisa a chiamare la direttrice della clinica di Saint
Jules. La aspettava alle quattro e trenta.
Spaccò
il secondo. Alla reception la fecero subito accomodare, l’aria ristagnava di
disinfettante che le parve opprimente. Intorno a lei si svolgeva la classica
routine ospedaliera ma non la notava nemmeno. Tirò un sospiro di sollievo
quando si trovò nell’ufficio della direttrice seduta alla sua scrivania. Era
una robusta signora di colore, si chiamava Jackie Michaels.
-La
tua chiamata mi ha stupito parecchio, tecnicamente non potrei darti le
informazioni che mi chiedi, dal telefono avevo già capito che sei minorenne.-esordì.
-Signora
Michaels non posso aspettare di compierne diciotto. Molte cose già le so ma
voglio delle altre risposte. Lei mi capisce, vero?-tentò di convincerla.
-Si,
ti capisco. Abbiamo avuto molti casi come al tuo, questa clinica offre molta
protezione alle ragazze sole.-specificò e le mise davanti una cartella senza
però togliere la mano di sopra.-Noi conserviamo tutto, soprattutto le
scartoffie burocratiche.-
-Ci
speravo proprio.-sorrise.
-Ti
avviso che ciò che leggi potrebbe non essere di tuo gradimento. Io me la
ricordo bene tua madre, era molto giovane e sola. Negli occhi aveva una lunga
storia da raccontare e non era allegra, sei sicura di volerla aprire?-si riferì
alla cartella.
-Si.-annuì
e Jackie tolse la mano.
Clay
aprì la cartella e ne tirò fuori il primo foglio, la sua cartella clinica con
data e ora di nascita, peso, lunghezza e tutti i controlli di routine che le
erano stati fatti. Come nome spiccava solo Claddagh.
C’erano
altri fogli che riguardavano solo informazioni mediche, poi, finalmente, trovò
il foglio che cercava, era il foglio che sua madre aveva compilato e firmato
per uscire dall’ospedale senza di lei.
I
tre quarti dei campi non erano compilati. Sul nome c’era scritto solo Anne.
Niente età, data di nascita, luogo di residenza o motivazioni sul motivo del
rilascio.
-C’è
scritto solo Anne e nient’altro compilato da lei.-constatò con le lacrime agli
occhi.
-Te
l’avevo detto che non ti sarebbe piaciuto.-le porse dei fazzoletti.-Tua madre
era minorenne.-
-Minorenne?-si
stupì.
-Esatto.
Non ci disse la sua età ma confermò questo dettaglio, a vista aveva circa
diciassette anni, e se ne è andata di nascosto lasciando il foglio con solo il
nome scritto sul letto poco prima dell’alba. Accanto c’era un anello e un biglietto
piegato in due. Pensiamo che sia scappata perché, essendo minore, avremmo
dovuto fare ricerche su chi era veramente e contattare la famiglia. La stavamo
trattenendo con la forza perché così richiede la legge ma è riuscita comunque a
scappare. Mi dispiace.-mormorò notando i suoi singhiozzi.
-Ha
lasciato un biglietto?-disse tra le lacrime.
-Si,
è in fondo alla cartella.-annuì e Clay notò che in effetti in fondo c’era una
busta bianca.
La
prese con le mani tremanti tirando su con il naso e cercando di cacciare le
lacrime indietro. Ne tirò fuori un foglio piegato in due, non c’era scritto
niente sopra. Lasciando da parte la busta spiegò in foglio, non c’era scritto
molto, solo poche frasi.
“Piccola
mia perdonami.
Ogni
giorno della mia vita sarai nel mio cuore e nei miei pensieri.
La
tua mamma.”
Riprese
a piangere e Jackie si alzò e le si inginocchiò davanti per abbracciarla forte.
Sapeva di non poter capire il dolore di quella ragazza, coetanea quasi della
sua figlia maggiore, ma ricordava le lacrime e la pena della giovane madre
quando, sedici anni prima, aveva comunicato con voce tremante mentre la teneva
in braccio di non poterla tenere e che voleva mettere firma per lasciarla lì in
clinica. Quando si fu calmata sedette sulla sedia accanto alla sua.
-Dopo
che è scappata abbiamo fatto delle ricerche, la legge ci chiedeva così. Nei
database non risultava nessuna ragazza di nome Anne di cui fosse stata fatta
denuncia di scomparsa, quindi o tua madre ci ha dato un nome falso oppure era
una ragazza senza famiglia.-le spiegò.
Clay
annuì tenendo gli occhi bassi, si sentiva confusa e senza pensieri. E con il
mondo che le era crollato addosso ancora di più.
Poco
dopo andò via. Chiese il permesso di poter portare via con sé il biglietto,
unica cosa insieme all’anello che sua madre le aveva lasciato. Si fermò in un
parco che ormai era vuoto dato che era quasi buio e si sedette su un’altalena a
pensare e piangere ancora, sapeva di non aver ancora esaurito le lacrime.
Sperava,
pregava, che un giorno, forse per qualche oscuro miracolo divino, sarebbe
riuscita a sapere chi era in realtà sua madre. Anche se riconosceva essere una
cosa abbastanza impossibile.
Contemporaneamente,
una giovane ragazza posava un mazzo di rose bianche sulla tomba della sorella
morta con piccole lacrime di tristezza che le scendevano sulle guance.
Accarezzò il marmo bianco della lapide e si chinò per parlarle, come se fosse
ancora con lei.
-Mi
dispiace, sorellina. Sono passati quattro anni e ancora non ho aperto i tuoi
diari per cercare il tuo anello claddagh. Non ne ho il coraggio quindi ti
comunico che il tuo segreto giacerà per sempre con te qui sotto terra.-
Parte
20 – In un vecchio baule blu
Il
coperchio del baule blu si sollevò con un leggero scricchiolio, erano ben sette
anni e mezzo circa che non veniva aperto e ormai i cardini si erano
arrugginiti. Era pieno fin quasi all’orlo di cose riposte in perfetto ordine e
ne uscì un forte odore di chiuso.
E
anche di ricordi. Questo, Clay lo notò ancora prima dell’odore di chiuso.
Sapeva che non erano i suoi ricordi, bensì quelli di Dawn e della sua amata
sorella scomparsa. Chissà che tipo era stato Buffy Anne Summers, si trovò a
chiedersi.
Ne
tirò fuori un paletto di legno perfettamente appuntito di legno scuro e un
altro dalla linea curva e tonda con inciso di lato “Signor Punta”.
-Signor
Punta.-mormorò.-Certo che Buffy doveva essere strana per dare un nome al
paletto.-scosse la testa posando i paletti accanto a sé e riprendendo la
ricerca.
Si
sentiva un po’ strana a curiosare tra le cose di una cacciatrice morta quasi,
ormai, otto anni addietro, e anche molto intrusa. Se non fosse che l’aveva
promesso a Dawn non si sarebbe mai sognata non solo di aprire ma anche solo di
guardare quel baule.
Tirò
fuori un maialino rosa di peluche scolorito dal tempo e dalla polvere a cui
sorrise scioccamente strizzandogli il nasino e diversi cd, ovviamente erano
tutti di quando Buffy era adolescente e rimase quasi inorridita tanto erano
vecchi.
-Dio,
musica preistorica. Ma sono davvero esistiti questi gruppi?-li scorse uno ad
uno.-New Kids on the Block, the Sundays, Sprung Monkey, Bif Naked, K’s Choice,
Cibo Matto!-elencò stranita.-E chi cavolo sono i Dingoes Ate My Baby?
Mah!-esclamò e lì posò di lato.
Tirò
fuori dei vestiti decretando il look da era paleolitica, una cornice con la
foto di una bambina bionda insieme alla madre di Dawn e ad un uomo castano,
dedusse che doveva essere Buffy con i suoi genitori. Si trovò a guardarla bene
e ad accarezzare i contorni dei volti, quella foto le faceva venire in mente
ciò che lei non aveva mai avuto.
La
mise di lato anche questa e tirò fuori dell’altro: ninnoli, un ombrellino rosa
con una targhetta con su scritto “Buffy Anne Summers, Protettore di Classe”,
dei pompon da cheerleader, dei trucchi usati e ormai scaduti, alcuni libri tra
cui i “Sonetti dal Portoghese” di Elisabeth Barrett Browning, gli annuari della
scuola insieme con la tonaca e il cappellino del diploma, i documenti senza le
foto tessere…tutte cianfrusaglie che qualsiasi ragazza normale aveva.
Poi,
in fondo, scorse alcuni diari. Finalmente li aveva trovati, pensò tirandoli
fuori e rigirandoseli tra le mani per osservarli bene. Erano abbastanza
consunti e le pagine si erano ingiallite per il tempo. Dawn le aveva detto che
aveva riposto tutto subito dopo la morte di sua sorella.
Prese
il primo e lo aprì alla prima pagina, era datato tre marzo 1997. Sembrava un
secolo fa, lei non era ancora neanche nata.
“Sunnydale…che
razza di nome è Sunnydale per una cittadina. Non è altro che la classica
cittadina di provincia americana con le strade che ci cammini in mezzo e non ti
stendono, c’è sempre il sole e la gente sa tutto di tutto e tutti. Era meglio
Los Angeles.
E
invece no, adesso mi trovo bloccata qui a Sunnydale perché mamma ha deciso che
vivremo qui! Che noia! E tutto per colpa di Lothar e di quei vampiri del cavolo
che mi hanno dovuto far incendiare la scuola. La mia vita da quando ho scoperto
di essere una cacciatrice è diventata un vero inferno, sono passata da cheerleader
e reginetta della scuola ad essere la più sfigata.
Domani
comincerò ad andare a scuola e spero che stavolta vada meglio, non ci sarà
vampiro che tenga a rovinarmi l’esistenza! Anzi spero che non ci siano proprio
vampiri perché ho chiuso con la storia della cacciatrice!! Che se ne cerchino
un’altra…”
Quasi
si fece due risate a leggere. A sedici anni, Buffy Summers era proprio la
classica ragazzina superficiale che pensa solo a ragazzi e moda ma cominciava
ad intravedere un’ombra di solitudine. Da quello che le aveva detto Dawn, Buffy
era stata molto sola nella sua vita.
Lo
chiuse e ne prese un altro, in tutto erano tre. Il secondo era di pelle nera e
dall’aspetto anonimo, non avrebbe mai detto che era un diario. Lo aprì a caso
all’incirca in mezzo. Era datato ai primi di febbraio 2002
“Cos’è
che mi spinge a comportarmi così? Sto vivendo? Sto morendo?
Sto
cercando una ragione per vivere? O una per morire ancora? Mi sto consumando? È
l’inferno questo? Oppure non l’ho ancora visto davvero dato che ho sempre
impedito che scendesse in terra?
Da
quanto tempo sono tornata in vita? Cinque mesi…e ancora non mi sono abituata
alla nuova vita, se così posso chiamare ciò che sto “vivendo” in questo
momento. Non è vita questa, non c’è niente di vitale, è solo un trascinarsi
avanti giorno dopo giorno cercando di non urtare i sentimenti di chi dice di
volermi bene. Esistono i miei sentimenti? O li ho lasciati nella tomba dentro
cui mi sono svegliata cinque mesi fa?
Sono
mai esistiti? Perché se fossero davvero esistito chi ho amato davvero non se ne
sarebbe mai andato. Angel…Riley…mia madre…
Cosa
mi lega a Spike? Quel legame, quel filo sottile tra vita e morte che non si
spezza. Per me è solo sesso. Sesso distruttivo, atroce, senza neanche la
passione reale. Sesso che mi fa male e che voglio faccia male, sesso che mi
disgusta e mi lascia sporca dentro e fuori.
Dov’è
finita Buffy Anne Summers? Sono ancora la stessa Buffy che arrivò a Sunnydale
convinta che fosse monotona? La stessa che ha amato senza riserve un vampiro di
più di duecento anni? Che ha sventato le apocalissi? Che ha affrontato un dio?
No, adesso sono solo una Buffy sporca, umiliata, vegetale e a cui pare di
guardare il mondo da un’altra visuale.
Dove
sei mio piccolo angioletto? Piccola speranza che per un intero giorno ha
rasserenato la mia vita? Sei felice da qualche parte? Avrò fatto bene a fare
quello che ho fatto?
Penso
a te tutti i giorni della mia vita, ti sento sempre scorrere dentro le mie
vene, a volte se ascolto bene il battito del mio cuore mi pare di sentire che
sia il tuo, così piccolo e innocente. Se fossi stata qui con me so che mi
avresti impedito con il tuo solo sorriso ingenuo di ridurmi a ciò che sono ora,
perché per te io sarei stata la migliore.
Mi
manchi, ma sono passati anni e anche se so che adesso non hai ancora una
maturità sufficiente da odiarmi so che presto lo farai. E anche se non potrò
sentirlo o vederlo io saprò del tuo odio e starò a meritarlo tutto. Ma ti amerò
comunque…”
Clay
aggrottò la fronte perplessa. Adesso non riusciva più a capire i pensieri di
Buffy perché erano divenuti confusi. Sapeva che quello era un periodo
abbastanza nero che la cacciatrice aveva trascorso a causa del ritorno dalla
morte. Sapeva anche della relazione con Spike perché gliene aveva accennato
Willow ma quelli parevano quasi pensieri folli. Non voleva esagerare ma pareva
quasi che Buffy stesse per impazzire.
Riprese
il primo diario e saltò, scorrendo velocemente, i primi tempi di Buffy a
Sunnydale dove parlava di aver conosciuto Willow, Xander, Giles, Angel e anche
una certa Cordelia Chase, la ragazza più popolare della scuola che in molti le
avevano nominato.
Si
soffermò più a lungo sulla storia di Buffy con Angel, era esattamente come
Willow gliel’aveva descritta, solo che qui era raccontata direttamente dal
pugno della diretta interessata. Su alcune pagine, dopo che Angel aveva perso
l’anima, erano chiari i segni delle lacrime. Trovò una pagina datata sei marzo
1998 che la colpì molto.
“Non
ho più lacrime…non ho più pensieri…forse ho perso anche me stessa quella notte
insieme all’anima di Angel.
Dove
sei amore mio, la tua anima resiste ancora da qualche parte oppure si è
annullata, è svanita nel nulla ed io non avrò mai più modo di rivederla
sorridermi in quel modo dolcissimo e anche un po’ timido che adoravo tanto?
Cosa è rimasto di me senza te?
È
sciocco a dirlo, magari domani riuscirò ad uccidere quel demone che indossa la
tua faccia cambiando la tua espressione cupa e addolorata in una strafottente e
di pura crudeltà e tra qualche anno riuscirò ad amare di nuovo anche se nessun
amore sarà mai travolgente e puro come quello che nonostante tutto provo ancora
per te.
Ed
è anche stupido dirlo perché dopo ciò che ho scoperto quando sono stata
ricoverata in ospedale per l’influenza so che adesso sono legata a te per
sempre e che niente potrà mai scindere questo legame. Cambierà tutto adesso o
forse no, ancora non lo so. Forse è già tutto cambiato.
Angel,
Dio, Angel perché mi sei stato donato se poi uno stupido attimo di pura
felicità ti ha strappato via da me?! Odio la felicità se questo vuol dire
perderti. Giuro amore, se un giorno, per un qualche miracolo la tua anima
tornerà a posto e tu tornerai da me farò in modo di non perderti mai più, anche
se questo vuol dire rinunciare alla felicità. La mia unica felicità è sempre
stata quella di averti, di poterti sorridere…”
Buffy
amava molto Angel, questo lo aveva capito subito. Quello che non aveva capito
era che si trattava di un amore profondo, che aveva fuso due anime in una sola.
Era uno di quegli amori che anche se finivano nessuno dei due avrebbe più
potuto amare qualcun altro allo stesso modo.
Nelle
pagine precedenti, Buffy aveva fatto riferimento all’anello regalatole da Angel
ma erano stati riferimenti vaghi e di nessuna utilità. Ciò che Clay non capiva
era come mai una ragazza in fin di vita aveva pensato ad un vecchio anello
perduto.
Interruppe
un attimo la lettura di quel diario per prendere l’ultimo che non aveva ancora
aperto. Si interrompeva a un giorno prima della sua morte. Strano, trovò, che
una ragazza di ventinove anni tenesse ancora un diario. Aprendolo a caso trovò
le pagine di settembre del 2009, quasi un anno prima del suo decesso. Erano
state scritte tutti i giorni. Un po’ per curiosità e un po’ perché quell’anno
lei aveva compiuto undici anni si fermò al venti di settembre.
Dopo
non avrebbe saputo decidere se magari sarebbe stato meglio non leggere mai
quelle pagine o si. Le ci sarebbero voluti mesi per darsi una risposta.
“Ogni
anni è sempre la stessa storia, sempre la stessa angoscia.
Dio
mio cosa ho fatto? Se puoi perdonami, non punirmi per quell’atto di puro
terrore, avevo solo diciassette anni. Dio, ti prego fa che lei, la mia piccola
bambina, un giorno possa perdonarmi.
Piccola
mia, dove sei? Non ho mai smesso di pensare a te, fin dal giorno in cui sei
nata. Il giorno in cui ti ho dato alla luce e che, l’unico giorno in cui ti ho
stretta fra le braccia. Non volevo abbandonarti ma ero così giovane. In quel
periodo era solo tutto così maledettamente sbagliato.
Sono
trascorsi undici anni e ancora ricordo quel tuo piccolo visino d’angelo, gli
occhietti e il nasino dolcissimo. Le tue manine si aggrappavano alle mie dita
come se stessero capendo che ti stavo lasciando e non volevano che lo facessi.
Ma
io ho dovuto! Mia piccola stella, mio piccolo tesoro, unica persona che ho
amato più della mia stessa vita a parte tuo padre così inconsapevole come il
resto del mondo della tua esistenza. Ti penso sempre, bambina mia, ogni giorno
della mia vita.
Festeggio
i tuoi compleanni con lacrime di dolore per non averti con me. Credi che non
pensi mai a te? Non faccio altro, invece. Somiglierai a me? Oppure a tuo padre?
Avrai i capelli biondi come i miei? O scuri? Gli occhi verdi, o castani? Quali
sono le cose che ti piacciono?
Avrai
ricevuto dei regali oggi? Io te li compro ogni anno in attesa di poterteli un
giorno dare ma non so se avrò mai il coraggio di cercarti perché forse ti ho
rovinato la vita con il mio gesto. Ma oggi, nel giorno del tuo undicesimo
compleanno voglio solo immaginare il tuo volto, spesso lo vedo così nitido nei
miei sogni, e credere che stai sorridendo alla vista di una bella torta.
Sorridi, bimba mia, sorridi sempre e pensa nel tuo cuore che ti amerò finché
avrò respiro…”
Il
suo cuore cominciò a battere forte, stranamente. Buffy Summers aveva una
figlia. Dawn ne era a conoscenza? E Willow? Magari l’anello era solo un
pretesto per spingere sua sorella a leggere i suoi diari e venire così a
scoprire della bambina e magari cercarla.
Ma
ciò che la mise più in ansia furono le coincidenze. Buffy Summers aveva una
figlia…nata il venti di settembre 1998 come lei…e che aveva abbandonato…
Riprese
il diario su cui Buffy aveva scritto dopo che Angel aveva perso l’anima e lo
scorse fino ad arrivare al periodo di settembre, il periodo in cui aveva
partorito. Aveva una strana sensazione dentro di sé.
Non
trovò niente scritto nel venti di settembre ma trovò delle pagine increspate di
lacrime scritte il giorno seguente, il ventuno.
“Forse
sono ancora in tempo. Forse se torno alla clinica, dichiaro chi sono veramente
e chiamo io stessa mia madre non mi denunceranno per abbandono di minore. Forse
se mia madre collabora mi permetteranno di tenerla.
No,
è troppo tardi. Che cosa ho fatto? Ho abbandonato la mia bambina nata da sole
tredici ore. Forse non la chiameranno nemmeno come io ho scritto, ma spero
fermamente che le mettano almeno il nome scelto da me.
Forse
se torno indietro potrò portare a Sunnydale con me mia figlia e crescerla senza
che sappia mai di questo mio momento di pazzia. Mia madre la adorerà ne sono
sicura. No, è troppo tardi, ormai sarà già in mano agli assistenti sociali.
Credo
di aver fatto la cosa giusta, non posso portarla con me, nel mio mondo
disastrato dove regna solo la morte e il sangue. Sarebbe facile preda per i
vampiri, e magari il Consiglio me la farebbe anche pagare.
Come
potrebbe la mia piccola bambina vivere in un mondo fatto di demoni, profezie,
maledizioni…Forse le daranno una famiglia migliore di quella che potrei
offrirle io. Una famiglia dove la madre non è una cacciatrice, il padre non è
un vampiro e non dovrebbe subire preoccupazioni come un’apocalisse o affrontare
l’inferno.
Angel,
amore mio, se la tua anima da qualche parte sa di tutto questo, perdonami se ho
dovuto abbandonare la nostra bellissima bambina. L’ho chiamata Claddagh, come
l’anello che mi ha regalato, in segno del nostro amore.
È
lei il segno del nostro amore, il legame che ci ha unito per sempre. Forse lei
non capirà mai il significato di questo nome ma io lo so, è il significato dell’amore
dei suoi genitori. Quell’amore che ha generato lei che non sarebbe dovuta
esserci.
Mia
piccola Claddagh sarai in me tutti i giorni della mia vita, sappi che ti vorrò
sempre bene e che ho dovuto compiere il gesto che ricorderò per tutta la vita…”
Il
diario le cadde dalle mani finendole sulle ginocchia mentre il respiro le si
faceva affannoso e il cuore la batteva forte in petto tanto che pareva stesse
per scoppiare. Le lacrime le stavano bruciando gli occhi fino ad appannarle
quasi la vista e farle quasi sembrare che ciò che aveva letto era frutto della
sua immaginazione.
Ma
non era così e lo capì presto. L’aveva odiata, aveva cercato di capirla, aveva
sofferto e adesso aveva scoperto chi si celava dietro Buffy Summers. Non ci
credeva, non poteva essere vero, doveva essere solo un brutto sogno.
Quelle
ultime pagine le rimbombarono in testa fino a che non le parve che fossero su
tutte le pareti della camera, che stessero aleggiando nell’aria. Ci mise un po’
a capirlo del tutto ma poi la realtà esplose dentro di lei con un fragore di
tuono e la consapevolezza la invase come la marea.
Buffy
Anne Summers era sua madre.
Parte
21 – Lacrime e rabbia
20
settembre 1998
-La
prego mi aiuti!-
La
giovane infermiera alla reception alzò la testa da una cartella clinica e si
trovò davanti una ragazzina bionda con il volto segnato dal dolore. Si teneva
saldamente la pancia, ma lei non riusciva ancora a vederlo.
-Cos’ha?-le
chiese.
-Ho
le doglie! Ah!!-si accasciò quasi al suolo piegandosi in due e piangendo.
L’infermiera
uscì dalla reception chiamando a gran voce un portantino che arrivò con una
sedia a rotelle seguito da una dottoressa di turno mentre cercava di sostenerla
mentre piangeva per il dolore. Evidentemente era già in avanzato travaglio e
quindi molto prossima al parto.
Insieme
al portantino la adagiarono sulla sedia a rotelle e la trasportarono subito in
sala parto, la dottoressa cercava di farla parlare data la giovane età ma non
c’era molto tempo per fare le domande perché dalla rapida occhiata che le diede
la ragazza era già alò massimo della dilatazione.
Nonostante
tutto non fu un parto facile, ne rapido. La ragazza aveva un bacino ancora
stretto e il parto durò ben quattro ore, quattro ore in cui, comunque, quella
giovane adolescente si dimostrò coraggiosa e forte…in tutti i sensi.
-Coraggio,
ancora un’altra spinta.-la incitò.
-Non
ci riesco!-pianse disperata, la fronte imperlata di sudore. Respirava
affannosamente per via della stanchezza, ma ormai c’erano vicini.
-Si,
che ci riesci.-la incoraggiò.-Ci siamo quasi, ancora un’altra spinta. Adesso!-e
quella ragazza strinse forte i denti e spinse più forte che poteva.
Qualcosa
cominciò ad affacciarsi, ormai mancava davvero molto poco.
-Coraggio,
piccola, vedo la testa.-sorrise.-Spingi di nuovo adesso.-e con quell’ultima,
vigorosa spinta la testa fu tutta fuori.
Tirarono
fuori il nuovo miracolo della vita mentre la giovane madre si accasciava
distrutta sullo schienale, respirando affannosamente. Ma sul volto stanco c’era
anche un sorriso di felicità.
-È
una femmina.-annunciò la dottoressa mentre la alzava e tagliava il cordone
ombelicale. La consegnò ad un’infermiera che la avvolse tra una copertina e la
diede un leggero controllo mentre strillava annunciandosi al mondo
intero.-Congratulazioni, hai una bambina bellissima.-disse alla giovane madre
che annuì.
Subito
dopo l’infermiera posò tra le sue braccia la piccola che adesso si era calmata
e agitava le manine guardandosi in giro con gli occhietti ancora semi chiusi.
Non era ancora nemmeno stata lavata ma la trovò bellissima, con la pelle chiara
e morbida e i pochi capelli biondi, e la amò subito di un amore profondo ed
intenso. Di quell’amore che proveniva dal profondo del cuore e dalla carne, la sua
carne.
-Dio
come sei bella.-mormorò cominciando a piangere.-Ti voglio già così tanto
bene.-poggiò la guancia alla sua testolina tenendola stretta a sé.
-Ehm…adesso
dobbiamo portarla a lavare e tu devi riposare.-la distolse la dottoressa.-Hai
già deciso come vuoi chiamarla?-le chiese.
Non
ci aveva mai pensato ma lo sguardo le cadde sulla sua mano sinistra, la mano
che le stava accarezzando la testa, e notò l’anello che portava all’anulare
sinistro. L’anello che non si era mai tolta dalla tragica mattina di pochi mesi
prima quando la sua vita era cambiata, ancora.
-Claddagh.-decise
subito.
-Claddagh.-ripeté.-Un
nome particolare.-disse mentre prendevano la piccola e la portavano via ma
neanche la madre poté rispondere perché fu subito portata nella sua camera dove
dormì profondamente per altre sei ore.
Appena
cominciò a svegliarsi fece in modo che le venne subito portata la piccola. Fu
la prima cosa che vide appena aprì gli occhi.
-Buongiorno.-le
sorrise mettendole la piccola tra le braccia.-Dormito bene?-si informò.
-Ho
sognato troppo.-sospirò seria.
-Ci
sono dei documenti da compilare, lo sai vero?-esordì altrettanto seriamente.
-Dovrete
chiamare qualcuno?-si informò.
-Dipende
da quanti anni hai.-fece una pausa.-Perché non cominci con il dirmi il tuo nome?
Io ad esempio mi chiamo Judith.-
-Anne.-disse
tenendo gli occhi fissi sulla piccolina.
-Quanti
anni hai, Anne?-ma lei non rispose.-Sai, nel reparto si è sparsa la voce sul
nome della piccola e lo trovano tutti davvero molto originale.-
-È
simbolo di amicizia, fedeltà ed amore. È irlandese, come suo padre.-l’ultima
cosa fu quasi un sussurro ma lei lo udì comunque.
-E
al momento si trova in Irlanda? Possiamo rintracciarlo se vuoi.-ma lei scosse
la testa.
-Non
potete, è morto.-
-Capisco.
Vuoi compilare tu i documenti?-le propose.-Poi, se vorrai, potrai chiamare i
tuoi genitori.-
-Voglio
lasciarla qui.-annunciò e sulle prime Judith non capì.
-Come?-si
stupì.
-La
bambina. Voglio mettere firma e lasciarla qui in clinica, non posso portarla
con me. Ho una vita troppo disastrata e non voglio che cresca in mezzo a tutto
questo, sarebbe ingiusto.-aveva la voce rotta nel parlare e per nascondere le
lacrime teneva gli occhi bassi.
-Senti,
Anne, al momento sei ancora stanca e provata. Adesso riporto la bambina alla nursery
e tu dormi ancora un po’, quando ti sveglierai se sarai ancora della stessa
opinione agiremo di conseguenza, lascio comunque tutti i documenti qui sul tuo
comodino.-posò i fogli ma lei neanche ci prestò caso.
Guardò
la piccola culla andare via con sguardo serio, troppo serio per una ragazzina.
Judith sapeva che non poteva avere più di diciassette anni, e sperava
caldamente che cambiasse idea.
Anne
diede una rapida occhiata all’orologio che segnava le ventitré e un minuto
quando sgusciò fuori dal letto dopo che l’infermiera per il controllo fu andata
via vedendo che dormiva. O meglio che faceva finta di dormire. Aveva indosso un
paio di pantaloni da tuta e una canottiera su cui mise una felpa con la
cerniera.
Si
affacciò sulla porta e vedendo che non passava nessuno si inoltrò nel corridoio
fino a giungere alla nursery e guardare da dietro il vetro. Alcuni bambini
erano ancora svegli, altri piangevano ma lei non prestò attenzione a loro
perché la vide subito. Era avvolta in una copertina rosa ed era sveglia. Non
piangeva ma agitava le manine piccole e delicate.
Da
dentro un’infermiera la vide le indicò la bambina. Lei annuì e allora la
giovane di turno si premurò di prenderla dal suo giaciglio e la portò fuori
dove gli mise tra le braccia.
-Devo
ammettere di non aver visto una bimba più buona di lei. Non ha pianto per tutto
il giorno.-sorrise e poi tornò dentro.
Con
quel piccolo fagotto in mano, vestita di una tutina rosa e panna che non aveva
mai visto, forse dono di qualche altra madre, si sedette su una sedia. La mise
in piedi tenendola per le ascelle e portando il piccolo visetto alla sua stessa
altezza. Emetteva dei piccoli versetti con la boccuccia che la riempirono di
amore.
-Ciao
amore mio.-disse adagiandosela di nuovo tra le braccia e passandole in dito
sulla guancia paffutella.-Io non lo so se puoi capire ciò che ti dirò. Non
posso farlo, spero che tu mi capisca. La mia vita è così disastrata con tutti
quei demoni e vampiri. Voglio solo dirti che non sei stata uno sbaglio, anche
se questo ha portato tuo padre alla morte, per mano mia. Sono sicura che se
avesse saputo di te ti avrebbe amato come già ti amo io. Sto solo cercando di
garantirti una vita migliore di quella che potresti vivere con me e il costante
pericolo della morte, ti voglio solo proteggere.-
Si
portò la piccola testolina sulla guancia in un dolce e protettivo abbraccio
mentre una lacrima le scendeva giù per una guancia fino a posarsi sulla testa
quasi priva dei chiari capelli.
-Ti
amo così tanto.-pianse.-Vorrei tanto prenderti adesso e scappare via lontano,
io e te da sole, e magari trasferirci dove nessuno ci conosce. Ricominciare
daccapo e vivere per sempre felici, ma non posso perché io lo so che presto o
tardi ciò che sono e il mio passato mi busseranno alla porta e dovrò per forza
aprire. Claddagh, ricorda solo che sarai sempre la parte più importante del mio
cuore e che ti penserò tutti i giorni.-
La
guardò dritta in viso, senza che se ne fosse accorta l’aveva cullata fino a
farla addormentare. Nel sonno pareva una piccola bambola di porcellana con la
pelle chiara, le palpebre sottili e le ciglia chiare, quasi finte. Le accarezzò
dolcemente la testolina con un sorriso, poi si chinò a darle un bacino sul
piccolo nasino, poi un altro in fronte.
-Non
dirlo a nessuno, in realtà mi chiamo Buffy. Se da grande te lo ricorderai,
anche se non penso, cercami. Non ce ne sono tante con questo nome.-
Si
alzò e bussò sul vetro della nursery dove la stessa infermiera stava rimettendo
a letto un bambino dopo avergli cambiato il pannolino. Uscì fuori e prese la
piccola dalle braccia della madre che rimase a guardare finché non la rimise
nella culla. La guardò per ancora qualche istante, nel sonno pareva quasi finta
e poi tornò nella sua camera.
Si
mise le scarpe e lasciò sul cuscino un foglio piegato in due. Si guardò la mano
sinistra e vedendo l’anello che ancora portava all’anulare, lo sfilò e lo
adagiò sul foglio. Uscì dalla camera facendo attenzione a che nessuno la
notasse ma la clinica pareva quasi deserta.
Le
riuscì semplice uscire da lì e allontanarsi nell’oscurità mentre piangeva
lacrime amare e lasciava un pezzo del suo cuore dentro una culla con una bimba
di sole tredici ore addormentata pacificamente senza che sapesse o capisse cosa
le era appena successo.
6
febbraio 2018
Il
rumore di vetri rotti e dell’urlo scaturirono nel bel mezzo della tranquilla
conversazione che si svolgeva tra Dawn, Connor, Willow, Angel ed Eric nel
salotto facendoli trasalire tutti e annullando ogni loro pensiero che non fosse
solo uno stato di allerta.
-Madlen!-esclamò
Dawn scattando in piedi pensando che qualcosa fosse successo alla piccola.
-Clay!-la
corresse Angel correndo di sopra seguito da tutti.
La
scena che si presentò ai loro occhi appena aperta la porta li sconvolse tutti.
Clay era in uno stato di evidente shock, stava scaraventando i mobili e tutto
ciò che le capitava a portata di mano in aria, urlando e imprecando.
-Ti
odio!!-urlò.-Come hai potuto farmi questo?! Come hai potuto!!-gettò tutte le
cose che stavano sulle mensole della libreria per terra, rovesciò la poltrona e
con un gesto del braccio tutte le cose che stavano sulla console.
-Clay
fermati!-tentò Eric senza risultato, pareva inconscia della loro presenza.
La
stanza era il segno di una totale devastazione, fu Willow la prima a notare il
baule blu aperto e le cose appartenute alla sua migliore amica per terra
accanto ad esso. Come
-Buffy.-mormorò
e tutti posarono lo sguardo sul baule aperto.
Il
pianto di bambina li distrasse un attimo, tutti tranne Clay che ancora urlava
disperata e rovesciava qualsiasi cosa aveva a tiro. Era isolata da tutto.
-Vado
io.-disse Connor e uscì per andare da Madlen che tutto quel trambusto aveva
svegliato.
Willow
e Dawn si avvicinarono alla finestra e al baule, la prima per raccogliere uno
dei diari della sua migliore amica ancora aperto alla pagina che stava leggendo
Clay, l’altra perché la finestra era rotta e vedere cosa Clay aveva
scaraventato di sotto.
-Ha
gettato uno sgabello giù dalla finestra.-informò gli altri.
-Maledetta!!
Ti odio!! Che cosa ti avevo fatto di male!!-continuava ad urlare Clay in preda
ad una rabbia cieca e ad un dolore sordo che ancora nessuno poteva capire che
la portarono ad afferrare le cose della defunta cacciatrice, dato che ormai
aveva esaurito le cose da distruggere, e cominciare a fracassare quelle.
-Fermati!!-le
urlò Dawn.-Sono le cose di mia sorella!!-le strappò via di mano l’ombrellino
rosa, premio datole al liceo.
-E
conoscevi perfettamente tutti i segreti di quella stronza?!-urlò più forte di
lei.
Dawn
rimase ferma paralizzata dalla frase mentre Clay afferrava la libreria e la
rovesciava a terra. Eric si fece avanti afferrandola la dietro e tenendola
ferma mentre si dibatteva ferocemente. Tenne saldo finché non riuscì appena a
calmarla pur continuando a sentire che aveva il fiato affannoso ed era scossa
da violenti tremiti, poi la lasciò piano andare e la ragazza si poggiò con le
mani alla console ancora al suo posto. Cosa che non si poteva dire del suo
contenuto.
-Oh
mio Dio.-mormorò Willow che stava leggendo il diario della sua amica, era
sconvolta.
-Che
succede Willow?-le chiese Angel ancora stupito per quella scenata.
-Buffy
aveva una figlia.-annunciò la strega a tutti lasciandoli ammutoliti e
scioccati.
-Cosa?-sussurrò
Dawn con gli occhi sbarrati, le lacrime stavano cominciando a formarsi intorno
ai suoi cristallini occhi azzurri.
Calò
un profondo silenzio a quella rivelazione. Rotta un minuto dopo da un altro
schianto di vetro. Sobbalzarono tutti voltandosi verso la fonte del rumore.
Clay aveva dato un pugno allo specchio rompendolo in mille pezzi che caddero
sul pavimento come una lucente pioggia argentata insieme ad un'altra rossa…il
sangue proveniente dalla mano della giovane cacciatrice. Subito dopo, il rumore
di singhiozzi al contempo infantili e disperati.
-Volevo
solo essere amata.-singhiozzò con voce rotta instillando in tutti un enorme
conferma.
L’attimo
dopo era già corsa via dalla stanza e giù per le scale. Quasi nessuno si era
accorto di quella fuga talmente era lo shock.
-Claddagh!!-la
chiamò Eric correndo sul corridoio, ma lei era già scomparsa oltre la porta.
-Come
l’hai chiamata?!-riprese coscienza Angel raggiungendolo, gli altri lo
seguirono.
-Claddagh.-li
informò.-È il suo nome di battesimo.-spiegò
-Oh
Dio.-sussurrò Dawn ricordando quella mattina di agosto dove Buffy era spirata
con quell’ultima parola che le era uscita dalle labbra.-Non era l’anello.-
-È
scritto anche qui.-confermò Willow con ancora il diario in mano.-La stessa
Buffy lo scrive. Parla di lei ogni giorno a partire dalla sua nascita. Quando è
scappata di casa nell’estate dell’98 era incinta, ha partorito mentre si
trovava a Los Angeles ed è scappata di nascosto tredici ore dopo il parto
lasciando la piccola alla clinica con solo il nome: Claddagh.-raccontò
brevemente.
-Allora
è anche mia…-ma Angel non riuscì a completare la frase.
-Si,
è anche tua figlia.-annuì la strega.
-Devo
andare a cercarla!-Eric fece per correre via, ma Angel lo fermò per un braccio.
-No,
devo andarci io. So dove trovarla.-cominciò a scendere giù le scale.
-Come
fai a saperlo?-gli chiese il giovane medico stupito per l’affermazione sicura.
-Può
essere andata solo in un posto: da sua madre.-riprese la discesa ma fu di nuovo
fermato.
-Angel?-lo
chiamò Dawn e lui si voltò.-Ti prego, riporta da me mia nipote. È l’unica cosa
che ha lasciato Buffy e Claddagh non deve odiarla.-
-Lo
farò.-assentì e andò via.
In
quello stesso istante, Connor uscì dalla camera dalla camera da letto dove
dormivano anche i bambini trovando tutti nel corridoio.
-Madlen
è riuscita a riaddormentarsi.-li informò.-Avete saputo cos’è successo?-chiese
in ansia.
-Connor
ti senti mai solo senza fratelli o sorelle?-gli chiese Willow lasciandolo
esterrefatto.
-No.-scosse
la testa.
-Beh
sappi che le cose sono cambiate. Clay è tua sorella.-sparò.
-Cosa?-strillò
quasi.
-Andiamo
di sotto che ti racconto tutto.-lo invitò Dawn.
-Io
sistemo la camera di Clay e rimetto le cose di Buffy al suo posto. Nel mentre
chiamerò Giles per dirgli della novità, penso che dovrebbe anche leggere i suoi
diari.-propose Willow e tutti annuirono.
Angel
non era mai andato a trovare Buffy, e per quanto ne sapeva neanche Clay, ma non
gli fu difficile trovarla. Willow gli aveva sempre detto che nella periferia
nord cimitero di Restfield c’era un piccolo angolo con un salice piangente. Era
quello il luogo che Dawn aveva scelto per l’eterno riposo della sua amata
sorella.
Il
silenzio della notte era profondo e quasi irreale…per chi aveva orecchie umane.
Ma alle sue non sfuggivano nulla, neanche i singhiozzi disperati di una giovane
ragazza. Si diresse nella direzione da cui sentiva il pianto e poco dopo trovò
sua figlia, ancora non ci credeva, ai piedi della tomba della madre stesa
sull’erba e aggrappata ad alcuni ciuffi davanti alla lapide di marmo bianco.
Adesso
che la vedeva capiva quanto stava ancora soffrendo per lei, per l’unica donna
che avesse mai amato e che amava ancora. La lapide era bianca con sfumature
grigie e anche se era un po’ nascosta da Clay riuscì comunque a leggere le
iscrizioni sopra.
Buffy
Anne Summers
19/01/1981
– 12/08/2010
Sarai
sempre nei cuori di chi ti ama
Una
sola frase. Semplice, molto semplice, ma profonda al punto che si sentì le
lacrime pungergli gli occhi e il cuore fermo da secoli spaccato in pezzettini
talmente piccoli che lo trafiggevano facendogli più male di quanto osasse
pensare.
-Clay.-mormorò
non osando neanche chiamarla con il suo nome di battesimo.
Il
nome che Buffy aveva scelto, probabilmente pensando a loro e al fatto che lei
era un frutto che non doveva esserci. Era la meravigliosa conseguenza di una
meravigliosa notte che però aveva portato alla distruzione.
-Come
ha potuto farmi questo?-singhiozzò tremando violentemente. Il petto era scosso
dal pianto tanto da non riuscire a respirare. Ogni tanto tossiva in cerca
dell’aria che le lacrime le toglievano.
-Non
lo so.-scosse la testa.-Io non riesco a darmi una risposta, non è da lei fare
una cosa del genere. Buffy era…-cercò le parole adatte.-Era così sincera.
Qualsiasi cosa provasse o pensasse le si leggeva in volto, era come un libro
aperto, ma adesso non ne sono più così sicuro.-
-Io
non riesco a pensare. Non faccio altro che chiedermi perché. Perché l’ha fatto?
Non mi amava per caso?-continuò ed Angel la prese per le spalle costringendola
ad alzarsi a sedere per guardarlo in volto.
-Non
lo devi pensare.-la strinse forte.-Io non l’ho ancora letto quel diario ma
Buffy era piena d’amore, lei amava tutto. Amava la vita, amava me, la famiglia
e i suoi amici. Se ha fatto quel che ha fatto sono sicuro che non era perché
non ti amava.-le ingiunse quasi duramente.
-E
allora perché mi ha abbandonata?-ripeté guardandolo fisso con gli occhi
traboccanti di lacrime.
Angel
constatò che erano proprio uguali a quelli di Buffy. Che lei era uguale a
Buffy. Gli stessi smeraldi negli occhi, gli stessi raggi di sole nei capelli,
gli stessi boccioli di rosa nelle labbra…E come quando vedeva piangere Buffy,
adesso non sopportava che fosse lei, sua figlia, a piangere.
Senza
rispondere la strinse forte al petto, la abbracciò con tutta la forza della
disperazione mista ad amore che aveva. Facendola singhiozzare sul suo cuore,
quel cuore che si era frantumato quando Buffy era morta e che adesso stava
ritrovando una ragione per rivivere: quella figlia che lei non gli aveva mai
detto esistesse.
Nessuno
dei due seppe mai quanto tempo passarono stretti in quel modo, ore forse. Poi,
Clay si alzò dal petto di suo padre, gli occhi ancora bagnati e lucidi e rimase
a guardarlo per qualche secondo. Non aveva nessuna somiglianza fisica con lui,
ma non aveva mai visto foto di Buffy. Però riconosceva alcuni lati
caratteriali: lei era una solitaria, ed anche Angel, parlavano poco ed erano
relativamente timidi.
-Dio,
le somigli così tanto.-mormorò Angel accarezzandole i lunghi capelli biondi.
-Davvero?-chiese
come a conferma.
-Si.-annuì.
-Io
sono così arrabbiata.-tirò su con il naso voltandosi verso la lapide.-Al
momento sento solo una furia cieca che vuole che io spacchi tutti, l’ho già un
po’ sfogata in camera. Dopo tutto quello che ho passato non so se potrò mai
riuscire anche solo a pensare di perdonarla.-
-Ci
vuole tempo. Le ferite, a volte, ci mettono moltissimo tempo a risanarsi. Ti
rimarrà per sempre la cicatrice ma spesso il dolore persiste per anni. Io lo
so.-fece una pausa, poi riprese.-Torniamo a casa adesso, erano tutti molto
preoccupati.-si rialzò e le diede una mano per aiutarla a fare altrettanto.
Lei
non si voltò indietro nell’uscire dal cimitero, ma Angel si e si chiese perché
mai la sua dolce Buffy aveva mai fatto una cosa così stupida. Ma non sapeva
darsi una risposta.
Dopo
quello che era successo la prima cosa che Willow aveva fatto era chiamare
Giles, Xander e Faith. I tre erano accorsi subito lasciando, rispettivamente:
vecchi manoscritti che parlavano di Kramzee, un appuntamento con una donna a
casa sua e marito con figlio a casa dopo la ronda.
I
tre si erano subito precipitati trovando Dawn e Connor stravolti, Eric in
pensiero e Willow incredula con tre diari in mano. Subito era stata spiegata
loro la situazione lasciandoli senza parole e stupefatti. Giles aveva subito
voluto vedere i diari e da allora era immerso nella lettura dei più profondi
segreti della sua ex protetta.
Quando
la porta si aprì tutti si voltarono di scatto senza però avere il coraggio di
alzarsi. Giles stava sulla poltrona a leggere, Dawn, Connor e Willow erano sul
divano mentre Eric era poggiato ad una vetrina, Faith era seduta su una sedia e
Xander faceva su e giù per la stanza.
Due
secondi dopo, Angel apparve sulla porta del salotto insieme ad una Clay ancora
sconvolta e con gli occhi ancora lucidi di pianto. Nessuno sapeva cosa dire o
fare, perché qualsiasi cosa avessero detto o fatto sarebbe stato sbagliato. Ma
d’altronde, cosa si poteva dire ad una ragazza che aveva sofferto per
diciannove anni di solitudine per poi, una sera, leggere il diario di una
sconosciuta e scoprire che era sua madre?
-Evidentemente
sono l’unica ad avere le parole riguardo a questa storia.-esordì Clay amara.
-Non
sappiamo cosa dire.-precisò Dawn alzandosi.
-Beh
io si.-li guardò uno ad uno.-Sono amareggiata e furiosa. Al momento dentro di
me si stanno mescolando tantissimi stati d’animo misti a ricordi. Sapete quali
sono i miei maggiori ricordi? Io da sola a pensare e stare male per via della
mia stessa solitudine. A chiedermi com’era mia madre e perché mi aveva lasciato
mentre lei viveva qui, in questa stessa casa e rideva, stava con voi, cacciava
e viveva…senza di me. Per mesi ho vissuto in casa sua, dormito nel suo letto,
sentito parlare di lei, giocato con i nipotini della mitica Buffy Summers e
adesso scopro che è la persona che sto odiando da diciannove anni. A voi manca,
io sono felice che lei sia morta così non dovrei ammazzarla io con le mie mani
facendole sentire il mio stesso dolore.-li lasciò tutti ammutoliti, un po’ per
le parole e un po’ perché mentre le diceva piangeva. Di nuovo.
Erano
così scioccati dalle sue parole che nessuno vide alzarsi Dawn dal divano e
avvicinarsi alla ragazza. Ma sentirono indistintamente il rumore della sua mano
che colpiva la guancia di Clay in uno schiaffo acuto e con la potenza della
Chiave che c’era in lei mandandola a sbattere contro lo stipite della porta di
legno.
-Tu
sei un’egoista. Mia sorella ha sofferto come te in questi anni, le si leggeva
negli occhi che non era più la stessa Buffy di una volta. Non era fatta di
pietra ma di carne e sangue come tutti noi.-la riprese duramente.
Continuando
ad essere aggrappata allo stipite di legno, Clay scivolò lentamente a terra
riprendendo a singhiozzare come poco prima. Credeva di aver ormai esaurito le
lacrime ma evidentemente si sbagliava, e capiva che Angel aveva ragione: quella
ferita non avrebbe smesso tanto presto di sanguinare abbondantemente.
-Cosa
ne sai tu?-le chiese piano.-L’hai avuta con te per più di venti anni, io solo
per tredici ore e non me lo posso neanche ricordare. Tu sai che profumo aveva,
il suono della sua voce, il modo in cui si spazzolava i capelli. Sarò pure
egoista ma sei tu che ricordi ogni più piccolo particolare dei suoi gesti
mentre io piangevo ogni notte in una camera d’istituto.-singhiozzò lasciandola
di stucco e in colpa per quel ceffone che ancora risuonava nell’aria.
Fu
Willow ad alzarsi velocemente e ad inginocchiarsi accanto a lei abbracciandola
stretta e a piangendo con lei.
-Lei
ti amava, ne sono sicura.-le disse accarezzandole i capelli.-E anche se non sai
com’era ti basta guardarti allo specchio perché tu sei esattamente come lei
anche nel modo di muoverti e camminare.-precisò.
Lei
la guardò con gli occhi pieni di lacrime e abbozzò un sorriso. Non voleva
ancora sapere nulla di sua madre ma per quella sera ne aveva ricevute troppe,
di notizie, così si limitò a calmarsi e sentirsi circondata dal calore di cui
Buffy Summers aveva goduto per venti anni circa.
Cominciava
a prendere coscienza, però, del fatto che probabilmente somigliava moltissimo a
sua madre. E non sapeva come reagire a questa somiglianza.
Parte
22 – Cercare di capire
Non
ci vollero più di ventiquattro ore affinché tutte le altre cacciatrici seppero
che Clay, anzi Claddagh, era la figlia segreta della famosa Buffy Summers.
Ovviamente furono diverse le voci che circolarono e poche erano giuste finché
un giorno Faith non le trovò a spettegolare animatamente su quella storia e si
infuriò a tal punto da urlare a tutte che non capivano assolutamente niente e
le prese persino a parolacce facendole sentire, anche chi non c’entrava niente,
terribilmente in colpa.
In
quel lasso di tempo, Clay si chiuse ancora di più non solo in casa ma anche in
sé stessa. Guariva perfettamente ma evitava tutti e c’era anche chi pensava, a
volte, di avere che fare con un fantasma tanto erano fugaci le sue apparizioni.
Poi
un giorno si decise. Le ferite erano ormai rimarginate e Dawn aveva deciso che
durante il lavoro mentre lei era agli allenamenti e Madlen all’asilo, sarebbe
stata Willow a tenere Duncan con sé al negozio. Oltretutto sapevano che era
anche un posto sicuro dove lasciarlo.
Così
Clay tornò agli allenamenti. Appena varcò la soglia vide perfettamente tutte le
sue sorelle cacciatrici girarsi verso di lei e guardarla con sguardi che non
riusciva a capire. Ma lei, semplicemente, si incamminò attraverso la stanza
dove lasciò la borsa in un angolo e si tolse la felpa rimanendo con una
canottiera di cotone, poi cominciò a fare riscaldamento facendo finta di non
notare tutti quegli sguardi curiosi.
Nel
mezzo del silenzio alcune spettegolavano tra di loro e sapeva che stavano
parlando di lei, riusciva a cogliere le allusioni e anche a capire i loro
discorsi. Da una parte c’era una che parlava più animatamente delle altre. A
quel punto si arrabbiò.
-Ehi!-la
chiamò.-Se hai qualcosa da dire su di me preferisco che me lo dici in
faccia.-precisò.
-Non
sempre le persone devono stare a parlare di te, Claddagh.-marcò il suo nome con
pungente ironia e un luccichio da iena negli occhi.
Era
una ragazza dell’alta società londinese la cui chiamata era stata accolta un
po’ come una corona sulla testa. Non si era mai vergognata di ostentare i
soldi, la buona famiglia e tutta la sua vita perfetta. Così come non si era mai
vergognata di disdegnare la vita misera che aveva condotto non solo Clay ma
anche altre ragazze che magari venivano da paesi più poveri come regioni dell’Africa,
Albania, Iraq eccetera.
Clay
provava raramente dell’odio ma con quella ragazza era diverso. Non lo aveva mai
ammesso a voce ma dentro di sé non nascondeva di odiarla.
-Il
mio nome di battesimo vorrei che non lo usassi.-le disse.
-Beh
perché mai?-sorrise.-Non si trovano spesso nomi così originali. E d’altronde da
una madre che sarà pure stata la migliore cacciatrice mai esistita ma che si
chiama Buffy cosa ci si poteva aspettare? Che ti chiamasse, magari, con un nome
decente?-
Clay
le si avvicinò fino a fronteggiarla, la ragazza era più alta di lei di almeno
dieci centimetri ma non le faceva paura perché sapeva di essere più forte. I
loro visi erano a poca distanza l’uno dall’altro.
-Buffy
Summers la lasci fuori da questa storia, sono cose che non ti riguardano. Sai
cosa penso? Che tu in realtà sia solo invidiosa. Proverrai pure da una ricca e
facoltosa famiglia londinese ma io ho lo stesso sangue della cacciatrice che ha
fatto di te una cacciatrice.-la sfidò.
La
ragazza aprì bocca per rispondere ma la porta si aprì di nuovo e Faith entrò
seguita da Angel, Spike e Kennedy che chiuse la porta per evitare alla luce del
sole di colpire i due vampiri e bruciarli. Capirono subito la tensione che
serpeggiava tra le ragazze.
-Che
succede qui?-chiese Faith subito all’erta.
-Niente.-rispose
Clay indietreggiando di un passo.-Non succede niente, solamente c’è chi non
conosce il detto che chi si fa i cavoli suoi campa cento anni.-
-Beh
tu hai nelle vene sangue di vampiro, tra cento anni saprai darmi una risposta.
Magari ti sarai messa ad uccidere umani. Pare che Angelus, tuo padre, la
definisse un’arte.-e quelle ultime affermazioni, la cacciatrice londinese, non
riuscì proprio a tenersele in gola.
Clay
assorbì il colpo per solo un millesimo di secondo poi si avvicinò velocemente
alla compagna e le diede un pugno sul naso che le fece fare un volo di almeno
due metri lasciando tutti scioccati e senza parole.
Ma
non si rassegnò, perché appena la vide a terra le si lanciò addosso continuando
a colpirla con tutta la furia del suo dolore.
-Cosa
ne sai tu?!-sbraitò tirandole i capelli.-Sei solo una mocciosa viziata!-
Fu
Angel a prenderla per la vita tirandola via dalla compagna sanguinante a terra
mentre la ragazza ancora scalciava furiosa, i capelli davanti al volto.
Faith
e Kennedy soccorsero la ragazza che, nonostante tutto, se l’era proprio
cercata!
-Lasciami
stare!-Clay si divincolò dalle braccia di Angel e lo fronteggiò.-È anche colpa
tua! Odio pure te!-e detto questo corse via dalla palestra lasciando dietro di
se stupore e anche dolore.
Il
bussare alla porta fu quasi lieve ma lo sentì ugualmente, anche se era sul
balcone a dare una sistemata alle piante. Non se ne curava tanto, aveva solo
qualche pianticella grassa ma ogni tanto cambiava la disposizione, se rimanevano
troppo tempo nello stesso punto dopo un po’ quella sistemazione gli veniva a
noia.
Rimase
quasi senza parole quando aprì la porta e davanti si trovò la sua migliore
amica. Si conoscevano praticamente da quando erano nati, erano cresciuti
insieme e insieme avevano condiviso gioie, dolori, lacrime e sorrisi. E fu
proprio un sorriso che le dedicò appena vide i suoi begli e ancora un po’
infantili e timidi occhi verdi.
-Ciao
Willow.-la salutò.
-Posso
entrare, Xand?-gli chiese quasi timidamente. Erano all’incirca un paio di mesi
che non andava in casa del suo migliore amico.
-Alla
mia migliore amica non rifiuto mai l’invito.-si scostò per farla entrare appena
l’ebbe fatto richiuse la porta.
-Hai
la casa abbastanza in ordine per essere invaso dalle cacciatrici.-constatò lei
guardando il perfetto ordine appena smorzato dalle decine di brande in mezzo
alla stanza.
-Sono
parecchio ordinate.-alzò le spalle e si diresse verso l’angolo
cottura.-Caffè?-propose.
-Volentieri,
ma non troppo forte.-si avvicinò a sua volta sedendosi su uno degli alti
sgabelli al banco colazione.-Mi sento un po’ agitata.-precisò.
-Non
sei l’unica.-tirò fuori la caffettiera di vetro e verso il liquido nero dentro
due tazze rosse, poi gliene porse una.-Pensavo che Dawn ti lasciasse Duncan
mentre è al lavoro.-
-Si,
è vero.-annuì.-Difatti adesso è con Giles ed Andrew lì.-
-A
cosa devo la tua visita allora?-si stupì, anche se gli faceva sempre piacere
parlare con lei.
-Xander,
perché pensi che non ce l’ha detto?-gli chiese e lui capì subito di cosa
parlava.
-Me
lo chiedo anch’io.-fissò lo sguardo sul caffè.-Posso capire non dirlo ad Angel,
a Giles o persino a sua madre. Ma noi eravamo i suoi migliori amici, noi
eravamo i tre moschettieri. Abbiamo cominciato la lotta insieme.-
-Me
lo ricordo come se fosse ieri. Pioggia di rospi.-ricordò con un sorriso saturo
di ricordi.-Dio, ha avuto una bambina e ce lo ha tenuto nascosto per dodici
anni. È morta pronunciando quello che a noi pareva il ricordo di un ninnolo
perso e invece era il nome di sua figlia.-
-Anch’io
mi sono interrogato spesso su quella parola senza mai arrivare ad una
conclusione. Adesso capisco il perché.-sospirò.
-Vorrei
solo cercare di capire.-mormorò.
-Lo
vogliamo tutti.-tentò di consolarla prendendole una mano tra le sue.
-Li
ho letti i suoi diari, sai?-gli disse.-Tutte le pagine, ogni singola parola che
ha scritto. Cominciano quando è arrivata qui e si interrompono il giorno prima
della sua morte. Da dopo la scoperta della gravidanza non fa altro che parlare
di lei, soprattutto dopo il parto. Ne parla ogni giorno, Xander! E in dodici
anni noi non ce ne siamo mai accorti.-
-Giuro,
Will, che avrei tanto voluto. Forse io non avrei preso molto bene la notizia di
una figlia di Angel ma lei era Buffy, la nostra migliore amica. Mi chiedo cosa
le sarà passato di mente in quegli anni, il suo stato d’animo ogni venti di
settembre e non so mai darmi una risposta.-scosse la testa.
-Nemmeno
io.-concordò in un sussurro.
-Willow
non riesci a rintracciarla?-le chiese a bruciapelo.
-Chi?-si
stupì.
-Buffy.-spiegò
e la vide aggrottare la fronte.-Il suo spirito o qualcosa del genere, solo per
farci spiegare il perché di quel suo gesto.-
-Non
so se ci riuscirei. È passato troppo tempo e ormai il suo spirito sarà chissà
dove in chissà quale dimensione paradisiaca. Sarebbe come cercare di
rintracciare Tara dopo diciassette anni, potrebbero volerci anche sei mesi! E
io non posso rimanere in trance per troppo, Xander. Anche se sono passati anni
il buco nero della dipendenza mi pesa sempre sulla testa, un minimo errore e ci
ricasco dentro. È molto dura sapersi controllare.-precisò.
-Non
preoccuparti, va bene lo stesso.-le sorrise.-Volevo solo sapere perché. Vorrei
cercare di capire anch’io.-
-In
tutta questa storia, però, non posso fare altro che pensare a Clay. Tu non
c’eri quella sera, Xander, la sua rabbia, il suo dolore erano molto forti. Io
mi sentivo quasi stordita tanto potevo percepirli con chiarezza. E c’erano
anche la solitudine, il male della ferita di qualche settimana fa. Ha quasi
distrutto la camera di sua madre e riuscivo a giustificarla.-rifletté.
-La
condannavi in quel momento?-le chiese.-Buffy.-precisò.
-No.-scosse
negativamente la testa.-Ma non la giustificavo. Eravamo in un periodo difficile
con Angelus che non sapevamo che fine aveva fatto, Kendra e la professoressa
Calendar appena morte, la caccia ai vampiri, lei non sapevamo dove fosse
finita. Ma mi sforzo anche di capirla, per gli stessi identici motivi che ho
appena detto. Per non parlare del fatto che tutti odiavamo Angel, sua madre era
rimasta sconvolta dalla scoperta dei vampiri. Vorrei tanto tornare indietro per
cambiare le cose.-
-Almeno
su questo non abbiamo mai potuto porre rimedio. Altrimenti avremmo cambiato un
sacco di cose, forse avremmo costruito un futuro così come lo avremmo voluto
che sarebbe stato falso.-fece un sospiro e finì il suo caffè.
-Al
momento non possiamo fare altro che dare a Clay lo spazio e il tempo per
riprendersi senza starle troppo addosso, poi proveremo a farle capire cosa ha
indotto Buffy ad abbandonarla. Anche se non lo sappiamo nemmeno noi.-sorrise
ironicamente a sé stessa.
-Avevo
intenzione di andare al cimitero stamattina, vieni con me?-le propose.
-Volentieri.-ingollò
l’ultimo sorso di caffè.
Uscirono
pochi minuti dopo, prima di andare al cimitero si fermarono dal fioraio per
prendere un mazzo di rose bianche da portare alla loro amica. Per tutto il
tragitto continuarono a parlare dei vecchi tempi, quando erano giovani e
incoscienti e riuscivano comunque a sventare tutte le apocalisse che si
profilavano davanti.
In
fondo non rimasero poi così stupiti quando davanti alla tomba della loro amica
trovarono anche Giles. Anche lui con un mazzo di fiori bianchi già adagiati
sulla terra. Gli occhi tristi e pieni di ricordi comuni.
-Ha
avuto la nostra stessa idea, Gman?-lo canzonò sorridente Xander mentre Willow
posava i fiori accanto a quelli dell’osservatore.
-Xander
potresti, per favore, tenere le tue sbruffonate per un luogo meno sacro del cimitero?-lo
riprese serio.
-Ha
ragione, lo ammetto.-si arrese battendogli una mano sulla spalla.
-Come
sta, Giles?-si informò Willow rialzandosi.
-Cosa
posso dirti, Willow?-si tolse gli occhi e cominciò a pulirli con un candido
fazzoletto bianco tirato fuori dalla tasca della giacca.-Non so darmi una
risposta al gesto che Buffy ha compiuto. Ho letto e riletto i suoi diari fino a
consumarmi gli occhi e impararli a memoria ma credo che neanche Buffy stessa
sapesse realmente perché l’ha fatto. E vorrei tanto capire cose che non
so.-sospirò.
-Dawn
è a pezzi, addirittura Clay le parla appena. Siamo tutti senza parole da quando
l’abbiamo scoperto.-gli disse.
-Ma
siamo tutti così concentrati a cercare di capire perché Buffy ha abbandonato la
sua bambina che non abbiamo pensato alla bambina stessa.-continuò
l’osservatore.-Buffy è morta e quel che è stato è stato, adesso c’è Claddagh
che ha bisogno di noi. È stata sola per diciannove anni, non possiamo sapere
cosa ha passato, quali siano stati i suoi sentimenti e stati d’animo.-
-Dobbiamo
procedere con calma.-si intromise Xander.-Al momento, Clay è arrabbiata e
scatta su tutto come una molla. Dobbiamo darle il tempo di calmarsi e poi
cominciare a darle affetto, è solo questo che vuole.-spiegò.
-Da
quando hai messo su tutta questa saggezza?-lo canzonò Giles allegramente.
-Non
sono sempre stato sbruffone, sa?!-si difese piccato.
Rimasero
un altro po’ a chiacchierare, rievocando anche i vecchi tempi passati. L’unico
desiderio che avevano era che Buffy, in quel momento, fosse lì con loro.
Perché
solo lei poteva dare a sua figlia le risposte che nessuno di loro possedeva.
Parte
23 – Ritrovare la forza
La
casa era deserta e silenziosa. Le luci spente, anche se ancora non era neanche
il tramonto quindi c’era tanta luce.
Sapeva
che le cacciatrici erano ancora all’allenamento mentre Dawn non aveva ancora
finito di lavorare, così come Connor. Madlen, quel giorno, sarebbe andata a
prenderla Willow. O così aveva sentito al mattino.
In
quei giorni si sentiva stanca. Emotivamente stanca. Troppe cose le erano
piombate addosso improvvisamente e senza che lo volesse. Troppe scoperte,
troppe emozioni, troppe lacrime, troppo tutto. Non si era di certo voluta tutte
quelle cose.
La
porta della sua camera cigolò appena quando la aprì, era illuminata da una
piramide di luce solare che filtrava dalla finestra semi aperta e che prendeva
il letto. Socchiuse la porta alle sue spalle e rimase ferma al centro della
stanza a guardarsi in giro.
La
camera di sua madre, la sua camera. Aveva dormito nel suo stesso letto, si era
specchiata nel suo stesso specchio, i suoi vestiti stavano nell’armadio che
avevano contenuto i suoi.
Buffy
Summers era sua madre. Claddagh ancora non sapeva darsi una risposta a tutto
questo, anche perché non aveva le domande.
La
camera era in perfetto ordine, lo specchio era stato rimosso dopo che lei
l’aveva spaccato con un pugno, probabilmente era dal vetraio per farne mettere
un nuovo. Si fece un sorriso autoironico dicendosi che uno specchio rotto erano
sette anni di disgrazia.
Beh
dopo diciannove, ad altri sette poteva anche farci l’abitudine.
Aveva
evitato tutti in quei giorni. Dawn, sua zia. Connor, suo fratello. Willow,
Xander e Giles, i migliori amici di sua madre. Angel…suo padre. Soprattutto
lui.
Soprattutto
dopo la sfuriata alla palestra dove aveva persino picchiato una sua compagna e
gli aveva detto che odiava anche lui. Erano passati quattro giorni da
quell’accaduto.
L’occhio
le cadde sul baule blu. Era ancora aperto anche se il coperchio non era alzato.
Si avvicinò e si sedette sul pavimento aprendolo di nuovo, fece lo stesso
identico cigolio della prima volta. La cosa le fece venire i brividi.
Ritrovò
i vestiti, i cd, gli oggetti. E in fondo i diari. Gli oggetti del misfatto. Li
prese in mano, tutti e tre, e li accarezzò piano per paura che potessero
sbriciolarsi tra le sue mani. Sentì che aveva la gola improvvisamente serrata e
gli occhi pieni di lacrime ma si impose di non piangere.
Fu
voltando lo sguardo che si accorse che sulla console ci stava su una scatolina
di velluto nero con su un biglietto. Si alzò incuriosita e prese il biglietto
in mano, era un pezzo di carta piegato in due. Lo aprì scorgendo la scrittura
piccola e minuta tipica femminile.
“Scusa
se quando l’hai trovata ti ho trattato male. Adesso è meglio se la tieni tu.
Spero
che prima o poi verrai da me per parlare, abbiamo tante cose da dirci.
Dawn”
Incuriosita
posò il biglietto e aprì la scatola trovandoci dentro la croce d’oro bianco che
tempo addietro aveva trovato nell’armadio. Era stato il giorno in cui Dawn le
aveva raccontato come e quando era morta sua sorella Buffy. E senza saperlo le
aveva anche raccontato della morte della sua stessa madre.
La
prese in mano sentendo il freddo del metallo tra le dita. Ricordò di esserne
stata colpita fin dal primo istante, e di aver sentito una strana sensazione
invaderla alla sua vita. Adesso capiva perché, era un oggetto appartenuto a sua
madre.
La
indossò sentendola pesare sul collo. Non capiva se era il peso dell’oggetto in
sé o il peso che rappresentava. Era comunque un gioiello di sua madre.
Con
la collana al collo tornò a sedersi per terra davanti al baule e riprese in
mano i diari. D’istinto aprì l’ultimo, quello più recente, alle ultimo giorno scritto.
Il giorno prima che Buffy morisse. Era l’undici agosto 2010.
“Giles
ha detto che il demone è molto potente, riesce a nutrirsi delle mie emozioni.
Ho paura.
Non
porterò Dawn con me, temo per la sua vita. Con i poteri della Chiave che giorno
dopo giorno, fin da quando abbiamo sconfitto Glory, continuano a crescere
dentro di lei è molto forte e potrebbe anche essere utile, ma non voglio
esporla ad alcun pericolo. Lei ha una vita meravigliosa davanti a sé, ha
Connor, un bellissimo lavoro che comincerà a breve e tutta la felicità che si
merita.
Fortunatamente
non ha avuto il mio stesso destino, tranne quello di non essere del tutto vera,
ma ha saputo cambiarlo e farò di tutto affinché lo conservi bene.
Penso
a Claddagh. Penso sempre a lei. E, in effetti, è questa l’emozione che mi
spaventa di più. Se il demone dovesse leggervi dentro il mio amore per lei
penso che sarei finita. Lo conservo e custodisco gelosamente dentro al mio
cuore e non concedo l’accesso a nessuno, perché nessuno sa di lei e questa è una
cosa sola mia che non condivido con nessuno.
In
effetti sono contenta che sia così. Claddagh è solo mia, e per quanto mi odi
ogni giorno per averla lasciata in quella clinica almeno so che da qualche
parte c’è una piccola bambina, una parte tutta mia e di nessun altro. Tranne
che di Angel che è suo padre, ma questo è un altro discorso.
Tra
meno di un mese sarà il suo dodicesimo compleanno. Ieri, passando davanti ad un
negozio di giocattoli, ho visto una bambola bellissima che forse potrebbe
piacerle. Ma forse ormai è grande e non ci gioca più con le bambole. Forse,
ormai, è nell’età dello sviluppo e preferisce dei jeans alla moda o un
lucidalabbra.
Cosa
si regala ad una bambina di dodici anni che sta entrando nell’adolescenza?
Penso che dopo aver pensato al demone farò un giro per decidere cosa prenderle
quest’anno.
Mi
sento così sciocca, ogni anno, a comprare dei regali che tengo nascosti dentro
una scatola nel mio armadio. Mi sento sciocca perché lei non li ha mai ricevuti
ed io non capisco se li compro per lei, sapendo che non è con me, o per me. Per
alleviare il mio senso di colpa e la mia voglia di lei.
Non
dimenticherò mai il suo profumo di neonata, le manine piccole e la pelle rosa e
delicata…mi manca sempre così tanto.
Penso
che adesso sia arrivato il tempo di dire basta a questo dolore. Il demone che
affronterò domani credo che capterà il mio amore per lei ed io non posso più
nasconderlo a me stessa. Amo la mia bambina anche se l’ho abbandonata quasi
dodici anni fa. La voglio cercare.
Dopo
la lotta tornerò a Los Angeles, andrò nella clinica di Saint Jules e spero che
sappiano darmi un riferimento di dove possa trovarsi. Muoverò mari e monti per
ritrovarla e anche se so che all’inizio mi odierà per averla abbandonata, io le
spiegherò il perché e le farò capire che non l’ho mai dimenticata. Diventeremo
quello che già siamo: madre e figlia.
Adesso
vado a dormire, Giles dice che devo essere riposata per domani. Auguro la buona
notte anche a te, mia piccola Claddagh, ovunque tu sia. Ti voglio bene.”
Dovette
deglutire parecchie volte per ricacciare indietro le lacrime, mordendosi forte
le labbra fino a quasi farle sanguinare. Ecco la cosa che non avrebbe mai
voluto sapere: che aveva deciso di cercarla.
Era
la cosa che faceva più male in assoluto. Si, perché in quel preciso istante
stava dando la colpa al destino crudele che il giorno dopo gliel’aveva
strappata via con un colpo di spada nello stomaco, ed era ciò che non voleva.
Un
pensiero improvviso le attraversò la mente e mollato il diario sul pavimento si
alzò di scatto per dirigersi su nella soffitta. In un angolo, coperti da un
telo grigio chiaro, trovò un mucchio di scatoloni con su scritto “Buffy” con un
pennarello nero.
Non
voleva violare la privacy della cacciatrice morta, ma era pur sempre sua madre.
Dovette aprire due scatole prima di trovare quella che cercava: i suoi regali
di compleanno. Si notavano diversi strati di nastro adesivo da imballaggio,
segno che Buffy l’aveva aperta e chiusa diverse volte perché sapeva, o meglio
immaginava, che Dawn non ne conoscesse il contenuto o si sarebbe insospettita
per quegli undici pacchetti regalo e avrebbe letto prima i diari per avere una
risposta.
Su
ognuno c’era un biglietto con un numero. I pacchi erano numerati da uno ad
undici. Evidentemente li aveva distinti per anno.
Prese
in mano il primo e lo scartò facendo attenzione alla carta. Non le importava
che qualcuno potesse sorprenderla, erano comunque i suoi regali di compleanno.
Il
primo conteneva un vestitino rosa confetto con i bordi bianco panna. Era un
vestitino in stile bambola ma che probabilmente Buffy aveva comprato
immaginando di farglielo indossare proprio quel giorno.
Il
secondo era un peluche a forma di orsetto bruno con un fiocco rosa a quadretti
intorno al collo. Lo strinse forte nonostante l’odore di chiuso. Non aveva mai
avuto un peluche.
Il
terzo era un libro di fiabe tutto disegnato e colorato a colori e immagini
vivaci e allegri. Immaginò sua madre leggerle qualche storia per farla
addormentare.
Il
quarto era una bambola con lunghi capelli dorati a boccoli ed un vestito corto
al ginocchio a pois con il grembiulino. La mise a sedere accanto al peluche.
Il
quinto era un album da colorare con i colori. Forse Buffy aveva visto degli
altri bambini colorare e aveva pensato che ormai anche lei riusciva ad usare i
pennarelli.
Il
sesto era uno zainetto. A sei anni aveva cominciato ad andare a scuola e anche
se Buffy non poteva saperlo doveva averlo immaginato dato che tutti i bambini
cominciavano le elementari a quella stessa età.
Il
settimo era un libro per bambini, una storiella fantastica di topini e gattini.
Aveva già imparato a leggere e infatti sulla copertina c’era l’età indicativa
che andava da sette anni in su. Si stupì di come Buffy, anche senza mai averla
vista, la immaginasse così bene ad ogni età.
L’ottavo
era una Barbie. Clay le aveva sempre viste esposte ma non ne aveva mai
posseduta una nuova. Una volta ne avevano trovata una dentro il cesto delle
offerte per i bambini e l’unica Barbie, con i capelli ormai ingrigiti e
impastati per via dell’utilizzo, era andata alla bambina più piccola che aveva
avuto quattro anni. Lei ne aveva sette.
Il
nono erano un paio di rollerblade. Erano un paio in plastica da bambini,
colorati di rosso, blu e giallo ma che apprezzò comunque. Aveva imparato a
pattinare durante le attività sportive all’istituto, anche se preferiva di più
il pattinaggio su ghiaccio.
Il
decimo erano un paio di jeans con una t-shirt. Avevano ancora la targhetta,
anche se il prezzo era stato staccato via, ma si vedevano che erano di buona
fattura. Accarezzò il tessuto che si era mantenuto bene nel tempo,
probabilmente anche grazie all’incarto. Erano bellissimi.
L’undicesimo,
l’ultimo, fu quello che la colpì di più: era un diario. La copertina era bianca
e c’era la stampa di Winnie the Pooh con i suoi amici del bosco. Lei aveva
sempre adorato Winnie the Pooh e quel diario lo considerò un segno del destino.
Buffy
non avrebbe mai potuto sapere di quella sua passione ma le aveva comprato un
diario con la stampa del tenero orsetto giallo. La consapevolezza che
nonostante l’abbandono sua madre aveva sempre pensato a lei e l’aveva sempre
amata la colpì duramente e scoppiò in un pianto dirotto stringendo forte a sé
il diario.
I
singhiozzi rimbombavano nella soffitta polverosa che ormai stava diventando
buia ma lei non se ne accorgeva perché si trovava immersa in un mondo suo,
circondata dai regali di sua madre.
-Perché
l’hai fatto?-mormorò mentre sussultava per i singhiozzi.
La
mano sulla spalla la fece sobbalzare e voltarsi di scatto. Con gli occhi
annebbiati di lacrime riuscì comunque a distinguere i due occhi azzurri che la
fissavano.
Spike.
Aveva letto molto su di lui. La sua vita da umano, quella da vampiro al
servizio di Angelus, da vampiro solo con Drusilla, da vampiro con il chip e da
vampiro con l’anima.
Aveva
avuto una relazione con sua madre. Fatta solo di sesso, bugie, vergogna,
sdegno, sangue e comunque un po’ d’affetto. Nelle sue profonde iridi azzurre
color cielo riusciva ancora a scorgere un sentimento per Buffy. E il fatto che
adesso la vedesse riflessa in lei.
-A
Dawn non piacerà il fatto che tu abbia aperto degli scatoloni di sua
sorella.-la ammonì dolcemente.
-Sono
i miei regali di compleanno. Mi appartengono.-specificò un po’ presuntuosamente
stringendo ancora di più il diario.
-Allora
Dawn capirà, in caso le spiegherò io.-annuì.-Mi chiedo cosa avesse in testa
quella pazza di una cacciatrice la sera che ti ha lasciato.-scosse la testa.
-Già.
Ce lo chiediamo tutti.-concordò.
-E
pensare che la prima volta che ti ho visto ti ho scambiato per lei. Ho delirato
come un pazzo.-ricordò fissando il pavimento.
-Io
pensavo che lo fossi.-si mise il diario sulle ginocchia.
-E
io pensavo fossi lei.-pensò al sospiro che non poteva fare e anche a
Buffy.-Porta i regali in camera tua così potrai custodirli con cura.-le
consigliò con un sorriso.
-Sai
qual è una cosa che fa molto male, Spike?-fissò il viso stampato di Winnie the
Pooh.
-Quale?-si
stupì.
-Tutti
cercano di parlarmi, di farmi capire e non vogliono che la odi. Anche loro
cercano di capire il perché e il percome ma nessuno ha ancora fatto per me la
cosa fondamentale.-spiegò.
-E
cioè?-aggrottò la fronte confuso e lei lo guardò con i due smeraldi negli occhi
ereditati da Buffy.
-Non
mi hanno mai fatto vedere il suo volto.-precisò.
-Cretini.-li
apostrofò scuotendo la testa.-Angel in primis! Già di secondo nome fa scemo
depresso, in questo periodo sembra più morto che cammina nel solito e si è
scordato l’espressione parlare ma da qui a non capire che non hai mai visto
nemmeno una foto di Buffy ce ne vuole!-si infervorò.
Lei
lo fissò con l’ombra di un sorriso tra le lacrime. Finora era l’unico che era
riuscito a strapparglielo.
-Vieni,
andiamo.-la aiutò a rimettere tutto nella scatola e presola per mano la scortò
al piano di sotto fermandosi prima nella camera della ragazza per adagiare la
scatola ai piedi del letto.
Poi
scese nel salotto lasciandola sulla porta per cominciare a frugare dentro cassetti
e sportelli senza che lei capisse niente. Clay si girò verso il tavolino
rotondo accanto al divano scorgendo la foto di Joyce Summers e prendendola tra
le mani.
-Una
volta avevo pure una nonna.-mormorò triste e lui si voltò a guardarla.
-Ed
era la migliore.-precisò.-Senti, sono l’ultimo che dovrebbe dirtelo ma devi
cercare almeno di parlare con Angel e Dawn. Quei due sono a pezzi.-le
consigliò.
-Ci
proverò.-annuì con un sospiro e rimise la foto al suo posto.-Cos’hai lì?-indicò
la scatola che aveva tra le mani.
-Vieni.-la
chiamò mentre si sedeva sul pavimento. Lei lo raggiunse subito.-Sapevo che
anche se non ne teneva in giro, Dawn doveva averne parecchio conservate.-aprì
la scatola lasciandola subito di lato e prese dallo sportello ancora aperto un album
di foto.
Clay
si sedette accanto a lui incuriosita. Spike pareva sovraeccitato e non capiva
perché. Lui le aprì l’album davanti dandoglielo subito tra le mani e le indicò
la foto di una neonata.
-Questa
è Buffy appena nata.-le spiegò.-È stata Dawn a fare questo album dopo la morte
di Buffy, qualcosa in suo ricordo. Ne ha uno anche di Joyce.-le spiegò.
-Era
simpatica?-chiese guardandolo.
-Faceva
i marshmallows più buoni del mondo.-la fece ridere mentre girava pagina.
C’era
una foto di Buffy a quattro anni. Aveva un vestitino giallo a fiori e due
codini biondo oro, una bambola tra le mani. La foto successiva la ritraeva a
sei anni. Aveva i capelli un po’ più scuri lunghi fino a metà della vita e
indossava un vestitino viola con una camicetta bianca, aveva una mano su un
fianco e la testa piegata di lato in posizione studiata da modella e sorrise
nel vederla.
Quella
dopo la ritraeva a otto anni, i capelli si erano schiariti ancora ed erano
corti appena sulle spalle e indossava un vestitino lilla con una cinturina in
vita. Era insieme ad un’altra bambina con due lunghe trecce bionde e
sorridevano felici abbracciate.
-Questa
era sua cugina Celia, è morta poco dopo. Nove anni dopo Buffy scoprì che in
realtà era stata un demone ad ucciderla e ovviamente lo uccise. Si provocò la
febbre a quaranta per poterlo fare. A volte era proprio matta.-Spike scosse la
testa.
-Io
le somiglio?-gli chiese ma lui non rispose girando ancora pagina.
C’era
una foto di Buffy a dieci anni mentre spegneva le candeline sulla torta di compleanno
e un’altra a tredici insieme a Joyce e Dawn.
Poi
cominciavano quelle dell’adolescenza. C’era una foto del primo anno di liceo
con indosso la divisa da cheerleader dell’Hemery High School e un’altra seduta
sui gradini di scuola insieme a delle compagne con su una canottiera bianca ed
una minigonna nera, aveva i capelli lunghi fino alla vita e tutte un lecca
lecca in mano.
A
quel punto cominciavano quelle fatte a Sunnydale. Ce n’era una da sola scattata
il primo giorno di scuola e un’altra fatta qualche settimana dopo insieme a
Willow e Xander. Poi ce n’erano anche del terzo anno, fatte sempre con Will e
Xander e anche con Angel, da sola e con sua madre. E dell’ultimo anno, sempre
con i suoi amici, con Angel e addirittura un paio della consegna dei diplomi
con indosso la tonaca e il berretto color porpora.
Dopo
cominciavano quelle del college. Buffy ne aveva fatto solo due anni, si era
ritirata dopo la morte di sua madre, ma a parte quelle con gli amici, Clay fu
colpita da alcune in particolare che la ritraevano insieme ad un carino ragazzo
biondo. Spike le spiegò essere Riley Finn, il ragazzo di Buffy per quasi un
anno al college, poi lui se ne era andato.
L’album
continuava fino alla fine con foto di Buffy ad ogni anno di età, dopo tornata
di nuovo in vita con gli amici e con Dawn, con le cacciatrici prima di
affrontare il primo, dopo la distruzione del nuovo liceo di Sunnydale, a Roma
dove aveva vissuto per qualche mese per eliminare un potente demone, con Dawn e
Connor, al matrimonio di Faith e Robin, a quello di Willow e Tara, fino al
luglio del 2010 al mare, un mese prima della sua morte…sempre bella, sempre
solare e sorridente, sempre più grande e sempre più senza la sua bambina.
Poi
Spike prese la scatola e tirò fuori altre foto di Buffy. Foto fatte al Bronze
mentre ballavano, a scuola, alle gite, alle feste, a casa, per scherzo,
all’improvviso, per consumare i rullini, per immortalare momenti importanti.
Il
pavimento si riempì di foto e non si accorsero del tempo che passava finché
sentirono la serratura scattare e la porta aprirsi. Dawn si affacciò sulla
soglia spingendo il passeggino mentre Madlen appariva alle sue spalle, aveva
alcune borse della spesa, ma fissò lo sguardo sui due.
-Che
disordine!-esclamò.-Ma che state facendo?-chiese.
-Eravate
tutti così concentrati a chiedervi perché Buffy ha avuto e abbandonato una
figlia senza dirvelo che vi siete scordati che qualcuno non ha mai visto il
volto di sua madre!-la riprese Spike bonariamente.
-Mi
dispiace, è colpa mia.-si scusò Clay.
-No,
fai bene a guardare le foto, è un tuo diritto vedere che faccia aveva tua
madre.-si addolcì la donna.-Le somigli così tanto.-
-L’ho
notato.-concordò fissando una foto di Buffy a ventidue anni.
-Spike,
tu dopo rimetti tutto in ordine!-lo riprese Dawn.-Intanto porta queste borse
della spesa in cucina.-gli intimò.
-Tutti
a prendersela sempre con il povero Spike anche quando fa del bene!-si lamentò
il vampiro alzandosi e prendendo le borse dalle braccia di Dawn e dirigendosi
in cucina seguito a ruota da Madlen.
Le
due lo videro andare via borbottando anche su come fosse sempre colpa sua
mentre la piccola rideva allegra sentendo lo zio Spike delirare in quel modo.
Dopo, Dawn si sedette accanto a Clay sul pavimento.
-Puoi
prendere tutte le foto che vuoi.-le disse.
-In
effetti alcune mi piacciono.-mormorò imbarazza.
-Prendile
pure.-sorrise.
Clay
scelse la foto che ritraeva Buffy a sei anni, con il vestitino viola e i lunghi
capelli sciolti. Poi ne prese due di quando aveva diciassette anni, dopo che
Angel aveva perso l’anima. Una la ritraeva da sola alla biblioteca con una
minigonna azzurra, una canottiera bianca con su un maglia trasparente dello
stesso colore e nell’altra era con Willow e Xander. Disse che anche se non si
vedeva lì era già incinta quindi era come se ci fosse stata anche lei, insieme
a Buffy.
Ne
scelse una scattata al ballo di fine anno dove Buffy, bellissima nel suo
vestito rosa, ed Angel, elegante nel suo smoking, ballavano insieme, e un’altra
del giorno dei diplomi dove Buffy indossava la tonaca porpora con il
cappellino.
Ne
scelse un’altra di quando andava al college, un’altra di quando era stata a
Roma, la foto era stata scattata davanti al Colosseo e Buffy sorrideva allegra
alla volta della macchina fotografica. Ne scelse una del matrimonio di Faith e
Robin e un’altra del matrimonio di Willow e Kennedy. Poi scelse l’ultima, era
stata scattata al mare ai primi di luglio del 2010, più di un mese prima che
Buffy morisse. Ne prese in tutto dieci contenta di quel nuovo tesoro che adesso
avrebbe custodito gelosamente: le foto di sua madre.
Mentre
riordinavano le altre foto spuntarono dalla sala da pranzo Connor con Faith e
Willow. La cacciatrice bruna discuteva con Spike su alcune decisioni
riguardanti le cacciatrici.
-Cosa
fate di bello?-chiese Willow contenta di vedere Clay, soprattutto con il
sorriso che aveva in quel preciso istante.
-Spike
ha tirato fuori delle foto di Buffy e ne ho regalate alcune a Clay.-spiegò
Dawn.
-Posso
vederle?-chiese la strega rossa e Clay gliele porse.
La
rossa le guardò una ad una con uno sguardo malinconico negli occhi. Buffy le
mancava davvero parecchio, così come tutti i loro momenti insieme.
-Se
vuoi raccontato un qualsiasi aneddoto su queste foto non esitare a venire da
me.-gliele restituì.
Spike
e Faith in quel momento alzarono un po’ la voce attirando l’attenzione di
tutti.
-Quella
ragazza farà ammazzare le sue compagne e questo Angel lo sa!-esclamò Spike.
-Ognuna
sta guidando un gruppo a turno e questa sera tocca a lei. È irresponsabile e
presuntuosa, lo sappiamo ma le cose devono essere fatte equamente. Se hai
qualcosa di cui lamentarti vai da Angel, è giù nella vostra camera.-indicò il
corridoio con il braccio.
-Stai
sicura che ci andrò!-fece per andare ma fu bloccato.
-No!-lo
fermò Clay.-Tocca a me parlare con lui.-si alzò e prima che qualcuno potesse
dire qualcosa era già davanti alla porta dello scantinato.
Ci
mise qualche secondo prima di bussare, poi lo fece timidamente con il cuore in
tumulto e le foto strette al petto come se fossero state un baluardo di forza.
-Avanti.-la
voce di Angel giunse lontana dal fondo della scala e piano lei aprì la porta
per poi richiudersela alle spalle. Scese lentamente i gradini abituandosi alla
luce fioca che giungeva dalla lampadina appesa al soffitto e da una lampada in
un angolo.
Trovò
Angel seduto sul suo letto con i gomiti poggiati alle ginocchia e la testa tra
le mani, rimuginava come sempre. Indossava solo un paio di pantaloni neri ed
era a piedi scalzi. Capì che anche lui soffriva, come lei. Ma anche se era
profondamente egoistico riteneva il suo dolore più forte, perché lei era stata
da sola.
-Ciao.-lo
salutò timidamente facendogli alzare la testa di scatto. Evitò un qualsiasi
nome perché non sapeva come chiamarlo. Angel? Come aveva sempre fatto. O papà?
Anche se non era sicura di riuscire a pronunciare quella parola.
-Claddagh.-disse
lui profondamente stupito.-Non pensavo di vederti.-si alzò e indossò
velocemente una t-shirt bianca. Si sentiva imbarazzato a farsi vedere a petto
nudo, era comunque sua figlia.
-Mi
dispiace per come sono stata in questi giorni. E anche per quello che ti ho
detto qualche giorno fa, di fronte alle ragazze.-disse timidamente fissando il
pavimento.
-Indossi
la croce di Buffy.-notò lui senza voltarsi.
-Me
l’ha data Dawn.-precisò.
-Gliel’avevo
regalata io. La sera che ci siamo conosciuti.-le rivelò.
-Io
non ti odio.-si avvicinò di qualche passo.-Ma, sono stata troppo sola e la
verità mi ha fatto più male di quanto mi sarei mai aspettata. E poi scoprire
che lei è morta e non poterle chiedere neanche perché è ancora peggio.-spiegò.
-Lo
so.-si voltò a guardarla.-Provo le stesse identiche cose. Abbiamo tutti domande
e l’unica persona che può rispondere non c’è più. È più frustrante che
doloroso.-
-Beh
tu hai le risposte ad alcune delle mie domande.-e lui la guardò
interrogativamente.-Che odore aveva la sua pelle? Com’era il suono della sua
voce e della sua risata? In che modo si spazzolava i capelli? Che espressione
assumeva quando era triste o confusa? Quali erano i suoi cibi o colori
preferiti? Com’è stato stringerla tra le braccia e dirle ti amo? Io non lo
saprò mai.-si scoprì di nuovo sull’orlo delle lacrime ma si trattenne dal
piangere.
-Io
so solo che i tuoi occhi quando sono pieni di lacrime luccicavano come i suoi,
e il suo mento tremava come il tuo e le labbra assumevano quella stessa
linea.-fece una pausa.-Dirle ti amo è stata la cosa più facile e al contempo
difficile del mondo perché se tu le davi una briciola d’amore lei ti ricambiava
con tutto quello di cui disponeva, senza mezze misure e senza troppe domande,
gettandosi alla cieca. L’importante era amare. È stato così che sei nata tu.-
Lei
non rispose, così lui si sedette su una poltrona e dopo un istante di pausa
riprese a parlare.
-Quella
sera pioveva. Buffy compiva diciassette anni e come al solito non si poté
rimanere tranquilli, la solita apocalisse. Inermi e bagnati ci rifugiammo a
casa mia, era fradicia e le prestai dei vestiti, a tradirci fu un misero
taglietto sulla sua spalla. Avevamo rischiato di morire ed eravamo
terrorizzati, lei scoppiò quasi subito a piangere e io le dichiarai il mio
amore. Dio se la amavo e la amo ancora, ogni giorno mi scoppia il cuore per
questo. È così che sei venuta tu, da una notte d’amore e pioggia, forse è anche
per questo che quella sera persi l’anima. Probabilmente lo immaginava di
già.-le raccontò.
Lei
si avvicinò fino a inginocchiarsi di fronte a lui e gli mise una mano sulla sua
con un timido sorriso tra le lacrime che adesso scendevano piano sulle sue
guance.
-Mi
toccherà comunque vivere per sempre con solo i racconti di com’era
lei.-mormorò.
-Lo
so, ma ricordati che hai comunque me. Sono un vampiro ma il sangue che scorre
nelle tue vene è lo stesso che non scorre più nelle mie.-le accarezzò una guancia
e poi le diede un bacio in fronte.
-Parla
ancora di lei.-lo esortò.
E
trascorsero il resto della serata così, a parlare di Buffy e a conoscersi
meglio. Il primo passo verso un rapporto che si chiamava padre e figlia. Il
legame che Angel aveva percepito fin dall’inizio, per cui Spike l’aveva preso
in giro dichiarandolo innamorato, e a cui adesso aveva saputo dare una
spiegazione logica e reale.
Si
chiamava sangue.
Parte
24 - La situazione precipita
Per
alcuni giorni, Claddagh si allenò con Angel nella cantina di casa Summers,
ancora troppo imbarazzata per tornare agli allenamenti con le sue compagne.
Soprattutto dopo la sfuriata che aveva fatto l’ultima volta dove aveva
picchiato anche una sua compagna.
Ricominciò
a parlare con gli altri, Dawn per prima. Era sua zia e il spiegarsi con lei
aveva richiesto una chiacchierata lunga un intero pomeriggio nella sua camera
mentre a casa non c’era nessuno. In rapida successione era venuto Connor, lui
era suo fratello, in teoria minore in pratica maggiore e anche questo fatto
aveva richiesto un bel po’ di ore a parlare nel giardino di casa Summers.
Poi
aveva parlato con gli altri e man mano, Clay, si era affacciata di nuovo alla
vita. Adesso aveva dei legami di sangue anche se ancora manteneva abbastanza le
distanze. Evitava di parlare di Buffy per più di dieci minuti e aveva
conservato le foto in un cassetto. Persino i regali di compleanno li aveva
rimessi nella scatola e conservati nell’armadio.
Le
ferite erano ancora troppo recenti e tutti sapevano che per quanto cercassero
di aiutarla solo Buffy avrebbe potuto esserle realmente d’aiuto. Ma Buffy era
morta e senza sua madre quella ferita sarebbe rimasta per sempre aperta.
Dopo
un po’ decise di tornare agli allenamenti di gruppo, era ormai quasi metà
aprile. Angel le propose di presentarsi con lui ma Clay rifiutò perché doveva
affrontare le sue compagne da sola. Così un mattina aprì la porta della
palestra e vide subito tutti gli sguardi puntati su di lei.
Voleva
fuggire via ma si fece forza e attraversò le compagne per andare a posare la
borsa in un angolo e cominciare con il riscaldamento. Stava seduta per terra
per posare la felpa dentro la borsa e rimanere in t-shirt che sentì una mano
sulla spalla e si voltò vedendo il viso di una compagna.
-Irina,
giusto?-rifletté e la vide annuire.
-Esatto.
Io vengo da Mosca.-precisò.-Come stai Clay?-le chiese con l’accento russo.
-Non
male, ma neanche bene.-non la guardò nemmeno.
-Io
so tu come sentire.-mormorò con il suo inglese zoppicante.
La
sorella cacciatrice la guardò curiosa e lei si affrettò a spiegare bene cosa
intendeva.
-Io
stata adottata quando avevo cinque anni. Genitori adottivi affettuosi ma a
volte un po’ freddi. A sedici anni cercato mamma vera e trovata a Pietroburgo.
Lei dire me non volere quando io nata, a quel tempo aveva sedici anni, ma
aborto disonore in famiglia e lei non essere neanche sposata così data me
adozione e non volere niente a che fare. Mio papà morto poco prima mia nascita,
lui era soldato. Sono stata male per tanti giorni poi arrivata chiamata di
cacciatrice e mia vita essere cambiata.-le raccontò.
-Pensi
mai a lei?-le chiese.
-Ogni
giorno. Io conservato suo numero e indirizzo e ogni tanto andato sotto casa per
spiarla, lei sembra felice senza me.-fece una pausa.-Io parlato con Willow,
sai? Le ho detto mia storia e lei detto me che Buffy tanto voluto e amato te. È
davvero un peccato che lei morta prima di incontrarla, sono sicura sarebbe
stata molto felice.-
-L’hai
conosciuta?-sorrise.
-Visto
lei solo una volta. Piccola ma molto grande. La sua presenza era come se
riempiva tutta stanza. Avevo appena ricevuto chiamata e andai Los Angeles per
affrontare gruppo vampiri. Parlò me e altre con determinazione e sicurezza, e
mi aiutò durante lotta. Era davvero tanto forte. Anno dopo seppi sua morte e rimasi
tanto male.-rispose.
-Non
dirlo a me, ho prima saputo che era morta e dopo ho scoperto chi era in
realtà.-sorrise ironica.
In
quel momento la porta si aprì di nuovo ed Angel entrò seguito da Spike, Faith,
Kennedy ed Illirya. Le ragazze si schierarono subito davanti a loro e due
minuti dopo cominciò l’allenamento. Spike ed Angel dichiararono di stare
avvertendo strani influssi negativi e di pensare che la battaglia fosse molto
vicina.
Fu
un allenamento molto tranquillo e senza intoppi, le ragazze erano preparate al
massimo e forti. La battaglia che veniva era dura e pericolosa ma si allenavano
tutti senza sosta da mesi. Avevano subito perdite ma avevano attinto da quelle
perdite come fonte di forza. La morte di alcune compagne era servita loro come
forza.
Per
alcuni giorni tutto procedette tranquillamente, una tranquillità strana.
Preferirono non preoccupare le ragazze per non rompere il loro fragile
equilibrio, soprattutto adesso che alcuni dissapori si erano attenuati e anche Clay
era più serena dopo la sconvolgente scoperta che Buffy era sua madre.
Qualche
sera dopo, Angel aveva mandato tutte le ragazze di pattuglia. Le aveva diviso
in piccoli gruppi e mandate per i cimiteri, nel bosco, vicino
Era
quasi mezzanotte quando un terribile boato spezzò la tranquillità, la terrà
tremò e un orrendo squarcio aprì la strada principale di Sunnydale
terrorizzando l’intera cittadina che cominciò ad urlare e scappare temendo
un’altra Apocalisse. La gente di Sunnydale stava in silenzio ma sapeva.
Tutte
le ragazze insieme agli altri corsero sul luogo dell’incidente ma pochi secondi
dopo un secondo boato, più forte del primo, si sentì in tutta la cittadina. La
terrà tremò più forte a intervalli regolari di pochi secondi e il rumore di
frana provenne da un unico luogo.
-
-È
lì che risveglieranno Kramzee.-proclamò Willow.
-Raduniamoci
tutti alla palestra.-urlò il vampiro.-Decideremo il da farsi.-
In
mezzo agli scossoni della terra riuscirono tutti a raggiungere il deposito
attrezzato mesi addietro a palestra. Dawn e Connor, con tecniche di
teletrasporto, avevano fatto in modo che Madlen, Duncan e Gary fossero al
sicuro nella sede di Los Angeles della Wolfram&Hart dove potenti
incantesimi e i dipendenti di Angel li avrebbero difesi.
Rapidamente
si armarono tutti, poi Angel li schierò e camminando davanti a loro parlò
un’ultima volta. Cercando volutamente le giuste parole.
-Ci
siamo. Kramzee è vicino al suo risveglio, probabilmente è questione di pochi
minuti. Siamo tutti preparati, ci siamo allenati per mesi per questa battaglia.
Non siamo persone che vanno incontro alla morte sicura, siamo combattenti della
luce che vanno a distruggere l’oscurità. Kramzee è forte, noi lo siamo di più.
Lui è uno, noi siamo circa in cento. Siamo impauriti, lo sono anch’io, abbiamo
tutti qualcosa da perdere ma un potere superiore ci ha scelti per difendere l’umanità
ed è ciò che faremo questa notte. Kramzee deve morire per permettere a noi di
vivere, importa solo questo. Adesso armiamoci di tutto il potere di cui
disponiamo e uccidiamo il cattivo. Siamo noi i più forti.-disse a tutti.
Uscirono
dal capannone armati fino ai denti e pieni di forza e determinazioni, diretti
al luogo dello scontro:
Durante
il tragitto, Clay si avvicinò ad Angel e gli parlò.
-Pensi
che in un modo o nell’altro, lei mi è vicina?-gli chiese.
-Penso
di si.-annuì.-Sei forte come lei, Claddagh, e hai la sua stessa determinazione.
Sconfiggeremo Kramzee e poi ricominceremo una vita insieme, come una vera
famiglia.-le sorrise.
-Ho
seguito tutti i tuoi consigli in questi mesi. So di essere forte e voglio
vincere.-proclamò.
-Questo
è lo spirito giusto.-le passò un braccio intorno alle spalle in un tenero
abbraccio.
A
pochi metri da loro si cominciavano a profilare i ruderi del vecchio liceo di
Sunnydale. Il luogo della battaglia. Quel luogo, a breve, avrebbe deciso ancora
una volta il destino di ognuno di loro.
E
quello dell’intera Terra.
Parte 25 - La battaglia finale
-Ascoltatemi
tutti!-esordì Angel mentre tutti si raggruppavano intorno a lui.
Nello
sguardo avevano tutti determinazione e carica, ed Angel intendeva caricare tutti
ancora di più Kramzee andava eliminato per il bene comune e della Terra in
generale. Loro dovevano sopravvivere per continuare un’opera cominciata da
Buffy Summers nel 2003, un’opera che consisteva nel bene del mondo.
-Ci
divideremo in gruppi. Clay tu starai con me.-e la ragazza si premurò di
annuire.-Spike tu guiderai un gruppo, Illirya un altro con Gunn. Willow e
Kennedy un altro, Faith con Robin un altro. Giles, Xander e Andrew voi un altro
e Dawn con Connor un altro. Ricordate solo: forza, coraggio e determinazione.
Kramzee va eliminato altrimenti distruggerà la terra e tutti noi. Delle
cacciatrici sono morte durante gli attacchi dei suoi seguaci, la loro forza
sarà un’aggiunta alla vostra forza. Nessuno è debole, siamo tutti forti
abbastanza per suonargliele. Siamo tutti coraggiosi, una cacciatrice non
conosce codardia alcuna. E siamo tutti determinati a salvare il modo e noi
stessi. Adesso gettiamoci nella mischia.-
Risposero
tutti a coro di si e poi si divisero in gruppi, sparpagliandosi per ogni entrata
nella vecchia scuola. Avevano un po’ paura, ma Angel di proposito non aveva
nominato la paura perché la paura non sarebbe stata d’aiuto.
Mentre
si avvicinavano alla “loro” entrata per
-Cos’hai?-le
chiese con un sorriso.
-Ho
paura. Anzi sono terrorizzata.-precisò.-La mia prima apocalisse e spero
francamente che sia anche l’ultima.-
-Perché
pensi che il mondo andrà all’inferno o per l’esatto contrario?-insistette.
-Voglio
pensare che ce la caveremo ma la mia mente è concentrata solo sul fatto che
abbiamo perso molte ragazze, che il nemico è molto forte e che dovrei smettere
di essere pessimista.-lo fece ridere.
-Anche
tua madre era terrorizzata alla sua prima apocalisse. Terrorizzata a morte,
infatti è pure morta, poi siamo stati io e Xander a trovarla.-le raccontò con
un velo malinconico negli occhi. Vide che anche sua figlia era divenuta triste.
-Non
voglio parlare di lei adesso.-mormorò.
-Lo
so, e so anche che non ne vuoi parlare affatto. Ti capisco, dev’essere stato un
duro colpo scoprire tutto così all’improvviso.-la strinse ancora di più a sé
poi la lasciò andare, erano di fronte l’ingresso principale della vecchia
scuola.
-Adesso
concentriamoci sulla battaglia, voglio vivere altri diciannove anni.-sorrise.
-Allora
andiamo.-e aprì quello che rimaneva della porta con cigolii sinistri e cadute
di schegge.
Anche
gli altri cominciarono ad entrare. Erano armati fino ai denti e forti ma anche
pieni di timori. C’era chi, come Dawn, Connor, Faith e Robin, lasciava a casa
dei bambini. Kennedy aveva suo fratello che quella sera era di turno in
ospedale, c’erano già state le prime vittime. E persino Clay aveva timore per
Eric. Fino a quel momento non si era ancora resa bene conto di essersi molto
innamorata di lui, ma adesso lo sapeva e voleva rivederlo e stare con lui
ancora per molto.
L’ex
liceo di Sunnydale aveva un aspetto tetro e degradato. Si camminava solo sui
ruderi della struttura, sporcizia e anche su rimasugli di membra umane o
demoniache. C’era una forte puzza di decomposizione, chiuso e polvere che
invadeva le narici e dava alla testa, alcune ragazze furono quasi sull’orlo
dello svenimento. Non era proprio l’ideale.
Il
tragitto fino alla Bocca dell’Inferno fu relativamente tranquillo, a parte la
forte tensione che regnava tra le ragazze. Clay stringeva talmente forte a se
la sua ascia che le nocche erano ormai divenute bianche.
Una
volta arrivati sul luogo si prospettò loro uno scenario terrificante che fece
ghiacciare il sangue nelle vene, soprattutto alle cacciatrici.
Al
centro c’era una grossa pozza, più o meno del diametro di due metri, al cui
interno ribolliva del sangue. Almeno una cinquantina di corpi sventrati
giacevano ammucchiati l’uno sull’altro in un angolo. Una vista orrenda che fece
venire il vomito a parecchi, Angel impose a tutte l’autocontrollo, non dovevano
farsi prendere dal panico.
Intorno
alla pozza c’erano vampiri con una lunga tunica nera che eseguivano canti
rituali mentre altri giravano intorno a loro tenendo in mano torce che
bruciavano uno strano fuoco nero. C’erano all’incirca, in più, un altro
centinaio di vampiri che sorvegliavano il tutto. Erano le ultime parti del
rituale di risveglio di Kramzee.
Erano
in tanti, pensò Angel. E loro non erano altro che un esercito di ragazzine
insieme a qualche veterano. Ci voleva solo una bella fortuna per riuscire a
vincere. Sperò che la quella sera la fortuna girasse dalla loro parte.
-Angel?-lo
chiamò una ragazza poggiandogli una mano sul braccio e facendolo voltare.
Aveva
ventitré anni, era attiva da poco più di tre mesi, veniva dall’Italia e quella
era la sua prima lotta. Una bambina mandata al macello, fu il suo primo pensiero.
-Dimmi.-la
esortò con un sorriso.
-Ho
paura.-mormorò con le lacrime agli occhi esprimendosi nella sua lingua, che per
fortuna Angel parlava benissimo.
-Lo
so.-le sorrise.-Abbiamo tutti paura. Loro sono in tanti e sono forti. Ma lo
siamo anche noi. Devi soltanto pensare a vivere. Se vuoi vivere e mantieni
questo pensiero fisso e costante nella tua mente sarai più forte di loro che
vogliono ucciderti e vincerai.-le disse.-Va meglio adesso?-
-Si,
molto.-sorrise debolmente ed Angel annuì.
Si
voltò e dall’altra parte dell’altura scorse Spike che con lo sguardo gli
chiedeva quando e se potevano cominciare ad agire. D’altronde sapevano tutti
che bastava una sola mossa e che si sarebbe scatenato un putiferio. Bisognava
solo cominciare.
Così,
il vampiro castano alzò la balestra, la puntò e scoccò una freccia che andò
dritto a conficcarsi nella schiena di uno dei vampiri che recitavano i canti
rituali, colpendo il cuore e riducendolo in cenere. Quell’azione bloccò tutti
che si guardarono in giro e li scorsero.
Si
scatenò così, la lotta. I vampiri cominciarono a salire su per uccidere chi
stava cercando di interrompere il loro lavoro e le cacciatrici che scendevano
per ridurre in cenere qualsiasi vampiro capitasse loro a tiro.
Faith
aveva come arma la falce che aveva usato Buffy nell’ultima battaglia contro il
Primo. Dopo la sua morte, Giles le aveva comunicato, che essendo lei adesso la
cacciatrice più anziana, le spettava il compito di custodirla, proteggerla e
usarla nelle battaglie più importanti. Come quella che adesso la bruna stava
combattendo, attingendo la ricordo della grande forza che aveva la sua compagna
e sorella adesso morta Buffy e al pensiero del figlio Gary, che adesso era
nascosto sotto la protezione dei Poteri che Sono insieme a Madlen e Duncan.
Chiunque
le si avvicinasse finiva in cenere e si stava aprendo piano la strada per
raggiungere il punto cruciale: la pozza di sangue da cui stava per uscire
Kramzee. Ma era una via tortuosa e per quanto se la stesse cavando bene,
aiutando anche le sue protette, c’erano davvero un sacco di vampiri.
Per
una breve frazione di secondo si guardò in giro, per sincerarsi che andasse
tutto bene, già alcune delle ragazze erano rimaste vittime, e scorse Clay che
lottava contro due vampiri. Si bloccò solo per un breve istante, perché
constatò che quella ragazza era davvero forte.
Combatteva
con tenacia, forza e costanza. A Faith parve di veder combattere Buffy. Era
davvero la figlia di Buffy, erano uguali. Subito dopo un vampiro la attaccò e
lei dovette di nuovo concentrarsi sulla lotta o avrebbe subito seri danni.
In
quel momento la terra tremò violentemente facendo perdere ad alcuni di loro
l’equilibrio, chi lo mantenne fu davvero a fatica. Il sangue nella pozza
ribollì più forte e da lì cominciò ad uscire una testa. Mancavano davvero pochi
minuti, ormai, all’arrivo di Kramzee.
-Attaccate
tutti i vampiri!-urlò Angel a tutti uccidendo lui, per primo, due vampiri in un
colpo solo.
Le
ragazze intensificarono gli attacchi, consce del fatto che presto il demone sarebbe
risorto e allora sarebbero stati davvero guai.
Clay
sferrava colpi a destra e sinistra, concentrata solo sulla lotta e sulla
salvezza del mondo, oltre che della sua stessa pelle. La voce di Angel nella
sua testa le ripeteva che doveva solo essere forte e pensare a sopravvivere.
Certo, in un altro momento, l’unico pensiero che l’avrebbe resa forte sarebbe
stato il poter un giorno conoscere sua madre ma Buffy era morta e quel
desiderio non si sarebbe più potuto avverare, ma aveva comunque un padre, una
zia ed un fratello.
Legami
di sangue che in un modo o nell’altro significavano qualcosa. Un timido raggio
di sole tra le nubi della sua lunga solitudine. Con un sorriso a questo
pensiero, tagliò la testa all’ennesimo vampiro che le si era parato davanti.
Poi
la terra tremò di nuovo, ancora più forte dell’ultima volta. Si paralizzarono
tutti mentre dalla pozza di sangue, finalmente, si ergeva Kramzee: il terrore
assoluto.
Alto
più di due metri, con la testa tonda e pelata era tutto nero come l’oscurità
totale e indossava una lunga tunica con cappuccio nera. Nero come il baratro in
cui intendeva gettare la terra e tutti i suoi abitanti.
-Non
deve uscire da qui vivo!!-urlò Faith a tutte le sue compagne correndo, per
prima, verso il demone e attaccandolo con la falce.
Kramzee,
però, era forte. Schivò il suo primo colpo e le diede una spinta che le fece
fare un volo di almeno tre o quattro metri. Faith non si arrese e subito
affiancata da Angel tornò all’attacco contro il demone che si destreggiava bene
anche con due attacchi contemporanei.
Con
un solo gesto diede un pugno allo stomaco ad Angel che gli fece uscire tutta
l’aria di cui non aveva bisogno dai polmoni e lo mandò a terra mentre afferrava
Faith per la gola e la alzava di almeno mezzo metro da terra.
La
donna annaspava scalciando con i piedi. La falce le cadde con un tonfo acuto
per terra mentre portava le mani sul forzuto bracci del nemico esercitando
tutta la sua forza di cacciatrice per cercare di liberarsi, diventava sempre
più cianotica. Angel cercava in tutti i modi di rialzarsi per aiutare la sua
amica, ma il colpo era stato forte e probabilmente aveva almeno cinque o sei
costole rotte.
Fu
Spike a salvare la cacciatrice bruna saltando sulle spalle di Kramzee e
riempiendolo di mazzate, come arma alternativa si era pure portato una mazza da
baseball all’insaputa di tutti, sulla testa. Il demone lasciò Faith che cadde a
terra annaspando aria violentemente e riprendendo piano colore, ma dimenando le
braccia per cercare di liberarsi della zavorra costituita da Spike che col
braccio sinistro si era saldamente attaccato al suo collo mentre con la mano
destra roteava la mazza facendola sempre abbattere sulla testa rotonda e pelata
del suo nemico.
Con
un veloce giro su se stesso, Kramzee riuscì a far cadere via Spike dalla sua
schiena facendolo battere con la schiena sulla dura terra. Subito, il vampiro
biondo fu raggiunto da angel che lo aiutò a rialzarsi. Appena fu in piedi non
mancò di dargli uno scappellotto sulla nuca.
-Ma
che ho fatto?!-si lamentò il vampiro biondo.
-Che
razza di arma è una mazza da baseball?!-lo riprese.
-Beh
se lo chiedi al pelatone vedrai che ti farà vedere quanti bernoccoli gli ho
fatto.-lo rimbeccò facendogli scuotere la testa.
-Andiamo,
cretino!-e corse ad aiutare una delle ragazze.
-Già,
è sempre Spike il cretino, anche quando salva la vita alle cacciatrici!-si
lamentò colpendo un vampiro che gli si era lanciato addosso con la sua nuova
arma.
Alcune
ragazze raccolsero tutto il coraggio di cui disponevano per attaccare Kramzee
in massa. Lo colpirono con spade, frecce, asce e persino a mani nude. Alcune
riuscirono a fargli qualche ferita ma superficiale, il demone più che impaurito
pareva infastidito da loro e se ne liberava facilmente, alcune finirono con il
collo rotto, demoralizzando le compagne, in un angolo del luogo.
-Bastardo!!!-urlò
Clay con tutto il fiato che aveva in gola e la rabbia che le era montata
addosso vedendolo uccidere così a sangue freddo le sue compagne.
Corse
verso di lui velocemente e lo attaccò con la spada. I suoi attacchi erano
veloci, precisi e forti, e per la prima volta, Kramzee pareva trovarsi in
leggera difficoltà come finora non erano riusciti a mettercelo insieme Faith,
Angel e Spike.
Certo,
anche la giovane cacciatrice le stava prendendo ma pareva animata da una grande
forza e rispondeva ai colpi con colpi di uguale potenza e si riprendeva in
fretta se veniva sbattuta a terra. Il mondo intorno a sé era sparito, c’erano
solo lei e il suo nemico, e la voglia di vivere e salvare il mondo.
Finché
Kramzee le diede un forte colpo che la fece cadere a terra e perdere la spada
subito raccolta dal demone. La fece roteare su di lei con un ghigno maligno ma
non la colpì.
-Non
puoi sconfiggermi.-le disse con voce diabolica, le sue prime parole.-Ucciderti
con questa, ragazzina, sarebbe troppo facile. Voglio sentire le tue ossa
spezzarsi sotto le mie mani.-e presa la spada con entrambe le mani la spezzò in
due e la gettò di lato.
Clay
sgranò gli occhi impauriti pregando che quella non fosse la sua fine. Aveva
promesso di salvare il mondo e non poteva morire senza averlo fatto.
-Clay!-la
voce di Faith la raggiunse da un angolo.
Si
voltò verso la sua amica e la vide lanciarle un arma. Alzandosi in fretta la
afferrò al volo, appena l’ebbe presa in mano sentì come una scossa elettrica
attraversarla. La osservò per qualche secondo giudicandola semplicemente
splendida e piena di una forza che la investì in pieno. Lei non sapeva di avere
in mano la falce che sua madre aveva usato nell’ultima lotta contro il Primo.
-Preparati
a venire maciullata cacciatrice.-la voce del suo nemico riportò la sua
attenzione su di lui e sull’apocalisse.
-Io
non sono una cacciatrice qualunque. Sono la figlia di Buffy Summers.-e facendo
roteare la falce riprese a colpire il suo nemico.
Furono
minuti intensi dove il tempo parve andare al rallentatore e al contempo troppo
velocemente. Tutto intorno non era altro che una grande lotta, tutti lottavano
per salvare la terra e per la loro stessa salvezza, Clay si sentì messa in
prima linea ma il suo unico pensiero era di uccidere il suo nemico.
Colpì
Kramzee ancora e ancora con la falce evitando i suoi colpi, pareva una furia
scatenata. Voleva solo farlo a pezzettini. Avanzò verso di lui facendolo
indietreggiare, Kramzee pareva non riuscire a tenere testa a quella che lui
stesso aveva giudicato una ragazzina.
Poi
i colpi della ragazza si fecero più forti e mirati. Quando lui alzò un braccio
per colpirla lei glielo tranciò di netto con la falce, poi gli fece un profondo
taglio allo stomaco facendolo cadere sulle ginocchia e a quel punto gli diede
il colpo finale tagliandogli con un colpo secco la testa che rotolò ai suoi
piedi mentre il corpo ormai morto cadeva in avanti con un tonfo.
In
pochi minuti si finì di consumare l’intera battaglia. Morto Kramzee alcuni
vampiri avevano optato per la fuga mentre i pochi rimasti andarono incontro a
morte certa sotto la superiorità numerica dei loro avversari, nonostante le
perdite.
Quando
uscirono dai ruderi dell’edificio il sole era quasi sul sorgere, già il cielo
si era fatto più chiaro anche se ancora non si intravedevano i raggi. Angel e
Spike corsero a ripararsi a casa dichiarando che calato il sole sarebbero
tornati a recuperare i corpi e si sarebbero pure occupati di rimandarli a casa
per avere degne sepolture.
I
feriti più gravi furono portati all’ospedale accompagnati da Faith con Robin,
Kennedy, Willow, Gunn e Clay. Il resto portò le meno gravi a casa per riposare
e curare le ferite lievi e le contusioni.
In
ospedale già dalla sera prima c’era lo stato d’emergenza, quando erano arrivati
i primi feriti in seguito al primo terremoto e ad alcuni attacchi da parte di
vampiri. Per tutta la notte i medici avevano lavorato freneticamente perché ne
erano arrivati degli altri.
Non
si stupirono quando arrivarono le cacciatrici ferite e dovettero ricominciare
daccapo con il viavai. Kennedy scovò suo fratello per fargli accertare che
stava bene, poi gli indicò Clay che stava aiutando una cacciatrice a stendersi
su una lettiga.
-Ehi.-le
mise una mano sulla spalla facendola voltare di scatto.
-Ciao.-gli
fece un debole sorriso.
-Te
le hanno date di santa ragione, eh?-sorrise sfiorandole appena un profondo
tagli sulla fronte.
-Si
però ho preso a calci sul sedere Kramzee. Gli ho tagliato la testa di
netto.-ricambiò.
-Vieni,
ti curo le ferite.-la portò in una sala per le medicazioni e si occupò di lei
curandole i tagli, le ferite i lividi e le contusioni. Poi la mandò a fare dei
raggi perché aveva un dito della mano sinistra gonfio e immobile.
Saltò
fuori che ce l’aveva fratturato e che c’erano due costole incrinate. Oltre a
diverse belle botte su tutto il corpo. Fu in attesa che le ingessassero il dito
che Faith andò a trovarla. Aveva una benda sulla testa e una gamba fasciata,
girava con le stampelle.
-Ti
dona la fascia in testa, sai?-la prese in giro la bionda.
-Beh,
anche a te dona quel bel cerotto sulla fronte.-ricambiò e scoppiarono a
ridere.-Ehi, sei stata davvero grande. Buffy sarebbe stata orgogliosa di
te.-disse seria.
-Lo
spero.-sospirò.
-L’arma
che ti ho lanciato non è una comune arma, è una falce molto potente. Buffy la
usò nell’ultima lotta contro il Primo, il giorno che ogni ragazza divenne
cacciatrice.-le spiegò.
-Sono
solo contenta che tutto sia finito, adesso voglio dormire per giorni.-sorrise.
-A
chi lo dici. Vado a controllare Robin, pare che debbano ingessarlo dalla mano
fino al braccio.-e dopo che l’ebbe salutata la lasciò sola.
Claddagh
sorrise a se stessa. In fondo, nonostante le ferite e i dolori che ne stavano
derivando, era solo contenta di essere sopravvissuta e di aver sconfitto il
nemico.
E
in fondo si, sperava che anche Buffy in quel momento fosse orgogliosa di lei.
Parte
26 – Silenziosi addii
Dopo
un ricovero di due giorni, Clay tornò a casa. Piano piano alcune delle
cacciatrici erano già andate via, mentre alcune dovevano ancora stare un bel
po’ a riposo prima di affrontare dei viaggi.
Ad
accoglierla c’erano proprio tutti e la cosa, per quanto le fece piacere, la
imbarazzò un po’. Aveva capito che ormai sia Dawn che Angel che anche Connor la
consideravano parte integrante della famiglia ma lei doveva ancora riprendersi
parecchio da tutto ciò che le era successo da circa otto mesi a quella parte.
Sapeva
che fino a quel momento aveva evitato i confronti ma adesso che non c’era più
il pensiero della lotta con Kramzee avrebbero cercato di parlarle, soprattutto
di Buffy, e lei non si sentiva pronta. Solo non sapeva come evitarlo.
Pensava
che aver già fatto il passo di aver parlato con loro fosse sufficiente ma non
lo era agli occhi dei suoi consanguinei e lei non voleva parlare ancora di
quell’argomento. Buffy Summers era sua madre, va bene! Ma tutto finiva lì e, a
suo parere, non c’era motivo di tornare sull’argomento.
Riteneva
inutile pensare e rimuginare ma si scoprì a farlo ogni singolo giorno. Ogni
volta che badava a Madlen, ogni volta che mangiava o che ascoltava musica si
scopriva a pensare a Buffy, a come la sua vita era cambiata e a come non
sapesse darsi una risposta. Aveva fatto passi da gigante parlando, combattendo,
integrandosi di nuovo tra le sue compagne ma si sentiva oppressa da tutte
quelle scoperte e cambiamenti. Non sapeva come liberarsi da quel peso.
Sapeva
che era vero, Angel, Dawn e Connor erano un raggio di luce nella vita grigia che
aveva condotto fino a quel momento ma se per loro era tutto facile, lei
riteneva il percorso verso una perfetta integrazione famigliare ancora molto
lungo. E il suo unico desiderio era di pensarci in pace se non avesse saputo
che loro non anelavano ad altro che non integrarla alla perfezione.
Un
pomeriggio entrò al Magic Box trovando Andrei indaffarato con un cliente. Era
venuta a prendere Duncan, quella mattina era dovuta andare in ospedale per
farsi controllare la ferita sulla fronte e non aveva potuto portare il bambino
con sé, mentre Madlen era all’asilo, così Dawn l’aveva lasciato a Willow.
Salutò
l’amico e andò nel retro dove trovò il bimbo che dormiva e Willow e Xander che
parlavano fitto. Si bloccò sulla porta e per annunciarsi bussò dando un colpetto
di tosse.
-Sono
venuta a prendere Duncan.-annunciò ai due che si voltarono subito verso di lei.
-Certo,
vieni pure.-le sorrise Willow.-Devi stare attenta perché si è addormentato.-la
informò.
-Tanto
andiamo subito a casa.-precisò controllandolo nel passeggino il cui schienale
era stato abbassato.
-Come
va adesso, Clay?-le chiese Xander. Lui, per fortuna non si era rotto niente ma
si era lussato una spalla adesso fasciata e aveva diverse ammaccature in tutto
il corpo. D’altronde era passata solo una settimana dalla terribile lotta.
-Le
costole ogni tanto mi fanno male e non mi posso grattare il braccio ma sto
bene.-spiegò.
-Beh,
è stata una battaglia tosta.-sorrise Willow agitando una delle sue stampelle,
una delle sue caviglie aveva riportato fratture multiple.
-Adesso
vado.-girò intorno al passeggino ma fu subito bloccata.
-Clay,
aspetta!-la bloccò Xander alzandosi.-Sai, forse Angel e Dawn non se ne sono
accorti ma noi si.-esordì.
-Di
cosa?-si stupì.
-Del
tuo comportamento.-precisò Willow.-Ogni volta che nominiamo Buffy o constatiamo
una tua somiglianza con lei, tu ti chiudi a riccio e cambi subito discorso.-
-Ragazzi,
è estremamente difficile per me.-sospirò in imbarazzo.
-Lo
sappiamo.-
-Prima
non avevo nessuno e nel giro di neanche un anno la mia vita è profondamente
cambiata. Da quando ho scoperto che lei era mia madre mi sono sentita in mille
modi diversi. Adesso mi sento molto più oppressa di quando ero solo
un’orfanella.-spiegò seria.
-È
tremendamente difficile per tutti noi, ma Buffy è morta, la sua ultima parola è
stata il tuo nome e ciò che ha fatto sappiamo che fa più male a te che a
noi.-continuò Xander.
-Io
non voglio che si parli più di me. Le attenzioni di tutti mi soffocano,
soprattutto perché so quanto vogliono che io capisca le sue motivazioni, ma non
ci riesco.-fece una pausa.-Ma voi come vi sentite?-chiese.
-Beh
a nessuno finora è importato.-sorrise Willow.-Ma per giorni e giorni sia io che
Xander che Giles abbiamo continuato a chiederci perché e percome senza giungere
ad una risposta.-
-Non
c’è una risposta, l’unica che poteva darcele è morta.-mormorò Clay.-Adesso
torno a casa, so per certo che presto dovrò affrontare anche Dawn ed
Angel.-sospirò frustrata.
-Sappi
che vorremmo evitarti una cosa del genere, per il bene tuo e per la memoria di
Buffy.-sorrise la giovane strega.
-Adesso
capisco perché Buffy vi amava tanto, dovete essere stati i migliori amici che
avesse mai potuto desiderare.-
-Beh,
noi eravamo i tre moschettieri.-scherzò Xander facendole ridere.
Clay
uscì dal negozio con la netta convinzione di quello che aveva detto: adesso
Dawn ed Angel l’avrebbero affrontata. Aveva evitato il tutto per circa una
settimana ma adesso capiva che presto non avrebbe più potuto scampare a tutto
ciò e pensò a come poteva fare per evitarlo definitivamente. Trovò un’unica
soluzione, dura da applicare. Ma lo fece. Quella stessa sera.
L’orologio
segnava le tre e quattordici minuti della notte. Sapeva quanto Angel e Spike,
nel seminterrato avessero l’udito fino quindi cercò di fare il minor rumore
possibile. Da sotto il letto tirò fuori un borsone.
Aprì
la porta con cautela guardandosi in giro, quando capì che non c’era nessuno
uscì chiudendosi alle spalle la porta senza fare il minimo rumore. Poggiò la
borsa sul pavimento e silenziosamente si inoltrò nella camera di Madlen, la
bimba dormiva serenamente nel suo lettino.
Si
chinò a darle un bacio sulla fronte, al suo tocco la bimba si svegliò e la
guardo stropicciandosi gli occhi. Le sorrise dolcemente accarezzandole i
capelli.
-Kei.-la
chiamò piano storpiando il suo nome.-Ove vai?-le chiese.
-Shh.-le
disse.-Dormi, amore, è tardi.-le sussurrò.
Pochi
secondi dopo la piccola già dormiva di nuovo profondamente. La guardò qualche
altro secondo, poi uscì piano recuperando la borsa dove l’aveva lasciata.
Scese
piano le scale dirigendosi in cucina dove lasciò un foglio di carta accanto al
telefono. Guardò nell’oscurità la porta del seminterrato con un groppo alla
gola. Prima che potesse scoppiare in lacrime uscì chiudendo piano la porta.
La
stazione dei bus era poco affollata a quell’ora e l’ultimo autobus partiva alle
tre e quaranta. Ammazzò il tempo rimanente leggendo delle riviste nella sala
attesa, erano vecchie di almeno quattro mesi.
L’autobus
partì puntuale, oltre a lei c’erano solo una coppia di sposi, un uomo di colore
ed una signora con due bambini. Per tutto il tempo guardò fuori dal finestrino,
non aveva sonno e le piaceva come cambiavano i colori intorno a lei con il
sorgere del sole.
Quando
arrivarono alla stazione di Los Angeles erano le sette del mattino. Con il suo
unico bagagli si inoltrò per la città degli angeli, la sua città natale. La
vedeva così diversa, era da quasi un anno che mancava da lì, ed era stato
l’anno più intenso della sua vita.
La
città non era ancora del tutto sveglia e quindi passeggiare per le vie era
rilassante e tranquillo. Arrivò davanti la porta di una casa che erano quasi le
otto, aveva camminato quasi un’ora. Bussò piano sapendo che la padrona di casa
era già sveglia. E difatti non dovette attendere molto prima che la porta si
aprisse.
-Clay.-si
stupì Sarah.-Ma che succede?-chiese preoccupata vedendola in lacrime, con un
braccio ingessato e il taglio in fronte ancora non tutto rimarginato.
-Sarah!-esclamò
gettandosi tra le sue braccia a piangere.
-Shh,
tesoro, calmati.-tentò accarezzandole la schiena.-Vieni dentro.-la fece entrare
e chiuse la porta.
Clay
sapeva di essere scappata ma ormai sentiva che la situazione a Sunnydale le era
divenuta insostenibile. E già Angel e Dawn le mancavano.
Ma
doveva allontanarsi. Voleva solo stare sola.
Parte 27 – Perderle entrambe
-Se
quello che mi dici è falso, ce n’è abbastanza per farti internare lo sai,
vero?-
Sarah
Bass portò al tavolo da colazione le brioche appena tolte dal microonde e il
succo di arancia. Poi si accomodò sull’alto sgabello di fronte la sua amica
incrociando le braccia e squadrandola bene. A parte il taglio in fronte quasi
rimarginato, il braccio ingessato e un paio di lividi l’unica cosa che trovava
immutata era la luce triste nei suoi occhi.
-Dai,
Sarah, potrei mai mentirti?-le sorrise ironica versandosi del succo di
frutta.-Mi conosci da quando sono nata.-
-Non
avrò più il coraggio di far uscire i miei figli la sera.-ricambiò.
-Se
ne sono all’oscuro sono più protetti, fidati.-tentò di rassicurarla.
-Quindi
l’hai trovata. Tua madre.-sospirò ancora stupita dalla storia che le era appena
stata raccontata.
-Esattamente.
Morta, da quasi otto anni ormai. In compenso ho un padre, un fratello, una zia
e due nipotini che sono anche i miei cuginetti. Mio fratello è sposato con mia
zia.-scosse la testa.
-Questa
è meglio di una puntata di Beautiful.-rise per sdrammatizzare.
-È
tutto così assurdo!-esclamò.-Trovo lavoro in casa sua, per mesi ho dormito
nella sua camera, nel suo letto, ho sentito parlare di lei. Quando ho scoperto di
essere cacciatrice ho cominciato a studiare e leggevo così tanto delle sue
gesta, di come abbia attivato il potere in tutte le ragazze della terra. Poi
una sera apro il suo baule, leggo il suo diario e cosa trovo? La dichiarazione
ufficiale che sono sua figlia! Le ho quasi distrutto la camera quella sera.-le
raccontò.
-Quando
a Natale ci siamo sentite credevo fossi felice.-sospirò.
-Lo
ero! Adoravo Dawn, i bambini, Connor e tutti gli altri. Per non parlare di
Eric! Mi sono così innamorata di lui.-fece una pausa.-Non gli ho nemmeno detto
che me ne andavo, non l’ho detto a nessuno. Sono scappata ieri notte come una
ladra lasciando un biglietto.-
-Cosa
vuoi fare adesso?-le chiese.
-Stare
sola, per cominciare. Riflettere, trovarmi un lavoro e poi decidere il da
farsi. Magari, ogni tanto, cacciare anche qualche vampiro.-elencò.-Forse però è
meglio se prima faccio risanare le mie costole.-con una fitta di dolore si
toccò piano lo stomaco, poi prese dalla borsa le pastiglie che le erano state
prescritte per i dolori.
-Anche
le costole?-si stupì Sarah.
-Ne
ho due incrinate, e a volte anche il braccio mi fa male. È stata una lotta
dura, una vera fine del mondo.-sorrise ironica.
-Ti
sei chiesta per così tanto tempo com’era fatta tua madre e appena l’hai trovata
non hai neanche potuto vederla.-disse dispiaciuta l’assistente sociale tornando
al discorso principale.
-Le
somiglio tantissimo, ho visto delle foto.-specificò.
-Ne
hai anche con te?-sorrise.
-Certo,
un regalo di Dawn.-prese il suo borsone ai piedi e da una tasca tirò fuori le
foto di Buffy che aveva scelto il giorno che Spike le aveva messo in mano tutti
gli album presenti in casa. Le consegnò a Sarah che le guardò una ad una con
grande interesse.
-Sembrate
quasi sorelle più che madre e figlia.-constatò porgendogliele.
-Beh,
ho un fratello con cui non mi somiglio affatto. È tutto così
complicato.-sospirò ancora.-Sarah io non voglio disturbarti troppo ma mi serve
un posto per alcuni giorni, giusto il tempo che trovo qualcosa tutto mio.-
-Clay
sai che non devi preoccuparti di questo, puoi rimanere qui tutto il tempo che
vuoi.-le prese una mano e gliela strinse forte.
-Grazie.-sorrise.-Ma
sai che non abuserò troppo della tua ospitalità.-
-Vieni,
ti sistemo la camera degli ospiti.-e si alzarono dirigendosi al piano di
sopra.-A Charles farà piacere rivederti.-sorrise alludendo al marito.
Dawn
non aveva voluto disturbare Clay per mandare Madlen all’asilo, così era stato
Connor ad accompagnare la bimba prima di andare al lavoro, da qualche giorno la
filiale di Sunnydale della Wolfram&Hart era partita con gran contento di
tutti.
Adesso
stava sistemando i piatti della colazione appena lavati mentre Duncan girava
con il passeggino per tutta la cucina. Faceva un gran chiasso con il sonaglio
che aveva in mano tanto che Dawn spesso lo riprendeva dicendogli di stare zitto
perché il nonno con lo zio Spike dormivano ancora di sotto e avevano il sonno
leggero. Ma per il bimbo era tutto un gioco e continuava imperterrito ad
agitare il suo sonaglio.
Giusto
la sera prima, Gunn e Fred erano tornati a Los Angeles per riprendere
l’attività a breve li avrebbero raggiunto anche i due vampiri. Tutti sapevano
che Angel voleva ancora parlare con Clay, e magari farle la proposta di andarlo
a trovare almeno una volta al mese nella città degli angeli. Il vampiro voleva
così tanto instaurare un rapporto con lei.
Poco
dopo bussarono alla porta della cucina e aprendo, Dawn si trovò davanti Willow
tutta sorridente. La fece entrare facendole spazio dato che doveva ancora
circolare per molto con le stampelle e subito le offrì un caffè.
-Come
mai così allegra?-le chiese mettendole la tazza fumante davanti.
-Nonostante
le stampelle, da dopo la lotta sono ogni giorno felice di essere viva.-rispose
facendola ridere.
-Come
vanno le cose?-si sedette sullo sgabello.
-Benissimo,
persino Kenny ed Eric sono più sereni.-bevve un sorso.-Ti dispiace, anzi se
chiamo Kennedy al lavoro? Mi sono dimenticata di dirle che stasera vengono i
miei a cena.-
-Fai
pure.-le indicò il telefono.
Willow
si alzò e si diresse verso l’apparecchio. Appena ebbe preso la cornetta notò un
foglio di carta piegato in due. Lo prese in mano aggrottando la fronte e si
girò verso Dawn che stava di nuovo rimproverando un Duncan che prese ancora una
volta il rimprovero come un gioco.
-Dawn,
credo che Connor ti abbia lasciato un messaggio.-le disse.
-Davvero?-si
stupì.-Strano, stamattina ci siamo pure visti.-perplessa afferrò il biglietto e
lo lesse.
Due
secondi dopo le gambe non le ressero più e dovette poggiarsi al tavolo per non
cadere a terra preoccupando Willow che corse a sorreggerla. La giovane non
riusciva più a parlare e al richiamo preoccupato dell’amica riuscì solo a
porgerle il foglio di carta.
-Oh
mio Dio.-sussurrò solo la strega dopo aver letto le poche righe, poi si
precipitò il più velocemente possibile verso la porta del seminterrato e la
spalancò.-Angel vieni su immediatamente!!-urlò come una forsennata tornando poi
da Dawn che adesso aveva cominciato a piangere singhiozzando.
-Ma
che diavolo succede?-si preoccupò Angel correndo su mentre si infilava una
canotta sui pantaloni da tuta.
-Si,
non lo sapete che a quest’ora ci sono vampiri che dormono?-si lamentò Spike
arrivando subito dopo Angel.
-Leggi
qui.-la strega porse il foglio al vampiro castano che lo lesse subito.
-Non
può essere.-mormorò scuotendo la testa.
-Se
ne è andata.-disse Willow.
-Che
succede?-chiese Spike.
Il
vampiro castano lasciò il foglio sul tavolo e corse al piano di sopra. Spalancò
la porta della camera di Clay e la trovò in perfetto ordine, il letto era intatto.
Spalancò gli armadi ma erano vuoti, così come i cassetti. Lei se ne era davvero
andata portandosi dietro tutto. Scese di sotto lentamente analizzando ciò che
era successo.
-Se
ne è andata davvero, si è portata via tutto.-disse sulla soglia della porta.
-Ehi,
non ti deprimere!-esclamò Spike.-La troveremo, muoveremo mari e monti, con le
nostre conoscenze sarà un gioco da ragazzi trovare quella ragazzina.-
-Tu
non capisci.-si poggiò allo stipite portandosi le mani tra i capelli e
scivolando lentamente a terra. L’amico si inginocchiò accanto a lui.
-Cosa
non capisco? È solo una ragazzina confusa che è scappata di casa. Le è successo
tutto troppo in fretta e le emozioni l’hanno sopraffatta. La troveremo, le
parlerai e tutto andrà a posto.-tentò.
-Spike
lei è maggiorenne, non è semplicemente scappata di casa. Lei non vuole avere
niente a che fare con noi, per questo se ne è andata. Adesso capisco il suo
comportamento. La freddezza, il chiudersi in sé, l’evitare le discussioni. Non
vuole un padre, non vuole me. Ho perso lei come ho perso Buffy, le ho perse
entrambe.-mormorò e Spike non seppe cosa ribattere.
Dawn
piangeva stretta tra le braccia di Willow mormorando frasi confuse. Non
sapevano cosa fare, si erano già affezionati a lei quando non sapevano chi era,
adesso che lo sapevano era ancora peggio. Non era solo la figlia di Buffy o il
loro ultimo legame con lei, era un membro della famiglia. Ma Claddagh non
voleva farne parte.
Il
suo biglietto giaceva ancora sul tavolo, dove Spike l’aveva lasciato dopo averlo
letto.
“Mi
dispiace, tutto questo è troppo per me, devo stare sola.
Dite
ad Eric che non lo dimenticherò.
Claddagh.”.
Parte
28 – Solitudine
Quella
non fu l’estate perfetta che tutti avevano immaginato. Liberi dalla minaccia di
Kramzee, tutti avevano immaginato mare, sole e relax. Invece accadde tutto
l’opposto.
Il
giorno che Willow ebbe trovato il biglietto di Clay, Connor tornò a casa alla
sera trovando la moglie che ancora piangeva, seduta sul divano, tra le braccia
di una Willow altrettanto disperata, Angel chiuso nel seminterrato scontroso
come un leone in cattività e gli altri ad aspettarlo insieme alla cattiva
notizia che sua sorella era scappata di casa lasciando solo un misero
bigliettino senza indicazione alcuna.
Eric
era letteralmente sconvolto, perché non si immaginava una cosa simile. Aveva
visto Clay normale ma evidentemente era molto brava a nascondere i suoi reali
stati d’animo.
Quella
fu proprio una pessima estate. Dawn e Connor dimenticarono quasi cosa voleva
dire sorridere anche se si facevano sempre forza a vicenda, avevano perso una
parte di loro stessi, o così si sentivano di pensare. Angel tornò a Los Angeles
dove divenne ancora più taciturno e schivo, Spike a volte non lo vedeva per
giorni, anche se sapeva che se ne stava chiuso in camera sua al buio e a
rimuginare.
Giles
tornò in Inghilterra, aveva del lavoro da sbrigare al Consiglio. La partenza
gli spezzò il cuore ma doveva farlo, forse da lì avrebbe potuto mobilitare
tutte le sue conoscenze per cercare Clay, anche se dubitava che una ragazza
volontariamente intenzionata a sparire per un po’ si sarebbe fatta trovare
facilmente.
Willow
e Kennedy persero un po’ della loro serenità, iniziarono anche a litigare un
po’ e nessuna delle due voleva ammettere che forse si stavano allontanando un
po’. Eric continuò ad abitare con loro ma cambiò radicalmente atteggiamento,
uscendo spesso la sera e facendosi altre amicizie.
Gli
unici che, forse, non cambiarono atteggiamento furono Xander ed Andrew. Certo,
entrambi erano tristi e preoccupati per l’improvvisa sparizione di Clay, e
cominciarono anche ad affliggere manifesti per cercarla ma dopo un po’ capirono
che era tutto inutile e che, se avesse voluto, la ragazza sarebbe tornata a
casa da sola. Sempre se considerava Sunnydale casa sua.
Forse,
quell’estate fu quasi peggio dopo quella trascorsa dopo la morte di Buffy.
Dal
canto su, Claddagh cercò di andare avanti. Il giorno dopo essere arrivata a
casa di Sarah cominciò a cercarsi un lavoro, aiutata anche dalla sua assistente
sociale, e dopo una settimana aveva cominciato a lavorare presso un asilo nido,
anche se nel periodo estivo non lavorò molto. Con il primo stipendio aveva
affittato un bilocale e ci si era trasferita subito, non voleva arrecare troppo
disturbo a Sarah.
Adorava
i bambini, le rasserenavano la vita con la loro innocenza e le impedivano di
pensare alla sua situazione. Ancora non sapeva cosa doveva fare. Aveva legato
con le colleghe ma al di là del luogo di lavoro non le frequentava ne voleva
frequentarle. L’unica persona che vedeva era Sarah e la sua famiglia.
Anche
per lei quell’estate fu davvero pessima. Le mancavano Angel e Dawn, le
mancavano Connor e i bambini, le mancava da morire Eric, e tutti gli altri.
Sapeva di aver fatto una grossa cattiveria a lasciare solo quel misero
bigliettino senza alcuna vera spiegazione ma voleva schiarirsi le idee prima di
tornare da loro, sempre se fosse tornata a Sunnydale. Magari, prima o poi, si
sarebbe fatta risentire, forse avrebbe detto loro dove si trovava. Ancora non
lo sapeva.
E
così trascorsero giugno, luglio e agosto. La settimana di ferragosto, Sarah
andava con la famiglia al mare e propose anche a Clay di venire. Non finì di
formulare la domanda che la ragazza scoppiò in lacrime. Preoccupata le chiese
cosa succedeva.
-Dimmi
qualcosa, così mi preoccupi.-la incitò asciugandole le lacrime con un
fazzoletto dopo che da tre quarti d’ora la ragazza singhiozzava senza fermarsi.
-È
il suo anniversario.-mormorò a fatica.-Il dodici.-
-Anniversario?-si
stupì, non aveva capito.
-Della
sua morte. È morta il dodici di agosto.-e a quel punto Sarah capì.
-L’anniversario
della morte di tua madre?-chiese, ma era più un’affermazione.
-L’ultima
pagina del suo diario risale al giorno prima della sua morte e dichiara di
essere stanca e di volermi cercare. È morta il giorno dopo, la sua ultima
parola è stata il mio nome. Non capisci, Sarah? Io la odiavo e lei scriveva di
me ogni giorno, mi voleva cercare ed è morta. Sto così male.-spiegò piangendo.
-Non
è stata colpa tua, è capitato.-tentò di consolarla.
Ma
Clay non andò con lei al mare, e per quella settimana fu triste e sempre cupa.
Non si riprese molto col passare delle settimane, Sarah capiva che soffriva
molto a sapere di aver avuto una madre che comunque l’aveva amata e che le era
stata strappata senza che avesse potuto conoscerla.
Arrivò
settembre e le scuole riaprirono, tutto intorno cominciò a colorarsi di autunno
rendendo l’atmosfera di Los Angeles meno estiva e allegra. La situazione di
Clay non migliorò con l’avvicinarsi del suo compleanno, quel giorno avrebbe
cenato in casa di Sarah che aveva dichiarato di volerle fare una bella torta
con la crema. Accettò solo perché voleva molto bene alla sua amica.
Eric
cominciò a divenire sempre più di umore nero con l’avvicinarsi di giorno venti.
Kennedy non sapeva perché mentre Willow immaginava che fosse per via del
compleanno di Claddagh, una volta l’aveva sorpreso a guardare delle loro foto
con un’espressione molto malinconica.
Una
sera andò a letto presto dopo aver rapidamente cenato con la sorella e la
moglie, aveva visto che tra le due ultimamente si era instaurata una certa
freddezza e per quanto gli dispiaceva preferiva non intromettersi sapendo che
erano cose che dovevano risolvere da sole.
Faticò
ad addormentarsi fissando il soffitto nell’oscurità per diversi minuti, poi
sentì le palpebre diventare sempre più pesanti e nell’arco di qualche minuto
cadde in un sonno molto profondo. E anche molto fruttuoso.
La
giornata era splendida, il sole era alto e luminoso, tirava una leggera brezza
e il suono delle onde che si infrangevano sulla battigia era incantevole. Si
trovò a pensare Eric mentre le onde gli bagnavano i piedi facendoglieli
affondare nella sabbia, le mani affondate nelle tasche dei jeans arrotolati
fino al ginocchio.
Era
uno scenario meraviglioso e perfetto, e lui era da solo a goderselo perché la
spiaggia era deserta e l’unico suono era quello del mare. Si sentiva
malinconico e anche in totale tranquillità emotiva, forse quel suono era
ipnotico.
-Piace
molto anche a te, vero?-
Quella
che udì, la giudicò la voce più dolce che avesse mai sentito. Si voltò verso la
nuova arrivata, dovette strizzare gli occhi per via del sole poi vide un viso
dolcissimo e due occhi verdi che esprimevano grande serenità.
-Il
rumore delle onde è rilassante.-ribatté.
La
donna davanti a sé più che bella era estremamente dolce. Aveva lunghi capelli
lisci e biondi, occhi verdi e una carnagione chiarissima. Non era magra, ma
neanche grassa, un po’ robusta ma quelle braccia parevano fatte solo per
abbracciare e rassicurare. Indossava un lungo vestito bianco con le bretelle
che le incorniciava le curve e la rendeva eterea.
-Hai
ragione. Questa spiaggia, poi, è speciale.-si avvicinò di qualche passo.
-Dove
siamo?-le chiese confuso.
-Da
qualche parte.-sorrise enigmatica.
-E
tu chi sei?-continuò.
-Un
sogno, un angelo, un ricordo non tuo…chiamami come vuoi. Non è questo il motivo
per cui siamo qui.-rispose.
-Hai
almeno un nome?-insistette.
-Si,
ma non ti è dato saperlo. Io in realtà non ti appartengo affatto, in tutti i
sensi. Sono solo in prestito.-respirò l’aria di mare chiudendo gli occhi.-Lo
sai cosa vuoi, Eric?-lo guardò.
-Ah
voglio un sacco di cose.-sorrise.
-Quella
che al momento vuoi di più qual’è?-ma lui non rispose.-Non lo vuoi dire. Beh io
lo so cosa vuoi.-
-E
cosa voglio?-si voltò a guardarla.
-Trovarla.-rispose
semplicemente.-Sai, è strano come per anni lei sia stata scambiata solo per un
anello. Un ninnolo, un oggetto, un vecchio regalo di compleanno quando in
realtà non era altro che il frutto di un grande amore. È carne, ossa e sangue.
E tu la rivuoi, anche se non lo ammetti.-
-Sai
dov’è?-le chiese.
-Oh
certo che lo so. Nascosta, da se stessa e da voi. Da sola in due camere con un
lavoro a pensare, rimuginare, cercare di capire cosa vuole dalla sua vita.
Capire se vuole tornare da voi, dai suoi legami di sangue o se è meglio
buttarsi tutto alle spalle e ricominciare daccapo ancora una volta. È dura
passare ciò che lei ha passato. A volte non sempre si fugge per codardia.-gli
rispose.
-Voglio
sapere esattamente dove si trova.-insistette caparbio.
-Ed
io te lo dirò. Vuoi che sia più precisa? Lo sarò, in fondo non è poi così
lontana solo che non hai mai cercato. Lei è nella sua città, dove è nata,
aiutata dall’unica persona che conosce: la sua assistente sociale.-
Eric
guardò il cielo e vide che stava rapidamente tramontando. Strano, solo poco fa
era ancora mattino presto e adesso stava per sorgere la luna.
-Il
sole sta volgendo al tramonto.-disse la donna.-Il mio tempo è quasi scaduto.
Pensi di avere abbastanza informazioni per trovarla?-gli chiese.
-So
dov’è nata e come si chiama la sua ex assistente sociale, so dove si
trova.-sorrise.
-Bene.-ricambiò.-Ti
auguro tanta fortuna, Eric, e se la trovi abbi tanta cura di lei.-
Al
giovane venne un dubbio e dopo qualche secondo di esitazione fece un’ultima
domanda alla donna, ormai era quasi buio.
-Tu
sei Buffy?-le chiese.
-No.-scosse
piano la testa.-Anzi, ho un messaggio anche da parte sua. Dice di occuparti
della sua bambina, di amarla e fare in modo che si avvicini alla sua famiglia.
Dice che ha tanto bisogno dell’amore che lei non ha saputo darle.-
-Dillo
che lo farò.-promise.
-Vorrei
lasciarti un ultimo messaggio ma non mi è permesso farlo, quindi quando
scoprirai chi sono di a chi mi ha conosciuto che veglio da
lassù.-sospirò.-Addio Eric.-
Eric
si svegliò di soprassalto al suono della sveglia. Si tirò a sedere
stropicciandosi gli occhi con le mani, cielo che sogno strano che aveva fatto.
Ma se le informazioni di quel sogno erano vere, e sapeva che lo erano, sapeva
dove era nascosta Clay.
Anche
se non ci sperava, i sogni per lui erano solo sogni e per quanto sperasse
ritrovare quella che era stata la sua ragazza non pensava che così, con un
sogno, potesse sapere dove si trovava.
Si
alzò un po’ confuso, ancora indeciso se crederci o meno, e andò in bagno. Si
lavò e vestì, poi andò in cucina per la colazione dove trovò Kennedy che
guardava il telegiornale e Willow che finiva di preparare le frittelle. Le due
parevano abbastanza di buon umore, anche se si vedeva che non avevano ancora
ritrovato la serenità di un tempo.
-Ciao
dormiglione.-lo salutò la sorella.
-Tutto
bene?-gli chiese Willow mettendogli il piatto caldo davanti.-Sembri stravolto.-
-Ho
fatto un sogno strano.-rispose versandosi del caffè.
-A
volte i sogni scombussolano un po’.-tentò di tirarlo su la cognata.
-Cambiando
argomento.-esordì Kennedy.-Per caso, ricordi dove hai messo le foto che mi hai
portato?-si rivolse al fratello.
-Quelle
che ti ha mandato la mamma?-precisò e lei annuì.-Mi pare di averle messe nel
salotto, in uno sportello.-
-Ha
ragione, c’ero anch’io quando le ha riposte.-ricordò Willow.
-Vado
a prendertele.-il giovane si alzò e si diresse nell’altra stanza.
Aprì
uno sportello e dopo aver frugato un po’ trovò l’album che aveva portato a sua
sorella appena arrivato a Sunnydale, erano delle foto che la loro madre aveva
mandato di quando erano bambini. Lo tirò fuori ma urtò una piccola scatola che
cadde versando un bel po’ di fotografie.
-Accidenti!-imprecò.
-Tutto
bene?-chiese Willow che l’aveva sentito sporgendosi dalla cucina.
-Si,
ho solo combinato un piccolo danno.-disse cominciando a raccoglierle.
-Dai,
ti do una mano.-si chinò accanto a lui per aiutarlo.
-Sei
il solito impiastro.-rise Kennedy arrivando dopo la moglie e scuotendo la testa
divertita.
-Dai,
può capitare.-la riprese bonariamente Willow.
-Senti
chi parla, come se lei non ne avesse fatti di disastri da bambina.-la prese in
giro Eric raccogliendo una foto e guardandola distrattamente.-Oh mio Dio.-mormorò
guardandola più attentamente.
-Che
succede?-si preoccupò Willow.
-Chi
è questa?-la rigirò verso di lei mostrandole l’immagine. Ritraeva Willow,
Xander, Giles, una Dawn che poteva avere circa quattordici anni, Giles e due
ragazze bionde con un ragazzo anche lui biondo. Le ragazze stavano davanti con
i ragazzi dietro, sorridevano e si abbracciavano felici e spensierati, i
problemi parevano così lontani e la giovinezza così eterna.
-Che
foto vecchissima, credevo l’avesse Xander.-la prese in mano guardandola con
affetto.-Avevo circa venti anni e andavo al college, che tempi quelli.-
-Willow
chi è quella ragazza?-insistette Eric impaziente.
-Dipende
da chi parli.-gli si avvicinò e gli mostrò la foto.-Ci siamo io, Dawn, Xander e
Giles. Questa è Buffy e un suo ex ragazzo ora sposato, Riley e questa è…-le
mancò la voce e la sua espressione divenne tristissima.
-Chi
è quest’altra? Ti prego, dimmelo.-il suo tono di voce pareva davvero urgente.
-Allora
ti riferisci a lei?-e il ragazzo annuì.-Lei è Tara, la mia prima fidanzata. Fu
uccisa nel 2002 con un colpo di pistola.-gli spiegò lanciando un’occhiata anche
a Kennedy che aveva una strana espressione. Non era gelosa ma un po’ invidiosa,
sapeva quanto Willow avesse amato la giovane strega bionda.
-Allora
è tutto vero.-si alzò di scatto e corse verso il mobiletto dove c’erano le
chiavi.
-Eric
che succede?-gli chiese Kennedy in ansia correndogli dietro insieme a Willow.
-Il
mio sogno. C’era la spiaggia, il vento e c’era lei, bella e dolcissima che mi
ha detto dove si trova e di cercarla e di prendermi cura di lei.-spiegò
confusamente.
-Hai
sognato Tara?-la voce di Willow si incrinò per l’emozione e le lacrime le si
formarono agli occhi.-Cosa ti ha detto?-
-Era
un po’ criptica ma mi ha parlato di Clay e di dove si trova. Le ho chiesto il
nome ma mi ha detto che non mi apparteneva così le ho chiesto se fosse Buffy ma
mi ha detto di no.-afferrò la giacca.
-Stava
bene?-continuò sempre più emozionata.
-Era
in splendida forma.-le sorrise comprensivo.
-Cosa
ti ha detto di me?-
-Che
vi veglia tutti da lassù.-e dopo queste ultime parole uscì di casa sapendo dove
si trovasse Clay e anche che adesso sua sorella e la moglie avrebbero avuto una
discussione che però, sperava, si risolvesse per il meglio e con un bel
chiarimento.
Per
strada, Eric cercò di chiamare Angel. Non voleva dargli una falsa speranza ma
sapeva quanto gli mancasse la figlia e voleva cercare di rasserenarlo un po’.
Gli rispose Spike che lo informò del fatto che Angel non voleva parlare con
nessuno di niente, tranne se erano Dawn o Connor.
Si
era chiuso in se stesso più di quando era morta Buffy e nessuno riusciva a
tirarlo fuori dal suo stato quasi catatonico, tranne quando usciva per la
caccia. Eric ci rinunciò senza dire delle sue informazioni a Spike, a questo
punto era meglio una sorpresa.
Claddagh
si svegliò di soprassalto quando sentì bussare furiosamente alla porta, quella
mattina era di riposo e quindi non lavorava, di conseguenza se la stava
prendendo comoda a letto. La sera prima aveva cacciato fino a tardi, oltretutto
non aveva spesa da fare ne bucato, quindi voleva solo stare in totale relax.
Era
sicura che non era Sarah perché doveva vedere una famiglia per un’adozione, a
meno che non voleva sapere se aveva qualche preferenza per la torta dato che il
giorno dopo era il suo compleanno, ne il padrone di casa perché era regolare
con il pagamento dell’affitto, a meno che non era la bisbetica del piano di
sotto che ancora una volta si lamentava del fatto che era rientrata tardi la
notte, come se fossero affari suoi!!!
-Arrivo
subito!-esclamò trascinandosi giù dal letto e andando verso la porta
stropicciandosi gli occhi e sbadigliando.
Indossava
solo un paio di pantaloncini ed una canottiera, la sera prima si era solo
spogliata e messa a letto, era sfinita. Comunque non aspettava nessuno, quindi
rimase estremamente stupita e senza parole quando aprì la porta e vide chi
c’era dall’altra parte.
-Tu
sei una persona terribilmente difficile sia di carattere che da
trovare!!-esclamò Eric entrando senza neanche chiederlo.
-Beh
quando me ne sono andata da Sunnydale nel biglietto non ho scritto
“trovatemi”.-ribatté adesso sveglissima chiudendo la porta.
-Di
questo me ne ero accorto, fidati.-portò le mani ai fianchi.-Almeno spero che
adesso tu stia bene dopo che ti sei liberata di me e della tua famiglia
scappando come una ladra nel cuore della notte.-
-Ah
sto benissimo nella totale solitudine, sai?-lo ribeccò sarcastica.-A
rimuginare, pensare a cosa è meglio fare, se devo dare a tutti una possibilità,
se devo perdonare una madre che non conoscerò mai, a piangere ogni singola
notte quando torno dalla caccia. Sto perfettamente!!-urlò quasi in modo
isterico.
-Beh
di sicuro nessuno ti ha costretto a questa decisione, te la sei cercata. Se non
volevi parlare più di Buffy con Angel e Dawn magari ti bastava dirglielo invece
di scappare via! Ho appena parlato con Spike e mi ha detto di temere che Angel,
stavolta, si suicidi davvero. Vuoi veramente perdere anche tuo padre dopo tua
madre?-ricambiò con lo stesso tono.
-Dio
perché mi state sempre tutti con il fiato sul collo?!-si esasperò.-Io non posso
decidere cosa è meglio per tutti, è per questo che me ne sono andata. Volevo
solo stare sola e riorganizzare le idee, prendermi una pausa. Io non sono una
codarda, mi pare di averlo dimostrato contro Kramzee, ma mi sentivo
terribilmente oppressa.-
-Certo
che ti sentivi oppressa, non sei abituata ad essere amata da una famiglia. Io
non ti accuso di codardia ma potevi almeno fare una chiamata in questi mesi anche
solo per dire che stavi bene, che non eri morta in qualche vicolo!-fece un
respiro profondo.-Senti, non voglio litigare, sono stato malissimo in questi
mesi. Voglio solo sapere se hai intenzione di tornare a Sunnydale in modo
definitivo o se magari vuoi chiudere definitivamente con me e con gli altri,
almeno ci mettiamo il cuore in pace.-disse adesso calmo.
-Eric
il mondo non ruota intorno a me, l’ho imparato da bambina. È ovvio che voglio
tornare a Sunnydale ma prima devo mettere ordine dentro di me e capire come mi
sento davvero, oltre ad assorbire una volta e per tutte il dolore di tutta la
mia vita.-anche lei si era calmata.-Ma cosa credi che Dawn, Connor, i bambini,
Angel, tu e tutti gli altri non mi mancate? Vi penso ogni giorno, domani è pure
il mio ventesimo compleanno e vorrei tanto poter abbracciare Madlen.-
-Allora
torna con me a Sunnydale adesso!-la prese per le spalle speranzoso.
-Non
posso.-scosse la testa.-E non perché non mi sento ancora pronta, ma solo perché
ho promesso a Sarah che avrei cenato da lei, vuole farmi una torta. Vieni anche
tu e poi deciderò cosa fare.-gli propose.
-Va
bene.-assentì.
Poi
si sorrisero e a quel punto si abbracciarono forte dichiarandosi quanto si
erano mancati a vicenda. Parlarono tutto il giorno, come facevano un tempo, dei
mesi trascorsi, di quello che avevano fatto, di come stavano gli altri e di
come andavano le cose.
Clay
si sentì scivolare di dosso tutta la solitudine di quell’estate, le sere da
sola, la caccia senza compagnia, la mancanza di Dawn, dei bambini e di tutti
gli altri. Le chiacchierate, i giochi di Madlen, le prime parole di Duncan, gli
abbracci affettuosi di Dawn, gli scherzi di Xander, la comprensione di Willow.
Era
stata da sola, se l’era pure cercata, ma le era servito per capire quanto adorasse
ciò che aveva lasciato a Sunnydale anche se ancora non sapeva se voleva tornare
subito o meno. Non smisero di parlare neanche quando pranzarono e continuarono
ad oltranza per tutto il pomeriggio
Quella
sera scoccò di nuovo la scintilla tra di loro e la chiacchierata si trasformò
prima in un bacio, poi in una serie di baci e carezze e alla fine nella prima,
in assoluto, notte di passione di Clay. Eric fu gentile con lei amandola come
Tara le aveva raccomandato, anche da parte di Buffy, nel suo sogno. Voleva
passare tutta la vita con lei ad amarla in quel modo. Quella notte dormirono
abbracciati strettamente.
La
mattina dopo, Clay si svegliò tastando il cuscino accanto a se e lo scoprì
vuoto. Si voltò notando che Eric si stava rivestendo silenziosamente.
-Te
ne vai?-gli chiese piano facendolo voltare.
Lui
si sedette sul letto e per prima cosa le diede un bacio sulla tempia.
-No,
volevo solo andarti a comprare delle brioches per colazione ed un regalo di
compleanno.-la informò.
-Sto
diventando vecchia.-scherzò.
-Hai
ancora molto tempo davanti.-sorrise.-Dormi ancora un po’, io torno tra poco.
Buon compleanno.-le diede un altro bacio e poi lasciò l’appartamento, Clay
sapeva che sarebbe tornato.
Cercò
di dormire ancora qualche minuto ma non ci riuscì, così si alzò. Mise su una
coulotte a pantaloncino ed una canottiera bianca, poi andò in bagno. Si
sciacquò il viso con dell’acqua fresca, poi chiuse il rubinetto. Afferrò
l’asciugamano con gli occhi chiusi e si tamponò, poi rialzò il viso.
All’inizio
non capì e strizzò gli occhi come se avesse le traveggole, o ci vedesse doppio.
Ma era lì, riflessa sullo specchio. Occhi verdi come i suoi, capelli biondi
come i suoi, labbra carnose come le sue, pareva quasi se stessa ma non lo era.
L’asciugamano
le cadde dalle mani andando a finire nel lavandino e inzuppandosi nell’acqua
che ancora lo riempiva, la tubatura era un po’ intasata e l’acqua ci metteva un
po’ prima di scorrere via. Non osava voltarsi per la paura che quel riflesso
sparisse e lei si ritrovasse sola con il pensiero di aver solo sognato, forse
la solitudine la stava per rendere pazza.
-Ciao
Claddagh.-
Al
suono di quella voce lei si voltò di scatto, così velocemente come se temesse
di vederla svanire via e rimase impietrita dal fatto che fosse lì, dalla somiglianza,
dalla sua consistenza.
Non
sapeva che fare, non sapeva come reagire. Non sapeva se odiarla o gettarle le
braccia al collo dalla gioia, non sapeva cosa dirle. Si sentiva come se fosse
stata fatta di pietra. Poi le uscì solo una parola dalle labbra, un debole,
basso suono, una parola a lungo desiderata e mai pronunciata. Perché lei era lì
di fronte a lei.
-Mamma.-
Parte
29 – Madre e figlia
-Sei
più bella di quanto non ti vedessi nei miei sogni.-
Buffy
si avvicinò a sua figlia guardandola intensamente. Gli occhi le brillavano di
felicità e commozione, aveva atteso venti anni quell’incontro.
Certo,
Clay la fissava impietrita e senza parole. Ma d’altronde che parole dovevano
uscire di bocca ad una figlia che vedeva per la prima volta in venti anni sua
madre? E che pensieri doveva avere? Non ne aveva la più pallida idea.
-Beh
e tu di sicuro sei meglio che in foto.-deglutì nervosa.-Sei in ottima forma per
essere morta.-
-Lo
so, pare che mi mantengo bene.-sorrise avvicinandosi a lei.-Ma non è per questo
che sono qui.-
-Lo
so.-ribatté gelida e lasciò il bagno tornando in camera per indossare un paio
di pantaloni da tuta, Buffy la seguì a ruota.-Immagino già cosa vuoi dirmi.
Scusami, tesoro della mamma, per averti abbandonata quando avevi solo tredici
ore, ma sai avevo solo diciassette anni, avevo appena ucciso tuo padre,
litigato con tua nonna, ero scappata di casa e nessuno sapeva che ero incinta.
Ero giovane e confusa, ti ho pensato ogni giorno della mia vita però.-
-Beh
si, in termini poveri era più o meno questo che volevo dirti.-assentì a
disagio.
-Sono
solo scuse!-esclamò.-Io avevo il diritto di esistere nella tua vita. Volevo
solo essere amata.-ripeté le stesse parole che aveva pronunciato la sera che
aveva scoperto tutto.
-Hai
perfettamente ragione…-esordì.
-Diavolo
si, ho ragione!-la interruppe.-E tu, qualsiasi cosa dica, hai torto marcio! Non
esistono scuse sufficienti per farti perdonare.-
-Posso
parlare anch’io?-chiese sarcastica.-Sarò pure morta ed è la prima volta che ci
vediamo ma sono pur sempre tua madre e quindi pretendo un po’ di rispetto
signorina!-la riprese portando le mani ai fianchi.
-Tu
a me signorina non lo dici.-le puntò contro un dito.
-Invece
te lo dico, e abbassa quel dito.-la figlia obbedì.-Va bene, ho torto,
soddisfatta? Non ho scuse ne attenuanti per averti abbandonata ma se non ti
dispiace almeno vorrei provare a difendermi.-
-Ti
ascolto.-incrociò le braccia al petto in attesa.
-Si,
è vero, avevo solo diciassette anni e tu sei stata la cosa più inaspettata del
mondo. Almeno prova a pensare a questo: la mia prima volta dopo che ero quasi
stata uccisa, con un vampiro maledetto di duecento e più di anni che in teoria
non poteva neanche procreare e che dopo ha tentato per mesi di uccidere me e i
miei amici. Come dovevo sentirmi? Felice? Beh, non lo ero affatto perché alla
tua nascita cosa avresti trovato? L’inferno, ecco cosa avresti trovato.-
-Non
hai mai pensato che magari insieme a te non sarebbe stato poi così infernale?
Non è stato peggio vivere separate e morire pronunciando il mio nome? Piangere
per anni, pensare, essere invasa dai rimorsi e dai sensi di colpa? Non hai
pensato a me?-chiese più triste che arrabbiata.
-Tesoro
ho pensato a te ogni giorno della mia vita da quando ho scoperto di essere
incinta. Io ti ho portato dentro di me per nove mesi, beh otto in verità, e ho
sentito ogni tuo più piccolo movimento. Ogni calcio, ogni tuo giramento è
impresso nella mia memoria a fuoco.-le si avvicinò fino a prenderla per le
spalle.-Ti ho amato fin dalla prima volta che attraverso l’ecografia ho sentito
il battito del tuo cuoricino.-le vide brillare gli occhi di lacrime.
-Si
ma poi hai deciso di abbandonarmi lasciandomi solo un nome stranissimo e un
anello. Non sono mai stata adottata e ho pure subito umiliazioni e compassione.
Tu almeno una madre ce l’avevi, insieme a degli amici meravigliosi.-si scostò
da lei.-Io chi avevo a parte me stessa?!-alzò la voce piane di dolore mentre
qualche lacrima le scendeva giù per le guance.
Buffy
sapeva quanto sua figlia avesse ragione. In fondo, anche se non glielo aveva
mai detto, lei aveva comunque avuto sua madre, e Willow e Xander, e anche
Angel, e Giles. Per non parlare di Riley, anche se lui era una storia a parte,
e poi era stata con Spike e c’era stata la lotta con il Primo e tutto il resto.
-Tesoro
io…-cercò di prenderla di nuovo per le spalle ma lei si scostò.
-Non
chiamarmi tesoro come se mi avessi cresciuto!-esclamò allontanandosi più che
altro per nascondere le lacrime.
-Hai
ragione, scusami.-mormorò contrita.-Faith ogni tanto mi parla, sai? Il giorno
del suo matrimonio, scherzando, le dissi che non la riconoscevo più, era
diventata troppo una brava ragazza. Dopo la lotta con Kramzee, lei è uscita
fuori, ha rivolto gli occhi al cielo e mi ha detto che se da qualche parte
avevo visto tutto forse era il caso che ti facessi un regalo. Purtroppo non mi
hanno concesso prima questa visita, ho insistito per oggi per via del fatto che
è il tuo compleanno.-le spiegò.
-Quindi
è per questo che sei qui, per farmi gli auguri.-si voltò a guardarla.
-Anche.-annuì.
-La
prima volta che ho ucciso un vampiro mi sono sentita spaesata. Non capivo
niente e mi pareva tutto terribilmente surreale, mi sentivo debole. Quando ho
scoperto tutto ho dato la colpa di questa debolezza a te. Se tu mi avessi
tenuto mi avresti insegnato a cacciare e il mio primo vampiro non si sarebbe
parso così catastrofico. Tu volevi proteggermi da questo mondo ma invece ne
sono invischiata fino al collo. Sono anch’io una cacciatrice.-la fissò dritta
negli occhi.
-Beh
io non potevo sapere cosa saresti diventata, a quel tempo la teoria e l’eredità
della cacciatrice erano una cosa molto primitiva e abbastanza bigotta. Il
Consiglio non era come adesso, era austero e con la mente ottusa. A diciotto
anni mi hanno privato di ogni forza e rinchiuso in una casa con un vampiro, ne
sono uscita illesa per miracolo.-tentò di spiegarle.
-So
tutto di come funzionava una volta, perché ho studiato parecchio. Cielo, io
volevo solo scappare da Los Angeles, viaggiare, fare esperienze, lasciarmi alle
spalle il passato e tutta la solitudine ed invece capito proprio nella città da
cui tutto ha avuto inizio! Sono andata a fare la babysitter per i tuoi nipoti e
per mesi ho pure dormito nel tuo letto! Non so se pensare che è tutta una
questione di ironia o del destino.-rifletté.
-Ma
non hai pensato al motivo per cui sei capitata a Sunnydale? Dio, Claddagh, non
ci sei capitata per caso! È stato il tuo cuore che ti ha portata lì, sapevi già
che lì la tua vita sarebbe cambiata è così è stato. Hai trovato Dawn e Connor,
Angel, Willow, tutti gli altri e il tuo destino. Hai trovato i tuoi legami di
sangue e adesso non puoi buttare tutto al vento solo perché vuoi odiarmi.-le si
avvicinò e le asciugò dolcemente una lacrima con la mano accarezzandole il
viso.-Non fare il mio stesso errore. Io ho chiuso fuori il mondo circondandomi
di menzogne e maschere condannando me e anche te ad una grossa sofferenza. Tu
puoi cambiare ciò che io ho rovinato.-anche i suoi occhi si velarono di lacrime
e cominciarono a scenderle giù per le guance.
-Ma
senza di te c’è qualcosa che abbia un senso?-pianse.-Credi che adesso tu possa
sparire, magari in una luce bianca, e lasciarmi di nuovo qui da sola? A che
servirebbe tornare a Sunnydale, dire a Dawn che ti ho visto se poi mi lasci di
nuovo sola. Non puoi continuare ad abbandonarmi, non è giusto ed io voglio solo
avere una madre.-
-Lo
so, è una cosa tremendamente difficile, ed io vorrei solo abbracciarti e non
lasciarti più. Ma ormai sono cambiate troppe cose, io sono morta. Ho sofferto
per tanti anni con il pensiero costante di te, senza sapere se stavi bene o
meno, mi sono ridotta a farmi schifo per non desiderare un po’ di
pace.-sospirò.-Il giorno che sei nata volevo scappare via con te ma sapevo che
presto o tardi ciò che ero mi avrebbe trovato e che non avrei più potuto
sfuggire alle mie responsabilità, non volevo che tu patissi ciò che io avevo
patito. Ti ho lasciato perché pensavo che avresti avuto una vita migliore.-
-Ma
non è stato così! Il mio primo affidamento risale all’età di quattro anni ed è
durato un Natale, ho ancora la bambola conservata! Poi ce ne sono stati molti
altri tutti risolti in niente, a dodici anni un mio compagno di scuola mi ha
quasi rotto un braccio chiamandomi nessuno e cane. Lo stesso ragazzo mesi
addietro mi ha chiamato orfanella e mi ha insultato in modo tale che non sono
riuscita ad affrontare quattro vampiri da niente, mi hanno ferito allo stomaco
e mi hanno morso, ho dovuto subire un’operazione urgente.-le raccontò.-Qual è
il rimedio a tutto questo dolore? Se davvero volevi il mio bene avresti dovuto
portarmi con te, dove sta adesso la soluzione a tutte le mie ferite? Io sono
solo così stanca di essere sola!-pianse.
-Mi
dispiace così tanto.-
Buffy
la abbracciò stretta a sé mentre Clay scoppiava in singhiozzi. Anche lei
pianse, stringendo forte a sé la figlia e mormorandole parole di conforto,
mentre Clay continuava a pronunciare il suo nome. Entrambe avrebbero desiderato
che quel momento, quel contatto non si interrompesse ma, ed entrambe sapevano
che quel momento non sarebbe durato per sempre. Tutto aveva una fine.
Non
si accorsero di nulla. Solo Buffy, ad un certo punto, aprì gli occhi e notò che
la stanza era cambiata. Si trovavano in una camera rotonda tutta bianca con il
pavimento di marmo e le pareti di pietra bianca. Emanava una luce accecante.
Si
discostò dalla figlia di scatto perché era spaesata, lei conosceva quel posto.
Clay si guardò in giro confusa e con gli occhi sgranati. Quello non era il suo
appartamento, dove diavolo erano finite?
-Dove
siamo?-chiese Clay e la sua voce rimbombò in tutta la sala.
-Fuori
dal tempo e dallo spazio.-proclamò una voce maschile.
Un
uomo vestito di una tunica in stile antico romano e con la pelle di colori
marmorei apparve dall’entrata verso un’altra sala seguito da una donna vestita
allo stesso modo con le stesse sembianze.
-Chi
siete voi?-chiese loro subito all’erta.
-Sono
gli Oracoli, i nuovi.-le rispose Buffy tranquilla.-Puoi abbassare la guardia,
sono i diretti congiunti delle Forze dell’Essere.-la informò.
-E
cosa vogliono?-continuò.
-Dobbiamo
ammettere che vi abbiamo spiato.-le rispose la donna.-Non avremmo voluto ma le
Forze dell’Essere hanno insistito. Questo era si un regalo di compleanno per
Claddagh ma anche una prova per Buffy.-
-Che
prova?-si stupì la cacciatrice defunta.
-La
prima volta sei stata strappata alla tua dimensione paradisiaca senza avere
opportunità di scelta, adesso puoi averla, questa scelta-la informò l’uomo
facendola impallidire.
-Che
scelta?-Clay si voltò a guardare sua madre.
-Purtroppo
per noi, per quanto cerchiamo di essere imparziali abbiamo un buon cuore,
soprattutto io.-rise la donna.-Non ho saputo resistere alla visione di una
madre ed una figlia che si abbracciano per la prima volta dopo venti anni e
quindi ho fatto una richiesta alle Forze dell’Essere. Loro mi hanno risposto
che la scelta spetta solo a te, Buffy.-
-Questa
è la proposta: tornare sulla terra, alla vita per permetterti di trascorrere il
resto del tempo con tua figlia e con chi amavi o rimanere dove ti trovi, godere
solo di questo unico incontro e continuare a vegliare su chi ami.-precisò
l’uomo lasciandola ammutolita.-Sappiamo che è una scelta difficile, entrambe le
proposte hanno pro e contro.-
-Non
potete chiedermelo.-scosse lentamente la testa.
-Mamma.-la
chiamò Clay facendola voltare.-Ti prego non lasciarmi ancora.-la supplicò di
nuovo con le lacrime agli occhi.
-Oh
mio Dio.-mormorò Buffy sospirando, era confusa.-Questa è una decisione troppo
difficile per me. Ho lottato per anni desiderando la pace e adesso è troppo
tempo che sto in pace per desiderare di nuovo la vita.-spiegò agli Oracoli.
-Nonostante
tutto il tuo cuore è puro, e sa qual è la scelta migliore.-le disse la donna.
Buffy
si voltò verso Clay, dio quanto le somigliava. La guardò con intenso amore,
felice di averla potuta stringere almeno per una volta. Le si avvicinò e le
prese entrambe le mani.
-Amore
ascoltami.-esordì.-Questa è una decisione che devo prendere in totale
indipendenza, per la prima volta devo scegliere bene e senza avventatezza, non
come quando sei nata. Adesso dirò agli Oracoli di rispedirti a casa tua, io ho
tante cose da discutere con loro, ma tu devi tornare oggi stesso a Sunnydale.
Va da Dawn e aspetta lì una mia risposta. Qualsiasi cosa io deciderò te lo farò
sapere, promesso.-le disse con un sorriso.
-Lo
farò.-assentì.-Per favore non mi lasciare sola.-pianse abbracciandola di nuovo.
-Sarò
sempre con te.-mormorò ricambiando l’abbraccio.
Claddagh
aprì gli occhi e si riscoprì nella sua camera da letto. Da sola, quando fino ad
un attimo prima stava abbracciando stretta sua madre.
-Mamma?-la
chiamò ma le rispose solo il silenzio.-Ti prego, rimani con me!!-esclamò
rimettendosi a singhiozzare.
Si
gettò sul letto dove pianse e pianse fino a svuotarsi, con l’assoluta certezza
che non l’avrebbe rivista mai più. Se lo sentiva nel cuore.
Che
magnifico compleanno, pensò sarcastica. In solitudine come tutti gli altri che
aveva trascorso. Anche se ancora nulla era stato deciso.
Parte 30 – Finalmente una famiglia
Rieccolo
lì. Sulla stessa poltrona, nella stessa identica posizione, con lo sguardo
fisso sulla stessa identica fotografia. A volte temeva di consumarla a furia di
guardarla.
E
rieccolo lì. Con la stessa identica disperazione nel cuore. Si, perché adesso
non aveva perso solo lei, ma anche il frutto del loro immenso amore. Otto anni
addietro aveva perso Buffy, pochi mesi prima aveva perso anche Claddagh…la loro
unica figlia.
Spike
gli aveva dato del cretino, in termini volgari, per giorni, per via del fatto
che non voleva cercarla. Ma a che sarebbe servito? Se Clay era andata via di
casa c’era un motivo, e questo motivo era che voleva stare lontana da lui, da
Dawn, da tutti quanti. Cercarla sarebbe solo servito a peggiorare le cose.
E
c’era una cosa che non aveva mai detto a Spike. Che Buffy aveva cercato di
dirgli, una volta, dell’esistenza di quella figlia. Lui aveva rimandato, e
aveva rovinato tutto. Era proprio un emerito idiota, su questo dava ragione al
suo compare. Da allora non faceva altro che pensare a quel giorno, anche se lo
faceva da diciannove anni a quella parte.
23
novembre 1999
Buffy
e Doyle lo sostenevano ancora quando entrarono nell’ufficio e Cordelia
vedendoli in quelle condizioni si mise a strillare preoccupata si per le
condizioni del suo capo e del suo collega ma anche che le macchie di sangue non
macchiassero il pavimento, non si potevano permettere una donna delle pulizie e
lei non aveva alcuna intenzione di diventarlo.
-Cordy,
per favore!-la riprese Doyle affaticato, Angel non era proprio un peso piuma.
-Lascia,
ci penso io.-si offrì Buffy e il mezzo demone le lasciò il compito di portare
Angel di sotto.
Non
appena i due furono spariti giù per le scale, Cordelia cominciò una tiritera su
ciò che era successo, che era colpa della cacciatrice e che lei veniva sempre
esclusa mentre Doyle cercava di curarsi le ferite e di farla tacere.
Al
piano di sotto, Buffy adagiò Angel sul letto dopo averlo aiutato a togliersi
via il cappotto. Gli tolse via le scarpe e poi la maglietta, dopo gli curò le
ferite. Gli occhi le bruciavano di lacrime che tratteneva a forza mordendosi
forte le labbra.
-Ehi,
che ti succede?-le chiese allungando una mano per accarezzarle una guancia.
-Niente.-scosse
la testa alzandosi per adagiare la bacinella d’acqua sul cassettone.
-Buffy.-la
chiamò lui tirandosi a sedere e poggiando la schiena allo schienale del
letto.-Tu non hai una faccia da niente, che cosa ti preoccupa?-
Ma
lei noi rispose scoppiando in singhiozzi disperati e un po’ isterici. Le spalle
erano scosse dalle lacrime e più cercava di trattenerle più venivano fuori con
la potenza di una cascata. Preoccupato, lui si alzò e le andò dietro
prendendola per le spalle e voltandola verso di sé.
-Amore,
non piangere.-le asciugò le lacrime e poi le mise un dito sotto al mento alzandole
il viso.
Lei
si aggrappò a lui piangendo disperata mentre Angel le accarezzava la schiena
mormorandole parole di conforto. Anche se ancora non capiva bene da cosa erano
dovute quelle lacrime. La guidò fino al letto e si stese abbracciandola forte e
facendola sfogare. Dopo un po’, lei alzò la testa e lo guardò dritto negli
occhi.
-Angel,
io ti devo dire una cosa.-gli annunciò apparentemente determinata, in realtà si
stava torcendo le mani.
-Tesoro,
è stata una lunga, bellissima e difficilissima giornata. Siamo entrambi provati
e credo sia il caso di riposare un po’.-le propose.
-No,
Angel, devo farlo adesso perché poi non ne avrò più il coraggio.-scosse la
testa.-Ci ho provato quando Faith ti ha avvelenato ma tu eri troppo delirante
per ascoltarmi.-
-Non
capisco.-aggrottò la fronte perplesso.
-Io
ho fatto una cosa. Una cosa tremenda e te la devo dire perché ormai è passato
più di un anno ed è davvero troppo tempo.-
-Buffy
stai mormorando parole sconnesse.-la interruppe.
-Angel
è una cosa gravissima!-esclamò di nuovo in lacrime.-Io sono un mostro e te lo
devo dire anche se l’unica cosa che spero è che tu non mi odi, che cercherai di
capire e che insieme potremo rimettere le cose a posto.-
-Io
non ti odio, ti amo!-esclamò.-E qualsiasi cosa sia tu non sei un mostro. Adesso
riposiamoci, ne parleremo domani e non sarà così grave da non poter trovare una
soluzione.-
-Ti
prego te la devo dire adesso.-insistette.
-No,
Buffy, domani!-disse perentorio.-Prometto che domani affronteremo questo
discorso, a costo di tirartelo fuori a forza.-sorrise e lei annuì.
-Va
bene, ma ne dobbiamo assolutamente parlare.-
-Promesso.-ripeté.
Quella
notte fecero l’amore come se non ci fosse stato un domani, e per Angel era così
perché lui aveva preso una decisione importante. Riteneva la confessione di
Buffy, qualsiasi essa fosse, solo un comportamento dettato dalla paura di
averlo quasi perso quella notte e di doversi assorbire ogni demoniaca
responsabilità, non poteva permetterlo.
E
così perse l’occasione di non attendere per avere la felicità perfetta per
sempre, perché il giorno dopo tornò dagli Oracoli e rinunciò alla sua umanità
per il bene del suo unico amore facendo tornare indietro il tempo e annullando
i suoi ricordi.
20
settembre 2018
-Però
non è giusto! Perché lei sta sempre lì accanto al tuo letto, mentre noi stiamo
qui buttati alle tue spalle?!-
La
voce femminile lo fece balzare di scatto via dalla poltrona e voltare verso il
cassettone. Nel silenzio della stanza buia quella voce era parsa un rombo di
tuono e la famigliarità era stata uno shock. Aveva la bocca aperta, tipo pesce
lesso, e non sapeva che dire.
-Cordelia.-mormorò.
-Che
c’è? Sono messa peggio di quel che pensavo? Oh cielo, non dirmi che ho le
pustole, gli occhi che sanguinano e che somiglio a qualche mostro dei film
horror!-esclamò preoccupata toccandosi il viso e il corpo.
-No…è
solo che….potresti scendere dal mio cassettone?-si schiarì la voce.
In
effetti Cordelia era comodamente seduta a gambe accavallate sul suo cassettone
e teneva in mano una vecchia foto che la ritraeva al centro con Angel e Wesley
ai due lati.
-Ah,
si scusa.-scese giù.-Comunque, mi spieghi perché stai sempre rivolto a guardare
la foto di Buffy mentre hai rilegato me e Wes qui in fondo, al buio?-gli agitò
la cornice davanti.
-Io
non vi ho rilegato.-gliela strappò di mano e la rimise al suo posto.-Che ci fai
qui? A parte contestare il mio modo di sistemare le foto?-
-Pare
che ti servisse un sostegno morale.-alzò le spalle.-Volevano mandarti Doyle ma
lo conosciamo, ti avrebbe chiamato uomo, dato una pacca sulla spalla e
consigliato di farti una bevuta. Poi volevano mandarti Wesley ma avrebbe
balbettato come un inglese cretino, si sarebbe pulito gli occhiali, ti avrebbe
chiesto di Fred e non ti sarebbe stato di alcun aiuto, così hanno optato per
me, in alternativa anche ad un’altra persona.-
-Buffy?-chiese
ma era più un’affermazione.
-Vostra
figlia è stata magistrale nella lotta contro Kramzee e oggi è pure il suo
compleanno, hanno detto che si meritava un regalo speciale.-confermò.
-Sono
contento per lei.-sorrise.
-Credono
che tu voglia suicidarti.-cambiò argomento.
-E
anche se fosse? Non avrei anch’io il diritto ad un po’ di pace?-si voltò a
guardarla.
-Pace
un corno!-esclamò infervorata.-Tu sei un eroe e va bene la pace ma non puoi
smettere di lottare così. Claddagh è scappata di casa perché aveva i suoi
motivi ma tu non ti puoi arrendere come se il mondo fosse finito all’inferno,
cosa che per fortuna non è successa.-
-Io
ho fallito per la seconda volta come padre.-precisò.
-Oh
ma smettila di piangerti addosso, sei patetico! Avrei più motivi io per farlo.
Guarda me! Avevo per caso il diritto di morire a ventitre anni nel fiore della
gioventù e bellezza con ancora tutta la vita davanti e un sacco di sogni da
realizzare? No ma è successo mentre tu hai la possibilità di cambiare ancora le
cose. Non è sempre tutto perduto.-
-Perché,
immancabilmente, ogni discussione finisce per vertere su di te?-le chiese
portando le mani ai fianchi.
-Che
ci vuoi fare, sono il fulcro dell’universo.-portò indietro i capelli con un
gesto della mano.
-Cordy.-la
riprese.
-Scherzavo.-sbuffò.-Devi
tornare a Sunnydale.-disse di punto in bianco.
-Perché?-si
stupì.
-Perché
te lo dico io, non basta? Dio, come sei puntiglioso!-esclamò.-È una direttiva
superiore, in effetti mi avevano mandato da te per un po’ di consolazione ma
all’ultimo momento mi hanno detto che dovevo chiederti di tornare a Sunnydale,
non so perché.-
-Buffy
ha davvero fatto visita a Claddagh?-chiese.
-Ti
sembro una che dice bugie?-chiese piccata.
-Perché
devo tornare a Sunnydale?-chiese di nuovo.
-Angel
devi riprenderti. Non è tutto perduto, e tu non hai perso tua figlia. Clay si è
sentita oppressa e se ne è andata, tale madre tale figlia.-roteò gli occhi al
cielo.-Ma questo non vuol dire che ti odi o qualcosa del genere, tu ti fai
troppe storie, dovevi fare il romanziere.-
-È
tutto così tremendamente difficile.-sospirò.
-Angel
hai quasi trecento anni e ancora non hai imparato che non c’è niente di facile
nella vita?-sorrise.-Tua figlia è stata per quasi venti anni sola, poi un
giorno arriva in una città nuova, comincia a lavorare come baby sitter e tutto
ad un tratto il suo mondo cambia radicalmente. Scopre che è una cacciatrice di
vampiri, che si scatenerà l’apocalisse ed una sera aprendo un baule scopre chi
è sua madre. Io mi sarei gettata già da un ponte.-
-Dici
che tornerà mai da me?-chiese serio e lei sorrise con un’espressione
indecifrabile.
-Chissà,
a volte i miracoli esistono.-gli si avvicinò e lo abbraccio forte.-Mi mancate
tutti terribilmente, persino Connor.-
-Ci
manchi tanto anche tu.-ricambiò l’abbraccio poi la prese per le spalle.
-Adesso
devo andare, il mio tempo è scaduto.-sorrise.-Parti adesso.-
-Cordelia,
il sole è ancora alto.-le fece notare.
-Fidati
di me, una volta tanto.-e detto questo sparì in una calda luce bianca
lasciandolo da solo e perplesso a chiedersi cosa intendeva.
Curioso
si avvicinò alla finestra e per fare una prova aprì le tende. Erano più o meno
le dieci del mattino.
Eric
e Clay avevano fatto il tragitto da Los Angeles fino a Sunnydale in totale
silenzio. Eric aveva trovato Clay ancora in lacrime quando era tornato a casa
sua. Lei non era stata molto chiara con le spiegazioni ma era comunque riuscito
a capire che doveva tornare da Dawn.
Avevano
chiamato Sarah disdicendo la cena per quella sera e promettendole che si
sarebbero fatti sentire presto. Poi si erano messi in viaggio e per la
successiva ora circa nessuno dei due aveva parlato. Clay aveva continuato a
fissare fuori dal finestrino con le lacrime agli occhi ed Eric si era
concentrato sulla guida.
Quando
si fermarono di fronte casa di Dawn, lui si fermò a chiederle se si sentisse
pronta. Clay si asciugò gli occhi annuendo ed entrambi scesero. Bussarono alla
porta con il cuore in gola.
Dawn
quel giorno era a casa per via del fatto che Duncan aveva un po’ di febbre.
L’aveva appena messo a letto quando sentì bussare alla porta. Pensando che
fosse magari Willow o Xander scese giù ed aprì senza pensare. Un attimo dopo
sgranò la bocca e scoppiando in lacrime abbracciò sua nipote.
-Sei
tornata.-mormorò in singhiozzi.
-Mi
dispiace tanto.-ricambiò Clay abbracciandola stretta.
Dawn
li fece entrare non lasciando la mano di Clay e li fece accomodare sul divano,
poi afferrò il cordless e per prima cosa chiamò Connor, poi chiamò tutti gli
altri dicendo di correre in fretta da lei. Pochi minuti dopo la sua casa era
gremita e tutti abbracciavano Clay contenti che fosse tornata. Dawn progettava
di fare una torta e di cenare tutti quella sera a casa sua, in fondo era il
compleanno di Clay. Persino Connor era entusiasta dell’idea e non lasciava la
sorella un attimo.
-Come
hai fatto a trovarla?-chiese Xander ad Eric.
-Ho
fatto un sogno.-rispose.
-Senti,
non è che potresti sognare che vinco un milione di dollari e che mi mettono un
altro occhio?-gli chiese facendolo ridere.
-Va
tutto bene?-Dawn si rivolse a Clay perché fin da quando era arrivata aveva
notato che era strana, ma lei non rispose.-Lo so che vorresti, forse, che Buffy
fosse qui a farti gli auguri.-
-Vorrei
provare a contattarla, anche se mi servirà un bel po’ di magia.-si intromise
Willow.
Dopo
che Eric era andato via aveva parlato un po’ con Kennedy. Le due avevano pure
litigato ma poi si erano chiarite e adesso i loro dissapori parevano essersi
dissolti.
Clay
fece per rispondere ma il suono del telefono interruppe il festeggiamento. La
padrona di casa afferrò il cordless e rispose.
-Parla
la signora Dawn O’Donovan?-chiese una voce femminile dall’altra parte.
-Si,
sono io. Chi parla?-si stupì.
-Signora
O’Donovan chiamo dal Sunnydale General Hospital, ho una notizia da
darle.-esordì grave.
-È
successo qualcosa?-si preoccupò.
-Si
tratta di sua sorella.-continuò.
-Cosa?
Ma mia sorella è…-si interruppe.
-Signora,
sua sorella Buffy si è risvegliata poco fa dal coma.-le annunciò e Dawn cadde
di peso a sedere sul divano ammutolita.-Signora O’Donovan? C’è ancora?-si
preoccupò.
-Si,
sono qui.-mormorò.
-Il
medico ha già fatto i primi accertamenti ma vorrebbe che lei corresse
qui.-precisò.
-Arrivo
subito.-e chiuse.
-Che
succede?-si preoccupò.
-Era
l’ospedale. Dicono che Buffy si è risvegliata dal coma, vogliono che vada lì
subito.-annunciò.
-Ha
scelto.-mormorò Clay e tutti si voltarono a guardarla.
Ma
non c’era tempo per parlare e tutti corsero all’ospedale. All’accettazione
indicarono a che piano andare e di chi chiedere, si diressero nella direzione
loro indicata. Un medico li accolse davanti ad una camera chiusa.
-Sono
contento che siate venuti così in fretta.-esordì il medico.
-Dottore
cos’è questa storia di mia sorella?-chiese Dawn in ansia.
-Signora
O’Donovan è letteralmente un miracolo ma sua sorella si è risvegliata dal
coma.-annunciò.
-Ma
non è possibile!-esclamò Willow stupefatta.
-Sono
casi rari, spesso dopo già i primi mesi le persone in coma vengono date per
spacciate e se si risvegliano molti di loro rimangono tetraplegici,
paraplegici, a volte neanche parlano o hanno facoltà cognitive. Ma ci sono
persone che si risvegliano dal coma anche dopo venti anni, nel caso di Buffy
quando è arrivata qui, la mattina di agosto otto anni fa, era messa male. Aveva
una profonda ferita allo stomaco, contusioni e un trauma cranico, dopo
l’operazione è caduta in coma e da allora non ha più dato segni anche se il
cuore e il cervello hanno continuato a funzionare. Stamattina è avvenuto il
miracolo, durante il giro un’infermiera ha notato dei segni vitali e dopo
alcuni movimenti della mano che parevano dettati da uno spasmo muscolare, Buffy
ha aperto gli occhi e ha parlato. Ripeto, è un vero miracolo.-spiegò.
-Buffy
è viva.-mormorò Dawn rimettendosi di nuovo a piangere.
-Buffy
è tornata alla vita.-la corresse il dottore con un sorriso.-E dopo i primi
accertamenti pare che si riprenderà bene, anche se avrà bisogno di un sacco di
tempo e di lavoro.-
-Possiamo
vederla?-chiese Xander torcendosi le mani.
-Tutti
insieme siete troppi, rischiate di stancarla e non le serve
affaticarsi.-obiettò.
-Dawn,
vai prima tu.-la incitò Faith.
-Posso?-chiese
al medico emozionata.
-Da
questa parte.-aprì la porta e la invitò dentro poi richiuse la porta alle loro
spalle.
Dawn
vide infermieri e dottori affaccendarsi intorno ad un letto. C’erano dei
monitor che emanavano il solito bip e una sacca di flebo stava venendo
cambiata. Stesa c’era una donna con lunghi capelli biondi, aveva il volto
girato dall’altra parte. Appena sentì i passi si voltò.
Lei
era pallida, affaticata e con il tubo del respiratore sotto al naso. Ma era
sempre lei e il suo volto si illuminò di un pallido sorriso alla sua vista.
-Dawn.-mormorò.
-Buffy.-pianse
avvicinandosi velocemente e inginocchiandosi prendendo la mano della sorella.
-Sei
fin troppo cresciuta, lo sai?-chiese con un sorriso.
-E
tu mi sei così mancata. Ma cosa è successo?-mormorò portando la mano che teneva
al volto.
Buffy
non poté rispondere finché c’erano i medici così attesero che andassero via e
potessero rimanere da sole.
-Loro
mi hanno concesso una visita a Claddagh per il suo compleanno, ma è stato più
intenso di quello che mi aspettassi e così mi hanno convocato al cospetto degli
Oracoli. Loro mi hanno posto una scelta: continuare ad essere morta o tornare
per stare con mia figlia. È stata una scelta ardua perché stavo davvero bene ma
l’ho già abbandonata una volta, due erano troppe. Sono stata molto combattuta,
perché stavo davvero bene lì, ma il mio primo pensiero è stato lei. La amo così
tanto.-spiegò piano.
-Io
ho sbagliato con lei.-abbassò la testa.-Dovevo leggere i tuoi diari e invece ho
delegato il compito a lei, è stato il modo peggiore di scoprire chi eri davvero
tu.-
-No,
Dawn, io ho sbagliato con lei. Ho sbagliato il giorno che è nata e al posto di
portarla con me l’ho lasciata in clinica.-la consolò.
-Non
vedo l’ora di farti conoscere i tuoi nipotini.-le disse.
-Immagino
già come siano belli.-sorrise emozionata al pensiero.
-Fuori
ci sono tutti, non vedono l’ora di vederti.-sorrise anche lei.
-Adesso
sarebbe un po’ troppo per me.-sospirò.-Voglio vedere Clay.-
-Te
la faccio entrare subito. Ti voglio bene, Buffy.-si alzò.
-Anch’io
ti voglio bene, Dawn.-e la sorella uscì fuori dalla camera.
Appena
fuori scoppiò di nuovo in lacrime e Connor la strinse forte a sé mentre tutti,
attorno a lei, attendevano impazienti qualche notizia. Da quelle lacrime
temevano che ci fosse stato un errore ma Dawn ruppe subito quel loro dubbio.
-È
proprio lei.-mormorò.-Ed è viva.-
-Ma
come è possibile?-si stupì Xander.
-Adesso
ve lo spiego.-si voltò verso Clay.-Vuole vedere te.-le disse.
La
ragazza annuì ed entrò in camera, mentre Dawn si voltava verso i suoi amici e
diceva loro tutto quello che Buffy le aveva appena detto. Quello era un
autentico miracolo.
Clay
entrò in camera apparentemente tranquilla, dentro aveva tutti gli organi in
subbuglio e il cuore che pareva doverle scoppiare nel petto. Si avvicinò
lentamente al letto, il rumore dei macchinari pareva amplificato alle sue
orecchie, e prese una sedia sedendosi accanto.
Appena
la sentì, Buffy aprì gli occhi e si voltò verso di lei abbozzandole un pallido
sorriso. Pareva realmente sfinita.
-Ehi,
ciao.-sorrise.
-Stavi
meglio l’ultima volta che ti ho visto.-esordì Clay sorridendo a sua volta.
-Hai
il sarcasmo dei Summers, siamo messi bene.-ricambiò.
-Hai
scelto.-cambiò argomento.
-Non
è stata una scelta facile. Da qui all’eternità ti pregherei di vantarti di
essermi riuscita a riportare in vita perché non sarei tornata per niente al
mondo. Ma con te ho sbagliato fin troppo ed è giunto il momento che tu ed io
recuperiamo il tempo perduto, voglio essere tua madre.-le spiegò.
-Ed
io voglio avere una madre. Perché il coma?-chiese curiosa.
-Beh
qualcosa dovevamo inventarci e non sarebbe stato credibile se fossi tornata
all’improvviso, è passato troppo tempo. Così hanno stravolto il corso degli
eventi e per tutti io, il giorno che sono morta, in realtà sono arrivata in
ospedale dove dopo un’operazione sono caduta in coma e ci sono rimasta per otto
anni. È molto più reale.-disse.
-Qual
è la prima cosa che faremo insieme?-le chiese.
-Compreremo
del gelato al cioccolato e sedute su un dondolo lo mangeremo dal barattolo
parlando di tutto ciò che ci riguarda, dobbiamo conoscerci bene.-sorrise.
-Non
vedo l’ora.-ricambiò poggiando la testa sul ventre della madre come ad
abbracciarla mentre Buffy le accarezzava lentamente i lunghi capelli biondi.
All’inizio,
Buffy dovette vedere i suoi amici uno alla volta, e fu una profusione di baci,
abbracci, lacrime ed emozioni. Willow e Xander volle rigorosamente vederli
insieme e fu, forse, uno dei momenti più toccanti che i tre trascorsero
insieme. Si abbracciarono, piansero, si emozionarono e dichiararono che, in
fondo, erano ancora i tre moschettieri.
Nei
successivi giorni, Buffy fu trasferita di reparto e cominciò la riabilitazione.
Il medico dichiarò che in quegli anni, nonostante il coma, il cervello aveva
continuato a lavorare perfettamente e di conseguenza non erano stati riportarti
danni irreversibili. Certo, Buffy doveva praticare fisioterapia ed esercizi di
ogni genere ma rispondeva bene a tutte le cure.
In
capo a due settimane, Dawn chiese l’autorizzazione di riportarla a casa e il medico
acconsentì anche se raccomandò attenzione a tutto e che continuasse le cure
mediche e fisioterapiche. Così, la cacciatrice tornò nella sua camera che per
il momento doveva dividere con sua figlia ma la cosa non le dispiaceva affatto
perché le due stavano sempre attaccate e quando Buffy tornò a casa, quella
notte, le due dormirono abbracciate. Fu una delle scene più toccanti che Dawn e
Connor ebbero mai visto, ma la felicità era troppa per qualsiasi cosa.
Buffy
non avrebbe mai pensato di dirlo, ma adesso adorava questa nuova vita. Era
tutto diverso dalla prima volta. Adorò a prima vista i suoi nipotini, Willow e
Xander si dimostrarono i cari amici che aveva lasciato, Andrew non cambiava mai
e persino Faith si premurò per rendersi utile alla cacciatrice, le due legarono
più di quanto lo erano un tempo.
Poi,
Clay sollevò su un’obiezione. Quel pomeriggio Buffy stava giocando in giardino
con Madlen e Duncan insieme a lei e Dawn quando le parlò.
-Non
sarebbe il caso, adesso, di avvisare Angel?-chiese a bruciapelo.
-Volevo
chiederlo anch’io, Buffy.-confessò Dawn.
-In
effetti ci stavo pensando e so che più passa il tempo peggio è ma non ho ancora
pensato ad un modo carino di dirglielo senza che gli prenda un
accidente.-confessò con Duncan in braccio.
-Chiamiamolo.-propose
Clay.-Non sa nemmeno che sono tornata, quindi potrei proporgli di venire qui e
poi troveremo un modo.-
-Secondo
me è una buona idea.-concordò Dawn e anche Buffy fu dello stesso parere.
Così
Clay entrò in casa e si diresse al telefono. Le tremavano le mani quando
compose il numero privato di Angel e lo sentì suonare. L’attesa le parve
interminabile e le stava per venire una crisi isterica, poi la cornetta fu
alzata.
-Pronto?-rispose
la voce calda di Angel.
-Ciao…papà.-mormorò.
Era la prima volta che lo chiamava in quel modo e le fece un certo effetto.
-Claddagh.-mormorò
stupito ed emozionato.
-Sono
io.-confermò.-Io…sono tornata a Sunnydale. Mi farebbe piacere se vieni qui
perché ho delle cose importanti e urgenti di cui parlarti.-
-Arrivo
in serata, anch’io ho delle cose da dirti.-assentì.
-Allora
a dopo.-sorrise.-Ti aspetto.-
-Non
vedo l’ora di rivederti.-le confessò e chiuse.
L’attesa
di quel pomeriggio fu atroce, sia Buffy che Clay si sentivano come se stessero
andando ad un primo appuntamento. Dawn rise da morire a vedere madre e figlia
che agitate si provavano vestiti su vestiti, provavano trucchi e cercavano di
calmarsi facendosi coraggio a vicenda. Dichiarò che erano proprio uguali.
Angel
arrivò poco prima dell’ora di cena insieme a Spike che era rigorosamente voluto
venire, disse perché voleva rivedere i bambini. Anche lui era parecchio agitato
e appena vide Clay le corse incontro abbracciandola stretta e dicendole che gli
era parecchio mancata.
-Mi
dispiace tanto per essere scappata.-mormorò contrita abbassando lo sguardo.
-Non
devi dispiacerti, in fondo capisco le tue motivazioni.-le sorrise.
-Senti
io…-ma si interruppe toccandogli una mano.
Stupita
la prese con entrambe le mani indecisa se fosse diventata matta o quella mano
era davvero calda come sembrava. La tenne tra le sue per diversi secondi senza
riuscire a proferire parola.
-Che
succede?-si preoccupò Connor.
-Tu
sei caldo.-disse Clay.
-Beh,
si in effetti c’è una cosa che devo dirvi.-Angel guardò anche il figlio
maggiore.-Qualche settimana addietro mi ha fatto visita una vecchia amica,
Cordelia veramente. Prima di scomparire mi ha detto di venire qui ma ovviamente
io non l’ho ascoltata, anche perché era giorno. Alcune sue frasi mi sono
sembrate strane così ho aperto le tende e…non mi sono bruciato.-spiegò.
-La
redenzione.-disse Connor.
-Esatto.
Ci avevo rinunciato spontaneamente ma a quanto pare era proprio destino che
tornassi umano.-sorrise.
-Ma
è bellissimo!-e contenta, Clay lo abbracciò forte.
Anche
Connor e Dawn si congratularono con Angel, erano felicissimi per lui.
-Adesso
tocca a te.-disse l’ex vampiro alla figlia.
-Anche
a noi è successa una cosa più o meno simile.-esordì.-Vi dobbiamo far vedere una
persona ma prometteteci che nessuno dei due sverrà, per favore.-si rivolse anche
a Spike.
-Qualsiasi
cosa sia ricordati che non sono così femminuccia.-ribatté il biondo vampiro.
-Allora
di cosa si tratta?-chiese Angel.
Clay
indicò con il mento l’entrata della porta ed entrambi si voltarono in quella
direzione. Subito dopo sgranarono gli occhi stupiti.
-Okay
se questo è uno scherzo è di pessimo gusto!-esclamò Spike.-Ah, ho capito. In
realtà quella specie di cacciatrice ha avuto due gemelle e adesso avete trovato
anche l’altra. Che bugiarda di ragazza!-scosse la testa.
-Mi
sei mancato anche tu, Spike, è un piacere rivederti.-Buffy avanzò nella sala.
-Ma
come…come è possibile?-balbettò Angel sconvolto.
Clay
e Buffy spiegarono di nuovo tutta la storia, dal giorno del compleanno, alla
proposta degli Oracoli al coma. Era una storia che aveva un po’ dell’assurdo ma
ciò che contava era che adesso Buffy era di nuovo lì con loro, e che Clay aveva
la sua tanto voluta madre.
Poi
ci fu la classica profusione di abbracci ed emozione, anche se Spike cercò di
fare il forte dando prima solo una pacca sulla spalla alla cacciatrice, poi
mormorò a mezza voce che gli era mancata e alla fine fu Buffy ad abbracciarlo
perché aveva capito che anche lui si era emozionato.
Quella
sera cenarono tutti insieme e fu una cena davvero bellissima, la più felice di
tutti era Clay che finalmente poteva stare con entrambi i genitori, era la cosa
che più aveva desiderato al mondo. Andarono a letto molto tardi ma felici.
Quella
notte, Buffy si svegliò. Si alzò senza far rumore per non svegliare Clay e
scese in cucina a prendere un bicchiere d’acqua. Era il principio di ottobre ma
faceva ancora molto caldo, così con il mano il bicchiere uscì fuori per andarsi
a sedere sul dondolo in veranda. Con suo sommo stupore notò che era già
occupato.
-Non
riesci ad abituarti a dormire la notte?-chiese con un sorriso all’occupatore.
Angel
si voltò verso di lei e sorrise alla domanda. Certo che si era abituato, da
quando era successo ogni notte dormiva come un sasso per almeno nove ore
filate.
-Non
è questo.-rispose.-Mi sento un po’ disorientato. E tu? Come mai sveglia?-le
chiese.
-Ogni
tanto ho ancora degli incubi.-rivelò andandogli a sedere accanto.
-Non
è stato facile, eh?-sorrise.
-Assolutamente
no, questa volta non ci avrei rinunciato per niente al mondo.-sospirò.-Ma
Claddagh non è niente, è mia figlia e quando l’ho abbracciata ho solo
desiderato di poterlo rifare ancora e ancora per il resto dei miei
giorni.-sorrise.-Vederla dormire, in queste notti, è stata una delle cose più
belle a cui abbia mai assistito.-
-Mi
sono chiesto per mesi perché l’hai fatto.-mormorò.
-Posso
cercare di giustificarmi ma la verità è che non lo so. In quel momento mi
sembrava la cosa più giusta da fare, volevo evitare a mia figlia l’inferno e
invece ci è finita dentro.-disse.
-A
quel tempo non potevi sapere come si sarebbe evoluto il ruolo della
cacciatrice.-
-Beh
se ne avessi avuto una pallida idea avrei risparmiati a molti un sacco di
dolore.-sospirò di nuovo.-La sera che Faith ti ha avvelenato ho cercato di
dirtelo ma eri troppo delirante per capire una sola parola di quello che ti
dicevo.-
-Ho
scambiato sia Willow che Oz per te.-le disse facendola ridere.
-Ne
abbiamo passate eh?-gli chiese.
-Già.-assentì.-Sai
qual è la cosa più strana? Che in un modo o nell’altro siamo sempre stati una
famiglia e lo saremo per sempre.-
-Hai
proprio ragione.-
Si
guardarono e in quel momento il tempo parve fermarsi, come se nulla fosse
cambiato negli ultimi ventuno anni. Ma molte cose erano cambiate, erano
cresciuti, avevano avuto una figlia, si erano messi insieme, lasciati, ripresi
e lasciati di nuovo, avevano avuto altre relazioni, erano morti e tornati alla
vita. Solo quel tuffo al cuore era rimasto lo stesso, immutato dal tempo.
Ma
d’altronde, raramente cambia un sentimento quando questo è forte e puro e ha
superato miliardi di ostacoli, ed entrambi stavano condividendo questo
pensiero. Lentamente, Buffy poggiò la testa sulla sua spalla e lui le prese una
mano intrecciando le dite con le sue, fu così che videro sorgere il sole.
-Mi
vuoi sposare, Buffy?-le chiese in un sussurro.
-Sempre.-
Una
nuova alba di speranza e felicità che adesso avrebbero condiviso davvero per
sempre.
25
dicembre 2018
Buffy,
adesso lo ammetteva, non aveva mai avuto grossa simpatia per ciò che era scontato.
Per questo aveva scelto come data del matrimonio il giorno di Natale e aveva
deciso che la marcia nuziale classica era ormai divenuta obsoleta.
Cadde
subito il silenzio quando le prime note della Pachabel’s Cannon di Mozart
cominciarono a suonare nella piccola chiesetta che lei ed Angel avevano scelto,
e la sposa si profilò all’orizzonte al braccio dell’uomo che aveva sempre amato
più di un padre: Giles. Madlen era entrata per prima per spargere i petali di
fiori ed era bellissima nel vestito a palloncino color avorio di seta e tulle.
Poi erano entrate le damigelle, Faith, Willow, Dawn e Claddagh. I testimoni di
Angel erano Connor e Gunn.
La
sposa indossava un abito in stile sirena con le spalle abbassate bordate di
pelliccia e le maniche lunghe. Il corpetto era sagomato e con una lavorazione
di perline che scendeva in giù fino a diramarsi sulle ginocchia. Aveva i
capelli raccolti in un’elaborata acconciatura fermata da un velo che arrivava
fino in vita.
Prima
di consegnarla al futuro sposo, Giles le diede un bacio in fronte dichiarandole
che le voleva bene e che le augurava tutto il bene.
La
cerimonia fu semplice ed emozionante, il momento più commovente furono i voti e
quando il prete li dichiarò marito e moglie.
Il
rinfresco fu allegro e gli sposi si spostavano da un tavolo all’altro per
parlare con i loro cari, non erano in tanti, solo le rispettive gang più Spike
che, tassativamente, aveva voluto evitare la chiesa e Sarah Bass con il marito,
una specifica richiesta di Buffy.
Voleva
ringraziare di persona chi si era preso cura di sua figlia quando lei non aveva
potuto. Fu proprio al tavolo dell’assistente sociale che trovò Claddagh.
-Buffy,
le mie congratulazioni.-sorrise Sarah stringendole la mano.
-La
ringrazio, soprattutto per essere stata vicino alla mia bambina durante tutta
la sua vita.-ricambiò.
-È
stato un piacere, e poi Clay è una ragazza straordinaria.-entrambe sorrisero
alla diretta interessata.
-Questa
è una chiara caratteristica Summers.-si vantò Buffy facendole ridere. Di
recente, alla ragazza avevano pure cambiato il cognome e adesso era orgogliosa
di chiamarsi Claddagh Mary Summers O’Donovan, anche se diceva che era parecchio
lungo.
Poco
dopo arrivò Angel a prendere la moglie per aprire le danze. Di rito, dopo,
Buffy ballò con Giles e i testimoni dello sposo, oltre che con Xander e pure
Spike e anche con Gary che trovava un ragazzino fantastico, aveva preso
l’esuberanza di Faith, mentre Angel ballava con Claddagh e poi anche con Dawn e
pure Madlen.
Il
fotografo, su richiesta degli sposi, fece un sacco di fotografie perché tutti
volevano avere tanti ricordi di quella giornata splendida. L’inizio di un nuovo
e meraviglioso futuro.
La
prima fu Claddagh che il giorno dopo, nella sua nuova camera nella nuova casa
di Buffy ed Angel, prese una foto di loro tre e dopo averla messa in cornice la
adagiò sul comodino dove avrebbe potuto guardarla tutte le mattina appena
sveglia e la sera prima di dormire. Aveva deciso che l’anno dopo si sarebbe
finalmente iscritta al college e avrebbe studiato psicologia, voleva diventare
o insegnante di asilo nido, consulente in qualche liceo o assistente sociale,
non aveva ancora deciso bene.
Ma
al momento la cosa che davvero le importava era che finalmente aveva una
famiglia, adesso era realmente felice e sapeva, che qualsiasi cosa sarebbe
successa, niente e nessuno le avrebbe mai tolto quella felicità. Adesso non era
più sola ma nessuno lo era più, si erano riuniti per restarlo per sempre.
FINE.