VOGLIA DI TENEREZZA

 

 

Autore: Cristal

Spoiler: tutte le stagioni di Btvs ed Ats (molte cose di Angel saranno poco precise dato che ho visto solo la stagione uno!), anche se la storia si svolge diversi anni dopo.

Summary: siamo nel 2017, tutto è andato esattamente come nelle serie tranne per il fatto che mi sono tenuta Sunnydale, nella battaglia di Chosen sono la scuola è andata distrutta e la città si è salvata. Il personaggio di Clay (capirete!) è una mia invenzione. Capirete subito perché Buffy non c’è ma vi darò dettagli in seguito. Buona lettura.

Nota: mi sono scervellata un po’ per dare un titolo poi mi è andato lo sguardo su un romanzo che mi piace molto e mi ha fatta piangere. Il romanzo è Voglia di tenerezza di Larry MacMurtry e narra di una madre che dopo essere rimasta vedova e dopo che la figlia si è sposata cerca tenerezza in atteggiamenti bambineschi e molti spasimanti e di una figlia che più matura della madre e con un matrimonio felice ma uguale cerca conforto in altre relazioni con un finale inaspettato. Non sembrerà subito, ma questa fanfic narra di una madre e di una figlia.

 

Una ragazza alla ricerca della persona più importante della sua vita: sua madre.

Un’anima dannata alla ricerca dell’unica cosa che non ha mai avuto: la pace.

Un gruppo alla ricerca di qualcosa che qualcuno si è portato via: la serenità.

 

 

 

Parte 1 – Cambiare ancora

Lei non aveva mai creduto alle sensazioni, ma quella volta dovette ricredersi. Era appena scesa dall’autobus, aveva appena poggiato il piede sul suolo…che già Sunnydale le faceva una strana impressione. Il sole splendeva, gli uccellini cinguettavano, il posto pareva un bel posto ma forse sembrava troppo perfetto.

Sciocca, si ammonì scuotendo la testa mentre recuperava il suo bagaglio. Non le piaceva la perfezione, e dubitava che esistesse, perché la sua vita era tutt’altro che perfetta. Fin da quando era nata. Spesso si diceva che poteva anche evitarselo, di nascere.

Recuperati lo zaino e il borsone si avviò ad uscire dal parcheggio della stazione degli autobus, eppure Sunnydale le piaceva. Con un sospiro, si avviò verso il cuore della città. Aveva prenotato una stanza in un motel ma non le piacevano, avevano sempre una brutta reputazione. Ma in attesa di qualcosa di meglio.

Aveva solo diciannove anni, compiuti da poco più di un mese e già si sentiva più grande. Aveva visto molti posti nella sua vita, stata in molte case, dormito in molti letti, visto molti visi. Poi si era stancata e se ne era andata da Los Angeles, la sua città natale per fare su e giù per la California, almeno per ora. Era già stata a San Diego, e in molte città minori. Sunnydale era una delle tante tappe in attesa che qualcuna le sussurrasse al cuore la tanto sospirata parola “casa”. Forse un giorno l’avrebbe trovata.

Arrivò al Sunnydale Motor Inn evitando di storcere il naso, aveva visto di peggio. Arrivò alla reception dove un grasso uomo di mezza età in canottiera quasi sudicia guardava il football in tv. Le ci vollero un paio di richiami prima che quel tipo la notasse.

-Dimmi tutto dolcezza?-le chiese con un sorriso disgustoso.

-Ho prenotato.-spiegò concisa.

-Fammi controllare.-prese un registro e lo sfogliò.-Nome?-

-Clay Mary StJules.-si irrigidiva sempre quando le chiedevano il nome. Perché poi partivano le domande che odiava, e a cui spesso non sapeva rispondere.

-Lo sai, non ho mai sentito un nome come il tuo.-trovò il nome e prese una chiave da uno stipetto porgendogliela.-Qualche volta potrai raccontarmi da dove viene.-

-Magari nella prossima vita.-lo liquidò strappandogli via la chiave e dirigendosi verso la camera.

-La stanza si paga giornalmente!-le urlò.

-Lo so!-ricambiò già fuori dal suo sguardo.

La stanza si rivelò meno sudicia di quello che avrebbe immaginato. Era spaziosa, con un letto grande, un bel cassettone ampio e persino la televisione. Sebbene sembrasse che fosse più vecchia di lei. Il bagno era sorprendentemente pulito e c’era pure l’acqua calda, notò quando fece la doccia.

Dopo si gettò sul letto a pancia in giù, senza neanche disfare i bagagli, non che avesse intenzione di restare lì per molto, comunque. A pochi centimetri dai suoi occhi un luccichio argentato attrasse la sua attenzione. Si tirò a sedere e tirò fuori la catenella che portava al collo.

Ne prese in mano il ciondolo, un piccolo anello in argento strano. Rappresentava un cuore incornato sostenuto da due mani. Non aveva mai fatto ricerche su quell’oggetto, anche se era sempre stato con lei, era l’unica cosa che aveva di sua madre.

Se lo rigirò tra le dita tornando, come al solito, all’incisione che c’era all’interno. Era solo una parola: forever.

-Già, puoi dirlo forte mamma. Mi hai proprio segnato per sempre.-si strappò via la catenella e la batté sul comodino.-Stronza!-borbottò e si mise a dormire, era stanca.

Quando si risvegliò erano le cinque del pomeriggio, il sole era da poco tramontato e dalla finestra entravano i primi raggi lunari. Si tirò a sedere stiracchiandosi scoprendosi affamata, e il suo stomaco non smentiva, ma dubitava che in quella topaia ci fosse annesso il ristorante quindi le toccò vestirsi e uscire per andare a cercare qualche locale aperto.

Passeggiò per le vie del centro cominciando a fare la conoscenza di Sunnydale. A quell’ora il posto era ancora poco affollato, tranne per gli impiegati che uscivano dall’ufficio e tornavano a casa, diversi studenti ancora si attardavano nei locali prima di tornare a casa a cenare, e i negozi erano ancora aperti.

Si fermò sulla via principale, in un locale chiamato Espresso Pump, lo trovava abbastanza carino. Mentre spiluccava il suo panino fermò lo sguardo su un gruppo di liceali che ridevano e scherzavano insieme. Lei era sempre stata negata per fare amicizia, anzi non ricordava mai di aver avuto alcun amico.

Vederli ridere e scherzare, fare battute, progettare dove andare sabato sera…lei non sapeva cosa voleva dire. Li vide allontanarsi con la promessa di sentirsi, non aveva mai fatto quella promessa.

Dopo “cena” fece ancora un giro per la cittadina, scovò un locale di nome Bronze dove vide parecchia gente della sua età abbastanza decente, poi tornò al motel.

Accese la tv facendo zapping per diversi minuti, poi si fermò a guardare un vecchio film in bianco e nero. Dal giorno dopo avrebbe dovuto cominciare a cercarsi un lavoretto, perché sapeva che non si viveva d’aria, soprattutto dato che si spostava molto.

Poi, scocciata, afferrò il telefono e chiamò l’unico numero che conosceva. Non era tardi, erano solo le otto della sera, così le risposero dopo pochi squilli.

-Pronto?-fece una voce femminile dall’altro capo.

-Ciao Sarah.-esordì.

-Clay! Che fine hai fatto, è un pezzo che non ti sento.-la riprese la donna preoccupata.

-Lo so, ma mi sono spostata molto. Sono andata a San Diego e da lì ho visto dei piccoli paesini. Al momento mi trovo a Sunnydale, vicino Los Angeles.-le spiegò.

-Perché non torni qui? Lo sai che posso aiutarti a trovarti un appartamento e un lavoro. Non sei laureata ma hai comunque il diploma, saresti più avvantaggiata di altri.-tentò.

-Già, a fare maggiori turni per servire ai tavoli. No grazie, Sarah, preferisco girare finché non mi stanco. E poi Sunnydale sembra carina, magari potrei stabilirmi qui, lavorare come commessa e un giorno aprire un negozio tutto mio.-propose.

-Clay, tu stai solo scappando.-sospirò.-Ma poi, perché ti fai chiamare Clay, hai un nome così originale!-esclamò.

-Si, come no! Non so cosa vuol dire e non l’ho mai sentito a nessun’altra. Tutte le volte che mi presentavo la gente mi chiedeva spiegazioni e se magari era un nome di famiglia. Non sapevo mai come rispondere. Clay è strano ma almeno chiede meno delucidazioni.-alzò le spalle.

-Come ti pare. Comunque quando vuoi vieni a trovarmi e se ti serve una mano, anche soldi, non esitare a chiedermeli. Sono l’unica persona che hai.-le disse seria.

-Lo so, grazie Sarah. Non preoccuparti per me, so cavarmela da sola. Adesso ti saluto, sono stanca e penso che riposerò un po’. Ti chiamerò appena sistemata meglio, promesso.-sorrise.

-Ci conto. A presto.-chiusero.

Clay spense la tv e si mise a letto, non che avesse davvero sonno. Rimase un po’ a fissare il soffitto e a rimuginare sulla sua vita, come al solito. Sapeva di non essere come tutte le altre, lei non aveva avuto la stessa fortuna.

Lei non sapeva cosa voleva dire fare shopping con le amiche, spettegolare, truccarsi insieme, uscire con i ragazzi…Ma c’era una cosa che le mancava più di tutti, anche se non l’avrebbe mai ammesso.

Si addormentò senza accorgersene a tarda notte. Ma quella fu una notte turbata da un sogno strano e confuso. Sognò un cimitero, ombre sospette, vide scorrere del sangue, sentì l’odore della paura, scoccare una freccia da una balestra, l’umido dell’erba di notte sotto di sé. L’ultima immagine fu di un oggetto di legno che si conficcava nel petto di un uomo che non vide in volto e che esplose in cenere. Si svegliò di soprassalto scattando quasi a sedere. Respirava affannosamente ed era tutta sudata. Ci mise diversi secondi a realizzare che si era trattato di un sogno.

Si alzò ancora sconvolta e andò a fare una doccia, sentiva come se avesse ancora la cenere addosso. Rimase diversi minuti sotto il getto dell’acqua tiepida, stava lentamente riprendendo il controllo di sé. Poi si vestì ed uscì.

Comprò qualcosa per la colazione ed un giornale di annunci di lavoro. Lo sfogliò cercando delle offerte interessanti. Era seduta sul letto, dopo la colazione era tornata a casa.

-Uhm…cercasi barista apprendista, scartato…Cercasi commessa con esperienza per gioielleria, lasciamo stare che è meglio…Cercasi babysitter anche prima esperienza per bambina di anni quattro, vitto e alloggio offresi anche.-ci pensò su.-Beh, io ho già lavorato con i bambini.-afferrò il telefono e compose il numero riportato.

-Pronto?-rispose una voce di donna dall’altro capo.

-Buongiorno, chiamo per l’annuncio di babysitter.-si presentò.

-Ah salve!-esclamò allegra.-Lei ha esperienza con i bambini? So che ho messo anche prima esperienza, in questo periodo sono a casa, ma se ne ha sarei più sicura.-

-Si, ho già lavorato come babysitter, ho anche prestato servizio presso alcuni centri per l’infanzia, orfanotrofi e servizi sociali. Oltretutto so cucinare, conosco dei giochi per bambini e anche tutte le norme di sicurezza da tenere in casa e fuori.-spiegò.

-Bene, sembra perfetta. Come ti chiami?-le chiese.

-Clay StJules.-disse titubante sperando che non le facesse domande.

-Età?-continuò facendole tirare un sospiro di sollievo.

-Diciannove anni, non sono laureata ne frequento il college ma sono diplomata.-precisò.

-Ti andrebbe di fare un colloquio?-le propose.

-Volentieri.-assentì con un sorriso.

-Ti va bene per oggi pomeriggio diciamo verso le sei? Sai così mio marito è già tornato a casa, come pure la bambina.-precisò.

-Va benissimo.-assentì.

-Bene allora l’indirizzo è 1630 Revello Drive, io mi chiamo Dawn O’Donovan. A dopo, Clay.-la salutò.

-Arrivederci.-ricambiò e chiuse.

Soddisfatta sorrise a sé stessa, si sentiva anche emozionata. Avvertì di nuovo quella strana sensazione, Sunnydale era strana…ma le piaceva.

Si chiese se magari quella sensazione non fosse in realtà quel sussurro che cercava da tempo ma che al momento non sapeva riconoscere. Tirò fuori la catenella che portava al collo, quella con l’anello.

L’unica cosa che aveva di sua madre. La tirò via dal collo e la mise dentro ad un cassetto. Sua madre non le aveva reso la vita felice, ne facile. Non voleva averla con sé mentre faceva un colloquio di lavoro.

Non sapeva che se ne sarebbe pentita.

 

 

 

Parte 2 – Un angelo caduto

 

Nell’oscurità della camera, lui teneva le spalle curve. Come ali spezzate.

Sapeva cosa dicevano di lui, come lo chiamavano. L’angelo caduto. E che non era più riuscito non solo a librarsi in volto, ma neanche a rialzarsi.

E perché doveva rialzarsi d’altronde? Aveva un figlio, questo era vero. Un figlio meraviglioso che si era fatto la sua vita, aveva una moglie bellissima e due bambini stupendi. Ma lui non era più riuscito a rialzarsi.

Ed erano passati sette anni. Ogni giorno era caduto sempre più in basso, sempre di più, fino a non sapere neanche se esisteva un fondo. Esisteva? L’aveva toccato? L’aveva passato? Non avrebbe saputo dirlo.

I suoi più cari amici gli erano rimasti vicino, sapeva che non se ne sarebbero mai andati, ma ormai con loro scambiava poche parole. Spesso non ricordava nemmeno di che colore avessero gli occhi tanto non li guardava più in viso da molto tempo.

Parlava poco ormai, lui. Aveva esaurito le parole, aveva esaurito i gesti, aveva esaurito i pensieri, le lacrime, la voglia.

A che valeva salvare il mondo? A che valeva combattere le tenebre? Lo consideravano un eroe, lo consideravano un angelo. Ma l’angelo era caduto il 12 agosto del 2010 e non si era più rialzato.

Continuava a lottare. Uccideva i demoni, sventava le apocalisse, compieva la sua missione. Ma ne valeva la pena ancora? Sapeva di no.

L’angelo non sarebbe più tornato a volare.

Sapeva che doveva alzarsi, erano almeno dieci ore che era seduto sulla poltrona, ma non ci riusciva. Le spalle erano curve e lo sguardo era fisso su una cornice sul comodino della sua camera.

La foto era felice e piena di luce, era così che lei si sentiva quando gliel’avevano scattata, nel giorno del matrimonio di una cara amica. Indossava un lungo abito rosa confetto, i capelli biondi come l’oro erano sciolti e acconciati in morbidi riccioli con in mezzo una ghirlanda di fiori, aveva in mano un bouquet di fiori freschi e il suo unico gioiello era una collana di perle appartenuta alla madre.

Gli occhi risplendevano come verdi smeraldi e il sorriso avrebbe accecato pure il sole. Ma quel sorriso una sera si era spento e l’angelo era caduto. Si, perché senza di lei non poteva più rialzarsi. Perché era lei che lo aveva tenuto ancorato al mondo a cui non apparteneva e alla missione che lo avrebbe portato alla gioia.

Sentì appena che avevano bussato alla porta. Non diede neanche l’ordine di entrare, anche se chi aveva bussato entrò lo stesso. La poltrona dava le spalle alla porta e non poté vedere lo sguardo accigliato di chi entrò.

-Angel?-mormorò la giovane donna in pensiero.

-Dimmi pure Fred.-le rispose con voce stanca e spenta.

-Ti ho portato una tazza di sangue, l’ho riscaldato nel forno a microonde. La vuoi?-gli chiese posando comunque il vassoio su un cassettone.

-Le berrò dopo.-non si voltò neanche a guardarla.

-Uscirai per la ronda stanotte?-si informò.

Fred sapeva che a quel punto avrebbe dovuto andarsene e lasciarlo di nuovo solo, ma non voleva. Era così preoccupata che avrebbe voluto metter radici lì. Anche se poi lui l’avrebbe estirpata e gettata via, perché nella sua solitudine non voleva nessuno.

-Si, uscirò appena tramonta il sole.-

Da quando era entrata non aveva accennato un solo movimento. Era rimasto nella stessa identica posizione. Non ne aveva la forza.

-Angel dovresti uscire da qui, non ti fa bene stare da solo.-si avvicinò fino a inginocchiarsi accanto la poltrona.-Lo so che l’amavi e che ti manca, ma sono passati sette anni. Ormai se ne sono fatti tutti una ragione, persino Spike.-tentò.

-Lasciami solo Fred.-rispose soltanto.

La donna sospirò, si alzò e lasciò la stanza. Si sentiva impotente, e con lei persino il demone che le abitava dentro e con cui aveva raggiunto un tacito accordo.

Fuori dalla stanza c’erano due persone che la aspettavano. Speravano in qualche esito positivo ma dalla sua faccia dedussero che era tutto come al solito.

-Che ti ha detto?-le chiese un uomo di colore.

-Cosa vuoi che mi abbia detto?-lo rimbeccò triste.-Non appena gli ho detto che deve uscire e farsene una ragione perché ormai sono trascorsi sette anni mia ha solo detto di lasciarlo solo. Non potrà continuare così all’infinito. Dobbiamo fare qualcosa, Gunn.-

-Non possiamo fare niente.-le disse un uomo biondo con gli occhi azzurri.-Angel è più testardo di un mulo e se decide di starsene in quel modo per l’eternità, stai sicura che tra mille anni lo troverai esattamente per come lo hai lasciato.-

-Spike così non ci sei di aiuto!-esclamò arrabbiata facendo diventare la radice dei capelli castani fino alla fronte blu.

-Tesoro, Illirya non mi piace e lo sai perciò tienila buona!-le ingiunse arretrando di un passo.

-Lo so ma non può starsene così a vita! Le cose sono andate come sono andate e non potranno mai cambiare, soprattutto dopo sette anni. Ed è stupido fare in quel modo, rimuginare su cosa sarebbe potuto succedere, calcolare i ma e i se. Lei, anche se la conoscevo appena, non l’avrebbe voluto.-spiegò d’un fiato infervorata.

-Tu non hai idea di quello che lui sta passando!-indicò la porta con un braccio.

-Vieni a dire a me che non lo so?-le si incrinò la voce facendo sparire ogni traccia di Illirya.-Ti ricordo che Wesley è morto tra le mie braccia, mi ero appena accorta di amarlo e già l’avevo perso. Ed è passato più tempo, sono trascorsi dodici anni.-

-Beh se ti sei ripresa allora perché non ti mai visto con un altro uomo?-incrociò le braccia al petto.

-Ma questo che vuol dire? Io comunque sono uscita, ho ripreso a parlare, a lottare e vivere. Lui non può starsene in quel modo per sempre, impazzirà di questo passo.-

-La ragione l’ha già persa, fidati.-e detto questo il biondo vampiro se ne andò senza aggiungere altro. Anche lui aveva provato a far ragionare Angel, fin dal primo momento e non c’era mai riuscito. Dubitava che arrivati a quel punto qualcuno ci sarebbe più riuscito.

-Pensi che io stia sbagliando?-Fred si rivolse a Gunn che durante quel breve battibecco era rimasto in silenzio ad ascoltare.

-No, Fred, ma siamo tutti diversi. Tu sei riuscita a superare il dolore, Angel no. E francamente, dopo che questa è la seconda volta che succede non riesco a capire come mai non si sia ancora esposto al sole.-sospirò.-Temo che prima o poi lo farà.-

-Anch’io. Vorrei tanto che Cordelia fosse qui, lei sapeva parlargli.-sorrise al ricordo della sua cara amica scomparsa da più di dodici anni ormai.

-Già, era adorabile.-anche Gunn sorrise.-Dai, torniamo al lavoro.-le cinse le spalle con un braccio e insieme tornarono al piano di sopra dove c’era del lavoro da sbrigare.

Nel buio della sua camera, l’angel continuava a cadere sempre più in basso, in un vortice di ricordi, rimuginare, chiedersi se tutto sarebbe potuto cambiare o meno. Ma sapeva che erano sempre e solo domande senza risposta.

Il passato non si poteva cambiare, con o senza magia. Ormai la sua vita era andata via con lei, tutte le speranze, tutti i sogni…e nel silenzio di quel dolore, l’angelo pianse.

Pianse lacrime calde e amare, che sapevano di amore, dolore, rimpianto, rabbia. Tutte le parole che avrebbe voluto dirle se le sarebbe tenuto per sempre con sé, tutti i sorrisi che avrebbe voluto farle non li avrebbe più fatti, tutti gli abbracci che avrebbe voluto darle sarebbero rimasti solo nei suoi pensieri. Le sue braccia non avrebbero più abbracciato, ma sarebbero rimaste inermi lungo i fianchi sempre con quella voglia che non avrebbe mai soddisfatto.

In quello stesso momento il telefono suonò. Era la sua linea privata quindi sapeva che se non avesse risposto lui non l’avrebbe fatto nessuno. Ed erano in pochi ad avere quel numero.

Con un sospiro stanco si alzò e alzò la cornetta sedendosi sul letto. Non sentiva neanche i muscoli intorpiditi. Ormai era la sua vita che si era intorpidita.

-Pronto?-rispose sentendosi sfinito.

-Ciao papà.-gli risposero dall’altro capo.

-Ciao Connor.-ricambiò.-È successo qualcosa? Va tutto bene?-

-Si, tutto a posto, stiamo tutti bene.-lo rassicurò.

-I bambini?-gli chiese.

Connor ormai si era sposato e aveva due bambini meravigliosi: Madlen di quattro anni, e Duncan di appena due mesi. Li andava a trovare raramente in quei momenti tirava fuori alcuni piccoli sorrisi, quelli che non aveva seppellito dentro al cuore. Portava loro sempre dei regali e ormai Madlen riusciva persino a dire la parola “nonno”.

-Stanno benissimo, Madlen all’asilo dicono che sa disegnare molto bene. Credo abbia preso da te.-sorrise.-Ha dei gran begli occhi verdi, Dawn quasi piange ogni volta che li vede.-gli si incrinò un po’ la voce.

-Lo so, me ne sono accorto. Duncan?-

-Oh, è un tesoro, adesso ha cominciato ad abbozzare dei piccoli sorrisi. È adorabile.-fece una piccola pausa.-Quando vieni a trovarli?-

-Presto, lo prometto. Porterò a Madlen un blocco per disegnare con delle matite dato che sembra portata e a Duncan un sonaglio.-lo rincuorò.

-Papà, perché non esci un po’?-gli chiese serio.

-Connor, per favore, non ne voglio più parlare. Sto bene così come sto.-rispose sembrando ancora più stanco.

-Se vuoi puoi venire un po’ qui da noi. La cantina è stata svuotata e andrebbe bene per farci una bella camera. Potresti giocare con i bambini e svagarti un po’. E poi lo sappiamo che non sei mai andato a trovarla, potresti portarle un fiore.-gli propose.

 

-Non posso, Connor, lo sai. Stare lì sarebbe ancora peggio, sentirei ogni secondo il suo odore e diventerei matto. Il buio e la solitudine non mi fanno paura, lo sai. Sono parte di me e ti prego di non insistere.-chiuse il discorso.

-Come vuoi tu. Adesso ti lascio, vado a prendere Madlen all’asilo e poi devo andare a casa, Dawn ha fissato un colloquio con una possibile babysitter.-

-Va bene, a presto.-e chiusero.

Angel fissò di nuovo lo sguardo sulla cornice accanto al telefono. Era così che voleva ricordarla sempre: bella, felice e sorridente. Se fosse andato a trovarla avrebbe dato realtà ad una cosa già vera di suo ma che così sembrava ancora abbastanza irreale.

No, stava bene così. Continuava a cadere ma almeno non era ancora atterrato e quindi il dolore non era ancora esploso tutto. Per sua fortuna.

 

 

 

 

 

 

 

 

Parte 3 – In lotta per l’unione

-Okay, adesso che me l’hai spiegato puoi dirmi di nuovo perché abbiamo bisogno di una babysitter?-

Il giovane uomo seguì la moglie nel salotto mentre riordinava la sala, mettendo a terra una bambina di quattro anni con lunghi e lisci capelli castano chiaro e due enormi occhi verdi.

-Per l’ennesima volta, perché tra qualche mese io dovrò tornare a lavorare e nessuno potrà occuparsi di loro. Con chi diavolo dovrebbe restare Duncan?-gli fece notare voltandosi verso di lui.

-Lo so che nessuno può tenerlo ma possiamo trovare un altro modo.-propose.

-Connor, io non lascerò il lavoro perché quei soldi ci servono. La casa è di mia proprietà, va bene, ma ci sono le bollette, la spesa, i bambini, noi!-elencò.

-Ho capito, ci serve una babysitter.-si arrese.-E perché dovremmo offrirle il vitto e l’alloggio?-insistette allargando le braccia.-Dove dovrebbe dormire poi?-

-Una camera non usata ce l’abbiamo.-rispose timidamente.

-Ma era la camera di tua sorella!-esclamò esterrefatto.

-Si ma nessuno la usa più da sette anni! Cos’è dobbiamo tenerla così a vita? Madlen dorme nella camera che è stata mia e Duncan è ancora in camera con noi, tra qualche tempo potremmo far ristrutturare la mansarda in modo da ricavarne un’altra camera. Questa casa non è poi così piccola e non voglio che la babysitter faccia avanti ed indietro adducendo dei ritardi. Preferisco che stia qui da noi.-spiegò.

-Va bene, Dawn mi arrendo! Prenderemo una babysitter e starà qui con noi. Che sai dirmi di quella che deve venire oggi?-si informò.

-Sembra affidabile, oltretutto ha detto che ha già lavorato con dei bambini. Staremo a vedere.-evitò che Madlen gettasse a terra un vasetto.-Cosa ti ha detto Angel?-gli chiese.

-Ha detto che verrà a trovarci presto, vuole portare a Madlen un blocco da disegno.-sorrise.-Gli ho proposto di stare da noi per un po’ ma ha rifiutato categoricamente.-

-Stare qui gli fa male, lo vedo ogni volta che viene.-fece una pausa.

Connor la abbracciò forte dandole un bacio tra i lunghi e lisci capelli castani. Sapeva che per quanto sua moglie potesse essere felice il pensiero di quello che era successo albergava sempre in lei.

Connor, il figlio di Angel, e Dawn Summers si erano conosciuti nella primavera del 2005 quando la gang di Sunnydale si era unita a quella di Los Angeles per combattere un numeroso gruppo di vampiri con la folle idea di prendere possesso della città degli angeli.

Si erano frequentati tutta l’estate e poi si erano messi insieme. Si erano sposati da ben cinque anni ormai e avevano Madlen di quattro anni e Duncan di due mesi. Erano andati a stare a Sunnydale, nella casa di Dawn passata ormai a lei.

Avevano mantenuto i contatti con la gang anche se ormai, da diverso tempo, gli incontri diventavano spesso dolorosi e pieni di ricordi.

Willow e Kennedy si erano sposate nell’autunno del 2009, con una cerimonia unica e originale. Anche Faith e Robin si erano sposati, in una calda mattina d’estate del 2007. Vivevano in una casa a pochi metri da quella di Dawn con il loro unico figlio Gary di dodici anni.

Xander, dopo la morte di Anya nella lotta contro il primo dove la bocca dell’inferno si era presa di nuovo il liceo di Sunnydale non si era più legato a nessuna. Spesso aveva delle storie, senza che i suoi amici lo sapessero, ma erano senza importanza. Era rimasto a vivere nel suo appartamento ed era diventato un membro di spicco della compagnia di costruzioni per cui lavorava.

Adesso erano Andrew, rimasto a Sunnydale e Willow che si occupavano del negozio di magia rimesso totalmente a nuovo. Giles era tornato in Inghilterra anche se veniva per le feste, scriveva e chiamava spesso. Era stato lui ad accompagnare Dawn e Faith all’altare. Era il padre di tutti.

Il suono del campanello li distolse da quei pensieri tristi. Si staccarono e si guardarono intorno sperando che fosse tutto in ordine.

Fu Dawn che andò ad aprire mentre Connor teneva buona Madlen. Non appena aprì il sorriso che le incurvava le labbra quasi sparì. Davanti a lei c’era una ragazza alta sul metro e sessanta con lunghi e lisci capelli biondi, occhi verdi, labbra carnose ed un fisico minuto. Per un attimo rivide sua sorella ma scacciò via quell’immagine dicendosi che ogni volta che vedeva ragazze bionde con gli occhi verdi rivedeva sua sorella, facendosi solo del male. Anche se lei era quella che le somigliava più di tutte quelle che aveva visto.

-Signora O’Donovan?-chiese la sconosciuta alla sua porta.

-Si. Immagino che tu sia Clay.-ipotizzò.

-Esattamente.-sorrise tendendole la mano.-Piacere di conoscerla.-

-Il piacere è mio.-le strinse calorosamente la mano.-Ma vieni dentro così parliamo meglio.-si scostò facendola entrare. Prese la giacca di Clay appendendola nell’ingresso e la scortò nel salotto dove c’era il resto della famiglia.

-Ha proprio una bella casa.-constatò Clay guardandosi in giro.

-Me lo dicono in tanti. Clay questo è mio marito Connor.-le presentò e i due si strinsero la mano sorridendo.-E questa bella bimba è Madlen.-indicò la figlia.

-È bellissima.-si inginocchiò davanti la bambina.-Ciao tesoro. Mi dici quanti anni hai?-le chiese.

La bambina fece il segno con le mani imbarazzata.

-Quatto!-esclamò allegra mangiandosi la erre.

-Non parla ancora molto bene.-le spiegò Connor.

-Oh è normale, è ancora piccola.-si rialzò.

-Sediamoci così ci dici di te.-le propose Dawn indicandole con una mano il divano dove la ragazza prese posto. Le sedette accanto mentre Connor si sedeva su una poltrona.

-Io mi chiamo Clay Mary StJules, sono nata il venti settembre 1998 a Los Angeles, nel quartiere di Redondo Beach. Sono diplomata ma non frequento il college, ho già lavorato con dei bambini, ho lavorato come babysitter, negli orfanotrofi, nei centri per l’infanzia, asili e ogni tanto ho prestato volontariato presso i servizi sociali e di tutela del minore.-elencò.

-Quindi non sei nuova nell’occupazione con i bambini.-dedusse Connor.

-Niente affatto. Vorrei potervi dare un curriculum ma non ne ho. Comunque se volete delle referenze posso darvi il numero di un’assistente sociale di Los Angeles che mi trovava questi piccoli lavori e che ho aiutato ai servizi sociali.-propose.

-No, ci fidiamo.-la bloccò Dawn.-Io ho messo annuncio per Madlen ma più in là mi servirà una mano anche con Duncan il nostro secondo figlio di due mesi che al momento dorme come un angioletto. Io sono ancora in maternità e di conseguenza al momento il lavoro sarà più facile ma tu hai detto di avere già esperienza.-

-Occuparmi di due bambini non sarà difficile, oltretutto mi pare di aver capito che Madlen vada all’asilo.-dedusse.

-Esattamente.-le confermò Connor.

-A me il lavoro serve davvero, così come pure la camera. Al momento ne ho una al Sunnydale Motor Inn ma non mi sembra che abbia una bella reputazione.-li guardò entrambi.

-Assolutamente no, anzi è meglio che lo lasci il prima possibile.-le consigliò Dawn in ansia.

-Io sono una brava ragazza, questo preferisco metterlo subito in chiaro. So cucinare, lavare, stirare, faccio le pulizie e non invito amici in casa altrui. Oltretutto non bevo e non mi drogo, potete controllare.-si affrettò ad aggiungere.

Marito e moglie si scambiarono un’occhiata che esprimeva già la loro decisione.

-Ti accompagno adesso stesso a prendere le tue cose dal motel così ti puoi sistemare da subito.-le disse Connor alzandosi.

-Ho il posto?-sorrise emozionata.

-Certo che si.-le confermò Dawn.

-Oh grazie, davvero!-esclamò contenta.

-Andate adesso così al ritorno avrai già la camera pronta.-la donna si alzò e con lei anche Clay che subito andò via con Connor per prendere le sue cose e saldare il conto.

Rimasta sola, Dawn salì al piano di sopra con Madlen. Controllò Duncan che dormiva serenamente nella sua camera e tirò fuori da un cassetto del comò una chiave. Rimase qualche minuto davanti ad una porta chiusa indecisa sul da farsi, era così ogni volta che doveva entrare. La camera di sua sorella Buffy. Poi infilò la chiave nella toppa e fece scattare la serratura.

Aprì la porta e come tutte le volte un senso di tristezza la invase. L’aveva aperta solo la settimana prima per farle prendere aria e spolverare, non le piaceva che si accumulasse la polvere. Della camera erano rimasti solo i mobili, tutti gli oggetti personali di Buffy li aveva tolti e riposti in scatoloni che giacevano in soffitta.

Aprì le persiane e le finestre per fare entrare un po’ d’aria, tolse alcuni residui di polvere da sopra i mobili, poi mise delle lenzuola pulite nel letto. Era solo una stanza ammobiliata, perché ogni traccia di Buffy era svanita ormai da molto tempo.

Ma Connor aveva ragione, era doloroso dare ad un’estranea la camera di sua sorella. Era doloroso pensare e ricordare sua sorella. Come sempre.

Mentre pensava a lei suonò il telefono. Scacciando la tristezza si alzò e rispose.

-Pronto?-

-Ciao, sono io.-le risposero dall’altro capo.

-Ciao Willow, come va?-le chiese sorridente.

-Tutto bene. I bambini?-si informò.

-Stanno benissimo. Duncan dorme anche se dovrebbe svegliarsi a breve per la poppata e Madlen è qui con me. Sto aspettando che torni Connor, abbiamo assunto una babysitter e sono andati a prendere le sue cose. Starà qua da noi.-le spiegò.

-E dove?-si stupì.

-Le ho appena finito di sistemare la camera di Buffy.-rispose cercando di dare forza alla sua voce, anche se non si sentiva affatto così.

-Sei sicura, Dawn? Quella era la camera di tua sorella, dopo quello che è successo tutti noi non siamo più gli stessi, ci siamo allontanati e per quanto cerchiamo di riavvicinarci è molto difficile.-le disse.

-Willow, è inutile pensarci, è passato troppo tempo. Dopo quello che è successo tu hai parlato un’ultima volta con lei e le sue intenzioni sono state fin troppo chiare. Io ho una camera in più che non utilizzo e una babysitter a cui ho promesso una sistemazione. Il tutto finisce qui.-concluse decisa.

-Come ti pare, la scelta e la casa sono tue. Stasera io e Kennedy volevamo venire da te dopo cena. Sai per quella questione se far venire una cacciatrice o meno. Ken e Faith hanno passato i trenta anni e il fisico non è più lo stesso.-le spiegò.

-Certo, venite pure. Io avviso Xander.-propose.

-Ed io ho già parlato con Andrew. Come farai con la babysitter?-pose il problema.

-Mi inventerò qualcosa.-e detto questo si salutarono e chiusero.

Finì di sistemare la camera e poi tornò di sotto. Duncan si era nel mentre svegliato e gli diede la poppata. Poi lo sistemò nella carrozzina e preparò la cena. Connor e Clay furono di ritorno dopo pochi minuti.

Presentò alla ragazza Duncan e poi la portò di sopra per mostrarle la camera, piacque subito a Clay. La lasciò sistemarsi in pace e la chiamò solo all’ora di cena. Non ebbe neanche modo di dirle che aspettavano ospiti dopo che lei la precedette dicendole che dopo la cena si sarebbe ritirata in camera per finire di sistemarsi e poi leggere fino all’ora di andare a letto.

Sistemò lei Madlen per la notte mettendola anche a dormire, mentre Dawn si occupava di Duncan e Connor finiva di caricare la lavastoviglie. Clay si era già ritirata da un po’ quando suonarono alla porta. Era il gruppo.

Si scambiarono alcuni convenevoli poi si spostarono in salotto per parlare della questione. Ormai si vedevano poco per piacere. Le loro riunioni riguardavano il lavoro, la caccia, i demoni, le apocalisse. Andavano avanti così da sette anni e francamente dubitavano che sarebbero mai tornati alla confidenza di un tempo.

Il gruppo lottava per l’unione ma erano ormai consapevoli che quell’unione si era rotta da tempo e nessuno pensava più che si risanasse. Mentre nella sua camera, Clay non sapeva che la sua vita stava per cambiare radicalmente.

 

 

 

 

 

Parte 4 – Un’altra cacciatrice

Nei successivi giorni, Clay si ambientò benissimo in casa di Dawn e Connor. La mattina era lei che alzava Madlen, le preparava la colazione, la vestiva e la portava all’asilo agevolando il lavoro di Dawn con Duncan e persino Connor che in quel periodo aveva un bel po’ da fare nella sede di Sunnydale della Wolfram&Hart adesso dedita al bene e alla caccia ai demoni.

Quando poi arrivava a casa, Clay rifaceva la sua stanza e aiutava Dawn con gli altri lavoretti domestici andando ogni tanto anche a fare la spesa. La ragazza conobbe anche gli altri membri del gruppo una volta che Dawn la portò al Magic Box e tutti notarono come somigliasse a Buffy. Anche se nessuno la nominò mai in sua presenza, ne Clay faceva domande a Dawn sulla sua famiglia e quella di Connor, ne del perché in casa loro si vedevano sempre amici e mai famigliari.

Fu mentre una mattina Clay finiva di spolverare il salotto e Dawn cambiava Duncan che notò sul tavolino accanto al divano la foto di una donna che attirò la sua attenzione.

Era una signora di circa quarantacinque anni con capelli ricci e biondi appena sulle spalle. Aveva degli occhi verdi ed un dolce sorriso materno. Era così dolce e bella che quasi Clay si incantò a guardarla senza neanche accorgersi di Dawn che scese le scale e si fermò sulla soglia del salotto per osservarla. Notò nell’espressione di Clay una profonda tristezza ma non sapeva perché.

-Quella era mia madre.-la distolse dai suoi pensieri.

-È davvero molto bella.-rimise la foto al suo posto.-Dov’è adesso?-le chiese.

-È morta sedici anni fa, io ne avevo appena quattordici, mia sorella venti. Lei aveva avuto un tumore al cervello asportato tutto con un’operazione, solo che poi ebbe un aneurisma e non ci fu niente da fare. Era la madre più dolce del mondo. Sarebbe stata così felice adesso con due nipotini.-posò Duncan nella carrozzina.

-E tua sorella?-le chiese genuinamente.

-Non ho voglia di parlare di lei.-liquidò il discorso.

-Scusa se l’ho nominata.-si scusò contrita.

-Non preoccuparti.-le sorrise.-Che mi dici invece della tua famiglia?-la vide diventare scura in volto e portare una mano al petto. Sapeva che Clay portava sempre una catenina ma non aveva mai visto il suo ciondolo. Immaginò che stesse tenendolo tra le dita, ed anche molto forte a giudicare dalle nocche che divennero bianche.

-Non voglio parlare di loro.-sospirò.-Dawn io devo dirti una cosa.-esordì seria.

-Dimmi pure.-la incitò.

-Clay non è il mio vero nome, è un diminutivo che mi sono data.-le disse.

-Come mai?-si stupì.

-Il mio vero nome è strano e ogni volta che lo dico tutti cominciano a farmi domande, domande a cui non ho mai saputo rispondere, per questo mi sono data come nome Clay, anche se all’anagrafe risulto con il mio vero nome. A te dispiace se continuate a conoscermi come Clay? Non dico a nessuno il mio nome da molto tempo ormai.-le spiegò.

-Va bene, Clay è carino.-sorrise. Stava per dire altro quando suonarono alla porta.-Vado io, attenta a Duncan.-andò ad aprire, una Willow trafelata entrò parlando velocemente e agitando le braccia.

-Ha chiamato Giles, non ce ne mandano un’altra!-esordì nervosa.

-Cosa?!-esclamò Dawn chiudendo la porta.

-Hai capito bene!-entrò nel salotto ma si bloccò vedendo Clay.

-Ehm…scusate, io porto Duncan a fare un giro.-decise la ragazza capendo che doveva sparire. Prese la carrozzina e la giacca ed uscì in due nano secondi.

-Allora, spiegami meglio cos’è questa storia!-disse Dawn appena la babysitter fu andata via.

-Abbiamo contattato Giles a Londra spiegandogli che ormai sia Kennedy che Faith hanno una certa età e che per loro la caccia sta divenendo difficile, di conseguenza ci serve un’altra cacciatrice, più giovane. Beh ha detto che non ce ne manderanno un’altra, almeno per ora, perché non se ne è attivata nessuna! La cacciatrice più giovane del momento ha venticinque anni e si trova a Madrid dove c’è un re vampiro che le da qualche noia. Siamo senza protezione sulla bocca dell’inferno ed è inutile dire che la cosa è alquanto preoccupante.-disse tutto d’un fiato gesticolando animatamente.

-E adesso come facciamo?-ricambiò preoccupata.

-Giles mi ha consigliato di ricorrere all’incantesimo di localizzazione in modo da trovare la più vicina o magari una nuova che deve attivarsi.-propose.

-Potrebbe essere un’idea.-assentì alzando le spalle.

-Si ma se non ce ne sono? Non so se hai notato ma noi non vediamo una nuova cacciatrice da ben dieci anni! L’ultima l’ha addestrata tua sorella ed è durata solo nove mesi.-le ricordò.

-Si ma una nuova cacciatrice ci serve! Faith e Kennedy non hanno più l’età, tu te la cavi ancora perché usi la magia ed io e Connor ultimamente non siamo più andati a caccia per via dei bambini. Non possiamo lasciare scoperta la bocca dell’inferno, sarebbe un suicidio per tutti.-spiegò.

-Va bene, allora userò quell’incantesimo sperando in bene. Prenderò gli ingredienti dal negozio e mi farò aiutare da Andrew.-andò verso la porta.-Ti farò sapere appena avrò fatto.-

-Chiamami subito appena hai finito.-le raccomandò accompagnandola. Sulla porta, Willow si fermò e si voltò a guardarla.

-Ti fidi davvero di quella ragazza?-le chiese parlando di Clay.

-Si, è brava e i bambini la adorano. È una brava ragazza.-sorrise.

-Bene, menomale. Dawn, perché ci siamo allontanati?-si fece seria.

-Willow, voi in realtà eravate gli amici di mia sorella, ed io la sorella della cacciatrice di cui dovevate sempre occuparvi. Senza di lei non c’è legame tra di noi.-rispose.

-Lo sai, però, che ti vogliamo bene. Vero?-le accarezzò i lunghi capelli.

-Si, lo so.-annuì.

-Bene, ci sentiamo dopo.-e detto questo se ne andò.

Dawn chiuse la porta e tornò alle sue faccende in attesa che Clay tornasse dalla passeggiata con Duncan. Era davvero una brava ragazza e si fidava di lei, spesso non capiva perché.

Una volta arrivata al negozio di magia, Willow aveva detto ad Andrew di chiudere per qualche ora dato che doveva fare l’incantesimo. Insieme avevano preso gli ingredienti e si erano spostati nel retro. Willow aveva disegnato un cerchio magico e ci si era messa dentro con una cartina della California ed un cristallo magico.

Mentre Andrew aspergeva per la stanza dell’incenso lei si era concentrata facendo oscillare il cristallo sulla cartina. Poi il cristallo cadde di colpo su una località ed entrambi si affrettarono a guardare. Ne andava della sicurezza sulla bocca dell’inferno.

-Indica Sunnydale.-constatò Andrew.

-Allora c’è una nuova cacciatrice qui che dobbiamo ancora scoprire.-disse Willow alzandosi.

-E come facciamo?-

-Non lo so, non possiamo chiedere a tutte le ragazze se sono loro.-sospirò sconsolata.-Ma se una nuova cacciatrice c’è allora è solo questione di poco tempo prima che si attivi.-andò nell’altra stanza e contattò Dawn per dirle della novità e anche che per il momento, anche se l’età la rendeva loro difficile, dovevano occuparsi attivamente della caccia.

Qualche sera dopo, Dawn e Connor concessero a Clay la serata libera. La ragazza non aveva avuto il coraggio di rifiutare perché questo significava dire loro che non aveva amici e anche rovinare i loro piani per la serata che era quello di andare a Los Angeles a trovare il padre di Connor.

Così accettò dicendosi che magari avrebbe fatto un giro in centro, bevuto qualcosa e poi sarebbe tornata a casa tanto Dawn e Connor non ci sarebbero stati e al loro rientro avrebbe inventato una scusa per l’ora.

Dopo aver mangiato un boccone si ritrovò a camminare fino a trovarsi dalle parti del Bronze, quel locale abbastanza decente che aveva scovato. Entrò rimanendo assordata dall’orda di gente che c’era. Un gruppo rock si esibiva sul palco, dei ragazzi ballavano in mezzo alla pista ma il locale era pieno, tanto che si faceva fatica a camminare.

A fatica arrivò al bancone riuscendo a trovare un posto libero. Si sedette guardandosi in giro, avrebbe tanto voluto anche lei riuscire a divertirsi con degli amici. Poi un barista si avvicinò per prendere la sua ordinazione. Clay lo guardò qualche secondo poi sorrise.

-Se ti chiedo dell’alcol vuoi un documento, vero?-gli chiese.

-Esatto dolcezza.-annuì.

-Beh sei fortunato che non bevo. Mi dai un cappuccino ed un muffin al cioccolato?-ordinò.

-Considerali già tra le tue mani.-disse e si allontanò per prenderla.

Dopo un paio di minuti glieli consegnò andando poi a servire altri clienti. Clay scoprì che il cappuccino era buono così pure il muffin. Mentre si gustava le sue ordinazioni ascoltò il gruppo, erano davvero bravi. Tanto che non si accorse di averli sentiti per un’ora buona. Fu appena si presero una pausa che captò una conversazione tra una liceale ed un ragazzo di qualche anno più grande accanto a lei.

-Puoi credermi tesoro, io non corteggio chiunque.-disse il ragazzo.

-Lo so ma sono già le dieci ed io devo andare a casa.-sorrise la ragazza facendo la preziosa.

-Allora ti accompagno io, ho la macchina qui dietro. E puoi stare sicura che non ti toccherò con un dito, sono un ragazzo serio.-insistette.

-Si, ed io sono ricca sfondata.-borbottò sarcastica.

-Va bene, ci sto.-acconsentì la ragazza.

-Scema.-la apostrofò bevendo l’ultimo sorso di cappuccino.

Vedendoli varcare la soglia e captando che la tipa si era messa nei guai, istintivamente si alzò e li seguì lasciando i soldi in fretta sul bancone subito raccolti dal barista. Una volta fuori si accorse di averli persi di vista e si guardò in giro. Sentiva dentro di sé uno strano sesto senso, una forte sensazione di pericolo. Aveva il sangue che scorreva forte nelle vene e il respiro affannoso. I sensi erano tutti all’erta e i muscoli parevano fremere stranamente.

Corse in direzione di un vicolo buio, a pochi passi sentì un urlo soffocato e di conseguenza accelerò. Nel vicolo scoprì la ragazza appiattita contro al muro con il tipo che la teneva forte e le si era avventato sul collo. Gli si lanciò contro.

-Lasciala stare!-urlò allontanandolo da lei. La ragazza si rifugiò dietro le sue spalle.-Corri via.-le disse vedendola tenersi il collo da cui scorreva del sangue.

-Tu hai fatto un tremendo errore ragazzina.-il ragazzo si voltò verso di lei facendole sgranare gli occhi e gelare il sangue nelle vene.

Era orrendo, aveva il volto deformato, gli occhi gialli e dei grandi denti aguzzi. Sorrideva diabolicamente e si scoprì impaurita.

-Oh Dio.-mormorò impietrita mentre il tipo la prendeva per le spalle e si avventava sul suo collo.

Clay urlò con quanto fiato aveva in gola mentre sentiva i denti pungerle la pelle quasi fino a spaccarla. Ma fu solo un attimo perché poi qualcuno allontanò il tipo da lei. Si guardò in giro, qualcuno l’aveva afferrata per le spalle e le chiedeva se stava bene.

-Clay?!-alla voce stupita che chiamò il suo nome si voltò a guardarla.

-Xander!-esclamò stupita a sua volta.-Chi è quello?-indicò il tipo notando che stava facendo a botte con Faith.-Che sta succedendo?-

-Te lo spiegò dopo, non muoverti.-le ingiunse andando ad aiutare la sua amica che le stava prendendo ma il vampiro gli diede un pugno che lo mandò contro ad un muro.

Poi afferrò Faith per la gola e alzandola la scagliò a pochi metri.

-Faith!-urlò preoccupata. In un impeto di rabbia perché lei odiava la violenza, si lanciò contro al tipo colpendolo con un pugno al volto.

Scoprì una forza che non sapeva di avere e riempì il suo avversario di pugni, calci e mosse di arti marziali che non conosceva mettendolo in seria difficoltà non accorgendosi del resto del gruppo che arrivava e che guardava la scena incredulo. L’aveva quasi messo ko e capì che doveva concludere in qualche modo quando qualcuno le venne in soccorso.

-Clay!-la chiamò Willow.

Si voltò verso di lei e si vide arrivare un oggetto contro che afferrò al volo. Lo osservò per qualche secondo notando che era un semplice paletto di legno. Se lo rigirò un secondo tra le mani poi notò che il tipo si stava riprendendo e che le si stava gettando addosso. Senza neanche capire cosa stesse facendo glielo piantò nel cuore e lo fece esplodere in cenere.

-Oh santo cielo!-esclamò facendo un passo indietro. Inciampò nella sua borsetta che era a terra e cadde con il sedere sull’asfalto realizzando ad occhi sgranati cos’era successo.

-Stai bene?-le chiese Kennedy inginocchiandosi accanto a lei insieme a Willow mentre Andrew e Robin andavano a recuperare Xander e Faith.

-Cos’era quello?-chiese sconvolta.-E perché sono riuscita a prenderlo a pugni? Perché conosco le arti marziali? Perché sapevo a che serviva quel paletto? Perché quando gliel’ho piantato nel cuore è diventato cenere?-chiese a raffica passando lo sguardo dall’una all’altra.

-Te lo spieghiamo a casa, Dawn e Connor ti staranno aspettando.-le disse Willow aiutandola ad alzarsi con l’aiuto di Kennedy.

-Sono andati a Los Angeles dal padre di Connor.-li informò.-Torneranno tardi.-le reggevano a stento le gambe e così dovettero aiutarla ad arrivare fino a casa.

Si accorse solo quando si guardò nello specchio dell’entrata che aveva un labbro spaccato, un livido su uno zigomo e un paio di contusioni allo stomaco e alle braccia. Nella foga non si era accorta di averle prese anche lei.

Durante il tragitto non le avevano spiegato niente mentre Andrew chiamava Dawn dicendole di tornare in fretta perché c’erano novità e Clay aveva subito un’aggressione. Quando rincasarono trafelati trovarono Clay seduta sul divano con una tazza di tè in mano e Willow che le curava il taglio allo zigomo. Il resto del gruppo era sparso per la stanza chiedendo come stava la ragazza e soprattutto se dirle o meno la verità.

-Cos’è successo?-esclamò Connor mettendo a terra Madlen mezza addormentata.

-Non me l’hanno ancora spiegato!-disse irritata Clay.-Ahi!-sobbalzò per il dolore al labbro.

-Se stai un po’ ferma riesco a curarti questo taglio!-la riprese esasperata Willow.

-Beh adesso ditecelo.-li esortò Dawn.-Clay vive con noi, è come se fosse una della famiglia.-precisò sedendosi accanto alla ragazza.

-Si è scontrata con un vampiro.-le disse in breve Faith.

-Cosa?!-esclamò stupita.

-Un cosa?!-ricambiò la diretta interessata sconvolta.-Cos’era quel coso?!-urlò quasi.

-Credo che Clay sia la cacciatrice che doveva attivarsi qui a Sunnydale.-ipotizzò Willow

-Veramente lo crediamo tutti.-precisò Xander.

-Ehi fermi, aspettate un attimo!-Clay si scostò da Willow e si alzò.-Procedete con ordine! Io ho appena fatto a botte con un tipo che è esploso in polvere e conosco le arti marziali, cosa che a dire il vero non sapevo. E voi parlare come se fossero cose di ordinaria amministrazione dicendo parole complicate come vampiro e cacciatrice. Beh io vorrei delle delucidazioni perché sono parecchio confusa e sento che sta per venirmi una crisi isterica.-posò la tazza di tè sul tavolino delicatamente ma questi si ruppe come se vi avessero messo sopra un masso frantumando tutto.

-Lei è una cacciatrice.-dedusse Kennedy ovvia.

-Io adesso mi sveglio e scopro che questo è tutto un sogno.-disse Clay ad occhi sgranati fissando il tavolino rotto.

-A proposito di sogni, ne hai fatti di strani di recente?-le chiese Faith.

-Si, uno.-glielo raccontò e vide che tutti la guardavano che se avesse sognato prati di fiori.-Cosa?-li guardò tutti stupita.

-Sogni premonitori. La sua attivazione era imminente.-dedusse la cacciatrice più anziana.

Fecero accomodare Clay di nuovo sul divano e lentamente le spiegarono tutto di demoni, vampiri, magia, cacciatrici, osservatori, incantesimi, occultismo e tutto quello che c’era da sapere. Lei non parlò per tutto il tempo.

-E io che pensavo che la mia vita fosse già abbastanza strana.-fu la prima cosa che disse alla fine.

-Per prima cosa ti serve un osservatore, penso che dovremmo chiamare Giles per questo.-propose Robin e tutti assentirono.

-Poi potrai cominciare l’allenamento e in breve arriveranno le ronde e le vere lotte con vampiri e demoni.-concluse Kennedy.

-Chissà perché la cosa non si attira affatto.-commentò ironica.

-Non attira nessuno, fidati.-le sorrise Faith.

-Beh adesso che ho scoperto di essere una prescelta, cosa che non ero mai stata in vita mia, vado ad assorbire il tutto andandomene a dormire. Credo che un bel sonno mi schiarirà un po’ le idee.-decise alzandosi.-E metto a letto Madlen.-disse guardando la piccola che si era addormentata su una poltrona. La prese dolcemente in braccio attenta a non svegliarla e andò di sopra.

-Chi l’avrebbe detto che era proprio lei la cacciatrice che aspettavamo.-disse stupita Dawn.

-In lei c’è un qualcosa che conosco.-fece Faith pensierosa.-La sua forza, il suo modo di essere non sono comuni di tutte le cacciatrici. Lei sembra quasi speciale.-spiegò.

-Io penso che per il momento è meglio se riposiamo tutti.-propose Kennedy alzandosi.

-Si e domani chiameremo Giles per dargli la notizia e far affidare un osservatore a Clay.-concluse Willow stiracchiandosi.

Dawn li accompagnò tutti alla porta e poi andò a dormire con Connor. Nessuno dei due si accorse che nella sua camera, Clay fissava il soffitto sveglia. La testa era piena di pensieri confusi, riusciva solo a distinguere la parola cacciatrice che si faceva spazio tra tutte.

Ma l’unica cosa che pensava con più insistenza era che per la prima volta era speciale. Non lo era mai stata, ma sapeva che non doveva abusarne.

Era speciale, era vero. Ma ancora conosceva poco quel potere, doveva scoprirlo piano piano, imparare a conoscerlo e ad usarlo correttamente. Beh era pronta per imparare.

Lei era divenuta speciale.

 

 

 

Parte 5 – Una parte della storia

Nei successivi giorni, Clay non poté cominciare l’allenamento perché le mancava un osservatore ma Willow le prestò diversi libri per poter studiare un po’ di storia delle cacciatrici e dei demoni.

A Clay non piaceva molto leggere ma la curiosità fu comunque forte così li divorò apprendendo che la prima cacciatrice risaliva all’età primitiva e che da allora ogni generazione aveva avuto una prescelta fino al 2003 quando Buffy Summers aveva cambiato la storia diffondendo il potere della cacciatrice a tutte le ragazze del mondo. Da quel momento non era più esistita una sola cacciatrice ma bensì ce ne erano migliaia in ogni parte del globo.

Quel nome le rimase impresso per un po’ nella testa ma non le diede alcun input. Fu solo un nome letto su un libro senza alcuna importanza. Difatti poche ore dopo averlo letto lo dimenticò insieme a tutti gli altri nomi mantenendo solo le nozioni.

Studiò le varie tipologie di demoni, partendo dai comuni vampiri fino a demoni più forti e grossi. Studiava di buona lena stando attenta a non trascurare il lavoro. Lei era lì per occuparsi di Madlen e non voleva che Dawn la riprendesse perché magari si era distratta. Oltretutto era già ottobre e Dawn sarebbe tornata a lavoro dopo Natale. Dopo le feste lei si sarebbe occupata anche di Duncan senza contare che a quel punto avrebbe già cominciato a cacciare sul serio, almeno pensava.

Un pomeriggio che Connor era uscito con i bambini lei raggiunse Dawn in giardino trovandola che potava delle piantine.

-Vuoi una mano?-le chiese timidamente con le mani affondate nelle tasche.

-Ho già finito, ma grazie lo stesso.-le sorrise comprensiva.

-Tu come l’hai presa questa storia del sopranaturale?-le chiese sedendole accanto.

-In molti modi diversi. Ero una ragazzina quando ne sono venuta a conoscenza, mia sorella era una cacciatrice, una delle migliori. Pare che non ce ne siano state altre come lei.-fece una pausa.-Dal principio la cosa non mi interessava più di tanto, morti, sangue e cose del genere non mi riguardavano. Finché non ho scoperto la verità su di me.-

-Cosa intendi?-si incuriosì.

-Io sono stata creata.-la vide aggrottare la fronte perplessa.-Vedi, io origine io ero un potentissimo elemento magico fatto solo di pura energia verde, la Chiave. Poi i monaci che mi custodivano, per proteggermi perché chi mi dava la caccia minacciava una grande apocalisse, mi hanno dato forma umana e mandata con falsi ricordi alla mia famiglia, come ti ho detto mia sorella era una cacciatrice e lei avrebbe saputo difendermi. Quando l’ho saputo sono andata giù di testa, mi hanno sospeso da scuola, mi sono tagliata con un coltello per vedere se il mio era sangue vero. Ho proprio fatto delle pazzie, finché ho capito che creata o meno io ero umana e appartenevo alla famiglia a cui ero stata affidata, loro mi volevano bene indipendentemente da chi io fossi in realtà.-raccontò.

-Ne ho scoperto un’altra. Willow è una strega da quasi venti anni, Faith è cacciatrice da quasi altrettanto del tempo e Kennedy da quindici anni, Robin era figlio di una cacciatrice newyorkese, Andrew evocava demoni, l’occhio di Xander è stato cavato da una forza maligna ultra potente e adesso tu in realtà eri pura energia magica. La mia vita sta prendendo una piega inaspettata.-fece ridere la sua amica.

-Beh ti manca una persona ancora.-le fece notare.

-Oh no, non mi dire che anche Connor ha qualcosa di strano.-la pregò.

-Lui è in figlio del miracolo, è nato da due vampiri. In realtà è nato nel 2001.-ci pensò bene.

-Frena, se è nato nel 2001 dovrebbe avere sedici anni. Perché invece ne ha trentuno?-si stupì.

-Quando era molto piccolo fu rapito da un cacciatore di demoni che ce l’aveva col padre e portato in un’altra dimensione dove il tempo scorre più fretta. Pochi mesi, terrestri, quando tornò era un adolescente e da allora è cresciuto in base all’età con cui è tornato. Pensa che sua madre per darlo alla luce si è dovuta uccidere.-fece una pausa.-In questa combriccola abbiamo tutti qualcosa di strano.-sorrise.

-Puoi dirlo forte.-assentì.

-Qual è la tua storia, Clay?-le chiese seria.

La ragazza non rispose subito. Guardò la piantina appena piantata per diversi secondi. Era di un verde acceso, segno che era giovane e forte e che sarebbe cresciuta bene. Anche lei era giovane e forte ma era cresciuta bene solo fisicamente, la sua anima portava cicatrici brutte e profonde che una ragazza come lei non avrebbe dovuto avere.

-Molte cose non le ricordo, i vari assistenti che mi hanno visto dicevano che le volevo rimuovere.-esordì.-Ho visto ben dieci case diverse, dormito in dieci letti, conosciuto dieci famiglie diverse. E ogni volta, quando il periodo di affidamento passava senza che si giungeva all’adozione io tornavo agli assistenti sociali mentre la mia vita andava avanti in modo troppo vorticoso per una bambina. Una volta cresciuta troppo nessuno ha più fatto richiesta per me così appena ho concluso il liceo e divenuta maggiorenne ho preso le poche cose che avevo, i soldi che avevo guadagnato e ho lasciato Los Angeles.-sospirò.-L’unica cosa fissa della mia vita è un nome assurdo che non rivelo mai a nessuno ed un anello strano mai visto in giro. Cose senza senso che non mi hanno mai aiutato.-

-Mi dispiace.-mormorò anche se la storia raccontata era molto superficiale e priva di approfondimenti che potevano dirle di più su quella ragazza.

-Io sono una ragazza molto riservata. Non ho mai avuto amici, non ho mai avuto un ragazzo, pensa che conosco solo un numero di telefono. E adesso sono una cacciatrice di vampiri. Se devo essere sincera questa cosa non mi aiuta affatto, mi sento ancora più strana. Ho vissuto una vita particolare che sta diventando assurda.-ammise.

-Dove sono i tuoi genitori? Hai fratelli? Sorelle?-si informò.

-Se ci sono a loro non importava di me.-e con quest’ultima frase che lasciò Dawn ancora più perplessa si alzò e si chiuse nella sua stanza.

Una volta lì si sedette sul letto. Non raccontava mai cose di sé, quella era la prima volta. Certo sapeva di non aver detto molto, si era mantenuta sul vago, ma quelle confidenze che aveva fatto erano già tanto.

Lei non possedeva un album di foto, a parte qualche fotografia che le avevano fatto, non possedeva un cellulare…non aveva niente che la accomunasse alle altre ragazze. Lei era Clay, un’anonima ragazza adesso resa ancora più particolare dal fatto che era la cacciatrice.

E anche questo tassello si aggiungeva alla trama della sua storia assurda. Era sempre più d’accordo nel pensare che avrebbe davvero fatto meglio a non nascere mai.

Poco dopo sentì suonare il telefono. Non rispose perché sapeva che l’avrebbe fatto Dawn. Pochi secondi dopo, però, la donna la chiamò dal salotto e lei scese per vedere cosa voleva.

-Ti vogliono al telefono.-le disse porgendole il cordless.

Lo guardò stupita. Lei non conosceva nessuno, quindi nessuno poteva volerla al telefono.

-Non può essere.-disse aggrottando la fronte perplessa.

-Invece si.-insistette mettendole l’apparecchio in mano.

-Pronto?-rispose timidamente.

-Clay StJules?-le chiese una voce maschile profonda dall’altro capo. Il suo interlocutore doveva avere almeno cinquanta anni, forse di più. Ma il suo timbro era anche molto paterno, dolce e gentile. Il timore le passò subito.

-Si, sono io.-assentì.

-Io sono Rupert Giles, nuovo fondatore del Consiglio degli osservatori. Ti sto chiamando da Londra, sono in procinto di partire per raggiungere Sunnydale. A quanto mi hanno riferito tu sei una nuova cacciatrice.-le spiegò.

-A quanto pare.-

-Bene, io sono il tuo primo osservatore. Mi occuperò personalmente di te e della tua formazione perché, non so se te l’hanno detto, tu ti sei attivata sull’unica bocca dell’inferno esistente al mondo e questo comporta molti rischi.-le disse serio.

-Si, me ne hanno accennato qualcosa.-si sentiva un po’ confusa.

-Bene, sarò in California questa sera stessa se tutto va bene e ci vedremo domani mattina alle nove in punto nel negozio di magia di Willow. So che ti occupi dei bambini di Dawn ma per quell’ora dovresti già aver mandato Madlen all’asilo e sbrigato le tue faccende.-

-Oh si signore, sarò puntualissima.-promise.

-Perfetto, a domani allora. Posso parlare di nuovo con Dawn per favore?-le chiese e lei si affrettò a passare subito la cornetta alla sua amica.

-Vuole di nuovo te.-gliela consegnò in fretta e furia e poi corse di sopra nella sua camera.

Stava succedendo troppo in fretta, la sua vita aveva ripreso di nuovo a vorticare come era già successo tra i suoi due e sedici anni. Si sedette per terra ai piedi del letto e si chiuse a riccio portando le ginocchia al petto.

Nella sua vita aveva conosciuto solo assistenti sociali, aule del tribunale dei minori e ben dieci diverse famiglie da cui era sempre stata tolta. Non aveva mai fatto in tempo ad affezionarsi, a sperare che subito il periodo di affidamento era finito e non si era giunti all’adozione.

Era stato un lungo periodo pieno di eventi non adatti a nessun bambino che l’avevano profondamente segnata.

Chi era lei, si chiedeva a volte. Chi era veramente Clay Mary StJules? Sapeva bene da dove venivano il suo secondo nome ed il cognome, non sapeva niente del suo primo nome a cui aveva dato quel diminutivo.

Tirò fuori la catenina dal collo rigirandosi tra le dita quel piccolo anello strano appartenuto a sua madre, come faceva sempre quando pensava alla sua giovane vita. Troppo già vissuta a diciannove anni, quando avrebbe solo dovuto vivere senza pensieri.

-Vorrei solo essere una ragazza normale.-mormorò con le lacrime agli occhi.

Ma non lo era, non era mai stata. Adesso era divenuta speciale, aveva dei super poteri ma quelli non avrebbero dato frutto all’unica ricerca che avrebbe voluto fare ma che non ne aveva mai avuto il coraggio rassegnandosi all’evidenza di essere sola.

Clay pianse in pena per la sua vita ancora compromessa e per il suo passato che avrebbe voluto dimenticare oppure cancellare per farne uno nuovo e migliore. Anche se da sola, sapeva, non ci sarebbe mai riuscita. Ma l’unica persona che avrebbe potuto aiutarla in questo non c’era mai stata.

 

 

 

Parte 6 – Ricordi d’infanzia

Dopo aver pianto silenziosamente per diversi minuti, Clay si stese sul letto. Si sentiva stranamente stanca ed emotivamente fragile.

Dawn non venne a disturbarla perché aveva visto come era scappata su dopo la breve conversazione con Giles, così lei cadde subito in un sonno profondo. Ma per tutto il tempo sognò ripetutamente di una voce a lei sconosciuta che la chiamava. Con il suo vero nome.

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15 marzo 2006

-Bambini, prima che suona la campana prendete i quaderni e segnate il titolo per il tema della settimana prossima!-

La giovane maestra attirò l’attenzione dei suoi alunni che tirarono fuori l’occorrente e si prepararono a scrivere.

-Ricordate che i temi dovranno essere consegnati martedì e letti di fronte a tutta la classe.-si sedette alla cattedra e cominciò a dettare.-Titolo: i miei genitori, chi sono e come sono la mia mamma ed il mio papà.-

In fondo alla classe una bambina bionda con gli occhi verdi impallidì di fronte a quel titolo e cominciò a tremare. Scrisse comunque il titolo ma sudava fredda.

-Maestra, Clay sta male!-esclamò una bambina accanto a lei attirando l’attenzione di tutti.

L’insegnante si alzò di scatto avvicinandosi alla bambina tremante e prossima alle lacrime.

-Clay, cara, stai bene?-le chiese premurosa inginocchiandosi e prendendola per le spalle.

La bambina annuì senza fiatare e si ricompose. Odiava attirare l’attenzione su di sé, preferiva apparire serena e normale.

Ma il martedì successivo la consegna dei temi fu una vera tortura. Lei, dato che procedevano in ordine alfabetico, era una delle ultime. A peggiorare le cose c’era il fatto che erano stati invitati tutti i genitori e i temi venivano letti davanti a loro.

-Adesso è il momento di leggere il tema di Clay StJules.-annunciò la maestra e tutti fecero un applauso, anche se molti genitori si chiedevano chi fosse e perché non conoscevano i suoi genitori.

La bambina si pose al centro, davanti la cattedra e guardò tutte quelle persone che la fissavano in attesa. Aveva solo otto anni ma avrebbe voluto sprofondare. Poi cominciò a leggere.

-Vorrei tanto poterli descrivere, la mia mamma e il mio papà.-esordì.-Purtroppo posso solo immaginarli. Lei ha i capelli biondi? Io non lo so. Lui ha gli occhi verdi come i miei? Spero di si così magari saprò da chi li ho presi. Ne ho conosciuti di mamma e papà, sono già stata in tre famiglie e tutte e tre ho dovuto lasciarle quindi non perderò tempo a parlare di loro. Quelli veri li idealizzo solamente perché non li ho mai visti. Fine.-lesse facendoli ammutolire tutti.

La maestra, sconvolta, si schiarì la voce e andò dalla bambina mandandola al suo posto e passando al prossimo alunno.

Nei successivi giorni, la bambina notò gli sguardi diversi dei suoi compagni. Lei era troppo piccola per capire la compassione e la pietà ma notava la differenza e la odiava. E per quella diversità cominciò a chiudersi sempre più in sé stessa.

 

22 ottobre 2010

La giovane donna quasi correva trafelata per il corridoio deserto, il rumore dei suoi tacchi echeggiava per l’istituto. Il suo volto era una maschera di preoccupazione e quando arrivò davanti la porta neanche bussò aprendola direttamente.

Un uomo era seduto dietro la scrivania e davanti a lui, seduti su due sedie, c’erano un bambino con le braccia incrociate ed un broncio ripiccoso ed una bambina con un taglio in fronte ed una fasciatura ad una mano.

-Clay!-esclamò la donna inginocchiandosi accanto la bambina.

-Signora, sono il preside della scuola.-l’uomo si alzò porgendole la mano che strinse distrattamente.-Lei chi è?-le chiese.

-Sarah Bass, dipartimento minorile di Los Angeles.-gli mostrò rapidamente il cartellino.

-Noi non abbiamo chiamato il dipartimento ma solo i genitori.-precisò perplesso.

-Clay è sotto tutela del dipartimento, io sono la sua assistente sociale. Cos’è successo? Perché la bambina è ferita?-chiese arrabbiata alzandosi.

-Stiamo aspettando i genitori del bambino per spiegare la situazione.-tentò di calmarla il preside.

Dopo pochi minuti una coppia entrò nello studio e furono effettuate le presentazione. Poi il preside li invitò ad accomodarsi e cominciò a spiegare cos’era successo.

-Clay è una ragazzina molto intelligente, i suoi voti sono i migliori di tutta la scuola, ma parecchio riservata. Non ha un solo amico in tutto l’istituto, mentre Mark…-e fulminò il ragazzino con lo sguardo.-…è qui da me quasi tutti i giorni e non ha alcuna voglia di studiare!-lo riprese.

Il padre del ragazzino gli intimò che a casa avrebbero fatto i conti.

-È successo che durante l’ora di pranzo, Clay stava tranquillamente mangiando in cortile ripassando i compiti. Mark si è avvicinato e prima le ha gentilmente cercato di sottrarle via i compiti poi l’ha aggredita urlando, tirandola e facendola finire a terra. Tutti gli studenti hanno visto la scena e hanno tutti dato la stessa descrizione dei fatti.-prese un foglio e inforcò gli occhiali per leggerlo.-Mark ha cercato di sottrarre i quaderni a Clay, poi ci ha provato con la forza. Quando non c’è riuscito le ha prima dato uno schiaffo, successivamente l’ha tirata per un braccio tirandoglielo dietro la schiena e l’ha sbattuta violentemente a terra.-lesse.

-Mark ma come ti sei permesso?!-lo riprese livida la madre e il bambino girò la testa come se non gliene importasse niente.

-Vi ho convocati per decidere con voi che tipo di punizione intraprendere.-precisò il preside.-Quello che ha Mark ha fatto è grave, in genere l’aggressione ad un altro studente viene punita con almeno una settimana di sospensione.-

-Si ma a Clay cosa tocca?-si intromise Sarah.-Ha già i suoi problemi, è stata in quattro famiglie diverse, è sola e sotto la custodia dei servizi sociali. È già abbastanza estraniata.-

-Lo sanno tutti che è nessuno! È sola come un cane per questo nessuno vuole stringere amicizia con lei!-esclamò rabbioso Mark ricevendo un sonoro ceffone dal padre.

Clay mantenne lo sguardo fisso sulle sue gambe. Il suo volto era impassibile, non pianse nemmeno, ormai c’era abituata. Non reagì neanche quando Sarah le mise una mano su una spalla per confortarla da quelle parole cattive.

-Signor preside io e mia moglie abbiamo deciso seduta stante di ritirare Mark da scuola.-annunciò il padre del ragazzo facendo urlare al figlio di no.

-Mark è un ragazzo difficile e anche a casa abbiamo problemi con lui.-continuò la madre.-Quindi avevamo già deciso di mandarlo in un istituto privato di recupero per ragazzi difficili. Mark partirà la settimana prossima.-

-In quanto a Clay, non le porgiamo le nostre più umili scuse anche a nome di Mark. Oltretutto siamo disposti ad aiutarla a trovare una famiglia, se gli assistenti sociali voglio.-propose.

-Beh se c’è qualche famiglia disposti ad adottare una ragazzina di dodici anni passate nel mio ufficio, nel dipartimento minorile, e ne discutiamo.-concordò Sarah.

-Bene, vi ringrazio per essere venuti.-il preside di alzò e li accompagnò alla porta.

Nel parcheggio, prima di salire in macchina, Clay fermò Sarah.

-Sarah?-la chiamò fermandola per un braccio.

-Dimmi Clay.-le sorrise dolcemente.

-Io sono stanca.-mormorò con gli occhi velati di lacrime che comunque non fece sgorgare.

-Cosa intendi?-si preoccupò prendendola per le spalle.

-Sono stanca delle famiglie momentanee, sono stanca di essere sola. Perché tutto questo è capitato a me? Perché loro non mi hanno voluta?-erano domande da bambini a cui Sarah, però, non sapeva rispondere. Ma a cui non sapeva neanche mentire, Clay era così intelligente che aveva capito la verità da un pezzo, ormai.

-Io non le so queste cose. Tu non devi disperare, prima o poi ci sarà qualcuno che ti vorrà. Nessuno è solo.-tentò di consolarla.-Prima o poi qualcuno ti amerà davvero e ne sarà felice.-

-Io non ci credo ai sogni, perché quando svaniscono rimane solo un gran senso di vuoto.-dichiarò lasciando Sarah spiazzata per la maturità di quelle parole.

Clay aveva solo dodici anni, ma un’anima più grande.

 

03 giugno 2016

La campana suonò interrompendo le parole dell’insegnante mentre i ragazzi, chi con fretta chi con calma, raccoglievano le loro cose e si accingevano ad andare via.

-E ricordate che per domani c’è il ripasso dell’ultimo capitolo!-urlò l’insegnante.-Clay, puoi trattenerti un minuto?-chiese alla ragazza che lentamente si preparava ad andare.

Non appena l’aula fu vuota, si avvicinò alla cattedra chiedendosi cosa era potuto succedere.

-Clay abbiamo saputo che non hai fatto alcuna domanda per il college.-esordì.

-Beh vede, signora Collins, gli studi fino alla maggiore età mi devono essere concessi dai servizi sociali a cui sono ancora affidata. Una volta divenuta maggiorenne al resto della mia vita devo pensare io e non ho i soldi per poter andar al college.-spiegò.

-Ma sei la migliore studentessa di questa scuola. Se tu avessi fatto domanda per le borse di studio penso che ne avresti presa più di una.-le disse dispiaciuta dalla sua decisione.

-Lo so ma dovrei sempre mantenere una certa media di voti, comportarmi bene e attingermi ad un sacco di regole.-protestò debolmente.

-Clay, tu sei la ragazza più umile e buona che possa esistere. Dimmi realmente perché non vuoi andare al college. Ti costruiresti un futuro più bello.-tentò di convincerla.

-Preferisco cominciare a lavorare e mettere i soldi da parte, per lo studio c’è sempre tempo. Magari tra qualche anno farò domanda. Al momento non me la sento, ho altro a cui pensare.-chiuse il discorso.

-Come vuoi.-fece rassegnata.-Ricordati però che un giorno te ne pentirai.-le sorrise affettuosamente.

-Penso di si, ma ho una vita già rovinata a cui pensare.-e detto questo lasciò l’aula.

Nel corridoio tutti i suoi compagni erano in fermento perché quella sera ci sarebbe stato il ballo di fine anno. Ridevano, ciarlavano, si chiedevano informazioni per i rispettivi abiti e su chi le avrebbe accompagnate. Lei non aveva neanche preso il biglietto.

Quella sera se ne sarebbe stata davanti alla tv a ripassare per l’interrogazione di ripasso del giorno dopo. Quella sera sarebbe stata sola come tutte le altre.

Un paio di settimane dopo ci fu la cerimonia della consegna dei diplomi. Alla fine lei fu l’unica che rimase con un palmo di mano sola in mezzo al giardino. Tutti gli altri maturandi erano attorniati dalle famiglie che si congratulavano, lei aveva solo un pezzo di carta tra le mani di cui non poteva condividere le gioie con nessuno.

Ma d’altronde, lei non aveva mai avuto gioie. Quasi non ne conosceva il significato della parola gioia. Anche se la bramava da sempre.

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Clay era abituata alle maschere. Nella sua giovane esistenza ne aveva già portate tante per nascondere il profondo senso di vuoto che provava e che non era mai riuscita a colmare.

Così il giorno dopo si alzò al primo trillo della sveglia, si pulì, sistemò Madlen, la portò all’asilo e quando tornò a casa sbrigò velocemente le sue faccende. Varcò la soglia del Magic Box alle nove in punto trovando una Willow entusiasta che non la smetteva di parlare con un uomo di circa sessanta anni dall’aria distinta vestito di tweed e seduto al tavolo, mentre Andrew sistemava della mercanzia su uno scaffale.

Alla sua entrata si voltarono verso di lei. Non notò lo sguardo di stupore che c’era negli occhi dell’uomo. Con passo sicuro si avvicinò al tavolo dove i due si alzarono.

-Clay StJules immagino.-ipotizzò l’uomo con un sorriso.

-Esatto.-confermò annuendo.

-Rupert Giles.-le tese la mano che la ragazza strinse.-Devo dire che sei proprio come ti avevano descritto. Pronta per l’allenamento?-le chiese ritirando la mano.

-Ho fatto una buona colazione così ho energie da vendere!-esclamò allegra facendo ridere gli altri.

-Allora da questa parte.-le indicò il retro e fece per seguirla mentre si avviava in quella direzione. Solo che Willow lo tirò per una manica.

-Io la conosco Giles. Anche lei l’ha notato, vero?-gli chiese ben sapendo che l’uomo sapeva a cosa si riferiva.

-Si, le somiglia molto. Ma io la vedo in molte ragazze giovani come Clay e di conseguenza non ci faccio più caso.-rispose.

-Si ma…anche Faith pensa che Clay sia speciale. Come lei.-insistette.

-Lo penso anch’io. Sento molta forza in Clay. Ma nessuna sarà come lei.-dichiarò con un sospiro.

-Lo so. La raggiunga adesso.-lo lasciò in modo che Giles andasse da Clay che si era cambiata indossando pantaloni da tuta ed una canotta di cotone. Si era legata di capelli in una coda di cavallo e attendeva pazientemente l’inizio.

-Prima di partire con l’allenamento fisico faremo degli esercizi di concentrazione. Vorresti sederti qui al centro della stanza?-le indicò il punto e la ragazza obbedì.-Bene, ora chiudi gli occhi e concentrati bene, pensa a…-

Giles continuò a parlare, la sua voce sortiva quasi un effetto ipnotico su Clay che si ritrovò a non pensare più a niente. La sua mente si era svuotata da tutto, persino da quei ricordi che voleva dimenticare. E ad un piccolo pensiero costante.

Lei non sarebbe più stata una ragazza normale. Era speciale, ma non più normale.

 

 

 

Parte 7 – Sorella perduta

Giles allenò Clay per un paio di settimane prima di portarla a fare la sua prima ronda. Che andò benissimo, Clay si fece proprio valere.

Nel suo modo di combattere, di ironizzare con l’avversario, Giles rivedeva un’altra cacciatrice. Ma scacciava sempre quel pensiero molesto. Clay si dimostrò essere un’ottima cacciatrice e anche parecchio forte, la bocca dell’inferno era tenuta sotto costante controllo da ben tre cacciatrici, una strega, un osservatore e tutto il resto della gang.

Clay non trascurava il suo lavoro, anzi Dawn e Connor si stupivano di come riuscisse a tornare la notte ad orari assurdi dopo una ronda stancante, alzarsi al mattino alle sette per occuparsi di Madlen, fare le faccende aiutando Dawn, andare al Magic Box per l’allenamento, prendere Madlen all’asilo, cenare, cacciare e poi ricominciare da capo.

Un pomeriggio che Giles la lasciò in pace per farle andare a fare un po’ di spese lei tornò a casa con qualche busta che subito portò di sopra per sistemare nel suo armadio semi vuoto.

Gettò tutto sul letto e poi aprì le ante, voleva decidere bene come sistemare le cose. Fece spazio ma un piccolo luccichio attirò la sua attenzione in un angolo dell’armadio. Incuriosita si chinò a raccogliere l’oggetto. Era una catenina d’oro bianco con un grosso ciondolo a forma di croce. Era davvero semplice ma bella.

Senza pensarci si mise davanti allo specchio e la provò. Si sentiva strana con quell’oggetto al collo, emanava qualcosa che non riusciva a distinguere. La toccò con la punta delle dita sentendosi invadere da una strana sensazione.

-Clay, potresti…-

Nel medesimo istante entrò Dawn con la cesta dei panni sporchi in mano, ma si bloccò subito quando le vide la collana al collo. La cesta le cadde a terra mentre una fitta di dolore le attraversava il viso.

-L’ho trovata in fondo all’armadio.-si affrettò ad informarla.-Non so perché l’ho provata, è carina.-

-Toglitela.-le ingiunse.

-Certo.-subito la tirò via dal collo e la porse a Dawn che gliela strappò di mano.

-Dove hai detto che era?-le chiese nervosa.

-In fondo all’armadio.-le indicò il punto che Dawn ispezionò minuziosamente alla ricerca di qualcos’altro che Clay non capiva.-Dawn, mi dispiace, io…non ci ho pensato.-tentò di scusarsi mentre la sua amica finiva la ricerca senza trovare nulla ed alzava la testa dall’armadio.

-La prossima volta che trovi qualcosa che non è tuo portalo subito da me!-le disse dura e poi lasciò la stanza in fretta chiudendosi nella sua, sbattendo persino la porta. Gesto che fece sobbalzare Clay stupita per quel cambiamento di umore.

Dawn era sempre gentile e adorabile e non l’aveva mai ripresa in quel modo. Quella mezza sfuriata l’aveva lasciata perplessa. Cercando di rimediare alla cosa andò nella sua stanza e si accinse a bussare ma un singhiozzo soffocato che giunse da dentro la camera la fece fermare con il pugno a mezz’aria. Si chiese perché adesso Dawn piangesse.

Decisa comunque a scusarsi con lei, bussò piano e poi entrò timidamente. Dawn era gettata sul letto, stringeva forte le mani sul copriletto e in una teneva ancora la catenina trovata. Delicatamente le sedette accanto.

-Dawn?-la chiamò dolcemente accarezzandole i lunghi capelli sparsi.-Mi dispiace, sento che è colpa mia.-fece contrita.

-Non è colpa tua.-mormorò tirandosi a sedere e asciugandosi la lacrime con i palmi delle mani.

-Io mi sento come se fosse così.-insistette.-La collana stava in un angolo dell’armadio, io l’ho raccolta e per istinto l’ho provata. Forse mi ha colpito perché il ciondolo è una croce. Da quando ho saputo di essere una cacciatrice e imparato come si scacciano i vampiri mi sono fissata con le croci, oggi ne ho comprato due ciondoli.-la informò facendola ridere tra le lacrime.

-Non è per te, stai tranquilla, che ho reagito male. La collana apparteneva a mia sorella.-la informò.

-Scusa, non lo sapevo.-si giustificò tenendo la testa bassa.Tua sorella era una cacciatrice, giusto?-

-Si, lei era Buffy Summers. Credo che studiando tu abbia letto di lei.-suppose.

-Uhm…-ci pensò bene ricordando le nozioni che aveva letto.-Oh la cacciatrice che nel 2003 ha attivato il potere delle cacciatrici a tutte le ragazze smettendo di essere l’unica!-esclamò.

-Esattamente.-confermò.

-Accidenti, avevi una sorella non da poco!-la fece ridere.

-Già, Buffy era la migliore, in tutto. Lei era una cacciatrice fantastica e una sorella vicina e comprensiva. Lei ha mollato gli studi e si è messa a fare ogni sorta di lavoro pur di tenermi con sé quando nostra madre è morta.-fissò il ciondolo immersa nei ricordi.-Buffy era ironica, spiritosa, allegra e vitale. Era una ragazza bellissima, a volte invidiavo i suoi capelli biondi morbidi e lucenti e i suoi occhi verdi come smeraldi che esprimevano tutto il suo carisma. Era atletica e mi ha insegnato a cacciare. Era un disastro a cucinare e a scuola aveva spesso i voti bassi per non parlare del fatto che l’hanno espulsa due volte. La prima perché ha dato fuoco alla palestra della scuola e la seconda volta perché hanno ucciso una sua amica nella biblioteca e l’hanno ritenuta responsabile. Poi, però, l’hanno riammessa.-le raccontò sorridendo.

-Dov’è adesso Buffy?-le chiese genuinamente.

Dawn fissò il copriletto mentre gli occhi le si riempivano di lacrime…e ricordi.

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11 agosto 2010, ore 20:48

-Perché non posso venire?!-esclamò insistente seguendo la sorella nella sua camera intenta a prepararsi.

-Dawn te l’ho già detto!-sospirò esasperata legandosi i capelli in una coda di cavallo.-Questa lotta è diversa dalle altre, è pericolosa e non voglio metterti in pericolo.-

-Avverrà un’ascensione dove un enorme serpentone cercherà di mangiarci?-chiese incrociando le braccia al petto.

-No.-infilò un pugnale dentro un borsone.

-Un dio infernale vuole usare il mio sangue per infilarmi in una serratura e mischiare tutte le dimensioni?-continuò.

-No.-prese un grosso quantitativo di frecce.

-Il Primo vuole aprire la bocca dell’inferno e ci sono un sacco di ubervamp ad attenderci?-

-No.-rispose ancora.

-E allora perché devo restare a casa?-insistette.

-Dawn questo demone oltre ad essere alto il doppio di me e grosso il triplo, è molto forte fisicamente e riesce a nutrirsi delle emozioni umane. Se tu fossi lì io sarei in pensiero per te e lui si nutrirebbe della mia preoccupazione. Potrebbe indebolirmi molto e raggiungere il suo scopo che è quello di radere al suolo Sunnydale.-le spiegò prendendola per le spalle.

-Buffy io sono grande ormai, so badare a me stessa.-tentò di convincerla.

-Lo so.-sorrise accarezzandole i capelli.-Sei diventata una bellissima donna di ventitre anni appena laureata in scienze della comunicazione che ha appena cominciato a lavorare con un bellissimo e dolcissimo fidanzato che tra qualche anno vuole sposarla. Tu hai avuto ciò che non ho avuto io e voglio che riesci a mantenerlo.-le disse seriamente.

-Vuoi davvero che resti a casa?-fece altrettanto seriamente.

-Si.-annuì.

-Va bene, allora starò qui.-si arrese abbassando le spalle.

-Grazie Dawn, ti voglio bene.-la abbracciò forte.

-Anch’io ti voglio bene sorellina.-la strinse a sua volta. Si sentiva strana, come se quella fosse stato l’ultimo sorriso di sua sorella.-Chiamami appena si è risolto tutto.-la lasciò.

-Promesso.-sorrise.-Vedrai che lo stenderò dopo un’ora di botte.-la fece ridere.-Adesso devo andare, Giles e gli altri mi aspettano al negozio di magia. Da lì ci diamo direttamente alle ricerche sperando di fare in fretta.-prese la borsa e si avviò al piano di sotto.

-Io potrei essere utile nelle ricerche.-proclamò Dawn seguendola.

-Dawn!-la riprese sulla porta.-Tornerò presto.-le diede un bacio in fronte e uscì.

Dawn rimase a vederla andare via. Le sembrava un condottiero che entrava nell’arena dei leoni senza sapere cosa le avrebbe riserbato il destino. Non era una bella sensazione.

Chiuse la porta e con un sospiro vi si appoggiò contro. Quella sera sarebbe trascorsa molto lentamente, lo sapeva. Connor non poteva venire perché aveva del lavoro da sbrigare con Angel e quindi lei era assolutamente sola.

Girò per casa nervosa e annoiata per diverso tempo. Cercò di leggere ma chiuse il libro dopo dieci minuti senza averne letto un solo paragrafo. Accese la televisione ma dopo mezzora di zapping la spense con un gesto secco. Accese la radio ma non c’erano canzoni che le piacessero e la spense. Si preparò la cena ma ne assaggiò solo un boccone e poi la mise in frigo, non aveva fame.

Salì di sopra, fece un bagno caldo pieno di schiuma ma non riusciva a rilassarsi, quella sensazione persisteva e iniziava a diventare molesta. Guardò l’ora, erano già le dieci e ancora non aveva notizie di Buffy. Ma sapeva che le lotte di sua sorella cominciavano tardi.

Il suono del telefono la fece sobbalzare violentemente nell’acqua. Un sorriso le affiorò sulle labbra, era Buffy che di sicuro aveva già finito e glielo voleva dire. Afferrò il cordless.

-Buffy!-esclamò.

-Sono Connor.-le risposero invece facendole svanire il sorriso. Non che non fosse contenta di sentire il suo ragazzo ma la preoccupazione per sua sorella era tanta.

-Ciao.-lo salutò svogliatamente.

-Non sembri contenta di sentirmi. Aspetti notizie da Buffy?-dedusse.

-È andata a cacciare un demone e non mi ha voluta con sé, ma ha detto che mi chiamava appena finito. Sto aspettando.-lo informò.

-Vedrai che se la caverà, tua sorella è dura come il marmo.-tentò di rincuorarla.

-Lo so, ne ha passate tante.-sospirò.-Quando vieni?-gli chiese.

-Domattina sono libero, se vuoi andiamo al mare.-le propose.

-Va bene, ho un costume nuovo che ho comprato giusto ieri.-assentì.-Com’è andata con Angel?-

-Bene, abbiamo scovato solo una banda di vampiri. Spike e Fred, ovviamente trasformata in Illirya, sono tornati a casa un po’ delusi. Avrebbe voluto menar di più le mani.-le raccontò facendola ridere.

-Ho capito. Domani sera se vuoi ceniamo da te.-ipotizzò.

-Va bene, allora dovrò dare una sistemata a casa. Ti metterai qualcosa di sexy?-si informò.

-Probabile.-lo lasciò nel dubbio.

-Allora mi aspetterò una sorpresa. A domani, ti amo.-sorrise.

-Anch’io ti amo.-e chiusero.

Uscì dalla vasca, si cosparse la pelle di olio idratante e poi si asciugò minuziosamente. Andò in camera a vestirsi optando per un paio di pantaloni da tuta e una comoda felpa. L’aver sentito Connor l’aveva rilassata un po’ ma era ancora in pensiero.

Senza che neanche se ne accorgesse si mise alla finestra del salotto a guardare il viale sperando di vedere arrivare da un momento all’altro sua sorella con la gang. Il cordless accanto a lei. Non si accorse neanche del passare delle ore.

Poi verso le tre un lampo squarciò il cielo facendola sobbalzare violentemente e sbiancare in viso. Era un lampo che presagiva sventura…e morte.

-Buffy.-mormorò.

Corse a prendere una giacca e afferrate le chiavi uscì di corsa lasciando accese persino le luci. Non sapeva dove si sarebbe svolta la lotta di sua sorella così andò al negozio. Era chiuso e la porta era sbarrata ma sapeva che sul retro, anche se chiuso, Giles teneva una chiave nascosta.

Entrò da lì e accese le luci, sul tavolo c’erano libri aperti e appunti. Li scorse tutti velocemente cercando un’indicazione sul luogo della battaglia. Poi in degli appunti scritti da Willow trovò delle coordinate e su una cartina le vide congiunte. Indicavano al margine del bosco una vecchia chiesa sconsacrata. Velocemente si diresse lì.

Era a piedi e non sapeva quanto era lontano il posto, anche se di corsa ci mise quasi due ore a raggiungerlo. Nessun altro lampo si era visto in cielo ma la paura era rimasta.

Quando arrivò alla vecchia chiesa era tutto immobile e silenzioso. Dentro regnava un’aria di degrado e isolamento, non c’era traccia di Buffy, della gang o del demone. Iniziava quasi a temere di aver sbagliato posto, quando poi sentì dei rumori provenire da un punto lontano. Si diresse lì e scoprì che la lotta si stava svolgendo nello spiazzo erboso che c’era sul retro.

Giles, Robin e Andrew si erano rintanati sotto l’unico albero del prato, una quercia, perché feriti e incapaci di proseguire la lotta insieme a Kennedy che aveva un braccio rotto che le pendeva inerte. Perdeva sangue e le si vedeva pure l’osso. Tenevano coperto Xander che era svenuto ed era ferito ad una gamba.

A combattere erano rimaste Willow e Faith che facevano fronte ad un gruppo di vampiri che dimezzarono in breve, mentre Buffy, sporca, scarmigliata e un po’ ferita, lottava con il demone a suon di calci, pugni e colpi di spada.

Will e Faith si liberarono presto dei vampiri correndo dai loro amici. Cercarono di curare i feriti come meglio poterono anche se non avevano niente. Buffy pareva isolata dal resto del mondo, tutto il suo essere era concentrato sul demone.

Nessuno si era accorto che stava sorgendo il sole. Ne che, grazie all’astuzia del demone che lottando si era girato, le arrivava dritto al volto.

I primi raggi di sole le furono fatali. Dawn fissava la scena impietrita cercando un modo per ritardare il sorgere del sole. I poteri della Chiave erano sempre dentro di lei e spesso li aveva usati un po’ anche se in modo innocente e pulito.

Buffy si ritrovò accecata da sole e dovette portare un braccio al volto scoprendo lo stomaco. Il demone le tolse via la spada e la usò a suo piacere trapassandole lo stomaco. Lei cadde a terra, il demone la sovrastò e alzò la spada per colpirla ancora ma in un ultimo, estremo atto di forza la cacciatrice lo disarmò e afferrata la spada al volo la usò per tagliargli la testa.

Il demone cadde all’indietro e la testa rotolò da una parte, era morto. Mentre la cacciatrice giaceva a terra senza muoversi.

-Buffy!!-urlò Dawn che corse a soccorrerla. Anche i suoi amici si accorsero di quello che era successo e si avvicinarono, anche se lentamente.

-Non ti…avevo detto di st..di stare…a casa?-chiese ironica alla sorella tenendosi la ferita profonda e sanguinante. Era stata passata da parte a parte.

-Ho avuto una brutta sensazione.-le scostò alcune ciocche di capelli sfuggite all’elastico dal volto.

-Non mi lasciare. Mi hai promesso che saresti tornata a casa.-una lacrima le rotolò sul viso.

-Dawn…ti prego…devi…trovare…-balbettò.

-Non parlare, Buffy, adesso ti portiamo in ospedale.-tentò di rassicurarla.

Era l’unica che stava negando l’evidenza, gli altri lo sapevano di già, anche se avevano comunque chiamato l’ambulanza.

-Trova…-continuò la cacciatrice scossa da violenti spasmi.

-Cosa?-si incuriosì la sorella.

-Cla…claddagh…-mormorò.

-Il tuo anello? Quello che ti ha regalato Angel?-si stupì. Come poteva pensare ad un ninnolo perso anni addietro in quel momento?

-Trova…Claddagh…nei miei diari…ti prego…-aveva spasmi sempre più violenti.

-Non capisco.-pianse reggendole la testa.

-…Claddagh…-fu il suo ultimo sussurrò perché poi roteò la testa di lato mentre un rivolo di sangue le usciva dalla bocca e la mano che aveva sulla ferità cadde sull’erba.

-Buffy?-la chiamò.-Buffy!-urlò.-Non lo capisco! NO!-urlò tenendola stretta al petto e macchiandosi del suo sangue, anche se non se ne curò.

Giles, Willow e Xander rivissero un incubo già vissuto ma in quei momenti le lacrime non si esaurivano mai. Faith, Kennedy, Robin ed Andrew rimasero impietriti alla morte della loro amica spargendo nuove lacrime per la cacciatrice migliore di tutti i tempi.

Il sole sorgeva bello e splendente, illuminando di rosa quella mattina segnata di morte e sangue. Il sangue di una guerriera caduta per la terza volta sul campo di battaglia. Buffy aveva sempre avuto sogni, che non era mai riuscita a realizzare. Quella mattina del 10 agosto del 2010 il mondo aveva perso uno dei sorrisi più luminosi, senza più ritrovarlo.

Ma il sole non poteva capire le urla di Dawn, il corpo di un demone decapitato, la cacciatrice morta tra le braccia di sua sorella e i suoi più cari amici che la piangevano ancora. Non si sarebbe potuto fermare mai dal sorgere e tramontare ogni giorno. Era il cerchio della vita.

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-Mi è morta così, tra le braccia.-concluse il racconto Dawn ad una Clay sconvolta.-Per la terza volta, e anche l’ultima.-

-Mi dispiace tanto.-mormorò.-So che è una frase fatta ma io non conosco il tuo dolore, anche se posso provare a capirlo.-

-Va bene lo stesso, grazie.-abbozzò un sorriso.-Willow provò di nuovo a portarla in vita con un incantesimo diverso dove doveva contattare il suo spirito. Ci riuscì ma Buffy le disse che stavolta non sarebbe tornata perché aveva già dato il suo contributo al mondo, aveva lottato, aveva vinto e aveva sofferto molto. Adesso voleva avere un po’ di pace.-

-Forse mi giudicherai male ma se ha davvero avuto una vita molto travagliata, magari se l’è meritata.-tentò.

-Lei l’ha sempre meritata. Così come meritava tutto il bene e le cose belle di questo mondo. L’unica cosa che non ho mai capito è perché fino all’ultimo lei ha pensato a quell’anello.-ricordò perplessa fissando la collana.-Era solo un ninnolo regalatole da un ex ragazzo per i suoi diciassette anni e che perse dopo che si lasciarono. Mi nominò pure i suoi diari ma non ho mai avuto il coraggio di leggerli. Ho solo preso tutte le sue cose, le ho messe nel suo baule e le ho riposte in soffitta.-

-Magari non volevi profanare la sua privacy. Forse un giorno leggerai quei diari e troverai quell’anello che a quanto pare era importante per Buffy.-la esortò.

-Clay io so che non ci riuscirò mai ma magari potresti farlo tu. Uno di questi giorni quando hai tempo ti darò il suo baule e lo cercherai tu per me. Puoi?-le propose.

-Ci proverò.-sorrise e la abbracciò forte.

A Dawn, Clay ricordava molto sua sorella. Ma sua sorella era morta da sette anni e niente e nessuno gliel’avrebbe più riportata indietro. Anche se il suo unico desiderio era dirle “ti voglio bene” ancora una volta.

 

 

 

 

Parte 8 – Una battaglia all’orizzonte

-Tutta questa tranquillità non mi piace!-proclamò Giles poggiato comodamente alla vetrina del Magic Box mentre beveva una tazza di tè e osservava la gente che passava per le vie del centro.

Xander era accanto a lui. Era una bellissima e soleggiata mattina di sole di inizio novembre. Dentro, Willow e Andrew si occupavano di una folta clientela venuta per i saldi di fine Halloween mentre Clay si allenava un po’ da sola nel retro. Quella mattina Dawn era andata dal pediatra con Duncan mentre Connor era partito presto per Los Angeles, suo padre l’aveva chiamato.

Tutti gli altri erano ai rispettivi posti di lavoro. Tranne Xander.

-Giles siamo sulla bocca dell’inferno, se prova a dire una cosa del genere i guai ci sommergeranno.-lo riprese severo.

-Tu non dovresti essere al lavoro?-gli chiese guardandolo di traverso. Che un ragazzino lo riprendesse non gli andava a genio. Lui era il più grande e proclamava ciò che voleva.

-Ho appuntamento con degli ingegneri dopo pranzo.-lo informò.

-Allora al posto di importunare questo vecchio attempato inglese perché non ti dirigi verso la tua abitazione e controlli ancora il lavoro che devi mostrare agli ingegneri? Lo dico per il tuo bene, penso che le brutte figure che tu abbia rimediato in giovane età ti siano giovate per evitarle in età adulta.-gli consigliò.

-Più passa il tempo e più il suo slang resta sempre fuori moda.-constatò.

-Sparisci Xander.-gli fece il gesto di andare via con la mano dove reggeva la tazza senza neanche guardarlo, poi bevve un sorso della sua bevanda.

-Vado a chiedere a Will se vuole che le sistemi una mensola che le regge appena.-sbuffò ed entrò.

-Grazie tante.-gli urlò dietro. Xander rimaneva sempre il Peter Pan tra tutti loro, non c’era niente da fare. Anche se adorava quell’eterno liceale sbruffone e allegro. Finì il tè e poi tornò dentro, la folla si era un po’diramata mentre Andrew stava alla cassa e Willow si aggirava per il negozio aiutando e consigliando i clienti. Xander, con cintura per gli attrezzi alla vita, stava aggiustando una mensola ad uno scaffale.

-Non le manca un po’ questo posto?-gli chiese il giovane.

-A volte si. Mi ricorda i tempi andati.-sorrise.

-Pensa mai ad Anya?-continuò.

-Piuttosto cerco di non pensarla.-era una battuta, difatti Xander sorrise.-Era la ragazza più indisponente, impertinente ed insensibile che abbia mai conosciuto. Aveva una logica tutta sua.-

-Io la rivedo dappertutto. Mi manca molto.-sorrise ancora pensando alla sua ex ragazza.

-Ma a volte era insopportabile, e quando lo era mi faceva rimpiangere Cordelia che al suo confronto era un angioletto.-ribatté.

-Ci pensa al fatto che molti di noi sono morti?-si fermò un attimo.-Tara, Cordelia, Anya. Persino Buffy, per non parlare di Wesley. Era così dannatamente damerino ed inglese che penso di esserci rimasto più male per la sua di morte che quella degli altri. Anche se Angel dichiara che era cambiato molto. La vita è proprio strana.-dichiarò in modo filosofico.

Giles non parlò subito, forse per riflettere o soppesare alle sue parole.

-La biblioteca mi manca molto.-dichiarò di colpo facendolo ridere.

-Fino all’ultimo lei continuerà a leggere.-sorrise.

-Finché i miei occhi me lo permettono.-precisò.

In quel momento sputò Clay che aveva finito di allenarsi e, dopo aver fatto una doccia, si era cambiata mettendo un paio di jeans con camicia e stivali.

-Vuoi una mano Xand?-chiese all’amico alludendo alla mensola.

-No, grazie Clay, ho già finito.-rifiutò mettendola a posto e controllando il risultato, era perfetta.

-Signor Giles vuole che faccia un giro di ronda stasera?-chiese al suo osservatore.

-Si, Clay, ma io purtroppo non potrò venire con te perché ho da controllare alcuni documenti del Consiglio che mi sono arrivati per fax.-rispose.

-Bene, allora passerò da lei in mattinata per riferirle com’è andata. Adesso vado a fare due commissioni per Dawn e poi vado a casa, le ho promesso che l’avrei aiutata a sistemare lo scantinato.-prese le sue cose, salutò tutti e andò via.

-Quella ragazza è una forza.-sorrise Xander vedendola andare via dalla vetrina del negozio.

-Già, è un miracolo quanto sia serena con quello che ha passato.-concordò Giles.

-Si riferisce agli assistenti sociali?-ipotizzò e l’osservatore annuì.-Dawn dice che è stata in affidamento a ben dieci famiglie fino ai diciassette anni. Quando poi è diventata maggiorenne nessuna famiglia si è più offerta per lei.-

-Che brutta cosa la burocrazia.-dichiarò.

Verso l’ora di pranzo, dopo che Xander fu andato via perché doveva prepararsi e poi andare al cantiere, una Kennedy abbastanza infuriata entrò andando direttamente da Willow che stava dietro al bancone. Non c’erano clienti.

-Indovina un po’? Sta arrivando mio fratello!-dichiarò per niente entusiasta.

-Davvero? Ma che bello!-difatti l’entusiasta era Willow.-Così finalmente potrò conoscerlo dato che non c’era al matrimonio.-

-Tesoro ma stai bene?-fece sconvolta.-Mio fratello è la persona più insopportabile dell’universo e se viene qui è perché ha di sicuro combinato qualcosa. Si sarà messo nei guai al lavoro e starà cercando un posto dove nascondersi, vedrai.-ipotizzò.

-Temi che possa scoprire che sei una cacciatrice e tutto il resto?-si preoccupò.

-Figurati, lo sa già. È stato il primo a cui l’ho detto quando l’ho scoperto. Siamo abbastanza affiatati ma quando cominciamo a litigare non la finiamo più.-sbuffò.

-Kennedy tu hai una grande fortuna ad avere un fratello. Pensa a me che sono figlia unica.-tentò.

-Ma quando mai, tu hai sempre avuto Xander come fratello. Per non parlare di Buffy. Quando vi vedevo insieme non volevo mai disturbarvi, sembravate così affiatate.-ricordò vedendola diventare malinconica.

-Mi manca molto a volte.-rifletté.

-Tesoro mio.-cercò di consolarla accarezzandole il volto.

-Dai, sistemeremo a tuo fratello la camera degli ospiti e poi così potrò preparare i miei famosi spaghetti alla carbonara.-sorrise.

-Va bene, mi arrendo, non lo caccerò a calci. Anche se sono più forte di lui.-la fece ridere e Willow le diede un bacio.

Nel pomeriggio, dopo che Clay tornò dal prendere Madlen all’asilo, sotto aiuto di Dawn preparò dei biscotti per la bambina. Clay era abbastanza negata per cucinare ma Dawn era brava e la aiutò parecchio facendo risultare i biscotti buoni.

Dopo che li ebbe sfornati posò la teglia sul tavolo per farli raffreddare e si voltò per posare la presina, Madlen era arrampicata su uno sgabello e Dawn si occupava di Duncan seduto sul seggiolino. Clay non ebbe il tempo di voltarsi che la teglia cadde a terra.

Stava per mormorare scuse dispiaciute per averla posata male quando si accorse che non erano caduti per la sua sbadataggine, bensì perché il tavolo tremava. In breve tutti cominciò a tremare, e anche molto forte. Era un terremoto.

D’istinto afferrò Madlen che aveva perso l’equilibrio e stava per cadere dallo sgabello mentre Dawn afferrava il seggiolino di Duncan e le guidò sotto la porta. La scossa durò poco più di una quindicina di secondi, ma abbastanza a spaventarle. Soprattutto Dawn che sapeva che i terremoti a Sunnydale erano sempre fonte di sventura.

Difatti uscirono di casa e andarono al Magic Box dove trovarono tutti in subbuglio con i libri già tirati fuori per le ricerche. Willow aveva preso degli ingredienti e stava preparando un incantesimo per cercare di capire che succedeva.

Ma non trovarono niente e dedussero che magari stavolta si era davvero trattato di una causa naturale. D’altronde i terremoti erano comunque abbastanza frequenti nella California del sud.

Così, verso le dieci, Clay uscì per la sua ronda raccomandata da tutti di fare attenzione. Li rassicurò ed uscì con un sorriso. Di sicuro non aveva voglia di farsi male.

Pattugliò senza alcun risultato per almeno un’ora e mezza poi, come al solito nel cimitero di Rastfield, sentì dei rumori strani provenire da dentro una cripta. Si acquattò per capirci qualcosa di più, dentro c’erano tre vampiri con lunghe tonache nere e cappuccio che recitavano formule in qualche lingua morta intorno ad un semplice cerchio fatto di sangue.

Erano solo in tre, poteva farcela. Così respirò a fondo per caricarsi e si lanciò nella mischia interrompendo quello che pareva un rito.

Cominciarono a volare calci e pugni e subito Clay non si accorse di essersi messa nei guai. Lo notò quando contò già tre vampiri fatti in cenere e altri che le arrivavano addosso. Non si era accorta che ce ne erano degli altri appostati in caso di guai.

Doveva uscire da lì ed in fretta. Riuscì a liberarsi e scappò fuori ma le si lanciarono all’inseguimento, mentre correva si accorse di avere una ferita ad una caviglia. La accerchiarono poco lontano dalla cripta in quattro. Cominciò a difendersi ma presto due la afferrarono per le braccia mentre un terzo le scoprì il collo.

-Hai fatto bene a provarci cacciatrice ma adesso morirai così nessuno saprà dell’arrivo del nostro potente signore Kramzee finché non sarà troppo tardi.-e le si avventò sul collo.

Clay attese quel momento per sferrargli un calcio negli stinchi che lo allontanò da sé. Si liberò e fece in cenere i due vampiri che la tenevano più un terzo che aveva capito tardi che succedeva. Corse via lasciando il quarto a riprendersi ed uscì dal cimitero senza guardarsi indietro.

Aveva appena oltrepassato il cancello d’entrata quando dei fari la abbagliarono e si fermò di botto. La macchina, però, non riuscì a frenare prendendola in pieno e facendola rotolare poco distante.

-Oh santo cielo!-esclamò l’uomo alla guida uscendo dalla macchina e andando a soccorrerla.-Sta bene, signorina? La porto in ospedale?-non osava toccarla.

-No.-mormorò tirandosi sui gomiti.-Devo andare al Magic Box.-si tirò a sedere toccandosi piano un bernoccolo sulla testa.

-La porto al pronto soccorso.-decise aiutandola ad alzarsi.

-No, devo andare dai miei amici, niente ospedale. La prego.-fece supplichevole.

-Va bene, mi indichi la strada.-si arrese e la fece salire in macchina.

Clay lo guidò fino al negozio di magia, vi parcheggiò di fronte. Scese in fretta per aiutare Clay ma la ragazza barcollava e appena rischiò di cadere la prese in braccio fingendo di non sentire le sue proteste. Ebbe un po’ di fatica nell’aprire la porta ma ci riuscì.

-Ehi, mi metta giù!-esclamò Clay mentre entravano attirando l’attenzione di tutti.

-Credo che questa signorina vi appartenga.-esordì l’uomo avanzando fino alla prima sedia dove poté depositare la ragazza.

-Clay!-esclamò Dawn andandole incontro.

-Eric!!-sbraitò quasi Kennedy andando verso il nuovo venuto.-Cosa diavolo le hai fatto?!-sbraitò.

-Io?!-ricambiò il tipo.-È stata lei a venire addosso alla mia macchina.-si difese.

-Chissà perché ho difficoltà a crederti dato che so il modo in cui guidi.-incrociò le braccia al petto.

-Ha ragione.-si intromise Clay in difesa del tipo.-Uscivo correndo dal cimitero di Restfield quando me lo sono visto venire addosso e per il panico sono rimasta impalata in mezzo alla strada.-spiegò.

-Cosa ti è successo?-le chiese Xander porgendole del ghiaccio che era appena corso a prendere.

-Vampiri, un grosso numero. Ne ho trovati tre in una cripta che facevano un incantesimo, li ho attaccati ma ce n’erano altri. Uno ha detto che il loro potente signore Kramzee sta arrivando.-disse poggiando piano il ghiaccio sulla fronte, ma che fece un male cane lo stesso.

-Neanche il tempo che arrivo a Sunnydale e già sento parlare di vampiri.-proclamò il nuovo venuto.

-Ma tu chi sei?-gli chiese curioso Andrew.

-Ehm, ragazzi vi presento Eric, mio fratello minore.-rimediò Kennedy.

-Piacere di conoscerti.-lo salutò distrattamente Xander.

-Benvenuto sulla bocca dell’inferno.-continuò Faith.

-E pensare che sembra un posto così carino.-rifletté sedendosi su una sedia.

Eric fece la conoscenza di tutti e dichiarò che si sarebbe fermato un po’ a Sunnydale. Poi si concentrarono su Clay a cui Giles fece ripetere la storia dal principio. Appena finì notarono tutti che l’osservatore pareva molto preoccupato.

-Giles, lei ne sa qualcosa su questo tipo?-gli chiese Willow seria.

-Kramzee è un demone potentissimo, viene denominato il terrore assoluto. perché si dice che persino alcuni dei lo temevano. Solo il Primo non l’ha mai tenuto, sappiamo perché. Vaga tra le dimensioni e ogni volta che arriva in una passa pochissimo tempo prima che questa venga distrutta e resa il niente assoluto. Se Kramzee ha deciso di venire sulla terra sappiate che non c’è da stare allegri, anzi prepariamoci a forse la peggiore apocalisse che vivremo.-spiegò.

-Io lo odio questo posto.-dichiarò Xander per sdrammatizzare.

-Sono venti anni che lo dici.-gli fece notare Willow.

-E ne sono sempre più convinto.-annuì convinto.

-Ehi, è la mia prima apocalisse!!-saltò su Clay.-Beh vorrei uscire integra, ho solo diciannove anni anche se vissuti malissimo. Quindi io mi preparò fisicamente e mentalmente, studierò anche fino a tarda notte e quando arriverà il momento di affrontarlo sarò così forte che Kramzee a tremare al mio cospetto e non al contrario!-dichiarò decisa lasciandoli tutti a bocca aperta.

Non sapeva che in quella determinazione e nel suo tono molti in lei stavano rivedendo un’altra cacciatrice altrettanto forte e decisa che era scomparsa ormai da sette anni.

-Io ci sto sorella!-esclamò Andrew abbracciandola forte.

-Poca confidenza.-lo respinse Clay.

-Bene, penso che il primo passo da fare sia chiamare a raccolta più cacciatrici che possiamo.-propose Willow prendendo una specie di agenda.

-Sono d’accordo.-concordò Robin.

-Bene, qui ci sono i numeri di Vi, Rona, Chao Ahn e Molly. Loro conosceranno di sicuro altre cacciatrici e le cacciatrici ne conosceranno altre. In breve costituiremo un esercito!-proclamò.

-Oh no, avrò di sicuro di nuovo la casa invasa!-si preoccupò Dawn.

Cominciarono a decidere cosa fare perché c’era un’imminente battaglia all’orizzonte che non si prospettava per niente facile ma che avevano voglia di vincere.

Poggiato sul bancone, Eric guardava quel gruppo affaccendarsi con un sorriso. Era sicuro di essere venuto nel posto giusto. Sunnydale gli piaceva proprio. E non solo. E non solo quella soleggiata cittadina.

 

 

 

 

 

 

Parte 9 – Reclutamento

Non ci vollero più di cinque giorni prima che le prime cacciatrici arrivassero a Sunnydale. Ne arrivarono una decina che si sistemarono in casa di Dawn, Willow e Xander.

Cominciarono ad allenarsi sotto la guida di Faith e Kennedy, Clay si univa a loro perché sentiva di essere la prima ad avere bisogno di essere allenata.

Dawn non avvisò Connor di quello che stava succedendo per non preoccuparlo e farlo correre di volata a Sunnydale dato che si sarebbe fermato per una settimana a Los Angeles a Angel per delle questioni di lavoro. La Wolfram&Hart di Sunnydale non poteva aprire se prima le Forze dell’Essere non davano il loro benestare che ancora tardava ad arrivare.

Così la mattina che rientrò a casa sgranò gli occhi alla vista di Xander che arrampicato su una scala finiva di aggiustare la porta del salotto che si era rotta nel terremoto, Gary che badava a Madlen, sua moglie con Willow, Giles, Robin ed Andrew nella sala da pranzo attaccati ai telefoni che cercavano di avvisare altre cacciatrici, o i loro osservatori, e una decina di ragazze, tra cui Clay, fuori nel suo giardino che facevano esercizi sotto la guida di Faith e Kennedy.

-Sono capitato in un universo parallelo?-chiese scioccato.

-Ciao amore, sei tornato!-sorridente, Dawn gli corse incontro abbracciandolo e baciandolo.-Tutto bene a Los Angeles?-gli chiese.

-Non devi spiegarmi qualcosa?-le chiese alludendo a tutta quella confusione.

-Oh ci sarà una apocalisse a breve molto potente e ci servono delle cacciatrici. Ne sono arrivate solo undici con Clay, Faith e Kennedy arriviamo a quattordici ma pensiamo di raggiungere i venti a fine settimana.-gli spiegò brevemente.

-Venti?-fece stralunato.-La casa è già invasa così!-constatò.

-Tranquillo, non stanno dormendo tutte qui, solo in sei. Due le abbiamo sistemate nella camera di Clay e le altre i camera di Madlen. Alla piccola ho sistemato un letto in camera nostra per il momento, ci serviva spazio.-lo rassicurò.-Le altre stanno dormendo tre i casa di Xander e due da Will e Kennedy che oltretutto hanno pure Eric il fratello di Kennedy appena arrivato.-

-Si ma le altre che arriveranno dove le sistemiamo?-pensò.

-Tranquillo, abbiamo già pensato a tutto. Xander ed Andrew mi hanno aiutato a svuotare la soffitta, abbiamo sistemato dieci brande lì e qualche cassettone, Xander ne può ospitare almeno altre sei, Will cinque, Faith e Robin circa altre quindici e Andrew almeno otto. In tutto ne riusciamo a sistemare cinquantotto, dovrebbero bastare per riuscire a vincere.-sorrise fiduciosa.

-Ne moriranno tante, lo sai vero?-sospirò serio.

-La situazione è molto critica, adesso non ho tempo di spiegarti i dettagli. Ti andrebbe di aiutarci con il reclutamento? Molte cacciatrici le dobbiamo ancora contattare.-gli propose.

-Faccio una rapida doccia e arrivo.-le diede un bacio in fronte e salì al piano di sopra.

Quando Connor scese le cacciatrici, che si stavano prendendo una pausa dall’allenamento, avevano affollato la sala da pranzo. C’era un gran chiasso perché ovviamente era un bel po’. Si avvicinò a Xander che aveva finito con la porta.

-Questa confusione mi ucciderà.-dichiarò.

-Ah, vedrai che durerà poco, magari cinque o sei mesi.-cercò di consolarlo battendogli una mano sulla spalla.-Com’è andata a Los Angeles?-si informò.

All’inizio, Xander non aveva preso bene il rapporto tra Dawn e Connor perché lui era il figlio di Angel e tra loro i rapporti erano sempre rimasti molto tesi. Poi aveva visto quanto i due si amassero e soprattutto dopo la morte di Buffy aveva notato come Connor era stato d’aiuto a Dawn per superare lo shock di quell’ennesima perdita della sorella. Adesso voleva bene a Connor come se fosse stato il suo fratellino.

-Tutto a posto, solo un paio di demoni.-alzò le spalle.-Ma mio padre mi preoccupa.-sospirò.

-Lui è quello che ha preso la morte di Buffy peggio di tutti.-dichiarò serio.-Noi siamo riusciti a riprenderci, Dawn ha avuto te, Willow poteva contare su Kennedy, io su di lei. Lui, anche se ha te, è sempre stato comunque molto solo.-

-Non si riprenderà mai più, nessuno stimolo sarà più per lui abbastanza importante per andare avanti. La cosa che per davvero considero la peggiore è che dovrà passare così tutta l’eternità.-si guardò in giro.-Pensi che ci vorranno davvero cinque o sei mesi?-chiese alludendo alle ragazze.

-Puoi solo sperare che il demone che deve sorgere lo faccia in fretta e che le ragazze siano preparate al massimo. Clay mi sembra la più carica.-sorrise fissando la suddetta che nel suo momento di pausa stava aiutando Dawn con i bambini.

-È una ragazza in gamba.-concordò.

In quel momento suonarono alla porta e andò Dawn ad aprire anche se tutti vollero vedere chi era. Quando aprì c’erano tre ragazze tutte tra un’età compresa tra i venticinque e ventisette anni.

-Desiderate?-chiese loro Dawn affabile.

-Dawn Summers?-si informò una.

-Si, sono io.-confermò.

-Bene, ci hanno detto di chiedere di te o di Rupert Giles, siamo cacciatrici.-le disse.

-Accomodatevi, stiamo ancora effettuando delle telefonate.-le fece entrare.-Ne sono già arrivate undici, altre tre stanno a Sunnydale. Con voi siamo a diciassette, ma ne attendiamo altre. La battaglia che ci attende si prospetta dura.-le portò nella sala da pranzo.-Altre tre cacciatrici.-annunciò a tutti.

-Andiamo bene!-proclamò Connor battendosi una mano sulla fronte.

-Pensa solo al bene della terra, fidati.-gli disse Xander battendogli una mano sulla spalla.

-Ci penserò.-gli assicurò.

Nei successivi giorni ne arrivarono altre, da ogni parte della terra. Tutte erano pronte a dare inizio alla battaglia e non vedevano l’ora di combattere anche se la strada era ancora lunga. Purtroppo le previsioni della gang di riuscire a sistemare le ragazze furono troppo rosee. Avevano progettato di riuscire a sistemarne cinquantotto ma alla fine raggiunsero la modica cifra di ben cento cacciatrici.

Ne riuscirono a sistemare altre venti nel seminterrato di casa di Dawn, in quello di Faith e Robin e anche a casa di Xander. Per le restanti trentadue furono affittati quattro appartamenti dove si sistemarono in gruppi di otto.

Naturalmente il giardino di casa Summers divenne piccolo per allenare tutte quelle ragazze, per non parlare del retro del negozio di magia, così venne noleggiato un capannone che venne adibito a palestra e riempito di tutto l’occorrente.

Ovviamente non mancarono i primi screzi. Le ragazze erano in tante e risultava difficile sopportarsi tutte. Già fin dai primi giorni nacquero liti e incomprensioni a cui in genere faceva capo Faith che era la cacciatrice più anziana.

Ma una mattina Faith non era ancora arrivata e neanche Kennedy quando due cominciarono a litigare per una sciocchezza e nessuno riuscì a dividerle.

-Che succede?-chiese Clay appena arrivata ad una delle ragazze.

-La ragazza di New York sta di nuovo litigando con la cacciatrice di Atene.-la informò.

-Quelle due adesso mi hanno proprio scocciato!-si arrabbiò e facendosi largo tra le compagne raggiunse le due litiganti.-Smettetela!-si mise in mezzo e le divise spingendone una da una parte e l’altra dall’altra, fece fare loro un leggero volo di circa un metro e mezzo.

-Sei diventata matta?!-la aggredì la newyorkese.

-Se siete venute per litigare potete tornare da dove siete venute!-esclamò guardandole entrambe.-Se siamo tutte qui è per un motivo comune e cioè salvare la terra, non scannarci tra di noi. Voi non avete affrontato quei vampiri, io si e posso assicurarvi che erano forti e solo il principio.-le riprese.

-Non devi intrometterti tra di noi.-tentò la greca.

-Bene e allora non litigate! Se cominciamo noi a non andare d’accordo questa è la fine. Kramzee si preannuncia forte, potrebbe essere fatale per molte di noi. Quindi chi è disposto a vivere, ad andare d’accordo con le sue sorelle cacciatrici e a farci valere alzi la mano.-fu lei la prima a farlo e tutte, timidamente, intorno a lei alzarono la mano finché rimasero solo le due che litigavano.

-Sei la più piccola Clay, sai da troppo poco cosa vuol dire essere cacciatrice.-le disse la stessa.

-Si, sono la più piccola e me ne vanto perché forse sono quella che ha più voglia di sopravvivere. E forse anche perché vanto di avere un osservatore come Rupert Giles che è stato anche quello della grande Buffy Summers e l’appoggio del gruppo formato da lei. Se voi oggi vantate questi poteri speciali lo dobbiamo a lei, e forse qualcuna di noi l’ha anche conosciuta. Ci ha dato i poteri per usarli contro le forze del male e non per scannarci. Quindi vediamo di usarli per prendere a calci un sedere demoniaco e per evitare che la terra finisca per diventare un inferno.-fece una pausa.-Siamo noi che abbiamo la responsabilità di questo splendido posto e siamo state reclutate per adempiere al nostro dovere. Dobbiamo prepararci al meglio senza subire le distrazioni di una parola o di altro. Adesso vediamo di finire di comportarci come bambine e di fare le cacciatrici di vampiri perché è questo ciò che siamo e dobbiamo far fronte ad una apocalisse.-concluse.

Un applauso giunse dall’ingresso. Tutti si voltarono e videro Faith che sulla porta applaudiva alle parole di Clay. Kennedy era con lei.

-Datele retta perché sarà pure la più piccola tra noi ma è quella che ha maledettamente ragione. Io darò anima e corpo a questa lotta perché ho un figlio e da voi chiedo la stessa cosa. Adesso vediamo di dare inizio a questo allenamento, dobbiamo essere tutte preparate al duecento percento quando Kramzee si risveglierà.-e ordinò loro di disporsi in file parallele.

Far fronte con tutte quelle ragazze ci voleva un bel po’ e le parole di Clay avevano aiutato parecchio. Faith rimpianse che Buffy non fosse più con loro, avrebbe saputo tener testa a tutte.

Ma Buffy aveva fatto da maestra pure a lei e avrebbe reso onore alla sua memoria essendo come lei con quelle ragazze. Ce l’avrebbe fatta.

 

 

 

Parte 10 – Primi guai

-Fidati, amico mio, è questo l’inferno!-proclamò in modo melodrammatico Connor ad Andrew, entrambi poggiati sulla balaustra delle scale di casa di Connor e Dawn a guardare un enorme via vai di ragazze che facevano più chiasso di Madlen quando giocava.

-Ti dirò, probabilmente lo pensi perché sei già sistemato ma io ho già una certa età e se una di queste splendide fanciulle volesse prendermi non mi lamenterei.-sospirò.

-Certà età?!-lo fissò stupito.-Andrew tu hai trentasette anni, mica settanta!-gli fece notare.

-Beh lo so, e anche le mie rughe che avanzano. Mica siamo tutti come tuo padre che a quasi trecento anni è ancora capace di fare conquiste con il solo sguardo.-lo guardò.-Anche se io non sono mai stato bello come Angel.-constatò.

-Questo è vero, ma ti ricordo che mio padre è un vampiro e sono quasi tre secoli che ha lo stesso aspetto. Oltretutto lo manterrà per sempre.-rifletté.-Tecnicamente tra noi le cose sono al contrario, io invecchio e lui no. È quasi così triste.-scosse la testa.

Erano già passate due settimane da quando erano state reclutate le cacciatrici ed era cominciato, come lo chiamava Connor, il caos. Le ragazze si allenavano molto e la sera cacciavano fino quasi al mattino. Al momento non c’erano stati altri attacchi da parte dei seguaci di Kramzee e di conseguenza non avevano avuto perdite.

Ma questo comportamento impensieriva molto Giles. Temeva che i suoi seguaci si fossero ritirati segretamente per fare i riti senza essere intercettati e aveva paura che le ragazze potessero ritrovarsi di fronte Kramzee senza essere ancora pronte.

-Ragazze tra cinque minuti vediamo di essere tutte pronte, Faith ci uccide se arriviamo in ritardo!-esclamò Clay chiamando a raccolta le sue compagne.

Lei era quella che delle ragazze si alzava la prima di tutte. Alle sei e trenta in punto si alzava, faceva un giro di jogging e quando tornava a casa, dopo la doccia e la colazione, si occupava di Madlen. Appena tornava a casa dall’aver accompagnato la bambina all’asilo cominciava a chiamare le sue amiche. L’allenamento cominciava sempre alle nove e Faith tollerava molto poco i ritardi.

Pochi minuti dopo riuscì a radunarle tutte e finalmente uscirono di casa facendo tirare un sospiro di sollievo a Connor che finalmente si vedeva la casa svuotata e soprattutto silenziosa.

-Ricordate, ragazze!-

Faith faceva avanti e indietro davanti le ragazze. Kennedy la aiutava nel suo compito di addestramento, per lei quello era un campo nuovo. Le ragazze avevano un’età che spaziava dai venticinque ai ventisette anni, fatta eccezione per Clay che con i suoi diciannove anni da poco compiuti era la più giovane. E anche quella con la maggiore voglia di apprendere e sopravvivere alla dura lotta che le attendeva.

Ormai era quasi il tramonto e come sempre prima di uscire per la pattuglia, Faith impartiva le ultime lezioni della giornata. Teneva a quelle ragazze e sperava che nessuno si facesse male prima della lotta.

-Non importa da quanto tempo siamo cacciatrici,-continuò.-non importa da quanto tempo combattiamo, se non siamo preparate siamo delle novelline. Kramzee è forte, potente e capace di ucciderci tutte insieme ma avremo una possibilità se ci impegneremo nell’addestramento. E anche la ronda è una forma di addestramento. Stasera usciremo in gruppi da trenta, per ogni gruppo nominerò una responsabile che avrà il compito di guidarvi. Non sarà un capo e non tollererò un tale comportamento! Siamo sorelle nel destino e non dobbiamo fronteggiarci, bensì darci man forte a vicenda. Ricordate solo che c’è una sola regola dell’essere cacciatrice: non morire!-e detto questo divise i gruppi nominando Clay responsabile del suo.

A loro, quella sera toccava la zona di pattuglia del cimitero di Restfield. Stavano molto attente perché era lì che erano stati avvistati i seguaci di Kramzee.

-Mi raccomando, restiamo unite.-disse loro Clay.

-Non è qui che ti sei scontrata con quei vampiri?-le chiese una ragazza con un forte accento texano.

-Si, e non è stata una bella esperienza.-le rispose stringendo ancora più forte a sé il suo paletto.

-Dicono che questo sia il cimitero con più presenza demoniaca di tutta Sunnydale.-le informò una ragazza con chiare origini musulmane.

-Non ti da fastidio quello scialle mentre combatti?-le chiese un’altra di origini francesi.

-Moltissimo ma lo devo tenere causa la mia religione.-roteò gli occhi chiaramente scontenta.

-Beh qui siamo in America, non nel tuo paese. Se lo togli chi vuoi che se ne accorga?-le sorrise.

-Ragazze manteniamo la concentrazione, non facciamoci distrarre.-le distolse Clay.

-Scusa Clay, ma sono così nervosa!-si giustificò la ragazza francese.

-Non preoccuparti.-la tranquillizzò.-Aspettate.-le fece fermare, poi si inginocchiò davanti ad una tomba dove la terra era chiaramente smossa.

Ne prese una manciata in mano toccandone la consistenza e concludendo qualcosa che aveva già immaginato. Si rialzò.

-La terra è umida e morbida, appena rivoltata. Qualcuno si è risvegliato stanotte.-dedusse.

-Finché è uno solo va bene. Io non vedo l’ora di tornare a casa.-una ragazza brasiliana represse un brivido di freddo e anche di paura ben coperta nella sua giacca.

Clay stava ancora osservando bene il terreno per vedere da che parte era andato.

-Da quella parte.-indicò a destra e si diresse lì seguita da tutte le altre.

In effetti il novellino non era andato lontano e subito lo attaccarono. Essendo uno solo la maggior parte rimasero a guardare ma ben presto si misero anche loro in movimento perché arrivò un piccolo gruppo.

-Mi raccomando, niente panico e mantenete la concentrazione!-urlò Clay.-Ricordate cosa ci ha detto Faith: la prima regola di una cacciatrice è non morire!-colpì il demone con un calcio allo stomaco e poi con un pugno al viso allontanandolo da sé.

Ma presto un piccolo senso di deja vu colpì Clay, perché i vampiri aumentavano al posto di diminuire e anche se le ragazze tenevano testa molto bene sapeva che se non si facevano prendere dal panico da quel particolare probabilmente se la sarebbero cavata. Decise di non dire loro niente e di lasciarle combattere senza esporle a distrazioni.

Non si accorse di uno dei vampiri che posizionava qualcosa in mezzo a loro e poi si allontanava in fretta con qualcosa simile ad un telecomando in mano.

Uno dei vampiri che stava affrontando Clay le diede un calcio che le fece fare un discreto volo sull’erba umida accanto a quella che sembrava una scatola rettangolare che colpì la sua attenzione. Ci mise poco più di cinque secondi a realizzare cos’era, nel mentre le sue speranze si erano rivelate valide e dei vampiri ne erano rimasi poco più che una decina, anche meno.

Il suo avversario le si lanciò addosso ma rapidamente uscì fuori il paletto e lo polverizzò al volo. Poi si avvicinò alla scatola che le fece capire che la sua supposizione era esatta, soprattutto un piccolo display con conto alla rovescia le diede la conferma.

-Ragazze, correte tutte più lontano possibile!!-urlò con quanto fiato aveva in gola, dato che il conto segnava appena dieci secondi.

Le ragazze si distrassero a quell’ordine. Alcune afferrarono il senso delle parole e cominciarono a correre, altre rimasero impietrite senza aver capito niente e circa tre furono prese dai loro avversari e morse. Clay corse dietro a quelle che stavano già scappando.

L’esplosione fu terribile. Un immenso boato scaraventò Clay e all’incirca dieci ragazze per almeno due metri e facendole finire in mezzo alle lapidi che sfracellarono. Clay non osò voltarsi indietro per vedere quello che rimaneva delle ragazze che erano rimaste lì.

Non appena tutto si fu calmato continuò a non guardare dietro dedicandosi solo a quelle rimaste vive. Raccattò quello che restava del suo gruppo e di corsa abbandonarono il cimitero, non osò contare in quante erano. Una volta fuori si scontrarono con Faith ed il suo gruppo, Willow con Kennedy ed il suo gruppo più Giles che era con un altro gruppo.

-Cos’è successo?!-chiese Faith preoccupata prendendo una ragazza dalle braccia di Clay.

-Un’imboscata.-le rispose.-Abbiamo scoperto un novellino ma era solo un’esca. Poi sono arrivati un sacco di vampiri e quando stavamo per ucciderli tutti ho notato la bomba. Ho urlato di scappare ma non tutte l’hanno fatto.-le spiegò respirando a fatica, dato che anche lei era un po’ ferita.

-Ti aiuto io.-si offrì Giles prendendole un braccio e passandoselo intorno alle spalle.

-Ce la faccio, sto bene. Pensate alle altre.-ma le gambe le cedettero e quasi svenne. Giles le passò un braccio intorno alle gambe e la issò portandola così fino a casa.

Dawn, Connor e gli altri quasi si presero un colpo quando videro quella tragedia. Alcune delle ragazze avevano delle ferite più o meno gravi, altre solo dei tagli e contusioni. Il peggio arrivò quando fecero la stima delle perdite.

-Il gruppo di Clay è quello che ha subito le perdite maggiori: quindici ragazze.-disse Faith agli altri dopo che tutte furono curate e sistemate.

-Santo cielo.-mormorò Dawn sconvolta.

-Ma non è tutto.-sospirò prima di continuare.-Delle quindici rimaste almeno otto sono fuori combattimento per un po’. Con Clay di quel gruppo ce ne restano solo sette. Del mio ne ho perse altre tre e un altro gruppo ha subito un’altra imboscata anche se minore e ha perso sei ragazze, due dovranno stare ferme per molto. In totale ne abbiamo perse ventiquattro e dieci non possono combattere. Ne abbiamo a disposizione solo sessantasei. Tutte le altre per fortuna sono illese.-li informò.

-In effetti dovevamo aspettarcelo.-si intromise Giles.

-Lei dice?-gli chiese Robin.

-Nel mondo demoniaco le voci corrono e se cento cacciatrici arrivano di botto a Sunnydale mentre dei vampiri si preparano a far risorgere un terribile demone distruttore è ovvio che le due cose sono collegate.-gli diede man forte Connor.-Hanno capito che erano arrivate tutte qui per Kramzee e hanno cercato di cominciare a sterminarle. Hanno anche capito che essendo in tante sarebbero uscite in gruppi numerosi, tutto a loro favore. Se avessimo perso entrambi i gruppi a quest’ora avremmo perso ben sessanta ragazze e ce ne sarebbero rimaste solo quaranta.-

-Connor ha ragione.-assentì Willow.

-Dobbiamo uscire in gruppi meno numerosi e dare meno nell’occhio. Per un po’ sarebbe meglio se il cimitero di Restfield fosse out. Lì è dove Clay è venuta a conoscenza del piano per risvegliare Kramzee e dove abbiamo perso quindici ragazze in un solo colpo.-propose Kennedy.

-Ragazzi ne abbiamo affrontati di apocalisse ma questa devo ammettere che mi spaventa parecchio.-si intromise Xander.-Mi manca Buffy.-disse piano.

-Sapeva sempre come risolvere queste situazioni.-concordò Dawn.

In quel momento si udì un leggero bussare allo stipite della cucina. Timidamente, lì ci stava Eric. Si era appena laureato in medicina e doveva a breve cominciare l’internato nell’ospedale di Sunnydale, per questo era andato da sua sorella. Era lui che si era dato più da fare per curare le ragazze.

-Qualcosa non va, Eric?-gli chiese Kennedy.-Le ragazze stanno bene?-

-Si, adesso dormono tutte. Stavo cercando Clay, è l’ultima che mi è rimasta da curare ma non so dove sia finita. Ho notato che aveva anche lei delle grosse ferite.-rispose.

-Vado a cercarla io.-si offrì Faith e passò dal corridoio per arrivare al salotto.

Cercò la giovane cacciatrice per tutta la casa ma non la trovò da nessuna parte, nemmeno nella sua camera che era deserta. Preoccupata uscì sul portico continuando a chiamarla, poi girò fino alla porta sul retro. Stava per rientrare e dire a tutti che era sparita quando sentì un gemito provenire dai gradini. Li scese e scovò la ragazza rannicchiata nell’angolo tra le scale e il rialzo della veranda.

-Clay, cosa ci fai qui?-le si inginocchiò di fronte.-Eric deve curare anche te.-ma lei la ignorò continuando a singhiozzare come una bambina.

-Ho fallito Faith.-mormorò con la voce rotta.

-Cosa?-si stupì sedendole accanto.-Perché?-le chiese.

-Mi hai affidato un gruppo e non ho saputo difenderlo. Se mi fossi accorta prima che quella era una trappola tutto questo non sarebbe successo, e non sarebbero morte quindici cacciatrici.-spiegò.

-Clay non è stata colpa tua, poteva succedere a chiunque. È successo anche a me una volta, molti anni addietro. Io ero appena tornata a Sunnydale e Buffy mi aveva accolto con sé ma le cacciatrici che aveva reclutato le si rivolsero contro e si affidarono a me. Io le portai in missione ma era una trappola e una bella bomba ce ne fece perdere parecchie. Io dovetti stare a letto per dei giorni e mi sentivo tanto in colpa ma poi capii che come era successo a me poteva succedere a chiunque. Non puoi prevedere certe cose.-tentò di consolarla.

-E allora perché mi sento come se fosse tutta colpa mia?-la guardò con gli occhi pieni di lacrime.

Faith la guardò in fondo e quegli occhi verdi luccicanti di calde lacrime amare le ricordarono quelli di Buffy quella sera che la sua stessa sorella, i suoi più cari amici e le ragazze che lei stessa aveva provveduto ad addestrare l’avevano cacciata dalla sua stessa casa e con gli occhi pieni di lacrime le aveva detto che adesso toccava a lei prendersi cura di loro.

-Devi solo essere contenta di essere sopravvissuta. Sei stata tu a dire loro che eri la più piccola ma quella con la maggiore voglia di sopravvivere.-le ricordò con un sorriso.

-Non ci riesco.-scosse la testa singhiozzando più forte.

-Devi invece!-insistette.-Perché tu hai ancora la possibilità di salvare il mondo e quindici motivi in più per farlo: le tue sorelle cacciatrice che i seguaci di Kramzee hanno provveduto ad ammazzare. Quel giorno quando te lo ritroverai davanti vedrai anche le tue compagne e avrai una forza maggiore di ben quindici volte perché loro ti saranno accanto.-le accarezzò i lunghi capelli lisci sporchi di terra ed erba.-Vieni a farti curare adesso.-si alzò e prendendola per mano la fece alzare a sua volta.

-C’è solo una cosa che vorrei in questo momento.-si asciugò le lacrime con i palmi delle mani.

-Cosa?-le chiese.

-Vorrei poter conoscere la voce di mia madre. Chissà se avrebbe potuto consolarmi come hai fatto tu stasera.-rispose.

-Io ho avuto un’ottima maestra, ed era Buffy Summers. Questa saggezza me l’ha trasmessa lei e penso che forse, stasera, se ci fosse stata lei avrebbe saputo consolarti meglio di me.-sorrise.

-Ne parlate tutti in modo così bello che a volte vorrei essere arrivata prima nelle vostre vite, così l’avrei conosciuta.-salirono i pochi gradini.

-Sareste andate d’accordo di sicuro.-ipotizzò.-Entriamo in casa, Kramzee ci ha diminuito di numero ma non di volontà e forza.-aprì la porta e le due entrarono.

Clay non si sentiva molto meglio ma almeno si era un po’ ripresa. Quella sera avevano perso una battaglia ma non la guerra. Oltretutto, quella non erano proprio disposti a perderla. Adesso avevano dei motivi in più per ridurre Kramzee in qualcosa che fosse solo un lontano ricordo.

Connor, però, cominciava ad avere un’idea in testa.

 

 

 

 

 

Parte 11 – Richiesta d’aiuto

Nel giro di qualche giorno le cacciatrici ripresero l’addestramento ma l’umore non era più come quello di prima. Adesso erano demoralizzate e impaurite, persino le più grandi e quelle con più esperienza erano ancora restie a digerire ciò che era successo.

 

Clay si era chiusa a riccio in sé stessa, ancora un po’ in colpa, e ormai la sua vita era divenuta una routine tra gli allenamenti e il suo lavoro di babysitter di Madlen. Parlava raramente con il gruppo e si era isolata dalle sue compagne per timore che alcune la ritenessero responsabile.

Dal canto suo, Dawn cercò di consolare le ragazze per le perdite ma l’unico tentativo che risultò più valido fu la cena del Ringraziamento che organizzò, anche per chi non era americano e non capiva quella festa.

I gruppi per le ronde passarono da trenta ragazze a dieci, per evitare che dessero troppo nell’occhio, e a nessun gruppo era permesso pattugliare nel cimitero di Restfield. Essendo il più grande di tutta la cittadina era normale che il maggior numero di attacchi fosse concentrato lì.

Dopo qualche giorno, vedendo che il morale e la paura delle ragazza non accennavano a diminuire, Connor si decise finalmente a parlare con Giles a quattrocchi di un’idea che aveva. Lo incontrò nel retro del negozio di magia mentre le ragazze erano impegnate con l’allenamento, Willow ed Andrew avevano clienti in negozio e tutti gli altri erano al lavoro, in modo che nessuno li disturbasse. Dawn era a casa con i bambini.

-Allora, dimmi tutto.-lo incitò l’osservatore seduto sul divano.

-Ho notato, come penso anche lei del resto, che le ragazze sono demoralizzate e impaurite. Oltretutto penso che Faith non possa reggere a lungo questa situazione e anche che ci serve un aiuto.-spiegò un po’ confusamente.

-Aiuto?-si stupì.-Su cento cacciatrici ce ne sono rimaste sessantasei non contando Faith e Kennedy e anche Willow, tu, Dawn e gli altri.-elencò.

-Si ma alle ragazze serve uno stimolo e penso che una mano in più non ci farebbe affatto male.-precisò un po’ in imbarazzo.

-Cosa stai cercando di dirmi?-si insospettì.

-Che ne pensa se chiamiamo anche Angel?-gli propose.

-Angel?-l’osservatore si alzò pensandoci bene.-Adesso che ci penso bene non abbiamo pensato a chiamare anche lui, Spike e i suoi due amici.-rifletté.

-Sono solo in quattro e addirittura quelli forti davvero solo tre ma magari potrebbe occuparsi lui di aiutare Faith nell’addestramento delle ragazze oltre che aiutarle in prima linea quando arriverà il momento cruciale.-precisò sperando di convincerlo.

-Penso che tu abbia ragione.-assentì.-Si, è meglio se chiamiamo anche lui. Lo vuoi dire prima a Dawn?-si informò.

-Si, magari glielo dico adesso che vado a casa. Lei non informi gli altri, li renderemo partecipi a cosa già fatta.-decise prendendo la sua giacca.

-Come vuoi.-insieme si diressero nel negozio.-Spero che ci sia veramente di aiuto.-

-Quando mai Angel non lo è stato?-sorrise e lo salutò lasciandolo con Willow, Andrew ed i clienti.

Giles sedette al tavolo a finire di leggere dei volumi che aveva trovato e dove si parlava di Kramzee ma era distratto. Non vedeva il vampiro da molto tempo, dal matrimonio di Dawn e Connor, e quindi da esattamente cinque anni.

Lui non era venuto quando Buffy era morta, anzi sapeva, così come lo sapevano tutti, che non era mai andato a farle visita al cimitero. Non lo biasimava, ne accusava per quello. La prima volta che Buffy era morta era stato lui, si poteva dire, a salvarla. Aveva guidato lui Xander fino alla tana dal Maestro dove poi il ragazzo aveva potuto riportarla in vita con un semplice massaggio cardiaco.

La seconda volta sapeva che per lui era stato un quanto morire lui stesso, era scappato da casa ed era andato in un monastero dello Sri Lanka per soffrire in pace. Poi non si erano più visti per molto anche se i loro rapporti si erano fatti più frequenti quando Dawn e Connor si erano messi insieme.

La terza volta, per Angel, era stato devastante. Avevano poi saputo da Spike che lui aveva urlato per ore, spaccato mobili, pianto e non era uscito. Da quel momento, per il vampiro era cominciata una lenta discesa in un abisso senza profondità pieno di disperazione e rimpianti. Sapeva che per quanto tristi, nessuno si sarebbe mai sentito come lui.

Con un sospiro, Giles si riconcentrò sui suoi libri sapendo che Angel sarebbe subito accorso da Los Angeles per aiutarli e proteggere i suoi nipotini che adorava. Che oltretutto erano anche i nipoti di Buffy, nipoti che la cacciatrice non aveva mai conosciuto.

Connor arrivò a casa dove trovò Dawn intenta a sistemare un po’ del caos che da quando era arrivata la baraonda regnava in casa loro. Gli unici momenti in cui si supponeva che quella fosse una casa decente era quando le ragazze si allenavano e di conseguenza non c’era nessuno.

Le spiegò subito della sua idea, la moglie fu d’accordo e si stupì di come non ci avevano pensato prima. Con il consenso della donna che amava, Connor salì nella loro camera per telefonare a suo padre lasciandola a dar da mangiare a Duncan che, anche se aveva tre mesi, pareva crescere a vista d’occhio. Lo adorava.

Compose il numero della Wolfram&Hart, sapeva che Angel era di sicuro lì. Gli rispose una voce femminile che conosceva bene.

-Harmony sono Connor, puoi passarmi Angel per favore? È urgente.-esordì.

La bionda vampira da quando aveva cominciato a lavorare come segretaria di Angel non se ne era più andata, anche se battibeccava spesso con Spike…o ci faceva del sesso sfrenato. Quei due avevano una specie di rapporto di odio e sesso che tutti si rifiutavano di capire.

-Al momento è in riunione ma te lo chiamo.-

Connor attese in linea mentre Harmony entrava nell’enorme studio di Angel e interrompeva la piccola riunione che stava avendo con Spike, Gunn, Fred, Eve ormai passata dalla parte del bene, e Knox, che ancora aiutava Fred con le ricerche scientifiche. Poco dopo, Angel rispose al telefono.

-Connor?-rispose in ansia.-Cos’è successo? I bambini stanno bene?-fece preoccupato.

-Stanno bene, per ora.-sospirò.-Ci serve una mano.-

-Avete dei problemi?-insistette.

-Non solo noi, ma il mondo in generale. Hai mai sentito parlare di Kramzee?-si informò.

-Il terrore assoluto, si ho letto molte volte di lui. Ma che succede? Sta arrivando sulla terra?-continuò.

-A breve si, dovrebbe arrivare. Abbiamo reclutato cento cacciatrici più Faith, Kennedy e Clay, la nostra babysitter che si è rivelata essere una cacciatrice ma abbiamo subito un attacco forte e ne abbiamo perse ventiquattro, oltretutto dieci sono ko per un bel po’.-fece una pausa.-Le ragazze adesso sono demoralizzate ed impaurite e temiamo che Faith non possa reggere da sola l’addestramento a lungo. Per questo ti ho chiamato, vorrei che tu, Spike, Gunn e Fred riuscisse a venire ad aiutarci.-gli spiegò.

-Saremo lì prima del tramonto.-assicurò.

-Papà, va bene anche dopo.-sorrise.

-Stiamo arrivando.-insistette e chiuse.

Connor scese di sotto a dare la bella notizia a Dawn e poi chiamarono a raccolta la gang per informarli della cosa, lasciando le cacciatrici agli allenamenti nel capannone. Arrivarono tutti di corsa e appena sentirono la novità si dimostrarono d’accordo. Una mano in più faceva sempre comodo, dissero.

Verso le quattro del pomeriggio la porta si aprì e Clay entrò ridendo allegra con Madlen in braccio appena uscita dall’asilo. Subito la consegnò a Dawn.

-Ciao, tesoro. Allora com’è andata oggi?-chiese alla sua bambina.

-Bene, la maestra ha detto che ha fatto il disegno più bello di tutta la classe.-sorrise Clay facendole il solletico al pancino.-C’è una riunione?-chiese vedendo tutti riuniti lì.

-Stiamo aspettando delle persone.-la informò Giles.

-Si, abbiamo chiamato mio padre e i suoi amici per darci una mano.-precisò Connor.

-Ehm…non è per rompere le uova nel paniere, anche perché credo che ci abbiate già pensato, ma dove dormiranno altre persone in più?-chiese e tutti si guardarono.

-Beh con le ragazze che abbiamo perso si sono liberati tre appartamenti. Mandiamo lì delle ragazze da chi ha la casa troppo piena ed Angel con gli altri possono sistemarsi qui.-propose Dawn.

-Si, voi con Xander e Faith avete le case stracariche.-assentì Kennedy.

-Allora faremo così.-annuì.-Nella mia cantina ce ne sono sistemate un bel pò e penso che sarebbe meglio sistemare lì Angel, Spike e Gunn.-mise Madlen a terra che subito andò a tirare fuori delle bambole dalla cesta dei giochi.

-Circa sette possono andarci da casa mia.-propose Xander.

-E altre dalla mia.-concluse Faith.-Così sono tutti sistemati senza problemi.-

-Questa situazione è davvero stressante.-disse Xander facendoli ridere.

-Porto Madlen a fare merenda.-sorrise Clay e prese la piccola portandola in cucina.

Circa un’ora dopo bussarono alla porta e Dawn andò ad aprire. Non appena ebbe aperto la porta si trovò davanti Fred.

-Ciao, siete arrivati!-esclamò abbracciandola.

-Angel è voluto partire subito.-la informò staccandosi.

Stava entrando quando notò Madlen che arrivava correndo dal corridoio inseguita da una giovane ragazza bionda, entrambe ridevano allegre. Non fece in tempo a dire qualcosa che fu scansata da una coperta fumante che entrò di volata.

-Prima io che mi sto abbrustolendo!!-esclamò, e non vedendo dove andava andò a sbattere dritto contro Clay gettandola a terra.

Con calma dalla porta entrarono Angel che si tolse una coperta da dosso e Gunn che richiuse la porta. Ma si precipitarono tutti a vedere che succedeva.

-Maledizione, lo sai che pesi?!-esclamò Clay allo sconosciuto che l’aveva urtata.

-Scusa non…oh porca miseria!!-Spike si alzò di scatto allontanandosi dalla ragazza come se fosse una enorme croce.-Vade retro fantasma!! Mi torturi anche da morta, cacciatrice fatta fantasma ma perfettamente corporea?!-delirò facendosi prendere per pazzo.

 

-Sono io che non lo capisco o è lui che è fumato?-chiese Clay aiutata da Willow a rialzarsi.

-Cos’è uno scherzo questo?-il vampiro ossigenato si rivolse a tutti. Fu il primo a notare che Angel guardava quella giovane ragazza bionda con la bocca spalancata e senza riuscire a fiatare.

-Non so cosa stai volendo dire ma io sono Clay, la babysitter di Madlen e anche una delle cacciatrici. Vi conoscerò dopo che avrò recuperato Madlen e le avrò fatto un bagnetto dato che si è tutta sporcata di marmellata.-e detto questo tornò a chiamare la bambina scovandola sotto al tavolo della sala da pranzo e portandola di sopra.

Tutti si spostarono nel salotto per parlare della situazione e anche perché sentivano che Spike ed Angel volevano delle spiegazioni.

-Accidenti, le somiglia in modo impressionante.-furono le prime parole di Spike.

-L’abbiamo notato ma non ci abbiamo fatto caso, ne glielo abbiamo fatto notare. Clay non ha mai visto foto di Buffy.-gli spiegò Willow.

-Per un attimo ho pensato di avere lei di fronte. Stavo per avere un infarto e morire.-si portò una mano al cuore drammaticamente.

-Tu sei già morto.-gli fece notare Angel.-Potrebbe essere anche una coincidenza, a volte ci sono persone che si somigliano.-ipotizzò in modo distaccato.

-Non ne abbiamo mai parlato.-chiuse il discorso Dawn.-Che sapete di Kramzee?-chiese.

-Ho portato dei testi, li andrò a prendere in macchina appena fatto buio.-rispose Angel.

-Come sapete che sta arrivando?-si informò Fred sedendosi sul divano.

-Clay è stata attaccata da un numeroso gruppo di vampiri in un cimitero e loro le hanno detto che si stava per risvegliare. Qualche giorno fa alcuni vampiri dello stesso gruppo ci hanno teso un paio di imboscate e hanno ucciso in un colpo solo ventiquattro cacciatrici, dieci non potranno combattere per un po’.-spiegò Giles.

-Speriamo che essendo in tanti possiamo avere una qualche possibilità.-continuò Willow.

-La lotta sarà molto dura, lo sapete questo vero?-sospirò Angel molto seriamente.

-Si, lo sappiamo, ed è per questo che vi abbiamo chiamato. Le ragazze adesso sono impaurite e serve loro uno stimolo e coraggio per andare avanti senza mollare.-gli disse Connor.

-Beh tanto non ce ne andiamo, oltretutto ho fatto una valigia grande perché immaginavo di stare via per un bel po’.-sdrammatizzò Gunn facendoli ridere.

-Dawn posso chiederti un favore?-Angel si avvicinò alla nuora e la tirò in disparte.

-Qualcosa non va, Angel?-gli chiese stupita quando nessuno poté sentirli.

-Io vorrei…si insomma, ti dispiace se vado un attimo in camera sua?-le chiese in imbarazzo.

-Si, vacci pure.-sorrise capendo che parlava della camera di Buffy.-Però adesso quella è la camera di Clay, lo sai, vero?-precisò.

-Lo so. Grazie, Dawn.-le diede un bacio in fronte e poi salì al piano di sopra lasciando tutti a parlare dell’imminente lotta.

Già appena posato il piede sul piano sentì la voce di Clay che dolcemente parlava con Madlen. Lentamente si avvicinò alla porta e vedendola quasi tutta aperta ci sbirciò dentro. La giovane ragazza era stesa sul letto con la bambina che si era quasi addormentata.

Entrò senza far rumore guardandosi in giro. I mobili erano gli stessi di Buffy, ma di lei era rimasto molto poco, solo il suo baule blu posato sotto la finestra. Non c’erano più i suoi cd, i suoi peluche, Mr. Gordo, i suoi vestiti, i suoi libri, i trucchi, i paletti e tutte le altre sue cose.

Clay non doveva avere molte cose, dedusse, dato che la camera pareva quasi spoglia, a parte dei sacchi a pelo posati in un angolo segno che alcune cacciatrici dormivano in camera con lei. C’erano dei libri, dei cd, dei trucchi, un portagioie e altre cianfrusaglie quasi senza senso ma pochi oggetti personali come orsacchiotti di peluche, fotografie e oggettistica varia.

Anche se, la camera rimaneva sempre quella della sua Buffy, e questo gli provocava un fortissimo dolore al cuore. Un dolore a cui non si abituava mai tanto era forte la sua mancanza.

-La piccola dorme.-gli sussurrò Clay.-Posso fare qualcosa per lei?-gli chiese.

-No, grazie. Volevo solo rivedere la sua camera.-le disse guardandosi in giro.

-Conosceva bene Buffy?-lo spiazzò.-Dawn, Faith, Willow e Xander mi parlano molto spesso di lei, le volevano un bene infinito. Giles un po’ meno perché si sente molto triste per la sua morte, Andrew, Robin e Kennedy non ne parlano molto anche se le erano molto affezionati.-sorrise.

-Si, la conoscevo molto bene. E mi manca molto.-si sedette sullo sgabello che stava davanti la console. Da lì osservò quella giovane ragazza che somigliava davvero molto al suo amore perduto.

-Se vuole posso lasciarla un po’ da solo, anche se non posso svegliare Madlen.-coprì la bambina e fece per alzarsi e andare via ma lui la trattenne.

-Rimani pure. Clay, giusto?-la bloccò.

-Si.-annuì.

-È un nome davvero strano.-sorrise.

-È un diminutivo del mio vero nome che non dico a nessuno. Quello si che è strano, la gente mi faceva tante di quelle domande che a volte ho pensato di cambiarlo ma poi ci ho sempre rinunciato perché pensavo che fosse la chiave per trovare la mia famiglia.-spiegò.

-L’hai trovata?-

-Non l’ho mai cercata per evitare di stare ancora più male. Ho scoperto che in fondo sono una solitaria e col tempo mi ci sono abituata.-alzò le spalle accarezzando i capelli lunghi di Madlen che dormiva serena ignara di ciò che succedeva intorno a sé.

Rimasero senza parlare per diversi minuti, creando una piacevole armonia che con le parole avrebbero di sicuro rotto. Quel silenzio creò come un legame a cui all’inizio non fecero caso.

Fu Angel a notarlo, capendo che c’era qualcosa di strano in quella ragazza dal passato anonimo. Connor gli aveva un po’ parlato di lei. Vederla nella camera di Buffy accentuava quella strana sensazione che provava, sembrava quasi di rivedere lei. Ma al contempo, la sentiva dappertutto. La sua Buffy gli mancava molto.

Presto, il vampiro avrebbe saputo dare un nome specifico a quella sensazione.

 

 

 

Parte 12 – La storia di un amore

Ci sono momenti che possono determinare il corso di un’intera esistenza.

A volte durano frazioni di secondo.

A volte no.

Vi racconterò una storia.

 

Quella stessa sera molte ragazze sgomberarono dalla casa di Dawn, Xander e Faith per trasferirsi negli appartamenti rimasti vuoti dopo che ben quindici delle loro compagne erano scomparse.

Dalla mattina dopo, Faith cedette il testimonio ad Angel su come procedere all’addestramento. Tutte sapevano che Angel era un vampiro, poche sapevano della sua reale storia. E quelle che non lo sapevano non si fidavano molto di lui, questo finché quelle a conoscenza della storia non consigliavano loro di leggere sui libri di demonologia riguardo ad Angel.

Quella stessa mattina, appena arrivato, Angel schierò le ragazze davanti a sé per parlare loro.

-So che sapete tutte che sono un vampiro.-esordì.-Un vampiro abbastanza strano, dato che sono stato maledetto con un’anima e addirittura nonno. Se sono qui c’è un motivo ben valido, e questo motivo siete voi. Mi hanno chiamato per addestrarvi in attesa di combattere con Kramzee. Lasciatemi dire che io, per mia fortuna non l’ho mai conosciuto personalmente, ma ho letto molto di lui. Lo chiamano il terrore assoluto e c’è un motivo. La quantità, nella nostra lotta, non sarà sufficiente se non ci sarà anche forza e preparazione. Non tollererò chi si lascerà andare, chi dirà di essere stanca e dichiarerà di non farcela. Siete cacciatrici, non gente comune. Vi allenerò dalla mattina fino al tramonto per poi scortarvi durante la ronda. So che avete perso delle compagne, beh è dalla loro perdita che dovete attingere ad altra forza. La loro morte deve rendervi furiose con Kramzee e desiderose di farlo a pezzettini. Tutto chiaro?-le ragazze esclamarono un forte si ed Angel dichiarò che adesso cominciava l’allenamento.

 

Con l’aiuto di Faith, Kennedy e Spike riuscì ad allenarle sia in gruppo che singolarmente. Dopo aver aiutato una ragazza nell’utilizzo della spada, passò a Clay che si stava allenando da sola prendendo a calci e pugni un sacco.

La osservò bene per diversi minuti, Clay sembrava in un mondo a parte. Un mondo dove faceva da padrona la rabbia e la frustrazione che la ragazza aveva in corpo. Aveva saputo da Faith che era lei a guidare, quella sera, il gruppo che aveva subito l’imboscata peggiore. Anche che poi la cacciatrice bruna l’aveva trovata a piangere perché sentiva di aver fallito.

Le afferrò il sacco per tenerglielo fermo. Lei se ne accorse ma non rallentò il ritmo.

-Come ti senti Clay?-le chiese ma non ricevette risposta.-Credo che tu abbia preso molto seriamente il mio discorso. Stai immaginando che questo sacco sia Kramzee?-

-Non ho mai visto il suo volto quindi si, in questo momento Kramzee ha l’aspetto di questo sacco.-gli diede un violento pugno.-E se proprio vuoi sapere come mi sento…beh come tutti i giorni della mia vita da quando ricordo: un’emerita fallita!-sferrò un potente calcio che quasi fece indietreggiare Angel sorpreso, era davvero molto forte.

-Perché?-le chiese.

-Ma che cosa vuoi tu da me?-ricambiò fermandosi.-Credi di sapere come mi sento?-afferrò anche lei il sacco guardandolo dritto negli occhi quasi con sfida.

-Se vuoi sapere da qualcuno come ci si sente ad essere un fallito, chiedimelo pure. Sono quasi trecento anni che mi ci sento. Faith mi ha detto che per essere la più piccola sei quella più determinata, vedi di tirarla di nuovo fuori questa determinazione o diverrai solo una mocciosa che Kramzee ammazzerà per prima.-raccolse la sfida ricambiando lo sguardo.

-Io quel bastardo lo ammazzerò a mani nude. Non so niente di te, ma tu non sai niente di me e mi va bene così.-fece una pausa.-Perché hai quello sguardo sempre pieno di ricordi e tristezza?-la sua voce si addolcì.-C’è mai stato nella tua vita un momento felice?-

-Non mi posso permettere la felicità.-distolse lo sguardo dal suo, le ricordava molto Buffy.

-È un peccato, la meritiamo tutti. Anche se io non la conosco. Tu ogni tanto mi guardi come se vedessi un’altra.-sospirò ed Angel la guardò.

-Non potrei mai perché ci sarà mai un’altra lei.-e detto questo se ne andò per aiutare un’altra ragazza lasciandola con un mucchio di domande.

Quel pomeriggio, dopo l’allenamento, mentre le ragazze si riposavano in vista della ronda di quella sera, Clay con una scusa attirò Willow nella sua camera per parlarle.

-Va tutto bene?-le chiese la strega rossa vedendola un po’ titubante.

-Tu conosci bene Angel?-ricambiò.

-Abbastanza, perché?-si stupì.

-Oggi abbiamo scambiato qualche parola. Ho notato che mi guardava come se vedesse un’altra e quando gliel’ho detto ha detto che non ci sarà mai un’altra lei.-le disse.-Chi è lei?-la vide sgranare gli occhi.

-Perché me lo chiedi?-le tremò la voce e voltò lo sguardo.

-Non sono curiosa!-assicurò.-Willow io sono arrivata nelle vostre vite da poco più di due mesi ma sono stati i mesi più intensi della mia vita perché ho scoperto di avere dei superpoteri, dell’esistenza di demoni e vampiri e adesso c’è la lotta con Kramzee. Penso che tu ormai mi conosca, io sono una persona che si fa i fatti suoi, sono introversa e molto solitaria. Angel ha qualcosa che non capisco e ho notato che il suo sguardo è difficile da comprendere. Mi sento come se ci fosse qualcosa che devo assolutamente sapere.-

-Clay sei sicura di volerlo?-le prese una mano.

-Si.-annuì.

-Bene, perché la storia che sto per raccontarti è una storia d’amore, felicità mai avuta e molta disperazione.-precisò.

-Sono pronta.-assicurò.

Willow fissò il letto non sapendo da dove cominciare, ma rivedendo perfettamente quella mattina che Buffy le aveva annunciato che Angel se ne sarebbe andato. E in lacrime le aveva detto che sentiva come se non potesse respirare. Si, perché l’aria per Buffy era Angel.

…Adesso sto solo cercando di non morire…

-La lei a cui Angel si riferiva…era Buffy.-le rivelò e la vide perplessa.

…Non riesco a respirare. Mi sento come se non potessi respirare…

-Non capisco.-scosse leggermente la testa.

…Signorina c’è qualche problema?...

…Si c’è un problema. Perché mi stai seguendo?...

-Si sono conosciuti quando Buffy si è trasferita a Sunnydale, non le ha detto subito chi in realtà lui fosse, ma lei ne rimase molto attratta. Dopo le prime volte che lo incontrò già non poteva più fare a meno di lui. Si guardava in giro dove sapeva che poteva incontrarlo, gongolava quando lui arrivava con il passo lento e felpato. Si innamorò all’istante anche se non sapeva niente di lui, solo che era l’uomo del mistero che veniva a darle delle criptiche informazioni e poi spariva anche per intere settimane.-esordì.

…Se sei il mio angelo custode vorrei sapere perché…

…Forse mi piaci…

-Anche lui era molto attratto da lei anche se si manteneva sempre sulle sue, non capivamo mai il perché e nella nostra sedicenne innocenza la cosa ci pareva affascinante. Finché lei non scoprì che lui era un vampiro dopo averlo baciato, ne rimase profondamente scossa. Poi apprese della sua maledizione, aveva ucciso una giovane zingara favorita all’interno del clan e gli anziani lo avevano maledetto dandogli un’anima che lo avrebbe tormentato per sempre.-sorrise.-Buffy era molto presa da lui tanto da non accorgersi di tutto ciò che c’era intorno ma anche molto consapevole che tra loro c’erano incolmabili differenze come l’età, il fatto che lei era umana e lui no, lei era una cacciatrice e lui un vampiro. Soffriva per questo ma era una fanciulla e tutto faceva parte di questo.-

…No, quando tu mi baci io vorrei morire…

-Naturalmente, per quanto repressero i loro sentimenti, a un certo punto scoppiarono e si misero insieme. Io era una giovane sognatrice e per me erano l’incarnazione di una bellissima favola romantica, anche con i loro pro e contro. Buffy sapeva molto poco di Angel perché lui si vergognava del suo passato, come fa tuttora, e questo la spingeva a fidarsi poco di lui ma al contempo ad amarlo moltissimo.-continuò.

…Ti amo, ma non so se posso fidarmi di te…

-Poi Buffy cominciò, come ogni diciassettenne, a immaginare qualcosa in più. Eravamo giovani e con la voglia di scoprire tutto. Accadde tutto nel giorno del suo diciassettesimo compleanno. Organizzammo una festa a sorpresa ovviamente rovinata, dei nostri nemici si stavano preparando a risvegliare un potente demone. Quella sera, poi si scatenò un tremendo temporale che entrambi si beccarono in pieno.-sorrise.-E si rifugiarono in casa di Angel. Fu lì che per la prima volta entrambi capirono davvero quanto si amassero e se lo dimostrarono pure.-la sua espressione si incupì.

…Io ti amo. Cerco di evitarlo ma non posso…

…Anch’io ti amo, Angel. Non ci riesco…

…Buffy, forse non dovremmo…

…Sta zitto. Devi solo baciarmi…

-Fecero l’amore?-chiese Clay, e Willow notò nei suoi occhi quanta innocenza ancora ci fosse.

-Si, era la prima volta di Buffy. E fu l’inizio della fine.-disse triste.-L’anima di Angel era fatta per soffrire e non per essere felice, se avesse avuto un attimo di pura felicità l’avrebbe persa e quella notte accade facendo in modo che Angelus tornasse a tormentarci. La sua prima vittima fu il cuore di Buffy che si premurò di spezzare neanche ventiquattro ore dopo il suo ritorno.-

…Angel! Io ti amo…

…Anch’io ti amo. Ti chiamerò…

-Da quel momento cominciò l’incubo. Lui la tormentava, la seguiva, le lasciava dei disegni e dei fiori, disse a sua madre quello che avevano fatto. Arrivò persino ad uccidere la fidanzata di Giles, nostra insegnante e membro di quella stessa tribù che lo aveva maledetto solo perché aveva tradotto la maledizione e voleva operarla di nuovo. Buffy non si sentiva di ucciderlo, quel viso, quegli occhi, quel corpo erano ancora quelli del suo adorato Angel ma non era più Angel. Ed Angelus dal canto suo si cullava di quella cosa, anche lui la amava a modo suo, di un amore ossessivo e morboso ma comunque amore.-fece una pausa.

…La passione può ferire profondamente.

Se potessimo vivere senza conosceremmo certamente la pace.

Ma saremmo esseri vuoi,

stanze vuote, buie e inutili.

Senza passione saremmo come morti…

-Finché non toccò il fondo cercando di risvegliare un potente demone che avrebbe avuto il potere di risucchiare il mondo all’inferno.-riprese.-Fece uccidere una nostra amica e rapì Giles torturandolo per ore. Io avevo scoperto il testo della maledizione e la operai troppo tardi, loro stavano già combattendo e Acathla, il demone, era stato risvegliato a breve avrebbe inghiottito il mondo. Così Buffy fece una delle scelte più difficili della sua vita: non uccise Angelus, il crudele demone che l’aveva tormentata, ma Angel, il suo amore di nuovo con l’anima e che non ricordava quello che era successo. La cosa la sconvolse così tanto che scappò di casa e non la vedemmo per un’intera estate.-

…Chiudi gli occhi…

-Quanto tornò notammo che era strana e con lo sguardo un po’ perso, ci disse molti anni dopo dove era stata e qualche mese a rivelarci cos’era successo realmente quella mattina della lotta. Poi Angel, in qualche modo strano, tornò e lei non ce lo disse subito anche se poi mi rivelò che lo aveva tenuto nascosto perché era tornato in uno stato di primitiva ferocia ed era molto pericoloso. Ci aveva messo un po’ a farlo riprendere. Quando lo scoprimmo si scatenò una baraonda, c’era chi aveva paura, chi lo voleva morto e chi voleva concedergli il beneficio del dubbio. Loro, comunque, non superarono mai i confini mantenendosi solo amici, o così dicevano.-sorrise.-Finché non tornò Spike, il vampiro ossigenato che adesso lavora con Angel e che ci ha causato un sacco di problemi. Aprì loro gli occhi facendogli capire che si sarebbero amati per sempre. E quando la consapevolezza li colpì decisero di non vedersi più, perché così era più facile.-

…Devi solo dirmi che non mi ami…

-Ma la cosa non durò a lungo perché quello stesso Natale il Primo, il male assoluto, colpì Angel perché rivoleva Angelus. Colpito dalla disperazione perché le sue vittime lo tormentavano e i sensi di colpa erano forti, lui cercò di suicidarsi ma Buffy capì che lo amava troppo per perderlo, non glielo avrebbe mai permesso. E quell’anno a Sunnydale nevicò per la prima volta nella storia facendo così in modo che il sole non spuntasse. Angel ebbe una nuova speranza a cui aggrapparsi, la speranza che avrebbe potuto fare del bene, anche perché aveva Buffy al suo fianco, il suo grande amore cercato da più di due secoli.-abbozzò un sorriso al ricordo di quel Natale speciale.

…Non pensi a me? Ti amo da morire. Ho fatto di tutto per dimenticarti. Ti ho anche ucciso e non è servito. Odio tutto questo! Che sia impossibile dimenticarti, e che tu abbia il potere di ferirmi così. So bene tutto quello che hai fatto perché l’ha fatto anche a me. Oh Dio, vorrei poter desiderare la tua morte ma non posso, non ci riesco…

-Angel è sempre stato molto vicino a Buffy, in ogni suo particolare momento. Persino quando lei perse per un po’ i poteri a causa di una prova. Aveva sempre quell’istinto di protezione che era impossibile non notare. Anch’io avevo una persona che amavo molto a quel tempo ma non ho mai visto nessuno che amasse quanto lui. Anche se eravamo giovani e la paura di quello che era successo l’anno precedente non ci lasciava mai. Ma Buffy si fidava di lui e noi non osavamo dirle niente perché il suo sorriso era ciò che realmente contava.-sentì un groppo alla gola, la sua migliore amica le mancava ancora molto.

…Ho visto il tuo cuore. Lo tenevi nelle mani per farlo vedere a tutti e io temevo che potesse venire lacerato o ferito, e ho desiderato proteggerlo di ogni altra cosa. E scaldarlo con il mio…

-Fu allora che imparai una cosa: non tutte le favole sono a lieto fine, quella di Buffy ed Angel finì all’inizio dell’estate, con la fine della scuola, la consegna dei diplomi e l’ennesima apocalisse. Prima cominciarono i problemi a causa del tradimento di Faith che allora non era saggia e con la testa a posto come adesso. C’era la gelosia, la paura e l’insoddisfazione di un qualcosa che avevano già cominciato ma che non avrebbero più avuto come il sesso.-elencò.

…Sei ancora la mia ragazza?...

…Sempre…

-Poi ci fu la consapevolezza della differenza di età e del fatto che il sole, l’immortalità e i loro ruoli erano contro di loro. Così Angel la lasciò prima del ballo di fine anno spezzandole il cuore ma aprendole gli occhi sulla loro storia. Anche se comunque si presentò al ballo avverando il suo sogno di una serata insieme perfetta. Angel era sempre così, era quello con i piedi per terra ma sempre pronto a realizzare i sogni di Buffy.-sospirò per il ricordo di quei tempi.

…Voglio che la mia vita sia insieme a te…

…Io no…

-Quindi decise di andarsene via, senza prima però averla aiutata nella grande lotta con un potente ed enorme demone che si mangiò alcuni dei nostri compagni di scuola compreso il preside. Ma quella fu una vera liberazione, soprattutto per gli studenti che ancora non avevano finito.-la fece ridere.

…Non ti dirò addio. Quando tutto sarà finito me ne andrò e basta…

-Angel si trasferì a Los Angeles quella stessa estate mettendo su un’agenzia investigativa insieme con una nostra ex compagna di scuola di nome Cordelia Chase che adesso è scomparsa da tredici anni e un mezzo demone che non ho mai conosciuto. Per un po’ non avemmo loro notizie , tranne quando Buffy gli fece recapitare un gioiello, poi una sera Angel tornò perché il suo amico aveva visto Buffy in pericolo e lui non poteva fare altro che salvarla. Lei non lo vide, ne lui si fece vedere, quella fu la peggiore festa del Ringraziamento che avemmo mai ma lui era lì a proteggerla come sempre. Poi se ne andò senza farsi notare ma quel chiacchierone di Xander se lo fece scappare di bocca ed infuriata lei andò a Los Angeles per parlargli.-aggrottò la fronte.

…Non dimenticherò mai…

-Buffy tornò strana da quell’incontro. Disse che durò poco più di cinque minuti ma che fu molto triste e irreale, come se non fosse vero. Si scambiarono solo poche parole che la lasciarono quasi basita e con il cuore a pezzi. Mi disse che Angel era strano ma che qualsiasi cosa fosse successe le non avrebbe dimenticato mai. Mi disse solamente: “io non dimenticherò mai”. Non ho mai capito il perché di quelle parole e forse neanche lei.-sospirò pensierosa.

…Allora faremo come avevamo stabilito. Noi staremo lontani e aspetteremo che il tempo passi. Con il tempo dovremmo essere in grado…

…Di dimenticare…

…Si, perciò io ora vado, comincio a dimenticare…Come facevi a sapere? Sapevi come ucciderlo…

…È un demone Mohra. Io ho avuto tempo da dedicare alla lettura…

…Già, va bene. Allora ci siamo detti tutto, giusto?...

…Credo di si…

…Non c’è proprio nient’altro da aggiungere…

…Si, è tutto…

-Dopo quell’incontro loro non si rividero per molto tempo, presero strade diametralmente opposte. Buffy conobbe Riley Finn, l’assistente della nostra professoressa di psicologia e se ne innamorò. Loro sono stati insieme per circa un anno tra alti e bassi finché fu lo stesso Riley a scoprire che Buffy non lo avrebbe mai guardato, ne amato, come Angel. Attraversarono un periodo difficile, poi lui se ne andò via, Buffy all’iniziò soffrì molto per lui, mai quanto per Angel. Poi Joyce si ammalò e morì improvvisamente lasciando Buffy sola, disperata e con i problemi a sommergerla. In quel periodo una potente dea voleva mettere le mani su Dawn per aprire un potente portale e Buffy aveva perso la sua più grande sostenitrice, sua madre.-spiegò.

-Almeno lei ce l’aveva.-fu la prima frase di Clay dopo aver a lungo ascoltato in silenzio.

-Già, ed era la madre migliore del mondo. A volte avrei voluto che fosse lei la mia.-arrossì imbarazzata per quella confessione.-Nessuno di noi sapeva come consolarla e con la scusa che dovetti chiamare Angel per una questione gli disse anche della morte di Joyce, lui corse subito a consolarla trascorrendo la notte con lei al cimitero. Buffy mi disse che lui sarebbe stato disposto a stare per un po’, ma non per il periodo che lei voleva: per sempre.-

…Come per sempre? Per sempre va bene per te?...

-Poi le cose sono precipitate, Glory, la dea che voleva Dawn, scoprì che lei era la Chiave. Scappammo ma ci trovò, la rapì e si preparò per il rituale che riuscì un po’ a compiere. Buffy la uccise ma era troppo tardi e per evitare che Dawn morisse si gettò dentro al portale al posto suo. Andai io di persona a dare ad Angel la brutta notizia, lui rimase così sconvolto che andò a chiudersi in un monastero nello Sri Lanka per la disperazione. Dopo l’estate io riportai Buffy in vita e loro si incontrarono a metà strada tra Sunnydale e Los Angeles ma non ci disse mai cos’era successo, neanche una parola di ciò che si dissero, solo che era stato molto intenso. Da allora non si videro più per quasi due anni, Buffy ebbe una specie di depressione post morte che sfogò andando a letto con Spike senza dircelo, io ebbi una crisi con la magia nera che superai ma poi ci ricaddi dopo che la mia prima fidanzata, Tara, fu uccisa con un colpo di pistola. Minacciai di distruggere il mondo e fu Xander a salvarmi.-fece una pausa per raccogliere le idee.-Quando tornai dal mio periodo in Inghilterra dopo la crisi le cose per un po’ andarono bene finché il Primo non tornò ad attaccarci e noi ci gettammo a capofitto nella lotta. Quando pareva che le cose non sarebbero andate per il verso giusto, Angel tornò ad aiutare Buffy.-

…Beh da questo deduco che sei felice di vedermi…

-La lotta si avvicinava e noi non eravamo del tutto pronti, così Angel avendo ricevuto delle informazioni venne a portarle a Buffy anche se ne parlarono solo per i primi minuti del loro incontro, poi come al solito le cose andarono sul personale. Angel ha provato dei sentimenti per un’altra ma quando capì che probabilmente Buffy si stava innamorando di Spike fece il geloso, almeno questo è ciò che Buffy mi disse.-sorrise.-Parlarono del futuro, di ciò che erano e delle speranze. Nonostante tutto hanno sempre sperato in un futuro tutto loro.-

…Lo ammetto. A volte anch’io penso al futuro…

…A volte è già qualcosa…

…Potrebbe volerci molto tempo. Anni, se mai accadrà…

…tanto io non invecchio…

-Dopo ci fu la lotta che quasi rase al suolo Sunnydale e per un po’ fummo impegnati nella sua ricostruzione. Poco dopo, Buffy si mise a frequentare un potente demone chiamato l’Immortale ma era solo una tattica per poterlo uccidere. Lei lo aiutò poi in una battaglia. Da quel momento, di nuovo, non si rividero per anni, finché Dawn e Connor non presero a frequentarsi. Ogni tanto si vedevano ma erano brevi incontri e spesso imbarazzanti. Tutto questo fino a quella maledetta sera del nove agosto quando siamo andati ad affrontare quel demone. Buffy è morta all’alba di giorno dieci, quella stessa sera andai da Angel a dargli la notizia, da allora è diventato ancora più cupo e solitario.-raccontò.

-L’ha presa molto male.-pareva una domanda ma era un’affermazione.

-Io penso che in lui abbia diviso il suo dolore in due. Una parte ne è perfettamente consapevole tanto da soffrire fino a quasi impazzire. L’altra non ha ancora razionalizzato, pensa ancora che non possa essere vero tanto da rifiutare persino da andare al cimitero.-spiegò.

-Non c’è proprio mai andato?-si stupì.

-Assolutamente.-disse convinta.-Però sa che non c’è più e da allora ha smesso di vivere. Angel sta sempre chiuso in casa, al buio e al silenzio a pensare e rimuginare. Valuta i perché e i percome, i se ed i ma ben sapendo che è comunque inutile. Gli unici momenti in cui è un po’ sereno è quando sta con Madlen e Duncan anche se stare in questa casa per lui è fonte di dolore perché è la casa di Buffy. Lui non si riprenderà mai più e tutti quanti sappiamo che prima o poi la farà finita.-concluse.

-Adesso capisco quel suo sguardo incomprensibile. Ho sempre sospettato che dietro ci fosse qualcosa.-sospirò.-Mi dispiace, Will, per averti fatto rivivere dei tristi momenti.-abbozzò un sorriso.

-Non preoccuparti, per me parlare di Buffy è sempre un piacere.-la abbracciò sapendo di averla resa un po’ triste e poi scesero di sotto.

Nel salotto Madlen stava usando suo nonno come cavallo mentre Spike si sbellicava dalle risate sul divano a vedere il suo sire messo sotto da una piccola bambina di quattro anni. Connor era seduto su una poltrona con Dawn appollaiata sul bracciolo mentre Kennedy era seduta accanto a Spike e cercava di contenerlo.

-Ehi eccovi qui!-esclamò Dawn notando che erano tornate.-Dove siete state?-chiese loro.

-In camera mia, dovevo parlare a Willow di una cosa.-rispose Clay.-Che succede qui, perché Spike sta ridendo come un dannato?-

-Piccola cacciatrice tu non hai idea di quale soddisfazione possa essere vedere il tuo sire ridotto così!-le spiegò il vampiro ossigenato.

-Parli per invidia perché tu non avrai mai dei nipotini belli e dolci come la mai Madlen!-lo riprese Angel togliendosi la bambina di dosso ma prendendola comunque tra le braccia.-Ha proprio degli occhi verdi e stupendi.-constatò accarezzandole dolcemente una guancia.

Nei suoi occhi, Clay vide una luce dolce ma triste, probabilmente stava pensando al suo amore perduto. E adesso che lei sapeva tutta la storia non poteva fare altro che stimarlo ancora di più e soprattutto comprendere ancora di più il suo atteggiamento solitario.

D’altronde anche lei era una solitaria, un po’ come lui. Non sapeva quanto in realtà.

Lei non poteva capire l’amore che lo aveva legato a Buffy Summers ma dai suoi occhi capiva solo una cosa: quell’amore era e sarebbe stato per sempre, è proprio questo il bello.

 

 

 

Parte 13 – Incomprensibile legame

Clay aprì la porta di casa di Dawn e nell’uscire quasi si scontrò con Eric. Lui era uno dei pochi con cui parlava. Avevano cominciato la sera che lui le aveva curato le ferite che l’esplosione al cimitero le aveva inferto.

-Ehi, che ci fai qui?-gli sorrise.-Cerchi Kennedy?-si informò.

-Cerco compagnia.-precisò.-Kenny ha portato Willow a cena per non so quale loro anniversario e le ragazze, dato che è domenica e hanno la sera libera sono uscite a divertirsi. Tu perché non sei con loro?-si stupì mentre apriva di più la porta per farlo entrare.

-Sono una solitaria.-alzò le spalle e allora Eric notò il paletto che aveva tra le mani.

-Non dovresti uscire a caccia da sola.-la ammonì.-Giles ha detto che i vampiri sono aumentati.-

-Non avevo nient’altro da fare. Stasera anch’io sono sola perché Dawn e Connor hanno portato i bambini al luna park.-lo informò chiudendo, lui stava posando la sua giacca nell’appendiabiti.

-E gli altri?-chiese mentre entravano.

-Giles è dovuto andare in Inghilterra, tornerà tra qualche giorno, aveva delle questioni da sbrigare con il Consiglio. Faith e Robin sono andati con Gary a Los Angeles ieri mattina per passare il weekend fuori mentre Xander ed Andrew hanno detto che avrebbero fatto cose da uomini. Gunn e Fred, gli amici di Angel, sarebbero andati con le ragazze.-elencò.

-Quasi quasi mi conveniva unirmi a Xander ed Andrew.-rifletté facendola ridere.-Come ti senti?-le chiese serio.

-Uhm…io ho molti umori, lo sai. Mi sento ancora responsabile per le mie compagne ma al contempo penso che sia quello che mi hanno detto Faith ed Angel sia giusto: devo fare in modo che la loro morte sia fonte di forza per me.-andarono in cucina dove presero da bere dal frigo.-Tu quando cominci l’internato?-aprì la sua bevanda.

-Dopo le vacanze di Natale, al momento non c’è alcuna disponibilità per me.-

-In cosa ti specializzi?-continuò.

-Ginecologia.-le disse.

-Chissà perché mi sembra la cosa più ovvia.-replicò ironica.-Ti si vede dalla faccia che sei un amante delle donne. O di qualcuna delle loro parti.-ci pensò bene.

-Scherzavo.-rise.-Farò l’internato nel reparto di oncologia infantile.-

-Che cosa triste, poveri bambini.-uscì dalla cucina per dirigersi nel salotto. Lui la seguì a ruota.

Entrambi avevano scoperto di trovarsi bene insieme e di parlare volentieri. Con Eric, Clay riusciva ad aprirsi un po’. Non le era mai capitato di trovarsi bene con qualcuno e tutto le sembrava talmente nuovo da riuscire solo a godersi il momento.

Nel seminterrato, in contemporanea, Spike si svegliò dal suo sonnellino giornaliero trovando il suo sire seduto in un angolo buio con lo sguardo fisso sul muro a pensare.

-Guarda che la parete non parla.-lo distrasse stiracchiandosi.

-Lo so.-replicò.

-Da quanto tempo sei sveglio?-gli chiese scostando le lenzuola e scendendo i piedi dal letto.

-Da mezzogiorno. Ho mangiato qualcosa, ho trascorso il tempo con i bambini e ho aiutato Dawn a prepararli. Lei e Connor li hanno portati al luna park.-gli disse.

-A cosa stai pensando?-continuò serio ma lui non rispose.-Puoi anche dirmelo, lo so che non stai pensando a Buffy. L’ho notato fin dal primo momento che hai posato gli occhi su quella ragazza che c’è pensi ci sia qualcosa di strano.-si infilò gli scarponi e si alzò stiracchiandosi ancora.

-Quegli occhi sono inconfondibili, neanche quelli di Madlen che ce li ha uguali ai suoi sono gli stessi.-continuò a non guardarlo.

-Lo so che le somiglia ma Clay non ha niente a che fare con Buffy. Pensa alla differenza di età! Oggi Buffy avrebbe avuto trentasette anni, quasi trentotto, Clay ne ha fatti diciannove a settembre.-tentò di ragionare.

-Hanno diciassette anni di differenza, lo so. Io però sento qualcosa, è come se sentissi un legame con quella ragazza e non riesco a spiegarmi questa sensazione.-sospirò.-Forse sono solo giochi della mia testa, non avevo mai incontrato una ragazza che somigliasse tanto a Buffy da quando è morta.-

-Probabile.-annuì.-E poi Clay non ha molto del carattere di Buffy, a parte una bella determinazione e una grande forza. È una solitaria, sta sempre per conto suo e rivolge la parola a qualcuno di rado. A volte sembra quasi che somigli di più a te.-rise scuotendo la testa.

-Non è divertente, Spike.-lo riprese calmo.

-Sto solo cercando di distrarti, sire.-precisò.-Anche se al momento, con questa brutta situazione, distrarci è quello che meno ci serve.-

-Lo so.-si alzò a sua volta.-Stasera hanno dato alle ragazze la serata libera, ci andiamo noi a fare un giretto di pattuglia?-gli chiese ma Spike sapeva che il suo sire ci sarebbe andato lo stesso, anche senza di lui, e quindi accettò.

Salirono di sopra ma sentendo delle voci andarono nel salotto dove Clay ed Eric parlavano allegramente sul divano.

-Ehi, voi due siete a casa!-esclamò Clay con un sorriso notandoli. Un sorriso che ad Angel ricordò molto Buffy, aveva la stessa luminosità.

-Il bello addormentato è appena risorto dal suo sonnellino.-li informò Angel indicando con il pollice il compagno che lo fulminò con lo sguardo.

-Beh i vampiri di giusta regola dormono fino alla sera, sei tu quello strano che ti sei svegliato col sole ancora alto e non ti sei più riaddormentato.-lo rimbeccò piccato.

-Dawn non me l’ha detto che eravate ancora a casa, e pensare che sono stata da sola tutto il tempo. A saperlo vi avrei fatto compagnia.-rifletté.

-Fate un giro di pattuglia?-chiese loro Eric notando che avevano alcune armi.

-Visto che le ragazze si stanno godendo una serata libera ce ne occupiamo noi.-rispose Angel.

-Allora vengo anch’io!-saltò su Clay alzandosi di scatto già pronta.

-Ma tu sei una cacciatrice e stasera le cacciatrici si stanno riposando.-tentò di dissuaderla Spike.

-Non ho niente di meglio da fare, lo sapete. Prometto che starò attenta.-cercò di convincerli.

-Se volete vengo anch’io così la tengo d’occhio.-si offrì Eric.

E in fondo i due vampiri erano molto buoni così accettarono. Oltretutto era meglio che li portassero con loro altrimenti non ci sarebbe stato nessuno a calmare i loro continui battibecchi. O ad impedire ad Angel di uccidere Spike se lo faceva arrabbiare troppo.

Per un po’ pattugliarono il cimitero tranquillamente. Clay ed Eric erano avanti e parlavano ridendo dandosi ogni tanto delle gomitate. Angel e Spike erano indietro e finora non si erano scambiati una parola.

-Sicuro che non ti stai innamorando di lei?-ruppe il silenzio Spike guardando il suo sire scandalizzato al solo pensiero.

-Ma sei matto?!-lo riprese.-Certo che no! Ho amato una sola cacciatrice, basta e avanza!-

-Scusa!-fece contrito.-Ma la guardi quasi come fossi geloso.-gli fece notare.

-Spike è una ragazzina in confronto a me!-stavolta era lui quello scandalizzato.

-Anche Buffy era una ragazzina quando vi siete messi insieme e tu duecento anni non li dovevi più fare.-gli ricordò.

-Ti ignoro perché questa discussione è senza senso.-chiuse il discorso.

-Speriamo che sia così.-concordò il compagno.

-Angel! Spike!-li chiamò Clay ed entrambi corsero da lei ed Eric.-Guardate l’erba. È schiacciata, segno che è stata calpestata.-indicò per terra.

Angel si chinò ed esaminò con più cura le orme, guardando in che direzione andavano.

-Ha ragione, da qui ci è passato qualcuno.-si rialzò.-Ma sembrano le orme di una sola persona, se è così siamo fortunati.-si incamminarono in quella direzione, scoprendo poco più avanti tre vampiri. Due parevano avere già qualche annetto mentre uno si vedeva che era un novellino.

Al novellino ci pensò Clay, mentre Spike ed Angel si occupavano degli altri due. Non erano molto forti quindi speravano che la cosa si risolvesse in breve. Eric, dal canto suo, cercava di aiutare la sua amica come poteva ma non aveva mai combattuto contro un vampiro e dopo il primo pugno finì ko accanto ad una lapide.

Le armi giacevano sparse sull’erba ed il novellino stava dando del filo da torcere a Clay. Con un calcio la spedì a circa due metri di distanza e nel tempo che lei si rialzò e fece per attaccarlo di nuovo prese una balestra e gliela puntò contro.

Fu Angel ad accorgersene e immobilizzato il braccio del suo avversario, lo impalò velocemente e corse ad aiutare la ragazza.

-Clay!-urlò gettandola a terra mentre la freccia veniva scoccata dalla balestra e gli si conficcava appena sotto la scapola, per fortuna non prese l’osso.

Nel medesimo istante, Eric cominciava a rinvenire e vedendo la scena raccattò la balestra di Spike e la puntò contro il vampiro colpendolo alle spalle e riducendolo in cenere. Pochi secondi dopo anche Spike si liberò del suo avversario e corse ad aiutare Eric mentre Clay si occupava di Angel.

-Che botta che mi ha dato!-si lamentò il giovane, quasi, medico portando una mano alla testa.

-Domani ti verrà un bel bernoccolo. Nel frattempo, spera che tua sorella non se la prenda con noi decidendo di farci assaggiare la sua forza di cacciatrice.-lo aiutò ad alzarsi passandosi un suo braccio intorno alle spalle. Insieme si diressero dagli altri due.

-Ti fa male?-chiese Clay preoccupata stando attenta a non toccare la spalla con la freccia ancora conficcata. Era passata per metà ma aveva smesso di sanguinare.

-Abbastanza.-Angel parlò a fatica portando una mano alla freccia per estrarla.

-Così, a sangue freddo, ti farà un male assurdo.-lo bloccò Clay.

-Non c’è altro modo, fidati. E poi io guarisco in fretta, domani si sarà già rimarginata e sarò di nuovo in piedi.-la rassicurò e con uno scatto veloce si tirò via la freccia sussultando per il dolore e gettandola di lato.

Clay lo aiutò a rialzarsi e tutti e quattro uscirono dal cimitero dirigendosi verso casa. Per quella sera la caccia era più che sufficiente.

Una volta a casa di Dawn e Connor, Spike si premurò di curare il taglio sulla fronte di Eric e di porgergli del ghiaccio per la botta alla testa, gli stava pure spuntando un piccolo livido sulla guancia. Nel mentre, Clay fece sedere Angel sul divano e dopo averlo aiutato a togliersi la maglietta gli stava curando e fasciando la spalla.

Fu in quel modo che Dawn e Connor li trovarono quando rientrarono a casa con Madlen che dormiva tra le braccia del padre e Duncan che faceva lo stesso nella carrozzina. I due sgranarono gli occhi per lo stupore e misero i bambini a letto in fretta e furia per poi sapere cosa diavolo era successo. Alla fine del racconto guardarono male i due grandi, e cioè Angel e Spike.

-Lo conosco quello sguardo.-fece Angel alla coppia rimettendosi la maglietta dopo le cure di Clay.

-Beh se lo conosci puoi anche interpretarlo.-Connor incrociò le braccia al petto.

-Sono voluti venire loro.-si difese il vampiro più anziano quasi in modo bambinesco.

-Glielo dovevate impedire.-insistette Dawn.

-Non è colpa loro, li abbiamo convinti noi a portarci.-entrò in loro difesa Clay.

-Non li difendere, Clay.-la riprese Dawn.-Hanno diversi secoli a testa e sanno ragionare benissimo, così come sanno cavarsela benissimo da soli senza l’aiuto di una novella cacciatrice e di un ragazzo senza alcun potere.-

-Non ci hanno costretto!-si arrabbiò la cacciatrice alzandosi indignata.-Siamo stati noi a voler andare con loro, neanche volevano portarci. E non è solo loro la colpa se abbiamo preso qualche cazzotto. La freccia era diretta a me, se Angel non mi avesse gettato a terra mi avrebbe preso in pieno ed Eric ha solo un bernoccolo in testa che guarirà in qualche giorno. Come posso affrontare un demone potente capace di distruggere il mondo se mi faccio mettere sotto da un vampiro appena risorto?-esclamò.

-Comunque dovevamo insistere di più e farvi restare a casa.-concluse Angel alzandosi a fatica.-Ora, se non vi dispiace, io chiuderei il discorso qui e vi inviterei ad andare tutti a dormire. Spike accompagnerà Eric a casa mentre io vado a riposarmi perché mi hanno appena tirato fuori una freccia dalla spalla. Buonanotte.-e senza aspettare risposta andò via lasciandoli nel salotto.

-Andiamo dottorino.-Spike aiutò Eric ad alzarsi e borbottato un “torno subito” uscì per riaccompagnare il ragazzo a casa sperando che Kennedy non si arrabbiasse troppo e non facesse gli stessi lividi a lui.

Gli altri salirono di sopra senza chiudere la porta a chiave anche perché oltre a Spike dovevano ancora tornare le altre ragazze. Ma sarebbe andato il vampiro ossigenato a prenderle, lo aveva detto prima di uscire, anche se anche questo sotto forma di borbottio.

Dawn controllò Madlen prima di andare a dormire e passando per la camera di Clay notò una luce soffusa ancora accesa dalla porta semi aperta. Sbirciò dentro, una abat-jour era accesa sul comodino e la camera era vuota, oltre che per la finestra aperta.

Entrò chiamando piano Clay che si affacciò dalla finestra per rivelare la sua presenza. Avendo scoperto che la tettoia era larga e sicura, ogni tanto si sedeva lì fuori per pensare un po’. Invitò Dawn a raggiungerla e la sua amica lo fece subito.

-Come mai qui fuori? Fa freddo.-le disse passandosi le mani sulle braccia per scaldarle.

-Lo so, ma mi piace qui, mi aiuta a pensare.-le rivelò guardando di fronte a sé.

-Anche Buffy si sedeva qui fuori, ogni tanto. Ci rimaneva anche per due ore di fila, in silenzio e assorta nei suoi pensieri.-sorrise.-E pensare che Buffy non era una ragazza pensierosa, al contrario. Era sempre piena di vita, spensierata e allegra.-

-Doveva essere eccezionale.-sospirò.

-Lo era.-annuì.

-Io l’avrei schivata quella freccia.-disse all’improvviso.

-Cosa?-le chiese perplessa non capendo a cosa si riferisse.

-Al cimitero.-spiegò.-Quel vampiro che mi ha lanciato la freccia. Io l’avrei schivata, l’avevo visto scagliarla ed ero preparata ma Angel si è messo in mezzo gettandomi a terra e facendosi colpire. Non lo so perché l’ha fatto.-

-Neanche io e Connor, ma Angel è fatto così. Probabilmente non saresti rimasta ferita ma lui non ha voluto correre comunque il rischio. Deve per forza salvare tutto e tutti.-si intristì.

-Perché non è riuscito a salvare Buffy?-chiese ma era un’affermazione.-Willow mi ha raccontato tutta la loro storia, alla fine stavo per mettermi a piangere.-

-È una storia triste, lo so.-concordò.-Ma così piena d’amore. Come non ce ne sono molte al mondo. Io amo moltissimo mio marito ma siamo entrambi d’accordo nel pensare che non avremo mai un amore come quello di mia sorella con suo padre.-

-Ci pensi se le fosse stata ancora viva?-la guardò con un sorriso.-Sua sorella e il figlio del suo amore. Ragazzi che famiglia.-fece ridere la sua amica.

-Hai ragione.-annuì.

-Sento che c’è qualcosa con Angel. Quando si è lanciato su di me per proteggermi ho sentito come una specie di legame, qualcosa di strano a cui non ho saputo dare un nome.-rifletté seria.-Ed è una cosa che comunque mi fa paura. Da quando sono diventata cacciatrice ho sempre il timore di scoprire cose che non saprò affrontare. Spesso ho così paura, Dawn.-

-Ti capisco.-le accarezzò i lunghi capelli lisci e biondi.-Adesso andiamo a dormire, è stata una lunga serata e hai bisogno di riposo.-

Tornarono dentro dove Clay si mise a letto continuando a pensare ad Angel. Sentiva che c’era qualcosa, ma non voleva andare in fondo per paura di sapere cosa fosse.

Si rivoltò con un sorriso e i suoi pensieri cambiarono. Angel si confuse con Eric e Clay si trovò a pensare a quanto fosse caro e dolce con lei. Era proprio un carissimo amico. Ma Clay non sapeva quale fosse la distinzione tra amicizia e amore. Non ancora.

Nello scantinato, Spike era da poco tornato con Gunn, Fred e le ragazze. Erano andati tutti a dormire ma in quella stanza si stava consumando una piccola conversazione tra i tre ragazzi.

-E quindi il caro sire sente che c’è qualcosa, tipo un legame, tra lui e Clay.-concluse Spike dopo che aveva raccontato tutta la storia a Gunn.

-Non è che ti stai innamorando?-rifletté il giovane guardando il suo amico.

-Questa è la cosa più assurda che abbia mai sentito!-scattò Angel indignato.-È solo una ragazzina e non è di quel tipo di legame che parlo. È diverso.-spiegò.

-Secondo me è matto.-dedusse Spike avvicinando l’indice alla tempia e rigirandolo come per fare segno che gli era dato di volta il cervello.

-Non lo so, ho constato che a questo mondo tutto è possibile.-sospirò Gunn trattenendo a stento uno sbadiglio.-Ragazzi io sono sfinito e vado a dormire.-li informò spogliandosi e mettendosi sotto le coperte. Augurò la buonanotte e dopo poco dormiva.

Anche i due vampiri si misero a letto ma mentre Spike dormiva, Angel era ancora sveglio a pensare alle sue sensazioni.

Pensò alla sua dolce Buffy, forse sentiva qualcosa con Clay perché quella ragazza somigliava un po’ al suo amore perduto. Ma dopo parecchie ore di rimuginare senza giungere ad una conclusione, il vampiro smise di pensare e si addormentò senza sapere che spesso le sensazioni sono esatte. Ne che a pochi metri da lui dormiva qualcuno che presto o tardi sarebbe divenuto importante per lui.

 

 

 

 

parte 14 - Aria di festa

Sunnydale si trasformava per Natale. La tranquilla e solare cittadina diveniva allegra e festosa, decorata con festoni, fiocchi rossi, agrifoglio e allegri babbi natale.

Tempo addietro, quando l’ultimo attacco del Primo aveva quasi risucchiato Sunnydale, Willow avendo potenziato la sua magia aveva eseguito un piccolo incantesimo di protezione sulla sua cittadina, anche se non era molto potente. La magia, però, si potenziava parecchio durante le festività religiose come Natale e Pasqua. Da all’incirca quattordici anni non c’erano più state lotte durante quelle feste.

Così, dato che Natale era tranquillo tutte le cacciatrici sarebbero tornate a casa per trascorrere le feste. Persino quelle di religione musulmana o le ragazze dei paesi asiatici come Cina, Giappone, Indonesia ed altre sarebbero tornate ai loro paesi per trascorrere quindici giorni con la loro famiglia.

Clay odiava i saluti così aveva incaricato Dawn di dire alle sue compagne arrivederci e il giorno della partenza aveva preferito aiutare Willow al negozio. Con le feste di Natale persino i gadget mistici diventavano idee regalo ed anche il negozio di magia veniva preso d’assalto per gli acquisti.

Willow si avvicinò al bancone dove Clay aveva appena finito di fare uno scontrino. Attese che ebbe finito di servire il cliente e appena si fu allontanato le parlò.

-Pare che ti piaccia.-constatò con un sorriso.-Se vuoi puoi venire più spesso.-le suggerì.

-Beh ultimamente la mia vita è molto più frenetica di una volta. Devo occuparmi di Madlen e poi c’è la caccia e la ronda. A volte quasi mi dimentico di mangiare.-sorrise chiudendo la cassa.

-Hai mai pensato a cosa vuoi fare veramente nella vita, Clay?-le chiese seria.

-Veramente no. Da piccola mi piaceva molto pattinare. Mi ricordo che ogni inverno la mia assistente sociale insieme con chi si occupava dell’istituto dove vivevo ci portavano alla pista di pattinaggio sulla statale diciassette. Io non volevo mai uscire perché adoravo stare lì.-raccontò sorridente.

-Hai mai pensato di provarci professionalmente?-continuò.

-No, non avrei saputo come pagare le lezioni. Era già tanto che mi venissero pagare le scuole e le cure mediche.-scosse la testa.

-E oltre a pattinare non hai mai pensato a cosa vorresti fare?-alzò le spalle e la vide pensarci un po’.

-Uhm…non proprio. Mi piace molto disegnare e mi affascinava la psicologia ma non mi sono mai permessa di sognare troppo. E adesso ho proprio smesso, ho capito che con quello che sono diventata devo stare attenta perché potrei non arrivare a domani.-sistemò alcuni prodotti che stavano posati li accanto.

-Anche Buffy la pensava come te. Anzi lo ripeteva spesso.-sorrise al ricordo.-Era molto passionale e solare ma aveva sempre quel pensiero fisso di non riuscire a vedere la prossima alba che penso sia stata quella la forza che l’abbia fatta essere cacciatrice per quattordici anni e combattere con tanta determinazione.-

-Ti manca?-le chiese di slancio.

-Ogni giorno.-sospirò.-Ma so che lei è in un bel posto e almeno questo mi rincuora.-il campanello sulla porta d’entrata suonò ed entrambe guardarono il nuovo cliente.-Vado io.-le sorrise e si avviò verso il nuovo venuto.

Clay tornò al suo lavoro mentre Willow si occupava del nuovo cliente. Finì nel primo pomeriggio e andò a fare un giro al centro commerciale, aveva reso noto a tutti che avrebbe fatto il regalo per Natale solo a Madlen, Duncan e Gary. Erano i più piccoli e naturalmente agli altri non importava come a loro ricevere un bel regalo.

Tornò a casa con tre grossi pacchi trovando Dawn e Connor che facevano l’albero attorniati da Madlen che cercava a modo suo di aiutare e di Duncan nel seggiolino che faceva dei piccoli versi, probabilmente di apprezzamento.

-Giusto in tempo per riporli sotto l’albero.-esclamò Connor allegro alla volta della ragazza.

-Sono solo dei piccoli pensierini per i più piccoli.-precisò posandoli momentaneamente sul tavolino.

-Hai fatto benissimo, noi non abbiamo bisogno di regali.-sorrise Dawn prendendo delle palline rosse e mettendole su diversi rami.-Dai, vieni a darci una mano.-la invitò facendole segno di avvicinarsi.

Timidamente, Clay si avvicinò finché Connor le mise in mano una pallina di vetro trasparente con dei disegni blu. Lei non aveva mai fatto un albero di Natale e così ci mise qualche secondo a posizionare la pallina su un ramo vuoto, stando attenta a che non cadesse.

In breve ci prese gusto e finì lei l’albero con Dawn mentre Connor giocava con Madlen. Alla fine posizionarono sotto i regali e poi contemplarono la loro opera.

-È bellissimo.-disse Clay osservandolo con occhi emozionati.

-Hai ragione.-concordò Dawn.

-Devo ammettere che avete davvero fatto un ottimo lavoro.-le lodò Connor tenendo Duncan in braccio. Il piccolo fece dei piccoli versi in segno di apprezzamento.-Credo che anche lui sia d’accordo.-ipotizzò accarezzandogli la testa.

-Dallo a me, adesso. È ora della merendina.-lo prese dalle braccia del marito e si diresse in cucina.

Connor prese i pacchi posati sul tavolino e li posizionò sotto l’albero. Nel mentre Clay lo osservava e Madlen giocava con alcuni giochi.

-Stanno benissimo.-dedusse rialzandosi.-Presto ne metteremo altri, sarà un albero stupendo.-sorrise.

-Hai ragione. Vado un po’ in camera mia, adesso che le ragazze sono partite finalmente me la potrò godere di nuovo un po’.-sorrise e salì di sopra lasciando Connor ad occuparsi di Madlen.

Quello stesso pomeriggio, Kennedy si fece accompagnare nelle compere dal suo adorato fratellino minore. Insieme girarono per i centri commerciali e alla sera tornarono a casa pieni di pacchi che posizionarono sotto l’albero appena concluso da Willow.

-Hai fatto un albero bellissimo, amore.-sorrise la cacciatrice baciando la moglie.

-Cosa avete pensato di regalare di bello a Clay?-chiese di punto in bianco Eric.-No, perché è l’ultimo regalo che mi è rimasto ma sono molto indeciso.-spiegò.

-Avevamo visto un maglione d’angora in centro e l’ho ritirato oggi.-rispose Willow porgendogli un bicchiere di vino rosso.-Ho preparato lo spezzatino, ti piace?-

-Molto.-annuì.-Uhm…io non so che farle, è una ragazza solitaria e parla poco di se. Voi sapete cosa le piace?-

-Non esattamente.-rifletté Kennedy.-La conosciamo da un po’, ormai, ma nessuno sa che libri legge, il suo colore preferito, che musica ascolta, se preferisce l’oro o l’argento.-

-Io oggi ho parlato due minuti con lei.-ricordò Willow.-Non è entrata nei dettagli ma ha detto che le piaceva molto pattinare e disegnare.-

-Un blocco da disegno non mi pare l’ideale come regalo.-ci pensò bene il giovane medico.

-Hai ragione.-concordò Willow.-Sai che c’è una pista di pattinaggio poco fuori Sunnydale? È sulla statale diciassette.-lo informò ammiccando.

-Vuoi andare a pattinare una di queste sere?-ipotizzò Kennedy stupita.

-Oh no, io sono negata, non riesco neanche a stare in piedi.-sorrise e si diresse in cucina per vedere a che punto era lo spezzatino.

Eric pensò bene alle parole della cognata e in un primo momento rimase spiazzato, poi fece mente locale anche sull’informazione che a Clay piaceva pattinare e collegò le due cose recependo il messaggio che Willow aveva voluto dargli. Sorrise e bevve un sorso di vino, era ottimo. E forse aveva anche trovato il regalo di Natale per Clay.

La mattina dopo uscì di buonora perché aveva delle commissioni da fare per la scuola. In centro incontrò Clay che aveva appena accompagnato Madlen all’asilo.

-Ciao!-sorrise la ragazza.

-Ehi, cosa fai di bello?-le chiese.

-Ho portato Madlen all’asilo. Menomale che tra poco cominciano le vacanze di Natale, anche quella bimba ha bisogno di staccare un po’.-rispose allegra.

-Hai già fatto colazione? No, perché io sono uscito di fretta e non ho mangiato ma adesso ho una fame da lupi.-le propose.

-Volentieri, nemmeno io ho mangiato.-accettò ed insieme si fermarono all’Espresso Pump.

Presero del caffè, forte per Eric e macchiato per Clay, ed ordinarono dei croissant, marmellata di lamponi per Eric e crema per Clay. Entrambi stavano bene in compagnia dell’altro e spesso parlavano per molto tempo. Anche se Eric notava sempre che Clay non si sbilanciava mai sulla sua vita personale e sul suo passato.

-Allora, hai già fatto i regali di Natale?-le chiese ad un certo punto.

-Si.-annuì dopo un altro sorso di caffè.-Ma li ho presi solo per Gary, Madlen e Duncan. Sono i più piccoli e, a parte Duncan che ha cinque mesi, penso che sono quelli a cui interessa di più un regalo. Oltretutto non dispongo di grossa disponibilità monetaria anche se Dawn e Connor mi pagano molto bene.-spiegò.

-Stai cercando di mettere da parte i soldi?-ipotizzò.

-Un po’ si. Credo che prima o poi mi piacerebbe riprendere a studiare.-rifletté.

-Che cosa di bello?-mise in bocca l’ultimo pezzo di brioche e poi si pulì le mani con un tovagliolo.

-Non lo so, sono indecisa tra arte e psicologia.-

-Due cose diametralmente opposte.-le fece notare.

-Lo so. A me piaceva molto pattinare, da bambina sognavo di diventare professionista ma non potevo pagarmi le lezioni e adesso sono un cresciuta.-

-Ti va di venire a pattinare con me?-le chiese di colpo.-Sai io non so cosa regalarti per Natale e Willow mi ha detto che c’è una pista poco fuori città. Vorrei regalarti una serata con la tua grande passione da bambina.-

-Va bene.-accettò.

-Passo a prenderti alle otto, va bene?-le propose.

-Sarò pronta per allora.-finì la colazione e si pulì le mani.-Adesso devo scappare, ho promesso a Fred che l’avrei aiutata nella consultazione di alcuni testi che parlano di Kramzee. Sarà Natale ma di studiare il nemico non si finisce mai.-lo fece ridere e poi lo salutò scappando velocemente via.

Clay non era mai stata ad un appuntamento, quindi per lei quell’uscita era speciale. Eric le piaceva, si trovava bene in sua compagnia e quella sera l’avrebbe portata a pattinare, una cosa che adorava. Arrivata a casa dopo aver passato la mattina con Fred ne parlò a Dawn, la considerava come una sorella maggiore, che le consigliò di essere naturale e come essere bella. Non che Clay non lo fosse.

Eric arrivò puntuale alle otto portando via Clay dopo aver subito le scherzose raccomandazioni di Connor che pareva un fratello maggiore la cui sorellina andava al ballo. Nessuno si accorse del broncio di Angel dopo che la giovane cacciatrice fu uscita. Nessuno, tranne Spike ovviamente.

-Già di tuo sei un musone, adesso vedi di stare attento o il tuo broncio sfonderà il muro!-lo riprese.

-Non ho alcun broncio.-si difese alquanto debolmente ma con un forte orgoglio.

-Ah smettila!-lo rimbeccò.-La ragazza ha diritto ad una serata di svago, questi ultimi quattro mesi sono stati pesanti per lei, per non parlare del fatto che non ne ha mai avuto una in vita sua. E tu sembri un padre geloso la cui unica figlia femmina liceale esce con un universitario.-

-Ti sbagli su tutta la linea. Io non sono geloso di Clay e, tanto per la cronaca, a me piace Eric.-precisò.

-Cos’è, dopo trecento anni ti stai stancando dei soliti gusti sessuali?-ammiccò con un sorrisino.

-Non sei divertente!-ringhiò.

-Angel rilassati!-gli consigliò.-Il bel dottorino si prenderà cura della non indifesa cacciatrice, passeranno una bella serata e a te domani sarà già passata. Quest’ultima cosa la spero per me perché non ti sopporto più!-

-Sento che c’è qualcosa con quella ragazza.-mormorò serio.-Me lo sento dentro.-

-Fidati del tuo amico: è troppo giovane per te.-e senza attendere la risposta, salì al piano di sopra per giocare con Madlen lasciando il suo compagno di scorribande con la voglia di ammazzarlo e anche di urlargli che non era innamorato di Clay.

La pista di pattinaggio era affollata di gente ma ad Eric pareva che solo Clay splendesse lì. Da quando erano arrivati avevano cominciato a brillarle gli occhi e il suo sorriso si era allargato. Era entrata in pista da già venti minuti e ancora non si accingeva a prendersi una pausa.

Eric era una frana sui pattini, così si limitava a guardarla dal tavolino che era riuscito ad occupare. Spesso, Clay gli lanciava degli allegri saluti. Dopo un po’, finalmente la ragazza si decise ad uscire e sedette accanto al suo accompagnatore.

-Dovresti fare un giro anche tu.-gli consigliò.

-Non so stare neanche in equilibrio.-la informò facendola ridere.

-Guarda che non sei l’unico.-gli fece notare indicando la pista dove c’erano un bel po’ di persone che spesso e volentieri cadevano.

-Magari più tardi ci provo, promesso.-le concesse.-Vuoi una cioccolata calda?-

-Volentieri, ho le mani gelate.-si tolse i guanti di lana e soffio nelle mani unite per riscaldarle.

-Torno subito.-e si diresse verso il bar.

Clay lanciò uno sguardo alla pista dove famiglie, coppie di fidanzati e gruppi di amici si divertivano. Adesso tutto le appariva diverso da quando era bambina. Da piccola, andare a pattinare un volta l’anno le appariva come una via di fuga dal mondo reale ma adesso era diverso. Era cresciuta, aveva degli amici, un destino e una missione.

Eric tornò mettendole la tazza fumante davanti al naso e con un sorriso le la prese ringraziandolo. Passarono una buona mezzora a parlare del più e meno, si trovavano proprio bene a farlo. Poi Clay manifestò la voglia di tornare in pista ma non voleva lasciare da solo Eric così insistette a farlo entrare e dopo un po’ ci riuscì constatando che aveva avuto proprio ragione: non sapeva neanche stare in equilibrio.

Era però divertente tenerlo per mano e cercare almeno di farlo stare in piedi mentre lui ondeggiava e la supplicava di non lasciarlo andare. Ma lei lo fece correndo avanti allegramente e poi tornando indietro. Eric muoveva le braccia per mantenere l’equilibrio ma quando la vide tornare indietro l’unica cosa che riuscì a fare fu allargarle di più per prenderla tra le braccia e tenerla stretta. Per fortuna di tutti, non cadde, al contrario la abbracciò forte finché lei lo guardò con un dolcissimo sorriso e gli occhi che brillavano più di due stelle.

Lui le accarezzò dolcemente il viso ricambiando quel dolcissimo sorriso. Poi si chinò su di lei e le sfiorò le labbra con un bacio. Quando capì che non l’avrebbe respinto la baciò sul serio ma con dolcezza. Il mondo attorno a loro era magicamente sparito.

 

-È così che si fa quindi.-furono le prime parole di Clay dopo il momento con voce rauca.

-Così che si fa cosa?-si stupì ma il suo sguardo adesso imbarazzato gli rivelò tutto.-Era il tuo primo bacio.-affermò.

-Già.-annuì.

-Ti ha fatto schifo?-si preoccupò.

-No.-scosse la testa con un sorriso.-Solamente è stato…strano.-disse.-Ma bello.-si affrettò a precisare.

-Bene, mi fa piacere.-fece una pausa.-Clay, io sono molto contento di abbracciarti ma se mi appoggio a te ancora un minuto ti faccio crollare al suolo, quindi è meglio se mi accompagni a sedere.-la fece ridere e insieme si diressero al tavolino precedentemente occupato ancora libero.

Trascorsero una bella serata ed Eric riaccompagnò Clay a casa che era quasi mezzanotte. La portò fin sulla porta salutandola con un bacio in fronte. Nessuno dei due si accorse di Angel nascosto nell’oscurità di un albero in attesa di vederli tornare.

Non si stava innamorando di lei, ne era perfettamente consapevole, ma ne era geloso come se fosse stata sua figlia. Ormai sapeva di essere ripetitivo ma sentiva di avere un legame con lei. Era solo questione di tempo prima di capire di cosa si trattava.

Dal canto suo, Clay si chiuse la porta della sua stanza alle spalle con un sospiro beato. Come primo appuntamento era andata più che bene, aveva pure avuto non uno ma bensì due baci. Si tolse la giacca posandola su una poltrona e si gettò sul letto sorridendosi come una sciocca. Tirandosi a sedere afferrò da dentro il comodino un diario dove cominciò ad annotare tutto quello che era successo quella sera.

Mentre scriveva lanciò uno sguardo sotto alla finestra dove giaceva il baule blu di Buffy. Dawn glielo aveva consegnato dopo averle raccontato della sua morte. Le aveva promesso che prima o poi lo avrebbe aperto per leggere i diari della cacciatrice defunta ma ancora non si era sentita pronta per farlo. Sentiva come se avesse profanato la sua memoria leggendo le sue cose più intime e personali. Senza sapere che stava lì la verità.

 

 

 

parte 15 - Aria di festa

La vigilia di Natale si riunirono tutti a casa di Dawn e Connor. Già nel pomeriggio, Clay si mise ad aiutare Dawn nella preparazione della cena natalizia raccontandole, nel mentre, com’era andato l’appuntamento della sera precedente.

Connor aveva portato fuori i bambini mentre Gunn era andato a Los Angeles dai suoi genitori e Fred era partita quella mattina per passare almeno solo il Natale in Texas dai suoi sperando che Illirya non si ribellasse alle festività decidendo di venire fuori ma il demone e la donna avevano stabilito un patto e finora nessuna delle due l’aveva rotto.

Clay parlò molto volentieri con Dawn, non sapendo che il tutto arrivava alle orecchie sensibili del vampiro castano, sveglio sul suo letto mentre Spike se la ronfava di brutto nel suo.

Il suo viso in quel momento era una maschera di gelosia allo stato puro. Sperò solo che le due la smettessero presto di parlarne perché se Spike si fosse svegliato e l’avesse visto con quella faccia avrebbe ripreso a punzecchiarlo e lui non lo sopportava più.

Angel non si era mai sbagliato nelle sue sensazioni. Si era scervellato fino all’esaurimento su cosa potesse essere il legame che sentiva ma senza alcun risultato, tranne quello di far straparlare Spike. Sbuffando si rigirò nel letto e cercò di dormire un po’, riuscì a riposarsi per un paio d’ore prima che fosse l’ora di alzarsi perché stavano cominciando ad arrivare gli altri.

Fu una cena molto allegra e divertente, lui la osservò in tutto e per tutto. Tutti ridevano, scherzavano…e avevano una luce comune negli occhi: se solo anche Buffy fosse stata lì con loro.

Angel era un tipo che parlava poco ma osservava molto. Tutti erano felici per via delle feste e tristi perché c’erano persone amate che mancavano. Ma lui non voleva rattristarsi con quei pensieri. Nella vita aveva imparato che non sempre si poteva tornare indietro per migliorare le cose.

E questa era una cosa che spesso si chiedeva. Era stato giusto tornare indietro? Gli avevano detto che se fosse stato umano Buffy sarebbe morta. Beh era morta lo stesso, e per ben due volte.

Ma a che serviva recriminare se ormai era tutto già successo? Sospirò lievemente e si concentrò sulla cena preparata da Dawn, anche se per lui non aveva un vero sapore era comunque tutto buonissimo.

Dopo cena si spostarono nel salotto ad attendere la mezzanotte, c’era una perfetta atmosfera famigliare quasi magica. Allo scoccare della mezzanotte, dopo gli auguri, cominciarono ad aprire i regali depositati sotto l’albero. Era talmente pieno che Xander ironizzò dicendo che era meglio fare un albero di regali con sotto l’albero decorato, ma nessuno gli diede retta.

Non lo dava a dimostrare, ma quella più emozionata nello scartare i regali era Clay. Non aveva mai avuto un Natale con quella che poteva essere lontanamente una famiglia, non aveva mai avuto dei regali e adesso tutti quelli che lei non giudicava più solo amici ma una famiglia le avevano fatto un regalo.

Willow e Kennedy le regalarono un maglione di angora azzurro cielo aderente, caldo e a collo alto che le incorniciava le curve giovanili e che accentuava il verde dei suoi occhi.

Xander ed Andrew le regalarono un cd di un gruppo che le piaceva. Tecnicamente era il suo gruppo preferito, lei aveva solo detto la frase “Mi piacciono molto” durante una discussione con i due sulla musica su cui non si era sbilanciata molto a causa della timidezza ma i due l’avevano ricordato e conoscendola avevano interpretato il suo “molto” come un “li adoro” e le avevano preso quel cd.

Giles non fu da meno. Un pomeriggio mentre parlavano di libri, l’osservatore aveva scoperto che la giovane cacciatrice era un’appassionata lettrice, Clay aveva detto che le piaceva molto Diane Gabaldon e il regalo di Giles si era poi rivelato essere la raccolta completa, fin dove era stata pubblicata, della serie incentrata su Claire Randall e sul suo amore James Fraser.

Faith e Robin le presero un paio di orecchini e Dawn con Connor una catenina con un ciondolo con un brillantino. L’emozione per lei era tale che tutti cercarono di smorzarla perché a breve la ragazza avrebbe pianto per la contentezza.

Ma il regalo che più le tolse il fiato fu quello di Angel. Tecnicamente era solo un foglio di carta fatta a mano color avorio arrotolato come una pergamena e legato da un nastro di seta rosso ma quando lo srotolò constatò che era un ritratto, un suo ritratto fatto a carboncino.

Le linee morbide, le sfumature e i giochi di ombre erano così perfetti che pareva quasi una foto in bianco e nero. Lei era ripresa a mezzo busto con il volto leggermente voltato di lato in un’espressione pensierosa ma serena, i capelli erano mossi dal vento con una mano tra di essi, le labbra carnose appena dischiuse e gli occhi appena socchiusi.

-Wow…è…bellissimo.-disse emozionata. Non si era mai vista sotto quella luce e si chiedeva come avesse fatto Angel a vederla in quel modo.

Piacque a tutti il ritratto fatto dal vampiro e fu lo stesso Angel a notare che Dawn fu l’unica a sbiancare quando lo vide e che trovò una scusa per andare in cucina. Senza farsi notare la seguì e la trovò a piangere poggiata al lavello.

-Tutto a posto, Dawn?-si preoccupò raggiungendola.

-Quel ritratto…-balbettò.-Perché le somiglia così tanto?-pianse coprendosi il viso con le mani.

-Non riesco a spiegarmelo nemmeno io.-ammise.-Dawn cosa sai esattamente di questa ragazza?-le chiese prendendola per le spalle.

-Quello che mi ha raccontato lei. Non ha genitori, era in affidamento agli assistenti sociali, ha vissuto in dieci famiglie diverse e che Clay non è il suo vero nome.-spiegò asciugandosi gli occhi.

-Ma non lo dice a nessuno, il suo nome.-precisò.-Che ne sappiamo noi di chi è realmente.-

-Angel!-lo riprese.-Clay è con noi da settembre ed è sempre stata meravigliosa. Madlen la adora ed è una cacciatrice eccezionale.-

-Lo so, hai ragione scusami.-fece contrito.-Io sento che c’è qualcosa sotto e lo scoprirò. Adesso sistemati, non voglio che si accorgano che hai pianto.-le sorrise.

-Mi manca così tanto, Angel.-mormorò.

-Anche a me.-e detto questo, a posto di tornare dagli altri andò fuori in giardino.

Dawn attese qualche minuto e poi tornò nel salotto dove nessuno si accorse del suo turbamento, a parte ovviamente Connor che conosceva molto bene sua moglie.

Una volta che tutti furono andati via e dati appuntamento al giorno dopo per il pranzo, Connor chiese a Dawn cosa era successo e lei gli spiegò tutto. Connor cercò di consolarla ma se c’era una cosa che sapeva era che Buffy aveva contato molto per Dawn soprattutto durante la sua adolescenza quando aveva perso Joyce e sua sorella si era fatta in quattro per starle accanto.

Quella notte la tenne stretta a sé mentre dormiva sentendo passarle il turbamento durante il sonno. Non poteva far fronte a quel dolore ma almeno cercare di attenuarlo un po’.

Il giorno dopo la festa fu ancora più allegra grazie all’affetto di quel gruppo unito, del meraviglioso pranzo preparato da Dawn e dalla torta con la crema fatta da Willow.

Clay non aveva mai vissuto un vero Natale e si stava divertendo da morire. Aveva indossato il maglione regalatole da Willow e gli orecchini regalo di Faith, entrambi le stavano benissimo. Dopo il dolce mentre tutti cominciavano a rilassarsi colse l’occhiata di Eric che le indicava di andare fuori. Con una scusa, entrambi lasciarono la tavola e si incontrarono sul retro.

-Ti sta benissimo quel maglione.-le disse lui accarezzandole dolcemente un braccio.

-Mi piace da morire.-confessò.-Questo è il primo Natale che posso chiamare tale. Mi sento così felice.-rise allegra.

-E si vede.-le diede un lieve bacio sulle labbra.-Ma non c’è proprio nessuno che conosci a parte noi?-le chiese e lei improvvisamente spalancò gli occhi.

-Sarah!-esclamò.

-Chi è Sarah?-si stupì.

-La mia assistente sociale. Si è sempre presa cura di me, se avesse potuto mi avrebbe adottato lei ma non le hanno mai accettato la domanda. Oh cielo, dall’ultima volta che l’ho sentita sono passati quasi quattro mesi.-spiegò.

-Vai pure a chiamarla, io torno dagli altri.-la incitò.

-Grazie.-lo abbracciò e corse dentro.

Salì in fretta in camera sua e si sedette sul letto afferrando il telefono. Compose velocemente il numero e attese che qualcuno rispondesse dall’altra parte.

-Pronto?-rispose una voce che ben conosceva.

-Sarah? Sono Clay.-la informò.

-Clay!-esclamò contenta.-Mio Dio sono passati mesi dall’ultima che ti ho sentito, stavo quasi per preoccuparmi. Dove sei?-

-Sono a Sunnydale.-rispose.

-Ancora? Pensavo che volessi spostarti.-si stupì.

-Beh sono cambiate molte cose. Ho trovato lavoro come babysitter e la famiglia mi ha accolto in casa. Mi trovo molto bene, Sarah, mi sento come se avessi trovato la mia famiglia. Loro sono speciali, hanno reso speciale me, mi hanno cambiato la vita ed il destino. Ho degli amici e…anche una relazione sentimentale appena cominciata.-le spiegò con un sorriso.

-Clay tu mi stai rendendo la persona più felice del mondo. Ho così tanto sperato che trovassi qualcuno che ti volesse bene.-la donna era emozionata quasi fino alle lacrime.

-E adesso ce l’ho. Dawn e Connor, la famiglia che mi ha accolto, sono fantastici, mi trattano come una sorella minore e hanno due figli stupendi. La più grande, Madlen che è la bimba di cui mi occupo, è dolcissima e mi adora.-sorrise.

-E cosa mi dici della tua relazione?-continuò.

-Eric sta facendo la specializzazione in oncologia infantile all’ospedale di Sunnydale e mi piace molto. Pensa che mi ha portato a pattinare prima di Natale.-disse brevemente.

-Ha colpito nel punto giusto, ricordo che adoravi pattinare.-constatò.

-Si, è stata una bella serata.-ricordò.

-Tesoro, io sono molto felice per te, davvero. Adesso però devo salutarti perché ho gente a pranzo, non far passare altri quattro mesi prima di chiamarmi, va bene?-la pregò.

-Va bene.-assentì.-A presto, Sarah.-

-Ciao Clay.-e chiusero.

Clay posò il telefono contenta per aver sentito l’unica persona che per anni aveva tentato di farle da famiglia. Era molto affezionata a Sarah, le era stata accanto nei momenti più difficili della sua vita. Mentre pensava a quanto bene le aveva fatto la sua amica sentì bussare alla porta. Voltandosi vide Dawn sul ciglio con un sorriso.

-Tutto bene?-le chiese.-Willow ha portato in tavola la torta e sembra buonissima.-la informò.

-Si, ho solo chiamato la mia ex assistente sociale per gli auguri. Mi è sempre stata molto vicina.-le spiegò.

-Sono contenta e la prossima volta che la senti dille che può venire a trovarti quando vuole.-

-Lo farò.-annuì alzandosi.

-Senti, di ad Eric, la prossima volta che vuole darti un bacio di non farlo sotto la finestra.-la ammonì bonariamente.-Menomale che c’ero io se beccavate Xander non oso immaginare le battutine.-

-Staremo più attenti, promesso.-giurò alzando la mano e cominciando a scendere le scale con lei.-Dawn, ti ho mai detto quanto sono felice con voi?-la fermò a metà della scala.

-No, ma non c’è bisogno. Io lo vedo dai tuoi occhi e sono molto contenta per te.-le accarezzò dolcemente i capelli.

-Comunque voglio che tu lo sappia, io mi sento come in famiglia qui.-le disse.

-Devi sentirti così, ti vogliamo davvero bene. E adesso andiamo a gustarci la torta.-le cinse le spalle con un braccio e raggiunsero la sala da pranzo dove Willow aveva appena schiaffeggiato la mano di Xander perché aveva cercato di allungarla sulla torta con gran divertimento di Spike.

C’era un’atmosfera allegra e gioiosa e tutti se la stavano godendo appieno. Sapevano che presto le feste sarebbero passate e avrebbero dovuto ricominciare a tenere la guardia alzata in attesa del risveglio di Kramzee che minacciava di distruggere la loro serenità a lungo, e molto spesso, ritrovata con difficoltà.

Ma ci avrebbero pensato in seguito, era Natale e contava solo stare insieme ed essere felici.

 

 

 

parte 16 - Si riprende

Dopo un capodanno trascorso ancora in totale allegria e felicità, ben presto si ricominciò da dove tutto si era interrotto: caccia, allenamenti e ricerche.

Pian piano tutte le cacciatrici cominciarono a tornare, abbastanza serene e riposate, pronte a riprendere la battaglia da dove si era interrotta. Gli allenamenti ricominciarono a pieno ritmo con un Angel nelle vesti di allenatore severo ma giusto.

Lo stesso vampiro notò che le ragazze si allenavano con più impegno e meno fatica giudicando una saggia decisione quella di mandarle tutte a casa durante le feste. Quel breve periodo le aveva ritemprate e anche fatte riprendere dai primi attacchi abbastanza feroci dei seguaci di Kramzee, dove già molte loro compagne avevano perso la vita.

Angel immise pure una nuova regola: quella di non far uscire tutte le ragazze ogni sera. Ogni pomeriggio, al tramonto, dopo gli allenamenti, sceglieva venti ragazze, le divideva in quattro gruppi da cinque e sotto la guida sua, di Spike, Faith e Kennedy uscivano per la pattuglia. Diceva che sarebbe stato un modo per disorientare il nemico e anche contenere le perdite in caso di attacchi.

E fu durante una di quelle sere che Eric, di doppio turno all’ospedale, riuscì a passare qualche ora in compagnia di Clay senza che nessuno li disturbasse o sospettasse di loro. Anche se aveva notato che Willow li guardava in modo strano e sapeva che Dawn era a conoscenza di loro, perché glielo aveva detto Clay.

Era una limpida sera di fine gennaio con le stelle che brillavano alte nel cielo scuro di Sunnydale. Lui era in pausa e in teoria avrebbe dovuto dormire, ma in realtà stava sul tetto dell’ospedale insieme con Clay. La ragazza aveva portato delle coperte e si erano stesi su una, coprendosi con delle altre, a guardare le stelle.

-Eric?-lo chiamò lei alla fine di una delle loro interminabili discussioni.

-Dimmi.-la incitò.

-Ma tu sai distinguere le stelle?-gli chiese alzando il viso dal suo petto per guardarlo in faccia.

-Oh certo che no.-ammise come se fosse la cosa più naturale del mondo.-Ma mi piace guardarle. Soprattutto d’estate quando il cielo è più limpido. In genere scovo sempre un posto isolato e con poca luce dove si vedono bene, così posso andarci per San Lorenzo. Se si trova il posto giusto e le condizioni sono ottime le stelle che cadono sono un vero spettacolo.-sorrise.

-Wow.-mormorò.-Non ti pensavo così profondo. In effetti non ho mai pensato bene alle stelle. Forse perché il mio unico pensiero è sempre stato il mio abbandono.-

-Perché non l’hai mai cercata?-le chiese a bruciapelo.

-Chi?-si stupì.

-Tua madre. Magari non ci fai caso ma parli, o accenni, molto spesso a lei. Ti chiedi se le somigli, se hai il suo carattere. Tempo fa mi hai pure detto di esserti chiesta se il nome che ti ha dato significava qualcosa per lei.-fece una pausa.-Mi stupisco del perché tu non l’abbia mai cercata.-

Clay si tirò a sedere fissando adesso il cemento ormai sporco della terrazza. Sapeva che Eric aveva ragione, pensava tutti i giorni a lei. Sua madre. Ma non aveva mai avuto il coraggio di cercarla.

-Mi è sempre mancato il coraggio.-ammise.-Volevo provarci ma poi pensavo che se lei mi ha lasciato doveva esserci un motivo, magari perché non mi voleva allora. E se non mi voleva quando sono nata perché avrebbe dovuto volermi da cresciuta? E immaginavo di bussare alla sua porta ma quando lei la apriva mi diceva che non mi aveva mai voluto, e se così fosse davvero stato il mondo mi sarebbe crollato addosso.-

-Se vuoi un aiuto, o un sostegno morale, io ti aiuterò. Se vuoi cercarla, possiamo farlo insieme. Potremmo cominciare dal ninnolo che ti ha lasciato. Io non ho mai visto un anello simile quindi dev’essere molto raro, magari unico. Potremmo fare una ricerca su internet per vedere che tipo di anello è e poi procedere a cercare i negozi che lo rivendono o gli artigiani che lo fanno.-le propose ma lei scosse lentamente la testa.

-No.-mormorò.-Adesso non me la sento, mi sento ancora troppo piccola per subire il dolore di un suo rifiuto.-

-Magari potrebbe accoglierti a braccia aperte.-alzò le spalle.

-Più avanti ci penserò, promesso.-gli assicurò sorridendogli.

-Meritiamo tutti qualcuno vicino. Adesso tu hai me ma meriti anche qualcuno con un legame di sangue. E se lei dovesse comunque rifiutarti rimarrei sempre io con te.-le accarezzò il viso con una mano poi si chinò a baciarla dolcemente.

-Grazie Eric.-mormorò lei con un sorriso.

Lui aprì la bocca per rispondere ma il suo cercapersone cominciò a suonare insistentemente interrompendo la magia di quella splendida serata limpida. Lui lo prese bloccando il suono e vedendo chi lo chiamava.

-Un’emergenza, una bambina con tumore allo stomaco in stadio avanzato. Devo andare.-si alzò velocemente e lei fece lo stesso.

-Va pure, io raccatto tutto e vado a dormire. Angel ci ha promesso per domani una bella giornata di allenamento e probabilmente sarà il mio turno di uscita.-lo incitò prendendo una delle coperte e cominciando a piegarla.

-Va bene, a domani.-la baciò velocemente e corse via.

Clay raccolse tutto e poi scese giù. Sunnydale era deserta dato che erano le tre di notte e lei era all’erta per qualsiasi cosa poteva succedere, ma il suo tragitto fino a casa fu tranquillo probabilmente perché c’erano le sue compagne a vigilare sulla tranquillità della cittadina.

Il giorno dopo la giornata iniziò in modo frenetico. Clay si alzò presto per fare il suo solito giro di jogging, al ritorno fece rapidamente la doccia, si vesti, svegliò Madlen, la accompagnò all’asilo e poi aiutò Dawn nelle faccende. Il momento in cui la donna doveva tornare al lavoro lasciando a lei anche Duncan si avvicinava rapidamente e ancora non sapevano come giostrarsi perché gli allenamenti si stavano intensificando in vista di una possibile lotta con Kramzee in persona. Ma era probabile che Dawn avrebbe chiesto qualche mese di maternità in più o addirittura fare in modo che il piccolo venisse accettato alla nursery dell’azienda, era ancora tutto da stabilire.

Persino l’apertura della filiale di Sunnydale della Wolfram&Hart stava subendo forti ritardi a causa dell’imminente arrivo di Kramzee così che Connor si ritrovò a fare più spesso giù tra la cittadina e Los Angeles per discutere le pratiche con i soci superiori dello studio.

Willow e Giles non facevano altro che cercare e studiare su Kramzee. Di loro calcoli, altamente ipotetici, avevano previsto il suo risveglio tra la primavera e l’estate. Ma non c’era niente di sicuro e i due continuavano le ricerche con l’aiuto di Xander, Andrew e Robin mentre Angel, Faith, Kennedy e Spike allenavano le cacciatrici.

L’allenamento quel giorno fu parecchio stressante. Angel le lasciò in pace solo durante la pausa pranzo e prima del tramonto, in modo che non fossero troppo stanche per la ronda notturna.

Come Clay aveva previsto, Angel la scelse per la caccia e la tenne nel suo gruppo. Loro si occuparono della zona intorno e dentro i boschi. Per diverso tempo non videro nessuno così Angel decise di fermarsi rimanendo comunque appostati. Vedendola sola, il vampiro si avvicinò a lei.

-Come mai tu non sei tornata a casa per le feste?-le chiese sedendole accanto su di un masso.

-Evidentemente sei l’unico a non sapere che non ho famiglia.-gli rispose con un sorriso.

-Tutti abbiamo una famiglia.-precisò.

-Non io, sono stata cresciuta dagli assistenti sociali. Quando sono nata mia madre ha messo firma ed è andata via dall’ospedale senza di me.-gli spiegò.

-Mi dispiace tanto.-le disse triste per lei. In realtà sapeva che era un’orfana perché Connor e Dawn gli avevano raccontato la sua storia ma ormai si era intestardito che quella ragazza doveva avere un qualche tipo di legame e voleva andare più a fondo.

-Non preoccuparti.-alzò le spalle.-Mi ha evitato coprifuoco, liti con i genitori, un padre geloso e cose del genere.-sorrise.

-Non mentire, Clay. Io ti conoscerò appena ma so leggere benissimo dentro una persona. I tuoi occhi sono tristi e bramano un conforto materno. Si vede che hai sognato mille volte di addormentarti mentre ti veniva letta la favola della buonanotte, di ricevere un bacio prima di varcare la soglia dell’asilo, di dire a tua madre della tua prima cotta o del tuo primo ciclo, o semplicemente di ricevere un abbraccio.-aveva colpito nel segno, difatti Clay aveva abbassato la testa e l’aveva voltata di lato per nascondere gli occhi che erano diventati lucidi di lacrime.

-Sono così evidente?-mormorò.

-Non devi piangere.-le disse girandole piano il viso e asciugandole la prima lacrima che era scesa giù.-Non è ancora tutto perduto. Forse un giorno tu avrai queste cose, o anche se non sarà così le saprai dare raddoppiate ai tuoi figli. Io ho due secoli e mezzo più di te e potrei venirti avo ma se hai bisogno del conforto di un padre puoi sempre chiamarmi.-le propose.

-Grazie Angel.-si asciugò furtivamente gli occhi.-Anche se adesso ho trovato ciò che di più simile è una famiglia.-abbozzò un sorriso.

-Dawn e Connor?-ipotizzò e lei annuì.-Dawn è una donna straordinaria e molto forte, ha preso da sua sorella. Ha perso la madre a quattordici anni e Buffy è stata la sua sola ancora di salvezza, poi è morta per la seconda volta ed è tornata, poi è morta di nuovo sette anni fa. È cresciuta non facendosi indebolire dal dolore e imparando ad essere coraggiosa e a vivere da lei. A volte non so dire se sia meglio o peggio il fatto che non le somigli.-

-Non tiene neanche una sua foto in giro. C’è quella di sua madre, ma non ho mai visto una foto di Buffy in giro.-riflettè.

-Forse è meglio così.-la cacciatrice stava per ribattere quando una ragazza li chiamò.

Scattarono all’erta e andarono a vedere che succedeva, c’era un gruppetto di vampiri che aveva rapito una povera coppia. Angel impartì velocemente gli ordini poi si lanciarono all’attacco. Fu una lotta abbastanza semplice anche se ci furono dei feriti.

I vampiri erano in cinque e li sgominarono rapidamente salvando la coppia terrorizzata. Il resto della ronda proseguì tranquillamente e quando si misero a letto erano comunque tutte sfinite.

Fu Clay quella che faticò ad addormentarsi perché rimuginò su come Angel avesse imparato a conoscerla così bene. Aveva azzeccato tutto quello che aveva detto su di lei e aveva apprezzato la sua proposta di considerarlo come un padre.

Ma evitò di pensarci. La lotta con Kramzee si avvicinava sempre di più e adesso che la routine era ripresa doveva proseguire a pieno ritmo senza distrazioni. Avevano già avuto perdite e sconfitte ma alla battaglia finale avrebbero vinto loro.

Clay non immaginava che presto, per lei, sarebbero arrivate battaglie ben diverse.

 

 

 

 

Parte 17 – Ferite vecchie e nuove

-Clay, posso parlarti?-Dawn si affacciò sulla porta della camera della ragazza che la guardò con aria interrogativa mentre finiva di prepararsi per andare agli allenamenti.

-Va bene.-assentì e la donna entrò.-C’è qualcosa che non va?-si preoccupò.

-No, va tutto bene.-la rassicurò.-Ho parlato con il mio datore e purtroppo non può concedermi altro tempo per la maternità. Al massimo entro due settimane dovrò tornare al lavoro e Duncan è ancora troppo piccolo per essere iscritto al nido anche solo dell’azienda. So che tu devi occuparti di Madlen e che ci sono gli allenamenti ma non so come fare.-le spiegò.

-Capisco. In effetti è un bel problema.-concordò.-Non voglio portare il bambino agli allenamenti, con tutto quel fracasso si sveglierebbe di sicuro e non starebbe buono ma non posso saltarli.-riflettè.

-Lo so. Avrò tanto lavoro da recuperare e questo vuol dire che spesso farò tardi.-disse.

-Per la sera non devi preoccuparti, non sarò sempre di ronda.-la rassicurò.-E per il giorno potrei provare a diminuire un po’ gli orari. Proverò a parlare con Angel, sono sicura che mi verrà incontro.-sorrise.

-Hai stretto un ottimo legame con lui.-notò.

-Si. Una sera abbiamo parlato e ho scoperto che sa conoscere bene le persone anche solo dallo sguardo. Comunque per me è come una specie di padre, o almeno è lui che me l’ha proposto.-si alzò finendo di sistemarsi.-Adesso devo scappare, prometto che al mio ritorno troveremo una soluzione.-le assicurò e uscì via di corsa.

Quel giorno l’allenamento si svolse in maniera un po’ diversa dal solito. Di solito, Angel le allenava fisicamente e ogni tanto Giles e Willow impartivano loro un po’ di teoria e lezioni di demonologia ma si resero conto che finora le ragazze avevano affrontato solo vampiri quando in realtà alla resa dei conti avrebbero dovuto affrontare un potente demone.

Così a Fred era venuta un’idea, e quel giorno le ragazze si trovarono a fare lezione con Illirya in persona. Inutile dire che quando la videro scattarono tutti all’erta ma Angel le tranquillizzò dicendo che ormai Illirya combatteva per il bene e che lei divideva il corpo con Fred, quindi potevano stare tutte tranquille.

-Finora non sono mai venuta agli allenamenti.-esordì la demone facendo avanti e indietro di fronte alle ragazze sedute sul pavimento ad ascoltarla.-Anche perché le ricerche sul vostro nemico ha impegnato Fred. Beh voi fino ad adesso vi siete allenate molto, avete cacciato e affrontato vampiri. E qui si spiega la mia presenza. Vampiri. I vampiri sono forti ma mai quanto i demoni, ed è questo che avrete davanti quando arriverà la battaglia finale: un demone. Kramzee. Il terrore assoluto. Lui arriva, distrugge e va via. E ricomincia da un’altra parte. Se avesse la possibilità di arrivare sulla Terra sappiate che non passeranno più di ventiquattro ore prima che questo pianeta sia solo un ricordo astratto. Quindi oggi voi non vi allenerete come tutti gli altri giorni ma affronterete un combattimento con me. Prometto che cercherò di non spezzarvi le ossa.-scherzò facendole ridere e alleviando così un po’ la tensione che sentiva sulle ragazze.

Tutte si alzarono al suo cenno e rimasero immobili mentre la demone le scrutava con i suoi occhi di quel blu surreale come l’effetto di una lente a contatto colorata. Tutte in lei vedevano il volto di Fred e a tutte quella trasformazione faceva comunque paura, perché Illirya incuteva paura.

Il volto anche se dalla forme umane pareva una maschera di carnevale estremamente reale con la radice dei capelli e metà della fronte blu che poi sfumava nel verde fino al colore semi naturale della pelle, come una donna che si era messa troppo fondotinta e si notava, gli occhi blu intenso e le labbra di un blu che dava sul grigio piombo. Il corpo era ricoperto da quella che poteva sembrare un costume ma che in realtà era la vera pelle di Illirya. Le ragazze rimasero immobili davanti a lei finché non indicò una di loro.

-Tu!-la chiamò e la ragazza dalle chiare fattezze orientali si avvicinò.-Come ti chiami?-le chiese.

-Kai Yin.-rispose.

-Di dove sei?-continuò.

-Shangai.-continuò con il mento alto e la chiara fierezza cinese.

-Kramzee non ti farà tutte queste domande.-le diede un pugno nello stomaco che la fece cadere a terra.-Farà direttamente così appena ti vedrà.-precisò mentre tutti in sala trattenevano il respiro per la tensione.

-Illirya.-la riprese Angel avanzando di un passo.

-Non le ho fatto male, era finto. Non le verrà neanche il livido.-aiutò la ragazza a rialzarsi e le scoprì lo stomaco facendo notare a tutti che non c’era il segno di un colpo.-Come stai?-le chiese.

-È strano, sembrava vero ma in realtà era finto.-spiegò.

-Ragazze noi oggi simuleremo un combattimento ma a parte la stanchezza fisica che sentirete dopo vi avverto che non vi colpirò davvero anche se sembrerà così, è solo impressione. Vi consento l’uso di qualsiasi arma e dovrete far finta che io sia davvero un vostro nemico.-diede il via e le ragazze si prepararono a combattere.

All’inizio fu un modesto gruppetto di tre a farsi avanti attaccando Illirya ma ben presto la demone si trovò a far fronte anche a quindici ragazze. Ma constatò che nonostante gli sforzi di Angel e Faith erano poco preparate. Anche in quindici non riuscivano a tenerle testa e le mise tutte ko in poco tempo. Tutte…tranne una.

Fu quando si trovò faccia a faccia con Clay che si trovò in svantaggio. La ragazza aveva una concentrazione di ferro e una forza straordinaria. Si trovò a schivare i suoi colpi e anche a temerli perché erano davvero potenti. Pareva che tutto intorno a lei fosse sparito e che esistesse solo il suo nemico, che in quel momento era proprio Illirya.

La giovane cacciatrice la sorprese con un calcio sullo stomaco facendola piegare in due e approfittandone per colpirla sulla schiena e farla cadere a faccia in giù. Le fece perdere l’equilibrio colpendole le gambe e quando la stese supina le si lanciò addosso ma Clay fu furba e prendendola dal collo la fece volare sopra di sé mettendole un piede sullo stomaco. Facendo attenzione a che non riuscisse a rialzarsi, riacquistò velocemente l’equilibrio e con un calcio allo stomaco le fece mancare il respiro. A quel punto, Illirya dichiarò la fine.

Faith accompagnò Clay a riposarsi e bere qualcosa mentre Angel aiutò la sua amica ad alzarsi. Illirya pareva davvero stremata e attese pazientemente che si riprendesse.

-Vuoi davvero la brutale verità?-gli chiese la demone ancora con il fiatone.

-Ho già tirato le mie conclusioni ma dimmi pure.-la esortò incrociando le braccia al petto.

-Sono già tutte morte.-disse schietta vedendolo scuotere la testa rassegnato.-Tranne Clay. Quella ragazza ha la forza di tutte quelle cacciatrici messe insieme. Se qualcuno per un qualche miracolo riuscisse ad avere la meglio su Kramzee, sarà lei. Per le altre…-sospirò.-…non so che dire.-

-Sto facendo tutto il possibile.-disse.

-Lo so, ma evidentemente dovremo fare di più. Angel lasciamele allenare tutte i giorni, sono più forte di te e si stanno cullando nel fatto che affrontano vampiri che riescono a battere.-spiegò.

-Va bene, ti farò simulare con loro un combattimento di due ore ogni giorno mentre io e Spike continuiamo con le armi e Faith e Kennedy si occuperanno della lotta.-decise.

-Se vogliamo sopravvivere, dovranno essere tutte preparate al duecento percento e non lo sono.-disse e il vampiro annuì.

-Hai ragione. Intensificheremo tutto ma non toccherò i gruppi di caccia, vanno bene come li ho sistemati e così le mantengo anche in forza.-precisò.

-Fai bene.-ebbe un brivido e si ritrasformò in Fred.-Vuoi che stasera le chieda di accompagnarvi?-gli propose alludendo alla sua metà demone.

-Va bene, si unirà al gruppo di Kennedy.-assentì e richiamò le ragazze per riprendere l’allenamento.

Quella sera Clay fu di nuovo di ronda e, come al solito, Angel la tenne nel suo gruppo. Ormai i due avevano un rapporto simile a quello di un padre con la figlia. Clay si trovava bene con lui e aveva scoperto che era facile parlare con lui, gli aveva persino detto di Eric e il vampiro le aveva risposto che l’unica cosa importante era che lei fosse felice. E Clay lo era.

Ma quella sera la felicità della ragazza era destinata a subire un’incrinatura. A loro era stata assegnata la zona circostante il Bronze perché era nella parte più malfamata della città e quindi territorio ideale per vampiri che nonostante la brutta reputazione di quella zona era sempre piena di giovani che volevano divertirsi e passare una sera di svago.

Lei ed Angel stavano passando come se niente fosse davanti ad un gruppo di ragazzi, ovviamente umani, che ridevano e scherzavano quando uno di loro li notò e dopo aver aggrottato la fronte perplesso si staccò dal gruppo perché aveva capito di conoscere uno dei due che quindi fermò.

-Clay StJules!-esclamò facendoli voltare.

La ragazza rimase perplessa per qualche secondo cercando di associare il volto di quel ragazzo di sicuro suo coetaneo a qualche ricordo del suo passato. Un secondo dopo sgranò gli occhi sconvolta perché quel ragazzo faceva parte del suo passato…e di una delle sue ferite più profonde.

-Mark.-disse titubante e timida.

-Proprio io.-sorrise allargando le braccia.-Come te la passi?-le chiese.

-Molto bene, grazie. Tu?-ricambiò a disagio deglutendo.

-Benissimo. Come mai da queste parti?-si stupì perché se bene ricordava il comportamento di quella sua ex compagna di scuola non era tipo da divertimento, ne da una che frequentava le zone peggiori.

-Facevamo un giro.-disse indicando anche Angel.

-E questo chi è?-si stupì.

-Angel, un suo amico.-gli strinse la mano con riluttanza, il diretto interessato, perché aveva visto il cambiamento di Clay e si stava preoccupando.

-Adesso hai degli amici?-si trattenne dal ridere il ragazzo.-Questa è buona, perché se ben ricordo tu eri sempre per i fatti tuoi e la parola amico ti era del tutto estranea.-rifletté.

-Si…beh…adesso le cose sono cambiate.-balbettò la cacciatrice.

-Lo vedo.-squadrò Angel ma poi tornò a guardarla.-Si, lo ricordo benissimo. Per colpa tua, piccola orfanella, i miei mi hanno mandato in un collegio e ci sono rimasto fino al diploma.-il suo tono adesso era diventato serio e anche un po’ cattivo.

-Non fu colpa mia.-tentò di giustificarsi.

-Ah no? Beh chi si mise a piangere e strillare come una martire solo per uno strattone?-le ricordò.

-Mi hai quasi rotto un braccio, ho dovuto tenerlo immobilizzato per due settimane.-precisò.

-Oh povera piccola!-fece sarcastico.-Beh non importò a nessuno di quell’accaduto perché nessuno si interessa dei piccoli vermi solitari come te. Neanche a tua madre è mai importato di te visto che ti ha abbandonata all’ospedale appena nata, evidentemente fin dalla nascita sapeva che non ti avrebbe mai potuta sopportare.-

Alla ragazza diventarono gli occhi lucidi e una lacrima solitaria scivolò giù per una guancia mentre le vecchie ferite si riaprivano più profonde e sanguinanti di un tempo. Non si erano mai cicatrizzate, avevano solo formato una sottile crosta che dopo anni di resistenza si era spaccata rivelando quanto ancora fossero doloranti.

-Non piangere, perché tanto non me ne frega niente di quella tua aria da cagnolino abbandonato ai bordi della strada.-le si avvicinò fino a quasi sfiorarla.-Io i cagnolini ai bordi della strada li schiaccio con la macchina e poi ci ripasso sopra.-

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Clay scoppiò in singhiozzi e corse via lasciandolo a sghignazzare soddisfatto di aver raggiunto la sua vendetta. Angel la chiamò ma fu tutto invano perché lei non si fermò ne voltò.

Così il vampiro tirò un destro dritto sul naso di Mark, ex compagno delle scuole medie di Clay, e poi gli diede anche un calcio che lo fece volare a terra. Senza neanche curarsi degli amici che lo raggiungevano corse via per cercare di raggiungere la sua amica.

Clay corse con tutta la velocità che possedeva mentre i singhiozzi le squarciavano il petto e le lacrime le bruciavano gli occhi. Neanche si accorse di dove andava finché non sentì un urlo e riacquistata per un attimo la lucidità corse in quella direzione trovando quattro vampiri che banchettavano con una giovane ragazza.

-Lasciatela andare!!-urlò spintonandone uno in modo che si distraessero dalla preda. Erano in quattro e anche se lei era sconvolta avrebbe potuto farcela.

La tattica funzionò perché i vampiri mollarono la ragazza che spaventata e ferita corse via il più lontano possibile. Clay si trovò accerchiata dai quattro che già pregustavano botte e del sangue più dolce di quello della preda sfuggita.

Il primo le si lanciò contro e lei lo schivò appena in tempo perché quasi non lo vide arrivare tanto gli occhi erano appannati dalle lacrime. E sentì anche il suo corpo improvvisamente fiacco e pesante. Si asciugò velocemente gli occhi ma quella sensazione rimase tanto che si sentì presa alla sprovvista quando sentì arrivare un potente pugno allo stomaco che le fece mancare del tutto il respiro e piegare in due.

Un altro pugno la colpì sulla schiena e lei cadde a faccia in giù per terra, fece per rialzarsi ma un calcio allo stomaco la fece rivoltare sulla schiena. Fece comunque in tempo a rialzarsi ma subito fu di nuovo attaccata da calci e pugni. Non riusciva neanche a contrattaccare, non ce la faceva.

Uno dei vampiri la prese per la gola e la attaccò al muro, vide che un altro tirare fuori dalla tasca un coltello e sgranò gli occhi per la paura. Era proprio vero che era un povero cagnolino abbandonato di cui nessuno si prendeva cura.

E quasi non vide arrivare il coltello, ma sentì indistintamente la lama penetrarle lo stomaco appena sotto lo sterno, avevano saputo bene dove colpirla. Sarebbe morta a breve. Ma non sarebbe stata la cosa peggiore perché gli altri tre vampiri si avventarono sulla sua gola e sentì il rumore della pelle che si spaccava e il sangue che veniva succhiato con violenza.

Lacrime solitarie ripresero a scenderle giù per le guance e si stupì come in punto di morte poteva ancora avere la forza per piangere…e sentirsi sempre la stessa orfanella senza passato, famiglia e futuro che si era sempre sentita.

Il vampiro armato annusò il coltello poi diede una piccola leccata al sangue assaporandolo bene.

-Sangue di cacciatrice. Ragazzi stasera è la nostra sera fortunata.-disse con un diabolico sorriso e si avvicinò anche lui alla preda ma non ci arrivò perché qualcuno gli giunse alle spalle e gli spezzò il collo riducendolo in cenere.

Clay vide in modo sfocato chi aveva ucciso il suo nemico e cercò di piegare le labbra in un lieve sorriso, ma non seppe se ci riuscì perché perse i sensi.

Angel aveva corso come un forsennato per raggiungerla, annusando il suo dolore. Era così che l’aveva trovata con la chiara sensazione che le stesse succedendo qualcosa di tremendo. Poi l’aveva vista inchiodata ad un muro con tre vampiri attaccati al suo collo ed un quarto che si stava avvicinando e non ci aveva più visto.

In meno di un millesimo di secondo si era lanciato sul vampiro uccidendolo e adesso ne aveva allontanati due insieme prendendoli dal colletto e lanciandoli sul muro alle sue spalle. Il quarto si voltò stupito per l’interruzione mollando la preda che cadde accasciata a terra.

Senza che vedesse neanche bene il volto di Angel si trovò un paletto nel cuore e la sua non esistenza finì in cenere sparsa nell’aria. Gli altri due vampiri si rialzarono ma Angel fu subito su di loro con il loro stesso volto e l’anima momentaneamente sepolta senza che neanche lui sapesse dove mentre Angelus, rapidamente, spezzava loro tutte le ossa e poi li riduceva in cenere.

Velocemente, mentre ritrovava l’anima e riacquistava sembianze umane, si avvicinò alla sua amica e si chinò a vedere come stava. Una profonda ferita allo stomaco e tre morsi sul collo. Impiegò solo due secondi per controllare le sue condizioni, poi prese un fazzoletto dalla tasca e glielo tenne premuto sullo stomaco per cercare di tamponare la ferita, la prese in braccio e corse come un disperato fino all’ospedale pregando affinché quella sera il Signore non volesse essere così crudele da prendersi quella giovane ragazzina con tutta la vita davanti a sé.

Entrò al pronto soccorso dando un calcio alla porta e chiamando aiuto. Subito i medici di turno lo notarono e insieme agli infermieri si diedero da fare per aiutarlo. Clay fu portata in una camera e mentre il personale medico si affaccendava per salvarle la vita, Angel la guardò dicendosi che comunque lei era forte e se la sarebbe cavata.

-Cosa le è successo?-gli chiese il medico.

-Non lo so, ho visto tutto da lontano. Un’aggressione.-spiegò confuso.

-la conosce?-continuò mentre toglieva il tampone di fortuna dallo stomaco per controllare la ferita.

-Si, è una mia amica. Si chiama Clay StJules.-rispose.

-Clay, riesci a sentirmi?-la chiamò il medico mentre si occupava della ferita.-Sa quanti erano?-si rivolse di nuovo ad Angel.

-Quattro, uno aveva un coltello.-deglutì.-Ce la farà?-ma il medico non rispose rivolgendosi agli infermieri.

-Preparate immediatamente la sala operatoria, il pugnale ha preso l’entrata dello stomaco.-disse velocemente e di fretta trasportarono Clay.

Angel li seguì ma sulla sala operatoria il medico lo fermò dicendogli che doveva rimanere lì. Angel sapeva che avrebbe potuto entrare con la forza se voleva ma acconsentì dicendosi che doveva comunque avvisare Dawn.

Così trovò il primo telefono a gettoni e chiamò sua nuora spiegandole brevemente l’accaduto. Dawn disse che sarebbero tutti arrivati subito. E infatti nel giro di cinque minuti lei arrivò con Connor, Willow, Xander e Giles. Faith e Kennedy erano ancora di ronda con Spike, Illirya e le ragazze mentre Robin era rimasto a casa con Gary e Andrew e Gunn erano con Madlen e Duncan. Ma tutti attendevano presto delle buone notizie.

Eric stava finendo il giro di controllo nel reparto, una bambina tardava ad addormentarsi e lui era rimasto nella sua camera a raccontarle una favola quando una sua collega entrò di corsa affannata interrompendo la lettura.

-Eric!-lo chiamò.

-Dimmi.-si voltò.

-Hanno portato la tua ragazza al pronto soccorso, ferita da coltello allo stomaco e altre al collo. Ha perso molto sangue e adesso è in sala operatoria.-lo informò.

Eric mollò subito il libro, si alzò di scatto e corse giù dove trovò il gruppo in sala d’attesa nervosi e preoccupati per le condizioni di Clay. Chiese cos’era successo e Willow, che l’aveva appena appreso nei dettagli da Angel, glielo spiegò.

-Io entro in sala operatoria.-decise di scatto.

-Ma, Eric, tu non sei di questo reparto.-tentò di fermarlo la strega.

-Lo so ma conosco tutti e mi faranno questo favore.-le sorrise per rassicurarla ed entrò nell’anticamera dove c’erano due infermieri che subito gli fornirono il necessario per entrare dato che lo conoscevano.

Gli altri rimasero nella sala d’attesa e la successiva ora fu atroce. Nessuno dava notizie e da quando era entrato, Eric non era più uscito. Angel si sentiva a pezzi perché non era riuscito a proteggerla non solo da quei vampiri ma soprattutto dalle angherie di quel ragazzo.

Lui, come Clay, era rimasto così sconvolto dalle sue parole da non riuscire ad aprire bocca. Anche se sapeva che il pugno che gli aveva dato se lo sarebbe ricordato per un po’. Connor e Dawn cercarono di consolarlo dicendogli che non fu colpa sua e un po’ ci riuscirono. Anche perché sapevano quanto Clay fosse solitaria e riservata ma ancora non sapevano quanto fosse emotivamente fragile.

Nessuno se ne era mai accorto perché aveva sempre mascherato questa sua fragilità con la solitudine, la riservatezza e la sua forza di cacciatrice. Clay sapeva essere solare quando voleva, e l’aveva dimostrato con Madlen, era fisicamente forte, ormai la popolazione demoniaca di Sunnydale la temeva ma nessuno sapeva cosa provasse realmente nel cuore, adesso si.

Poi finalmente Eric uscì dalla sala operatoria e tutti gli corsero incontro per sapere com’era andata. Il ragazzo pareva stremato e subito spiegò perché.

-La ferita era molto profonda, mi sono dovuto rendere utile anche se chirurgia non è il mio ramo. Comunque l’operazione è andata bene e ce la farà.-annunciò e tutti sospirarono di sollievo abbracciandosi felici.-Ma Clay dovrà stare a riposo per un bel po’, il coltello le ha preso in pieno l’entrata dello stomaco. La terranno in ospedale per almeno due settimane e dovrà stare in convalescenza per almeno un mese e mezzo, anche perché le ferite al collo erano profonde e ha perso molto sangue, le hanno fatto tre trasfusioni e probabilmente ne riceverà altre.-

-Possiamo vederla?-chiese Dawn.

-La stanno portando in camera ma è sotto anestesia e dormirà per tutta la notte.-rispose.-Sarà di continuo tenuta sotto controllo, era messa male.-

Comunque per quella notte rimasero Dawn e Willow a vegliare su di lei, e anche Eric che comunque era di turno per la notte. Gli altri andarono a casa anche perché le altre ragazze, Faith, Kennedy, Spike ed Illirya non sapevano ancora nulla dell’incidente.

 

Verso le nove del mattino, Eric anche se aveva appena finito il turno, rimase in ospedale e andò da Clay. Willow era appena andata a prendersi un caffè mentre Dawn si era appisolata su una poltrona, così si sedette accanto al letto e guardò la sua ragazza dormire.

Dopo qualche minuto, la ragazza cominciò a muoversi e lentamente aprì gli occhi anche se la luce la abbagliò. Batté le palpebre per qualche secondo per mettere a fuoco e poi si guardò intorno.

-Ehi, buongiorno.-le sorrise dolcemente Eric.

-Dove sono?-sussurrò con la voce impastata e debole.

-Sei in ospedale, Angel ti ha salvata in tempo.-le disse.-Ti hanno operata d’urgenza allo stomaco e sei stata tutta la notte sotto anestesia. Come ti senti?-le chiese accarezzandole i capelli.

-Come tutti i giorni della mia miserabile vita.-disse e scoppiò in lacrime portando una mano alla bocca e girandosi su un fianco in modo che lui non la vedesse.

-Tesoro ma che succede?-si preoccupò girando intorno al letto e inginocchiandosi davanti a lei.

-Tu non le hai sentite, quelle parole.-balbettò.-La crudeltà e l’odio. Sono e sarò sempre qualcuno che nessuno ha mai voluto.-singhiozzò.

-Non dire così, ti prego. Amore calmati, i singhiozzi non ti fanno bene soprattutto ai punti, rischi di farli saltare.-tentò.-E ignora quello che ti dicono gli altri, tu adesso hai me e Dawn e tutti gli altri. Siamo noi la tua famiglia e ti vogliamo bene.-

-E allora perché c’è ancora questo vuoto dentro di me? Perché è dovuto accadere proprio a me tutto questo? Perché nessuno non mi ha voluto?-chiese ma sapeva che lui non poteva avere quelle rispose, neanche lei le sapeva.

Willow entrò in quel preciso istante e trovò la ragazza in singhiozzi. Preoccupata corse al letto senza neanche svegliare Dawn che era stata tutta la notte sveglia mentre lei aveva almeno riposato un’ora durante la notte.

-Che succede?-si preoccupò.

-È ancora sconvolta per quello che è successo ieri sera.-spiegò brevemente Eric e la strega capì che non si riferiva all’incidente ma all’incontro con l’ex compagno di scuola.

-Clay so che non puoi ignorare le parole che quel tipo ti ha rivolto ma sappi che per noi tu non sei una povera orfana, ma una di famiglia. Da quando i tuoi rapporti con noi si sono intensificati io non ho fatto altro che pensare a te come una sorellina minore che non ho mai avuto e spero che tu mi permetterai di prendermi cura di te come tale.-le sorrise dolcemente asciugandole le lacrime.

-Mi sento così tanto stanca di essere nessuno.-mormorò.

-Non sei nessuno, sei una parte della nostra famiglia. Adesso riposati ancora, non devi stancarti.-le diede un bacio in fronte e subito dopo, Clay dormiva di nuovo stanca per l’operazione e le lacrime.

Willow ed Eric rimasero a vegliarla, solo ora cominciavano a capire quanto fragile fosse quella ragazza ed emotivamente sola. Clay non aveva mai avuto nessuno, la sua vita era stata tra solitudine, assistenti sociali e affidamenti temporanei.

Ma adesso le cose sarebbero cambiate, perché erano affezionati a quella ragazza e se aveva bisogno di una famiglia…quella famiglia sarebbero stati loro.

 

 

 

 

 

Parte 18 – Riposo forzato

Dawn aprì la porta e Connor entrò reggendo in braccio Clay. Dietro di loro c’erano Willow ed Eric che reggevano gli effetti personali della ragazza. Una volta arrivati nel salotto ci fu un coro di “sorpresa!” e tutti si accalcarono intorno alla loro amica.

-Ehi con calma!!-li fermò Connor sistemando Clay sul divano.

-Avete organizzato una festa a sorpresa per me!-disse Clay quasi commossa.

-È stata un’idea di Dawn.-ammise Faith sistemandole un plaid sulle gambe.

-Non importa, è comunque un’idea carinissima.-sorrise a tutti.

-Come ti senti adesso?-le chiese Kennedy.

-La ferita fa ancora un po’ male e sul collo mi stanno già venendo le croste. A parte la debolezza e tutti i medicinali che devo prendere sto abbastanza bene.-rispose.

-Quel tuo ex compagno di scuola ha saputo dell’incidente.-le rivelò in modo serio Dawn.

Immediatamente il sorriso sul volto della ragazza scomparve e chinò la testa per nascondere gli occhi lucidi e la tristezza. Le tremavano le mani e le strinse forte per fermare il tremore.

-Ha pure chiamato.-continuò Willow.-Voleva sapere come stavi e ti ha chiesto scusa. Voleva venire all’ospedale ma abbiamo fatto in modo che non accadesse.-precisò.

-Grazie.-si costrinse ad alzare la testa e abbozzare un sorriso cacciando indietro le lacrime.

-Ehi, basta con le cose tristi, questa è una festa!-cambiò discorso Xander avendo visto, come tutti, il cambiamento della ragazza.

Subito tornarono tutti ad essere allegri, ma poco dopo Clay si sentì stanca ed Angel la accompagnò al piano di sopra dove la mise a letto. Dopo pochi minuti la ragazza dormiva.

Angel rimase a guardarla, raggiunto poco dopo da Eric. Entrambi rimasero sulla porta a vederla dormire di un sonno profondo causato dalla debolezza e anche dai medicinali.

-Come va?-chiese il giovane medico.

-Si è addormentata subito, era sfinita.-lo informò.

-Lo immagino, le hanno anche dato degli antidolorifici pesanti.-sospirò.

-Ti eri mai accorto di quanto fosse fragile emotivamente?-gli chiese continuando a tenere gli occhi fissi sulla ragazza.

-Si.-ammise.-Tecnicamente è stata lei stessa a dirmelo anche se non esplicitamente. Noi parlavamo spesso, di tutto e tutti, e in ogni parola lei ci ha sempre messo questa sua fragilità. Il suo unico desiderio è quello di ricevere un abbraccio materno.-

-Lo so. Una sera abbiamo parlato e quando le ho fatto capire di conoscerla solo guardandola negli occhi ha quasi pianto. È così giovane ma al contempo così grande.-rifletté.

-Le sei affezionato?-si insospettì.

-Si, ma non come pensi tu. Per me è quasi come se fosse una figlia, io non mi innamorerò mai più.-proclamò con il solito pizzicore al pensiero dell’amore che avrebbe provato per sempre.

-Kennedy mi ha parlato di Buffy, le voleva molto bene.-sorrise.

-Clay me la ricorda molto, come somiglianza e carattere. Ma nessuna sarà mai come Buffy. A volte penso a come sarebbe stata una sua figlia, sono sicuro che le avrebbe somigliato molto. Avrebbe avuto i suoi stessi capelli biondi, gli stessi occhi verdi e la stessa forma della bocca con lo stesso identico sorriso. Ma lei non ha lasciato niente di tutto ciò che possa ricordarmela, e forse è pure un bene.-fece una pausa pensando ancora a lei.-Adesso vado di sotto, il sole girerà presto da questa parte della casa e finirebbe con il bruciarmi.-e senza aspettare che lui dicesse qualcosa andò via.

Eric rimase a vegliare sulla ragazza che ormai sentiva di amare più di ogni altra cosa al mondo, sperava solo di non doverla perdere mai come Angel aveva perso la sua Buffy.

Le successive settimane furono un incubo atroce per Clay. Il forzato riposo la rendeva nervosa e il non potersi allenare era una tortura. Sapeva che le sue sorelle cacciatrici erano di ronda senza di lei e anche se non si riteneva così presuntuosa da ritenersi la migliore avrebbe comunque voluto essere al suo fianco per aiutarle.

Gli altri la capivano e lei non sfogava mai la sua frustrazione su di loro, addirittura quando Madlen veniva a farle visita, cioè a tutte le ore del giorno, era dolcissima e diceva che i momenti con la piccola le erano di grande aiuto e conforto. Ma, anche se recuperava le forze in fretta, doveva comunque riposare e non voleva.

-Ciao, come va?-

Eric entrò nella camera trovando la sua ragazza che leggeva svogliatamente una rivista, il volto era una maschera di noia assoluta.

-Mi annoio!-proclamò sbuffando.

-Tesoro lo so ma non puoi tornare in campo se prima la ferita allo stomaco non si cicatrizzata del tutto.-cercò di consolarla.

-Voglio uscire.-era imbronciata come una bambina.

-È già sera e sarebbe pericoloso, Angel ha constatato un leggero aumento dei vampiri in città. Se ci aggredissero io non potrei difenderti e tu sei ancora debole per sostenere un combattimento.-rispose.

-Ma io non ce la faccio più!!-esclamò esasperata.-Qui tutto comincia a starmi stretto, persino la mia stessa pelle!-

-Non puoi uscire, lo sai.-la rimbeccò.

-Dio, Eric, sto diventando matta qui dentro!!-esclamò con rabbia gettando la rivista di lato e alzandosi.

-Devi stare attenta a muoverti o ti si scuciranno i punti!-le riprese.

-Chi se ne frega dei punti, io mi annoio!!-urlò quasi.

-Clay, non voglio litigare ma non puoi fare la bambina. So che non lo sei.-si calmò.

-Ti prego!-lo supplicò.-Solo un’oretta, non se ne accorgeranno neanche. A costo di andare in giardino per prendere un po’ d’aria, Dawn dopo il tramonto non mi ci ha neanche fatto avvicinare.-

-Beh ti ricordo che io sono stato in sala operatoria per tutta l’ora di durata della tua urgente operazione allo stomaco.-incrociò le braccia al petto.

-Va bene, ho capito.-sospirò rassegnata e tornò a sedersi al centro del letto.

Eric la guardò e notò che in effetti cominciava davvero ad essere stanca di quel forzato riposo. Non poteva fare sforzi per via dei punti ed era addirittura deboli per farli. Sul comodino c’erano delle riviste che si vedeva aveva già letto e constatò che per la noia aveva sistemato i libri in ordine alfabetico per autore e i cd allo stesso modo. Iniziava davvero ad ammattire.

-Vestiti, usciamo dalla finestra, ma in totale silenzio.-decise d’impulso alzandosi e aprendo il suo armadio. Ne tirò fuori un paio di jeans e un maglione che le lanciò.

-Dici davvero?-si illuminò come il sole.

-Si ma non farti sentire, io mi volto mentre ti vesti.-e detto questo si girò mentre lei si toglieva i pantaloni del pigiama e indossava i jeans.

Ci mise neanche un minuto a vestirsi e sistemarsi i capelli, poi si dichiarò pronta. Eric controllò che nel corridoio fosse tutto tranquillo poi chiuse piano la porta e si diresse alla finestra. Uscì prima lui in modo di esserle d’aiuto.

Al piano di sotto, mentre tutti erano tranquilli e conversavano, due vampiri alzarono lo sguardo verso i soffitto, poi si guardarono negli occhi con lo stesso sguardo. Angel fece cenno a Spike di seguirlo e i due si trovarono nel corridoio.

-Seguili.-disse solo il vampiro più anziano a quello biondo.

-Ehi, io non voglio assistere a due ragazzini in piena crisi ormonale che ci danno dentro!-protestò.

-Non hanno sedici anni e non mi riferivo a quello!-lo rimbeccò.-Ci sono più vampiri a Sunnydale, Clay non può combattere ed Eric non può affrontarne nemmeno uno.-precisò.

-Ma perché devo andarci io?!-continuò.

-Perché te lo sto dicendo io, non ti basta?-incrociò le braccia al petto.-Muoviti, non vorrai farti dare troppo vantaggio.-

Spike lo guardò torvo poi scosse la testa e uscì dalla porta sul retro. Menomale che si era portato dietro la sua motocicletta, così non ci sarebbe stato bisogno di seguirli a piedi. Anche se lui come segugio se la cavava bene. Decise che si sarebbe messo a debita distanza da evitare di sentire i loro discorsi ma abbastanza vicino da poterli vedere bene.

Eric potrò Clay sul promontorio di Sunnydale. Da lì si vedeva benissimo tutta la cittadina e anche le stelle. Ormai il loro appuntamento con la volta celeste si era fissato ad almeno una volta alla settimana, ma non erano le stelle in se per se che interessava loro. In realtà volevano solo stare insieme accucciati sotto le coperte a parlare. Il loro era ancora un amore acerbo ma che piano piano stava diventando molto forte.

-Forse dovremmo cominciare a studiare astronomia.-propose Clay mentre osservavano il cielo che si estendeva infinito sopra di loro.

-Beh, in effetti, ultimamente ci mettiamo spesso a guardare le stelle.-concordò.

-Sarebbe carino se almeno cominciassimo a capirne qualcosa.-continuò.

-Magari comincerò a cercare dei libri che potremo leggere insieme, soprattutto adesso che non puoi muoverti troppo.-si voltò a guardarla.

-Sono solo in convalescenza, mica invalida. Oltretutto la mia forza di cacciatrice mi sta facendo guarire abbastanza in fretta.-rise.

-Qual’è il tuo nome, Clay?-le chiese a bruciapelo seriamente.

-Come scusa?-si stupì guardandolo a sua volta.

-Quale è il tuo nome?-ripeté.

-Perché vuoi saperlo?-evitò di rispondere.

-Sto imparando a conoscerti, anche se molto lentamente. La cosa non mi dispiace più di tanto ma se vogliamo che il nostro rapporto duri voglio che siamo sinceri. Io ti conosco come Clay ma qual’è il tuo vero nome?-spiegò.

-Vuoi davvero saperlo?-abbassò lo sguardo ma lui le prese il mento tra due dita e le alzò il viso.

-Si.-annuì.

Clay si tirò a sedere e guardò dritto davanti a sé per qualche secondo. Alle sue spalle lui si era alzato un po’ poggiandosi su un gomito.

-Te lo dico se tu mi dici il tuo.-propose voltandosi a guardarlo.

-Io mi chiamo Eric Christopher Milford.-rispose.-E tu?-

-Te lo dico solo ad una condizione.-disse decisa e lui annuì.-Niente domande.-

-Ci sto.-accettò.-Come ti chiami davvero?-le chiese di nuovo.

-Mi chiamo Claddagh Mary StJules.-gli rivelò.

-Claddagh.-sussurrò pensieroso.-È…-

-Brutto, orrendo, strano, senza senso, mai sentito…-elencò.

-Originale.-la interruppe stupendola.-Mi piace. È…dolce. Sa di tradizione, amore, di una di quelle antiche leggende celtiche con gli elfi e le fate o di quelle dove un ninnolo particolare con qualche significato si trasmette di madre in figlia.-sorrise.

-Mi stai prendendo in giro.-lo accusò scherzando.

-No! Lo penso davvero. Magari sarà un nome mai sentito ma a me piace. E poi pensa: perché metterti un nome tanto strano se tua madre o chiunque l’abbia scelto non avesse avuto un’idea ben precisa come trovarti?-immaginò.

-Dici?-disse scettica.

-Perché no!-alzò le spalle e si tirò a sedere.-Non te ne devi vergognare, io trovo che sia bello.-

-Tu! Avresti dovuto sentire tutte le volte che l’ho detto. Gli sguardi della gente diventavano curiosi e cominciavano a farmi un sacco di domande. Da dove proveniva, se era un nome legato a qualche tradizione famigliare e via discorrendo. Io non sapevo mai come rispondere, poi una delle mie compagne di camera dell’istituto, quando avevo circa cinque anni, che non sapeva parlare bene disse qualcosa tipo Cladi. Quando cominciai a crescere ci ripensai e lo trasformai in Clay, da allora mi sono sempre presentata così.-raccontò.

-Non lo devi nascondere.-le consigliò.

-Non lo so.-sospirò.-Ehi ma che ora è?!-guardò l’orologio.-Oddio, Eric, siamo fuori da quasi due ore!-si alzò velocemente e quasi si piegò in due tenendo le mani allo stomaco.

-Clay!-esclamò lui vedendola sofferente.-Dio, te l’avevo detto di stare attenta ai punti!-la riprese.

-Dobbiamo tornare a casa, o cominceranno ad insospettirsi si di noi.-lo ignorò.

-Tesoro lo sanno già tutti di noi.-le comunicò.

-Cosa?!-strillò.

-Non gliel’ho detto se è questo che pensi e neanche Dawn. Ma hanno visto tutti come mi comporto, soprattutto dall’incidente e ci sono arrivati. Beh diciamo che in realtà Xander ha fatto una battutina a cui non ho saputo rispondere e l’hanno capito.-raccontò raccogliendo le coperte.

-Ci penserò dopo.-concluse.

Nascosto dal suo angolo dietro un albero, Spike spense la sigaretta che aveva in bocca e borbottò un “Finalmente!”, contento che i due si fossero decisi a tornare a casa. Era stanco e anche annoiato, oltretutto i due avevano solo parlato scambiandosi qualche raro bacino.

Quando tornarono, Eric tornò di sotto mentre Clay si cambiava le fasciature e si metteva una comoda tuta pulita. Guardò l’ora, erano solo le nove e trenta di sera e lei non aveva sonno. Seduta sul letto sbuffò in cerca di qualcosa da fare, poi l’occhi le cadde su un baule posato sotto la finestra.

Si alzò e si inginocchiò di fronte al baule blu su cui c’era posato uno strato di polvere. La soffiò via e poi fece scattare la serratura ma senza alzare il coperchio. Aveva promesso a Dawn, tanto tempo prima che un giorno l’avrebbe aperto ma non l’aveva mai fatto, non ancora.

Adesso aveva del tempo libero che non sapeva come ammazzare, quindi decise che avrebbe finalmente fugato i dubbi della sua amica cercando ciò che lei non aveva mai avuto il coraggio.

Claddagh aveva appena aperto il baule di Buffy Anne Summers.

 

 

 

 

 

 

 Parte 19 – Un’altra parte della storia

18 dicembre 2002

-La bambina ha appena compiuto quattro anni, ma è davvero bellissima. Tra di noi la chiamiamo la piccola bambola.-

Sarah Bass sorrise in direzione della giovane coppia, avevano poco più di trentadue anni a testa. Si tenevano per mano e avevano ascoltato la sua descrizione in religioso silenzio. Erano seduti intorno ad un tavolo di metallo e l’assistente sociale aveva una cartelletta posata davanti a sé.

-Noi veramente volevamo un neonato.-obiettò la donna.

-Lo so, ma al momento non ce ne sono a disposizione. Avete mai pensato all’affidamento temporaneo?-chiese loro.

-Si ma non siamo del tutto d’accordo perché dopo un po’ ci porterebbero via il bambino e sarebbe tremendo. Noi non vogliamo affezionarci a qualcuno che dobbiamo perdere. Vogliamo qualcuno per sempre.-spiegò l’uomo.

-Lo sappiamo. La bambina è in lista fin da quando è nata per l’adozione ma finora non si è mai interessato nessuno.-li informò.

-Come mai?-si stupì la donna.

-La madre, appena data alla luce, ha messo firma e ha lasciato l’ospedale. Molti pensano che magari poteva essere drogata, alcolizzata o malata e pensano che qualsiasi patologia si possa essere ripercossa sulla piccola.-disse seria.

-Ma è così?-si preoccupò.

-Assolutamente. Claddagh, si chiama così, ha persino fatto il test dell’hiv due volte ma è sempre risultato negativo. È sana come un pesciolino.-sorrise.

-Claddagh? È un nome particolare.-rifletté l’uomo.

-È l’unica cosa che ha voluto la madre, chiamarla così. È nata nella clinica di Saint Jules a Redondo Beach e le suore che operavano nel reparto maternità l’hanno chiamata anche Mary, come la Madonna. Ma non avendo un cognome è stata rivelata come Claddagh Mary StJules.-spiegò.

-Se la piccola ci piace potremmo anche procedere con l’adozione?-si informò la donna.

-Se volete si. Ormai è Natale e la bambina non ne ha mai passato uno all’infuori dell’istituto. Potete fare un periodo di prova durante le feste e poi fare domanda di adozione.-suggerì.

-Possiamo conoscerla?-chiese.

-Certo.-assentì.-Venite con me.-si alzò e lui guidò fino al giardino dove tanto bambini giocavano tra di loro.

Tanti, tranne una. Una bambina con lunghi e lisci capelli biondi. Era seduta su un’altalena e si dondolava piano e tristemente avanti ed indietro, la testa abbassata e gli occhi fissi sulle sue scarpe.

Sarah si chinò di fronte a lei prendendola per la piccola vita e la bambina alzò sull’assistente sociale due splendidi e profondi occhi verdi come smeraldi. Erano stupendi ma già pieni di tristezza e solitudine. Ai due si strinse il cuore sapendo che qualcuno aveva abbandonato quello splendore.

-Ehi, piccola, ma cosa fai qui tutta sola?-le chiese ma lei non rispose.-Claddagh?-la chiamò.

-Ho freddo, ma mi hanno tolto la giacca.-mormorò e notò che aveva indosso solo una camicetta.

-Chi è stato?-si stupì guardandosi in giro e scorse un bambino di sette anni che usava la giacca della bimba come pezza per pulirsi le mani mentre maneggiava con la catena di una bicicletta.-Quella peste avrà un bel richiamo!-esclamò livida.

-Mettiti questa.-l’uomo si tolse la giacca e la mise intorno alle spalle minute della piccola.

-Come mai nessuno se ne è accorto?-si stupì la donna.

-Claddagh è molto solitaria, il nostro psicologo pensa che, anche se è molto piccola, si sia già resa conto di quello che le è successo.-spiegò Sarah mentre l’uomo la prendeva in braccio dall’altalena, quasi spariva dentro la giacca da uomo enorme.

-Io penso di parlare anche a nome di mia moglie se dico che vorremmo provare ad adottarla.-disse l’uomo guardando anche sua moglie che annuì con un sorriso.

-Sono molto contenta, è fantastico. Manderò la vostra domanda al giudice oggi stesso e se accetterà dopo le feste Claddagh sarà vostra.-disse felice.-Intanto potete portarla a casa per le feste, così potrà abituarsi a voi.-

La coppia la ringraziò felice e dopo aver firmato delle carte burocratiche portarono a casa quella splendida bambina con gli occhi di smeraldo.

Quello fu il primo Natale che Claddagh trascorse con una famiglia, le venne persino regalata una bambola che adorò al primo istante. I coniugi che la avevano in affido già le volevano bene e dentro di loro sentivano che sarebbe stata loro al più presto. Parenti e amici iniziavano già ad affezionarsi alla piccola.

Finché una mattina, Sarah bussò alla porta e nonostante sorridesse i suoi occhi dicevano che qualcosa non andava.

-Oggi è arrivata al risposta alla vostra domanda di adozione di Claddagh.-esordì mentre erano in salotto e la piccola giocava sul tappeto.

-Cosa dice?-chiese la signora impaziente.

-Il giudice l’ha respinta.-annunciò dispiaciuta.

-Come mai?-si stupì lui.

-Non sempre l’affido temporaneo si conclude con l’adozione, questo lo sapevate. Oltretutto voi siete in lista per un neonato e…una ragazza incinta che ha deciso di dare via il bambino ha scelto voi come genitori. Questo fa in modo che voi non possiate adottare Claddagh.-spiegò.

-E se noi volessimo rinunciare al neonato per Claddagh?-si informò.

-Per questo dovrete annullare la domanda per un neonato, parlare con il giudice e sbrigare un sacco di formalità burocratiche. Al momento io devo portare via oggi stesso Claddagh da qui.-disse.

I due protestarono ma la legge era legge. Claddagh non pianse neanche quando Sarah la prese dalle braccia della donna e la portò via mentre quella che per due settimane le aveva fatto da madre piangeva e la salutava con la mano. Forse era ancora troppo piccola per capire, o forse l’aveva capito ma era già più grande di una bimba della sua età.

 

20 settembre 2009

Il sole brillava da dietro la finestra inondando la camera di luce. Era una giornata bellissima e allegra con gli uccellini che cantavano e il buonumore che si spargeva intorno senza motivo.

La sveglia suonò come ogni mattina alle sette e lei la spense al primo squillo senza aprire gli occhi. Un attimo dopo due profonde pozze verdi incontrarono la luce del sole. Luce che si rifletteva sui suoi capelli dello stesso colore e che li rendeva ancora più lucenti.

-Claddagh?-la chiamò la voce di un’altra ragazzina.-Dobbiamo prepararci.-disse.

-Mi chiamo Clay!-precisò alzandosi velocemente e andando in bagno.

-Beh, sulla porta c’è scritto Claddagh.-disse andando davanti la porta.

-E allora? Da anni, ormai mi chiamano tutti Clay e vorrei che anche tu cominciassi a fare così.-esclamò da dietro la porta mentre scorreva l’acqua nel lavandino.

In quel momento bussarono alla porta e subito dopo Sarah entrò in camera con un braccio dietro la schiena. Tutti i ragazzi che aveva come assistiti la adoravano.

-Ciao Sarah!-esclamò allegra la ragazzina correndole incontro.

-Ciao Julie.-sorrise.-Come va oggi?-

-Molto bene, anche se andare a scuola non mi entusiasma molto. Perché non possiamo restare qui?-si imbronciò.

-Perché il dipartimento non ha potuto pagare l’istituto per fare anche da scuola. E poi oggi non avete la gita al museo?-si ricordò.

-Sai che noia!-sbuffò.

-Dai, vedrai che vi piacerà. Dov’è Claddagh?-si informò.

-In bagno a lavarsi.-indicò con il pollice la porta.-Cos’hai lì dietro?-fece sospettosa.

Ma Sarah non poté rispondere perché la porta si aprì e Clay uscì dal bagno già lavata e con una accappatoio indosso. Non guardò nessuno andando verso il suo armadio.

-Non si saluta?-fece finta di offendersi la giovane assistente sociale.

-Ciao!-bofonchiò tirando fuori un qualsiasi paio di jeans e una maglia con le bretelle sottili azzurra.

-Ho qualcosa per te.-si avvicinò fino a metterle davanti un pacco quadrato incartato con carta rosa stampata con dei palloncini.

-Perché lei riceve dei regali?-si offese l’altra ragazzina.

-Oggi è il suo compleanno.-spiegò Sarah, poi la abbracciò da dietro.-La piccola bambola compie undici anni.-sorrise.

-Cos’è?-chiese rigirandosi il pacco tra le mani.

-Se lo apri lo scopri.-la invogliò.

La ragazzina cominciò lentamente a sciogliere la carta stando attenta a non strapparla. Una volta aperto si trovò tra le mani una piccola scatola di cartone, dentro c’era un portagioie di legno ovale con dentro un carillon.

-Wow, che bello!-esclamò Julie avvicinandosi per vederlo.

-Ti piace?-chiese Sarah alla festeggiata.

-Molto, è bellissimo.-sorrise emozionata perché non aveva molte occasioni di ricevere un regalo.

-Sono contenta. Adesso vestiti che è tardi.-le salutò e fece per uscire quando accanto alla porta notò il calendario.

Non fu il calendario in sé per sé che la colpì, ma il giorno ventiquattro barrato da una x rossa. Non c’era segnata alcuna data ma solo quella x.

-Cos’è questa?-chiese alle due.

-Non lo so, è Clay che le segna ogni mese.-Julie alzò le spalle.

-Clay, come mai c’è questo segno sul calendario?-si rivolse alla diretta interessata.

-Ma nessuno sa farsi gli affari propri?!-esclamò brusca la ragazzina e dopo aver gettato il regalo sul letto si chiuse in bagno con i vestiti sbattendo violentemente la porta e chiudendola a chiave.

-Julie tu vai e di a Robert che oggi Clay non andrà a scuola perché sta poco bene.-scorse la ragazzina alla porta.

-Ho sentito dire che quando le ragazze sono scontrose come Clay è perché hanno la sindrome premestruale.-prese lo zaino.-Cos’è la sindrome premestruale, Sarah?-chiese.

-Qualcosa che ti spiegherò più avanti.-la fece uscire e poi chiuse la porta.-Claddagh esci fuori da li!-ingiunse alla diretta interessata che fece scattare la serratura e apparve a testa bassa.-Il fatto di non avere genitori non ti rende maleducata anche perché ti è comunque stata data un’educazione.-la riprese.

-Mi dispiace.-mormorò contrita.

-Da quanto tempo va avanti?-le chiese.

-Cosa?-fece finta di stupirsi.

-Le mestruazioni. Quand’è stata la prima volta?-precisò.

-A giugno, quando sono stata male e pensavate fosse indigestione perché vomitavo sempre.-si sedette sul letto.-Un paio di giorni prima avevo avuto delle perdite scure e pensavo di avere chissà cosa, poi l’ho letto sull’enciclopedia e compro gli assorbenti mettendo da parte i soldi delle paghe.-

-Piccola, perché non me l’hai detto?-le sedette accanto.

-Mi vergognavo.-precisò.-Sono l’unica in tutto l’istituto, e poi mi pareva una cosa tremenda. Che ne sapevo io che è una cosa normale che prima o poi sarebbe arrivata?! Ovviamente non ho un madre a cui poter chiedere certe cose o che me le spieghi per tempo.-

-Clay anche se sei orfana questo non vuol dire che tu sia sola. I tuoi affidamenti finora sono andati male ma prima o poi arriverà la famiglia che ti terrà per sempre, ne sono sicura.-le accarezzò i lunghi capelli color del grano maturo.

-Sono già stata in cinque famiglie.-ricordò.

-Lo so. Senti, ho fatto dire da Julie che non stai molto bene, ti va di fare un giro al centro commerciale? Ho dei soldi, potrei comprarti dei vestiti nuovi e della biancheria adesso più idonea a te, mangiamo al McDonald’s e ti spiego meglio questa storia delle mestruazioni. Vuoi?-le propose.

-Va bene.-assentì.-Il tuo regalo di compleanno è bellissimo.-sorrise.

-Ti regalerò una collanina per inaugurarlo.-la strinse forte e poi uscirono.

Clay aveva già spiegato più di una volta a Sarah che per quanto le volesse bene niente poteva riempire quel vuoto che sentiva dentro, quella solitudine dovuta al fatto che non aveva genitori ne parenti. Sarah la capiva e le aveva sempre detto che prima o poi anche lei avrebbe avuto una famiglia.

Quel giorno le due fecero shopping e parlarono di tutto. Clay stava crescendo, Sarah lo capiva, e aveva bisogno di molte risposte anche se già molte le aveva capite da sola.

 

15 aprile 2014

La campana suonò e la classe si svuotò rapidamente mentre l’insegnante urlava i compiti per il giorno dopo sicura che nessuno aveva sentito e che quindi, il giorno dopo, avrebbe messo un sacco di insufficienze.

Il corridoio era popolato di ragazzi, tutti a scambiarsi saluti, informazioni e altro ancora.

Clay aprì il suo armadietto e ci ripose dentro un block notes e un libro per prendere un altro libro e un quaderno. Lo chiuse con un sospiro e si avviò a mensa, era ora di pranzo e ne avrebbe approfittato per ripassare la lezione di storia. Quello era un altro giorno uguale all’altro che si trovava a vivere. Ormai ci aveva preso l’abitudine.

Dopo la scuola aveva un appuntamento. Qualche giorno prima, dopo diverse settimane di indecisione, si era decisa a chiamare la direttrice della clinica di Saint Jules. La aspettava alle quattro e trenta.

Spaccò il secondo. Alla reception la fecero subito accomodare, l’aria ristagnava di disinfettante che le parve opprimente. Intorno a lei si svolgeva la classica routine ospedaliera ma non la notava nemmeno. Tirò un sospiro di sollievo quando si trovò nell’ufficio della direttrice seduta alla sua scrivania. Era una robusta signora di colore, si chiamava Jackie Michaels.

-La tua chiamata mi ha stupito parecchio, tecnicamente non potrei darti le informazioni che mi chiedi, dal telefono avevo già capito che sei minorenne.-esordì.

-Signora Michaels non posso aspettare di compierne diciotto. Molte cose già le so ma voglio delle altre risposte. Lei mi capisce, vero?-tentò di convincerla.

-Si, ti capisco. Abbiamo avuto molti casi come al tuo, questa clinica offre molta protezione alle ragazze sole.-specificò e le mise davanti una cartella senza però togliere la mano di sopra.-Noi conserviamo tutto, soprattutto le scartoffie burocratiche.-

-Ci speravo proprio.-sorrise.

-Ti avviso che ciò che leggi potrebbe non essere di tuo gradimento. Io me la ricordo bene tua madre, era molto giovane e sola. Negli occhi aveva una lunga storia da raccontare e non era allegra, sei sicura di volerla aprire?-si riferì alla cartella.

-Si.-annuì e Jackie tolse la mano.

Clay aprì la cartella e ne tirò fuori il primo foglio, la sua cartella clinica con data e ora di nascita, peso, lunghezza e tutti i controlli di routine che le erano stati fatti. Come nome spiccava solo Claddagh.

C’erano altri fogli che riguardavano solo informazioni mediche, poi, finalmente, trovò il foglio che cercava, era il foglio che sua madre aveva compilato e firmato per uscire dall’ospedale senza di lei.

I tre quarti dei campi non erano compilati. Sul nome c’era scritto solo Anne. Niente età, data di nascita, luogo di residenza o motivazioni sul motivo del rilascio.

-C’è scritto solo Anne e nient’altro compilato da lei.-constatò con le lacrime agli occhi.

-Te l’avevo detto che non ti sarebbe piaciuto.-le porse dei fazzoletti.-Tua madre era minorenne.-

-Minorenne?-si stupì.

-Esatto. Non ci disse la sua età ma confermò questo dettaglio, a vista aveva circa diciassette anni, e se ne è andata di nascosto lasciando il foglio con solo il nome scritto sul letto poco prima dell’alba. Accanto c’era un anello e un biglietto piegato in due. Pensiamo che sia scappata perché, essendo minore, avremmo dovuto fare ricerche su chi era veramente e contattare la famiglia. La stavamo trattenendo con la forza perché così richiede la legge ma è riuscita comunque a scappare. Mi dispiace.-mormorò notando i suoi singhiozzi.

-Ha lasciato un biglietto?-disse tra le lacrime.

-Si, è in fondo alla cartella.-annuì e Clay notò che in effetti in fondo c’era una busta bianca.

La prese con le mani tremanti tirando su con il naso e cercando di cacciare le lacrime indietro. Ne tirò fuori un foglio piegato in due, non c’era scritto niente sopra. Lasciando da parte la busta spiegò in foglio, non c’era scritto molto, solo poche frasi.

“Piccola mia perdonami.

Ogni giorno della mia vita sarai nel mio cuore e nei miei pensieri.

La tua mamma.”

Riprese a piangere e Jackie si alzò e le si inginocchiò davanti per abbracciarla forte. Sapeva di non poter capire il dolore di quella ragazza, coetanea quasi della sua figlia maggiore, ma ricordava le lacrime e la pena della giovane madre quando, sedici anni prima, aveva comunicato con voce tremante mentre la teneva in braccio di non poterla tenere e che voleva mettere firma per lasciarla lì in clinica. Quando si fu calmata sedette sulla sedia accanto alla sua.

-Dopo che è scappata abbiamo fatto delle ricerche, la legge ci chiedeva così. Nei database non risultava nessuna ragazza di nome Anne di cui fosse stata fatta denuncia di scomparsa, quindi o tua madre ci ha dato un nome falso oppure era una ragazza senza famiglia.-le spiegò.

Clay annuì tenendo gli occhi bassi, si sentiva confusa e senza pensieri. E con il mondo che le era crollato addosso ancora di più.

Poco dopo andò via. Chiese il permesso di poter portare via con sé il biglietto, unica cosa insieme all’anello che sua madre le aveva lasciato. Si fermò in un parco che ormai era vuoto dato che era quasi buio e si sedette su un’altalena a pensare e piangere ancora, sapeva di non aver ancora esaurito le lacrime.

Sperava, pregava, che un giorno, forse per qualche oscuro miracolo divino, sarebbe riuscita a sapere chi era in realtà sua madre. Anche se riconosceva essere una cosa abbastanza impossibile.

Contemporaneamente, una giovane ragazza posava un mazzo di rose bianche sulla tomba della sorella morta con piccole lacrime di tristezza che le scendevano sulle guance. Accarezzò il marmo bianco della lapide e si chinò per parlarle, come se fosse ancora con lei.

-Mi dispiace, sorellina. Sono passati quattro anni e ancora non ho aperto i tuoi diari per cercare il tuo anello claddagh. Non ne ho il coraggio quindi ti comunico che il tuo segreto giacerà per sempre con te qui sotto terra.-

 

 

 

Parte 20 – In un vecchio baule blu

Il coperchio del baule blu si sollevò con un leggero scricchiolio, erano ben sette anni e mezzo circa che non veniva aperto e ormai i cardini si erano arrugginiti. Era pieno fin quasi all’orlo di cose riposte in perfetto ordine e ne uscì un forte odore di chiuso.

E anche di ricordi. Questo, Clay lo notò ancora prima dell’odore di chiuso. Sapeva che non erano i suoi ricordi, bensì quelli di Dawn e della sua amata sorella scomparsa. Chissà che tipo era stato Buffy Anne Summers, si trovò a chiedersi.

Ne tirò fuori un paletto di legno perfettamente appuntito di legno scuro e un altro dalla linea curva e tonda con inciso di lato “Signor Punta”.

-Signor Punta.-mormorò.-Certo che Buffy doveva essere strana per dare un nome al paletto.-scosse la testa posando i paletti accanto a sé e riprendendo la ricerca.

Si sentiva un po’ strana a curiosare tra le cose di una cacciatrice morta quasi, ormai, otto anni addietro, e anche molto intrusa. Se non fosse che l’aveva promesso a Dawn non si sarebbe mai sognata non solo di aprire ma anche solo di guardare quel baule.

 

Tirò fuori un maialino rosa di peluche scolorito dal tempo e dalla polvere a cui sorrise scioccamente strizzandogli il nasino e diversi cd, ovviamente erano tutti di quando Buffy era adolescente e rimase quasi inorridita tanto erano vecchi.

-Dio, musica preistorica. Ma sono davvero esistiti questi gruppi?-li scorse uno ad uno.-New Kids on the Block, the Sundays, Sprung Monkey, Bif Naked, K’s Choice, Cibo Matto!-elencò stranita.-E chi cavolo sono i Dingoes Ate My Baby? Mah!-esclamò e lì posò di lato.

Tirò fuori dei vestiti decretando il look da era paleolitica, una cornice con la foto di una bambina bionda insieme alla madre di Dawn e ad un uomo castano, dedusse che doveva essere Buffy con i suoi genitori. Si trovò a guardarla bene e ad accarezzare i contorni dei volti, quella foto le faceva venire in mente ciò che lei non aveva mai avuto.

La mise di lato anche questa e tirò fuori dell’altro: ninnoli, un ombrellino rosa con una targhetta con su scritto “Buffy Anne Summers, Protettore di Classe”, dei pompon da cheerleader, dei trucchi usati e ormai scaduti, alcuni libri tra cui i “Sonetti dal Portoghese” di Elisabeth Barrett Browning, gli annuari della scuola insieme con la tonaca e il cappellino del diploma, i documenti senza le foto tessere…tutte cianfrusaglie che qualsiasi ragazza normale aveva.

Poi, in fondo, scorse alcuni diari. Finalmente li aveva trovati, pensò tirandoli fuori e rigirandoseli tra le mani per osservarli bene. Erano abbastanza consunti e le pagine si erano ingiallite per il tempo. Dawn le aveva detto che aveva riposto tutto subito dopo la morte di sua sorella.

Prese il primo e lo aprì alla prima pagina, era datato tre marzo 1997. Sembrava un secolo fa, lei non era ancora neanche nata.

“Sunnydale…che razza di nome è Sunnydale per una cittadina. Non è altro che la classica cittadina di provincia americana con le strade che ci cammini in mezzo e non ti stendono, c’è sempre il sole e la gente sa tutto di tutto e tutti. Era meglio Los Angeles.

E invece no, adesso mi trovo bloccata qui a Sunnydale perché mamma ha deciso che vivremo qui! Che noia! E tutto per colpa di Lothar e di quei vampiri del cavolo che mi hanno dovuto far incendiare la scuola. La mia vita da quando ho scoperto di essere una cacciatrice è diventata un vero inferno, sono passata da cheerleader e reginetta della scuola ad essere la più sfigata.

Domani comincerò ad andare a scuola e spero che stavolta vada meglio, non ci sarà vampiro che tenga a rovinarmi l’esistenza! Anzi spero che non ci siano proprio vampiri perché ho chiuso con la storia della cacciatrice!! Che se ne cerchino un’altra…”

Quasi si fece due risate a leggere. A sedici anni, Buffy Summers era proprio la classica ragazzina superficiale che pensa solo a ragazzi e moda ma cominciava ad intravedere un’ombra di solitudine. Da quello che le aveva detto Dawn, Buffy era stata molto sola nella sua vita.

Lo chiuse e ne prese un altro, in tutto erano tre. Il secondo era di pelle nera e dall’aspetto anonimo, non avrebbe mai detto che era un diario. Lo aprì a caso all’incirca in mezzo. Era datato ai primi di febbraio 2002

“Cos’è che mi spinge a comportarmi così? Sto vivendo? Sto morendo?

Sto cercando una ragione per vivere? O una per morire ancora? Mi sto consumando? È l’inferno questo? Oppure non l’ho ancora visto davvero dato che ho sempre impedito che scendesse in terra?

Da quanto tempo sono tornata in vita? Cinque mesi…e ancora non mi sono abituata alla nuova vita, se così posso chiamare ciò che sto “vivendo” in questo momento. Non è vita questa, non c’è niente di vitale, è solo un trascinarsi avanti giorno dopo giorno cercando di non urtare i sentimenti di chi dice di volermi bene. Esistono i miei sentimenti? O li ho lasciati nella tomba dentro cui mi sono svegliata cinque mesi fa?

Sono mai esistiti? Perché se fossero davvero esistito chi ho amato davvero non se ne sarebbe mai andato. Angel…Riley…mia madre…

Cosa mi lega a Spike? Quel legame, quel filo sottile tra vita e morte che non si spezza. Per me è solo sesso. Sesso distruttivo, atroce, senza neanche la passione reale. Sesso che mi fa male e che voglio faccia male, sesso che mi disgusta e mi lascia sporca dentro e fuori.

Dov’è finita Buffy Anne Summers? Sono ancora la stessa Buffy che arrivò a Sunnydale convinta che fosse monotona? La stessa che ha amato senza riserve un vampiro di più di duecento anni? Che ha sventato le apocalissi? Che ha affrontato un dio? No, adesso sono solo una Buffy sporca, umiliata, vegetale e a cui pare di guardare il mondo da un’altra visuale.

Dove sei mio piccolo angioletto? Piccola speranza che per un intero giorno ha rasserenato la mia vita? Sei felice da qualche parte? Avrò fatto bene a fare quello che ho fatto?

Penso a te tutti i giorni della mia vita, ti sento sempre scorrere dentro le mie vene, a volte se ascolto bene il battito del mio cuore mi pare di sentire che sia il tuo, così piccolo e innocente. Se fossi stata qui con me so che mi avresti impedito con il tuo solo sorriso ingenuo di ridurmi a ciò che sono ora, perché per te io sarei stata la migliore.

Mi manchi, ma sono passati anni e anche se so che adesso non hai ancora una maturità sufficiente da odiarmi so che presto lo farai. E anche se non potrò sentirlo o vederlo io saprò del tuo odio e starò a meritarlo tutto. Ma ti amerò comunque…”

Clay aggrottò la fronte perplessa. Adesso non riusciva più a capire i pensieri di Buffy perché erano divenuti confusi. Sapeva che quello era un periodo abbastanza nero che la cacciatrice aveva trascorso a causa del ritorno dalla morte. Sapeva anche della relazione con Spike perché gliene aveva accennato Willow ma quelli parevano quasi pensieri folli. Non voleva esagerare ma pareva quasi che Buffy stesse per impazzire.

Riprese il primo diario e saltò, scorrendo velocemente, i primi tempi di Buffy a Sunnydale dove parlava di aver conosciuto Willow, Xander, Giles, Angel e anche una certa Cordelia Chase, la ragazza più popolare della scuola che in molti le avevano nominato.

Si soffermò più a lungo sulla storia di Buffy con Angel, era esattamente come Willow gliel’aveva descritta, solo che qui era raccontata direttamente dal pugno della diretta interessata. Su alcune pagine, dopo che Angel aveva perso l’anima, erano chiari i segni delle lacrime. Trovò una pagina datata sei marzo 1998 che la colpì molto.

“Non ho più lacrime…non ho più pensieri…forse ho perso anche me stessa quella notte insieme all’anima di Angel.

Dove sei amore mio, la tua anima resiste ancora da qualche parte oppure si è annullata, è svanita nel nulla ed io non avrò mai più modo di rivederla sorridermi in quel modo dolcissimo e anche un po’ timido che adoravo tanto? Cosa è rimasto di me senza te?

 

È sciocco a dirlo, magari domani riuscirò ad uccidere quel demone che indossa la tua faccia cambiando la tua espressione cupa e addolorata in una strafottente e di pura crudeltà e tra qualche anno riuscirò ad amare di nuovo anche se nessun amore sarà mai travolgente e puro come quello che nonostante tutto provo ancora per te.

Ed è anche stupido dirlo perché dopo ciò che ho scoperto quando sono stata ricoverata in ospedale per l’influenza so che adesso sono legata a te per sempre e che niente potrà mai scindere questo legame. Cambierà tutto adesso o forse no, ancora non lo so. Forse è già tutto cambiato.

Angel, Dio, Angel perché mi sei stato donato se poi uno stupido attimo di pura felicità ti ha strappato via da me?! Odio la felicità se questo vuol dire perderti. Giuro amore, se un giorno, per un qualche miracolo la tua anima tornerà a posto e tu tornerai da me farò in modo di non perderti mai più, anche se questo vuol dire rinunciare alla felicità. La mia unica felicità è sempre stata quella di averti, di poterti sorridere…”

Buffy amava molto Angel, questo lo aveva capito subito. Quello che non aveva capito era che si trattava di un amore profondo, che aveva fuso due anime in una sola. Era uno di quegli amori che anche se finivano nessuno dei due avrebbe più potuto amare qualcun altro allo stesso modo.

Nelle pagine precedenti, Buffy aveva fatto riferimento all’anello regalatole da Angel ma erano stati riferimenti vaghi e di nessuna utilità. Ciò che Clay non capiva era come mai una ragazza in fin di vita aveva pensato ad un vecchio anello perduto.

Interruppe un attimo la lettura di quel diario per prendere l’ultimo che non aveva ancora aperto. Si interrompeva a un giorno prima della sua morte. Strano, trovò, che una ragazza di ventinove anni tenesse ancora un diario. Aprendolo a caso trovò le pagine di settembre del 2009, quasi un anno prima del suo decesso. Erano state scritte tutti i giorni. Un po’ per curiosità e un po’ perché quell’anno lei aveva compiuto undici anni si fermò al venti di settembre.

Dopo non avrebbe saputo decidere se magari sarebbe stato meglio non leggere mai quelle pagine o si. Le ci sarebbero voluti mesi per darsi una risposta.

“Ogni anni è sempre la stessa storia, sempre la stessa angoscia.

Dio mio cosa ho fatto? Se puoi perdonami, non punirmi per quell’atto di puro terrore, avevo solo diciassette anni. Dio, ti prego fa che lei, la mia piccola bambina, un giorno possa perdonarmi.

Piccola mia, dove sei? Non ho mai smesso di pensare a te, fin dal giorno in cui sei nata. Il giorno in cui ti ho dato alla luce e che, l’unico giorno in cui ti ho stretta fra le braccia. Non volevo abbandonarti ma ero così giovane. In quel periodo era solo tutto così maledettamente sbagliato.

Sono trascorsi undici anni e ancora ricordo quel tuo piccolo visino d’angelo, gli occhietti e il nasino dolcissimo. Le tue manine si aggrappavano alle mie dita come se stessero capendo che ti stavo lasciando e non volevano che lo facessi.

Ma io ho dovuto! Mia piccola stella, mio piccolo tesoro, unica persona che ho amato più della mia stessa vita a parte tuo padre così inconsapevole come il resto del mondo della tua esistenza. Ti penso sempre, bambina mia, ogni giorno della mia vita.

Festeggio i tuoi compleanni con lacrime di dolore per non averti con me. Credi che non pensi mai a te? Non faccio altro, invece. Somiglierai a me? Oppure a tuo padre? Avrai i capelli biondi come i miei? O scuri? Gli occhi verdi, o castani? Quali sono le cose che ti piacciono?

Avrai ricevuto dei regali oggi? Io te li compro ogni anno in attesa di poterteli un giorno dare ma non so se avrò mai il coraggio di cercarti perché forse ti ho rovinato la vita con il mio gesto. Ma oggi, nel giorno del tuo undicesimo compleanno voglio solo immaginare il tuo volto, spesso lo vedo così nitido nei miei sogni, e credere che stai sorridendo alla vista di una bella torta. Sorridi, bimba mia, sorridi sempre e pensa nel tuo cuore che ti amerò finché avrò respiro…”

Il suo cuore cominciò a battere forte, stranamente. Buffy Summers aveva una figlia. Dawn ne era a conoscenza? E Willow? Magari l’anello era solo un pretesto per spingere sua sorella a leggere i suoi diari e venire così a scoprire della bambina e magari cercarla.

Ma ciò che la mise più in ansia furono le coincidenze. Buffy Summers aveva una figlia…nata il venti di settembre 1998 come lei…e che aveva abbandonato…

Riprese il diario su cui Buffy aveva scritto dopo che Angel aveva perso l’anima e lo scorse fino ad arrivare al periodo di settembre, il periodo in cui aveva partorito. Aveva una strana sensazione dentro di sé.

Non trovò niente scritto nel venti di settembre ma trovò delle pagine increspate di lacrime scritte il giorno seguente, il ventuno.

“Forse sono ancora in tempo. Forse se torno alla clinica, dichiaro chi sono veramente e chiamo io stessa mia madre non mi denunceranno per abbandono di minore. Forse se mia madre collabora mi permetteranno di tenerla.

No, è troppo tardi. Che cosa ho fatto? Ho abbandonato la mia bambina nata da sole tredici ore. Forse non la chiameranno nemmeno come io ho scritto, ma spero fermamente che le mettano almeno il nome scelto da me.

Forse se torno indietro potrò portare a Sunnydale con me mia figlia e crescerla senza che sappia mai di questo mio momento di pazzia. Mia madre la adorerà ne sono sicura. No, è troppo tardi, ormai sarà già in mano agli assistenti sociali.

Credo di aver fatto la cosa giusta, non posso portarla con me, nel mio mondo disastrato dove regna solo la morte e il sangue. Sarebbe facile preda per i vampiri, e magari il Consiglio me la farebbe anche pagare.

Come potrebbe la mia piccola bambina vivere in un mondo fatto di demoni, profezie, maledizioni…Forse le daranno una famiglia migliore di quella che potrei offrirle io. Una famiglia dove la madre non è una cacciatrice, il padre non è un vampiro e non dovrebbe subire preoccupazioni come un’apocalisse o affrontare l’inferno.

Angel, amore mio, se la tua anima da qualche parte sa di tutto questo, perdonami se ho dovuto abbandonare la nostra bellissima bambina. L’ho chiamata Claddagh, come l’anello che mi ha regalato, in segno del nostro amore.

È lei il segno del nostro amore, il legame che ci ha unito per sempre. Forse lei non capirà mai il significato di questo nome ma io lo so, è il significato dell’amore dei suoi genitori. Quell’amore che ha generato lei che non sarebbe dovuta esserci.

Mia piccola Claddagh sarai in me tutti i giorni della mia vita, sappi che ti vorrò sempre bene e che ho dovuto compiere il gesto che ricorderò per tutta la vita…”

Il diario le cadde dalle mani finendole sulle ginocchia mentre il respiro le si faceva affannoso e il cuore la batteva forte in petto tanto che pareva stesse per scoppiare. Le lacrime le stavano bruciando gli occhi fino ad appannarle quasi la vista e farle quasi sembrare che ciò che aveva letto era frutto della sua immaginazione.

Ma non era così e lo capì presto. L’aveva odiata, aveva cercato di capirla, aveva sofferto e adesso aveva scoperto chi si celava dietro Buffy Summers. Non ci credeva, non poteva essere vero, doveva essere solo un brutto sogno.

Quelle ultime pagine le rimbombarono in testa fino a che non le parve che fossero su tutte le pareti della camera, che stessero aleggiando nell’aria. Ci mise un po’ a capirlo del tutto ma poi la realtà esplose dentro di lei con un fragore di tuono e la consapevolezza la invase come la marea.

Buffy Anne Summers era sua madre.

 

 

 

 

 

Parte 21 – Lacrime e rabbia

20 settembre 1998

-La prego mi aiuti!-

La giovane infermiera alla reception alzò la testa da una cartella clinica e si trovò davanti una ragazzina bionda con il volto segnato dal dolore. Si teneva saldamente la pancia, ma lei non riusciva ancora a vederlo.

-Cos’ha?-le chiese.

-Ho le doglie! Ah!!-si accasciò quasi al suolo piegandosi in due e piangendo.

L’infermiera uscì dalla reception chiamando a gran voce un portantino che arrivò con una sedia a rotelle seguito da una dottoressa di turno mentre cercava di sostenerla mentre piangeva per il dolore. Evidentemente era già in avanzato travaglio e quindi molto prossima al parto.

Insieme al portantino la adagiarono sulla sedia a rotelle e la trasportarono subito in sala parto, la dottoressa cercava di farla parlare data la giovane età ma non c’era molto tempo per fare le domande perché dalla rapida occhiata che le diede la ragazza era già alò massimo della dilatazione.

Nonostante tutto non fu un parto facile, ne rapido. La ragazza aveva un bacino ancora stretto e il parto durò ben quattro ore, quattro ore in cui, comunque, quella giovane adolescente si dimostrò coraggiosa e forte…in tutti i sensi.

-Coraggio, ancora un’altra spinta.-la incitò.

-Non ci riesco!-pianse disperata, la fronte imperlata di sudore. Respirava affannosamente per via della stanchezza, ma ormai c’erano vicini.

-Si, che ci riesci.-la incoraggiò.-Ci siamo quasi, ancora un’altra spinta. Adesso!-e quella ragazza strinse forte i denti e spinse più forte che poteva.

Qualcosa cominciò ad affacciarsi, ormai mancava davvero molto poco.

-Coraggio, piccola, vedo la testa.-sorrise.-Spingi di nuovo adesso.-e con quell’ultima, vigorosa spinta la testa fu tutta fuori.

Tirarono fuori il nuovo miracolo della vita mentre la giovane madre si accasciava distrutta sullo schienale, respirando affannosamente. Ma sul volto stanco c’era anche un sorriso di felicità.

-È una femmina.-annunciò la dottoressa mentre la alzava e tagliava il cordone ombelicale. La consegnò ad un’infermiera che la avvolse tra una copertina e la diede un leggero controllo mentre strillava annunciandosi al mondo intero.-Congratulazioni, hai una bambina bellissima.-disse alla giovane madre che annuì.

Subito dopo l’infermiera posò tra le sue braccia la piccola che adesso si era calmata e agitava le manine guardandosi in giro con gli occhietti ancora semi chiusi. Non era ancora nemmeno stata lavata ma la trovò bellissima, con la pelle chiara e morbida e i pochi capelli biondi, e la amò subito di un amore profondo ed intenso. Di quell’amore che proveniva dal profondo del cuore e dalla carne, la sua carne.

-Dio come sei bella.-mormorò cominciando a piangere.-Ti voglio già così tanto bene.-poggiò la guancia alla sua testolina tenendola stretta a sé.

-Ehm…adesso dobbiamo portarla a lavare e tu devi riposare.-la distolse la dottoressa.-Hai già deciso come vuoi chiamarla?-le chiese.

Non ci aveva mai pensato ma lo sguardo le cadde sulla sua mano sinistra, la mano che le stava accarezzando la testa, e notò l’anello che portava all’anulare sinistro. L’anello che non si era mai tolta dalla tragica mattina di pochi mesi prima quando la sua vita era cambiata, ancora.

-Claddagh.-decise subito.

-Claddagh.-ripeté.-Un nome particolare.-disse mentre prendevano la piccola e la portavano via ma neanche la madre poté rispondere perché fu subito portata nella sua camera dove dormì profondamente per altre sei ore.

Appena cominciò a svegliarsi fece in modo che le venne subito portata la piccola. Fu la prima cosa che vide appena aprì gli occhi.

-Buongiorno.-le sorrise mettendole la piccola tra le braccia.-Dormito bene?-si informò.

-Ho sognato troppo.-sospirò seria.

-Ci sono dei documenti da compilare, lo sai vero?-esordì altrettanto seriamente.

-Dovrete chiamare qualcuno?-si informò.

-Dipende da quanti anni hai.-fece una pausa.-Perché non cominci con il dirmi il tuo nome? Io ad esempio mi chiamo Judith.-

-Anne.-disse tenendo gli occhi fissi sulla piccolina.

-Quanti anni hai, Anne?-ma lei non rispose.-Sai, nel reparto si è sparsa la voce sul nome della piccola e lo trovano tutti davvero molto originale.-

-È simbolo di amicizia, fedeltà ed amore. È irlandese, come suo padre.-l’ultima cosa fu quasi un sussurro ma lei lo udì comunque.

-E al momento si trova in Irlanda? Possiamo rintracciarlo se vuoi.-ma lei scosse la testa.

-Non potete, è morto.-

-Capisco. Vuoi compilare tu i documenti?-le propose.-Poi, se vorrai, potrai chiamare i tuoi genitori.-

-Voglio lasciarla qui.-annunciò e sulle prime Judith non capì.

-Come?-si stupì.

-La bambina. Voglio mettere firma e lasciarla qui in clinica, non posso portarla con me. Ho una vita troppo disastrata e non voglio che cresca in mezzo a tutto questo, sarebbe ingiusto.-aveva la voce rotta nel parlare e per nascondere le lacrime teneva gli occhi bassi.

-Senti, Anne, al momento sei ancora stanca e provata. Adesso riporto la bambina alla nursery e tu dormi ancora un po’, quando ti sveglierai se sarai ancora della stessa opinione agiremo di conseguenza, lascio comunque tutti i documenti qui sul tuo comodino.-posò i fogli ma lei neanche ci prestò caso.

Guardò la piccola culla andare via con sguardo serio, troppo serio per una ragazzina. Judith sapeva che non poteva avere più di diciassette anni, e sperava caldamente che cambiasse idea.

Anne diede una rapida occhiata all’orologio che segnava le ventitré e un minuto quando sgusciò fuori dal letto dopo che l’infermiera per il controllo fu andata via vedendo che dormiva. O meglio che faceva finta di dormire. Aveva indosso un paio di pantaloni da tuta e una canottiera su cui mise una felpa con la cerniera.

Si affacciò sulla porta e vedendo che non passava nessuno si inoltrò nel corridoio fino a giungere alla nursery e guardare da dietro il vetro. Alcuni bambini erano ancora svegli, altri piangevano ma lei non prestò attenzione a loro perché la vide subito. Era avvolta in una copertina rosa ed era sveglia. Non piangeva ma agitava le manine piccole e delicate.

Da dentro un’infermiera la vide le indicò la bambina. Lei annuì e allora la giovane di turno si premurò di prenderla dal suo giaciglio e la portò fuori dove gli mise tra le braccia.

-Devo ammettere di non aver visto una bimba più buona di lei. Non ha pianto per tutto il giorno.-sorrise e poi tornò dentro.

Con quel piccolo fagotto in mano, vestita di una tutina rosa e panna che non aveva mai visto, forse dono di qualche altra madre, si sedette su una sedia. La mise in piedi tenendola per le ascelle e portando il piccolo visetto alla sua stessa altezza. Emetteva dei piccoli versetti con la boccuccia che la riempirono di amore.

-Ciao amore mio.-disse adagiandosela di nuovo tra le braccia e passandole in dito sulla guancia paffutella.-Io non lo so se puoi capire ciò che ti dirò. Non posso farlo, spero che tu mi capisca. La mia vita è così disastrata con tutti quei demoni e vampiri. Voglio solo dirti che non sei stata uno sbaglio, anche se questo ha portato tuo padre alla morte, per mano mia. Sono sicura che se avesse saputo di te ti avrebbe amato come già ti amo io. Sto solo cercando di garantirti una vita migliore di quella che potresti vivere con me e il costante pericolo della morte, ti voglio solo proteggere.-

Si portò la piccola testolina sulla guancia in un dolce e protettivo abbraccio mentre una lacrima le scendeva giù per una guancia fino a posarsi sulla testa quasi priva dei chiari capelli.

-Ti amo così tanto.-pianse.-Vorrei tanto prenderti adesso e scappare via lontano, io e te da sole, e magari trasferirci dove nessuno ci conosce. Ricominciare daccapo e vivere per sempre felici, ma non posso perché io lo so che presto o tardi ciò che sono e il mio passato mi busseranno alla porta e dovrò per forza aprire. Claddagh, ricorda solo che sarai sempre la parte più importante del mio cuore e che ti penserò tutti i giorni.-

La guardò dritta in viso, senza che se ne fosse accorta l’aveva cullata fino a farla addormentare. Nel sonno pareva una piccola bambola di porcellana con la pelle chiara, le palpebre sottili e le ciglia chiare, quasi finte. Le accarezzò dolcemente la testolina con un sorriso, poi si chinò a darle un bacino sul piccolo nasino, poi un altro in fronte.

-Non dirlo a nessuno, in realtà mi chiamo Buffy. Se da grande te lo ricorderai, anche se non penso, cercami. Non ce ne sono tante con questo nome.-

Si alzò e bussò sul vetro della nursery dove la stessa infermiera stava rimettendo a letto un bambino dopo avergli cambiato il pannolino. Uscì fuori e prese la piccola dalle braccia della madre che rimase a guardare finché non la rimise nella culla. La guardò per ancora qualche istante, nel sonno pareva quasi finta e poi tornò nella sua camera.

Si mise le scarpe e lasciò sul cuscino un foglio piegato in due. Si guardò la mano sinistra e vedendo l’anello che ancora portava all’anulare, lo sfilò e lo adagiò sul foglio. Uscì dalla camera facendo attenzione a che nessuno la notasse ma la clinica pareva quasi deserta.

Le riuscì semplice uscire da lì e allontanarsi nell’oscurità mentre piangeva lacrime amare e lasciava un pezzo del suo cuore dentro una culla con una bimba di sole tredici ore addormentata pacificamente senza che sapesse o capisse cosa le era appena successo.

 

6 febbraio 2018

Il rumore di vetri rotti e dell’urlo scaturirono nel bel mezzo della tranquilla conversazione che si svolgeva tra Dawn, Connor, Willow, Angel ed Eric nel salotto facendoli trasalire tutti e annullando ogni loro pensiero che non fosse solo uno stato di allerta.

-Madlen!-esclamò Dawn scattando in piedi pensando che qualcosa fosse successo alla piccola.

-Clay!-la corresse Angel correndo di sopra seguito da tutti.

La scena che si presentò ai loro occhi appena aperta la porta li sconvolse tutti. Clay era in uno stato di evidente shock, stava scaraventando i mobili e tutto ciò che le capitava a portata di mano in aria, urlando e imprecando.

-Ti odio!!-urlò.-Come hai potuto farmi questo?! Come hai potuto!!-gettò tutte le cose che stavano sulle mensole della libreria per terra, rovesciò la poltrona e con un gesto del braccio tutte le cose che stavano sulla console.

-Clay fermati!-tentò Eric senza risultato, pareva inconscia della loro presenza.

La stanza era il segno di una totale devastazione, fu Willow la prima a notare il baule blu aperto e le cose appartenute alla sua migliore amica per terra accanto ad esso. Come mai Clay aveva aperto il baule di Buffy? Come mai Clay possedeva il baule di Buffy?

-Buffy.-mormorò e tutti posarono lo sguardo sul baule aperto.

Il pianto di bambina li distrasse un attimo, tutti tranne Clay che ancora urlava disperata e rovesciava qualsiasi cosa aveva a tiro. Era isolata da tutto.

-Vado io.-disse Connor e uscì per andare da Madlen che tutto quel trambusto aveva svegliato.

Willow e Dawn si avvicinarono alla finestra e al baule, la prima per raccogliere uno dei diari della sua migliore amica ancora aperto alla pagina che stava leggendo Clay, l’altra perché la finestra era rotta e vedere cosa Clay aveva scaraventato di sotto.

 

-Ha gettato uno sgabello giù dalla finestra.-informò gli altri.

-Maledetta!! Ti odio!! Che cosa ti avevo fatto di male!!-continuava ad urlare Clay in preda ad una rabbia cieca e ad un dolore sordo che ancora nessuno poteva capire che la portarono ad afferrare le cose della defunta cacciatrice, dato che ormai aveva esaurito le cose da distruggere, e cominciare a fracassare quelle.

-Fermati!!-le urlò Dawn.-Sono le cose di mia sorella!!-le strappò via di mano l’ombrellino rosa, premio datole al liceo.

-E conoscevi perfettamente tutti i segreti di quella stronza?!-urlò più forte di lei.

Dawn rimase ferma paralizzata dalla frase mentre Clay afferrava la libreria e la rovesciava a terra. Eric si fece avanti afferrandola la dietro e tenendola ferma mentre si dibatteva ferocemente. Tenne saldo finché non riuscì appena a calmarla pur continuando a sentire che aveva il fiato affannoso ed era scossa da violenti tremiti, poi la lasciò piano andare e la ragazza si poggiò con le mani alla console ancora al suo posto. Cosa che non si poteva dire del suo contenuto.

-Oh mio Dio.-mormorò Willow che stava leggendo il diario della sua amica, era sconvolta.

-Che succede Willow?-le chiese Angel ancora stupito per quella scenata.

-Buffy aveva una figlia.-annunciò la strega a tutti lasciandoli ammutoliti e scioccati.

-Cosa?-sussurrò Dawn con gli occhi sbarrati, le lacrime stavano cominciando a formarsi intorno ai suoi cristallini occhi azzurri.

Calò un profondo silenzio a quella rivelazione. Rotta un minuto dopo da un altro schianto di vetro. Sobbalzarono tutti voltandosi verso la fonte del rumore. Clay aveva dato un pugno allo specchio rompendolo in mille pezzi che caddero sul pavimento come una lucente pioggia argentata insieme ad un'altra rossa…il sangue proveniente dalla mano della giovane cacciatrice. Subito dopo, il rumore di singhiozzi al contempo infantili e disperati.

-Volevo solo essere amata.-singhiozzò con voce rotta instillando in tutti un enorme conferma.

L’attimo dopo era già corsa via dalla stanza e giù per le scale. Quasi nessuno si era accorto di quella fuga talmente era lo shock.

-Claddagh!!-la chiamò Eric correndo sul corridoio, ma lei era già scomparsa oltre la porta.

-Come l’hai chiamata?!-riprese coscienza Angel raggiungendolo, gli altri lo seguirono.

-Claddagh.-li informò.-È il suo nome di battesimo.-spiegò

-Oh Dio.-sussurrò Dawn ricordando quella mattina di agosto dove Buffy era spirata con quell’ultima parola che le era uscita dalle labbra.-Non era l’anello.-

-È scritto anche qui.-confermò Willow con ancora il diario in mano.-La stessa Buffy lo scrive. Parla di lei ogni giorno a partire dalla sua nascita. Quando è scappata di casa nell’estate dell’98 era incinta, ha partorito mentre si trovava a Los Angeles ed è scappata di nascosto tredici ore dopo il parto lasciando la piccola alla clinica con solo il nome: Claddagh.-raccontò brevemente.

-Allora è anche mia…-ma Angel non riuscì a completare la frase.

-Si, è anche tua figlia.-annuì la strega.

-Devo andare a cercarla!-Eric fece per correre via, ma Angel lo fermò per un braccio.

-No, devo andarci io. So dove trovarla.-cominciò a scendere giù le scale.

-Come fai a saperlo?-gli chiese il giovane medico stupito per l’affermazione sicura.

-Può essere andata solo in un posto: da sua madre.-riprese la discesa ma fu di nuovo fermato.

-Angel?-lo chiamò Dawn e lui si voltò.-Ti prego, riporta da me mia nipote. È l’unica cosa che ha lasciato Buffy e Claddagh non deve odiarla.-

-Lo farò.-assentì e andò via.

In quello stesso istante, Connor uscì dalla camera dalla camera da letto dove dormivano anche i bambini trovando tutti nel corridoio.

-Madlen è riuscita a riaddormentarsi.-li informò.-Avete saputo cos’è successo?-chiese in ansia.

-Connor ti senti mai solo senza fratelli o sorelle?-gli chiese Willow lasciandolo esterrefatto.

-No.-scosse la testa.

-Beh sappi che le cose sono cambiate. Clay è tua sorella.-sparò.

-Cosa?-strillò quasi.

-Andiamo di sotto che ti racconto tutto.-lo invitò Dawn.

-Io sistemo la camera di Clay e rimetto le cose di Buffy al suo posto. Nel mentre chiamerò Giles per dirgli della novità, penso che dovrebbe anche leggere i suoi diari.-propose Willow e tutti annuirono.

Angel non era mai andato a trovare Buffy, e per quanto ne sapeva neanche Clay, ma non gli fu difficile trovarla. Willow gli aveva sempre detto che nella periferia nord cimitero di Restfield c’era un piccolo angolo con un salice piangente. Era quello il luogo che Dawn aveva scelto per l’eterno riposo della sua amata sorella.

Il silenzio della notte era profondo e quasi irreale…per chi aveva orecchie umane. Ma alle sue non sfuggivano nulla, neanche i singhiozzi disperati di una giovane ragazza. Si diresse nella direzione da cui sentiva il pianto e poco dopo trovò sua figlia, ancora non ci credeva, ai piedi della tomba della madre stesa sull’erba e aggrappata ad alcuni ciuffi davanti alla lapide di marmo bianco.

Adesso che la vedeva capiva quanto stava ancora soffrendo per lei, per l’unica donna che avesse mai amato e che amava ancora. La lapide era bianca con sfumature grigie e anche se era un po’ nascosta da Clay riuscì comunque a leggere le iscrizioni sopra.

Buffy Anne Summers

19/01/1981 – 12/08/2010

Sarai sempre nei cuori di chi ti ama

Una sola frase. Semplice, molto semplice, ma profonda al punto che si sentì le lacrime pungergli gli occhi e il cuore fermo da secoli spaccato in pezzettini talmente piccoli che lo trafiggevano facendogli più male di quanto osasse pensare.

-Clay.-mormorò non osando neanche chiamarla con il suo nome di battesimo.

Il nome che Buffy aveva scelto, probabilmente pensando a loro e al fatto che lei era un frutto che non doveva esserci. Era la meravigliosa conseguenza di una meravigliosa notte che però aveva portato alla distruzione.

-Come ha potuto farmi questo?-singhiozzò tremando violentemente. Il petto era scosso dal pianto tanto da non riuscire a respirare. Ogni tanto tossiva in cerca dell’aria che le lacrime le toglievano.

-Non lo so.-scosse la testa.-Io non riesco a darmi una risposta, non è da lei fare una cosa del genere. Buffy era…-cercò le parole adatte.-Era così sincera. Qualsiasi cosa provasse o pensasse le si leggeva in volto, era come un libro aperto, ma adesso non ne sono più così sicuro.-

-Io non riesco a pensare. Non faccio altro che chiedermi perché. Perché l’ha fatto? Non mi amava per caso?-continuò ed Angel la prese per le spalle costringendola ad alzarsi a sedere per guardarlo in volto.

-Non lo devi pensare.-la strinse forte.-Io non l’ho ancora letto quel diario ma Buffy era piena d’amore, lei amava tutto. Amava la vita, amava me, la famiglia e i suoi amici. Se ha fatto quel che ha fatto sono sicuro che non era perché non ti amava.-le ingiunse quasi duramente.

-E allora perché mi ha abbandonata?-ripeté guardandolo fisso con gli occhi traboccanti di lacrime.

Angel constatò che erano proprio uguali a quelli di Buffy. Che lei era uguale a Buffy. Gli stessi smeraldi negli occhi, gli stessi raggi di sole nei capelli, gli stessi boccioli di rosa nelle labbra…E come quando vedeva piangere Buffy, adesso non sopportava che fosse lei, sua figlia, a piangere.

Senza rispondere la strinse forte al petto, la abbracciò con tutta la forza della disperazione mista ad amore che aveva. Facendola singhiozzare sul suo cuore, quel cuore che si era frantumato quando Buffy era morta e che adesso stava ritrovando una ragione per rivivere: quella figlia che lei non gli aveva mai detto esistesse.

Nessuno dei due seppe mai quanto tempo passarono stretti in quel modo, ore forse. Poi, Clay si alzò dal petto di suo padre, gli occhi ancora bagnati e lucidi e rimase a guardarlo per qualche secondo. Non aveva nessuna somiglianza fisica con lui, ma non aveva mai visto foto di Buffy. Però riconosceva alcuni lati caratteriali: lei era una solitaria, ed anche Angel, parlavano poco ed erano relativamente timidi.

-Dio, le somigli così tanto.-mormorò Angel accarezzandole i lunghi capelli biondi.

-Davvero?-chiese come a conferma.

-Si.-annuì.

-Io sono così arrabbiata.-tirò su con il naso voltandosi verso la lapide.-Al momento sento solo una furia cieca che vuole che io spacchi tutti, l’ho già un po’ sfogata in camera. Dopo tutto quello che ho passato non so se potrò mai riuscire anche solo a pensare di perdonarla.-

-Ci vuole tempo. Le ferite, a volte, ci mettono moltissimo tempo a risanarsi. Ti rimarrà per sempre la cicatrice ma spesso il dolore persiste per anni. Io lo so.-fece una pausa, poi riprese.-Torniamo a casa adesso, erano tutti molto preoccupati.-si rialzò e le diede una mano per aiutarla a fare altrettanto.

Lei non si voltò indietro nell’uscire dal cimitero, ma Angel si e si chiese perché mai la sua dolce Buffy aveva mai fatto una cosa così stupida. Ma non sapeva darsi una risposta.

Dopo quello che era successo la prima cosa che Willow aveva fatto era chiamare Giles, Xander e Faith. I tre erano accorsi subito lasciando, rispettivamente: vecchi manoscritti che parlavano di Kramzee, un appuntamento con una donna a casa sua e marito con figlio a casa dopo la ronda.

I tre si erano subito precipitati trovando Dawn e Connor stravolti, Eric in pensiero e Willow incredula con tre diari in mano. Subito era stata spiegata loro la situazione lasciandoli senza parole e stupefatti. Giles aveva subito voluto vedere i diari e da allora era immerso nella lettura dei più profondi segreti della sua ex protetta.

Quando la porta si aprì tutti si voltarono di scatto senza però avere il coraggio di alzarsi. Giles stava sulla poltrona a leggere, Dawn, Connor e Willow erano sul divano mentre Eric era poggiato ad una vetrina, Faith era seduta su una sedia e Xander faceva su e giù per la stanza.

Due secondi dopo, Angel apparve sulla porta del salotto insieme ad una Clay ancora sconvolta e con gli occhi ancora lucidi di pianto. Nessuno sapeva cosa dire o fare, perché qualsiasi cosa avessero detto o fatto sarebbe stato sbagliato. Ma d’altronde, cosa si poteva dire ad una ragazza che aveva sofferto per diciannove anni di solitudine per poi, una sera, leggere il diario di una sconosciuta e scoprire che era sua madre?

-Evidentemente sono l’unica ad avere le parole riguardo a questa storia.-esordì Clay amara.

-Non sappiamo cosa dire.-precisò Dawn alzandosi.

-Beh io si.-li guardò uno ad uno.-Sono amareggiata e furiosa. Al momento dentro di me si stanno mescolando tantissimi stati d’animo misti a ricordi. Sapete quali sono i miei maggiori ricordi? Io da sola a pensare e stare male per via della mia stessa solitudine. A chiedermi com’era mia madre e perché mi aveva lasciato mentre lei viveva qui, in questa stessa casa e rideva, stava con voi, cacciava e viveva…senza di me. Per mesi ho vissuto in casa sua, dormito nel suo letto, sentito parlare di lei, giocato con i nipotini della mitica Buffy Summers e adesso scopro che è la persona che sto odiando da diciannove anni. A voi manca, io sono felice che lei sia morta così non dovrei ammazzarla io con le mie mani facendole sentire il mio stesso dolore.-li lasciò tutti ammutoliti, un po’ per le parole e un po’ perché mentre le diceva piangeva. Di nuovo.

Erano così scioccati dalle sue parole che nessuno vide alzarsi Dawn dal divano e avvicinarsi alla ragazza. Ma sentirono indistintamente il rumore della sua mano che colpiva la guancia di Clay in uno schiaffo acuto e con la potenza della Chiave che c’era in lei mandandola a sbattere contro lo stipite della porta di legno.

-Tu sei un’egoista. Mia sorella ha sofferto come te in questi anni, le si leggeva negli occhi che non era più la stessa Buffy di una volta. Non era fatta di pietra ma di carne e sangue come tutti noi.-la riprese duramente.

Continuando ad essere aggrappata allo stipite di legno, Clay scivolò lentamente a terra riprendendo a singhiozzare come poco prima. Credeva di aver ormai esaurito le lacrime ma evidentemente si sbagliava, e capiva che Angel aveva ragione: quella ferita non avrebbe smesso tanto presto di sanguinare abbondantemente.

-Cosa ne sai tu?-le chiese piano.-L’hai avuta con te per più di venti anni, io solo per tredici ore e non me lo posso neanche ricordare. Tu sai che profumo aveva, il suono della sua voce, il modo in cui si spazzolava i capelli. Sarò pure egoista ma sei tu che ricordi ogni più piccolo particolare dei suoi gesti mentre io piangevo ogni notte in una camera d’istituto.-singhiozzò lasciandola di stucco e in colpa per quel ceffone che ancora risuonava nell’aria.

Fu Willow ad alzarsi velocemente e ad inginocchiarsi accanto a lei abbracciandola stretta e a piangendo con lei.

-Lei ti amava, ne sono sicura.-le disse accarezzandole i capelli.-E anche se non sai com’era ti basta guardarti allo specchio perché tu sei esattamente come lei anche nel modo di muoverti e camminare.-precisò.

Lei la guardò con gli occhi pieni di lacrime e abbozzò un sorriso. Non voleva ancora sapere nulla di sua madre ma per quella sera ne aveva ricevute troppe, di notizie, così si limitò a calmarsi e sentirsi circondata dal calore di cui Buffy Summers aveva goduto per venti anni circa.

Cominciava a prendere coscienza, però, del fatto che probabilmente somigliava moltissimo a sua madre. E non sapeva come reagire a questa somiglianza.

 

 

 

 

Parte 22 – Cercare di capire

Non ci vollero più di ventiquattro ore affinché tutte le altre cacciatrici seppero che Clay, anzi Claddagh, era la figlia segreta della famosa Buffy Summers. Ovviamente furono diverse le voci che circolarono e poche erano giuste finché un giorno Faith non le trovò a spettegolare animatamente su quella storia e si infuriò a tal punto da urlare a tutte che non capivano assolutamente niente e le prese persino a parolacce facendole sentire, anche chi non c’entrava niente, terribilmente in colpa.

In quel lasso di tempo, Clay si chiuse ancora di più non solo in casa ma anche in sé stessa. Guariva perfettamente ma evitava tutti e c’era anche chi pensava, a volte, di avere che fare con un fantasma tanto erano fugaci le sue apparizioni.

Poi un giorno si decise. Le ferite erano ormai rimarginate e Dawn aveva deciso che durante il lavoro mentre lei era agli allenamenti e Madlen all’asilo, sarebbe stata Willow a tenere Duncan con sé al negozio. Oltretutto sapevano che era anche un posto sicuro dove lasciarlo.

Così Clay tornò agli allenamenti. Appena varcò la soglia vide perfettamente tutte le sue sorelle cacciatrici girarsi verso di lei e guardarla con sguardi che non riusciva a capire. Ma lei, semplicemente, si incamminò attraverso la stanza dove lasciò la borsa in un angolo e si tolse la felpa rimanendo con una canottiera di cotone, poi cominciò a fare riscaldamento facendo finta di non notare tutti quegli sguardi curiosi.

Nel mezzo del silenzio alcune spettegolavano tra di loro e sapeva che stavano parlando di lei, riusciva a cogliere le allusioni e anche a capire i loro discorsi. Da una parte c’era una che parlava più animatamente delle altre. A quel punto si arrabbiò.

-Ehi!-la chiamò.-Se hai qualcosa da dire su di me preferisco che me lo dici in faccia.-precisò.

-Non sempre le persone devono stare a parlare di te, Claddagh.-marcò il suo nome con pungente ironia e un luccichio da iena negli occhi.

Era una ragazza dell’alta società londinese la cui chiamata era stata accolta un po’ come una corona sulla testa. Non si era mai vergognata di ostentare i soldi, la buona famiglia e tutta la sua vita perfetta. Così come non si era mai vergognata di disdegnare la vita misera che aveva condotto non solo Clay ma anche altre ragazze che magari venivano da paesi più poveri come regioni dell’Africa, Albania, Iraq eccetera.

Clay provava raramente dell’odio ma con quella ragazza era diverso. Non lo aveva mai ammesso a voce ma dentro di sé non nascondeva di odiarla.

-Il mio nome di battesimo vorrei che non lo usassi.-le disse.

-Beh perché mai?-sorrise.-Non si trovano spesso nomi così originali. E d’altronde da una madre che sarà pure stata la migliore cacciatrice mai esistita ma che si chiama Buffy cosa ci si poteva aspettare? Che ti chiamasse, magari, con un nome decente?-

Clay le si avvicinò fino a fronteggiarla, la ragazza era più alta di lei di almeno dieci centimetri ma non le faceva paura perché sapeva di essere più forte. I loro visi erano a poca distanza l’uno dall’altro.

-Buffy Summers la lasci fuori da questa storia, sono cose che non ti riguardano. Sai cosa penso? Che tu in realtà sia solo invidiosa. Proverrai pure da una ricca e facoltosa famiglia londinese ma io ho lo stesso sangue della cacciatrice che ha fatto di te una cacciatrice.-la sfidò.

La ragazza aprì bocca per rispondere ma la porta si aprì di nuovo e Faith entrò seguita da Angel, Spike e Kennedy che chiuse la porta per evitare alla luce del sole di colpire i due vampiri e bruciarli. Capirono subito la tensione che serpeggiava tra le ragazze.

-Che succede qui?-chiese Faith subito all’erta.

-Niente.-rispose Clay indietreggiando di un passo.-Non succede niente, solamente c’è chi non conosce il detto che chi si fa i cavoli suoi campa cento anni.-

-Beh tu hai nelle vene sangue di vampiro, tra cento anni saprai darmi una risposta. Magari ti sarai messa ad uccidere umani. Pare che Angelus, tuo padre, la definisse un’arte.-e quelle ultime affermazioni, la cacciatrice londinese, non riuscì proprio a tenersele in gola.

Clay assorbì il colpo per solo un millesimo di secondo poi si avvicinò velocemente alla compagna e le diede un pugno sul naso che le fece fare un volo di almeno due metri lasciando tutti scioccati e senza parole.

Ma non si rassegnò, perché appena la vide a terra le si lanciò addosso continuando a colpirla con tutta la furia del suo dolore.

-Cosa ne sai tu?!-sbraitò tirandole i capelli.-Sei solo una mocciosa viziata!-

Fu Angel a prenderla per la vita tirandola via dalla compagna sanguinante a terra mentre la ragazza ancora scalciava furiosa, i capelli davanti al volto.

Faith e Kennedy soccorsero la ragazza che, nonostante tutto, se l’era proprio cercata!

-Lasciami stare!-Clay si divincolò dalle braccia di Angel e lo fronteggiò.-È anche colpa tua! Odio pure te!-e detto questo corse via dalla palestra lasciando dietro di se stupore e anche dolore.

Il bussare alla porta fu quasi lieve ma lo sentì ugualmente, anche se era sul balcone a dare una sistemata alle piante. Non se ne curava tanto, aveva solo qualche pianticella grassa ma ogni tanto cambiava la disposizione, se rimanevano troppo tempo nello stesso punto dopo un po’ quella sistemazione gli veniva a noia.

Rimase quasi senza parole quando aprì la porta e davanti si trovò la sua migliore amica. Si conoscevano praticamente da quando erano nati, erano cresciuti insieme e insieme avevano condiviso gioie, dolori, lacrime e sorrisi. E fu proprio un sorriso che le dedicò appena vide i suoi begli e ancora un po’ infantili e timidi occhi verdi.

-Ciao Willow.-la salutò.

-Posso entrare, Xand?-gli chiese quasi timidamente. Erano all’incirca un paio di mesi che non andava in casa del suo migliore amico.

-Alla mia migliore amica non rifiuto mai l’invito.-si scostò per farla entrare appena l’ebbe fatto richiuse la porta.

-Hai la casa abbastanza in ordine per essere invaso dalle cacciatrici.-constatò lei guardando il perfetto ordine appena smorzato dalle decine di brande in mezzo alla stanza.

-Sono parecchio ordinate.-alzò le spalle e si diresse verso l’angolo cottura.-Caffè?-propose.

-Volentieri, ma non troppo forte.-si avvicinò a sua volta sedendosi su uno degli alti sgabelli al banco colazione.-Mi sento un po’ agitata.-precisò.

-Non sei l’unica.-tirò fuori la caffettiera di vetro e verso il liquido nero dentro due tazze rosse, poi gliene porse una.-Pensavo che Dawn ti lasciasse Duncan mentre è al lavoro.-

-Si, è vero.-annuì.-Difatti adesso è con Giles ed Andrew lì.-

-A cosa devo la tua visita allora?-si stupì, anche se gli faceva sempre piacere parlare con lei.

-Xander, perché pensi che non ce l’ha detto?-gli chiese e lui capì subito di cosa parlava.

-Me lo chiedo anch’io.-fissò lo sguardo sul caffè.-Posso capire non dirlo ad Angel, a Giles o persino a sua madre. Ma noi eravamo i suoi migliori amici, noi eravamo i tre moschettieri. Abbiamo cominciato la lotta insieme.-

-Me lo ricordo come se fosse ieri. Pioggia di rospi.-ricordò con un sorriso saturo di ricordi.-Dio, ha avuto una bambina e ce lo ha tenuto nascosto per dodici anni. È morta pronunciando quello che a noi pareva il ricordo di un ninnolo perso e invece era il nome di sua figlia.-

-Anch’io mi sono interrogato spesso su quella parola senza mai arrivare ad una conclusione. Adesso capisco il perché.-sospirò.

-Vorrei solo cercare di capire.-mormorò.

-Lo vogliamo tutti.-tentò di consolarla prendendole una mano tra le sue.

-Li ho letti i suoi diari, sai?-gli disse.-Tutte le pagine, ogni singola parola che ha scritto. Cominciano quando è arrivata qui e si interrompono il giorno prima della sua morte. Da dopo la scoperta della gravidanza non fa altro che parlare di lei, soprattutto dopo il parto. Ne parla ogni giorno, Xander! E in dodici anni noi non ce ne siamo mai accorti.-

-Giuro, Will, che avrei tanto voluto. Forse io non avrei preso molto bene la notizia di una figlia di Angel ma lei era Buffy, la nostra migliore amica. Mi chiedo cosa le sarà passato di mente in quegli anni, il suo stato d’animo ogni venti di settembre e non so mai darmi una risposta.-scosse la testa.

-Nemmeno io.-concordò in un sussurro.

-Willow non riesci a rintracciarla?-le chiese a bruciapelo.

-Chi?-si stupì.

-Buffy.-spiegò e la vide aggrottare la fronte.-Il suo spirito o qualcosa del genere, solo per farci spiegare il perché di quel suo gesto.-

-Non so se ci riuscirei. È passato troppo tempo e ormai il suo spirito sarà chissà dove in chissà quale dimensione paradisiaca. Sarebbe come cercare di rintracciare Tara dopo diciassette anni, potrebbero volerci anche sei mesi! E io non posso rimanere in trance per troppo, Xander. Anche se sono passati anni il buco nero della dipendenza mi pesa sempre sulla testa, un minimo errore e ci ricasco dentro. È molto dura sapersi controllare.-precisò.

-Non preoccuparti, va bene lo stesso.-le sorrise.-Volevo solo sapere perché. Vorrei cercare di capire anch’io.-

-In tutta questa storia, però, non posso fare altro che pensare a Clay. Tu non c’eri quella sera, Xander, la sua rabbia, il suo dolore erano molto forti. Io mi sentivo quasi stordita tanto potevo percepirli con chiarezza. E c’erano anche la solitudine, il male della ferita di qualche settimana fa. Ha quasi distrutto la camera di sua madre e riuscivo a giustificarla.-rifletté.

-La condannavi in quel momento?-le chiese.-Buffy.-precisò.

-No.-scosse negativamente la testa.-Ma non la giustificavo. Eravamo in un periodo difficile con Angelus che non sapevamo che fine aveva fatto, Kendra e la professoressa Calendar appena morte, la caccia ai vampiri, lei non sapevamo dove fosse finita. Ma mi sforzo anche di capirla, per gli stessi identici motivi che ho appena detto. Per non parlare del fatto che tutti odiavamo Angel, sua madre era rimasta sconvolta dalla scoperta dei vampiri. Vorrei tanto tornare indietro per cambiare le cose.-

-Almeno su questo non abbiamo mai potuto porre rimedio. Altrimenti avremmo cambiato un sacco di cose, forse avremmo costruito un futuro così come lo avremmo voluto che sarebbe stato falso.-fece un sospiro e finì il suo caffè.

-Al momento non possiamo fare altro che dare a Clay lo spazio e il tempo per riprendersi senza starle troppo addosso, poi proveremo a farle capire cosa ha indotto Buffy ad abbandonarla. Anche se non lo sappiamo nemmeno noi.-sorrise ironicamente a sé stessa.

-Avevo intenzione di andare al cimitero stamattina, vieni con me?-le propose.

-Volentieri.-ingollò l’ultimo sorso di caffè.

Uscirono pochi minuti dopo, prima di andare al cimitero si fermarono dal fioraio per prendere un mazzo di rose bianche da portare alla loro amica. Per tutto il tragitto continuarono a parlare dei vecchi tempi, quando erano giovani e incoscienti e riuscivano comunque a sventare tutte le apocalisse che si profilavano davanti.

In fondo non rimasero poi così stupiti quando davanti alla tomba della loro amica trovarono anche Giles. Anche lui con un mazzo di fiori bianchi già adagiati sulla terra. Gli occhi tristi e pieni di ricordi comuni.

-Ha avuto la nostra stessa idea, Gman?-lo canzonò sorridente Xander mentre Willow posava i fiori accanto a quelli dell’osservatore.

-Xander potresti, per favore, tenere le tue sbruffonate per un luogo meno sacro del cimitero?-lo riprese serio.

-Ha ragione, lo ammetto.-si arrese battendogli una mano sulla spalla.

-Come sta, Giles?-si informò Willow rialzandosi.

-Cosa posso dirti, Willow?-si tolse gli occhi e cominciò a pulirli con un candido fazzoletto bianco tirato fuori dalla tasca della giacca.-Non so darmi una risposta al gesto che Buffy ha compiuto. Ho letto e riletto i suoi diari fino a consumarmi gli occhi e impararli a memoria ma credo che neanche Buffy stessa sapesse realmente perché l’ha fatto. E vorrei tanto capire cose che non so.-sospirò.

-Dawn è a pezzi, addirittura Clay le parla appena. Siamo tutti senza parole da quando l’abbiamo scoperto.-gli disse.

-Ma siamo tutti così concentrati a cercare di capire perché Buffy ha abbandonato la sua bambina che non abbiamo pensato alla bambina stessa.-continuò l’osservatore.-Buffy è morta e quel che è stato è stato, adesso c’è Claddagh che ha bisogno di noi. È stata sola per diciannove anni, non possiamo sapere cosa ha passato, quali siano stati i suoi sentimenti e stati d’animo.-

-Dobbiamo procedere con calma.-si intromise Xander.-Al momento, Clay è arrabbiata e scatta su tutto come una molla. Dobbiamo darle il tempo di calmarsi e poi cominciare a darle affetto, è solo questo che vuole.-spiegò.

-Da quando hai messo su tutta questa saggezza?-lo canzonò Giles allegramente.

-Non sono sempre stato sbruffone, sa?!-si difese piccato.

Rimasero un altro po’ a chiacchierare, rievocando anche i vecchi tempi passati. L’unico desiderio che avevano era che Buffy, in quel momento, fosse lì con loro.

Perché solo lei poteva dare a sua figlia le risposte che nessuno di loro possedeva.

 

 

 

Parte 23 – Ritrovare la forza

La casa era deserta e silenziosa. Le luci spente, anche se ancora non era neanche il tramonto quindi c’era tanta luce.

Sapeva che le cacciatrici erano ancora all’allenamento mentre Dawn non aveva ancora finito di lavorare, così come Connor. Madlen, quel giorno, sarebbe andata a prenderla Willow. O così aveva sentito al mattino.

In quei giorni si sentiva stanca. Emotivamente stanca. Troppe cose le erano piombate addosso improvvisamente e senza che lo volesse. Troppe scoperte, troppe emozioni, troppe lacrime, troppo tutto. Non si era di certo voluta tutte quelle cose.

La porta della sua camera cigolò appena quando la aprì, era illuminata da una piramide di luce solare che filtrava dalla finestra semi aperta e che prendeva il letto. Socchiuse la porta alle sue spalle e rimase ferma al centro della stanza a guardarsi in giro.

La camera di sua madre, la sua camera. Aveva dormito nel suo stesso letto, si era specchiata nel suo stesso specchio, i suoi vestiti stavano nell’armadio che avevano contenuto i suoi.

Buffy Summers era sua madre. Claddagh ancora non sapeva darsi una risposta a tutto questo, anche perché non aveva le domande.

La camera era in perfetto ordine, lo specchio era stato rimosso dopo che lei l’aveva spaccato con un pugno, probabilmente era dal vetraio per farne mettere un nuovo. Si fece un sorriso autoironico dicendosi che uno specchio rotto erano sette anni di disgrazia.

Beh dopo diciannove, ad altri sette poteva anche farci l’abitudine.

Aveva evitato tutti in quei giorni. Dawn, sua zia. Connor, suo fratello. Willow, Xander e Giles, i migliori amici di sua madre. Angel…suo padre. Soprattutto lui.

Soprattutto dopo la sfuriata alla palestra dove aveva persino picchiato una sua compagna e gli aveva detto che odiava anche lui. Erano passati quattro giorni da quell’accaduto.

L’occhio le cadde sul baule blu. Era ancora aperto anche se il coperchio non era alzato. Si avvicinò e si sedette sul pavimento aprendolo di nuovo, fece lo stesso identico cigolio della prima volta. La cosa le fece venire i brividi.

Ritrovò i vestiti, i cd, gli oggetti. E in fondo i diari. Gli oggetti del misfatto. Li prese in mano, tutti e tre, e li accarezzò piano per paura che potessero sbriciolarsi tra le sue mani. Sentì che aveva la gola improvvisamente serrata e gli occhi pieni di lacrime ma si impose di non piangere.

Fu voltando lo sguardo che si accorse che sulla console ci stava su una scatolina di velluto nero con su un biglietto. Si alzò incuriosita e prese il biglietto in mano, era un pezzo di carta piegato in due. Lo aprì scorgendo la scrittura piccola e minuta tipica femminile.

“Scusa se quando l’hai trovata ti ho trattato male. Adesso è meglio se la tieni tu.

Spero che prima o poi verrai da me per parlare, abbiamo tante cose da dirci.

Dawn”

Incuriosita posò il biglietto e aprì la scatola trovandoci dentro la croce d’oro bianco che tempo addietro aveva trovato nell’armadio. Era stato il giorno in cui Dawn le aveva raccontato come e quando era morta sua sorella Buffy. E senza saperlo le aveva anche raccontato della morte della sua stessa madre.

La prese in mano sentendo il freddo del metallo tra le dita. Ricordò di esserne stata colpita fin dal primo istante, e di aver sentito una strana sensazione invaderla alla sua vita. Adesso capiva perché, era un oggetto appartenuto a sua madre.

La indossò sentendola pesare sul collo. Non capiva se era il peso dell’oggetto in sé o il peso che rappresentava. Era comunque un gioiello di sua madre.

Con la collana al collo tornò a sedersi per terra davanti al baule e riprese in mano i diari. D’istinto aprì l’ultimo, quello più recente, alle ultimo giorno scritto. Il giorno prima che Buffy morisse. Era l’undici agosto 2010.

“Giles ha detto che il demone è molto potente, riesce a nutrirsi delle mie emozioni. Ho paura.

Non porterò Dawn con me, temo per la sua vita. Con i poteri della Chiave che giorno dopo giorno, fin da quando abbiamo sconfitto Glory, continuano a crescere dentro di lei è molto forte e potrebbe anche essere utile, ma non voglio esporla ad alcun pericolo. Lei ha una vita meravigliosa davanti a sé, ha Connor, un bellissimo lavoro che comincerà a breve e tutta la felicità che si merita.

Fortunatamente non ha avuto il mio stesso destino, tranne quello di non essere del tutto vera, ma ha saputo cambiarlo e farò di tutto affinché lo conservi bene.

Penso a Claddagh. Penso sempre a lei. E, in effetti, è questa l’emozione che mi spaventa di più. Se il demone dovesse leggervi dentro il mio amore per lei penso che sarei finita. Lo conservo e custodisco gelosamente dentro al mio cuore e non concedo l’accesso a nessuno, perché nessuno sa di lei e questa è una cosa sola mia che non condivido con nessuno.

In effetti sono contenta che sia così. Claddagh è solo mia, e per quanto mi odi ogni giorno per averla lasciata in quella clinica almeno so che da qualche parte c’è una piccola bambina, una parte tutta mia e di nessun altro. Tranne che di Angel che è suo padre, ma questo è un altro discorso.

Tra meno di un mese sarà il suo dodicesimo compleanno. Ieri, passando davanti ad un negozio di giocattoli, ho visto una bambola bellissima che forse potrebbe piacerle. Ma forse ormai è grande e non ci gioca più con le bambole. Forse, ormai, è nell’età dello sviluppo e preferisce dei jeans alla moda o un lucidalabbra.

Cosa si regala ad una bambina di dodici anni che sta entrando nell’adolescenza? Penso che dopo aver pensato al demone farò un giro per decidere cosa prenderle quest’anno.

Mi sento così sciocca, ogni anno, a comprare dei regali che tengo nascosti dentro una scatola nel mio armadio. Mi sento sciocca perché lei non li ha mai ricevuti ed io non capisco se li compro per lei, sapendo che non è con me, o per me. Per alleviare il mio senso di colpa e la mia voglia di lei.

Non dimenticherò mai il suo profumo di neonata, le manine piccole e la pelle rosa e delicata…mi manca sempre così tanto.

Penso che adesso sia arrivato il tempo di dire basta a questo dolore. Il demone che affronterò domani credo che capterà il mio amore per lei ed io non posso più nasconderlo a me stessa. Amo la mia bambina anche se l’ho abbandonata quasi dodici anni fa. La voglio cercare.

Dopo la lotta tornerò a Los Angeles, andrò nella clinica di Saint Jules e spero che sappiano darmi un riferimento di dove possa trovarsi. Muoverò mari e monti per ritrovarla e anche se so che all’inizio mi odierà per averla abbandonata, io le spiegherò il perché e le farò capire che non l’ho mai dimenticata. Diventeremo quello che già siamo: madre e figlia.

Adesso vado a dormire, Giles dice che devo essere riposata per domani. Auguro la buona notte anche a te, mia piccola Claddagh, ovunque tu sia. Ti voglio bene.”

Dovette deglutire parecchie volte per ricacciare indietro le lacrime, mordendosi forte le labbra fino a quasi farle sanguinare. Ecco la cosa che non avrebbe mai voluto sapere: che aveva deciso di cercarla.

Era la cosa che faceva più male in assoluto. Si, perché in quel preciso istante stava dando la colpa al destino crudele che il giorno dopo gliel’aveva strappata via con un colpo di spada nello stomaco, ed era ciò che non voleva.

Un pensiero improvviso le attraversò la mente e mollato il diario sul pavimento si alzò di scatto per dirigersi su nella soffitta. In un angolo, coperti da un telo grigio chiaro, trovò un mucchio di scatoloni con su scritto “Buffy” con un pennarello nero.

 

Non voleva violare la privacy della cacciatrice morta, ma era pur sempre sua madre. Dovette aprire due scatole prima di trovare quella che cercava: i suoi regali di compleanno. Si notavano diversi strati di nastro adesivo da imballaggio, segno che Buffy l’aveva aperta e chiusa diverse volte perché sapeva, o meglio immaginava, che Dawn non ne conoscesse il contenuto o si sarebbe insospettita per quegli undici pacchetti regalo e avrebbe letto prima i diari per avere una risposta.

Su ognuno c’era un biglietto con un numero. I pacchi erano numerati da uno ad undici. Evidentemente li aveva distinti per anno.

Prese in mano il primo e lo scartò facendo attenzione alla carta. Non le importava che qualcuno potesse sorprenderla, erano comunque i suoi regali di compleanno.

Il primo conteneva un vestitino rosa confetto con i bordi bianco panna. Era un vestitino in stile bambola ma che probabilmente Buffy aveva comprato immaginando di farglielo indossare proprio quel giorno.

Il secondo era un peluche a forma di orsetto bruno con un fiocco rosa a quadretti intorno al collo. Lo strinse forte nonostante l’odore di chiuso. Non aveva mai avuto un peluche.

Il terzo era un libro di fiabe tutto disegnato e colorato a colori e immagini vivaci e allegri. Immaginò sua madre leggerle qualche storia per farla addormentare.

Il quarto era una bambola con lunghi capelli dorati a boccoli ed un vestito corto al ginocchio a pois con il grembiulino. La mise a sedere accanto al peluche.

Il quinto era un album da colorare con i colori. Forse Buffy aveva visto degli altri bambini colorare e aveva pensato che ormai anche lei riusciva ad usare i pennarelli.

Il sesto era uno zainetto. A sei anni aveva cominciato ad andare a scuola e anche se Buffy non poteva saperlo doveva averlo immaginato dato che tutti i bambini cominciavano le elementari a quella stessa età.

Il settimo era un libro per bambini, una storiella fantastica di topini e gattini. Aveva già imparato a leggere e infatti sulla copertina c’era l’età indicativa che andava da sette anni in su. Si stupì di come Buffy, anche senza mai averla vista, la immaginasse così bene ad ogni età.

L’ottavo era una Barbie. Clay le aveva sempre viste esposte ma non ne aveva mai posseduta una nuova. Una volta ne avevano trovata una dentro il cesto delle offerte per i bambini e l’unica Barbie, con i capelli ormai ingrigiti e impastati per via dell’utilizzo, era andata alla bambina più piccola che aveva avuto quattro anni. Lei ne aveva sette.

Il nono erano un paio di rollerblade. Erano un paio in plastica da bambini, colorati di rosso, blu e giallo ma che apprezzò comunque. Aveva imparato a pattinare durante le attività sportive all’istituto, anche se preferiva di più il pattinaggio su ghiaccio.

Il decimo erano un paio di jeans con una t-shirt. Avevano ancora la targhetta, anche se il prezzo era stato staccato via, ma si vedevano che erano di buona fattura. Accarezzò il tessuto che si era mantenuto bene nel tempo, probabilmente anche grazie all’incarto. Erano bellissimi.

L’undicesimo, l’ultimo, fu quello che la colpì di più: era un diario. La copertina era bianca e c’era la stampa di Winnie the Pooh con i suoi amici del bosco. Lei aveva sempre adorato Winnie the Pooh e quel diario lo considerò un segno del destino.

Buffy non avrebbe mai potuto sapere di quella sua passione ma le aveva comprato un diario con la stampa del tenero orsetto giallo. La consapevolezza che nonostante l’abbandono sua madre aveva sempre pensato a lei e l’aveva sempre amata la colpì duramente e scoppiò in un pianto dirotto stringendo forte a sé il diario.

I singhiozzi rimbombavano nella soffitta polverosa che ormai stava diventando buia ma lei non se ne accorgeva perché si trovava immersa in un mondo suo, circondata dai regali di sua madre.

-Perché l’hai fatto?-mormorò mentre sussultava per i singhiozzi.

La mano sulla spalla la fece sobbalzare e voltarsi di scatto. Con gli occhi annebbiati di lacrime riuscì comunque a distinguere i due occhi azzurri che la fissavano.

Spike. Aveva letto molto su di lui. La sua vita da umano, quella da vampiro al servizio di Angelus, da vampiro solo con Drusilla, da vampiro con il chip e da vampiro con l’anima.

Aveva avuto una relazione con sua madre. Fatta solo di sesso, bugie, vergogna, sdegno, sangue e comunque un po’ d’affetto. Nelle sue profonde iridi azzurre color cielo riusciva ancora a scorgere un sentimento per Buffy. E il fatto che adesso la vedesse riflessa in lei.

-A Dawn non piacerà il fatto che tu abbia aperto degli scatoloni di sua sorella.-la ammonì dolcemente.

-Sono i miei regali di compleanno. Mi appartengono.-specificò un po’ presuntuosamente stringendo ancora di più il diario.

-Allora Dawn capirà, in caso le spiegherò io.-annuì.-Mi chiedo cosa avesse in testa quella pazza di una cacciatrice la sera che ti ha lasciato.-scosse la testa.

-Già. Ce lo chiediamo tutti.-concordò.

-E pensare che la prima volta che ti ho visto ti ho scambiato per lei. Ho delirato come un pazzo.-ricordò fissando il pavimento.

-Io pensavo che lo fossi.-si mise il diario sulle ginocchia.

-E io pensavo fossi lei.-pensò al sospiro che non poteva fare e anche a Buffy.-Porta i regali in camera tua così potrai custodirli con cura.-le consigliò con un sorriso.

-Sai qual è una cosa che fa molto male, Spike?-fissò il viso stampato di Winnie the Pooh.

-Quale?-si stupì.

-Tutti cercano di parlarmi, di farmi capire e non vogliono che la odi. Anche loro cercano di capire il perché e il percome ma nessuno ha ancora fatto per me la cosa fondamentale.-spiegò.

-E cioè?-aggrottò la fronte confuso e lei lo guardò con i due smeraldi negli occhi ereditati da Buffy.

-Non mi hanno mai fatto vedere il suo volto.-precisò.

-Cretini.-li apostrofò scuotendo la testa.-Angel in primis! Già di secondo nome fa scemo depresso, in questo periodo sembra più morto che cammina nel solito e si è scordato l’espressione parlare ma da qui a non capire che non hai mai visto nemmeno una foto di Buffy ce ne vuole!-si infervorò.

Lei lo fissò con l’ombra di un sorriso tra le lacrime. Finora era l’unico che era riuscito a strapparglielo.

-Vieni, andiamo.-la aiutò a rimettere tutto nella scatola e presola per mano la scortò al piano di sotto fermandosi prima nella camera della ragazza per adagiare la scatola ai piedi del letto.

Poi scese nel salotto lasciandola sulla porta per cominciare a frugare dentro cassetti e sportelli senza che lei capisse niente. Clay si girò verso il tavolino rotondo accanto al divano scorgendo la foto di Joyce Summers e prendendola tra le mani.

-Una volta avevo pure una nonna.-mormorò triste e lui si voltò a guardarla.

-Ed era la migliore.-precisò.-Senti, sono l’ultimo che dovrebbe dirtelo ma devi cercare almeno di parlare con Angel e Dawn. Quei due sono a pezzi.-le consigliò.

-Ci proverò.-annuì con un sospiro e rimise la foto al suo posto.-Cos’hai lì?-indicò la scatola che aveva tra le mani.

-Vieni.-la chiamò mentre si sedeva sul pavimento. Lei lo raggiunse subito.-Sapevo che anche se non ne teneva in giro, Dawn doveva averne parecchio conservate.-aprì la scatola lasciandola subito di lato e prese dallo sportello ancora aperto un album di foto.

Clay si sedette accanto a lui incuriosita. Spike pareva sovraeccitato e non capiva perché. Lui le aprì l’album davanti dandoglielo subito tra le mani e le indicò la foto di una neonata.

-Questa è Buffy appena nata.-le spiegò.-È stata Dawn a fare questo album dopo la morte di Buffy, qualcosa in suo ricordo. Ne ha uno anche di Joyce.-le spiegò.

-Era simpatica?-chiese guardandolo.

-Faceva i marshmallows più buoni del mondo.-la fece ridere mentre girava pagina.

C’era una foto di Buffy a quattro anni. Aveva un vestitino giallo a fiori e due codini biondo oro, una bambola tra le mani. La foto successiva la ritraeva a sei anni. Aveva i capelli un po’ più scuri lunghi fino a metà della vita e indossava un vestitino viola con una camicetta bianca, aveva una mano su un fianco e la testa piegata di lato in posizione studiata da modella e sorrise nel vederla.

Quella dopo la ritraeva a otto anni, i capelli si erano schiariti ancora ed erano corti appena sulle spalle e indossava un vestitino lilla con una cinturina in vita. Era insieme ad un’altra bambina con due lunghe trecce bionde e sorridevano felici abbracciate.

-Questa era sua cugina Celia, è morta poco dopo. Nove anni dopo Buffy scoprì che in realtà era stata un demone ad ucciderla e ovviamente lo uccise. Si provocò la febbre a quaranta per poterlo fare. A volte era proprio matta.-Spike scosse la testa.

-Io le somiglio?-gli chiese ma lui non rispose girando ancora pagina.

C’era una foto di Buffy a dieci anni mentre spegneva le candeline sulla torta di compleanno e un’altra a tredici insieme a Joyce e Dawn.

Poi cominciavano quelle dell’adolescenza. C’era una foto del primo anno di liceo con indosso la divisa da cheerleader dell’Hemery High School e un’altra seduta sui gradini di scuola insieme a delle compagne con su una canottiera bianca ed una minigonna nera, aveva i capelli lunghi fino alla vita e tutte un lecca lecca in mano.

A quel punto cominciavano quelle fatte a Sunnydale. Ce n’era una da sola scattata il primo giorno di scuola e un’altra fatta qualche settimana dopo insieme a Willow e Xander. Poi ce n’erano anche del terzo anno, fatte sempre con Will e Xander e anche con Angel, da sola e con sua madre. E dell’ultimo anno, sempre con i suoi amici, con Angel e addirittura un paio della consegna dei diplomi con indosso la tonaca e il berretto color porpora.

Dopo cominciavano quelle del college. Buffy ne aveva fatto solo due anni, si era ritirata dopo la morte di sua madre, ma a parte quelle con gli amici, Clay fu colpita da alcune in particolare che la ritraevano insieme ad un carino ragazzo biondo. Spike le spiegò essere Riley Finn, il ragazzo di Buffy per quasi un anno al college, poi lui se ne era andato.

L’album continuava fino alla fine con foto di Buffy ad ogni anno di età, dopo tornata di nuovo in vita con gli amici e con Dawn, con le cacciatrici prima di affrontare il primo, dopo la distruzione del nuovo liceo di Sunnydale, a Roma dove aveva vissuto per qualche mese per eliminare un potente demone, con Dawn e Connor, al matrimonio di Faith e Robin, a quello di Willow e Tara, fino al luglio del 2010 al mare, un mese prima della sua morte…sempre bella, sempre solare e sorridente, sempre più grande e sempre più senza la sua bambina.

Poi Spike prese la scatola e tirò fuori altre foto di Buffy. Foto fatte al Bronze mentre ballavano, a scuola, alle gite, alle feste, a casa, per scherzo, all’improvviso, per consumare i rullini, per immortalare momenti importanti.

Il pavimento si riempì di foto e non si accorsero del tempo che passava finché sentirono la serratura scattare e la porta aprirsi. Dawn si affacciò sulla soglia spingendo il passeggino mentre Madlen appariva alle sue spalle, aveva alcune borse della spesa, ma fissò lo sguardo sui due.

-Che disordine!-esclamò.-Ma che state facendo?-chiese.

-Eravate tutti così concentrati a chiedervi perché Buffy ha avuto e abbandonato una figlia senza dirvelo che vi siete scordati che qualcuno non ha mai visto il volto di sua madre!-la riprese Spike bonariamente.

-Mi dispiace, è colpa mia.-si scusò Clay.

-No, fai bene a guardare le foto, è un tuo diritto vedere che faccia aveva tua madre.-si addolcì la donna.-Le somigli così tanto.-

-L’ho notato.-concordò fissando una foto di Buffy a ventidue anni.

-Spike, tu dopo rimetti tutto in ordine!-lo riprese Dawn.-Intanto porta queste borse della spesa in cucina.-gli intimò.

-Tutti a prendersela sempre con il povero Spike anche quando fa del bene!-si lamentò il vampiro alzandosi e prendendo le borse dalle braccia di Dawn e dirigendosi in cucina seguito a ruota da Madlen.

Le due lo videro andare via borbottando anche su come fosse sempre colpa sua mentre la piccola rideva allegra sentendo lo zio Spike delirare in quel modo. Dopo, Dawn si sedette accanto a Clay sul pavimento.

-Puoi prendere tutte le foto che vuoi.-le disse.

-In effetti alcune mi piacciono.-mormorò imbarazza.

-Prendile pure.-sorrise.

Clay scelse la foto che ritraeva Buffy a sei anni, con il vestitino viola e i lunghi capelli sciolti. Poi ne prese due di quando aveva diciassette anni, dopo che Angel aveva perso l’anima. Una la ritraeva da sola alla biblioteca con una minigonna azzurra, una canottiera bianca con su un maglia trasparente dello stesso colore e nell’altra era con Willow e Xander. Disse che anche se non si vedeva lì era già incinta quindi era come se ci fosse stata anche lei, insieme a Buffy.

Ne scelse una scattata al ballo di fine anno dove Buffy, bellissima nel suo vestito rosa, ed Angel, elegante nel suo smoking, ballavano insieme, e un’altra del giorno dei diplomi dove Buffy indossava la tonaca porpora con il cappellino.

Ne scelse un’altra di quando andava al college, un’altra di quando era stata a Roma, la foto era stata scattata davanti al Colosseo e Buffy sorrideva allegra alla volta della macchina fotografica. Ne scelse una del matrimonio di Faith e Robin e un’altra del matrimonio di Willow e Kennedy. Poi scelse l’ultima, era stata scattata al mare ai primi di luglio del 2010, più di un mese prima che Buffy morisse. Ne prese in tutto dieci contenta di quel nuovo tesoro che adesso avrebbe custodito gelosamente: le foto di sua madre.

Mentre riordinavano le altre foto spuntarono dalla sala da pranzo Connor con Faith e Willow. La cacciatrice bruna discuteva con Spike su alcune decisioni riguardanti le cacciatrici.

-Cosa fate di bello?-chiese Willow contenta di vedere Clay, soprattutto con il sorriso che aveva in quel preciso istante.

-Spike ha tirato fuori delle foto di Buffy e ne ho regalate alcune a Clay.-spiegò Dawn.

-Posso vederle?-chiese la strega rossa e Clay gliele porse.

La rossa le guardò una ad una con uno sguardo malinconico negli occhi. Buffy le mancava davvero parecchio, così come tutti i loro momenti insieme.

-Se vuoi raccontato un qualsiasi aneddoto su queste foto non esitare a venire da me.-gliele restituì.

Spike e Faith in quel momento alzarono un po’ la voce attirando l’attenzione di tutti.

-Quella ragazza farà ammazzare le sue compagne e questo Angel lo sa!-esclamò Spike.

-Ognuna sta guidando un gruppo a turno e questa sera tocca a lei. È irresponsabile e presuntuosa, lo sappiamo ma le cose devono essere fatte equamente. Se hai qualcosa di cui lamentarti vai da Angel, è giù nella vostra camera.-indicò il corridoio con il braccio.

-Stai sicura che ci andrò!-fece per andare ma fu bloccato.

-No!-lo fermò Clay.-Tocca a me parlare con lui.-si alzò e prima che qualcuno potesse dire qualcosa era già davanti alla porta dello scantinato.

Ci mise qualche secondo prima di bussare, poi lo fece timidamente con il cuore in tumulto e le foto strette al petto come se fossero state un baluardo di forza.

-Avanti.-la voce di Angel giunse lontana dal fondo della scala e piano lei aprì la porta per poi richiudersela alle spalle. Scese lentamente i gradini abituandosi alla luce fioca che giungeva dalla lampadina appesa al soffitto e da una lampada in un angolo.

Trovò Angel seduto sul suo letto con i gomiti poggiati alle ginocchia e la testa tra le mani, rimuginava come sempre. Indossava solo un paio di pantaloni neri ed era a piedi scalzi. Capì che anche lui soffriva, come lei. Ma anche se era profondamente egoistico riteneva il suo dolore più forte, perché lei era stata da sola.

-Ciao.-lo salutò timidamente facendogli alzare la testa di scatto. Evitò un qualsiasi nome perché non sapeva come chiamarlo. Angel? Come aveva sempre fatto. O papà? Anche se non era sicura di riuscire a pronunciare quella parola.

-Claddagh.-disse lui profondamente stupito.-Non pensavo di vederti.-si alzò e indossò velocemente una t-shirt bianca. Si sentiva imbarazzato a farsi vedere a petto nudo, era comunque sua figlia.

-Mi dispiace per come sono stata in questi giorni. E anche per quello che ti ho detto qualche giorno fa, di fronte alle ragazze.-disse timidamente fissando il pavimento.

-Indossi la croce di Buffy.-notò lui senza voltarsi.

-Me l’ha data Dawn.-precisò.

-Gliel’avevo regalata io. La sera che ci siamo conosciuti.-le rivelò.

-Io non ti odio.-si avvicinò di qualche passo.-Ma, sono stata troppo sola e la verità mi ha fatto più male di quanto mi sarei mai aspettata. E poi scoprire che lei è morta e non poterle chiedere neanche perché è ancora peggio.-spiegò.

-Lo so.-si voltò a guardarla.-Provo le stesse identiche cose. Abbiamo tutti domande e l’unica persona che può rispondere non c’è più. È più frustrante che doloroso.-

-Beh tu hai le risposte ad alcune delle mie domande.-e lui la guardò interrogativamente.-Che odore aveva la sua pelle? Com’era il suono della sua voce e della sua risata? In che modo si spazzolava i capelli? Che espressione assumeva quando era triste o confusa? Quali erano i suoi cibi o colori preferiti? Com’è stato stringerla tra le braccia e dirle ti amo? Io non lo saprò mai.-si scoprì di nuovo sull’orlo delle lacrime ma si trattenne dal piangere.

-Io so solo che i tuoi occhi quando sono pieni di lacrime luccicavano come i suoi, e il suo mento tremava come il tuo e le labbra assumevano quella stessa linea.-fece una pausa.-Dirle ti amo è stata la cosa più facile e al contempo difficile del mondo perché se tu le davi una briciola d’amore lei ti ricambiava con tutto quello di cui disponeva, senza mezze misure e senza troppe domande, gettandosi alla cieca. L’importante era amare. È stato così che sei nata tu.-

Lei non rispose, così lui si sedette su una poltrona e dopo un istante di pausa riprese a parlare.

-Quella sera pioveva. Buffy compiva diciassette anni e come al solito non si poté rimanere tranquilli, la solita apocalisse. Inermi e bagnati ci rifugiammo a casa mia, era fradicia e le prestai dei vestiti, a tradirci fu un misero taglietto sulla sua spalla. Avevamo rischiato di morire ed eravamo terrorizzati, lei scoppiò quasi subito a piangere e io le dichiarai il mio amore. Dio se la amavo e la amo ancora, ogni giorno mi scoppia il cuore per questo. È così che sei venuta tu, da una notte d’amore e pioggia, forse è anche per questo che quella sera persi l’anima. Probabilmente lo immaginava di già.-le raccontò.

Lei si avvicinò fino a inginocchiarsi di fronte a lui e gli mise una mano sulla sua con un timido sorriso tra le lacrime che adesso scendevano piano sulle sue guance.

-Mi toccherà comunque vivere per sempre con solo i racconti di com’era lei.-mormorò.

-Lo so, ma ricordati che hai comunque me. Sono un vampiro ma il sangue che scorre nelle tue vene è lo stesso che non scorre più nelle mie.-le accarezzò una guancia e poi le diede un bacio in fronte.

-Parla ancora di lei.-lo esortò.

E trascorsero il resto della serata così, a parlare di Buffy e a conoscersi meglio. Il primo passo verso un rapporto che si chiamava padre e figlia. Il legame che Angel aveva percepito fin dall’inizio, per cui Spike l’aveva preso in giro dichiarandolo innamorato, e a cui adesso aveva saputo dare una spiegazione logica e reale.

Si chiamava sangue.

 

Parte 24 - La situazione precipita

Per alcuni giorni, Claddagh si allenò con Angel nella cantina di casa Summers, ancora troppo imbarazzata per tornare agli allenamenti con le sue compagne. Soprattutto dopo la sfuriata che aveva fatto l’ultima volta dove aveva picchiato anche una sua compagna.

Ricominciò a parlare con gli altri, Dawn per prima. Era sua zia e il spiegarsi con lei aveva richiesto una chiacchierata lunga un intero pomeriggio nella sua camera mentre a casa non c’era nessuno. In rapida successione era venuto Connor, lui era suo fratello, in teoria minore in pratica maggiore e anche questo fatto aveva richiesto un bel po’ di ore a parlare nel giardino di casa Summers.

Poi aveva parlato con gli altri e man mano, Clay, si era affacciata di nuovo alla vita. Adesso aveva dei legami di sangue anche se ancora manteneva abbastanza le distanze. Evitava di parlare di Buffy per più di dieci minuti e aveva conservato le foto in un cassetto. Persino i regali di compleanno li aveva rimessi nella scatola e conservati nell’armadio.

Le ferite erano ancora troppo recenti e tutti sapevano che per quanto cercassero di aiutarla solo Buffy avrebbe potuto esserle realmente d’aiuto. Ma Buffy era morta e senza sua madre quella ferita sarebbe rimasta per sempre aperta.

Dopo un po’ decise di tornare agli allenamenti di gruppo, era ormai quasi metà aprile. Angel le propose di presentarsi con lui ma Clay rifiutò perché doveva affrontare le sue compagne da sola. Così un mattina aprì la porta della palestra e vide subito tutti gli sguardi puntati su di lei.

Voleva fuggire via ma si fece forza e attraversò le compagne per andare a posare la borsa in un angolo e cominciare con il riscaldamento. Stava seduta per terra per posare la felpa dentro la borsa e rimanere in t-shirt che sentì una mano sulla spalla e si voltò vedendo il viso di una compagna.

-Irina, giusto?-rifletté e la vide annuire.

-Esatto. Io vengo da Mosca.-precisò.-Come stai Clay?-le chiese con l’accento russo.

-Non male, ma neanche bene.-non la guardò nemmeno.

-Io so tu come sentire.-mormorò con il suo inglese zoppicante.

La sorella cacciatrice la guardò curiosa e lei si affrettò a spiegare bene cosa intendeva.

-Io stata adottata quando avevo cinque anni. Genitori adottivi affettuosi ma a volte un po’ freddi. A sedici anni cercato mamma vera e trovata a Pietroburgo. Lei dire me non volere quando io nata, a quel tempo aveva sedici anni, ma aborto disonore in famiglia e lei non essere neanche sposata così data me adozione e non volere niente a che fare. Mio papà morto poco prima mia nascita, lui era soldato. Sono stata male per tanti giorni poi arrivata chiamata di cacciatrice e mia vita essere cambiata.-le raccontò.

-Pensi mai a lei?-le chiese.

-Ogni giorno. Io conservato suo numero e indirizzo e ogni tanto andato sotto casa per spiarla, lei sembra felice senza me.-fece una pausa.-Io parlato con Willow, sai? Le ho detto mia storia e lei detto me che Buffy tanto voluto e amato te. È davvero un peccato che lei morta prima di incontrarla, sono sicura sarebbe stata molto felice.-

-L’hai conosciuta?-sorrise.

-Visto lei solo una volta. Piccola ma molto grande. La sua presenza era come se riempiva tutta stanza. Avevo appena ricevuto chiamata e andai Los Angeles per affrontare gruppo vampiri. Parlò me e altre con determinazione e sicurezza, e mi aiutò durante lotta. Era davvero tanto forte. Anno dopo seppi sua morte e rimasi tanto male.-rispose.

-Non dirlo a me, ho prima saputo che era morta e dopo ho scoperto chi era in realtà.-sorrise ironica.

In quel momento la porta si aprì di nuovo ed Angel entrò seguito da Spike, Faith, Kennedy ed Illirya. Le ragazze si schierarono subito davanti a loro e due minuti dopo cominciò l’allenamento. Spike ed Angel dichiararono di stare avvertendo strani influssi negativi e di pensare che la battaglia fosse molto vicina.

Fu un allenamento molto tranquillo e senza intoppi, le ragazze erano preparate al massimo e forti. La battaglia che veniva era dura e pericolosa ma si allenavano tutti senza sosta da mesi. Avevano subito perdite ma avevano attinto da quelle perdite come fonte di forza. La morte di alcune compagne era servita loro come forza.

Per alcuni giorni tutto procedette tranquillamente, una tranquillità strana. Preferirono non preoccupare le ragazze per non rompere il loro fragile equilibrio, soprattutto adesso che alcuni dissapori si erano attenuati e anche Clay era più serena dopo la sconvolgente scoperta che Buffy era sua madre.

Qualche sera dopo, Angel aveva mandato tutte le ragazze di pattuglia. Le aveva diviso in piccoli gruppi e mandate per i cimiteri, nel bosco, vicino la Bocca dell’Inferno e anche in incognito in mezzo alla gente in luoghi come il Bronze, l’Espresso Pump, il cinema eccetera.

Era quasi mezzanotte quando un terribile boato spezzò la tranquillità, la terrà tremò e un orrendo squarcio aprì la strada principale di Sunnydale terrorizzando l’intera cittadina che cominciò ad urlare e scappare temendo un’altra Apocalisse. La gente di Sunnydale stava in silenzio ma sapeva.

Tutte le ragazze insieme agli altri corsero sul luogo dell’incidente ma pochi secondi dopo un secondo boato, più forte del primo, si sentì in tutta la cittadina. La terrà tremò più forte a intervalli regolari di pochi secondi e il rumore di frana provenne da un unico luogo.

-La Bocca dell’Inferno.-mormorò Angel.

-È lì che risveglieranno Kramzee.-proclamò Willow.

-Raduniamoci tutti alla palestra.-urlò il vampiro.-Decideremo il da farsi.-

In mezzo agli scossoni della terra riuscirono tutti a raggiungere il deposito attrezzato mesi addietro a palestra. Dawn e Connor, con tecniche di teletrasporto, avevano fatto in modo che Madlen, Duncan e Gary fossero al sicuro nella sede di Los Angeles della Wolfram&Hart dove potenti incantesimi e i dipendenti di Angel li avrebbero difesi.

Rapidamente si armarono tutti, poi Angel li schierò e camminando davanti a loro parlò un’ultima volta. Cercando volutamente le giuste parole.

-Ci siamo. Kramzee è vicino al suo risveglio, probabilmente è questione di pochi minuti. Siamo tutti preparati, ci siamo allenati per mesi per questa battaglia. Non siamo persone che vanno incontro alla morte sicura, siamo combattenti della luce che vanno a distruggere l’oscurità. Kramzee è forte, noi lo siamo di più. Lui è uno, noi siamo circa in cento. Siamo impauriti, lo sono anch’io, abbiamo tutti qualcosa da perdere ma un potere superiore ci ha scelti per difendere l’umanità ed è ciò che faremo questa notte. Kramzee deve morire per permettere a noi di vivere, importa solo questo. Adesso armiamoci di tutto il potere di cui disponiamo e uccidiamo il cattivo. Siamo noi i più forti.-disse a tutti.

Uscirono dal capannone armati fino ai denti e pieni di forza e determinazioni, diretti al luogo dello scontro: la Bocca dell’Inferno. Erano forti e ce l’avrebbero fatta, loro erano il bene.

Durante il tragitto, Clay si avvicinò ad Angel e gli parlò.

-Pensi che in un modo o nell’altro, lei mi è vicina?-gli chiese.

-Penso di si.-annuì.-Sei forte come lei, Claddagh, e hai la sua stessa determinazione. Sconfiggeremo Kramzee e poi ricominceremo una vita insieme, come una vera famiglia.-le sorrise.

-Ho seguito tutti i tuoi consigli in questi mesi. So di essere forte e voglio vincere.-proclamò.

-Questo è lo spirito giusto.-le passò un braccio intorno alle spalle in un tenero abbraccio.

A pochi metri da loro si cominciavano a profilare i ruderi del vecchio liceo di Sunnydale. Il luogo della battaglia. Quel luogo, a breve, avrebbe deciso ancora una volta il destino di ognuno di loro.

E quello dell’intera Terra.

 

 

 Parte 25 - La battaglia finale

-Ascoltatemi tutti!-esordì Angel mentre tutti si raggruppavano intorno a lui.

La Bocca dell’Inferno era dall’altro lato della strada. Sentivano tutti strani cori oscuri, il risveglio era vicino e Giles aveva dedotto che quelli erano canti rituali e insieme di accoglienza.

Nello sguardo avevano tutti determinazione e carica, ed Angel intendeva caricare tutti ancora di più Kramzee andava eliminato per il bene comune e della Terra in generale. Loro dovevano sopravvivere per continuare un’opera cominciata da Buffy Summers nel 2003, un’opera che consisteva nel bene del mondo.

-Ci divideremo in gruppi. Clay tu starai con me.-e la ragazza si premurò di annuire.-Spike tu guiderai un gruppo, Illirya un altro con Gunn. Willow e Kennedy un altro, Faith con Robin un altro. Giles, Xander e Andrew voi un altro e Dawn con Connor un altro. Ricordate solo: forza, coraggio e determinazione. Kramzee va eliminato altrimenti distruggerà la terra e tutti noi. Delle cacciatrici sono morte durante gli attacchi dei suoi seguaci, la loro forza sarà un’aggiunta alla vostra forza. Nessuno è debole, siamo tutti forti abbastanza per suonargliele. Siamo tutti coraggiosi, una cacciatrice non conosce codardia alcuna. E siamo tutti determinati a salvare il modo e noi stessi. Adesso gettiamoci nella mischia.-

Risposero tutti a coro di si e poi si divisero in gruppi, sparpagliandosi per ogni entrata nella vecchia scuola. Avevano un po’ paura, ma Angel di proposito non aveva nominato la paura perché la paura non sarebbe stata d’aiuto.

Mentre si avvicinavano alla “loro” entrata per la Bocca dell’Inferno, Angel notò che Clay era pensierosa e le cinse un braccio con le spalle.

-Cos’hai?-le chiese con un sorriso.

-Ho paura. Anzi sono terrorizzata.-precisò.-La mia prima apocalisse e spero francamente che sia anche l’ultima.-

-Perché pensi che il mondo andrà all’inferno o per l’esatto contrario?-insistette.

-Voglio pensare che ce la caveremo ma la mia mente è concentrata solo sul fatto che abbiamo perso molte ragazze, che il nemico è molto forte e che dovrei smettere di essere pessimista.-lo fece ridere.

-Anche tua madre era terrorizzata alla sua prima apocalisse. Terrorizzata a morte, infatti è pure morta, poi siamo stati io e Xander a trovarla.-le raccontò con un velo malinconico negli occhi. Vide che anche sua figlia era divenuta triste.

-Non voglio parlare di lei adesso.-mormorò.

-Lo so, e so anche che non ne vuoi parlare affatto. Ti capisco, dev’essere stato un duro colpo scoprire tutto così all’improvviso.-la strinse ancora di più a sé poi la lasciò andare, erano di fronte l’ingresso principale della vecchia scuola.

-Adesso concentriamoci sulla battaglia, voglio vivere altri diciannove anni.-sorrise.

-Allora andiamo.-e aprì quello che rimaneva della porta con cigolii sinistri e cadute di schegge.

Anche gli altri cominciarono ad entrare. Erano armati fino ai denti e forti ma anche pieni di timori. C’era chi, come Dawn, Connor, Faith e Robin, lasciava a casa dei bambini. Kennedy aveva suo fratello che quella sera era di turno in ospedale, c’erano già state le prime vittime. E persino Clay aveva timore per Eric. Fino a quel momento non si era ancora resa bene conto di essersi molto innamorata di lui, ma adesso lo sapeva e voleva rivederlo e stare con lui ancora per molto.

L’ex liceo di Sunnydale aveva un aspetto tetro e degradato. Si camminava solo sui ruderi della struttura, sporcizia e anche su rimasugli di membra umane o demoniache. C’era una forte puzza di decomposizione, chiuso e polvere che invadeva le narici e dava alla testa, alcune ragazze furono quasi sull’orlo dello svenimento. Non era proprio l’ideale.

Il tragitto fino alla Bocca dell’Inferno fu relativamente tranquillo, a parte la forte tensione che regnava tra le ragazze. Clay stringeva talmente forte a se la sua ascia che le nocche erano ormai divenute bianche.

Una volta arrivati sul luogo si prospettò loro uno scenario terrificante che fece ghiacciare il sangue nelle vene, soprattutto alle cacciatrici.

Al centro c’era una grossa pozza, più o meno del diametro di due metri, al cui interno ribolliva del sangue. Almeno una cinquantina di corpi sventrati giacevano ammucchiati l’uno sull’altro in un angolo. Una vista orrenda che fece venire il vomito a parecchi, Angel impose a tutte l’autocontrollo, non dovevano farsi prendere dal panico.

Intorno alla pozza c’erano vampiri con una lunga tunica nera che eseguivano canti rituali mentre altri giravano intorno a loro tenendo in mano torce che bruciavano uno strano fuoco nero. C’erano all’incirca, in più, un altro centinaio di vampiri che sorvegliavano il tutto. Erano le ultime parti del rituale di risveglio di Kramzee.

Erano in tanti, pensò Angel. E loro non erano altro che un esercito di ragazzine insieme a qualche veterano. Ci voleva solo una bella fortuna per riuscire a vincere. Sperò che la quella sera la fortuna girasse dalla loro parte.

-Angel?-lo chiamò una ragazza poggiandogli una mano sul braccio e facendolo voltare.

Aveva ventitré anni, era attiva da poco più di tre mesi, veniva dall’Italia e quella era la sua prima lotta. Una bambina mandata al macello, fu il suo primo pensiero.

-Dimmi.-la esortò con un sorriso.

-Ho paura.-mormorò con le lacrime agli occhi esprimendosi nella sua lingua, che per fortuna Angel parlava benissimo.

-Lo so.-le sorrise.-Abbiamo tutti paura. Loro sono in tanti e sono forti. Ma lo siamo anche noi. Devi soltanto pensare a vivere. Se vuoi vivere e mantieni questo pensiero fisso e costante nella tua mente sarai più forte di loro che vogliono ucciderti e vincerai.-le disse.-Va meglio adesso?-

-Si, molto.-sorrise debolmente ed Angel annuì.

Si voltò e dall’altra parte dell’altura scorse Spike che con lo sguardo gli chiedeva quando e se potevano cominciare ad agire. D’altronde sapevano tutti che bastava una sola mossa e che si sarebbe scatenato un putiferio. Bisognava solo cominciare.

Così, il vampiro castano alzò la balestra, la puntò e scoccò una freccia che andò dritto a conficcarsi nella schiena di uno dei vampiri che recitavano i canti rituali, colpendo il cuore e riducendolo in cenere. Quell’azione bloccò tutti che si guardarono in giro e li scorsero.

Si scatenò così, la lotta. I vampiri cominciarono a salire su per uccidere chi stava cercando di interrompere il loro lavoro e le cacciatrici che scendevano per ridurre in cenere qualsiasi vampiro capitasse loro a tiro.

Faith aveva come arma la falce che aveva usato Buffy nell’ultima battaglia contro il Primo. Dopo la sua morte, Giles le aveva comunicato, che essendo lei adesso la cacciatrice più anziana, le spettava il compito di custodirla, proteggerla e usarla nelle battaglie più importanti. Come quella che adesso la bruna stava combattendo, attingendo la ricordo della grande forza che aveva la sua compagna e sorella adesso morta Buffy e al pensiero del figlio Gary, che adesso era nascosto sotto la protezione dei Poteri che Sono insieme a Madlen e Duncan.

Chiunque le si avvicinasse finiva in cenere e si stava aprendo piano la strada per raggiungere il punto cruciale: la pozza di sangue da cui stava per uscire Kramzee. Ma era una via tortuosa e per quanto se la stesse cavando bene, aiutando anche le sue protette, c’erano davvero un sacco di vampiri.

Per una breve frazione di secondo si guardò in giro, per sincerarsi che andasse tutto bene, già alcune delle ragazze erano rimaste vittime, e scorse Clay che lottava contro due vampiri. Si bloccò solo per un breve istante, perché constatò che quella ragazza era davvero forte.

Combatteva con tenacia, forza e costanza. A Faith parve di veder combattere Buffy. Era davvero la figlia di Buffy, erano uguali. Subito dopo un vampiro la attaccò e lei dovette di nuovo concentrarsi sulla lotta o avrebbe subito seri danni.

In quel momento la terra tremò violentemente facendo perdere ad alcuni di loro l’equilibrio, chi lo mantenne fu davvero a fatica. Il sangue nella pozza ribollì più forte e da lì cominciò ad uscire una testa. Mancavano davvero pochi minuti, ormai, all’arrivo di Kramzee.

-Attaccate tutti i vampiri!-urlò Angel a tutti uccidendo lui, per primo, due vampiri in un colpo solo.

Le ragazze intensificarono gli attacchi, consce del fatto che presto il demone sarebbe risorto e allora sarebbero stati davvero guai.

Clay sferrava colpi a destra e sinistra, concentrata solo sulla lotta e sulla salvezza del mondo, oltre che della sua stessa pelle. La voce di Angel nella sua testa le ripeteva che doveva solo essere forte e pensare a sopravvivere. Certo, in un altro momento, l’unico pensiero che l’avrebbe resa forte sarebbe stato il poter un giorno conoscere sua madre ma Buffy era morta e quel desiderio non si sarebbe più potuto avverare, ma aveva comunque un padre, una zia ed un fratello.

Legami di sangue che in un modo o nell’altro significavano qualcosa. Un timido raggio di sole tra le nubi della sua lunga solitudine. Con un sorriso a questo pensiero, tagliò la testa all’ennesimo vampiro che le si era parato davanti.

Poi la terra tremò di nuovo, ancora più forte dell’ultima volta. Si paralizzarono tutti mentre dalla pozza di sangue, finalmente, si ergeva Kramzee: il terrore assoluto.

Alto più di due metri, con la testa tonda e pelata era tutto nero come l’oscurità totale e indossava una lunga tunica con cappuccio nera. Nero come il baratro in cui intendeva gettare la terra e tutti i suoi abitanti.

-Non deve uscire da qui vivo!!-urlò Faith a tutte le sue compagne correndo, per prima, verso il demone e attaccandolo con la falce.

Kramzee, però, era forte. Schivò il suo primo colpo e le diede una spinta che le fece fare un volo di almeno tre o quattro metri. Faith non si arrese e subito affiancata da Angel tornò all’attacco contro il demone che si destreggiava bene anche con due attacchi contemporanei.

Con un solo gesto diede un pugno allo stomaco ad Angel che gli fece uscire tutta l’aria di cui non aveva bisogno dai polmoni e lo mandò a terra mentre afferrava Faith per la gola e la alzava di almeno mezzo metro da terra.

La donna annaspava scalciando con i piedi. La falce le cadde con un tonfo acuto per terra mentre portava le mani sul forzuto bracci del nemico esercitando tutta la sua forza di cacciatrice per cercare di liberarsi, diventava sempre più cianotica. Angel cercava in tutti i modi di rialzarsi per aiutare la sua amica, ma il colpo era stato forte e probabilmente aveva almeno cinque o sei costole rotte.

Fu Spike a salvare la cacciatrice bruna saltando sulle spalle di Kramzee e riempiendolo di mazzate, come arma alternativa si era pure portato una mazza da baseball all’insaputa di tutti, sulla testa. Il demone lasciò Faith che cadde a terra annaspando aria violentemente e riprendendo piano colore, ma dimenando le braccia per cercare di liberarsi della zavorra costituita da Spike che col braccio sinistro si era saldamente attaccato al suo collo mentre con la mano destra roteava la mazza facendola sempre abbattere sulla testa rotonda e pelata del suo nemico.

Con un veloce giro su se stesso, Kramzee riuscì a far cadere via Spike dalla sua schiena facendolo battere con la schiena sulla dura terra. Subito, il vampiro biondo fu raggiunto da angel che lo aiutò a rialzarsi. Appena fu in piedi non mancò di dargli uno scappellotto sulla nuca.

-Ma che ho fatto?!-si lamentò il vampiro biondo.

-Che razza di arma è una mazza da baseball?!-lo riprese.

-Beh se lo chiedi al pelatone vedrai che ti farà vedere quanti bernoccoli gli ho fatto.-lo rimbeccò facendogli scuotere la testa.

-Andiamo, cretino!-e corse ad aiutare una delle ragazze.

-Già, è sempre Spike il cretino, anche quando salva la vita alle cacciatrici!-si lamentò colpendo un vampiro che gli si era lanciato addosso con la sua nuova arma.

Alcune ragazze raccolsero tutto il coraggio di cui disponevano per attaccare Kramzee in massa. Lo colpirono con spade, frecce, asce e persino a mani nude. Alcune riuscirono a fargli qualche ferita ma superficiale, il demone più che impaurito pareva infastidito da loro e se ne liberava facilmente, alcune finirono con il collo rotto, demoralizzando le compagne, in un angolo del luogo.

-Bastardo!!!-urlò Clay con tutto il fiato che aveva in gola e la rabbia che le era montata addosso vedendolo uccidere così a sangue freddo le sue compagne.

Corse verso di lui velocemente e lo attaccò con la spada. I suoi attacchi erano veloci, precisi e forti, e per la prima volta, Kramzee pareva trovarsi in leggera difficoltà come finora non erano riusciti a mettercelo insieme Faith, Angel e Spike.

Certo, anche la giovane cacciatrice le stava prendendo ma pareva animata da una grande forza e rispondeva ai colpi con colpi di uguale potenza e si riprendeva in fretta se veniva sbattuta a terra. Il mondo intorno a sé era sparito, c’erano solo lei e il suo nemico, e la voglia di vivere e salvare il mondo.

Finché Kramzee le diede un forte colpo che la fece cadere a terra e perdere la spada subito raccolta dal demone. La fece roteare su di lei con un ghigno maligno ma non la colpì.

-Non puoi sconfiggermi.-le disse con voce diabolica, le sue prime parole.-Ucciderti con questa, ragazzina, sarebbe troppo facile. Voglio sentire le tue ossa spezzarsi sotto le mie mani.-e presa la spada con entrambe le mani la spezzò in due e la gettò di lato.

Clay sgranò gli occhi impauriti pregando che quella non fosse la sua fine. Aveva promesso di salvare il mondo e non poteva morire senza averlo fatto.

-Clay!-la voce di Faith la raggiunse da un angolo.

Si voltò verso la sua amica e la vide lanciarle un arma. Alzandosi in fretta la afferrò al volo, appena l’ebbe presa in mano sentì come una scossa elettrica attraversarla. La osservò per qualche secondo giudicandola semplicemente splendida e piena di una forza che la investì in pieno. Lei non sapeva di avere in mano la falce che sua madre aveva usato nell’ultima lotta contro il Primo.

-Preparati a venire maciullata cacciatrice.-la voce del suo nemico riportò la sua attenzione su di lui e sull’apocalisse.

-Io non sono una cacciatrice qualunque. Sono la figlia di Buffy Summers.-e facendo roteare la falce riprese a colpire il suo nemico.

Furono minuti intensi dove il tempo parve andare al rallentatore e al contempo troppo velocemente. Tutto intorno non era altro che una grande lotta, tutti lottavano per salvare la terra e per la loro stessa salvezza, Clay si sentì messa in prima linea ma il suo unico pensiero era di uccidere il suo nemico.

Colpì Kramzee ancora e ancora con la falce evitando i suoi colpi, pareva una furia scatenata. Voleva solo farlo a pezzettini. Avanzò verso di lui facendolo indietreggiare, Kramzee pareva non riuscire a tenere testa a quella che lui stesso aveva giudicato una ragazzina.

Poi i colpi della ragazza si fecero più forti e mirati. Quando lui alzò un braccio per colpirla lei glielo tranciò di netto con la falce, poi gli fece un profondo taglio allo stomaco facendolo cadere sulle ginocchia e a quel punto gli diede il colpo finale tagliandogli con un colpo secco la testa che rotolò ai suoi piedi mentre il corpo ormai morto cadeva in avanti con un tonfo.

In pochi minuti si finì di consumare l’intera battaglia. Morto Kramzee alcuni vampiri avevano optato per la fuga mentre i pochi rimasti andarono incontro a morte certa sotto la superiorità numerica dei loro avversari, nonostante le perdite.

Quando uscirono dai ruderi dell’edificio il sole era quasi sul sorgere, già il cielo si era fatto più chiaro anche se ancora non si intravedevano i raggi. Angel e Spike corsero a ripararsi a casa dichiarando che calato il sole sarebbero tornati a recuperare i corpi e si sarebbero pure occupati di rimandarli a casa per avere degne sepolture.

I feriti più gravi furono portati all’ospedale accompagnati da Faith con Robin, Kennedy, Willow, Gunn e Clay. Il resto portò le meno gravi a casa per riposare e curare le ferite lievi e le contusioni.

In ospedale già dalla sera prima c’era lo stato d’emergenza, quando erano arrivati i primi feriti in seguito al primo terremoto e ad alcuni attacchi da parte di vampiri. Per tutta la notte i medici avevano lavorato freneticamente perché ne erano arrivati degli altri.

Non si stupirono quando arrivarono le cacciatrici ferite e dovettero ricominciare daccapo con il viavai. Kennedy scovò suo fratello per fargli accertare che stava bene, poi gli indicò Clay che stava aiutando una cacciatrice a stendersi su una lettiga.

-Ehi.-le mise una mano sulla spalla facendola voltare di scatto.

-Ciao.-gli fece un debole sorriso.

-Te le hanno date di santa ragione, eh?-sorrise sfiorandole appena un profondo tagli sulla fronte.

-Si però ho preso a calci sul sedere Kramzee. Gli ho tagliato la testa di netto.-ricambiò.

-Vieni, ti curo le ferite.-la portò in una sala per le medicazioni e si occupò di lei curandole i tagli, le ferite i lividi e le contusioni. Poi la mandò a fare dei raggi perché aveva un dito della mano sinistra gonfio e immobile.

Saltò fuori che ce l’aveva fratturato e che c’erano due costole incrinate. Oltre a diverse belle botte su tutto il corpo. Fu in attesa che le ingessassero il dito che Faith andò a trovarla. Aveva una benda sulla testa e una gamba fasciata, girava con le stampelle.

-Ti dona la fascia in testa, sai?-la prese in giro la bionda.

-Beh, anche a te dona quel bel cerotto sulla fronte.-ricambiò e scoppiarono a ridere.-Ehi, sei stata davvero grande. Buffy sarebbe stata orgogliosa di te.-disse seria.

-Lo spero.-sospirò.

-L’arma che ti ho lanciato non è una comune arma, è una falce molto potente. Buffy la usò nell’ultima lotta contro il Primo, il giorno che ogni ragazza divenne cacciatrice.-le spiegò.

-Sono solo contenta che tutto sia finito, adesso voglio dormire per giorni.-sorrise.

-A chi lo dici. Vado a controllare Robin, pare che debbano ingessarlo dalla mano fino al braccio.-e dopo che l’ebbe salutata la lasciò sola.

Claddagh sorrise a se stessa. In fondo, nonostante le ferite e i dolori che ne stavano derivando, era solo contenta di essere sopravvissuta e di aver sconfitto il nemico.

E in fondo si, sperava che anche Buffy in quel momento fosse orgogliosa di lei.

 

 

 

Parte 26 – Silenziosi addii

Dopo un ricovero di due giorni, Clay tornò a casa. Piano piano alcune delle cacciatrici erano già andate via, mentre alcune dovevano ancora stare un bel po’ a riposo prima di affrontare dei viaggi.

Ad accoglierla c’erano proprio tutti e la cosa, per quanto le fece piacere, la imbarazzò un po’. Aveva capito che ormai sia Dawn che Angel che anche Connor la consideravano parte integrante della famiglia ma lei doveva ancora riprendersi parecchio da tutto ciò che le era successo da circa otto mesi a quella parte.

Sapeva che fino a quel momento aveva evitato i confronti ma adesso che non c’era più il pensiero della lotta con Kramzee avrebbero cercato di parlarle, soprattutto di Buffy, e lei non si sentiva pronta. Solo non sapeva come evitarlo.

Pensava che aver già fatto il passo di aver parlato con loro fosse sufficiente ma non lo era agli occhi dei suoi consanguinei e lei non voleva parlare ancora di quell’argomento. Buffy Summers era sua madre, va bene! Ma tutto finiva lì e, a suo parere, non c’era motivo di tornare sull’argomento.

Riteneva inutile pensare e rimuginare ma si scoprì a farlo ogni singolo giorno. Ogni volta che badava a Madlen, ogni volta che mangiava o che ascoltava musica si scopriva a pensare a Buffy, a come la sua vita era cambiata e a come non sapesse darsi una risposta. Aveva fatto passi da gigante parlando, combattendo, integrandosi di nuovo tra le sue compagne ma si sentiva oppressa da tutte quelle scoperte e cambiamenti. Non sapeva come liberarsi da quel peso.

Sapeva che era vero, Angel, Dawn e Connor erano un raggio di luce nella vita grigia che aveva condotto fino a quel momento ma se per loro era tutto facile, lei riteneva il percorso verso una perfetta integrazione famigliare ancora molto lungo. E il suo unico desiderio era di pensarci in pace se non avesse saputo che loro non anelavano ad altro che non integrarla alla perfezione.

Un pomeriggio entrò al Magic Box trovando Andrei indaffarato con un cliente. Era venuta a prendere Duncan, quella mattina era dovuta andare in ospedale per farsi controllare la ferita sulla fronte e non aveva potuto portare il bambino con sé, mentre Madlen era all’asilo, così Dawn l’aveva lasciato a Willow.

Salutò l’amico e andò nel retro dove trovò il bimbo che dormiva e Willow e Xander che parlavano fitto. Si bloccò sulla porta e per annunciarsi bussò dando un colpetto di tosse.

-Sono venuta a prendere Duncan.-annunciò ai due che si voltarono subito verso di lei.

-Certo, vieni pure.-le sorrise Willow.-Devi stare attenta perché si è addormentato.-la informò.

-Tanto andiamo subito a casa.-precisò controllandolo nel passeggino il cui schienale era stato abbassato.

-Come va adesso, Clay?-le chiese Xander. Lui, per fortuna non si era rotto niente ma si era lussato una spalla adesso fasciata e aveva diverse ammaccature in tutto il corpo. D’altronde era passata solo una settimana dalla terribile lotta.

-Le costole ogni tanto mi fanno male e non mi posso grattare il braccio ma sto bene.-spiegò.

-Beh, è stata una battaglia tosta.-sorrise Willow agitando una delle sue stampelle, una delle sue caviglie aveva riportato fratture multiple.

-Adesso vado.-girò intorno al passeggino ma fu subito bloccata.

-Clay, aspetta!-la bloccò Xander alzandosi.-Sai, forse Angel e Dawn non se ne sono accorti ma noi si.-esordì.

-Di cosa?-si stupì.

-Del tuo comportamento.-precisò Willow.-Ogni volta che nominiamo Buffy o constatiamo una tua somiglianza con lei, tu ti chiudi a riccio e cambi subito discorso.-

-Ragazzi, è estremamente difficile per me.-sospirò in imbarazzo.

-Lo sappiamo.-

-Prima non avevo nessuno e nel giro di neanche un anno la mia vita è profondamente cambiata. Da quando ho scoperto che lei era mia madre mi sono sentita in mille modi diversi. Adesso mi sento molto più oppressa di quando ero solo un’orfanella.-spiegò seria.

-È tremendamente difficile per tutti noi, ma Buffy è morta, la sua ultima parola è stata il tuo nome e ciò che ha fatto sappiamo che fa più male a te che a noi.-continuò Xander.

-Io non voglio che si parli più di me. Le attenzioni di tutti mi soffocano, soprattutto perché so quanto vogliono che io capisca le sue motivazioni, ma non ci riesco.-fece una pausa.-Ma voi come vi sentite?-chiese.

-Beh a nessuno finora è importato.-sorrise Willow.-Ma per giorni e giorni sia io che Xander che Giles abbiamo continuato a chiederci perché e percome senza giungere ad una risposta.-

-Non c’è una risposta, l’unica che poteva darcele è morta.-mormorò Clay.-Adesso torno a casa, so per certo che presto dovrò affrontare anche Dawn ed Angel.-sospirò frustrata.

-Sappi che vorremmo evitarti una cosa del genere, per il bene tuo e per la memoria di Buffy.-sorrise la giovane strega.

-Adesso capisco perché Buffy vi amava tanto, dovete essere stati i migliori amici che avesse mai potuto desiderare.-

-Beh, noi eravamo i tre moschettieri.-scherzò Xander facendole ridere.

Clay uscì dal negozio con la netta convinzione di quello che aveva detto: adesso Dawn ed Angel l’avrebbero affrontata. Aveva evitato il tutto per circa una settimana ma adesso capiva che presto non avrebbe più potuto scampare a tutto ciò e pensò a come poteva fare per evitarlo definitivamente. Trovò un’unica soluzione, dura da applicare. Ma lo fece. Quella stessa sera.

L’orologio segnava le tre e quattordici minuti della notte. Sapeva quanto Angel e Spike, nel seminterrato avessero l’udito fino quindi cercò di fare il minor rumore possibile. Da sotto il letto tirò fuori un borsone.

Aprì la porta con cautela guardandosi in giro, quando capì che non c’era nessuno uscì chiudendosi alle spalle la porta senza fare il minimo rumore. Poggiò la borsa sul pavimento e silenziosamente si inoltrò nella camera di Madlen, la bimba dormiva serenamente nel suo lettino.

Si chinò a darle un bacio sulla fronte, al suo tocco la bimba si svegliò e la guardo stropicciandosi gli occhi. Le sorrise dolcemente accarezzandole i capelli.

-Kei.-la chiamò piano storpiando il suo nome.-Ove vai?-le chiese.

-Shh.-le disse.-Dormi, amore, è tardi.-le sussurrò.

Pochi secondi dopo la piccola già dormiva di nuovo profondamente. La guardò qualche altro secondo, poi uscì piano recuperando la borsa dove l’aveva lasciata.

Scese piano le scale dirigendosi in cucina dove lasciò un foglio di carta accanto al telefono. Guardò nell’oscurità la porta del seminterrato con un groppo alla gola. Prima che potesse scoppiare in lacrime uscì chiudendo piano la porta.

La stazione dei bus era poco affollata a quell’ora e l’ultimo autobus partiva alle tre e quaranta. Ammazzò il tempo rimanente leggendo delle riviste nella sala attesa, erano vecchie di almeno quattro mesi.

L’autobus partì puntuale, oltre a lei c’erano solo una coppia di sposi, un uomo di colore ed una signora con due bambini. Per tutto il tempo guardò fuori dal finestrino, non aveva sonno e le piaceva come cambiavano i colori intorno a lei con il sorgere del sole.

Quando arrivarono alla stazione di Los Angeles erano le sette del mattino. Con il suo unico bagagli si inoltrò per la città degli angeli, la sua città natale. La vedeva così diversa, era da quasi un anno che mancava da lì, ed era stato l’anno più intenso della sua vita.

La città non era ancora del tutto sveglia e quindi passeggiare per le vie era rilassante e tranquillo. Arrivò davanti la porta di una casa che erano quasi le otto, aveva camminato quasi un’ora. Bussò piano sapendo che la padrona di casa era già sveglia. E difatti non dovette attendere molto prima che la porta si aprisse.

-Clay.-si stupì Sarah.-Ma che succede?-chiese preoccupata vedendola in lacrime, con un braccio ingessato e il taglio in fronte ancora non tutto rimarginato.

-Sarah!-esclamò gettandosi tra le sue braccia a piangere.

-Shh, tesoro, calmati.-tentò accarezzandole la schiena.-Vieni dentro.-la fece entrare e chiuse la porta.

Clay sapeva di essere scappata ma ormai sentiva che la situazione a Sunnydale le era divenuta insostenibile. E già Angel e Dawn le mancavano.

Ma doveva allontanarsi. Voleva solo stare sola.

 

 

 Parte 27 – Perderle entrambe

-Se quello che mi dici è falso, ce n’è abbastanza per farti internare lo sai, vero?-

Sarah Bass portò al tavolo da colazione le brioche appena tolte dal microonde e il succo di arancia. Poi si accomodò sull’alto sgabello di fronte la sua amica incrociando le braccia e squadrandola bene. A parte il taglio in fronte quasi rimarginato, il braccio ingessato e un paio di lividi l’unica cosa che trovava immutata era la luce triste nei suoi occhi.

-Dai, Sarah, potrei mai mentirti?-le sorrise ironica versandosi del succo di frutta.-Mi conosci da quando sono nata.-

-Non avrò più il coraggio di far uscire i miei figli la sera.-ricambiò.

-Se ne sono all’oscuro sono più protetti, fidati.-tentò di rassicurarla.

-Quindi l’hai trovata. Tua madre.-sospirò ancora stupita dalla storia che le era appena stata raccontata.

-Esattamente. Morta, da quasi otto anni ormai. In compenso ho un padre, un fratello, una zia e due nipotini che sono anche i miei cuginetti. Mio fratello è sposato con mia zia.-scosse la testa.

-Questa è meglio di una puntata di Beautiful.-rise per sdrammatizzare.

-È tutto così assurdo!-esclamò.-Trovo lavoro in casa sua, per mesi ho dormito nella sua camera, nel suo letto, ho sentito parlare di lei. Quando ho scoperto di essere cacciatrice ho cominciato a studiare e leggevo così tanto delle sue gesta, di come abbia attivato il potere in tutte le ragazze della terra. Poi una sera apro il suo baule, leggo il suo diario e cosa trovo? La dichiarazione ufficiale che sono sua figlia! Le ho quasi distrutto la camera quella sera.-le raccontò.

-Quando a Natale ci siamo sentite credevo fossi felice.-sospirò.

-Lo ero! Adoravo Dawn, i bambini, Connor e tutti gli altri. Per non parlare di Eric! Mi sono così innamorata di lui.-fece una pausa.-Non gli ho nemmeno detto che me ne andavo, non l’ho detto a nessuno. Sono scappata ieri notte come una ladra lasciando un biglietto.-

-Cosa vuoi fare adesso?-le chiese.

-Stare sola, per cominciare. Riflettere, trovarmi un lavoro e poi decidere il da farsi. Magari, ogni tanto, cacciare anche qualche vampiro.-elencò.-Forse però è meglio se prima faccio risanare le mie costole.-con una fitta di dolore si toccò piano lo stomaco, poi prese dalla borsa le pastiglie che le erano state prescritte per i dolori.

-Anche le costole?-si stupì Sarah.

-Ne ho due incrinate, e a volte anche il braccio mi fa male. È stata una lotta dura, una vera fine del mondo.-sorrise ironica.

-Ti sei chiesta per così tanto tempo com’era fatta tua madre e appena l’hai trovata non hai neanche potuto vederla.-disse dispiaciuta l’assistente sociale tornando al discorso principale.

-Le somiglio tantissimo, ho visto delle foto.-specificò.

-Ne hai anche con te?-sorrise.

-Certo, un regalo di Dawn.-prese il suo borsone ai piedi e da una tasca tirò fuori le foto di Buffy che aveva scelto il giorno che Spike le aveva messo in mano tutti gli album presenti in casa. Le consegnò a Sarah che le guardò una ad una con grande interesse.

-Sembrate quasi sorelle più che madre e figlia.-constatò porgendogliele.

-Beh, ho un fratello con cui non mi somiglio affatto. È tutto così complicato.-sospirò ancora.-Sarah io non voglio disturbarti troppo ma mi serve un posto per alcuni giorni, giusto il tempo che trovo qualcosa tutto mio.-

-Clay sai che non devi preoccuparti di questo, puoi rimanere qui tutto il tempo che vuoi.-le prese una mano e gliela strinse forte.

-Grazie.-sorrise.-Ma sai che non abuserò troppo della tua ospitalità.-

-Vieni, ti sistemo la camera degli ospiti.-e si alzarono dirigendosi al piano di sopra.-A Charles farà piacere rivederti.-sorrise alludendo al marito.

Dawn non aveva voluto disturbare Clay per mandare Madlen all’asilo, così era stato Connor ad accompagnare la bimba prima di andare al lavoro, da qualche giorno la filiale di Sunnydale della Wolfram&Hart era partita con gran contento di tutti.

Adesso stava sistemando i piatti della colazione appena lavati mentre Duncan girava con il passeggino per tutta la cucina. Faceva un gran chiasso con il sonaglio che aveva in mano tanto che Dawn spesso lo riprendeva dicendogli di stare zitto perché il nonno con lo zio Spike dormivano ancora di sotto e avevano il sonno leggero. Ma per il bimbo era tutto un gioco e continuava imperterrito ad agitare il suo sonaglio.

Giusto la sera prima, Gunn e Fred erano tornati a Los Angeles per riprendere l’attività a breve li avrebbero raggiunto anche i due vampiri. Tutti sapevano che Angel voleva ancora parlare con Clay, e magari farle la proposta di andarlo a trovare almeno una volta al mese nella città degli angeli. Il vampiro voleva così tanto instaurare un rapporto con lei.

Poco dopo bussarono alla porta della cucina e aprendo, Dawn si trovò davanti Willow tutta sorridente. La fece entrare facendole spazio dato che doveva ancora circolare per molto con le stampelle e subito le offrì un caffè.

-Come mai così allegra?-le chiese mettendole la tazza fumante davanti.

-Nonostante le stampelle, da dopo la lotta sono ogni giorno felice di essere viva.-rispose facendola ridere.

-Come vanno le cose?-si sedette sullo sgabello.

-Benissimo, persino Kenny ed Eric sono più sereni.-bevve un sorso.-Ti dispiace, anzi se chiamo Kennedy al lavoro? Mi sono dimenticata di dirle che stasera vengono i miei a cena.-

-Fai pure.-le indicò il telefono.

Willow si alzò e si diresse verso l’apparecchio. Appena ebbe preso la cornetta notò un foglio di carta piegato in due. Lo prese in mano aggrottando la fronte e si girò verso Dawn che stava di nuovo rimproverando un Duncan che prese ancora una volta il rimprovero come un gioco.

-Dawn, credo che Connor ti abbia lasciato un messaggio.-le disse.

-Davvero?-si stupì.-Strano, stamattina ci siamo pure visti.-perplessa afferrò il biglietto e lo lesse.

Due secondi dopo le gambe non le ressero più e dovette poggiarsi al tavolo per non cadere a terra preoccupando Willow che corse a sorreggerla. La giovane non riusciva più a parlare e al richiamo preoccupato dell’amica riuscì solo a porgerle il foglio di carta.

-Oh mio Dio.-sussurrò solo la strega dopo aver letto le poche righe, poi si precipitò il più velocemente possibile verso la porta del seminterrato e la spalancò.-Angel vieni su immediatamente!!-urlò come una forsennata tornando poi da Dawn che adesso aveva cominciato a piangere singhiozzando.

-Ma che diavolo succede?-si preoccupò Angel correndo su mentre si infilava una canotta sui pantaloni da tuta.

-Si, non lo sapete che a quest’ora ci sono vampiri che dormono?-si lamentò Spike arrivando subito dopo Angel.

-Leggi qui.-la strega porse il foglio al vampiro castano che lo lesse subito.

-Non può essere.-mormorò scuotendo la testa.

-Se ne è andata.-disse Willow.

-Che succede?-chiese Spike.

Il vampiro castano lasciò il foglio sul tavolo e corse al piano di sopra. Spalancò la porta della camera di Clay e la trovò in perfetto ordine, il letto era intatto. Spalancò gli armadi ma erano vuoti, così come i cassetti. Lei se ne era davvero andata portandosi dietro tutto. Scese di sotto lentamente analizzando ciò che era successo.

-Se ne è andata davvero, si è portata via tutto.-disse sulla soglia della porta.

-Ehi, non ti deprimere!-esclamò Spike.-La troveremo, muoveremo mari e monti, con le nostre conoscenze sarà un gioco da ragazzi trovare quella ragazzina.-

-Tu non capisci.-si poggiò allo stipite portandosi le mani tra i capelli e scivolando lentamente a terra. L’amico si inginocchiò accanto a lui.

-Cosa non capisco? È solo una ragazzina confusa che è scappata di casa. Le è successo tutto troppo in fretta e le emozioni l’hanno sopraffatta. La troveremo, le parlerai e tutto andrà a posto.-tentò.

-Spike lei è maggiorenne, non è semplicemente scappata di casa. Lei non vuole avere niente a che fare con noi, per questo se ne è andata. Adesso capisco il suo comportamento. La freddezza, il chiudersi in sé, l’evitare le discussioni. Non vuole un padre, non vuole me. Ho perso lei come ho perso Buffy, le ho perse entrambe.-mormorò e Spike non seppe cosa ribattere.

Dawn piangeva stretta tra le braccia di Willow mormorando frasi confuse. Non sapevano cosa fare, si erano già affezionati a lei quando non sapevano chi era, adesso che lo sapevano era ancora peggio. Non era solo la figlia di Buffy o il loro ultimo legame con lei, era un membro della famiglia. Ma Claddagh non voleva farne parte.

Il suo biglietto giaceva ancora sul tavolo, dove Spike l’aveva lasciato dopo averlo letto.

“Mi dispiace, tutto questo è troppo per me, devo stare sola.

Dite ad Eric che non lo dimenticherò.

Claddagh.”.

 

 

 

Parte 28 – Solitudine

Quella non fu l’estate perfetta che tutti avevano immaginato. Liberi dalla minaccia di Kramzee, tutti avevano immaginato mare, sole e relax. Invece accadde tutto l’opposto.

Il giorno che Willow ebbe trovato il biglietto di Clay, Connor tornò a casa alla sera trovando la moglie che ancora piangeva, seduta sul divano, tra le braccia di una Willow altrettanto disperata, Angel chiuso nel seminterrato scontroso come un leone in cattività e gli altri ad aspettarlo insieme alla cattiva notizia che sua sorella era scappata di casa lasciando solo un misero bigliettino senza indicazione alcuna.

Eric era letteralmente sconvolto, perché non si immaginava una cosa simile. Aveva visto Clay normale ma evidentemente era molto brava a nascondere i suoi reali stati d’animo.

Quella fu proprio una pessima estate. Dawn e Connor dimenticarono quasi cosa voleva dire sorridere anche se si facevano sempre forza a vicenda, avevano perso una parte di loro stessi, o così si sentivano di pensare. Angel tornò a Los Angeles dove divenne ancora più taciturno e schivo, Spike a volte non lo vedeva per giorni, anche se sapeva che se ne stava chiuso in camera sua al buio e a rimuginare.

Giles tornò in Inghilterra, aveva del lavoro da sbrigare al Consiglio. La partenza gli spezzò il cuore ma doveva farlo, forse da lì avrebbe potuto mobilitare tutte le sue conoscenze per cercare Clay, anche se dubitava che una ragazza volontariamente intenzionata a sparire per un po’ si sarebbe fatta trovare facilmente.

Willow e Kennedy persero un po’ della loro serenità, iniziarono anche a litigare un po’ e nessuna delle due voleva ammettere che forse si stavano allontanando un po’. Eric continuò ad abitare con loro ma cambiò radicalmente atteggiamento, uscendo spesso la sera e facendosi altre amicizie.

Gli unici che, forse, non cambiarono atteggiamento furono Xander ed Andrew. Certo, entrambi erano tristi e preoccupati per l’improvvisa sparizione di Clay, e cominciarono anche ad affliggere manifesti per cercarla ma dopo un po’ capirono che era tutto inutile e che, se avesse voluto, la ragazza sarebbe tornata a casa da sola. Sempre se considerava Sunnydale casa sua.

Forse, quell’estate fu quasi peggio dopo quella trascorsa dopo la morte di Buffy.

Dal canto su, Claddagh cercò di andare avanti. Il giorno dopo essere arrivata a casa di Sarah cominciò a cercarsi un lavoro, aiutata anche dalla sua assistente sociale, e dopo una settimana aveva cominciato a lavorare presso un asilo nido, anche se nel periodo estivo non lavorò molto. Con il primo stipendio aveva affittato un bilocale e ci si era trasferita subito, non voleva arrecare troppo disturbo a Sarah.

Adorava i bambini, le rasserenavano la vita con la loro innocenza e le impedivano di pensare alla sua situazione. Ancora non sapeva cosa doveva fare. Aveva legato con le colleghe ma al di là del luogo di lavoro non le frequentava ne voleva frequentarle. L’unica persona che vedeva era Sarah e la sua famiglia.

Anche per lei quell’estate fu davvero pessima. Le mancavano Angel e Dawn, le mancavano Connor e i bambini, le mancava da morire Eric, e tutti gli altri. Sapeva di aver fatto una grossa cattiveria a lasciare solo quel misero bigliettino senza alcuna vera spiegazione ma voleva schiarirsi le idee prima di tornare da loro, sempre se fosse tornata a Sunnydale. Magari, prima o poi, si sarebbe fatta risentire, forse avrebbe detto loro dove si trovava. Ancora non lo sapeva.

E così trascorsero giugno, luglio e agosto. La settimana di ferragosto, Sarah andava con la famiglia al mare e propose anche a Clay di venire. Non finì di formulare la domanda che la ragazza scoppiò in lacrime. Preoccupata le chiese cosa succedeva.

-Dimmi qualcosa, così mi preoccupi.-la incitò asciugandole le lacrime con un fazzoletto dopo che da tre quarti d’ora la ragazza singhiozzava senza fermarsi.

-È il suo anniversario.-mormorò a fatica.-Il dodici.-

-Anniversario?-si stupì, non aveva capito.

-Della sua morte. È morta il dodici di agosto.-e a quel punto Sarah capì.

-L’anniversario della morte di tua madre?-chiese, ma era più un’affermazione.

-L’ultima pagina del suo diario risale al giorno prima della sua morte e dichiara di essere stanca e di volermi cercare. È morta il giorno dopo, la sua ultima parola è stata il mio nome. Non capisci, Sarah? Io la odiavo e lei scriveva di me ogni giorno, mi voleva cercare ed è morta. Sto così male.-spiegò piangendo.

-Non è stata colpa tua, è capitato.-tentò di consolarla.

Ma Clay non andò con lei al mare, e per quella settimana fu triste e sempre cupa. Non si riprese molto col passare delle settimane, Sarah capiva che soffriva molto a sapere di aver avuto una madre che comunque l’aveva amata e che le era stata strappata senza che avesse potuto conoscerla.

Arrivò settembre e le scuole riaprirono, tutto intorno cominciò a colorarsi di autunno rendendo l’atmosfera di Los Angeles meno estiva e allegra. La situazione di Clay non migliorò con l’avvicinarsi del suo compleanno, quel giorno avrebbe cenato in casa di Sarah che aveva dichiarato di volerle fare una bella torta con la crema. Accettò solo perché voleva molto bene alla sua amica.

Eric cominciò a divenire sempre più di umore nero con l’avvicinarsi di giorno venti. Kennedy non sapeva perché mentre Willow immaginava che fosse per via del compleanno di Claddagh, una volta l’aveva sorpreso a guardare delle loro foto con un’espressione molto malinconica.

Una sera andò a letto presto dopo aver rapidamente cenato con la sorella e la moglie, aveva visto che tra le due ultimamente si era instaurata una certa freddezza e per quanto gli dispiaceva preferiva non intromettersi sapendo che erano cose che dovevano risolvere da sole.

Faticò ad addormentarsi fissando il soffitto nell’oscurità per diversi minuti, poi sentì le palpebre diventare sempre più pesanti e nell’arco di qualche minuto cadde in un sonno molto profondo. E anche molto fruttuoso.

La giornata era splendida, il sole era alto e luminoso, tirava una leggera brezza e il suono delle onde che si infrangevano sulla battigia era incantevole. Si trovò a pensare Eric mentre le onde gli bagnavano i piedi facendoglieli affondare nella sabbia, le mani affondate nelle tasche dei jeans arrotolati fino al ginocchio.

Era uno scenario meraviglioso e perfetto, e lui era da solo a goderselo perché la spiaggia era deserta e l’unico suono era quello del mare. Si sentiva malinconico e anche in totale tranquillità emotiva, forse quel suono era ipnotico.

-Piace molto anche a te, vero?-

Quella che udì, la giudicò la voce più dolce che avesse mai sentito. Si voltò verso la nuova arrivata, dovette strizzare gli occhi per via del sole poi vide un viso dolcissimo e due occhi verdi che esprimevano grande serenità.

-Il rumore delle onde è rilassante.-ribatté.

La donna davanti a sé più che bella era estremamente dolce. Aveva lunghi capelli lisci e biondi, occhi verdi e una carnagione chiarissima. Non era magra, ma neanche grassa, un po’ robusta ma quelle braccia parevano fatte solo per abbracciare e rassicurare. Indossava un lungo vestito bianco con le bretelle che le incorniciava le curve e la rendeva eterea.

-Hai ragione. Questa spiaggia, poi, è speciale.-si avvicinò di qualche passo.

-Dove siamo?-le chiese confuso.

-Da qualche parte.-sorrise enigmatica.

-E tu chi sei?-continuò.

-Un sogno, un angelo, un ricordo non tuo…chiamami come vuoi. Non è questo il motivo per cui siamo qui.-rispose.

-Hai almeno un nome?-insistette.

-Si, ma non ti è dato saperlo. Io in realtà non ti appartengo affatto, in tutti i sensi. Sono solo in prestito.-respirò l’aria di mare chiudendo gli occhi.-Lo sai cosa vuoi, Eric?-lo guardò.

-Ah voglio un sacco di cose.-sorrise.

-Quella che al momento vuoi di più qual’è?-ma lui non rispose.-Non lo vuoi dire. Beh io lo so cosa vuoi.-

-E cosa voglio?-si voltò a guardarla.

-Trovarla.-rispose semplicemente.-Sai, è strano come per anni lei sia stata scambiata solo per un anello. Un ninnolo, un oggetto, un vecchio regalo di compleanno quando in realtà non era altro che il frutto di un grande amore. È carne, ossa e sangue. E tu la rivuoi, anche se non lo ammetti.-

-Sai dov’è?-le chiese.

-Oh certo che lo so. Nascosta, da se stessa e da voi. Da sola in due camere con un lavoro a pensare, rimuginare, cercare di capire cosa vuole dalla sua vita. Capire se vuole tornare da voi, dai suoi legami di sangue o se è meglio buttarsi tutto alle spalle e ricominciare daccapo ancora una volta. È dura passare ciò che lei ha passato. A volte non sempre si fugge per codardia.-gli rispose.

-Voglio sapere esattamente dove si trova.-insistette caparbio.

-Ed io te lo dirò. Vuoi che sia più precisa? Lo sarò, in fondo non è poi così lontana solo che non hai mai cercato. Lei è nella sua città, dove è nata, aiutata dall’unica persona che conosce: la sua assistente sociale.-

Eric guardò il cielo e vide che stava rapidamente tramontando. Strano, solo poco fa era ancora mattino presto e adesso stava per sorgere la luna.

-Il sole sta volgendo al tramonto.-disse la donna.-Il mio tempo è quasi scaduto. Pensi di avere abbastanza informazioni per trovarla?-gli chiese.

-So dov’è nata e come si chiama la sua ex assistente sociale, so dove si trova.-sorrise.

-Bene.-ricambiò.-Ti auguro tanta fortuna, Eric, e se la trovi abbi tanta cura di lei.-

Al giovane venne un dubbio e dopo qualche secondo di esitazione fece un’ultima domanda alla donna, ormai era quasi buio.

-Tu sei Buffy?-le chiese.

-No.-scosse piano la testa.-Anzi, ho un messaggio anche da parte sua. Dice di occuparti della sua bambina, di amarla e fare in modo che si avvicini alla sua famiglia. Dice che ha tanto bisogno dell’amore che lei non ha saputo darle.-

-Dillo che lo farò.-promise.

-Vorrei lasciarti un ultimo messaggio ma non mi è permesso farlo, quindi quando scoprirai chi sono di a chi mi ha conosciuto che veglio da lassù.-sospirò.-Addio Eric.-

Eric si svegliò di soprassalto al suono della sveglia. Si tirò a sedere stropicciandosi gli occhi con le mani, cielo che sogno strano che aveva fatto. Ma se le informazioni di quel sogno erano vere, e sapeva che lo erano, sapeva dove era nascosta Clay.

Anche se non ci sperava, i sogni per lui erano solo sogni e per quanto sperasse ritrovare quella che era stata la sua ragazza non pensava che così, con un sogno, potesse sapere dove si trovava.

Si alzò un po’ confuso, ancora indeciso se crederci o meno, e andò in bagno. Si lavò e vestì, poi andò in cucina per la colazione dove trovò Kennedy che guardava il telegiornale e Willow che finiva di preparare le frittelle. Le due parevano abbastanza di buon umore, anche se si vedeva che non avevano ancora ritrovato la serenità di un tempo.

-Ciao dormiglione.-lo salutò la sorella.

-Tutto bene?-gli chiese Willow mettendogli il piatto caldo davanti.-Sembri stravolto.-

-Ho fatto un sogno strano.-rispose versandosi del caffè.

-A volte i sogni scombussolano un po’.-tentò di tirarlo su la cognata.

-Cambiando argomento.-esordì Kennedy.-Per caso, ricordi dove hai messo le foto che mi hai portato?-si rivolse al fratello.

-Quelle che ti ha mandato la mamma?-precisò e lei annuì.-Mi pare di averle messe nel salotto, in uno sportello.-

-Ha ragione, c’ero anch’io quando le ha riposte.-ricordò Willow.

-Vado a prendertele.-il giovane si alzò e si diresse nell’altra stanza.

Aprì uno sportello e dopo aver frugato un po’ trovò l’album che aveva portato a sua sorella appena arrivato a Sunnydale, erano delle foto che la loro madre aveva mandato di quando erano bambini. Lo tirò fuori ma urtò una piccola scatola che cadde versando un bel po’ di fotografie.

-Accidenti!-imprecò.

-Tutto bene?-chiese Willow che l’aveva sentito sporgendosi dalla cucina.

-Si, ho solo combinato un piccolo danno.-disse cominciando a raccoglierle.

-Dai, ti do una mano.-si chinò accanto a lui per aiutarlo.

-Sei il solito impiastro.-rise Kennedy arrivando dopo la moglie e scuotendo la testa divertita.

-Dai, può capitare.-la riprese bonariamente Willow.

-Senti chi parla, come se lei non ne avesse fatti di disastri da bambina.-la prese in giro Eric raccogliendo una foto e guardandola distrattamente.-Oh mio Dio.-mormorò guardandola più attentamente.

-Che succede?-si preoccupò Willow.

-Chi è questa?-la rigirò verso di lei mostrandole l’immagine. Ritraeva Willow, Xander, Giles, una Dawn che poteva avere circa quattordici anni, Giles e due ragazze bionde con un ragazzo anche lui biondo. Le ragazze stavano davanti con i ragazzi dietro, sorridevano e si abbracciavano felici e spensierati, i problemi parevano così lontani e la giovinezza così eterna.

-Che foto vecchissima, credevo l’avesse Xander.-la prese in mano guardandola con affetto.-Avevo circa venti anni e andavo al college, che tempi quelli.-

-Willow chi è quella ragazza?-insistette Eric impaziente.

-Dipende da chi parli.-gli si avvicinò e gli mostrò la foto.-Ci siamo io, Dawn, Xander e Giles. Questa è Buffy e un suo ex ragazzo ora sposato, Riley e questa è…-le mancò la voce e la sua espressione divenne tristissima.

-Chi è quest’altra? Ti prego, dimmelo.-il suo tono di voce pareva davvero urgente.

-Allora ti riferisci a lei?-e il ragazzo annuì.-Lei è Tara, la mia prima fidanzata. Fu uccisa nel 2002 con un colpo di pistola.-gli spiegò lanciando un’occhiata anche a Kennedy che aveva una strana espressione. Non era gelosa ma un po’ invidiosa, sapeva quanto Willow avesse amato la giovane strega bionda.

-Allora è tutto vero.-si alzò di scatto e corse verso il mobiletto dove c’erano le chiavi.

-Eric che succede?-gli chiese Kennedy in ansia correndogli dietro insieme a Willow.

-Il mio sogno. C’era la spiaggia, il vento e c’era lei, bella e dolcissima che mi ha detto dove si trova e di cercarla e di prendermi cura di lei.-spiegò confusamente.

-Hai sognato Tara?-la voce di Willow si incrinò per l’emozione e le lacrime le si formarono agli occhi.-Cosa ti ha detto?-

-Era un po’ criptica ma mi ha parlato di Clay e di dove si trova. Le ho chiesto il nome ma mi ha detto che non mi apparteneva così le ho chiesto se fosse Buffy ma mi ha detto di no.-afferrò la giacca.

-Stava bene?-continuò sempre più emozionata.

-Era in splendida forma.-le sorrise comprensivo.

-Cosa ti ha detto di me?-

-Che vi veglia tutti da lassù.-e dopo queste ultime parole uscì di casa sapendo dove si trovasse Clay e anche che adesso sua sorella e la moglie avrebbero avuto una discussione che però, sperava, si risolvesse per il meglio e con un bel chiarimento.

Per strada, Eric cercò di chiamare Angel. Non voleva dargli una falsa speranza ma sapeva quanto gli mancasse la figlia e voleva cercare di rasserenarlo un po’. Gli rispose Spike che lo informò del fatto che Angel non voleva parlare con nessuno di niente, tranne se erano Dawn o Connor.

Si era chiuso in se stesso più di quando era morta Buffy e nessuno riusciva a tirarlo fuori dal suo stato quasi catatonico, tranne quando usciva per la caccia. Eric ci rinunciò senza dire delle sue informazioni a Spike, a questo punto era meglio una sorpresa.

Claddagh si svegliò di soprassalto quando sentì bussare furiosamente alla porta, quella mattina era di riposo e quindi non lavorava, di conseguenza se la stava prendendo comoda a letto. La sera prima aveva cacciato fino a tardi, oltretutto non aveva spesa da fare ne bucato, quindi voleva solo stare in totale relax.

Era sicura che non era Sarah perché doveva vedere una famiglia per un’adozione, a meno che non voleva sapere se aveva qualche preferenza per la torta dato che il giorno dopo era il suo compleanno, ne il padrone di casa perché era regolare con il pagamento dell’affitto, a meno che non era la bisbetica del piano di sotto che ancora una volta si lamentava del fatto che era rientrata tardi la notte, come se fossero affari suoi!!!

-Arrivo subito!-esclamò trascinandosi giù dal letto e andando verso la porta stropicciandosi gli occhi e sbadigliando.

Indossava solo un paio di pantaloncini ed una canottiera, la sera prima si era solo spogliata e messa a letto, era sfinita. Comunque non aspettava nessuno, quindi rimase estremamente stupita e senza parole quando aprì la porta e vide chi c’era dall’altra parte.

-Tu sei una persona terribilmente difficile sia di carattere che da trovare!!-esclamò Eric entrando senza neanche chiederlo.

-Beh quando me ne sono andata da Sunnydale nel biglietto non ho scritto “trovatemi”.-ribatté adesso sveglissima chiudendo la porta.

-Di questo me ne ero accorto, fidati.-portò le mani ai fianchi.-Almeno spero che adesso tu stia bene dopo che ti sei liberata di me e della tua famiglia scappando come una ladra nel cuore della notte.-

-Ah sto benissimo nella totale solitudine, sai?-lo ribeccò sarcastica.-A rimuginare, pensare a cosa è meglio fare, se devo dare a tutti una possibilità, se devo perdonare una madre che non conoscerò mai, a piangere ogni singola notte quando torno dalla caccia. Sto perfettamente!!-urlò quasi in modo isterico.

-Beh di sicuro nessuno ti ha costretto a questa decisione, te la sei cercata. Se non volevi parlare più di Buffy con Angel e Dawn magari ti bastava dirglielo invece di scappare via! Ho appena parlato con Spike e mi ha detto di temere che Angel, stavolta, si suicidi davvero. Vuoi veramente perdere anche tuo padre dopo tua madre?-ricambiò con lo stesso tono.

-Dio perché mi state sempre tutti con il fiato sul collo?!-si esasperò.-Io non posso decidere cosa è meglio per tutti, è per questo che me ne sono andata. Volevo solo stare sola e riorganizzare le idee, prendermi una pausa. Io non sono una codarda, mi pare di averlo dimostrato contro Kramzee, ma mi sentivo terribilmente oppressa.-

-Certo che ti sentivi oppressa, non sei abituata ad essere amata da una famiglia. Io non ti accuso di codardia ma potevi almeno fare una chiamata in questi mesi anche solo per dire che stavi bene, che non eri morta in qualche vicolo!-fece un respiro profondo.-Senti, non voglio litigare, sono stato malissimo in questi mesi. Voglio solo sapere se hai intenzione di tornare a Sunnydale in modo definitivo o se magari vuoi chiudere definitivamente con me e con gli altri, almeno ci mettiamo il cuore in pace.-disse adesso calmo.

-Eric il mondo non ruota intorno a me, l’ho imparato da bambina. È ovvio che voglio tornare a Sunnydale ma prima devo mettere ordine dentro di me e capire come mi sento davvero, oltre ad assorbire una volta e per tutte il dolore di tutta la mia vita.-anche lei si era calmata.-Ma cosa credi che Dawn, Connor, i bambini, Angel, tu e tutti gli altri non mi mancate? Vi penso ogni giorno, domani è pure il mio ventesimo compleanno e vorrei tanto poter abbracciare Madlen.-

-Allora torna con me a Sunnydale adesso!-la prese per le spalle speranzoso.

-Non posso.-scosse la testa.-E non perché non mi sento ancora pronta, ma solo perché ho promesso a Sarah che avrei cenato da lei, vuole farmi una torta. Vieni anche tu e poi deciderò cosa fare.-gli propose.

-Va bene.-assentì.

Poi si sorrisero e a quel punto si abbracciarono forte dichiarandosi quanto si erano mancati a vicenda. Parlarono tutto il giorno, come facevano un tempo, dei mesi trascorsi, di quello che avevano fatto, di come stavano gli altri e di come andavano le cose.

Clay si sentì scivolare di dosso tutta la solitudine di quell’estate, le sere da sola, la caccia senza compagnia, la mancanza di Dawn, dei bambini e di tutti gli altri. Le chiacchierate, i giochi di Madlen, le prime parole di Duncan, gli abbracci affettuosi di Dawn, gli scherzi di Xander, la comprensione di Willow.

Era stata da sola, se l’era pure cercata, ma le era servito per capire quanto adorasse ciò che aveva lasciato a Sunnydale anche se ancora non sapeva se voleva tornare subito o meno. Non smisero di parlare neanche quando pranzarono e continuarono ad oltranza per tutto il pomeriggio

Quella sera scoccò di nuovo la scintilla tra di loro e la chiacchierata si trasformò prima in un bacio, poi in una serie di baci e carezze e alla fine nella prima, in assoluto, notte di passione di Clay. Eric fu gentile con lei amandola come Tara le aveva raccomandato, anche da parte di Buffy, nel suo sogno. Voleva passare tutta la vita con lei ad amarla in quel modo. Quella notte dormirono abbracciati strettamente.

La mattina dopo, Clay si svegliò tastando il cuscino accanto a se e lo scoprì vuoto. Si voltò notando che Eric si stava rivestendo silenziosamente.

-Te ne vai?-gli chiese piano facendolo voltare.

Lui si sedette sul letto e per prima cosa le diede un bacio sulla tempia.

-No, volevo solo andarti a comprare delle brioches per colazione ed un regalo di compleanno.-la informò.

-Sto diventando vecchia.-scherzò.

-Hai ancora molto tempo davanti.-sorrise.-Dormi ancora un po’, io torno tra poco. Buon compleanno.-le diede un altro bacio e poi lasciò l’appartamento, Clay sapeva che sarebbe tornato.

Cercò di dormire ancora qualche minuto ma non ci riuscì, così si alzò. Mise su una coulotte a pantaloncino ed una canottiera bianca, poi andò in bagno. Si sciacquò il viso con dell’acqua fresca, poi chiuse il rubinetto. Afferrò l’asciugamano con gli occhi chiusi e si tamponò, poi rialzò il viso.

All’inizio non capì e strizzò gli occhi come se avesse le traveggole, o ci vedesse doppio. Ma era lì, riflessa sullo specchio. Occhi verdi come i suoi, capelli biondi come i suoi, labbra carnose come le sue, pareva quasi se stessa ma non lo era.

L’asciugamano le cadde dalle mani andando a finire nel lavandino e inzuppandosi nell’acqua che ancora lo riempiva, la tubatura era un po’ intasata e l’acqua ci metteva un po’ prima di scorrere via. Non osava voltarsi per la paura che quel riflesso sparisse e lei si ritrovasse sola con il pensiero di aver solo sognato, forse la solitudine la stava per rendere pazza.

-Ciao Claddagh.-

Al suono di quella voce lei si voltò di scatto, così velocemente come se temesse di vederla svanire via e rimase impietrita dal fatto che fosse lì, dalla somiglianza, dalla sua consistenza.

Non sapeva che fare, non sapeva come reagire. Non sapeva se odiarla o gettarle le braccia al collo dalla gioia, non sapeva cosa dirle. Si sentiva come se fosse stata fatta di pietra. Poi le uscì solo una parola dalle labbra, un debole, basso suono, una parola a lungo desiderata e mai pronunciata. Perché lei era lì di fronte a lei.

-Mamma.-

 

 

 

Parte 29 – Madre e figlia

-Sei più bella di quanto non ti vedessi nei miei sogni.-

Buffy si avvicinò a sua figlia guardandola intensamente. Gli occhi le brillavano di felicità e commozione, aveva atteso venti anni quell’incontro.

Certo, Clay la fissava impietrita e senza parole. Ma d’altronde che parole dovevano uscire di bocca ad una figlia che vedeva per la prima volta in venti anni sua madre? E che pensieri doveva avere? Non ne aveva la più pallida idea.

-Beh e tu di sicuro sei meglio che in foto.-deglutì nervosa.-Sei in ottima forma per essere morta.-

-Lo so, pare che mi mantengo bene.-sorrise avvicinandosi a lei.-Ma non è per questo che sono qui.-

-Lo so.-ribatté gelida e lasciò il bagno tornando in camera per indossare un paio di pantaloni da tuta, Buffy la seguì a ruota.-Immagino già cosa vuoi dirmi. Scusami, tesoro della mamma, per averti abbandonata quando avevi solo tredici ore, ma sai avevo solo diciassette anni, avevo appena ucciso tuo padre, litigato con tua nonna, ero scappata di casa e nessuno sapeva che ero incinta. Ero giovane e confusa, ti ho pensato ogni giorno della mia vita però.-

-Beh si, in termini poveri era più o meno questo che volevo dirti.-assentì a disagio.

-Sono solo scuse!-esclamò.-Io avevo il diritto di esistere nella tua vita. Volevo solo essere amata.-ripeté le stesse parole che aveva pronunciato la sera che aveva scoperto tutto.

-Hai perfettamente ragione…-esordì.

-Diavolo si, ho ragione!-la interruppe.-E tu, qualsiasi cosa dica, hai torto marcio! Non esistono scuse sufficienti per farti perdonare.-

-Posso parlare anch’io?-chiese sarcastica.-Sarò pure morta ed è la prima volta che ci vediamo ma sono pur sempre tua madre e quindi pretendo un po’ di rispetto signorina!-la riprese portando le mani ai fianchi.

-Tu a me signorina non lo dici.-le puntò contro un dito.

-Invece te lo dico, e abbassa quel dito.-la figlia obbedì.-Va bene, ho torto, soddisfatta? Non ho scuse ne attenuanti per averti abbandonata ma se non ti dispiace almeno vorrei provare a difendermi.-

-Ti ascolto.-incrociò le braccia al petto in attesa.

-Si, è vero, avevo solo diciassette anni e tu sei stata la cosa più inaspettata del mondo. Almeno prova a pensare a questo: la mia prima volta dopo che ero quasi stata uccisa, con un vampiro maledetto di duecento e più di anni che in teoria non poteva neanche procreare e che dopo ha tentato per mesi di uccidere me e i miei amici. Come dovevo sentirmi? Felice? Beh, non lo ero affatto perché alla tua nascita cosa avresti trovato? L’inferno, ecco cosa avresti trovato.-

-Non hai mai pensato che magari insieme a te non sarebbe stato poi così infernale? Non è stato peggio vivere separate e morire pronunciando il mio nome? Piangere per anni, pensare, essere invasa dai rimorsi e dai sensi di colpa? Non hai pensato a me?-chiese più triste che arrabbiata.

-Tesoro ho pensato a te ogni giorno della mia vita da quando ho scoperto di essere incinta. Io ti ho portato dentro di me per nove mesi, beh otto in verità, e ho sentito ogni tuo più piccolo movimento. Ogni calcio, ogni tuo giramento è impresso nella mia memoria a fuoco.-le si avvicinò fino a prenderla per le spalle.-Ti ho amato fin dalla prima volta che attraverso l’ecografia ho sentito il battito del tuo cuoricino.-le vide brillare gli occhi di lacrime.

-Si ma poi hai deciso di abbandonarmi lasciandomi solo un nome stranissimo e un anello. Non sono mai stata adottata e ho pure subito umiliazioni e compassione. Tu almeno una madre ce l’avevi, insieme a degli amici meravigliosi.-si scostò da lei.-Io chi avevo a parte me stessa?!-alzò la voce piane di dolore mentre qualche lacrima le scendeva giù per le guance.

Buffy sapeva quanto sua figlia avesse ragione. In fondo, anche se non glielo aveva mai detto, lei aveva comunque avuto sua madre, e Willow e Xander, e anche Angel, e Giles. Per non parlare di Riley, anche se lui era una storia a parte, e poi era stata con Spike e c’era stata la lotta con il Primo e tutto il resto.

-Tesoro io…-cercò di prenderla di nuovo per le spalle ma lei si scostò.

-Non chiamarmi tesoro come se mi avessi cresciuto!-esclamò allontanandosi più che altro per nascondere le lacrime.

-Hai ragione, scusami.-mormorò contrita.-Faith ogni tanto mi parla, sai? Il giorno del suo matrimonio, scherzando, le dissi che non la riconoscevo più, era diventata troppo una brava ragazza. Dopo la lotta con Kramzee, lei è uscita fuori, ha rivolto gli occhi al cielo e mi ha detto che se da qualche parte avevo visto tutto forse era il caso che ti facessi un regalo. Purtroppo non mi hanno concesso prima questa visita, ho insistito per oggi per via del fatto che è il tuo compleanno.-le spiegò.

-Quindi è per questo che sei qui, per farmi gli auguri.-si voltò a guardarla.

-Anche.-annuì.

-La prima volta che ho ucciso un vampiro mi sono sentita spaesata. Non capivo niente e mi pareva tutto terribilmente surreale, mi sentivo debole. Quando ho scoperto tutto ho dato la colpa di questa debolezza a te. Se tu mi avessi tenuto mi avresti insegnato a cacciare e il mio primo vampiro non si sarebbe parso così catastrofico. Tu volevi proteggermi da questo mondo ma invece ne sono invischiata fino al collo. Sono anch’io una cacciatrice.-la fissò dritta negli occhi.

-Beh io non potevo sapere cosa saresti diventata, a quel tempo la teoria e l’eredità della cacciatrice erano una cosa molto primitiva e abbastanza bigotta. Il Consiglio non era come adesso, era austero e con la mente ottusa. A diciotto anni mi hanno privato di ogni forza e rinchiuso in una casa con un vampiro, ne sono uscita illesa per miracolo.-tentò di spiegarle.

-So tutto di come funzionava una volta, perché ho studiato parecchio. Cielo, io volevo solo scappare da Los Angeles, viaggiare, fare esperienze, lasciarmi alle spalle il passato e tutta la solitudine ed invece capito proprio nella città da cui tutto ha avuto inizio! Sono andata a fare la babysitter per i tuoi nipoti e per mesi ho pure dormito nel tuo letto! Non so se pensare che è tutta una questione di ironia o del destino.-rifletté.

-Ma non hai pensato al motivo per cui sei capitata a Sunnydale? Dio, Claddagh, non ci sei capitata per caso! È stato il tuo cuore che ti ha portata lì, sapevi già che lì la tua vita sarebbe cambiata è così è stato. Hai trovato Dawn e Connor, Angel, Willow, tutti gli altri e il tuo destino. Hai trovato i tuoi legami di sangue e adesso non puoi buttare tutto al vento solo perché vuoi odiarmi.-le si avvicinò e le asciugò dolcemente una lacrima con la mano accarezzandole il viso.-Non fare il mio stesso errore. Io ho chiuso fuori il mondo circondandomi di menzogne e maschere condannando me e anche te ad una grossa sofferenza. Tu puoi cambiare ciò che io ho rovinato.-anche i suoi occhi si velarono di lacrime e cominciarono a scenderle giù per le guance.

-Ma senza di te c’è qualcosa che abbia un senso?-pianse.-Credi che adesso tu possa sparire, magari in una luce bianca, e lasciarmi di nuovo qui da sola? A che servirebbe tornare a Sunnydale, dire a Dawn che ti ho visto se poi mi lasci di nuovo sola. Non puoi continuare ad abbandonarmi, non è giusto ed io voglio solo avere una madre.-

-Lo so, è una cosa tremendamente difficile, ed io vorrei solo abbracciarti e non lasciarti più. Ma ormai sono cambiate troppe cose, io sono morta. Ho sofferto per tanti anni con il pensiero costante di te, senza sapere se stavi bene o meno, mi sono ridotta a farmi schifo per non desiderare un po’ di pace.-sospirò.-Il giorno che sei nata volevo scappare via con te ma sapevo che presto o tardi ciò che ero mi avrebbe trovato e che non avrei più potuto sfuggire alle mie responsabilità, non volevo che tu patissi ciò che io avevo patito. Ti ho lasciato perché pensavo che avresti avuto una vita migliore.-

-Ma non è stato così! Il mio primo affidamento risale all’età di quattro anni ed è durato un Natale, ho ancora la bambola conservata! Poi ce ne sono stati molti altri tutti risolti in niente, a dodici anni un mio compagno di scuola mi ha quasi rotto un braccio chiamandomi nessuno e cane. Lo stesso ragazzo mesi addietro mi ha chiamato orfanella e mi ha insultato in modo tale che non sono riuscita ad affrontare quattro vampiri da niente, mi hanno ferito allo stomaco e mi hanno morso, ho dovuto subire un’operazione urgente.-le raccontò.-Qual è il rimedio a tutto questo dolore? Se davvero volevi il mio bene avresti dovuto portarmi con te, dove sta adesso la soluzione a tutte le mie ferite? Io sono solo così stanca di essere sola!-pianse.

-Mi dispiace così tanto.-

Buffy la abbracciò stretta a sé mentre Clay scoppiava in singhiozzi. Anche lei pianse, stringendo forte a sé la figlia e mormorandole parole di conforto, mentre Clay continuava a pronunciare il suo nome. Entrambe avrebbero desiderato che quel momento, quel contatto non si interrompesse ma, ed entrambe sapevano che quel momento non sarebbe durato per sempre. Tutto aveva una fine.

Non si accorsero di nulla. Solo Buffy, ad un certo punto, aprì gli occhi e notò che la stanza era cambiata. Si trovavano in una camera rotonda tutta bianca con il pavimento di marmo e le pareti di pietra bianca. Emanava una luce accecante.

Si discostò dalla figlia di scatto perché era spaesata, lei conosceva quel posto. Clay si guardò in giro confusa e con gli occhi sgranati. Quello non era il suo appartamento, dove diavolo erano finite?

-Dove siamo?-chiese Clay e la sua voce rimbombò in tutta la sala.

-Fuori dal tempo e dallo spazio.-proclamò una voce maschile.

Un uomo vestito di una tunica in stile antico romano e con la pelle di colori marmorei apparve dall’entrata verso un’altra sala seguito da una donna vestita allo stesso modo con le stesse sembianze.

-Chi siete voi?-chiese loro subito all’erta.

-Sono gli Oracoli, i nuovi.-le rispose Buffy tranquilla.-Puoi abbassare la guardia, sono i diretti congiunti delle Forze dell’Essere.-la informò.

-E cosa vogliono?-continuò.

-Dobbiamo ammettere che vi abbiamo spiato.-le rispose la donna.-Non avremmo voluto ma le Forze dell’Essere hanno insistito. Questo era si un regalo di compleanno per Claddagh ma anche una prova per Buffy.-

-Che prova?-si stupì la cacciatrice defunta.

-La prima volta sei stata strappata alla tua dimensione paradisiaca senza avere opportunità di scelta, adesso puoi averla, questa scelta-la informò l’uomo facendola impallidire.

-Che scelta?-Clay si voltò a guardare sua madre.

-Purtroppo per noi, per quanto cerchiamo di essere imparziali abbiamo un buon cuore, soprattutto io.-rise la donna.-Non ho saputo resistere alla visione di una madre ed una figlia che si abbracciano per la prima volta dopo venti anni e quindi ho fatto una richiesta alle Forze dell’Essere. Loro mi hanno risposto che la scelta spetta solo a te, Buffy.-

-Questa è la proposta: tornare sulla terra, alla vita per permetterti di trascorrere il resto del tempo con tua figlia e con chi amavi o rimanere dove ti trovi, godere solo di questo unico incontro e continuare a vegliare su chi ami.-precisò l’uomo lasciandola ammutolita.-Sappiamo che è una scelta difficile, entrambe le proposte hanno pro e contro.-

-Non potete chiedermelo.-scosse lentamente la testa.

-Mamma.-la chiamò Clay facendola voltare.-Ti prego non lasciarmi ancora.-la supplicò di nuovo con le lacrime agli occhi.

-Oh mio Dio.-mormorò Buffy sospirando, era confusa.-Questa è una decisione troppo difficile per me. Ho lottato per anni desiderando la pace e adesso è troppo tempo che sto in pace per desiderare di nuovo la vita.-spiegò agli Oracoli.

-Nonostante tutto il tuo cuore è puro, e sa qual è la scelta migliore.-le disse la donna.

Buffy si voltò verso Clay, dio quanto le somigliava. La guardò con intenso amore, felice di averla potuta stringere almeno per una volta. Le si avvicinò e le prese entrambe le mani.

-Amore ascoltami.-esordì.-Questa è una decisione che devo prendere in totale indipendenza, per la prima volta devo scegliere bene e senza avventatezza, non come quando sei nata. Adesso dirò agli Oracoli di rispedirti a casa tua, io ho tante cose da discutere con loro, ma tu devi tornare oggi stesso a Sunnydale. Va da Dawn e aspetta lì una mia risposta. Qualsiasi cosa io deciderò te lo farò sapere, promesso.-le disse con un sorriso.

-Lo farò.-assentì.-Per favore non mi lasciare sola.-pianse abbracciandola di nuovo.

-Sarò sempre con te.-mormorò ricambiando l’abbraccio.

Claddagh aprì gli occhi e si riscoprì nella sua camera da letto. Da sola, quando fino ad un attimo prima stava abbracciando stretta sua madre.

-Mamma?-la chiamò ma le rispose solo il silenzio.-Ti prego, rimani con me!!-esclamò rimettendosi a singhiozzare.

Si gettò sul letto dove pianse e pianse fino a svuotarsi, con l’assoluta certezza che non l’avrebbe rivista mai più. Se lo sentiva nel cuore.

Che magnifico compleanno, pensò sarcastica. In solitudine come tutti gli altri che aveva trascorso. Anche se ancora nulla era stato deciso.

 

 

 Parte 30 – Finalmente una famiglia

Rieccolo lì. Sulla stessa poltrona, nella stessa identica posizione, con lo sguardo fisso sulla stessa identica fotografia. A volte temeva di consumarla a furia di guardarla.

E rieccolo lì. Con la stessa identica disperazione nel cuore. Si, perché adesso non aveva perso solo lei, ma anche il frutto del loro immenso amore. Otto anni addietro aveva perso Buffy, pochi mesi prima aveva perso anche Claddagh…la loro unica figlia.

Spike gli aveva dato del cretino, in termini volgari, per giorni, per via del fatto che non voleva cercarla. Ma a che sarebbe servito? Se Clay era andata via di casa c’era un motivo, e questo motivo era che voleva stare lontana da lui, da Dawn, da tutti quanti. Cercarla sarebbe solo servito a peggiorare le cose.

E c’era una cosa che non aveva mai detto a Spike. Che Buffy aveva cercato di dirgli, una volta, dell’esistenza di quella figlia. Lui aveva rimandato, e aveva rovinato tutto. Era proprio un emerito idiota, su questo dava ragione al suo compare. Da allora non faceva altro che pensare a quel giorno, anche se lo faceva da diciannove anni a quella parte.

 

23 novembre 1999

Buffy e Doyle lo sostenevano ancora quando entrarono nell’ufficio e Cordelia vedendoli in quelle condizioni si mise a strillare preoccupata si per le condizioni del suo capo e del suo collega ma anche che le macchie di sangue non macchiassero il pavimento, non si potevano permettere una donna delle pulizie e lei non aveva alcuna intenzione di diventarlo.

-Cordy, per favore!-la riprese Doyle affaticato, Angel non era proprio un peso piuma.

-Lascia, ci penso io.-si offrì Buffy e il mezzo demone le lasciò il compito di portare Angel di sotto.

Non appena i due furono spariti giù per le scale, Cordelia cominciò una tiritera su ciò che era successo, che era colpa della cacciatrice e che lei veniva sempre esclusa mentre Doyle cercava di curarsi le ferite e di farla tacere.

Al piano di sotto, Buffy adagiò Angel sul letto dopo averlo aiutato a togliersi via il cappotto. Gli tolse via le scarpe e poi la maglietta, dopo gli curò le ferite. Gli occhi le bruciavano di lacrime che tratteneva a forza mordendosi forte le labbra.

-Ehi, che ti succede?-le chiese allungando una mano per accarezzarle una guancia.

-Niente.-scosse la testa alzandosi per adagiare la bacinella d’acqua sul cassettone.

-Buffy.-la chiamò lui tirandosi a sedere e poggiando la schiena allo schienale del letto.-Tu non hai una faccia da niente, che cosa ti preoccupa?-

Ma lei noi rispose scoppiando in singhiozzi disperati e un po’ isterici. Le spalle erano scosse dalle lacrime e più cercava di trattenerle più venivano fuori con la potenza di una cascata. Preoccupato, lui si alzò e le andò dietro prendendola per le spalle e voltandola verso di sé.

-Amore, non piangere.-le asciugò le lacrime e poi le mise un dito sotto al mento alzandole il viso.

Lei si aggrappò a lui piangendo disperata mentre Angel le accarezzava la schiena mormorandole parole di conforto. Anche se ancora non capiva bene da cosa erano dovute quelle lacrime. La guidò fino al letto e si stese abbracciandola forte e facendola sfogare. Dopo un po’, lei alzò la testa e lo guardò dritto negli occhi.

-Angel, io ti devo dire una cosa.-gli annunciò apparentemente determinata, in realtà si stava torcendo le mani.

-Tesoro, è stata una lunga, bellissima e difficilissima giornata. Siamo entrambi provati e credo sia il caso di riposare un po’.-le propose.

-No, Angel, devo farlo adesso perché poi non ne avrò più il coraggio.-scosse la testa.-Ci ho provato quando Faith ti ha avvelenato ma tu eri troppo delirante per ascoltarmi.-

-Non capisco.-aggrottò la fronte perplesso.

-Io ho fatto una cosa. Una cosa tremenda e te la devo dire perché ormai è passato più di un anno ed è davvero troppo tempo.-

-Buffy stai mormorando parole sconnesse.-la interruppe.

-Angel è una cosa gravissima!-esclamò di nuovo in lacrime.-Io sono un mostro e te lo devo dire anche se l’unica cosa che spero è che tu non mi odi, che cercherai di capire e che insieme potremo rimettere le cose a posto.-

-Io non ti odio, ti amo!-esclamò.-E qualsiasi cosa sia tu non sei un mostro. Adesso riposiamoci, ne parleremo domani e non sarà così grave da non poter trovare una soluzione.-

-Ti prego te la devo dire adesso.-insistette.

-No, Buffy, domani!-disse perentorio.-Prometto che domani affronteremo questo discorso, a costo di tirartelo fuori a forza.-sorrise e lei annuì.

-Va bene, ma ne dobbiamo assolutamente parlare.-

-Promesso.-ripeté.

Quella notte fecero l’amore come se non ci fosse stato un domani, e per Angel era così perché lui aveva preso una decisione importante. Riteneva la confessione di Buffy, qualsiasi essa fosse, solo un comportamento dettato dalla paura di averlo quasi perso quella notte e di doversi assorbire ogni demoniaca responsabilità, non poteva permetterlo.

E così perse l’occasione di non attendere per avere la felicità perfetta per sempre, perché il giorno dopo tornò dagli Oracoli e rinunciò alla sua umanità per il bene del suo unico amore facendo tornare indietro il tempo e annullando i suoi ricordi.

 

20 settembre 2018

-Però non è giusto! Perché lei sta sempre lì accanto al tuo letto, mentre noi stiamo qui buttati alle tue spalle?!-

La voce femminile lo fece balzare di scatto via dalla poltrona e voltare verso il cassettone. Nel silenzio della stanza buia quella voce era parsa un rombo di tuono e la famigliarità era stata uno shock. Aveva la bocca aperta, tipo pesce lesso, e non sapeva che dire.

-Cordelia.-mormorò.

-Che c’è? Sono messa peggio di quel che pensavo? Oh cielo, non dirmi che ho le pustole, gli occhi che sanguinano e che somiglio a qualche mostro dei film horror!-esclamò preoccupata toccandosi il viso e il corpo.

-No…è solo che….potresti scendere dal mio cassettone?-si schiarì la voce.

In effetti Cordelia era comodamente seduta a gambe accavallate sul suo cassettone e teneva in mano una vecchia foto che la ritraeva al centro con Angel e Wesley ai due lati.

-Ah, si scusa.-scese giù.-Comunque, mi spieghi perché stai sempre rivolto a guardare la foto di Buffy mentre hai rilegato me e Wes qui in fondo, al buio?-gli agitò la cornice davanti.

-Io non vi ho rilegato.-gliela strappò di mano e la rimise al suo posto.-Che ci fai qui? A parte contestare il mio modo di sistemare le foto?-

-Pare che ti servisse un sostegno morale.-alzò le spalle.-Volevano mandarti Doyle ma lo conosciamo, ti avrebbe chiamato uomo, dato una pacca sulla spalla e consigliato di farti una bevuta. Poi volevano mandarti Wesley ma avrebbe balbettato come un inglese cretino, si sarebbe pulito gli occhiali, ti avrebbe chiesto di Fred e non ti sarebbe stato di alcun aiuto, così hanno optato per me, in alternativa anche ad un’altra persona.-

-Buffy?-chiese ma era più un’affermazione.

-Vostra figlia è stata magistrale nella lotta contro Kramzee e oggi è pure il suo compleanno, hanno detto che si meritava un regalo speciale.-confermò.

-Sono contento per lei.-sorrise.

-Credono che tu voglia suicidarti.-cambiò argomento.

-E anche se fosse? Non avrei anch’io il diritto ad un po’ di pace?-si voltò a guardarla.

-Pace un corno!-esclamò infervorata.-Tu sei un eroe e va bene la pace ma non puoi smettere di lottare così. Claddagh è scappata di casa perché aveva i suoi motivi ma tu non ti puoi arrendere come se il mondo fosse finito all’inferno, cosa che per fortuna non è successa.-

-Io ho fallito per la seconda volta come padre.-precisò.

-Oh ma smettila di piangerti addosso, sei patetico! Avrei più motivi io per farlo. Guarda me! Avevo per caso il diritto di morire a ventitre anni nel fiore della gioventù e bellezza con ancora tutta la vita davanti e un sacco di sogni da realizzare? No ma è successo mentre tu hai la possibilità di cambiare ancora le cose. Non è sempre tutto perduto.-

-Perché, immancabilmente, ogni discussione finisce per vertere su di te?-le chiese portando le mani ai fianchi.

-Che ci vuoi fare, sono il fulcro dell’universo.-portò indietro i capelli con un gesto della mano.

-Cordy.-la riprese.

-Scherzavo.-sbuffò.-Devi tornare a Sunnydale.-disse di punto in bianco.

-Perché?-si stupì.

-Perché te lo dico io, non basta? Dio, come sei puntiglioso!-esclamò.-È una direttiva superiore, in effetti mi avevano mandato da te per un po’ di consolazione ma all’ultimo momento mi hanno detto che dovevo chiederti di tornare a Sunnydale, non so perché.-

-Buffy ha davvero fatto visita a Claddagh?-chiese.

-Ti sembro una che dice bugie?-chiese piccata.

-Perché devo tornare a Sunnydale?-chiese di nuovo.

-Angel devi riprenderti. Non è tutto perduto, e tu non hai perso tua figlia. Clay si è sentita oppressa e se ne è andata, tale madre tale figlia.-roteò gli occhi al cielo.-Ma questo non vuol dire che ti odi o qualcosa del genere, tu ti fai troppe storie, dovevi fare il romanziere.-

-È tutto così tremendamente difficile.-sospirò.

-Angel hai quasi trecento anni e ancora non hai imparato che non c’è niente di facile nella vita?-sorrise.-Tua figlia è stata per quasi venti anni sola, poi un giorno arriva in una città nuova, comincia a lavorare come baby sitter e tutto ad un tratto il suo mondo cambia radicalmente. Scopre che è una cacciatrice di vampiri, che si scatenerà l’apocalisse ed una sera aprendo un baule scopre chi è sua madre. Io mi sarei gettata già da un ponte.-

-Dici che tornerà mai da me?-chiese serio e lei sorrise con un’espressione indecifrabile.

-Chissà, a volte i miracoli esistono.-gli si avvicinò e lo abbraccio forte.-Mi mancate tutti terribilmente, persino Connor.-

-Ci manchi tanto anche tu.-ricambiò l’abbraccio poi la prese per le spalle.

-Adesso devo andare, il mio tempo è scaduto.-sorrise.-Parti adesso.-

-Cordelia, il sole è ancora alto.-le fece notare.

-Fidati di me, una volta tanto.-e detto questo sparì in una calda luce bianca lasciandolo da solo e perplesso a chiedersi cosa intendeva.

Curioso si avvicinò alla finestra e per fare una prova aprì le tende. Erano più o meno le dieci del mattino.

Eric e Clay avevano fatto il tragitto da Los Angeles fino a Sunnydale in totale silenzio. Eric aveva trovato Clay ancora in lacrime quando era tornato a casa sua. Lei non era stata molto chiara con le spiegazioni ma era comunque riuscito a capire che doveva tornare da Dawn.

Avevano chiamato Sarah disdicendo la cena per quella sera e promettendole che si sarebbero fatti sentire presto. Poi si erano messi in viaggio e per la successiva ora circa nessuno dei due aveva parlato. Clay aveva continuato a fissare fuori dal finestrino con le lacrime agli occhi ed Eric si era concentrato sulla guida.

Quando si fermarono di fronte casa di Dawn, lui si fermò a chiederle se si sentisse pronta. Clay si asciugò gli occhi annuendo ed entrambi scesero. Bussarono alla porta con il cuore in gola.

Dawn quel giorno era a casa per via del fatto che Duncan aveva un po’ di febbre. L’aveva appena messo a letto quando sentì bussare alla porta. Pensando che fosse magari Willow o Xander scese giù ed aprì senza pensare. Un attimo dopo sgranò la bocca e scoppiando in lacrime abbracciò sua nipote.

-Sei tornata.-mormorò in singhiozzi.

-Mi dispiace tanto.-ricambiò Clay abbracciandola stretta.

Dawn li fece entrare non lasciando la mano di Clay e li fece accomodare sul divano, poi afferrò il cordless e per prima cosa chiamò Connor, poi chiamò tutti gli altri dicendo di correre in fretta da lei. Pochi minuti dopo la sua casa era gremita e tutti abbracciavano Clay contenti che fosse tornata. Dawn progettava di fare una torta e di cenare tutti quella sera a casa sua, in fondo era il compleanno di Clay. Persino Connor era entusiasta dell’idea e non lasciava la sorella un attimo.

-Come hai fatto a trovarla?-chiese Xander ad Eric.

-Ho fatto un sogno.-rispose.

-Senti, non è che potresti sognare che vinco un milione di dollari e che mi mettono un altro occhio?-gli chiese facendolo ridere.

-Va tutto bene?-Dawn si rivolse a Clay perché fin da quando era arrivata aveva notato che era strana, ma lei non rispose.-Lo so che vorresti, forse, che Buffy fosse qui a farti gli auguri.-

-Vorrei provare a contattarla, anche se mi servirà un bel po’ di magia.-si intromise Willow.

Dopo che Eric era andato via aveva parlato un po’ con Kennedy. Le due avevano pure litigato ma poi si erano chiarite e adesso i loro dissapori parevano essersi dissolti.

Clay fece per rispondere ma il suono del telefono interruppe il festeggiamento. La padrona di casa afferrò il cordless e rispose.

-Parla la signora Dawn O’Donovan?-chiese una voce femminile dall’altra parte.

-Si, sono io. Chi parla?-si stupì.

-Signora O’Donovan chiamo dal Sunnydale General Hospital, ho una notizia da darle.-esordì grave.

-È successo qualcosa?-si preoccupò.

-Si tratta di sua sorella.-continuò.

-Cosa? Ma mia sorella è…-si interruppe.

-Signora, sua sorella Buffy si è risvegliata poco fa dal coma.-le annunciò e Dawn cadde di peso a sedere sul divano ammutolita.-Signora O’Donovan? C’è ancora?-si preoccupò.

-Si, sono qui.-mormorò.

-Il medico ha già fatto i primi accertamenti ma vorrebbe che lei corresse qui.-precisò.

-Arrivo subito.-e chiuse.

-Che succede?-si preoccupò.

-Era l’ospedale. Dicono che Buffy si è risvegliata dal coma, vogliono che vada lì subito.-annunciò.

-Ha scelto.-mormorò Clay e tutti si voltarono a guardarla.

Ma non c’era tempo per parlare e tutti corsero all’ospedale. All’accettazione indicarono a che piano andare e di chi chiedere, si diressero nella direzione loro indicata. Un medico li accolse davanti ad una camera chiusa.

-Sono contento che siate venuti così in fretta.-esordì il medico.

-Dottore cos’è questa storia di mia sorella?-chiese Dawn in ansia.

-Signora O’Donovan è letteralmente un miracolo ma sua sorella si è risvegliata dal coma.-annunciò.

-Ma non è possibile!-esclamò Willow stupefatta.

-Sono casi rari, spesso dopo già i primi mesi le persone in coma vengono date per spacciate e se si risvegliano molti di loro rimangono tetraplegici, paraplegici, a volte neanche parlano o hanno facoltà cognitive. Ma ci sono persone che si risvegliano dal coma anche dopo venti anni, nel caso di Buffy quando è arrivata qui, la mattina di agosto otto anni fa, era messa male. Aveva una profonda ferita allo stomaco, contusioni e un trauma cranico, dopo l’operazione è caduta in coma e da allora non ha più dato segni anche se il cuore e il cervello hanno continuato a funzionare. Stamattina è avvenuto il miracolo, durante il giro un’infermiera ha notato dei segni vitali e dopo alcuni movimenti della mano che parevano dettati da uno spasmo muscolare, Buffy ha aperto gli occhi e ha parlato. Ripeto, è un vero miracolo.-spiegò.

-Buffy è viva.-mormorò Dawn rimettendosi di nuovo a piangere.

-Buffy è tornata alla vita.-la corresse il dottore con un sorriso.-E dopo i primi accertamenti pare che si riprenderà bene, anche se avrà bisogno di un sacco di tempo e di lavoro.-

-Possiamo vederla?-chiese Xander torcendosi le mani.

-Tutti insieme siete troppi, rischiate di stancarla e non le serve affaticarsi.-obiettò.

-Dawn, vai prima tu.-la incitò Faith.

-Posso?-chiese al medico emozionata.

-Da questa parte.-aprì la porta e la invitò dentro poi richiuse la porta alle loro spalle.

Dawn vide infermieri e dottori affaccendarsi intorno ad un letto. C’erano dei monitor che emanavano il solito bip e una sacca di flebo stava venendo cambiata. Stesa c’era una donna con lunghi capelli biondi, aveva il volto girato dall’altra parte. Appena sentì i passi si voltò.

Lei era pallida, affaticata e con il tubo del respiratore sotto al naso. Ma era sempre lei e il suo volto si illuminò di un pallido sorriso alla sua vista.

-Dawn.-mormorò.

-Buffy.-pianse avvicinandosi velocemente e inginocchiandosi prendendo la mano della sorella.

-Sei fin troppo cresciuta, lo sai?-chiese con un sorriso.

-E tu mi sei così mancata. Ma cosa è successo?-mormorò portando la mano che teneva al volto.

Buffy non poté rispondere finché c’erano i medici così attesero che andassero via e potessero rimanere da sole.

-Loro mi hanno concesso una visita a Claddagh per il suo compleanno, ma è stato più intenso di quello che mi aspettassi e così mi hanno convocato al cospetto degli Oracoli. Loro mi hanno posto una scelta: continuare ad essere morta o tornare per stare con mia figlia. È stata una scelta ardua perché stavo davvero bene ma l’ho già abbandonata una volta, due erano troppe. Sono stata molto combattuta, perché stavo davvero bene lì, ma il mio primo pensiero è stato lei. La amo così tanto.-spiegò piano.

-Io ho sbagliato con lei.-abbassò la testa.-Dovevo leggere i tuoi diari e invece ho delegato il compito a lei, è stato il modo peggiore di scoprire chi eri davvero tu.-

-No, Dawn, io ho sbagliato con lei. Ho sbagliato il giorno che è nata e al posto di portarla con me l’ho lasciata in clinica.-la consolò.

-Non vedo l’ora di farti conoscere i tuoi nipotini.-le disse.

-Immagino già come siano belli.-sorrise emozionata al pensiero.

-Fuori ci sono tutti, non vedono l’ora di vederti.-sorrise anche lei.

-Adesso sarebbe un po’ troppo per me.-sospirò.-Voglio vedere Clay.-

-Te la faccio entrare subito. Ti voglio bene, Buffy.-si alzò.

-Anch’io ti voglio bene, Dawn.-e la sorella uscì fuori dalla camera.

Appena fuori scoppiò di nuovo in lacrime e Connor la strinse forte a sé mentre tutti, attorno a lei, attendevano impazienti qualche notizia. Da quelle lacrime temevano che ci fosse stato un errore ma Dawn ruppe subito quel loro dubbio.

-È proprio lei.-mormorò.-Ed è viva.-

-Ma come è possibile?-si stupì Xander.

-Adesso ve lo spiego.-si voltò verso Clay.-Vuole vedere te.-le disse.

La ragazza annuì ed entrò in camera, mentre Dawn si voltava verso i suoi amici e diceva loro tutto quello che Buffy le aveva appena detto. Quello era un autentico miracolo.

Clay entrò in camera apparentemente tranquilla, dentro aveva tutti gli organi in subbuglio e il cuore che pareva doverle scoppiare nel petto. Si avvicinò lentamente al letto, il rumore dei macchinari pareva amplificato alle sue orecchie, e prese una sedia sedendosi accanto.

Appena la sentì, Buffy aprì gli occhi e si voltò verso di lei abbozzandole un pallido sorriso. Pareva realmente sfinita.

-Ehi, ciao.-sorrise.

-Stavi meglio l’ultima volta che ti ho visto.-esordì Clay sorridendo a sua volta.

-Hai il sarcasmo dei Summers, siamo messi bene.-ricambiò.

-Hai scelto.-cambiò argomento.

-Non è stata una scelta facile. Da qui all’eternità ti pregherei di vantarti di essermi riuscita a riportare in vita perché non sarei tornata per niente al mondo. Ma con te ho sbagliato fin troppo ed è giunto il momento che tu ed io recuperiamo il tempo perduto, voglio essere tua madre.-le spiegò.

-Ed io voglio avere una madre. Perché il coma?-chiese curiosa.

-Beh qualcosa dovevamo inventarci e non sarebbe stato credibile se fossi tornata all’improvviso, è passato troppo tempo. Così hanno stravolto il corso degli eventi e per tutti io, il giorno che sono morta, in realtà sono arrivata in ospedale dove dopo un’operazione sono caduta in coma e ci sono rimasta per otto anni. È molto più reale.-disse.

-Qual è la prima cosa che faremo insieme?-le chiese.

-Compreremo del gelato al cioccolato e sedute su un dondolo lo mangeremo dal barattolo parlando di tutto ciò che ci riguarda, dobbiamo conoscerci bene.-sorrise.

-Non vedo l’ora.-ricambiò poggiando la testa sul ventre della madre come ad abbracciarla mentre Buffy le accarezzava lentamente i lunghi capelli biondi.

All’inizio, Buffy dovette vedere i suoi amici uno alla volta, e fu una profusione di baci, abbracci, lacrime ed emozioni. Willow e Xander volle rigorosamente vederli insieme e fu, forse, uno dei momenti più toccanti che i tre trascorsero insieme. Si abbracciarono, piansero, si emozionarono e dichiararono che, in fondo, erano ancora i tre moschettieri.

Nei successivi giorni, Buffy fu trasferita di reparto e cominciò la riabilitazione. Il medico dichiarò che in quegli anni, nonostante il coma, il cervello aveva continuato a lavorare perfettamente e di conseguenza non erano stati riportarti danni irreversibili. Certo, Buffy doveva praticare fisioterapia ed esercizi di ogni genere ma rispondeva bene a tutte le cure.

In capo a due settimane, Dawn chiese l’autorizzazione di riportarla a casa e il medico acconsentì anche se raccomandò attenzione a tutto e che continuasse le cure mediche e fisioterapiche. Così, la cacciatrice tornò nella sua camera che per il momento doveva dividere con sua figlia ma la cosa non le dispiaceva affatto perché le due stavano sempre attaccate e quando Buffy tornò a casa, quella notte, le due dormirono abbracciate. Fu una delle scene più toccanti che Dawn e Connor ebbero mai visto, ma la felicità era troppa per qualsiasi cosa.

Buffy non avrebbe mai pensato di dirlo, ma adesso adorava questa nuova vita. Era tutto diverso dalla prima volta. Adorò a prima vista i suoi nipotini, Willow e Xander si dimostrarono i cari amici che aveva lasciato, Andrew non cambiava mai e persino Faith si premurò per rendersi utile alla cacciatrice, le due legarono più di quanto lo erano un tempo.

Poi, Clay sollevò su un’obiezione. Quel pomeriggio Buffy stava giocando in giardino con Madlen e Duncan insieme a lei e Dawn quando le parlò.

-Non sarebbe il caso, adesso, di avvisare Angel?-chiese a bruciapelo.

-Volevo chiederlo anch’io, Buffy.-confessò Dawn.

-In effetti ci stavo pensando e so che più passa il tempo peggio è ma non ho ancora pensato ad un modo carino di dirglielo senza che gli prenda un accidente.-confessò con Duncan in braccio.

-Chiamiamolo.-propose Clay.-Non sa nemmeno che sono tornata, quindi potrei proporgli di venire qui e poi troveremo un modo.-

-Secondo me è una buona idea.-concordò Dawn e anche Buffy fu dello stesso parere.

Così Clay entrò in casa e si diresse al telefono. Le tremavano le mani quando compose il numero privato di Angel e lo sentì suonare. L’attesa le parve interminabile e le stava per venire una crisi isterica, poi la cornetta fu alzata.

-Pronto?-rispose la voce calda di Angel.

-Ciao…papà.-mormorò. Era la prima volta che lo chiamava in quel modo e le fece un certo effetto.

-Claddagh.-mormorò stupito ed emozionato.

-Sono io.-confermò.-Io…sono tornata a Sunnydale. Mi farebbe piacere se vieni qui perché ho delle cose importanti e urgenti di cui parlarti.-

-Arrivo in serata, anch’io ho delle cose da dirti.-assentì.

-Allora a dopo.-sorrise.-Ti aspetto.-

-Non vedo l’ora di rivederti.-le confessò e chiuse.

L’attesa di quel pomeriggio fu atroce, sia Buffy che Clay si sentivano come se stessero andando ad un primo appuntamento. Dawn rise da morire a vedere madre e figlia che agitate si provavano vestiti su vestiti, provavano trucchi e cercavano di calmarsi facendosi coraggio a vicenda. Dichiarò che erano proprio uguali.

Angel arrivò poco prima dell’ora di cena insieme a Spike che era rigorosamente voluto venire, disse perché voleva rivedere i bambini. Anche lui era parecchio agitato e appena vide Clay le corse incontro abbracciandola stretta e dicendole che gli era parecchio mancata.

-Mi dispiace tanto per essere scappata.-mormorò contrita abbassando lo sguardo.

-Non devi dispiacerti, in fondo capisco le tue motivazioni.-le sorrise.

-Senti io…-ma si interruppe toccandogli una mano.

Stupita la prese con entrambe le mani indecisa se fosse diventata matta o quella mano era davvero calda come sembrava. La tenne tra le sue per diversi secondi senza riuscire a proferire parola.

-Che succede?-si preoccupò Connor.

-Tu sei caldo.-disse Clay.

-Beh, si in effetti c’è una cosa che devo dirvi.-Angel guardò anche il figlio maggiore.-Qualche settimana addietro mi ha fatto visita una vecchia amica, Cordelia veramente. Prima di scomparire mi ha detto di venire qui ma ovviamente io non l’ho ascoltata, anche perché era giorno. Alcune sue frasi mi sono sembrate strane così ho aperto le tende e…non mi sono bruciato.-spiegò.

-La redenzione.-disse Connor.

-Esatto. Ci avevo rinunciato spontaneamente ma a quanto pare era proprio destino che tornassi umano.-sorrise.

-Ma è bellissimo!-e contenta, Clay lo abbracciò forte.

Anche Connor e Dawn si congratularono con Angel, erano felicissimi per lui.

-Adesso tocca a te.-disse l’ex vampiro alla figlia.

-Anche a noi è successa una cosa più o meno simile.-esordì.-Vi dobbiamo far vedere una persona ma prometteteci che nessuno dei due sverrà, per favore.-si rivolse anche a Spike.

-Qualsiasi cosa sia ricordati che non sono così femminuccia.-ribatté il biondo vampiro.

-Allora di cosa si tratta?-chiese Angel.

Clay indicò con il mento l’entrata della porta ed entrambi si voltarono in quella direzione. Subito dopo sgranarono gli occhi stupiti.

-Okay se questo è uno scherzo è di pessimo gusto!-esclamò Spike.-Ah, ho capito. In realtà quella specie di cacciatrice ha avuto due gemelle e adesso avete trovato anche l’altra. Che bugiarda di ragazza!-scosse la testa.

-Mi sei mancato anche tu, Spike, è un piacere rivederti.-Buffy avanzò nella sala.

-Ma come…come è possibile?-balbettò Angel sconvolto.

Clay e Buffy spiegarono di nuovo tutta la storia, dal giorno del compleanno, alla proposta degli Oracoli al coma. Era una storia che aveva un po’ dell’assurdo ma ciò che contava era che adesso Buffy era di nuovo lì con loro, e che Clay aveva la sua tanto voluta madre.

Poi ci fu la classica profusione di abbracci ed emozione, anche se Spike cercò di fare il forte dando prima solo una pacca sulla spalla alla cacciatrice, poi mormorò a mezza voce che gli era mancata e alla fine fu Buffy ad abbracciarlo perché aveva capito che anche lui si era emozionato.

Quella sera cenarono tutti insieme e fu una cena davvero bellissima, la più felice di tutti era Clay che finalmente poteva stare con entrambi i genitori, era la cosa che più aveva desiderato al mondo. Andarono a letto molto tardi ma felici.

Quella notte, Buffy si svegliò. Si alzò senza far rumore per non svegliare Clay e scese in cucina a prendere un bicchiere d’acqua. Era il principio di ottobre ma faceva ancora molto caldo, così con il mano il bicchiere uscì fuori per andarsi a sedere sul dondolo in veranda. Con suo sommo stupore notò che era già occupato.

-Non riesci ad abituarti a dormire la notte?-chiese con un sorriso all’occupatore.

Angel si voltò verso di lei e sorrise alla domanda. Certo che si era abituato, da quando era successo ogni notte dormiva come un sasso per almeno nove ore filate.

-Non è questo.-rispose.-Mi sento un po’ disorientato. E tu? Come mai sveglia?-le chiese.

-Ogni tanto ho ancora degli incubi.-rivelò andandogli a sedere accanto.

-Non è stato facile, eh?-sorrise.

-Assolutamente no, questa volta non ci avrei rinunciato per niente al mondo.-sospirò.-Ma Claddagh non è niente, è mia figlia e quando l’ho abbracciata ho solo desiderato di poterlo rifare ancora e ancora per il resto dei miei giorni.-sorrise.-Vederla dormire, in queste notti, è stata una delle cose più belle a cui abbia mai assistito.-

-Mi sono chiesto per mesi perché l’hai fatto.-mormorò.

-Posso cercare di giustificarmi ma la verità è che non lo so. In quel momento mi sembrava la cosa più giusta da fare, volevo evitare a mia figlia l’inferno e invece ci è finita dentro.-disse.

-A quel tempo non potevi sapere come si sarebbe evoluto il ruolo della cacciatrice.-

-Beh se ne avessi avuto una pallida idea avrei risparmiati a molti un sacco di dolore.-sospirò di nuovo.-La sera che Faith ti ha avvelenato ho cercato di dirtelo ma eri troppo delirante per capire una sola parola di quello che ti dicevo.-

-Ho scambiato sia Willow che Oz per te.-le disse facendola ridere.

-Ne abbiamo passate eh?-gli chiese.

-Già.-assentì.-Sai qual è la cosa più strana? Che in un modo o nell’altro siamo sempre stati una famiglia e lo saremo per sempre.-

-Hai proprio ragione.-

Si guardarono e in quel momento il tempo parve fermarsi, come se nulla fosse cambiato negli ultimi ventuno anni. Ma molte cose erano cambiate, erano cresciuti, avevano avuto una figlia, si erano messi insieme, lasciati, ripresi e lasciati di nuovo, avevano avuto altre relazioni, erano morti e tornati alla vita. Solo quel tuffo al cuore era rimasto lo stesso, immutato dal tempo.

Ma d’altronde, raramente cambia un sentimento quando questo è forte e puro e ha superato miliardi di ostacoli, ed entrambi stavano condividendo questo pensiero. Lentamente, Buffy poggiò la testa sulla sua spalla e lui le prese una mano intrecciando le dite con le sue, fu così che videro sorgere il sole.

-Mi vuoi sposare, Buffy?-le chiese in un sussurro.

-Sempre.-

Una nuova alba di speranza e felicità che adesso avrebbero condiviso davvero per sempre.

 

25 dicembre 2018

Buffy, adesso lo ammetteva, non aveva mai avuto grossa simpatia per ciò che era scontato. Per questo aveva scelto come data del matrimonio il giorno di Natale e aveva deciso che la marcia nuziale classica era ormai divenuta obsoleta.

Cadde subito il silenzio quando le prime note della Pachabel’s Cannon di Mozart cominciarono a suonare nella piccola chiesetta che lei ed Angel avevano scelto, e la sposa si profilò all’orizzonte al braccio dell’uomo che aveva sempre amato più di un padre: Giles. Madlen era entrata per prima per spargere i petali di fiori ed era bellissima nel vestito a palloncino color avorio di seta e tulle. Poi erano entrate le damigelle, Faith, Willow, Dawn e Claddagh. I testimoni di Angel erano Connor e Gunn.

La sposa indossava un abito in stile sirena con le spalle abbassate bordate di pelliccia e le maniche lunghe. Il corpetto era sagomato e con una lavorazione di perline che scendeva in giù fino a diramarsi sulle ginocchia. Aveva i capelli raccolti in un’elaborata acconciatura fermata da un velo che arrivava fino in vita.

Prima di consegnarla al futuro sposo, Giles le diede un bacio in fronte dichiarandole che le voleva bene e che le augurava tutto il bene.

La cerimonia fu semplice ed emozionante, il momento più commovente furono i voti e quando il prete li dichiarò marito e moglie.

Il rinfresco fu allegro e gli sposi si spostavano da un tavolo all’altro per parlare con i loro cari, non erano in tanti, solo le rispettive gang più Spike che, tassativamente, aveva voluto evitare la chiesa e Sarah Bass con il marito, una specifica richiesta di Buffy.

Voleva ringraziare di persona chi si era preso cura di sua figlia quando lei non aveva potuto. Fu proprio al tavolo dell’assistente sociale che trovò Claddagh.

-Buffy, le mie congratulazioni.-sorrise Sarah stringendole la mano.

-La ringrazio, soprattutto per essere stata vicino alla mia bambina durante tutta la sua vita.-ricambiò.

-È stato un piacere, e poi Clay è una ragazza straordinaria.-entrambe sorrisero alla diretta interessata.

-Questa è una chiara caratteristica Summers.-si vantò Buffy facendole ridere. Di recente, alla ragazza avevano pure cambiato il cognome e adesso era orgogliosa di chiamarsi Claddagh Mary Summers O’Donovan, anche se diceva che era parecchio lungo.

Poco dopo arrivò Angel a prendere la moglie per aprire le danze. Di rito, dopo, Buffy ballò con Giles e i testimoni dello sposo, oltre che con Xander e pure Spike e anche con Gary che trovava un ragazzino fantastico, aveva preso l’esuberanza di Faith, mentre Angel ballava con Claddagh e poi anche con Dawn e pure Madlen.

Il fotografo, su richiesta degli sposi, fece un sacco di fotografie perché tutti volevano avere tanti ricordi di quella giornata splendida. L’inizio di un nuovo e meraviglioso futuro.

La prima fu Claddagh che il giorno dopo, nella sua nuova camera nella nuova casa di Buffy ed Angel, prese una foto di loro tre e dopo averla messa in cornice la adagiò sul comodino dove avrebbe potuto guardarla tutte le mattina appena sveglia e la sera prima di dormire. Aveva deciso che l’anno dopo si sarebbe finalmente iscritta al college e avrebbe studiato psicologia, voleva diventare o insegnante di asilo nido, consulente in qualche liceo o assistente sociale, non aveva ancora deciso bene.

Ma al momento la cosa che davvero le importava era che finalmente aveva una famiglia, adesso era realmente felice e sapeva, che qualsiasi cosa sarebbe successa, niente e nessuno le avrebbe mai tolto quella felicità. Adesso non era più sola ma nessuno lo era più, si erano riuniti per restarlo per sempre.

 

FINE.