801 RESTART THE WORLD

Di Bastet

 

 

"Degli uomini vissuti millenni fa hanno deciso che solo una ragazza per generazione poteva essere una cacciatrice. Questo perché loro avevano deciso così. Adesso cambieremo tutto: qualunque ragazza vorrà potrà essere la cacciatrice. Il potere delle cacciatrici sarà condiviso tra tutte. Non ci sarà più solo una prescelta". Buffy

"Vi ricordo che c'è un'altra Bocca dell'Inferno sotto Cleveland, nell'Ohio…" Gilles

Sunnydale non esisteva più. Non c'era più una sola cacciatrice per ogni generazione.

C'erano ormai tante potenziali bocche dell'inferno e tante cacciatrici.

Non era una fine, ma un principio di qualcosa di nuovo.

Londra.

Rupert Gilles si sedette accanto all'uomo più anziano sulla sedia a rotelle, nell'ospedale di Bethnal Green. Quentin Travers era sopravvissuto allo scoppio della sede degli Osservatori, con un paio di altri colleghi.

"Rupert…. Abbiamo bisogno di nuovo del tuo aiuto. Tu e gli altri avete chiuso una Bocca dell'Inferno, ma mille altre si stanno aprendo. E mille Cacciatrici nuove stanno venendo fuori. L'idea di dividere il potere tra chiunque lo voglia è un rischio. Lo dovevate sapere. Senza contare che quell'incantesimo di Willow può aver portato anche degli effetti retroattivi nel passato. Non sappiamo cosa può succedere. E poi penso che saprai cos'è successo a Los Angeles al vostro amico vampiro…"

"Quentin, per fermare la bocca dell'inferno a Sunnydale era quello che dovevamo fare tutti. Non sono pentito di cosa ho fatto. E la scelta di dividere il potere della Cacciatrice.. ma come potete giudicarla? Il fatto che fosse sempre stato così, con un'unica prescelta, non voleva dire che fosse la cosa giusta. Detto questo, non ci tireremo indietro. E visto che il vecchio Consiglio degli Osservatori non esiste più come era prima, credo che ci saranno diversi cambiamenti da apportare".

"Parallelamente alle nuove Cacciatrici stanno emergendo anche nuovi Osservatori. Ma vorrei che rifletteste tutti sulle conseguenze di aver dato vita a questa reazione a catena…"

"Stai tranquillo, ci siamo già organizzati."

"E cosa mi dici riguardo a Buffy vista a Roma con l'Immortale?"

"Non so di cosa stai parlando…. Buffy dopo Sunnydale è sempre stata con me, siamo stati prima a New York, poi a Parigi e poi qui a Londra, dove risiediamo ormai da quasi un mese."

"E' stata vista a Roma con un demone chiamato Immortale. Lei o qualcuna che le somigliava molto. Ho una sua foto, qui da me. E' per questo che ti ho chiamato, anche. Sicuro di non saperne niente?"

Gilles guardò la foto che le aveva porto Quentin Travers. La ragazza era identica a Buffy, sullo sfondo di Piazza del Popolo. Solo truccata con più cura e vestita con uno degli ultimi modelli di Giorgio Armani.

"Indagheremo", rispose Gilles, alzandosi e allontanandosi.

Quentin Travers attese che si allontanasse e poi tirò fuori il cellulare.

"Tenete d'occhio le mosse di Gilles e degli altri, usando ogni mezzo".

"Willow, ti piace come ho sistemato i tuoi libri?", chiese Dawn, in cima ad una scala, vicino ad una deliziosa libreria comprata qualche giorno prima a Portobello Road.

"Ottimo! Grazie mille Dawn", le rispose Willow, intenta ad attaccare quadri in giro per casa. Kennedy portò nella stanza un altro scatolone di cartone, mentre Buffy tirò fuori da un altro scatolone alcuni oggetti e cominciò a disporli sui mobili.

Le quattro ragazze si erano unite a Gilles, trasferendosi a Londra, a due passi dalla casa di Gilles, nella zona di Notting Hill, a due passi dal mercato di Portobello Road. Erano già abituate alla convivenza, e il ruolo centrale di Buffy nel nuovo Consiglio degli Osservatori la poneva vicino a Gilles.

Buffy credeva che Dawn sarebbe stata contraria all'idea di trasferirsi a Londra. Ma sua sorella l'aveva stupita: aveva adorato quella città della vecchia Europa, così diversa dalla California, prima ancora di trasferirsi, e nel nuovo liceo, che si trovava nel quartiere letterario di Bloomsbury, aveva avuto un rendimento di prim'ordine sin dal suo arrivo.

Ormai la casa cominciava ad avere una parvenza normale: l'indomani sera avrebbero avuto Gilles ed Olivia a cena, e per allora ci tenevano a fare buona figura.

"Quasi quasi ragazze mi do una lavata alle mani e comincio ad andare a fare un po' di spesa per domani sera", disse Willow.

Ricordava il volto di Willow, prima felice e poi disperato. Ricordava uno scoppio dietro di sé e di aver visto come ultima cosa qualcosa di rosso su Willow. Poi più niente. Ora si stava riprendendo. C'era qualcosa di morbido e chiaro, contro cui lei si strusciava e da cui prendeva qualcosa da mangiare. Strano…. Si girò intorno. Il mondo intorno era enorme. Un enorme paio d'occhi la squadravano: una gatta bianca, che si mise a leccarla. Cercò di protestare. E sentì se stessa miagolare. Qualcuno l'aveva trasformata così? Si guardò addosso: era color del miele, come i suoi capelli. Vicino a lei c'era un gattino grigio tigrato ed un altro rosso.

"Guarda sto schifo di gatta che ha fatto i piccoli!", disse qualcuno, afferrando lei e gli altri.

"Beh adesso li sistemiamo", disse la voce. Cominciò a miagolare disperata.

"Fermi dove siete!"

Tara non credeva alle sue orecchie. C'era Willow. Erano in un posto che non aveva mai visto prima, in una strada stretta che dava su una strada più larga.

Willow alzò una mano, mentre i due teppisti la deridevano. Ma per poco: scapparono via urlando, mentre Willow si avvicinava e la guardava.

Non poteva non riconoscerla…

"Signorina, meno male che se non sono andati!", disse la voce di una signora già di una certa età.

"Questa micia è qui da qualche giorno, ha fatto i piccoli. Solo che io e le mie amiche gattare abbiamo già tutti gatti, vorremmo trovare una sistemazione adeguata per lei.."

Willow sorrise, il sorriso che Tara conosceva bene.

"Non si preoccupi, vengono via con me. Fidatevi di me e delle mie amiche. Anzi, rimaniamo in contatto. Io mi chiamo Willow Rosenberg, e sono americana. Abito qui vicino al 12 di Pimlico Street".

"E io sono Dorothy May. Felice di fare la tua conoscenza…"

Tara si strinse al petto di Willow mentre percorreva la strada che la portava a casa. L'aveva ritrovata. Lei avrebbe sistemato tutto.

 

San Francisco.

Se qualcuno, anni prima, avesse detto a Xander Harris che ci sarebbe stato un momento in cui sarebbe vissuto lontano da Willow e Buffy non ci avrebbe creduto. Ma dopo la distruzione di Sunnydale e la morte di Anya per lui erano cambiate molte cose. Sarebbe stato per sempre amico di Willow e Buffy. Ma sentiva il bisogno di costruire qualcosa per conto suo. Almeno per un po'.

Aveva trovato lavoro in una ditta di costruzioni di San Francisco, esperta soprattutto nel restauro di vecchie case dell'epoca vittoriana e nella costruzione di case su modello antico. Un lavoro che l'aveva appassionato da subito, anche se ben più impegnativo e difficile di quelli che aveva fatto prima.

Era impegnato nel restauro di una casa che dava sulla baia di San Francisco, appartenuta ad un miliardario eccentrico e con la mania dell'Estremo Oriente. Un lavoro lungo ma molto interessante. Anche se in certi momenti Xander rimpiangeva di non aver studiato abbastanza, per non riuscire ad apprezzare in pieno le sfumature del suo lavoro.

Xander stava facendo un sopralluogo con gli altri colleghi della sua squadra nella casa. C'era parecchio da fare: i terremoti frequenti in San Francisco avevano creato delle crepe nei muri, che sarebbero state da rinforzare con cemento armato senza alterare la costruzione. Inoltre umidità e muffa la facevano da padrona in molte stanze. Ma non era un lavoro impossibile.

"Questo salotto cinese è eccezionale", disse Xuan, un collega di Xander, di origini cinesi ma ormai perfettamente americanizzato. Lui e Xander si facevano le battute sul fatto che ormai era Xander a preferire mangiare cinese che lui.

"Qui direi che ci sono pochi lavori da fare", disse Xander, "è una delle stanze meglio conservate".

Xander si avvicinò ad una delle pareti. C'era un bellissimo pannello che raffigurava un drago circondato da petali di ciliegio. Lo toccò leggermente per verificarne lo stato. E di colpo il pannello si spostò, rivelando una stanza segreta.

"Questa poi!", osservò Xander, entrando dentro alla stanza segreta. La stanza era disadorna, in perfetto stile invece giapponese zen. Appese alla parete c'erano due katane, e in un angolo una maschera da samurai. Nell'angolo più remoto c'era una statua, e Xander si avvicinò. Aveva fattezze femminili, con i capelli aggrovigliati, i lineamenti asiatici, e un'aria decisamente inquietante, e non solo per chi come Xander aveva avuto già a che vedere con simili creature.

"Questo non è il mio campo", disse Xuan, "chiamo il nemico e gli chiedo di dire cosa ne penso".

"Il nemico" era Hiroshi Ikegawa, arrivato da un paio d'anni dal Giappone, architetto e superiore di Xander. Un uomo in gamba, ma impenetrabile. Ovviamente non era un nemico per nessuno. Era Xuan che lo chiamava così quando Hiroshi non lo sentiva.

Del resto, era importante capire che valore di materiale c'era in quella casa.

Hiroshi Ikegawa guardò la statua:

"Beh credo sia antica, intorno all'anno Mille, forse anche di prima".

"Accidenti", rispose Xander, "e chissà chi rappresenta".

"Una nostra divinità, credo."

Xander prese nota su un taccuino che aveva in tasca, mentre Hiroshi si allontanava. Doveva avvisare Midori. Quanto prima. Non era la prima volta che vedeva una simile statua. E sapeva cosa significava.

New Orleans.

Faith non aveva mai avuto una casa degna di questo nome ed era piacevolmente stupita dall'appartamento al secondo piano di un palazzo costruito in stile parigino nel centro di New Orleans, proprio nel Garden Distric. Guardò fuori il panorama dalla finestra di casa sua. New Orleans aveva la fama di essere una città maledetta. Si parlava di una Bocca dell'Inferno anche lì sotto, mentre quella di Cleveland si era rivelata niente di più che una leggenda metropolitana.

Faith aspettava risposta per la sua domanda ad entrare nella polizia di New Orleans. Wood aveva già trovato un posto come Preside presso il Liceo Louis Le Grand di New Orleans.

Faith non credeva ancora di avere una casa e una parvenza di vita normale. E soprattutto non avrebbe mai creduto che queste cose le sarebbero piaciute così tanto.

Il telefono finalmente squillò. Veniva convocata per il lunedì successivo, a prendere servizio.

Si rilassò e sorrise. Divertente passare dall'altra parte della legge. Ma del resto sapeva benissimo che il lavoro suo e di Wood non era finito. Compose un messaggio sul cellulare per annunciare la notizia a Buffy e decise che avrebbe aspettato Wood di persona per comunicargli tutto. Era presto: non sarebbe arrivato prima di un'ora e decise di scendere a prendere qualche prelibatezza messicana ad un negozio delle vicinanze.

Si prese il tempo di guardare le vetrine dei negozi vicini. Anche l'antiquario era aperto. Entrò per curiosare. C'erano articoli per tutte le tasche, cosa rara in un negozio di antiquario.

Ad un tratto sentì il cuore fermarsi nel suo petto. Davanti a lei c'erano due quadri in stile Settecento, che raffiguravano due giovani donne. Le giovani donne erano identiche a lei e a Buffy. Abiti diversi, aspetto secondo i canoni dell'epoca. Ma erano loro.

La data era 1789, l'anno della Rivoluzione francese. E il prezzo era decisamente basso, poco più di quello di due poster moderni incorniciati presi al Virgin.

Faith si fermò a studiare quei dipinti. Doveva sapere da dove venivano.

"Signorina, le piacciono?", intervenne la commessa, una donna già oltre la mezza età con un gradevole accento francese.

"Molto. Vedo che costano poco. Da dove arrivano?"

"Da una tenuta poco fuori New Orleans, la tenuta de Bellière. Un'antica famiglia di origine francese andata in rovina".

"La casa c'è ancora?", chiese Faith.

"Sì. Ma dentro c'era tanta roba che è stata messa in vendita. Credo che adesso vogliano farne un albergo di lusso. La famiglia si è estinta da decenni ormai, prima della Seconda guerra mondiale, addirittura."

"Beh, io intanto acquisto questi quadri", disse Faith, "poi mi piacerebbe saperne di più. Sa, io non sono andata molto a scuola, e tutte queste storie le trovo incredibilmente affascinanti".

"Allora un giorno venga a parlare con me. Anch'io ho delle storie interessanti sulla mia famiglia. Mi chiamo Giselle Dupré"

"Io Faith. Grazie mille".

Faith tornò a casa con il mangiare e i quadri. Doveva andare a fondo di questa storia.

Tokyo

Midori Ikegawa posò la penna con la china e guardò la tavola del manga che aveva appena finito. Era venuta non male. Sperava che il suo editore ne fosse soddisfatto. Suonò il telefono e riconobbe il numero: Yumiko. Senz'altro voleva invitarla a fare un giro a Shibuja e dintorni. Ma lei non se la sentiva. Doveva ancora fare almeno una dozzina di tavole e aveva tempo ancora due giorni. Poi il telefono suonò di nuovo: e questa volta rispose. Era Hiroshi.

"Midori, abbiamo trovato un'altra statua giapponese di Kalì. Sai cosa vuol dire: che dobbiamo tenere gli occhi aperti, che presto i sigilli salteranno e si risveglierà".

"E' lì a San Francisco, vero? Qui invece a Tokyo si stanno risvegliando le cacciatrici. Ne ho percepita una oggi in metropolitana."

"Cercala e sai cosa devi farle".

"Certo, esco subito!"

Midori interruppe la comunicazione e si alzò. Andò verso il futon e da sotto estrasse una katana. Poi uscì: avrebbe cercato di finire il lavoro dopo.

Parigi.

Andrew uscì dalla libreria americana dove aveva trovato lavoro e decise di dirigersi verso casa, nella zona del Quartiere Latino. Era decisamente troppo stanco per andare in giro per Parigi. Sarebbe già stato tanto se avesse avuto tempo e voglia quella sera di stare un po' su Internet, magari a scambiare messaggi con Willow. C'era poca gente sulla metropolitana, e Andrew rimase a guardare nel vuoto, pensando a quanto la sua vita era cambiata, a quanto era lontano dal membro della Troika che aveva la pretesa di essere i super cattivi di Sunnydale. Gli era ancora andata bene. In una città straniera aveva potuto ricominciare a vivere. Scese dal metrò alla sua fermata e si incamminò verso fuori. D'un tratto, davanti a lui sbucò una ragazza molto bella, che camminava piano. Di colpo fu accerchiata da tre teppisti.

"Avanti, bella, dacci tutto quello che hai!", dissero

"Non chiedo di meglio", rispose lei e il suo volto si trasformò in una smorfia mostruosa che Andrew conosceva bene. La giovane balzò addosso a due dei teppisti, uno dopo l'altro, mentre il terzo riusciva a scappare urlando. Per poi urlare con ancora più forza in uno dei corridoi deserti della metropolitana. In pochi secondi i due teppisti erano privi di vita.

La vampira guardò Andrew:

"Ho ancora fame" e si avvicinò verso di lui.

Era rapidissima, come un leone che caccia nella savana. Andrew cercò di scappare.. quando arrivò di colpo un'altra figura rapidissima. Un'altra ragazza, vestita con il velo delle ragazze islamiche, si gettò addosso alla vampira ed iniziò a combatterla. La vampira cominciò a cedere terreno, ma di fronte al paletto si dileguò urlando:

"Tanto andrò a mangiare da qualche altra parte!"

Andrew si ricordò che doveva avvisare Gilles e gli altri di ogni contatto con cacciatrici o potenziali tali. Cercò di inseguire la ragazza, ma lei era più veloce e si infilò su un treno in partenza.

Da lontano Andrew sentì i poliziotti che arrivavano. Si nascose in un anfratto e attese di poter uscire. Non voleva ricominciare ad avere delle grane con le forze dell'ordine.

Ma doveva avvisare gli altri di aver avvistato una Cacciatrice.

Torino.

Dicevano che lì sotto, in Piazza Statuto, c'era una Bocca dell'Inferno potentissima. E che adesso sarebbe venuta allo scoperto, grazie ai lavori di scavo per la metropolitana. E dicevano che sotto Torino abitavano creature potenti e malvage, sigillate lì millenni prima. Del resto, era una città unica per quello. Drusilla lo sapeva: aveva atteso la sera in un alloggio in una casa abbandonata ed ora guardava il punto dove ci doveva essere la Bocca dell'Inferno, sotto ad un monumento di sapore mitologico ai minatori che avevano scavato la galleria del Frejus. Drusilla stava studiando gli scavi della metropolitana. Sapeva che alcuni di questi erano attivi anche di notte, e cercava di usare i suoi poteri per capire da dove poteva entrare.

Capì la strada da fare e si diresse verso lo scavo. Era vestita con un sottile abito rosso di pizzo, che aveva già suscitato qualche fischio dai rari passanti a piedi. Ma non era un problema per scendere nello scavo. Non c'era nessuno. Peccato, aveva fame. Drusilla entrò nella cava ed iniziò a camminare… ma qualcosa la spinse indietro. Una forza positiva, un sigillo. Sapeva chi erano state. Ora ricordava. Le sacerdotesse di Bastet e Iside, che da millenni proteggevano l'energia positiva a Torino. Doveva capire come rompere il sigillo. Drusilla uscì dalla cava e si ridiresse verso il monumento. Doveva mettere a frutto i suoi poteri per capire meglio cosa poteva fare.

Un tipo le fischiò dietro, forse un borseggiatore. Aveva davvero molta fame adesso per la frustrazione.

Bianca Morini salutò la sua collega Marta e scese dall'1 in Piazza Statuto. In quel periodo nello studio di pubblicità dove faceva caricamento dati c'era molto da fare, ed usciva tardi. Ma la cosa si sarebbe esaurita a breve, per fortuna, perché non si sentiva sicura. Camminò spedita verso casa, dove la aspettava la madre e i suoi due gatti. Abitava a pochi passi da lì, sotto i portici. Con la coda dell'occhio teneva d'occhio la gente intorno a sé per evitare brutte sorprese. E vide quella strana donna, che in una sera d'autunno andava in giro vestita in maniera così insolita. Non era certo una prostituta. E neanche una punk o qualcosa del genere. Carino però il suo look vittoriano dark. Bianca però percepì una strana aura intorno a quella donna. C'era qualcosa di strano a Torino da un po' di tempo, qualcosa che non riusciva a percepire e che la inquietava. Anche lei si sentiva strana. Meno stanca, più inquieta…

Drusilla vide Bianca. Quella era una Cacciatrice già fatta o potenziale. La seguì con gli occhi e poi pian piano cominciò a seguirla. Il suo futuro pasto sarebbe stato consumato più tardi. Tanto quei tipi lavoravano tutta la notte.

La vide entrare in casa. Doveva tenerla d'occhio e non solo perché era una Cacciatrice potenziale. Sentiva che era pericolosa per lei per altre cose.

Los Angeles.

Stavano andando contro l'orda di demoni, per l'ultima battaglia. I soci anziani si erano scatenati.

Wesley era morto, Gunn stava morendo.

"Si comincia!" disse Angel, alzando l'ascia.

Roma

La ragazza bionda scivola fuori dall'albergo in Piazza del Popolo e inizia a passeggiare nelle ombre della sera. Ricorda di aver avuto una sorella, ricorda di essersi buttata in un vortice di energia, ricorda di aver avuto degli amici strani ma adorabili, ricorda due vampiri che la eccitavano più di questo nuovo amante, anche se è molto più antico ed esperto di loro. Sa di chiamarsi Buffy Summers. Ma sente che quello che pensa e conosce non le appartiene del tutto. Sa che c'è qualcosa che non torna in lei. La ragazza bionda scivola nella Città eterna finché non arriva nei Fori imperiali, dove un tempo il più grande Impero del mondo conosciuto comandò intere legioni. La ragazza sente le persone di allora. Le sente come se fossero vive. Si addentra nella zona archeologica, incurante dei gatti, da sempre suoi ospiti, e incurante anche delle mercenarie del sesso. Una o due la apostrofano, ma lei le ignora.

C'è una scala: lui le ha detto giusto. La ragazza scivola dentro, sotto terra, in un cunicolo di gallerie buie ma dove lei riesce a vedere, neanche fosse uno dei gatti che ha incontrato fuori.

Arriva in una stanza. Una mummia è al centro di questa. La tocca. E subito la mummia cambia e ridiventa viva. Una giovane donna, come lei, una bellezza classica.

"Come mai mi hai risvegliata?", dice lei, "è giunto il momento?"

La ragazza bionda si allontana, mentre la giovane donna si alza e va verso una porta. Lei conosce le formule, lei adesso deve obbedire a chi l'ha risvegliata, qualunque sia il suo desiderio.

 

CONTINUA