CAMDEN PLACE
Di Bastet
CAPITOLO PRIMO:L’ARRIVO
Aveva piovuto tutta la notte, ma quel mattino il sole
splendeva in un cielo
sgombro di nuvole sopra Londra.
Rupert Giles uscì dalla sua casa dietro a Baker
Street e, inforcata la bici, come
d'obbligo quando non pioveva o non nevicava, si
diresse verso il suo negozio,
a Candem Place, lungo il canale che univa Regent Park
al sobborgo di Candem
Town.
Aveva fatto vari lavori nella capitale inglese e non
solo, ma da otto anni ormai
gestiva la libreria Fantasy & Romance, in una
delle zone più alternative di
Londra, specializzata in letteratura di genere, e con
un buon bacino di utenza,
tra clienti fissi, curiosi e turisti.
Non poteva lamentarsi del lavoro, anche se come
sempre nel suo settore
c'erano periodi in cui gli affari andavano bene e
periodi in cui si zoppicava,
anche per la concorrenza delle grandi catene.
Ma lui almeno era sicuro del suo lavoro. Non tutti i
suoi amici e conoscenti
potevano dire lo stesso, in quel momento più ancora
che in altri: e purtroppo
non poteva aiutarli come avrebbe voluto.
“Oggi allora è il grande giorno?”, chiese Anya a
Xander, il suo fidanzato da
ormai due anni.
“Così pare”, rispose lui, infilandosi la giacca. Si
sentiva ridicolo.
“Alla peggio puoi cercare un altro lavoro, ieri
guardavo Your News, quel
quotidiano gratuito, non è male...”.
“Lo so da me”, rispose lui. Era preoccupato. Mise
nella valigetta la chiavetta
usb che conteneva gli ultimi articoli che aveva
scritto, un reportage su alcuni
episodi di razzismo contro la comunità pakistana e
un'intervista a una
volontaria di un centro per senzatetto: chissà se
sarebbero mai usciti... Ma
forse avrebbe potuto trovare altro, senza svendersi
troppo, se le cose fossero
andate come temeva.
“Sai, ho chiesto a Rupert se potresti venire a
lavorare in libreria con me, ma mi
ha detto che non ce ne è bisogno...”, continuò Anya.
“Ho già il mio lavoro, qui o altrove”, rispose lui.
Si salutarono di fretta, fuori dalla stazione di
metropolitana di Notting Hill, e
ognuno andò per la sua strada.
Wesley aveva preso congedo per quella mattina
all'Università. Era un
professore di letterature europee comparate, in quel
periodo stava tenendo
lezioni su un parallelo tra Boccaccio e il Decamerone
e Chaucher e I racconti di
Canterbury.
Il professor Wesley Windham Price aveva anche
un'altra attività, che faceva
con passione: scrivere, scrivere di libri e
letteratura, nonché romanzi storici.
Internet lo lasciava freddo come mezzo di diffusione,
preferiva la carta
stampata. E in quegli anni aveva collaborato con
diverse case editrici. Aveva
un libro, una storia tra Francia e Gran Bretagna nel
Cinquecento, tra passioni,
intrighi e guerre di religione, pronto per la
pubblicazione. Purtroppo la casa
editrice con la quale aveva raggiunto un accordo
avrebbe chiuso, ne era ormai
certo. Quel giorno c'era la decisione definitiva. Era
per questo che, dalla sua
casa in un palazzo georgiano del quartiere di
Bloomsbury, Wesley si stava
dirigendo verso la sede della casa editrice, a Candem
Town, proprio lungo il
canale. Sarebbe passato a dare un saluto a Rupert
Giles. Lui non rischiava
molto alla fine, ma avrebbe rimpianto di non poter
più scrivere, e di dover
lasciare il suo libro nel cassetto per chissà quanto
tempo. Wesley Windham
Pryce prese la metropolitana alla stazione di Euston,
agitato. La Smart Books
non poteva finire così, non era giusto.
Willow Rosenberg baciò la sua compagna Tara Mclay
prima di uscire e
accarezzò la loro micia, Miss Kitty Fantastico. Beata
lei che riusciva a starsene
davanti al computer a scrivere, e quando non scriveva
disegnava. Come
avrebbero fatto se la Smart Books avesse chiuso?
La sera prima si era fermata di fronte all'agenzia
interinale Manpower:
cercavano grafici, ma lei si sentiva troppo vecchia
per cambiare lavoro ogni tre
mesi. Erano tre anni e mezzo che lavorava alla Smart,
lì aveva conosciuto
Tara, per un articolo che aveva scritto
eccezionalmente sugli autori fantasy
emergenti, e se avesse chiuso sarebbe sparita una
parte della sua vita, forse
quella più importante in generale: grazie alla Smart
Books aveva scoperto la
sua vocazione, aveva avuto una dignità lavorativa,
aveva trovato l’amore della
sua vita quando era rassegnata ad una vita da zitella
lesbica piena di gatti.
Percorse velocemente la via, e svoltò: di sicuro, un
lavoro così vicino a casa
non l'avrebbe più trovato.
“L'importante è non finire a rompere l'anima alle
casalinghe per attivare loro il
telefonino”, disse William Johnson detto Spike al suo
coinquilino, Liam Angel O'
Connell.
“Non preoccuparti”, rispose lui, “non siamo né in
India né in Italia, a Londra si
trova qualcosa di meglio che i call center”. Ma non
era tranquillo. Era
soddisfatto del suo lavoro di cronista, i suoi
modelli restavano Woodward e
Bernstein, i protagonisti dello scandalo Watergate, e
temeva davvero di dover
trovare un altro lavoro, magari in una forma di
giornalismo più soft, che a lui
non piaceva. William era messo peggio di lui, aveva
un contratto per tre libri
presso la Smart, romanzi gialli, e come altra
attività suonava la sera nei pub,
ma sempre rigorosamente gratis.
“Magari è la volta buona che comincio a farmi pagare
per suonare”, disse
Spike, “se non ti spiace vengo con te alla riunione”.
I due uscirono dalla loro
casa di Bloomsbury, a due passi dal British Museum.
Videro in lontananza
Wesley, un loro conoscente, ma lo persero di vista
alla stazione di Euston,
quando Spike, per combattere la tensione, si fermò ad
acquistare un paio di
riviste di musica heavy metal.
“Mi sa che andiamo nello stesso posto”, disse Angel.
Drusilla Barrington guardò la sua casa, nella zona di
Kensington. Era una delle
poche vere aristocratiche inglesi rimaste in quella
zona. Ormai i suoi vicini di
casa parlavano arabo, persiano o hindi. Aveva fatto
la soluzione migliore: la
casa editrice Smart Books, fondata dalla sua prozia,
una suffragetta degli anni
Venti, non meritava una fine ignominosa. E non
l'avrebbe avuta. Così come lei
non si sarebbe trovata in mezzo ad una strada, senza
casa, costretta ad
affittare un appartamento, e ad andare a fare il giro
delle agenzie per il lavoro
a oltre quarant'anni. Non era fatta per quello.
Le sarebbe rimasto tutto: i tappeti che il bisnonno
aveva portato dal Kashmir e
dal Rajahstan quando era stato una delle migliori
personalità dell'India
coloniale, i quadri della bisavola, unica donna
affiliata alla confraternita dei
Preraffaelliti, la collezione di mobili
d'antiquariato cominciata dai suoi genitori e
continuata da lei, oltre alla collezione di bambole.
Non era capace di lavorare
per vivere, e non poteva rinunciare al lusso.
Ci sarebbe stata anche lei in consiglio di
amministrazione quel giorno. E quello
che aveva scelto sarebbe stata la soluzione migliore
per tutti. Per lei senz'altro.
Drusilla raccomandò i suoi due cagnolini alla sua
governante pakistana, e poi
chiamò un taxi. Se tutto fosse andato come doveva,
avrebbe potuto di nuovo
assumere un autista, e magari anche un giardiniere.
La casa editrice Smart sorgeva in una ex stalla
diventata loft d'ufficio a due
passi dal canale di Candem Town. Poco lontano, il
mercato di Candem attirava
turisti e portava effluvi di cibi orientali e
multietnici.
Tutti furono fatti accomodare nella sala riunione,
ampia e luminosa.
A tutti venne un groppo al cuore, al pensiero che
poteva essere l'ultima volta
che entravano nel loro ufficio. Xander Harris guardò
con molta nonchalance gli
annunci di lavoro di London News, con Willow
Rosenberg che sbirciava anche
lei. Si erano ritrovati sul lavoro, dopo aver
frequentato il liceo insieme.
“Grazie di essere venuti”. La voce eterea di Drusilla
Barrington, l'ultima erede
dei fondatori della Smart Books li riscosse tutti.
“Solo una frase: la Smart Books non sarà più mia come
proprietà. Vi presento
la vostra nuova responsabile editoriale e
proprietaria, appena arrivata da New
York: Buffy Summers, già editor presso il Women at
New York”.
La donna che era entrata dopo l'annuncio di Drusilla
era giovane, nemmeno
trentenne, bionda con gli occhi azzurri: più giovane
di diversi di loro.
“Vi ringrazio per avermi accolta qui. Sono la vostra
nuova proprietaria e
editrice. Ho deciso di credere in questa casa
editrice, e di rispettare sia il suo
passato d'impegno, in memoria di Estelle Barrington,
la sua fondatrice, sia di
portarla verso il futuro, con voi e nuovi
collaboratori. Pubblicheremo collane di
libri, letteratura di genere, ma anche saggi. E
faremo un giornale quotidiano
con supplemento settimanale, in cui parleremo di
attualità, costume e cultura.
Avrete tutti il vostro stipendio, il vostro solito
orario di lavoro, ma voglio in
cambio entusiasmo e simpatia. Siamo giovani, abbiamo
tutta la vita davanti, e
possiamo fare qualcosa di bello”.
Buffy rimase in silenzio e guardò la reazione. C'era
un silenzio incredulo.
Qualcuno stava facendo mentalmente una domanda: Ma ha
tutti questi soldi?
Buffy sembrò aver letto nel pensiero dei presenti:
“Non dovete preoccuparvi di niente. Ho deciso di dare
una svolta alla mia vita
con questo progetto. Con mia sorella Dawn faremo di
Londra la nostra nuova
casa. Ora vorrei presentarvi due collaboratrici e un
collaboratore che ho
portato con me dagli Stati Uniti. Persone che non vi
ruberanno il lavoro”.
Dietro Buffy erano entrati due giovani donne, alte e
snelle, una dai lunghi
capelli castani, e l'altra con i capelli a caschetto bruni
e un appeal da top
model, e un ragazzo afroamericano.
“Vi presento Winifred Burke, giornalista esperta di
divulgazione scientifica,
laureata a Princeton”, disse indicando la ragazza con
i capelli lunghi.
“Lei invece è Cordelia Chase, fotografa di moda e
d'arte”, disse indicando la
ragazza con il caschetto.
“Per finire, il vostro nuovo collega è Charles Gunn,
giornalista e fotografo,
esperto di diritti civili. Bene, spero che vorremo
lavorare tutti insieme!”
Più tardi, il gruppo della redazione storica, Wesley,
Angel, Spike, Xander e
Willow, si trovarono al pub Montague, a due passi
dalla casa editrice.
“Che ne dite?”, disse Xander, “in fondo possiamo
ancora ignorare gli indirizzi
delle agenzie per il lavoro, ci è andata bene”.
“Sarà”, disse Angel, “ma io diffido del troppo
entusiasmo”.
“L'importante è che ci paghi una volta al mese”,
disse Spike, “non voglio finire
a tirare bidoni alle casalinghe al telefono.
Continuerò a non farmi pagare per le
canzoni, ma pazienza”.
“A me piace”, disse Willow, “diamo una possibilità a
lei e agli altri. Da lunedì
allora si ricomincia, buon week-end e ci è ancora
andata bene. Sono contenta
di continuare a fare questo lavoro con loro. Ho già
detto qualcosa a Tara, non
vedo l'ora di essere da lei. A presto ragazzi!”
Alla fine convennero tutti che era il caso di dare
una possibilità alla nuova
gestione della casa editrice.
Dawn Summers sbuffò. Non le piaceva stare a Londra,
soprattutto perché
Margot, la governante francese che sua sorella aveva
assunto non le lasciava
libertà, manco fosse una bambina di pochi anni. Cosa
le era mai preso di
venire lì a Londra? Perché aveva permesso che la sua
vita privata influenzasse
quella della sorella?
Poteva fare una cosa. Una cosa divertente. Aprì Word
sul computer e continuò
a scrivere la storia. La sua protagonista si buttava
in una nuova avventura.
Particolare, ovviamente. Almeno con la scrittura
poteva evadere dalla realtà.
Glory Main si sentiva friggere. All'ultima riunione
degli Alcolisti anonimi aveva
detto che erano quindici giorni che non toccava un
goccio. Per non parlare
della cocaina, ormai persa nelle nebbie del passato.
Una parte di lei voleva
farcela, una parte di lei voleva ricadere nella
bottiglia, dove si sentiva euforica
e protetta. Si guardò allo specchio: nessuno la
ricordava più, e dire che dieci
anni prima era su tutte le riviste. Guardò fuori
dalla finestra: di fronte a lei,
l'ennesima lavanderia pakistana. A due passi c'era
l'Imperial War Museum, ma
la zona di Elephant e Castle era squallida come
all'epoca dell'infanzia di Charlie
Chaplin, nato e cresciuto proprio a due passi da dove
abitava Glory. Già
Chaplin, nato povero e poi diventato un grande. Lei
era stata grande, ed ora
cos'era?
Glory si avvicinò al tavolo di porfido. Aveva
acquistato un computer portatile di
seconda mano pochi giorni prima, per cercare di
rimettersi in gioco con le
offerte di lavoro. Lo accese. Gli annunci di lavoro
la deprimevano. C'era una
cosa che le era venuta in mente, il ricordo di quando
era una bambina goffa e
la maestra leggeva i suoi temi e racconti in classe.
Una bambina goffa,
un'adolescente bellissima e sexy, ed ora di nuovo una
donna goffa. Forse
bisognava ricominciare da lì. Glory cominciò a
scrivere. Poi avrebbe anche
letto. In fondo, doveva fare qualcosa, e qualcosa di
poco dispendioso.
“Insomma, ma siete deficienti o cosa? Io sono una
fotografa, sono di madre
lingua inglese, come potete propormi un lavoro di
merda come telefonista per
le vostre fottute Pagine gialle?”
La voce di una giovane donna con una lieve inflessione
straniera risuonava
nell'agenzia per il lavoro Job now di Torino, a due
passi dalla stazione di Porta
Nuova.
Faith Lehane sbuffò uscendo dall'agenzia. Aveva
sognato di vivere in Italia, ma
il suo sogno stava diventando un incubo. Tornare negli
States? Difficile, anzi
impossibile, la sua mania di finire nella merda era
proverbiale. Meglio rimanere
in Europa, magari in Inghilterra. Prima andava via da
Torino meglio era, e non
solo per il litigio presso l'agenzia. Entrò in
un'agenzia di viaggio e chiese del
primo aereo che partiva per Londra. E si augurò che
nessuno le chiedesse i
documenti.
“Vuoi un'occupazione come giornalista che ti faccia
crescere
professionalmente, e ti permetta di occuparti di
belle notizie patinate? Manda il
tuo curriculum a noi, siamo una nuova/vecchia azienda
editoriale in cerca di
te.”
Darla Means mise in evidenza l'annuncio. Voleva
proprio cambiare lavoro, era
stufa di fare la pr e l'addetta stampa in mezzo a
vecchi imprenditori inglesi e
giovani, rampanti e un po' maniaci imprenditori
russi. Avrebbe mandato subito
il curriculum.
“Connor, mi lasci il computer un attimo?”
Suo figlio, di fronte alla finestra che dava sul
Tamigi, a due passi dai Docks, si
alzò di buon grado dal computer.
“Quando ti decidi a far riparare il tuo?”
“Non adesso”, disse Darla, mettendo a posto il
curriculum e mandandolo.
Guardò suo figlio: sembrava suo fratello minore,
l'aveva avuto così giovane. E
ormai era quasi un uomo.
Se tutto fosse andato come doveva, avrebbe comprato
presto un nuovo
computer. E non solo.
Buffy tornò a casa. Era a due passi dal lavoro, e il
canale, un serpentone scuro
dalla finestra, le dava sicurezza. Poteva riprendere
in mano la sua vita. E non
avrebbe più fatto gli errori del passato. La carriera
e basta. Prese in mano il
cellulare. Continuava a cercarla, doveva decidersi a
cambiare scheda. Sarebbe
andata al Virgin Multimedia l'indomani. Gli inglesi
rispettavano le tradizioni,
week end in testa. E lei non voleva certo andare
contro questo.