SERIE CACCIATRICI

IL BUIO DELLA NOTTE

Di Bastet

 

 

Titolo: Il buio della notte

Autore: Elena Topastra Ratgirl

Genere: saga cacciatrici, cross over con Angelica

Disclaimer: i personaggi qui descritti appartengono a Anne e Serge Golon, agli sceneggiatori dei film e Joss Whedon. Non guadagno niente a scrivere su di loro

Premessa. Ho avuto l’ispirazione definitiva di scrivere questo cross over, che mi girava per la testa da parecchio tempo, dopo aver visto la miniserie Il segreto di Julie con Sarah Biasini, che mi ha dato qualche idea. L’universo di Angelica a cui mi ispiro è più quello dei film che quello dei romanzi, con alcuni cambiamenti anche ispirati però ai libri. La storia si svolge circa dieci anni dopo gli eventi raccontati nei film.

Rating: R per stare tranquilli.

 

1677, Parigi.

François Desgrez percorreva le strade di Parigi. Non erano più buie come un tempo, grazie all’opera sua e del sovrintendente La Reyne. Ma erano ancora misteriose, anche per quello che stava succedendo, lo scoprire che molti membri dell’aristocrazia avevano partecipato a messe nere e avevano avvelenato membri delle loro famiglie.

Del resto era una cosa che lui sapeva da molto tempo. Solo non aveva potuto portarla alla luce prima. Ma quello era il momento giusto. Il regno di Madame de Montespan stava crollando, non aveva più il potere che aveva un tempo, e forse avrebbe potuto fare qualcosa di più rispetto ad una volta. Forse. L’aveva promesso a qualcuno tanto tempo prima, che non avrebbe lasciato che certi crimini restassero impuniti.

L’arresto l’anno precedente della marchesa di Brinvilliers aveva portato Desgrez al successo. La donna si era macchiata dell’assassino dei due fratelli e del padre, giudice della corte suprema. Tutti assassinati con il veleno. E Desgrez capiva che era solo un paiolo che era stato appena scoperchiato. Forse il re Luigi XIV gli aveva perdonato di aver fatto scappare anni prima qualcuno a cui lui teneva molto.

Angelica de Plessis Bellière, già contessa di Peyrac, amata dal re e fuggita sulle tracce di suo marito per non tornare mai più, dopo che lui stesso le aveva rivelato che il conte de Peyrac, alchimista e scienziato era stato salvato dal rogo ed era ancora vivo da qualche parte, sapendo che facendo così avrebbe perso ogni possibilità di rivederla e stare con lei… Forse il re aveva dimenticato ormai, anche il suo fallimento quando aveva cercato di rintracciarla tramite i figli. Il re aveva dimenticato, ma non lui. François Desgrez non poteva dimenticare l’unica donna che aveva amato, l’unica donna con cui sarebbe invecchiato volentieri, l’unica donna per la quale avrebbe rinunciato alla sua vita da scapolo, l’unica che valeva la pena amare. Non c’era un momento della sua vita in cui non pensava a lei. E sapeva che sarebbe stato così per tutta la sua vita. Sapeva che era viva, e sapeva che non l’avrebbe più rivista. Voci gli erano giunte sul suo arrivo nel Nuovo Mondo. Aveva ritrovato il marito e viveva con i suoi figli. Tutto quello che lui non avrebbe mai avuto. Non c’era un posto a Parigi che non gli rammentasse lei: la cioccolateria al Marais, il suo palazzo, le boutiques in cui andava a comprare…. Dieci anni lontano e niente di cambiato nel suo cuore.

“Signore, venite, è terribile!” La voce di Pierre, uno dei suoi sottoposti lo strappò dai suoi pensieri. Desgrez raggiunse il suo sottoposto poco più avanti, all’incrocio tra Place des Vosges e Rue de Francs Bourgeois. E nonostante la sua esperienza soffocò a stento un conato di vomito.

Per terra c’era Francine, una delle ragazze di vita che di tanto in tanto veniva nel Marais per alleviare le pene di qualche marito infelicemente sposato o per qualche festino. Una ragazza di vita, ma pulita, non implicata nel giro di omicidi e di veleni che stavano emergendo in Parigi.

Era morta…. Sembrava che l’avesse sbranata qualche belva, era dissanguata ma di sangue in giro ce ne era ben poco, con il collo orrendamento spezzato ed aperto. Desgrez lavorava da oltre quindici anni nella polizia cittadina e ne aveva viste. Ma una ferocia simile…

“Signor Desgrez”, balbettò Pierre stravolto, “io l’ho vista non più di un’ora e mezzo fa, era viva, stava bene…”

“Ho capito. Ma chi ha fatto questo? “

Francine fu portata all’obitorio. Desgrez fece rapporto al sovrintendente la Reyne che lo osservò pensieroso:

“Qualche tempo fa ho avuto notizie che anche in altre parti della Francia ci sono stati delitti così efferrati. Come se giri una sorta di belva… il popolino ha parlato di vampiri, succhiatori di sangue, tutte leggende”.

“Come mai non me ne avete parlato?”

“Era un’informazione riservata. Comunque terremo d’occhio. Piuttosto ho un lavoro per voi. La figlia di un feudatario della Linguadoca, Isabel de Frossignac, promessa sposa al duca di Guiche, pari di Francia e ministro del re, è fuggita misteriosamente. La dovete ritrovare. Per questa faccenda riguardante i vampiri o cosa sono, muoviamoci in assoluto riserbo, come per il resto.”

Desgrez uscì scuotendo la testa: vampiri… Poi ricordò un anziano intagliatore che viveva sopra casa sua quando era ragazzo, che faceva dei bassorilievi a tratti spaventosi, che erano serviti per decorare alcune cripte di chiesa con immagini che rievocassero l’inferno. Erano mostri con zanne, e il vecchio gli aveva detto che li aveva visti. Gli aveva mostrato la cicatrice di uno strano morso. Lui era un ragazzo, facilmente suggestionabile, ma poi aveva rimosso tutto questo pensando che fossero solo superstizioni.

Ma forse non lo erano.

Riguardo all’altro caso, non poté non provare un po’ di simpatia per una ragazza che desiderava sottrarsi all’obbligo di nozze o a chissà cosaltro. Anche se quello non era un mondo in cui una donna potesse scegliere.

Anche se una l’aveva fatto.

 

Catherine Monvoisin trasalì sentendo bussare ad un’ora così tarda alla porta di casa sua. Fuori c’era una bellissima dama velata, ma non era una di quelle che erano solite frequentare la sua casa.

Dalla maschera nera le sfuggivano dei riccioli biondi. Per cosa era venuta da lei? Per eliminare qualche rivale? O per sopprimere il frutto indesiderato della propria lussuria extraconiugale?

La dama si umettò le labbra e disse:

“Mi hanno detto che voi siete molto utile in certe circostanze. Questi sono voi e ne avrete altri dopo ogni consegna” e porse a Catherine Monvoisin un sacchetto con del denaro.

“Cosa desiderate?”

“Tre giovani, tra ragazzi e ragazze, a settimana”.

Catherine Monvoisin aveva preso l’abitudine di non interrogare i suoi clienti sui loro scopi. E del resto Parigi era piena di ragazzi e ragazze che avrebbero potuto sparire senza clamore. Accettò i termini. Sempre che quella dama non le facesse concorrenza sleale, con rituali satanici e altro del genere. Tanto lei per quello aveva ormai il nome in tutta Parigi.

 

Darla si sedette nella poltrona del palazzo abbandonato in cui aveva preso dimora. Catherine Monvoisin o meglio la Voisin era un’ottima procacciatrice di affari e persone. Del resto, anche se nella caccia c’era un piacere primordiale lei non poteva rischiare di essere scoperta, non prima di aver fondato una corte di vampiri. Il primo invio della Voisin era stato ottimo, aveva ancora avanzato sangue giovane per saziarsi.

In fondo il Maestro aveva avuto una buona idea a trasferirsi lì. Lui non usciva, ma lei si stava godendo Parigi, il centro del mondo. Meglio di Londra, che doveva ancora riprendersi dalla peste e dall’incendio. Anche se prevedeva che l’avrebbe fatto presto.

Quel poliziotto, Desgrez, era un problema che non la preoccupava più di tanto. Sapeva che stava indagando su alcuni suoi pasti umani. Doveva diventare più prudente. Lei era una vampira potente, non una debole donna come la marchesa di Brinvilliers, che lui aveva arrestato. Ma non doveva sottovalutarlo. Piuttosto le voci di una possibile cacciatrice in arrivo le erano giunte all’orecchio con una certa preoccupazione. Ma del resto la Francia in quegli anni bruciava le donne come streghe, e chi meglio di una cacciatrice poteva essere considerata una strega? Magari alla lunga Desgrez l’avrebbe aiutata.

Non era la prima volta che una Cacciatrice faceva quella fine. Ragazze che vivono sole, che fanno cose strane… Vittime ideali per l’Inquisizione e il rogo.

 

 

Darla si guardò attorno nel palazzo: la statua di una dea greca che c’era nel gran salone la inquietava un po’. Aveva un’aura magica. Ma del resto qualcuno le aveva detto che il palazzo in cui risiedeva era appartenuto ad un alchimista, morto sul rogo. Chissà magari il suo fantasma le avrebbe dato più forza. Anche se c’era chi giurava che era innocente. Peccato che fosse morto, le sarebbe piaciuto renderlo suo childe.

 

Finalmente era giunto a Parigi. Da lì sarebbe partito per rivendicare il diritto di suo padre a riprendere il titolo di conte, per permettere ai suoi genitori di tornare in Francia da trionfatori. Aveva lasciato la sua famiglia nel Nuovo Mondo, non aveva voluto che neanche suo fratello lo aiutasse. Era una cosa che riguardava solo lui, innanzitutto. Doveva trovare Desgrez, il solo e più caro amico che sua madre avesse mai avuto. Sapeva che lavorava al Palais de Justice: tutto stava nel poterlo avvicinare senza testimoni intorno.

 

La sua signora era stata saziata dai due giovani inviati dalla Voisin ma aveva espresso il desiderio di un altro giovane, un ragazzo, da poter magari trasformare in un suo childe. Lui, come suo servo dai tempi della sua metamorfosi ad opera del Maestro e trasformato anche lui doveva solo obbedire. Per cui il vampiro Mark girava per le strade di Parigi ormai buie in cerca di un giovane adatto.

Lo vide ad un tratto uscire da una locanda. Quel ragazzo era perfetto, bruno dagli occhi verdi. Doveva solo avvicinarlo.

 

Sua madre aveva abitato vicino a quella locanda. Lui conservava un ricordo molto confuso di quel periodo. Ma sapeva per certo che era così. Le strade di Parigi non erano sicurissime, e decise di accellerare il passo. Voleva vedere Desgrez al più presto.

Di colpo si sentì afferrare per un braccio. Si girò, cercò di reagire e vide davanti a sé un mostro, un uomo dal volto deforme e dalle enormi zanne:

“Alla mia padrona piacerai molto, ragazzo…”

“Sai, non credo proprio”, disse una voce dietro di loro.

Una figura di ragazza dai capelli rossi come quelli di sua sorella Honorine si scagliò contro il mostro, con in mano un paletto di legno.

Il mostro era forte, ma la ragazza, più minuta di lui e soprattutto una donna, era ancora più forte.

 

François Desgrez aveva voglia di un ultimo goccio di vino prima di ritirarsi in casa. Non voleva una donna, no, ormai preferiva star da solo.

Dei rumori di lotta lo fecero trasalire. Si precipitò subito in direzione del frastuono. Un mostro, uscito da chissà quale oscura leggenda, stava lottando ed avendo la peggio malgrado la sua mole, con una ragazza. In un angolo, un giovane con degli incredibili occhi verdi (lui conosceva quegli occhi…) stava a guardarli stranito e ferito…

Cercò di dire qualcosa e mentre faceva così la ragazza immerse un paletto nel corpo del mostro, all’altezza del cuore, disintegrandolo.

Il giovane fece per alzarsi e si avvicinò a lei. Ma anche Desgrez si avvicinò a loro:

“Cosa sta succedendo?”

“I vampiri e i demoni camminano tra di noi. Io sono la Cacciatrice…”, disse la ragazza, abbassando il capo e allontanandosi.

Desgrez ricordò l’orrore a cui aveva assistito la sera precedente. Demoni e vampiri. Il suo spirito razionale, che voleva lottare contro le superstizioni di cui era imbevuta la società di quel tempo, voleva combattere contro questo.

Ma quell’essere si era dissolto come cenere davanti ai suoi occhi. Come gli aveva raccontato il suo vecchio vicino di casa.

“Aspettate! La conoscete?”, chiese al giovane che si era rialzato anche se dolorante.

“Da un paio di minuti prima di voi…”

“Sono il tenente di polizia François Desgrez, sto indagando su un orrendo delitto a cui ho assistito ieri notte…”

“E io sto cercando proprio voi. Mi chiamo Florimonde de Peyrac, sono il figlio del conte e della contessa de Peyrac ed ho bisogno proprio di voi. Mi serve il vostro aiuto, per ridare ai miei genitori l’onore perduto”.

 

 

1677, Parigi.

Isabel si allontanò dopo aver soccorso quel giovane.

Non poteva scoprirsi più di tanto. Lei era la Cacciatrice, e come le aveva detto sua nonna, la sua Osservatrice, il suo destino era la solitudine, sempre e comunque, per combattere le forze del male.

Isabel era figlia e nipote di streghe. Ma non streghe come la Voisin, la fattucchiera che in quegli anni aiutava le nobildonne di Parigi con veleni e Messe nere. Streghe vere, delle più antiche.

Sua nonna materna, Margot de Bertaux, diceva che una delle sue ave era stata una delle sacerdotesse di Avalon, stabilitasi poi verso la Linguadoca per ricordare il culto della Dea anche lì. Sua madre era nata in seguito ai riti della notte di Beltane, e a differenza della madre, pur rispettando le sue credenze aveva preferito adeguarsi ai costumi dell’epoca, sposando il nobile De Frossenac.

Ma quando questi si era impossessato degli averi di un nobile ingiustamente condannato al rogo per stregoneria, il conte Jeoffrey de Peyrac, sua madre aveva ritrovato tutto l’orgoglio del suo essere strega, ed era ritornata dalla madre, la nonna di Isabelle, nel suo castello in mezzo alla foresta.

Il conte de Frossignac aveva preferito dimenticare per anni di aver avuto una moglie e una figlia, che non aveva praticamente conosciuto, visto che Isabel aveva pochi mesi quando sua madre l’aveva portata via.

La sua infanzia, nella foresta magica di Mehusine, ai piedi dei Pirenei e verso il Poitou, era stata incredibilmente bella. Isabel aveva dimostrato di essere molto più portata di sua madre verso le arti magiche, la raccolta delle erbe, la cura degli animali, tanto che la nonna aveva pensato che sarebbe diventata la sua degna erede.

Ma il destino aveva deciso altrimenti.

Il giorno del quindicesimo compleanno di Isabel era giunta una visita al palazzo. Claude, un cantastorie amico suo. Con aria grave aveva detto a Margot:

“L’ultima cacciatrice è morta. A Londra, due mesi fa. Una nuova cacciatrice deve prendere il suo posto. E ho fatto un sogno in cui diceva che era Isabel la nuova cacciatrice”.

Nonna Margot non si era stupita più di tanto. Anche lei faceva dei sogni premonitori, e in nessuno di questi sogni Isabel diventava una strega. Ma sua nipote era talmente brava nelle arti di magia che aveva pensato che fossero presagi sbagliati. Ora capiva che non era così.

Come strega, pur vivendo in un mondo oppresso dall’Inquisizione, sua nipote poteva sperare in una vita lunga. Come cacciatrice di demoni e vampiri no.

Nonna Margot decise che sarebbe stata lei a dirglielo.

Isabel lì per lì non rimase stravolta dalla notizia. Sapeva che esistevano esseri benevoli, come gli spiriti della foresta e le fate, ma anche esseri demoniaci, e sua nonna le aveva comunque parlato dei vampiri e dei demoni.

Ma pian piano si rese conto che la vita della cacciatrice sarebbe stata molto diversa da quella della strega. Molto più solitaria.

E molto più pericolosa. Ma finché rimaneva nella foresta di Mehusine, e si divideva tra gli studi delle erbe curative, la cura del suo gatto, del suo cavallo e del suo gufo e la caccia ai non molti vampiri che si trovavano lì, non c’erano problemi.

Claude aveva detto a nonna Margot:

“A Parigi c’è una grande attività di vampiri. Il destino di Isabel la chiamerebbe là”.

Nonna Margot aveva fatto un sogno. Le strade di una grande città, e Isabel che cadeva in una pozza di sangue. Come suo Osservatore, la avrebbe tenuta lontano il più possibile da Parigi.

Ma poi era successa una cosa poco bella.

Il suo ormai dimenticato padre era riuscito ad indebitarsi al gioco. Aveva bisogno di soldi. E un vecchio cortigiano, il duca de Guiche, era risultata la persona a cui doveva più soldi. Ma questo vecchio vizioso cercava anche moglie, una moglie giovane. E Frossenac si era ricordato di avere una figlia sui sedici anni da far maritare.

Quando si era presentato con i suoi al castello di Margot non era stato fatto nemmeno entrare, e i contadini protetti dalle donne si erano scagliati contro De Frossenac. Ma purtroppo il padre di Isabel era potente in un periodo in cui le donne non avevano diritti. Minacciava di far condannare Margot e la ex moglie Diane al rogo come streghe per poter mettere le mani sulla figlia.

Nottetempo, aiutate dalla luna scura, le tre donne avevano lasciato il castello completamente vuoto e sigillato, in modo che nessuno potesse più entrarci senza il loro permesso.

La madre di Isabel aveva deciso di imbarcarsi per la terra d’Irlanda, dove incontrare altre streghe per fondare una congrega in un Paese in cui il culto della dea Brigit era ancora molto forte.

Nonna Margot aveva a malincuore accettato di andare a Parigi con la nipote, che ormai era affidata a lei.

Qui Claude aveva loro trovato una sistemazione, in una fattoria nei pressi del canale, in una zona quasi in campagna, dove avevano potuto nascondere i loro animali e parte dei loro averi.

E a Parigi Isabel aveva ripreso la caccia, quella vera, sapendo anche che pure suo padre la stava inseguendo.

Era per quello che non doveva dare troppo nell’occhio. La Cacciatrice doveva restare una leggenda.

Isabel sparì nel buio della notte, pronta a raggiungere la sua nonna e Osservatore a casa.

 

 

François Desgrez fece accomodare il suo ospite in casa sua, una casa angusta, a due passi dalla Sainte Chapelle su l’Ile de la Cité.

Si ricordava di quel ragazzo quando era bambino. Per lui era l’emblema di tutto quello che non aveva potuto avere.

“Cosa mi potete dire sugli averi di mio padre?”

“Il castello e le terre di Tolosa sono in mano a un certo De Frossignac. Il palazzo è ufficialmente abbandonato, ma potrei farvi entrare. Sto cercando di costruire un qualcosa che porterà alla riabilitazione dei vostri genitori, ma ci vorrà del tempo”.

“Di cosa si tratta?”

“Non posso parlarvene. Ma qualcosa è già iniziato”.

Desgrez sapeva di poter incastrare Madame de Montespan e la sua cricca di satanisti. Sarebbe riuscito a fare in modo che il conte de Peyrac e sua moglie tornassero in Francia, allora.

Ma non era facile e lo sapeva bene.

 

Darla entrò nei sotterranei sotto la sua nuova casa.

Il Maestro e i vampiri più potenti stavano lì da diverso tempo.

In particolare due di loro si erano dimostrati feroci e implacabili, anche se sembravano un po’ troppo posseduti dalla loro parte umana.

“Darla, mia cara. Non avvicinarti troppo al nostro marchese d’Escrainville, oggi è uno dei giorni che ce l’ha di più con le donne. E per quello che riguarda il nostro ex bandito Calambredaine, a volte sembra non rendersi conto che il sole fuori ci è letale. Presto anche loro potranno godere di quello che scateneremo su Parigi.. che abbiamo già iniziato a scatenare”.

Il Maestro e Darla erano giunti a Parigi una prima volta circa sedici anni prima. Passando vicino ad una montagna di cadaveri, risultati di un regolamento di conti tra due bande di briganti durante la fiera di San Paolo di un paio di giorni prima, il Maestro si era accorto che uno di questi cadaveri non era ancora tale.

Aveva trasformato un giovane bello e robusto, Nicolas Calambredaine, in un vampiro. Un vampiro forte, ma che talvolta ricordava quando era umano.

Darla ne era estasiata. Era un amante appassionato e violento, anche se talvolta, durante l’estasi dei sensi la chiamava Angelica. Un ricordo della sua vita mortale, che a tratti gli mancava troppo. Darla lo trovava molto curioso. Lei non rimpiangeva niente della sua vita mortale, quando era una prostituta poco più che adolescente, rosa dalla fame e poi da una malattia che senza il maestro l’avrebbe condannata ad una fine schifosa.

Una decina d’anni prima, invece, il Maestro e Darla si erano imbarcati su una nave ammiraglia spagnola che presto era diventata tutta di loro adepti durante il viaggio nel Mediterraneo. Il loro scopo finale era quello di giungere in Egitto per scoprire i segreti di Seth e di Lilith, ma si erano fermati nella rada di Algeri, dopo essere saliti su una nave pirata devastata da un abbordaggio, in cui solo il comandante, il marchese d’Escrainville, legato all’albero maestro, era ancora in condizioni di essere vampirizzato in maniera soddisfacente.

Era una delle loro migliori creature. Spietato, un vero predatore. Anche se indulgeva un po’ troppo alla violenza, soprattutto contro le donne.

Presto sarebbero stati invincibili.

Con o senza la Cacciatrice, e Escrainville sarebbe stato l’asso nella manica contro di lei.

 

Clovis de Frossignac represse un moto di stizza.

Aveva rivoltato tutto il castello di Tolosa in cui era andato a vivere in cerca della Porta dell’Inferno e del segreto delle potenze infernali ma non aveva trovato niente.

Eppure era certo che il precedente abitante del castello fosse un demone incarnato. Ma no, niente da fare.

Un’altra fregatura, come quando aveva creduto di aver sposato una strega al servizio delle potenze infernali ed invece Diane non era così.

Frossignac cominciò a sfogliare i libri che gli erano stati procurati da un negromante spagnolo.

Parlavano tutti di avvento del Grande Demone, che avrebbe portato finalmente il potere ai suoi adoratori.

Ci voleva un sacrificio, quello di una vergine, della figlia del suo Gran Sacerdote, ed Isabel era giusta per questo. Ma non sarebbe stato l’unico.

Il Demone doveva man mano manifestarsi, e lui sapeva qual era la strada.

Una frase su uno dei libri, scritta in latino arcaico stimolò la sua curiosità.

Parlava di una città nella gran pianura in vista dello stretto dei draghi.

In un sotterraneo c’era il sigillo per l’avvento del Grande Demone.

La città dei Parisi.

Certo Parigi. Dove probabilmente era fuggita sua figlia. Sarebbe giunto al potere, a costo di tutto.

La figlia di un Gran Sacerdote e di una Strega, la sposa del Gran Demone. De Guiche era stato solo un diversivo, che si era divertito comunque con i suoi rituali, con la parte orgiastica soprattutto. Ma ora bisognava cominciava a giocare sul serio.

“Sarò fiero di essere tuo genero”, disse ridendo.

 

Fratello Michel si alzò urlando dal pagliericcio della sua cella. In lontananza, la marea che isolava l’isola che portava il suo nome fluttuava sotto la luna.

Sapeva che era giunto il momento. Non poteva passare tutto il resto della sua vita chiuso lì, dove era entrato per pregare, per espiare i peccati di suo fratello e i suoi, e in ricordo di lei.

Ora era chiamato ad una missione.

Lei probabilmente aveva già iniziato la sua.

Preparò le sue poche cose, rese omaggio alla Dea nelle vesti della Signora di Nazareth e poi uscì. Sapeva dove doveva andare. L’importante era fare in tempo.

 

Parigi oggi.

Aveva accettato di rimanere come Guardiano nei secoli. Ma ora poteva essere riaperto il Sigillo. Doveva rivolgersi a qualcuno per fermare il Demone una volta per tutte.

Ma a chi?

Rivolse la sua mente a coloro che non c’erano più, che non avevano condiviso il suo destino di Immortale.

E seppe con chi doveva mettersi in contatto.

Con una strega e un Osservatore, a Londra. L’importante era arrivarci, anche se ormai era ben diverso che alla sua epoca muoversi.

Del resto qualcosa doveva essere terminato.

 

 

Florimonde pensava a quella ragazza. La Cacciatrice. Credeva fosse una leggenda, anche se suo padre gli aveva ripetuto fino alla nausea che dietro alle leggende c’è sempre una storia vera.

I vampiri esistevano, lui li aveva visti con i suoi occhi. E sapeva che secondo la leggenda solo le Cacciatrici potevano annientarli. Spesso a costo della vita. Anzi, quasi sempre.

Le vie di Parigi all’imbrunire erano particolarmente affascinanti. In quel quartiere sorgeva la Taverna della Maschera Rossa, dove aveva vissuto da piccolo con sua madre. Non esisteva più, un incendio ad opera di un gruppo di nobili depravati e assassini l’aveva distrutta.

C’erano tanti ricordi lì, quasi un sogno per lui.

Il sole era ormai tramontato. Desgrez aveva ottenuto un ottimo risultato predisponendo l’illuminazione notturna di Parigi. Era forse l’unica città europea ad avere questo.

“Mio bel giovane…”

Una voce lo fece trasalire.

Una donna bionda e bellissima lo stava guardando. Poteva somigliare al ricordo lontano che Florimonde aveva di sua madre Angelica, quando era una dama di corte. Ma aveva un qualcosa di pericoloso e di attraente insieme.

A Darla qualcuno aveva predetto che avrebbe trovato il grande amore della sua vita nei vicoli di una città europea. E quel giovane era perfetto per il ruolo.

Si avvicinò a lui:

“Posso darti molto…”

“Ferma!”

La Cacciatrice li guardava entrambi. Florimonde si accorse che la sua accompagnatrice era una vampira.

“Cacciatrice, non giocare con il fuoco. Ti lascio perché per ora ci servi viva… a tutti quanti!”

Darla si dileguò.

Florimonde si avvicinò ad Isabel:

“Non andartene via.”

“Io sono la Cacciatrice. Non ho altro da dirti”.

“Mi hai salvato per due volte la vita!”

“Si vede che ai vampiri piaci…”

“Ma io voglio ringraziarti, proteggerti…”

“Sono io che proteggo gli altri”.

 

Da dietro un tombino il fu marchese d’Escrainville guardò con odio il ragazzo. Forse la Cacciatrice poteva servire viva. Ma lui… lui l’aveva riconosciuto subito. Il figlio di quei due bastardi, che l’avevano votato alla dannazione. Si sarebbe vendicato… Aveva fame, e tanta.

Anzi, tanto valeva farla finita subito. Partì pronto ad avventarsi… e qualcuno lo bloccò.

Dannato Calambredaine.

“Lascialo in pace”.

“Non si nega il pasto ad un fratello di sangue”.

“Mangia qualcun altro ma non lui. Altrimenti te ne pentirai”.

Calambredaine faceva paura in certi momenti. Il marchese vampiro decise per quella sera di rinunciare alla sua caccia. Ci sarebbero state occasioni migliori.

 

Non poteva sbagliarsi. Quella era una vampira. Doveva parlarle.

“Portami dal tuo Maestro”.

Darla si girò. Un mortale. E per giunta capì subito chi era: il padre rinnegato della Cacciatrice.

“Come osi?”

“Io posso aiutarvi a riconquistare il mondo. Grazie all’aiuto del Gran Demone. E posso annientare la Cacciatrice. Lei ci serve per risvegliarlo, lei con il suo sangue”.

Darla sorrise: aveva sentito un qualcosa su questo.

“Benissimo, ma ricordati che se tutto non funzionerà noi vampiri banchetteremo con te”.

“Sotto il vostro palazzo c’è un portale demoniaco da aprire. Io vi aiuterò, in cambio voglio onori e ricchezze”.

 

Florimonde giunse nel suo palazzo. Sentì di non essere solo. Ma non si aspettava di trovare chi c’era.

“Padre, madre, Cantor, Honorine, che ci fate qui?”

“Non potevamo lasciarti solo. Non dopo quello che sta per succedere”, disse suo padre.

“Ma i patti erano che io mi dovevo adoperare per voi…”

“I patti sono cambiati. Qualcosa deve essere fermato, o meglio qualcuno”, disse sua madre, “e solo noi forse possiamo farlo. Forse”.

Con loro c’era un uomo, un frate.

Florimonde ebbe un tremito di paura: sapeva che era stato un frate, Conan Becher, a condannare suo padre al rogo.

“Mi chiamo fratello Michel e sono venuto per fe rmare le forze demoniache. Non sono qui per fare del male a voi o alla vostra famiglia, ma per combattere chi vuol ridestare. Che è più vicino a voi di quanto potete pensare…”

 

 

Londra oggi.

Sapeva che tutto era avvenuto in un soffio. Ma per lui erano passati trecento anni.

Era riuscito ad arrivare da loro.

Doveva spiegargli tutto e chiedere il loro aiuto. Sempre che gli credessero. Era un primo passo. Sentiva di essere ormai vecchio e stanco. Qualcuno di più potente avrebbe potuto sigillare il portale una volta per sempre.

Per fortuna il sole non splendeva quel giorno, quando bussò alla casa di Notting Hill.

Gli venne ad aprire una giovane donna di colore, e pensare che allora, un battito d’occhi prima, erano considerate schiave rare e pittoresche.

“Signore…”

“Mi chiamo Merlot, dovrei parlare con il signor Gilles. O con Willow Rosenberg, è urgente”.

 

Isabelle pensava a quel giovane: sua nonna e sua madre erano state chiare, era meglio che lei si votasse solo alla sua missione di Cacciatrice: oltre tutto sapeva benissimo di avere una vita corta.

Sorrise amaramente: quando era bambina si immaginava anziana, in una capanna al limitare della foresta con una marea di gatti e gufi, pronta a dispensare saggi consigli. Questo non sarebbe stato più possibile.

Sua nonna venne a cercarla nella sua camera, in alto nel mulino.

“Isabelle, è passato Claude e mi ha detto che ci sono energie pericolose qui a Parigi”.

“Beh, ci sono molti più vampiri che in Linguadoca, su questo non ci sono dubbi”.

“Non è solo per questo, ci sono pericoli nascosti, qualcuno vuole fare qualcosa di terribile, per scatenare l’inferno sulla Terra. Tieni gli occhi aperti, io vedrò di fare un incantesimo per capirne qualcosa di più".

 

Margot iniziò a muovere l’acqua in cui aveva fatto cadere una sua ciocca di capelli. Aggiunse un pezzo della sua unghia, un pelo del suo gatto, una piuma del suo gufo e una goccia di un antico unguento che era stato tramandato dai tempi di Avalon.

E vide… Vide il pericolo sotto la casa di qualcuno che forse stava diventando caro a sua nipote, vide il ruolo del frate, che in nome del bene poteva voler sacrificare tutti, umani e vampiri, senza distinzione, e vide che ruolo poteva avere quel maledetto del suo ex genero… che però non sapeva una cosa importante, una cosa su Isabelle…

 

Joffrey de Peyrac guardò suo figlio e disse:

“La storia delle Cacciatrici è vera. Ne incontrai una in Arabia, lottava contro i demoni del deserto, e morì poco dopo, tra l’altro per salvare me e due miei amici. Ognuna di loro è predestinata a lottare contro le forze delle tenebre fino alla sua morte. Sono figure leggendarie, il risultato di un antico rito. Possono affascinare…”

“Padre, madre, io voglio aiutarla”.

“Il suo destino è segnato.”

“Proprio tu mi dici questo, tu che hai lottato contro tutto e tutti per ritrovare tua moglie.”

“Stai attento, figlio mio. Piuttosto, dobbiamo vegliare su cosa succederà nel palazzo!”

“Le cose sono collegate, padre”.

“Il giovane ha ragione”, disse Frate Michel. Non aggiunse altro. Lui sapeva cosa avrebbe dovuto fare. Sacrificare tutti per chiudere il portale, i vampiri ma anche gli eventuali umani che sarebbero stati con loro.

 

Darla guardò i due suoi accoliti:

“Domani la luna sarà nera. Voglio che mi portiate la Cacciatrice. Spero che non vi farete mettere sotto da quella ragazzina. Trovate il modo”.

Calambredaine disse:

“Ai tuoi ordini”. La cosa non gli piaceva. Non era male fare il vampiro, ma non poteva tollerare di servire quei demoni assetati di sangue. E poi odiava d’Escrainville. Aveva sentito quello che aveva fatto. E se non fosse che uccidere un compagno di sangue era un crimine orribile, lui lo avrebbe fatto. In fondo, lui non aveva mai fatto molta distinzione tra il bene e il male.

 

“Aspetta, voglio parlarti!”

Erano davanti al Pont Neuf, Isabelle in ronda, e Florimonde.

“Tu sei la Cacciatrice, vero?”

“In persona. Mi chiamo Isabelle, Isabelle de Frossenac”.

Florimonde trasalì: era un de Frossenac quello che aveva usurpato le proprietà di suo padre.

“Sono la figlia rinnegata del duca di Frossenac. In realtà io sono figlia solo di mia madre, una potente strega. Mia nonna lo è ancora di più”

“Io voglio aiutarti, mio padre mi ha detto che si sta preparando qualcosa di terribile”.

“La stessa cosa che dice mia nonna, ma tu non devi essere coinvolto, questa è una lotta terribile”.

“Anche la mia famiglia è coinvolta. Vogliono usare il mio palazzo come portale per le forze demoniache”.

“Per farlo devono usare un incantesimo potente. I vampiri sono forti, ma non abbastanza per poter fare qualcosa del genere. Tra loro ci sono esseri come Darla, che è intelligente, ma anche semplici mostri dotati di forza bruta. Ci deve essere dell’altro”.

“In ogni caso mio padre e mia madre sono tornati prima perché messi sulla strada giusta da frate Michel”.

“Cosa ne può sapere un frate di questo?”

“Sente le presenze e sa che qui sta per succedere qualcosa di terribile. Ha avvisato mio padre…”

“Tanto comunque devo andare da sola!”

 

D’Escrainville si era allontanato dal suo socio. Non lo sopportava. Lui voleva vendicarsi su tutto e tutti. Si fermò. In quel palazzo c’erano delle ombre. Li avrebbe riconosciuti tra mille. Lui e lei erano lì, e non erano soli, c’erano con loro un ragazzo e una ragazzina.

Magnifico… Fece un fischio per convocare i vampiri della zona, avrebbe avuto la sua vendetta.

 

Honorine si ricordò che doveva portare il latte ai gatti. Amava tutti gli animali, in particolare quegli esseri tanto vituperati da sciocche superstizioni. Si affacciò fuori dalla casa. E un mostro le fu addosso e la strinse:

“Piccola bastarda, pagherai quello che mi hanno fatto i tuoi genitori!”

Anche Cantor uscì e fu aggredito anche lui dai vampiri e trascinato via.

D’Escrainville era soddisfatto: la sua vendetta era iniziata. Si sarebbe vendicato.

“Fermo lì!” Quel dannato scocciatore di Calambredaine e i suoi erano davanti a lui.

“Portiamoli da Darla e il Maestro, ci servono per il rituale!”

D’Escrainville sbuffò ma poi pensò che ci sarebbe da divertirsi anche così. Trascinò via i due ragazzi aiutato dai suoi uomini.

Joffrey ed Angelica uscirono appena in tempo per vedere i loro due figli sparire nella notte circondati dalla corte vampirica.

“Dobbiamo andare da loro!”, disse Angelica.

 

Florimonde ed Isabelle arrivarono poco dopo nel palazzo dei conti di Peyrac, senza sapere che erano sopra l’inferno.

“I vampiri si sono presi tuo fratello e tua sorella!”

“Sono qui sotto… il loro covo è qui sotto”, disse Isabelle.

Frate Michel stette in silenzio: ci sarebbero stati dei morti innocenti tra gli umani. Ma il male non poteva risvegliarsi, i vampiri non avrebbero più avuto limiti ed avrebbero dominato sulla terra.

 

Darla sorrise guardando Honorine. Poi guardò d’Escrainville:

“Non sei neanche in grado di riconoscere il sangue del tuo sangue quando lo vedi… quella ragazzina è tua figlia, vedo chiaramente tutto. Il frutto di quello che hai fatto a sua madre. Magnifico, sarà un’ottima vampira, non la utilizzeremo per il rituale, ma sarà dei nostri”.

Honorine guardò con terrore i due vampiri.

“Mi sa che hai visto giusto, mia signora…”, disse d’Escrainville, “mi ricordo cosa feci a tua madre mentre era sulla mia nave ed io ero ancora un uomo. Quanto mi divertii a torturare tua madre..”

Honorine gridò e Calambredaine si buttò su Escrainville:

“Prova a toccarla ancora e fai una brutta fine…”

“Tu uccideresti un tuo fratello di sangue tradendoci tutti?”

“Sì, se fosse necessario… Comunque dobbiamo prepararci al rituale, gli ordini sono chiari!”

“Manca solo un’ospite”, disse Darla, “la Cacciatrice…”

 

“Ho scoperto dove sono Darla e gli altri vampiri”, disse Margot de Bertaux, “si nascondono nel sotterraneo del palazzo di rue de Beaufort”

“Il nostro palazzo”, disse Angelica, “si sono rifugiati lì”

“Per forza”, rispose Joffrey, “sotto c’è uno degli ingressi dell’Inferno. Io riuscivo a tenerlo sott’occhio, ma purtroppo adesso temo che la situazione possa precipitare”.

“Io vado sotto”, disse Isabelle dirigendosi fuori.

“Isabelle, potrebbe essere una trappola”, disse Florimonde seguendola.

“Lo so, ma non possiamo correre rischi. Tuo fratello e tua sorella sono nelle mani di quei vampiri, che stanno preparando qualcosa di terribile!”

Margot attese che la nipote se ne fosse andata, e poi disse ad Angelica e Joffrey:

“Mi serve il vostro aiuto per fare il cerchio per un incantesimo di protezione. Seguiamoli, porto dietro questo mio libro di pergamena per ricordarmi le parole!”

Frate Michel scivolò dietro di loro. Sapeva cosa avrebbe dovuto dire. Strinse il libretto rilegato in pergamena di chimera che aveva sotto il braccio, nascosto nella veste.

In fondo le cose non sarebbero andate male. Forse gli esseri umani potevano essere ancora salvati. Ma in caso contrario..

 

Londra oggi.

“In pratica signor Merlot lei ci sta dicendo che c’è da chiudere definitivamente un portale infernale a Parigi?”, disse Gilles

“Sì per farlo c’è bisogno di una strega potente, più potente di quella che lo chiuse momentaneamente. Altrimenti lui tornerà”.

“Lui chi?”, chiese Willow.

“D’Escrainville, uno dei peggiori vampiri mai esistiti. E gli altri demoni lì sigillati. Sono morti e non morti e possono riprendere vita”.

Gilles prese uno dei suoi libri e guardò le notizie che aveva. Quell’uomo gli stava dicendo il vero. Ma credeva che fosse una leggenda di tempi andati. E lui cosa poteva essere?

 

Isabelle era andata avanti verso il sotterraneo, ma Florimonde non l’aveva persa di vista.

“Io sono una Cacciatrice devo fare io, tu non puoi fare nulla!”

“Dimentichi che hanno preso mio fratello e mia sorella! Tutto questo è anche un problema mio. Non è solo la tua missione!”

 

Il cortile del palazzo di Beaufort, nel Marais, metteva soggezione. Florimonde pensò per un attimo che avrebbe potuto essere inquietante vivere lì. Lui ormai era abituato agli spazi del nuovo mondo, Parigi era affascinante ma i secoli a volte lo opprimevano.

“Mio padre dice che si può entrare nei sotterranei sia dal pozzo che dalle cantine!”, disse Florimonde.

“Allora io vado avanti, tu resta indietro!”

“No, non ti lascio sola”.

Florimonde strinse a sé Isabelle e la baciò.

Lei si ritrasse e lo schiaffeggiò.

“Scusami… volevo farlo almeno una volta nella vita”

“Non ti conviene innamorarti di me!”

“Non importa. Non ti dimenticherò mai, qualunque cosa succeda!”

Isabelle gli sorrise: poteva esserci una sola cosa da ricordare nella sua vita di Cacciatrice. Un’unica cosa, anche solo quella notte.

Di colpo due vampiri saltarono addosso ai due ragazzi.

“La nostra Signora ha visto giusto, stavate arrivando!”, disse uno dei due. Isabelle lo trafisse con il paletto e poi ingaggiò una lotta con l’altro. Ma vennero fuori altri quattro vampiri, che misero lei e Florimonde in minoranza.

Li trascinarono nel sotterraneo.

Il Maestro, vecchio come la notte dei tempi, li guardò sorridendo. C’erano anche legati Cantor ed Honorine.

“Tra poco il vostro sangue servirà ad aprire il portale demoniaco.”

Anche Darla sorrideva. Ma non avrebbe voluto che Florimonde morisse. Era troppo bello quel giovane fiero. Sarebbe diventato il suo childe, lo avrebbe ammaestrato a dovere.

“Credo sia il caso di iniziare con questa sgualdrinella in erba”, disse d’Escrainville afferrando Honorine. “Ma prima vorrei trattarla come ho trattato sua madre a suo tempo” e si scagliò contro la ragazzina.

Isabelle riuscì a divincolarsi e si buttò contro di lui, aiutata da Florimonde, che aveva approfittato di un attimo.

“Un’altra con cui divertirmi, cara la mia cacciatrice”, disse lui cercando di atterrarla. Poi si accorse che anche Florimonde ce l’aveva con lui. Non poteva perdere quest’occasione, uccidere il figlio di coloro i quali lo avevano dannato.

Si avventò contro, ferendolo. Il sangue del ragazzo cadde per terra e ci fu un forte tremito. Il portale si stava aprendo.

Isabelle approfittò della rabbia di d’Escrainville e della sua disattenzione per trafiggerlo alle spalle con il paletto. L’ex pirata si dissolse in una nuvola di polvere, maledicendo ancora una volta le donne. Ma una parte di lui rimase ancorata lì, in attesa del risveglio dei demoni.

“Era uno dei miei migliori adepti!”, disse il Maestro ricordandosi la sua trasformazione.

 

Frate Michel entrò nel sotterraneo e prese in mano il volume.

“Vi fermerò tutti. Orain, fers tein thin et distructor…”

 

 

In quell’istante Angelica, suo marito e Margot erano arrivati fuori.

“Dobbiamo iniziare con il rituale. Purtroppo stanno iniziando ad aprire il portale”, disse Margot.

Joffrey si ricordò delle tradizioni che aveva sentito dire su quel portale demoniaco.

“Basterà un rituale?”

Margot stette zitta un attimo. Il sangue di una Cacciatrice poteva suggellarlo. O poteva aprirlo a seconda del rituale.

Ma poi vide frate Michel:

“Vuole fermare i demoni e i vampiri sacrificando anche noi esseri umani…”

Joffrey recuperò lo slancio dei suoi tempi di pirata buttandosi addosso al frate.

“Tu sei venuto a cercare il mio aiuto, non puoi uccidere i miei figli!”

“Devo fermare i demoni, è la Signora che me lo ordina!”

“La tua Signora non è la mia”, disse Margot, “la mia Signora non può ordinare un massacro di innocenti!”

“demonicus!”, aggiunse Frate Michel. Un rombo bilanciò quello di apertura del portale.

 

Desgrez era nella sua abitazione quando sentì quelle vibrazioni. Aveva voluto e dovuto tenersi fuori. Ma non poteva più aspettare. Qualcosa lo attirava verso la casa in cui era vissuta lei. Anche solo per un ultimo giro.

 

“Tua figlia è in gamba!”, disse Darla.

Isabelle si voltò, mentre cercava di lottare contro alcuni vampiri.

“Meraviglioso, allora ci aiuterà ad aprire il Portale!” disse un uomo che era rimasto in disparte.

Isabelle trasalì: era suo padre, De Frossenac.

“Con tua madre non sono riuscito ad aprire i segreti della Magia Nera, ma con te potrò farlo!”, disse lui avanzando verso la figlia. “Conosco la tua missione, sono un uomo, non puoi farmi niente. Sarò a fare qualcosa a te”.

Estrasse un pugnale ricurvo e avanzò verso Isabelle iniziando a recitare una nenia in una lingua perduta.

Dal pugnale partì una luce azzurra, che colpì Isabelle e poi rimbalzò indietro facendo vacillare De Frossenac.

In un angolo Margot sogghignò:

“Lei non è tua figlia. Non lo è mai stata… Lei è la figlia del Dio dell’estate, non tua…”

Poi cercò di ricordare le parole. Ma erano due gli incantesimi che doveva fronteggiare, uno più forte dell’altro.

E da un lato il portale si apriva, mentre un pezzo di catacombe aveva già iniziato a crollare, seppellendo i meno celeri tra i seguaci del Maestro e di Darla.

Isabelle cercò di colpire De Frossenac con il paletto. Ma lui per un attimo fu più veloce. Riuscì a ferire la figlia, prima di ricadere per terra e di cominciare ad essere inghiottito dalla terra.

Fu Darla ad avvicinarsi al duca.

“Non dovevo fidarmi di te. Ora i nostri fratelli sotto banchetteranno con te. Finirò io il rituale con tua figlia, dando lei al Demone!”

Il duca de Frossenac emise un urlo disumano. Sotto la terra qualcuno aveva già iniziato a divorarlo.

Florimonde urlò e si buttò in mezzo.

“Ragazzo”, disse Darla, “ormai non puoi salvare la tua bella, né i tuoi fratelli. Noi cammineremo di nuovo sulla terra. Non c’è modo di fermare il portale. Il tuo e il suo sangue lo stanno già aprendo!”

 

Joffrey cercò di buttarsi nella mischia. Alcuni vampiri erano caduti, sotto le pietre dall’alto o inghiottiti dalla terra, ma il portale si stava aprendo, e qualcosa di disumano cominciava ad uscire:

“Non posso lasciare che i miei figli muoiano! Ci deve essere un modo per fermarli!”

“Esisterebbe un modo. Due incantesimi del genere, di apertura del portale e di distruzione totale, potrebbero essere fermata dal sacrificio di un vampiro, che accetti di chiudere il portale e legarsi ad esso, salvando tutti gli altri, in attesa di incontrare una strega più potente di me, che lo sigilli definitivamente, liberandolo ed uccidendolo. Ma è un’ipotesi impossibile, dubito che i vampiri saranno mai dalla nostra parte”.

 

Darla lanciò uno sguardo a Florimonde:

“Tu sarai mio, dovessi cercarti per secoli…”

 

Nicola Calambredaine guardò quel giovane. Era suo figlio, figlio di quel suo antico amore. Lui sentiva che lei era lì da qualche parte.

Avrebbero camminato sulla terra loro demoni. Ma lui non voleva.

Si scagliò avanti, mettendosi tra Isabelle e De Frossenac, ormai quasi completamente inghiottito dalla terra e lo finì.

“Sei pazzo!”, disse il Maestro, “tu blocchi tutto! Darla, lui forse sa!”

Con un urlo disumano Nicola si mise sopra una botola che si stava delineando per terra. Di colpo tutto si bloccò.

“Ci ha rinnegati!” disse il Maestro, “fuggiamo!”

I sotterranei cominciarono a tremare di nuovo, Isabelle cercò di inseguire Darla e il Maestro, ma fu separata da loro da un paio di blocchi che cadevano.

Darla giurò che sarebbe tornata, in un modo o nell’altro. Non era una fine. E poi voleva Florimonde, quel giovane da far diventare un childe. Sapeva che un suo childe sarebbe stato il più grande vampiro d’Europa, il più grande e il più terribile.

Angelica, Joffrey e Margot entrarono nel sotterraneo per soccorrere i loro figli ed Isabel.

“Nonna, cosa succede?”, disse Margot.

“Lui non è più un vampiro. Ora è un Guardiano, noi non possiamo aiutarlo, verrà qualcuno a liberarlo e a chiudere definitivamente il tutto…”

Nicola guardò per l’ultima volta Angelica. Poi Florimonde. Gli occhi di quel ragazzo erano come i suoi per Angelica verso Isabelle. Aveva fatto quello che andava fatto. Tanto per lui la vita era una cosa perduta per sempre.

La vide andare via. Di colpo seppe quale sarebbe stata la sua missione, in attesa che qualcuno lo liberasse. Essere un Guardiano contro quel portale demoniaco…

Quando uscirono dai sotterranei del castello incontrarono Desgrez con i suoi uomini.

“Cosa succede?”, disse lui, fingendo di non provare emozione rivedendo la donna che aveva tanto amato e mai dimenticato.

“Forse per stavolta è finita!”, disse Isabel prima di sparire nella notte. La sua missione non era finita.

 

Desgrez arrivò poco dopo. Vide nel buio della notte sparire una dama dai boccoli biondi. Una dama che lo degnò di uno sguardo, trasmettendogli per un attimo nella mente il ricordo di delitti orribili.

Cercò di seguirla, ma lei si dileguò.

“Non ho avuto fortuna ma non mi arrendo. Popolerò a mio modo la terra di demoni e vampiri!”

 

Honorine si chiuse in se stessa. Non disse niente ai genitori di cosa le aveva detto D’Escrainville. I suoi fratelli le dissero:

“Tu sei nostra sorella, tuo padre è nostro padre. Il resto non conta!”

Poi nei mesi ed anni successivi, quando scrutava lo specchio cercando di capire in cosa somigliava a suo padre, cominciò a sentire dentro di sé uno strano richiamo.

Le Cacciatrici… ragazze prescelte che attraversavano il buio della notte per combattere i vampiri e i demoni. Paladine della giustizia, ancora più di quello che credeva suo padre, che aveva combattuto sui mari la schiavità e le ingiustizie. Una lotta eterna…

 

Florimonde corse dietro ad Isabel nelle notti parigine. Non voleva lasciarla, anche se lei era la Cacciatrice. Sapeva che la loro sarebbe stata una vita tormentata, forse breve, ma non si sentiva di lasciarla e dimenticarla.

La sua famiglia si sarebbe battuta per l’onore perduto e le ricchezze di un tempo. Ma a lui bastava sapere che la Cacciatrice camminava nella notte con lui, viva. E che lo avrebbe fatto ancora per molto tempo.

 

Gilles e Willow entrarono con il signor Merlot nel sotterraneo.

“Il portale è qui. So che voi siete abbastanza forti da chiuderlo definitivamente!”

Di colpo Gilles ebbe la conferma che aveva di fronte un Guardiano, un ex vampiro diventato baluardo contro le forze del male.

“Lei era l’altro vampiro creato da Darla!”

“Sì, sono stato anche questo, tanto tempo fa. Ma ora ho finito di camminare nel buio.”

“Sa cosa significa questo?”

“Che il mio cammino arriverà alla fine. Vi ho attesi per oltre tre secoli. Tanto non mi aspetta nessuno, ma forse avrò un po’ di pace!”

Gilles e Willow dissero la formula e disegnarono un triskel sul portale. Merlot, ossia Nicola Calambredaine, li guardò con serenità mentre si dissolveva.

Da qualche parte c’era lei, il suo grande amore, tutti i suoi compagni, quel figlio coraggioso e la Cacciatrice. Ora forse avrebbe avuto anche lui un posto dove stare per sempre.

Gilles e Willow uscirono dal castello. Era considerato un monumento nazionale, ma nessuno aveva voluto abitarci dopo di allora. Nessuno, tranne il Guardiano.

Si allontanarono nella notte, la stessa notte che aveva inghiottito e supportato una Cacciatrice, secoli prima.

Nel sotterraneo del palazzo ci fu un tremito. Tutto sembrava ormai chiuso e dimenticato.