IL SAPORE DELLE PIETRE

 

Di Bastet

 

 

 

Li vide in un attimo, non poteva sbagliarsi, i suoi sensi da Cacciatrice non la tradivano mai.

Erano vampiri, le creature a cui doveva dare la caccia.

Vampiri che si trovavano nel cimitero di quella cittadina della California morta e risorta da

chissà quanto tempo, dove c'era una volta e forse c'era ancora una delle Bocche

dell'inferno. La cittadina dove lei viveva una vita su cui preferiva tacere. C'erano Cacciatrici

più fortunate di lei.

Il suo compito, come quello di tutte le Cacciatrici esistenti al mondo, era di lottare contro di

loro. Da quando lo spirito della Cacciatrice era stato sparso in mezzo all'umanità non c'era

più una prescelta per generazione, ma tante. Ognuna doveva fare la sua parte, ovunque

fosse.

E lei era la Cacciatrice di quell'angolo della terra.

Si buttò all'inseguimento dei due vampiri. Non avevano il volto dei mostri, ma erano dei

loro, ne era certa.

Spike si girò verso Angel e gli disse:

“Abbiamo compagnia, è una delle Cacciatrici!”

“Non possiamo neanche stare in pace stanotte...”, rispose Angel, “e non mi va di

combattere, sono decenni che combattiamo. Ma stanotte no, non qui”.

“Uhm, noi siamo in due, ma quelle ragazze sono fortissime. Ne abbiamo conosciuta fin

troppo bene una...”, disse Spike, mordendosi subito la lingua. Erano decenni che tra lui ed

Angel c'era un certo accordo, a patto che non si parlasse della relazione che entrambi

avevano avuto con Buffy. Relazione tutt'altro che platonica e scevra di sofferenze, che era

rimasta nel loro cuore.

“Potresti aggiungere un'altra cacciatrice alla tua lista di uccisioni!”, disse Angel sarcastico.

Ma se ne pentì subito.

“Io voglio solo che ci lasci in pace!”, disse Spike.

Come un fulmine la ragazza saltò addosso ad Angel ed iniziò a pestarlo. Spike si precipitò a

difendere il suo amico, cercando di tener ferma quella furia.

Era brunetta, non ricordava Buffy, ma Faith, l'altra cacciatrice. Dovevano un giorno di questi

andare a trovare anche lei, sull'altra costa, di fronte alle torri di quella grande città.

La ragazza scalciava rabbiosa, Spike dovette scansarsi per evitare il paletto.

“Non vogliamo scontrarci con te!”

“Siete vampiri, io sono la Cacciatrice!”, disse lei.

“Avrai sentito parlare di Angel e Spike...”

Lei si fermò di colpo. Non poteva essere. I due vampiri campioni delle forze del bene.

“Credevo foste leggenda...”, disse rimanendo sulla difensiva.

“Forse siamo anche leggenda. Ma siamo storia. Senti... di vampiri e forze del male in giro

ce ne sono altri. Lasciaci in pace!”

“Voi cosa fate qui?”

“Cose nostre...”, disse Angel guardandola. Era carina, ma piena d'odio. E un braccio che si

era denudato durante la lotta mostrava dei lividi. Lividi non di vampiri, li conosceva troppo

bene.

“Vi tengo d'occhio, non mi fido di voi!”, disse la ragazza.

“Come ti chiami?”, chiese Spike.

“Carmen”.

“Un bel nome”.

La ragazza prese a seguire i due vampiri.

“Voi conoscevate la Cacciatrice Buffy?”

“Sì”, disse Spike, ridendo per un attimo sotto i baffi ricordando il significato della parola

conoscenza nella Bibbia. Uno dei tanti doppisensi su cui ci si divertiva alla fine

dell'Ottocento, quando era un poeta che voleva emulare il grande Wilde struggendosi

d'amore per una giovane irraggiungibile. Prima di diventare William il sanguinario.

“E anche Faith”, disse Angel. E anche tanti altri, troppi altri.

Quanti ragazzi aveva incontrato, soprattutto dopo essere diventato responsabile della

Wolfram e Hart, che volevano diventare vampiri per essere immortali.

Belli senza dover ricorrere alla chirurgia estetica, forti, pimpanti, sessualmente inesauribili.

Ecco cos'era l'immortalità per loro.

E lui doveva dissuarderli. Prima che fosse troppo tardi. E non sempre ci era riuscito.

Alcuni invece avevano valori diversi dalla bellezza e dalla potenza sessuale e gli avevano

detto:

“Tu sei un vampiro campione del bene, posso esserlo anch'io. In una vita non si riesce a

lottare abbastanza contro le ingiustizie di questo mondo. Ma con l'eternità davanti...”

Non c'era niente di peggio dell'immortalità, lo sapevano sia Angel che Spike.

Tutto quello che c'era di bello al mondo sembrava diventare noioso e senza senso se

durava in eterno.

Spike si era rifugiato, tra una lotta e l'altra, di nuovo nella scrittura.

E un giorno gli aveva detto:

“Alla lunga non trovo piacere neanche più nello scrivere...”

Senza una fine, ogni cosa eterna si esauriva. Ma il problema non era solo quello.

I Greci dicevano che chi moriva giovane era caro agli dei. Erano morti Wesley e Fred e

Cordelia, durante le lotte che avevano combattuto decenni prima... un soffio per Angel e

Spike, un battito d'occhio, a volte sembrava che fosse successo ieri.

Forse i Greci avevano ragione. Quando Wesley e Fred erano morti l'uno nelle braccia

dell'altra Angel l'aveva pensato. Ma in certi momenti rimpiangeva che non avessero

continuato la battaglia con loro. Rimpiangeva di non averli visti invecchiare. Ma forse no.

Era una tragedia anche quella, capire che i loro amici non erano eterni, che alla fine

funzionavano solo i rapporti con i vampiri, e nemmeno quelli, visto come aveva perduto

Darla, una delle tante pedine sacrificabili, insieme a Cordelia.

Cordelia... la vittima di un piano superiore, che per anni Angel si era aspettato di veder

sbucare da un momento all'altro. Ma non era tornata, e aveva chiesto la possibilità a Lilah

di rivederla, tutte le volte che continuava a tornare dagli Inferi per tranciare i suoi consigli,

ma non c'era stato niente da fare.

“Cordelia non era dipendente della Wolfram e Hart. E riguardo a Wesley e Fred... quello per

cui sono caduti li rende impossibili da riportare indietro!”

Ma forse era meglio se non tornavano. Comunque rimaneva troppa amarezza.

Spike pensava a Gilles. Un amico, un amico umano. All'inizio, era chiaro che non si

potevano vedere, un vampiro e un osservatore non erano tenuti alle strette di mano, anzi.

Ma poi... decenni di amicizia.

Con lui era tornato anche nella sua terra natia, l'Inghilterra. L'ultima volta, quando Giles gli

aveva lasciato i suoi libri.

“So che servono più a te e a... Angel”. Odiava ancora Angel in ricordo di miss Calendar,

quel vecchietto in quella casa giorgiana piena di libri e di piante da fiore.

Un amico perduto. Come altri.

Xander lo spaccone... anche lui fedele per sempre ad Anya. Liti e contrasti erano stati

all'ordine del giorno. Gli avrebbe volentieri spaccato la faccia. Ma ci aveva pensato un

cantiere non a norma. Una di quelle cose contro cui avrebbe dovuto lottare Gunn.

Gunn era sopravvissuto alla battaglia in cui avevano perso Wesley e Fred. E aveva preso la

decisione di darsi alla politica, per raddrizzare i torti non solo come campione del bene.

Ci credeva veramente, voleva aiutare i diversi, i deboli, gli emarginati, come era stato lui, e

come erano state tante persone che avevano incontrato sulla loro strada.

E quando Angel gli aveva esposto i suoi dubbi gli aveva detto:

“Ma come? Io cerco di completare la tua opera, non ci sono solo i demoni e le forze del

male contro cui lottare. Il male è ovunque. E non voglio creare una società utopica come

quella di Jasmine, ma solo fare qualcosa”.

Sembrava che non riuscisse a fermarsi. Era arrivato al Congresso, e si parlava di lui come di

un candidato alla Casa bianca.

I vampiri, i demoni, la Bestia non erano riusciti a fermarlo. C'era riuscita la pallottola di un

estremista, che non gradiva le posizioni di Gunn, o forse era solo la pedina di qualcosa di

più grosso, qualcosa che già in passato aveva colpito chi credeva in un mondo migliore.

Sempre cose tra umani, comunque.

Angel era davanti alla televisione quando era successo, ed aveva assistito in diretta alla

morte di Gunn senza poter far niente. E non era mai riuscito a capire cosa c'era dietro, a

volte l'umanità che doveva difendere era più ermetica della peggior dimensione demoniaca

e più corrotta della Wolfram e Hart.

E gli anziani non centravano nella morte di Gunn, ne aveva le prove.

Willow e Kennedy, le due streghe.... le sue migliori amiche, Spike le definiva senza ombra di

dubbio così.

Erano diventate come le streghe buone delle fiabe, vivendo in una casa sull'Atlantico non

distante da Salem, circondate da gatti e grimori. Willow non aveva più voluto distruggere il

mondo. Neanche alla fine, quando nel delirio credeva di rivivere la morte di Tara.

Spike poteva dire di aver conosciuto l'amore guardando Willow. E poco importava il resto,

erano tutti dettagli.

Sempre amore era.

Come aveva detto a quel demone che stava piegando diversi umani puntando su certe idee

loro estremiste:

“L'amore è amore comunque, cretino!” prima di decapitarlo.

Ma tanto, o si metteva con un vampiro, e Angel non era il tipo, o non poteva pensare

neanche a quello di amore.

Angel aveva dovuto fermare Drusilla anni prima. Lui, il suo sire, che l'aveva creata,

trasformando una pura fanciulla vittoriana in una folle assetata di sangue, era stato lui a

distruggerla alla fine, quando stava creando una coorte di vampire come lei, per risvegliare

il demone Lilith.

Poteva essere per lui un lavoro di routine, l'ennesima volta in cui scongiurava

l'Armageddon. Ma aveva sofferto, pensando a quel rapporto deviato ma coinvolgente che

c'era stato tra loro, e pensando che un sire che distrugge un suo figlio di sangue è sempre

un atto terribile.

“Tu ci hai traditi tutti, e creperai solo...”, gli aveva detto lei prima di diventare cenere.

Spike si fermò davanti ad una croce. Non la toccò, ma la guardò.

Joyce Summers. La mamma che lui non aveva avuto, la mamma di Buffy e Dawn. Se ne era

andata da decenni e decenni. Ma lui la ricordava ancora.

E vicino c'era lei.

“Ti amerò sempre Spike, non me lo puoi impedire”.

Sapeva di non poterlo fare.

Per lui Dawn era una bambina, la bambina che aveva sottratto dalle grinfie di Glory. La

sorella della Cacciatrice, e anche la Chiave.

Una bambina che era cresciuta, diventando sempre più bella.

Che mille volte era venuta da lui:

“Io amo solo te, degli altri non mi importa. Io ti amerei, non sono come mia sorella. Ti

amerei per sempre”.

E lui aveva voluto essere coerente.

Salvo poi ritrovarsi anni dopo di fronte ad una vecchietta che continuava a giurargli il suo

amore fino all'ultimo respiro, e rimpiangere di non aver colto l'attimo. L'attimo di una vita

eterna per lui, ma che sarebbe valso per tutti i secoli successivi.

Le visite ai pensionati per anziani erano diventate una costante anche per Angel.

Soprattutto per vedere suo figlio Connor.

Tutti scambiavano lui per il figlio, e come dare loro torto, come pensare che c'era stato un

tempo in cui Angel aveva stretto a sé un bimbo appena nato tolto dalla cenere della propria

madre Darla?

E Connor lo chiamava papà nell'orecchio:

“Mi hai dato una vita normale, io avrei voluto stare con te, eri tu la mia famiglia”.

Ma Angel sapeva di aver fatto la scelta giusta. Anche se aveva rimpianto Connor per tutta la

vita, per quello che non ci poteva essere tra di loro. Ma chissà, aveva pensato forse

avrebbe dovuto fare in modo che le cose andassero in un altro modo. Se c'era un altro

modo in un mondo possibile.

Alla fine Angel e Spike guardarono tutte e due nello stesso posto.

Li aveva traditi, li aveva rinnegati, se ne era andata lontana, aveva amato altre creature

soprannaturali, l'Immortale per primo.

Ma era la loro Buffy.

Per sempre.

Preferirono non dire niente. Non l'avevano più vista, non avevano più voluto vederla.

Volevano ricordarla giovane come quella ragazza che li aveva aggrediti, tra le loro braccia o

a combatterli.

Non vecchia. Buffy non poteva essere invecchiata, non poteva essere morta senza una

Willow che la riportava in vita.

Ma sapevano che il suo ultimo pensiero era stato per loro.

Carmen la cacciatrice disse:

“Ma è vero quello che si racconta, che lei è stata...”

Angel cercò di obiettare, ma Spike disse:

“Sì. E l'abbiamo amata entrambi, ti pare strano?”

Carmen si tirò indietro.

“Prima di cacciare noi devi cacciare chi ti fa questo!”, disse Angel guardandole i lividi.

La ragazza tremò, cercando di non piangere.

Le Cacciatrici potevano essere molto fragili, e non solo quando ti cadevano tra le braccia

per diventare la più appassionata delle amanti.

Angel e Spike si guardarono.

Il loro lavoro non finiva mai.

C'era qualcun altro da proteggere e da difendere. C'era sempre qualcuno, come i loro amici

di sempre.

Qualcuno che si sarebbe allontanato da loro, poi, o che avrebbero visto essere preda della

mortalità, la cosa che loro non avevano.

Era il loro destino, non potevano farci niente.

“Noi ti possiamo aiutare per questo ed altro. Questo è il nostro compito!”

La ragazza si riprese. Forse poteva fidarsi di loro, erano o non una leggenda?

Si allontanarono insieme.

Non volevano affezionarsi a Carmen.

Un giorno di lei sarebbe rimasto un ricordo nella pietra, un sapore che echeggiava lontano

in posti come quel cimitero.

Ma sapevano già che non era possibile non affezionarsi a chi dovevano difendere. E anche

provare per loro qualcosa in più. Questa era la loro maledizione.