LA VAMPIRA DEL BOSCO
Di Bastet
Autore Elena Azusa
Genere: Cross over Buffy
Lady Oscar
Rating R per violenza e
riferimenti sessuali
Riassunto: da leggere dopo
Rosa con spine, contiene riferimenti alla fanfiction precedente.
Pierre si sentiva stufo di
tutto, soprattutto di queste donne stronze che ormai non lo consideravano più
di un solo sguardo.
Ma chi si credevano di
essere? Volevano la parità dei sessi, volevano lavorare fuori casa (sua madre
le giudicava svergognate, santa donna che aveva dedicato la vita al marito e al
figlio), volevano decidere di mettere fine ad una storia, di stare da sole, di
non volere un figlio. Tutte pazze.
Quella sera voleva fare
qualcosa di più grosso che investire qualche gatto o cane, o magari torturarlo.
Voleva tornare a prendere una donna e farle vedere chi comandava.
Era notte buia, tirava
un’aria gelida, ma lui correva sulla sua Renault sulla strada nazionale che
fiancheggiava la foresta di Fontainbleau. Se non ricordava male un po’ più in giù
c’era un bar, ci sarebbe stata qualcuna da rimettere in riga.
Di colpo i fari
illuminarono sul bordo della strada una ragazza giovane, con un abito bianco e
lunghi capelli biondi.
Perfetto… Si fermò e si
sporse dall’auto:
“Ehi, ti va compagnia?”
“Oh sì…” disse lei sorridendogli.
Pierre sogghignò. Facile.
Probabilmente era una mezza pazza come quella che aveva ridotto in fin di vita
due anni prima. Quanto si era divertito…
La vide avvicinarsi, era
giovanissima. Chissà come era stretta ed umida, da farla urlare.
Ma ad urlare fu lui, quando
la ragazza cambiò espressione, per diventare qualcos’altro.
Pierre si ricordò di tutto
il male che aveva fatto, mentre quella ragazza gli succhiava via ogni goccia di
sangue e lo sbranava, senza pietà come lui aveva avuto con le sue vittime,
donne o animali.
Charlotte si tirò su. Era
della stessa razza del duca de Guiche, quel verme. Ma non saporito come lui. Si
allontanò verso il bosco, aveva fiuto a trovare i bastardi. E che soddisfazione
divorarli. Lui era molto peggio di lei.
Il tenente di polizia André
Grandier cercò di trattenere un conato di vomito. La sua pattuglia aveva
ricevuto una segnalazione da un autista di TIR olandese e mezzo ubriaco, che
diceva di aver visto sul lato della strada un probabile incidente.
Non era la prima volta che
vedeva una cosa del genere. Per i primi dieci anni della sua carriera aveva
lavorato sui Pirenei, sopra Tolosa, e aveva trovato un paio di cadaveri
sventrati e dissanguati. Un serial killer… da qualche parte c’era un serial
killer. Ma il suo capo, l’arcigno Bouillot, non gli aveva creduto. E poi
l’aveva trasferito a Parigi, con la scusa di una promozione, perché gli
sembrava troppo ossessionato da storie strane.
Due cadaveri sventrati e
dissanguati… uno spacciatore (sarà stata una vendetta tra bande, aveva
liquidato Bouillot) e una vagabonda. E poi c’era la storia di sua sorella
Babette, la sua sorellina, scomparsa quando erano piccoli, ma che lui era stato
sicuro di aver visto girare ancora anni dopo intorno a casa sua, identica a come
era allora. E lo chiamava, lo chiamava, finché una sera sua nonna non era
uscita con in mano qualcosa di legno, ed era rientrata tutta sporca di sangue
dicendo semplicemente è finita…
Non sapeva se aveva sognato
tutto oppure no. André faceva tanti sogni, ma qualcosa di vero ci doveva
essere.
Si riscosse.
Tarik, il suo collega,
disse:
“Guarda chi abbiamo: una nostra vecchia conoscenza! Pierre
Faux, il maniaco sessuale. Alla faccia della fine!”
Una vendetta o cosa? Sembrava
che qualcuno di non umano si fosse accanito su di lui.
Di non umano, come una
bestia.
“Rimuoviamo tutto”.
“Calma, André, tra poco arriva la Scientifica”.
Pochi minuti dopo arrivò
un’auto, da cui scesero tre persone.
“Siamo della Scientifica, abbiamo cercato di fare il prima
possibile”, disse una di loro, una donna dai lunghi capelli biondi, vestita
sobriamente.
André rimase per un attimo
senza fiato. C’era un qualcosa di più remoto di quella notte con suo fratello,
che affiorava dentro di lui di fronte a quella giovane donna.
“Voi siete i tenenti Grandier e Moussaif, vero? Io sono la
dottoressa Françoise de Jarjayes, dell’Istituto di Medicina legale, e questi
sono i miei aiutanti Alain Soissons e Hubert Da Guie. Se volete scusarci, spero
che collaboreremo…”
Poteva aiutarlo a fargli
capire cosa succedeva. Lo sentiva, guardando quegli splendidi occhi azzurri e
quei meravigliosi capelli biondi. Ma c’era dell’altro. Jarjayes… lo stesso
nome, gli stessi occhi, gli stessi capelli, tanti e tanti anni prima…
Era sazia, ma non si era
allontanata. Le piaceva immaginare le prossime prede.
Ma in quel momento il suo
cuore morto aveva avuto un attimo di subbuglio.
Era tornata, la splendida
madamigella Oscar era tornata. E sarebbe stata sua, l’avrebbe resa come lei.
Quanto l’aveva amata e
sognata.
“Avrei voluto sposarmi tra qualche anno, quando mi fossi
innamorata di qualcuno gentile e affascinante come voi, madamigella Oscar…” le
aveva detto quando era ancora umana.
Poi era cambiata, era
diventata depositaria del dono oscuro.
Ed ora avrebbe trovato
qualcuno con cui dividerlo.
E magari non sarebbero
state sole.
Charlotte tirò indietro i
capelli biondi. Era splendido essere una creatura della notte, anche quando
l’angoscia ti attanagliava.
“Charlotte de Polignac. Ancora attiva e pericolosissima”,
disse Gilles alzando lo sguardo da un libro risalente a metà Ottocento, nella
biblioteca della sua casa di Londra ora nuova sede del Consiglio degli
Osservatori.
“Credo sia uno dei pochi casi di vampira nata da un corpo ormai
morto. L’ha creata Darla, se non ricordo male”, disse Willow.
“Ed è temibile. Willow… te la sentiresti di venire a Parigi
con me? Credo che dovremo anche localizzare le nuove cacciatrici”.
“Parlate di Parigi?”, disse Dawn, appena entrata nella biblioteca
della casa dove viveva in pianta quasi stabile.
“Sì”, rispose Gilles.
“Vorrei venire anch’io con voi”.
Willow e Gilles esitarono.
Ma Dawn poteva essere utile nella loro ricerca.
“D’accordo, ma seguirai esattamente le nostre istruzioni”.
“Ci potete contare!”
Françoise de Jarjayes
scosse la testa: la scena del crimine non presentava nessuna traccia evidente
di chi potesse aver fatto un simile scempio. Aveva esaminato quel che rimaneva
del corpo di Pierre Faux: poco o niente.
Nel suo studio aveva foto e
riscontri di quello che possono fare certi animali selvatici: ma nemmeno l’orso
grizzly o il coccodrillo dell’Australia sarebbe riuscito a fare una cosa del
genere. Sbranato e dissanguato.
Françoise si ricordò di
aver sentito di casi analoghi. Tra l’altro la strada era trafficata fino ad un
paio d’ore prima, e per fare una cosa del genere ci sarebbero volute ore… Senza
contare il mistero su dove fosse finito tutto il sangue.
Qualcuno bussò alla porta.
“Dottoressa? Sono il tenente Grandier, le ho portato il
fascicolo su Pierre Faux”.
“Grazie mille”.
Per un attimo i due si
guardarono. Qualcosa di remoto passò tra di loro. Poi si riscossero.
“Sarò felice di aiutarla”, disse Grandier.
“Certo”.
Pierre Faux era tutto
tranne che un santo. Ma credere ad una vendetta era molto strano. Non
perpetrata in quel modo.
André Grandier disse una
cosa:
“Non è la prima volta che vedo una cosa del genere. Nel
nostro lavoro abbiamo a che fare con serial killer ed affini, ma ci deve essere
qualcosa o qualcuno che riduce alcune sue vittime in questo modo”.
“Ha una teoria?”
“Mi dia pure del tu… Ci sono stati altri omicidi del genere.
Io non credo che sia un assassino umano, non del tutto…”
“In che senso?”
“Mia nonna mi raccontava le leggende del Poitou, sua terra
natale… parlavano di non morti che si nutrono dei vivi e che riducevano alcune
loro vittime così”.
“Mi stai parlando di vampiri, Grandier? Ho adorato sia i
romanzi di Anne Rice che il film di Francis Ford Coppola, ma sono leggende”.
“Non proprio. Hai mai sentito parlare Jarjayes delle
cacciatrici e degli osservatori…”
“Materia per fare serial televisivi di genere fantastico.
Carucci, ma io mi diverto di più con Ally Mac Beal e Sex and the city”.
“Jarjayes, queste storie sono vere. Mia nonna può
confermatele”.
Françoise rimase stupita.
La sua nonna paterna era morta durante la guerra a causa della sua attività di
partigiana, mentre sua nonna materna, protagonista del jet set, era rimasta
vittima di un incidente stradale di ritorno dal casinò di Montecarlo una ventina
d’anni prima.
“Se vuoi possiamo andare a parlare anche con tua nonna. Dove
abita?”
“Nella campagna vicino a Poitiers. Ha quasi novant’anni ma
vive da sola con i suoi gatti”.
“Mi piace già. Ma capisci, qui bisogna usare la razionalità.”
“Ma è una storia vera”
Gilles, Willow e Dawn
uscirono dalla Gare de Lyon: il viaggio sotto il tunnel della Manica era stato
veloce ed interessante. Avrebbero alloggiato in un albergo al Marais e si
sarebbero messi subito al lavoro.
Gilles ricevette un sms:
“Viene da Faith in America. C’è il nome di una potenziale
cacciatrice: Françoise de Jarjayes, 28 anni, agente della polizia scientifica
ed erede di non so quale nobile famiglia. Mi ha mandato una mail con tutti i
dati, quando arriviamo in albergo controllo subito”.
“De Jarjayes…”, disse Willow, “il nome non mi è nuovo”.
“Un nome nobile”, disse Gilles, “comunque credo che questa
signorina riceverà la nostra visita”.
Martine si sedette sul
water sconsolata, il test di gravidanza in mano. Positivo. Era stata idiota a
non chiedere la pillola del giorno dopo subito, appena dopo quella serata, in
cui quel bastardo e i suoi due amici l’avevano violentata. Suoi ex compagni di
scuola.
Ed ora era tutto un gran
casino. Doveva fare presto. Non voleva una cosa del genere, il frutto di una
violenza.
Era ormai tardi per pensare
di andare dal ginecologo. Lo avrebbe fatto l’indomani.
Ma non riusciva a stare a
casa. Sua madre era fuori con le colleghe per una cena. A due passi c’era il
parco di Sceaux. Voleva stare un po’ tranquilla.
Le ombre della notte
stavano già avvolgendo gli alberi, mentre Martine entrò ed iniziò a vagare.
Tanto ormai il peggio era successo.
Charlotte si sentiva sola.
Voleva compagnia. Era difficile arrivare a Madamigella Oscar, ma lo avrebbe
fatto.
Era tanto che non veniva in
quella zona. Ricordava il ballo a cui aveva partecipato al castello di Sceaux
due secoli prima. Quel mondo non esisteva più da tanto tempo.
Ad un certo punto si
scosse. C’era una ragazza. Non era madamigella Oscar, ma era bella. Bella e
triste.
Avrebbero potuto passare
del tempo insieme.
“Ciao, vuoi essere mia amica?”
Martine si scosse di fronte
a quell’apparizione quasi ultraterrena. Era bellissima.
Charlotte si avvicinò a lei
e la abbracciò. I suoi denti vennero fuori.
Non era andata come
previsto. Non era riuscita a trasformarla. Era morta. E da lei era uscito un
parassita, che aveva bloccato la sua trasformazione. Charlotte sapeva, aveva
visto di chi era colpa. Quei tre bastardi non avrebbero visto la luce del sole.
Mathieu, Jacques e Jean si
stavano divertendo. La tipa era quasi cotta al punto giusto, aveva bevuto
parecchio con loro in discoteca e sembrava decisa a seguirli. Era andata certo
meglio che con quella smorfiosa di Martine, ma del resto lì era una vendetta per
aver fatto la sostenuta con loro ai tempi del liceo.
Non restava che appartarsi.
Quando le strapparono di
dosso la camicetta, la stronzetta cominciò ad urlare.
Merda, dovevano farla
tacere. Le furono addosso, tappandole la bocca.
“Non volete giocare anche con me?”
Era giovane, giovanissima.
Beh si sarebbero divertiti anche con lei.
Arlette, la loro ultima
vittima stava per terra quando non si trovò più addosso gli aggressori. Alzò la
testa e vide una ragazzina bionda con i capelli lunghi, ma non era più una
ragazzina, era un’altra cosa, che si avventava contro di loro. Uno fu ucciso a
pochi passi da lei, gli altri due poco lontano. Udì le loro urla nella notte.
Arlette stette immobile.
Quella creatura si avvicinò.
Charlotte aveva ancora fame
ed era sola.
Ma quella ragazza non era
il suo tipo:
“Per questa volta vattene!”
Françoise era arrivata a
casa, aveva coccolato le sue due gatte, si era fatta una doccia e poi si era
messa in poltrona a leggere. Da sempre adorava leggere libri sul Settecento e
la Rivoluzione francese. Doveva essere stata un’epoca interessante come vivere,
anche se una donna allora non avrebbe mai potuto entrare nella polizia o fare
il medico legale.
Del resto, i cambiamenti
che avevano permesso alle donne di poter conoscere quel tipo di libertà erano
proprio iniziati grazie alla Rivoluzione francese. E a tutto quello che era
successo dopo, compresa la guerra partigiana, in cui aveva perso la vita sua
nonna, morta come un’eroina. Anche a nonna Margot piaceva la storia della
Rivoluzione francese. Tra le sue carte era stata trovata una biografia
incompiuta di Maria Antonietta, che Françoise stava cercando di rimettere
insieme. Anche se ormai i libri in argomento si sprecavano.
C’era qualcosa di più nella
sua vita legato a quello: ricordi, sogni, una sensazione di dejà vu fortissima
la prima volta che era stata a Versailles. E quel Grandier… un tipo
stravagante, ma c’era qualcosa in lui che la attirava irresistibilmente.
Chissà se era vera la
storia della reincarnazione. Françoise era sempre stata anticonformista,
giocava con i soldatini invece che con le bambole, sportivissima, dal nuoto
alle arti marziali all’equitazione, e molto razionale, dato il lavoro che
faceva. Ma la reincarnazione era l’unica cosa che la affascinava e la
convinceva di tutto quell’ambaradan di credenza che andavano ultimamente per la
maggiore.
Magari era davvero già
vissuta all’epoca della Rivoluzione francese.
Aprì il portatile e digitò
qualcosa per la storia delle cacciatrici e degli osservatori. Oltre ad una
serie di siti di storie e di riferimento a telefilm (uno di quelli l’aveva
anche intravisto forse, ma lei continuava a divertirsi di più con le peripezie
di Carrie e delle sue Manolo Blahnik, aveva bisogno di rilassarsi dopo una
giornata di indagini ed autopsie!) c’era un sito che sembrava serio
sull’argomento.
Con la foto di un
responsabile del gruppo, un inglese, tale Rupert Gilles, un tipo affascinante,
poteva sembrare un Hugh Grant più vecchio, uno dei suoi attori preferiti,
ricordava le risate che si era fatta con Quattro matrimoni e un funerale e
Bridget Jones.
Parlavano di ragazze
prescelte, di vampiri, di demoni. O era tutto un gigantesco scherzo, tipo la
storia della strega di Blair o c’era qualcosa di vero.
Françoise però si sentiva
stanca. Spense il computer e si attaccò il dvd di Notting Hill. Chissà magari
un giorno o l’altro avrebbe aperto una libreria specializzata in libri sul
Settecento nel quartiere Latino a due passi da casa sua.
Il telefono suonò: era
presto, non erano neanche le sei.
Sam e Ally, le sue due
gatte, arrivarono sulla sua pancia.
Françoise rispose:
“Ciao, sono Grandier. Ci sono stati alcuni omicidi che si
rifanno alla mia teoria. Sta colpendo di nuovo”.
Era stato il padrone di un
cane a trovare Martine Fouchère, 19 anni, morta dissanguata e reduce da un
aborto spontaneo. Mentre erano stati due operai stradali a trovare gli altri
tre morti, a neanche due chilometri di distanza. I tre morti ed una ragazza,
Arlette Prat, in stato di choc.
“Jarjayes, qui c’è qualcosa di più di quello che ti può
spiegare la razionalità”.
“Faremo tutte le indagini del caso.”
“Mia nonna ci aspetta dopodomani, sabato”.
“Va bene”. Françoise sentiva che non poteva trascurare
nessuna pista.
“Tre simpaticoni anche questi tre”, disse André Grandier
chiudendo il fascicolo sui tre ragazzi fatti a brandelli.
“Ho letto”, rispose Françoise de Jarjayes, “avevano
precedenti per molestie, violenze sessuali, aggressioni razziali e abuso di
alcol. Senti, e se ci fosse un giustiziere, tipo quelli che ogni tanto se la
prendono con le prostitute o i barboni?”
“Ipotesi interessante. Ma non credo che nessun essere umano
possa fare quello che abbiamo visto. Comunque ho letto il diario di Martine:
pare che fosse stata stuprata dai tre simpaticoni, e dal test di gravidanza che
abbiamo scoperto probabilmente era rimasta incinta”.
“Lei come te la spieghi?”
“Come spieghi tu quei due buchi sul collo e niente sangue?
Arlette Prat è ancora in stato di choc, ma forse riesce a parlare”.
“Allora magari andiamo da lei”.
Arlette Prat non era del
tutto uscita dallo stato di choc.
“Quelli mi sono saltati addosso, volevano violentarmi, sono
stata cretina a fidarmi di loro.. e poi è arrivata lei, era bionda, ma non era
una ragazza, era un’altra cosa!”
“Una ragazza che fa questo?”, disse incredula Françoise.
“Una ragazza o una vampira…”, disse André. Non aveva dubbi.
Quei segni sul collo erano inconfondibili. Ricordava cosa gli diceva sua nonna.
Anche le cose che non ricordava prima. E poi c’erano quegli altri sogni, su lui
e Françoise. Tutto doveva mettersi insieme in qualche modo.
“Domani andiamo da mia nonna, che ne dici?”
Françoise passò ancora
dall’ufficio prima di andare a casa. Voleva raccogliere un po’ di materiale da
studiare.
Era una storia pazzesca.
Aveva visitato di nuovo quel sito, che era certo meno delirante di altri che
aveva visto. Sembrava una storia vera quella delle cacciatrici, dei vampiri e
degli Osservatori, ed era suffragato da una serie di prove di fatti misteriosi.
Sembrava molto ben fatto e
documentato. Ma del resto Didier, il cugino di una sua collega, aveva messo on
line un sito sui folletti e le fate nel Massiccio centrale, documentatissimo,
che poi si era rivelato una bufala. L’aveva ammesso ridendo alla trasmissione
radiofonica a cui era stato invitato.
Il sito degli Osservatori
parlava anche di fatti remoti, molti già avvenuti in Francia. Faceva anche un
nome, de Jarjayes, una nipote di un Jarjayes che si diceva che era stata una
Cacciatrice. Morta tragicamente in Vandea.
“Agente, possiamo entrare?”
Una voce con accento
anglosassone la scosse. Aveva perso un attimo davanti ad Internet, doveva
muoversi.
Un uomo che lei aveva già
visto e una giovane donna con i capelli rossi si erano affacciati al suo
studio.
“L’orario delle visite e dei consulti è finito per oggi”,
disse lei.
“Lo sappiamo. Io mi chiamo Rupert Gilles e lei è la mia
collaboratrice Willow Rosenberg. Vorremmo parlare con lei riguardo ad una
questione, agente de Jarjayes”.
Françoise si ricordò del
nome di Rupert Gilles. L’uomo dietro al sito degli Osservatori e delle
Cacciatrici.
“Sono un po’ di fretta, domani parto presto per Poitiers con
un mio collega”.
“Non c’è problema, possiamo raccontarle tutto anche strada
facendo”.
Françoise si sentiva come
la protagonista di quel telefilm paranormale ultra scettica, che aveva guardato
ogni tanto dopo che una sua collega le aveva detto che lei gliela ricordava. La
rossa… Scully.
I casi erano due: o Rupert
Gilles e Willow Rosenberg erano degli autori di best-seller fantasy alla
Tolkien e Harry Potter mancati, o c’era qualcosa di vero.
Ma come poteva credere nel
Ventunesimo secolo ai vampiri?
“Mi state dicendo che io sono una Cacciatrice. E come mai non
l’ho scoperto prima?”
“Perché fino a poco tempo fa poteva esistere solo una Cacciatrice
per volta, e fino alla sua morte nessuno la rimpiazzava. Ora non più: il mondo
è pieno di cacciatrici e anche chi aveva questa dote latente per tutta la vita
ora la può avere. Nel suo caso è una questione anche di discendenza. Nella sua
famiglia anticamente c’è stata almeno una Cacciatrice. La sto studiando”,
concluse Gilles.
“Mi sa che sa lei più della mia famiglia di me. So che il mio
cognome era presente anticamente, ma la mia famiglia si è poi distinta in tempi
più recenti. Mi pare tutto assurdo”.
“Non lo è”, disse Willow Rosenberg, “ e la sua assassina
seriale è una vampira, Charlotte de Polignac”.
“Polignac…. Una dama di Maria Antonietta aveva quel nome, una
sua favorita, fu anche accusata di avere con la regina una relazione lesbica se
non ricordo male”, disse Françoise.
“Si tratta della figlia di questa dama”.
“Ma avrebbe più di duecento anni!”
“Charlotte de Polignac si tolse la vitaidò nel 1779 per
sfuggire ad un matrimonio imposto. Ma fu resuscitata dalla vampira Darla, una
delle più temibili d’Europa. E da allora…”, Gilles mise davanti a Françoise
alcune cartelline con dentro fotocopie di documenti. I primi risalivano a fine
Settecento, e poi man mano si avvicinavano. Delitti come quelli che aveva visto
lei e parallelamente strane scomparse di giovani donne.
“Io non so se credervi o meno. Ma forse fareste meglio ad
incontrarvi con il mio collega André Grandier. Domani andiamo insieme a
Poitiers per incontrare sua nonna”.
“Se non è un problema ci uniremmo”, disse Gilles, “e speriamo
che Charlotte stia tranquilla”.
Françoise si sforzò di
andare a dormire presto. Nonostante questo, si rigirò parecchio prima di
addormentarsi.
E sognò… Era a Versailles e
c’era anche André Grandier, ma l’epoca era diversa dalla loro. Aveva
un’uniforme addosso e con lei c’era una giovane donna… la regina Maria
Antonietta. Tanti sprazzi venivano fuori. Il conte di Fersen, il favorito della
regina, e lei si innamorava di lui. André Grandier, il suo collega con la testa
tra le nuvole, che le dichiarava il suo amore. E poi una ragazzina… Charlotte
de Polignac che le diceva:
“Io avrei voluto sposarmi tra qualche anno… quando avrei
incontrato qualcuno gentile ed affascinante come voi, madamigella Oscar!”
La sveglia la scosse dal
sonno.
Si preparò ed uscì nella
Parigi ancora buia. Sotto casa c’era l’auto di Grandier e l’auto con Gilles e
Willow. Fecero le presentazioni e poi si avviarono.
“Avremo fatto bene a lasciare Dawn qui da sola?”, chiese
Willow.
“Ha manifestato lei l’idea di fare la turista. Pare che
voglia andare a Versailles. Posto magnifico, mi piacerebbe tornarci”, disse
Gilles.
Arrivarono a Poitiers
intorno alle undici del mattino. La nonna di André abitava fuori città, su
un’altura, in una vecchia casa che piacque subito a Françoise, a Gilles e
Willow.
Fuori c’era un orto pieno
di erbe aromatiche. E tanti gatti, fuori e dentro casa.
La nonna di André, Marie,
stava seduta in poltrona.
“Vi aspettavo da tempo, soprattutto te, Françoise”.
“Mi conosce?”
“Da tanto tempo, da un’altra vita. Tu e mio nipote vi siete
ritrovati, come doveva essere. Tu sei una Cacciatrice, ma non solo…”
Françoise trasalì. I suoi
sogni, che senso avevano.
Nonna Marie sembrò leggere
dentro di lei:
“Tu in un’altra vita ti chiamavi Oscar Françoise de Jarjayes
ed eri la guardia della Regina Maria Antonietta. Oltre ad un’eroina il cui
ricordo è avvolto nella leggenda. Dicono che moristi durante la presa della
Bastiglia, con il mio nipote di allora ed oggi, André Grandier, il tuo
compagno. Ma forse non andò così. Tua nipote è stata una cacciatrice ed è morta
in Vandea. Devi sapere che quello che sogni è tutto vero”.
Françoise sentì un attimo
come se tutte le tessere del mosaico andassero a posto. Ma come poteva credere
a quelle storie.
“Come ti ha già detto il signor Gilles, Osservatore decisamente
più simpatico di quelli che l’hanno preceduto, i vampiri esistono. La mia altra
nipote, la sorella di André era diventato uno di loro. Non ero una Cacciatrice
e dovetti ucciderlo. Sono stata anche un Osservatore, decenni fa, quando ero
giovane. Lei era mia cugina Therese. Sono stata pessima nel mio compito, morì
poco dopo… La gente pensa che io sia una specie vecchia strega di campagna
piena di gatti, che però sa usare il pc. Ma io conosco segreti. Ho conosciuto
anche tua nonna paterna, siamo state compagne di lotta partigiana. Ma questa è
un’altra storia. Comunque: ho ragione di pensare che Charlotte si nasconda nel
vecchio palazzo della famiglia Jarjayes, aveva un debole per madamigella Oscar,
come forse hai potuto vedere dai tuoi sogni.”
“Quale palazzo?”, chiese Françoise, “la mia famiglia ha uno
stabile in rue de l’Opera e una casa in Provenza”.
“Dimenticavo che neanche più tua nonna sapeva di quel
palazzo. Del resto andò in rovina all’epoca della Rivoluzione francese, quando
il generale Jarjayes impazzì e morì per il rimorso. Ho ancora tante cose da
raccontarti, per fortuna che le ho scritte sul mio pc, credo di essere l’unica
vecchietta nell’arco di parecchi chilometri ad averne uno. Si trova a
Versailles, vicino all’entrata est del parco.”
“Possibile che nessuno l’abbia rilevato”.
“Charlotte è stata resuscitata dai morti ed è potente. Non è
sola. Mia nipote Babette è solo una delle sue seguaci. Il palazzo è pieno di
vampire come lei. Ma nonostante questo soffre da sempre di solitudine. Per questo
non riesco ad odiarla fino in fondo. Per questo non riuscii ad ucciderla tanti
anni fa dopo quello che aveva fatto a Therese”.
“La uccise lei?”, chiese Gilles.
“No, l’aveva trasformata. Sono stata io”, disse Marie
abbassando gli occhi. Poi li alzò e guardò Willow.
“Vorrei parlare un attimo con te da sola, Willow”, disse.
Dawn era entusiasta dalla
visita al castello di Versailles, anche se era davvero vasto e c’era tanta
gente. Si addentrò nel parco e prese a girare. Era bellissimo.
Charlotte era sveglia nel
castello avvolto nel buio. Si sentiva di nuovo sola. Voleva qualcuno prima di
arrivare a madamigella Oscar. Che sentiva che poteva esserle nemica, ma non
importava.
Si concentrò.
Dawn imboccò un viale
alberato. Aveva fatto foto che non vedeva l’ora di mostrare a Gilles e Willow
per avere consigli e complimenti.
Ma ora sentiva di dover
andare verso di là.
Giunse in fondo al viale.
C’era un cancello di uscita dalla reggia e al di là un palazzo, più piccolo ma
non meno bello.
Dawn fece una foto, si
sentiva come quelle giapponesi fanatiche con la macchina fotografica in mano. E
poi si avvicinò man mano.
Charlotte sorrise: stava
funzionando di solo. La sua solitudine non sarebbe diminuita, ma ci sarebbe
stato qualcun altro a dividerla.
Dawn attraversò una strada
non trafficata ed arrivò di fronte al palazzo. Spinse il portone, che si aprì.
Dentro sembrava tutto
disabitato, ma c’erano mobili di pregio, di poco inferiori come qualità a
quelli di Versailles a quanto poteva capirne. Non entrava la luce del sole, e
si accorse poco dopo che quel po’ di chiarore veniva da alcune candele.
C’era un quadro enorme
nella stanza in cui era entrata: un cavaliere dai capelli biondi su un cavallo
bianco. Poteva essere un uomo… o una donna.
Dawn fu presa dal panico:
c’era qualcosa che non andava. Come mai una casa così bella non era protetta in
nessun modo.
Si girò per uscire.
Ma c’era una ragazza
davanti a lei.
“Benvenuta sorella. Sarai una di noi”.
Dawn si trovò circondata da
diverse ragazze… non ragazze, vampire.
Françoise era stata
silenziosa per tutto il viaggio. La sua unica certezza è che c’era una serial
killer pericolosa che lei doveva fermare. E che era una vampira.
Poi c’era qualcosa nel suo
passato, qualcosa di irrisolto, legato ad un’altra vita.
André Grandier la guardava.
Ripensandoci era proprio un bel tipo. Lei aveva scelto di essere single, perché
non sopportava quelle che passavano da un uomo all’altro (manco fossero tutti
divi di Hollywood) o quelle che si adattavano senza personalità al primo che
incontravano pur di non stare da sole.
Ma André poteva essere
diverso. E forse si inseguivano da più di una vita.
Giunsero a Versailles,
Gilles e Willow erano dietro di loro.
“Secondo le indicazioni palazzo Jarjayes dovrebbe essere di
là”.
Dawn si ridestò. Era
distesa su uno splendido divano e non aveva più i suoi vestiti, ma un abito
antico rosa.
Si mosse ma si accorse che
l’avevano legata.
“Tra poco quelle non serviranno più”, disse Charlotte
chinandosi sopra di lei e baciandola sul collo. Altre due vampire la
accarezzarono.
“Con noi sarai forte, nessuno ti farà più del male”, disse
Charlotte.
Dawn lesse storie di
violenza dietro a quelle vampire. Ma non poteva diventare come loro.
Un boato interruppe
l’attività delle ragazze.
Gilles, Willow e due
persone che non conosceva erano entrate.
Charlotte e le altre due
smisero di dedicarsi a lei e si avventarono sopra gli aggressori.
Willow si staccò dal gruppo
e riuscì a liberare Dawn.
“Scappa! Io devo fare una cosa!”
Le vampire erano tante ed
erano pericolose. Françoise sentiva che erano state tutte vittime di violenze,
come Charlotte. Qualcuna era stata trasformata già da morta. La stavano
sopraffacendo, André dovette andare in suo aiuto due volte, polverizzandone un
paio. Per fortuna che c’era anche Gilles.
Di colpo crollarono
entrambi sotto l’attacco di quattro vampire ciascuno.
Volevano sbranarli.
Françoise comprese per un
attimo la loro rabbia, quella che aveva spinto Charlotte contro quei maniaci.
Ma non voleva… non voleva perdere di nuovo André.
Si scagliò per salvarlo,
riuscì ad eliminare due vampire, ma poi fu atterrata da Charlotte.
Era forte, fortissima, non
era più la timida adolescente romantica che aveva incontrato la sua antenata.
Cercò di muoversi, ma anche
se era atletica, sportiva e una Cacciatrice non aveva ancora abbastanza
esperienza.
Charlotte avvicinò i denti
alla sua gola, dopo averla baciata.
“Madamigella Oscar, ti aspetto da secoli. Sei tornata da me…”
Françoise rimase immobile. Ricordò
la tristezza che l’altra lei aveva provato di fronte alla morte prematura di
Charlotte, il disgusto per la contessa di Polignac.
Ora Charlotte era diventata
questo…. Un mostro. Ma era più un mostro lei, o la vampira che l’aveva
trasformata, o la contessa di Polignac e il duca di Guise? Quanto erano mostri
queste vampire che cercavano compagnia ed uccidevano maniaci e violenti?
Françoise di colpo sentì
che non poteva combattere, che di nuovo, come allora nell’altra vita aveva
capito che il bene non era dove aveva pensato, non sempre.
Willow estrasse la boccetta
che le aveva dato Marie. Sembrava unguento di rose, ma le aveva detto che era
magico.
Lo mise intorno a sé in
circolo e tirò fuori la pergamena che le aveva dato sempre la nonna di André.
“Dea, dai la pace alle tue figlie reiette. Permetti loro di
trovare la libertà alla quale hanno ispirato, liberale da questo simulacro di
vita…” Concluse con una frase in una lingua arcaica, che nemmeno lei capì.
Di colpo ci fu un botto e una
luce accecante che travolse tutti.
Le vampire scomparvero
tutte.
Charlotte gridò e si
accasciò in un angolo.
Françoise aveva creduto di
essere morta, come quell’altra volta. C’era André che le diceva:
“Non può andare di nuovo così, non questa volta!”
Si riscosse. Era libera
dalla morsa di Charlotte che la guardò prima di dissolversi:
“Madamigella, io ti amavo, io non sono un mostro, loro lo
erano”.
Gilles ed André erano
feriti ma non gravi.
Willow li raggiunse:
“Per fortuna ha funzionato!”
“Dove saranno finite?”, chiese André.
“In pace, tutte, in seno alla dea. Hanno tanto sofferto e
lottato”.
Anche Oscar ed André in
quell’altra vita avevano sofferto.
Françoise si avvicinò ad
André e si strinse a lui.
“Abbiamo una cosa da fare. Il rapporto su quest’indagine”.
“Lascialo fare a me. Tanto sanno che sono fuori di testa!”
Due giorni dopo Françoise e
André si accomiatarono da Willow, Gilles e Dawn che tornavano in Inghilterra.
Ma tanto si trattava comunque di un arrivederci.
“Resteremo in contatto, dobbiamo”
“Sono tante le cose che sono da chiarire,” disse Françoise,
“i nostri dati li avete. Ah, prima che mi dimentichi, Dawn questi sono i cd con
le canzoni di Sex and the city che mi avevi chiesto. Giusto per alleggerire
l’atmosfera”.
“Grazie”.
“Il mistero più grande riguarda noi”, disse André. “secondo
le informazioni che abbiamo anche raccolto nella casa dei Jarjayes le famiglie
Grandier e Jarjayes dovrebbero essersi estinte oltre duecento anni fa con Oscar
ed André. Ma noi ci chiamiamo così!”
“Forse non era la prima volta che qualcuno faceva una magia”,
disse Willow, “o forse le leggende nascondono la realtà. A presto!”
Françoise si strinse ad
André: lui era anche il suo Osservatore.
Stava cercando di rivelare
come suo il palazzo. Nei prossimi mesi avrebbero dovuto passare tutti i ritagli
di tempo lì dentro. E senz’altro non era l’ultima volta che vedevano Willow e
Gilles.
Si allontanarono mentre il
sole cominciava a tramontare. In un’altra vita sapevano entrambe di averlo
fatto tante volte…
I tacchi delle scarpe di
Prada di Lilah Morgan risuonavano sul parquet.
Non credeva ancora di aver
fatto un colpo simile, superiore a quello che aveva fatto con Darla che
purtroppo era loro sfuggita di mano.
Aprì la porta chiusa a
chiave.
Aveva un asso nella manica
che l’avrebbe messa a capo della Wolfram ed Hart.
“Benvenuta, è un onore avervi tra di noi…. Contessina
Charlotte de Polignac!”
L’altra le sorrise: non si
sentiva così bene da oltre duecento anni.