ROSA CON SPINE
Di Bastet
Autore Elena Azusa
Genere: Cross over Buffy Lady
Oscar
Rating R per violenza e
riferimenti sessuali
Riassunto: non c'è stata solo
Buffy di prescelta, ce ne è stata anche una che conosceva Oscar bene...
"Sono passati oltre duecento
anni da allora. Tutto è cambiato, ma ogni generazione continua a nascere una
prescelta, che dovrebbe combattere contro quelli come me, fino ad annientarci,
o finché noi la uccidiamo. Anche in questo Continente dove sono arrivato (il
Nuovo Mondo duecento anni fa, dove tra umani si ammazzarono più di quanto facemmo
noi) c'è una nuova cacciatrice. Chissà se somiglia a lei... Quei capelli
biondi, quegli occhi azzurri hanno riempito i miei sogni e le mie cacce per
tutti questi anni... Ora sono stanco. Basta essere uno dei Principi della
notte, basta vedere il mondo cambiare mentre tu non cambi, basta tutto.
Duecento anni fa ho amato nonostante tutto una Cacciatrice, la mia Cacciatrice.
Voglio che tutto questo finisca, anche se non riesce a finire. Ma prima voglio
ricordarla un'ultima volta.... E per sempre.
Duecento anni fa ho conosciuto due
persone incredibili. Che mi hanno fatto capire che l’amore è eterno, anche se
non erano dei nostri. Sono insieme per sempre loro. Io e la mia cacciatrice
no"
1779
La dama si avvolse nella mantella
nera mentre entrava nella cripta.
In fondo stava per fare un favore
a quella ragazzina. Se fosse vissuta cosa sarebbe stata la sua vita? La moglie
bambina di un nobile vecchio e vizioso, la fine di tutti i suoi sogni d’amore romantici.
Si era ribellata in modo tragico a questa fine, si era suicidata ma il suo
corpo era ancora caldo.
Non doveva perdere tempo.
L’indomani ci sarebbe stato il
funerale e la ragazzina, ancora contusa per la caduta di parecchi metri giaceva
lì.
La dama si aprì una ferita nel
petto e lasciò che il suo sangue scendesse nella gola della fanciulla. Che pian
piano riprese colore, per quello che potevano averne i Figli della Notte.
Charlotte de Polignac aprì gli
occhi. Lei non voleva sposare il conte Roland de Guise. Doveva essere morta.
“Benvenuta alla tua nuova vita”,
disse la dama, “io mi chiamo Darla e ora sei mia figlia”.
Ci fu chi mormorò nei giorni
seguenti che il cadavere della contessina Charlotte de Polignac non era stato
sepolto, ci fu chi disse che il depravato duca Roland de Guise l’aveva
sottratto per le sue ignobili brame.
Finché un mese dopo, un paio di
fittavoli del duca non entrarono nel castello del loro padrone, trovandolo
morto divorato e dissanguato.
La storia fu messa a tacere. Al
duca non era parso vero vedere bussare alla sua porta la sua sposina perduta,
la ragazzina che sognava di avere nel suo letto e sverginare. Peccato che fosse
cambiata, molto cambiata. E non era sola. Era in galante compagnia.
Negli anni successivi ci fu chi
raccontò di una misteriosa fanciulla che infestava quelle foreste. Ma questa è
un’altra storia.
Rosalie Lamorlière, la sorellastra
di Charlotte, che viveva con madamigella Oscar de Jarjayes, si augurò che la
sua sfortunata sorellina fosse viva da qualche parte. Non sapeva che lei di
tanto in tanto la spiava, invidiando la sua vita che scorreva…
1784
Marron Glacé, la governante di
casa Jarjayes, correva come una pazza su e giù per le scale: era una grande
occasione, quella.
Almeno, lo era per lei.
Stavano per venire a trovare la
famiglia Jarjayes i conti di Frontenac, cioè Marie Madelaine nata de Jarjayes,
una delle figlie del generale, con il marito Henri Pierre della migliore
nobiltà bretone e i due figli: la contessina Marianne, il giovane conte Michel
Ange e la piccola Marie Catherine.
Nella foresta a pochi passi la
famiglia Frontenac viaggiava.
Marianne guardava il bosco. Da
alcuni mesi sapeva una cosa, una cosa che non aveva potuto rivelare a nessuno,
una cosa che le aveva rivelato madre Thérese, che si diceva che discendesse da
Morgana, la sorella di Re Artù.
Lei era una prescelta, la ragazza
che doveva lottare contro i demoni e i vampiri. La Cacciatrice.
Marianne aveva voluto per anni
poter evadere dalla vita di ogni ragazza di famiglia nobile. Invidiava sua zia
Oscar, educata come un soldato.
Le lande della Bretagna, con le
loro foreste, si adattavano per fortuna alle galoppate che Marianne adorava
fare e ai successivi voli di fantasia.
E poi questa rivelazione.
Lì per lì ne era stata felice,
anche se sapeva che una cacciatrice doveva tenere il segreto per sé e non
vantarsi, neanche quando aveva ucciso il licantropo che da parecchi anni
sterminava greggi e famiglie dei pastori della Bretagna. Ma poi aveva capito
che sarebbe stata sola e sarebbe morta giovane. Non che allora non fosse la
norma. Ma una sensazione di infelicità le attanagliava il cuore. E anche quando
andava nell’Abbazia di Santa Brigitte, a pregare insieme a madre Thérese una
santa che sembrava la dea primordiale, si sentiva inquieta e triste.
Darla si stirò. Parigi dava sempre
una grande soddisfazione, sia come prede che come divertimento. Anche se il
mondo stava cambiando. Ricordava l’assolutismo di Luigi XIV. Ora era tutto
diverso. Si stava preparando qualcosa di epocale, lo sentiva.
I suoi figli la intrigavano
sempre. Angelus, dal volto d’angelo e l’animo demoniaco, con lei ormai da
diversi decenni, era un vero vampiro, seducente e terribile. Non si stancava
mai di lui. Ma anche Charlotte, l’ex ragazzina suicida non scherzava in quanto
a ferocia, anche se le sue prede erano selezionate: vecchi sporcaccioni che si
appartavano con ragazzine (e aveva litigato con Angelus perché non voleva che
si servisse delle giovinette, riducendolo anche non proprio bene), vecchie
megere che volevano portare sul marciapiede ingenue contadinelle e affini, e in
generale ogni schifoso pervertito che ci fosse in giro. Del resto, bastava
vedere cosa aveva fatto con il duca Roland de Guise. In tutta la sua eterna
vita e da tutti i suoi figli Darla non aveva mai visto tanto e tale
accanimento. Le piaceva la ragazzina. Anche se a tratti aveva un’aria
terribilmente malinconica. La vita eterna poteva anche essere un peso.
Come lo stava diventando a tratti
per Julien d’Orian, un delizioso e adorabile nobile di campagna, planato nella
Parigi della Reggenza, una sessantina d’anni prima, e vampirizzato da Darla
dopo un’allegra orgia tra taverne e salotti. In certi momenti era un perfetto
libertino, oltretutto bravissimo a soddisfare tutti e tre, Charlotte compresa,
senza dimenticare i deliziosi e piccanti racconti che scriveva. Ma a tratti lo
vedeva triste.
Ma forse era solo quella strana
aria di cambiamento che cominciava a spirare. Del resto, quando si è immortali
bisogna imparare ad essere immanenti e a non farsi toccare da nessuna epoca.
Solo pensare a cacciare e a
godersi la vita eterna.
“Darla mia cara…”, Angelus si era
avvicinato a lei.
“Dimmi….”, Angelus sarebbe stato
per sempre il suo figlio prediletto.
“Pare che stia arrivando una nuova
Cacciatrice, appartiene ad una nobile famiglia”.
“Ah!” rispose lei. Le cacciatrici
erano spesso ossi duri. Ma alla fine erano solo ragazzine. Ma c’era una cosa
che non aveva mai detto ad Angelus. C’era una profezia su una Cacciatrice che
lui avrebbe amato e per la quale avrebbe tradito gli Immortali. Era confusa, e
non si capiva a chi si riferiva. Parlava di una Cacciatrice bionda.
“Beh”, disse Darla, “direi che è
il caso di tenerla d’occhio e darle il benvenuto”.
La valle di Sunnydale oggi
Maledizione. Sono arrivato troppo
in ritardo. Se ne è già andata. E qui è riuscita a fermarli. Per un po’ almeno.
Adesso il mondo pullula di
Cacciatrici. Ma la mia non c’è più da decenni.
La mia Marianne de Frontenac.
Forse è il caso che vada da lui,
dal mio antico compagno. Anche se non è più Angelus. Non da tanto tempo ormai.
Era stata una bella giornata,
anche se stancante. La famiglia Jarjayes era stata molto felice di rivedere la
famiglia de Frontenac.
L’indomani ci sarebbe stata la
presentazione alla regina al Trianon. Dovevano andare a dormire presto.
All’apparenza.
Marianne sgusciò fuori dalla casa
degli zii, oltre le scuderie. Sapeva che c’erano vampiri, c’erano ovunque,
aveva sentito la loro presenza.
Julien si guardava annoiato in
giro. Angelus e Darla si erano appartati con due damerini, probabilmente
desiderosi di un ménage à quatre che non sapevano che sarebbero diventati
vivande per il loro pasto. Charlotte si era dileguata dietro ad un signorotto
che si era appartato con una prostituta bambina.
Lui non sapeva bene che fare.
Oddio, i due damerini e il signorotto potevano essere molto divertenti da
succhiare. Ma c’era di meglio.
Era stato allora che aveva visto
sull’imbrunire la carrozza che andava verso il palazzo de Jarjayes, ed aveva
intravisto la ragazza bionda. Un sesto senso l’aveva portato a guardarla.
“Credo sia la Cacciatrice”, disse
Darla, “ci divertiremo con lei, vedrai”
“Credo proprio di sì”.
Un senso di destino aveva stretto
il suo cuore vampirico. Non avrebbe combattuto contro la Cacciatrice.
Marianne stava uscendo da un
cancello secondario quando sentì lo scalpiccio di un cavallo che stava
arrivando. Si nascose. Era André, l’attendente di Madamigella Oscar. Stava
uscendo da solo. Quella notte sentiva che i vampiri erano scatenati.
Anche lei prese un cavallo e si
mise dietro di lui.
André si stava dirigendo verso la
cappella di Saint Cloud per la solita riunione a cui partecipava da qualche
tempo.
Si parlava di libertà e di
uguaglianza, di un mondo migliore. Un mondo migliore in cui forse neanche i
suoi nipoti avrebbero vissuto.
Era soprappensiero, e vide tardi
che un uomo si era messo di fronte al suo cavallo.
André tirò indietro il cavallo e
l’uomo cercò di saltare in sella con lui.
Non era un uomo, aveva un volto
strano.
Di colpo una figura snella che per
un attimo gli ricordò Oscar si buttò contro quello strano essere.
I due si rotolarono in terra,
l’uomo era forte, ma lei di più.
D’un tratto la luna illuminò con
un guizzo un pezzo di legno che si piantava nel petto dell’uomo dal volto
strano, che subito scomparve in una nuvola di polvere.
André riconobbe il volto di
Marianne de Frontenac, la nipote del generale Jarjayes.
“Mademoiselle, cosa è successo?”
Marianne guardò quel volto onesto
e sincero. E capì che poteva raccontargli tutto.
“Pierre era proprio un idiota. Non
dovevamo renderlo uno di noi”, disse Angelus.
“Ti ricordo che è stata un’idea di
Darla. Le piaceva come stallone”, disse Julien, “comunque tosta la Cacciatrice.
E mi piace anche il tipo che ha salvato.”
“Ricordati che rimane una nostra
nemica”, disse Darla.
“Lo so”. A Julien piaceva quella
ragazza. C’era qualcosa in lei di indefinibile.
Al Trianon la festa era in pieno
svolgimento.
Marianne era rimasta incantata
dalla freschezza della Regina. Ma per contro non poteva dimenticare le
condizioni di vita che aveva visto in Bretagna. Lei era nobile, ma la sua lotta
oscura la portava vicino a chi soffriva di più. Finché sarebbe durata.
Era bello avere qualcuno con cui
confidarsi. André era una persona splendida. Lei gli aveva raccontato il suo
segreto, la sua missione di Cacciatrice, e lui il suo. Il suo amore per
madamigella Oscar.
Marianne non sapeva se avrebbe mai
amato qualcuno.
Sentì il bisogno di allontanarsi
un po’ dalla folla. Aveva riconosciuto tra gli altri cortigiani la contessa de
Polignac, di cui aveva sentito raccontare cose orribili in relazione alla morte
della figlia Charlotte.
Marianne si diresse verso un
tempietto delizioso che c’era in mezzo ad uno stagno. Lì non c’era nessuno.
Credeva che i vampiri non
sarebbero stati così audaci da arrivare fin lì.
“Mia madre è sempre la più bella
di tutte”, disse una voce giovane vicino a lei.
Marianne si girò. Aveva parlato
una ragazzina bionda, molto carina, e con un’aria stranamente familiare.
“Anche mia sorella è bella.
Peccato che non ho potuto conoscerla a fondo. Ma sono sempre in tempo”, disse
la ragazzina.
Marianne la guardò meglio. Il suo
sesto senso da Cacciatrice diceva che forse quella era…
“Mia cara Charlotte vedo che hai
già cominciato a parlare con la nostra Cacciatrice”, disse un giovane castano e
dagli occhi verdi che si stava avvicinando.
Marianne cercò nelle lunghe gonne
rosa il paletto. Erano vampiri.
“Calma mademoiselle. Io sono
Julien d’Orian e lei è Charlotte de Polignac”.
Charlotte de Polignac. La figlia
della contessa de Polignac. Allora era vero quello che si raccontava.
“Credi davvero che siamo mostri?”,
disse Julien, “non è più mostro chi ha tentato di fare a lei quello che è stato
fatto”.
“Il duca Roland de Guiche era uno
schifoso. Beh oddio, il suo sangue non era poi male”, disse Charlotte.
Marianne tremava. Quelli erano i
suoi nemici. Doveva combattere contro di loro.
“Mia cara Cacciatrice, noi non
siamo carne per i tuoi paletti”, disse Julien, “volevo solo dirti questo. Voi
non siete meglio di noi, anche se ci date la caccia da sempre”.
Marianne avrebbe voluto dare
addosso ai due, ma di colpo sentiva che le avevano tolto le parole di bocca.
Lei era una Cacciatrice, doveva combattere fino in fondo contro vampiri e demoni.
Ma era difficile quando loro ti parlavano così.
“Lascia in pace me e i miei amici,
a cominciare da Charlotte”, disse Julien, “è l’ultimo avvertimento. Tanto anche
noi ci divertiamo alla corte di Versailles, e non vogliamo fare più massacri
del necessario”.
I due vampiri scomparvero nella
notte, e Marianne restò da sola.
“Perché non l’avete uccisa?”,
chiese Darla.
“Te l’ho detto. Me la voglio
spassare con lei”, disse Julien.
“Un vampiro innamorato di una
cacciatrice, la più grande assurdità del mondo”, disse Angelus.
“Tu stai attento prima di
giudicare”, rispose Julien.
Los Angeles oggi.
“Ciao Angelus o Angel”.
Angel alzò la testa. Non poteva
crederci. Quello davanti a lui era Julien.
“Che ci fai qui?”
“Me lo chiedo da oltre duecento
anni. Non ho più vissuto. Voglio farla finita. Era meglio se lei mi uccideva”.
Angel sospirò.
“Di Charlotte hai più notizie?”
“È diventata una leggenda
metropolitana del Nord della Francia. La vampira bambina che ti seduce. Non
sono rimasto con lei. Non era lei quella che amavo. Come non era Darla”.
“Perché non provi con i raggi del
sole a farla finita, visto che non sei stato in grado di trovare un senso alla
tua vita?”
“Quanto sei sarcastico. Non ci
riesco. Il sole non mi brucia. Sono rimasto peggio che non morto. E dire che
una volta amavo tanto vivere… Ma ora l’eternità mi pesa più di ogni altra
cosa.”
La Francia stava cambiando.
Sembrava ieri la festa al Trianon con la regina.
La situazione era precipitata, lo
scandalo della collana aveva coperto di fango la monarchia.
E poi era successo quello. Non ci
voleva, non bisognava che lui tornasse. Aveva spezzato il cuore ad Oscar.
E ora lui aveva rovinato tutto.
André uscì dalla taverna,
barcollando. Si stava distruggendo.
Le parole del suonatore di fisarmonica
non erano servite a lenire la sua pena. Neanche la compagnia dei simpatici
soldati della guardia, soprattutto del suo nuovo amico Alain.
Un mugolio soffocato richiamò la
sua attenzione.
In un angolo della via una donna
bionda si era appena staccata da un uomo ormai morto, pulendosi la bocca dal
sangue. La stessa cosa stava anche facendo una ragazzina poco lontana. Due
uomini stavano ancora addosso ad altri due, finendoli.
Con la mente annebbiata
dall’alcool André capì chi erano. Vampiri.
Ricordava cosa gli aveva detto
Marianne, e di colpo pensò che quella poteva essere una soluzione per
continuare. Cambiare, diventare diverso.
Tre dei vampiri si erano
allontanati ormai dal loro pasto, uno era rimasto lì vicino.
André si avvicinò a lui.
“Vuoi morire anche tu?”, disse con
calma il vampiro. “Sai ho ancora non molta fame”.
“Almeno risolverei i miei problemi
una volta per tutte”, biascicò André.
“Oh no, te li ritroverai in
eterno. Un giorno potrai stare con lei. Io no”, disse il vampiro
allontanandosi.
Quell’uomo aveva un vero amore
dentro di sé si disse Julien. Anche lui. Un vero amore per una Cacciatrice.
Marianne era tornata a Versailles
perché suo padre era stato eletto come deputato nelle schiere della nobiltà. In
teoria avrebbe dovuto trovare anche marito. Ma non ce ne sarebbe stato tempo,
come Cacciatrice era durata anche troppo.
La sua lotta contro i vampiri, in
Bretagna, era diventata durissima. Chissà dove erano finiti i vampiri che aveva
incontrato a Parigi. A volte si era interrogata su cosa le aveva detto Julien.
Che tipo… ma lei era la Cacciatrice e doveva combatterli, fino in fondo.
Sua zia Oscar non stava bene, si
vedeva che era stanca. Stanca e preoccupata. E il figlio della Regina, il
Delfino Louis Joseph, che ricordava come un angioletto biondo che adorava gli
animali stava morendo.
Aveva rivisto con piacere André,
uno dei pochi oltre al suo Osservatore, Madre Therese dell’abbazia di Santa
Brigitte, che sapesse il suo segreto.
Madre Therese l’aveva aiutata
molto fin dall’inizio. Era una suora, ma una suora particolare. La comunità di
monache dell’abbazia le ricordava di più una vecchia leggenda sulle Amazzoni
che le suore vere e proprie. E Santa Brigitte sembrava più una dea del passato
che una santa.
Tante volte Marianne era stata
tentata di entrare nell’Abbazia come monaca, ma Madre Therese l’aveva
rifiutata.
Il suo posto era fuori. Ora più
che mai.
I giorni passavano. Suo padre, pur
essendo nobile, si era schierato con il terzo Stato, dietro al marchese de
Lafayette. E voleva autonomia per la loro Terra, la Bretagna.
Il generale Jarjayes aveva
ripudiato loro. E aveva ripudiato anche Oscar, perché si era schierata con i
suoi uomini contro un provvedimento contro il Terzo Stato.
Marianne continuava le sue ronde
notturne, ma non era dei vampiri adesso che bisognava avere paura.
Erano gli esseri umani che la
spaventavano.
C’erano in gioco cose sacrosante.
Ma da entrambe le parti stava emergendo il lato peggiore dell’animo umano.
Marianne pensava spesso alle parole di Julien.
La notte del 12 luglio andò in
perlustrazione.
Delle urla attrassero la sua
attenzione. Un gruppo del Royal Allemande avevano stanato una presunta famiglia
di rivoltosi. Mentre Marianne arrivava li vide chiaramente che trafiggevano lo
stomaco del padre e del figlio con una baionetta, mentre gli altri violentavano
a morte la madre e le figlie.
Erano umani, lei non poteva fargli
niente. Le lacrime le rigavano il volto, mentre quei bastardi si allontanavano.
Poco lontano qualcuno fece loro un’imboscata.
E quelli erano vampiri. Ma Marianne non si mosse.
“Cara la mia Cacciatrice, hai
pensato allora alle mie parole?”, disse dopo poco qualcuno.
Il vampiro Julien era di fronte a
lei.
“Chi è il mostro adesso?”.
Marianne si avvicinò a lui e lui
la strinse a sé. Non voleva nutrirsi di lei, né ucciderla. Voleva altro, quello
che aveva voluto fin dal primo momento. E non perché era un libertino.
Certo, erano gesti che tradivano
la sua esperienza consumata. Metterla contro al muro, sollevarle le gonne, infilare
una mano nel suo posto più segreto fino a farla impazzire. E aggredirla poi con
la bocca, stando ben attento a non tirare fuori troppo le zanne, anche se la
tentazione di trasformarla in suo simile era forte. E poi fondersi con lei, per
un numero incalcolabile di volte, finché non si era reso conto che il sole
stava per sorgere. E forse quella notte, disse a se stesso, qualcun altro aveva
trovato la sua felicità.
André Grandier e Oscar François de
Jarjayes, un amore eterno e tragico. Lo sentirono entrambi, sia il vampiro che
la Cacciatrice.
La Rivoluzione divampa, e quando
Marianne seppe che Oscar ed André erano tra i caduti rimase stravolta e
disperata. Il mondo sarebbe cambiato, ma il prezzo di sangue da pagare era
altissimo.
“Non essere triste per loro”,
disse il suo amante vampiro Julien, “loro potranno stare insieme per sempre”.
Marianne aveva tre vite. Dama di
corte, cacciatrice ed amante di un vampiro.
Suo padre cominciò ad avere dubbi
sulla Rivoluzione di fronte agli eccessi in seguito alla presa della Bastiglia.
Dubbi che peggiorarono quando la famiglia reale fu costretta a tornare a
Parigi. Senza contare che il nuovo governo non intendeva dare nessuno spazio
alla Bretagna come autonomia.
Si ritirò e tornò in Bretagna con
la famiglia dopo che i reali tentarono di fuggire e furono fermati a Varennes.
“Dimmi che ti rivedrò
Cacciatrice”, disse Julien l’ultima notte.
“Tu sei un vampiro, io una
cacciatrice”, rispose lei.
“Almeno noi ci siamo sempre”,
aggiunse lui.
Da tempo Angelus e gli altri volevano
lasciare la Francia. Quello che stava succedendo era troppo anche per loro.
La goccia che fece traboccare il
vaso furono i massacri di Settembre.
“Come hanno osato fare quelle cose
orrende alla principessa di Lamballe?”, disse Darla indignata.
“Io rimango”, fece tranquillamente
Julien, “voglio ritrovarla”.
Arrivarono ad un accordo. Darla e
Charlotte sarebbero partite per l’Inghilterra, Angelus e Julien sarebbero
rimasti per un po’.
La Vandea e la Bretagna erano in
fiamme, in preda alla lotta tra rivoluzionari e realisti. Anche se tra le fila
degli altri c’era chi aveva creduto nella Rivoluzione e in un mondo migliore.
Una notte Angel e Julien
arrivarono vicino al mare, dove sorgeva l’abbazia di Santa Brigitte.
Avevano sterminato tutte le
monache.
E sopra una di loro, che piangeva,
c’era Marianne.
“Non facevano niente di male, lei
era la mia Osservatrice. Le hanno massacrate per il gusto di farlo!”, urlava,
mentre Julien la prese tra le braccia.
“Rimani con noi, diventa una di
noi”, le disse dopo che si erano amati, in un angolo dell’abbazia.
“No, ormai il mio posto è qui,
fino in fondo, a lottare per la mia terra”.
Marianne si allontanò dai due
vampiri.
Angelus cercò di portare via
Julien:
“Io resto fino in fondo. Lei sarà
mia per sempre”.
Angelus proseguì da solo il
viaggio per Londra.
Madame de Polignac stava morendo
nel suo palazzo d’esilio. La tubercolosi e il rimorso l’avevano piegata. E
quell’ultima sera le sembrò di vedere sua figlia Charlotte dietro alla
finestra, sua figlia che le sussurrava:
“Io sono eterna madre, tu mi hai
ucciso ma ho una nuova vita”.
Charlotte vide sua madre morire e
poi si allontanò. Lei non era più da tempo la figlia della contessa de
Polignac.
Tempo dopo, sempre in Bretagna. In
lontananza ci sono le pietre di Carnac, e un vampiro giunge nella notte dopo
una battaglia. Un massacro. Hanno ucciso persone che sognavano una vita
migliore, che sognavano la loro terra e cultura.
E in mezzo c’è lei. È arrivato in
ritardo, per sempre. Lei non potrà mai più essere sua. La Cacciatrice è morta,
non uccisa da un vampiro, ma da chi doveva proteggere contro le forze del male.
Non è la prima volta che succede. Ma lui non lo può accettare, ed urla il suo
dolore, inonda di lacrime la terra, perché sa che non potrà mai stare con lei,
mai più, neanche nell’altra vita.
Toglie dal collo di lei la croce di Vandea, si accorge che non lo brucia, che
non lo distrugge, e se la mette al collo. Un vampiro con una croce al collo.
Per lei, per sempre.
Lei sa che lui l’ha cercata per
sempre. E ora che la vita l’ha abbandonata per sempre, capisce che vorrebbe
avere una seconda possibilità con lui. O la vita eterna. Ma non può avere
nessuna delle due.
Le sembra di vedere André. Lei è
morta come lui e Oscar, in combattimento.
“Aspettalo. Ci vorrà un po’ ma poi
verrà da te.”
Los Angeles oggi.
“Me ne vado, vedo che non sei
cambiato. Cinico come allora”, dice Julien allontanandosi da Angel.
Non ha mai voluto farla finita
davvero, perché sa in realtà che lei non c’è. Ma i raggi del sole lo respingono,
come l’hanno respinto quel mattino sulla piana di Carnac, quando ancora
piangeva vicino a lei. Oltre che vampiro, pure invulnerabile.
Come se qualcosa abbia voluto
preservarlo più a lungo.
Julien si aggira in quella città.
A Charlotte la modernità piace, lui ha visto solo una serie eterna di morti.
Morti come Marianne. E in ognuno di loro c’è Marianne.
“Teniamolo d’occhio”, dice Angel
ai suoi amici Wesley, Cordelia, Fred e Gunn.
Lo vedono girare in mezzo alla
gente, senza una meta.
Ad un tratto la loro attenzione è
attratta da urla e rumori.
Un gruppo di demoni hanno preso di
mira due ragazze, una bionda e una bruna.
Corrono verso là, e vengono
preceduti da Julien.
Demoni. Si accorgono in fretta che
sono uomini, che probabilmente hanno ricevuto qualche potere magico. Non
dovrebbero intervenire. Loro no, ma Julien sì.
Uno del gruppo sta addosso alla
ragazza bionda, e Julien si butta addosso per dividerli, il volto da vampiro.
Lotta, ha la meglio, hanno tutti la meglio. Ma uno di quei pazzi gli tira una coltellata
e prende in pieno la croce di Vandea che casca per terra, mentre lui si
accascia.
La battaglia… quella volta è
arrivato troppo in ritardo. Ma stavolta no. Stavolta forse è finita davvero.
Voleva salvare una ragazza bionda,
una ragazza come Marianne….
Angel e gli altri sono intorno a
lui. Gli avversari si sono dileguati.
Julien sente qualcosa di strano.
Gli sembra di vedere qualcuno.
André. Sì André che ha avuto l’eterna felicità accanto alla donna amata, quello
che voleva diventare come lui, e che adesso gli sorride.
“Ci vediamo presto”
No, non possono vedersi presto.
Lui è un vampiro.
Poi vede lei. Marianne. La sua
splendida Cacciatrice.
“Tu hai un’anima, ce l’hai da
allora. Ce l’avevi anche prima. Hai smesso di farmi aspettare finalmente?”,
dice lei sorridendogli.
“Ho un’anima, ho un’anima”,
mormora lui, mentre la vita immortale lo lascia per sempre. Non diventa subito
un mucchio di cenere. Rimane a lungo una volta morto a terra.
“Aveva un’anima Angel?”, chiede
Cordelia.
“Credo di sì”, disse Angel. Addio
Julien, dice tra sé. Ricorderò sempre la tua voglia di vivere, la tua
disperazione. Ricorderò sempre che oggi mi hai fatto credere che l’amore eterno
esiste davvero, da qualche parte e per qualcuno. E forse in quello c’è la
strada per avere un’anima. Per te almeno è stato così.
La piana di Carnac è piena di
sole, ma lui non brucia. Corre felice, c’è lei che lo aspetta. Una Cacciatrice
e un vampiro. Qualcosa di eterno, per sempre. Che esisterà, ma senza di loro
ormai. Per ogni generazione esisteranno prescelti e Cacciatrici. E per ogni
generazione ci saranno leggende ed amori in cui credere.