VIGIO L’INCLEMENTE

 

 

Di FranzJoseph

 

 

VIII.01 - IL GOLEM

Scritto da: FranzJoseph

Spoiler per: tutta la stagione VII di BtVS

Rating: per tutti

Timeline: un anno e mezzo dopo “Chosen”; settembre 2005

Summary: Dove si assiste a svariate telefonate, a Kennedy e Xander che cacciano un Golem e incontrano una strega, a qualcuno che trama nell'ombra mandando doni e alla vita poco eccitante delle sorelle Summers

Commenti: se volete scrivetemi a franzjoseph1@supereva.it

Note: un ringraziamento particolare a Rogiari, senza la quale non avrei avuto la voglia di rimettermi a scrivere fan-fiction. Insomma, una parte della colpa è sua J

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

PROLOGO

Dal ritorno di una dura giornata di lavoro chiunque non desidera altro che farsi una bella doccia, cenare e buttarsi su qualche morbido letto o divano (magari non in quest’ordine), e Xander non faceva eccezione. Dopo quello che le autorità avevano classificato come rovinoso terremoto (leggasi chiusura della Bocca dell’Inferno, almeno per gli “addetti ai lavori” come Cacciatrici, streghe e affini) la febbre edilizia a Sunnydale era scoppiata alta e violenta: c’erano alcune miglia quadrate di costa californiana da sgomberare di detriti e ricostruire, per non parlare dei pressoché infiniti interventi per rendere agibili di nuovo le abitazioni solo parzialmente distrutte. In breve in quella parte di costa del Pacifico c’erano più cantieri, speculatori e muratori che a Berlino: una pacchia per Xander che nell’ultimo anno non aveva quasi smesso di lavorare, tirando su un bel gruzzolo e accumulando una stanchezza tale da ripromettersi, quando tutta Sunnydale sarebbe stata ricostruita, di prendersi un anno d’ozio totale.

In verità da un paio di mesi l’attività sembrava in calo e meno agenzie e costruttori si interessavano alle proprietà locali, facendone calare i prezzi, ma questo, almeno per lui, non era tanto male: gli permetteva di unire un po’ di riposo in più godendosi il suo appartamentino, scampato al “terremoto”, che divideva che una giovane, decisa e bella ragazza.

Mentre stava sdraiato sul divano, le scarpe gettate per terra tra indumenti e vestiti abbandonati al loro destino (una mano femminile che li raccogliesse) pensava … no, non pensava assolutamente a nulla guardando con occhio spento una partita di football alla televisione: era troppo stanco anche per fare questo.

La sua compagna di casa si affacciò nel salotto: indossava un pigiamino corto verde malva con dei piccoli micetti gialli (era un regalo di Willow, e solo per questo lo indossava) e con una mano teneva uno spazzolino. Lasciò scorrere lo sguardo su quell’intrico di camicie e calzoni di cotone, da cui come mani spuntavano anche tre calzini, e con soddisfazione pensò che nella sua parte di appartamento queste brutture non si verificavano mai. Stava per dirgli qualcosa quando il telefono squillò.

A Sunnydale per la seconda volta in sei anni era stato ricostruito il Liceo, visto che il precedente, trovandosi proprio sopra l’epicentro del “terremoto” era stato sminuzzato fino a renderlo solo polvere. Xander anche questa volta aveva partecipato alla riedificazione e, dal primo momento in cui aveva visto il progetto, non aveva mai potuto impedirsi di provare un leggero senso di stordimento nell’osservarlo: era la copia esatta del Liceo che lui aveva frequentato e che sei anni prima aveva contribuito a fare saltare in aria all’Ascensione del Sindaco. Gli stessi gradini davanti all’ingresso, la stessa palestra, la stessa biblioteca: certo, cambiavano i serramenti e le rifiniture ma per il resto ogni spazio era identico e camminarci di giorno, pur tra le incombenze del lavoro, gli riportava alla mente quando lui con Buffy, Giles, Willow, Oz e Cordelia (ma anche Angel, Spike e Drusilla) avevano a che fare con vampiri e demoni.

Ora invece Oz e il suo gruppo pare facessero furore sulla costa est, Giles era un inattivo ex Osservatore a Bath, Willow studiava fuori città tornando una volta al mese e Buffy lo aveva abbandonato per sempre: ricominciare una nuova vita, aveva detto, lontano da tutti i suoi brutti ricordi (e quelli belli, le avrebbe voluto chiedere Xander?) e da un’ex Bocca dell’Inferno. Così si era trasferita con Dawn, pur tenendo la casa qui che avevano usato un po’ d’estate e quando tornavano per passare le feste assieme: quanto le mancavano.

Cose molto simili, mentre Xander si riposava sul suo divano, pensava Giles davanti al risorto Liceo di Sunnydale. Anche per lui la prima sensazione fu di stordimento nel vedere quell’edificio, ma subito passò e pensò a chi aveva voluto fosse ricostruito identico: si domandò se era uno dei suoi strani sfoggi di ironia oppure se era solo un gesto plateale per mostrare quante cose potesse. Avrebbe voluto entrarci per vedere se anche dentro era identico e cosa c’era sopra la Bocca dell’Inferno (la biblioteca ? possibile?) ma a quell’ora, ovviamente, era tutto chiuso: pazienza, il giorno dopo andando da Wood avrebbe fatto un giro panoramico.

La tristezza lo stava invadendo e i ricordi lo assalivano, dal primo giorno in cui chiese a Buffy se non voleva libri sui vampiri alla loro fuga in pullman, eppure più che nostalgia provava un diffuso senso di inquietudine per il suo futuro: probabilmente, anzi, sicuramente sarebbe venuto fuori il più grosso segreto che aveva mai nascosto, senza contare che qualcosa di sinistro ancora una volta si stava avvicinando loro, e lui non sapeva proprio cosa fosse. Il telefonino gli squillò.

 

Lontano nello spazio, ma proprio in quelle stesse ore (che per una questione di fuso orario erano però diverse), per le strade di una città ancora troppo estranea benché ci vivesse da un anno, Buffy correva indiavolata sulla sua bicicletta e ciò la faceva ansimare in modo poco poetico, poco femminile e poco decoroso: Cacciatrice o no, se uno non si mantiene in allenamento poi il fisico ne risente e da quando si era trasferita aveva incontrato così pochi vampiri e demoni che non le pareva vero. Si doveva ancora abituare a vivere in una normale città in cui la presenza di elementi demoniaci era estremamente più bassa che in prossimità di una Bocca dell’Inferno, e doveva anche imparare a parcheggiare meglio, così da non lasciare tanto spesso la macchina dal carrozziere.

Era in ritardo in un modo così plateale che nessuna scusa avrebbe tenuto e quindi era già pronta e rassegnata alla serie di lagnanze della sorella, che da qualche tempo non perdeva occasione per punzecchiarla: probabilmente era suscettibile perché non riusciva a trovare nessun ragazzo interessante, concluse Buffy senza dare troppo peso alle ubbie di Dawn. In ogni caso c’era una cosa ancora più importante da decidere, quando sarebbe rientrata e dopo i rimproveri: cosa cucinare per cena perché lei si era anche scordata di fare la spesa. Senza dubbio riusciva meglio come Cacciatrice che come massaia, per non parlare di figura – guida – nella – vita – della - sorella: era un disastro, lo era sempre stato ma ancora non si era preparata ad esserlo per sempre.

 

Negli ampi territori degli Stati Uniti qualcun altro rifletteva su Dawn, ma da un punto di vista assai diverso, giacché l’unica volta che le aveva parlato personalmente era stato, tre anni prima, chiedendole dov’era la cassiera del negozio, riferendosi ad Anya nel Magic Shop. Piacevolmente abbandonato nella sua poltrona Frau, appena caricata la lunga pipa con la mistura preferita di tabacco, lasciava scaldare il cognac tramite il calore della mano che reggeva il calice e guardando il camino, in cui non scoppiettava alcun fuoco perché non era stagione, rifletteva su quella ragazza in termini di energia mistica, reagenti magici e conservazione del potere, spaziando dalla psicologia (nel senso di studio dell’anima, chè quel viennese di Freud non l’aveva mai convinto) alla negromanzia, sempre conscio dei limiti teologici fissati dal Concilio Tridentino. Ella era al sicuro, per ora, ma al più presto doveva trovarsi nella sua magione a completa disposizione delle prove che avrebbe dovuto subire: sarebbe stata dura per lui, ma si doveva fare forza e non lasciare passare altro tempo, sempre che il Consiglio degli Osservatori, anzi, il Novus Ordo Inspicientium non lo costringesse a dedicargli più tempo di quanto non avesse già stimato necessario per sistemarlo a dovere. In primo luogo, intanto, doveva fare una telefonata.

 

ATTO I

Il telefono era sotto una camicia a quadrettoni gialli e blu, incredibilmente vicino al divano: Xander non si dovette slungare poi molto per afferrare la cornetta e rispondere, vagamente stupito per l’ora. “Pronto, chi è ?” “Lei è Alexander LaVelle Harris, giusto ?” e subito lo stupore invase Xander, giacché oltreché Willow, per quanto ne sapeva, nessuno conosceva interamente il suo nome (i suoi genitori probabilmente se ne erano dimenticati da tempo) e quella voce maschile dalla pronuncia un po’ strascicata non era decisamente Will. “Sì, sono io. Lei chi è e come conosce tutto il mio nome ?” “Oh, mio caro, non si immagina neppure quante cose so del più abile carpentiere di Sunnydale e del più valoroso sostegno della Cacciatrice. E ovviamente non mi riferisco alla gentile colombella con cui vive.” Bene, adesso Xander non sapeva proprio cosa dire, la conversazione aveva preso una piega inaspettata e, come per aver conforto, si girò a guardare Kennedy, che in piedi lo guardava curiosa di sapere con chi parlasse. “Ma avremo tempo per fare conversazione, ora c’è bisogno di voi: un grosso ed urlante demone si aggira terribile per le strade della vostra graziosa città in ristrutturazione globale.” “Scusi, come ? Un demone ? E lei chi è ?”

A Kennedy si drizzarono i capelli in testa: la caccia finalmente. Ma chi era al telefono, chi li avvisava ? Xander si girò verso di lei, con ancora la cornetta in mano da cui proveniva l’inconfondibile suono che testimoniava l’assenza di un interlocutore all’altro capo e con tono incolore e distante le disse “C’è un grosso demone, mi ha dato l’indirizzo di dove adesso sta agendo. E non mi ha detto chi è.”

 

Altri problemi a casa Summers: a Buffy bastò entrare in casa per palpare l’ostilità della sorella, contrariata dal ritardo. “Hai vinto una crociera in Giappone, ci sei stata e ne sei appena tornata, presumo.” La voce, acida come il solito, proveniva dalla cucina: affacciandosi sulla porta vide Dawn in piedi davanti il bancone di lavoro con una grossa bistecchiera in mano e uno sguardo affilato negli occhi.

“Ho incontrato il Primo Male, sai, era da tanto che non ci vedevamo e così abbiamo preso un caffè assieme.” le disse sperando di stemperarla con una battuta. “Che è una scusa più credibile di “ho perso tempo perché non sapevo fotocopiare i fogli rimpicciolendoli”.” “Ma era vero !” protestò Buffy “E allora non dirlo in giro: sventi sei o sette apocalissi e poi ti fai mettere sotto da una fotocopiatrice.” e detto questo mise la bistecchiera sul pianale e si diresse al frigo. “Ma un paio di volte ci sono morta.” mugugnò a bassa voce Buffy, domandandosi cosa Dawn volesse cucinare ma non avendo coraggio di chiederglielo perché si sentiva in colpa per non aver fatto la spesa.

“E siccome io ho fatto la spesa tu dovresti essere costretta a mangiare quello che hai comperato, cioè niente. Ma oggi sarò clemente con te perché sono di buon umore.” le disse Dawn estraendo un paio di bistecche dal frigorifero e sbattendole sul pianale; Buffy pensò che se quello era il suo buonumore non si voleva immaginare quello cattivo, ma tenne per sé l’osservazione e le chiese qual era il motivo. “Hanno telefonato Ronda e Willow.”

 

Rispondendo Giles riconobbe subito la voce e un leggero senso di timore misto ad ansia lo assalì. “Buonasera Giles, mi fa piacere sia già a Sunnydale.” Lo detestava, Giles lo detestava con tutto il suo cuore inglese. “Immagino sarebbe sciocco chiederle come fa a sapere che sono già qui.” “Esattamente: sappia che sono ben informato e amo molto la puntualità nei miei collaboratori.” “Mi ha promosso collaboratore ? Cielo come sono gratificato.” Almeno del sarcasmo glielo avrebbe concesso ? “Ne sono lieto, ma si intende che ciò non implica la sospensione da eventuali torture qualora le ritenga necessarie. Ma mi dica, ha già visto il suo nuovo luogo di lavoro ? Sono curioso di sapere che ne pensa” “Familiare, in definitiva mi pare molto familiare: si sente il suo acuto senso dell’assurdo.” e dicendo questo pensava che era un pericoloso isterico con smanie di grandezza. “Mi fa piacere apprezzi il mio … gusto in fatto di architettura. Se domani sera è libero, cosa probabile, che ne direbbe di cenare da me ? Ho una sorpresina da mostrarle. Penso la gradirà. Le piace il salmone ?” Oh cielo come lo detestava, l’unica cosa buona era che non viaggiava mai senza un’adeguata copertura culinaria, e a Giles il salmone piaceva.

 

Kennedy, tutta eccitata per la caccia, si stava cambiando per uscire accompagnata in sottofondo dalla litania di recriminazioni di Xander, che spaziavano dallo sdegno per essere diventato un accalappiacani di demoni, ché gli telefonavano addirittura a casa per farglieli cacciare, al diffuso timore per il misterioso interlocutore che parlando aveva dato mostra di sapere fin troppo, dalla bellezza dell’anno appena passato senza quasi demoni e pochissimi vampiri al senso di insicurezza che questa caccia gli ispirava: sembrava così tanto una trappola e loro stavano per cacciarvisi dentro.

Brontolava tutto ciò prima davanti al telefono, poi seguendo Kennedy tra la sua stanza e il bagno (ma perché si truccava quando usciva per le ronde ?) e infine indossando qualcosa di comodo. Probabilmente avrebbe continuato anche mentre sceglieva le armi per loro due ma le sue recriminazioni si dovettero interrompere davanti alla terribile evidenza che non si ricordava più dove aveva messo il baule che le conteneva: probabilmente Willow lo aveva spostato l’ultima volta che era tornata e si era scordata di dirgli la nuova posizione.

Un baule non è cosa piccola eppure, contro ogni senso comune, in casa non si trovava, né negli armadi e neppure nel doppiofondo di una parete, fatto apposta da Xander: iniziava a temere Willow lo avesse trasportato in qualche altra dimensione e si fosse scordata di dirgli come rimaterializzarlo: Kennedy, tutta agitata perché si stava facendo tardi, lo cercava con lui sorbendosi il terribile sermone di “Ho una bella casa, non c’è più la Bocca dell’Inferno, lavoro molto, Spike è lontano, sto diventando ricco, i vampiri sono quasi un ricordo”. Il telefonò squillò di nuovo ma fu Kennedy ad afferrare per prima la cornetta.

 

“E cosa volevano ?” domandò appena preoccupata Buffy: si era mantenuta in contatto con tutte le aspiranti … anzi, neo – Cacciatrici con cui aveva lavorato contro Caleb ed erano d’accordo che lei avrebbe fatto loro quasi da Osservatrice: per ogni evenienza, dubbio o suggerimento le telefonassero a qualsiasi ora del giorno e della notte. Ma non doveva essere qualcosa di grave, sennò Dawn l’avrebbe chiamata al lavoro.

“Willow aveva voglia di fare due chiacchiere e di chiedermi se, alla mia età, un rapporto a distanza può funzionare: i suoi soliti ricorrenti dubbi.” Buffy alzò appena un sopracciglio: sapeva a memoria le preoccupazioni della sua amica, lei lontana a studiare e Kennedy che si invaghisce di un’altra. “A distanza è un po’ eccessivo, visto con che frequenza torna a Sunnydale.” si limitò a commentare.

“Ronda invece ha fatto uno strano incontro: un tizio l’ha bloccata dicendo di essere il suo nuovo Osservatore. Lei prima ha cercato di stenderlo, poi ci ha parlato. Le è sembrato sincero ma per prendere tempo ha detto che voleva lui le mostrasse delle credenziali e che comunque lei faceva capo a Buffy Summers e non aveva bisogno di un Osservatore.” Questa si che era una grossa novità: vuoi vedere che finalmente Giles e i pochi scampati all’esplosione erano riusciti a resuscitare il Consiglio degli Osservatori ? Con tutte quelle ragazze sparse per il mondo e bisognose di educazione ed allenamento ce ne era proprio bisogno.

 

Giles apprezzò la casettina che gli aveva scelto (aveva gusto, niente da dire): due piani, un piccolo e riparato giardino sul retro, una pratica veranda, una bella e grande stanza da adibire a studio e biblioteca (che prendeva metà del piano terra), una camera degli ospiti, delle tende graziose e una tappezzeria di suo gusto. Il giorno dopo sarebbero arrivati quasi tutti i mobili e i libri, ma quelli che per ora c’erano gli bastavano: seppur con rammarico doveva ammettere che si era prodigato perché la sua sistemazione a Sunnydale fosse estremamente confortevole, anche se, come suo solito, non faceva mai nulla di gentile senza aggiungerci una punta di sgradevolezza. “Voglio che la sua dimora sia accogliente, visto che immagino Buffy Anne spesso verrà a trovarla.”: di tutta la gentilezza impiegata nell’arredare Giles usufruiva solo per caso, di sponda, ma gli andava bene così.

 

ATTO II

“Pronto chi parla ?” “Ah, è lei. Che piacere ! Una delle miriadi di giovani ed inesperte Cacciatrici che una certa strega, nonché sua amante, ha sparpagliato per il globo terracqueo.” Kennedy sperava in cuor suo che al telefono ci fosse o Willow (per sentirla) o Buffy (per chiederle una veloce consulenza) o la misteriosa voce: era stata accontentata.

“Scusi, lei chi è ? E cosa intende dire con quel tono ?” Era bastato un niente per farla innervosire molto: quel figuro aveva un tono decisamente indisponente e saccente, e parlava di Willow in modo troppo sarcastico. “Io so chi sono e so che lei è, o almeno dovrebbe essere, una Cacciatrice. Ciò implica che cacci e quindi faccia quello che la Provvidenza l’ha destinata a fare. Perché lei e il signor Harris siete ancora in casa ? Vi devo mandare un valletto a vestirvi, calzarvi e aprirvi la porta ?” La conversazione aveva decisamente preso una piega inaspettata quanto sgradevole: quell’uomo non la convinceva affatto, probabilmente era una trappola, ed in più le stava già terribilmente antipatico.

“E magari vuoi che noi usciamo per farci la pelle ? Chi sei, qualche vampiro che si sente particolarmente intelligente o-” Lui la interruppe subito e in modo netto “Non mi pare lei sia così in confidenza con me da darmi liberamente del tu, anche se immagino questi siano gli usi barbarici di questo stato, primitivo e megalomane. Cosa crede, che se volesse ucciderla organizzerei una così complicata ? Per uccidere basta anche un colpo sparato male, come immagino la sua Willow saprà bene.”

Il tono di voce di ambedue era abbastanza alto da permettere a Xander ascoltare ogni parola, per cui ebbe la prontezza di strappare il ricevitore di mano a Kennedy prima che lei esplodesse in una serie di insulti apocalittici. “Ehi, ma come si permette di parlare così a … a una Cacciatrice ?” gli urlò contro “Oh, meno male che è intervenuto signor Harris: finalmente qualcuno di ragionevole. La colombella è terribilmente indisponente ! I flirt della strega hanno sempre qualcosa che non va: l’altra era dolce e intelligente, ma come si vestiva male !”

Xander rimase a bocca aperta e con gli occhi spalancati. “Senta, c’è un grosso e brutto demone, come le ho già detto, e per citare una frase molto americana ho creduto di fare il mio dovere di buon cittadino nell’avvisare l’autorità competente. Ora su, muovete i vostri corpi pieni di hamburger e uccidetelo.”

Ora erano decisamente perplessi e sconcertati, (Kennedy anche furibonda) e Xander non riusciva a pensare in modo lineare per il sottofondo di imprecazione da taverna che uscivano dalla bocca della ragazza all’indirizzo dell’anonimo maleducato. “Ehi, sei peggio di uno spogliatoio di football dopo una finale persa ! Comunque telefoniamo a Will e facciamoci dire dove sono le armi.” “Sei pazzo ? Io non mi muovo neppure per quello là. Anche se non è una trappola-” “Se non è una trappola allora c’è un demone ed è tuo dovere di Cacciatrice uccidere quel demone prima che diventi dannoso. Anche se chi ti ha avvisato è stato maleducato.”

Detto questo con tono più autorevole possibile prese il telefono e compose il numero di Willow, sperando fosse ancora sveglia. Ovviamente no, e dall’altro capo della cornetta la voce che rispose era così impastata di sonno da far sentire colpevole anche la persona con minor sensibilità a questo mondo: ma non era tempo per questi pensieri e Xander, inclemente verso l’amica, volle arrivare subito al dunque senza troppi preamboli. “Willow ciao, scusa per l’ora ma abbiamo un problema.” La ragazza era così addormentata che non recepì affatto il sottile senso di angoscia e ansia che scaturiva dal tono di voce di Xander e gli si rivolse sbadigliando “Chi … ah, sei tu Xander. Spero sia qualcosa di serio perché ho molto sonno … e potrei addormentarmi mentre parli.” “Caleb ha resuscitato Glory che ha rapito Dawn e il Maestro ha morso Kennedy. Le guida The First.”.

Willow impiegò alcuni secondi per comprendere la notizia, poi balzò seduta sul letto con il volto sconvolto: la cura da cavallo per farla uscire dalle dolci braccia di Morfeo aveva dato ottimi risultati, come si capì chiaramente dal suo urlo. “Non ti preoccupare, era solo una notizia falsa per svegliarti. Però è vero che qui in giro c’è un demone: pensa mi hanno telefonato per farmi intervenire, tipo accalappiacani.” Quello che uscì dalla bocca della strega fece pensare a Xander che forse frequentare Kennedy non aveva portato solo miglioramenti alla vita dell’amica. “Ehi Will moderati. E poi con quella bocca tu baci tua madre? In ogni caso non troviamo le armi, dove le hai messe ?” “Ora che non voglio più ucciderti per lo scherzetto spiegami cos’è successo.”

Xander, censurando le cose sgradevoli, le fece un breve riassunto della situazione sperando di fare in fretta, ma si dovette sorbire una lunga serie di raccomandazioni sulla sicurezza di Kennedy: come al solito per lei la ragazza era rimasta la piccola ed inesperta potenziale Cacciatrice che l’aveva sedotta, mentre da allora di acqua sotto i ponti ne era passata (era passata anche un’apocalisse in verità). Le armi, alla fine del sermone, seppe che erano nel finto condotto in bagno ma prima di chiudere la conversazione lui le dovette promettere che avrebbero dato un’occhiata al demone e se gli fosse parso un po’ pericoloso l’avrebbero ricontattata per una breve riunione telefonica sulle modalità da adottare: questo avrebbe fatto infuriare Kennedy, che tollerava molto poco le premure non richieste di Willow quando si trattava di caccia.

 

Buffy cercò di contattare telefonicamente e via fax Giles per avere notizie su un certo osservatore Ludwig Fraien von Altemberg, il presunto nome di colui che aveva contattato Ronda e di cui, a parte una presupposta ascendenza germanica, per ora non sapeva nulla e di cui, quand’anche le avesse avute, non avrebbe saputo neppure vagliare le referenze: non le risultava che il defunto Consiglio rilasciasse diplomi o patenti di Osservatore. L’unica speranza era che Giles lo conoscesse di nome o suggerisse un modo per scoprire quanto le sue credenziali fossero veritiere: peccato che al numero di Bath non rispondesse nessuno e lei non ne avesse nessun altro. In fondo però in Inghilterra in quello stesso momento era giorno quindi era probabile lui fosse fuori: l’indomani mattina presto (nel suo fuso orario USA) gli avrebbe telefonato e, se i suoi calcoli erano esatti, lo avrebbe trovato intento a cenare.

 

Nell’inconsulto fervore edilizio di Sunnydale, prima della crisi degli ultimi mesi (pare il governo stesse per dichiarare di nuovo la zona come sotto grave rischio sismico) la prima cosa ricostruita, oltre al municipio, erano stati i cimiteri: sembra in credibile ma da ogni dove eredi di mucchietti di ossa riposanti da decenni in quelle magnifiche cappelle (collegate magari alle fogne o a qualche tempio o sacrario maledetto) si erano ripresentati e avevano pagato per restauri, rifacimenti o riabbellimenti, a seconda delle condizioni in cui versavano. Così, mentre ancora a case con la vernice fresca si affiancavano ruderi bruciati e saccheggiati i dodici cimiteri sembravano come nuovi: avevano addirittura piantato alberi già robusti come se non avessero pazienza di aspettare nuove piante crescessero.

Dopo il comune e i cimiteri erano state ricostruite le principali e suntuose ville e resi di nuovo agibili – altra stranezza – i parchi, con alberi e giochi per bambini: pare che fosse un idea del governo dello stato per infondere gioia e voglia di far crescere una nuova generazione nella nuova Sunnydale. A Xander pareva una follia e aveva iniziato a sentirsi molto più a suo agio, in quella città di ruderi, cantieri e ricordi, quando avevano inaugurato il primo centro commerciale e i negozi nella Main Street.

In ogni caso uno di questi parchi adesso ospitava uno tra i più inconsulti demoni che Xander avesse mai visto con i suoi occhi (anche se, da un anno o poco più, si doveva dire “con il suo occhio”): una grossa figura che si aggira nell’ombra emettendo cupi brontolii e dalla luce di un lampione illuminata parzialmente, una pressappoco figura umana, benché sia alta circa tre metri e grigia, dalla fisionomia approssimativa e rozza, sbozzata senza cura dei particolari Occhi piccoli e incavati, zigomi grossi e puntuti, labbra tumide, grosse mani, in complesso tozzo e sgraziato, rivelava sulla fronte, stretta tra la forte arcata sopraccigliare e l’attaccamento di quelli che sembravano capelli, alcuni segni come incisi nella viva carne. Intorno a lui i giochi per bambini erano tutti svelti dai loro alloggi e buttati in giro, alcuni accartocciati mentre lui stava cercando di appallottolare, senza grossi sforzi, definitivamente uno scivolo.

Accoccolato ben nascosto tra le fronde di una siepe Xander, armato di spada, guardando la Cacciatrice al suo fianco le sussurrò “Non lo avevo mai visto. Eppure in demoni e mostri ho una conoscenza da fare invidia a Giles … beh, magari a lui no, ma quasi.” “Chissà perché infierisce sugli scivoli ?” “Immagino che da bimbo avesse delle difficoltà ad usarli.” Kennedy gli diede uno sguardo perplesso alzando un sopracciglio e ottenne in cambio un largo sorriso “Avevo dimenticato che durante una caccia servono delle battute sceme.” Era il momento per Xander di avvalersi di anni di pattugliamenti con Buffy.

“Per una caccia servono cinque cose: cappuccini, sigarette forti, whisky, battute ed armi. Sigarette e whisky per Spike … ma oramai non c’è più, come mi spiace: quelle non servono più.” “Trovati i demoni te li fai amici offrendogli da fumare, li fai ubriacare, li innervosisci con le battute, gli getti il cappuccino rovente negli occhi e poi li uccidi ?” “La prima cosa che Giles ha insegnato a Buffy e poi a me e Willow. A te no?”

La ragazza non potè rispondere perché il demone, smesso di accartocciare lo scivolo, si era girato verso di loro, mandando un sinistro grugnito e stava camminando nella loro direzione: il terreno tremava sotto i suoi passi e le braccia ciondolavano lungo quel corpo fatto con poca grazia. Vista la mal parata Xander uscì repentinamente brandendo lo spadone, mentre Kennedy puntò la balestra e scoccò subito la freccia, che si ruppe contro il petto del demone, senza che lui quasi se ne accorgesse. “Questo non era previsto.” mormorò la ragazza, mentre Xander capì che adesso doveva intervenire quello con più esperienza.

“Questa città è troppo piccola per noi due.” gli urlò lanciandoglisi contro arma in pugno: peccato che il fendente venisse fermato dalla mano del demone e che per il rinculo il prode giovane cadesse a terra. Kennedy nel frattempo aveva afferrato una sbarra di metallo per terra e gli si era lanciata contro, percuotendolo sul fianco e ottenendo solo che quello, grugnendo, gliela stappasse dalle mani lasciandola a bocca aperta a poco più di un metro di distanza. Ma una vera Cacciatrice ha sempre un’arma segreta: Kennedy estrasse dal giubbotto una macchina fotografica e gliela puntò contro urlando “Guarda qui brutto bestione!” il che fu sufficiente ad accecarlo col flash e dare a lei e a Xander il tempo per riflettere in separata sede sulle modalità d’attacco, cioè fuggire velocemente e pensare a qualcosa di efficace.

 

ATTO III

Si lanciarono in una fuga precipitosa e affannata mentre sentivano dietro di loro il rimbombare dell’asfalto sotto i grossi piedi della bestia demoniaca che, senza troppo affrettarsi, li rincorreva. Fu a Kennedy che venne in mente il modo migliore di seminarlo, dopo averlo già abbastanza distanziato: girare un angolo e buttarsi dietro le felci che ornavano una grossa villa quasi del tutto ricostruita. Il piano funzionò a meraviglia perchè il demone continuò a correre piano lungo la strada superandoli e senza accorgersi della loro manovra: fu solo quando il rumore dei suoi pesanti passi fu quasi del tutto smorzato dalla distanza che Xander ebbe il coraggio di tirare fuori la testa dal cespuglio e vide Kennedy già in piedi nella macchia di verde intenta a scrutare l’orizzonte.

“Se n’è andato. Non dev’essere molto intelligente.” “A cosa gli serve il cervello se ha il corpo duro come la pietra ?” Lei lo guardò soddisfatta per la sua osservazione “Allora non me lo sono sognata: quando l’ho colpito con la mazza ho avuto la sensazione di aver aggredito un grosso muro di mattoni.” “Un tizio solido insomma, su cui puoi fare affidamento. Comunque ottima idea quella di accecarlo col flash.” “Almeno sviluppo la foto e la mando a Willow per saper qualcosa di più.” “O hai impiantato una camera oscura sotto il tuo letto oppure era meglio prendessi la macchina digitale.” Kennedy non gradì affatto l’ironia, come in generale non gradiva qualcuno le facessero notare qualche marchionale errore commesso da lei (e ciò la portava spesso a discutere con la sua Willow): come suo solito avrebbe risposto in modo scortese se non fosse stato per la decina di grossi coltelli che comparsi dal nulla, vibrando a mezz’aria, veloci si erano disposti in cerchio intorno al piccolo felceto in cui si trovavano. Xander, senza parole, si guardò intorno cercando di capire la situazione e senza aver il coraggio di muovere solo un muscolo, rimanendo immobile proprio come Kennedy.

“Oh, la mia felce produce frutta a forma di testa di Xander Harris!” scherzò sorpresa una sensuale voce femminile dietro di loro: ambedue si girarono all’unisono e videro Amy, in camicia da notte e pantofoline, che li guardava divertita; Xander tirò un sospiro di sollievo, Kennedy fu assai meno felice.

“Dovreste stare attenti ad introdurvi nei giardini privati di notte: ci possono essere degli antifurti accesi.” “Solo una svitata come te poteva avere questo antifurto” fu la pronta risposta della giovane Cacciatrice, assai poco diplomatica e cortese nonostante la situazione. “Ehi, calmati e ricordati che ho io … il coltello dalla parte del manico.” disse ridendo la strega che, con un solo schiocco di dita, riportò i coltelli prima in una ordinata fila a mezz’aria e poi dritti filati dentro casa, presumibilmente nel loro cassetto. “Amy, non sai che bello rivederti.” le sospirò Xander che si era già visto trasformato in coltelliera. “Ho sentito dei grossi rumori in strada, poi è scattato l’antifurto: una giovane e sola ragazza in una grande casa si deve pur difendere, lo dice anche la Costituzione.”

“Non credo Jefferson contemplasse l’uso di coltelli magici. Comunque il rumore eravamo noi ed un demone che ci inseguiva.”

Xander aveva appena avuto quella che poteva essere una brillante idea, anche se un po’ rischiosa: quella ragazza era magari vendicativa, instabile e pericolosa ma di certo aveva delle conoscenze che potevano esser loro utili e quindi, senza consultare Kennedy che di certo non sarebbe stata d’accordo, andava ingaggiata per un veloce consulto sulla natura del bestione. “Oh Xander ma quando finirai di aiutare le Cacciatrici ? Avete distrutto una città, hai perso un occhio e la fidanzata: non ti sembra l’ora di pensionarti? Comunque … volete entrare ? Vi offro qualcosa e vi date una sistemata prima di continuare il safari.” Il “no” deciso e netto di Kennnedy fu oscurato dallo squillante “sì” di Xander, che ottenne così un sorriso dalla strega e uno sguardo omicida dalla Cacciatrice.

“Che miscela è questo caffè ? È delizioso.” Stavano in cucina, Xander e la padrona di casa seduti al tavolo, Kennedy in piedi appoggiata al muro e con lo sguardo duro ed ostile. “Oh, è un antico segreto. Tu sei sicura di non volerne un po’ ?” “Per quel che ne so potrebbe essere stregato e maledetto e tu potresti aver evocato quel demone per portarmi qua e continuare a vendicarti.” Amy rise di cuore, mostrando dei magnifici denti “Oh ragazzina sei proprio testarda. Non sono un demone della vendetta e poi lo dovresti sapere: se organizzo qualcosa è sicuramente più elegante di quella rozza trappola che hai descritto.” “Si dice cervellotica e folle, non elegante.”

Era il momento per Xander di intervenire, prima che la situazione degenerasse. “Il demone che ci ha inseguito non era affatto elegante: un grosso bestione tozzo che assomigliava per forma ad un uomo, ma fatto molto male. E di pietra.” Lei lo guardò divertita e Xander ebbe la sensazione che volesse flirtare, che non sarebbe neppure stato male: aveva un bel personalino a quanto poteva intravedere dalla camicia da notte.

“Oh, un grosso omone di pietra. E magari aveva qualche segno particolare.” “Tipo cicatrici, zoppia, strabismo ?” Lei sorrise divertita “No Xander, tipo una scritta in strani caratteri incisa sulla fronte.” Kennedy scattò veloce come un falco “Allora sei tu che l’hai creato, brutta str-” Amy si girò verso di lei con uno sguardo furibondo e iroso “Ehi, sentimi bene bimba. Come Cacciatrice devi fare proprio schifo se non sai neppure le cose basilari: per essere come Buffy oltre a menare le mani devi avere anche cervello e le nozioni di base. E ti mancano proprio, come l’educazione.” Xander si sentì morire: quel paragone era forse la cosa peggiore che lei volesse sentirsi dire e, se lui non avesse fatto subito qualcosa, la situazione sarebbe presto degenerata; le prese la mano ed Amy si girò verso di lui. “Lo conosci ?” “È un Golem Xander, solo un semplice Golem.” Vide nei suoi occhi il buio più assoluto e quindi si lasciò andare alla spiegazione. “Tu prendi della creta, ci modelli un essere umano e con una formula ed incidendogli sulla fronte una parola quello prende vita e diventa tuo servitore: tutti lo possono fare. La parola è ebraica, il primo Golem fu creato da un rabbino a Praga e per distruggerlo basta cancellare la prima lettera dalla sua fronte. Tutto qui.” Lui, deciso ad usare il suo fascino, prese ambedue le mani di lei tra le sue “Amy, mi hai risolto la serata.” “Che non è quello che di solito una ragazza vuole sentirsi dire.”

“Io non ci credo e non mi fido.” disse tagliente e secca Kennedy. “Ok stupidina, mi hai proprio seccato.” Amy di scattò si alzò dalla sedia e si girò verso la Cacciatrice, puntandole gli occhi addosso. “Quello è il telefono: chiama il tuo amore e chiedile se mento. Io intanto mi cambio così vi accompagno a cancellare la lettera.” Uscì dalla cucina ma quando fu a metà della scala per il piano di sopra le urlò “E breve la telefonata, non state a fare le melense mentre io pago la bolletta.”

Quando fu certa che fosse salita Kennedy aggredì verbalmente Xander, sibilandogli contro quello che pensava della sua idea di chiedere aiuto ad Amy, ma lui senza darle retta compose il numero di telefono di Willow e quando sentì il segnale che era libero senza dire nulla porse la cornetta alla ragazza. Già al secondo squillo ci fu risposta.

“Pronto Xander sei tu ?” Willow era evidentemente tesa, concitata ed ansiosa. “No amore, sono io. Abbiamo un paio di problemi. Il primo è che il demone è un bestione che sembra fatto di pietra e ha una strana scritta sulla fronte.” “Ah, un Golem.” Kennedy ci rimase male: intanto era evidente che questi Golem fossero ben facili da individuare, e lei se voleva diventare una buona Cacciatrice doveva saperlo fare, e in più quella schifosa di Amy non gli aveva mentito, che magari in generale era una cosa buona ma al suo orgoglio non piaceva. “Ok, non ci sono problemi, sappiamo come agire allora. Ti richiamo dopo che gli ho cancellato la lettera dalla fronte. Ti voglio bene. Ciao.” Xander rimase un po’ stupito dalla conclusione affrettata e concisa della telefonata, ma ebbe il buon senso di non dire nulla perché pensava Kennedy si sentisse sminuita a dover chiedere consigli a Willow sulla sua missione di Cacciatrice; che era vero, ma in quel caso non era basilare nel comportamento della ragazza.

Per strada, camminando nel silenzio più totale, Xander stava al centro del gruppo, dividendo le due contendenti di prima: a destra aveva Amy che ogni tanto, garrula, gli chiedeva di comune conoscenze e della sua vita in genere, a sinistra Kennedy, corrucciata e pensierosa. Avevano deciso di fare il giro degli altri parchi con installati giochi per bambini, l’unica traccia considerevole in mano loro. In fondo, poiché i Golem non hanno volontà se non quella di chi li ha creati, c’era da pensare che fosse stato incaricato proprio di distruggere scivoli e affini: inconsueto, ma non avevano altri appigli.

Xander stava spiegando ad Amy i vantaggi dei serramenti in legno rispetto a quelli in alluminio quando Kennedy gli diede un colpo all’addome per farlo tacere: aveva sentito un grugnito familiare. Effettivamente, avvicinatisi guardinghi al parco, nascosti alla vista da siepi di pitosforo, videro il bestione che stava cercando di fare un nodo ad un lampione, mentre un paio di panchine si erano trasformate in opere d’arte concettuali e uno scivolo in manciate di coriandoli metallici.

“Sarà mandato da qualcuno che non ama l’amministrazione comunale.” “Di sicuro ha una buona mano. A vederlo da qui mi pare fatto decisamente bene: alcuni vogliono creare un Golem ma riescono a dare forma ad un Venerabile Yabba.” “Oh, Andrew si commuovere a questo paragone.” “Chi ?” “Un tizio che conosco. Quindi l’autore può essere uno scultore che odia il governo ?” Kennedy perse la pazienza: il dialogo insulso e fuori luogo di quei due l’aveva spazientita per cui diede un paio di pizzicotti ai chiacchieroni e comunicò il suo piano.

Xander, magari non troppo contento, si mise a fare l’esca: distante un cinque metri dalla schiena del Golem iniziò ad agitarsi, fischiare e a lanciare strani insulti alla creatura “Ehi, tu, brutto figlio di un ceramista ! Ma tuo padre aveva bevuto quando ti ha modellato ?” Amy, rimasta dietro il cespuglio poiché Kennedy non voleva il suo aiuto, lo guardava perplessa e si domandava come diavolo Buffy avesse potuto riuscire in tutto ciò che aveva fatto quando come ausili aveva una strega debole ed instabile e quel buffo infantile ragazzo.

Mentre Xander motteggiava sul Golem imitandone la camminata ed il portamento e facendo il verso ai suoi grugniti, Kennedy, agile silenziosa e lesta, si era arrampicata su un albero abbastanza robusto e con i rami non troppo bassi ed era pronta allo slancio con cui sarebbe saltata sulle spalle del Golem e gli avrebbe cancellato dalla fronte la prima lettera. Come da piano la creatura, apparentemente curiosa, si era avvicinata a Xander che continuava ad imitarlo, sembrando più che altro uno scimmione ubriaco, e si era quasi piazzato vicino l’albero che nascondeva la Cacciatrice: ad Amy la cosa strana sembrò il suo modo di comportarsi perché, da quello che sapeva, i Golem, se disturbati durante l’esecuzione del compito che gli è stato affidato dal loro creatore, sono decisamente furiosi e pericolosi, mentre questo era placido e sembrava quasi non fosse contrariato da loro.

Giunto ad un breve distanza dal ramo Kennedy si slanciò su di lui e, con agile quanto calcolata mossa, gli planò sulle spalle e in un attimo era già ben assisa su di lui, con le gambe incrociate sul suo petto e sotto la gola, la pancia aderente alla sua nuca e le mani ben avvinte ai sui capelli: ora doveva solo cancellare la lettera, la prima lettera della scritta che aveva incisa nella fronte e che gli dava la vita e per farlo, poiché aveva l’impressione fosse duro come la pietra, era munita di un corto pugnale che avrebbe usato come scalpello. Senonchè, appena iniziò a colpirlo nella parte destra della fronte ad Amy venne in mente un grosso particolare che si era scordata e si slanciò fuori dal suo cespuglio urlando.

“Dall’altra parte, dall’altra parte ! Gli ebrei scrivono da destra a sinistra !” Xander impiegò un attimo a capire che Kennedy stava scalpellando l’ultima lettera invece che la prima, mentre lei stessa non lo capì affatto anche perché il Golem, non appena si sentì toccata la fronte, urlò rabbioso e protese la mano destra fino a trovare la collottola della giovane e una volta afferratala la alzò di peso e, senza grazia ma anche senza violenza la posò a terra. Tutto avvenne così velocemente che Kennedy, prima ancora di capire, si ritrovò seduta sull’erba disarmata con Xander che si slanciava contro la creatura urlante per tenerla occupata ed Amy che le tendeva la mano per aiutarla a rialzarsi. “Via, via ! prendiamo tempo !” urlò la Cacciatrice e Xander, senza troppi problemi e scrupoli, mostrò la schiena alla belva furibonda che urlava come un dannato e agitava le braccia piena di iracondia, senza però lanciarsi in un vero attacco.

 

ATTO IV

Sfiancati da una lunga corsa trovarono riposo e fiato sugli scalini del ricostruito municipio: Amy ansimava come un cavallo dopo miglia di galoppo e stava sdraiata di sbieco, stupita dall’avere ancora la forza per farlo mentre Xander si sentiva pulsare tutte le vene, le arterie, i capillari e qualsiasi altra cosa nel corpo connessa la sangue e al trasporto dell’ossigeno; Kennedy, più che affaticata, era pensierosa e sedeva a gambe incrociate riflettendo.

“Se mi avessi permesso di fare qualche magia …” trovò la forza di dire Amy. “No. Niente magie. Willow mi dice che meno si usano meglio è e inoltre la Cacciatrice non usa trucchetti del genere: solo forza ed intelligenza.” “Tu ne hai almeno una delle due ?” motteggiò Amy, mostrando come la sua riserva di sarcasmo fosse maggiore di quella di fiato.

“Per piacere Amy, lascia perdere. Com’è la storia che gli ebrei scrivono al contrario ?” domandò Xander sperando Kennedy fosse abbastanza matura per soprassedere sullo scherno recente. “Scrivono da destra a sinistra e penso lo facciano da sempre.” “Tu che pensi? Questa è una piacevole novità. -Kennedy non era stata abbastanza matura- Quindi dovevo cancellare l’altra lettera, quella in fondo, che poi sarebbe all’inizio. Ma c’è un problema.” “Credo che “Abbiamo un problema” sia il motto di tutte le Cacciatrici.”

L’ultima osservazione di Xander lasciò perplesse le due ragazze e lui spiegò loro che era una delle frasi più usate quando combatteva con Buffy, Willow e Giles, e probabilmente si sarebbe lasciato andare ai ricordi se Kennedy non gli avesse chiesto se avevano mai incontrato un mostro simile.

“Dunque, vediamo … demoni mantide, demoni robot, demoni mangia cervello e creatori di incubi, mummie e demoni serpenti, demoni vermi, il Giudice …” “Streghe che ti fanno desiderare sessualmente da tutta una città … Non ci vorrai raccontare tutti gli incontri che hai fatto, vero ? Dobbiamo agire in fretta !” Kennedy, senza capire il riferimento alle streghe, guardò di traverso Amy “E da quando tu dici come e quando agire ? Non mi sembra che tu abbia mai fatto parte della Scooby Gang.” “Se non era per me tu stavi ancora cercando di picconargli la parte sbagliata della testa. E poi, a quanto vedo, della vostra Gang oramai è rimasto solo Xander; e comunque neppure tu ne hai mai fatto parte.”

Amy riusciva ad essere acida e pungente senza troppi sforzi e Kennedy si trovò senza una risposta pronta ma fortunatamente Xander aveva avuto un’idea e si affrettò a riempire l’imbarazzante silenziò che si creava tra una sorridente Amy ed un’umiliata Kennedy. “Una domanda Amy: è necessario cancellare solo la prima lettera oppure si possono cancellare tutte ?” Lei lo guardò perplessa “Beh, se ne hai voglia cancellale pure tutte. Comunque una volta cancellata la prima il Golem torna di fango o argilla e tu puoi cancellare anche le altre. Perché ?” “Ho avuto un’idea, e credo proprio che funzionerà.”

Dopo il terremoto di un anno prima il governo aveva mandato l’esercito a presidiare la zona per evitare sciacallaggi e per provvedere alle prime ricostruzioni: la presenza militare si era attestata in due campi e, successivamente, con il normalizzarsi della situazione, in due caserme, una delle quali sorgeva sui resti di una precedente, che Xander aveva già visitato e di cui sperava fosse rimasto immutato l’impianto generale.

Prima passarono da Amy per prepararsi per l’azione: lei tramite incantesimo avrebbe avvolto Xander in una leggera nebbiolina che, agli occhi di chi non lo conosceva, lo avrebbe reso praticamente invisibile, consentendogli di entrare ed uscire indisturbato dalla caserma (si intende, purché si sbrigasse poiché Amy non sapeva far durare molto a lungo gli effetti di quell’incantesimo). Mentre stava per uscire lei gli fece gli auguri e gli disse di stare attento e lui lo interpretò come chiaro segnale: le piaceva; Kennedy, pur di non stare assieme alla strega mentre dava mostra delle proprie abilità, si ritirò nel giardino posteriore della casa a fare un po’ di esercizio.

Fortunatamente nulla era cambiato e Xander entrò, prese ciò che cercava ed uscì velocemente e senza che nessuno lo vedesse: fossero state sempre così facili le azioni contro i demoni. Mentre tornava a casa di Amy pensò a Cordelia, a quando assieme a lui era entrata nella base dopo aver ingannato il piantone e, per la terza volta nella serata, si sentì prendere il petto dalla nostalgia. Ma ora doveva pensare al presente e pregustò la sorpresa che avrebbe fatto alle due ragazze: non si era sbilanciato molto sulle sue intenzioni, gli piaceva fare il misterioso per poi vedere il loro stupore e la loro gratitudine a missione conclusa, e che la missione sarebbe andata a buon fine ne era certo matematicamente: se quel piano era funzionato una volta perché non avrebbe dovuto funzionare adesso, e contro un solo, misero, pietroso Golem ? O forse doveva pensare “argilloso” Golem ? Se era fatto d’argilla, ma in pratica aveva la consistenza della pietra, come doveva pensare a lui ? Con la mente avvolta da queste domande arrivò da Amy e si pregustò la prima parte del suo trionfo.

Il Golem fu trovato facilmente grazie ad un incantesimo di Amy, stupita che quel tipo di magia funzionasse non solo sugli essere umani: era nello stesso parco in cui lo avevano visto la prima volta e, brandendo una panchina, sembrava arasse il terreno, poco distante da un cestino della carta stirato così tanto da sembrare un lampione da giardino. Amy si mise dietro una macchina, dalla parte del baule, mentre Kennedy si piazzò, pronta, dietro il cofano, che le serviva da validissimo appoggio per l’arma; Xander, trionfante e sicuro come mai, avanzò verso il Golem, che gli dava le spalle, lasciandosi dietro di sé la macchina con le due ragazze.

Si schiarì la gola, poi prese un pezzo di metallo e lo tirò senza forza contro la schiena del bestione, che smise di arare e si girò verso di lui: erano a quindici, forse venti metri di distanza, non si sentiva nessun rumore e non tirava una bava di vento, ognuno convinto di essere il più forte. Xander capì che ora o mai più avrebbe avuto l’occasione di dire quello che, fin da piccolo, aveva sempre sognato di dire a qualche malvagio: alzò un po’ la testa, incrociò lo sguardo del Golem, lo fissò e roccioso e granitico come solo Clint sapeva essere e gli disse: “Coraggio, fatti ammazzare.”

Detta la sua frase storica molto velocemente si slanciò dietro un rialzo di terra, giusto per non essere sulla linea di fuoco del grosso e potente bazooka che Kennedy aveva puntato su quella creatura e che, una volta partito il colpo, gli cancellò la prima lettera dalla fronte, anzi, tutte, le lettere, anzi, tutta la fronte e la testa. Il boato fu terribile, immensa la nuvola di polvere e terra che scatenò, eterno il tempo che impiegò l’aria per essere di nuovo trasparente: il Golem non esisteva più.

“Se aveva funzionato col Giudice avrebbe funzionato anche con questo.” disse soddisfatto Xander rialzandosi, mentre le due ragazze sbucavano da dietro la macchina. “Sei stato grandioso, ti dovrebbero fare Cacciatrice onoraria.” gli trillò Amy. “Clint Eastwood sarebbe fiero di te.” sorrise Kennedy.

Amy diede loro uno strappo in macchina fino a casa, perché erano un po’ troppo stanchi per farsela a piedi e poi, lei disse, guidare un po’ la notte non le dispiaceva, anzi, la faceva sentire romantica; Xander era sicuro, la bambina era cotta a puntino, il maschio ancora una volta aveva fatto colpo, anche senza un occhio.

Arrivati a casa, per evitare che magari lui la invitasse a salire su per bere qualcosa o fare due chiacchiere Kennedy proclamò che aveva bisogno di una bella doccia e che avrebbe sistemato il salotto l’indomani, anche se era in condizioni terribilmente indescrivibili: Xander mentalmente ringraziò la ragazza che se ne andava subito lasciandogli campo libero e si preparò a sfoderare le sue migliori armi. Pensò a un volgare doppio senso circa le sue armi e il bazooka usato e gli venne da ridacchiare: Amy gli chiese cosa aveva e lui improvvisò.

“Sai, pensavo che da anni mi ritrovo sempre la sera con una Cacciatrice e una maga: è buffo.” “Però adesso sono cambiate.” “Non mi dispiace questo cambiamento.” e accompagnò la frase con un sorriso maliardo degno di Clark Gable o George Clooney; Amy arrossì e contraccambio con un sorrise dolce e vagamente imbarazzato. “Io invece questa sera, guardandoti ho pensato ad un’altra cosa che è da tempo che … una sorta di pensiero ricorrente, ogni tanto mi veniva in mente … più o meno da quando conosco le storie tue e della Cacciatrice. Di Buffy, intendo.” Xander non capì dove voleva andare a parare e non potè neppure scoprirlo perché sentì la voce di Kennedy che lo chiamava e vide la ragazza scendere a precipizio verso la loro macchina: il primo pensiero fu di strangolarla, ma poi intuì che ci doveva essere qualcosa che non andava.

Un pacco: davanti la loro porta di casa c’era un delizioso pacco regalo infiocchettato, abbastanza pesante e corredato da un bigliettino, che Kennedy teneva in mano. Sulla busta bianca c’era scritto con inchiostro seppia, in una grafia rotonda ed arzigogolata, con notevoli svolazzi intorno le maiuscole “Per il Signor / Alexander LaVelle Harris / e la Cacciatrice / Kennedy Elisabeth Scott”. All’interno c’era un biglietto recante in alto uno stemma, stampato in rilievo, sovrastato da una barretta con alcune palle, che nessuno dei tre giovani seppe riconoscere come una corona comitale, e sotto un cartiglio recante l’iscrizione “Sine Clementia Malo” di cui non capirono la traduzione.

Questo raffinato biglietto era corredato del seguente messaggio: “Vogliate gradire questo piccolo dono per il disturbo arrecatoVi e come segno della mia più sincera ammirazione per l’eccellente sistema con cui avete risolto il problema presentatoVi.” ed era firmato “C. de S. Germain” “E cosa conteneva il pacco ?” chiese curiosa Amy, che aveva apprezzato assai la classe del messaggio: una bottiglia di Dom Perignon di buona annata anche se loro non lo sapevano, un trancio di salmone scozzese affumicato e della pasta italiana fatta a mano, come stava scritto sulla confezione.

“Sarà avvelenata ?” si chiese Kennedy sospettosa. “Lo escludo: sarà quel tizio che ci ha telefonato e che ora ci ringrazia, mi sembra chiaro. Dev’essere ricco e magari europeo: è tutta roba di marca, e non c’è niente di americano. Finalmente una gratifica nel mestiere di Cacciatrice.” Era il minimo osservò Amy: era un lavoro rischioso senza fondi pensione, copertura sanitaria e vantaggi nei parcheggi, che almeno si sdebitassero in questo gustoso modo. Ora il problema era come cucinare il salmone.

“No. Il problema è che c’è un tizio che ci telefona, sa dove abitiamo, sa dove ci sono i demoni, ci manda a combatterli e poi ringrazia con questi graziosi biglietti. Questo non è affatto normale.” osservò Kennedy fosca in volto. “Due problemi quindi. Domani li risolveremo, telefonando a Giles circa il biglietto e chi lo manda e a Willow o Buffy sperando sappiano come cucinare pasta e salmone.” concluse Xander. “Facciamo così: cerco io su Internet qualche ricetta degna di fede e cucinerò tutto nel modo migliore: se sei libero vieni a cena da me Xander?” e poi, lasciato passare qualche istante di silenzio, giusto per rimarcare chi era invitato solo per forma, aggiunse “Ovviamente l’invito è esteso anche a te, cara.” sorrise Amy.

 

Mentre si discuteva di pasta e cene e ricette, qualcuno ascoltava attentamente il resoconto della serata del signor Harris, della Cacciatrice e di quella strega. Nella camera, tra il monumentale letto a baldacchino in legno scuro e l’immenso armadio coi pannelli intarsiati c’era la cassapanca su cui aveva abbandonato l’incredibile vestaglia di seta blu a draghi gialli e arancioni (squisito ricordo dell’Indocina), vicino al tavolino, su cui il grammofono spandeva la voce della Piaf, e alla trionfale ottomana tappezzata in velluto rosso su cui stava sdraiato in pigiama, le mani dietro la nuca e le gambe incrociate.

Sul letto seduta (ma è un termine che va preso con beneficio d’inventario) c’era una sorta di impalpabile e soprattutto incorporea nebbiolina, ondeggiante e pressoché trasparente: benché i contorni fossero sfuggenti e ondivaghi con un po’ di abitudine si sarebbe potuto intravedere una figura umana probabilmente femminile avvolta in un lungo, largo e morbido abito, nero il corsetto, la gonna e gli sbuffi all’attaccatura delle maniche (ma questi ultimi leggermente screziati d’oro), bianca solo la gorgiera e i ricami all’altezza dei polsi.

Appena terminato il circostanziato racconto delle gesta dei tre l’uomo in pigiama disse qualcosa in francese a cui l’altra figura rispose in un americano imperfetto, con pesanti tracce di inglese accademico e di francese, anche nell’accento “Sapevamo che non erano molto … classici nel metodo di procedere. Però citare Clint Eastwood è stato simpatico.” Lui le rispose in francese, e dal tono si sentiva della curiosità e dell’ironia; lei sorrise (nei suoi limiti incorporei ed evanescenti, ovvio) e gli rispose in francese.

“Ora che siamo qui dobbiamo adattarci. E poi non fare lo spiritoso, tu non lo parli molto meglio di me. Quando viene l’inglese a cena ?” Lui si alzò mollemente dall’ottomana e si diresse verso il letto stiracchiandosi “Domani sera: pensa cosa preparare per piacere.” “Salmone, direi. E poi mi pare che tu glielo abbia anche chiesto, se gli piaceva.” Lui sbuffò e iniziò a preparare il letto “Ringrazio per il regalo ma quel sant’uomo me ne poteva anche mandare meno. Se non lo finiamo in fretta mi verranno le branchie e risalirò il Rodano per deporre le uova.” “Al massimo risalirai il Missisippi” motteggiò lei e lui la guardò con un’espressione piena di disgusto. “Non ricordarmi sempre dove siamo finiti” Indugiò un attimo e lei comprese come stesse preparando qualche bon mot “America: se avessimo saputo cosa c’era non l’avremmo mai scoperta.”

Lei scosse la testa. “Guarda che dobbiamo rimanerci per qualche tempo da queste parti, inizia ad abituarti, giacchè ci sei voluto venire. Cos’hai intenzione di fare con le streghe ?” Lui era già sotto le coperte e si pregustava una dolce notte tra le morbide coltri. “Mostrerò loro come Salem, pratica barbarica mutuata arbitrariamente dalla nostra Santa Inquisizione, sia solo uno scherzetto al mio confronto. Dopo il mio passaggio tutte le streghe d’America sapranno che ci sono, ancor oggi, metodi veloci ed efficaci per umiliare la superbia di chi, pur non essendone degno, si arroga il diritto di modificare le leggi del Creato.”

Lei, svolazzando via dal letto, arrivata alla porta della camera si girò verso di lui.”Amen. Sei così episcopale quando vuoi: sembrava un’allocuzione papale. Spero gli ripeterai queste parole quando ti presenterai a loro. E circa una strega in particolare ?” Lui spense la lampada liberty al comodino. “Oh, verrà, eccome se verrà. E noi la aspetteremo in gloria perché ciò che doveva avvenire infine avvenga. Chiudimi la porta per piacere. Buonanotte cara.”

 

VIII.02 - IL CACCIATORE

Scritto da: FranzJoseph

Spoiler per: tutta la stagione VII di BtVS

Rating: per tutti

Timeline: un anno e mezzo dopo “Chosen”; settembre 2005

Summary: Dove Amy capisce quanto sia pericoloso fare la strega a Sunnydale, Giles quanto un certo francese sia pericoloso in assoluto e Xander che è destinato a rimanere single ancora un po’; intanto le sorelle Summers ricevono visite.

Commenti: se volete scrivetemi a franzjoseph1@supereva.it

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

PROLOGO

In un centro mistico qual era Sunnydale una volta oltre a molteplici demoni e vampiri e ai loro rispettivi cacciatori e Cacciatrici abbondavano anche i cultori e le cultrici di poteri occulti e magie: chi se ne potrebbe stupire, considerando che la città era stata creata per cibarsi dei suoi abitanti da un sindaco igienista che si era venduto l’anima ? Ma tutte le cose belle finiscono e così, oltre ad una consistentissima diminuzione delle peggiori manifestazioni maligne (che aveva fatto un po’ arrotondare Kennedy per l’inattività), era anche diminuita la percentuale di streghe, le quali, seppur senza saperlo, traevano forza dalla vicina e potente fonte.

Nella locale università si era formata una congrega di adepte alla magia (seppur di basso livello) ed era stata frequentandola che Willow si era creata quella base che le avrebbe permesso quasi di distruggere il mondo e che aveva incontrato Tara, sempre rimpianta nonostante una nuova e dolcissima ragazza ora l’affiancasse. Con il “terremoto” anche i locali universitari erano andati distrutti ma nel fervore edilizio della ricostruzione metà circa degli edifici rovinati erano stati ricostruiti e piano piano la vita riprendeva: quell’anno ci sarebbero stati di nuovo i corsi e, per invogliare gli studenti a tornare, le tasse universitarie erano state consistentemente diminuite.

Tra le prime ad immatricolarsi non c’era stata Willow, oramai abituatasi al nuovo campus in cui si era iscritta qualche mese dopo la sconfitta del Primo Male: era lontana da Kennedy e Xander ma quello era un istituto di prestigio che avrebbe dato molto alla sua futura laurea in informatica e inoltre non aveva confraternite dedite alla magia (attività che le era costata il colore dei capelli e quasi la sanità mentale).

Si era invece di nuovo iscritta proprio nel risorto campus Vaughne, l’ultima Prima Maga della Confraternita delle adepte alle Arti Magiche dell’Università di Sunnydale (pomposo e lungo titolo per dire che ne era Capo Gruppo) e, con pazienza ed ostinazione, era riuscita a far tornare le vecchie amiche e a far risorgere la congregazione, facendo in quel periodo fare affari d’oro al Magic Shop, da cui si erano rifornite di qualche libro e del vario necessario per i loro piccoli incantesimi. Negozio comprato a poco da Amy, ristrutturato e rammodernato: nella stanza usata da Giles per far allenare Buffy lei aveva impiantato il suo personale laboratorio di distillazione ed elaborazione delle erbe: come dire, dal produttore al consumatore.

Di questo nuovo fervore Giles non sapeva nulla, e in verità gli bastava quello che si prefigurava sarebbe accaduto con Buffy, Dawn e Willow: gli sfuggiva l’esatto motivo della fretta con cui il Conte aveva impiantato casa a Sunnydale, ma quel poco di cui era sicuro lo turbava abbastanza. Ovviamente la casa che questi si era fatto costruire era squisitamente estranea all’edilizia americana: l’unica cosa che poteva essere vagamente californiana era il primo chiostro che si incontrava superato il corpo di fabbrica per la servitù, ricordava un poco l’edilizia del periodo spagnolo, con bouganville quasi del tutto appassite rampicanti lungo le colonne e le superficie lisce e bianche di calce.

L’interno della casa, sfoggio di parquet, arazzi, argenti e mobili scuri, era il solito bric – a – brac di stili e oggetti che avevano le sue case provvisorie sparpagliate per il mondo: vista l’incertezza della sua vita aveva smesso di armonizzare il mobilio ed impiegava letti barocchi, cassettoni scandinavi e camini fiamminghi che i suoi clienti gli mandavano spesso in dono. Come c’era da aspettarsi la cena era stata eccellente e totalmente soddisfacente, benché Giles non amasse l’obbligo del frac (che gli donava poco).

Cucina italiana, poiché il padrone di casa riteneva che gli anglosassoni non sapessero apprezzare quella della sua patria, ottimo vino bianco e un profiterol degno di applauso non erano riusciti a migliorare l’umore di Giles, mai eccelso quando si trovava nelle vicinanze di quel figuro che gli aveva risparmiato la vita tre volte solo per non creare problemi a Buffy.

Si ricordava bene l’ultimo scontro, quando brandendo una mannaia e portandogliela all’altezza della gola gli aveva sibilato “Dovrei decapitarla, riempire la sua testa di stoppa e usarla per giocarci a polo con i Boeri.”: era una pratica che, a quanto si diceva in giro, il Conte aveva applicato più di una volta, facendo variare solo i giocatori.

La cuoca era una signora poco più giovane dell’Osservatore, due magnifici occhi scuri e un modo estremamente raffinato di muoversi, benché il servire a tavola la obbligasse a movimenti abbastanza fissi e schematici. La sorpresa, la vera grande sorpresa, fu vedere il dolce portato … da Buffy. Giles strabuzzò gli occhi e iniziò un inconsulto balbettio, anche perché la Cacciatrice indossava un completino nero da cameriera. “Buonasera Giles, è un piacere vederla qui.” Lui si alzò in piedi non capendo assolutamente cosa stesse succedendo, mentre il suo ospite sorrideva soddisfatto. “Prego, rimanga seduto, c’è il dolce. Che è ottimo come tutti i prodotti francesi.” Giles temette seriamente il padrone di casa le avesse fatto il lavaggio del cervello e rimase in piedi attonito, soprattutto per l’ultima frase. “Ma … ma … tu … io non … io …” “Giles lei è stato un mediocre Osservatore, è un inglese eretico, ha un brutto passato e non fa mai quello che Monsieur le chiede.” gli disse sorridendo e tutta compita Buffy, ancora ferma immobile con il vassoio del profiterol in mano, e allora lui comprese.

“Ma questo è il robot ! E lei lo ha trasformato in una cameriera ! In una cameriera sciovinista !” gridò all’indirizzo del suo ospite, che evidentemente si stava godendo la scena. “Io sono un’ottima cameriera, una macchina da riporto per vampiri e sono lieta di servire Sua Eccellenza il Conte di San Germano.” specificò il Buffybot con l’abituale sorriso trionfale dipinto sul volto. “Lei si è fatto spedire i pezzi del robot per trasformarlo … in questo ?”

Giles non credeva a ciò che vedeva, e soprattutto non si poteva capacitare del perché avesse acconsentito a spedirglieli, quei pezzi; ora mancava solo che comparisse la solita presenza che girava per casa. “E non ha ancora visto l’altro pezzo forte della mia Casa Civile.” gli rispose il Conte, divertendosi sempre di più al pensiero del prossimo incontro di Giles con una sua vecchia conoscenza. “Lei è … lei è …” “Sua Eccellenza è una magnifica persona.” specificò radiosa e ilare il Buffybot. “E le macchine hanno sempre ragione. Ci vogliamo godere il dessert ?”

 

ATTO I

Quando riusciva a dormire bene, il che era raro, un gentiluomo europeo da poco trasferito a Sunnydale durante la colazione mostrava di essere loquace, ciarliero e di buon umore; altrimenti scendeva nella sala da pranzo con il cipiglio di un orso e la loquacità di un muto. Quella mattina, forse perché la sera prima non aveva mangiato salmone o forse perché nella notte aveva sognato l’assolata Biarritz, scese allegro e si sedette a tavola sorridente e lieto, stupendo la sua cameriera. Si stiracchiò un poco, si guardò nel sottopiatto d’argento e poi odorò per sentire il profumo del caffè all’italiana appena fatto: se nulla nelle prossime ore lo avrebbe turbato sarebbe andato dal signor Robin Wood disponibile e calmo.

Stava mangiando un poco di roastbeef quando, svolazzando come era ovvio, giunse l’impalpabile presenza con cui viveva da moltissimo tempo. “Buongiorno caro, dormito bene ?” gli disse parlando in francese e lui nella stessa lingua le rispose che aveva passato un’ottima notte e le fece cenno di accomodarsi: il tavolo della sala da pranzo (un bell’oggetto Impero in mogano) conteneva dodici coperti e abitualmente ci mangiava solo lui, sempre a capotavola, visto che la cuoca e il factotum prendevano i pasti in cucina, il Buffybot ciucciava elettricità e Margot, in quanto essenza impalpabile, evanescente e trasparente, non si cibava. Lei si accomodò a capotavola, davanti a lui ma parzialmente celata alla vista dai due candelabri in argento e dal centrotavola Luigi XV che lui detestava, ma a lei piaceva tanto; la tovaglia di batista, secondo l’etichetta spagnola di Corte, arrivava fino a terra e c’erano apparecchiati i dodici coperti in modo che, qualora un ospite inaspettato fosse arrivato (ma non succedeva mai), potesse subito accomodarsi: così il padrone di casa intendeva l’ospitalità.

“Quando andrai a scuola ?” “Pensavo per metà mattinata e spero di rimanerci poco e di non avere eccessive opposizioni; ma credo che il ragazzo sia ragionevole.” Margot lo guardò incerta. “Ragionevole ? Hai intenzione di dirgli qualcosa ?” “Certamente no, non mi abbasso a dare spiegazione al primo maestro che ha fatto carriera, e comunque non gli chiedo mica la luna: una studentessa in più e un valido bibliotecario. Sono sicuro mi accontenterà. Sai nulla delle arance per la spremuta ? Non hanno molto sapore.” “Che vuoi farci, non è neppure stagione: quelle di serra sono così. Per stasera ?” Lui pensò un attimo, si concentrò e diede il responso “Ho voglia di un bel risotto fumante.”

Lei scosse la testa. “Intendevo le streghe, la loro associazione, come agirai.” “Ah, le streghe. Come vuoi agisca, al solito. Siccome oggi è martedì pare vendano dolcetti fatti da loro per finanziarsi: comprerò qualche muffin e poi farò pulizia, lasciando che la coniglietta scappi.” Margot non era molto sicura del piano, soprattutto l’ultima parte e glielo disse. “E se quella ti si rivolta contro ? Non dovresti sottovalutarla. E poi cosa ti fa credere che questo stimolo faccia tornare l’altra ? Dai tutto per scontato, come sempre.”

Se c’era una cosa che apprezzava poco, e che lo metteva di cattivo umore, era la solita mancanza di fiducia di Margot per i suoi infallibili disegni. “In primo luogo cara ricordati che sono americani, pagani che adorano la Twenty Century Fox: basteranno due effetti speciali per metterle una reverente e folle paura, come Cortes e suoi cavalli con Montezuma. Poi cosa vuoi che tema da una che studia magia vendendo dolcetti ? Che crei dei plumcake mannari ? E infine sappi che la strega tornerà o perché sente la sfida o per proteggere la sua ragazza. E comunque, se ciò non bastasse, posso sempre rapire Harris. Tornerà, stai certa.”

Lei non era ancora del tutto convinta. “E per le bambine ? Come farai a farle tornare ? Se lo fanno perché la loro amica è in pericolo tu non sarai in una buona posizione: quante volte te lo debbo ripetere ?” Lui sorrise sornione, perché aveva un asso nella manica che si era tenuto apposta per un momento simile. “Angel. Ci ha cercato a casa e gli hanno detto che ci siamo trasferiti a Sunnydale. Dagli tempo e andrà da Anne e parlerà, oh, quanto parlerà.” Rimase un attimo pensieroso, poi aggiunse “In fondo dei vampiri ti puoi sempre fidare: fanno puntualmente quello che ti aspetti facciano.” Lei non si perse l’occasione per contraddirlo. “Già. Tipo deflorare Anne.” e sorrise per la punzecchiatura mentre lui grugniva qualcosa di poco gentile.

 

Il Liceo di Sunnydale era stato incenerito due volte in quattro anni e i penultimi due presidi erano morti di morta violenta. Ma allora c’era la Bocca dell’Inferno e comunque lui era sopravvissuto allo scontro con il Primo Male e l’assassino di sua madre si era immolato per loro: la sua carriera di cacciatore di demone freelance, come la Cacciatrice lo aveva chiamato, si poteva dirsi conclusa e ora poteva tornare a fare il Preside a tempo pieno. La nuova scuola era stata ricostruita esattamente come l’originale e a lui non dispiaceva, soprattutto perché il suo ufficio non si trovava più sopra l’ex sito della Bocca dell’Inferno, dov’era stata messa la biblioteca, di forma curiosa ma affascinante (quando ci sarebbero stati i libri, si intende: gli scaffali vuoti era tristi); evidentemente ignorava che in quel luogo il preside Flutie era stato sbranato da alunni – iene. Stava riguardando i primi conti per cancelleria e personale quando la sua segretaria entrò, evidentemente confusa e gli parlò con tono misterioso ed intimidito. “Signor Wood, c’è un signore … un giovanotto per lei. Ecco il suo biglietto da visita.” Il biglietto recava uno stemma ed una corona comitale in rilievo e sotto la dicitura stampata in un elegante corsivo “Gen. Francois Louis de Saint Cloud, Comte de Saint Germain” Wood alzò le sopracciglia in segno di sorpresa: che fosse un ricco mecenate deciso a finanziarli ? La segretaria gli disse solo che era molto alto, molto elegante, e pure decorato ! Quando fu fatto accomodare Wood comprese che la descrizione era stata decisamente inferiore alla grandezza della realtà: oltre a superare un metro e novanta il signor Saint Cloud era addirittura in thight ! Non aveva mai visto nessuno che alle undici del mattino si facesse ricevere da un preside in tale tenuta: le scarpe di vernice brillavano da tanto erano lucide, la riga dei pantaloni impeccabile, giacca e gilet da esposizione, camicia rigida, colletto marmoreo, una perla come spilla per la cravatta, bastone d’ebano, anello d’oro al dito e un nastrino rosso all’occhiello (la Legion d’Onore, ma lui non lo sapeva). Per quanto sapesse stare al mondo, per quanto sapesse uccidere i demoni e avesse visto in faccia i Turok-an si sentì terribilmente inadeguato, anche perché il visitatore, sopra a un benevolo sorriso di superiorità, lo guardavo con due freddi occhi glauchi che lo rendevano nervoso ed inquieto. “Prego, si accomodi, cosa posso fare per lei ?” Quello si sedette con calma ieratica, senza smettere di sorridere benevolmente, come se fosse lui quello che lì dentro comandava. “Signor Wood, sarò breve e conciso, perché so che lei è una sano americano dai forti valori, amante delle cose chiare e semplici. Ho bisogno di un paio di favori da lei, e sono certo che me li accorderà.” Era decisamente sicuro di sé, vagamente arrogante, e, pur essendo estremamente schietto, era anche sfuggente: il preside amava dire di saper leggere le persone. “Mi fa piacere il ritratto che ha dato di me. Ma come fa a dirlo ? Ci siamo già conosciuti ?” “È il figlio di una Cacciatrice, questo vorrà dire qualcosa. E pare che nel vendicarla, un paio d’anni fa, lei sia stato molto determinato, anche se l’opera non è giunta a buon fine.” Bene, ora Wood non sapeva cosa dire o cosa fare o cosa pensare: quel ricco tizio non era un finanziatore e soprattutto non era di sicuro quello che sembrava. L’altro gli sorrise di nuovo e riprese a parlare “Visto che lei non sa cosa dire, ed è ovvio, parlerò per tutti e due. Non sono un demone, anzi, diciamo che lavoro nello stesso campo di sua madre: il suo Osservatore, nonostante sia un po’ malandato, ha sentito parlare del Conte di San Germano e se vuole notizie chieda a lui. Lei dovrebbe essere così gentile da assumere il signor Rupert Giles, che ha già apprezzato come Osservatore, come bibliotecario in questa scuola e, quando Dawn Julia Summers chiederà di essere iscritta in questa scuola, gli troverà una buona e calma classe. Può farlo, immagino.” e detto questo si alzò sorridendo e gli porse la mano, mostrando chiaramente che se ne andava perché considerava che il Preside avrebbe esaudito le sue richieste. Wodd automaticamente gliela strinse ma, mentre quello usciva, ritrovò abbastanza presenza di spirito per fargli una domanda “C’è un’altra apocalisse in arrivo ?” Il Conte di San Germano si girò un poco verso di lui, sorrise e disse “Al massimo non sarà peggio di quella che lei ha già vissuto. Ma non si preoccupi, ora in questo borgo c’è finalmente uno specialista.”

 

Dopo pranzo, in un’altra città e in un altro fuso orario rispetto a Sunnydale, Dawn stava parlando al telefono con Vi: come con Ronda, anche nella sua vita era comparso un presunto Osservatore, in questo caso polacco con una scarsa padronanza della loro lingua. Diceva di essere il nuovo Osservatore che le era stato assegnato dal nuovo Consiglio e, come prove per non essere ricevuto nello stesso modo di quello di Ronda (come faceva a saperlo ?), le aveva portato una foto che lo ritraeva in compagnia di Giles, delle copie di atti di due sedute del vecchio Consiglio degli Osservatori e soprattutto mostrava di conoscere abbastanza bene la sua vita e le sue ascendenze: la famiglia, come venne contatta la prima volta, la lotta contro Caleb. Tutto ciò sembrava estremamente veritiero ed inoltre Vi aveva controllato che non si incenerisse al sole, non temesse le croci e fosse corporeo. Vi non era molto ferrata sulla demonologia e per ulteriore prova gli aveva fatto solo un paio di domande a cui quello aveva risposto in modo logorroico e prolisso. “Questo depone a suo favore, fa molto Giles.” “Già, Giles dov’è? È l’unico che potrebbe testimoniare in loro favore.” Questo era uno dei due problemi che Dawn, pensando a tutta la storia, si era posta. “Mi spiace ma non ne so niente. In Inghilterra non c’è e non riesco a trovarlo.” L’altro problema, o meglio, ciò che meno le tornava, era perché se c’era di nuovo un Consiglio nessun Osservatore si avvicinava a Buffy ? Era questo che proprio non aveva senso: la prima Cacciatrice per fama non veniva contattata o messa al corrente da nessuno. Perché ?

 

ATTO II

Xander tardava a tornare dal lavoro ma questo non costituiva un grosso problema per Kennedy: probabilmente si era fermato con qualche collega a bere una birra prima di rientrare. C’era poco da dire, quel ragazzo aveva bisogno di svagarsi, e non con quei bestioni dei suoi colleghi, e di stare con una ragazza, e non solo con una giovane e intelligente Cacciatrice lesbica. E soprattutto, pensava Kennedy, doveva farsi passare una volta per tutte la sottile malinconia che spesso lo prendeva al pensiero che tutti gli amici lo avevano abbandonato: le Summers, Willow, Giles e Anya; ma per quest’ultima non si poteva fare più niente. Nonostante ciò sperava di cuore che non nascesse nessuna storia con quella lunatica strega vendicativa di Amy (anche la sua Willow era stata una strega vendicativa e anche molto crudele, in verità, ma per lei era diverso) ma che conoscesse qualche altra bella ragazza, disponibile a credere e a passare sopra al passato eccentrico e diverso che aveva vissuto. La porta si aprì, ma con Xander entrò l’inaspettato e l’inatteso, benché vestito in ottimo tweed: Giles, ovviamente. Inutile dire la sorpresa e la grandissima gioia di Kennedy nel incontrare di nuovo, dopo quasi un anno (l’ultima volta l’aveva incontrato il Natale precedente, quand’era venuto a passare le feste con tutti loro), quello che lei considerava come il suo primo Osservatore e che stimava molto anche come persona; Xander, ma non ci sarà bisogno di dirlo, era al settimo cielo ed allegro come non mai da molto. Si erano incontrati per caso, in strada: uno usciva dal cantiere e l’altro dal supermercato, dov’era andato a fare provviste “Sono appena tornato, non avevo niente in casa e avevo così fame … da apprezzare anche la cucina economica popolare statunitense.” si spiegò sorridendo ed indicando i cibi precotti che spuntavano dalla borsa della spesa. Xander, come se rimproverasse amabilmente un bambino, gli scosse l’indice davanti “E perché, se aveva fame, non ha pensato a noi ? Kennedy cucina bene e con tutti i demoni con cui c’ha aiutato una bistecca e un’insalata non gliela avremmo mai negata. Il mio indirizzo lo aveva, vero ?” Giles parve imbarazzato e si schernì un poco, cosa che Xander attribuì all’ovvio e naturale modus vivendi britannico “Mi sembrava ineducato piombarvi in casa chiedendo del cibo. Non me la sono sentita.” “Ehi ! abbiamo superato un’apocalisse. Queste sono cose che legato e creano intimità.” obiettò Kennedy, sempre un poco divertita per i suoi modi così compassati e cerimoniosi. “Parla per te !” la corresse Xander, e per un attimo le parve serio “Io e Rupert abbiamo condiviso molte più di una sola apocalisse.” “Rupert ?” e l’Osservatore lo guardò un po’ sorpreso per questo cameratesco modo di appellarlo “Signor Giles, giusto, mi stavo slargando. Dopotutto era a lei che ci ha insegnato tutto e a cui riconsegnavo i libri in prestito a scuola. Insomma … ha sempre avuto su tutti noi dell’autorità.” “Sorvolando sul fatto che tu non hai mai chiesto libri in prestito da leggere, spero che alla mia presunta autorità abbia anche contribuito non averti mai fatto ammazzare dai demoni.” “Per quello non c’era Buffy ?” domandò curiosa Kennedy, che conosceva Giles come sapiente uomo di studi e come addestratore di Cacciatrici, più che come valido combattente.” “Oh, non sai cosa nasconde Giles dietro la sua tranquilla facciata in tweed: da giovane lo chiamavano Squartatore ed evocava demoni che-” “Credo basti così Xander: sorvolando sull’inconsueta immagine del tweed, non vorrei questo nocesse alla mia figura di guida e di autorità verso questa giovane Cacciatrice.” Kennedy sorrise comprensiva “Oh, non si preoccupi. Mi hanno già raccontato anche di quando era diventato un ragazzaccio cattivo che se la spassava con la madre di Buffy !” “Sarà meglio se prepariate la cena voi due.” cercò di troncare il discorso Giles.

Finita la cena Giles si trattenne un poco a far due chiacchiere, poi preferì tornare a casa, promettendo loro che li avrebbe inviatati al più presto nel suo piccolo appartamento per una vera cena inglese. Intanto Amy si stava preparando per la serata: finalmente era stata di nuovo accettata nella Confraternita di magia dell’Università. La prima volta c’era entrata preceduta dalla sua fama (benché, non avendo finito il Liceo, tecnicamente non potesse) di strega dipendente da magia nera e ne aveva auto aiuto; ne era stata espulsa per la piccola vendetta fatta su Willow non molto prima della distruzione della città, fatto che la veggente della confraternita aveva saputo a mala pena prevedere. Ora, visto i prezzi abbordabili che aveva fatto a Vaughne e un paio di suggerimenti che le aveva dato, era stata ricompensata con il suo reintegro a tutti gli effetti e non vedeva l’ora di godersi il momento. Mentre si provava qualche abito, era indecisa tra un elegante spicciolo e un casual minimalista, si pregustava già le prossime tappe del suo avvenire: una buona e affezionata clientela, qualche amica, una posizione di rispetto nella Congregazione (lei ne sapeva molto di più di quelle care, ingenue dilettanti) e alla fine, tramite Xander, avrebbe potuto mettere in atto quello a cui pensava da un po’ di tempo, e che l’avrebbe fatta stare meglio.

Martedì, il secondo martedì del mese la Confraternita vendeva dolcetti per finanziarsi: era una delle vecchie tradizioni che Vaughne aveva reintrodotto, anche se forse per quella era troppo presto. In una città mezza distrutta e mezza ricostruita, con buona parte dei non moltissimi cittadini che pur credendo al “terremoto” sentivano dentro di sé che un anno e mezzo prima era successo qualcosa di molto più grosso e molto più oscuro, la vendita di plumcake, muffin e simili per finanziare delle giovani streghe oltre ad essere prematura non era neppure vista troppo di buon occhio. Ma il rettore avrebbe fatto ogni cosa per invogliare studenti a tornare e quindi l’aveva autorizzato e quanto a loro solo Amy si ricordava (e come avrebbe potuto scordarselo !) del piccolo pogrom suscitato dal demone di Hansel e Gretel che quasi le era costato la vita. Anche quel martedì quindi di facce nuove se ne erano viste ben poche (sette, di cui cinque erano andati lì per sbaglio) e i dolcetti invenduti occhieggiavano infelici la sala, aumentando la noia della decina di convenuti e la scontentezza di Vaughne, che sperava in qualcosa di meglio. Solo poco prima che si decidessero a far terminare la riunione arrivò un’altra persona: alto, allampanato, con lo sguardo curioso e un po’ sperduto, pallido ed in frac. Erano tutti così annoiati e assonnati che non si alzarono nemmeno dai tavoli o dalle panche della sala in cui erano riuniti e toccò alla Capogruppo riceverlo, ben sapendo che anche questo aveva sicuramente sbagliato indirizzo. Vedendola arrivare verso di lui questi abbozzò un timido sorriso e le tese una mano secca e ossuta “Buonasera. Ho visto le luci, ho letto il cartello fuori ma non ho molto capito. Sono straniero, di passaggio a Sunnydale.” Che fosse straniero a Vaughne era subito parso chiaro ascoltandolo: smorzava la “c”, arrotava alcune consonanti come un tedesco e accentava le parole in modo vagamente francese, ma nonostante questo buffo ed indecifrabile accento parlava un decente americano. Lei gli recitò le solite frasi di circostanza per spiegare chi erano, osservando curiosa il nastrino rosso all’occhiello e attendendo che questi si scusasse e se ne andasse; ed invece, capito chi erano, sorrise gentilmente e si mostrò interessato. Andarono a sedersi per parlare un po’, ma prima lui fece un’offerta generosa prendendo alcuni muffin al cioccolato e ai mirtilli e offrendogliene: Vaughne, tutta radiosa per l’insperato colpo di coda della serata, sfoderò la sua migliore loquela cercando di apparire professionale e di non venire scambiata per una di quelle ciarlatane tanto New – Age che spesso si incontravano. Il figuro -che non si era presentato, riflettè parlandogli- seguiva attento, sorridente ed interessato e un paio di volte pose delle domande che le fecero credere non fosse digiuno di conoscenze magiche. Alla fine sorrise e in un sussurrò le disse “Ho sentito abbastanza.” e alzò la mano sinistra, che teneva in grembo, ruotandola: di colpo, con forte boato, la porta della sala si chiuse e le finestre a ghigliottina, alzate per far entrare la fresca aria della sera, scesero al davanzale con un sincronico sinistro tonfo, che spaventò i membri della Confraternita delle Arti Magiche dell’Università di Sunnydale. Per il rumore anche Vaughne si girò dietro a vedere, preda già di forti timori, e quando si voltò di nuovo verso il suo interlocutore vide che adesso il suo sorriso era molto più gelido e che dalla mano destra, alzata come se dovesse giurare davanti ad una corte, si spandeva un’aura scura.

Amy, andata in bagno, sentì chiaramente il rimbombo prodotto dal chiudersi violentemente della porta e delle finestre e, curiosa, si domandò come potesse un colpo di vento far tanto rumore. Uscita, arrivò alla porta della sala in cui facevano la vendita e, mentre posava la mano sulla maniglia per aprirla, guardò dentro la stanza dal vetro e rimase ferma ed immobile in quella posizione, senza sapere che fare. Il tizio in frac che era entrato per ultimo stava in piedi in mezzo la stanza, di tre quarti rispetto a lei, mentre Vaughne e altre quattro ragazze stavano sospese a mezz’aria sopra di lui, galleggiando come un annegato nell’acqua: sembravano corpi morti legati al soffitto da una corda trasparente, e ondeggiavano e giravano su sé stessi lentamente. Il tizio intanto con impercettibile movimento della mano sinistra faceva giungere verso di sé una recalcitrante ed urlante ragazza (Amy pensò istintivamente alle grida degli agnellini portati al macello nel racconto di Jodie Foster ne “Il silenzio degli innocenti”), poi le poneva la destra sul capo e tutta un’aura, una nuvola nera la avvolgeva; quando scompariva con un cenno della sinistra mandava la sventurata a galleggiare nell’aria con le altre.

 

ATTO III

La sera la gente vuole dormire e riposare, e questo credo sia più che naturale, soprattutto se, come Xander, negli anni ha accumulato ore ed ore di sonno arretrato (le ronde, le cacce, le ricerche). Gli avevano fatto piacere le buone notizie date da Giles, che forse si sarebbe trasferito per qualche tempo in città avendo nostalgia di quando era bibliotecario; ambedue gli occupanti dell’appartamento speravano sinceramente e di cuore che Wood gli avrebbe ridato il suo vecchio posto, benché Xander non capisse esattamente tutta questa nostalgia di Giles verso l’intrattenere rapporti con teenagers californiani: forse invecchiava e sentiva nostalgia di quando aveva qualche anno meno e di quello che faceva allora. Questi pensieri, non molto approfonditi in verità, avevano accompagnato il giovane nel suo ingresso nel regno di Morfeo e stava dormendo alla grossa, senza incubi o fastidi quando qualcuno si attaccò senza remore al campanello e lo fece trillare senza misericordia. Xander saltò sul letto come se uno scorpione l’avesse punto e, totalmente instupidito quanto allarmato, non accese neppure le luci della camera ma si slanciò alla porta così com’era, in maglietta e boxer. Senza neppure pensarci aprì la porta, perché almeno così quel suono maledetto che gli perforava la mente sarebbe terminato, e in un solo istante Amy gli si gettò addosso, urlante, piangente e, per dirla in poche parole, nel pieno della più terribile crisi isterica che lui avesse mai visto.

Kennedy, arrivata all’ingresso un attimo dopo di lui, rimase più perplessa che spaventata per quella scena e solo dopo che, abbastanza sveglia, si rese conto esattamente in quale stato miserevole era ridotta la ragazza iniziò a preoccuparsi. La condussero tremante e pallida come un morto nel salotto, mentre dalle urla era passata a un pianto ininterrotto misto a singhiozzi, che avrebbero fatto tremare anche il cuore pietroso di Golem, e a inconsulti mozziconi di parole e versi: la fecero accomodare sul divano, aspettando che si calmasse almeno un poco e Kennedy le andò a preparare qualcosa di caldo per ristorarla, anche perché Amy si era aggrappata al braccio destro di Xander e non dava impressione di mollarlo, mentre lui le passava la mano sinistra sulla testa, poggiata al suo petto, sperando che si distendesse quel tanto per capire cosa le fosse successo. Ne aveva viste di porcherie e malvagità e mentre la accarezzava con dolcezza cercava di intuire cosa fosse causa di tanto terrore: sul primo aveva pensato a una violenza ma la ragazza era ancora ben vestita e non aveva tracce di lividi o di colluttazioni, per cui pensò avesse assistito a qualcosa di terribile, omicidio probabilmente. Kennedy tornò con un tazza di the fumante e due di caffè e le posò sul tavolinetto davanti il divano mentre andava a prendere lo zucchero “The ?! Il the contiene teina, fa innervosire. Ma ti sembra il caso ?” le disse dietro Xander, che comunque aveva molto apprezzato l’idea del caffè per loro due, dal momento che, come al solito, anche quella notte si sarebbe dormito poco. “Gli inglesi e gli indiani bevono the e sono tranquilli; pensa a Giles.” C’era assai da ribattere a quest’affermazione ma Amy alzò la testa verso loro due e finalmente riuscì a dire qualcosa di sensato, seppur sempre tra le lacrime e sull’orlo di un singhiozzo “Non è che hai un po’ di latte ? Per il the, sai.” “Latte nel the ? Anche questo è molto inglese.” le disse Xander impiegando uno dei suoi migliori e più rassicuranti sorrisi; dalla cucina si sentì un “E anche molto disgustoso. Comunque sta arrivando.” e poi comparve Kennedy, sorridendo anche lei, che posò la busta del latte sul tavolinetto e guardò intensamente la ragazza, sperando che adesso finalmente si decidesse a dire qualcosa di utile.

Il racconto di Amy fu lacunoso proprio nei punti più importanti, quali la descrizione del figuro in frac, sue eventuali parole e cosa ne era stato delle altre ragazze: in definitiva quel tizio era entrato mentre Amy usciva e lei, dopo aver osservato per pochissimo tempo quello che stava facendo alle altre, era scappata via e quindi non sapeva neppure cos’era successo poi alle sue vittime. Tutto ciò, in ogni caso, era soprannaturale e magico senza dubbio, disse Xander “Si vede che sei molto esperto. Io non ci sarei arrivata.” motteggiò Kennedy e si alzò dirigendosi al telefono “Chi chiamiamo prima: Giles o Will ?” Telefonarono a Willow perché sembrò loro ingeneroso far preoccupare fin dalla sua prima sera quel povero inglese, ancora sfasato per il fuso orario; la strega rispose quasi subito e neppure troppo assonnata, nonostante l’ora. “Ciao amore, scusa se ti telefono a quest’ora.” “Colombella, che c’è ? Spero non un altro Golem ? Oppure mi volevi solo sentire. Perché se è così … cioè sono lusingata ed è tanto dolce ma sarebbe meglio non ci prendessi l’abitudine.” “O no, nessun Golem. Solo qualcuno o qualcosa che ha fatto delle cose atroci alle streghe locali.” Willow, non solo per curiosità personale, aveva letto molte cose sulle persecuzioni delle streghe, più o meno ufficiali: sapeva cioè come negli ambienti cattolici erano soggette a processi che molto spesso, nonostante ciò che si crede, terminavano in assoluzioni mentre tra gli ortodossi erano frequenti le insurrezioni dei contadini e della piccola nobiltà che terminavano in bagni di sangue, mentre le autorità riformate avvalendosi di inquisizioni locali nei bruciavano a dozzine per volta; sapeva anche che il più delle volte le vittime erano solo delle povere donne che praticavano aborti, si facevano pagare per non fare presunte fatture oppure erano solo epilettiche in forma leggera, giacchè le vere streghe riuscivano a scappare facilmente. Ma sapeva anche il Santo Sinodo Russo, il Vaticano e altre autorità religiose, per una più efficace lotta, avevano istruito particolari ordini religiosi o uomini di fede a determinate arti magiche atte ad annullare loro i poteri o a lasciarle in balia di pericolosi chierici: tali erano quelli al seguito dei cavalieri di Bisanzio e anche Caleb, in un primo tempo, aveva pensato fosse stato legato a loro. Per questo chiese subito se era stato un prete, o qualcuno ad esso assimilabile, e alla risposta negativa un pensiero orribile le balzò alla mente, ma l’aveva subito escluso: la persona a cui aveva pensato doveva essere morto da qualche decennio, visto che era dalla Seconda Guerra Mondiale che non c’erano più notizie attendibili su di lui. Quindi chi poteva essere ? La descrizione del rito che lui aveva fatto non era per niente incoraggiante, ma era ancora presto per tirare delle conclusioni: qualcuno doveva andare al Campus a rendersi per bene conto com’erano ridotte quelle poverette e Willow suggerì ci andasse Kennedy perché se quel tizio stava cercando Amy allora non era più là e quindi la sua colombella era al sicuro e, visto che di solito i cacciatori di streghe lasciavano in pace le persone normali, neppure Xander correva pericoli se quello fosse arrivato ad Amy. L’unica che rischiava era solo quella strega, ma a Willow non importava molto: ovviamente tutto questo ragionamento rimase nella sua testa. Terminata la conversazione con l’obbligo di richiamare al ritorno dall’ispezione, Kennedy telefonò a Giles: la Cacciatrice andava in missione e un Osservatore faceva comodo. L’inglese brandì la cornetta e ci borbottò dentro un iroso “Cosa vuole a quest’ora ?” che lasciò interdetta la ragazza “Scusi signor Giles per l’ora ma l’attività demoniaca è tornata a Sunnydale.” “Ah, sei tu. Scusami, pensavo fosse … lasciamo perdere. Cos’è successo ?” “È un po’ complicato spiegarlo. Non glielo abbiamo detto prima ma ora abbiamo bisogno di lei: arrivo tra poco con la macchina e le racconto tutto.” La voce di Giles vibrò di insicurezza “Prima dimmi se è successo qualcosa … a qualcuno.” “Le streghe locali sono state aggredite, credo. Ne abbiamo una che è scappata qui da noi. È Amy, la conosce vero ?” Dall’altro capo della cornetta ci fu un lungo silenzio interrotto alla fine da un lugubre “Vieni subito, io mi preparo in fretta.”

Mentre Xander faceva parlare Amy, che si lasciò andare al ricordo del Liceo, della magia e del uso inconsapevole fino alla dipendenza, Kennedy terrorizzava Giles con la sua guida fin troppo sportiva: in fondo di notte, visto che nessuno passa, perché aspettare il verde del semaforo ? E così sfrecciava per le strade della nuova Sunnydale (che pure era sempre afflitta dai soliti problemi, a quanto pareva) più per provare l’ebbrezza della velocità nelle strade sgombre da traffico che per la preoccupazione circa lo stato delle streghe, raccontando al contempo del Golem. Arrivati a destinazione, dopo un laborioso parcheggio, che costò diverso tempo e sudore freddo alle macchine circostanti, si diressero spediti verso l’aula indicata da Amy: entrando riconobbero il corridoio e la porta a vetri descritta dalla terrorizzata fanciulla. La porta era socchiusa, vi si avvicinarono e dall’inquadratura della parte vetrata videro uno spettacolo agghiacciante: illuminate solo da due fioche lampade al neon appese al soffitto stavano ben allineati sul pavimento una decina di corpi, composti al centro della sala con le gambe ben distese, le braccia lungo i fianchi e i rispettivi giubbotti e soprabiti stesi sul corpo. Il rapporto con la morte per Kennedy, ma in verità per molte altre Cacciatrici, era insolito: per quanto fossero abituate a uccidere demoni e a combattere con vampiri, cioè cadaveri resuscitati, rimanevano sempre moltissimo scosse alla vista dei corpi senza vita delle persone, se sapevano che non dovevano rialzarsi di lì a qualche ora. La caccia, le ronde e le ricerche, la stessa lotta, non aveva nulla della profonda e misteriosa sacralità che ammantava la morte, più o meno naturale, e che loro percepivano con maggiore profondità in tutta la sua insondabile grandezza. Si strinse istintivamente a Giles, che però sembrava solo sconcertato e dubbioso, non spaventato o turbato: lui aprì la porta ed entrò nella stanza avvolta nel silenzio, avvicinandosi pian piano a quei corpi senza vita. Si inginocchiò titubante vicino ad uno, una bella ragazza dai capelli rossi, e le posò la mano sul collo, lasciandocela per qualche tempo e poi si girò verso Kennedy, rimasta dietro di lui, discosta ad osservare quella spettacolo funereo. “Respira. Sono tutte ancora vive. Cerca un messaggio, credo sia da qualche parte qui intorno.” “Dice ?” “Psicologia, Kennedy, solo psicologia: se uno prepara tutto questo spettacolo lo fa per dire qualcosa.” Ed effettivamente su un tavolo, vicino ai pasticcini invenduti, c’era un biglietto da visita dello stesso tipo di quello che aveva accompagnato il pacco dono la sera del Golem: corona, stemma, motto ma nessuna firma, ed era posato sopra un tovagliolino di carta su cui si spandeva una fitta e morbida grafia. “Fate mettere al caldo queste ragazze: un po’ di brodo, di cognac e una lunga dormita le ristoreranno. Quanto la loro magia, comprenderanno che senza vivranno meglio, lontano da arti che non comprendono e che non avrebbero neppure dovuto imparare.” Kennedy lo lesse ad alta voce, mentre Giles cercava di farne rinvenire qualcuna, in modo da poterle portare nelle rispettiva camere: lei pensava con terrore all’idea che lì in mezzo potesse esserci Willow, lui che quell’uomo era totalmente pazzo e megalomane e che nei prossimi tempi avrebbe creato grossi problemi. Finalmente una ragazza si destò e Giles si affrettò a farle bere del punch che c’era sul tavolo, sperando le desse forza e sostanza: Kennedy, quando vide che era abbastanza lucida, le domandò cosa fosse successo e chi ne fosse responsabile. Dopo che ebbe descritto la scena che loro già sapevano per il resoconto di Amy, aggiunse che l’uomo in frac, che non aveva mai smesso di sorridere, aveva detto che ancora una volta Vigio l’Inclemente aveva umiliato la superbia donnesca di chi aveva voluto osare arrogarsi il potere di mutare le leggi del Creato e che non ci sarebbe mai più stata nessuna strega a Sunnydale, e che quelle che se ne erano andate era meglio mai più vi mettessero piede, con il loro bagaglio di colpe e di peccati da espiare, perché in tal caso nessuna persona le avrebbe salvate. Avrebbe dovuto essere più forte ed impassibile, ma Giles non riuscì a trattenersi e sprofondò la testa tra le mani, oscillandola e ripetendo piano “È pazzo, è pazzo, è pazzo.” Solo sentendo questo Kennedy smise di pensare a Willow, a cui le parevano chiaramente riferite quelle parole, e guardò con curiosità mista a timore l’Osservatore, che evidentemente conosceva il maniaco.

 

ATTO IV

Amy stava seduta sul divano, le spalle cinte dal braccio di Xander, evidentemente preoccupato; Kennedy era in piedi appoggiata allo stipite della porta e Giles, pallido come un cencio, era sprofondato in una poltrona: tutti attendevano parlasse, ma lui stava pensando come prendere tempo e mentire loro nel modo meno sfacciato possibile. Prese fiatò e iniziò il suo racconto “Il Conte di San Germano è un essere vagamente mitologico che da più di quattro secoli uccide e terrorizza demoni, vampiri e toglie i poteri alle streghe. Nessuno sa come faccia a vivere così a lungo. Ha spesso aiutato le Cacciatrici, molto spesso, pare abbia un carattere insopportabile e credevo fosse morto perché è dalla metà degli anni Sessanta che non se ne sentiva parlare.” Disse tutto ciò vergognandosi profondamente e senza guardare Xander, Kennedy e la povera Amy in faccia: prima o poi le sue menzogne sarebbero cadute, e allora sarebbe stato un problema immenso. “Streghe a parte è insomma una brava persona ? Insomma, quello che ha fatto a quelle ragazze è orribile ma almeno noi non dovremmo avere problemi con lui, giusto ?” Xander non era molto preoccupato, adesso che Giles aveva parlato: bastava proteggere Willow, magari non farla tornare a Sunnydale per un po’ ed tenere nascosta Amy per un qualche tempo. “E così aiuta le Cacciatrici ? E dov’era mentre The First ci prendeva a calci il culo ?” chiese Kennedy che già lo amava poco, fin da quella prima telefonata “Oh, stava proteggendo una parte delle potenziali, in Siberia o nel Sinai.” rispose Giles, che non appena terminò la frase capì il grosso errore e cercò di porvi rimedio subito aggiungendo che così aveva sentito dire, ma credeva fossero solo leggende senza fondamento. Quando avrebbero saputo la verità sarebbe esploso un putiferio terribile, ma per ora era meglio non pensarci e prendere tempo: concluse la discussione dicendo che avrebbe fatto qualche ricerca e delle telefonate per informarsi meglio, vergognandosi come poche volte gli era capitato.

Benché iniziasse ad essere tardi Dawn non si stupì eccessivamente dello scampanellio alla porta: era abituata a tali cose che anche un elefante rosa con le orecchie blu non l’avrebbe impressionata molto. Aprì la porta e rimase stupefatta per la visita: non lo vedeva da più di un anno e inoltre sapeva che quando compariva c’erano sempre problemi. In verità, tra tutti quelli che erano passati per casa loro, lui non era tra quelli più simpatici, almeno secondo lei: sempre triste (meno male, l’ultima volta che aveva provato la felicità …), tenebroso e raggomitolato nel suo eterno fardello di dolore, sfuggente in un certo qual modo, e inoltre aveva arrecato dolore a sua sorella, ma questo non era una novità anzi, un punto costante tra tutti i suoi ex. Parlò prima lui “Ciao Dawn, scusa per l’ora.” che era forse la frase più sciocca che potesse dire ma, solitamente, se era in imbarazzo uscivano dalla sua secolare bocca terribili stupidità. “Ciao Angel, che sorpresa !” Lui fece quel mezzo sorrisetto che faceva impazzire Buffy, con il volto in penombra per la pessima luce del corridoio del palazzo, e le tese una mano in segno di saluto, un po’ troppo formale per i suoi gusti; lei gli si avvicinò e gli diede due baci cercando di mostrarsi felice e di non dare a vedere che lo considerava solitamente foriero di cattive notizie; ma non resistette a lungo. “Entra pure, ora chiamo Buffy, che sta lavando gli ultimi piatti.” Lui si mostrò un poco sorpreso: gli era difficile immaginarsela intenta in attività così muliebri. “Lo so, ceniamo un po’ tardi. Tu sei qui in visita o per qualche apocalisse ?” Dawn aveva detto la parola magica, quella con cui qualsiasi Cacciatrice nel raggio di miglia avrebbe drizzato le orecchie: Buffy comparve nell’ingresso di casa e per lei fu come un fulmine nel cuore e un tuono nelle orecchie vedere davanti a sé Angel, affascinante come era sempre stato, che le sorrideva in quel suo modo particolare che la faceva impazzire. Purtroppo tutto ciò durò un solo attimo perché si rese conto di essere terribilmente inadeguata: le pantofoline rosa di pelo, un vecchio paio di calzoni di qualche tuta, una mogliettina vecchia e sdrucita coperta dal grembiule con la scritta “Baci alla cuoca”, i guanti di gomma gialli alle mani, che stringevano un piatto lavato e lo straccio per asciugarlo; sorvoliamo per gentilezza sul trucco e i capelli. Prima che cercasse di scomparire nel pavimento per la vergogna intervenne Dawn, divertita per la scena “Ok, ora tu vai a renderti presentabile e Angel non si ricorderà mai di averti vista così.” Lui sorrise appena, lei sparì veloce nelle camere mentre la sorellina faceva accomodare l’ospite e si domandava cosa mai offrirgli da bere: non avevano sangue di maiale in congelatore, una delle buone abitudini di Sunnydale andate perdute. “Non mi hai ancora risposto: apocalisse o visita di cortesia ?” Dawn era in piedi davanti a lui, seduto nel divano del salotto: sorrise cercando di prendere tempo “Magari ho di nuovo perso l’anima e vengo per uccidervi. Ovviamente è una battuta. Volevo sapere se siete in pericolo: avete incontrato qualche fantasma di recente ?” Dawn alzò le sopracciglia e cercò di ricordare se c’era stato qualcosa di simile che le avesse coinvolte: no, niente fantasmi, ne era quasi sicura. Gli chiese di Cordelia e Fred, delle attività a Los Angeles, poco interessata alla conversazione che sapeva sarebbe finita presto: non appena Buffy si fosse resa presentabile lei si sarebbe congedata per lasciarli soli. Arrivò poco dopo, truccata abbastanza per sembrare acqua e sapone, un bel vestitino scuro e coi i capelli un poco più sistemati: si sentiva abbastanza stupida a mostrarsi così agghindata dopo che lui l’aveva vista così com’era realmente a casa, ma in fondo anche questo faceva parte delle regole del gioco. “Qualche fantasma ha cercato di ucciderci negli ultimi tempi ?” le chiese Dawn con malcelata ironia. “Nessuno. Li dobbiamo per caso attendere ?” Era la prima cosa che si dicevano da quell’addio a Sunnydale e lei, nel suo cuore innamorata come lo era sempre stata, da prima di quell’immortale bacio dato nella penombra della propria camera di adolescente, era così scossa che non sapeva neppure che dire o che fare, se stare in piedi o seduta, trattenendosi a stento dal gettarglisi addosso per stringerlo a sé e sentire il freddo ma adorabile contatto della sua pelle. Ogni volta che lo guardava, anzi, che lo pensava, sapeva perfettamente che non lo avrebbe mai potuto allontanare dal proprio cuore: tra un problema e l’altro erano stati assieme per due anni o poco più, amanti veramente una volta sola, ma nulla era dolce e struggente e doloroso come il suo ricordo. Tutto questo le stava venendo fuori all’improvviso e tutto assieme: Dawn se ne accorse subito e prese la decisione di monopolizzare la conversazione su Cordelia e su Los Angeles finchè la sorella non avesse ripreso pienamente il controllo di sé e delle proprie emozioni; Angel forse se ne accorse, ma era così difficile leggergli dentro.

Subito dopo che Giles se n’era andato Kennedy prese la cornetta e compose un numero di telefono, prima ancora che Xander potesse dirle qualcosa. “Pronto, Kennedy sei tu ?” domandò Willow per metà addormentata e per metà preoccupata. “Sì amore, e qui ci sono delle grosse e brutte novità.” “Mi piacciono queste conversazioni nel cuore della notte, sono sempre così allegre” chiosò sullo sfondo Xander.

Willow, vuoi per il sonno, vuoi per gli studi, per un solo istante rimpianse di avere incontrato Buffy, di avere scoperto cos’è una Cacciatrice e di essere finita a fare da consulente telefonico sempre reperibile. “Sai nulla di un certo Vigio l’Inclemente ?” “Ah, “la Cacciatrice uccide, Vigio distrugge” oppure “La maledizione dei vampiri, l’incubo delle streghe e il flagello dei demoni”: ci sono un sacco di proverbi e appellativi, ma è da molto che non se ne sente più parlare. Sapevo che aveva estinto o quasi una razza di demoni in … perché me lo chiedi ?”

Ci volle qualche momento perché Willow recepisse che una domanda del genere a quell’ora non ispirava nulla di buono. Kennedy inspirò profondamente e, per quanto le fosse possibile, le disse tutto, anche quello che le aveva taciuta su quella sera del Golem; Xander la osservava silenzioso, scuotendo la testa.

Vigio l’Inclemente, Conte di San Germano, stava facendo una cosa che di solito trovava spiacevole: mangiava fuori l’orario dei pasti. Miss Stewart, la cameriera, gli aveva riscaldato un po’ di pasticcio d’oca e se lo stava degustando con del rosso di Borgogna comodamente seduto a letto, avvolto nella vestaglia di seta e desiderosissimo di una lunga e bella dormita: l’indomani mattina doveva lavorare e voleva avere lo sguardo riposato e la mano ferma.

Tutto taceva in casa poiché Margot spostandosi non faceva rumore, se non quando era nervosa per qualcosa e allora faceva sbattere porte, finestre e le palle del biliardo sul tavolo verde: quella volta era entrata in camera sua tranquilla e posata. “Sei una cosa incredibile: c’era la marsina del frac tutta piena di briciole.” “Si sbriciolava: non è colpa mia se non sanno cucinare bene i dolcetti. Comunque lo hai fatto spazzolare, vero ?” Non aveva affatto voglia di una discussione di economia domestica con lei a quell’ora, ma dal suo tono sapeva per certo che doveva accadere: aveva sempre da ridire sui domestici. “L’ho spazzolato io, quella non lo faceva con abbastanza cura. Dovresti scegliere meglio la servitù: con queste tue manie filantropiche e … e … non mi viene un aggettivo per la scelta del robot e dell’inglese … insomma, dovresti sceglierli più qualificati !”

Lui finì il pasticcio, bevve l’ultimo sorso di vino ben sapendo che queste spiacevoli conversazioni gli avrebbero provocato acidità di stomaco e cattivo sonno, sospirò e domandò paziente: “C’è dell’altro ? Le energie delle streghe sono a posto ?” “Sì, non erano poi tante. Pensavo ci andassi con la solita tenuta da caccia, anche se in frac sei molto più bello, e poi con quel tuo riferimento a … Willow, giusto ? Facevi molto Marlon Brando nel Padrino: che quella strega non si azzardi a venire qui, altrimenti sarà cibo per i pesci. L’Osservatore che dice ?” Lui sorrise compiaciuto.

“Che vuoi che dica: strepita, strilla, si lamenta, urla e mi accusa. Hanno colto la non velata sfida a quella femmina viziosa, tutti sono preoccupati e la biondina non userà mai più la magia da tanto che è traumatizza: speriamo si riprenda, mi potrebbe servire. Immagino tra poco circoleranno le solite leggende su di me, quindi dovrò avere un rendez-vous con la Cacciatrice e preparare un’entrata trionfale, fantasmagorica e barocca nelle loro vite: “È del poeta il fin la meraviglia”.” “Cielo, quel terribile napoletano ! Non mi è mai piaciuto.” Neanche lui aveva mai apprezzato quel lascivo pomposo cavaliere, ma non era il momento di discutere di Marino e Marinismo. “Vedrai, i tempi si stanno per compiere. Potresti per favore portare in cucina piatto, posate e bicchiere ?”

Amy ovviamente quella sera avrebbe dormito da Xander: come si sarebbe potuto mandarla da sola a casa, in quello stato di terrore da cui non si era ancora risollevata ? Mentre le stava preparando il letto, il proprio, e lui avrebbe dormito sul divano, lei entrò silenziosamente nella stanza e chiuse la porta, con uno sguardo serio e determinato in volto.

“Ti voglio parlare Xander.” Lui si girò e per un breve momento ebbe la visione di quella che poteva essere una piacevolissima nottata: sfoderò un sorriso maliardo e con ampio gesto della mano la invitò ad accomodarsi sul letto, affianco a lui, stupendosi un poco di come la situazione emotiva della ragazza fosse mutata. “Ti ho pensato molto dopo che … c’è stata quella distruzione. Ho pensato molto a te, a quello che hai fatto in tutti questi anni …”

Sì! Xander si sentiva Bruce Willis, e, messo il braccio sinistro intorno alle spalle di Amy si preparò a far partire la mano destra verso il volto di lei, prodromo del bacio. “E ho pensato anche a Willow e Buffy, e a quanto io sia diversa, e a quanto abbiano fatto, nel bene e nel male.” Questo non lo capì molto, ma ebbe la sensazione orribile che forse non tutto sarebbe andato come aveva previsto. “In che senso ?” Lei gli sorrise dolcemente. “Voi avete fatto tantissimo per tutti gli abitanti della città, e senza problemi vi siete serviti di vampiri e di quella … e di Willow. Io sono una strega sensata, adesso mi so dominare e non cerco vendetta: vorrei mi ingaggiassi per aiutarvi, anche se Kennedy non mi piace tanto ed è reciproco. Inoltre nel negozio ho un po’ di roba che vi potrebbe servire.”

Xander iniziò a sorridere, poi a stento trattenne le risa e alla fine guardò Amy con gli occhi lucidi: come se fosse presente si era immaginato Anya lì davanti che gli diceva: “Xander Harris sei incorreggibile, e se fossimo in un cartone animato adesso ti cadrebbe in testa un pianoforte, proprio come a quell’odioso coniglio.”

Dopo che Dawn se n’era andata augurando la buona notte Angel si sentì ancora più teso e, se fosse stato vivo, si sarebbe sentito mancare l’aria. Lei se ne accorse, come sempre, perché non c’era distanza, lite o altre persone che fossero riuscite a farle dimenticare come leggere dentro di lui.

“Niente fantasmi, vero ? E neppure visita di piacere, temo: la solita apocalisse.” In un impeto di nervosismo lui fece crocchiare le ossa della mano destra e fece uno strano ghigno. “Beh, quando ho saputo alcune cose ho pensato che fossero proprio i segni dell’apocalisse. In senso figurato, intendo.” Lei lo guardò perplessa, lui iniziava a innervosirsi da solo. “È una storia strana, per così dire.” “Una storia strana ? Sarà la prima volta che ne sentirò una, Angel.” gli disse sorridendo e non nascondendo l’ironia. “Beh, io credo che ti stupirà. E anche ti farà arrabbiare, temo.”

VIII.03 MISSING - SCOMPARSA

Scritto da: FranzJoseph

Spoiler per: tutta la stagione VII di BtVS

Rating: per tutti

Timeline: un anno e mezzo dopo “Chosen”; settembre 2005

Summary: Dove Buffy fa due chiacchiere con Angel, Giles fa due chiacchiere a casa di Xander, Kennedy ha un invito a cena e alla fine tutti hanno molto su cui riflettere.

Commenti: se volete scrivetemi a franzjoseph1@supereva.it

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

PROLOGO

Negli harem i sultani dormivano, e non solo, tra decine di femmine, si ricordava Xander: con loro lui aveva in comune solo il fatto che casa sua veniva periodicamente invasa da ragazze con cui puntualmente non succedeva niente. Dopo il culmine di tutte le potenziali del mondo adesso in casa aveva una Cacciatrice lesbica, una strega terrorizzata e una strega lesbica che non doveva essere lì.

Era incredibile come non appena avessero detto a Willow di stare per un po’ alla larga da Sunnydale lei ci si fosse precipitata, senza por tempo in mezzo, totalmente isterica per il terrore che Vigio arrivasse a Kennedy: era stata molto vaga su di lui e su cosa fosse realmente, aveva detto che prima voleva indagare per bene, ma aveva fatto capire che riteneva terribilmente pericoloso la sua presenza lì. Questo magari era strano se era vero che una volta proteggeva le Cacciatrici, ma a tali voci bisognava dare poco retta, come suggeriva Willow, poiché non si era mai fatto vedere a Sunnydale quando Buffy ne aveva bisogno.

In definitiva oltre alla posizione estrema delle due streghe, che lo vedevano giustamente come un terribile pericolo, c’era l’attendismo di Giles, che aveva deciso di trovare la verità nei suoi libri e nelle sue conoscenze, e il senso di fastidio di Kennedy, rivolto sia verso Willow e le sue eccessive e non richieste premure che verso questo misterioso e inopportuno figuro.

A Xander per qualche giorno dopo gli avvenimenti dell’Università era rimasta in testa la sensazione di aver già sentito parlare di questo Vigio l’Inclemente e più si sforzava a cercare di ricordarsi chi fosse più non riusciva a focalizzare chi o quando l’aveva nominato in sua presenza; poi una mattina, sveglio da poco, gli bastò alzare gli occhi verso il mobile della sala e tutto gli divenne chiaro, tutto era sempre stato davanti a lui ma, come in quel racconto di Poe, per questo era stato più difficile da scoprire. In tal modo quella mattina, la stessa dell’arrivo a sorpresa di Willow, Kennedy lo trovò piantato in mezzo al salotto, apparentemente a fissare il niente: in realtà Xander aveva appena avuto la certezza che era di Giles che dovevano diffidare, se non addirittura temere.

Da casa Summers Angel se n’era andato dopo una lunga e penosa discussione terminata non eccessivamente bene (ma neppure così male come temeva) a metà della notte, e dopo non molto si ricordò di essersi scordato di dirle una molto importante, ma non ebbe il coraggio di risalire; Buffy andò a buttarsi sul letto vestita, certa che non avrebbe preso sonno e che sarebbe rimasta sveglia a pensare, rigirarsi sulle coltri e a detestare Angel e Giles.

Non era la prima volta che le mentivano, ma mai avrebbe creduto che fossero riusciti a montare una tale cospirazione e un tale muro del silenzio intorno a lei: le venne in mente “X Files” e cercò di immaginarsi il suo Osservatore come l’Uomo Che Fuma e benché non c’entrassero gli alieni (almeno secondo Angel), benché non ci fosse molto da ridere, questa immagine le strappò un mezzo sorriso.

Essendo sabato mattina non aveva nessun motivo per uscire per cui poteva pensare e detestare ed immaginare quanto voleva, chiusa nella sua camera: più il tempo e le riflessioni passavano più non sapeva se essere maggiormente furente o stupefatta. Inoltre era anche molto curiosa ed indecisa, voleva e non voleva tornare a Sunnydale, voleva e non voleva conoscere questo Conte di San Germano, voleva e non voleva strangolarlo perché tutti quegli anni di ingerenze sommerse le avevano messo addosso una rabbia terribile, voleva e voleva ancora sapere cosa ci fosse dietro al suo agire. E al suo smisurato, assurdo (aggettivo che più lo qualificava), inspiegabile amore per lei.

Anche quel giorno Xander era tornato a casa dal lavoro stanco. Si era dimenticato come potesse essere impegnativa la convivenza con tante ragazze, sia per le loro abitudini –Willow si era depilata in vasca e si era dimenticata di sciacquare- che per i gusti alimentari –cucinare diveniva un’impresa- che per le sottili tensioni che si accumulavano ai vertici di quel triangolo: Kennedy trovava oppressiva Willow, che non si fidava ancora di Amy, che non tollerava le discussioni e i bisticci delle due innamorate.

Per fortuna non aveva comunicato loro la decisione di far parte della “nuova versione” della Gang: Xander immaginava benissimo quale sarebbe stata la reazione di Willow e non gli sembrava il caso di gettare benzina sul fuoco. Comunque adesso, mentre stava sdraiato sul divano a riposarsi, la casa era silenziosa e tranquilla: Kennedy era in camera sua a finire di studiare, le due streghe erano state mandate assieme a fare la spesa, soluzione che comportava alcune cose: nessuna discussione del genere “perché hai comprato questo, io volevo quell’altro” e un po’ di familiarizzazione forzata che certo non guastava. Inoltre, alle sei di pomeriggio, era improbabile che Vigio l’Inclemente cercasse di attaccare. Suonò il campanello e Xander si chiese perché mai quelle due non si fossero portate con sé le chiavi: stancamente e sbuffando si alzò dirigendosi verso la porta.

La voce di Willow che salutava lo svegliò e con un grugnito si destò dal divano, su cui si era evidentemente appisolato: torse un poco il busto per guardare le ragazze, con due buste della spesa a testa, e gli sfuggì qualcosa della situazione. Il suo ultimo ricordo era stato proprio quello di andargli ad aprire la porta, possibile che fossero uscite di nuovo, e per tornare al market ?

Amy gli cinguettò un saluto e proseguì per la cucina a posare il carico, Willow lo canzonò un poco per la sua sonnolenza fino a quando un urlo stridulo seguito da un gran fracasso, provenienti ambedue proprio dalla cucina, non li fece sobbalzare entrambi: in un attimo avevano già raggiunto Amy.

Sul pianale troneggiava un grazioso ed ampio cesto di vimini, da cui fuoriuscivano, tra la paglia disposta ad arte, una bottiglia di vino, un trancio di salmone e una pernice, ovviamente morta; gentilmente posata e in bella vista c’era una busta color perla in carta fatta a mano (loro non lo sapevano), raffinatezza da intenditori. Mancava una grossa insegna al neon recente la scritta “Dono di Vigio” ma era come se ci fosse: quella composizione, quella natura morta nella cucina esprimeva da ogni oggetto, da ogni filo di paglia, da ogni angolazione, chi fosse l’anima gentile che si era permesso di fare arrivare il dono.

Il sangue ai tre giovani si gelò nelle vene e la voce in gola e per qualche secondo rimasero fissi, sulla soglia della cucina, con la spesa per terra, ammutoliti a guardare quell’avvertimento, foriero di certo di cattive notizie. A fatica e a mezza voce Xander si domandò quando e come fosse entrato, poi si ricordò del campanello e, non sentendosi oggetto di caccia come le due streghe, pensò alla quarta abitante dell’appartamento, che non era neppure uscita dalla propria camera nonostante l’urlo di Amy.

Titubante si girò verso la vecchia amica, pallida come un cencio e immobile come una statua, e cercò un modo per esprimere i propri timori senza causare urla o distruzioni del mondo: bastò guardarla negli occhi per capire che ambedue avevano pensato e paventato la stessa cosa e rimasero a fissarsi per qualche secondo, incapaci di esprimere le proprie paure.

A questo ci pensò Amy, avvinghiatasi al braccio di Xander, che con un filo di voce –anche lei aveva compreso- domandò dove fosse Kennedy: meccanicamente il ragazzo si staccò da loro due e con passo incerto percorse i due metri scarsi che lo separavano da quell’oggeto tanto grazioso eppur tanto doloroso alla vista e lentamente afferrò la busta, leggera e lievemente ruvida al tatto.

La solita grafia e il solito inchiostro seppia per il destinatario “Al Signor / Alexander La Velle Harris” e ovviamente non guardò il mittente, perché non c’erano dubbi; benché fosse totalmente fuori luogo, una piccola parte del suo timore svanì al pensiero che qualcosa di simile gli era arrivato come ringraziamento per la distruzione al Golem e che, a sentire Giles, era amico delle … Già, Giles, come se ci si potesse ancora fidare di lui: era sicuramente coinvolto e se fosse capitato qualcosa di sgradevole a quella ragazza allora gli avrebbe piantato in testa i due candelabri: quell’inglese avrebbe dovuto temere più la sua ira che quella di Willow.

Aprì la busta e lesse una prima volta il messaggio e poi si fece coraggio e, senza avere la forza di girarsi verso le due ragazze, lo rilesse ad alta voce. “”Signor Harris, vogliate gradire questo dono, piccola riparazione al comportamento che sono stato obbligato a tenere verso di Voi. Necessitando di avere un incontro con la Cacciatrice residente in casa Vostra, e certo degli ostacoli che mi sarebbero stati posti da un’altra persona che vive con Voi, mi sono sentito costretto ad usare artifizi magici per addormentare Voi e Lei, in modo che non Vi opponeste. La Cacciatrice sarà mia gradita ospite per cena e tornerà a casa Vostra domani mattina, dopo aver trascorso la notte ed aver fatto colazione sotto il mio tetto. AssicurandoVi che sarà trattata con tutti gli onori dovuti alla Sua missione vogliate scusarmi ancora per l’intrusione in casa Vostra. Sinceramente C. di San Germano”“

Era probabilmente la più cerimoniosa e con maggior abbondanza di maiuscole notifica di un rapimento avvenuto che fosse mai stata scritta in tutta la California e, forse, negli Stati Uniti, pensò Xander che, senza capire per quale motivo, si sentiva vagamente rasserenato: se avesse voluto fare del male a Kennedy non avrebbe perso tempo a scrivere un biglietto così formale; peccato che Willow non si sarebbe accontentata di questo ragionamento.

“Non sembra minaccioso.” sussurrò Amy e Xander finalmente si girò verso di loro, in tempo per vedere lo sguardo che Willow rivolse alla ragazza: non c’era dubbio, se non avessero inventato un diversivo entro pochissimo in quella cucina ci sarebbe stata una strega molto potente e molto arrabbiata, con tutte le conseguenze del caso e lui non sapeva se sarebbe riuscito a salvare il mondo un’altra volta.

Fu Amy a sbloccare la situazione, dicendo che sarebbe andata subito a telefonare a Giles e a questo nome non seppe trattenere un gesto di stizza: il pugno sul pianale fece tintinnare anche la bottiglia di Tocai e girare le due ragazze, che pensarono fosse solo un modo per scaricare la tensione, come quando aveva sfondato il tramezzo della camera al Campus il giorno della morte di Joyce.

Xander sapeva quello che sarebbe toccato all’Osservatore quando sarebbe venuta fuori quel poco di verità che già lui stesso sapeva, o meglio, intuiva, ma ciò non gli mosse il cuore: era il momento di definire con chi stava Giles e cosa voleva questo Vigio, se era venuto fin lì per creare problemi oppure semplicemente, se doveva solo imparare come si tratta con le persone. Insomma, se avevano ragione le storie su di lui oppure quello che gli raccontava Anya.

 

ATTO I

Giles arrivò a casa loro veloce come il fulmine e bianco come il marmo: Amy, ancora scossa, se ne stava sbattuta e tremante sul divano mentre Xander, visibilmente furioso e rabbioso, lo accolse con uno sguardo feroce. Ma quella che faceva più paura era Willow, che dalla tensione tremava ed era scossa da singulti nervosi: tra poco sarebbe esplosa e ciò voleva dire capelli ed occhi neri, tentativi di distruzione ed infine … la morte. Quel demonio incarnato (magari lo fosse stato, pensò rabbiosamente Giles) agiva a carte scoperte: provocarla, creare il casus belli, farla reagire in modo spropositato per poterla finalmente uccidere, come voleva fare da più di due anni. Ma a costo di rischiare in prima persona lo avrebbe impedito, le avrebbe svelato la trappola e … poi sarebbe stato quello che la Sorte avrebbe voluto: era il momento di non pensare più a sé stesso, di rompere gli indugi e l’antico patto di menzogne che lo legava a quel malefico folle. Cioè di suicidarsi, considerata la stima e l’affetto che Vigio nutriva per lui e per quello che faceva ai collaboratori che tradivano: Angel si era salvato, ma solo per un secolo di amicizia e … per non dispiacere a Buffy. Lei, certo: forse il suo legame con Buffy sarebbe stato ancora una volta l’unica possibilità di salvezza che aveva, oltre al fatto che finalmente, per chissà quale assurda ragione, Vigio aveva deciso di manifestarsi per cui, parlando, Giles si convinse che al massimo gli avrebbe rovinato l’entrata in scena rivelando loro tutti i retroscena di quegli anni; comunque grave peccato agli occhi di quel teatrale spocchioso isterico mezzo francese.

“Ti sei domandata come ti abbia trovata ?” le chiese Angel e Buffy pensò che non era quella la cosa strana su cui avesse voglia di porsi delle domande “L’indirizzo mi è stato dato un nostro vecchio e comune … da una persona che ti vuole molto bene.” Lei alzò appena un sopracciglio, segno di moderatissimo stupore, e mormorò il nome di Giles. “Esatto: quando ho saputo che era tornato a Sunnydale-” Buffy quasi scattò in piedi dalla poltrona, finalmente sapeva dov’era l’Osservatore, finalmente poteva chiedergli informazioni su tutti questi suoi presunti colleghi che avvicinavano le Cacciatrici, finalmente … ma cosa ci faceva a Sunnydale ? Ora che iniziava la storia, pensò Angel, bisognava sperare lei si sarebbe mantenuta calma e lo avrebbe fatto parlare senza troppe interruzioni. E insulti. “È stato … convocato in America per … per osservare, forse Kennedy, questo non lo so ancora.” Nel parlare andava quasi a tentoni, si interrompeva ed era a disagio come mai lei l’aveva visto: si torceva le mani, girava lo sguardo da lei alla lampada al divano alla parete di nuovo a lei alle proprie mani, trasmettendole ansia. “Partiamo dall’inizio, forse è meglio. Tu sai niente di Vigio l’Inclemente ?” Nel nominarglielo per la prima volta fu come se un pesante peso se ne fosse andato dalla sua coscienza ed ebbe l’impressione, ora che il tappo era stato tolto, che tutta la strada sarebbe stata in discesa e le parole gli sarebbero fluite senza intoppi e reticenze; ovviamente Buffy scosse la testa, ignara di chi fosse.

I tre ragazzi lo guardarono: avevano visto accadere molte cose ma Giles che comunica di conoscere Vigio l’Inclemente, di sapere cosa faccia lì in America, di sapere per quale motivo Kennedy è al sicuro e Willow in pericolo e di essere a conoscenza di come, in tutti quegli anni, egli abbia vegliato sulla Cacciatrice che ama e sia stato dietro le loro vite, era decisamente troppo; e tutto assieme per giunta ! Amy non capì subito e rimase sconcertata mentre Willow stava per esplodere in preda alla furia, con tutto ciò che ne conseguiva, ma bastò la mano di Xander sulla sua spalla e la decisa ed autoritaria sicurezza della sua voce per impedirle di trasformarsi in qualcosa di terribile. “Parli allora, e dica tutto.” Egli sapeva che Giles sapeva: se non avesse fatto spontaneamente quella rivelazione sarebbe andato a prendere i candelabri d’argento che aveva in salotto e, a costo di piantarglieli in testa, lo avrebbe fatto parlare. “La prima azione a lui ascrivibile è del febbraio o marzo del 1569 in Francia. Escludo però sia un fantasma.” Giles anche sotto tensione riusciva ad essere didascalico. “A parte che è un gentile vecchietto le informazioni sulla sua natura sono un po’ pochine. Da lei mi aspettavo qualcosa di più, che so, il numero di scarpe o il film preferito.” “Xander sappi che Vigio ha sistematicamente occultato tutti i documenti sulla sua identità e buona parte delle notizie di cui disponiamo probabilmente le ha dettate esso stesso così da confondere le acque.” “Vabbè, è un tipo molto riservato.” “Da secoli uccide demoni e vampiri, principalmente. E gli strappa i denti per poi rivenderli. “ “E come può farlo ? Appena ne uccidi uno quello diventa polvere.” “È questo il punto, Amy. Quello glieli strappa dalla bocca quando sono ancora vivi. E poi li lega in giardino e aspetta l’alba per godersi lo spettacolo che seguirà.” Questo particolare rivelato da Willow scura in volto turbò profondamente l’altra strega, che si rivolse a Giles sperando ridimensionasse i particolari macabri. Invano. “In una Notte di San Vigio del 1569 catturò, non so come, svariati vampiri e li legò a distanza regolare dal castello in cui abitava fino al vicino villaggio, poi imbandì la colazione su un tavolo al centro della piazza del paese e attese l’alba: è da quel giorno che i vampiri lo chiamano Vigio l’Inclemente. Quanto ai denti è tutto vero: guardate.” Estrasse dal taschino della giacca un pendaglio a forma di croce che poggiò delicatamente sul tavolinetto davanti il divano: ai ragazzi bastò poco per rendersi conto che la croce era composta da una legatura d’oro che teneva assieme quattro lunghi ed aguzzi denti, apparentemente canini. Erano abituati a vedere cose ben peggiori ma quel piccolo oggetto di oreficeria mise loro addosso i brividi e gli fece immaginare la feroce scena di un vampiro legato ben stretto, il volto terribile della caccia, e qualcuno vicino che, sicuramente senza anestesia, ha il sangue freddo di strappargli i canini; Willow pensò a “Il maratoneta” e subito, per lei, l’Inclemente assunse il viso e i tratti di Sir Laurence Olivier, anche se un vampiro somigliante a Dustin Hoffman era poco verosimile. “È stato lui a regalarglielo ?” chiese titubante Amy all’Osservatore che, non avendo oramai molto da perdere, le illustrò una simpatica tradizione familiare: lo aveva comprato sua nonna, Osservatrice, nel 1924, che lo aveva regalato a suo padre, Osservatore, nel 1957, che lo aveva regalato a lui. “Che famiglia unita i Giles.” sospirò, ironico come non mai, Xander.

Buffy era allibita: considerava normale uccidere vampiri, magari accettabile avere una mano pesante, ma venderne le parti, usarle per ricavarci denaro era semplicemente disgustoso ed immorale, anche. Angel, che ne conosceva il sovrano cinismo, pensava egli avrebbe riso di una tale osservazione e cercò di far capire a Buffy il punto di vista del Conte. “Deve pur mangiare, bere, vestirsi, avere alloggio ed armi. Inoltre spesso destinava parte dei suoi favolosi guadagni a chi ne aveva bisogno: credo abbia finanziato la costruzione e il restauro di Cattedrali, e anche le famiglie delle Cacciatrici, qualche volta.” Ma Buffy, permeata di buoni e regolari sentimenti, degni di una giovane americana con la testa sulle spalle, non si dimostrò affatto elastica e fece anche dell’ironia: doveva essere generoso quanto distratto visto che a lei e a sua sorella non era mai arrivato neppure un centesimo. Ma si sbagliava: Angel sapeva per certo che spesso aveva fatto acquisti alla galleria d’arte di Joyce, pur detestando l’arte tribale, e che quando aveva saputo dei loro guai finanziari gli aveva fatto pervenire una grossa cifra tramite eredità. A Buffy fu come se si fosse illuminata una lampadina in testa: era sempre stata sicura di non avere vecchie zie centenarie nella Carolina e ora finalmente sapeva di avere ragione, e Dawn torto; la sarebbe andata subito a svegliare per farglielo presente (la loro parentela con la misteriosa Miss Edvige Summers era stata fonte di accese discussioni tra le sorelle) ma si limitò a fare un commento poco gradevole. “Sanguinario ma gentile. Certo, se si fosse fatto vivo prima, magari contro Glory o il The First, non sarebbe stata una cattiva idea. Comunque apprezzo il suo affetto per me.” Angel era stato troppo ottimista, la strada non era affatto tutta in discesa, anzi, ora che si arrivava al “personale” iniziavano i veri problemi, ma bisognava farsi coraggio e affrontare con calma e serenità, per quanto possibile, i fatti e le colpe.

“Vigio l’Inclemente collabora con il Consiglio degli Osservatori dal XVII secolo: si misero in contatto con lui perché, dopo le Cacciatrici, era il miglior baluardo contro vampiri e demoni. In un primo tempo si dedicò a distruggerli in tutto il regno di Francia e Navarra, poi iniziò a girare per l’Europa contattato da questo o quel principe dopo essere andato in missione a Firenze ai primi del Seicento: fu allora che la sua fama si diffuse tra le corti.” Giles, seduto composto sul divano, stava dando il meglio di sé, così serio, compassato, professionale mentre il tarlo della vergogna e della paura gli rodeva l’animo e un sottile senso di liberazione iniziava a spirargli nel petto: aveva rimandato questo discorso per circa nove anni, ma finalmente riusciva a farlo. Amy, oramai calma, gli era seduta a fianco e pendeva dalle sue labbra, avendolo sempre ritenuto un uomo affascinante; Willow, torva ed ostile, stava sulla poltrona davanti a lui apparentemente più pacifica, ma bastava osservare come la sua mano destra artigliasse il bracciolo per capire che era solo ad un passo dall’esplosione; Xander, in piedi appoggiato ad un mobile a vetri, era silenzioso e gelido come un Inquisitore ed era lui, più delle altre, che Giles temeva.

Buffy lo ascoltava un po’ distratta: se Angel la prendeva tanto alla larga c’era sicuramente un motivo, ma non riusciva a trovare il nesso tra questo dentista sanguinario e generoso, Giles a Sunnydale e la visibile preoccupazione di Angel; sapeva, anzi, si sentiva solo che quella conversazione avrebbe portato molte conseguenze. “Vigio, come lo chiamano i demoni, perché nell’alta società ci si riferisce a lui con il titolo di Conte di San Germano, era ed è un ottimo combattente, molto esperto in magie e soprattutto ha una caratteristica che lo rende molto temuto.” “Parcelle alte per estrazioni, otturazioni e ponti ?” Angel sorrise lieto, la battuta gli era piaciuta e soprattutto gli ricordava di una vampira che lo definì “il primo dentista d’Europa”. “La crudeltà, Buffy, la crudeltà. Strappare i denti senza anestesia è qualcosa di piacevole rispetto a quello che sa fare. Si dice conosca trecentotrentatre modi per torturare gli appartenenti al mondo demoniaco, e non si tira indietro se lo deve fare: le leggende su di lui e su cosa sia capace di fare vengono raccontate ai childe troppo intraprendenti perché siano più discreti e circospetti nelle loro azioni. I demoni e i vampiri, pur detestandolo, lo stimano perché lo ritengono un loro pari e lo temono perché sanno che sa essere più malvagio di molti di loro. Dovrebbe avere estinto cinque o sei razze di demoni e si racconta che dopo una battaglia in Moravia si cibò pubblicamente, davanti ai pochi superstiti, del cuore del condottiero nemico e poi lasciò andare i feriti perché dicessero per tutto il globo cosa fa Vigio a chi tradisce i patti. Angelus stesso lo temeva e preferiva non incontrarlo.” Non era più tempo di ridere: Buffy aveva gli occhi sgranati dal disgusto e dall’orrore e brividi per quello che sentiva: la storia del cuore le aveva stretto lo stomaco e l’idea di essere stata beneficiata da un essere simile la metteva in imbarazzo e a disagio ed Angel, che voleva dipingerlo al meglio possibile, capì che doveva correggere il tiro. “Ma molte sono leggende, magari messe in giro proprio da lui: secondo me i metodi per torturare che conosce sono molti meno e ho anche dubbi sulla fondatezza dell’episodio del cuore. Non che non ne sia capace ma il suo commento sull’episodio: “Sembrava di mangiare mozzarella, ma invece che latte grondava sangue” … Insomma, il cuore al palato ha quel gusto che ...” Angel comprese che forse l’ultima parte del commento poteva anche tenersela per sé, mentre Buffy lo fissava con gli occhi e la bocca spalancati, gelata in una smorfia di puro orrore e d’improvviso rimase intimidito, temendo di essersi lasciato troppo andare ai ricordi; rimase in silenzio, a guardarla aspettando dicesse qualcosa. Attese per un periodo, breve, che gli parve lunghissimo. “Voi vi conoscete ? Parlate di … queste cose ? Sei in confidenza con un mostro simile ?” “Eravamo amici.”

 

ATTO II

“Vi siete mai chiesti come Angel sia arrivato a Sunnydale, perché abbia voluto mettersi al fianco di Buffy ?” “Per poi mettercisi sopra, credevo.” chiosò con ferocia e odio Xander, a cui il ricordo di Angel non poteva che peggiorare l’umore: Amy dalla rivelazione rimase sorpresa, Willow dal volgare commento stupita, Giles soprassedette. “È dopo la rivolta dei Boxer, Pechino 1900, che Angel abbandona definitivamente la vita di sangue e morte che divideva con Darla, Drusilla, Spike e altri vampiri: due anni dopo fugge negli Stati Uniti, sicuro che nessuno lo cercherà. Si sbagliava.” “Come si può rinunciare a così gradevole compagnia ?” si domandò retorico Xander, che stava sublimando la propria rabbia in sarcasmo. “Era un vampiro terribile e sanguinario prima, adesso un vampiro con l’anima e mille scrupoli e rimorsi: se prima Vigio l’Inclemente lo voleva morto, adesso … lo voleva aiutare. Voleva che espiasse tutte le sue colpe, che conducesse una vita retta ed esemplare per compensare i secoli di morte che aveva alle spalle: queste idee sono molto caratteristiche di quel folle francese, ricordatevelo. Delitto e castigo, peccato ed espiazione, colpa e penitenza, tutti binomi trionfanti nella sua bigotta e distorta morale. Poiché l’anima in un vampiro lo porta sull’orlo della follia, lo lacera dentro-” “Sì, abbiamo presente, non si dilunghi in particolari che non ci interessano.” Giles sospirò e riprese il discorso, lieto di essere maltrattato solo a parole. “San Germano lo curò, gli ridiede sicurezza e stabilità ed inoltre lo impiegò per alcune sue missioni, diciamo che lo prese come scudiero: anche se pare incredibile credo divennero amici, o qualcosa del genere perché dubito Vigio conosca tale sentimento.”

Angel sorrideva indugiando in questi ricordi: quegli anni erano stati magnifici, i primi dedicati alla propria redenzione, trascorsi nell’alta società (gli aveva fatto conoscere quasi tutte le Corti) e divertendosi moltissimo. Il Conte aveva curato e potenziato la sua preparazione intellettuale con metodi magari massicci ma efficaci, come imparare il russo leggendo Dostoevskij o conoscere le arti passando giornate intere, dal tramonto all’alba, al Louvre o nei Musei Vaticani, e non aveva tralasciato di erudirlo sul terribile protocollo spagnolo vigente a Vienna e a Madrid, sull’etichetta di Potsdam, Tsarkoie Selo e Sandringham. Si erano incontrati la prima volta a Le Havre, dov’era sbarcato dagli Stati Uniti, e poi lo aveva seguito nei suoi peregrinaggi in Europa: in due anni scarsi lo aveva portato dai Trappisti a Roma dove aveva fatto esercizi spirituali per giungere a un po’ di stabilità interiore e dopo per lo stesso motivo sul Monte Athos, e poi Bucarest, Budapest, Vienna, Monaco, Parigi, Londra e infine a casa, a Galway. A Buffy parve si commuovesse nel narrarle questi ricordi, nel cercare di descriverle cosa gli era parso e cosa aveva provato nel tornare dopo un secolo e mezzo nel paese in cui era nato, cresciuto e morto: per la prima volta da che si conoscevano lui le parlava dell’Irlanda, delle sue memorie d’essa e dei suoi paesaggi e Buffy pensò che doveva essere molto affezionato a questo San Germano se aveva su di lui l’effetto di lasciarlo andare così tanto ai ricordi.

“Nel 1905 sono a San Pietroburgo, allora capitale dell’Impero Russo, e succede qualcosa di capitale importanza per la vita di Buffy, almeno secondo me.” “Finalmente qualche parola che comprendo e che mi interessa.” mormorò Xander, sempre in piedi con atteggiamento inquisitorio. “Vigio si innamorò perdutamente della Cacciatrice di allora, Caterina Ivanovna Daskova.” Willow chiese con gentilezza da quando simili mostri riescano ad innamorarsi, giacchè ciò presuppone avere un cuore, e Giles con una smorfia di disgusto osservò che quel figuro è sempre pieno di sorprese. “Purtroppo lei lo respinse perché innamorata di un altro. Di un vampiro.” Giles tacque e cercò di non ricordare cosa uscì dalla bocca di Vigio quando seppe che il suo fidato Angel aveva una relazione con la sua prediletta Anne, ma non ci riuscì perché tuttora talvolta si sognava le terribili torture minacciategli se non fosse riuscito ad impedire che Angelus nocesse a Buffy. “E cosa le disse Vigio quando seppe che Angel aveva perso l’anima a causa di… Buffy ?” domandò con inopportuna crudeltà Xander. “Che avevo due strade davanti a me: o rischiare di essere torturato ed ucciso da Angelus mentre cercavo di riparare al danno che avevo permesso, oppure chiamarlo in aiuto qui a Sunnydale e poi essere torturato e ucciso da lui stesso.” condensò Giles. “Cioè lei ci ha fatto lottare e rischiare la vita, ha fatto morire la signorina Calender-” “Per non avere Vigio tra noi e salvarmi: sì Xander, grazie per avermi sbattuto in faccia il rimorso che mi accompagnerà fino alla tomba. Sai che si dice conosca novantanove modi per torturare un essere umano ? Comunque Caterina Ivanovna cedette alla corte del vampiro e mentre quello la faceva sua gli altri vampiri, favoriti da tumulti politici scoppiati in città, compirono una strage. E alla fine lei fu uccisa e vampirizzata.”

“Non sai quello che lui provò, il dolore che sentì, non l’ho mai più visto così sconvolto, credo che una tale rabbia e disperazione l’abbia raggiunta solo quando … Angelus tornò.” Angel si era rabbuiato perché tra le colpe del periodo di Sunnydale, oltre a tutte le morti che aveva provocato come Angelus, non poteva non imputarsi il tradimento della fiducia di Vigio e sapeva, considerato l’alto senso dell’onore e della parola data che aveva quell’antico cavaliere, che colpe simili non sarebbero mai state perdonate ma solo espiate per sempre. Era stata la fine di una bella amicizia e l’inizio della fastidiosa, perdurante ed odiosa sensazione di essere sempre sotto controllo: dal giorno, dopo il suo ritorno dalle eterne sofferenze, in cui tornando a casa lo aveva trovato assiso come un giudice sulla poltrona della sala aveva capito che avrebbe dovuto aspettarsi, ora e sempre, di trovarlo all’improvviso davanti a sé a chiedergli conto delle sue azioni. “Comunqe quel giorno, a San Pietroburgo, io ne ebbi così tanta paura che pensai avrebbe ucciso anche me, benchè avessi l’anima. Era distrutto, non ho parole per descrivertelo.” Buffy si domandò subito perché non aveva mai sentito parlare di questa Cacciatrice, e subito si rispose che forse, nei convulsi anni della sua adolescenza, era stato meglio così: sentiva tutte le Cacciatrici come sorelle ma quella un po’ di più, anche se non l’aveva conosciuta, tutte e due erano state tradite nel modo più doloroso dalla natura di chi amavano oltre la ragione. Ebbe pietà per quell’uomo, o cosa fosse in realtà, Vigio: provò a immaginarsi il dolore atroce che provò ma subito la mente le andò al proprio passato, al ritorno di Angelus, e capì, senza bisogno che Angel dicesse nulla, perché parlasse al passato della loro amicizia. “Passò una settimana come un pazzo, quasi senza dormire, coperto di sangue, sudore e pieno di vodka e caffè per tenersi su. Poi un giorno lo vidi rientrare e mi disse semplicemente: “Adesso San Pietroburgo ha una sola vampira e un solo vampiro”. Era vero, io e Caterina eravamo gli unici due rimasti in tutta la città e i sobborghi: io nel suo palazzo e lei segregata in un monastero: era resuscitata già lì, dove le monache cercarono di prendersi cura di lei e di fare in modo che il suo demone non emergesse troppo. Nell’anno seguente mi lasciò a vegliare sulla città e andò in Romania, comprò o estorse dagli zingari la formula per ridarle l’anima, tornò, la portò in un sicuro monastero in Carelia e compì la magia, che fu poco dolorosa perché non era mai stata … malvagia: lui le insegnò a gestire quella nuova natura, fu il suo “sire” in un certo senso, e poi, con il cuore a pezzi, la lasciò alla sua nuova vita. Da allora Caterina si divide tra la Finlandia, Lettonia, Estonia e Lituania: la chiamano “la Regina del Baltico” ed è da quasi un secolo la prima ed unica Cacciatrice vampiro; e credo lui l’ami sempre.”

“Sembra la storia di Buffy … con particolari più sanguinosi e cruenti.” osservò Willow, all’oscuro di questa parte della vita di Vigio: lei sapeva solo di massacri, sventramenti e spedizioni punitive. “Almeno lei non è diventata un vampiro !” aggiunse Amy sorridendo, lieta di avere trovato una cosa positiva in tutta questa storia: questa ultima parte, così dolce e romantica, le stonava un po’ con quello che sapeva dell’Inclemente ma lo metteva sotto una luce migliore. “Buffy sa di questa Cacciatrice ?” chiese Xander, attento ed interessato. “No, Vigio mi ordinò di tacere perché credeva che tutta questa storia l’avrebbe confusa ancora di più e perché tanto, secondo lui, “Non sarà la Storia ad insegnare qualcosa a questa Cacciatrice.” e quando si convince di qualcosa è pressoché impossibile fargli cambiare idea: è anche terribilmente testardo. Senza contare che non ama parlare di quella parte del suo passato, credo che questa storia gli bruci ancora: è smodato anche nelle passioni e infatti subito dopo si comportò da isterico immaturo qual è. Il Consiglio criticò in modo molto aspro la sua condotta e lui iniziò a scaricare la rabbia e ad elaborare il lutto: prima diede fuoco alle loro sedi di Varsavia, Berlino, l’Aja e Bruxelles poi arrivò a Londra e comunicò che non voleva più sapere niente di Cacciatrici e Osservatori, mandando tutto al diavolo. E infatti da allora, verso il 1910, si dedicò alla distruzione di vampiri e demoni per conto proprio e partecipò a tutte le guerre che ci sono state.” Willow chiese cosa intendeva con “tutte” e quando Giles le disse che erano state così tante che neppure lui le ricordava i tre ragazzi rimasero a bocca aperta: erano veramente molte ! “Mi ricordo le ultime: nel 1936 Spagna, poi II Guerra Mondiale fino al ‘45, Guerra Civile Greca fino al ‘48, Indocina fino al ‘54, e dopo Algeria, Angola e Tanzania, e siamo nel 1975 circa. Visto che le ultime le aveva perse e che oramai era stanco e la rabbia per gli episodi di San Pietroburgo era passata depose le armi.” “Ha passato sessantacinque anni a combattere per calmarsi ?” Giles fece una smorfia di sottile compatimento inglese: secoli di vita e poi quello rimaneva sempre uno spocchioso continentale senza misura che non riesce a frenarsi. “Rabbia ma anche dolore: non ha mai brillato per auto-controllo. Inoltre allora, non avendo più da impicciarsi delle Cacciatrici, si volle dedicare alla politica europea. Comunque qualcosa di buono l’ha anche fatto, ha salvato durante la guerra molti zingari dalle deportazioni, soprattutto in Ungheria e Romania, ed in Francia è stata una spina nel fianco per i nazisti. È per questo precedente che quando capitarono gli attentati a New York e Washington, e Buffy era morta da pochi mesi, in molti avemmo paura decidesse di iniziare una propria personale Crociata per scaricare il dolore e tenersi occupato nei prossimi decenni: io lo immaginavo già marciare su Belgrado, Istambul, Beirut, Gerusalemme, Il Cairo e infine La Mecca.” “Ma questa è pura follia !” sbottò Xander, che non si capacitava, in questo delirante ed odioso megalomane, di ritrovare lo stesso gentile amico di Anya.

Buffy era sconvolta: aveva avuto bisogno di tutti quegli anni per smaltire un dolore d’amore: o era molto innamorato oppure era molto pazzo. “In questi casi, proprio come dopo la tua morte, si ammala di melanconia.” Lei lo guardò perplessa “Diciamo depressione, sta a letto a grugnire e a maledire tutto e tutti, finchè dopo molti mesi non si alza con un obiettivo in testa e non si ferma fino a quando non lo porta a termine. Dopo la tua morte avevo pensavo avrebbe trasformato la Repubblica Popolare Cinese e un miliardo e trecento milioni di comunisti cinesi in un Regno semi-europeo di quattrocento milioni di cattolici: il progetto era molto nel suo stile, e lo avrebbe impiegato così a lungo da superare il lutto.

“In ogni caso, dopo alcuni passati a cacciare demoni per conto proprio e, negli anni Novanta, una breve parentesi nell’ex Jugoslavia, ricompare in pompa magna nella sede del Consiglio degli Osservatori: tutti lo conoscevamo di nome, ne conoscevamo le azioni e il carattere, ogni tanto mandava qualche lettera sdegnata e sarcastica su come venivano addestrate le Cacciatrici, ma nessuno lo aveva mai visto. Pare che il suo rientro sia stato particolarmente teatrale, come tutte le cose che fa: voleva sapere come avremmo agito circa la nuova Cacciatrice.” “Mi faccia indovinare: si trattava di Buffy.” “Esatto Xander. Con il suo solito fare spiccio e superbo analizzò le vicende delle Cacciatrici precedenti, la situazione e la composizione del Consiglio e annunziò che riteneva basilare una presenza forte alle spalle di Buffy, vista la notevole pericolosità della situazione statunitense-” Amy chiese cosa avessero di tanto pericoloso gli Stati Uniti e quando seppe che la concentrazione e soprattutto l’ardire dei demoni e dei vampiri era maggiore lì che in molte altre parti del globo rimase stupita, domandandosi il perché, e lo avrebbe anche chiesto a Giles se Xander non l’avesse preceduta con una domanda, ma di tutt’altro tipo: perché questo interesse improvviso per il Consiglio e per Buffy ? Una magnifica domanda, basilare nelle loro vite, a cui non c’era nessuna risposta: tutti e tre guardarono stupiti Giles, da cui non si aspettavano un tale vuoto nel racconto. “Quando è nato Vigio ? Non si sa e non si saprà mai. Chi era veramente ? Cos’è esattamente ? Perché non muore ? È veramente pazzo o finge ? Cosa ci sta a fare su questa terra ? Perché ama Buffy e farebbe di tutto per aiutarla ? Tutte domande a cui non c’è risposta.”

“Non so perchè nutra questa predilezione per te: di lui si possono conoscere le azioni, non le motivazioni. Sta di fatto che riuscì a farti avere come Osservatore una persona qualificatissima che gli andava a genio, cosa rara.” “Merrick ?” “Esatto. Il problema sorse quando lui morì e tu ti trasferisti a Sunnydale: il Consiglio propose Giles e il Conte strepitò e battè i pugni perché, con quel passato poco ortodosso, non lo riteneva adatto e degno a starti vicino, voleva qualcuno di più preparato e senza il soprannome di “Squartatore”.” Buffy rabbrividì. “Più preparato di Giles ? Meno male che non gli hanno dato retta !” “Infatti: lui si impuntò così tanto che il Consiglio ti affidò a Giles … per fargli uno sgarbo.” Bene, questa sì che era una notevole botta per lei: il suo Osservatore, il suo nume tutelare, la sua guida, era stata scelta per pura ripicca; e con questo la stima per il defunto Consiglio le diminuì molto. “Infatti Giles non fu molto contento della designazione.” Buffy ci rimase malissimo e spalancò gli occhi e la bocca delusa fino alla punta dei capelli e Angel per l’ennesima volta comprese che doveva imparare ad esprimersi meglio. “Devi capirlo, quella era una notevole responsabilità, tu stavi sulla Bocca dell’Inferno, in più c’era Vigio l’Inclemente che gli fiatava sul collo perché svolgesse un lavoro ineccepibile … non era una bella situazione e infatti credo che Giles ti facesse allenare tanto, soprattutto i primi anni, per mostrare al Conte che ti teneva sott’occhio e carica. Comunque, siccome si fidava poco di lui, decise di utilizzare me come … Osservatore aggiunto.” Colpo di scena ! Xander e Willow rimasero letteralmente a bocca spalancata a questa rivelazione, che metteva l’arrivo di Angel nella vita vita di Buffy e nella loro sotto tutt’altra luce: era stata organizzata, faceva parte di un piano “E quell’ometto buffo ?” ebbe la forza di chiedere Willow dopo qualche secondo, giusto il necessario per tentare di razionalizzare la sorpresa “Buffy mi aveva parlato di un tizio vestito con una camicia orribile che si chiamava …” Il Cantastorie, come poteva dimenticarlo Giles: anche quella era una delle raccapriccianti trovate di quel folle dell’Inclemente, un magnifico esempio di come quell’odioso francese manipolasse la vita delle persone: più pensava a come agiva più gli veniva senso di nausea. “L’ometto era stato ingaggiato da Vigio: temendo che Angel non gli desse retta-” Amy si stupì: si poteva anche dire di no a questa specie di mostro ? E poi, se con Angel erano amici, perché avrebbe dovuto ottenere un rifiuto ? Giles, che spesso aveva agito proprio in tal modo, spiegò che spesso Vigio domanda in modo così imperioso e con tale prosopopea… “Pro che ?” domandò Xander “Prosopopea. Vigio ha l’odiosa abitudine di sottintendere che le sue teorie sono sempre giuste, i suoi piani infallibili e che porre domande od obiezioni è solo tempo perso: per questo spesso la gente fa l’opposto di quello che gli si chiede o rifiuta solo per fargli uno sgarbo.” Xander, osservato che quello era un comportamento estremamente maturo, soprattutto se applicato dei confronti di un pericoloso e inclemente omicida, chiese all’Osservatore se anche lui aveva mai agito così; Giles cercò di non ricordare la prova di maturità dei diciotto anni delle Cacciatrici, che Vigio voleva Buffy non facesse. “E così mandò l’ometto a convincere Angel perché non ci fossero rifiuti.” concluse Amy, sempre più appassionata a questa strana storia. “Più o meno. Inoltre nei primi anni Novanta Vigio aveva un po’ trascurato Angel, a quanto so, e credo che in tal modo volesse prendere due piccioni con una fava: Buffy era ancora più protetta a Angel si rendeva utile a tempo pieno. Il resto è storia, come si suol dire.”

 

ATTO III

Buffy lo guardò con odio feroce ed Angel ebbe voglia di sprofondare: con voce dura chiese perché quello non si era mai fatto vivo con lei, perché non l’aveva mai voluta incontrare e cosa aveva fatto per aiutarla in tutti questi anni, oltre a farle avere dei soldi. Le spiegazioni: cosa ancora peggiore del racconto dei fatti ! “Non ti ha mai voluto incontrare perché sapeva che saresti morta presto, come tutte le Cacciatrici, e lui non voleva affezionarsi a te perché poi avrebbe sofferto. E ha sbagliato i conti perché alla fine, dopo Glory, anche se non vi siete mai parlati, è crollato per il dolore. E ti é stato molto vicino in questi anni, mandandoti me, aiutando via telefono Giles quando questi non sapeva contro chi avevate a che fare, ogni tanto veniva a Sunnydale per controllare la situazione di persona, ha fatto indagini su Glory e su Dawn, ha-” Buffy lo zittì con un gesto secco della mano e assaporò il silenzio: era giunto il momento di riflettere, non sapere nient’altro perché quello che aveva sentito quella notte era fin troppo, le aveva così tanto confuso le idee. Giles che le mente, Angel che le mente, un “padrino” nell’ombra … non sapeva neppure più se era maggiormente furiosa, stupefatta o delusa dai silenzi dei due uomini. Decise di andare a fare un caffè e lasciare il suo ospite a riflettere sullo sconquasso che aveva provocato ancora una volta nella sua vita.

“Quindi quando lei si appartava a fare ricerche in realtà telefonava a Vigio ?” Giles non riuscì a capire se nella domanda di Willow fosse maggiore lo stupore o l’ironia e preferì risponderle senza appurarlo: era stato grazie a quell’odioso francese che Angel aveva avuto la pergamena di Codex circa il destino della Cacciatrice e il Maestro, che Jenny aveva potuto lavorare sulla formula per ridare l’anima ad Angelus e che, per arrivare a tempi più recenti, il Consiglio aveva scoperto quel poco che si sapeva su Glory. E chi era stato a permettergli di trafugare i documenti del Consiglio sul First prima che tutto andasse perduto nell’esplosione ? E per quale motivo, dopo la crisi in seguito alla morte di Tara, Willow era rimasta rinchiusa sotto terra per tre mesi ? Xander e Amy ignoravano questo particolare e guardarono interrogativi l’amica, che fissò l’Osservatore con uno sguardo non benevolo. “Ci è voluto del tempo per impedirgli di ucciderti subito: sai, eri una strega e avevi resuscitato Buffy, ucciso persone e quasi distrutto il mondo. Diciamo che nella sua lista delle persone antipatiche tu era al primo posto. Dovevo trovare una sorta di accordo, e mi ci è voluto del tempo, come ti ho detto.” Non sapeva quale rischio aveva corso, ma queste parole non la sollevarono affatto: percepì un termine, un solo termine, pesante e terribile come la lama della mannaia del boia. “Subito ?” Giles si aspettava la domanda e in quel breve attimo che la precedette rivide tutti gli infruttuosi tentativi di mediazione che aveva avuto con Conte: per un secondo pensò che distorcendo un po’ la realtà avrebbe potuto presentarsi sotto una luce migliore, ma non volle mentire ancora. “Sì: prima o poi la sua “giustizia” ti raggiungerà, teoricamente. Dopo che ti portai in Inghilterra lui si era stabilizzato su questa posizione: “Va bene Giles, tienila pure a me nascosta, sepolta viva da qualche parte, ben circondata di cerchi magici che mi impediscano di trovarla: invece della pena di morte mi accontento anche che sconti un ergastolo. Insomma cinquant’anni sotto terra sono una buona alternativa alla decapitazione o al rogo.” Ma poi ebbe sentore di cosa il First stava per approntare e ritenne che era meglio venissi rieducata e messa al servizio della Cacciatrice. Se saresti sopravvissuta avrebbe pensato come farti espiare le colpe: ho ottenuto solo una posticipazione della pena. È poco, lo so, ma allora mi sembrava meglio di niente. Con lui c’è poco da fare, è fatto così.”

“Fammi capire meglio che tipo è: tu a chi lo paragoneresti ?” Buffy aveva ritrovato quel minimo di calma per scegliere una posizione da assumere nella conversazione: le azioni passate sarebbero venute fuori in un secondo tempo, ora era meglio concentrarsi sulla personalità di questo tizio. “Hai presente “Will and Grace” ?” Buffy rimase molto stupita dalla domanda “Tu guardavi “Will and Grace” ?” ma Angel non diede importanza all’interruzione. “Diciamo che Vigio talvolta mi ricorda moltissimo-” “Jack ? Non dirmi che questo mostruoso figuro ti ricorda un gay isterico e-” “Karen. Volevo dire che mi ricorda Karen, l’amica di Grace.” Buffy agghiacciò a questa notizia “Mi stai dicendo che l’uomo che ha diretto di nascosto la mia vita in tutti questi anni è un alcolizzato, tossicomane, sessuomane, snob, razzista, insensibile, egocentrico narcisista dalla voce stridula ?!” “Oh, se ti fa sentire meglio ha una bella voce. Ma hanno lo stesso senso dell’umorismo.” Buffy non aveva parole, non aveva neanche più la forza di strabuzzare gli occhi e spalancare la bocca, così Angel continuò “Talvolta è difficile andarci d’accordo, lo riconosco, anche perché è terribilmente dispotico e non accetta interruzioni quando parla e obiezioni quando decide. Altro motivo per cui non ti ha mai voluto incontrare.” Questa non era la solita discesa negli inferi o nell’orrore a cui Buffy era abituata, no, questa era una discesa nell’assurdo e nel grottesco più sfrenato: un … folle psicolabile sanguinario che le progetta e la vita e in più si tiene nascosto ! “Karen ?! Ma se lo hai descritto come Hannibal Lecter ! È caratterialmente un mostro che preferisce tramare nell’ombra ! Questo ti sembra sensato ?” Angel, anche se non era il caso, sorrise. ““Sensato” è un aggettivo che con lui prende strane inflessioni. Pensa che quando gli ho chiesto perché aveva scelto me mi ha detto che una fatua, ignorante e frivola adolescente americana si sarebbe capita meglio con un mangiapatate noioso e plebeo di duecento anni che con un altero ed raffinato nobiluomo francese di cinquecento.”

“Mangiapatate ?” chiese solo Buffy, ammutolita davanti a questi … retroscena “È il suo caratteristico modo per chiamare gli Irlandesi. E pensa che ci ha in simpatia. Sapessi cosa dice dei Prussiani e degli Inglesi.” Buffy non capiva, ero tutto uno scherzo, non era possibile: dal cuore gli venne una domanda. “È pazzo, vero ?”

Non c’era molto da dire a questo punto e tutti e quattro rimasero chiusi nel loro silenzio, ognuno pensando a sé stesso: Amy era quasi contenta che fosse un’altra a ricevere tante “attenzioni” da quel criminale, Xander stava pensando a cosa per gli avrebbe detto per convincerlo a recedere da tali proponimenti visto che di batterlo non se ne parlava neppure, Giles capì che doveva trovare qualcosa per risollevare il morale a quei ragazzi e ridare loro la fiducia in lui che adesso avevano totalmente perso. Willow non pensava a nulla, il più implacabile ed eterno tra gli assassini aveva decretato la sua morte e quindi era solo questione di tempo: se era rimasta viva negli ultimi due anni circa lo doveva solo a Giles e, con quel minimo di presenza di spirito che ancora aveva, lo ringraziò. “Ora non ti buttare giù: hai acquisito moltissimi meriti ai suoi occhi, hai moltiplicato il numero delle Cacciatrici e sei stata basilare per la sua adorata Buffy. Secondo me può benissimo darsi sia qui anche per assolverti, eventualmente.” Il raggio di speranza proveniente da queste parole non illuminò il suo cuore: si limitò a fissarlo spenta. “Ecco perché è importante che tu adesso stia tranquilla e non faccia pazzie. Vigio ama le Cacciatrici, insegna sempre loro qualcosa per cui Kennedy dorme tra due cuscini, per così dire: sei tu che non devi reagire alla provocazione. Se facessi qualcosa, se andassi da lui furente e piena di magia nera fin sopra i capelli avrebbe la prova che non sei cambiata, non sei migliorata e nulla ti salverebbe questa volta. Io credo tu sia sotto esame Willow, anche se tutto questo può sembrarti assurdo.”

“Diciamo che è estremamente eccentrico, ma lo devi anche capire: quando si è formato intellettualmente credevano che l’essere toccati da mani di Re guarisse alcune malattie e che l’Australia non esistesse. E poi ti posso assicurare che vivere per molti molti anni ti rende un po’ strano: pensa che lui ha almeno cinquecento anni e che nel frattempo non c’è più il Sacro Romano Impero, la Messa non è più in latino e tutti hanno diritto di voto.” Questo non la convinceva, secoli o no era sempre un matto sanguinario con smanie di onnipotenza e senza senso della vita civile: l’idea di restare nell’ombra e affidarle … un tutore, poi, era semplicemente inconcepibile ! “Non essere così severa: sarebbe stato molto peggio se fosse venuto lui in persona da te quando eri adolescente. Non sarebbe stato un incontro molto felice, tutt’altro, non ci sa fare molto con le persone, soprattutto se … hanno uno spiccato carattere: in fondo quello è stato uno dei rari momenti in cui ha compreso i suoi limiti. E comunque, oltre a tenersi aggiornato su di te, ha iniziato a studiare il mondo giovanile contemporaneo. Veramente, tutta questa disponibilità nei confronti di qualcuno è veramente rara: non riesci a capire quanto sei stata fortunata e quanto ti vuole bene.” Basta, questa storia del suo affetto per lei le era veramente insopportabile ! Ed inoltre provava profondo fastidio a sapere di essere in debito, materiale e non, con un figuro così sordido da vendere denti di vampiro e da vantarsi di magiare il cuore dei demoni. “Forse non lo apprezzo perché mi sfugge il motivo di tanto affetto. E, tanto per continuare a discutere di assurdità, come ha studiato il mondo giovanile contemporaneo ? Ha rapito degli adolescenti e li ha tenuti in gabbie, tipo cavie da laboratorio ?” Angel si lasciò andare ad un largo e divertito sorriso, che per un attimo fece temere il peggio a Buffy “La soluzione fu … brillante: dopo un secolo non smette di stupirmi. Beverly Hills 90210.” Lei non capì, sulle prime pensò si fosse trasferito in California, poi ebbe un atroce sospetto. “Ha guardato tutti i film e telefilm americani sugli adolescenti: Beverly Hills, Blossom, Party of five, Dawson’s Creek, Otto semplici regole, e poi Spin City, Ally Mc Beal, Will and Grace .... gli ultimi non centrano molto ma ci ha preso gusto e si è messo a guardarne di tutti i generi … poi che altro … quello di Superman, I Soprano e West Wing … i film prodotti da MTV … le gemelle Olsen … un infinità, proprio così.” Angel aveva ragione, sapeva proprio come stupire: una soluzione simile era quantomeno … eccentrica e stupefacente ! “E lui si è fatto un’idea del mondo contemporaneo giovanile dai telefilm ?” “Pensa che quando seppe che ti … avevo lasciato prima del ballo di fine anno per mezz’ora mi ha insultato e per mezz’ora mi ha spiegato le valenze psicologiche, relazionali e sociali dell’avvenimento.” Ha acquistato dei punti il francese, scappò detto a Buffy, e non fu una frase molto piacevole da sentirsi per Angel.

“Ed è venuto solo per Willow ?” chiese Amy, tornando a far sentire la sua voce, mentre molto l’altra strega non si mostrava affatto lieta o speranzosa della possibilità di salvezza che le aveva fatto balenare davanti agli occhi Giles. “Immagino la situazione non sarà così semplice. Non lo è mai.” chiosò Xander facendo sorridere un poco l’Osservatore, che si sentiva quasi a suo agio: tutti pendevano dalle sue labbra e non gli rimproveravano più i silenzi passati. E inoltra gli sembrava quasi di essere tornati ai vecchi tempi, quando spiegava loro contro chi avrebbero dovuto battersi, benché questo assassino implacabile non fosse esattamente un nemico. “So che vuole appurare personalmente la preparazione di Kennedy, conoscere te, Xander, e che si sta preparando qualcosa di spiacevole, qui a Sunnydale.” Xander non impallidì, né si spaventò troppo: era così abituato ad affrontare ostacoli sempre maggiori, che la buttò sulla solita ironia. “Non è venuto per Glory, che era un dio, non è venuto per il First, che era il massimo … Ho delle difficoltà ad immaginare cosa ci aspetti.” “È stata la mia stessa reazione, ma mi ha accennato che, se fosse vero quello che sa, sarebbe meno pericoloso del First. Però ritiene ci siano delle questioni da sistemare, qui a Sunnydale, e se non ho capito male, che in qualche modo sia tutto collegato all’abbondanza di Cacciatrici che ci sono dopo l’incantesimo. Ah, il Golem l’ha creato lui per vedere come tu e Kennedy vi sareste comportati: da quanto mi ha detto gli siete piaciuti, anche se ha trovato eccessivamente americano il riferimento a Clint Eastwood.” Xander, a ricordare il proprio show davanti al Golem divenne rosso come un peperone, Amy rise e Willow, con tono spento, disse solo. “Esami in vista. Speriamo non ci siano troppe bocciature.”

“Va bene, anzi, non va fa affatto bene ! Ma togliendo tutte queste cose assurde, senza senso e fuori dal normale, con un aggettivo come lo definiresti ?” Angel non esitò un solo attimo e, con profondità, mormorò “Triste. Io credo sia una delle persone più tristi ed infelici del mondo. Senza famiglia, senza amici, senza amore, senza affetti. Per questo, almeno secondo me, vuole vivere circondato delle cose più belle e raffinate e non stare mai fermo, sia che si tratti di lavoro, di una guerra, di un massacro di demoni, di una polemica o un intrigo politico. Se si fermasse a guardarsi penso crollerebbe distrutto dai suoi dolori e dalle sue infelicità, che non so quali siano, e si farebbe saltare le cervella. Tienilo a mente quando ci litigherai ferocemente.” Buffy alzò un sopracciglio, di nuovo sorpresa dalla personalità del gentiluomo e domandò perché avrebbe mai dovuto litigarci; domanda sciocca se si pensa agli aggettivi poco lusinghieri che aveva espresso in quella notte. “Perché tutti ci litigano, perché sa essere altero, orgoglioso, superbo ed indisponente. Pensa che a Hitler disse “Cancelliere, la preferisco come artista che come politico” e a un Papa “Santità, mi permetta di dirle che si vede che è da poco che ricopre questa carica”. È impossibile andarci sempre d’accordo e un po’ a lui piace, così passa del tempo.” Lei fece un gesto di fastidio e mormorò solo “A me sembra solo un sbruffone avido, sanguinario e megalomane.” “Vedi Buffy, non è così semplice” “Quando mai è stato semplice, Angel ?” “Lui è come non ne hai mai incontrati prima. Se mi dicessero che è partito volontario per una crociata contro qualche demone in Tibet non mi stupirei, così come se sapessi che vendeva i suoi prodotti a Pinochet o che ha strappato dal petto un cuore di demone e l’ha mangiato caldo per ribadire che tipo è.” Il primo era stato Giles, il timido e compassato bibliotecario che si era rivelato essere il suo Osservatore, che aveva lottato con lei, qualche volta l’aveva tradita e molte tolta d’impaccio, che era stato qualcosa di diverso da un padre, ma ugualmente fondamentale nella sua crescita. Poi c’era stato Angel, che non era un bel ragazzo tenebroso ma un vampiro con l’anima, con cui si erano amati, odiati, amati e lasciati, e che aveva ancora e per sempre un posto d’onore nel suo cuore. Poi Spike, il vampiro che la voleva uccidere, che si era innamorato di lei nonostante la sua natura, che l’aveva ferita e per lei aveva riottenuto l’anima con tutta la sua sofferenza, e per lei si era sacrificato. E ora scopriva questo strano essere, metà filantropo metà assassino, che l’amava ma non la voleva conoscere. Sospirò. “Perché gli uomini nella mia vita sono tutti … Chissà cosa ho combinato in una vita precedente !”

 

ATTO IV

La prima percezione che Kennedy ebbe fu di freddo: nel dormiveglia un suo dito toccava qualcosa di duro, liscio e gelido. Molto lentamente, in modo che se ci fosse stato qualcun’altro con lei non se ne sarebbe accorto, fece scorrere il mignolo su quella superficie, che comprese anche essere piccola di sezione, non rettilinea e … un tubo ! Era probabilmente un piccolo tubo, e lei era sdraiata prona e aveva la testa appoggiata su qualcosa di morbido, piacevole al tatto e profumato alla lavanda: probabilmente si trovava su un letto dalle lenzuola di cotone. Si fermò e cercò di percepire rumori intorno a sé: non molto distante una persona, o almeno sperava, stava respirando in maniera regolare e placida, quasi impercettibile; attese a lungo prima di essere sicura che fosse la respirazione di un dormiente. Aprì un occhio e si trovò immersa in una non fitta penombra, con un dito che sfiorava le arzigogolate intersezioni di ferro che costituivano probabilmente la testiera del letto: pur diffidando, non le sembrava affatto una situazione pericolosa. Aveva la testa voltata verso il muro: lentamente la girò e vide, quasi in primo piano, un abat-jour dal cappello di cristallo blu notte e delle curiose frangette pendenti bianche ed oro, o almeno così le parevano, posata su un comodino, di cui vedeva solo il pianale probabilmente in marmo grigio e la parte superiore, il cui legno scuro era ravvivato dalla maniglia del cassetto forgiata in un metallo giallo, lo stesso che, prendendo forme di piccole donne dai seni nudi e sporgenti con una sorta di canestrino in testa, fasciava gli spigoli sotto il marmo. Non c’era bisogno di aggiungere altro, era chiaro chi l’aveva rapita: con un colpo di reni si mise a sedere di colpo sul letto, che era quello che amava fare per vedere Willow svegliarsi di soprassalto. Camera di media grandezza, le pareti bianche, quella di fronte a lei aveva una finestra al centro, una porta verso l’angolo destro e tra queste un tavolino in legno con una lampada e una sedia dall’alto schienale; lungo quella alla sua sinistra oltre al comodino solo una porta; poco distante dai piedi del letto (esistevano ancora ?!) uno di quei vecchissimi mobili da toeletta, col ripiano di marmo, lo specchio ovale e il ferro battuto e poi, davanti a un separè chiuso, una grossa e apparentemente morbida poltrona, dove una bella signora di mezz’età si era svegliata e le sorrideva timida.

Si alzò e si presentò “Buonasera madamoiselle Kennedy, bene sveglia. Lei è ospite di Sua Eccellenza il Conte di San Germano e non corre alcun pericolo o rischio di sorta. Io sono la cameriera assegnata alla sua persona.” Che fosse una cameriera era evidente, considerato com’era vestita, meno lampante che non dovesse temere nulla. “Sono stata narcotizzata, rapita, mi sveglio da qualche parte che non conosco: la situazione non è poi molto tranquilla … Lei non trova ? Soprattutto quando il padrone di casa è un folle che crea Golem e terrorizza streghe, e fa molto di peggio, a quanto si dice !” La signora parve in leggero imbarazzo. Superò l’armadio, che occupava la quarta parete della stanza, si avvicinò al tavolo e accese la lampada: la luce, seppur soffusa, infastidì Kennedy che si schermò gli occhi con la mano, mentre l’altra riprendeva a parlare con il suo tono di voce calmo, pacato e amichevole. “Sua Eccellenza non farebbe mai niente di male a una Cacciatrice, non lo sa ? Magari con le altre persone si pone in modo … irritante, ma porta sempre in palmo di mano una Cacciatrice. Glielo assicuro.” Kennedy la guardò perplessa e non seppe trattenere della brutta ironia “Ah, se me lo assicura la sua domestica …” “Sì, e anche la madre di una Cacciatrice. So quello che dico” Rimasero a guardarsi negli occhi, studiandosi, finchè la ragazza fece quello che fa ogni Cacciatrice nei momenti di incertezza: si affidò alle sue sensazioni, al suo istinto, e giunse alla conclusione che quella donna non mentiva, per cui si sforzò di farle un mezzo sorriso in segno di tregua. “Per cui Vigio l’Inclemente non mi sevizierà e non mi strapperà il cuore dal petto per mangiarlo, immagino.” La donna la guardò, un po’ perplessa e un po’ divertita, e iniziò dicendole che i demoni e i vampiri solitamente lo chiamavano così, lei era meglio gli si rivolgesse appellandolo semplicemente come “Conte”, lo avrebbe certo più gradito. “Circa il mangiarle il cuore, invece, ci è andata quasi vicina: è invitata a cena da lui questa sera, anche se non farà parte del menù.” “Per avere un appuntamento fa sempre così ? Rapisce e poi lascia a lei il compito di rabbonire la preda ?” “Che brutto termine. Temeva che lei non lo volesse incontrare e Sua Eccellenza dà moltissima importanza a questa cena, tiene moltissimo a fare la sua conoscenza. Ha già provveduto a far avere sue notizie ai suoi amici e le ha preparato un piccolo dono.” Mentre la donna si dirigeva verso l’armadio Kennedy, con strafottenza, iniziò a dire che per addomesticarla non servivano regalini e che, in ogni caso, si dimostrava un incivile con quei modi e un illuso se sperava … ma quando la cameriera giunse nel cono di luce si ammutolì. Con reverenziale timore si avvicinò al più bel vestito che avesse visto da molto tempo e lo accarezzò per rendersi conto che era vero: per un solo secondo indugiò poi, Cacciatrice o no, mormorò un “Posso provarlo” a cui la cameriera rispose prima con un ampio e complice sorriso e indicandole il bagno, oltre una delle porte della stanza. Quando tornò in quella stanza la cameriera aveva acceso le luci del lampadario, un grosso manufatto in ferro battuto galiziano, dono di un Duca d’Alba, e aperto il separè a tre ante, che da un lato era ornato di immagini di gusto orientale ma dall’altro vantava tre specchi, in cui Kennedy si potè rimirare. Era il più magnificente, leggero e morbido vestito in seta cruda che avesse indossato, brillante in una tonalità rosso cremisi che si intonava alla perfezione alla sua pelle: lungo, leggermente attillato, la fasciava con dolcezza lasciandole scoperta la schiena e la faceva sentire bellissima come una diva di Hollywood. Guardandosi allo specchio si innamorava, come Narciso, della propria immagine, quasi stupefatta di come quell’indumento esaltasse la sua femminilità, ma non sapeva che la trasformazione era solo a metà. La cameriera la invitò a sedersi davanti alla toeletta.

Con mani sapienti e maestria le acconciò i capelli tirandoglieli sulla nuca in un’ardita ma classica composizione (Kennedy, innamorata sempre più di sé stessa, si dimenticò di fare domande alla donna per sapere qualcosa su sua figlia o sul Conte) e poi si diresse al tavolino, da cui tornò con un paio di scatoline rivestite in raso nero, come quelle delle gioiellerie: ne estrasse un giro di perle che le adagiò sulle spalle e il petto, e un bracciale a più giri, anch’esso di perle, che le avvolse il polso. Quasi ipnotizzata la Cacciatrice si diresse alla specchiera e rimase muta a contemplarsi, paga della sua immagine, ignara del commento che il Conte aveva fatto a Margot circa la propria intenzione di rivestirla ed adornarla: “Non vorrai che ceni alla mia tavola indossando quei suoi volgari straccetti americani ? Magari regalategli dalla strega ! E poi, come si dice: l’uomo si prova con la donna, la donna con l’oro e l’oro col fuoco.” Ma lei si guardava in tutta la sua bellezza, all’oscurò di ciò, lieta e beata, finchè per un attimo non pensò all’abominevole blusa beige regalatale da Willow e si sentì subito in colpa per essersi lasciata soggiogare dalla vanità.

Mentre si beava della propria immagine la misteriosa cameriera, chiesta licenza, si allontanò lasciandola sola nella stanza e dandole un’ottima occasione per frugare nel comodino, nell’armadio e nel cassetto del tavolinetto. Si dedicò subito al comodino, più vicino a lei e dentro vi trovò solo due oggetti: un rosario formato da granate e un libretto rilegato in pelle nera, sulla cui costola in caratteri dorati stava la scritta “Horæ Diurnæ”. Lo aprì, lesse una pagina a caso, scritta in fitti caratteri, e si rese conto che non era né inglese, francese, tedesco o italiano, benché gli assomigliasse molto, e credè fosse in spagnolo: a prima impressione pensò fosse un libro a carattere religioso. Prima che si alzasse per andare all’armadio si aprì la porta nell’angolo opposto al letto ed entrò sorridente Buffy ! Vestita da cameriera ! Lo stupore, la gioia, la sorpresa e il senso di sfasamento mentale dovuto al trovarla lì vestita in quel modo le impedirono di salutarla, di saltarle al collo in preda alla gioia, di chiederle perché mai fosse lì: riuscì solo a spalancare la bocca e a fare un urletto stridulo. “Tu sei Kennedy, e sei una Cacciatrice.” Questa era la cosa più stupida che Buffy potesse dirle, pensò la ragazza. “Buffy ! Sei tu! Certo che sono io! Cosa diavolo ci fai qui! Perché diavolo sei vestita così!” “Io non sono Buffy. Io sono il robot che ne ha le sue fattezze. Mi ha creato Warren perché fossi di sollazzo carnale a Spike. Spike è un vampiro piantagrane con l’anima. Warren è stato ucciso da Willow, che è strega e pagherà per questo. Tu stai con Willow.” Kennedy tirò un urlò e per poco non fece anche un salto sul letto, mentre quella Buffy (o ciò che era) continuava a guardarla sorridendo con uno sguardo non molto espressivo, anzi, un po’ ebete: tutto quello che aveva sentito non poteva essere vero, Willow e Xander non potevano averle taciuto una cosa simile (un robot ! fatto fare per Spike da Warren!), eppure qualcosa, in fondo alla sua mente, le diceva che poteva essere tutto reale, e che solo in un momento e in luogo così improbabile poteva veniva a conoscenza di fatti passati così apparentemente … incredibili. Continuava a guardarla in parte spaventata, in parte incredula, mentre quella continuava a fissarla sorridendo in modo beota: era un robot, questo lo aveva compreso, ma tutta l’altra storia … “Ma se sei stata creata per Spike cosa ci fai qui ?” Immobile, con le braccia lungo i fianchi, le rispose apparentemente lieta ed ilare “Sono stata distrutta nella notte in cui è risorta Buffy. Willow l’ha risorta, violando i precetti del diritto naturale e del diritto delle genti. Sua Eccellenza Monsieur il Conte di San Germano ha preteso ed ottenuto che i miei pezzi gli venissero mandati dal signor Rupert Giles, che è l’Osservatore di Buffy. Mi ha riparata Vaclav Kadar.” Detto questo sfoderò un luminoso sorriso e iniziò uno strano gorgoglio, una sorta musichetta, e ripetè in sei lingue diverse quel nome, l’indirizzo, il numero di fax e la casella e-mail, aggiungendo che era il primo informatico d’Europa. Terminato lo spot pubblicitario Kennedy le chiese se era stato lui a programmarla e la robot annuì, ricominciando la canzoncina d’accompagnamento e il seguito; quando le chiese se era stato lui a inserirle tutta quella presentazione annuì di nuovo e riprese a gorgheggiare quell’orribile jingle: Kennedy comprese che il programmatore non aveva affatto gusto musicale, che doveva trovare un modo per farle smettere quell’insulsa sequela di parole e che la percentuale di figure folli in quella casa era abbastanza alta. Una porta si aprì all’improvvisò ed entrò la cameriera, visibilmente preoccupata, che subito iniziò a redarguire il robot. “Dovevi avvertire me, non lei ! Monsieur era stato chiaro !” “Monsieur ha detto di raggiungerla qui e lei non c’era. Quindi io non ho avvertito la signorina.” Prima che la signorina in questione chiedesse di cosa andava avvertita, la cameriera la prevenì comunicandole che la cena era pronta e chiedendole se voleva scendere al piano inferiore; senza attendere risposta congedò in modo brusco il robot dicendole che si doveva occupare dei vetri e che poi sarebbe stata libera. Il Buffybot salutò meccanicamente, sempre con il sorriso sulle labbra, augurò una buona serata e sparì dalla porta da cui era entrata, lasciando Kennedy con molte domande inespresse e un’immensa curiosità su come fosse l’uomo che aveva avuto l’idea di far trasformare una sorta di prostituta meccanica in una cameriera, di assumere la madre di una Cacciatrice e, nella stessa sera, di farla rapire e di regalarle il più bel vestito che avesse visto da molto tempo.

La cameriera la condusse lungo uno stretto corridoio poco illuminato e un paio di salotti fino ad una larga ed ampia scala; camminando sopra parquet e tappeti, tra imponenti lampadari e pesanti tende bordeaux, riuscì solo a farsi un’idea non entusiasmante del gusto del proprietario della casa: tutti quei troppi oggetti di ottima fattura ma di generi e stili disparati creavano uno strano senso di spaesamento e le venne in mente che forse lei con il suo bel vestito era solo l’ultima delle belle cose che Vigio voleva avere in casa. La scalinata di gusto eccessivo aveva ai suoi piedi un cameriere che indossava un completo grigio, giacca con le code e pantaloni inamidati: sorridendole forbito le comunicò che Sua Eccellenza la attendeva nella sala e le indicò un’ampia porta, e per fortuna che Kennedy non lo conosceva, altrimenti la sua impressione circa la servitù di quella casa sarebbe peggiorata. Prima che il cameriere si muovesse per aprire la porta a doppia anta lei la spalancò, slanciandosi a passo di carica verso il suo sequestratore, ma lo spettacolo che le si presentò la prese tanto in contropiede da farla fermare di colpo rimanendo ammutolita e sconcertata. Lui, che non era un vecchio bavoso e non sembrava un pazzoide, era incredibilmente alto e indossava uno sfavillante frac che gli pareva scolpito addosso, per come era morbidamente rigido, e sullo sparato brillava (ma lei non lo sapeva) la fascia dell’Ordine dello Spirito Santo, ordine fondato dal suo lontano cugino il Re Enrico III e concessa da un altro sovrano francese per i meriti nella prima campagna d’Algeria; sulla giacca altre decorazioni e la Croce di San Vigio, Ordine di cui lui era Gran Cavaliere. Il viso, le mani e il portamento in generale erano talmente alteri ed aristocratici da mettere in soggezione: i lineamenti, accentuati da un diffuso pallore e una certa magrezza, erano rischiarati solo dagli occhi cerulei e dai perfetti denti bianchi che s’intravedevano nel sorriso. Portava i capelli scuri con cura stirati e impomatati all’indietro, come Gardel e i tangueros, Rodolfo Valentino e i gentiluomini degli Anni Venti. “Sfoggia un abito che denota ottimo gusto ed entra come John Wayne in un saloon. Se ha anche un nome bizzarro ed eretico è decisamente la mia ospite.” amabilmente le disse sorridendo, e prendendola di nuovo alla sprovvista.

VIII.04 - TUTTO IN UNA NOTTE

Scritto da: FranzJoseph

Spoiler per: tutta la stagione VII di BtVS

Rating: per tutti

Timeline: un anno e mezzo dopo “Chosen”; metà ottobre 2005

Summary: Dove Buffy e Dawn prima hanno visite e poi conoscono la loro coinquilina, Wood vede degli strani vicini di casa, Kennedy organizza male una battaglia, Willow si prepara a giocare a scacchi con Vigio e Xander ad avere un’altra ragazza a cui badare.

Commenti: se volete scrivetemi a franzjoseph1@supereva.it

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

PROLOGO

La colazione a casa Harris fu tra le più tranquille: Kennedy era radiosa e parlava ininterrottamente, Willow cercava di non mostrare il proprio risentimento e Xander con Amy ascoltavano il racconto senza parole.

Dopo la discussione con Giles, Willow si era chiusa in camera sua ed era stata sveglia a lungo, ogni tanto si sentiva muovere una sedia o chiudere una porta o l’anta dell’armadio, i passi veloci e nervosi dalla camera al bagno e alla sala, ma gli altri due inquilini non avevano avuto il coraggio di intromettersi nei pensieri della ragazza ed erano rimasti chiusi in camera di Xander a scambiarsi pensieri ed opinioni. Amy si era sdraiata sul letto, dopo aver piegato il cuscino ed accostatolo alla parete per farle da morbida spalliera, mentre Xander aveva avvicinato la poltrona per poter poggiare i piedi sul materasso: lei indossava sul pigiama una leggera vestaglia di cotone stampato a fiori e fantasia cachemire, che le evidenziava il seno e metteva in ombra i fianchi, suo cruccio. Xander stava comodo in un pigiama da uomo, abbottonato a giacca bianco a righe celesti, e parlandole si deliziava lasciando scorrere lo sguardo, ma con molta discrezione, sui piccoli piedini ben fatti e le mani eleganti e magre della ragazza.

Le avrebbe voluto parlare di Anya e di quello che lei gli aveva raccontato su Vigio, sulle e-mail che si scambiavano e sui candelabri, ma pensò che non era momento di mettere altra carne al fuoco e così, credendo di non aver speranze di sedurre Amy, fece quello che un ragazzo fa solo con chi non vuole o non può conquistare: parlò della sua ex. Ricordò cosa lo faceva impazzire in lei e cosa lo disturbava, parlò di come si erano conosciuti e poi lasciati, del loro riavvicinamento e di quando era stato chiamato a prendere in consegna la salma sua e delle altre Cacciatrici cadute contro il First, riunite nell’obitorio di una cittadina non troppo lontana dal cratere di Sunnydale.

Dopo tanti anni come topo Amy aveva preso due abitudini: parlare ininterrottamente ed avere paura di quasi ogni persona. Con Xander però era diverso, si riposava spiritualmente a stare con lui e non si sentiva minacciata: fin da subito era stato gentile con lei e non l’aveva trattata male, poi l’aveva ospitata sotto il suo tetto quando aveva troppa paura per tornare a casa e infine aveva l’innegabile pregio di non causare tensione. Willow ad un modo, la Cacciatrice ad un altro, lei stessa, riuscivano a creare problemi, discussioni e nervosismo: Xander inevitabilmente riappianava le cose, smorzava le polemiche e se aveva qualcosa da dire lo faceva con la massima gentilezza. Era grazie a lui che in quella casa si sentiva accettata e riusciva a fare conversazioni insignificanti sul tempo o sui vicini o sul suo lavoro senza sentirsi un’estranea: per questo lo ascoltava con piacere le rare volte in cui si apriva con lei (quella era la terza o la quarta) e sperava di cuore di potergli essere utile, un giorno, così da ricambiargli tutte quelle gentilezze.

Quella sera lei ascoltava e le faceva piacere anche perché così non doveva pensare all’Inclemente e a tutto quello che avevano sentito dire da Giles: l’immagine uscitane era decisamente incoerente, quasi quel francese fosse un moderno Giano bifronte. Illuminati solo dalla lampada da tavolo, nonostante i rumori provenienti dalla casa, si addormentarono e si svegliarono a mattina fatta, quando un po’ pesantemente la porta di casa fu chiusa.

Non ci fu bisogno di dire niente, aprirono gli occhi, ricapitolarono la situazione e si alzarono ambedue di scatto, indugiando per un attimo in seguito ai dolori alla schiena, naturali pensando in che posizione avevano dormito quella notte. Quando arrivarono alla sala trovarono già Willow, sotto gli occhi profonde occhiaie, e davanti a loro Kennedy, raggiante come non mai, intenta ad aprire una valigia: ne trasse fuori un fiammante abito rosso e con un sorriso che le prendeva tutta la faccia domandò alla sua ragazza “Allora? Non ti avevo detto che era bellissimo?” Poi si voltò a loro due dicendogli che era un regalo di Vigio, ci aveva cenato assieme indossando quella meraviglia e delle perle che se qualcuno le avesse retto l’abito avrebbe preso dalla valigia. Willow, troppo stanca dopo tanta tensione e con troppo mal di testa, non ebbe neppure il coraggio di arrabbiarsi con quella ragazzina, che evidentemente non capiva la paura e le preoccupazioni che avevano avuto. Tirando fuori le perle, e gli occhi di Amy stavano uscendo dalle orbite a guardarle, chiese cosa di bello Vigio avesse regalato loro: ieri sera le aveva detto che oltre a un biglietto di spiegazioni aveva inviato anche un pacco dono e che comunque dopo da loro sarebbe andato Giles a tranquillizzarli.

“Allora sai che eravamo preoccupati !” le sibilò Willow. “Lo spero, ero stata rapita. Ma il biglietto e Giles vi avranno tranquillizzato, immagino. Sapete già che quei due si conosco da un sacco di anni e che Vigio vuole proteggere Buffy?” Sì, e probabilmente uccidere me, pensò Willow, ma si tenne questo pensiero per sé raccogliendo tutta la propria forza interiore per non iniziare a tirare i peggiori insulti a quell’essere. Fortunatamente Xander, mentre Amy si provava le perle e cercava uno specchio per vedere come le stavano, intervenne dicendo che ne potevano parlare davanti a qualcosa da mangiare e si trasferirono in cucina, sentendo nel bagno i mugolii di auto – approvazione di Amy.

Se la Cacciatrice era così tanto entusiasta si doveva essenzialmente al fatto che, nella sua breve –per ora - vita, aveva conosciuto solo coetanei insignificanti e volgari o uomini maturi noiosi e scialbi, fatta eccezione per Giles e Wood (e Xander, naturalmente): Vigio era un uomo che dimostrava trent’anni e ne aveva almeno cinquecento di più, ed era veramente charmant, per usare un suo termine. Sapeva ballare, vestirsi elegantemente, scegliere il vino, conversare con raffinatezza di gioielli, arte e armi ed inoltre era impeccabilmente demodé: sicuramente gay, secondo le conoscenze del mondo che aveva quella giovane americana. Era stato quasi un anno barricato in sperduti conventi arroccati sulle rupi della Grecia con molte Cacciatrici prescelte a combattere contro i bringers: se loro a Sunnydale fossero stati sconfitti ci sarebbe stato sempre lui e il suo piccolo esercito. In quel tempo, le aveva detto, aveva insegnato a quelle ragazze le cose basilari che rendono una Cacciatrice una dama: l’etichetta, l’uso delle armi, il valzer e l’anatomia dei demoni. Inoltre guardava un sacco di sitcom che piacevano anche a lei, andava molto al cinema e parlava italiano: finalmente qualcuno con cui fare conversazione in lingua !

Willow, Xander ed Amy (sempre con collana e bracciale di perle addosso) non riuscivano a credere che con così poco quell’uomo fosse riuscito a conquistare la Cacciatrice, solo qualche discorso raffinato, un paio di accenni ad interessi contemporanei e la promessa di insegnarle l’italiano e a combattere secondo le antiche regole delle Cacciatrici. “Sapevate che una volta combattevamo in modo del tutto diverso? Mi diceva che prima si seguivano le tradizionali regole sorte con l’unica civiltà, con l’Europa e che poi sono diventati moda i salti e i volteggi dei pagani idolatri delle steppe asiatiche; non credo gli piaccia molto l’Asia. Secondo lui oggi ci battiamo come scimmie isteriche malate di terzomondismo. Non ho capito cosa intendesse, ma mi è sembrata un’espressione divertente.”

Aveva ragione Giles quando aveva detto loro che riusciva ad essere gradevole e salottiero nella stessa misura in cui era sanguinario e totalmente pazzo. Fu Willow ad avere le idee più chiare di tutti, lì in mezzo: nella partita Vigio aveva subito attaccato muovendo con successo il primo pezzo, guadagnandosi la simpatia e, forse, anche l’ammirazione della Regina, di Kennedy. Amy era solo una Pedina terrorizzata e Giles una Torre bloccata, su cui non poteva fare affidamento: adesso doveva impedirgli di “mangiare” Xander, l’altra Torre, se non voleva finire lei, il Re, sotto scacco e perdere la partita e tutto il resto.

 

*******

 

Anche a casa Summers la colazione fu tranquilla e piacevole, perché Dawn pensava che Angel fosse passato a trovare sua sorella solo per fare due chiacchiere e non per rivoluzionarle la vita con una serie di notizie sconvolgenti: per questo non volle farle subito un sacco di domande su cosa si erano detti e su come avevano passato la notte. Certo, il fatto che un vampiro sanguinario non avesse cercato di ucciderle la diceva lunga su quanto poco trasporto c’era stato tra i due: che finalmente l’antica passione si fosse stemperata del tutto e loro fossero diventati semplicemente amici? Conoscendo la sorella le sembrava molto strano, ma tra qualche giorno avrebbe indagato meglio.

Buffy, con una delle sue migliori interpretazioni, finse davanti alla sorella di essere quasi giuliva per la visita ricevuta e attese impazientemente che quella uscisse per poter prendere in pace il telefono ed urlarci dentro tutto quello che voleva. Dawn partì per andare in biblioteca e Buffy, per essere sicura non ricomparisse nel bel mezzo della sua conversazione, poiché magari aveva dimenticato qualcosa, rimase affacciata alla finestra per vederla girare l’angolo della strada, poi chiuse a chiave la porta di casa, lasciando le chiavi nella toppa: solo dopo ciò telefonò a Giles, di cui Angel le aveva lasciato il numero, che aveva avuto dal cameriere di Vigio quando aveva fatto telefonare da Wesley nella di lui casa di Sunnydale al numero datogli da una loro comune conoscenza parigina (una mezza demone o qualcosa del genere).

L’Osservatore rispose quasi subito “Salve Giles, sono Buffy.” Forse perché se lo aspettava, forse perché lo volle notare anche se non era vero, ma le parve che nel salutarle e nel chiederle come stava la sua voce fosse un po’ incerta. “Possiamo saltare i convenevoli? Ho visto Angel.” Silenzio dall’altro capo del telefono. “Provi a convincermi che tutto quello che ha fatto in questi anni lo ha fatto per me.” “In che senso? Cosa intendi?” “Provi a convincermi che tenermi nascosto che lavorava per un matto francese è stata una buona mossa.” Cielo, Giles come odiava quell’uomo! In meno di ventiquattro ore doveva sentirsi così “sporco”, così falso e bugiardo. Non aveva voglia di mentire ulteriormente o di indorare la pillola per cui parlò e disse tutto quello che pensava. “Buffy, una delle poche cose belle che hai avuto nella tua vita di Cacciatrice è stato di non conoscere di persona quel farabutto, ladro falso ed assassino. Lui non voleva incontrarti ed io ho fatto di tutto perché non cambiasse idea. Dopo tutti questi secoli passati ad uccidere demoni si differenzia da loro solo perché li uccide, ma poi ha il loro stesso animo sanguinario e crudele.”

Questo Buffy non se lo aspettava: aveva capito che non correva buon sangue tra loro, ma non si aspettava una reazione così veemente da quell’uomo compassato. “Ah, ecco perché ha continuato a fare la spia per lui. Logico.” “Tu non capisci, quando lui ordina lui ottiene, oppure uccide. Non avevo molte opzioni. E poi almeno sono sempre stato da filtro tra voi due, così non è mai entrato nella tua vita.” “Angel mi ha dato una versione della storia un po’ diverso.” “Mi fa piacere che abbia dimenticato i giorni di torture e dolori che ha subito dopo il suo ritorno dalla dimensione demoniaca: sai, era il suo benvenuto e il conto da pagare per quello che c’era stato tra voi due. E mi fa piacere che abbia anche superato l’odio che ha nutrito per Vigio dopo che gli ha imposto di abbandonare per sempre Sunnydale !”

Colpo di scena ! Questo Angel non glielo aveva detto e d’improvviso Buffy si sentì come venire meno l’aria. Ecco chi c’era dietro quell’addio che le aveva spezzato il cuore e l’anima in un giorno di tanti anni fa, che le aveva fatto poi cercare consolazione in uomini sbagliati che … che fosse dannato quello schifoso ! Sì, le ingerenze nella sua vita privata erano state molto più grandi di quanto si fosse immaginata. Sentendo silenzio dall’altra parte della cornetta Giles capì che doveva battere il ferro finché era caldo: era una strategia rischiosa, certo, diffamare quel mostro agli occhi della sua protetta, ma fino a quando le fosse rimasto vicino, fino a quando Buffy gli avesse voluto bene e lo avesse avuto caro Vigio non sarebbe stato eccessivamente letale.

“Io invece non ho dimenticato quello che ho subito per mano sua mentre tu eri scappata di casa. Già, perché prima non si fida di me come Osservatore e mi mette affianco un vampiro maledetto, bello e dannato, poi succede quello che succede tra voi e la colpa é mia che non l’ho impedito. E poi pago anche perché sei scappata. Sai che se quell’estate non mi ha ammazzato era solo perché fossi di sostegno a tua madre? Poi, benché volesse, non mi ha mai ucciso perché diceva che per te rappresentavo una figura paterna: ma quello che mi ha fatto quando ha saputo che non ti ero stato vicino e quindi tu avevi avuto una relazione con Spike … meglio tu non lo sappia mai. Ah, oltre questo, oltre a torturare Angel ha cercato di uccidere anche Willow dopo la storia di Warren, e non c’è riuscito per miracolo !”

Buffy ebbe un leggero giramento di testa, non riusciva a conciliare l’uomo innamorato di una Cacciatrice vampira con questo sanguinario e mostruoso essere: altro che vampiro ! Angel aveva molto edulcorato gli avvenimenti. “Mi … mi spiace. Non pensavo di averle causato tutto questo. Io … io non volevo.” Si sentiva mortalmente in colpa, sapeva che le sue azioni avevano fatto soffrire tante persone, Giles in primis, ma credeva solo moralmente, non che per ogni suo sbaglio un folle la facesse pagare a qualcun altro: era crudele e stupido ed era una vera fortuna, a ben pensarci, di non averlo avuto vicino in quegli anni. Se lei aveva fatto tante cose stupide pur con intorno delle persone brave ed equilibrate che l’amavano, nonostante spesso fosse stata fredda e cattiva con loro, cosa sarebbe mai diventata frequentando quel mostro? Le parve di essere più leggera, ora che sapeva di aver schivato un così grande pericolo, e d’improvviso capì anche di essere stata stupida ad attaccare in quel modo Giles. “Cioè, mi ha detto … io credevo che badasse solo ad aiutarmi da lontano nella mia missione, non che facesse queste cose … mi spiace … non volevo...”

Giles si odiò per un attimo quando comprese che stava ragionando proprio come l’uomo che disprezzava di più al mondo: pensò che era venuto il momento di parlare bene di quel tizio, che l’opinione di Buffy verso di lui non dovesse scendere troppo, anche se forse era troppo tardi. “Non è colpa tua, e comunque è vero, lui per te ha fatto quanto nessuno. Dopo la storia di Dawn ha iniziato a girare il mondo per avere informazioni su Glory e sulla vera natura, e tutto ciò ne che concerneva, di tua sorella. Per la tua morte ha sofferto moltissimo ma quando ha saputo che eri resuscitata, oltre a voler uccidere Willow, ha subito ripreso le ricerche. E contro il First ha personalmente salvato ed addestrato molte prescelte, per vendicarti se fossi caduta nella lotta. Poi so che ti ha fatto avere dei soldi per via traverse quando ne avevi bisogno e non mi ricordo neppure quante volte mi ha suggerito qualcosa che non sapevo sui demoni e sui nemici che ti attaccavano. Benché lo disprezzi come nessuno mai devo riconoscere che è stato verso te e tua sorella gentile e premuroso come pochi altri.”

Lasciò passare qualche secondo prima di aggiungere una cosa, in modo che Buffy recepisse per bene questa parte tesa a far scemare di poco l’odio che evidentemente nutriva già per lui, e come dargli torto ! “Ricordatene, quando verrai qua a trovarlo: credo tenga molto anche alla-” “Come?” gli urlò Buffy e per il tono Giles automaticamente scostò l’orecchio dalla cornetta, il timpano ferito dalla voce della Cacciatrice. “È lì a Sunnydale?!” No ! Non era possibile ! Quello stupido irlandese vampiro le aveva parlato di Vigio senza dirle che era in America !? E allora perché mai farlo? Perché complicarle tanto la vita? A cosa giovava? Giles ebbe l’improvvisa, profonda e feroce voglia di mettere le mani addosso ad Angel e portarlo a bere un whisky in un bar a mezzogiorno.

 

ATTO I

Era passata una settimana dalla visita e dalla telefonata, e lei non sapeva ancora cosa fare, per cui si abbandonò al fatalismo e lasciò che fosse il destino (che nel suo caso, pensò, spesso si era chiamato Vigio) a decidere per lei: qualcosa sarebbe successo, magari qualcun altro sarebbe venuto a bussare alla sua porta con ulteriori e sconvolgenti novità. Nel frattempo aveva tracciato una linea di condotta solo circa Dawn: tacerle tutto. Non aveva nessuna voglia di sentire la sorella subissarla per giorni e giorni di domande e di richieste di andare a Sunnydale a conoscere questo tizio, e non voleva semplicemente perché non aveva esattamente chiaro osa pensava di lui: lo odiava? Certamente, era ovvio dopo tutto il male che aveva fatto a Giles ed Angel e che aveva avuto intenzione di fare a Willow. Lo disprezzava? Sicuro, strappava i denti ai vampiri per rivenderli, e chissà come aveva fatto Angel a vivere con lui.

Eppure quel mostro era lo stesso che aveva girato mezza Europa per ridare l’anima alla sua amata, che aveva impedito ad Angel di impazzire macerandosi nei rimorsi per il sangue versato, che senza motivo apparente aveva deciso di aiutarla per quanto più poteva. Perché per tutti gli uomini che entravano nella sua vita avevano due facce? Certo, solitamente prima l’amavano e poi la tradivano (perdendo l’anima, andando in bordelli, violentandola o quasi), mentre questo contemporaneamente l’amava e cercava di ucciderle chi le stava vicino: com’era dura la vita relazionale di una Cacciatrice ! Aveva fin troppi dubbi e domande in mente per permettersi il lusso di una sorella minore molesta: anche fosse restata all’oscuro di tutto per qualche tempo non sarebbe certo venuto giù il mondo.

Quella sera, dopo una cena frugale per motivi di forza maggiore (Buffy si era ancora una volta scordata della spesa da fare, e Dawn non aveva avuto tempo, presa com’era a rispondere al telefono a tre Cacciatrici avvicinate da presunti Osservatori), in un raro momento di vicinanza le due ragazze si misero a giocare a Scarabeo in salotto. Buffy non vi era particolarmente portata, Dawn cercava di far passare per vere parole non esistenti: era molto interessante vederle cimentarsi in questo gioco. Nel bel mezzo della partita, bloccata sulla presunta esistenza della parola “manometro”, a cui Buffy, sospettosa della sorella, non credeva (“Cos’è, lo strumento per misurare la grandezza delle mani?”), si scatenò l’inferno. Una locuzione simile, parlando delle Summers, fa pensare a demoni, vampiri e repertorio da film del terrore, mentre invece fu un’azione più da “Quella sporca dozzina” oppure degna di qualche film con John Wayne in Vietnam.

All’improvviso, fulminei come i berretti verdi, sincronizzati come i corpi speciali, in tunica, cappuccio, corto ed affilato pugnale, dei bassi esserini piombarono in casa Summers: dalla porta, sfondata senza problemi, ne entrarono almeno cinque e tre vampiri, terribile la loro espressione sul volto della caccia; dalla porta che dal salotto portava al balcone, tra vetri infranti, ne irruppe uno contorniato da altri tre piccoli mostri; rumori di distruzione facevano pensare che dal balcone ne fossero entrati anche in cucina. Le tuniche che indossavano erano viola funereo, con una sottile riga dorata sull’orlo delle maniche e alcune rosse sul fodero del pugnale, legato dove il cordone nero che cingeva loro in vita; i volti disgustosi potevano assomigliare a quelli dei servitori di Glory, ma erano molto meno bitorzoluti e più agili: homuncoli quindi, per usare il corretto termine della demonologia. I vampiri erano vestiti casual, in jeans e maglietta, tranne uno con un’orribile giacca a quadri, sopravvissuta agli sfavillanti anni di Reagan e della Tatcher: erano disarmati, tranne che per delle affilatissime scimitarre che brandivano minacciosi. Buffy, in un solo secondo, era già in posizione di difesa, pronta a ripararsi dall’attacco che sarebbe provenuto da qualsiasi punto intorno a lei; Dawn, inginocchiata come era durante la partita, urlava. Un vampiro puntò il dito verso la più giovane delle ragazze e disse solo “Lei. Viva e tutta intera.”

Il momento di stasi nella stanza durò un attimo: prima ancora che gli invasori si slanciassero contro la preda, o che la Cacciatrice tentasse un attacco, il tavolinetto da the del salotto, su cui era posato lo Scarabeo, come di vita propria si scagliò a tutta velocità verso la porta d’ingresso, sbattendo con grande forza contro le ginocchia del vampiro in giacca, che ci crollò sopra distruggendolo. Subito dal muro si staccò un quadro, una vecchia stampa che piaceva tanto a Joyce, che veloce e sicuro, planando come un frisbee, andò a decapitare il vampiro che aveva dato l’ordine d’attacco, e di lui rimase solo la polvere. La confusione regnava sovrana adesso in tutti coloro che erano nell’appartamento: una parte di loro cascò rovinosamente a terra quando di scatto il tappeto si tolse da sotto i loro piedi. Buffy brandì la prima cosa che trovò sotto mano, una lampada da tavolo in ferro che corse sul pianale del mobile per essere impugnata da lei, e con quella menò un secco fendente sul cranio di un homunculus; Dawn fece lo stesso ed iniziò a tirare cucinate a destra e a manca.

La cassettiera espulse con forza tutti i suoi cassetti che implacabili colpirono colli, tempie ed occhi degli homuncoli, mentre un ombrello infilzava un vampiro. Dalla cucina provenivano urla disumane: una bistecchiera martellava ripetutamente un homunculus, il coltello del pane infieriva su un altro e lo sportello del frigo, aprendosi e chiudendosi, percuoteva ripetutamente un terzo; il vampiro già da tempo era stato ucciso da una grosso cucchiaio di legno che si credeva un pericoloso paletto. Nel salotto, bianco di piume svolazzanti (cosa succede se si combatte con un cuscino contro una lama affilata?), le poltrone decisero di andare alla riscossa: si affiancarono e di gran carriera si lanciarono verso il balcone, ottenendo un effetto spazzaneve che raccolse ed espulse vivi, morti e feriti oltre la balaustra. Il vampiro in giacca, tossendo e sputando piume, già calpestato dalle sue truppe, cercò di rialzarsi per aprire la porta di casa, che si era chiusa autonomamente, e guadagnare una via di fuga: come nelle migliori comiche lei si aprì giusto in tempo per sbattergli contro e ristenderlo per terra.

Inteso quello come segnale di ritirata, la cucina fu clemente e lasciò che i tre poveretti che teneva in ostaggio potessero scappare, passando sopra il vampiro: vista la mala parata anche i pochi homuncoli che erano riusciti a schivare le poltrone e il turbinio di posate, fuggite dai cassetti, che sembravano uno sciame d’api assassine, si slanciarono verso l’unica via di fuga. Un paio afferrarono per le caviglie il vampiro e lo trascinarono via con loro. La porta si richiuse. Le due sorelle adesso erano in mezzo alla confusione e al disastro più terribile mentre, leggere come fiocchi di neve, le ultime piume si posavano sul campo di battaglia. Si guardarono l’una con l’altra, ammutolite, senza sapere cosa dire o cosa pensare. Andò via la luce e nel buio, proprio davanti la porta di casa, chiara e luminosa videro una trasparente figura di ragazza dai capelli neri lunghi, una lunga camicia da notte indosso: sorrideva e agitando la mano destra le salutava.

 

*******

 

Fu all’inizio della lezione di Storia, appena dopo la pausa pranzo, che un’inserviente venne a comunicare a Kennedy che il preside Wood desiderava vederla subito nel suo ufficio. La richiesta era insolita, sia perché non aveva fatto nulla per essere redarguita sia perché, nel remoto caso volesse parlare alla Cacciatrice e non all’alunna, poteva benissimo farglielo sapere più discretamente tramite Giles, di nuovo bibliotecario del Liceo. E proprio quest’ultimo la stava aspettando davanti all’ufficio del preside, seduto vicino alla porta ed intento a leggere uno spesso libro che lei riconobbe subito: la “Cronaca” dell’Eccelso Adimario da Konisberg, che avrebbe dovuto prendere il giorno prima ed iniziare a studiare. Da quando era tornato Giles aveva iniziato a farle da Osservatore (di propria iniziativa), dandole noiosi testi da conoscere e facendola allenare dopo le lezioni in biblioteca: il primo giorno, mentre si esercitava con la spada, Xander aveva solo commentato che “Una biblioteca, un bibliotecario sudato che schiva fendenti, una ragazza armata … tutto questo sa di già visto.” “Ciao Kennedy, credo ieri ti sia scordata qualcosa.” e le porse il pesante (in tutti i sensi, probabilmente) tomo, facendole pensare che un Osservatore personale non è sempre un vantaggio. “Grazie mille. Come mai anche lei qui? Cosa vuole il Preside?” domanda alla quale Giles fece spallucce, mostrando di saperne poco quanto lei sulla misteriosa convocazione.

Wood aprì la porta dopo non molto e sorridendo li fece accomodare e domandò loro se volevano del caffè: a Kennedy fece piacere tutta questa gentilezza, anche se le sembrava un po’ strana e soprattutto propedeutica all’esposizione di fatti poco piacevoli. Quello era il secondo anno in cui frequentava la scuola a Sunnydale e in quel lasso di tempo i rapporti con Wood si erano limitati a regolari domande sull’attività demoniaca e soprannaturale e alla costante offerta d’aiuto se ne avessero avuto bisogno: avevano parlato solo una volta degli avvenimenti passati, ma in maniera abbastanza vaga.

Fu Giles ad arrivare subito al dunque: “Con poco zucchero il caffè, per piacere. Ma ci dica, ha convocato un suo collaboratore ed un’alunna o la Cacciatrice e il suo Osservatore?” “Spero non sia troppo dolce. Il caffè, intendo. Volendo potrei dirle che mi pare stia facendo un ottimo lavoro in biblioteca e che Kennedy dovrebbe dedicarsi maggiormente alla geografia, ma questo, benché vero, non riguarda il motivo per cui ho chiesto di vedervi.” “La geografia è terribile e la signora Hughes è … peggio.” I due uomini sorrisero e, in cuor loro, diedero totalmente ragione alla ragazza, almeno per quanto riguardava quella donna molle e ripetitiva.

“Vicino casa mia la notte vedo muoversi uomini e strani esseri alti poco oltre un metro vestiti con qualcosa che sembrano tuniche viola e nere. E non uso LSD o droghe chimiche.” Giles sfoderò la tipica espressione accigliata e preoccupata che aveva in occasioni simili, Kennedy domandò al preside se per caso non usasse droghe naturali; solo perché era lì come Cacciatrice Wood disse che non l’avrebbe sospesa per questo sfoggio di umorismo. La questione era questa: da qualche tempo nel cuore della notte vedeva arrivare uno o due camion davanti a una villetta non molto distante la sua e scenderne quei figuri sospetti che trasportavano casse di ogni grandezza, una notte anche un letto, e che avevano costruito, in un campo adiacente la casa, un grosso cono di legno.

“Un che?” domandò Kennedy, impegnata ad immaginarsi dei nani vestiti come antichi romani impegnati in un trasloco. “Pensa ad un cilindro alto un metro e con un diametro di quattro e sopra un cono alto tre ma dalla base più larga; tutto in legno. Nella corona circolare che sporge ci sono come delle grate per l’aria.” “Tralasciando per ora l’impiego di demoni tascabili, boscimani, pigmei o uomini dalla bassa statura, ha pensato che potrebbe esser qualche opera d’arte concettuale?” A questa affermazione due paia d’occhi fissarono Giles in modo molto interrogativo. “Beh, se un artista ha impacchettato il Parlamento a Berlino perché un’altro non può costruire solidi geometrici puri in grande scala?” Il silenzio che seguì questa ipotesi fu molto eloquente. “Diciamo che la prima notte in cui li avvista ci telefona e tutti assieme appuriamo l’identità dei suoi vicini di casa.” concluse, seppellendo definitivamente le proprie teorie sull’arte contemporanea e tenendo per sé che certe cose (cilindri e coni !) in Inghilterra non accadono.

Tornata a casa aspettò fossero tutti e quattro assieme, a cena, per esporre le novità. “Oggi mi ha chiamato Wood. Vorrebbe dessimo un’occhiata a delle cose che accadono vicino a casa sua.” La frase, piazzata lì in un momento di silenzio, congelò gli altri convitati, non abituati a questo tipo di richiesta d’aiuto: Amy rimase a fissare la ragazza tenendo in mano la senape, Willow si oscurò in volto e solo Xander si mostrò più curioso che preoccupato.

“Se si aggirano Golem o lievitano in aria delle streghe sappiamo chi chiamare: gli hai chiesto se questa faccenda lo riguarda?” Kennedy non apprezzò quella battuta, come più in generale non amava si motteggiasse sulla sua confidenza con Vigio: lui si interessava a lei in modo quasi paterno, ma null’altro, non erano certo amici. Anzi, le aveva detto che non appena avrebbe conosciuto personalmente le persone con cui abitava sarebbero iniziate le lezioni di varie discipline per completare ed arricchire la sua carente preparazione di Cacciatrice: rimaneva ignoto quando si sarebbe deciso a farsi vivo con gli altri, così lei avrebbe potuto fare conversazione in italiano ed imparare le antiche arti del combattimento; e calmare Willow, molto suscettibile sul tasto delle sue frequentazioni con Vigio.

“E come faccio, non ho il numero di telefono, ci penserà Giles. E inoltre, a detta di Wood, questi avvenimenti vicino a casa sua sono molto discreti e sottotono, non mi sembra certo il suo stile.” “Hai ragione: niente elefanti volanti, fuochi d’artificio, aquile a due teste e pacchi dono. Direi che lo possiamo escludere.” “Appena voi due avete finito di perdervi in chiacchiere io vorrei sapere cosa preoccupa Wood.” La voce e il tono di Willow erano taglienti come una lama e fecero rimanere male Xander, che non aveva intenzione di dispiacerle anzi, sperava che due battute su quello là l’avrebbero magari fatta sorridere.

Kennedy, a cui questi modi davano fastidio, spiegò loro che degli uomini in tunica e dei nanetti, forse non umani, erano intenti in un trasloco vicino a casa del preside e che avevano costruito uno strano tempio in legno nel campo vicino. Sei paia d’occhi la guardarono intensamente e i loro tre proprietari si mostravano chiaramente molto perplessi. “Secondo me la sera mangia male e poi ha gli incubi.” sintetizzò Amy.

Tre notti dopo, poco prima di mezzanotte, squillò il telefono e siccome metà degli abitanti di quella casa era abituata da anni a ricevere chiamate nelle ore più strane, all’unisono Xander e Willow alzarono la cornetta e sentirono la voce di Wood: quella gente era arrivata e stava spostando casse come sempre, c’era solo da telefonare a Giles mentre lui preparava l’attrezzatura. Un uomo e tre donne impiegherebbero del tempo notevole a prepararsi per uscire, soprattutto se chiamati nel cuore nella notte senza alcun preavviso, ma tre di loro erano abituati a simili situazioni e si ritrovarono pronti, vestiti ed armati, in cucina ad attendere che Amy finisse di sistemarsi i capelli.

Quando arrivarono alla palazzina dove abitava Wood dall’alto di un bow-window al terzo piano sentirono una voce chiamarli: alzarono al cielo gli occhi e videro Giles che si sbracciava oltre il davanzale “Siamo quassù. Muovetevi. Vi ho aperto il portone, fate in fretta, non abbiamo tutta la notte.” Kennedy rimase per qualche tempo col naso all’insù, anche dopo che l’Osservatore era scomparso dalla vista e quando riabbassò lo sguardo vide le due streghe e Xander che la fissavano curiosi davanti all’ingresso dell’edificio: diede loro la spiegazione che attendevano. “Capisco che abbiamo da fare, ma al meno un saluto sarebbe stato gradito.” Xander sorrise sornione e paternamente le disse solo che aveva ancora molto da imparare nella sua carriera di Cacciatrice, soprattutto circa i modi di Rupert Giles in piena attività. Arrivarono al pianerottolo giusto e li accolse Wood, pienamente soddisfatto di sé. “Avevo ragione, sono dei demoni. Su, datemi le armi che le poso in casa e poi saliamo.” Il piano non era quello che si erano immaginati: i due uomini avevano deciso di studiare con calma i demoni e i loro movimenti, scoprire qualcosa sulla loro natura e l’indomani, con calma, fare un sopralluogo nella casa.

In cima al palazzo, una spianata con lieve inclinazione e pavimentato a catrame, videro Giles, accucciato dietro il parapetto, guardingo come un ufficiale britannico durante la guerra in Birmania, intento a scrutare con un binocolo l’obbiettivo. Quando li sentì arrivare non si girò neppure ma fece solo un brusco cenno con la mano destra, perché anche loro si chinassero e in tal modo, camminando sulle ginocchia e col capo chino, gli si posero affianco, tutti contro il parapetto in cemento, da cui spuntava solo la parte superiore della testa, fino agli occhi.

“Affascinante.” disse in un sospiro Giles, che parlava piano anche se la casa da osservare era a cento metri di distanza e passò il binocolo a Kennedy, che era alla sua destra “Veramente affascinante, meglio di un romantico tramonto nel Gran Canyon.” Xander, alla destra della Cacciatrice, prese il binocolo dalle mani di lei e lo tirò a sé: purtroppo tutti i binocoli hanno una fascia, solitamente in cuoio, fissata a due sue estremità e che cinge la base del collo della persona che lo utilizza, in modo che, quando non viene usato, possa penzolare comodamente sul petto. La cinghia era intorno al collo di Giles, accucciato e impreparato allo scossone che ricevette: preso alla sprovvista perse l’equilibrio, rovesciandosi su Kennedy, che cadde su Xander che non si trattenne dal rovinare addosso a Willow. In sottofondo, mentre si rialzavano, il risolino di Amy e la voce divertita di Wood. “Solitamente sono più atletici.”

Giles ebbe la tentazione di mangiare vivo Xander ma soprassedette e si limitò a guardarlo di traverso, spolverandosi la giacca per darsi un tono. Willow, che per la vergogna sarebbe sprofondata, cercò di orientare il discorso verso tematiche più serie domandando cosa fosse tanto affascinante. “Ci sono tre uomini che stanno dirigendo operazioni di scarico, eseguiti da homunculi, probabilmente.” “Homuncoli?” chiese Xander, a cui sfuggiva l’esistenza di qualcosa con questo nome. “Pensa a quegli esserini bassi in tunica che servivano Glory. Poi ci sono un paio di essere umani, ma a me sembrano vampiri e sono disposti agli angoli della casa, probabilmente con funzioni di controllo.” Willow, stando attenta a non causare altri intermezzi comici, prese il binocolo, imitata da Amy, a cui lo diede Wood.

“Da cosa si capisce che sono vampiri?” chiese la ragazza, eccitata per questa sua prima spedizione. “Dal diaframma, dal collo, dalla bocca: se guardi attentamente vedrai che non respirano. E poi sono molto pallidi.” “E vestono terribilmente fuori moda.” Giles, Wood ed Amy si voltarono verso Kennedy che si giustificò dicendo che glielo aveva insegnato Buffy. C’era da appurare solo cosa stessero preparando ma per quello, aveva deciso l’Osservatore, c’era tempo il giorno dopo, col sole senza intoppi in vista: nel frattempo si sarebbero preparati studiando comodamente il territorio, la strategia da adottare e cose simili.

“E chi dice che nel frattempo quelli non facciano un’apocalisse mentre noi ce la prendiamo calma?” Kennedy non si spiegava tutta questa flemma da adottare nei confronti di quei demoni e uomini in tunica viola e nera: voleva andare subito all’attacco, prenderli alla sprovvista e con un po’ di fortuna li avrebbero tutti uccisi nel giardino, senza dar loro tempo di reagire. “Guarda che queste sono cose che non si organizzano in quattro e quattr’otto, e inoltre ce ne saremmo accorti, avremmo percepito vibrazioni maligne o cose simili. E poi, Kennedy, non credo che abbiano priorità di questo tipo, visto che adesso stanno trasportando un divano: è più probabile ne facciano un night-club per demoni.” Tutti guardarono, anche chi senza binocolo poteva vedere ben poco: l’obiezione sembrava sensata, per cui rimandarono l’incursione al giorno successivo. Giles con saggezza evitò di dire loro che non era ancora riuscito a parlare con Vigio e che quindi, prima di prendere iniziative, era meglio andarci coi piedi di piombo: magari li aveva assoldati lui per arredare una seconda casa in città.

 

ATTO II

Il giorno successivo, mentre un vento terribile soffiava, creando mulinelli di polvere nei mille cantieri di Sunnydale e facendo ondeggiare gli alberi più giovani ed esili piantati, schierati come un esercito la Cacciatrice ed i suoi validi aiuti si apprestarono ad andare ad ispezionare quel luogo sinistro e sospetto intorno al quale demoni ed esseri non ben definibili da giorni giravano e lavoravano. L’unica certezza l’aveva Giles, ma preferì tenerla per sé: quella non era la seconda casa di Vigio, che si era mostrato moderatamente interessato all’argomento.

Nella seconda metà del pomeriggio a Sunnydale, benché quello fosse un ottobre particolarmente caldo e il tepore dell’aria rendesse piacevole ancora uscire per fare due passi, quasi nessuno girava per strada, forse per non guardare lo spettacolo grottesco di case in legno sinistrate e lucenti palazzi in vetro ed acciaio nascere, forse perché gli abitanti sentivano avvicinarsi la notte e tutti, inconsciamente o meno, sapevano che in quelle ore in casa, dietro una porta ben sbarrata, si sta più sicuri. Nessuno li avrebbe disturbati o gli avrebbe chiesto perché, armati con picconi, spade e piedi di porco si apprestavano a violare una proprietà privata.

Apriva lo schieramento Kennedy, a mani nude, intenta in una fitta discussione con Amy, che brandiva una pala, sugli sciroppi e le frittelle; dietro loro due, a pochi passi, Xander e Willow, ciascuno con un piccone, cercavano una soluzione per i problemi idraulici dell’appartamento; chiudevano la fila Wood e Giles, quest’ultimo impegnato disperatamente ad ottenere maggiori fondi per la biblioteca.

La proprietà era circondata da un muro di mattoni, in più parti rovinato, alto un metro; le siepi erano morte, c’erano solo arbusti secchi, e del cancello in ferro neppure il ricordo perdurava. Entrarono, superarono pochi metri che in teoria dovevano essere a giardino e arrivarono davanti alla casa: tipico edificio neo-vittoriano in legno, veranda sull’ingresso, bow-windows, un tetto molto spiovente sotto cui era stata ricavata una soffitta, tegola danneggiate, una torretta ad un angolo: il tutto vagamente sinistro, a Giles ricordò il motel di “Psyco”, ma molto più scadente.

“È molto strano.” disse Xander, che aveva già rilevato, col suo occhio esperto, un notevole controsenso. “Qualcuno sta lasciando andare in malora la casa, apparentemente, eppure si è dato pena di rifare tutti gli infissi e mettere i vetri.” Si avvicinò a una finestra sotto la veranda, diede un paio di colpi con le nocche e aggiunse “Vetri antiproiettili, ad occhio e croce. Ma il legno di questo edificio non vede vernice e prodotti appositi da chissà quanti anni. Qualcuno non vuole dare nell’occhio.” L’idea di penetrare dal retro nella casa fu scartata dall’obbiezione di Wood, che riteneva prima si dovesse guardare anche “il matitone”: questo nome l’aveva dato Kennedy a quell’unione bizzarra di cono e cilindro. Incredibilmente, ma neppure poi tanto, c’era una breccia nel muro di cinta proprio in linea retta con quella costruzione: passarono da lì, lungo quello che pareva un sentiero ben definito nella terra battuta del giardino e dell’incolto campo che confinava con la proprietà.

Le misure date da Wood erano abbastanza giuste e tutti guardavano quella cosa cercando di trovarci una funzione pratica o anche un varco: solo Xander lo accarezzava soddisfatto. “È un buon lavoro questo: il legno è stato trattato con tutte le cure, vernici speciali sopra una bella mano di pece, adesso né l’acqua piovana né il fuoco o le termiti gli fanno paura. In cima a chiudere sembra ci sia un punta in rame, hanno fatto bene. Ed è stato trattato in tempi recenti, annusate.” Era vero, accostando il naso si poteva ancora sentire uno sgradevole, seppur fievole, pungente odore.

Era sicuramente più facile entrare dalla casa e vi tornarono, vi girarono attorno per un paio di volte cercando aperture non recentemente messe in sicurezza e alla fine, delusi nelle loro aspettative, si fermarono tutti davanti ad una porta sul retro, pronti a forzarla. Wood stava già per farsi avanti quando Amy, si mosse, gli tagliò la strada, si inginocchio davanti alla serratura e, biascicando, mosse un po’ le mani: da dietro non capivano cosa stesse facendo. Si rialzò poco dopo, accostò la mano alla maniglia e l’aprì, semplicemente; sorridendo di finta modestia disse qualcosa circa i poteri delle streghe e il buonsenso nell’usarli, giusto per tirare un’altra frecciata a Willow.

Prima che le due iniziassero l’abituale discussione condita di strilli, male parole e insulti, Giles di buon passo entrò nell’edificio, seguito da Kennedy, che non aveva affatto voglia di sentire altre liti; gli altri quattro li seguirono. Impiegarono, pur con tutte le cautele, poco tempo per esplorare i due piani e la soffitta: in tutte le stanze era stata messa la carta da parati, i bagni erano pronti e finiti e due stanze da letto già arredate, con tanto di comodini ed armadi; Xander osservò che non c’era neppure una sedia, Giles che le camere sistemate si trovavano sul retro, Kennedy che qualcuno aveva lasciato una birra, Wood fece l’unica scoperta degna di nota. C’era inciso uno strano simbolo sull’architrave interno della porta delle scale, in pietra invece che in legno, che portavano in cantina: un semicerchio (o una U ribaltata) troncata nel mezzo da una linea verticale con tangente sopra una V. Giles la guardò, la studiò, si tolse gli occhiali e mentre meditabondo li puliva giunse alla conclusione che non aveva la più pallida idea di cosa fosse.

La Cacciatrice si era già spazientita da molto e voleva scendere a vedere il piano di sotto, sperando di trovare almeno un demone, piccolo piccolo, ma comunque qualcosa di interessante per cui scostò con il braccio Giles e iniziò a scendere la scala di gran carriera. “Kenny, piccola, aspettaci.” “Abbassa la voce, Willow. E tu scendi più piano, maggior circospezione.” Che bello, andare a caccia con mammina e paparino, pensò Kennedy stufa di quei due che la trattavano come una bambina, come fosse ancora una potenziale, e si domandò come Buffy potesse sopportarli.

In fondo alle scale, nella cantina, si era creato una sorta di corridoio: ai lati pacchi, scatoloni, una armadio e una vetrina assai brutta, al centro un tappeto a motivi geometrici rossi, viola, neri e oro, che conduceva ad una porta in legno scuro incorniciata da due grossi candelabri neri, alti oltre un metro: finalmente qualcosa di interessante ! Mentre gli altri scendevano lei era già con l’orecchio incollato alla porta, origliando per sentire se dall’altra parte c’era qualcuno e prima che Giles le dicesse qualcosa spinse ed aprì: la penombra della cantina illuminò debolmente un’altra scala. La frenesia la possedeva, voleva andare in fondo e non vedeva l’ora e gli inviti alla cautela di Willow non facevano che aumentare questa sensazione: Xander trovò ammucchiate alcune grosse e alte candele e due torce e con quelle illuminarono il cammino nelle buie e ripide scale.

Scesero, scesero, scesero finché non giunsero ad un corridoio con in fondo una porta, e davanti ad essa stettero immobili, quasi ipnotizzati dai segni e simboli che vi erano incisi: Giles, taccuino alla mano, iniziò a ricopiarli mentre Xander comunicava che dovevano essere circa quindi metri sotto terra, se tutti i gradini, che aveva contato, erano alti trenta centimetri. “Secondo me finiamo nella cantina di Vigio adesso.” motteggiò Amy, facendo sorridere qualcuno: Giles no, perché  sapeva cosa quello là teneva nei locali sotterranei della sua casa.

Entrarono e, alla fioca luce delle candele, che non arrivava ad illuminare il soffitto, fecero pochi passi e poi rimasero sbalorditi, con la bocca e aperta e la testa all’insù, cercando di rendersi conto di dove si trovavano: Giles razionalizzò e pensò alla rotonda Cappella Palatina di Aquisgrana. Fortunatamente c’erano doppieri e candelabri, alcuni grandi appoggiati a terra, altri infissi nei muri e piano piano, mentre Amy e Wood facevano il giro degli ambienti, l’oscurità veniva meno mostrando ai loro stupefatti occhi l’assoluta grandezza ed eccezionalità di quel misterioso luogo.

Era un grande ambiente circolare dal diametro di sei o sette metri, altissimo e delimitato da una serie di colonne in mattoni non ancora rivestiti, oltre le quali si svolgeva un largo corridoio, ovviamente circolare, col soffitto piatto, su cui immetteva la porta da cui erano entrati. Accese tutte le luci possibili si accorsero che sopra quel corridoio ne giravano sicuramente altri, dal momento che vedevano le balaustre, intervallate dalle colonne, dei piani superiori e poco dopo Wood trovò una porta che immetteva a scale che salivano. All’altezza del pavimento del terzo piano delle catene erano state tirate da un punto all’altro dello spazio vuoto circolare, proprio sopra le loro teste, e da quelle, incrociate a formare una stella a cinque punte, pendevano dei lampadari. Il pavimento era in cemento. Esattamente di fronte all’ingresso da cui erano entrati, inquadrato tra due colonne, c’era un basamento a cinque scalini, di forma quadrata e di un metro di lato.

“Mi vedete?” sentirono rimbombare dall’alto una voce, quella del preside: puntarono le torce e lo intravidero molto in alto, in cima all’ultimo cerchio, oltre dieci metri sopra di loro. “Proviene della luce qua sopra, e sento dell’aria fresca: credo sopra ci sia il “matitone”.” Iniziarono ad esplorare quel posto e in breve scoprirono che il corridoio circolare aveva molte porte: due conducevano alle scale per salire agli altri piani, una portava alla casa, tre davano su delle stanze di forma più o meno circolare e vuote, una immetteva in una sequenza di tre ambienti, intervallati da brevi e stretti corridoi.

Mancavano però pavimenti rifiniti, la vernice ai muri, ma c’erano i fili della corrente e gli interruttori: lampadine penzolanti da quei soffitti e illuminavano queste stanze vuote, non finite e sotterranee dando l’impressione di essere in carcere o in catacombe. Solo sugli stipiti erano incisi dei simboli, ma uguali ad altri già visti nelle altre porte. Un leggero senso di claustrofobia si stava impadronendo di loro, era già passato un po’ di tempo, almeno due ore, Giles osservò che era il momento di uscire e tutti ne furono più che soddisfatti: si sentivano terribilmente oppressi, come se un’aura maligna e mortifera levitasse leggera tra loro come nebbia.

 

*******

 

La luce mancò in casa Summers per brevi, lunghi, istanti. Quando tornò all’unisono le due ragazze urlarono con quanto fiato avevano nei polmoni: la luce venne di nuovo meno e la figura di prima fu di nuovo visibile, mentre agitava le mani e la testa freneticamente, come per dire “No, no, tranquille”.  L’oscurità cessò, le urla anche, e le due sorelle si guardarono fisse, spiazzate più che sconvolte: il silenzio fu interrotto da un colpo di tosse di Buffy, che sputò una piuma.

Dalla cucina, svolazzando a mezz’aria, arrivò la lavagnetta su cui scrivevano le liste della spesa (che si scordavano di fare) e altre cose da ricordare; dietro veniva, pencolando nell’aria, il suo pennarellino. Dal balcone rientrarono le due poltrone, che si avvicinarono tanto a Dawn e Buffy da far loro capire che vi si dovevano sedere. Sulla lavagnetta rettangolare comparve la scritta “Ciao. Sono Pilar”. Si guardarono perplesse le due ragazze e poi, educatamente, salutarono presentandosi e soprassedendo il senso di ridicolo che provavano. “So chi siete. Vivo con voi.” “Ci abitavi prima di noi?” chiese titubante Dawn, che credeva Pilar una defunta e precedente inquilina dello stabile. “No. Mi ha mandato Vigio l’Inclemente a proteggervi.”

Dawn era troppo impegnata in questa strana conversazione per far caso all’espressione apparsa sul volto della sorella, che non sapeva se essere più ammirata per le risorse di quell’essere oppure arrabbiata per come invadeva ancora la sua vita. A una tale risposta poteva seguire solo una domanda: chi è questo Vigio l’Inclemente, ma nulla fu scritto sulla lavagnetta per soddisfare la curiosità di Dawn. “Allora? Chi è?” Silenzio, poi andò via la luce e apparve Pilar, con le braccia incrociate e un’espressione (per quanto si poteva vedere in una figura trasparente o quasi) di vago imbarazzo rivolta decisamente verso una delle due sorelle. Dawn capì, e si girò verso Buffy, nel panico più totale perché non sapeva come uscire brillantemente dalla situazione: sudava freddo la Cacciatrice, immaginandosi cosa sarebbe successo tra poco.

Ma prima che fossero poste domande videro scritto “Angel è stato qui” e subito dopo “Lui e Buffy hanno solo parlato, dal momento che non è diventato un vampiro assassino.” Buffy, offesissima, saltò in piedi e urlò “Come ti permetti? Come lo sai? Chi te lo ha detto? È stato lui?” “Lo sanno tutti ! Anche le pietre. Anzi, anche i morti ! ah, ah, ah !” Dawn per un attimo dimenticò di essere già furiosa con la sorella e rise alla brutta battuta. “Siamo morti: ci annoiamo. Di qualcosa dovremo pur parlare.” Buffy non seppe, in tutta sincerità, cosa dire, cosa rispondere: non era mentalmente preparata a una conversazione simile in quel momento, e con un fantasma. “Eravamo così appassionati anche alla tua storia con Spike ! Tu sei stata cattiva, però.” Questo era francamente troppo: preferiva sentire sua sorella recriminare.

“Torniamo a Vigio che è meglio.” Dawn smise di ridere e la fulminò con lo sguardo: Buffy si sedette e iniziò a raccontare. “Questo Vigio è un francese-” ma il pennarello scrisse “Mezzo. Sua madre era fiorentina” : da questo punto in poi il discorso fu costellato dalle precisazioni e aggiunte di Pilar, che correggeva una data od un avvenimento raccontato. Mentre Buffy comunicava alla sorella che quello vendeva i denti di vampiro, ad esempio, ci fu la specificazione “Imbalsama demoni. Vende cuoio di vampiro. Fa fare gioielli con i denti o piccole ossa caratteristiche. Fa fare agende e borse in pelle. Prezzi alti ma onesti.”

Ogni tanto Dawn pensava la stessero prendendo in giro, per cui decise che quelle due lì potevano anche saltare queste strane storie ed arrivare al sodo. “Perché ti ha mandato a proteggerci?” “Siete in pericolo, dice.” “Che novità !” esclamò piena di sarcasmo Dawn. “Chi vi ha fatto incontrare Angel?” Buffy, sperando che quel fantasma chiacchierone non interrompesse più cercò di ripetere il più fedelmente il discorso che lui le aveva fatto, aggiungendo ciò che aveva saputo da Giles. Su quest’ultimo Pilar aveva una propria opinione “Il tuo Osservatore è senza cuore. Orfana, morta, risorta, sconvolta: lui ti pianta per tornare in Inghilterra.” “Lo ha fatto per farmi maturare-” “Idiota ! Da noi non si fa. Ma lui è del Nord.”

Scoprirono così che Pilar era stata una nobildonna spagnola morta nel 1805, che non indossava una sottoveste ma un vestito stile Impero, che aveva in antipatia Inglesi e Portoghesi: Vigio l’aveva “contattata” tramite Madame Margot. Questa notizia giungeva nuova anche a Buffy, che chiese informazioni al riguardo: seppero che era un “Fantasma. Vive con lui. Si dà troppe arie. Ma simpatica.”

Dawn mentalmente fece il punto della situazione: esiste un italo – francese che da metà del Cinquecento ammazza demoni e vampiri commercializzandone alcune parti, toglie le energie alle streghe e aiuta le Cacciatrici. Dopo una delusione d’amore ai primi del Novecento si ritira a vita privata facendo il mercenario, e poi ricompare per proteggere sua sorella (che strano, qualcuno che la vuole aiutare: non capita mai …) e le manda Angel, soldi e aiuti tramite Giles, ma senza mai incontrarla. “Perché ha tanto interesse per lei?” chiese, sperando di sapere qualcosa da quella simpatica ragazza morta con cui stava facendo conversazione.

“Mistero. Non lo sa nessuno. Mi ha chiesto un favore e lo faccio.” Buffy, con l’abituale buonsenso con cui regolava i rapporti con la sorella, pensò di cogliere l’occasione per intervenire e rappresentarsi sotto una luce migliore. “Ecco perché non ti ho detto niente. Volevo aspettare di sapere qualcosa di più, tipo il nome, chi è o perché è interessato a noi-” “Aspetta e spera.” scrisse Pilar, a cui la Cacciatrice non piaceva molto, sia per certi suoi modi troppo spicci sia perché aveva mollato un vampiro così ardente (almeno a sentire una fantasma amica che conosceva una vampira bionda che era stata con Spike). “Si è molto interessato di Dawn. Non è vero Buffy?” scrisse, con la speranza di divertirsi un po’ a guardare le abituali scenate di quelle due ragazze, di cui non aveva una grandissima stima.

 

ATTO III

Invadente Vigio, invadente il fantasma che aveva scelto: se Pilar avesse avuto un collo Buffy glielo avrebbe stretto tra le mani volentieri: ora doveva trovare qualcosa da dire a Dawn prima che quell’antipatico spirito aggiungesse altro. “Ha studiato molto il tuo caso. Ha picchiato molti preti rumeni per sapere.” “Non lo sapevo questo !” venne da dire alla Cacciatrice, mentre Dawn sbarrava gli occhi all’immagine di un bruto che percuote un debole e vecchio monaco. “Un pope però gli ha sparato. Ma non lo ha preso. Ha girato il mondo per conoscere la tua natura. E le tue potenzialità.” L’ultima osservazione colpì molto Dawn, che spesso aveva creduto di avere altri poteri oltre a quello di far collassare il mondo e che aveva sempre avuto il desiderio e la speranza di conoscerli. “Deve fare esperimenti con te.” Qui Buffy trovò un punto in cui intromettersi di nuovo nella conversazione tra la sorella e Pilar, dicendo che se uno imbalsama i demoni non si può sapere cosa intenda con “esperimenti”. La luce andò via e videro lo spettro che si scuoteva la mano davanti al viso, come per intendere che la Cacciatrice vaneggiava. “Non vi farebbe mai nulla di male!” Dawn però, pur essendo in linea di massima dello stesso parere, era ancora un po’ intimidita dalle descrizioni di massacri, operazioni di scuoiamento e risse con monaci armati: bastò un aggiunta di Pilar per farle cambiare idea. “Per voi ha anche preso casa a Sunnidale. E lui odia gli Stati Uniti.” Sorvolando sulla grafia scorretta della cittadina, la ragazza percepì chiaramente che l’unico uomo (forse) che poteva avere delle risposte a molte sue domande, che nello stesso tempo le aveva sempre aiutate (anche se di nascosto), che conosceva Giles (garanzia di affidabilità) stava a qualche ora di autobus da lì, e ad alcuni minuti da casa loro: tutto ciò Buffy lo sapeva e se lo era tenuto per sé.

Fu una esplosione di furia: vi mise l’annoso senso di inferiorità che Buffy le procurava perché aveva avuto il coraggio di sacrificarsi per lei, perché era la Cacciatrice e lei una evanescente Chiave buona solo a fare danni, tutta la gelosia che provava al pensiero che era stata di più con mamma e papà, che non era mai stata sorvegliata come lei, che aveva avuto uomini belli che per il suo cuore si erano dannati o avevano riottenuto l’anima. Era fuori dai gangheri come da molto non le capitava, forse perché si sentiva defraudata: per la prima volta quella natura non esattamente umana che le aveva causato tanti problemi e complessi poteva essere analizzata e sfruttata, compresa e utilizzata e Buffy glielo impediva non parlandole di questo Vigio. Sì, lo faceva perché era gelosa, perché non potendo più stare sul palcoscenico del mondo come unica Cacciatrice voleva almeno rimanere la prima in famiglia, l’unica speciale delle due; Buffy era gelosa perché se questo Inclemente le avesse insegnato come usare la propria natura allora sarebbero state sullo stesso piano, non avrebbe più potuto comandare in casa come se vivesse assieme ad una bambina.

La collera, profonda e radicata, legata non solo a quel momento ma ai tanti episodi del passato, il trasferimento non ultimo, la faceva sragionare e spesso perdere il senso della realtà, esattamente come faceva fare a Buffy, nella quale pure si agitavano molti vecchi irrazionali ed irragionevoli rancori. Ricordava come fosse successo ieri il giorno in cui tornò a casa dopo la sua fuga, e le parole che le disse Dawn: “Hai spezzato il cuore a mamma. Se non ci fossi stata neanche io, se fosse stata tutta sola, sarebbe morta di dolore.” Non le aveva mai perdonato questa frase perché ancora una volta la sorella minore si poneva davanti a lei come la brava ragazza, la bambina a cui tutti vogliono bene perché non sbaglia mai, e se sbaglia è colpa degli altri. Ma soprattutto –e ciò era veramente irrazionale- non riusciva a perdonarla perché Dawn, quando lei se ne era andata, non esisteva ancora, e in tal modo quelle parole che si ricordava, e non erano mai state dette, erano ancora di più un severo rimprovero: sua madre aveva sofferto moltissimo ed era stata sola nel suo dolore.

Pilar, a sentire quello che usciva dalle bocche delle due, si era sinceramente spaventata perché aveva sentito parlare degli attacchi d’ira di Buffy, ma non pensava arrivassero a tanto: dimenticando di essere trasparente si mise in un angolo della sala devastata e attese che si calmassero abbastanza per intervenire e riportarle a più miti consigli. Invece la litigata terminò con la minore delle due sorelle che, dopo l’ultimo insulto, infilava la porta della propria camera sbattendosela dietro in modo molto rumoroso: Buffy rimase piantata in mezzo alla sala distrutta, livida in volto e arrabbiata oltre ogni limite. Girò lo sguardo intorno a sé, come a cercare qualcosa e urlò ad un punto imprecisato dello spazio “E tu e Vigio andatevene all’Inferno !”

Dawn conosceva abbastanza bene gli orari dell’autobus per sapere che ce ne era uno per Sunnydale alle sei e trenta del mattino: lo avrebbe preso, lasciando alle spalle il sole che sorge e andando verso la sua vecchia casa, gli amici e forse la verità su sé stessa. Silenziosa e immersa nel buio preparò due valigie piene di indumenti, oggetti personali e una sacca con alcune paia di scarpe: non aveva la minima idea di quanto tempo sarebbe rimasta là a casa (perché quella, e quella sola, era la sua casa). Alle sei, guardinga, tirò fuori la testa dalla camera, si accertò la sorella non fosse sveglia e si avviò alla porta: lì davanti, vagamente luminescente, c’era Pilar sorridente, in piedi con le mani lungo i fianchi.

Sparì e dalla cucina volando arrivò la lavagnetta, su cui comparve la scritta “Buon viaggio. Telefona quando arrivi”. “Come fai a saperlo?” chiese sorpresa la ragazza, stando attenta a non alzare la voce e a non perdere l’autobus. “So tutto io. Anche cosa fai con Ted.” C’era troppo buio per poter vedere Dawn arrossire fino alla punta dei capelli. “Il termine corretto è petting?” Capì cosa aveva provato sua sorella quando Pilar aveva scritto di Angel e Spike. “Devo andare, sennò perdo la coincidenza. Puoi chiudere la porta senza far troppo rumore?” “Certo. Nessun problema. E aiuto io Buffy a pulire la sala.” Alla ragazza spiacque, quasi, di perdere, proprio adesso che l’aveva incontrata, una presenza petulante ed impicciona ma comunque così gentile e disponibile: aveva così voglia di rapporti umani che le sarebbe bastato anche avere un’amica fantasma che scrive per esprimersi. “Beh, allora ciao. Proteggi Buffy per piacere.” “Va bene. Fai la brava. A presto.” Dawn uscì e così non vide il sorriso compiaciuto ed enigmatico che si dipinse sul volto dello spettro.

 

*******

 

In un altro fuso orario, sulla costa occidentale degli Stati Uniti, al ritorno dalla spedizione la Gang passò la sera, una parte della notte e del giorno seguente a studiare  i segni trovati nella casa, mentre Kennedy si allenava. Le ricerche furono abbastanza infruttuose poiché conducevano a svariate piste: alcuni simboli si riferivano al culto egizio dei morti, altri erano similari ad alcuni ideogrammi cinesi, una parte sembrava rientrare nel satanismo classico di matrice occidentale e giudaico – cristiana, e inoltre era presente il simbolo del dio greco Ermes.

“Mancano i Maya e poi ci sono tutti.” sintetizzò Giles: la cosa che più lo turbava e lo infastidiva, intellettualmente parlando, era questa babele di tradizioni, questo ammasso, apparentemente senza senso, di simbologie contrastanti. Con tutti questi indizi che si contraddicevano pur suggerendo qualcosa in comune non sapeva come procedere, a quale gruppo prestare maggior attenzione e a ciò si aggiungeva la presenza, veramente enigmatica e ripetuta spesso, di quella V con sotto la U ribaltata e troncata nel mezzo: quel segno, insieme ad altri, non aveva antecedenti in nessuna tradizione. Fece delle ricerche precettando Amy e Willow, la prima ai libri e la seconda al computer ma fu tutto inutile: quando, dopo pranzo, in biblioteca arrivò Wood gli seppe solo dire che quella gente, chiunque fosse, “aveva degli ottimi muratori al loro servizio” citando Xander che aveva tanto apprezzato gli aspetti tecnici della costruzione.

Poiché c’era un solo bagno in casa di Xander per evitare le solite spiacevoli code e discussioni circa la precedenza per la doccia Amy e Kennedy rimasero ancora un po’ in biblioteca, mentre l’altro si dava una lavata dopo il lavoro e Willow preparava la cena, leggera ma nutriente giacché quella notte sarebbero andati a mettere fine a quello che quella gente stava facendo, benché non avessero le idee chiare su cosa fosse. Giles era dietro alcune scaffalature, Kennedy stava tirando di spada ed Amy fingeva di leggere un libro, pensando in realtà al proprio negozio, quando la porta a doppia anta della biblioteca venne cerimoniosamente aperta da un uomo di mezza età, ed entrò Vigio l’Inclemente, Conte di San Germano.

La strega tirò un urlo che fece sobbalzare tutti i presenti, tranne l’ultimo venuto che si limitò a un gesto secco della mano, come per intimarla di tacere: la sua paura era tanta che subito si zittì, in preda al più profondo panico. “Bonne soirée.” saluto garbatamente sfoderando il solito impeccabile sorriso: Kennedy, ripresasi dallo spavento e posata la spada gli si avvicinò e fremette di piacere nel ricevere un impeccabile e lusinghiero baciamano. Il Conte non si chinava per quest’atto, bensì portava la mano della ragazza verso le proprie labbra, piegandosi solo un po’, così da poter tenere sott’occhio lo stesso quello che succedeva intorno a lui: per questo, rivolto un breve e più caldo sorriso alla ragazza, poté apostrofare subito Giles, comparso da dietro uno scaffale “Buona sera anche al nostro alacre Osservatore. Sono venuto per ritirare quei fogli. E magari per fissare un appuntamento con questa giovane e sensibile streghetta.”

Per Giles il suo era un sorriso freddo e falso, per Amy il ghigno di un predatore quando trova una preda debole ed indifesa. “Oh, sei fortunata ! Fa dei bellissimi regali alle ragazze a cui estorce appuntamenti.” disse Kennedy, ponendo una mano sulla spalla di Amy, sperando di rincuorarla almeno in parte: da quando aveva smesso di urlare era rimasta ferma ed immobile e pareva avesse smesso anche di respirare. “Mi spiace deluderla, mia cara, ma il genere di incontro di cui necessito con questa ragazzina sventata è di natura assai diversa, direi professionale.” Amy sgranò gli occhi, non sapendo che dire e Giles intervenne nella conversazione in modo da farla finire e mandarlo via il prima possibile. “Questi sono i fogli e la copia dei miei appunti: veda lei se riesce a trovarci un filo logico. Poi le farò sapere come andrà la serata.” “Ah, buona idea, sono sicura lei ci sarà utile nella decifrazione. Ma perché non si unisce a noi nell’incursione, Conte: sono un sacco curiosa di vedere come … duella, direbbe lei, giusto?” “Cara, il duello è un’arte nobile che può esserci solo tra pari, e non credo vampiri od homuncoli lo siano, almeno a me. Comunque mi spiace ma la mia filosofia è quella di comparire il meno possibile nelle vicende delle Cacciatrici: ma sono sicuro lei si batterà in modo eccelso. E poi inizio ad essere troppo vecchio per fare sortite nel cuore della notte.” “Oh, ma cosa dice, si vede che è ancora atletico.”

Questo era decisamente troppo per le orecchie di Giles, che non si trattenne da una smorfia di disgusto, che Vigio notò con la coda dell’occhio: non aveva voglia di farlo arrabbiare adesso, con quello che aveva in mente di fare tra alcune ore, per cui si limitò a congedarsi, dicendo ad Amy che tra qualche tempo si sarebbe fatto vivo lui.

La notte (mentre in un altro fuso orario Buffy e Dawn incontravano homuncoli e fantasmi loquaci) come da progetto si ritrovarono nell’appartamento di Wood ed attesero gli eventi giocando a Monopoli, che tanto piaceva ad Anya. Finalmente, poco prima di mezzanotte, Amy spiando da dietro le tende vide delle luci nella casa e un grosso camion parcheggiato davanti alla casa.

C’era un uomo ad ogni angolo visibile della proprietà, quindi tre in tutto, un altro nel giardinetto che si sbracciava per dare ordini, uno in piedi dove il camion e almeno un quindicina di homuncoli intenti a trasportare casse e sacchi. Kennedy decise –e Willow ebbe il buon senso di non interferire dando pareri, perché sapeva che contrariare una Cacciatrice in questi momenti non era saggio- che si sarebbero divisi in due gruppi: Amy avrebbe fatto da esca presentandosi davanti la casa, in modo da far capire a Kennedy stessa e a Giles chi era vampiro e chi no: nascosti dietro una macchina avrebbero subito usato le balestre per uccidere i vampiri, poi si sarebbero lanciati contro gli homuncoli e gli eventuali uomini. Xander e Wood avrebbero attaccato da dietro, uccidendo i vampiri o ferendo gli essere umani che stavano di guardia agli angoli del lotto, e Willow sul tetto della casa li avrebbe guidati telepaticamente. Una volta pacificato l’esterno avrebbero fatto irruzione all’interno della casa, dove ipotizzavano che la resistenza di homuncoli impegnati in un trasloco non sarebbe stata eccessiva e preoccupante; alle proteste di Amy non fu dato molto ascolto.

Xander e Wood la presero larga per arrivare non visti dietro la casa: quando furono in postazione l’esca attraversò la strada e camminando bene al centro, proprio sulla riga di mezzeria, con passo incerto, pensando mentalmente a quale magia usare se la situazione si fosse fatta ancora più brutta, iniziò ad avvicinarsi al camion; fu vista per primo da uno di quelli posto agli angoli della proprietà. “Ehi, tu, bionda, chi diavolo sei? Sparisci subito e tornatene a casa.” A questa voce i traslocatori si fermarono e un uomo fece capolino dalla porta della casa, mentre quello dove il camion si girò, la vide e iniziò a venirle incontro. “Se sei un vampiro dovresti dirmi di rimanere, così mi puoi assaggiare.” rispose, sfoderando una sicurezza di cui era del tutto priva.

“Non te lo ha detto perché sei da sola e non ci piace dividere.” rispose l’altro, con il volto della caccia: dall’alto Willow vide i due avvicinarsi lentamente ad Amy, mentre gli homuncoli riprendevano il lavoro, e in quei lunghi istanti -la povera ragazza si vedeva già morta- qualcuno nell’ombra attendeva che i due fossero ben illuminati dal cono di luce del lampione: non appena ci arrivarono divennero polvere, colpiti con precisione dalla Cacciatrice e dal suo Osservatore.

Quello che dirigeva i lavori di carico e scarico tirò un urlo, gli homuncoli mugolarono all’unisono lasciando cadere quello che trasportavano, quello all’altro angolo come un fulmine si buttò per terra per evitare frecce e i due dietro venivano sorpresi ed uccisi da Xander e Wood. I conti erano stati fatti male però, perché dalle finestre del piano terra si affacciarono due vampiri, gli homuncoli sfoderarono corti e ricurvi pugnali dalle tuniche, tre vampiri si pararono davanti a Xander e Wood uscendo dalla porta sul retro, l’uomo nel giardino estrasse una pistola e dal piano sopra ne comparve uno con un fucile: tutto ciò con Amy in mezzo alla strada armata solo di un paletto, Kennedy e Giles totalmente scoperti ma almeno vicini al camion e Willow sul tetto senza l’occorrente per mandare palle di fuoco contro i due dotati di armi da fuoco. Nessuno era preparato a questa evenienza, ci fosse stato solo da decapitare quei ributtanti nanetti e polverizzare dei vampiri non sarebbe stato grave, ma un fucile e una pistola faceva diminuire notevolmente le percentuali di riuscita della loro missione.

L’uomo in basso sparò contro Kennedy che con un balzo si mise al riparo dietro il camion, imitata da Giles, e qui si ritrovarono circondati subito dagli homuncoli urlanti e minacciosi, mentre le lame dei loro pugnali brillavano per la luce dei lampioni; Amy correva rincorsa. Willow non sapeva che fare, guardava dall’alto questa scena orribile e vedeva l’uomo con la pistola scendere i pochi scalini della veranda e incamminarsi verso il camion, dietro al quale la Cacciatrice e il suo Osservatore facevano roteare le spade, ferendo quei piccoli demoni e tenendoli a debita distanza. “Quello armato sta venendo verso voi” disse telepaticamente la strega alla Cacciatrice.

Non molto distante da lei sentì a sinistra un colpo d’arma da fuoco, seguito a breve da altri: Willow guardò verso il luogo da cui proveniva il rumore, poi d’istinto verso la strada e vide l’uomo con la pistola crollato scomposto a terra in un lago di sangue e gli homuncoli dietro Amy stesi sull’asfalto. Altri colpi e altri homuncoli intorno a Kennedy cadere fulminati. Willow ebbe la prontezza di ricordarsi come si fa a generare una sfera luminosa e con questa luce vide, sul tetto di una palazzina poco lontana, due figure, una più alta vicino al cornicione che tendeva la mano verso la scena della battaglia, l’altra immobile e distante.

“C’è qualcuno sul tetto che vi copre le spalle, sono in due, rimanete però dietro il camion finche Xander e Wood non arrivano” comunicò con il pensiero. I nanetti si battevano con maggior foga che perizia e oramai metà avevano ferite sulle braccia, l’altra metà giaceva morta sul terreno; dietro la casa i due avevano ucciso tutti i vampiri ed erano impegnati a contenere i piccoli mostriciattoli urlanti senza troppa difficoltà; su quel tetto, vide Willow girandosi di nuovo a guardare, non c’era più nessuno. La battaglia durò ancora poco, ma non perché tra le file nemiche ci furono defezioni: quei demoni si immolarono tutti a difesa della casa e di ciò che c’era sotto, ma non recedettero neppure di un metro: alla fine, se Willow fosse rimasta sul tetto e non scesa anch’essa in strada, dopo aver cercato in casa di Wood una spada corta e leggera, avrebbe visto intorno al camion una corona di piccoli corti cadaveri in tunica, un uomo bagnare di sangue scuro e caldo la terra del giardino e svariati corpi senza vita davanti la porta sul retro.

 

ATTO IV

Ora tutto era immerso nel silenzio della notte: forse da qualche casa nelle vicinanze qualcuno aveva assistito a quella scena feroce da dietro le tende, con le luci della stanza spente perché la sua sagoma non fosse percepita.

“Tutto bene davanti?” si sentì urlare Xander e questa voce, conosciuta e amica, rincuorò chi stava ancora dietro al camion pensandosi più al sicuro, chi si era nascosta dietro un cassonetto dell’immondizia, chi era arrivata davanti l’ingresso della palazzina di Wood e guardava, disgustata, tutte quelle larghe chiazze di sangue scuro sull’asfalto. “È stato un casino, ma noi stiamo bene. Ho perso Amy, però.” urlò Kennedy e sentì quella urlare, in risposta “Sto bene, sono nascosta.” Erano titubanti ad abbandonare il loro rifugio, temevano qualche sorpresa e stavano ancora ferme dove la fine della lotta le aveva sorprese quando sentirono la voce di Xander molto più vicino “Oh Dio, è morto !”

Giles e Kennedy girarono attorno al camion, Willow ed Amy si fecero avanti e videro Wood chinato vicino il cadavere nel pietoso atto di chiudergli gli occhi, mentre Xander aveva nel volto il più profondo turbamento. “Ha iniziato lui a spararci.” disse Kennedy, come per scusarsi di quell’atto: era la prima volta che vedeva un uomo ucciso in quel modo, il proiettile lo aveva colpito poco sotto il collo, facendolo morire quasi subito per dissanguamento e tra ciò che vedeva e ciò che sentiva (perché il sangue umano aveva quell’odore orrido?) si sentiva venire meno.

“C’era qualcuno sul tetto di una casa vicina.” disse Willow, appoggiata al camion, attirando su di sé tutta l’attenzione dei presenti, di Wood ancora chinato con Xander dietro, di Giles in piedi davanti a loro intento a dire una preghiera, di Amy e Kennedy sull’ingresso della proprietà dove avrebbe dovuto esserci il cancello, ammutolite. “L’ho visto male ma mi sembrava molto alto. E vicino a lui c’era un’altra persona, ma non sparava, credo.” “Di certo aveva un’ottima mira: li ha presi tutti al primo colpo.” osservò Amy. Giles aveva già capito chi era l’uomo misterioso e si voltò aspettando che comparisse da qualche parte e davanti a tutti lo rimproverasse per qualche cosa.

Dalla strada avanzava, e il ritmico rumore del bastone sull’asfalto fece girare anche gli altri, una figura molto alta: avvicinandosi distinsero un lungo soprabito nero, lievemente scampanato in vita, a doppio petto e col collo a scialle, brillanti scarpe di vernice, una camicia dal collo altissimo fasciato da un foulard messo a cravatta; indossava i guanti, nonostante la stagione, e portava nella destra un lungo bastone nero dal manico in avorio. Bastò un solo momento a Xander e Willow per riconoscere in lui l’eccentrico straniero che aveva partecipato, anni prima, alla tumulazione dei resti del Maestro. Si avvicinò fino a giungere al muso del camion, girò su di loro uno sguardo in parte ironico, in parte compassionevole e saltando le presentazioni, ché tutti avevano capito chi era, iniziò a parlare.

“Per secoli durante le battaglie i generali stavano sulle colline e da lì dirigevano le loro truppe, e vinceva chi aveva miglior “colpo d’occhio”, chi vedeva come muovere e come l’altro avrebbe mosso: come gli scacchi, volendo. Credo che l’ultima battaglia che si combatté così fu a Königgrätz nel 1866. Quanto a voi, siete digiuni di strategia peggio dei Polacchi. Nessuno ha mai letto von Clausewitz, vero?” “I Polacchi?!” domandò d’istinto Giles, e non perché volesse sapere cosa intendesse dire, non gli interessava minimamente avere un dialogo con lui, ma solo perché con quella pronuncia così personale spesso gli pareva di non capire le parole che gli uscivano dalla bocca. “I Polacchi. I migliori soldati e i peggiori strateghi della Cristianità. Ma voi non siete da meno. Chi ha elaborato il piano d’attacco?”

Kennedy si fece piccina piccina ed alzò un dito, guardandolo speranzosa di non ottenere un rimprovero troppo severo: le piacevano gli uomini decisi e sicuri del fatto loro e inoltre non vedeva l’ora che Vigio le facesse le promesse lezioni sulla tattica militare e sull’arte della guerra, ma sperava che non iniziasse proprio adesso. “Mia cara, lei ha visto una costruzione sotterranea così imponente e pensa che a difenderla ci sia solo una manciata di vampiri? Mai sottovalutare l’avversario. Evidentemente una fortezza così importante doveva avere una consona guarnigione e avete sferrato un attacco senza preoccuparvi della necessaria copertura. Meno male che mi sono tolto lo sfizio di vedervi muovere battaglia dal vivo. Ma lei non combatte male, sa?” Giles lo trovò pateticamente scontato: prima l’amaro del rimprovero e poi il dolce del complimento.

“Tenendo conto che ha imparato il combattimento all’arma bianca quasi da sola, senza alcun valido insegnate, direi che la sua tecnica è quasi apprezzabile, benché manchi totalmente di stile e di grazia e spesso si scopra. Ma nulla di irrimediabile.” Sorrise, paterno, e decise di volgere la propria considerazione anche alle altre persone. “Ma di questo e di altro preferisco discutere come un gentiluomo, in una magione davanti a un buon liquore, magari più tardi. Lei non è del medesimo parere Dottor Wood?” Questi comprese benissimo dove voleva arrivare e si disse lieto di offrire la propria “umile dimora all’abbisogna”: l’ironia era più che palese.

Volse poi lo sguardo a Xander, passò davanti a Willow come se non esistesse, illuminò il proprio volto con un sorriso e gli si avvicinò tendendogli la mano e dicendo con voce argentina e suadente “Signor Harris, finalmente ho il piacere di incontrarla di persona. Ne sono molto lieto.” Stringendogli la mano, singolarmente fredda nonostante i guanti, Xander rispose che anche per lui, dopo tanto averne sentito parlare, era un piacere ed un onore conoscere il Conte di San Germano, che voleva personalmente ringraziare per i doni inviati. “E siccome l’uomo col fucile è scappato, come ho visto, potete anche invitarmi a fare un giro panoramica di questa curiosa casa.”

Si incamminò tranquillamente, scavalcando il cadavere, con Xander e Wood dietro un po’ spiazzati dalla situazione; gli altri gli vennero dietro, compresa Willow che si arrovellava su quale fosse la strategia di Vigio. Entrò sicuro in casa, discutendo per tutto il tragitto a bassa voce con Xander e Wood, mentre Kennedy, tra Giles e Willow, si sentiva offesa per l’esclusione: come, fa tutto il gentile prima e poi si mette a confabulare con gli altri?

Giunto alle prime incisioni le osservò scrupolosamente, mentre Xander faceva luce con la torcia, poi si girò e con un imperioso cenno della mano ordinò a Giles di avvicinarsi, che apparentemente di malavoglia obbedì. Willow si trovò tagliata fuori: i due uomini borbottavano indicando i segni, Xander e Wood tendevano il collo cercando di capire cosa dicevano, qualche passo indietro Kennedy faceva l’indifferente per non darle la soddisfazione di mostrarsi arrabbiata ed Amy era inutile come sempre. Proseguirono nella discesa sempre in questa formazione e Vigio studiava attentamente ogni incisione, ogni segno e ne discuteva a bassa voce con Giles.

Nell’ambiente rotondo, nonostante tutti i suoi secoli, lo stesso Inclemente si mostrò stupito di quella grandiosa edificazione e, abbastanza ammirato, a testa all’insù guardò quello spettacolo certamente possente e poi girò in lungo e in largo, accarezzando ogni tanto le possenti colonne in mattone, interrompendo i propri silenzi solo per fare qualche domanda a Xander, che lo seguiva tenendo la torcia. Amy si era seduta su quei cinque scalini che creavano un podio e Kennedy contrariata si era appoggiata ad una colonna e faceva finta di niente, mentre i quattro uomini parlavano tra loro camminando e Willow passeggiava nell’ombra. Finalmente discesero al piano terra e Vigio, senza badare alla strega, salì gli scalini e da quel palco parlò alla Cacciatrice.

“Lei è molto fortunata mia cara. Il giovane Harris è un uomo notevole, mi ha illuminato su alcuni aspetti statici e costruttivi di questo luogo: è un gran bene avere presso di sé una persona che conosce la materialità del mondo che ci circonda. Cosiccome è un gran bene avere vicino un fine studioso del mondo mistico.” Giles si girò a guardarlo, era la prima volta che gli faceva degli elogi pubblici: quel lercio schifoso francese avrebbe venduto anche una mano se gli poteva essere utile per i suoi scopi. “Ma iniziamo la lezione: cosa crede sia questo posto?” Era ancora un po’ arrabbiata per cui qui gli rispose con tono asciutto. “Mah, non so, un tempio o un luogo di riunioni: così incompleto è difficile dirlo.” Vigio sorrise, tenendo una parte del braccio sinistro dietro la schiena e il pugno destro piantato sull’anca.

“Mia cara, le pare poco? In ambedue i casi lei sottende l’esistenza di una setta, di una congregazione, di un insieme di individui che si riuniscono o per compiere riti o per decidere qualcosa: in ambedue i casi lei ci mostra come ci siano molti soggetti a cui lei ha messo i bastoni tra le ruote questa notte. Nessun singolo, quindi, ma una moltitudine più o meno piccola: lei ha già notevolmente ristretto il campo.”

Kennedy veramente non aveva pensato proprio a tutte queste cose, ma non voleva certo smentirlo, per cui sorrise lusingata e lo lasciò proseguire. “In attesa di ulteriori indagini entro ventiquattro ore pensavo di trasportare qui i cadaveri dei nemici, sottrarre quanto ci possa essere utile e dare il restante alle fiamme, come da tradizione.” “E cosa ci può essere utile? Ci dobbiamo portare via gli architravi incisi e i candelabri?” domandò Wood, che non si fidava molto di quell’uomo. “Veramente pensavo al mobilio: ho adocchiato un’ottomana che starebbe bene a casa mia, sempreché non la voglia qualcun altro. Quanto al resto basterà una buona macchina fotografica, una cinepresa e un paio d’ore per avere una sufficiente documentazione. Lei non crede cara?”

La storia dei mobili li aveva presi alla sprovvista, ma Kennedy non aveva affatto intenzione di contraddirlo, non dopo che le aveva raccontato con tanto trasporto della presa e del sacco di Mosca nel … da parte di Napoleone: se teneva a quei vecchi riti, poverino, perché dirgli di no? Tanto facevano un danno a qualche malvagio. “I piatti li possiamo prendere noi? Da Xander sono tutti sbeccati.” “Oh certo, ma me lo ha già detto lui. Comunque di ciò possiamo discutere civilmente domani, ora sarebbe il caso occultaste i cadaveri. Dottor Wood mi spiace rifiutare la sua spontanea ospitalità ma mi fermerò da lei a bere qualcosa un’altra volta. Si fa tardi e domani avrò molto da fare. Per i traslochi vi manderò il mio cameriere domani nel pomeriggio, se potete. Bonne nuit.” Salutò cortesemente stringendogli la mano Xander, Wood e Giles e baciandola a Kennedy. Uscendo passò davanti a Willow, ma se fosse stata trasparente l’avrebbe notata di più. Cosa aveva in mente quel delinquente?

 

*******

 

Chi poteva essere che suonava il campanello tanto presto? Giles sicuramente, pensò Xander alzandosi a stento dal letto e augurando all’inglese che avesse un serio motivo per venire a quell’ora dopo la notte che avevano passato, e terminata trascinando cadaveri. Attraversò la casa avvolta nell’oscurità benché in quel fuso orario fossero già le dieci di mattina, superò una Willow che tirava fuori la testa spettinata ed assonnata dalla porta della camera e si avviò all’ingresso: aprì senza neppure guardare dallo spioncino. Dawn.

Con un borsone alla sua destra, uno alla sua sinistra e una sacca sulle spalle. In occasione normale si sarebbe stupito subito, ma era troppo stanco, per cui passarono un paio di secondi prima che spalancasse gli occhi, non sapesse cosa dire e si facesse abbracciare. Con la vitalità di zombie paralizzati arrivarono anche le altre ragazze e anch’esse rimasero a bocca aperta: Dawn non capì affatto cosa ci faceva lì, ed in pigiama, quella strega che qualche anno prima aveva abitato da loro per un breve periodo facendo solo danni. Willow per prima si riprese dalla sorpresa “Dawn, piccola cosa ci fai qui? E a quest’ora.” La ragazzina aveva rimuginato per tutto il lungo viaggio su cos’era successo e sulle motivazioni della sua fuga: questa domanda le diede il via libera, aprì la sua mente e la sua bocca, facendo uscire tutto, subito ed insieme.

“Ho litigato con Buffy e sono scappata di casa ! È venuto Angel, le ha detto che c’è un vecchio francese che da anni ci protegge e un fantasma poi ci ha detto che lui ha scoperto cosa sono, forse, e ci ha messo il fantasma in casa per proteggerci come fece conoscere Angel a Buffy, sempre per proteggerla perché le vuole molto bene, pare, ma chi non gliene vuole a questo mondo, ma lui ne vuole anche a me, ecco perché il fantasma ci ha difeso quando dei mostriciattoli ci hanno attaccato in casa nostra, e poi mi ha detto tutto quello che Buffy non mi ha voluto dire, come sempre per lei io conto meno di niente e devo stare all’oscuro di tutto come fossi uno zerbino, allora mi sono arrabbiata come non mai l’ho mandata al diavolo e sono venuta qui, tanto c’è la casa, ci siete voi, c’è Giles che pare abbia sempre saputo tutto sul francese, e Buffy è fuori dai gangheri per questo, e c’è anche questo francese, non vedo l’ora di conoscerlo così mi dirà cosa sono.”

Nella furia e nella concitazione Dawn si accorse solo alla fine del suo sfogo delle espressioni comparse sul volto dei ragazzi. Amy, a sentire tutta questa storia (anche i fantasmi ha al suo servizio !) aveva di nuovo paura ed inoltre voleva vedere come Xander avrebbe spiegato a quella ragazzina esagitata che tutte queste cose loro le sapevano già. Quanto a Kennedy tra le prime cose che aveva imparato di Sunnydale c’era il comandamento: mai mettersi tra le sorelle Summers quando litigano. Willow in un nanosecondo pensò che se Dawn incontrava Vigio quello la affascinava e la legava a sé in cinque minuti scarsi, e così le avrebbe mangiato un’altra pedina. Xander semplicemente pensava: no, no, no !

Passi la giovane Cacciatrice affascinata dal vecchio cacciatore. Passi il maturo Osservatore che odia il vecchio cacciatore. Passi la strega gelosa del fascino del vecchio cacciatore sulla giovane Cacciatrice. Passi la strega terrorizzata dal vecchio cacciatore. Passi il fare da baby-sitter a quelle tre ragazze per evitare che litighino tra di loro ogni giorno. Ma anche questo no ! Dawn arrabbiata con la sorella no ! Dawn che chiede spiegazioni, le ottiene e inizia a strillare anche lei con loro ! No, tenere a freno anche quest’altra no ! E poi telefonare a Buffy per dirle che la sorella è arrivata e sentire anche lei che strepita ! Tutti e quattro avevano un’espressione veramente sconvolta, ma per motivi decisamente diversi da quelli che intuì Dawn. Fece un passo indietro, li guardò divisa tra la rabbia e la sorpresa e domandò, già pronta alle recriminazioni “No ! Non mi direte che anche voi lo sapevate e non mi avete detto niente !”

 

VIII. 05 – LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI

 

Scritto da: FranzJoseph

Spoiler per: tutta la stagione VII di BtVS

Rating: per tutti

Timeline: un anno e mezzo dopo “Chosen”; fine ottobre 2004

Summary: dove le sorelle Summers incontrano il Conte di San Germano, questi e Margot lavorano per creare il Nuovo Ordine degli Osservatori, qualcuno trama nell’ombra, degli zombie attaccano Giles che non festeggia Halloween, Buffy impara a sbucciare le mele e Vigio l’Inclemente finalmente rivolge la parola a Willow.

Commenti: se volete scrivetemi a franzjoseph1@supereva.it

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

PROLOGO

Non fu la cosa più semplice riuscire a calmare Dawn, soprattutto perché Xander e le ragazze avevano un terribile mal di testa e non erano assolutamente pronte a una tale sorpresa, nonché a un tale problema da risolvere.

Kennedy, mentre ammirava i suoi due coinquilini per il sangue freddo con cui riuscivano a trattenersi dallo strangolare quella ragazza isterica, stava passando l’occorrente per preparare una colazione decente ad Amy, che invece era particolarmente indulgente, memore del proprio terrore la prima volta che aveva visto all’opera quella persona. Dawn in piedi continuava a parlare ininterrottamente recriminando, facendo la vittima, mescolando verità a menzogne, fatti a supposizioni, idee a speranze; quando taceva per respirare Willow cercava di mettere in mezzo una parola accomodante. Xander si teneva la testa tra le mani, i gomiti ben piantati sul tavolo della cucina conscio che Dawn, come Buffy, avrebbe finito di recriminare solo quando sarebbe entrata in crisi d’ossigeno.

Dopo un tempo che parve infinito, e lo era quasi stato, scese finalmente il silenzio sulla ragazza, svuotata di tutto quello che avrebbe voluto dire alla sorella maggiore, sulle tre ragazze, divise tra compatimento e irritazione, e su Xander, che non aveva ascoltato una sola parola, giacchè sapeva che non avevano nessun peso. Fu lui a rompere quel piacevole ma teso silenzio.

“Noi lo abbiamo conosciuto da poco, io gli ho parlato solo una volta, ma ha invitato Kennedy-” “Rapito.” si intromise Willow, sbalordendo Dawn, con cui Pilar aveva tralasciato alcuni particolari. “Diciamo prelevata contro la mia volontà.” corresse l’interessata. “Hanno cenato assieme una sera, e lei si è trovata bene.” cercò di riprendere il filo della conversazione Xander, invano. “In psicologia si usa l’espressione “sindrome di Stoccolma”.” si intromise di nuovo Willow, che però era l’unica in quella cucina a sapere cosa fosse, e per tutta risposta si prese un’occhiata torva da parte dell’uomo di casa. “Ora parlo io.” aggiunse poi lui, smorzando in lei tutta la voglia di puntualizzare.

In modo pacato, posato e chiaro riassunse tutte le vicende dell’ultimo mese, sforzandosi di non urlare qualcosa di brutto ad Amy che non si era trattenuta, dopo che Dawn aveva chiesto cosa fosse un Golem, dal dirle: “Come ? Sei la sorella della Cacciatrice e non sai neppure cos’è un Golem ?” Le raccontò di quella bizzarra prova che avevano superato, dell’attacco a quegli homuncoli e del contegno del Conte, di ciò che Giles aveva raccontato e di ciò che era capitato a quelle streghe, lasciandole nella mente molta più confusione di quanto avesse prima, giacchè non riusciva a capire se quella persona fosse veramente affidabile. Eppure Pilar era stata molto chiara e inoltre se quell’uomo non fosse stato realmente in grado di rivelarle la sua vera natura allora Buffy non si sarebbe tanto preoccupata di nasconderne l’esistenza. “Bene, chi ha il suo numero di telefono ? Voglio chiedergli se oggi ci possiamo incontrare.”

 

Buffy si svegliò tardi quella mattina, dopo una notte tribolata passata tra la veglia e gli incubi del sonno: uscì dalla camera sperando di non incontrare la sorella, con cui non si erano lasciate proprio bene, dopo le rivelazioni … Oh cielo ! Aveva un fantasma pettegolo che girava liberamente per casa sua: avrebbe torto il collo a quel Vigio non appena lo avrebbe incontrato, e sperava questo avvenisse il più tardi possibile, perché sapeva che gli sarebbe stato antipatico e lo avrebbe trovato odioso esattamente come il Maestro; e al diavolo tutto quello che aveva fatto per lei, sicuramente aveva un doppio fine o voleva qualcosa in cambio ! Il minimo, da uno che vende denti di vampiro !

Entrò in cucina così stanca da non accorgersi che nulla era cambiato, che era la solita cucina di tutti i giorni: decisamente strano, dopo la battaglia della sera precedente. Quando lo realizzò smise di botto di versare la spremuta nel bicchiere e andò a guardare la sala: le cose rotto erano tutte ammonticchiate in un angolo, ma i mobili sani e gli oggetti si trovavano nei posti in cui erano soliti, e le piume erano rientrate nei cuscini, apparentemente. Era impossibile che Dawn avesse fatto questo, quindi doveva ringraziare …

Diavolo ! la sera prima, oltre a mandare la sorella a quel paese, aveva mandato il fantasma all’Inferno: già sarebbe stato duro cercare di riprendere una parvenza di conversazione civile con Dawn, figurarsi porgere scuse e ringraziamenti a … a Pilar. Perché tutto nella sua vita doveva essere così difficile ? Prima di tutto una buona colazione, poi ci avrebbe pensato: peccato che entrando in cucina vide che i suoi toast “da soli” avevano abbandonato il piatto per infilarsi nel fornetto, e capì chi era in giro per casa.

“Buon giorno Pilar. Ti ringrazio per aver sistemato casa.” Che sapore squisito, ingoiare un rospo a stomaco vuoto. La lavagnetta si staccò dal muro, galleggiando a mezz’aria le si avvicinò e vi comparve la scritta “Buongiorno. È stato un piacere. Già parlato con Dawn ?” Anche i fantasmi si annoiano, e quella mattina Pilar aveva intenzione di dire tutto e subito a Buffy, così da scoprire se la ragazza si poteva arrabbiare ancora più della sera prima: che intenzione ammirevole !

La Cacciatrice la guardò, silenziosa, scuotendo il capo in segno di diniego, già preoccupandosi per qualcosa che le aleggiava vago nella mente. “Lo so. Non puoi averlo fatto: Dawn è partita.” Buffy non si arrabbiò neppure, forse perché si immaginava che sarebbe andata a finire così, sapeva che sarebbe andata così, che non sarebbe mai riuscita a fuggire per sempre da Sunnydale e dal suo passato, che come lo spettro di Banquo le compariva davanti agli occhi a ricordarle le trascorse azioni, e tutta quella vita con cui voleva chiudere per sempre.

Si sedette sconfortata, delusa da questo suo ennesimo fallimento, piegata davanti al Destino che ancora una volta le faceva fare quello che voleva, e prostrata a un capo del tavolino fissò con sguardo spento la lavagnetta e, con voce piatta, chiese se la sorella era andata dal Conte. “Sì”. “Non potevi fermarla ?” “Perché ? Lei voleva andarci. Tu quando parti ?” Era inutile discutere con … un fantasma, soprattutto con quello; ora doveva pensare a chiamare Giles e Xander.

 

Xander a tutta quella discussione volle aggiungere qualcosa, che non aveva detto neppure a Willow. “Io sapevo che Giles ci aveva mentito a proposito del Conte.” Intorno a lui calò il silenzio: Amy smise di asciugare i piatti della colazione, Dawn di parlare male di Buffy con Kennedy e Willow di far finta di non sentirle. Si girarono per guardare il ragazzo, seduto al tavolo della cucina, le braccia distese lungo i fianchi.

“La prima volta che ci ha parlato di lui ha detto che era dalla metà degli anni Sessanta che non se ne sapeva più nulla. Eppure a me sembrava, anzi, ero certo di sapere molte cose su questa persona, ma non riuscivo a ricordarmi neppure chi me ne avesse parlato o dove lo avessi letto. Poi, una mattina, in sala ho visto quei due candelabri d’argento che ci sono sul mobile.” Le ragazze, all’unisono si sporsero per guardare quei due begli oggetti, che avevano poco a che fare con tutto il resto del mobilio: lucidi, raffinati, lavorati con grazia erano del tutto fuori luogo in quel tripudio di plastica e oggetti a basso prezzo.

“Erano il suo regalo di nozze per me ed Anya.” Otto paia d’occhi e quattro bocche spalancate per la sorpresa si girarono verso di lui. “Vendeva i suoi prodotti al negozio, quando Giles lo gestiva: denti di vampiro, monili, pelli di demone, demoni imbalsamati e così via e ogni tanto faceva un passo di persona, più o meno una volta all’anno. E Anya, che lo conosceva già di fama, oltre al fatto che è in buoni rapporti con D’Hoffrin, lo trovava simpaticissimo.” Di tutto quello che aveva sentito su di lui questa era la cosa più incredibile: Willow non credeva alle sue orecchie.

“Ma Anya era un ex demone !” “Appunto per questo: era un ex. E poi assieme parlavano di lavoro, lui le aveva insegnato un paio di trucchi per truffare il fisco, amavano il denaro, le mandava e-mail per sapere come andava il lavoro, e avevano molti ricordi in comune. Si erano già incontrati in Russia ai primi del secolo.” “Va bene, ma D’Hoffrin è ancora un demone !” “Non mi ricordo i particolari, ma c’è un motivo, hanno stipulato una sorta di tregua. Pensa che Vigio gli manda del vino, ogni tanto.” Amy e Kennedy ignoravano chi fosse quel demone, ma trovavano ugualmente assurdo che il Conte ci andasse d’accordo.

“È da quel momento, da quando ho visto i candelabri, che ho saputo che Giles ci stava nascondendo qualcosa sul Conte. Quando è venuto da noi, dopo che Kennedy era scomparsa, l’avrei aggredito se non ci avesse detto tutto quello che sapeva su di lui.” “La tomba.” mormorò Willow. Xander la capì al volo. “Già. Credo ci sia lui dietro la storia della tomba di Anya e delle altre Cacciatrici.”

 

Anche gli Osservatori, dopo una notte trascorsa a trascinare cadaveri, non amano essere svegliati dal trillo del telefono, soprattutto se nel pomeriggio dovranno prendere parte a un saccheggio e alla successiva distruzione della “base” nemica. Chi mai poteva essere ? Sperò di cuore solo che non fosse il Conte, perché è terribile iniziare un giorno sentendo per prima la sua voce, e sporgendo un braccio da sotto le coperte prese la cornetta per rispondere.

“Pronto Giles, è sveglio vero ? Sono Buffy.” Come se una scarica elettrica lo avesse attraversato, l’Osservatore si ritrovò del tutto desto e teso nel tentativo di comprendere quale fosse l’umore della ragazza: non sembrava furente come la volta scorsa. “Sì … Buffy, non mi disturbi affatto. C’è qualche problema ?” Ma certamente che c’era, sennò perché mai gli avrebbe telefonato ? “Lei sapeva nulla del fantasma che ho in casa ?”

Eh ? Come ? Un fantasma ? In casa di Buffy ? Dal cuore gli venne subito di domandarle se era in pericolo: lei percepì la sincerità nella sua voce e ne fu sollevata, questa volta lui non era partecipe dei maneggi di quell’uomo. “No, non si preoccupi, è un fantasma che mi deve proteggere. Me lo ha messo in casa Vigio.” Giles si ritrovò nel letto intento a fissare il soffitto con aria più che incredula: la fantasia di quell’uomo non aveva limiti ! Buffy invece vide avvicinarsi la lavagnetta con su scritto “Chissà perché ha scelto un fantasma. Con Angel ti divertivi tanto !” ma si limitò a spalancare gli occhi e a trattenersi dall’insultarla in tutti i peggiori modi che conosceva; le fece solo un volgare gesto con la mano.

Intanto, all’altro capo della cornetta, il silenzio regnava. “Pronto, Giles, mi sente ?” “Ah … sì … sei tu … Sì, ero … stupito … sai come si chiama questo fantasma ?” Buon vecchio Giles, ora che sa che la sua Buffy non ne deve temere nulla inizia a fare l’Osservatore curioso. “Pilar, ed è spagnola, è morta agli inizi dell’Ottocento. Perché ?” “Quindi non è francese e non si chiama Margot.” Ah, giusto, il fantasma da compagnia del Conte, su cui né lui né Angel avevano detto nulla. Vabbè, meglio non fare rimproveri per questa volta, in fondo c’era qualcosa di più importante di cui discutere.

“No, si chiama Pilar, come le ho detto. Ma veniamo a noi. Ieri sera abbiamo avuto un problema: alcuni vampiri e degli esserini schifosi tutti imbacuccati in tuniche dai colori orrendi ci hanno invaso casa.” Decisamente, dopo tanti anni, non aveva imparato ancora il modo con cui dare notizie spiacevoli a quell’uomo così protettivo: bisogna andarci cauti, una verità per volta e intervallarle da parole rassicuranti, così da evitare quell’inconsulto, affannoso, incomprensibile accavallarsi di parole e di espressioni di angoscia e paura.

“Calma, calma, signor Giles, se qualcosa fosse andato male non le telefonerei certo adesso. Sto benissimo, e anche Dawn.” La lavagnetta iniziò a muoversi inconsultamente a mezz’aria, e Buffy capì. “Pilar ci è stata molto utile. Solo che poi ha iniziato a parlare di Vigio, ha detto che si è informato sulle presunte potenzialità di Dawn e adesso mia sorella è in viaggio per Sunnydale, da sola, per incontrare quell’uomo.” Silenzio totale all’altro capo della linea: questo era troppo per i suoi neuroni inglese e Buffy si immaginò che avrebbe iniziato a ridere come un ossesso, come quella volta mentre Willow distruggeva il mondo e lei gli raccontava tutto quello che era riuscita a fare di sbagliato senza di lui. Invece la stupì, riprendendo subito –o quasi- possesso del suo sangue freddo e sfoderando una perfetta flemma britannica: non c’era tempo per agitarsi.

“Ho capito. Faccio una telefonata al Conte per avvertirlo e poi chiamo Xander perché la vada a prendere alla stazione degli autobus. Stai tranquilla, gestirò al meglio la situazione e quando lei lo vorrà incontrare cercherò di esserci anch’io. Non hai nulla di cui preoccuparti.” Era irritata la ragazza, non serviva un genio per comprenderlo, non riusciva ancora ad accettare che la sorellina facesse qualcosa di testa propria, dimostrando così quanto avessero in comune. “Signor Giles … “ “Sì ?” “Mi mentirà ancora ?”

Non poteva non chiederglielo, non poteva rimanere ancora a lungo con quel dubbio, anche se questo voleva dire ferirlo. “No.” Una sola parola, ma sincera: le bastò e la sollevò perché fu certa che, in tutto quello che avrebbe dovuto vivere nei prossimi tempi, lui sarebbe stato al suo fianco per proteggerla e guidarla, come una volta. E lei aveva disperatamente bisogno, anche se non riusciva ad ammetterlo, di qualcuno che si prendesse cura di lei e le rendesse la vita, se non più semplice, almeno meno complicata.

 

Il sonno era passato del tutto a Giles, intanto, e benché non fosse tra le sue azioni preferite, appena terminata la conversazione con Buffy si accinse a telefonare a quell’uomo, ma il telefono squillò di nuovo. “Dimmi Buffy.” “No, sono Xander signor Giles. Era al telefono con Buffy ? Allora sa già tutto di Dawn.” “Sì, io lo so, ma tu come fai a saperlo ?” “Era da me, ora Willow l’ha accompagnato a casa a lasciare i bagagli.”

Dopo l’implosione della Bocca dell’Inferno anche la dimora delle due sorelle era andata distrutta, ma con i soldi dell’assicurazione (a Buffy era sempre parso strano averne ricevuti così tanti, e solo dopo l’incontro con Angel i suoi dubbi si erano tramutati in vaghe certezze sul perché di una tale cifra) e tramite una ditta di costruzione dai prezzi “stranamente” bassi, avevano di nuovo la vecchia casa, com’era e dov’era. “Dawn vuole incontrare oggi il Conte.” “Allora lo farò venire a casa mia … facciamo per l’ora del tè.” “Il che è squisitamente britannico.” motteggiò Xander.

“Sì, e spero che questo non innervosisca troppo quel mezzo francese. Però vorrei vederla prima: diciamo che per pranzo sono da voi.” “Lei si auto-invita per mangiare a casa mia ? È uno dei segni dell’apocalisse ?” “Sì, e sai quando avverrà ?” Ora Xander non era più molto sicuro che Giles si stesse mantenendo sul filo dell’ironia. “Avverrà quando Buffy verrà qui e incontrerà Dawn: credo di aver capito dal suo tono di voce che tra le due ci sia una brutta discussione in sospeso.” Già, ma quando Buffy sarebbe venuta a Sunnydale ?

 

ATTO I

Buffy arrivò a Sunnydale cinque giorni dopo quella telefonata, il 31 ottobre, alle sette di sera. La stazione degli autobus era sempre stata squallida, quella ricostruita non era molto migliore, nonostante lo sfoggio di metallo e vetro, e il buio della sera e il freddo della stagione avevano reso ancora più triste il suo ritorno a casa.

Meno male che, illuminata dalle luci gialle dei lampioni, sotto il cono di luce, c’era una ragazza dai capelli rossi, avvolta in un soprabito beige di panno, che teneva in mano un grosso cartello colorato con scritto “bentornata”. Willow, la sua Willow ! Volontariamente aveva avvertito lei perché, in quella situazione, aveva paura di trovare un muto rimprovero o disapprovazione negli occhi di Giles o di Xander, e avrebbe preferito che ad accoglierla venisse Caleb che sua sorella, verso la quale ancora nutriva sentimenti ben poco fraterni e dolci.

Si abbracciarono e si baciarono, contenta ognuna delle due per la presenza dell’altra: la rossa sapeva di avere finalmente una valida alleata che l’avrebbe aiutata ad allontanare i diabolici piani, qualunque fossero, di Vigio da lei, la bionda sapeva che solo sulla sua unica amica poteva contare per sbrogliare le peggiori matasse della propria vita. Ognuna aveva bisogno dell’altra, ognuna si sarebbe sentita ancora più persa se non ci fosse stata l’altra al proprio fianco.

“Ehi, ti vedo bene ! Soprattutto contando che hai una sorella scappata di casa e un fantasma dentro !” Buffy sorrise. “Anche tu stai bene, per una che vive nella stessa città di un ammazzastreghe.” Così stemperarono la tensione e la paura che albergava più o meno in profondità nei loro cuori; poi dovettero salire in macchina, Willow si mise alla guida e Buffy fu di nuovo meno tranquilla. Nel viaggio fino alla casa di Rodello Drive, tra a un sorpasso a destra e un senso unico imboccato per sbaglio, Willow per filo e per segno le raccontò i fatti dell’ultimo mese, le parlò di Golem e di Amy, delle streghe e di quella setta, dell’arrivo di Dawn e di Giles; tacque solo su Vigio, perché non sapeva ancora cosa dire, oltre alle minacce vaghe di cui le aveva accennato Giles non c’era stato nulla, ed era la calma prima della tempesta.

Arrivarono finalmente e Buffy si accorse che le chiavi di casa erano sperdute da qualche parte in qualche tasca o nel borsone: avrebbe suonato e Dawn le avrebbe aperto. Quando arrivarono con le borse alla porta –Willow si stupì della poca roba che Buffy si era portata- e suonarono, dopo poco la porta fu aperta. Da Amy. In un solo momento la rossa capì cosa si era dimenticata di dire all’amica, la quale era rimasta impietrita da questa conosciuta figura, in accappatoio e con i capelli bagnati, che con tanta familiarità la abbracciava, la salutava e la invitava ad entrare in casa. In casa sua !

Si riprese molto lentamente dalla sorpresa, mentre Willow dietro di lei non diceva nulla e Amy continuava a parlare. “ … così mi sono detta: tanto vale andare da lei, visto che Dawn è così gentile. Anche perché insomma: Xander chissà come si sentiva assediato tra tante ragazze. Vero Will ?” Chiamata in causa questa sorrise annuendo e spingendo gentilmente Buffy oltre l’uscio. “Però potevi avvertirci che saresti arrivata: ti avrei preparato qualcosa di buono. Sono un’ottima cuoca, sai ? Aspetta che finisco di asciugarmi e poi sono di nuovo da voi.” e trillando questo scomparve salendo al piano di sopra, lasciandole nell’ingresso tra le valigie.

“Cosa mi sono persa Willow ?” Buffy si girò verso l’amica, rossa come un peperone. “Sai, con Vigio in giro Amy non si sente sicura a vivere da sola sopra il Magic Box e così si era trasferita da noi. Ma ha ritenuto che voi due siate una migliore … assicurazione sulla vita, per così dire: Vigio non verrebbe mai a fare una battuta di caccia alle streghe qui da te.” C’era qualcosa che le sfuggiva, e glielo disse. “Ma qui tutti sono sicuri dell’affetto che quel tizio nutre per me ?” Era arrabbiata: era un oggetto in tutte queste congetture e pensieri, si dava per certo cosa Vigio provasse per lei senza neppure domandarsi il perché, il cosa ci potesse essere dietro, per quale motivo mai un figuro di tal genere si fosse tanto affezionato a lei. Cos’era, un altro diabolico spasimante ?

Probabilmente avrebbe iniziato a scaricare il suo malumore con Willow se dalle scale non fosse scesa Dawn: le due sorelle si tirarono un’occhiata delle peggiori e per saluto si scambiarono appena un cenno della testa, come due loschi avanzi di galera. Per fortuna che dal piano di sopra si sentì Amy urlare a Willow se aveva intenzione di restare per cena, così poi magari l’avrebbe accompagnata al negozio (quella sera, poiché Halloween, restava aperto). La domanda era mirata: la ragazza aveva timore a trovarsi da sola con le due sorelle, ancora evidentemente furenti l’una con l’altra e immaginandosi che la prima cena assieme sarebbe stata la più tesa confidava in un’altra presenza amica che diminuisse la tensione. Willow annuì, dicendo però che preferiva avvisare prima Xander.

“A questo punto digli di venire qui da noi a cena. Con Kennedy, naturalmente.” “Non abbiamo abbastanza roba in casa.” urlò da sopra Amy, che preferiva farsi le unghie in corridoio prima di asciugarsi i capelli per poter ascoltare senza problemi quello che succedeva nell’ingresso. Fu Dawn a prendere in mano la situazione. “Cinese, indiano, texano ? Dove mandiamo il ragazzo a prenderci la cena ?” Buffy disse “pizza” solo per il gusto di contraddire la sorella, e le due streghe acconsentirono: nonostante avesse ancora voglia di picchiare Dawn, Buffy si sentì sollevata all’idea di questa improvvisa cena, ma per essere del tutto conclusa “di famiglia” mancava ancora una persona.

“Potremmo chiedere a Giles se vuole partecipare.” “Oh, non credo, detesta Halloween: mi diceva che starà in biblioteca a fare delle ricerche sui simboli che abbiamo trovato sotto quella casa.” È vero, quella era la sera di Halloween: Buffy non aveva alcuna voglia di festeggiare e in ogni caso, prima ancora di disfare i bagagli e di farsi una doccia, voleva uscire per andare a fare il “giro dei cimiteri”.

 

Una volta con quell’espressione Buffy intendeva controllare che non ci fossero vampiri appena sfornati dall’inferno: ora, a ventiquattro anni, significava portare un fiore ed un saluto alle tante tombe dei suoi cari, la madre per prima, poi la dolce Tara e, recentemente, Anya e le altre Cacciatrici o aspiranti tali, morte contro i Turok-An.

Circa cinque mesi dopo la grande distruzione Xander era stato contattato da un’impresa di pompe funebri di una cittadina poco distante da Los Angeles per sapere se voleva essere presente alla sepoltura della signorina Anya Christina Emanuella Jenkins e di un’altra quindicina di ragazze: purtroppo a causa di un incendio i fascicoli su come quei corpi si trovavano nella loro camera mortuaria erano andati distrutti, tutti gli addetti avevano preso servizio da poco e nessuno sapeva chi avesse pagato ogni cosa perché quei corpi venissero tumulati in un mausoleo della città di Sunnydale. Troppe strane coincidenze e Buffy per molto tempo non seppe cosa pensare, ma da quando il Conte di San Germano aveva fatto irruzione nelle loro vite stava solo aspettando il momento giusto per fargli una domanda in merito a ciò, pur immaginandosi già la risposta.

Tutte le volte che arrivava davanti alla cappella dov’era sepolta Anya e le altre Buffy non poteva evitarsi un senso di paura ed angoscia. Era un’alta costruzione in pietra a pianta a croce greca: le quattro testate identiche presentavano quattro semicolonne corinzie su cui si impostava un classico frontone, al centro di ognuno dei quali c’era un simbolo diverso. Su quello dell’ingresso un cerchio conteneva una X con in mezzo una P dall’orecchio molto piccolo e sproporzionato; in quello seguente le lettere IHS; nel terzo due lettere, una A e una che sembrava una O con la parte inferiore aperta; sull’ultimo le lettere INRI.

Tra le semicolonne della facciata d’ingresso al centro c’era la porta, preceduta da un’inferriata molto elaborata, e sopra una finestra dai vetri colorati, mentre sulla facciata speculare c’era solo la finestra, della stessa misura e grandezza. Era entrando però in quella sorta di massiccia torre che a Buffy venivano i brividi: se una delle braccia della croce, in pianta, era adibita ad ingresso, in quelle laterali avevano trovato posto, impilate le une sulle altre, le tombe di tutte quelle ragazze: così chi entrava si trovava tra due alte pareti di marmo, ognuna delle quali composta dalla lastre tombali su cui in caratteri bronzei compariva nome e cognome, le dati di nascita e di morte, l’ovale della fotografia della defunta.

In più, ad aumentare l’angoscia e lo sgomento del pio visitatore, ai due estremi di ogni lastra era affisso un gancio da cui pendeva una lampada funebre, la cui luce si rifletteva sul retrostante marmo candido: queste colonne di luce fioca avrebbero fatto paura a chiunque. Nel braccio della croce prospiciente l’ingresso era posto un altare addossato al muro, con sopra sei alti candelabri che rischiaravano il Crocifisso, appeso sotto la finestra.

La prima cosa che notò Buffy quando ci entrò la prima volta, in occasione di quell’affollata tumulazione, fu che non c’era un posto dove mettere i fiori, se non sull’altare, e che non aveva mai visto inginocchiatoi al di fuori di una chiesa: all’interno di quella cappella c’erano due soli, benchè potessero starcene altri dietro, e la solitudine e il senso di disperata angoscia che emanavano era infinita.

Anche quella sera Buffy si fece forza e si avviò ad andare a dare un saluto ad Anya e alle altre ragazze ma, a poca distanza dall’edificio, si avvide che c’era un uomo in piedi davanti all’ingresso aperto, da cui filtrava la tremula luce delle lampade e delle candele. Si avvicinò quel tanto da rimanere allibita: compassato e rigido, le braccia lungo i fianchi come se aspettasse qualcosa, c’era Ethan Rayne, avvolto in un corto cappotto nero e intento a fissare le fronde degli alberi lì vicini.

Era probabilmente l’ultima persona che si aspettava di trovare lì: non lo vedeva oramai da quattro o cinque anni (non che ciò fosse male) ma in quel tempo non pareva cambiato, era solo un po’ ingrassato. Per il rumore dei suoi passi girò la testa e la vide: con un gran sorriso stampato sul volto scese gli scalini che costituivano da basamento alla cappella e le si fece incontro, tendendole una mano in segno di saluto. Come in un sogno, dove ci capitano le cose più strane, si trovò a stringere la mano di quell’uomo nella notte di Halloween, proprio lo stesso giorno in cui l’aveva incontrato la prima volta tanti anni fa.

“Buona sera Buffy, è un piacere rivederti. È passato un sacco di tempo, eh ?” Lei lo fissava, senza parole, non riuscendo neanche a profferire verbo: non riusciva neppure ad immaginare cosa l’avrebbe stupita più di quell’incontro. “Stai bene, ti vedo bene, ma immagino che con tutto il movimento che fai … insomma, la ginnastica non ti manca eh ?” Con notevole forza di volontà riuscì a scuotersi e pronunciare parole di senso compiuto. “Ethan ? Cosa ci fa qui ? Io credevo … l’ultima volta la stavano arrestando !” Lui rise di cuore, per nulla offeso. “Che vuoi che ti dica, ho anch’io dei santi in Paradiso, ti dirò solo che ho approfittato di una … personale amnistia. E ora sono libero e immacolato come una colomba. Divertente, no ?”

Sarà stato il tempo che passava, l’aria fredda della sera, il vederselo così vicino, con qualche ruga e capello bianco in più, ma oramai Buffy aveva riacquistato la solita freddezza. “E cosa ci fa davanti a questa cappella ? E chi c’è dentro ?” “Uh, che tono aspro. Sto qui mentre il mio padrone dice le sue orazioni.” “Eh ?” “Sono il cameriere, autista e factotum di Sua Eccellenza il Conte di San Germano, Generale Emerito della Compagnia dei Santi Luigi, Giovanna e Vigio, Cavaliere di qualche decina di ordini cavallereschi, cugino di alcune Case Reali, nonché tuo … angelo custode. Ti stava aspettando.” le disse, tramortendola con quella notizia (e per fortuna lei non sapeva ancora nulla del Buffybot).

Visto che la fanciulla non riusciva a dire nulla di significativo davanti alla sua qualifica professionale, Ethan ritenne doveroso aggiungere un’ultima cosa. “Mi ha assunto perché sostiene che in tempi calamitosi non ci sia nulla di meglio che una canaglia governata da un gentiluomo. Certo, il mio Ego è un po’ offeso, però paga bene e nessuno viene a importunarmi, finchè lavoro per lui.”

Basta, era il momento di darci un taglio: tutta quella storia stava superando i confini del ridicolo, come quasi ogni vicenda legata a quell’uomo (le venne in mente i suoi studi sui giovani tramite i telefilm): era il momento di incontrarlo faccia a faccia. Entrò decisa nella cappella.

 

Non seppe esattamente a cosa fu dovuta, ma si trovò presa alla sprovvista da quello che vide: illuminato dalle decine di lampade funerarie ai lati, davanti ai ceri accesi sull’altare, stava il Conte piegato sull’inginocchiatoio, intento a recitare a mezza voce una strana, melodiosa e ieratica nenia. Le falde del lungo cappotto sfioravano il pavimento marmoreo a scacchiera e, oltre al capo chino e incassato tra le spalle, non si distingueva altro del suo corpo.

Buffy rimase ferma, muta e imbarazzata sulla soglia, non avendo il coraggio di dire o fare nulla perché, benché non capisse una parola (nonostante un Concilio il Conte usava ancora in latino), le era chiaro che quell’uomo stava pregando. Era come ipnotizzata dalla cadenza ritmata e soave di quelle frasi, dalle luci fioche e dall’incenso che stava bruciando da qualche parte. Terminò e, gemendo un poco, si alzò, poggiandosi con forza con le mani sull’inginocchiatoio: probabilmente non aveva sentito entrare Buffy perché, girandosi e vedendosela davanti a pochi passi, ebbe come un sussulto.

Di lui notò subito che era molto alto e che il suo viso, pallido ed anonimo, non era all’altezza di tanta e terribile fama: non si sarebbe neppure notato, se non fosse stato per quegli occhi così chiari e vitrei, che la mettevano a disagio. Le sorrise, quasi timidamente, fece sparire nelle tasche del lungo cappotto di taglio militare un libricino nero e un rosario e le si avvicinò: le bastò uno sguardo generale, dalle scarpe di vernice ai pantaloni, dalla giacca nera alla perla che usava come spilla da cravatta, per capire come avesse potuto affascinare tanto Dawn e Kennedy.

La sua mano, nascosta da morbidi guanti in daino color ghiaccio (antico vezzo copiato poi da Edoardo VII d’Inghilterra e Irlanda), morbidamente cercò quella di Buffy e, mentre lui piegava dolcemente il busto, la portò quasi alle labbra, nel più compito e perfetto baciamano che si fosse visto da secoli in California. Forse Buffy, soggiogata da questa profusione di fascino, se ne sarebbe potuta anche innamorare alla follia, ma lui rialzò il capo e lei lo guardò negli occhi.

È difficile dire cosa vide, ma ne ebbe timore: era una sensazione irrazionale, era una percezione istintiva quella che le diceva che oltre al timido imbarazzo e ad un affetto ben più profondo di quanto immaginasse c’era dell’altro, né limpido né positivo; ma era una percezione frutto della sua natura di Cacciatrice, e quindi non c’era errore.

“Buonasera Anne.” le disse con un gentile sorriso e a mezza voce. La sua pronuncia era strana e straniera, ma il tono molto vellutato e carezzevole. “Buona … buonasera. Non … non volevo disturbarla.” “Oh, non se ne preoccupi. Mi fa piacere incontrarla.” Parlando le sorrideva, ma Buffy si sentiva terribilmente a disagio, con lui in quella cappella e volle uscire subito, sentirsi l’aria fresca della notte sul volto. “Stava uscendo ?” gli chiese e lui annuì. “Andiamo allora.”

 

Fuori Ethan era seduto sugli scalini in modo poco dignitoso, ma gli bastò vedere il Conte per alzarsi di scatto ed andare a chiudere la cappella. Lei lo guardò un po’ stupita e fece la domanda più stupida dell’universo, almeno in quel frangente. “Ha le chiavi ?” “Sì, ecco perché mi ha trovato gia dentro.” “Gliele ha date Dawn ?” Lui la guardò ma si trattenne dal dirle la prima cosa che le venne in mente. “No, il fabbro quando ha montato le porte. Poi io ho fatto avere una copia ad Harris.” Bene, ora Buffy aveva la certezza di chi avesse fatto costruire la cappella, ma aveva ancora un dubbio. “Ed è stato lei a recuperare i corpi delle potenziali morte contro i Turok-An ?” “Non io di persona, delle … mie conoscenze.”

Calò il silenzio tra i due, che si fissavano, entrambi imbarazzati. “Le debbo parlare di alcuni argomenti. Posso sperare di averla mia ospite uno dei prossimi giorni ?” Si aspettava una domanda del genere, ma non era psicologicamente pronta per sostenerla. “Sì … vediamo … non ora, stavo tornando a casa.” Il Conte era preparato a trovarsi davanti una ragazza decisa, di carattere, anzi, dal cattivo carattere, non una bambina spaventata, me fece buon viso a cattivo gioco. “Le posso dare un passaggio ?”

Buffy non si sarebbe mai fidata ad andare volontariamente in macchina con quell’uomo: disse che la casa era vicina e quindi avrebbe fatto volentieri due passi a piedi. Vigio era incerto, voleva starle vicino per parlarle ma aveva paura: di essere invadente, di litigarci, di metterle paura anche, e mentre lo pensava si rendeva conto che timori del genere verso un’altra persona non gli capitavano più da un secolo. Si fece coraggio. “Mi permetta di accompagnarla. Dicono che questa città la sera sia mal frequentata.” Un po’ di fine umorismo era quello che ci voleva, pensò, e non ebbe torto: Buffy abbozzò un mezzo sorriso, anche se continuava ad essere visibilmente guardinga nei suoi confronti.

Dolce e chiara era la notte e senza vento e la luna quieta posava … senza accorgersene il Conte pensò alla poesia scritta dal nipote di un suo vago conoscente e comprese che, invece di perdersi in ricordi e svenevolezze varie, qualcuno dei due doveva spezzare il silenzio. E non toccava a Buffy. “Mi è giunta voce che avete conosciuta Donna Maria del Pilar Eusebia Isabella Santiaga.”

Per dirlo si voltò un poco verso di lei e le sorrise, osservandola ancora una volta: era poco formosa e decisamente bassa, cosa che non apprezzava nelle donne, e per parlarle si doveva chinare verso di lei, con il fare di un prete che meditabondo ascolta i peccati di una penitente. La ragazza gli rispose con uno sguardo perplesso e chiese se si riferiva al fantasma. “Sì … non vi ha detto il suo nome ?” “Solo Pilar. Non tutta quell’altra roba.”

Il Conte di San Germano mugugnò in segno di assenso e si sforzò di trovare qualcosa di carino per continuare la conversazione ben sapendo, come gli diceva quel demonio di Voltaire, che “non c’è nulla di più ridicolo che voler fare gli spiritosi senza esserlo.” “Strano. Di solito parla molto.” Buffy gli rivolse ancora un mezzo sorriso, più di circostanza che altro, e specificò che con lei e sua sorella scriveva, non parlava. “Oh, certo. Anche con me. Ho detto che parla molto perché di solito lo fa con … immaginò le abbia accennato all’esistenza di una presenza incorporea che mi è vicina.”

“Già. Ma si è espressa molto più su di lei. In pochi giorni ho avuto un sacco di risposte a domande che neppure mi facevo. Ne è venuto fuori un quadro … curioso.” Sentì nella voce della ragazza un certo fastidio ma sapeva, benché avesse timore di approfondire l’argomento, di non poter far cadere il discorso: cercò però di muoversi con maggior tatto e discrezione possibile, cosa per lui rara, almeno quando si rivolgeva a qualcuno di quella sfortunata epoca contemporanea.

“Il quadro è molto sfuocato o abbastanza nitido ?” “Certe parti sono ben disegnate, altre meno. Tipo: lei si arricchisce squartando demoni, è violento, pericoloso, molto vecchio, molto ricco, le manca qualche rotella e ha conosciuto più di una Cacciatrice.” Era pronto a sentirsi dire qualsiasi cosa, ma sperava di cuore che la ragazza menzionasse un fatto importante, quello basilare; e invece nulla: ma da troppo calcava il suolo del Mondo per offendersi od essere deluso. O no ? “Oltre al fatto che lei ha governato nell’ombra la mia vita. E che si è molto preoccupato per me e mia sorella.”

Sorrise, schernendosi, compiaciuto ma sperando lei non se ne accorgesse troppo: ora doveva dirle qualcosa. “Già. Ho cercato di fare al meglio per la vostra felicità.” “Magari ci sarebbe riuscito se fosse venuto a conoscerci di persona.”

Il tono era tagliente ed aspro e propedeutico ad un litigio, almeno da parte della ragazza, ma egli era preparato a questo: dopo tutti quei secoli di frequentazioni nelle Corti e nelle trincee sapeva molto bene come condurre una conversazione, come aver ragione, e poi quella era solo una ragazzina, e per di più americana. L’unico problema era che aveva anche la certezza che lei non avrebbe capito e soprattutto che alla fine sarebbe riuscito ad offenderla in qualche modo, pur non volendo.

“La prima volta che l’ho vista l’ho misurata in un solo sguardo. Piccina, minuta, ossa sottili: non le davo più di uno o due anni di vita come Cacciatrice.” “E ha sbagliato.” “Il Maestro.” disse solo, giusto per correggerla e farle presente che difficilmente lui si sbagliava; lei tacque, ammettendo tacitamente la verità. “Io sono una persona … solitaria. Non sola, solitaria. Non amo la compagnia altrui, e non mi piace frequentare persone visto che potrei affezionarmici.”

Lei sapeva, più o meno queste cose, ma dette da lui, con voce così seria e triste, era un’altra cosa: provò per lui compassione, pur ritenendolo un disadattato asociale, e stranamente, pur non volendo, lo sentì vicino. Pensò a sé stessa: avere una vita strana ed insolita, per cui non ci si può legare agli altri, perché possono correre dei rischi o non capire, vivere sempre ad un passo dalla morte, soli nella propria missione; lei stessa si era allontanata dagli amici e da chi le voleva bene, avendo paura dei legami.

Il Conte continuò. “Sa, io rimango vivo e gli altri muoiono. Tranne lei, a quanto pare.” Lui non amava fare tanto lo scherzoso quando si trattava di argomenti così seri, ma avrebbe fatto ogni cosa perché quella ragazza, anche senza volergli un po’ di bene, non stesse vicino a lui con lo stesso contegno di chi ha nei pressi un’animale pericoloso e velenoso. “Resuscitare: scommetto che nessuna prima di me lo aveva fatto.” “Già, in quello mi ha proprio lasciato senza parole; non solo in quello, in verità. In ogni caso, tornando al mio agire, ho deciso che l’avrei protetta per interposta persona, da lontano. Mi sono infatti limitato a venire raramente qui a Sunnydale.”

“E suppongo che non mi vorrà dire il motivo di tanto interesse per me.” Si girò verso di lei e sorrise candido, sperando che non iniziasse a strepitare per ottenere una risposta che non avrebbe mai avuto. “Credo lei sappia già cosa le risponderò.” Buffy non aveva intenzione di arrendersi così facilmente, ma preferiva prima elaborare una strategia appropriata per avere quell’informazione, per cui lasciò cadere l’argomento.

“Quante volte è venuto a Sunnydale ?” Il Conte pensò solo un attimo, poi iniziò ad enumerarle. “Subito dopo il suo incontro con Giles e per la cerimonia di tumulazione dei resti del Maestro. Dopo i problemi con il demone evocato da Giles quand’era giovane e poi mentre lei era latitante: si era nascosta bene. Quando ho saputo del ritorno di Angel, per dare una mano a Giles per evocare un demone durante le difficoltà con Faith e all’Ascensione. All’inizio della sua carriera universitaria e dopo che quella pazza della Prima Cacciatrice era venuta a disturbarvi. Durante la malattia di sua madre e al funerale. Dopo la sua resurrezione e qualche giorno prima che sua sorella iniziasse il Liceo. Infine a recuperare e poi per far seppellire Anya e le Cacciatrici. E poi sono passato una volta dove lei lavorava fino a qualche giorno fa.”

“Ci lavoro ancora, non mi sono ancora licenziata.” “Lo faccia. Riprenderà il lavoro nella scuola, ho già parlato con il signor Wood a tal proposito, e si farà assumere da Amy: guadagnerà abbastanza così, senza contare che la potrei assumere anch’io. Sa del lavoro che faccio: la potrei pagare tra i trenta e i cinquanta dollari per ogni vampiro che mi porterebbe a casa.” Era incredibile come il tono che usava: tranquillamente le diceva cosa fare della sua vita e in più voleva che le facesse da … non riusciva a trovare un termine, un metro di paragone: portargli a casa i vampiri che poi lui avrebbe scuoiato ?!

Stava per avere un crisi di furore davanti a questo sfacciato e sfrontato uomo quando lui la prevenne. “Va bene, come non detto circa lavorare per me. Comunque se avrà bisogno di qualcosa non esiti a chiedere. Non posso però transigere sul suo nuovo domicilio: lei rimarrà qua. Riaprire Bocche dell’Inferno è un’attività già tentata in passato, e inoltre credo che sua sorella sia in pericolo. Qui ci sono i suoi amici, che possono essere utili, conosce il territorio e io oramai ho già preso casa in questo villaggio. Inoltre devo sbrigare altre faccende, prendermi cura di Kennedy e insegnare molte cose a sua sorella.”

Il senso logico della frase poteva essere opinabile, ma soprassedette, allarmata e totalmente colta alla sprovvista: forse quell’uomo sapeva chi o cosa fossero gli esseri che avevano fatto irruzione in casa loro, e soprattutto forse conosceva il motivo di tale azione. Smise di camminare, si girò verso di lui e lo fissò spalancando gli occhi; lui non diede molto peso a tutto, sfoderò il perfetto autocontrollo già mostrato alla Rochelle col Duca d’Angiò e con noncuranza riprese la parola.

“Per ora non ne so molto di più, ma non si preoccupi, quando lo riterrò opportuno vi informerò. Intanto le mie conoscenze sono al lavoro. Sua sorella è la Chiave, ricorda ? Può far collassare universi, ma anche molto altro: ha alcuni poteri, che voglio tirarle fuori ed insegnarle. Le insegnerò anche il francese, penso. Kennedy non ha avuto un proprio Osservatore, può diventare una buona Cacciatrice ma deve imparare molte cose. A lei insegnerò l’italiano, invece. E a tutte e due il valzer e il bon ton: ne hanno bisogno, almeno diventeranno due magnifiche dame.”

“E a me non insegnerà niente ?” Il suo tono era fortemente polemico, questa persona la innervosiva profondamente, la infastidiva, non solo le diceva cosa fare ma le comunicava, con una insopportabile degnazione, anche le ingerenza che avrebbe portato nella vita di sua sorella: ma chi si credeva di essere ? “Lei sa abbastanza, ma ha un cattivo carattere e sarà un miracolo se non ci prenderemo a morsi tutti i giorni. Anch’io ho un cattivo carattere, ma questo tutti glielo avranno detto, suppongo.”

Incredibile, con questa affermazione Buffy rimase presa alla sprovvista ancora una volta e non seppe cosa dire: cos’era tutta questa sincerità e confidenza ? Giles non diceva che era falso, che mentiva con la stessa frequenza con cui respirava e che era insopportabilmente altero ? Lo guardò fisso e contrariata ma lui la disarmò con un ampio e benevolo sorriso “Direi che abbiamo qualcosa in comune ! Sa che non ci avevo mai pensato ? Mi fa piacere. Oh, siamo anche arrivati.”

Buffy girò la testa e vide che effettivamente erano davanti a casa sua, e a metà strada del vialetto c’era Willow, bloccata nel vedere quell’orribile immagine: Buffy parlare con Vigio e lui sorriderle garrulo. Buffy fece due passi fino a raggiungere l’amica, a cui sorrise per confortarla perché aveva lo stesso sguardo di chi vede un fantasma. “È tempo di congedarmi quindi. Buona notte.” le disse, gentile, guardandola, come se Willow, che le era a fianco non esistesse neppure.

“Sì … certo. Questa è la mia amica Willow Rosemberg, la conosce?” Voleva vedere come avrebbe reagito a questo: dopo tutto quello che aveva sentito da Giles e da Willow stessa voleva proprio vedere cosa avrebbe fatto. “È difficile non sapere cos’ha fatto nel suo passato. Ancora buona notte Anne. E spero che quanto prima mi farà l’onore, lei e sua sorella, di accettare un invito a cena a casa mia.” e detto questo le baciò le mani, gentile ed impeccabile, davanti alla strega che per lui, evidentemente era invisibile.

Le due ragazze rimasero, immobili e silenziose, a vederlo salire sulla macchina ferma dall’altra parte della strada: quando l’attraversò una delle due sperò che arrivasse a tutta velocità un Tir come per Glory. La macchina partì, loro si girano e si guardarono in viso: avevano troppo vissuto spalla a spalla per non sapere cosa passava nella mente dell’altra, ma vollero lo stesso dirselo. “Vuoi sapere cosa ne penso.” “Preferisci il Maestro a lui.” “Direi che più che altro mi sembra il fratello subdolo del sindaco Wilkins.” “Buona osservazione, Anne.” sull’ultima parola l’ironia era palese e fu la stessa Buffy a riderci su. “Non so perché mi chiami con questo nome, ma immagino sia per qualche motivo che mi lascerà senza parole.” “Perché, esiste ancora qualcosa che ci può stupire ?”

 

ATTO II

La cena fu strana, forse perché tali si sentivano i partecipanti. Willow, uscita per prendere la borsetta in macchina di Xander, aveva avuto la sera rovinata da ciò che aveva visto. Buffy non riusciva ancora a farsi un’idea di quell’uomo; Dawn se l’era fatta e stava aspettando che sua sorella si decidesse a litigare. Xander sudava sette camicie per fare lo spiritoso e alleggerire la serata, in ciò coadiuvato da Kennedy; Amy sperava di cuore che almeno quella sera al negozio qualche cliente si sarebbe fatto vivo.

Fu Dawn a tranciare quel sottile muro di reticenze e di ipocrisia. “Allora, che te ne pare del Conte ?” Fu come se tutti avessero all’improvviso smesso di respirare e di esistere per lasciare spazio alle due sorelle e al loro scontro. “Maleducato. Non ha neppure salutato Willow.” “A me ha detto che le dovrà parlare. Era terribilmente elegante ed affascinante come quando l’ho incontrato ? Sai che mi ha fatto pure il baciamano ?”

 

Nella stessa città, nella maison del Conte si teneva un pranzo molto più silenzioso: Margot si era subito accorta che qualcosa non andava, quando lo aveva visto rientrare dal cimitero e quel tanghero del cameriere le aveva dato poche e scarne notizie. A capotavola mangiava l’arrosto d’oca con notevole, troppa, concentrazione, e beveva il Borgogna senza la solita passione: dopo secoli che vivevano assieme, comunque, anche senza questi particolari avrebbe capito che qualcosa lo turbava. E benché lui non amasse essere interrogato quand’era di malumore o preoccupato, Margot non riuscì a stare zitta.

“Com’è andata con Anne ?” Lui distolse lo sguardo dal piatto per risponderle. “Poteva andare peggio.” Ahi ahi, sarebbe stata dura tirargli fuori qualcosa dalla bocca: forse parlare nel loro vecchio francese l’avrebbe reso più malleabile. “Meglio o peggio che rispetto alla piccola ?” “Una è una ragazzina indifesa che vuole sapere da me cos’è veramente, l’altra una Cacciatrice testona che non comprende cosa voglio da lei e che non si fida di me. Secondo te con chi è andato peggio ?” “E immagino che intanto la strega soffi sulle braci contro di noi.” Lui storse la bocca, infastidito dal pensiero di quella là. “Oh, è veramente ironico che passi per una brava e buona amica. Ma lo sciapode è quasi pronto, volendo potrei anche mostrarlo domani.” “E allora cosa aspetti ?” “Ma il momento buono mia cara, non spreco così il mio primo asso di briscola. Attendo che la Provvidenza faccia il suo corso: io sarò ancora una volta l’umile strumento nelle sue mani.”

Secondo lei non era una buona cosa, quella: la strega lavorava contro di loro, Anne era facile da convincere, quella gente strana preparava qualcosa contro la piccola, Giles non cavava un ragno dal buco nel decifrare i segni e né D’Hoffrin né Madame X da Parigi si erano ancora fatti vivi. Lui sospirò, mangiando il purè, e scosse la testa.

“E cosa ci posso fare io ? La nostra mossa l’abbiamo già fatta, sono passati solo cinque giorni da quando abbiamo depredato e incendiato quella casa facendola sprofondare sopra quelle stanze. Troppo pochi perché loro possano tentare qualcosa in grande stile, mi pare. Comunque, non appena Anne sarà convinta a rimanere qui, vedrò di preparare qualcosa per rendere più sicura la loro casa. E ho già parlato con quel Wood circa la sicurezza della piccola quand’è a scuola.” “Ah, allora siamo a posto.” Margot non riusciva a trattenere l’ironia e ciò non era una buona mossa, visto l’umore del padrone di casa.

 

Buffy stava per dare alla sorella della stupida che si fa comprare con poche moine quando Kennedy intervenne per sapere cosa quell’uomo aveva detto a proposito della sua piccola Will. “Niente di preciso; quando l’ho nominata ha solo annuito, aggiungendo che la conosceva di fama e prima o poi le avrebbe detto alcune cose.” E perché continua a ignorarmi metodicamente, si domandò preoccupata Willow ?

Tutto ciò era terribilmente sospetto, chiaramente nel buio del suo antro (se si poteva definire così: a sentire Kennedy sembrava la reggia di Versailles) stava tramando qualcosa, ma cosa ? E cosa le doveva dire ? Tante domande a cui non aveva risposte, solo alcune fragili supposizioni. “Era molto elegante.” ammise infastidita Buffy, guardando fissa negli occhi la sorella, che ricambiava lo sguardo: Amy pensò che forse, se fossero venute alle mani, poi dopo sarebbero state più rilassate.

 

Nel frattempo da qualche parte sulla terra (ma neppure troppo lontano da Sunnydale, giusto per dare un indizio in più) in una stanza, di cui la descrizione non è importante, stavano tre persone. Una, la più giovane, era seduta su un divano color tortora e teneva le gambe accavallate, ascoltando distratto quello che si dicevano gli altri due. Il secondo, seduto vicino a un tavolo rotondo, faceva scorrere l’indice destro sul bordo del bicchiere che aveva davanti a sé, e talvolta interveniva, muovendo qualche obiezione. Il terzo, in piedi, parlava gesticolando, inframmezzando il suo americano di parole latine (che il giovane sul divano non capiva) e costruendo grandi castelli in aria.

Era un uomo sicuro di ciò che voleva, di come lo voleva e in che ordine, e davanti ai suoi occhi già brillavano gli immancabili destini e l’ora fatale della prossima vittoria. “Giungeremo come falco e rapidi come aquile creeremo il vuoto intorno alla prescelta: uno dopo l’altro, puntuali come la morte, faremo cadere chi le sta intorno, per maggior gloria dell’Angelo.”

“Secondo me è meglio metterli subito tutti in condizione di non nuocere.” chiosò a mezza voce l’uomo seduto presso il tavolo. “Non sono questi i patti. Avevamo stabilito che nuoceremo loro soltanto se sarà il caso.” “L’Osservatore potrebbe arrivare a capire qualcosa, e noi non possiamo permetterlo. Che sia preparato tutto il necessario.”

 

“E circa il Sud America ?” Il Conte non si aspettava questo repentino cambio di argomento da parte di Margot, ma preferiva discutere del Novus Ordo Inspicientum che delle bambine. “Non ci crederesti mai: negli ultimi anni il Brasile è passato da centotrentatre milioni di abitanti a centosettantatre.” Lei sorrise, impercettibilmente: in certe cose lui non cambiava mai.

“Certo che ci credo, sono stata io a farti presente che i dati sulla popolazione in un atlante del 1986 risaliranno probabilmente al 1980 e quindi sono vecchi di un quarto di secolo.” Lui mosse una mano in aria come se lei stesse puntualizzando eccessive piccolezze e le si rivolse in modo fin troppo melodrammatico. “Un quarto di secolo: cos’è per noi ?” Scherzava su sé stesso e questo era non frequente in lui: gli stava tornando il buonumore.

“Per noi niente, ma per un Osservatore Medio che muore a ottant’anni è un terzo della vita.” “Ah, gli Osservatori … ma ora inizia una nuova era. Per il Sud America ho solo un paio di dubbi. L’ho diviso in Gran Priorato del Brasile, in Gran Priorato del Rio della Plata e in un terzo, che comprende il Perù, l’Ecuador, la Colombia, il Venezuela, il Suriname e le due Guyana.” “Cioè negli altri stati rimanenti, come già avevi deciso. E scommetto che non hai ancora trovato un nome a quella zona.”

Lui la guardò ammirato e pensò che, sorvolando su moltissime cose, era un piacere lavorare con lei. “Come hai fatto a capirlo ?” “Forse perché non ne hai detto il nome ma gli stati che ne fanno parte, o forse perché è da quando hai iniziato a studiare come sistemare quell’area che borbotti se usare l’appellativo di “Nuova Spagna”, come ai bei tempi. Hai già scelto chi sarà l’Osservatore Gran Priore per quelle terre ?” “Don Josè Arcadio Aureliano Buendia. Ti avevo detto che non si sarebbe tirato indietro se glielo avessi chiesto.” “E allora il nome fallo scegliere a lui e agli Osservatori locali: sarà una gentilezza che apprezzeranno molto, e tu non ricorderai loro la figura di qualche inglese spocchioso che decide tutto a tavolino.” “Povero Quentin Travers, dovunque sia gli staranno fischiando le orecchie adesso.”

 

Giles era di pessimo umore. Erano oramai quasi giunte le nove e tra poche ore il trentun ottobre sarebbe divenuto il primo di novembre, e non ci sarebbe mai più stato fino alla fine del mondo un ottobre 2004. Dopo cena era venuto al Liceo, carico di fogli e appunti –doveva abituarsi a pensare all’idea di prendersi un computer portatile- nella speranza che quella biblioteca potesse portare luce tra i dubbi e le domande della propria mente.

Era da una settimana che studiava quegli strani segni trovati sotto quella casa, e ancora non riusciva a trovare un filo logico: era Babele, era la confusione delle lingue e delle tradizioni, simboli di troppo disparate tradizioni e culture si mescolavano assieme. Eppure, tra quel grande mare di confusione e contraddizioni, Giles riusciva a intravedere una strada, una linea che portava a una risoluzione, a una chiave per decifrare l’intero crittogramma: era lì vicina, quasi a portata di idea, eppure non riusciva a vederla. E per questo era di cattivo umore.

Il Conte non gli era stato ancora utile, ma per queste approfondite ricerche, come lui stesso sapeva, ci voleva più tempo e talvolta era necessaria la presenza fisica di un folle sanguinario, incubo di tutti i demoni, per estorcere delle informazioni: probabilmente, nei prossimi giorni, sarebbe partito per andare di persona a fare due chiacchiere con alcune sue conoscenze francesi.

 

La cena non proseguì ilare o distesa. Dawn descrisse alla sorella con dovizia di particolari il suo incontro con il Conte: avevano preso la cioccolata a casa di Giles e lui l’aveva deliziata con molti ricordi su quella bevanda, introdotto in Europa all’epoca di una Regina di Francia che era anche una sua cugina e di cui era ghiotto un Principe Reggente inglese. Le aveva parlato dei viaggi che aveva fatto per scoprire qualcosa di più sulla natura della Chiave, e un paio di aneddoti divertenti di ciò che gli era capitato ad Alba Iulia (Dawn ignorava, e con lei tutti i presenti alla cena, dove si trovasse).

Le aveva accennato che avrebbe gradito sottoporla a una prova, ovviamente indolore, per saggiare alcune capacità che credeva lei avesse, e le aveva fatto dei magnifici complimenti sui suoi occhi. Le aveva promesso che le avrebbe insegnato il francese, così da migliorare i suoi voti, e alcuni vezzi con cui una dama può affascinare un qualsiasi gentiluomo. Le aveva parlato di sua madre, delle volte che era venuto a Sunnydale e dell’importanza che secondo lui doveva avere l’istituzione della famiglia nella società.

In definitiva Dawn ne aveva avuto solo ottime impressioni. “È una persona molto gentile, disponibile e ammodo, ci vuole un gran bene, usa dei termini fuori moda da un sacco di tempo e credo voglia diventare nostro amico o almeno andare d’accordo con noi.” “Mente.” sentenziò Buffy fredda. “C’è qualcosa che ci nasconde, ha un doppio fine dietro. E finchè non saprò tutto di lui io non ho intenzione di fidarmi.” “Certo, se sapessi il suo vero nome, quand’è nato e perché è sempre vivo anch’io sarei più contenta. Gli ho chiesto se era un Highlander e sai cosa mi ha risposto ? Che avrebbe voluto tanto avere il fascino di Sean Connery, ma purtroppo quello non era il suo caso. E avevo ragione io a dire che non è gay.”

L’ultima osservazione a Buffy sembrò decisamente fuori luogo, ma ignorava della lunga discussione che si era trascinata per giorni tra Dawn e Kennedy. Quest’ultima dava per certa l’omosessualità del Conte perché ballava, conosceva la moda ed era pieno di vezzi e premure, mentre all’altra ragazza sembrava naturale in un uomo che aveva litigato con Byron e che aveva ballato con Maria Antonietta. Alla fine si erano decisi a chiederlo a Giles. “Ha detto che non lo è, anzi, ha una preferenza per tipi di donne … esperte e volgari.” “Ha detto “appariscenti”.” corresse Dawn, piccata con sé stessa per aver tirato fuori quell’argomento.

“Sì, e poi ha aggiunto che dal momento che quando lui era giovane le esperienze sessuali si facevano o nelle case di piacere o con le cortigiane, non si fa alcun problema a … frequentarne gli equivalenti moderni. Pare che ce ne sia uno particolarmente grosso a Parigi dove lui soggiorna spesso.” Buffy fremette di santo e casto disgusto quando Willow aggiunse con maligna gioia questo particolare, rivelato con grandissimo piacere da Giles. “Veramente una persona ammodo.” commentò solo.

 

La cena si stava concludendo e Miss Moller stava portando la grande e pesante fruttiera d’argento, dono del Beato Imperatore e Re Carlo I d’Asburgo, traboccante di mele gialle disposte a piramide, quando Sua Eccellenza le rivolse la parola, terrorizzandola. “Ahi, miss Moller, lei non è sincera con me.” La donna fu percorsa da brividi per tutto il corpo e rimase ferma e tramortita per la paura, a pochi passi dal tavolo: Madame Margot, evanescente e divertita, abbozzò un sorriso, lui la guardò serafico come suo solito. Si fece un rapidissimo esame di coscienza nel cercare in cosa avesse mancato verso Sua Eccellenza, ma non riuscì a trovare nulla: lui era sempre stato più che buono con lei, da quando le aveva pagato la clinica per disintossicarsi, ma con le leggende sul suo conto che lui stesso alimentava non c’era da stare troppo sicuri.

“Ho dovuto sapere da sua figlia che lei è ammalata.” Maledizione ! Ma perché non se ne era stata zitta ? Ora cosa sarebbe successo ? La donna guardò Sua Eccellenza senza replicare, perché tanto era chiaro che aveva appena iniziato il discorso. “Sono assai spiaciuto. Avrebbe potuto dirmelo. Sta di fatto che da oggi, fino a che il dottore non certificherà una sua completa guarigione, si occuperà solo di cucinare le vivande. Al resto penserà Rayne e il robot.”

Le sorrise, paterno e comprensivo e quella donna gli tributò uno dei suoi sguardi più grati e devoti: se solo cinque anni prima era un’alcolizzata che si picchiava con il convivente e con una figlia assassina e poi in galera, adesso era una donna nuova, in salute, trattata bene, con un buon salario, ottimo vitto e alloggio e la sua bambina era al sicuro, con un lavoro insolito ma adatto a lei. Margot scosse la testa: era dell’opinione che i domestici andasse trattati in tutt’altra maniera e poi né il robot né Rayne sapevano stirare decentemente.

 

Giles finì di bere il suo thè, guardò con rabbia il cumulo di appunti e libri sparsi sul tavolo, pensò che aveva fatto bene a non coinvolgere ancora i ragazzi (chissà cosa c’era sotto, per far muovere il francese dalle sue terre) e volle sgranchirsi le gambe facendo due passi. Non gli spiaceva camminare nel buio del Liceo, quando tutta quella scuola non era invasa da torme di ragazzini troppo sicuri di sé, ignari di ogni cosa che non sia futile, dediti solo al proprio aspetto. Si fermò a metà del corridoio dove c’erano gli armadietti e pensò che si stava tramutando nel preside Snyder.

Sorrise per questa idea e riprese a passeggiare, cullato dal fresco dell’aria e dalla penombra, quando sentì alle sue spalle dei rumori e dei tonfi. Era stato per così tanti anni in quel Liceo che in solo attimo comprese che avrebbe fatto meglio ad avere una croce o un paletto con sé. Si girò e non vide vampiri, anzi, non vide nulla perché il corridoio era buio e l’uscita di sicurezza era lontana. Ma adesso i colpi si facevano più forti e più serrati. Corse verso l’origine di quei rumori, che si facevano più insistenti, ma fu solo quando si trovò a non più di trenta metri da loro, che loro riuscirono a sfondare la porta, che cadde con un gran rimbombo sul pavimento.

 

ATTO III

Prima ancora di vederli bene capì cosa fossero dai loro gemiti e dal loro muoversi, dal loro odore e dal passo lento e barcollante. Zombie. E gli stavano venendo incontro protendendo verso di lui le loro braccia e mani in putrefazione più o meno avanzata.

Non perse neppure tempo ad urlare, ma si girò lesto e corse a perdifiato a chiudersi in biblioteca: non era una mossa intelligente rinserrarsi in una stanza, quando avrebbe potuto benissimo provare a scappare da una delle tante uscite di quel Liceo, ma pensò che non era il caso di abbandonare tutto il materiale raccolto su quei simboli e se si fosse attardato a raccoglierlo senza sbarrare la porta avrebbe fatto la fine del topo. Ma, ragionò, non era neppure il caso di farsi assediare senza prima non averne ucciso almeno qualcuno, in modo da rendere un po’ più agevole a Buffy il compito di salvarlo.

Brandendo una pesante e ben affilata spada uscì dalla biblioteca, si piantò in mezzo al corridoio e appena il primo di quella lunga, assai lunga, ributtante processione gli fu vicino con un fendente lo decapitò di netto; ma questi continuò ad avanzare. Con un altro colpo gli staccò un braccio e tagliò un altro zombie in due, all’altezza del torso. Il braccio staccato con la mano si afferrò alla sua caviglia, mentre il corpo a cui apparteneva continuava ad avanzare, e così facevano anche i due pezzi in cui aveva diviso l’altro.

Di punta infilzò il braccio che stava risalendo sulla sua gamba e senza porre tempo in mezzo si diresse a barricarsi nella biblioteca, urlando durante la fuga. Chiuse le porte e iniziò a spostare tutto quello che trovava sottomano, ma poi si ricordò della novità apportata a quel luogo: la porta aveva ben due serrature e un chiavistello ! Ci fossero sempre state si sarebbero stati meno problemi, anni prima. Rinserrò le porte, spinse contro anche il tavolo, mentre così facendo cadevano libri, fogli e appunti, e poi corse a telefonare: a Buffy, a Wood, al Conte.

 

Se dal preside non rispondeva nessuno, a casa del Conte rispose Ethan al concitato connazionale che cercava di essere più chiaro possibile. “Mi spiace Rupert, ma Monsieur non vuole essere disturbato: si è rinserrato nello studiolo toscano-” “Eh ? Dove ?” “In uno dei tre salottini che ci sono in questa casa e ha dato tassative disposizioni perché non sia disturbato da nessuno.” “Ma non mi importa, spiegagli la mia situazione !” “La sua pupilla è lì ?” “Chi ?” “Buffy !” “Non ancora, la chiamavo adesso.” “Perfetto, non appena Monsieur saprà che la ragazza sta lottando contro dei pericolosi zombie verrà di corsa da voi.” Giles non perse tempo neppure a mandarlo al diavolo e riattaccò la cornetta.

 

A casa Summers rispose Dawn. “Come ha detto ?” “Zombie, Dawn, ho detto molti zombie assassini ! Chiama tua sorella e Kennedy e dì loro di correre subito qui. Sono barricato in biblioteca ma non so per quanto queste porte reggeranno. Ah, e fai cercare a Willow qualcosa sul fatto che, se anche gli tagli un pezzo, quello continua a muoversi !” “Come ?” “Ho tagliato un braccio ad uno di loro e quel braccio mi si è attaccato alla gamba ! Ecco come !” “Sul genere Mano della Famiglia Addams ?”

Quando la conversazione telefonica finì la ragazza si girò e vide gli occhi dei convitati fissi su di lei: pur non avendo capito nulla avevano sentito una voce maschile urlare nella cornetta. Dopo le prime spiegazioni, tutti, anche Kennedy, si girarono verso Buffy, domandandole muti sul da farsi, il cui ego fu estremamente felice nel notare che era ancora considerata il boss.

“Amy, tu vai pure al tuo negozio senza problemi, Dawn e Xander ti accompagneranno e faranno un paio di ricerche per scoprire cosa serve per ucciderli. Io, Kennedy e Willow andremo in biblioteca a tirare Giles fuori dai guai.” Lo disse seria, decisa e risoluta come ai vecchi tempi, ma troppa acqua era passata sotto i ponti da quando era una giovane, vergine ed inesperta Cacciatrice alle prime armi: c’era stato un ammutinamento, tanto per dire, nel frattempo.

Infatti Dawn protestò perché non voleva essere considerata la solita bambina, Xander che non voleva sentirsi messo in un angolo solo perché parzialmente invalido e Kennedy perché non voleva Willow tra i piedi quando cacciava (ma disse solo che lo trovava pericoloso per lei). Politicamente Buffy dovette scendere ad un compromesso: Dawn e Kennedy si sarebbero dovute rassegnare a quanto già deciso, mentre Xander le avrebbe accompagnate sul campo di battaglia, soprattutto perché sosteneva che erano stati costruiti alcuni passaggi sotterranei che univano varie parti del Liceo con alcune costruzioni esterne e in tal modo avrebbero potuto entrare in biblioteca o cogliere di sorpresa gli zombie senza alcun problema.

Si prepararono ad uscire, tra i mugugni dei componenti più giovani: l’unica lieta e sollevata era Amy, che poteva andare al negozio, non rischiava nulla e poteva fare un po’ amicizia con una delle sue nuove padrone di casa.

 

Giunsero davanti al Liceo e, sotto quel timpano in stile neoclassico tutto era tranquillo, tutto sembrava normale come al solito, esattamente come a Sunnydale era sempre stato, almeno apparentemente. Buffy, che vi era passata davanti d’estate, quand’era già costruito completamente, provò ugualmente una strana sensazione: quella scuola, lei, Xander, Willow e Giles dentro. Non c’era più Cordelia, ma adesso avevano Kennedy, di un genere diverso ma almeno assai più utile: sperava di cuore che le lezioni che le aveva dato fossero servite a qualcosa e che adesso fosse una Cacciatrice migliore.

“C’è una cosa che non capisco: prima c’era la bocca dell’Inferno e tutto era molto, molto più complicato e demoniaco. Ma ora che è chiusa perché non cambia niente ?” Era una valida domanda e Xander le diede subito la risposta. “Lo ha spiegato il Conte a Dawn: anche se la Bocca dell’Inferno si è chiusa, continua a mandare i suoi … influssi, per così dire, malefici: la terra qui intorno è impregnata di male come un buon hot dog di maionese.”

Le tre ragazze lo guardarono stupefatte. “La parte dell’hot dog è mia. Lui l’ha paragonata ad una stella: morta quella, la sua luce continua a viaggiare nell’universo. Qui invece una sorta di aurea maligna continua a trasudare e a richiamare demoni e vampiri, ma fortunatamente col tempo diminuirà fino a scomparire.” “Il paragone con la stella è di Dawn. Il Conte ha detto che la Bocca dell’Inferno è come un camino: abbiamo spento il fuoco ma la brace scotta ancora.” lo corresse Willow.

Ora che Buffy aveva le idee più chiare, mentre il resto della città festeggiava Halloween, si poteva anche iniziare a salvare Giles, sperando Dawn ed Amy trovassero qualcosa di utile. Gli telefonarono per sapere com’era la situazione interna e questi, trafelato e ansante, disse loro da dove aveva visto gli zombie entrare, quanti c’e ne erano approssimativamente e di fare presto perché continuavano a premere contro la porta, e prima o poi i cardini avrebbero ceduto.

In parte nascosta dalle felci, vicino l’ingresso, c’era una piccola costruzione che serviva per la manutenzione del giardino che circondava la scuola: Xander diresse il gruppo lì dentro e lasciò a Buffy l’onore di forzare la serratura: dentro, sotto un pannello di lamiera, si apriva un cunicolo che portava a una rete di passaggi sotterranei che si stendevano tra le fondamenta dell’edificio e univano vari punti del Liceo: sbucavano in biblioteca, in palestra, nell’ufficio del preside, nei camerini del teatro e in altri quattro punti della scuola. “Mentre la costruivamo tutti gli operai si chiedevano a cosa servissero questi tunnel.” ricordò soddisfatto Xander: “Io ero solo dell’idea che ci sarebbero stati utili qualche anno fa, ma vedo che anche ora fanno comodo.”

Scesi, si trovarono in un cunicolo, composto da elementi prefabbricati di calcestruzzo, largo poco più di un metro e alto un paio: polveroso, ruvido, ma sicuramente meglio delle fogne e dotato anche di illuminazione: ogni venti metri una lampadina, accesa da un interruttore nascosto dietro gli utensili nel capanno, illuminava la strada. Arrivarono ad un bivio e Xander chiese dove dovevano sbucare: Kennedy propose di prendere alle spalle gli zombie, Willow di assicurarsi che Giles stesse bene. Si divisero: le due Cacciatrici sarebbero uscite dall’ufficio del preside e avrebbero attaccato da dietro, Xander e Willow sarebbero andati in biblioteca.

 

Giles aveva già ricevuto una telefonata da Dawn, che gli comunicava le decisioni prese e gli chiedeva qualche informazione in più su quegli zombie: le rispose in modo brusco che non avevano nessuna carta d’identità da interrogare. Mentre quelli continuavano a spingere contro la porta, dove nel frattempo aveva accatastato svariati mobili, alle proprie spalle sentì degli strani rumori.

Si girò e vide dalla grata d’aerazione –che aveva sempre giudicato stranamente grande- vicino alle scale che portavano alla zona della biblioteca dove c’erano gli scaffali, sbucare Xander, che lo salutò impolverato ma allegro. “Buonasera signor Giles ! Penso che abbiano fatto male ad assumerla: solo quando c’è lei in giro la scuola viene invasa da demoni.” Lo aiutò a tirarsi fuori del tutto e poi tese una mano anche a Willow. “Accidenti, non sa quanto mi mancavano queste cose.” Dei grugniti poco rassicuranti coprirono la sua voce. “Beh, non poi tanto a pensarci bene.”

 

Nel frattempo le due Cacciatrici, a cui Xander aveva spiegato la strada da fare, erano sbucate nell’ufficio del Preside da una botola posta sotto un tavolinetto appoggiato al muro. Guardinghe e silenziose si affacciarono nel corridoio, Buffy davanti, con le mani salde nell’impugnare le spade: si sentivano i grugniti ma non vedevano nessuno nella penombra creata dalle luci di sicurezza. Avanzarono silenziosamente e caute lungo il corridoio verso l’origine di quei rumori, e sporsero le teste da uno spigolo, per accertarsi della reale situazione: gli zombie erano oltre una trentina e tra loro saltellavano un busto senza gambe, due gambe senza busto, un braccio e un corpo senza testa, mentre una testa, immobile in un angolo, grugniva per conto suo.

L’immagine era grottesca quanto irreale. Mentre cercavano di inventarsi un piano d’attacco, il cellulare di Buffy trillò e Kennedy non fece neppure in tempo a pensare che era una brutta musichina che tutti gli zombie si girarono verso di loro. “Forse dovevo togliere la suoneria.” ammise Buffy un minuto prima di slanciarsi contro quella torma che le si stava dirigendo addosso.

Le porte della biblioteca avevano ancora le due aperture circolari ad oblò e, come accadeva sempre, i vetri di queste furono subito spaccati da chi attaccava. Mentre Willow e Giles sfogliavano i libri Xander dava colpi di piatto con la spada per ricacciare indietro le braccia putrefatte che spuntavano. Lo spostamento in massa degli zombie provocò terrore nel ragazzo, che subito aveva capito si stavano dirigendo contro le due Cacciatrici: richiamò Willow e Giles, impegnati nelle ricerche, perchè lo aiutassero a liberare l’uscita permettendogli così di dare una mano alle ragazze.

Ci vollero solo pochi minuti ma quando Xander, seguito dall’Osservatore, poiché Willow e le sue magie avrebbero fatto la guardia al materiale sui simboli trovati in quella sorta di tempio, si affacciarono sul corridoio videro una scena degna de “L’apprendista stregone”. Come Topolino prendeva a colpi d’ascia la scopa magica creando tante piccole scope, così Buffy e Kennedy, spaventate dall’assalto, crollando fendenti sugli zombie avevano creato tante braccia, gambe, mani, torsi, teste, cosce e torsi dotati di vita propria che stavano loro intorno, chi cercando di farle inciampare, chi di farle uno sgambetto o di morderle.

Le due ragazze spiccavano per altezza rispetto a questa fiera di feroci parti anatomiche: Xander e Giles rientrarono in biblioteca, mollarono le spade e brandirono le balestre. Il ragazzo non poteva più avere una buona mira riusciva ancora a centrare un busto dotato di vita propria e con l’Osservatore consumò molte frecce per inchiodare al pavimento quei pezzi di corpo dotati di vita, ma gli strali terminarono prima di aver compiuto l’opera.

“E ora cosa diavolo facciamo ?” La domanda di Kennedy era decisamente sensata: benché fosse quasi tutta saldamente immobilizzata sul pavimento una parte di quella macedonia di arti si muoveva e cercava di attaccare ancora e, in ogni caso, bisognava trovare un modo decente per sbarazzarsene: e non li potevano seppellire da qualche parte se si muovevano ancora.

Willow, affacciatasi armata di scopa, stava spazzando via, lontano dalla porta della biblioteca, un braccio e un piede che cercavano di entrare, ignorando se ridere o preoccuparsi, mentre Buffy prendeva a calci un torso e cercava di scrollarsi di dosso una mano che le stava salendo lungo la schiena: la situazione stava degenerando nel grottesco più spinto !

“Ma non avete trovato niente su come fermarli ?” urlò Kennedy impegnata a schivare due insistenti teste che cercavano di morderle i piedi. “La biblioteca non è ancora completa, almeno per il lato soprannaturale ! Non pensavo ne avremmo avuto di nuovo bisogno e allora ho tenuto i miei volumi a casa.” rispose Giles, impegnato nel respingere lontano dalla biblioteca un torso con ancora attaccato un braccio. “Ho sempre sognato di passare così la notte di Halloween !” chiosò Xander da dentro, mentre cercava disperatamente altre frecce.

“Buffy, liberati da quella mano e vai a telefonare al Conte.” La Cacciatrice guardò il proprio Osservatore, perplessa per quel suggerimento mentre per l’ennesima volta gettava a terra una mano, più insistente di quella di mummia che le aveva fatto capire non essere tagliata per lavorare da Anya. “Lui sicuramente sa come trattare con questa varietà di zombie. E con te sarà più gentile.”

Avrebbe avuto voglia di litigare, di dire a Giles che non teneva affatto a chiamare quell’uomo nel cuore della notte e che meno le ricordavano che il Conte aveva una particolare predizione per lei meglio era, ma una cosa la fece cambiare idea.

Sua sorella ed Amy, urlanti e di corsa, inseguite da alcuni zombie interi, comparvero del corridoio, stravolte: la loro espressione quando videro cosa stava succedendo non può essere descritta a parole. “Dawn ! Cosa accidenti fai qua ?” “Abbiamo chiuso il negozio perché non veniva nessuno e siamo passate a vedere come ve la cavate.” rispose la sorella appena prima di vibrare un colpo di estintore nello stomaco ad uno zombie, mentre la strega ne faceva lievitare tre lontano da lei.

Xander, udite le voci, uscì senza frecce dalla biblioteca con la fotocopiatrice: facendo forza e facendo cigolare le piccole ruote che la sostenevano la lanciò come ariete contro gli esseri che stavano attaccando Dawn; purtroppo incappò in un braccio che strisciava verso Kennedy e si cappottò rovinosamente su un fianco.

 

Buffy corse dentro, e fatto il numero che Giles le aveva urlato, attese: rispose la cameriera, che dopo poco la mise in comunicazione con Sua Eccellenza. “Buonasera Anne. È un piacere sentirla.” “Quasi quanto il mio. Ci sono degli zombie che ci stanno attaccando, siamo nella-” “Ah, sì, lo so, Giles ha telefonato prima.” “E perché diavolo non è venuto a darci una mano ?” “Dovevo vedere un film e poi, mi scusi, una manciata di zombie per lei non dovrebbero costituire un problema insormontabile. Ha affrontato cose ben peggiori.”

Buffy tacque un secondo e, in tutta sincerità, non riuscì a trovare nulla da ribattere a quell’uomo, intuendo che era meglio sorvolare su questi particolari e giungere subito al dunque: gli raccontò della loro situazione ed ebbe l’impressione che dall’altro capo della cornetta quell’uomo si stesse divertendo pazzamente. “In parole povere avete decine di pezzi di zombie che cercano di aggredirvi e voi non sapete che fare ?” “Potremmo dire anche così.” minimizzò Buffy, che si sentiva un po’ stupida in quella situazione, mentre una mano ne gettava un’altra contro Giles.

“A lei, Anne, piacciono le mele ?” Nuovo momento di silenzio. “Scusi ? Ma le sembra il momento ? Vuole sapere che frutta ordinare se verremo a cena da lei ?” “A lei, Anne, piacciono le mele ?” Buffy capì che non c’era molto da fare: lei stava interrogando l’oracolo e adesso doveva giocare secondo le sue regole. “Abbastanza.” “E come le sbuccia, se le sbuccia ?” Con la coda dell’occhio vide Amy fuggire inseguita da tre gambe saltellanti, mentre alcune mani levavano le frecce che avevano inchiodato al suolo gli altri pezzi di corpo.

“Mangio anche la buccia, fa bene alla pelle.” “Faceva bene alla pelle, ma ora, con tutte le schifezze che usano i contadini … è da decenni che la frutta non ha più sapore, e non è neppure genuina. Comunque, sappia che le mele si possono sbucciare in due modi. O con un unico taglio, tenendola intera: si parte dall’alto con la lama e si scende in modo spiraliforme seguendo la superficie del frutto. La tagliava mio nonno così. Oppure la si spacca in quattro e si sbucciano i singoli spicchi.”

Dawn, stanca di vibrare colpi con l’estintore, adesso si serviva di una sedia, presa dalla biblioteca, mentre Giles menava colpi di scopa e Willow aveva scoperto che non bastava far loro prendere fuoco per renderli inanimati: un torso con ancora le braccia attaccate in fiamme cercava di ghermirla. “Questo è il modo per renderli innocui, se non ricordo male. Spacchi in due la testa di quegli esseri come fosse una mela, o un melone ben maturo. A me non piace molto il melone, a lei ?” “È insipido.” gli rispose, e si accorse con sgomento che gli stava pure dando retta !

Prima di ringraziarlo per i suoi sproloqui ebbe ancora una domanda, mentre Xander cadeva a terra per lo sgambetto fatto da un piede. “Ma … in che verso ?” “Scusi ?” “In che verso devo tagliare ? Verticale o orizzontale ?” “Ma verticale, cara, proprio come una mela. E mi raccomando, prima coglietela dal ramo.” “Eh ?” “Prima separate la testa dal corpo e poi la spaccate. Credo che appena finirà il film passerò a vedere come ve la cavate.” “Non ce n’è bisogno ! Buonasera !”

Con che gioia Buffy sbattè la cornetta sul ricevitore e brandendo la spada si diresse verso la prima testa che vide. Il metodo era giusto e spaccata in due quella, una delle gambe che avevano stretto, minacciose, Amy in un angolo cadde a terra di botto: illuminati sul metodo tutti iniziarono a menare gran fendenti e, mentre il pavimento veniva del tutto coperto da un liquido nauseabondo e vischioso, ogni arto cadeva come corpo morto cade.

 

ATTO IV

Mentre tutti chiacchieravano tra loro e Giles cercava qualcosa per pulire almeno alla meglio lo scempio di corpi sul pavimento davanti la “sua” biblioteca, a Buffy parve di sentire un qualche lontano e fioco rumore che si avvicinava verso di loro: con un gesto imperioso della mano ordinò a tutti di tacere. Era vero.

Più rumori si soprapponevano in lontananza: qualcuno stava fischiettando qualcosa, con un tempo dolce e lento tipico del valzer, un oggetto colpiva ritmicamente il pavimento o un muro, dei passi pesanti si avvicinavano. Non erano certo gli zombies di prima, ma non si poteva mai sapere: mentre Dawn cercava disperatamente di ricordarsi dove avesse già sentito quel motivetto, tutti si armarono di nuovo, brandendo coltelli e armi bianche, disponendosi a semicerchio davanti alla porta d’ingresso, agguerriti e pronti a dare ancora battaglia. Un momento appena prima che le presenze si palesassero fu la Chiave a capire cos’era quella musica e scoppiò in una liberatoria risata, riuscendo solo a dire “Amelie”.

“Oui ! Bonne soirée.” rispose il più eccentrico francese di Sunnydale aprendo le braccia in segno di saluto, come avrebbe fatto decenni prima una diva del cafè – chantant, mostrando al contempo tutta la sua eleganza: bastone, guanti e cappello, il soprabito leggero antracite, il gilè e la spilla da cravatta. Giles si domandò come fosse possibile che tutte le volte che lo vedeva gli pareva lo stomaco si rivoltasse dal disgusto. “Oh, che cari, un presentat-arm: era un sacco che non me ne faceva più nessuno. Certo, non è impeccabile, ma qui siamo in California.”

Buffy fu la prima a far cadere, rumorosamente e palesemente, il grosso spadone che aveva in mano, seguita da Willow, Giles ed Amy; Dawn, ridacchiando ancora aveva già abbassato la sua ascia. “Lo ha visto anche lei? Non lo trova magnifico? E poi, solo la storia del nanetto viaggiante è una piccola delizia !” “Oh, a me piace quando il maialino della lampada parla con le ochette dei quadri.” commentò deliziata la ragazza, ancora ilare, soprattutto per come tutti gli altri la stavano guardando, in primis Buffy, sempre più torva mano a mano la conversazione si snodava oscura per lei.

Decise di spiegarle, prima che il Conte dicesse ancora qualcosa. “Stava fischiettando il tema musicale de “Il fantastico mondo di Amelie”, ti ricordi quel film francese?” Certo che si ricordava quel film ! Lo avevano visto assieme ed era loro molto piaciuto: la questione è che non si può fischiettare un tema musicale così romantico entrando vestiti da damerini, scavalcando pezzi di cadavere e per giunta presentandosi in colpevolissimo ritardo. “Film magnifico. Ma in fondo sono stati i Lumiere a creare il cinema. Peccato che poi siate arrivati voi e abbiate prodotto Hollywood.” chiosò con l'abituale gentilezza.

Probabilmente qualsiasi statunitense presente avrebbe trovato da ridire sull'affermazione, ma fu l'inglese a precederli. “Lei ci ha lasciato qui da soli perché doveva guardare quel film?!” Il Conte lo guardò con la più pura ed innocente espressione che un volto potesse indossare. “Mi avete chiamato quando avevo già iniziato a gustarlo: non potevo interrompere così un'emozione.”

Giles si domandò solo perché, dopo tutti quegli anni, continuava a cascarci: perché gli faceva ancora delle domande, avendo già la certezza che la risposta lo avrebbe profondamente indisposto? Ma Kennedy non era abituata a lui e non riuscì a stare zitta, avvampando di sdegno contro quel presunto amico delle Cacciatrici. “Grazie ! Lei ha preferito vedere un film che venire ad aiutarci ! É mostruoso !”

A bassa voce, ma non tanto da essere impercettibile, Giles bofonchiò un ironico "che strano" mentre l'azzimato nobiluomo, sfoderando un accettabile sorrise, disse alla ragazza che se erano sopravvissute a dei Turok - An tutto quello che era comparso quella sera era appena un lieve fastidio, e inoltre aveva dovuto preparare una piccola sorpresa per qualcuno: più di una persona in quella stanza si sentì gelare il sangue e occhiate preoccupate rimbalzarono da uno all'altro.

Il conte batté due volte le mani con fare altero e dalla porta comparve uno stravolto Rayne, con la divisa d'ordinanza da cameriere, reggendo in precario equilibrio sulle spalle un tappeto tutto arrotolato: “Prego, lo appoggi pure sul bancone.” ordinò con un ampio gesto del braccio al suo servo, che posò il carico senza troppa grazia. Mentre quello iniziava a slegare alcune cordicelle che lo tenevano avvoltolato, tutti gli si misero dietro per guardare cosa fosse realmente la sorpresa mentre l'artefice di tutto questo colpo di teatro silenziosamente si dirigeva al tavolo rotondo della biblioteca e comodamente ci si appoggiava, incrociando le gambe all’altezza delle caviglie.

Rayne sciolse i nodi e tirò i lembi del pesante panno, in cui era in realtà avvolto ... un bambino con una gamba sola. Benché i tratti del viso fossero quelli di un uomo adulto la sua lunghezza non superava il metro e venti: la pelle era olivastra, i capelli neri tagliati molto corti, un naso piccolissimo appena spuntava dal volto, la corporatura secca e minuta. Indossava un breve gonnellino forse in cuoio, come quello degli antichi romani, che copriva in qualche modo dove l'unica gamba, grossa e muscolosa, si univa al tronco: infatti era evidente che quell'essere aveva per costituzione una sola gamba, che in qualche modo si fondeva con il busto sovrastante, e che terminava con uno spropositato, lungo e grosso piede arcuato.

Solo due persone, tra quelle intorno ad esso, compresero immediatamente cos’era quel corpo morto steso sul tavolo, ed ebbero la stessa reazione: istintivamente si allontanarono dal bancone, Willow retrocedendo verso la porta d’ingresso della biblioteca, Giles verso la gabbia metallica dove erano custodite le armi (e dove, nell’originale, veniva segregato Oz). Tutti e due sapevano cosa fosse quel corpo e a Giles non servì neppure un secondo per capire a chi era rivolta la sorpresa: gli mancava solo di comprendere quale fosse il nesso tra quel demone e Willow.

“Cos’è, un pigmeo geneticamente mutato?” chiese Xander girandosi verso il Conte, molto perplesso davanti a quella cosa lucida, morta e antropomorfa. “Se fosse così avrebbe un colore della pelle più scuro.” osservò il francese. “Ha intenzione di rivelarcelo tramite il gioco “acqua – fuochino – fuoco”?” chiese Buffy guardandolo accigliata e con un tono che decisamente avrebbe innervosito anche l’uomo più paziente del mondo; e l’interlocutore non lo era certamente, ma per fortuna era un gentiluomo e quindi si trattenne dal risponderle come meritava.

“Una Cacciatrice preparata non impiegherebbe molto a dirmi almeno il nome comune di quel demone. Ma suppongo che lei avesse troppi interessi tra cui dividersi per dedicarsi un po’ alla teoria e alla conoscenza.” “Scusi ma ho sempre creduto che una buona spada sia più utile di un libro, almeno per uccidere vampiri e affini.” “Ed è per queste sue idee, suppongo, che lei coi vampiri ci faceva amicizia, invece che ucciderli.” Prima regola: non iniziare schermaglie verbali con il Conte, perché tanto le vince lui. Seconda regola: anche se vuole bene non si fa problemi a tirare una buona stoccata. Giles, oltre a pensare a questo decise che doveva intervenire prima che dalla bocca di Buffy uscisse qualcosa di irreparabile.

Rivolto ai ragazzi che aveva davanti disse: “È uno sciapode, immagino imbalsamato. Sono dei demoni innocui che vivono verso l’equatore e per ripararsi dal sole, quando si riposano, si sdraiano sulla schiena e si fanno ombra con il piede. Sono famosi per la loro velocità e per una spiccata propensione a trovare le persone; sono spesso paragonati ai levrieri, anche per l’indole pacifica e mediamente sociale.” Un leggero applauso alla sua sinistra lo fece girare verso il francese, che aveva come sempre voglia di fare dello spirito, mentre Buffy era ancora paonazza di rabbia e Willow aveva il colorito di un cadavere. “Bravo, eccellente: conosce la lezione. E immagino che conosca anche come evocarli. Ma non è stato lei a farlo. E non è stato lei a mandarlo a casa mia.”

Parlando come suo solito sorrideva con la bocca ma non con gli occhi, “l’unica cosa limpida in lui” diceva la nonna di Giles per descriverne il chiaro e acquoso colore. Dopo queste brevi frasi, pronunciate gentilmente e ben staccate le une dalle altre, nessuno aveva più dubbi su chi fosse l’oggetto della sorpresa, ma solo Giles, ancora una volta, comprese quanto ci fosse di artefatto in tutta quella situazione.

Quel maiale latino, che ai difetti francesi assommava anche i vizi italiani, aveva costruito un suo personale teatro lì in biblioteca, come apparve chiaro all’Osservatore: da un lato Willow, davanti a lei Vigio e in mezzo, appoggiati al bancone, tutti gli altri, novella versione del coro. La rappresentazione era agli inizi, e sicuramente non sarebbe stata una commedia.

“In grado di evocarlo ci sarebbe anche il mio cameriere, che va escluso perché sa bene chi sono, e poi la streghetta bionda.” Amy, sentitasi tirare in causa, iniziò velocemente a mugolare ed uggiolare protestando la sua innocenza e la sua estraneità con fare tanto umile, sottomesso e lagnoso che in premio ebbe uno sguardo di evidente compassione. “Allora direi che sei rimasta solo tu, strega.”

La partita era iniziata, finalmente, e Willow aveva intenzione di giocarla al meglio possibile, e la prima cosa da fare era mostrare del carattere. “Non ci voleva molto a capirlo. Siccome la mia ragazza era stata rapita da un pericolo figuro uccisore di Cacciatrici ho cercato di sapere subito dove fosse carcerata.”

Tutti gli sguardi si rivolsero su di lui, in primis quello di Buffy e Kennedy, a cui questa notizia giungeva non solo totalmente nuova, ma anche decisamente terribile: per quanto avessero un’idea vaga di chi fosse mai si sarebbero aspettati che oltre a demoni, vampiri e streghe uccidesse anche le Cacciatrici. Tutti non dicevano che lui le proteggeva?

Giles, agghiacciato da tanto ardire da parte di Willow, notò negli occhi del Conte un sinistro lampo di soddisfazione: sapeva che gli piacevano gli avversari che opponevano resistenza, perché c’era più gusto a batterli. “Una verità raccontata male e detta a mezzo è solo una menzogna, strega. Se è per questo ho ucciso anche Osservatori, ma immagino Giles per primo riconoscerà che ho fatto solo cose che andavano fatte. Ma chi è senza peccato scagli la prima pietra. Vero?”

Sorrideva, cielo come sorrideva di gusto: ogni parola che pronunciava era come una dolce caramella nella sua bocca, si estasiava nel porgere con signorile gentilezza la verità davanti a lei e ai suoi amici. “Willow era-” cercò di intervenire Xander, inopportuno ma coraggioso, prevedendo che quella conversazione sarebbe ben presto degenerata. “Al Liceo non avete recitato qualche dramma greco?”

I ragazzi si guardarono tra di loro, spiazzati da questo repentino cambio di argomento e mentre qualcuno cercava di capire cosa tutto ciò avesse a che fare con il resto, Willow rimaneva sempre tesa a fissare l’antagonista, che si godeva lo scompiglio nel campo degli avversari. “Se non ricordo male doveva essere un “Edipo”. Peccato, sarebbe stato più utile se aveste recitato “I Persiani”. Immagino non sappiate di cosa parli.” Pendevano dalle sue labbra, ancora increspate in un sorriso beffardo.

“Parla di hubris, e non vi domanderò se sapete cosa sia. È il folle orgoglio che prende taluni esseri umani quando vogliono superare i limiti della propria natura e ardire troppo, ritenersi a pari di Dio. È quello che fa Re Serse ne “I Persiani” di Eschilo, l’Ulisse dantesco o, così capirete meglio, il Re di Babele quando vuole erigere una torre che giunga a Dio. L’uomo che vuole essere come il suo Creatore, oppure superiore: una bestemmia, un terribile peccato che sarà duramente scontato. Asclepio, avendo osato resuscitare un uomo, fu fulminato da Zeus, suo nonno, perché aveva violato le leggi del creato. Mi comprendi, strega ?”

Pause da attore consumato, domande retoriche a cui la folla non poteva che rispondere in un solo modo, sorriso ironico quel tanto per innervosire chiunque: stava impiegando al meglio il suo più sgradevole repertorio davanti a una Willow che non distoglieva lo sguardo un solo attimo da lui, pronta a difendersi da qualsiasi colpo di mano, a Giles e ai ragazzi che trepidavano davanti a questo scontro verbale.

“Sei stata presa, pesata e trovata in difetto.” Ogni tanto diceva una frase incomprensibile ai più, giusto per aumentare mistero e senso di disorientamento. “Si diceva in altri e migliori tempi ai processi. Strega, sarò breve. Sei colpevole di omicidio, sei colpevole di crimini contro l’umanità, sei colpevole di hubris e sei pericolosa. Hai qualcosa da obiettare?” Se la prima parte del discorso era stata pronunciata con grave solennità, come si confaceva a una condanna, la domanda era beffarda ed ironica, oltreché irritante.

“Da queste parti prima si accusa e poi si verifica la colpevolezza. E inoltre lei, Conte, non è la legge.” Il Conte girò in modo secco la testa verso sinistra, sorpreso e infastidito da questo intervento; Willow fissò la ragazza con gli occhi pieni di ammirazione; Giles temette cosa sarebbe potuto accadere a breve; Buffy non abbassò lo sguardo davanti all’accusatore dell’amica e continuò a fissarlo con aria di sfida. Lui sorrise e divertito le pose una domanda.

“Oh. E chi è a Sunnydale la legge? I sindaci demoni? I miei conoscenti militari dell’amministrazione provvisoria? Oppure la Cacciatrice? La Cacciatrice che voleva mandare Faith in prigione quando ella uccise per sbaglio un uomo, se non erro. E allora mi domando perché tanto accanimento con quella ragazza, che giustamente meritava il carcere, mentre qui, con la strega, fate finta di nulla, come se dopo aver distrutto mezza Sunnydale, quasi ucciso il qui presente Giles, ucciso quel delinquente, condannato lei e sua sorella a morte quasi certa, bastassero un paio di mesi come ragazza alla pari in Inghilterra a cancellare la colpa e a riabilitarla.” Ora non sorrideva più e l’aria, se possibile, si era fatta ancora più pesante.

“Non era in sé quando voleva ucciderci!” mugolò Dawn esasperata da quell’uomo nei cui occhi non leggeva nulla se non una condanna a morte, e sdegnata per quel paragone: Faith era cattiva, Willow era una loro amica che per un breve periodo aveva … sbandato. “E allora la metterò in qualche manicomio criminale.” le rispose gelido.

“Quali sarebbero i crimini contro l’umanità?” Willow. Le prime parole che diceva le rivolse al suo accusatore con un auto-controllo che neppure pensava di avere, mentre era intenta, tra sé, a pensare a come ucciderlo prima che lui la uccidesse; probabilmente se non ci fossero state le voci dei suoi amici a difenderla avrebbe già ceduto alla tentazione di chiudere il discorso in maniera violenta: aveva moltiplicato le Cacciatrici, sarebbe stata in grado anche di uccidere Vigio l’Inclemente.

“Distruggere il mondo, strega: mi pare che rientri decisamente in quella categoria. Ma andiamo per ordine. Per il peccato di hubris io non ho diritto ad applicare alcuna pena: hai violato la Legge di Natura, a cui io stesso sono sottoposto, ma essa ti ha già punito. Ti sei mai chiesta come mai, dopo quell’atto scellerato e sacrilego, in pochi mesi metà di coloro che l’hanno compiuto siano morti? Pensaci. Resuscitate Anne e muore la dolce Tara, muore la cara Anya, le vostre vite sentimentali sono dolorosamente colpite, Harris perde un occhio, tu il senno, venite feriti nel corpo e nello spirito. Quando Icaro volle volare troppo alto precipitò e morì, strega: per quel peccato avete espiato ed espierete ancora, forse. Com’è giusto che sia: dalle mie parti si dice “Chi sale in alto e non deve cade più in basso di quanto crede”. Invece è il diritto consuetudinario che mi autorizza a punirti per l’uso criminale ed esecrando che hai fatto della magia.”

“Di cosa diavolo parla? Cos’è questo “diritto consuetudinario”“ Xander non si fidava affatto di tutti questi termini inconsueti, di questi strani esempi, di questi discorsi complicati: mentre il Conte parlava ogni tanto si guardava in giro, per leggere se negli occhi dei suoi amici c’era la stessa confusione e lo stesso disorientamento che regnava in lui.

Anya non gli aveva mai detto che uccideva anche le Cacciatrici: gli aveva parlato a lungo dei metodi per sviscerare ed imbalsamare i demoni, dell’incidenza della produzione e lavorazione artigianale sui costi del prodotto finito, ma questo! Eppure gli sembrava di essere l’unico in quello stato: Giles era il ritrattato dell’apprensione come Amy lo era della paura.

In Willow gli parve che ogni singola fibra del suo corpo fosse tesa nello sforzo di trattenersi e di non iniziare con lui un duello come già aveva fatto con Glory dopo che aveva fatto del male a Tara. Negli occhi di Dawn e Kennedy c’era solo disorientamento perché non riuscivano a far combaciare l’uomo gentile e premuroso che avevano incontrato con quella persona gelida e sicura di sé.

“Avendo la fortuna di appartenere a un continente che ha fatto la storia e la civiltà del mondo …” Si interruppe come se avesse compreso qualcosa di importante; guardò l’Osservatore inglese di mezza età, il giovane carpentiere californiano, le due Cacciatrici totalmente prive di cultura, la giovane Summers, l’insignificante streghetta, Willow e preferì evitare preamboli che non avrebbero capiti: adesso aveva voglia di arrivare subito al sodo.

“Lasciamo perdere. Io punisco le streghe pericolose, privandole dei loro poteri e uccidendole, se esse si ribellano, da così tanto tempo che è oramai la consuetudine si è legalizzata, per così dire, e tutti mi riconoscono questo diritto. Non c’è nessun arbitrio quindi, e tutte le serie congregazioni di streghe mi apprezzano perché in tal modo provvedo a rendere innocue persone che potrebbero essere di grave detrimento per tutta la categoria.” Pausa e silenzio perfetto intorno a lui. Willow non aveva intenzione di perdere tempo in chiacchiere: stava già elaborando il maggior complotto mai pensato, o almeno così credeva, per liberare il mondo da quella sinistra presenza.

“Per questo sconterai la pena che meriti, strega. Pagherai, come vuole la legge degli uomini, per aver ucciso una persona. Pagherai perché con la tua magia hai messo in pericolo chi ti stava intorno e ti sei mostrata indegna di quel potere. Pagherai perché hai evidentemente dimostrato, lo sciapode insegna, che non sei in grado di controllarti e utilizzi ancora le forze demoniache per i tuoi scopi. E pagherai, finché vorrà la Provvidenza, per aver strappato Anne dal Paradiso.”

Ogni parola cadeva pesante dall’alto della sua bocca come la scure del boia sul collo del condannato: lei non aveva mai smesso per un attimo, anche quando si era girata verso Buffy, di scrutare quel volto anonimo e quegli occhi cerulei e più passavano i minuti più faticava ad impedirsi di iniziare un duello mortale. Per la prima volta da quando si era appoggiato al tavolo della biblioteca, le braccia incrociate sul petto, il Conte si alzò e fece un passo verso Willow: Xander uscì dal gruppo e gli si parò davanti, fiero e saldo sulle gambe, teso come una corda di violino e con un cipiglio raro.

“Per fare del male a Willow dovrà passare sul mio cadavere !” Questa era la frase più stupida che si potesse dire a un tale figuro, e Xander lo comprese solo un attimo dopo averla detta: Giles e tutti gli altri, a sentirla, gelarono. Il ragazzo vide il Conte davanti a sé a mezzo metro di distanza, i suoi occhi chiari e freddi come una lama e lo sentì dire con voce soave e tono vago di chi fa benevola conversazione: “Uccidere Harris. Spiacevole, ma non impossibile.” Detto ciò con due lunghi passi in diagonale lo superò, avvicinandosi ulteriormente a Willow: Kennedy stava per slanciarsi tra i due ma una stretta forte la bloccò e fu Buffy a interrompere ancora una volta il cammino di Vigio l’Inclemente, ponendoglisi davanti.

Lui chinò un poco la testa per fissarla in quegli occhi verdi che promettevano battaglie e lotte pur di non fargli svolgere il proprio compito; incredibilmente sospirò, rassegnato e addolorato dal fatto che lei non lo capisse, e attese di sentire quali idiozie la ragazza avrebbe detto. “Willow sa controllare la propria magia: non ha detto lei che quel demone era innocuo? E inoltre ... io non le permetterò di dettare legge nella mia città.” Lui scosse appena la testa e a Buffy parve di leggere nei suoi occhi … compassione?

“Ho smesso di contare le Cacciatrici dopo che ho incontrato la centesima.” Parlando aveva di nuovo assunto quel tono triste ed evocativo come durante il loro primo incontro e per un istante solo all’immagine di assassino e megalomane folle si sostituì quella tracciata da Angel, di uomo triste e sconsolato.

“Lei, Anne, non è la prima Cacciatrice ad innamorarsi di un vampiro, a sventare apocalissi, a credere di essere la Legge: è solo una ragazza giovane, inesperta di troppe cose, con in testa idee ed opinioni sbagliate, priva di basi e non è neppure l’unica Cacciatrice, adesso. Io sono solo ed unico, e ho visto cose che voi nemmeno riuscite a concepire: ho visto uomini morire a mucchi per la Peste del Quarantotto, costruire la più bella reggia del mondo, e degli straccioni vincere a Valmy i primi eserciti d’Europa.

Ho visto passare oltre cento Indizioni, quarantasette Sommi Pontefici, quindici Sacri Romani Imperatori, quattordici Re Cristianissimi, due Duchi e dodici Granduchi regnati di Toscana. So quello che faccio Anne, so che va fatto e lo farò perché è mio dovere e ad majorem Dei gloriam. Ma non ho voglia di litigare già adesso con lei, per cui la lascio con una sola domanda: perché Faith doveva andare in prigione e la strega no? Mi trovi una valida differenza etica tra i due casi.”

Sospirò di nuovo, ancora più triste –non sorrideva nemmeno- e superò Buffy, attonita davanti a quello spinoso quesito morale e alle sue parole, che l’avevano fatta sentire piccola e sciocca; fece un gesto con la mano a Rayne, che iniziò a re-impacchettare il demone imbalsamato, e camminando si avvicinò a Willow, senza neppure guardarla.

Lei non aveva per un attimo smesso di tenergli gli occhi fissi addosso durante quella conversazione e la cosa che maggiormente l’aveva spaventata era stata quella triste, rassegnata sottomissione a un superiore dovere da compiere: è facile perpetrare le peggiori nefandezze quando ci si sente giustificati da parole maiuscole come “Dovere”, “Onore”, “Giustizia” e simili. Se internamente tremava di puro terrore all’idea che lui si avvicinasse, esternamente era rimasta immobile come una statua da quando le aveva rivolto per la prima volta parola.

Silenzioso come un’ombra, senza neppure il ritmico rumore del bastone, le passò affianco, senza sfiorarla, ma sussurrandole all’orecchio, discreto quanto sinistro: “La prima udienza termina qui.”

 

VIII. 06 – MISTERIOSO OMICIDIO A MANHATTAM

 

Scritto da: Franz Joseph

Spoiler per: tutta la stagione VII di BtVS

Rating: per tutti

Timeline: un anno e mezzo dopo “Chosen”; metà novembre 2004

Summary: dove un delitto interrompe la partita a scacchi del Conte e la cena della Scooby Gang, tutti prima affannano nelle indagini con alterni esiti e poi incontrano una vecchia conoscenza; Madame parla con Buffy, Giles fa interessanti rivelazioni, il Conte parla del proprio passato e del pericolo della stupidità umana, ma qualcosa viene taciuto.

Commenti: se volete scrivetemi a franzjoseph1@supereva.it

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

PROLOGO

Ci sono degli imperativi morali, etici e sociali a cui non si può sfuggire: un nobiluomo non gioca a poker con la propria servitù. Cielo, per una cosa così seria non si può fingere di ignorare la distanza che separa la plebe dal gentiluomo. Ma con chi fare un buon tavolo ? Togliendo le donne (un tavolo serio non ha certo femmine intorno) si può trovare un preside americano, un Osservatore inglese e un carpentiere californiano: sembra una pena infernale abbassarsi così tanto, pensò il Conte di San Germano affranto.

Ma era in terre barbare, prive di civiltà e di maniere, in partibus infedelium, per cui molto di più non poteva avere: in tempi minori princìpi minori. E prìncipi minori, gli venne da aggiungere. Altri tempi le partite con Sua Altezza Reale il duca di Berry: quelli sì che erano Figli di Francia, Principi del Sangue. E la duchessa di Berry … gustosa vedovella ! Erano appena meno di duecento che lo avevano ucciso a teatro ? Era stato nel ’20 ? Sì, certo, De Maistre era ancora vivo … ah, De Maistre, Chateaubriand, Luigi XVIII … che giorno immortale la Restaurazione a Parigi, aveva cancellato anche il disgusto di vedere quei sotto-uomini dei russi passeggiare per il Palais Royal. Quel diavolaccio di Talleyrand ! Politici simili non ne nascono più, al confronto Kissinger è un povero zotico curato di campagna.

I curati … probabilmente il Conte avrebbe continuato a perdersi nei propri pensieri, avrebbe finito per ricordare con affetto ancora vivo un lontano ecclesiastico che tanto aveva caro, ma Margot interruppe il flusso dei ricordi dolci e dolorosi dando, con un cavallo, un leggero colpo ad un suo pedone. Si riscosse, osservò la scacchiera e comprese che aveva voglia di attaccare: bene, l’avrebbe subito servita facendole saltare gli alfieri.

Con lei non poteva giocare a biliardo: secondo lui l’essere puro (si fa per dire) spirito impalpabile la favoriva nell’utilizzo della stecca, mentre lei sosteneva l’esatto contrario. Ed in due non si poteva giocare a baccarà, bèsigue, faraone, ronflè, bestia, macao, ventuno, pitocchetto, whist, zecchinetta, poker, scala, bridge, canasta, chemin de fer, cosiccome fare tutte le sere una partita a écartè non era molto divertente. Perciò, se non aveva nulla di meglio da vedere in televisione, giacchè non c’era una videoteca con film europei decenti, se non c’era nessuno dei telefilm che seguiva con passione pari a quella di altre e migliori cause, le chiedeva di fargli compagnia la sera. L’allegria non era mai molta in quella casa: il lunedì, mercoledì e venerdì mattina si dedicava al lavoro giù nelle cantine, e in alcuni pomeriggi controllava a che punto fosse la sua ultima creatura, il Novus Ordo Inspicientum (che nome ! suonava molto meglio di Nuovo Consiglio degli Osservatori !). Avrebbe tanto voluto che le due bambine e l’altra Cacciatrice venissero da lui per apprendere e rendersi dotte –giacchè, oltrechè di buone maniere difettavano certo anche di cultura- ma nessuna si faceva viva alla sua porta e lui non aveva certo intenzione di andare a mendicare la loro presenza nella sua magione: se non sarebbero venute tante peggio per loro !

Ma, il fondo di tutti questi discorsi era uno solo, ad Anne lui non piaceva: non che il Conte si fosse mai immaginato il contrario, ma almeno sperava sarebbe stata tanto intelligente da capire che poteva imparare svariate cose importanti standogli vicino. Ma, come motteggiava Margot, se fosse intelligente quella ragazza avrebbe scelto fidanzati ed amiche migliori. In ogni caso lui era abituato a vivere in case sprofondate nel silenzio, e non amava né avere troppa compagnia né, tantomeno, farsi amicizie: sapeva che sarebbe rimasto soltanto per qualche altro mese a Sunniydale e quindi sarebbe stato stupido perdere tempo legandosi in qualche modo con quei poveri giovani.

Comunque aveva, come sempre, troppe cose a cui pensare per distrarsi cercando di imbastire rapporti umani: il Consiglio e quella manica di delinquenti inglesi, (in primis il Duca di Hamilton), i pericoli di quella strana congrega che scavava templi e probabilmente vivificava cadaveri, il suo lavoro e tenere sul chi vive la strega. Magari si annoiava, ma certo non sarebbe rimasto con le mani in mano, e poi, almeno, aveva le visite della sua dolce e diletta Fides che lo riempivano di discreta gioia.

<A cosa pensi ?> Margot non aveva bisogno di vedergli muovere così male le torri per sapere che stava dedicando i suoi pensieri ad altro: dopo secoli che si conoscevano e vivevano assieme poteva quasi predire quello che lui avrebbe fatto. E infatti in tal caso la sua domanda era veramente oziosa, poiché gli leggeva nel volto, rannuvolato da pensieri non lieti, che stava riflettendo su Anne.

Per quanto fingesse con gli altri, per quanto sapesse ingannarsi almeno in parte, non era mistero per nessuno di loro due che era rimasto deluso dalla ragazza: deluso dalle sue parole, dai suoi comportamenti ostili ed ostinati, deluso da esserla immaginata sempre più simile a Caterina Ivanovna, la seconda Cacciatrice veramente importante nella sua vita, mentre invece era fatta di tutt’altra pasta.

Lui alzò lo sguardo, la fissò e come ogni volta, invece che il pallido ed evanescente spettro, ombra di ciò che era, vide con gli occhi del ricordo davanti a sé quel viso che ben conosceva, quella donna testarda e curiosa che era stata secoli prima, le cui urla terrorizzavano anche il marito, quella “mula” con cui litigava spesso, con la quale si erano maledetti e a cui per cinquant’anni non aveva rivolto la parola, benché abitasse in casa con lui. Incredibilmente, dopo tutti quei secoli, il ricordo di quand’era viva e di com’era gli sembrava molto più reale e tangibile del fantasma con cui conviveva da prima della Guerra dei Trent’Anni. Sospirò.

<Sarà l’aria, il clima, il fatto che sono pagani ed idolatri e si chinano davanti ai totem più assurdi e stolti, ma a me questa California proprio non piace. A te ?> <A me non piacciono solo le persone. Poi, quanto ai panorami, ne abbiamo visti di peggiori: dopo il primo mese di monsoni tutto l’Annam diventa orribili. E non che il Regno di Lodomiria fosse poi molto più allegro. Certo, loro almeno non mangiavano hot-dog e sapevano di essere solo polvere. Qui invece sono tutti così superbi, credono sempre di avere ragione …e poi non sanno trattare con le persone !> <Difetto comune: l’ho anch’io.> Il Conte aveva bisogno di un complimento, e solo per questo aveva fatto quel commento su sé stesso.

<Tu non ne hai bisogno, cielo ! Platone ringraziava gli dei per essere greco e non barbaro, libero e non schiavo, uomo e non donna ma soprattutto di aver conosciuto Socrate. Tu sei europeo e non barbaro, nobile e non plebeo, cattolico e non eretico, discendi dalla Francia eterna e dalla orgogliosa Firenze: non sei tenuto a portare rispetto a questi quattro villici ! Mi pare che Anne abbia un cattivo influsso sul tuo umore !>

Lui sbuffò perché voleva dei complimenti, non trattare con lei quell’argomento: era incredibile come lei riuscisse, su certi temi, ad essere ancora più dura e severa di lui. <Ma lei non c’entra molto, non è una novità che sono di temperamento melanconico. Avrei voglia di stare a casa, non qui tra questi zotici.> <Sei tu che sei voluto venire per sistemare di persona la faccenda. Io ero per continuare con i vecchi metodi.>

<Giusto. Ora che siamo qui mi devo adattare. E non azzardarti a volermi mangiare l’ultimo cavallo.> Spesso i loro discorsi si muovevano su un filo logico estremamente personale e, come era uso quando si scambiavano confidenze e pensieri, la conversazione si era svolta in una versione abbastanza antica e dialettale del francese.

 

Mentre si discuteva alla luce di una lampada art noveau di tali argomenti, a casa Summers c’era una piccola cenetta, ristretta ai vecchi amici e, per così dire, ai nuovi, cioè Amy, oramai coinquilina a tutti gli effetti: con piacere faceva il bucato, esimendone le due sorelle, e chiacchierava ininterrottamente colmando così i silenzi glaciali che altrimenti ci sarebbero stati in quella casa. Se non per motivi strettamente necessari infatti Buffy e Dawn non si rivolgevano quasi parola, ignorandosi: quello che si erano dette subito dopo l’attacco da parte di quegli homuncoli e all’arrivo a Sunnydale pesava ancora, mentre l’idea del Conte così misterioso, pericoloso e vicino rendeva ancora più nervosa e silenziosa la Cacciatrice, che non si tratteneva affatto dal mostrare il proprio malumore.

Mentre tutte le ragazze si affannavano intorno ai fornelli, creando spesso confusione e un costante cicaleccio, i due uomini si erano sdraiati chi in poltrona chi sul divano e si riposavano chiacchierando del più e del meno; Giles si era informato ancora una volta se Xander aveva problemi col lavoro perché sapeva che un occhio in meno nel suo mestiere era un grosso problema mentre il ragazzo (i cui pensieri parlando con l’Osservatore erano rivolti a tutt’altro argomento) era curioso soprattutto se nel Liceo tutto funzionava senza problemi: gli impianti erano stati affidati ad una ditta su cui sapeva poco e voleva avere la certezza che fossero degli operai capaci.

La serata era iniziata stranamente bene: a fare la spesa le due streghe e Buffy non avevano discusso troppo, Kennedy e Dawn creavano pian piano una certa familiarità e Giles aveva avuto il tempismo di mentire sul vino che aveva portato, occultando che era un gentile dono del Conte. Già, perché anche se non si nominava il suo spirito, denso di minacce e di gentilezze, di insulti e di regali, tutti quanti almeno una volta da quando si erano riuniti gli avevano rivolto un pensiero.

Kennedy, sentendosi un verme, fece il paragone tra i piatti di casa Summers e quelli bordati d’oro sopra sottopiatti d’argento; Dawn, curiosamente, si domandava se si sarebbe offeso per il fatto che Buffy non l’aveva invitato; Giles ci pensava bevendo il bordeaux; Amy aspettava ancora di vederselo un giorno comparire in negozio; Xander era contento di non vederlo già da qualche giorno, perchè ogni volta c’erano problemi; Willow e Buffy pensando al proprio futuro pensavano a lui.

 

Mentre Margot concedeva la rivincita, Rayne entrò nel salotto, pallido in volto e con uno sguardo decisamente spaventato e preoccupato: i due giocatori gli rivolsero un’occhiata curiosa, certi che nessn pericolo avrebbe mai avuto il coraggio di venire ad importunare volontariamente Vigio l’Inclemente nella propria maison. <Monsieur, Madame, ci sono … visite. Un demone … non mi ricordo il genere. Molto spaventato, e vuole parlare subito con Monsieur.> I due giocatori si guardarono francamente sorpresi: era raro, per così dire, che un demone vivo volesse entrare volontariamente nelle sue case. <È molto spaventato e confuso, continua a parlare di alcuni demoni karhall morti e dice che Vostra Eccellenza deve intervenire prima possibile.>

Un karhall ? Cosa diavolo ci facevano a Sunnydale ? Li mandava Zamira ? E cosa voleva da lui ? Che forse … <Perché Zamira ti cerca ?> chiese Margot, come se gli avesse letto nel pensiero. <Non saprei. Forse avrà bisogno di un favore. O forse ha intenzione di farmene uno. Grosso.> Lei capì e pensò che non avrebbe mai scommesso un soldo che quella stupida demone avrebbe saputo dar loro delle risposte. Certo, se i morti erano i suoi messi ora le risposte erano più difficili da avere. <Fallo accomodare in foresteria e digli che arriverò subito.> e accompagnò l’ordine con uno sbrigativo gesto della mano.

Purtroppo, mancando i corridoi per raggiungere la foresteria, si sarebbe dovuto vestire per andarci, ma non ne aveva affatto voglia: stava così comodo con il suo pigiama e la fantasmagorica vestaglia di seta dell’Indocina. <Mi vesto ?> chiese a Margot per un parere. <Ma sei matto ? Mettiti un cappotto per non prendere freddo al massimo, ma vestirsi per ricevere un demone a quest’ora sarebbe una cosa indegna: la distanza che c’è tra te e quell’essere mi sembra così ampia da non doverti neppur far avere dubbi.>

Una delle cose che preferiva in lei era che, nonostante tutti questi secoli, aveva ancora mantenuto intatto l’alterigia che la sua nascita e il suo sangue le imponeva, e lui amava che lei rinsaldasse sempre queste sue convinzioni in materia. Peccato in quel frangente la sua domanda vertesse su tutt’altro: avrebbe preso proprio molto freddo ad uscire buttandosi addosso solo un cappotto ? Sapeva benissimo qual era la distanza che lo separava da un demone, senza che lei glielo ricordasse ! Ma se adesso si fosse vestito avrebbe dovuto spiegarle che lo faceva per non prendersi un raffreddore, non perché portava rispetto ad un demone e non aveva voglia di discutere con lei: confidando nella mitezza del clima locale indossò solo il cappotto e, senza neppure sfilarsi le ciabatte, si accinse ad andare a vedere cosa diavolo voleva quel miserabile demone.

 

Era difficile, con quell’incarnato grigio tendente al verde, capire quando un demone di quel genere era pallido ma il Conte, entrando in foresteria e vedendolo seduto al tavolo con i due occhi sbarrati, le dita della mano strette intorno al bicchiere d’acqua che Rayne gli aveva porto e le pieghe del viso tremanti di paura, intuì subito che doveva essere maledettamente spaventato e che doveva esserci qualcosa di tale portata che sicuramente quella sera non avrebbe terminato la sua partita a scacchi.

L’essere appena lo vide se possibile tremò ancora di più e iniziò a mugolare una fastidiosa litania di “pietà, pietà, non ne so nulla” e simili parole, che sul Conte e su Madame ebbero l’effetto di un drappo rosso davanti al toro. <Che diavolo ! Porco demone, dì quello che devi dire ! Non ho tempo da perdere con i tuoi balbettii ! Che karhall sono morti ?> Il demone tacque d’un colpo, lo guardò con i suoi umidi occhi bovini e iniziò a infilare velocemente le parole una dopo l’altra. <Perdono, perdono, Eccellenza, sommo Conte, illustrissimo Generale, perdono, ma l’AnHerv Ramaissim Dolovion è stato appena ucciso ! Il suo sangue è ovunque ! Quando lo saprà la Kernalia Zamira sarà una tragedia !>

Rayne non aveva capito quasi niente del discorso ma gli bastò guardare il volto del Conte per capire che il morto sarebbe stato molto meglio se fosse rimasto vivo: Monsieur aveva sbarrato gli occhi e fissava quel mostriciattolo grigio e ricco di pieghe come se quelle notizie fossero l’inizio di un grosso problema. <Rayne ! Prepara subito la macchina, dobbiamo andare subito là. E fatti spiegare dov’è avvenuto l’evento !> Detto ciò corse fuori, così agitato da dimenticarsi perfino del disappunto per dover interrompere la rivincita a scacchi e per doversi vestire.

 

Ramaissim Dolovion aveva preso dimora in un residence ai margini della città, in un quartiere costruito intorno a una piazza tenuta a prato in cui troneggiava un (brutto, a gusto del Conte) monumento commemorativo alle vittime dell’Undici Settembre: nell’erba si ergeva un complesso circolare composto da zampilli d’acqua e una sorta di obelisco post – moderno con incisi i nomi delle vittime, la data e alcune frasi, retoriche come in ogni monumento del mondo. Benché quel luogo fosse la ZeroNineEleven Square, il quartiere sorto attorno era ben presto stato appellato da chi ci abitava “Manhattam”, forse perché era un nome più breve.

Il residence “Torrance”, dal nome della cittadina natia del proprietario, era composto da tre file di piccole villette a schiera, tutte terribilmente uguali, tutte ad un piano, tutte bianche e verdi con una piccola veranda sul davanti, su cui si apriva la porta d’ingresso affiancata tra due coppie di finestre.

L’AnHerv Ramaissim Dolovion era venuto a Sunnydale perché doveva incontrare proprio il Conte di San Germano: così sosteneva il tremante e confuso demone. Erano arrivati dopo le otto, l’AnHerv con due valletti, accolti da quel demone che aveva trovato loro un alloggio per i seguenti due giorni: dopo averlo ringraziato con una lauta mancia gli aveva chiesto di andare a procurare loro alcune vivande, gli aveva scritto la lista su un foglio che aveva in tasca e quella era stata l’ultima volta che lo aveva visto vivo. Tornando dalla spesa li aveva trovati morti, in tutto quel sangue.

Il Conte camminava con a fianco il lamentoso demone che tremava descrivendo con incerte frasi la scena del delitto e con dietro Rayne, che non aveva ancora capito molto di tutta la situazione, e che si domandava come dei demoni fossero riusciti a prendere in affitto un’appartamentino in quel residence.

Finalmente giunsero davanti al luogo del crimine: con una sola occhiata il Conte misurò ciò che vedeva, le tristi fioriere sulla veranda scandita da sottili pilastri in legno, la porta d’ingresso aperta e le luci del breve corridoio ancora accese, il sangue. Neppure lui riuscì a trattenere un conato di vomito per l’odore di tutto quel sangue di karhall sparso e per un momento ebbe un lieve mancamento, rivedendosi in Galizia tra le fiamme, gli urli, il sangue e quell’odore: non riusciva a credere che fossero appena passati trecentocinquant’anni da allora. Sembravano secoli, molti di più.

Il suo straniamento fu interrotto dai guaiti ancora più alti del demone e dall’orribile imprecazione di Rayne; si girò a guardarlo stupito. <Monsieur, quest’odore è disgustoso. Non ci resisto !> <Si vede che non è passato mai vicino a una fossa comune piena di appestati.> Tirò fuori il fazzoletto, che aveva in precedenza intriso di colonia e guardingo salì i tre scalini, mentre dietro l’essere che li aveva guidati fin lì si sedeva per terra ad aspettare la fine della ricognizione e la sua sorte, maledicendo l’idea di aiutare i karhall.

Il sangue, verde smeraldo, segno che il HanHerv era in buona salute e tonico prima di morire, probabilmente squartato, si era sparso per tutto il pavimento fino all’ingresso. Subito alla sua sinistra si apriva una porta, che era quella della cucina, rischiarata dalle luci del corridoio e del salotto, che stava sulla destra di chi entrava. Era un ambiente abbastanza ampio, a cui si accedeva da due grosse aperture ad arco: un divano era posato davanti alla parete su cui si aprivano le finestre che davano sulla veranda, un mobile lungo e basso, decisamente di qualità e design scadente, prendeva la parete prospiciente e lungo la terza stavano due poltrone; in mezzo un basso tavolinetto.

L’AnHerv era seduto scomposto sul divano con il ventre squarciato e le interiore sparse sulle gambe: aveva ancora gli occhi aperti, un mozzicone di lingua spuntava tra le file di denti che aveva in bocca e per il dissanguamento stava diventando ovviamente giallo. Non era certo il primo raccapricciante cadavere che vedeva in tanti secoli, l’odore abominevole era in parte coperto dalla colonia nelle sue narici, quindi continuò ad esplorare quella residenza per vedere gli altri due cadaveri.

Il corridoio, a metà circa della sua lunghezza, sulla sinistra aveva una porticina: uno sgabuzzino, vide, con alcune valigie e null’altro, tutto buttato sottosopra. Proseguì e ne arrivò al fondo, alla porta del bagno: aprì, accese la luce e non vide nulla di strano. Ai lati di questa c’erano due porte, quelle delle camere: in quella di destra steso di sbieco sul pavimento, con i piedi all’altezza dell’ingresso, il valletto morto, con un foro da proiettile nella parte superiore del cranio e la pancia aperta: la pozza di sangue formatisi era stata calpestata ampiamente da qualcuno che, mettendo a soqquadro la stanza, aveva lasciato un sacco di impronte ovunque. Similmente era la situazione nell’altra stanza, ugualmente rivoltata e perquisita, osservò il Conte, ma priva di cadaveri.

Tornando indietro stette ben attento a non calpestare quel disgustoso sangue, in modo da confondere il meno possibile le impronte sul pavimento; uscito, dopo aver riflettuto che un buon sorso di cognac sarebbe stato l’ideale e che aveva lasciato la fiaschettina nell’altro soprabito, diede gli ordini: Rayne avrebbe accompagnato il valletto al sicuro nella maison e Madame Margot avrebbe preparato ogni cosa per le autopsie.

Detto ciò con un secco gesto della mano fece capire a Rayne che si doveva congedare ma quando quello si era già allontanato un po’ con tono risoluto lo richiamò. <E veda che il demone si calmi, giacchè poi lo interrogherò. Se deve fare delle telefonate che le faccia domani, così avremo più tempo per dirimere questa faccenda. Torni in fretta con il materiale che le darà Madame per analizzare e trasportare le salme.> Ora era il momento di chiamare l’altro inglese di Sunnydale e interrompere le sue serate solitarie, divise tra i libri e lo scotch.

 

ATTO I

Dawn e Kennedy erano riverse sul tavolo, sconquassate dalle risate, mentre Giles cercava, tra un singulto e l’altro, di dire qualcosa, e Willow e Buffy ridevano senza ritegno tenendosi la testa. Amy strabuzzava gli occhi e piangeva a sentire tali e tanti aneddoti divertenti, mentre Xander cercava di terminare la storia di quella notte in cui girava con teppisti zombie e il resto della gang sventava un’apocalisse.

Trillò il cellulare di Giles: aveva “God save the Queen” come musica ! Questo portò alle stelle le risate di tutti mentre lui diventava rosso come un peperone estraendolo dalla tasca della giacca e Xander, dandogli di gomito, domandava con voce mielosa se fosse qualche gentile signora. Guardò il display e smise di ridere di colpo, il che gli fece assumere un’espressione grottesca e drasticamente diminuì il livello di buon’umore della compagnia.

<Pronto ? … Sì, come tutte le volte che la sento. Che c’è ? … Sì certo, perché ? … Ah … Oh … Certo … Io … Io … Sì, sono da loro … Chi ?! … Va bene, mi dica dov’è che arrivo … Buonasera.> Quando posò il cellulare si trovò tutti gli occhi fissi puntati addosso, senza che nessuno gli chiedesse chi era, poiché era terribilmente evidente. <Cosa voleva ?> domandò irritata Buffy, certa che c’era qualcosa di spiacevole in preparazione per loro. <Era il Conte.> disse Giles per prendere tempo e cercare il modo migliore per spiegare loro le istruzioni che aveva avuto. <O era lui o era la Morte in persona, vista la sua espressione.> Willow chiosò che la differenza tra i due non era poi molta, a parte che almeno la Morte era meno invadente.

<C’è stato un omicidio. Qualcuno ha ucciso un demone karhall.> <E dobbiamo mandare una lettera di condoglianze ? Meglio, un demone in meno.> osservò Xander stupito da quel tono funebre e preoccupato, come se un demone morto fosse un problema. <I karhall sono dei demoni da qualche tempo pacifici e socialmente evoluti: sono attualmente divisi in sette tribù con a capo un Re, detto Kernal, e sono stanziati tra Messico, Cuba, le Antille e il Texas. Amano molto i climi caldi ma senza problemi si sanno adattare a quelli più freddi. Benché storicamente siano nomadi negli ultimi secoli hanno imparato i pregi della vita stanziale e sedentaria, smettendo di girare per il mondo e affinando un loro proprio sistema sociale.>

La lezione di demonologia non solo non era interessante, ma anche fuori luogo e non spiegava per quale motivo ci fosse tanta preoccupazione negli occhi di Giles. <E allora ?> domandò Buffy spazientita: solo il pensiero di quell’essere la metteva di cattivo umore: figurarsi comprendere che, Bocca dell’Inferno o meno, certe cose a Sunnydale non cambiano mai.

<Il defunto era membro molto stretto della famiglia reale: il Conte mi ha detto che era un AnHerv, che significa qualcosa come Principe del Sangue. Credo che a breve la sua famiglia e il suo popolo vorranno un colpevole, oppure ci saranno circa diecimila karhall che verranno qui sul piede di guerra, e non sarà una cosa piacevole.> <Diecimila ?!> domandò stupefatta Kennedy, che aveva difficoltà ad immaginarsi un tal numero di demoni che circondavano Sunnydale: sarebbe stato come con i Turok – Han ?

<Circa. In tutto i karhall sono trentamila, probabilmente. Il Conte ha intenzione di scoprire il prima possibile chi sia l’omicida, in modo da dare lui solo in pasto alla loro vendetta.> Questa era una cosa strana: il flagello dei demoni che si impegna per aiutare proprio dei demoni ? Amy domandò cosa c’era sotto. <Credo che qui nessuno voglia che Sunnydale sia distrutta, vero ? Inoltre lui è in … rapporti vagamente amichevoli con la Corte dei Karhall, da quando hanno smesso di uccidere essere umani. Vuole vedere subito me, Xander e … Amy e Willow.>

<Noi ?!> domandarono totalmente sorprese le due ragazze. <Si riferiva alle due streghe: non credo fosse un modo poco gentile per rivolgersi alle Cacciatrici. Circa le quali ha detto che si dovranno tenere pronte ad entrare in azioni dopo aver assistito all’autopsia del karhall, che sarà per loro … istruttiva ed opportuna.> Nessuno volle dire nulla perché bastava solo guardare Buffy per capire che aveva un’opinione circa questi ordini, e che non era né pacifica né accomodante nei confronti di chi li aveva espressi. <Andiamo. Tutti.> Giles non ebbe coraggio di obiettare alcunché: che la rabbia della ragazza si riversasse pure su quel mezzo francese.

 

Dopo un’attesa troppo lunga per i suoi gusti il Conte finalmente sentì delle voci e, smettendo di analizzare quell’orrido cadavere, con disappunto infinito comprese che era venuto anche chi non doveva. Uscì in veranda e li vide tutti davanti a sé: li accolse con una smorfia che non faceva immaginare nulla di buono.

Tappandosi come tutti il naso con un fazzoletto, dal gruppo si staccò Buffy che fece un paio di passi fino ad essere proprio davanti al Conte (mentre Dawn pensava che se fosse stata più gentile con lui sarebbe stato meglio), e senza preamboli o giri di parole iniziò. <Questa è la mia città, lo è sempre stata-> <Finchè lei non l’ha abbandonata.> la interruppe la figura severa e accigliata che teneva le mani dietro la schiena e la fissava implacabile.

<Lo è stata e sempre lo sarà, anche se ogni tanto la lascio. E chi viene qui per comandare … il sindaco, Glory, Caleb, gli Iniziati, Il Maestro … trova guai sulla sua strada.> Il conte si stupì, e lo fece sinceramente, non era uno dei suoi soliti gesti teatrali: guardò la ragazza davanti a sé ed incredulo domandò: <Anne … lei mi sta minacciando?!> Il tono forse non era molto diverso da quello di Cesare nel vedere Bruto pugnalarlo o dell’Imperatore Federico II quando il figlio Enrico gli mosse guerra.

Buffy, scossa dal risentimento e dall’orgoglio, oltre che dal profondo fastidio che egli le causava, non aveva assolutamente previsto né una tale domanda né un tale e sincero (probabilmente) sentimento negli occhi di quell’uomo e capì d’improvviso che si era espressa male: quel tizio non le piaceva, lo considerava pericoloso ma non lo avrebbe mai minacciato di morte, sia perché era molto più potente, sia perché lei non era un Soprano, sia perché -bene o male- pare la avesse sempre aiutata. <No … voglio dire … no, non la sto affatto minacciando. Ma non tollero che mi dia ordini, né a me né ai miei amici.>

Fu solo un attimo di sbandamento, e il Conte si riprese subito, di nuovo severo e superbo; piccato le fece notare che non aveva dato ordine a nessuno, si era limitato a diramare le proprie volontà al fine di evitare grosse sciagure a Sunnydale e a chi ci abitava. <Non che mi possa importare minimamente di questo villaggio o dei suoi miserabili abitanti, ma mi sembrava un gesto gentile da fare nei suoi confronti, Anne, impedire che venissero aperti come banane.>

Come era irritato ! Giles, avendo la disgrazia di conoscerlo, comprese che per le prossime due ore almeno avrebbero dovuto sorbirsi le sgarberie, le gravi minacce e gli sprezzanti motti di spirito di quel folle francese. <Dal suo assennato silenzio deduco abbia compreso la fondatezza delle mie posizioni. Bene, vediamo di organizzarci. Le due Cacciatrici, giacchè sono qui, potrebbero girare un po’ per il borgo e cercare di scoprire se nessuno ha visto qualche demone di grossa taglia coperto da capo a piedi di sangue di karhall. Il giovane Harris aiuterà Rayne a trasportare le salme sul terrazzo della mia villa, dove potrò fare l’autopsia, a cui assisteranno le Cacciatrici che così impareranno qualcosa.>

<Lei fa le autopsie sul terrazzo ?> domandò Dawn, colpita da questa immagine quanto meno insolito: certo, non c’era nessun motivo perché lui avesse una stanza apposita in casa, ma farla in terrazzo le sembrava decisamente strano, anche per i parametri del Conte. <Lei porterebbe dentro casa due salme così puzzolenti ? E poi il sangue di karhall va via così male: non voglio rischiare mi macchi i tappeti o il parquet. Le streghe prepareranno gli aromi, ho qui la lista e le quantità, al fine di rendere meno irrespirabile l’aria intorno alle sopraddette salme. Giles avrà l’onore di assistermi nell’indagine sulla scena del crimine.>

<Quindi lui le farà da assistente, Xander da facchino e noi da erboriste ?> Tutti si volsero a guardare Willow, che dal fondo del gruppo aveva parlato guardandolo fisso in volto, con tono di ironica e cortese domanda, sperando di non distogliere lo sguardo da quel viso banale, quegli occhi chiari e freddi, da quella voce cantilenante che dava tutto per scontato: aveva lanciato il guanto di sfida, ora avrebbe visto come lui avrebbe reagito. <Qualcosa ti contraria, strega ?> e dicendo sorrideva pacifico, gentile come uno squalo. <Notavo solo che il suo ego le ha procurato ancora una volta un posto di protagonista in questa vicenda, null’altro.> Buon affondo, pensò contenta di sé, ma ignorava dove la paratea del francese l’avrebbe portata.

<Qualcosa in contrario, strega ? Vuoi trasportare le salme fino nelle mie proprietà ? Oppure preferisci entrare con me là dentro e darmi una mano a capire come e chi ha compiuto il delitto ?> Bene, questo prese del tutto alla sprovvista la ragazza, che rimase silente pensando a cosa fosse peggio: ammettere che la prima critica era senza fondamento, entrare nella tana del lupo infestata da fantasmi o rimanere da sola con lui tra cadaveri di demoni ?

Si guardò in giro e comprese che tutti, per un motivo o per un altro pendevano dalle sue labbra, attendendo una risposta che magari togliesse quel fastidioso sorriso di superiorità dal viso del Conte; che non poteva stare zitto troppo a lungo. <Allora ? Attendo che nella tua infinita sapienza e temperanza scelga quale compito meglio ti compete.>

E Willow scelse, dell’idea che andarlo a colpire proprio dove si sentiva più sicuro sarebbe stata un’ottima mossa: spostò un proprio alfiere fino a dargli scacco al Re. <Pensavo se mi disgustava più lei o i demoni morti.> e dopo questa sentenza memorabile di gran carriera si diresse verso di lui, salì i tre scalini, lo superò e mise piede nell’appartamentino.

Ma ogni grande gesto deve essere compiuto con il giusto linguaggio fisico, per cui lei marciò impettita, sguardo fiero e testa alta, le mani contratte a pugno e le braccia lungo il corpo che oscillavano scandendo i suoi passi cadenzati. Cioè entrò nella scena del crimine senza tenere il fazzoletto premuto sul naso: bastò un solo secondo per farle fare dietro-front, chinarsi scomposta sulla lignea balaustra bianca della veranda e vomitare tutta la cena.

Quando finì e il Conte fu certo che fosse abbastanza lucida per sentire, allora parlò con tono svagato, come se facesse un discorso tra sé e sé. <Chissà perché mi viene in mente un gran film, “L’esorcista”, e anche abbastanza corretto nella parte teologica. Poi Von Sidow … non per niente ha lavorato con Bergman. E direi ti che disgustano più i demoni: io non ho mai avuto tali pubblici effetti su una altrui digestione.>

Dawn pensò che avrebbe dato via una mano perché non le capitasse mai una cosa simile, Amy che era meglio fare quello che lui ordinava e stare il più lontano possibile da quei corpi; Xander, Buffy e Giles erano semplicemente addolorati per una tale umiliazione. Kennedy avrebbe voluto dire qualcosa, ma preferì stare zitta per non attaccare briga … con la sua Willow: glielo aveva detto più di una volta che con quel tizio l’attacco diretto era solo pericoloso e destinato al fallimento, se voleva migliorare la propria posizione o provava a conquistarlo o a lavorarlo ai fianchi; ma lei niente !

La povera ragazza, con i capelli rossi scompigliati, un sapore orribile in bocca, l’amor proprio distrutto, umiliata terribilmente, lentamente si alzò ritta in piedi e si girò per guardarlo in viso e vedendolo così oscenamente sorridente, così disgustosamente falso e malvagio, provò il sapore terribile e dolce della vendetta: ucciderlo ! Ucciderlo finchè non perde dal volto quel paterno e derisorio ghigno dal volto ! Ucciderlo, a costo di rimetterci la vita e l’anima, di provare rimorso per … Rimorso ? A uccidere un mostro simile non si prova rimorso !

La situazione forse sarebbe degenerata se da dietro il gruppo non si fosse sentito un rispettoso colpo di tosse: era Rayne con due borsoni di pelle –non indaghiamo a chi era appartenuta- pieni zeppi di oggetti. <Ho il furgone qui vicino, ho portato macchina fotografica, telecamera, gli strumenti che mi ha dato Madame, del cognac e qualcosa per profumare l’aria. Madame mi ha detto di comunicarle che penserà lei a interrogare il servo.>

Oh, perfetto ! Figurarsi se quella non metteva il becco ! Il Conte con fare risoluto ordinò a Giles di recarsi a casa sua e interrogare il superstite: l’Osservatore preferì non obiettare, ritenendo Madame Margot altrettanto insopportabile ma meno pericolosa, lei almeno era meno violenta. Xander e Rayne attesero l’ordine di trasportare via i cadaveri a distanza da quella puzza oscena, Giles ed Amy partirono, Dawn fu accompagnata a casa perché l’indomani aveva scuola e le due Cacciatrici rimasero a fissare il Conte con uno sguardo di muto rimprovero: erano offese con lui per come aveva trattato Willow e, sapendo che era inutile sperare si scusasse, volevano almeno testimoniare in tal modo la loro solidarietà e il loro affetto alla ragazza.

Ma anche gli inclementi hanno un cuore – forse – per cui con notevole degnazione Monsieur De Saint Germain disse alla strega di rimbragarsi gli orli dei suoi orribili jeans a vita bassa per evitare si macchiassero di sangue e le consigliò di versare del cognac sul fazzoletto in modo che portandoselo al naso l’alcool avrebbe mitigato la percezione di quell’odore da fossa comune.

 

Giles non si sentiva affatto a suo agio, forse perché stava conversando con un fantasma che, oltre a disprezzare gli inglesi, oltre ad essere sempre di cattivo umore, evidentemente non lo voleva tra i piedi e riteneva la sua presenza lì un affronto personale. <Quindi sono state queste le sue esatte parole ?>

Madame nervosamente camminava, cioè svolazzava, avanti e indietro con le mani dietro il corpo, scuotendo la testa e i lunghi capelli, parlando ancora peggio del solito in inglese: solo ogni tanto si fermava per fissarlo con i suoi occhi chiari, dietro i quali si vedeva la parete di fondo del salotto, adorna di stampe sulle bellezze delle principali cittadine del Granducato di Toscana.

Giles trovava imbarazzante dialogare con una presenza semi-trasparente, ma si fece forza e per la terza volta ripetè le parole con cui il Conte l’aveva mandato lì; lei sibilò qualcosa in un probabile italiano –di certo non era francese ed era una lingua neolatina- e poi gli disse di seguirla. Si incamminò dietro di lei e guardando ondeggiare la gonna lunga nera con alcuni ricami in oro vedeva il parquet: strana sensazione.

 

Il demone era stato alloggiato in quella che pomposamente veniva chiamata foresteria e che sarebbe bastata ad ospitare un notevole numero di famiglie: non riusciva a capire il perché di un edificio così grande quando il Conte non aveva mai ospiti. Era nella stanza che fungeva da cucina e cercava di calmarsi e far diminuire il terrore di essere ospite di Vigio l’Inclemente guardando un po’ di televisione (stavano dando “Sabrina”) ma era troppo spaventato, ignorava cosa gli sarebbe successo e così non riusciva neppure a godersi il film, passeggiando nervosamente avanti e indietro. La porta si aprì e Madame entrò, seguita da Giles, che si sentiva di troppo. Osservò il demone ed ebbe la sensazione di conoscerlo già, ma non riusciva a ricordarsi dove avesse già visto quella faccia rugosa.

Madame con fare autoritario fece spegnere la televisione e gli ordinò di sedersi: quello con gli occhi pieni di timore andò a un capo del tavolo. Giles prese posto all’altra estremità e non potè fare a meno di pensare: “Sono un osservatore inglese di mezza età, conservatore, perito nella magia bianca e nello studio della demonologia: cosa ci faccio seduto davanti a un demone e con affianco un fantasma francese bisbetico e superbo ?”

<Allora, vediamo di essere chiari: io ti farò delle domande e tu risponderai, subito e senza sbagliarti. Voglio che tu sia precisa e che non mi faccia perdere tempo.> C’era decisamente qualcosa in comune tra i modi di Madame e quelli del Conte (e anche quelli di un qualsiasi ufficiale sud-americano golpista), pensò Giles, che per sé scelse la posizione di muto osservatore.

<Per quale motivo il AnHerv si trovava a Sunnydale ?> Parlava, nel suo americano sporco di vecchio francese e di qualche altra lingua o dialetto che Giles non riconosceva, in modo molto secco e determinato, ideale per non mettere l’interlocutore a proprio agio. <Io ero solo incaricato di trovare un alloggio all’AnHerv e al suo seguito, il segretario e il valletto, io non so quasi nulla, non vi posso essere utile signora.>

Il poveretto parlava con tono strascicato e lamentoso, così intimorito da mettere compassione: Giles osservandolo pensò non dovesse essere affatto pericoloso, lo si vedeva dagli occhi, miti e dolci. Chissà qual era la sua lingua originale, pensò poi e così si domandò se era mai stato scritto un libro di fonetica demonologia, poteva essere un tema interessante da trattare per riempire gli anni della pensione.

<Per quale motivi erano a Sunnydale ?> <Io non so niente, so che l’AnHerv doveva incontrare il Conte per parlargli di qualcosa. So che l’AnHerv era molto esperto in incantesimi e nell’arte di vedere il futuro possibile, diceva che lo faceva solo per aiutare … qual era il termine … l’Herv Asal, sì, ha detto che lo facevano per fare un piacere all’Herv Asal.>

Madame sbottò in qualcosa che aveva tutta l’aria di essere un’imprecazione terribile e si alzò in piedi con gli occhi spiritati e il fare di una leonessa feroce sbraitando insulti in almeno tre lingue diverse, nessuna delle quali era comprensibile pienamente a Giles, e forse nemmeno all’interlocutore.

<Ma ha sentito questo miserabile demone ?> gli disse, girandosi verso di lui, furente come una tempesta. <Sì, non capisco il karhall, ma il demone ha parlato in inglese.> Benché fosse evanescente Madame gli tirò un’occhiata al fulmicotone. <E suppongo questo sia humor britannico. Herv Asal significava “Principe Non Demone” ed è l’appellativo comune presso i karhall per denominare Monsieur le Comte ! Questo inetto essere continua a ripetere le stesse cose !>

<Io conosco il poco il karhall.> mugolò umiliato il demone, tremando come una foglia, mentre i lembi grigi di pelle del volto ciondolavano scossi. <Io ho conosciute appena un paio di demoniesse karhall prima di Ramaissim Dolovion, erano gentili ma non abbiamo parlato nella loro lingua, volevano andare a vedere il Saturday Night Show dal vivo: buffo vero ?>

Giles non ebbe tempo per riflettere su quest’ultima frase che Madame iniziò di nuovo a strepitare in svariate lingue. <Bene, stupido essere, inizia a raccontarmi tutto sui rapporti tra te e l’AnHerv dalla prima volta che hai parlato con lui.> <Oh, è presto detto, ci ho parlato oggi per la prima volta, quando mi ha ringraziato per l’alloggio trovatogli e mi ha mandato a fare la spesa per lui e il suo seguito, scrivendomi la lista su un foglio.>

Giles si permise di fare una domanda. <Se non gli avevi mai parlato prima di questa sera come avevi fatto a sapere che necessitava di un alloggio qui a Sunnydale ?> <Perché ne avevo parlato con il suo valletto privato.> A questa brillante risposta Madame divenne ulteriormente furiosa.

 

Il Conte si trattenne, a stento, dal fare commenti divertiti e con mano forte e sicura afferrò per il collo Willow, impedendole di andare a sbattere sul pavimento insanguinato del salotto: ci mancava più la strega svenuta per complicargli la vita ! <Forse, strega, è meglio se te ne stavi fuori a prendere una buona boccata d’aria.> le disse asciutto senza nascondere il profondo disprezzo che nutriva per quello spirito gracile.

<Magari prima provo il cognac.> disse lei, più terrorizzata da quella mano guantata intorno al suo collo che nauseata da quell’odore e da quel corpo riverso. <Va bene, ma poi non azzardarti a vomitare sulla scena del crimine.> Prese la fiaschetta e gliela porse: lei, come le aveva suggerito, ci bagnò il fazzoletto e se lo mise sotto il naso: quell’odore forte e acre fu come una scossa per lei e, ringalluzzita, si fece forza quel tanto che bastava a mostrarsi al Conte un’acuta investigatrice.

<È normale tutto questo sangue ?> fu la prima domanda che gli porse. Lui le diede un’occhiata in tralice ed annuì, non comprendendo quale fosse l’importanza di tale dato. <È normale, quando si squarta qualcuno, che il pavimento si trasformi in una melmosa pozza.> <Volevo dire, perché aprirlo in due quando gli potevano sparare come hanno fatto all’altro ?>

Il Conte per la prima volta da che si conoscevano la guardò con una sottile ammirazione: la ragazza aveva intuito cosa fosse il foro di un centimetro di diametro tra gli occhi del valletto. Il proiettile lo aveva ucciso sul colpo, giacchè quello era il punto più delicato di quella razza demoniaca ed era stato sparato da qualcuno con un’ottima mano. <Che bisogno c’era di fare questo scempio, quando volendo si poteva uccidere anche questo in modo più pulito, più veloce e più silenzioso ?>

Nonostante non gli facesse piacere le dovette tributare uno sguardo di approvazione, perchè era la stessa domanda che gli stava girando in testa da subito: a cosa giovava fare una cosa simile su un tale cadavere ? <Oltre agli indubbi fattori pratici che hai già evidenziato, ce n’è un altro: non è mai saggio squartare un consanguineo del sovrano dei karhall. Già ucciderlo vuol dire andare a ficcarsi nei guai, figurarsi fare tale scempio.> <Forse ha opposto resistenza.> suggerì Willow: tutti e due erano davanti al cadavere e cercavano, da quello spettacolo abominevole, di trarre ispirazione per diradare la nebbia intorno al mistero.

Lui scosse la testa e col bastone da passeggio indicò una ferita, grumosa di sangue, dai lembi stretti e lunga cinque o sei centimetri, posta sotto quello che poteva essere il collo. <Su questo corpo ci sono solo tre ferite, a prima vista: i due tagli profondi con cui ha disegnato una mandorla sulla pancia, aprendola, un taglio obliquo dalla spalla destra alla gamba sinistra non profondo e questa qui. Penso che il demone gli abbia dato un colpo di striscio, poi l’abbia colpito alla gola e solo alla fine lo abbia aperto come se cercasse qualcosa.>

Willow gli chiese come facesse ad essere certo che era stato un demone a fare quelle ferite. <Se ti avvicini, e non vomiti, vedrai che in alcune zone dei lembi delle ferite c’è un sottile strato di un liquido viscoso, tipico delle lame ossee di alcuni tipi di demoni.> Willow preferì fidarsi della parola di Vigio e pose un’altra domanda. <Questi demoni hanno qualcosa di particolarmente importante o prezioso in quella zona del corpo ?> <Solo gli organi, che non hanno nessun particolare valore. E qui non ne manca nessuno, a prima vista.>

<E con questo sono quattro i misteri da risolvere.> Lui la guardò con fare interrogativo. <Primo: perché li hanno anche aperti quando, potevano ucciderli in altro modo. Secondo: cosa cercavano in tutta la casa, e magari anche dentro i loro corpi. Terzo: manca un valletto. Quarto: come sono entrati in casa visto che non ci sono segni di effrazione da nessuna parte.> Il Conte sapeva che era una ragazza intelligente, peccato che la sua indole fosse debole e attratta dal male. <Esatto, ma ne hai scordato uno: come sapevano gli assassini dell’arrivo dell’AnHerv qui, oggi e a quell’ora ?>

 

Buffy e Kennedy iniziarono la ronda pensando a tutt’altro: ambedue erano colme di preoccupazione per Willow, lasciata sola e tra i cadaveri con la peggior compagnia di questo mondo. <Non le farà niente.> asserì Buffy, rompendo per prima il silenzio e cercando in qualche modo di dare coraggio alla giovane. <Lo penso anch’io: ora deve occuparsi di non lasciare distruggere la tua città. Non è questo che mi preoccupa.>

Le parve di sentire un velato tono di scherno nelle parole di Kennedy, ma soprassedette e mentalmente si accusò di essere la solita diffidente e psicotica ragazza in cui si trasformava sempre se sotto pressione. <Mi preoccupa più Willow: non so per quanto si potrà trattenere, e lui non aspetta altro.> Parlava camminando, con lo sguardo scuro e assorto sul marciapiede di cemento, le braccia incrociate sul petto, un solo grumo di angoscia e apprensione: Buffy avrebbe voluto dirle qualcosa per tirarla su di morale, ma le era difficile pensare con obiettività all’amica, da quando tutta la sua mente era impegnata a trovare un valido motivo di differenza tra l’omicidio del vice sindaco e quello di Warren.

<Ci cascherà, ne sono sicura, e lui potrà trasformarsi finalmente in un boia.> <Non darlo così per scontato: non mi sembra il tipo che si fa tanti scrupoli e aspetta l’occasione propizia. Anzi, me lo immagino addirittura comparire, così, di punto in bianco, di buon mattino, rasato e sorridente, bussare alla porta e chiederci per favore dove sia Willow che la deve giustiziare.> Voleva essere una battuta ? Una sbeffeggiamento ? Voleva alleggerire la tensione ? Peggiorò ovviamente l’apprensione di Kennedy: talvolta Buffy avrebbe fatto bene a stare zitta.

<Già. È questo che non capisco: un momento è la persona più gentile e premurosa del mondo, subito dopo un feroce assassino, poi un elegante e distinto nobiluomo, poi un megalomane sanguinario. Non riesco a capirlo.> Parlando, senza guardare Buffy, Kennedy torturava le ampie maniche del suo piumino nero, preoccupata soprattutto per Willow, che si trovava faccia a faccia con quel boia; Buffy non ebbe il coraggio di spiegare che lei intendeva dire solo che, a suo parere, lui non aveva bisogno di motivazioni immediate e che se aspettava a mettere le mani addosso a Willow era per qualche strano ragionamento.

Era già da un’ora quasi che camminavano tra cimiteri in ricostruzione, cantieri, lotti edificati o ancora vuoti,senza sapere bene dove andare. Kennedy le aveva detto che il mercoledì era giorno di chiusura per il “Coffee & Blood”, l’unico locale per demoni di Sunnydale, quindi neanche passarci.

<Eh ? C’è di nuovo un locale per demoni qui ? E ha un giorno di chiusura ?!> <Sì, è un pub non troppo schifoso sulla dodicesima, ma il lavoro non è più come una volta, mi diceva il gestore: i demoni e i vampiri vengono in città ma rimangono per poco, forse perché c’è poca gente e quella che c’è si è fatta più scaltra. Sostiene che Sunnydale diventerà ben presto una sorta di località di villeggiatura per demoni.>

Bene, questo è ancora più strano del solito, pensò Buffy appoggiandosi a una lapide, e cercò di immaginarsi vecchi demoni in costume da bagno e Kennedy che si interessa degli affari di quel losco pub. <Sai, la Bocca dell’Inferno emana ancora energia e quindi il “clima” per vampiri e affini è piacevole, la gente non si fa mordere così facilmente e quindi è l’ideale per ritemprarsi, stare tranquilli, farsi una vacanza senza troppi problemi e ritornare a Los Angeles più in forma e rilassati.> Oddio, già mi vedo i depliant turistici, pensò Buffy allibita.

<Te la diceva il gestore del pub questa  storia ?> <Sì, è un tipastro un po’ viscido che veste male e dall’accento italiano, o giamaicano, non mi è molto chiaro.> Buffy spalancò gli occhi. <Willy ?!> <Sì, lo conosci anche tu ?> Per tutta risposta la Cacciatrice iniziò a prendere a testate il muro di una nuova e orribile cappella funeraria in orrido stile neo-egizio, lasciando molto perplessa Kennedy. Terminata l’operazione disse solo alla ragazza che la guardava molto incuriosita: <Non chiedere. È il mio passato che non passa.>

Vagando giunsero a un incrocio tra lotti inedificati; un vento freddo si levò e loro poterono percepire in tutta la sua potenza il più fetido e disgustoso odore che avessero mai sentito. <O stanno rubando un cadavere o c’è un karhall morto.> sintetizzò Buffy con molta sicurezza, mentre Kennedy pensava che ci potevano essere un sacco di altri motivi per tutto quell’odore disgustoso: certo, era improbabile che ci fosse un inceneritore o una discarica in città e lei non se ne fosse accorta, ma tutto poteva essere sull’ex Bocca dell’Inferno.

Seguendo il fetore raggiunsero dopo alcuni minuti un cantiere dove, sinistre, erano illuminate dalla luce lunare una serie di villette a schiera, ma il loro scheletro ligneo non incuteva certo timore alle due Cacciatrici, più impegnate a non vomitare. Resistendo a stento videro nella notte scura (ma possibile che l’Amministrazione Provvisoria non avesse ancora dotato la zona di lampioni ?) un tremulo chiarore di fiamma in fondo al cantiere, vicino alla recinzione che lo divideva da un parco, dove svettavano giovani alberi messi a dimora da qualche tempo. Lì c’era una fossa, vicino ad una impastatrice: girandoci attorno, in modo da non essere più sotto vento e respirare aria più pulita, distinsero due corpi su cui lentamente fiammelle danzavano, ma poiché quello non era un camino con dei ciocchi ma un modo per sbarazzarsi di qualcuno, le due ragazze non trovarono affatto lo spettacolo piacevole.

I due corpi erano affiancati, uno assai più grande e lungo dell’altro, ma nulla di più si poteva distinguere in quel frangente: Buffy si mise a cercare qualche sacco con della sabbia per sedare le fiamme. Trovatili dopo poco li svuotarono sulle salme spegnendo il fuoco e si apprestarono a trascinarle fuori dalla fossa, alla fioca luce lunare, ma in tal frangente le Cacciatrici scoprirono una cosa molto curiosa: muovendo i cadaveri la sabbia cadeva e quello di minori dimensioni come per magia riprendeva a bruciare e ad emanare un odore nauseabondo, mentre sull’altro le fiamme, una volta spente, non riprendevano vigore.

 

ATTO II

Fortunatamente di lì a poco, mentre il Conte e Willow facevano foto e filmavano la scena del delitto, arrivò Amy con la mistura di erbe da bruciare per rendere meno mefitica l’aria della casa. Il prodotto era una sorta di sabbia a granatura grossa di un triste color tortora: fu distribuita in bicchieri, portacenere, piatti e altri contenitori sparsi in tutta la casa ed accesa subito sprigionò una sottile fiammella bluastra, segno che le proporzioni della ricetta erano corrette. Il Conte soddisfatto la mandò a farne altra da portare poi alla villa e da consegnare a Miss Moller, che avrebbe saputo dove disporla in attesa del loro arrivo.

Dopo questo piacevole (almeno sul piano olfattivo) intermezzo ripresero le indagini: il Conte prelevò un po’ del liquido lasciato sui lembi della ferita dal demone assalitore, lo mise in un piccolo contenitore di vetro e lo mescolò a del liquido incolore contenuto in una boccettina che estrasse dalla valigia che aveva seco. Si sprigionò una brevissima fiammata seguita da un sottile filo di fumo verdognolo: Willow guardò prima uno poi l’altro con evidente sorpresa.

<Gli alchimisti erano pazzi, ma non del tutto: nel XVI secolo hanno tracciato la strada per alcune scoperte della moderna demofisiologia.> disse l’uomo, sorridendo tra sé. <È una materia su cui non sono molto ferrata, ma dalla reazione avvenuta il demone che ha fatto questo scempio è un Cranast o un suo simile, giusto ?> Willow non si era mai interessata molto della demonologia scientifica (demoanatomia, demofisiologia, demopatologia e tutte le altre branchie di quella scienza sorte durante il XVII secolo) ma aveva alcune nozioni base che le permisero, all’occasione, di improvvisare: i tipi di demone muniti di lama non erano molti, quindi la sua deduzione poteva anche essere giusta.

<Stiamo stringendo il cerchio sul genere di uno dei due assassini. Per l’altro credo che l’analisi balistica mi sarà utile.> <Lei sa fare un’analisi balistica ?> <Ho praticamente visto di persona il passaggio dagli archi alle armi da fuoco, e nei tempi d’oro potevo discutere di fusione di bocche da fuoco con buona conoscenza dell’argomento. Un proiettile non mi spaventa.> fu la modesta risposta che ricevette Willow.

<Bene, una volta che avremo elementi sull’identità degli assassini potremo risalire allo svolgimento dell’omicidio e al movente.> <E allora, strega, forse capiremo cosa diavolo cercavano gli assassini con tutta questa foga.>

 

Fu uno spettacolo edificante vedere Xander e Rayne tentare di imbustare e caricare le due salme sul furgoncino del Conte per portarle alla villa e fare l’autopsia, cercando di evitare di sporcarsi di sangue e di non svenire per l’odore. Dopo i primi cinque minuti, mentre il Conte e Willow si godevano delle scene degne della comica in cui Stanlio e Ollio dovevano spostare un pianoforte su per una collina, il nobiluomo francese commentò solo un divertito “lavorano peggio dei marsigliesi”. Willow lo guardò e per tutta risposta le disse che “dalle sue parti” la pigrizia e l’inettitudine dei marsigliesi è proverbiale.

Dopo altri cinque minuti, durante i quali Ethan era scivolato sul sangue dell’ingresso e Xander aveva protestato perché non voleva rimettere dentro le budella al morto, Willow osservò che c’erano alcuni migliaia di demoni sul piede di guerra, e forse conveniva spicciarsi con l’autopsia.

Solo allora il Conte pronunciò alcune parole in una lingua sconosciuta, fece dei gesti, gettò in aria una polverina contenuta in quello che pareva un portasigarette che aveva nella tasca della giacca e i due cadaveri svolazzando docilmente entrano nei sacchi cerati. Xander, sudato e spettinato, certo che avrebbe puzzato di cadavere di demone per il resto della sua vita, lo guardò con ferocia. <Non poteva farla prima, questa magia ?> L’altro sorrise pacifico e composto. <La magia è peccato, perché viola le leggi della Natura, che è figlia di Dio. Io la uso solamente quando non se ne può fare a meno. Non bisogna mai usarla con leggerezza, affrettatezza, sconsideratezza e avventatezza ma con sottigliezza, ponderatezza, accortezza e avvedutezza.> Non disse altro, ma il sorriso che rivolse a Willow era più eloquente di un’Allocuzione Pontificia.

 

Xander e Willow seguirono il furgone ed arrivarono all’ingresso posteriore della villa che il Conte aveva iniziato a farsi costruire a Sunnydale: occupava un intero isolato, a quanto sosteneva Giles, ma una parte sarebbe stato destinato a piazza pubblica. Un muro continuo alto nove metri circa, senza finestre, dipinto di bianco, si estendeva per tutto un lato corto del lotto: al centro c’era un portale ad arco in pietraforte bugnata, con grossi conci massicci in rilievo rispetto a tutto il resto del muro intonacato. Le bugne non raggiungevano il cornicione, ma si fermavano a circa sei metri d’altezza, perché sopra quell’imponente ingresso si stagliavano quattro colonnine esili che illuminavano una loggia, l’unica zona in penombra e aperta di tutta quella facciata severa.

Le due ampie ante in legno borchiato si aprirono automaticamente e le autovetture infilarono uno stretto e relativamente corto andito ad arco, affiancato da un portico colonnato ai lati, che immetteva nel giardino della casa, decisamente ampio benché l’assoluta mancanza di luci rendesse problematico per Xander quantificarne l’estensione; alle loro spalle stava l’edificio della foresteria, perfettamente simmetrico.

Specularmente all’ingresso si estendeva un piccolo appartamentino (“quartierino” lo chiamava con termine desueto il padrone di casa) fatto di alcune stanze messe d’infilata, che si ripeteva per tutti e tre i piani. Oltre, procedendo verso le estremità del lotto, c’erano degli ampi spazi a doppia altezza che comunicavano col giardino tramite tre grandi arcate tamponate da vetri, e che sarebbero diventate limonaie o serre. Infine le stalle da un lato e il garage, con sopra altri “quartierini”.

In quella Foresteria potevano trovare alloggio comodamente varie decine di persone, ma sarebbe rimasta vuota giacchè servivano nell’improbabile evenienza che ci fossero stati ospiti in quella casa. Il loro uso immediato era di soddisfare le notti angosciate del Conte di San Germano, che dai tempi di Copernico fugava i suoi ricorrenti incubi e le insonnie interminabili camminando nella notte per le stanze delle case in cui abitava di volta in volta.

Il Conte scese dalla macchina e nel buio androne si accese una luce: si aprì una porticina sulla destra e nell’ordine uscirono Giles, Buffy, Kennedy, Amy e Dawn. Cosa ci facevano tutti lì, si domandò il proprietario: passi per le due Cacciatrici che avevano finito la ronda, ma la piccolina a quell’ora doveva essere a dormire e oramai la strega aveva già macinato, mischiato e consegnato tutte ciò che le era stato richiesto. Ma gli bastò avvicinarsi per capire che le ragazze aveva trovato il karhall mancante, mentre Xander, poco gentilmente, si esibiva in una rara espressione di disgusto.

<Sì, lo so che puzziamo, ma non credere che voi siate messi molto meglio.> commentò Buffy. <Abbiamo trovato due cadaveri dati alle fiamme che puzzavano particolarmente e crediamo che appartengano a quel tipo di demoni.> disse Kennedy. <Un cadavere grande ed uno piccolo ?> chiese Willow, che teneva a fare bella figura gli occhi della sua ragazza. <Esattamente. Come lo sai ?> <Indagini fruttuose. Quello grosso probabilmente è il demone assassino.> <Uno dei due assassini.> la corresse il Conte.

<Due demoni ?> chiese Buffy. <Peggio. Un demone ed un essere umano. Un valletto è stato ucciso probabilmente con un colpo di pistola.> Giles aggrottò la fronte, preoccupato: avevano già trattato l’argomento con il Conte in precedenza, e tutti e due erano assai timorosi per queste ingerenze umane. <Potrebbe avere sparato il demone.> obiettò Kennedy, facendo scuotere la testa al Conte e a Giles. <I demoni non usano mai armi da fuoco, piccola.> <Perché ?> L’Osservatore stava per iniziare a spiegarlo quando Monsieur lo precedette, chiudendo l’argomento perché troppo lungo e complesso per quel momento: se ne sarebbe parlato un’altra volta.

<Ora ci sono altre cose da appurare. Tipo perché madamoiselle Dawn non è casa a dormire, giacchè domani ha scuola.> Sentitasi chiamare in causa, e in tal modo, la ragazza lo guardò spalancando la bocca e la prima cosa che le venne in mente da dire fu che lui non era né suo padre né sua madre o sua sorella per farle questi discorsi. <Sono sicuro che sua madre disapproverebbe che lei a quest’ora sia ancora sveglia quando domani mattina alle prime ore ha matematica, materia in cui non eccelle.>

A questo punto Buffy decise che doveva intervenire per ristabilire chi era la sorella maggiore lì in mezzo, senza contare che era da quando era arrivata lì che stava discutendo con la sorella circa quell’argomento. <Il signore ha ragione Dawn, quindi adesso scordati di assistere all’autopsia e torna a casa ! E lei come diavolo fa a sapere che domani mia sorella ha matematica ?> <Sa, dopo tanti secoli essere ben informati non mi è più difficile. Ma se sua sorella vuole assistere all’autopsia avrò piacere di rimandarla a domani, diciamo nel primo pomeriggio.>

Finalmente qualcuna delle Summers si interessava e voleva apprendere qualcosa: certo, non era quella giusta, ma il desiderio di conoscenza della piccolina era ammirevole, quindi andava premiato. <E intanto cosa facciamo noi ?> chiese piccato Giles, a cui sembrava un’idiozia perdere tempo così. <Diciamo che per domani pomeriggio lascerò da parte un cadavere, quello del valletto, così le fanciulle lo possano studiare. Noi procederemo con l’AnHerv e i due bruciati, le analisi balistiche, comunicheremo a chi di dovere la scomparsa del defunto Ramaissim Dolovion, interrogheremo il testimone e cercheremo di scoprire cosa cercavano gli assassini da loro. Le gentili fanciulle possono tornare alle loro case: mentre io, Giles, Harris e Rayne andremo a prendere quei due cadaveri.>

 

Andandosene Amy sperò che Vigio l’Inclemente apprezzasse la gentilezza di portargli ulteriori erbe aromatiche per la casa, Dawn era senza parole per l’intrusione nella sua privacy e per com’era stata trattata, Willow e Kennedy parlottavano scambiandosi opinioni, pareri ed informazioni sulla serata e Buffy si sentiva … scavalcata ed inutile.

Quell’uomo decideva, pianificava, si impicciava e tutti lo assecondavano, dimenticando che era un paranoico con smanie di grandezza, dalle cui mani grondava il sangue di Cacciatrici e che voleva fare del male a Willow. Certo, con dei demoni che volevano distruggere a breve la città non si poteva andare troppo per il sottile ponendogli i bastoni tra le ruote, ma avrebbe voluto un po’ più di indipendenza da Giles e dagli altri.

 

Da qualche parte non troppo lontana intanto in una stanza tre uomini discutevano animatamente; o meglio, due urlavano e uno taceva meditabondo. <Ah, magnifico, ora sicuramente abbiamo qualche migliaio di karhall che vogliono venire qui a distruggere e che ci ucciderebbero se sapessero chi siamo. Ma a voi non vi facevano studiare un po’ di strategie di guerra all’Accademia ? C’era bisogno di imbastire tutto quel casino nel residence per essere al punto di partenza ?>

L’interlocutore, più giovane, lo guardò con sufficienza. <E cosa dovevo fare, ipnotizzare l’AnHerv ? Oppure lo dovevo interrogare ?> Sarcastico l’altro gli rispose per le rime. <Quella poteva essere una soluzione, ad esempio, invece chi giocare al piccolo macellaio.> <Certo, se magari il polgara fosse stato domato prima ! Facile criticare, tanto a me tocca lavorare con questi avanzi dell’inferno ingovernabili !> <E ci lavori benissimo visto come hai difeso il Tempio.> <È vero, avrei potuto impiegare degli zombie che si trasformano in un puzzle animato !>

La terza persona, comprendendo che si stava per trascendere con fare pacato battè una mano sul tavolo: i due si zittirono. <Non abbiamo quello che volevamo, è un fatto, ma non sappiamo se l’abbiano invece Vigio l’Inclemente e la Grande Cacciatrice. Inoltre erano solo note, appunti, promemoria: anche se l’avessero trovato potrebbero non averci compreso molto e certamente non potrebbero risalire con chiarezza alla nostra identità. Quindi per ora non ci dobbiamo preoccupare delle ritorsioni della Kernalia Zamira e in futuro …> L’uomo sorrise losco, come gli altri due, certi del proprio glorioso avvenire.

<Sono dell’idea di provare a prelevare il sangue direttamente dalla ragazza nei prossimi giorni. Ci basterà organizzare solo qualcosa che tenga occupati gli altri. A questo punto possiamo contattare l’Ordine.> Il più giovane non si fidava molto dell’Ordine e, in generale, dei demoni, ma sapeva che nessuno poteva mettere in discussione gli ordini di colui che aveva appena parlato, se non il Puer.

 

La mattina, come convenuto, dopo aver portato Dawn a scuola Buffy si recò alla villa del Conte assieme a Willow, mentre Amy era lasciata libera al negozio e Xander era impegnato a cercare di togliersi di dosso quell’odore abominevole e a godersi la prima parte della mattina libera. A quanto pareva la sinistra caratteristica dei karhall erano che bruciavano fintantochè non restavano solo ossa e l’equivalente dei tendini e che durante e dopo puzzavano ancora di più: il Conte consigliò al ragazzo di lavarsi con aceto e succo di limone e di bruciare in casa quella polvere preparata da Amy. Lo stesse fecero Willow, che mandava un olezzo poco piacevole, e Buffy, a cui quell’ inconveniente ricordò quel vampiro che non volle battersi con lei perché puzzava troppo di fritto.

Solo perché c’era Buffy con lei Willow si sentì abbastanza sicura ad entrare nella tana del lupo, anzi, nel nido dell’aquila, paragonando mentalmente quel luogo e il suo proprietario ad Hitler e al suo chalet preferito. Di giorno l’ingresso era meno terribile che di notte. Le chiare grosse bugne a baule incutevano meno timore e addirittura a Buffy, vedendole, venne in mente quel grosso museo a Firenze con davanti una grossa piazza: il portale era effettivamente un richiamo a Palazzo Pitti, dove vivevano un tempo i cugini di Monsieur, per Grazia di Dio Granduchi di Toscana e Principi di Siena.

Tra una bugna e l’altra c’era il campanello: suonatolo poco dopo, all’interno di una delle due ampie ante lignee decorate con borchie metalliche si aprì una porticina e Rayne, salutandole cerimoniosamente, le fece accomodare dentro la proprietà. Superarono l’androne tripartito, osservando le cinque colonne disposte ai lati e oltre la penombra, oltre l’ampio giardino illuminato dal sole, videro finalmente, là in fondo, la parte retrostante della villa americana del Conte di San Germano, da costruirsi nel più perfetto stile manierista toscano.

Rayne aprì una delle due porte che si affacciavano oltre quel porticato ai lati del corridoio voltato: entrarono prima in un piccolo ambiente quadrato, illuminato da una finestra da un lato, con una scala e una porta dall’altro e un’altra porta davanti. Aperta quest’ultima passarono in un salottino con un divano, un tavolinetto, un paio di poltrone e un mobile basso e lungo: tutta questa estrema semplicità contrastava abbastanza con le grandiose proporzioni del complesso. Quell’ambiente era comunicante con l’ampia cucina da cui si accedeva, superando il bagno, a una camera ove era stato confinato il demone interrogato nella notte da Madame Margot.

 

Fatte accomodare, furono raggiunte dal Conte con Giles poco dopo: ambedue dovevano aver dormito assai poco a giudicare dai volti stanchi e dagli occhi cerchiati Non sapevano le due ragazze che, oltre ad aver esaminato tre demoni morti avevano rilevato ed analizzato svariati importanti elementi trovati ai bordi della fossa dov’erano stati gettati e bruciati i due demoni.

<Buongiorno. Dormito bene ?> domandò gentile e sorridente: Buffy lo trovò viscido, Willow un po’ paranoica credette che fosse un’allusione al proprio “ultimo sonno” che lui le voleva procurare e automaticamente pensò che non doveva permettersi di farsi spaventare così tanto da lui. <Che novità ci sono ?> chiese asciutta la Cacciatrice. <Molteplici di carattere positivo e negativo.> <Iniziamo da quelle cattive.>

<I karhall sono molto, molto arrabbiati, il defunto aveva delle informazioni per me circa quello pseudotempio trovato e distrutto da noi e avevo dimenticato quanto fosse disgustosa l’autopsia di questo tipo di demone.> <Quelle buone ?> <Abbiamo tempo fino a domani sera per dare a coloro che verranno a riprendersi i cadaveri il nome degli assassini e dei mandanti, sappiamo cosa cercavano con tanta foga gli omicidi, so chi è uno di loro e ho una mezza idea di chi abbia fatto da “palo”.> <Non che questo basti a salvare Sunnydale dalla furia dei karhall.> commentò Giles poco allegro, mettendo in agitazione le due ragazze, che guardarono ansiose l’altro uomo, stranamente placido e quasi serafico. <Vede Anne, credo sia saggio mettersi comodi e discutere su alcune questioni. Volete seguirmi in casa ?>

 

Attraversarono l’ampio giardino, camminando sul sentiero in ghiaia che lo divideva in metà: il cielo era celeste così chiaro da far male agli occhi e il palazzo, nonostante la grazia e la simmetria, risultò opprimente a Willow, come se in esso ci fosse qualcosa di maligno.

La parte centrale della costruzione aggettava verso il giardino ed era preceduta da una scalinata, oltre la quale sei coppie di colonne creavano un severo porticato, base per il largo terrazzo dalla balaustra in ferro battuto. Ai lati, sopra un grigio basamento a bugnato liscio, in cui si aprivano le finestre delle cantine, si snodava al pian terreno la teoria di classiche finestre alla francese dal frontone alternativamente timpanato e centinato, tre per parte.

Sulla linea del cornicione che divideva il piano terra dal prima si appoggiavano altre finestre alla francese, anch’esse, come le sottostanti, classiche nei loro frontoni triangolari e tondeggianti. Infine, sopra esse, le piccole finestre oblunghe che illuminavano le stanze di servizio, contorniate da semplici cornici in pietra liscia.

Nonostante le impressioni sfavorevoli sul committente Buffy non poteva negare che il suo gusto in fatto di abitazioni fosse sobrio e addirittura normale, benché abbastanza retrò. Ignorava la ragazza che quella era poco meno di un quarto della costruzione ad uso privato, che alla fine sarebbe divenuta un grande edificio quadrato con cortile centrale, preceduto da una piazza ad uso pubblico con due alte colonne, che sarebbe stata collegata alla foresteria da due lunghi corridoi sopraelevati su una teoria di pilastri e colonne, come nel Palagio degli Uffizi e nel cui giardino l’arte topiaria e l’idraulica avrebbero rinverdito la gloriosa tradizione del giardino formale, detto anche “alla francese”.

Giles invece conosceva bene il progetto, da terminare nei prossimi anni, poiché per una sera intera il Conte gliene aveva parlato. Salirono la decina di scalini e il Conte aprì la portafinestra all’estremità sinistra del portico, introducendo le due ragazze e l’inglese nel “salotto fiorentino”.

Era uno stanzino quadrato all’incirca, con un camino, una dormeuse, due poltrone, una scrivania con molti cassettini ingombra di fogli, un paio di mobili dalla funzione non ben identificata e, appesi tutto intorno, dei quadretti antichi raffiguranti i monumenti di Firenze, la cui pianta (aggiornata al 1827) faceva bella mostra di sé sopra il camino: Willow, a cui il pezzo d’arredamento più recente pareva precedente la Guerra di Secessione, iniziò a capire parte del fascino che quella casa aveva avuto su Dawn e Kennedy, mentre Buffy vide solo il prodotto della vendita di denti di vampiro. Meglio, perché se avesse saputo delle generose “mance” che alcuni governi non esattamente democratici avevano passato al Conte per la sua militanza nei loro eserciti chissà cosa avrebbe detto !

Le ragazze si sistemarono sulla dormeuse, Giles su una poltrona e il Conte si sedette sulla sedia della scrivania, dopo aver chiesto se gradivano qualcosa: le ragazze rifiutarono perché avevano fatto da poco colazione, mentre l’Osservatore, e non solo per educazione, accondiscese a prendere la solita bibita mattutina di Monsieur. Infatti di lì a poco entrò una bella signora di mezza età dagli occhi scuri, vestita da cameriera, portando una bottiglia e quattro bicchieri: come iniziare meglio la giornata che con un bianco, delicato e signorile Tocai ungherese ? Le due americane rabbrividirono vedendo bere alcolici a quell’ora e l’opinione che avevano di Vigio, se possibile, scese ancora.

<A quanto pare il defunto non era molto sicuro della propria memoria e aveva l’abitudine, quando doveva dire qualcosa d’importante, di scriversi un promemoria. Io credo che fosse quello che gli assassini cercavano, il foglio con le informazioni su di loro che aveva raccolto.> <E credevano che lo avesse ingoiato ?> domandò sbalordita Willow, che aveva intuito per quale motivo li avessero squartati. <Non avendolo trovato in casa sono giunti a questa conclusione: doveva avere notevole importanza per loro.>

C’era una cosa che a Buffy sembrava ancora più importante, e di cui non aveva ancora sentito una parola. <Chi sono gli assassini ?> Giles e il Conte si guardarono per un attimo, poi parlò il francese. <Sicuramente il defunto e bruciato demone polgara che avete trovato ieri notte. È stato lui ad aprire i karhall. E assieme a lui … mi dia qualche ora di tempo, ho delle idee ma devo ancora fare delle analisi.> <E crediamo che il valletto trovato bruciato abbia fatto da palo, comunicandogli il luogo e l’ora del loro arrivo, che era stata tenuta segreta.>

Giles, detto questo, aggiunse che era stato ucciso forse con un colpo alla nuca, come il polgara, probabilmente nei pressi del luogo dov’erano stati bruciati, giacchè non c’erano macchie del suo sangue nella casa. <Due testimoni scomodi in meno.> fu l’epitaffio del Conte. <Cioè si sono serviti di loro e poi se ne sono sbarazzati.> disse solo Buffy, un po’ a disagio per questi metodi da mafiosi nella sua città. <Quindi dobbiamo trovare quel foglio mentre lei scoprirà qualcosa sull’altro omicida. E ora mi dica, senza tirarmi fuori storie oscure, cosa sa dei mandanti di tutto ciò ?>

C’era poco da scherzare con Anne, pensò il Conte, si stava arrabbiando: certo, un po’ più di gentilezza non avrebbe guastato. <Evidentemente poco, dal momento che mi debbo servire di demoni per avere delle informazioni.> Giles, che lo conosceva, comprese che se iniziava a tergiversare e a prenderla per lunghe con dissertazioni e giochi semantici sarebbero morti di vecchiaia in quel salotto.

<In ogni caso ho la certezza che qualche essere umano sicuramente, e forse anche dei demoni, abbia intenzione di utilizzare sua sorella, la Chiave, per scopi terribili che non mi sono ancora chiari: io propendo per l’apertura della Bocca dell’Inferno. A quanto pare qualcuno, su cui non sono ancora riuscito ad avere informazioni soddisfacenti, si è lasciato scappare questa informazione dopo aver giaciuto con una meretrice, la quale lavora per una mia vecchia e cara conoscenza.>

<Ma chi frequenta lei ?> disse Buffy abbastanza scandalizzata per il modo con cui era giunto a queste informazioni. <A Parigi c’è un bordello per demoni e esseri umani aperto nel 1719, gestito da Madame X, perfetta e squisita tenutaria, che ha per difetto l’essere una vampira, con cui ho spesso … collaborato, per così dire. Nei tempi oltre ai servizi delle sue ragazze ha aggiunto anche un ristorante ed un albergo: prendo sempre alloggio lì quando vado nella capitale. E le informazioni che ottengo sono sempre attendibili. In ogni caso, dopo quanto riferitomi ho mosso tutte le mie conoscenze lecite ed illecite, comprese la kernalia, cioè Regina, dei karhall Zamira, che aveva affidato la questione allo zio di suo marito, il defunto Ramaissim Dolovion. Chiaro ?> <Il fine giustifica i mezzi.> disse Willow, sorridendo sconcertata per la disinvoltura con cui il “flagello dei demoni si serviva di loro”.

<E da cosa deduce che oltre a demoni siano implicati anche esseri umani ?> <Dalle armi da fuoco, Anne. Lei non ha mai incontrato un essere demoniaco munito di pistole, fucili e via dicendo, giacchè essi non ne usano: il motivo, chiaro e noto, come dicevamo ieri sera, richiederebbe troppo tempo a spiegarlo. E noi non ne abbiamo. Se lei non ha altre domande la pregherei gentilmente di andare a cercare sul luogo del delitto quel foglio per noi tanto importante, e a domandare in giro se qualcuno ha visto il polgara venir contattato per partecipare al delitto.>

<Una sola domanda, prima. Chi erano le Cacciatrici che ha ucciso ?> Aggrottò la fronte, Giles trattenne il respiro temendo uno scoppio d’ira e Willow la guardò sorpresa per la domanda tanto diretta. Lui sorrise, pacifico e serafico. <Mi piacerebbe molto parlare del mio passato e confrontarlo col suo, ma ho dei cadaveri che mi stanno imputridendo nella serra e delle analisi balistiche da fare. Sarà per un altre volta.> Detto questo, sorridendo, si alzò ed uscì, imperturbabile.

 

ATTO III

Le indagini delle due ragazze non solo furono totalmente infruttuose, ma anche molto fastidiose. Il proprietario del Torrance non era certo di buon umore per quella puzza pestilenziale che gli stava appestando tutto il complesso, e quando scoprì chi e come era morto si agitò ancora di più. Fortunatamente Willow ebbe l’ottima idea di nominargli Vigio l’Inclemente, dicendogli che lui si stava occupando di tutto, per farlo calmare abbastanza.

Ma l’uomo non poteva dire molto, le prenotazioni erano state fatte in modo regolare via telefono, nessuno aveva chiesto nulla su quelle tre persone che avrebbero dovuto prendere camera lì, non aveva notato particolari movimenti e poi lui, alle nove di sera, stava guardando la televisione. Buffy non sembrava molto convinta, ma quell’uomo la gelò con un breve discorsetto conclusivo.

<Sentite belle, sapete che qui c’era una Bocca dell’Inferno ? Ora non c’è più ed io faccio da albergatore per esseri che vi auguro di non incontrare mai: la prima regola nel mio mestiere è fare poche domande, guardare ancora meno e farsi pagare in anticipo. È chiaro il concetto ?> Andarono nell’appartementino, mentre alla Cacciatrice, delusa, pareva che gli anni non passassero mai, che nulla fosse cambiato: quello era il suo eterno presente e lei non ne poteva più.

Aveva sperato per qualche tempo di esserne uscita, ed invece eccola di nuovo lì, tra demoni e affini, mostri e misteri, pericoli e rischi. Poi guardò Willow e si sentì molto meno sola. Girarono tutte le stanze (il sangue secco di karhall puzzava molto meno e aveva anche un bel colore) frugarono ovunque, giacchè le impronte erano già state rilevate la notte precedente, smossero tutti i mobili, guardarono tutti gli angoli ma di quel dannato foglio neanche l’ombra.

 

Da Willy fu anche peggio: quando vide entrare Buffy quell’ometto, sopravvissuto ad anni passati sulla Bocca dell’Inferno e a una vita sul bordo dell’illegalità e del demoniaco, iniziò a profondersi in una caterva di saluti, domande, complimenti e feste, il che non parve affatto necessario alla Cacciatrice, di pessimo umore. Cercò di trattenersi e fare la persona educata e civile come le aveva insegnato sua madre, per cui evitò di prendere subito per il collo il vecchio informatore, picchiarlo a dovere e farlo cantare.

Addirittura fu lui a chieder loro in cosa poteva essergli utile: sapeva che Vigio l’Inclemente era in città e si immaginava che quelle ragazze lavorassero per lui. <Io non lavoro per lui !> urlò molto seccata e punta sul vivo Buffy, che non voleva nulla a che fare con quell’essere malvagio e subdolo. <Ancora per poco, allora. Sai che ha quasi ricostituito il Consiglio degli Osservatori ? Se ne parla molto perché quando quello vecchio è saltato in aria e ci sono Cacciatrici anche sotto i sassi si è dato molto da fare: le ha fatte contattare da preti e gente di sua fiducia e a breve, credo, tutta l’organizzazione ingranerà di nuovo.> È difficile dire chi, tra Willow e Buffy, si sentì peggio a quella notizia; in ogni caso, oltre a queste voci, Willy non seppe dare nessuna informazione utile: la loro mattinata era stata decisamente infruttuosa.

 

Alla maison comitale i lavori fervevano alacri: Amy di lì a poco avrebbe portato il necessario per imbalsamare i cadaveri in modo che non giungessero a destinazione trasformati in una disgustosa poltiglia brodosa. La ragazza era entusiasta per quell’omicidio: tutto ciò che le era stato richiesto le era stato pagato subito ed in contanti e, visti gli affari, per ora l’Inclemente era il suo miglior cliente. L’analisi balistica, combinata a quella di alcune impronte trovate nei pressi dei due corpi bruciati, confermò un remoto sospetto del Conte: ne parlò prima con Madame e poi con Giles e ambedue furono dell’idea di tenere per ora all’oscuro i ragazzi di quella scoperta, almeno fino a quando Monsieur non si fosse messo in contatto con certe persone che potevano essere di fondamentale aiuto nell’individuare chi aveva sparato.

 

Willow e Buffy ritornarono alla villa dopo pranzo, dopo aver dato un colpo di telefono a Giles per metterlo al corrente delle pochissime novità. Quando la Cacciatrice gli chiese se era vero che il Conte avrebbe presieduto il nuovo Consiglio degli Osservatori egli iniziò a ridere follemente e, tra i singulti, le disse che era più probabile lei fosse eletta Imperatrice delle Indie. <Ma via Buffy, come fai a credere a queste cose ? Tre quarti del globo ha ottimi motivi per odiarlo. Chi te l’ha detto ?> Lei gli riferì la conversazione e lui rise molto meno, anzi, mugugnò con evidente fare assorto e la salutò, lasciandola pensierosa: che importanza potevano avere le chiacchiere di Willy ?

 

Xander passò a prendere Kennedy e Dawn a scuola per portarle a questa autopsia e, lungo la strada, espresse il suo timore: perché questo interesse per cose così “forti” ? Sarebbero potute rimanere turbate. Kennedy, ridendo, gli ricordò che squartavano rane a scuola ed erano cresciute vedendo “Nightmares”, “Venerdì 13”, “La casa” e una serie pressoché infinita di varianti; inoltre, dopo aver ucciso un Turok-An vivo poteva anche vedere aprire un karhall morto.

Dawn invece gli ricordò che era cresciuta con una sorella che lavava vestiti sporchi di sangue e che si era ritrovata circondata da mostricciatoli guidati da un’improbabile dea, da cavalieri medievali che la volevano morta, da orribili- <Va bene, va bene, mi avete convinto, adesso non raccontarmi tutte le volte che ti sei trovata in pericolo, tanto c’ero sempre anch’io. È che alla tua età->

<Xander non sono più una bambina: quest’anno ho il ballo di fine corso, te ne sei scordato ? Attualmente la mia attività principale, oltre a sopravvivere, è trovarmi un bel cavaliere per quella serata.> Kennedy, che era al corrente delle mire di Dawn, sorrise divertita: lei aveva già la sua amazzone, ma si era prefissata come scopo (oltre a sopravvivere) di aiutarla a conquistare “quel” ragazzo.

 

Parcheggiarono all’ombra di quel lungo, alto e massiccio muro e suonarono: aprì il portoncino Giles, giacchè era nella foresteria per andare a vedere come procedeva l’interrogatorio del testimone, sempre torchiato da Madame. Nella serra il Conte finiva di preparare le ultime cose per la lezione di demoanatomia ascoltando il resoconto di Buffy e Willow mentre Amy caricava svariati incensieri e bracieri con la mistura adatta a coprire l’odore di cadavere.

<Dov’è Dawn ?> domandò la Cacciatrice a Xander, quando lo vide raggiungerle solo con Kennedy. <Sta cercando di convincere il signor Giles a poter assistere all’interrogatorio di quel demone.> Prima che il Conte potesse esprimere piacere per l’interessamento della ragazza, Buffy era già partita di gran carriera per andare a riprendersi la sorellina impicciona.

Giunse proprio mentre questa, incurante della fermo ma gentile rifiuto che Giles le stava ripetendo per l’ennesima volta, girava la maniglia della porta che immetteva nel salottino della foresteria, dove poche ore prima Buffy e Willow erano state accolte. Dawn aprì e vide Madame, evanescente ed altera, svolazzare poco sopra il pavimento intorno al povero demone, oramai sequestrato in quella proprietà da quasi trentasei ore.

 

<Clem !> urlò sorpresa Buffy vedendolo. <Buffy !> esclamò il demone lieto di aver visto finalmente un viso amico. <Clem !> disse Dawn slanciandosi ad abbracciare il gentile e dolce demone cui voleva bene e che accolse con gioia e letizia le due ragazze tra le braccia. Lui stava già facendo loro i complimenti, quanto si erano fatte belle e come erano cresciute, quando qualcuno educatamente tossì. Tutti e tre si girarono e videro sulla soglia Giles sorpreso e il Conte serio, mentre dietro di loro c’era Madame Margot con le incorporee braccia incrociate all’altezza del seno.

<Da un bel vampiro con l’anima a un bel vampiro senz’anima a … questo essere ?!> esclamò lo spettro senza trattenere il più profondo disgusto. Quando le due ragazze e Clem compresero cosa Madame pensava troncarono l’abbraccio protestando e reclamando. <No ! È un nostro amico !> strepitò Dawn. <Ma come potete pensarlo ?> indignata chiese Buffy. <Con i tuoi precedenti bionda mi sarei stupita solo perché questo te lo sei scelto brutto.>

Madame detestava con vigore Buffy, e il Conte aveva sempre temuto il loro primo incontro, che con difficoltà si sarebbe potuto immaginare peggiore, per cui intervenne prima che la discussione degenerasse. <No, a quanto pare questo Clem ha fatto spesso da baby-sitter alla piccolina ed è stato sempre molto servizievole e gentile.>

Dawn avrebbe voluto urlare che lei non aveva bisogno di baby-sitter alla sua età ma la recriminazione di Madame glielo impedì. <Tu sapevi che Anne affidava la piccolina a un demone e non me lo hai detto ?> Il Conte inspirò profondamente: odiava discutere con Margot, soprattutto davanti ad altre persone. <Me ne aveva parlato l’inglese tempo fa, poi mi è passato di mente. Ora calmati, conoscendo le abitudini di Anne poteva andare peggio, questa razza è sostanzialmente innocua, e questo esemplare … è sicuramente meno pericoloso di un vampiro senz’anima. Avvicinati demone e inginocchiati.> <Clem ha un nome e se lei mi richiama piccolina scoprirà di cosa sono capace.>

Le parole di Dawn, totalmente ignorate, vibravano di sdegno mal represso mentre Buffy, della quale parlavano come fosse assente, furibonda per il disprezzo di cui era stata coperta dall’uomo e dal fantasma, si era già messa in posizione di attacco pronta a difendere Clem, ma un gesto di Giles le fece capire che non c’era nulla di cui preoccuparsi. Vigio l’Inclemente non disse cosa pensava su quella abominevole familiarità con gli inferiori esseri demoniaci che le due bambine avevano creato: c’era altro da fare prima, non era tempo per discutere di cosa fosse giusto e doveroso con due ragazzine americane senza cervello.

<Demone, sei stato utile e hai fatto cose di cui mi rallegro. Fintantoché non sarai nocivo la mia spada ti risparmierà.> Questa era l’antica cerimonia con cui il Conte “liberava” alcuni demoni o vampiri meritevoli dal terrore di finire scuoiati, impagliati o venduti a pezzi: Clem si chinò a baciargli il piede, come il Conte pretendeva in segno di sottomissione, ma Dawn e Buffy, che non sapevano nulla di questo rito, videro solo quella che parve loro un’umiliazione dell’amico.

<Ma cosa diavolo-> stava già strepitando Buffy quando Clem si girò loro, felice e sorridente come non mai: le due sorelle si scambiarono uno sguardo interrogativo e aspettarono una chiara spiegazione. Gongolando le abbracciò tutto contento, incurante dello sguardo di disgusto del padrone di casa e dello spettro, e spiegò loro che, d’ora in poi, la sua pelle non doveva temere più di diventare la rilegatura di qualche libro o la sua testa un ornamento da salotto. Le due ragazze gli sorrisero appena, guardando fisso quel gentile personaggio davanti a loro, evidentemente capace delle peggiori nefandezze anche su demoni innocui come il loro Clem.

<Evviva evviva. E vissero tutti felici e contenti. Ora volete seguirmi di là, così da poter dare inizio all’autopsia ?> Il tono del Conte era vagamente seccato: tutta quella confidenza con quell’essere … disgustoso. Giles uscì, seguito da Dawn e da Monsieur. Buffy si fermò sulla soglia, lanciò uno sguardo affatto benevolo a Margot e le disse che aveva già sentito dire che era uno spettro antipatico e freddo. Il fantasma la guardò, con fare lento della testa la squadrò da capo e piedi e poi parlò. <Tu invece sei molto calda, a quanto si sa dalle tue prodezze con certi vampireschi stalloni.>

 

Nella serra, che poi era solo un ampio locale di circa nove metri per cinque, occupato da una lastra di pietra su gambe bronzee su cui il Conte faceva le autopsie, un paio di mobiletti su cui stavano i ferri, un grammofono, due potenti lampade, bracieri ed incensieri, Kennedy, Amy e Willow sentirono fin da lì la serie di urla, strilli e strepiti in due o tre lingue che seguirono le parole di Madame.

Abbastanza preoccupate videro dopo un paio di minuti arrivare Giles evidentemente mortificato, Dawn sdegnata e Buffy urlante all’indirizzo del Conte, che precedeva le altre tre persone camminando a passo svelto ed evidentemente furibondo. <Cosa vuole dire ? Non mi interessa ! Io le pretendo !> L’uomo si girò a guardare la ragazza e cercando di trattenersi le disse: <Conosco Madame da secoli. Prima che lei si scusi dovranno i pesci saltare fuori dai mari e i cervi brucare nei cieli.>

<Non mi interessa ! Io non tollero che-> <Abbassi la voce ! Qui non siamo a Les Halles ! La frase può essere stata poco diplomatica ma le vorrei ricordare Anne che nel mondo demoniaco, e non solo, si parla dei suoi affari di letto con la stessa frequenza con cui si motteggiava sugli amanti di Caterina di Russia, della Duchessa di Parma o, per rimanere in ambito americano, sulle donne del vostro presidente Kennedy.>

Buffy divenne rossa in viso, umiliata per il disprezzo con cui erano state espresse quelle parole offensive, mormorò un “Non resterò un solo secondo ancora qui” e se ne andò via. Il Conte mormorò tra i denti qualcosa di poco gentile in francese e con uno sguardo omicida si girò verso Amy e Willow. <Streghe siete congedate. Andate pure con Anne. Giles accenda le lampade. Iniziamo questa maledetta autopsia.>

Mentre lui si infilava guanti e un lungo camice di cuoio, macchiato dal sangue rappreso di innumerevoli demoni e vampiri, Kennedy in silenzio pensava che Buffy forse non aveva poi tanta ragione a fare tutte quelle storie: insomma, non poteva fare tanto la santarellina.

Giles, più umanamente, era umiliato lui per quello che aveva dovuto sentire la sua adorata Buffy: e meno male che Madame non le aveva rivelato che veniva chiamata “la Cacciatrice col vizietto”. Dawn, pur capendo le ragioni della sorella, trovava eccessivo quel fare la primadonna e osservava di sottecchi il Conte, evidentemente dispiaciuto e arrabbiato per tutto quello che era successo. Per questo, per farlo calmare e per metterlo un po’ d’umore migliore (prima che per scaricarsi i nervi decidesse di andare a prendere Willow) gli chiese come mai era in rapporti così buoni con dei demoni da servirsi di loro come informatori.

Probabilmente solo Giles si rese conto del momento storico che stava vivendo insieme a quelle due ragazze. Il Conte di San Germano, appellato dai demoni Vigio l’Inclemente, stava procedendo di persona all’analisi di un demone, proprio lui che aveva scritto, tra il 1649 e il 1676 i diciassette volumi in-quarto del “De natura, vita ac forma daemoniorum”, stampati a Toledo: testi su cui generazioni di Osservatori avevano studiato e avevano consultato e che, fino alla metà del XIX secolo erano rimasti le guide ed il faro per tutti coloro che si erano votati alla lotta contro il Male.

E soprattutto per la prima volta dal 1889, quando dopo una storica discussione all’interno del Consiglio degli Osservatori condusse a termine una dissezione che fece epoca (alla presenza anche del Lord Difensore Sua Altezza Reale il Duca di Connaught) mostrando come Lord Halifax avesse torto sull’esistenza di un ibrido tra un demone colgra e un demone trisni, permetteva a qualcuno di assistere alla sua famosa e quasi leggendaria maestria nella sezione anatomica.

Così, se Giles rimase incantato dalla leggerezza e precisione con cui tagliava ed evidenziava le varie parti di quel corpo, da vero professionista e conoscitore della materia, Dawn e Kennedy furono affascinate e turbate in egual misura dal racconto dei suoi trascorsi contro i demoni karhall.

Con garbo e proprietà di linguaggio spiegò loro che esistono diverse razze di karhall, e ogni tribù è riconoscibile per particolari caratteristiche: quella del defunto, ad esempio, per le dita dei piedi particolarmente corte e la tendenza a ingrassare molto dopo la prima parte della vita. I componenti di ogni tribù figliano tra di loro, le unioni con membri esterni sono rare.

Non sapevano quelle ragazze che questa gentile verve didattica nel Conte era tutto merito del Primo Male: stando per mesi barricato sulle Meteore con un manipolo di potenziali Cacciatrici aveva imparato a comunicare le proprie conoscenze, e per lui era stata una grande novità, visto che, nei secoli precedenti, non aveva mai dato grandi prove di sé come maestro ed insegnante per le Cacciatrici che aveva incontrato.

Ad oggi esistono circa trentamila demoni di questa razza in giro per le Americhe: fino a qualche secolo fa erano quasi nomadi, si fermavano in una zona e poi ripartivano; per questo che sono stati massacrati a tutte le latitudini, benché spesso la documentazione in nostro possesso sia carente. Nel Regno d’Arabia, da cui secondo alcuni studiosi provengono, almeno quattro tribù sono state eliminate nel primo secolo dopo l’Egira, sotto i quattro Califfi. Una forse, ma gli storici sono molto divisi, ha invaso le terre dell’attuale Ducato di Milano nel 120 avanti Cristo circa e furono sconfitti da un console romano.

Due o tre tribù si sono stanziate nelle terre del Celeste Impero verso l’anno Domini 1100, secondo lui dopo aver sbagliato strada, e sono state definitivamente distrutte, dopo secoli di lotta, dalle truppe della Repubblica Popolare verso il 1950. Un’altra è stata estinta nelle Indie Occidentali nel XVI secolo, dopo la fondazione dell’impero moghul. Due tribù lui stesso le eliminò personalmente nel 1658. <Lei ? Proprio lei ? Come si fa ad estinguere una tribù di demoni ? Saranno un sacco di … demoni da uccidere.> domandò molto incuriosita Kennedy. <Semplice. Li si uccide tutti.>

 

Dopo la caduta di quasi tutto il Regno Apostolico d’Ungheria sotto il dominio della Sublime Porta (cioè dei Turchi, come il Conte aggiunse, visti gli sguardi interrogativi delle ragazze) alcuni karhall si stanziarono nell’attuale Regno dei Greci e altri ebbero la cattiva idea di dirigersi a nord, andando ad infastidire il Sacro Romano Imperatore, già prostrato dalla Guerra dei Trent’Anni, e quel pover’uomo di Sua Maestà il Re Giovanni Casimiro di Polonia. Si posizionarono in cima al Regno Apostolico, al confine con il Ducato di Slesia e la Galizia, allora parte del Regno di Polonia.

Fosse stato per il Re Luigi XIV sarebbero ancora lì, ma alcuni Cardinali gli fecero presente che non era il caso di indebolire troppo due regni cattolici: il Santo Padre non avrebbe gradito se ad oriente della Germania invece degli Absburgo ci fossero stati solo gli Svedesi e i Turchi. Così il Conte con cinquecento uomini partì: Lione, Chambery, Torino, Milano, Trento, Innsbruk e alla fine Vienna, dove l’Imperatore Leopoldo I aggiunse altri cinquecento uomini. Non molti, ma era francese ed era appena terminata la Guerra dei Tren’Anni.

Poi proseguirono in Ungheria dove li aspettavano duemila Ungheresi, mille Polacchi e mille dalla Slesia. Cinquemila uomini, tutte truppe specializzate, circa, per la battaglia contro i demoni: soldati scelti, capaci e decisamente crudeli; quegli Ungheresi soprattutto erano terribili, e anche abbastanza ingovernabili.

<Tipo gli Iniziati di Riley ?> domandò Dawn, ignara che già tanto tempo fa esistessero soldati addestrati alla lotta contro i demoni. <Cosa credete ? che l’idea di truppe speciali contro i demoni sia un’idea americana ? È vecchia quanto il mondo, giacchè una sola Cacciatrice non era molto. Io faccio parte di uno di questi eserciti dalla fine del Cinquecento.> <Ecco perché la chiamano Generale.> dedusse Kennedy.

Si misero in marcia e raggiunsero la zona in cui i karhall si erano stanziati: aspettarono che una parte di loro ci attaccasse, dopo aver posto al centro gli Slesi, con alle spalle un colle, dietro cui erano nascosti i cinque cannoni austriaci. I karhall, circa duemila, attaccarono in massa come loro costume, gli Slesi si fecero inseguire fino ai piedi del colle e gli austriaci iniziarono a far cantare le loro bocche da fuoco.

Dai lati uscirono fuori Ungheresi e Polacchi, mentre i Francesi giravano veloci per presidiare l’unico lato scoperto, da cui quelli potevano fuggire: fu un’operazione veloce poiché dopo tre ore, e relativamente poco corpo a corpo, i demoni erano tutti morti e le truppe avevano avuto poche perdite. Quelle bestie di ungheresi, pensando fossero un tipo di vampiri, per ucciderli li decapitavano con le loro asce: alla fine c’era tanto sangue sul terreno che si sprofondava fin’oltre le caviglie e si dovette far fare un lungo giro ai cannoni, perché se fossero passati di lì si sarebbero impantanati.

Trovarono l’accampamento principale seguendo la decina di sopravvissuti: avevano scavato una sorta di ampio cratere, profondo una decina di metri, dai lati ripidi e con svariati cunicoli sui fianchi, mentre il terreno di riporto e gli alberi abbattuti erano serviti per erigere una muraglia tutto intorno.

Veloci scalarono quella sorta di collina, dopo una copertura di fucileria, e iniziarono a respingere dall’alto i demoni che cercavano di uscire dal cratere per dar tempo ai cannoni di prendere posizione. A colpi di picca, di sciabola o di moschetto li uccidevano facendoli ricadere su quelli che li seguivano, finchè i cannoni non raggiunsero le postazioni. Allora fu come sparare ai pesci in un barile.

Alcuni di loro cercarono rifugio nei cunicoli scavati sulle pendici di quella grande buca, dove i loro moschetti non potevano centrarli. Le truppe francesi ed austriache erano buone tiratrici, Ungheresi, Polacchi e in minor misura gli Slesi erano più adatti al corpo a corpo.

Il Conte decise di rimuovere i tronchi e la terra che costituivano la muraglia e gettarli a riempire il cratere, in modo da seppellirli vivi, ma con tutti quei cadaveri e quel loro sangue la puzza era abominevole e più passava il tempo più era peggio.

All’alba del secondo giorno, dopo una notte tutto sommato tranquilla, con un solo tentativo di sortita da parte dei karhall, il generale ungherese decise che serviva un metodo più rapido: buttarono giù solo i tronchi già tagliati, sterpi e fascine trovati e diedero fuoco. Continuarono a gettare tutto ciò che poteva bruciare per un’intera giornata, sconvolti dalle urla di quei demoni e dalla puzza: allora il Conte scoprì che non si deve mai bruciare un karhall perché le fiamme si estinguono solo quando rimangono le ossa e i tendini, e il fetore che emanano è terribile.

Il rogo durò una settimana, ma dopo due giorni nessuno urlava più: impiegarono quasi tre settimane per non puzzare più di morto, e tutti si dovettero rasare a zero i capelli nel tentativo di togliersi quell’odore. Giovanni Casimiro e Leopoldo I furono molto soddisfatti di come fu conclusa la campagna: il primo assegnò il titolo di Principe Rakoczi al Conte, il secondo gli regalò una tabaccheria incrostata di pietre preziose.

Qualche anno dopo Monsieur riuscì a contattare le tribù karhall in Grecia e si disse disposto a favorire una loro migrazione nelle foreste del Brasile, in modo che lasciassero per sempre l’Europa, se si impegnavano a non creare problemi: nel 1693 iniziarono a partire e da allora non hanno più rimesso piede in Europa. Negli ultimi trecento anni, pur girovagando ancora un po’ per le Americhe sono diventati del tutto pacifici, si sono quasi integrati e non sono stati più sterminati a mucchi.

 

Il Conte raccontò questa parte del suo passato interrompendosi spesso per dare le giuste spiegazioni alle ragazze e a Giles su quello che mano a mano tirava fuori dal cadavere: Dawn e Kennedy, nonostante i film splatter e le rane squartate preferirono molto di più il racconto a tutti quegli organi, lembi di tessuti vari e liquidi che lui mostrava loro con piglio scientifico.

<In ogni caso, per giungere a tempi più recenti, poiché i karhall si comportano bene io non ho motivo per squartarli più, e quindi potrei dire che sono in buoni rapporti con loro. Ho capito qualche secolo fa che i demoni sono troppi perché io li possa uccidere tutti: anche raggiungere una situazione pacifica non è affatto un cattivo risultato. Certe guerre si vincono senza iniziarle: sapete quello che diceva Giovanni Acuto ?> <Un suo amico ?> <Un capitano di ventura di stanza a Firenze nel XIV secolo: “Le guerre si fanno per vivere, non per morire.”>

Terminata la didattica esperienza dell’autopsia le ragazze furono rimandate a casa, dove iniziarono a farsi molte docce per togliersi quell’odore pestilenziale di dosso. Lo stesso fece il Conte, mentre Giles, prima di tornare a casa, volle vedere come proseguivano gli interrogatori di Clem: gli sembrava che tra le torture medievali ci fosse quella di interrogare per quaranta ore la vittima. Certo, Madame si annoiava, ma non gli sembrava molto bello che occupasse il tempo facendo impazzire quel povero demone.

 

Entrò nella foresteria giusto all’inizio di un nuovo interrogatorio. <Iniziamo di nuovo da capo.> intimò lo spettro al povero Clem, che non ne poteva più di raccontare la solita storia. <Quando loro sono arrivati in stazione alle otto e mezza non ho notato nulla di strano e non so se qualcuno ci seguiva. Ramaissim Dolovion era molto ciarliero e mi chiedeva del clima locale e se Sua Eccellenza il Conte avesse già scuoiato qualche demone locale. Con la mia macchina li ho portati al Torrance, avevano pochi bagagli: erano le nove meno dieci circa.

Ho parcheggiato vicino, siamo scesi e sono passato a ritirare la chiave del loro appartamento: ho parlato col padrone, che mi conosceva già e l’ho pagato con i soldi che l’AnHerv mi aveva appena dato. Nei vialetti non c’era nessuno, ne sono sicuro: sono entrati, io aiutavo a portare un borsone blu, e quasi subito l’AnHerv ha notato che il frigo era vuoto e mi ha chiesto se potevo andare a comprar loro del cibo: erano le nove ed un quarto.>

Giles pensò che adesso Madame Margot avrebbe chiesto di nuovo perché aveva fatto a lui quella richiesta, quando poteva mandarci il valletto, il che avvenne. <Il valletto era impegnato con il segretario a disfare i bagagli.> <Cosa piace ad un demone karhall affamato ?> La domanda di Giles era abbastanza oziosa ed inutile, ma prima che lo spettro potesse dirglielo Clem si frugò nelle tasche e gli porse sorridendo un foglio piegato in quattro; avrebbe ripreso a parlare ma l’inglese protestò che non sapeva leggere quella lingua demoniaca. <Io ho scritto in inglese. Magari lui ci avevano scritto qualcosa prima.>

Passarono non più di tre secondi che Madame, con le sue veloci, immateriali e sottili dita sfilò lesta il foglio dalle mani dell’Osservatore e attraversò il muro della cucina, dirigendosi dal Conte e lasciando loro a fissarsi. Giles si trattenne dall’aggredire il povero Clem, che non aveva ancora capito cosa teneva in tasca da alcune ore, e gli spiegò l’importanza di quel foglio.

Come una furia dopo pochissimo arrivò il Conte che non aveva ancora iniziato la sua doccia: con lo sguardo fulminò il demone e con un poco di sforzo dovette impedirsi di passarlo da parte a parte. In casa mancava un qualsiasi “dizionario” che aiutasse nella traduzione e Madame Margot, che non potendo uscire mai di casa si era specializzata in molte cose, tra cui la comprensione delle lingue demoniache, non si fidava delle proprie conoscenze: Giles fece abbastanza in fretta ad andare a casa, alla biblioteca del Liceo e da Amy a reperire tutti i testi che servivano.

Tornato lì fu confinato a tradurre assieme allo spettro: avrebbe preferito sopportare un’altra autopsia. Il lavoro durò un paio d’ore e i due erano giunti, tra una recriminazione e una discussione sulla grafia pessima del defunto, alla prima accettabile bozza, che Madame avrebbe riguardato per maggior sicurezza: Giles fu congedato con l’ordine di ripresentarsi alle nove di sera, portandosi dietro anche le “Cacciatrici e tutto il loro circo”. Decisamente il Conte era sempre mal disposto verso Buffy.

 

ATTO IV

Dall’altro campo a casa Summers la Cacciatrice aveva già disposto che si rifiutava di vedere per il resto dell’eternità quel maleducato e quel fantasma, verso i cui genitori usò dei termini poco riguardevoli. Le osservazioni di Amy, che cercava di far capire alla coinquilina che era meglio non contrariare un tale personaggio, non peggiorarono che l’umore di Buffy. Dawn comprese che qualsiasi cosa avrebbe detto sarebbe stata intesa dalla sorella nel modo peggiore, quindi continuò a farsi delle docce e a lavarsi i capelli. Intanto da Xander Willow raccontava per filo e per segno tutta la loro giornata, calcando la mano sulla litigata: il giovane commentò solo che era un peccato, ma se Buffy si fosse comportata in modo diverso ora tutti i demoni non sparlerebbero di lei.

 

Giles telefonò a Buffy sperando, ma essendo sicuro del contrario, che si fosse in parte calmata. Infatti quando lui le disse che era stato trovato il biglietto per cui il demone era stato ucciso e che, in previsione della corretta traduzione, Monsieur aveva chiesto di vederli quella sera, ella gli rispose che quell’uomo poteva chiedere e fare quello che voleva, tanto lei in quella casa non ci avrebbe mai più rimesso piede. Se si trattava di salvare Sunnydale e lui le doveva far sapere qualcosa che mandasse i suoi messaggi tramite Rayne: per quanto la riguardava non voleva neppure più sentire la sua voce.

<Sai perché ha ucciso quelle Cacciatrici ?> Questa domanda del suo Osservatore la prese in contropiede: non disse nulla, ma si apprestò ad ascoltare. <Le Cacciatrici, come sai, non sono ragazze come tutte le altre: per questo, quando una di loro aveva una … relazione con un vampiro il Conte era incaricato di andare a prenderle e portarle a … rieducarsi. Quelle Cacciatrici ovviamente non erano d’accordo e lui era costretto a battersi contro di loro. E la lotta era necessariamente all’ultimo sangue.>

A Buffy si gelò il sangue in corpo, e ripensò anche a quello che le aveva raccontato Angel di quella Cacciatrice russa, Caterina Ivanovna. <Tu sei stata la prima che non ha avuto questa fine. Dopo che il Consiglio seppe della storia con Angel, dopo il suo ritorno dalla dimensione demoniaca, il Conte usò tutti i suoi mezzi, leciti e soprattutto illeciti, perché tu non finissi in una prigione in Scozia: lui lo aveva inviato a te e lui si prese tutte le colpe e le responsabilità, ma riuscì a risolvere il problema nel modo meno violento, almeno per te. E dopo che si seppe di te e Spike … credo che solo il sopraggiungere del Primo Male e tutto ciò che ne è seguito abbiano evitato una risoluzione violenta. Anche perché la storia con Spike il Conte non l’ha mai digerita. E non solo lui, in verità.>

Quest’ultima frase bruciò come fuoco sul cuore di Buffy: non avevano, lei e Giles, mai parlato seriamente dei suoi trascorsi con Spike nell’anno in cui era tornato in Inghilterra, ma non le ci voleva molto a capire quale fosse l’opinione dell’Osservatore, che comunque non aveva avuto troppi scrupoli a cercare di uccidere il vampiro insieme a Wood.

<Da quanto ne so è nell’intenzione del Conte limitare i tuoi incontri con Madame per questioni di … incompatibilità, così le ha definite. So che lui non ti piace e non sarò certo io a parlare bene di quel mostro, ma è innegabile che tu gli debba qualcosa: è orribile a dirsi, ma è così. In ogni caso, Buffy, ricordati che è sua intenzione soggiornare qui il minor tempo possibile e appena risolveremo il problema di chi vuol riaprire la Bocca dell’Inferno avrà ancora meno motivi per restare. È un grosso sforzo per te, per me, per tutti penso, ma più collaboriamo più faremo in fretta a togliercelo di torno.>

<E Willow ? Non se ne andrà senza averla uccisa, vero ?> Che domanda ! Giles ci pensava quasi sempre, era il suo primo pensiero dopo le fazioni in lotta per dominare il nuovo Consiglio. <Non so, non ha mai parlato di “uccidere” o “giustiziare”, ma solo di “punire”. Questo, secondo me, è un margine su cui si può lavorare. So che pare pochissimo, ma per ora abbiamo solo questo. Verrete stasera ?>

 

Xander e Kennedy passarono a prendere le due sorelle Summers, Giles li avrebbe aspettati dal Conte: egli aveva domandato la presenza delle due Cacciatrici con relativi Osservatori e della piccolina, che mostrava interesse al suo operato. <Da quando Xander sarebbe l’Osservatore di Kennedy ?> domandò Giles sorpreso e un po’ (non neghiamolo) sdegnato.

<Diciamo che è la cosa più simile ad un Osservatore che la ragazza abbia avuto nell’ultimo anno. E poi il giovane Harris, come Osservatore, potrebbe essere la prefigurazione precisa di cosa diventerete se Lord Marlborought riuscirà a spuntarla.> Ecco la questione: il Conte riusciva a fare politica fin nelle piccole cose, e grazie a quell’ignaro carpentiere ribadiva la sua avversione più totale al gruppo di Marlborought e al tentativo di far insediare il nuovo Consiglio negli Stati Uniti. Diabolicamente ingegnoso; comunque Giles preferiva la posizione attendista di Lord Hamilton circa quel problema.

<Ci pensi bene: entro il 2050 il sogno americano e il suo modo di vivere si sarà impadronito del Consiglio, del Novus Ordo Inspicientum e lei, tra i tanti Harris in cappellino da baseball che comanderanno, sarà solo un triste e patetico ricordo del tempo che fu, come Sua Altezza Reale il Principe di Joinville François di Borbone Orleans quando subimmo il lutto di trasferirci in quell’isola mefitica che è Albione.

Ci pensi, sarà considerato solo come un vecchio paralume. E quanto a me … io mi mangio gli statunitensi a colazione. Se ne ricordi, e lo ricordi anche a Lord Hamilton.> Inquietante: solo così Giles poteva definire i messaggi che il Conte stava mandando da mesi ai vari gruppi economici, politici e religiosi che si disputavano, come cani con un osso, la sede, la composizione e, in sostanza, la visione del mondo che ci sarebbe stata nell’ossatura del nuovo Consiglio.

 

Dawn sapeva di essere stata chiamata perché stava simpatica al Conte, ma Xander non capiva la sua utilità in una sessione di traduzione dal demoniesco all’inglese: Giles gli disse solo che il Conte riteneva necessario fosse presente qualche uomo, nel caso servisse. La spiegazione faceva acqua da tutte le parti e non significava assolutamente niente, ma il ragazzo la tenne per buona e non si fece troppe domande.

 

Furono fatti accomodare nel già noto salotto al piano terreno della foresteria, dove Clem era tenuto ancora prigioniero: in verità il Conte avrebbe preferito farli accomodare in qualche sala della villa, ma aveva bisogno di tenere quel demone sottomano, qualora gli venisse in mente qualcosa, e per tradizione gli esseri demoniaci non aveva accesso in casa sua.

Il povero Clem era seduto per terra, stanco e stravolto e rivolse solo un grande sorriso alle facce amiche, quando le vide entrare: i convenevoli furono molto limitati giacchè, silenziosa, poco sopra il pavimento stava Madame, accigliata come suo solito. Xander e Dawn presero possesso del comodo divano, per fare poi spazio a Kennedy; Giles e Buffy rimasero in piedi davanti al Conte, che mostrò loro la traduzione, in parte già nota all’Osservatore.

Sulla prima riga c’era scritto a caratteri maiuscoli in alfabeto latino “TALF” seguito dal simbolo trovato sugli stipiti di quel probabile tempio che avevano distrutto, la V con sotto la U ribaltata e troncata. A fianco a questo qualcosa che poteva assomigliare a una freccia e alcune parole scritte in piccolo in karhall. Giles si rivolse a Buffy: <La prima parola vuol dire TALF: non so cosa significhi, ma può essere una sigla vista che è tutto in maiuscolo. Poi c’è il segno che abbiamo trovato sottoterra in quella casa, una freccia e la scritta “che simbolo stupido”.>

<Come ?> <Segno strano, freccia, “che simbolo stupido”.> Buffy cercava di ricordarsi se avesse mai sentito parlare prima di un certo TALF, mentre dietro di lei le ragazze e Xander parlottavano a bassa voce. <Visto l’uso che ne fanno direi che è una sorta di marchio di fabbrica, che per qualche motivo è stupido. Potrebbe essere un insieme di lettere, una sorta di acronimo, oppure un disegno stilizzato.> propose Giles. <Ne discuteremo e cercheremo finchè non avremo una qualche accettabile soluzione.> concluse il Conte.

<La riga seconda è un tipico proverbio karhall: “se in mille non riescono a saltare un muro perché tu pensi di riuscirci ?” Viene detto chi vuol fare una cosa che non è mai riuscita a nessuno.> <Grande ottimismo ! E si esprimono come i biglietti cinesi della fortuna.> commentò Xander, che fu gelato dagli sguardi di tutti.

Sulla terza riga c’era una L maiuscola con un trattino di uguale lunghezza sopra quello alla base e in cima un piccolo cerchio. <Non sappiamo neppure cosa sia questo simbolo, che non compariva da nessuna parte in quel luogo. La scritta che segue significa “Sangue necessario. Ancora. Non sicuro risultato.”.> <Non mi sembra siano frasi molti incoraggianti.> scappò da dire a Buffy, che fu apparentemente ignorata dal fantasma e dai due dotti europei.

<Poi, queste tre righe, che credo si riferiscano a una persona sola: “Non era morto ?”,  “Kassel”, “Il soldato. La moglie !”> <Cos’è una “Kassel” ?> chiese Kennedy, attenta. <È la capitale del Granducato d’Assia Kassel.> rispose il Conte, a cui fece seguito Giles, specificando che era una cittadina tedesca. <Sono su tre righe. Potrebbero riferirsi a tre persone diverse. Oppure a due, a uno che non era morto a Kassel e a un soldato e a sua moglie. Non è molto chiaro.> osservò Buffy.

<Nell’ultima riga sta scritto “Possibile di nuovo lui ?” e non mi chieda a chi si riferiva perché non ne ho la minima idea.> <Bene !> sbuffò Buffy sedendosi pesantemente su una poltrona. <Il demone è stato squartato per questo foglio che ha un grandissimo valore e noi non ci capiamo nulla ? Non era lei quello che risolveva i problemi di Giles con uno schiocco delle dita ?>

La ragazza era irritata ma non per questo Giles ebbe piacere per quell’involontaria umiliazione. <Non ho mai detto che li risolvo con uno schiocco di dita: per avere certezze sui poteri della Chiave ho impiegato un paio d’anni e comunque ora mi debbo preoccupare di non trasformare questo villaggio in una landa deserta e desolata.> rispose piccato il nobiluomo.

Dawn avrebbe preso a schiaffi la sorella per l’assurdo tempismo con cui riusciva a non far sentire alcuno a proprio agio. Si alzò dal divano, stanca dello sguardo sperduto di Xander alla sua destra e delle domande e battute insulse che Kennedy le sussurrava, si avvicinò, prese il foglio dalle mani di Giles e fece due passi per la stanza. <Ehi, avete proprio ragione.>

Tutti si girarono a guardarla. <Questo segno è effettivamente un po’ stupido.> Buffy non seppe trattenersi dal dare un’occhiata significativa al Conte, che abbozzò un mezzo sorriso. <Già, diciamo così.> commentò solo Giles. <E questa sembra una chiave.> In un solo momento tutti si guardarono negli occhi e poi fissarono intensamente e preoccupati la ragazza, che comprese di essere al centro dell’attenzione, e ne sospettò anche il motivo. <No, volevo dire … volevo dire … sembra un aquilone, sì, sembra un aquilone.>

Senza tanti complimenti il Conte le strappò il foglietto di mano e lo fissò, assieme agli occhi di tutti. Chiave seguita dalla scritta “Sangue necessario. Ancora. Non sicuro risultato”. Guardarono di nuovo la ragazza che commentò solo, già rassegnata. <Ok. Avete due grandi notizie. Prima: è una chiave. Seconda: sono nei casini.>

Calò un triste silenzio nella stanza, mentre la mente di tutti andava all’ultima volta che era servito il sangue di Dawn, la quale si era gettata sconfortata a sedere sul divano. Il Conte con il solito fare serafico si avvicinò alla ragazza e sorridendole le appoggiò un dito sotto il mento, perché alzasse la testa e lo guardasse.

<Ci sono i suoi amici, c’è sua sorella, ci sono io e volendo possiamo avere al nostro servizio qualche altra decina di Cacciatrici. Le assicuro sul mio onore che non le succederà nulla di grave.> Non ebbe bisogno neppure bisogno di girarsi per immaginare lo sguardo di Buffy. <E non ci sarà bisogno che alcuna Summers si faccia male, questa volta.>

 

Il giorno dopo, in anticipo su l’ora detta, giunse la deputazione karhall per riprendersi i cari estinti: per loro espresso desiderio la cerimonia si svolse senza la presenza di Cacciatrici ed Osservatori; Giles, in cui il piglio dello studioso saltava sempre fuori, avrebbe voluto potere assistervi per documentarsi sui riti di quella evoluta comunità demoniaca. La salma dell’AnHerv Ramaissim Dolovion era stata composta nella serra sul tavolo ov’era avvenuta l’autopsia: a quattro angoli nei bracieri si consumavano erbe aromatiche.

Dietro, su bassi catafalchi ricavati da cassette della frutta e tavoloni procurati non sa come da Rayne, il valletto e il segretario mentre il polgara macerava nelle cantine in un bagno di mercurio, urina umana, arsenico e alcune erbe affinché le ossa si schiarissero per bene e potessero essere utilizzate per gli aggraziati prodotti che i suoi artigiani di fiducia creavano; una delle due lame lunghe sarebbe stata lavorata ad imitazione del mitico corno del narvalo.

A ritirare le salme era giunto addirittura l’AnHerv Celverim Dolovion, figlio del fratello del defunto nonché zio paterno dell’attuale sovrano dei karhall: il Conte ne aveva sentito parlare, era un demone abbastanza intelligente da venire ad accordi.

Mentre il resto della delegazione piangeva e cantava nenie funebre al cadavere Celverim e le sue guardie personali furono fatte accomodare nel solito salotto al piano terra della foresteria e, dopo avergli offerto da bere, il Conte comunicò le sue scoperte. Ramaissim Dolovion era giunto a delle importanti scoperte circa una certa associazione o setta di nome TALF, che voleva creare problemi alla sorella della Grande Cacciatrice e aveva preso accordi in tutta segretezza con un demone al di sopra di ogni sospetto per essere alloggiato un paio di giorni a Sunnydale e conferire con lui.

<Questo demone è veramente al di sopra di ogni sospetto ?> chiese, con la sua pronuncia strascicata e spagnoleggiante, il karhall. <Gli permetto di fare da baby-sitter alla sorella della Grande Cacciatrice.> <Non dovrebbe fidarsi troppo dei demoni quando si parla di Buffy Summers: la sorellina avrà gli stessi geni. È curioso che proprio un demone glielo dica.> Il Conte disse a che razza apparteneva quel demone e il karhall, sorridendo, convenne che la ragazza poco probabilmente poteva sentirsi attratta da uno così.

L’AnHerv Ramaissim Dolovion è stato attaccato nel suo alloggio poco dopo il suo arrivo in città: lui e il valletto erano stati uccisi sul posto, mentre il segretario era stato giustiziato con un colpo alla nuca in un secondo tempo, in una zona distante dal luogo del delitto, e in compagnia del polgara omicida. Con buona certezza il segretario aveva contattato i sicari, i quali lo avevano in un primo tempo risparmiato per permettergli di cercare il promemoria scritto che si era fatto l’AnHerv e successivamente si erano sbarazzati di lui, esattamente come era accaduto per il polgara. Chi ha tradito è già cadavere, e così uno dei due sicari: attualmente vengono condotte delle indagini incrociate per avere informazioni sull’uomo, mentre circa i mandanti c’è altissima probabilità che sia questo TALF. Sarebbe utile sapere con chi ha parlato il segretario dell’AnHerv nei giorni immediatamente prima del viaggio.

 

Buffy, Amy e Dawn stavano a casa abbastanza preoccupate: Giles aveva promesso avrebbe telefonato non appena saputo qualcosa sull’incontro tra il Conte e i karhall, ma fin’ora, ed erano da poco passate le otto, non aveva ancora chiamato; aveva telefonato subito dopo che Miss Moller, la cameriera del Conte, lo aveva avvisato dell’arrivo dei demoni.

Buffy stava trafficando in cucina, per scarsa gioia di chi viveva con lei, giacchè uccidere bene i vampiri non significa necessariamente sapere cucinare bene; Dawn era in camera a fare i compiti (forse, così almeno diceva) ed Amy guardava la televisione in salotto, aspettando la lavatrice finisse il ciclo. Suonarono alla porta, la strega aprì e le due sorelle Summers sentirono un urlo.

 

Arrivò all’ingresso prima Buffy e vide Amy mugolare scuse davanti a un perplesso Conte di San Germano, che fissava la ragazza con un sopracciglio alzato e con lo sguardo che si rivolge a qualcuno di cui si è incerti sulla sanità mentale. Con gran rumore scese le scale anche Dawn. <Sabrina, tesoro, ho fatto urlare molte donne ma solitamente prima le toccavo. Non mi era mai capitato semplicemente apparendo loro davanti.>

Amy non capì subito perché l’avesse chiamata “Sabrina” mentre Buffy, con modo spiccio la scostò da davanti a quell’uomo e con fare risoluto gli rivolse parola. <Cosa desidera ?> Il Conte, intabarrato in un lungo e pesante cappotto di taglio militare, sorrise. <Buona sera Anne.> Lo stile: in quale altro elegante modo farla sentire una piccola maleducata ? Buffy pensò che sua madre, se l’avesse vista ricevere così un ospite, sarebbe rabbrividita.

<Buona sera. Posso fare qualcosa per lei ?> <Mi scuso per l’ora improbabile in cui sono venuto a farvi visita, ma necessitavo di parlarvi, essendo appena andati via i karhall, e ho preferito farlo di persona. Sapete, nonostante tutto questo tempo il telefono non mi convince ancora: preferisco guardare negli occhi il mio interlocutore.> Dawn scostò con energia la sorella. <Prego Conte, nessun disturbo, si accomodi.> Solo all’ora l’alto nobiluomo varcò la porta della casa, sorridendo ed Amy ebbe impressione che trovasse estremamente divertente quelle scenette.

 

Lo fecero accomodare in salotto, dopo avergli preso il cappotto. Dawn, cortese, gli chiese addirittura se poteva offrirgli qualcosa. <Un Martini, grazie mille.> Buffy guardò la sorella, che guardò Amy e tutte e tre, imbarazzate, si guardarono tra loro. <Non ci sono alcolici in questa casa.> Il Conte guardò Buffy, che aveva appena sentenziato ciò fiera dell’assenza di simili bevande nella sua casa, compatendola per queste vestigia puritane (evidentemente in vacanza quando si trattava di farsi scaldare da un cadavere senz’anima) e le ricordò che Richelieu sosteneva che se Dio non avesse voluto farci bere avrebbe fatto il vino cattivo. <Richelieu ? Ma non era quello de “I Tre Moschettieri” ?> Un qualsiasi francese a questa domanda avrebbe avuto un mancamento: dopo aver pazientemente spiegato alla Cacciatrice che era un Principe e Cardinale che aveva svolto qualifiche paragonabili a quelle di primo Ministro sotto il Re Luigi XIII decise di passare subito all’argomento per cui era venuto fin lì.

<I karhall non distruggeranno Sunnydale. Ho consegnato i corpi e spiegato come probabilmente si sono svolti i fatti: la loro ira non è più un problema. Almeno per questo borgo e per chi ci abita.> Le tre ragazze furono molto più tranquille: ci mancava che un’invasione di demoni bluastri a complicare le cose. <Ovviamente non vorrei essere nel TALF, che oltre a me adesso ha come nemica anche l’intera comunità karhall. Cercheranno di scoprire chi ha contattato il traditore e appena sapranno qualcosa di interessante me lo comunicheranno: ho chiesto espressamente che non lo uccidano subito, se lo trovano, e credo mi accontenteranno.>

<Vogliono usare il mio sangue per aprire la Bocca dell’Inferno, vero ?> Dawn riuscì a pronunciare questa frase senza che la sua voce si incrinasse o qualche lacrima furtiva le salisse agli occhi: ma per quanto Chiave composta anche di energia mistica non riuscì ad ingannare un antico nobile europeo fattosi le ossa in Francia nelle guerre tra Cattolici e Ugonotti e rafforzatele nella Guerra dei Trent’Anni.

<Non le nasconderò che sono preoccupato, ma non per l’uso del suo sangue nella sciocca pretesa di riaprire la Bocca dell’Inferno. Voi sapete come si può realizzare questo progetto ?> <Ci sono un paio di formule diverse.> interloquì timidamente Amy: lui la guardò e lei comprese che mostrarsi strega esperta davanti a Vigio l’Inclemente non era una delle cose più sensate del mondo.

<Sono sei le formule conosciute, ma tre di queste giacciono, dimenticate da praticamente tutti gli uomini, in un luogo segreto dove io stesso le portai, dopo aver fatto in modo che chi le conosceva … dimenticasse per bene. E le altre tre certamente non includono il suo sangue nella lista degli ingredienti.> <Quindi non vogliono il sangue di Dawn per riaprire la Bocca dell’Inferno ?> chiese Buffy, che non capiva dove quel figuro volesse andare a parare: la situazione era ovviamente molto più grave, come al solito.

<“Uno stupido è uno stupido, due stupidi sono due stupidi, diecimila stupidi sono una forza storica”, per citare un giornalista ed editore che ho conosciuto decenni fa. Io sono preoccupato perché credo che questo TALF sia gestito, se è una setta o simile, da degli idioti. E gli idioti sono terribilmente imprevedibili. Molto più pericolosi.> <Effettivamente quegli zombie saltellanti non erano molto convincenti, perché immagino li abbiano mandati loro.> <Quello sarebbe il meno, Anne. Sa com’è chiamata lei da quando ha impedito al … Primo Male, voi lo chiamate così, di porre in atto il suo piano ?> Buffy lo guardò molto curiosa: lei aveva un nomignolo ? <“La Grande Cacciatrice”. Dopo quello che ha fatto le posso assicurare che nessun demone sensato proverebbe ad infastidirla più, ma purtroppo gli uomini, giacchè certo esseri umani hanno gran responsabilità di ciò che sta succedendo, non sono abbastanza intelligenti, anzi, sono troppo superbi. Questa manica di idioti si è messa contro di lei, quindi contro di me che la proteggo, e ora anche contro i karhall: questa gente non ha testa, altrimenti capirebbe che è un progetto destinato al fallimento e che provocherà a loro solo rovina. Ma, come voi sapete, in proporzioni fecero più danni quei tre stupidi di Andrew e dei suoi compari che il Maestro.> Quell’uomo, nonostante i suoi plateali difetti, diceva cose giuste: Buffy ripensò ai dubbi di Kennedy, per la quale un attimo prima era un gentiluomo raffinato e un attimo dopo un folle. <Cioè questi vogliono riaprire la Bocca dell’Inferno perché sono stupidi ?> domandò Amy, a cui non era chiaro l’ultimo riferimento al Maestro. <Il contrario: sono stupidi e quindi fanno cose stupide, come voler riaprire la Bocca con una formula sbagliata e venire ad infastidire me e la qui presente Grande Cacciatrice.> Dawn lo scrutò accuratamente, ma non riuscire a capire se quanto fosse preoccupato: manteneva il suo solito modo di fare composto, supponente forse e distaccato. Sicuramente quello era un uomo che sapeva mentire molto più di quanto gli altri uomini fossero capaci. <Dobbiamo stare in guardia giacchè non possiamo ancora sapere, e non possiamo neppure immaginare, cosa la loro idiozia gli voglia far fare. Ma confido nella Divina Provvidenza.>

Indugiò un attimo poi, sorridendo, si alzò. <L’ora s’è fatta tarda e suppongo vorrete cenare. Mi congedo.> Buffy sentì addosso lo sguardo deciso della sorella e quello supplichevole di Amy. Kennedy le aveva detto che se volevano salvare Willow dovevano farselo amico, sua sorella nonostante lo trovasse un po’ troppo originale voleva essere illuminata sulla propria natura ed Amy, semplicemente, non avrebbe mai fatto nulla che lo infastidisse o che potesse essere meno che gentile.

Buffy lo guardò e si domandò cosa pensava di lui: lo detestava solo perché era un folle pericoloso per Willow, maleducato, supponente, invadente e sinistro che aveva allontanato Angel da lei e aveva gestito la sua vita ? Oppure la metteva tanto a disagio per tutto quello che aveva fatto per lei senza mai chiederle nulla in cambio, anzi, rimanendo con tenacia in ombra ? Non capiva quello che provava, ma decise che una prova andava tentata. <Se per lei non è un problema potrebbe restare a cena da noi. Cucino io.>

Il Conte di San Germano (nonché Principe Rakoczi, marchese di Welldone, di Aymar e Belmar, marchese di Agliè, Conte di Saint Martain, conte di Tzarogy, Conte Soltikof, signore di Surmont, cavaliere di Schoening, patrizio fiorentino, romano, parmigiano e molto altro), noto come Vigio l’Inclemente, Generale Fondatore della Compagnia di San Luigi, Giovanna e Vigio; Cavaliere dell’Ordine di San Michele, Ufficiale non Commendatore dell’Ordine dello Spirito Santo, Cavaliere dell’Ordine Militare e Reale dell’Ordine di San Lazzaro di Gerusalemme ed Ospitaliero di Nostra Signora del Monte Carmelo, Gran Croce dell’Ordine Militare e Reale di San Luigi, Cavaliere dell’Ordine Capitolare di Sant’Uberto, di Lorena e del Barrois, Gran Ufficiale della Legion d’Onore; Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine di Santo Stefano Papa e Martire, Commendatore dell’Ordine del Merito di San Giuseppe; Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano d’Ungheria, Cavaliere dell’Ordine di Maria Teresa, Cavaliere dell’Ordine della Corona di Ferro, Commendatore dell’Ordine di Leopoldo, Commendatore dell’Ordine di Francesco Giuseppe, (per limitarci alle onorificenze del Regno di Francia e Navarra, del Granducato di Toscana e dell’Impero d’Austria – Regno d’Ungheria); amico di generazioni di sovrani europei, di Cardinali e Pontefici, faro della nobiltà di mezza Europa, si illuminò d’immenso: la sua Anne gli chiedeva di rimanere per cena.

 

 VIII. 07 – APRI GLI OCCHI

 

 

 

Scritto da: FranzJoseph

 

Spoiler per: tutta la stagione VII di BtVS

 

Rating: per tutti

 

Timeline: due anni dopo “Chosen”: seconda metà di novembre 2004

 

Summary: dove Buffy inizia a lavorare al Liceo e ciò non porta fortuna a lei e a chi le è vicino, qualcuno continua a tramare nell’ombra, ritorna una vecchia conoscenza, il Conte (che ha una parentela amplia e altolocata) torna da un viaggio e Madame Margot tramite i classici di Hollywood ha un’idea per risolvere un problema che si è posto.

 

Commenti: se volete scrivetemi a franzjoseph1@supereva.it

 

Note: un grazie particolare a Rogiari, che ancora una volta è stata la mia fashion-master e a cui devo lo spunto per Xander; e ad Alessandra Castagna, che è la mia personale Sophia: i tuoi meriti sono occulti, ma immensi !

 

Disclaimer: I personaggi appartengono a Joss Whedon, David Greenwolt la WB, ME, la UPN e la Fox. L'autore scrive senza alcuno scopo di lucro e non intende violare alcun copyright.

 

 

 

PROLOGO

 

Nelle ultime due settimane non era morto nessun demone, non c’erano stati tentativi di scatenare apocalissi, di riaprire la Bocca dell’Inferno, il Conte non aveva fatto del male a Willow, sua sorella era tranquilla e lei aveva un lavoro. Andava tutto bene, il che era ovviamente segno che a breve una sequela di grossi problemi e ostacoli le sarebbero piovuti addosso.

 

A questo Buffy pensava mentre usciva dal bagno in pigiama e scendeva in cucina, da dove proveniva l’odore del caffè che Amy aveva già preparato. Era una cara ragazza, non c’è che dire: certo, non stava mai zitta e aveva una tendenza agghiacciante al pettegolezzo (oramai Buffy e Dawn sapevano ogni cosa della vita privata dei loro vicini, anche del presunto amante del figlio dei Kovalovskj), ma a parte questo non ci si poteva lamentare: aveva anche smesso di aiutarsi con la magia a fare il bucato quando Buffy aveva visto una maglietta svolazzare da sola fino allo stendino. Purtroppo era totalmente negata a stirare, ma aveva una mano felicissima con i dolci, motivo più che sufficiente per tenerla in casa fino a quando Vigio l’Inclemente non si fosse deciso a smettere di farle paura.

 

 

 

Era stata una cena strana quella con lui: tutto si era svolto nel modo più normale e piacevole possibile. Non aveva detto nulla sulla mancanza di vino sulla tavola e neppure sulle portate, tutte prodotto della cucina americana, che egli detestava (o almeno così sosteneva Giles); aveva anche sopportato in silenzio di non poter fumare dopo il caffè all’americana, che aveva bevuto trattenendo a stento la degnazione. Jorge Louis Borges, che il Conte di San Germano stimava assai, scrisse in “Storia universale dell’infamia” che “A cinquant’anni, l’uomo ha accumulato tenerezze, ironie, oscenità e copiosi aneddoti”: come immaginarsi cosa aveva accumulato in svariati secoli la persona chiamata dai demoni Vigio l’Inclemente !

 

Inoltre, dopo la lunga permanenza sulle Meteore con le Potenziali, era anche in grado di sostenere una conversazione infarcita di termini gergali con delle adolescenti del primo decennio del primo secolo del terzo millennio dalla nascita di Cristo. Passava, notò Buffy, con facilità dall’ultimo episodio di “Will & Grace” al più recente pettegolezzo sull’ultimo fidanzato di J.Lo, alternando a una citazione sul pane tratta da un poeta fiorentino all’aneddoto pruriginoso sulla grassezza di un certo Ranuccio Farnese e su come un Duca di Mantova dovette mostrare di essere veramente uomo.

 

Sorrideva garbato, rideva con discrezione e si mostrava gentile e disponibile: addirittura le aiutò a sparecchiare e a un certo punto accennò, con Dawn, a cantare una parte della sigla di Ally McBeal, passando poi ad alcune riflessioni sconsolate sul perché i telefilm finiscano. Nulla faceva pensare che con quella stessa voce intonata e graziosa, ma senza smalto, aveva pronunciato la condanna a Willow, ordinato massacri di demoni e detto ad una Cacciatrice nel 1807 “Sappiate che se non deporrete subito le armi e se cercherete di uccidermi sarò costretto a farvi presentare anzitempo davanti a Dio”.

 

Ad un certo punto della cena Dawn disse a Buffy che il Conte era imparentato con un sacco di Re e Regine: egli (che secondo Giles manteneva certe vanità e piccolezze da piccolo nobile di provincia) si illuminò e, invitato anche da Amy, curiosa come suo solito, spiegò a Buffy i suoi rapporti di sangue con i Valois, i Borbone e i Medici (quelli del ramo di Cosimo il Vecchio e quelli del ramo di Lorenzo il Vecchio).

 

Prese però il discorso troppo alla larga, incominciando addirittura dal Re San Luigi IX e alla quinta domanda di Buffy, che perdeva continuamente il filo dei rapporti di sangue, decise di sfrondare un po’ la genealogia tralasciando varie personalità minori, ma anche la seconda versione era decisamente troppo complicata, per cui il Conte decise di ridurre il discorso al minimo, partendo solo dagli inizi del XVI secolo.

 

<Dunque, iniziamo a semplificare: tra i figli di Lorenzo il Magnifico ci sono due fratelli, Piero e Lucrezia. Piero ha un figlio che sposa Maddalena De La Tour d’Auvergne e la loro unica figlia sarà Caterina de Medici, Regina di Francia perché moglie di Francesco I. Mio padre era parente di Maddalena De La Tour: fin qui mi seguite ?> <Sì, ma prima era più difficile.> osservò Buffy, che non capiva come mai adesso fosse tutto più – relativamente - semplice.

 

<Perché avevo aggiunto che il nonno di Maddalena De La Tour aveva sposato la sorella del padre del duca Antonio di Borbone.> <Suo parente ?> <A lui arriveremo dopo. Lucrezia de Medici, di cui accennavo prima, sposa un Salviati e la loro figlia Maria Salviati sposa il Capitano Giovanni de Medici, detto Dalle Bande Nere, su cui hanno fatto qualche anno fa un magnifico film: il loro figlio sarà il Granduca di Toscana e Duca di Siena Cosimo I e mia madre era cugina di Maria Salviati, sua madre.> <Quindi lei per parte di padre era cugino della regina di Francia e per parte di madre del granduca di Toscana.>

 

Dawn sembrava l’unica in grado di seguirlo in questo pressoché infinito gorgo di parentele. <Brave: ora viene l’interessante. Mia cugina Caterina, che Dio l’abbia in gloria, mette al mondo tre Re di Francia e due Regine. Sua figlia Margot, su cui hanno fatto un bruttissimo e falsissimo film, sposa il Re di Navarra Enrico, figlio di Antonio di Borbone, a cui ho accennato, la cui sorella del padre aveva sposato il nonno della madre della Regina Caterina.> Buffy oramai si era persa del tutto, scoprendo che esistono rapporti di parentela per i quali non sono stati ancora coniati nomi.

 

<Ma mia cugina Margot era sterile, probabilmente, oltrechè di facilissimi costumi, ed Enrico doveva trovarsi una nuova moglie, perché era diventato Enrico IV Re di Francia e di Navarra. Per cui sposa mia nipote Maria de Medici.> <La moglie del capitano su cui hanno fatto un film ?> <Ma no, siamo molto dopo ! Il capitano è padre del Granduca Cosimo I, che è padre del Granduca Francesco I che è padre di questa Maria, che quindi sposa l’ex genero di sua cugina la Regina di Francia, divenendo a sua volta Regina di Francia e madre di Luigi XIII, che voi americane conoscerete perché è il Re sotto cui si svolgono “I tre moschettieri” e di GianGastone Duca d’Orleans, padre della Grande Mademoiselle e di quella donnaccia della futura Granduchessa Louise Margot, moglie di quell’imbecille del Granduca Cosimo III e madre del Gran Principe Ferdinando, di quella santa dell’Elettrice Palatina e del Granduca GianGastone I, ultimo dei miei nipoti Medici a reggere il trono di Toscana.>

 

Buffy non riusciva più neppure a non capire: quella cascata di parenti coronati l’aveva ammutolita. <È grazie alla Regina Maria se io ho del sangue in comune con le dinastie regnati di Portogallo, Spagna, Francia, Parma, Napoli, Piemonte, Modena, Toscana, Austria – Ungheria, Inghilterra e quindi di tutta Europa.> <Discendono tutti da lei ?> chiese Dawn.

 

<Le Famiglie Reali discendono tutte da tutte. Certo, purtroppo negli ultimi tempi mescolano il loro sacro sangue con il popolo e lo sporcano, ma ho la speranza che tale sacrilegio non durerà a lungo. Come purtroppo i loro matrimoni, il che è comprensibile: come possono costruire una santa famiglia quando introducono nella loro eletta stirpe le figlie o figli di coloro che impiegavano come stallieri ?>

 

C’era una cosa che a Buffy non era chiara (più di una in verità, soprattutto circa i rapporti di parentela nella famiglia del Conte e quelle strane osservazioni sul sacro sangue e l’eletta stirpe): aveva parlato di parenti della famiglia paterna e materna, ma non aveva fatto alcun riferimento alla propria. Avrebbe voluto domandargli se aveva avuto fratelli o sorelle, ma pensò che forse egli preferisse non parlarne.

 

 

 

Quella stessa sera poi, con notevole discrezione, riuscì a fra capire a Buffy che le voleva parlare in privato: mentre lei faceva in cucina il caffè (che lui bevve poi solo per pura gentilezza) le domandò se, dal punto di vista economico, avevano bisogno di qualcosa. Ovviamente Buffy aveva disgusto a sapere la provenienza di quei soldi e si affrettò a negare: lei avrebbe lavorato di nuovo al Liceo, sua sorella avrebbe trovato qualche lavoretto ed Amy era già d’accordo per contribuire alla sua parte di bollette e spese varie.

 

Il Conte, chiedendosi se lei sapesse di chi era l’idea di Wood di riprenderla a lavorare al Liceo, si limitò con garbo a ricordarle che per qualsiasi evenienza bastava chiedere e che, circa il college per Dawn, aveva già provveduto lui, tre anni prima, a preparare un buon fondo per i suoi studi. Buffy lo guardò palesemente imbarazzata: gli studi universitari della sorella erano per lei fonte di notevoli pensieri e, per quanto non le facesse affatto piacere essere ulteriormente in debito con quell’uomo, non potè non ringraziarlo per il pensiero.

 

<Ovviamente, se volesse anche lei riprendere gli studi io mi sentirei onorato a-> <Grazie Conte ma non ce n’è bisogno. Lei non sa … anzi, lei saprà benissimo cosa ho vissuto in quell’anno di università e le assicuro che mi basta ed avanza. Preferisco tornare a fare la cameriera: meglio puzzare di fritto che incontrare servizi segreti deviati.>

 

 

 

Da quella cena all’insegna della distensione Buffy permise tacitamente alla sorella di andare a trovare quell’uomo perché le desse delle risposte sulla sua vera natura: per i primi tempi il Conte decise di iniziare a dare spiegazioni teoriche e teologiche a Dawn, al fine di prepararla ad alcune rivelazioni e ad alcune prove che avrebbe dovuto sostenere.

 

La prima volta le disse che tutti gli uomini, per loro natura, sono sinoli di corpo ed anima, cioè ad un guscio di corpo corrisponde un gheriglio di anima, ma nel suo caso affianco al gheriglio era presente un’altra entità, anch’essa di natura divina come l’anima. A questo punto del racconto della sorella negli occhi di Buffy passò una lieve e veloce ombra, che Dawn interpretò come malumore immotivato, ragion per cui decise di non raccontarle più nulla di quello che il Conte le avrebbe spiegato.

 

In realtà Buffy aveva solo pensato con rammarico che lei non sarebbe mai riuscita ad aiutare così tanto Dawn su quel problema, ma per questo malinteso un’altra occasione di dialogo e vicinanza tra le Summers svanì come una bolla di sapone.

 

 

 

Intanto, da qualche parte negli Stati Uniti …

 

Ma ci sarà da fidarsi, chiese il più giovane. L’altro lo guardò con degnazione da oltre i vetri degli occhiali, non volendo cadere nella sua facile trappola: se cercava un litigio lui non glielo avrebbe permesso, soprattutto in quel frangente. <L’Ordine, da che si è ricostituito, ha sempre dato garanzia di affidabilità.> <Meno male, con quello che ci è costato sarebbe stato vergognoso il contrario.>

 

Il terzo uomo si permise un sorriso, accavallando le gambe. <Dobbiamo tenere conto che ha accettato di prestare un servizio che danneggerà la protetta di Vigio l’Inclemente. Una somma congrua era prevedibile.> Il più giovane chiese quante volte l’Inclemente avesse distrutto l’Ordine. Prima che i due uomini rispondessero il Fanciullo parlò, cercando di nascondere il divertimento che gli mettevano quei tre, a parer suo (e non solo …) abbastanza disorganizzati: ma l’avevano iniziata loro tutta quella storia ...

 

<Oh, l’ha distrutto un sacco di volte. Secondo me, con la voglia che hanno di vendicarsi potevano anche farvi lo sconto. L’ultima volta è stato nel 1998, la prima nel 1597. Poi nel 1666, mi pare, nel 1796, nel 1854, nel 1919 e nel 1944.> <Otto volte ? Mi pareva sette.> commentò l’uomo con gli occhiali. <Effettivamente nel 1919 l’Ordine non era ancora risorto, se non ricordo male.> disse il terzo uomo. Il Fanciullo sorrise. <Ha fatto saltare in aria l’isolato di Budapest durante la cerimonia di ricostituzione: io credo che valga.>

 

 

 

Fu una lieve sensazione di capogiro per Buffy ripresentarsi davanti al suo Liceo, nelle forme e nelle dimensioni che lei aveva distrutto sei anni prima: ma anche quello faceva parte del suo passato che non passava. Fin dal primo momento in cui l’aveva rivisto comprese che mai sarebbe riuscita a togliersi dalla testa quel lieve senso di straniamento, quella sensazione di vivere in un eterno presente, in un eterno ritorno (senza mani di mummia, almeno per ora.)

 

Ma, nonostante questo, accettò quasi di buon grado la proposta di Wood, anzi, la proposta che il Conte fece tramite Wood. Tra le varie cose lo stipendio era più alto dell’ultima volta in cui aveva prestato servizio di assistenza psicologica, ma il preside le spiegò che ciò era dovuto alla “riconosciuta difficoltà dell’ambiente sociale ed umano a Sunnydale” e lei decise di crederci.

 

Il suo ufficio era preceduto da una piccola saletta d’aspetto, illuminata da una finestra e arredata con un vecchio divanetto, un paio di sedie e un tavolino basso; l’ufficio vero e proprio invece era, se possibile, ancora più squallido. Nonostante gli ottimi  infissi e l’esposizione a sud, come vantava Xander, a Buffy bastò guardare i due schedari in acciaio, la libreria vuota in compensato ed ante a vetri, le due sedie, la scrivania standard con la sua sedia pseudo ergonomica, il computer, la foto del presidente Bush appesa e il cestino della carta per pensare che sarebbe stata lei ad aver bisogno di sostegno psicologico dopo che ci avrebbe passato tre giorni alla settimana per i prossimi … il prossimo … per del tempo: oramai si era rassegnata a non fare programmi che andassero oltre l’abituale imminente apocalisse.

 

Ci voleva un tocco femminile per arredarlo e renderlo più confortevole e fortunatamente tutti contribuirono: Wood dirottò dalla sala insegnati una comoda e morbida poltroncina nera con le rotelle e Xander procurò un paio di ragazzi per ridipingere le due stanze con “confortevoli, delicati e morbidi colori pastello” ( <Quando usiamo questi aggettivi con i clienti quelli si sciolgono e accettano ogni cosa.> aggiunse il ragazzo a spiegazione, poiché Buffy era molto sorpresa di sentirgli in bocca certi aggettivi).

 

Giles le portò alcune graziose stampe con vedute di Bath e della campagna circostante, Willow e Kennedy le regalarono una bella lampada da tavolo e Dawn un CD che conteneva milleseicentotrentotto videogiochi fino ai primi anni ’90. <Quelli che ti piacevano tanto quando la tua generazione era giovane e non esisteva la playstation. Almeno non passerai le giornate a giocare al solitario.> Amy optò per un appendiabiti, benché credesse che una qualche arma sarebbe stata più utile. <Sono ragazzi con problemi, non mostri.> <E se per risolvere i loro problemi evocano un demone ? Dawn mi diceva ti è già successo. Ma mi sembrava di essere poco positiva a presentarmi con un pugnale.>

 

Ma dopo quelli degli amici arrivarono anche i regali … inaspettati. Rayne si presentò con una tazza da caffè prodotta dal merchandising del film “Van Helsing”: c’era raffigurato Hugh Jackman e sopra il titolo, scritto ben chiaro. <Sei una Cacciatrice: l’ho vista in un mercatino e mi è sembrata una bella idea. È un po’ il tuo santo protettore.> Ringraziò, ma le ci volle un po’ a riprendersi.

 

La signora Moller, che non aveva ancora incontrato, venne a casa a portarle un sottopiatto in bronzo lavorato, aggiungendo che poteva essere molto utile sia per appoggiarci la posta che per qualche demone malintenzionato che si fosse fatto vivo: Buffy, passata la sorpresa, pensò che quella donna le ricordava qualcuno. Sì, qualcuno che conosceva aveva gli stessi occhi di quella donna, e la stessa bocca, dalla linea delle labbra morbida e ben disegnata.

 

Infine, immancabile a questo punto, si presentò il Conte con due pacchetti: Madame Margot le inviava una stampa francese seicentesca raffigurante San Giorgio che uccide il drago. Decisamente il fantasma e Rayne avevano pensato alla stessa cosa, cambiava solo lo stile e gli studenti l’avrebbero presa per una psicologa bigotta che guarda film gotici. Nell’astuccio in raso che le porse il Conte c’era invece un lavoratissimo pugnale napoletano della seconda metà del Settecento che decisamente doveva avere un notevole valore. Lui le sorrise e le disse che poteva usarlo anche come fermacarte e che era della misura esatta per stare nascosto nel cassetto della scrivania.

 

 

 

Incredibilmente Buffy era molto tesa, e non per i regali strampalati che le erano stati fatti: passò la sera a pensare che abito mettere e come sistemarsi i capelli, ci pensò mentre si addormentava e appena sveglia. Alla fine, mentre Dawn ed Amy facevano colazione, sentendo sopra le loro teste quelli che potevano parere i passi nervosi di una leonessa in gabbia, optò per una tenuta sobria ma elegante, professionale ma giovanile, comoda ma non sciatta. Scelse una camicia bianca di taglio quasi maschile e dall’ampio colletto, un morbido e caldo maglioncino e i suoi adorati pantaloni blu svasati in fondo: no, non sembrava affatto una “mamma”, la sua giovinezza risaltava nonostante il viso tirato per l’abituale magrezza.

 

Le venne in mente quello che Amy le aveva detto qualche giorno prima, insistendo nel versarle una seconda porzione di uova nel piatto: <Una Cacciatrice denutrita non affronta bene un’apocalisse.> Per i capelli optò per una semplice coda di cavallo ed infine … indugiò un poco davanti al suo portagioie, ma comprese che non poteva iniziare a lavorare senza di essi: gli orecchini con perla di sua madre. Li indossò, si guardò allo specchio e, come sempre le accadeva, sentì una fitta al cuore: strinse le labbra, ricacciò la mestizia, allontanò il dolore, e scese a far colazione.

 

Mangiò poco e di fretta, stranamente agitata e quando le venne in mente che dell’ultima volta come Consigliere Scolastico la parte migliore era stata quando aveva rimorchiato, anzi, sedotto, quel ragazzo per poco il caffè non le andò di traverso. Non poteva iniziare la settimana e il lavoro con certi pensieri –e voglie- che facevano capolino. Andarono a scuola con Amy, che poi proseguì al negozio: Buffy fece conoscenza con le due segretarie, scoprì che la terribile professoressa di matematica che terrorizzava Kennedy metteva paura solo a vederla, prese un caffè con Wood (che velatamente e garbatamente scherzò sul suo passato come Consulente) e alla fine si ritrovò sola nel suo ufficio. Era da qualche giorno che aspettava quel momento: finalmente avrebbe potuto provare quel CD coi videogiochi.

 

 

 

Stati Uniti ! Dove sono capitato. In questo paese oramai non si può neppure fumarsi in pace una sigaretta senza che qualche passante non ti guardi come un mostro. Non che qualcuno mi abbia mai guardato in faccia, beninteso, e poi sia potuto andare a raccontarlo. Cielo, talvolta è così frustrante, essere chi sono e non poter neppure avere un ritratto degno della mia fama. Bah, lasciamo perdere che poi mi butto giù e lavoro male. E visto cosa devo fare mi conviene essere scaltro come un serpente.

 

Pare che la Grande Cacciatrice sia un po’ fuori forma, ma non voglio fidarmi delle voci: in fondo girava anche la storia che fosse morta, ed invece è sempre qui a scassare le palle. Certo, il fatto che lavori la mattina in una scuola come psicologa o qualcosa del genere mi fa pensare che non sia proprio più quella macchina per uccidere … e fare sesso che era.

 

Magari la trovo con i capelli raccolti dietro e gli occhiali, tipo segretaria nei film di James Bond. Ma perché qui le scuole hanno gli psicologi ? Cosa credono, di prevenire maniaci omicidi e serial-killer ? Basterebbe che non vendessero armi anche ai poppanti, quello sarebbe già un passo in avanti. Stati Uniti: dove sono capitato !

 

E questa sarebbe la scuola ?! Bruttina, sembra finta. Certo, non che ci sia un’architettura adatta alla Bocca dell’Inferno. Ma chissà perché l’hanno costruita proprio qui. Forse era un chiaro simbolo della sfiducia nel sistema scolastico. Oppure pensavano che la cultura –come se una scuola superiore ne producesse- avrebbe potuto sconfiggere il Male, qualcosa di molto illuminista sul genere “il buio della ragione genera mostri”. Non c’è più nessuno sulle scale, finalmente quei bastardi griffati se ne sono andati. Ma una volta non entravano in classe prima del suono della campana ? E poi cosa diavolo avevano da guardare il mio piumino ?

 

 

 

Poiché certe cose non cambiano, la Cacciatrice era socialmente isolata nel suo Liceo. Kennedy così poco attenta alla moda, dichiaratamente lesbica, per nulla interessata a gran parte delle passioni dei suoi coetanei e con negli occhi un perenne sguardo di consapevole maturità, come se tutti gli altri in quella scuola non sapessero e non capissero nulla del mondo che li circondava (il che era vero, fino ad un certo punto), era quasi del tutto emarginata: gli inconvenienti della missione le spiegò Xander, ma questo non le doveva impedire di farsi degli amici fidati e di rimanere con i piedi per terra.

 

<Ricordati che maggiori sono i tuoi legami con il mondo che ti circonda, più hai persone che ami intorno a te più hai possibilità di sopravvivere. Kendra era tutta per la missione e la missione era tutto per lei, e non è vissuta a lungo. Non ti devi far assorbire interamente dalla tua identità di Cacciatrice.> Per Dawn, invece, la strada era tutta in discesa.

 

Era una bella ragazza alta e snella, che avrebbe potuto per questo far parte del gruppo delle Cordettes (nella versione 2004-2005, ovviamente) e probabilmente le cheerleaders, se non fossero state già al completo, le avrebbero anche fatto un provino; quando parlò a cena di questo argomento Amy attaccò una lunga perorazione su quanto quell’ambiente umano non sia raccomandabile, lasciando molto perplessa Dawn. Ma il suo vero punto a favore era un altro: molti studenti erano consci che due anni prima qualcosa di grosso, sinistro e malefico era successo in quella scuola e che in qualche modo la sorella maggiore di Dawn, la consulente scolastica, vi si era opposta; a ciò si aggiungeva, sussurrandolo e infarcendo le verità di supposizioni e leggende, che sfogliando vecchi annuari o ascoltando i fratelli e sorelle maggiori quei ragazzi sapevano che la classe 1999 era stata quella con minor mortalità.

 

Insomma, questo non le faceva più amici –e la frequentazione con Kennedy era criticata e fonte di mormorii malevoli- ma le portava in dote una sorta di reverente rispetto e le allontanava in parte il naturale ostruzionismo che gli adolescenti facevano ai nuovi entrati. Inoltre molti ragazzi la consideravano carina, e anche questo poteva essere un punto in suo favore per una buona notorietà: bastava la sapesse gestire.

 

 

 

Mamma mia che schifo questa scuola. Il colore di questi corridoi è orribile. E tutti questi armadietti uguali: l’omologazione culturale passa anche da qui. Com’è che questo paese ha assoggettato tutti gli altri e che questa razza idiota sta sconfiggendo la nostra ? Se fossi un terrorista o uno psicopatico avrei già fatto una strage. Non c’è nessuno che mi abbia ancora fermato o chiesto chi sono. Non che sia un problema, anzi, molto meglio, ma una missione così facile non dà quasi gusto. Certo, questo è solo l’inizio, ma non credo che gli altri da incontrare mi daranno particolarmente noia.

 

Direzione … Segreteria … dovrebbe essere da queste parti … Ah, ecco, Consulente Giovanile ! Bussiamo per cortesia. Oh ! C’è una saletta d’attesa prima del suo ufficio, la trattano bene. Certo, questo divanetto è orribile e queste sedie devono avere trent’anni, ma immagino che chi viene qui non sia interessato all’arredamento. Le dieci e venti: sarà sicuramente al lavoro. <C’è qualcuno ? Avanti, vieni pure.> Che cara. Mi ha sentito bussare, prima. Bene, iniziamo il lavoro.

 

 

 

Giles quella mattina era uno straccio: si era addormentato sugli ultimi incartamenti che il Duca di Hamilton gli aveva mandato circa le manovre del gruppo russo. A quanto pareva, mentre il mondo inglese, sempre più spaccato, cercava di farsi vicendevolmente le scarpe, a Kiev il Metropolita Vladimiro II (e dietro di lui il Patriarca di Mosca e tutte le Russie Alessio II) si dimostrava disponibile ad ogni compromesso pur di vincere.

 

Era incredibile come le chiese ortodosse, oltre a sopravvivere sotto il pugno di ferro del comunismo, fossero riuscite anche a salvare il loro antico sapere su vampiri e demoni e a portare avanti gli studi su di loro. Con il crollo del regime in tutto l’Est la chiesa ortodossa aveva subito ripreso l’antico vigore, come se quei decenni di ateismo di stato non fossero mai esistiti, e ben riorganizzata al proprio interno non aveva perso tempo per rigettarsi nella politica, come voleva la sua tradizione, cercando di ricacciare i cattolici dall’Ucraina, aizzando le masse slave contro musulmani ed ebrei, e ricordando al mondo che lei sola non aveva tradito, venendo a patti con la modernità, il sapere che gli antichi avevano trasmesso sui “figli di Satana”.

 

Ciò non le aveva però impedito di dimostrarsi disponibile a molte sinistre alleanze per poter scalare i seggi del Consiglio che di lì a poco sarebbe nato: da Costantinopoli il Patriarca Bartolomeo I, santa e brava persona che capiva ben poco di politica e si lasciava maneggiare da Alessio II, aveva invitato all’unità tutte le chiese nella vera Fede affinché il governo delle Cacciatrici non finisse di nuovo in mano agli uomini che “negano e disprezzano le antiche tradizioni e verità rivelate”. A questo bando avevano risposto entusiasticamente quasi tutta l’Europa slava dove lo studio e la conoscenza del mondo demoniaco era rimasto appannaggio del clero e di una parte della nobiltà (fuggita in Occidente) poiché sotto il Socialismo Reale tutte quelle storie su vampiri e affini erano considerate retaggi reazionari e clericali tesi a confondere e a tenere nella paura il proletariato.

 

La cosa più preoccupante era che, a quanto si diceva, anche il silenzioso e misterioso gruppo giapponese si mostrava interessato alla linea ideologico – politica proposta dal Patriarca Alessio II ed annunciata dal Patriarca Bartolomeo: se il gruppo dei russi e quello nipponico fossero giunti ad un compromesso e ad un’alleanza sarebbe stato molto difficile farli passare ed isolarli come matti tradizionalisti e anti-moderni, che era quello che Giles e tutti e tre i gruppi inglesi pensavano.

 

Fortunatamente si poteva escludere a priori una qualche convergenza con i cattolici del Conte di San Germano e con la galassia ebraica: incerta era la posizione dei molti altri gruppi minori, gli zingari e i tibetani, i neo-pagani, gli animisti e i petrolieri musulmani, ma la fama che aleggiava intorno ad Alessio II (quella di ex agente del KGB) poteva far sperare che ben pochi volessero legarsi a quel carro. E quanto ai giapponesi … come sosteneva il Duca di Hamilton “quelli sono di un altro mondo e speriamo che ci rimangano”.

 

Tutto questo per colpa della moltiplicazione delle Cacciatrici ! Se Buffy avesse saputo cosa era andata a scatenare …

 

 

 

ATTO I

 

Dawn stava fingendo di seguire la lezione di letteratura quando la segretaria aprì la porta dell’aula e disse che il Preside Wood attendeva lei e Kennedy: alle due ragazze non servì neppure guardarsi negli occhi per capire che qualcosa di non naturale era accaduto e che ad aspettarle avrebbero trovato anche Giles e Buffy. Invece la Cacciatrice mancava e i due uomini erano notevolmente pallidi.

 

C’è stato un lieve incidente a tua sorella, incominciò come imbarazzato l’Osservatore e prima che aggiunse una sola parola Dawn ebbe l’immagine di un homunculus o di un bringer che l’assaliva (alle undici e mezza di mattina non ci potevano essere vampiri): al solo pensiero ebbe un capogiro e si sentì mancare il fiato. Mentre i due uomini, aiutando Kennedy, la facevano sedere, lei comprese il suo egoismo: si era dimenticata, anzi, non aveva mai voluto pensare che tornare a Sunnydale oltre ad offrirle tante possibilità significava anche un notevole aumento di pericolo nella vita di Buffy; si sentì la solita ragazzina egoista e testarda, quello che la sorella le urlava quand’era arrabbiata.

 

Poco prima Wood era andato a vedere come se la passava la Consulente e a sentire se aveva voglia di prendersi un caffè di mezza mattinata: Buffy era stesa a terra in modo scomposto dietro la scrivania, incosciente, pallida, le palpebre appena aperte e un filo di saliva all’angolo della bocca.

 

Wood si gettò verso di lei, terrorizzato e sconvolto, pensando che una ragazza così giovane e una guerriera così forte non poteva morire in un modo così stupido, per un ictus o un infarto come può accadere a qualsiasi altra persona: no, non sarebbe stato giusto ! Le controllò subito il polso, mentre il cuore gli faceva battere le vene nelle tempie con forza: era debole, ma il polso c’era. Corse a chiamare un ambulanza e Giles: l’uomo quando entrò e la vide così, immobile e bianca, ebbe il fiato mozzò e istintivamente si appoggiò a Wood. Dio, è morta come sua madre, fu la prima cosa che pensò.

 

Passato i primi momenti di paura provvidero a farla portare in infermeria dove fu fatta stendere con le gambe in alto e l’infermiera cercò di farla rinvenire con i sali cercando di capire cosa fosse successo a quella ragazza: solo allora i due uomini si ricordarono di Dawn e di Kennedy e le fecero chiamare.

 

Le condussero al capezzale della ragazza, che non aveva ancora ripreso conoscenza e quando mandarono l’infermiera a far strada agli uomini del Pronto Soccorso Wood constatò che non aveva mai sentito parlare di una Cacciatrice affetta da narcolessia; Giles espresse il timore che ci fosse qualcosa di magico, misterioso e demoniaco nell’improvviso svenimento di Buffy.

 

<Questo è un bene, no ? Cioè, se ha a che fare con la magia lei o Willow potete sempre mettere tutto a posto, vero ? Insomma, se è vittima di incantesimo ci sarà un contro incantesimo da qualche parte, vero ? Basta andare in biblioteca e cercare, giusto ? Anzi, dobbiamo chiamare Amy, magari ha qualcosa di interessante in negozio.> Kennedy stava metabolizzando così il suo attacco di panico, parlando a raffica con gli occhi dilatati mentre nel più assoluto silenzio Dawn si era avvicinata al corpo della sorella e con tocco lieve, come se avesse paura a svegliarla, faceva scorrere le dita sulla mano di lei. <È fredda.> disse solamente; poi arrivarono gli uomini del Pronto Soccorso.

 

 

 

Giles accompagnò le due ragazze all’ospedale, dove trovarono Willow, già avvisata e che si era precipitata lì dall’università, ed Amy, che aveva messo il cartello “torno subito” al negozio; Xander aveva lasciato il cellulare a casa e, per il momento, Giles pensò che non era il caso di avvisarlo: aveva già abbastanza ragazze per iniziare una ricerca su cos’era stato fatto a Buffy, giacchè nessuno aveva pensato  per un solo momento che il suo malore fosse di natura fisica. Mancava da avvisare solo una persona.

 

Al telefono rispose Rayne, che diede cattive notizie. <Come ? … Va bene, passamela.> Le ragazze guardarono l’Osservatore che le riferì quanto gli era stato appena detto. <Il Conte è partito due giorni fa e tornerà questa sera tardi: è andato personalmente a fare due chiacchiere con alcuni suoi informatori. Ethan è andato a chiamare Madame.> <Quell’uomo se ne va e qualcuno attacca la sua adorata e protetta Buffy ? Non credo sia un caso.> disse Willow, sintetizzando il pensiero di tutti.

 

Come fa un fantasma, essere incorporeo, a reggere una cornetta telefonica ? Giles se lo chiese non appena sentì la voce di Madame, e la sentirono tutti giacchè stava usando un tono decisamente alto: aveva un opinione infima di Buffy, questo l’Osservatore lo sapeva da molto, non le perdonava le sue storie con Angel e Spike, certe sue scelte ed amicizie (e dell’altro che era meno chiaro, ipotizzava Giles) ma anch’essa, come tutti loro e Monsieur se fosse stato presente, era sinceramente preoccupata ed allarmata.

 

Con il solito fare impetuoso ed autoritario, nella solita parvenza di ostico inglese, stabilì che la piccola sarebbe stata più al sicuro all’interno della loro villa e che avrebbe mandato all’ospedale una scorta che la conducesse in sicurezza fin lì e che vegliasse su Anne: nel frattempo avrebbe iniziato a fare alcune ricerche e che le telefonassero subito non appena i dottori avessero presentato una prima diagnosi.

 

<Bene Dawn, tu rimarrai a casa del Conte fino a quando non saremo certi che non sei in pericolo.> <No ! Io voglio stare con Buffy ! So difendermi da sola e voglio essere d’aiuto.> Giles impiegò un po’ di tempo a farle capire che, se era vero che qualcuno aveva bisogno di lei per riaprire la Bocca dell’Inferno, allora il loro primo dovere era non cadere nella trappola preparata; inoltre avrebbe potuto benissimo essere utile anche in quella casa: c’erano alcune centinaia di volumi da consultare, molto probabilmente.

 

Giunta la scorta promessa lui sarebbe andato a fare ricerche nella biblioteca della scuola, cooptando Wood, Amy avrebbe controllato se ci poteva essere qualcosa di utile nei volumi che aveva in negozio assieme a Kennedy e Willow sarebbe rimasta lì al capezzale di Buffy. <Credo sia saggio, se questa malattia ha origine magica o demoniaca, che un’ottima strega monitori il decorso. Inoltre non sappiamo se qualcuno si ripresenterà per farle del male, ma in quel caso sono certo che tu sarai sicuramente una perfetta difesa.>

 

Dopo un tempo pressoché infinito arrivò un dottore, sconsolato: non c’erano ferite o lesioni interne, grumi di sangue nel cervello, sintomi di infarto, era da escludere la narcolessia e altre malattie. Teoricamente la paziente era sanissima, non presentava alcun sintomo noto, eppure la pressione sanguigna continuava, seppur lentamente, a diminuire: il defribillatore aveva avuto effetto momentaneo, per cui avevano proceduto con alcune iniezioni per ridare vitalità al cuore. <È strano, lo so, eppure si direbbe che il cuore della signorina Summers si stia stancando di battere. Abbiamo comunque predisposto ogni cosa per farle altri analisi.>

 

<Tutto ciò puzza di magia lontano un miglio. Giles, telefoni a Madame. Amy, Kennedy, voi potete già andare a cercare al negozio. Willow, tu telefona a Xander. Muoviamoci, non c’è tempo da perdere.> Tra i presenti solo l’Osservatore e la più vecchia amica di Buffy, sentendo quel tono deciso che non ammetteva repliche, ebbero chiara la sensazione di quanto fosse vero che la piccola Dawn non era più una bambina e che era dello stesso sangue di sua sorella, chiamata dal mondo la Grande Cacciatrice.

 

 

 

Gli architetti sono tra le peggiori razze del mondo. Xander ne era sicuro e su questo assioma avrebbe potuto costruirci sopra un’intera filosofia e un intero metodo speculativo, avrebbe potuto scriverci libri e dare pubbliche dimostrazioni. Se da secoli le case avevano forma quadrata e normali tetti a capanna o piani, perché costruire edifici semieptagonali con tetti abitabili, che poi le travi del tetto dovevano essere per forza sagomate nei modi più strani perché si incastrassero tra loro ? Nessuno aveva mai detto a quei boriosi disegnatori che si credevano tutti geni che dopo i loro disegni perfettini e lucidi ci sarebbero stati dei dannati carpentieri che sarebbero impazziti per trovare i giusti incastri tra le travi ?

 

Xander era in cantiere, seduto su un blocco di mattoni ancora sigillato, e fissava la pianta e l’assonometria di quella villa per cercare di visualizzare come sarebbe stato il tetto e, di conseguenza, come avrebbero dovuto porre in opera le travi. A chi lo vedeva passare sembrava un uomo intento nel suo lavoro, teso in uno sforzo produttivo, ma in realtà la sua mente pensava a tutt’altro.

 

Pensava al film che era andato a vedere per accompagnare Dawn, o almeno questo era quello che sarebbe dovuto accadere. A quanto pare la ragazza non aveva trovato nessuno che voleva vederlo con lei e così s’era rivolta al vecchio amico Xander, e fin qui tutto era nella norma. Quando Xander la andò a prendere per poco non ebbe un collasso: la sua piccola Dawn indossava un paio di jeans a vita bassa, un golfino rosa d’angora decisamente attillato che le stava molto bene (“la marmocchia con le misure da donna” per citare quello che disse Faith quando la incontrò in occasione della comparsa di Caleb) e un corto cappottino nero con la cintura che, stretta, evidenziava ancora di più la sua vita sottile.

 

<Accidenti Dawnie, sei uno schianto !> fu la prima cosa che le disse: la ragazza sorrise compiaciuta, proprio come Amy (che aveva curato il trucco e la pettinatura) nascosta in cucina; Buffy era a farsi la doccia e quindi non vide come la sorella si era preparata per uscire. Xander si sentì un poco imbarazzato, come quando stava con Cordelia: lui, l’uomo di poco conto per eccellenza, non era più abituato ad uscire con ragazze così belle e ogni volta gli pareva impossibile (anche Anya era bellissima, ma il fatto che fosse un ex demone con un rapporto conflittuale con le convenzioni sociali lo faceva sentire un po’ meno inferiore).

 

La serata da un punto di vista fu normale: cinema, un salto al Bronze e poi a casa, ma alcuni particolari turbavano la vita tranquilla e i pensieri di Xander. C’erano stati dei momenti … dei gesti … come dei segnali che lui non riusciva a spiegarsi: cercava di convincersi di avere interpretato male, di essere schiavo del suo ego e del suo desiderio di piacere ancora, nonostante l’handicap, ad una ragazza, eppure nel remoto dei suoi pensieri gli restava una domanda. Certi sorrisi, certi sguardi … possibile che la piccola Dawn avesse voluto flirtare con lui ? Impossibile, si doveva convincere che era impossibile. In primo luogo lei perché avrebbe dovuto essere interessata a lui, con tanti bei coetanei con due occhi che poteva trovare al Liceo ?

 

Sì, decisamente aveva visto malizia dove non ce n’era. E se invece ci fosse stata ? Impossibile e comunque era così giovane ed era la sorella di Buffy ! No, meglio non pensarci neppure: era stata sola una piacevole serata con una ragazza incredibilmente bella e lui doveva trattenere stupidi pensieri fuori luogo prima di combinare micidiali casini.

 

Eppure quando lei al cinema gli aveva parlato all’orecchio mettendo una mano sopra la sua oppure quando aveva appoggiato la testa sulla sua spalla lui era stato scosso come da un brivido e si era tutto agitato. Cattivo Xander, malizioso e malpensante, si ripeteva, che vedi nelle innocenti azioni altrui quello che non c’è; e che dopo quasi due anni ancora non ti sei scordato com’era desiderabilmente sensuale Dawn quando ballava al Bronze per sedurre quel quaterback.

 

Decisamente le sorelle Summers erano capace di risvegliare anche i morti quando decidevano di sedurre ballando: nei cinque migliori momenti della sua vita, oltre ad aver salvato il mondo da Willow e aver fatto sesso con Faith, c’era anche quel famoso ballo, anni prima, con Buffy.

 

È facile capire che in questa disposizione d’animo riflettere e studiare sugli incastri delle capriate di un tetto non è la cosa più facile di questo mondo. Era a questo punto della sua giornata quando Willow gli telefonò dall’ospedale: Buffy era in pericolo e tutto il resto (le travi, Dawn, la propria vita) passarono come in secondo piano.

 

 

 

Telefonarono a Madame per avvertirla delle novità: lei disse che stavano cercando “alcuni accessori” e poi la scorta per la piccolina sarebbe arrivata. Telefonarono a Xander che ovviamente si allarmò moltissimo e disse che gli bastava un’ora (e magari una doccia) e poi sarebbe subito andato in biblioteca a dare manforte a Giles con le ricerche: purtroppo –e si sentiva nella sua voce un immenso rammarico- non poteva muoversi prima.

 

Poco dopo la scorta arrivò e tutti i presenti non seppero cosa dire: accanto ad Ethan, avvolto in un assurdo cappotto di pelle che lo faceva sembrare lo zio stordito e inglese di Neo, c’era infagottata in una tuta nera di una o due taglie troppo grande, con una parrucca nera dai lunghi capelli lisci e la frangetta, pesantemente truccata con la matita nera intorno agli occhi e alle labbra … il Buffybot !

 

<Cosa … significa ?> riuscì a dire Giles mentre fissava la gemella dark e dallo sguardo ebete della Cacciatrice. <Sono in incognito, Giles. Non si vede ? Nessuno deve capire chi sono.> Ethan, scuotendo la testa, spiegò che era tutta un’idea di Madame: se qualche dottore avesse visto il Buffybot al naturale, così uguale alla ragazza, avrebbe potuto pensare che fosse la sua gemella e avrebbe potuto fare delle domande; in tal modo, secondo lei, questo pericolo era evitato.

 

<Io farò la guardia ad Anne, e sarò solida come la fortezza edificata sulla roccia, vigile come il falco e scaltra come il serpente. Tu strega vedi di agire bene perché qualsiasi errore da parte tuo sarà aggiunto al tuo lungo conto.> Willow fissò quella cosa dark e sorridente e pensò che se proprio doveva espiare per Warren era meglio andare a curar lebbrosi che sopportare tutto questo.

 

Il gruppo si divise: Ethan portò Dawn nella residenza del Conte, Giles e Wood tornarono alla biblioteca della scuola, Amy e Kennedy andarono nel negozio. Ognuno aveva un compito, pensò Willow mentre il Buffybot si piazzava, a braccia incrociate, davanti alla porta della stanza d’ospedale, immobile come una statua e lei si sedeva accanto al letto, tenendo la mano di Buffy tra le sue, frustrata per non poter rendersi utile in altro modo. O meglio … non appena avrebbero conosciuto cosa aveva fatto ciò alla ragazza allora, con un po’ di magia, lei sarebbe intervenuta a sistemare ogni cosa.

 

 

 

Brutto posto questa Sunnydale. Fa caldo anche se siamo a fine novembre: hanno ragione a dire che non ci sono più le mezze stagioni. O forse ho così caldo perché sono nel locale caldaie ? Mi sa che è per questo, potevo trovare un altro posto dove nascondermi. Che ore sono ? Le due e mezza: oramai anche l’Osservatore sarà ritornato in biblioteca. Andiamo a vedere, almeno prendo una boccata d’aria.

 

 

 

Amy lasciò il cartello “Torno subito” sulla porta: Buffy stava male, lei e quell’altra dovevano cercare qualcosa che le fosse d’aiuto: non poteva perdere tempo con i clienti (non che fossero molti, in verità). Mise Kennedy a fare il caffè e iniziò a prendere i libri che riteneva andassero consultati, benché brancolasse nel buio. I sintomi erano troppo vaghi, almeno per ora, per poter restringere il campo delle ricerche. E soprattutto … era opera di magia pura o di un qualche genere di demone ? O semplicemente … e se Buffy avesse contratto una misteriosa malattia ?

 

Povera ragazza, che vita da schifo la sua: talvolta pensava che era quasi peggio che rimanere un topo per anni, almeno lei non si era mai accorta di ciò che le succedeva intorno. Ma era meglio non vivere tre anni della propria vita, come era capitato a lei, oppure passare ininterrottamente da un rischio all’altro, con l’alito della Morte sempre sul collo ?

 

Che domande corpose, pensò scuotendo la testa e dirigendosi nel retrobottega a prendere l’occorrente per un poderoso incantesimo di protezione contro vampiri e qualche decina di svariate specie demoniache: portatolo a termine nessuno che non fosse del tutto umano sarebbe potuto entrare nel negozio.

 

 

 

Erano circa le due quando finalmente Giles entrò nel suo regno: quella biblioteca non aveva alcun segreto per lui. Durante il tragitto in auto aveva già pensato quali volumi consultare per primi e in che ordine: tutto era già stabilito, anche quali tomi avrebbe dato a Wood da spulciare quando sarebbe arrivato (prima doveva per forza sbrigare alcune terribili questioni burocratiche con il Provveditorato, di cui gli aveva già parlato, che non poteva più rimandare). Non ne sapeva molto, ma era certo che avevano poco tempo davanti, ragion per cui non si poteva perdere tempo in inutili, sterili ed emotive agitazioni.

 

Entrando a scuola dal distributore prese due panini, perché i morsi della fame non lo infastidissero durante la lettura di lingue morte, poi in biblioteca si tolse la giacca, preparò il bricco del caffè e mentre quello si formava iniziò a passare in rassegna gli scaffali togliendo i libri da consultare e andando a porli in due gruppi ben distinti sul tavolo.

 

Era pronto per iniziare: addentò il primo panino aprendo il cosiddetto “Compendiun de dæmonoris Sancti Domenici”, testo di area francese del XIII secolo, (prima edizione a stampa: Venezia, 1508) ma sempre utile per una prima scrematura delle possibili cause; Wood avrebbe iniziato consultando il “Trattato sulle affezioni magiche” di Francis Bersan, agile (rispetto a molti altri) volume inglese (Londra, 1875).

 

 

 

Che brutta scuola. E poi non c’è mai nessuno in giro, neppure uno straccio di inserviente: sarà colpa dei tagli al sistema scolastico, suppongo. Dunque … ah, la biblioteca è in fondo a quel corridoio: ma non potevano ricostruirla con una pianta più funzionale ? Non mi stupirei se mi perdessi ! Eccoci ! Che bello, ci sono anche gli oblò nelle porte per spiare meglio ! L’Osservatore è già dentro: e due.

 

 

 

Dawn era silenziosa e preoccupata, naturalmente: Ethan ritenne suo compito cercare di risollevarle il morale, per quanto possibile e per quanto ci riuscisse. <Su, non ti preoccupare: ti stai dirigendo nella migliore biblioteca di tutto quanto questo continente. Qualsiasi mago o demone abbia fatto questo … troveremo le cure.>

 

Dawn mugugnò appena e, senza degnarlo di risposta, continuò a guardare fuori dal finestrino, come assorta nell’incostante panorama urbana della città in ricostruzione. Certo, avrebbero scoperto cosa aveva Buffy, ma ci sarebbero riusciti in tempo ? E soprattutto, se era lei che quella gente, chiunque fosse, voleva, perché prendersela con sua sorella ? Perché come sempre lei era causa di tutti i mali delle persone che amava ? Perché la sua esistenza doveva essere di continuo ostacolo per le persone che le erano vicine ?

 

Avrebbe voluto piangere, ma non poteva farlo lì, in quella macchina con quello sconosciuto a fianco mentre veniva scortata al sicuro: cercò di farsi forza, come sempre aveva dovuto fare nei suoi pochi anni di vera vita. Ma tutto era inutile, avrebbe voluto poter piangere tra le braccia di sua madre come faceva quand’era piccola, avrebbe voluto lasciarsi andare con lei, ma non poteva: si sentiva ancora più sola, sconfitta, cattiva e sbagliata che mai.

 

Probabilmente neppure la sua forza di volontà avrebbe resistito e ancora una volta, in pubblico, si sarebbe dimostrata la ragazzina debole, spaurita, bisognosa d’affetto e tanto infelice che era, ma il furgoncino davanti a loro inchiodò e solo per poco Ethan non lo tamponò. Prima che uno dei due dicesse qualcosa (insulti compresi) il portellone del van si spalancò e alcuni homuncoli saltarono sul cofano, mentre altri uscivano dalla macchina che si seguiva e una motocicletta affiancava la loro macchina dal lato di Dawn.

 

La prima cosa che fece la ragazza fu di aprire violentemente la portiera: il colpo, inatteso e violento, fece cadere i due uomini sulla moto, mentre Ethan dando gas scattava in una potente retromarcia, che stritolò un homuncolus e ne fece cadere un altro giù dal cofano. Fu questione di un solo attimo che pigiando sull’acceleratore l’inglese partì, speronando il furgoncino e quasi portandogli via una portiera.

 

<Presto, nel cruscotto c’è la pistola, prendimela !> urlò l’uomo a Dawn, mentre quelli in moto e le altre due vetture partivano sgommando per inseguirli. <Sai guidare ? E allora tu tieni il volante e non ci fare ammazzare.> Dawn solo allora si rese conto di essere stata oggetto di un agguato, di essere nel pieno di un inseguimento e di stare tentando di non far sbandare troppo la macchina mentre Ethan Rayne, tenendo i piedi su acceleratore e freno, si sporgeva dal finestrino e cercava di colpire o i guidatori o le gomme.

 

Sei colpi finiscono in fretta: riprese la guida del mezzo, aumentando la velocità e passando col rosso, incurante di una vecchia Yugo che cercava di attraversare un incrocio, e tirò fuori da una tasca interna del cappotto il telefonino. <Tieni. Cerca nella rubrica Moller, chiamala e dì cosa sta succedendo.> La moto si affiancò a loro: i due uomini avevano un casco integrale e un giubbotto nero, e prima che quello dietro potesse fare qualcosa Dawn tirò giù il finestrino e, preso il suo zaino dal sedile posteriore, lo sbattè sul braccio del guidatore, così vicino perché Ethan si avvicinava loro per tagliargli la strada.

 

I due caddero rovinosamente e furono investiti da camioncino, che però riuscì a schivare la moto che sprigionando scintille strisciava sull’asfalto: meno male che tutto ciò accadeva in un’ora abbastanza morta nella vita di Sunnydale. Dawn con una mano reggeva il telefono, attendendo che quella donna rispondesse, con l’altra cercava di ricaricare la pistola tenendola stretta tra le ginocchia: aprendo il cruscotto aveva visto che c’erano altri proiettili.

 

<Dove hai imparato a ricaricare una Smith & Wesson ?> domandò stupito Ethan, che con un occhio guardava lei e con l’altro i suoi inseguitori dallo specchietto; e quando alla strada davanti … <Avevo un amico che se ne intendeva: diceva che per ogni problema c’è una soluzione e un calibro adatto. Poi basta girare su Internet, oppure affidarsi ai tre grandi maestri.> <Eh ?> <John Wayne, Clint Heastwood, Charles Bronson.>

 

I giovani americani sono tutti pazzi, pensò Ethan mentre sterzava di botto speronando il camioncino, guidato da un uomo con il passamontagna; intanto la ragazza comunicava alla signora Moller che erano inseguiti, di aprire il portone e di tenersi pronte a tutto. <Se il Conte avesse delle mitragliatrici o dei bazooka sarebbe un’ottima cosa.> <Non sottovalutare la santabarbara di Madame ! Hanno armi di ogni genere, soprattutto quelle bandite dalle nazioni civili.>

 

Alcuni incroci e molte gimcane dopo, quando oramai lo sterzo e le sospensioni del veicolo chiedevano pietà, arrivarono in vista del lungo muro della foresteria: il gran portone era del tutto aperto, pronto ad accoglierli, e dalla loggia sopra di esso spuntava il fucile che Madame teneva con le sue mani evanescenti e impalpabili. Al suo fianco Miss Moller, con altri due carichi e pronta a ricaricare quello appena usato: il fantasma aveva un’ottima mira, sviluppata nei secoli grazie anche agli amorevoli e pedanti consigli del Conte. Accelerarono per distaccare ulteriormente gli inseguitori, rallentarono quel tanto per curvare e con stridio di freni la macchina di Ethan imboccò di gran carriera e sulle due ruote a sinistra l’ingresso; un secondo dopo con pesante strepito il portone si richiuse di colpo, senza che nessuno apparentemente lo muovesse.

 

Intanto dall’alto Madame sparava con passione cercando di evitare il guidatore, perché in quel caso il furgone pieno di cadaveri si sarebbe fermato davanti il loro palazzo: sarebbe arrivata la polizia, avrebbero dovuto fare indagini e Monsieur avrebbe dovuto spendere un sacco di soldi. L’amministrazione militare provvisoria che commissariava la Contea di Sunnydale era stata chiara con il Generale Emerito della Compagnia dei Santi Luigi, Giovanna e Vigio: discrezione innanzitutto.

 

Ethan, sentendosi Burth Reynolds, frenò usando il freno a mano, con gran strepito, gran polvere e poca gioia per l’erbetta del prato. Finalmente fermi i due si guardarono, sudati, accaldati, stravolti e abbastanza increduli di quella corsa in macchina. <Dove diavolo ha imparato a guidare così ?> chiese Dawn, a cui sembrava di aver vissuto una puntata di A-Team. <Noi inglesi guidiamo sulla sinistra … i primi tempi in America facevo molti incidenti.> <Quindi ?> <Ho imparato presto a lasciarmi dietro spiacevoli situazioni piene di polizia e di auto ammaccate. Tu guardavi i film con Charles Bronson ?> <Xander. Lui, mia sorella e Willow una volta facevano a turno a scegliere il film del giovedì sera, apocalissi permettendo: ho visto “Gunny” almeno cinque volte.>

 

 

 

 

Dunque … dopo la scuola … vediamo un po’ da dove devo passare. Negozio … casa … cantiere … altra abitazione se non lo trovo al cantiere. Che strada faccio ? Allora … per la miseria, dove accidenti si trova questa strada ! Maledetta cartina !

 

Ah, eccola qui. Allora, io mi trovo qui e devo andare qui oppure qui. Vediamo … potrei passare prima dal cantiere, fare tutto questo viale, girare a destra, scendere di qui, arrivare al negozio, svoltare di qui e poi proseguire fino alla casa. Oppure prima vado al cantiere, torno indietro fino a questo incrocio, passo dalla casa e torno … no, così ,l’allungo troppo. Autobus ce ne sono ?

 

Dove ho messo quell’altra maledetta cartina ?

 

 

 

Dawn era appena scesa dalla macchina che già Miss Moller stava correndo nel giardino per sincerarsi se stesse bene, se fosse ferita, se avesse bisogno di qualcosa, se volesse distendersi per un poco: era incredibile con che velocità manifestasse tanta premura. Ethan alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa: sorvolando sul fatto che la cortesia avrebbe voluto che fosse chiesto anche a lui come stava, ancora non riusciva a comprendere come quella donna fosse veramente la madre di … Incredibile, giusto perché si assomigliavano moltissimo uno ci poteva credere. Dawn chiese solo di poter andare in bagno, giusto per rinfrescarsi: visto quello che stava succedendo non c’era tempo da perdere, bisognava mettersi al lavoro il prima possibile.

 

Dopo che s’era risistemata un poco, Dawn fu condotta da Miss Moller nella stanza che sarebbe divenuta l’ingresso sul futuro cortile interno (il palazzo era concluso per meno di un quarto), aprì una porta e girarono a sinistra in un corridoio stretto, a metà del quale c’era una porticina ben mimetizzata con il muro, del tutto liscia e dipinta di bianco con una minuscola maniglia: Miss Moller la aprì e disse alla ragazza di salire, al primo pianerottolo avrebbe trovato la porta da cui entrare.

 

Come da tradizione la scala per la servitù era a chiocciola, senza finestre e decisamente soffocante, almeno per i gusti di Dawn: le sembrava quella di qualche film dell’orrore goticheggiante, nonostante le appliques in ferro battuto sui muri, dipinti di bianco, gli scalini in granito grigio e il corrimano anch’esso in ferro. Dopo un tempo che a lei parve infinito (forse perché camminava piano, titubante e incerta su ciò che avrebbe trovato) arrivò al pianerottolo, illuminato ulteriormente dalla luce che passava da una porta aperta.

 

Entrò nella stanza, all’incirca quadrata, sui cui tutti e quattro i lati erano disposti armadi in legno scuro, la parte inferiore chiusa e quella superiore con ante vetrate: erano pieni di libri e lei era la prima ragazza non Cacciatrice che entrava in quel sancta sanctorum della biblioteca esoterica e viaggiante del Conte dai tempi della Guerra Civile Spagnola.

 

Il Conte di San Germano in tanti secoli di vita aveva accumulato un numero di libri e pubblicazioni incredibile: la sua era la prima collezione privata, considerando la Biblioteca Apostolica Vaticana Segreta come appartenente al patrimonio librario dello Stato della Chiesa. I libri originali e più antichi erano al sicuro da viaggi e spostamenti, che avrebbero certo nuociuto a pergamene ed incunaboli, nello chateau più che fortificato in Francia dove andava a passare, quando poteva, le vacanze; una copia completa dell’intera collezione – e di tutti gli atti del Consiglio degli Osservatori, diari degli Osservatori compresi, di cui con costanza si era sempre fatto una copia disinteressandosi dei divieti vigenti- era nascosta da qualche parte, forse nel Monastero Trappista delle Tre Fontane a Roma, forse nella Certosa di Galluzzo presso Firenze.

 

Viaggiava con lui da un lato all’altro del mondo un’ulteriore copia (manoscritta, battuta a macchina, fotocopiata o scannerizzata): negli ultimi dieci anni, ben chiusa in casse su cui borchie e magie vegliavano, era stata in Croazia, Ungheria, Spagna, Francia ed ora si trovava California. In realtà questa collezione viaggiante era formata solo dal meglio, anzi, dal più utile dei testi di sua proprietà e dalla copia dei documenti prodotti dal Consiglio degli Osservatori dal 1604, a cui attingeva nei momenti del bisogno e per ordire le sue precise trame per la composizione del Novus Ordo Inspicientum.

 

Madame Margot era già nella stanza, vicino al tavolinetto che stava al centro, illuminata dalla lampada che si trovava su esso: ovviamente galleggiava a pochi centimetri da terra, con il solito vestito nero dalle maniche a sbuffo screziate d’oro, coi delicati e quasi trasparenti pizzi che spuntavano ai polsini e che le fasciavano, assieme alla collana, il colletto formando la gorgiera. Tutti i pochi che l’avevano vista –col passare del tempo era divenuta ancora più schiva e più riservata- rimanevano maggiormente colpiti dalle vesti, forse perché desuete, che dal suo corpo, forse perché così evanescente.

 

Eppure, benché fosse semi trasparente, ancora si potevano distinguere bene i folti e lunghi capelli neri raccolti con un’intricata retina ornata di perline, gli occhi chiari, il naso leggermente aquilino e (con la giusta luce) le labbra strette e sottili. Non era mai stata eccessivamente formosa, proprio come le sue sorelle che avevano superato la pubertà, e ciò era stato un suo cruccio quand’era viva, ma aveva delle mani bellissime, con dita affusolate e nervose ed un incarnato pallido e diafano, come voleva la moda dei suoi anni di giovinezza.

 

Dawn non aveva moltissima paura di lei: tutte le volte che era andata alle lezioni del Conte Madame era sempre stata gentile con lei e talvolta era anche intervenuta durante le dotte dissertazioni dell’uomo, per indurlo ad usare termini più comprensibili alla bambina; se avesse smesso di chiamarla così e non avesse rinfacciato quelle cose a Buffy le sarebbe stata assai più simpatica, ma a parte questo quel fantasma le piaceva e non le ispirava neppure particolare diffidenza.

 

<Ti sei fatta male ?> <No, sto bene, solo un po’ scossa: sa, un agguato, un inseguimento … mi sembrava di vivere una puntata di Hazzard.> No, era un riferimento incomprensibile per lei. <Cioè, sembrava l’ultima parte di “The Blues Brothers”. Quello lo conosce, vero ?> Forse, illuminata dalla lampada, ella sorrise. <È uno dei film preferiti di Monsieur: potrei anche cantarti “Think” con tanto di coreografia.> <Madame che canta Aretha ?> <Qualcosa del genere. Ho una bella voce, sai ? Ma ora mettiamoci al lavoro, che prima iniziamo prima tua sorella starà meglio. Ti faccio portare qualcosa da bere ?>

 

 

 

ATTO II

 

A Giles parve di sentire un rumore: alzò gli occhi dal “Compendiun de dæmonoris Sancti Domenici” e d’improvviso le tenebre calarono attorno a lui. Una notte senza luna e senza stelle avvolse l’Osservatore, la biblioteca e, prevedibilmente, tutta quella infelice e maledetta cittadina ricostruita sopra una Bocca dell’Inferno forse chiusa, ma certo non quietata. La prima reazione dell’uomo fu puro terrore al trovarsi di colpo nell’oscurità più impenetrabile in una stanza di cui, adesso, senza il dono della vista, realizzava di conoscere ben poco e di a malapena saperne ricordare la disposizione: e forse non era solo.

 

<Chi c’è ? C’è nessuno ?> urlò ad alta voce, più per darsi coraggio che per impaurire l’eventuale presenza, alzandosi di scatto e facendo cadere la sedia su cui era seduto: poi capì che in questo modo si era reso ancor più facilmente localizzale e, maledicendo la sua avventatezza e lo scarso sangue freddo, comprese di non dover fare nessun rumore mentre raggiungeva la pistola che teneva nel cassetto del bancone, là, vicino all’ingresso e a dove lui si trovava, ma distante chilometri in quel buio senza fine.

 

Trattenendo il fiato, sfiorando appena con le mani la superficie del tavolo davanti a sé, a piccoli e minuscoli passi, come una geisha fasciata nel kimono, in un tempo che gli parve infinito, riuscì a disincastrarsi dalle gambe della sedia caduta e a porsi al lato del tavolo. Cosa poteva essere accaduto ?

 

Protendendo il braccio sinistro si sporse fino a toccare la balaustra che cingeva la parte alta della biblioteca, dov’erano posti gli scaffali pieni dei suoi amati libri, in quelle tenebre del tutto inutili. Come se pencolasse su un filo teso sopra un precipizio con timore con l’altra mano cercò l’appoggio e poi con ambedue strinse la presa: adesso gli sarebbe bastato seguire la ringhiera per arrivare fino al pilastro da cui partiva il bancone.

 

Muovendo timoroso il piede, per evitare di trovare ostacoli, fece con lentezza forse un metro, tutto teso nell’ascolto di eventuali rumori, che pure non si sentivano: forse non c’era nessuno in quella stanza, e lui era fortunatamente solo. Il suo piede sinistro toccò contro qualcosa e d’istinto Giles lo ritirò: era qualcosa di duro davanti a lui, e probabilmente inanimato visto che non aveva emesso un rumore e non s’era spostato, da quanto le sue orecchie potevano suggerirgli.

 

Rimase fermo, dubbioso su cosa potesse essere davanti a lui, poi comprese: era il lato della scaletta che conduceva alla parte soprelevata della libreria: ne fu certo quando fece scorrere le mani sulla ringhiera e queste trovarono il punto in cui essa si piegava, seguendo appunto l’inclinazione delle scale. Piano arrivò al termine d’essa: ora doveva superare le scale, cercando di non perdere alcun punto di riferimento: con la mano sinistra rimase aggrappato alla ringhiera e con la destra, a tentoni come un cieco, cercò dov’essa iniziava dall’altra parte. Impiegò un tempo che gli parve infinito, ma alla fine toccò il legno e potè superare incolume e sicuro quella sua personale Gibilterra.

 

Continuò piano, toccando con le mani il bordo della balaustra e facendosi guidare da lei, mentre rifletteva sulle cause di quella notte improvvisa e profonda: possibile fosse stata un’improvvisa eclisse ? Oppure una qualche demoniaca nube ? O un’infinità di cavallette che avevano oscurato il sole ? Beh, in quest’ultimo caso avrebbe pur sentito qualche rumore. Era finalmente giunto al pilastro, ben oltre la metà di quella sua faticosa ed incerta anabasi, quando la porta della biblioteca si aprì.

 

<Giles, che fa ?> Il preside Wood ! L’uomo ringraziò il cielo: erano sempre al buio, ma almeno adesso c’era qualcuno di cui si fidava a tranciare quell’improvvisa ed oscura solitudine in cui si trovava. <Maledizione, cercavo di uscire di qua. Ci mancava solo quest’eclisse o cosa accidenti è !> Wood guardò quell’uomo sudato e pallido che gli dava le spalle, con le mani attaccate a un pilastro e la testa girata verso sinistra, apparentemente intento a fissare un punto misterioso tra l’attaccapanni e la fotocopiatrice.

 

Fu con voce strozzata che John Wood disse: <Non c’è stata nessuna eclisse.> Bastò questo a far capire a Giles, dopo un istante di smarrimento, che le tenebre in cui navigava avevano una spiegazione molto più semplice: era diventato cieco.

 

 

 

Perfetto ! Me la faccio a piedi fino al cantiere, attraverso la strada e prendo l’autobus fino al negozio, ci passo, svolto a sinistra e salgo a questa fermata che mi porta quasi davanti alla casa. Che ore sono ? Non credo ci sarà molta gente a bordo, meglio: potrebbero accadere situazioni decisamente imbarazzanti. Ma devo comprare i biglietti adesso. Dove vendono in California i biglietti dell’autobus ? Nel supermercato, certo: ci votano anche, ho sentito dire. Strana gente questi americani. E se non lo trovo al cantiere sarà certo a uno di questi altri indirizzi.

 

 

 

Verso le quattro, dopo oltre un paio d’ore di quell’assurda situazione, Willow ne ebbe piene le scatole del Buffybot e di chi l’aveva programmata. Il robot si era piazzato a gambe larghe e mani sui fianchi davanti alla porta, e non aveva mosso un solo muscolo (si fa per dire) per tutto quel tempo, mentre a lei non era rimasto altro da fare che tenere la mano di Buffy, mormorarle parole di speranza, nella convinzione che i comatosi potessero udirle, e, non avendo l’abitudine di pregare, cercare di ricordarsi qualche magia che potesse fare al caso loro.

 

Ad un certo punto, tra i denti, aveva imprecato: il Buffybot si era girata e l’aveva guardata con i suoi occhi verdi, truccati pesantemente di nero. <Cosa succede ?> <Niente, cercavo di ricordarmi una formula magica per Buffy.> <Non è ancora morta, non la devi risuscitare. E anche se lo fosse non dovresti ugualmente farlo: l’ultima volta hai fatto morire e rovinato la vita a persone innocenti.> le disse, sorridendo cordiale.

 

Willow la fissò per un attimo e … e con terrore capì quello che le era successo, quello che era dentro di lei e la paura che provò fu maggiore dell’odio infinito verso San Germano e le sue idee. Si sentì il fiato mozzo ed ebbe come un conato di vomito. <Ti sono venuti gli occhi neri, non è normale: alle persone non muta il colore degli occhi. Sei malata anche tu ?>

 

Willow si era sentita nettamente qualcosa dentro, come una fiammata di desiderio che le muoveva dalla sua parte più profonda e cercava di venire allo scoperto: lo stesso malioso calore, lo stesso stordimento di chi beve un bicchiere di troppo, la stessa vampa, così simile al piacere sensuale, che aveva sentito quando aveva assorbito i libri di Giles, due anni e mezzo prima.

 

Già un’altra volta, in una situazione diversa, quel fremito sottile, quel misterioso calore da un punto imprecisato del suo corpo (o della sua anima ?) aveva quasi fatto capolino in lei, desideroso e pronto non a impadronirsi di lei, bensì di convivere pienamente con lei. “Con la magia non si scherza, ci sono sempre conseguenze” le aveva detto anni prima Spike e lei un giorno, in spiaggia con Kennedy, lo aveva capito.

 

Davanti a un padre che picchiava il figlioletto per chissà quale infantile mancanza aveva percepito pienamente che di quella magia nera portava e avrebbe portato per sempre le tracce dentro di sé, come se nel grembo avesse un serpente maligno assopito avvolto nelle proprie spire, dormiente ma vigile, pronto ad alzare il capo e affondare il proprio dente del veleno nella carne di qualcun altro: era forse quello il potenziale che D’Hoffryn aveva sentito in lei ?

 

Da allora ogni qualvolta che iniziava ad arrabbiarsi seriamente, ogni volta che vedeva qualcosa che le poteva far perdere la calma si spaventava così tanto di sé stessa che il terrore, come un doccia fredda, la calmava totalmente. Così era stato, poche settimane prima, sulla veranda di quella villetta col Conte, probabilmente perché, oltre al timore, in lei c’era stata la consapevolezza che il palesarsi di ciò che nascondeva sarebbe stata semplicemente la sua fine.

 

Invece adesso, davanti a ciò che nonostante tutto le sembrava Buffy, l’infinita sorpresa di sentire accuse e parole così spietate, riferimenti a fatti che non si era ancora perdonata, l’aveva colta di sorpresa: e quello era venuto fuori per un attimo.

 

<No, sto bene, è una cosa che capita.> <A te ?> chiese il robot, curioso. <Anche ad altri. Ad alcune persone con gli occhi verdi, per esempio. In certi casi gli diventano grigi. Chiamo Kennedy e mi faccio portare qualche libro, così mentre fai la guardia io cerco un rimedio per Buffy.> <Dobbiamo salvare Anne. Lei è la Grande Cacciatrice, e il Conte le vuole molto bene.>

 

 

 

Ah, ecco il cantiere. Appena in tempo, tra poco dovrebbero fischiare la fine del turno lavorativo. Dunque, dove sarà il nostro caro amico ? Vediamo un po’ … ma certo, dove trovare un capo cantiere se non nella baracca del capo cantiere ? Mi sembra logico ! ottimo, direi. Cosa diavolo stanno costruendo ? Non mi dire un’altra stupida villetta in stile georgiano od edoardiano.

 

Che imbecilli: fanno musei e grattacieli che sembrano astronavi, chiese che sembrano palestre, mettono vetro, acciaio e metalli luccicanti ovunque e poi vogliono la “casa dolce casa” come l’avevano i loro nonni. Stupido paese. Oh oh, qualcuno si muove dietro quei vetri: che bravo, lavora fino a che non finisce il turno. Ah, il mito del sogno americano, del self made man e tutte quelle altre storielle lì !

 

 

 

Il telefono nel Magic Box suonò proprio quando Kennedy stava mescolandosi la seconda tazza di cioccolata: il caffè rende nervosi, e lei preferiva impiegarlo nella notte, che già s’immaginava lungamente spesa alla ricerca e alla consultazione di testi.

 

Questo proprio non le andava giù: lei era una Cacciatrice ! Insomma, il suo sacro dovere, la sua divina missione, il suo compito mistico e tutte quelle altre storie che Xander le ripeteva era uccidere demoni e vampiri, non passare il tempo a leggere e fare ricerche ! Che palle !

 

Sapeva bene che per agire prima bisognava informarsi, ma per quello c’era Dawn ed Amy, Xander e il signor Giles: lei adesso sarebbe dovuta essere in strada a picchiare demoni estorcendo informazioni, lei sarebbe dovuta essere in qualche covo infestato da vampiri a polverizzarli, far loro paura e così costruirsi una terribile nomea. Come potevano i demoni aver paura di lei se nessuno la faceva combattere ? Come poteva farsi un nome se prima i timori di Xander e le paranoie di Willow, poi il ritorno di Buffy la lasciavano di nuovo e perennemente in panchina ?

 

Ecco, lei era penalizzata infinitamente perché lavorava nel territorio di Buffy e tutti facevano paragoni: lei non era più una Potenziale e non avrebbe potuto avere esperienza se continuavano a non fargliela fare. La situazione creatasi, poi, era un vero capolavoro: Kennedy si sarebbe giocata la testa che se in un letto d’ospedale ci fosse stato qualcun altro adesso Buffy starebbe scorrazzando per Sunnydale picchiando ed uccidendo.

 

Invece siccome la Grande Cacciatrice era malata nessuno muoveva un muscolo e lei, Kennedy, Cacciatrice a pieno titolo, sopravvissuta alla battaglia contro gli Ubervamp, stava seduta a spulciare il “Florilegium Sancti Florestani de necromantia ac Diaboli artibus” davanti a una stupida strega ! Se ci fosse stato il Conte a dirigere le operazioni ! Lui la volta scorsa l’aveva mandata a fare la ronda con Buffy senza problemi; peccato che era tendenzialmente un pazzo che voleva uccidere Willow.

 

 

 

Che puzza ! Diavolo, città nuova autobus nuovi, no ? Invece come minimo queste baracche risalgono alla Grande Depressione e li oliano con strutto, dal puzzo che emanano: le fosse comuni sono meno maleodoranti. O magari dipende da questi cialtroni in scarpe da tennis, che suppongo non si cambino mai. Che schifo, sono sempre in tuta, non mi stupiscano che sappiano di sudore come un bue che ha tirato l’aratro tutto il giorno.

 

Certo, con le porcherie che mangiano se non facessero almeno un po’ di esercizio fisico sarebbero tutti delle abominevoli palle di lardo come Balthazar, che Satana se lo tenga. Dunque, vediamo un po’ dove si trova questo … questo … come si chiama … ah, ecco, “Magic Box”. Oh, è laggiù, bene.

 

 

 

Per quanto possibile, Dawn si trovava a suo agio in quella situazione, china su un grosso libro che trattava di affezioni demoniache (“Evoluzione dell’arte magica ebraica” di Jacob Saba, Londra, 1902), chiusa in una stanza tappezzata di libri e senza finestre, e con un fantasma nelle vicinanze che borbottava qualcosa sfogliando altri libri.

 

Eppure non dimenticava quello che le aveva detto Giles quando aveva saputo che, durante una delle lezioni di San Germano, anche Madame era intervenuta: <Stai attenta a quello spettro: parla poco e fa sempre in modo che non si capisca quello che vuole o pensa realmente. Io la trovo più pericolosa di lui.> Non era certo un commento benevolo ma Giles, come ogni uomo razionale, temeva ciò di cui non sapeva darsi una spiegazione, e Madame, se possibile, era ancora più misteriosa del Conte di San Germano.

 

Dai vestiti si poteva credere fosse stata una dama vissuta tra il XV e il XVI secolo; parlava correntemente anche l’italiano arcaico del Conte, ma era probabile l’avesse imparato standogli affianco. Mistero era chi fosse stata da viva, perché fosse condannata ad essere un fantasma, per quale motivo vivesse a stretto contatto col Conte. Era misteriosa e anche in Dawn, come in Willow, in Buffy e in certo vampiro che aveva molte domande, era sorto un desiderio: scoprire tutta la verità su lei e su San Germano; il fine di queste persone era però diverso.

 

<Lo sta facendo per me o per il signor Conte ?> chiese a bruciapelo la ragazza, girandosi verso la porta della stanza, non sapendo bene dove si trovasse in quel momento lo spettro. <Per Anne.> rispose Madame comparendo, con un libro (che pareva fluttuare) tra le mani nel vano della porta. Dawn parve scettica, questo interesse per sua sorella le sembrava cosa strana, visto l’opinione che, neanche in modo troppo velato, aveva espresso qualche settimana prima sui rapporti tra Buffy e i vampiri.

 

<Certo. Tua sorella è malata e io farò ogni cosa possibile per guarirla dai ciò che la affligge.> Pensa Dawn, pensa, quale può essere il significato occulto di questa frase ? <E secondo lei cos’ha ?> <Ho qualche idea, penso che a breve restringeremo il campo d’indagine e poi potremo capire con che metodi curarla.>

 

No, decisamente Dawn ritenne di non essere abbastanza intelligente per un discorso di allusioni velate e decise di arrivare al dunque. <Quando lei dice che Buffy è malata si riferisce a quello che l’ha colpita stamattina, non vuole intendere altro, vero ?> Il fantasma sorrise, in modo appena percettibile, e Dawn ebbe come un brivido di freddo.

 

<Piccola mia, tua sorella è piagata nel corpo e nello spirito: giace in un letto per un malanno fisico, e ha giaciuto in altri letti per un malanno spirituale. Un essere umano che trae piacere dal fornicare coi cadaveri è malato, non trovi ? Si dice “necrofilia”.> Dawn comprese subito a cosa alludesse, ma le parve una tale enormità quell’affermazione che rimase sbalordita, come se cadesse dalle nuvole, sulle prime incapace di dire alcunché.

 

<Altresì, quando si ha l’istinto a fornicare con bestie a noi inferiori, quali sono i demoni, si è affetti da “zoofilia”, detta anche “bestialità” e la tua povera sorella ha combinato ambedue queste devianze spaventose e degradanti. Ma la cureremo.> Il tono di voce di Madame era cortese e gentile, come se Buffy fosse affetta da acne, ma quelle parole, quelle dette e quelle accennate, quelle pronunciate e quelle rimaste in un indefinito ma terribile cono d’ombra, gettarono nel terrore più puro Dawn, che pensò ai nazisti quando cercavano di curare l’omosessualità e altri atteggiamenti che ritenevano deviati.

 

 

 

Amy chiuse gli occhi, in un momento di stanchezza: la lettura di “Sulle affezioni derivanti dalle arti magiche” del conte Nikolai Costantinovic Loiredotskij (tradotto in inglese da Sir Longfall nel lontano 1828) era molto più tediosa di quanto non si ricordasse, e ben poco fruttuosa. Si era appuntata un paio di ipotetiche cause sulla malattia di Buffy, ma essa stessa per prima non era assai convinta di quanto finora aveva trovato: sperava che prima delle sei, quando aveva promesso a Giles che avrebbe telefonato per informarlo sul procedere delle ricerche, sarebbe giunta a qualcosa di maggiormente costruttivo e utilizzabile.

 

Fortunatamente Willow s’era svegliata e aveva deciso di collaborare in qualche modo che non fosse fare la crocerossina e chiacchierare con quel robot mezzo matto: nonostante tutto lei era molto più dotata per queste cose e sicuramente, se avesse consultato i libri giusti, sarebbe arrivata a risolvere il problema. C’era solo da sperare che Kennedy non perdesse troppo tempo, andasse di filato a casa a prendere quel testo chiesto da Willow, passasse dall’ospedale e tornasse lì al negozio il prima possibile: non le piaceva l’idea di restare da sola, quando forse in giro per Sunnydale c’era qualcuno o qualcosa in grado di ridurre in quello stato Buffy.

 

 

 

Oh oh, qualcuna ha abbondato con una mistica protezione! Ma come sono diligenti le streghe locali. Vabbè, tanto mica debbo entrare nel negozio, basterà aprire la porta. Solitamente qui tutti hanno quegli odiosi campanelli che trillano e richiamano l’attenzione.

 

 

 

Intanto, da qualche parte negli Stati Uniti, la colpa non riusciva ad avere un padre, come sempre accade in caso di insuccesso. Il giovane stava recriminando che affidarsi a “scarti di truppa” per operazioni così importanti non porta a nulla e che oramai l’utilizzo dell’inviato dell’Ordine era inutile.

 

<Nelle nostre condizioni è assurdo tentare una minima sortita per impossessarci dell’obbiettivo. Penso che neanche se avessimo degli elicotteri e paracadutassimo qualcuno potremmo avere speranza: probabilmente avranno anche la contraerea nascosta nelle siepi del giardino.> L’uomo con gli occhiali sbuffò, nervoso. <Ecco perché si perdono le guerre: perché gli ufficiali non hanno mai piani di riserva.>

 

Questa offesa andava lavata col sangue o poco meno: il giovane s’alzò di scatto e si apprestava a stendere con un pugno quello stupido saccente quando il terzo uomo si schiarì la gola rumorosamente: bastò questo per riportare all’ordine i due contendenti. <Signori … se avete finito.>

 

I due abbassarono gli sguardi, umiliati dal tono dell’uomo. <Ha perfettamente ragione, è pressoché inutile attaccare là, ma io credo che non ci si debba scoraggiare, in fondo siamo ancora in una situazione di vantaggio. Visto che non siamo riusciti a mettere le mani sulla nostra principessina perché non provare a fare nostra la Grande Cacciatrice ? Potrebbe esserci molto utile, diciamo per un eventuale scambio di ostaggi.>

 

L’uomo sorrise in modo sinistro, il giovane assai meno, sia perché si parlava pur sempre di Buffy sia perché quei sordidi metodi da terrorista non erano quelli di persone con senso dell’onore. Ma era anche vero che, da quando aveva accettato il patto con quell’uomo, all’onore e all’amor proprio aveva del tutto rinunciato. <Quanto a delle truppe ben addestrate di cui ha bisogno … sa benissimo che ci vuole del tempo, ma le avremo.>

 

 

 

Kennedy, tutta giuliva per l’insperata pausa dalla dotta lettura e per la possibilità di sgranchirsi un po’ (non che fare il pony express fosse il compito di una Cacciatrice, ma meglio che niente) entrò in casa, certa che le dettagliate spiegazioni di Willow su dove si trovasse il “Dizionario Ragionato delle Maledizioni Demoniache e Magiche nelle civiltà del bacino mediterraneo” di Salomon Cohen e Aaron Rosemberg (Philadelphia, 1935) fossero tali da permetterle di rintracciarlo in un batter d’occhio nella libreria privata della sua fidanzata. Willow infatti catalogava i propri libri d’arti magiche in maniera molto personale, seguendo uno schema privato che Kennedy non riusciva mai a ricordarsi.

 

Eppure, appena aperta la porta di casa, si fermò di botto sulla soglia, trattenendo il fiato: qualcuno aveva fatto irruzione lì, e i segni erano ovunque visibili. Lo specchio dell’ingresso era stato frantumato, probabilmente con un pugno, poiché schizzi di sangue apparentemente umano erano sparsi su esso, sul muro circostante e sui frammenti a terra. Ugualmente qualcuno aveva spaccato le ante a vetri del mobile in sala, dove si trovava anche il famoso candeliere che fu il regalo di nozze del Conte: anche lì c’erano alcuni schizzi di sangue.

 

Senza far rumore Kennedy mosse qualche passo nella casa, guardandosi in giro pronta a combattere a mani nude o a impiantare un paletto nel morto cuore d’un vampiro, quando sentì distintamente un rumore attutito provenire dalle camera in fondo all’appartamento.

 

Si guardò in giro e vide che una scia di gocce di sangue portava in quella direzione: arrivata alla soglia del corridoio vide davanti a sé la porta del bagno aperta, e lo specchio sopra il lavandino spaccato, come se fosse stato bersagliato anch’esso da pugni: schizzi di sangue ne imperlavano il bordo. Sorpassò la cucina e a metà del corridoio percepì chiaramente da dove provenisse quel rumore soffocato, da oltre la porta non del tutto chiusa della camera di Xander.

 

Cauta vi si avvicinò e, senza quasi respirare, cercò di vedere cosa stesse succedendo in quella stanza: il ragazzo sedeva ai piedi del letto, con la testa sprofondata tra le mani, i cui dorsi erano tagliati il molteplici punti e piccoli rivoli di sangue lentamente scendevano fino a lordare i polsini della camicia di flanella a quadri.

 

Silenziosamente piangeva, dondolando appena la testa, come può fare una persona che ha già dato sfogo a tutte le lacrime che può avere, e ancora ha un’infinità di dolore che gli brucia il cuore; ai suoi piedi un paletto di legno. <Xander.> mormorò appena Kennedy, aprendo con un tocco leggero e timoroso la porta. Alzò la testa verso di lei, scoprendo l’occhio, la benda e il viso, arrossato dal sangue delle sue mani. In un unico sospiro, a bassa voce ma deciso, le disse: <Fallo. Uccidimi.>

 

 

 

Un uomo diventa tale quando usa prima la ragione che l’istinto: su questo assioma una volta Giles e San Germano si erano trovati d’accordo, nonostante ambedue spesso avessero agito in modo del tutto opposto. Per questo Giles, cieco, adesso si trovava nella biblioteca, seduto composto sulla sedia davanti al tavolo ingombro di libri, appoggiato allo schienale, con le mani sulle ginocchia e la testa lievemente rivolta al soffitto, ascoltando attento Wood che leggeva l’antico testo in latino.

 

L’Osservatore aveva subito scartato l’ipotesi di avvertire i membri della Gang di ciò che gli era capitato; quella notizia avrebbe portato solo più apprensione e loro dovevano esclusivamente concentrarsi su come guarire Buffy. Quanto a lui non era la prima volta che diventava cieco: se la sarebbe cavata anche questa volta, probabilmente. Wood non aveva un’eccellente pronuncia latina e talvolta Giles doveva chiedergli di rileggergli una frase, quando il preside storpiava qualche dittongo di troppo.

 

<Non capisco.> Si volse appena verso di lui. <Significa che questo tipo di demone possiede un terzo occhio sulla nuca, Robin. Ne ho già sentito parlare, lei ?> <Non pensavo a questo, Rupert. Secondo me non è un caso che lei e Buffy abbiate … dei problemi. Potrebbe toccare a Kennedy, adesso.> <Non lo escludo, ma ritengo che gli incantesimi di protezione che ha fatto Amy siano sufficienti. E poi, se ha ragione San Germano e qualcuno vuole Dawn, penso che tutto ciò sia un semplice diversivo.> <Tenerci occupati con Buffy per mettere le mani sulla piccola ?> <Potrebbe darsi. Ma il palazzo con Madame dentro è più sicuro di Fort Knox.>

 

 

 

<E il Conte lo sa ?> fu l’unica cosa che disse Dawn, impegnata a pensare una linea di difesa per la sorella. <Monsieur ha grande desiderio che Anne si rifaccia una vita, in modo che possa essere felice e che si possa anche salvare l’anima.> <Scusi ?>

 

Madame tacque un attimo, cercando di capire se quella ragazza la stesse prendendo in giro o se realmente non capisse quello che era lampante. <Oltre ad essere un atto indegno e degradante ed abominevole, fornicare coi demoni è anche peccato, mi sembra ovvio.> Dawn prese un profondo respiro, mentre la testa le iniziava a girare al pensiero di cosa quei due avesse intenzione di fare a sua sorella per curarla.

 

<Senta, io posso capire che … alcuni precedenti nella vita di Buffy non le sembrino in regola con l’immagine della Cacciatrice.> <Della donna, semplicemente della donna. Lasciamo stare per un attimo la sacra missione: a te sembra normale essere attratte da un cadavere ?> Dawn si sentiva a disagio, pensando che quello che stava per dire poteva esserle riutilizzato contro: voleva aiutare sua sorella, ma non voleva certo che quei due decidessero che anche lei andava “curata”. <Un vampiro non è un semplice cadavere.>

 

<Esatto ! Hai centrato in pieno il punto !> disse Madame con un tono di voce ilare. <Il vampiro è un cadavere in cui non si attuano i fenomeni di putrefazione consequenziali alla morte poiché sono contrastati ed annullati dalla forza maligna del demone che possiede il corpo. Il vampiro è similare allo zombi, concettualmente, con la differenza che nel primo caso il demone agisce internamente al corpo poco dopo l’avvenuta morta, nel secondo dopo essere stato evocato tramite magia.>

 

Dawn, sempre più a disagio, iniziò a capire che tra lei e Madame c’era un abisso incolmabile: altro che gap generazionale e storie simili, lei era un’adolescente di media cultura nata nel 1987, quella un erudito fantasma di qualche secolo. <Va bene, ha ragione, ma un vampiro possiede doti che uno zombie non ha.>

 

<Caratteristiche, più che doti, direi. Oltre all’assenza di decomposizione, che influisce molto sulla percezione estetica che si può avere di loro, i vampiri mantengono raziocinio e sentimenti, per così dire, ambedue votati comunque al male e alla soddisfazione dei propri istinti. Infatti sono dei demoni.>

 

Madame era internamente addolorata, le spiaceva così tanto che anche la piccolina persistesse in quell’abominevole errore, ma era dell’idea che con dolcezza e fermezza potesse essere recuperata: aveva tirato su quattro figlie e due figli, figurarsi se non sapeva prendere per il verso giusto quella ragazzina, traviata dall’ambiente promiscuo e privo di valori in cui quei monaci scismatici l’avevano precipitata ! <Che l’anima comunque->

 

<L’Immortale non aveva anima.> troncò nettamente lo spettro l’obiezione; Dawn fu presa in contropiede: non pensava Madame conosce anche i gai trascorsi a cui sua sorella s’era data durante la loro vacanza europea l’anno precedente. <Tua sorella non è attratta dall’anima che lotta contro il demone nel vampiro: neppure William il Sanguinario la possedeva, quando fornicavano assieme. E per piacere non tirare fuori la storia del congegno elettronico che gli venne impiantato. La spiegazione è un’altra.>

 

 

 

ATTO III

 

A Kennedy s’era seccata la gola, oscurata la ragione e non trovò nulla di più sensato da dire che “Eh ?!”. Lui la guardò con infinito dolore e, come se riponesse tutto il fiato e la vita che aveva in quella frase, sempre guardandola fissa iniziò a parlare.

 

<Avevo un amico, Jesse. Io, lui e Willow eravamo cresciuti assieme, eravamo inseparabili. Poi, pochi giorni dall’arrivo di Buffy, fu morso da un vampiro. E divenne uno di loro.> Kennedy sapeva di cosa stava parlando Xander: Willow ricordando la propria infanzia lo aveva nominato più d’una volta, ed era stato anche il primo vampiro che Xander aveva ucciso.

 

<A me sembrava uguale a sempre, o quasi, solo più esaltato. Eppure non lo era. Non dimenticherò mai cosa mi disse Giles quel giorno: “uccidilo, perché colui che ti sembra Jesse in realtà è ciò che lo ha ucciso.”> Sospirò, indugiò appena e poi riprese a parlare.

 

<È vero, ho impiegato tempo a capirlo e essere sicuro di ciò che bisogna fare in questi casi, ma ora non ho più dubbi. Per questo mi devi uccidere, prima che cerchi di farti del male, prima che uccida qualcuno per nutrire questo schifoso demone che mi ha ucciso: fallo Kennedy, fallo prima che anch’io mi senta in contatto coi vermi della terra e mi venga fame, e cerchi di approfittarmi di qualcheduno.>

 

Le veniva voglia di piangere, aveva un groppo in gola e le tremavano le labbra, avrebbe voluto dirgli qualcosa ma ancora non riusciva a raccapezzarsi, le sembrava di vivere in un universo parallelo, c’era in quella situazione qualcosa che sembrava inconcepibile.

 

<È stato … terribile, anche se questa parola non può spiegare quello che ho provato. Sai da cosa l’ho capito ? Dagli specchi: non mi riflettono più, e hanno ragione. Non sono più vivo, ma non sono neppure morto, sono solo una cosa morta ed oscena che scimmiotta la vita. Sono impazzito, li ho fatti a pezzi tutti, non volevo continuare a trovarmeli tra i piedi, non volevo che continuassero a ripetermi che io non ero più io. Ho fatto un casino, poi tu e Willow avrete un sacco da pulire. Mi spiace. Che schifo: ho passato gli ultimi anni della mia vita ad uccidere quelle cose malefiche, ho litigato con Buffy che ci andava a letto e adesso sono diventato come loro.>

 

Solo allora l’atavico istinto della Cacciatrice prese il sopravvento in Kennedy ed ella, che in tutto quel tempo non s’era mossa d’un solo passo, chinò la testa lentamente per scorgere dove sul collo dell’amico ci fossero i segni del morso omicida: ciò che vide le rese chiara tutta la situazione e decise di agire di conseguenza.

 

<Va bene, ti ucciderò. Ma tu per piacere facilitami il compito: non posso farlo guardandoti negli occhi. Girati di spalle, così ti decapiterò meglio.> Lui la guardò, e per la prima volta da che era entrata le sorrise. <Brava, così mi piaci: non farti mai fregare dai vampiri, ammazzali prima che cerchino d’incantarti con le parole o di sedurti. Ti ricordi cosa ti ho sempre detto ?>

 

Ella trattenne le lacrime, facendosi forza, e cercando di pensare in che modo fare al meglio ciò che andava fatto. <“Il vampiro buono è il vampiro morto”> Xander annuì soddisfatto, scese dal letto e vi si inginocchiò davanti: nella posa ricordava quegli agiografici quadri di santi che pacifici e fiduciosi attendevano il martirio. Kennedy prese un profondo respiro.

 

 

 

Il telefonò squillò in biblioteca e all’unisono Wood e Giles saltarono sulle rispettive sedie per questa rumorosa intrusione del secolo XXI in un ambiente in cui risuonava l’antico latino ecclesiastico. <Pronto, chi è ?> domandò subito il Preside, slanciandosi sulla cornetta. <Sono Willow: abbiamo avuto dei problemi.>

 

Giles, cieco, fortunatamente non vide la faccia che fece Wood a sentire queste ben poco rosee premesse. <Ma non mi dire. Rupert, è Willow: dice che ci sono dei problemi.> L’inglese si trattenne dall’imprecare, sospirò e pesantemente appoggiò la testa sulle mani, strette a pugno: sembrava stesse pregando. <Cosa succede lì ?> Per un minuto ci fu in silenzio in biblioteca, poi Wood iniziò a riferire all’Osservatore le novità.

 

<Sono entrati due infermieri nella stanza dove riposava Buffy, ma il robot si è subito accorto che erano due vampiri e li ha uccisi in maniera rapida ed indolore.> Giles aggrottò appena la fronte. <In modo rapido ed indolore ? Ma come sta parlando Willow ?> Questa, che aveva sentito la domanda, osservò che era stato il commento assurdo del robot, la quale in sottofondo aggiunse qualcosa che Wood non capì.

 

<In ogni caso mi pare ovvio che Buffy non sia più al sicuro in questo ospedale e per questo io e il Buffybot abbiamo deciso di portarla al sicuro. E questo sarebbe un ottimo piano, peccato che nessuna delle due abbia una macchina. Quindi sarebbe perfetto se lei e Giles ci veniste a prendere e intanto noi due qui pianificheremo come trasportare illegalmente fuori dall’ospedale una ragazza in coma senza dare nell’occhio.>

 

Wood guardò Giles e pensò che forse era meglio risparmiargli l’ultima parte del piano della strega, a cui però volle dare un suggerimento. <Potresti farla diventare invisibile.> <Eh ? Chi dovrebbe fare diventare invisibile ? Cosa sta dicendo ?> domandò con agitazione Giles, che era rimasto ai due vampiri uccisi e che era dell’idea che meno quella ragazza facesse incantesimi meglio era, soprattutto in presenza del Buffybot.

 

<Ci avevo pensato, sa, ma ho paura che un mio incantesimo possa influire negativamente, combinandosi con quello che ha ridotto Buffy in questo stato. A voi le ricerche come vanno ?> <Ci prepariamo e veniamo a prendervi, poi ne parleremo.> Chiusa la comunicazione, Wood si apprestò a fare un sintetico ed efficace riassunto quando si aprì con energia la porta della biblioteca.

 

 

 

Xander crollò di botto sul pavimento con un tonfo sordo; e non divenne polvere semplicemente perché non era assolutamente un vampiro. Kennedy, tramortitolo con un colpo ben assestato alla base del collo, rimase impietrita a fissare l’amico steso scompostamente, ancora troppo provata per cercare di razionalizzare in qualche modo la situazione.

 

Era impazzito, di questo ne era certa, eppure non riusciva ancora a rendersene conto, a farsi una ragione che lì ed in quel momento stava svenuto Xander, convinto decisamente di essere un vampiro. Sulle prime, vedendo in lui quella lugubre e ferale sicurezza, quella disperata coscienza di sé, era stata sul punto di ritenere quella follia vera: fortunatamente le bastò osservare il pulsare della sua giugulare per avere la certezza che Xander fosse vivo; confuso, stordito, forse folle, ma decisamente vivo.

 

La prima cosa da fare, adesso, era quello di renderlo inoffensivo per sé e per altri: Kennedy si chinò su di lui ed armeggiò con i suoi pantaloni, sfilandogli la cintura, che ben stretta utilizzò per legargli le caviglie. Poi prese un fazzoletto e glielo strinse intorno alla bocca, perché non urlasse destando tutto il vicinato: l’unico problema era che non sapeva dove trovare qualcosa per immobilizzargli le braccia. Un lenzuolo ? Un’altra cintura ? Rinchiuderlo nello sgabuzzino ?

 

Incerta sul da farsi scelse la soluzione più semplice: andò all’armadio e prese tutte le cinture che trovò e con quattro di esse gli bloccò le gambe all’altezza delle cosce, le braccia all’altezza della pancia, del petto, delle spalle. Ora doveva solo impedire che si facesse del male strisciando lungo i pavimenti dell’appartamento, costellati di vetri.

 

 

 

Dunque, La Grande Cacciatrice fatta, l’Osservatore fatto, il carpentiere e una delle due streghe anche. Adesso dovrei trovare o il preside, o l’altra Cacciatrice o l’altra strega. Dove diavolo posso andare ?

 

Se non ricordo male … dove ho messo quella lista … ah, eccola ! Sì, la strega e la Cacciatrice abita assieme: magari ce ne troverò una delle due.

 

 

 

La porta della biblioteca si aprì con irruenza e i due uomini volsero gli occhi all’unisono verso la fonte di quel rumore. <Rupert in biblioteca, e davanti ad un mucchio di libri: quanti ricordi !>

 

Quella delle due persone che aveva parlato, fatto un paio di passi, s’era fermato come per godersi la scena al meglio: teneva ambedue le mani in tasca e aveva un sorriso canzonatorio sul volto; l’altro era rimasto rispettosamente sulla soglia. Non c’era bisogno di presentazioni o di chiacchiere per Giles, che anche senza vederlo l’aveva riconosciuto, mentre Wood non sapeva se pensare se quell’incontro fosse provvidenziale oppure un’ennesima complicazione.

 

<Sì, anch’io sono tanto contento di vederti. Se sei in macchina valla a prendere e raggiungici davanti al nuovo ospedale, quello in fondo a Columbus Street. Sai arrivarci ?> <Io so dov’è.> interloquì timidamente Clem. <Ehi ! Non ci vediamo da oltre un anno e l’unica cosa che mi sai dire è di andare a prendere la macchina ! Diavolo, Rupert la tua scortesia mette in cattiva luce tutte la tradizione dell’educazione britannica !> Giles aggrottò le sopracciglia e scosse il capo.

 

<Cielo, Spike, sei diventato formalista tutto d’un colpo ? Ok, è un piacere riaverti fra noi. Così va bene ? E scusami se non sono troppo sorpreso: che tu venissi qui, prima o poi, era la cosa più scontata del mondo, visto come stanno le cose.>

 

Spike avrebbe avuto molto da dire circa l’ultima affermazione, ma non lo fece perché ebbe la certezza, sospetto appena gli aveva rivolto la parola, che l’Osservatore non lo vedesse: continuava a tenere lo sguardo fisso ad un punto vago, posizionabile solo nei pressi del suo interlocutore, come spesso fanno i ciechi. Avanzò di qualche passo, senza degnare di ulteriori sguardi Wood, che restava silenzioso a fissarlo, ancora indeciso se considerare quella situazione favorevole o sfavorevole.

 

Nonostante fosse passato il tempo nulla era cambiato il lui: aveva sempre la solita, anacronistica ed assurda pettinatura ossigenata, la prima cosa che si notava, l’intramontabile spolverino nero portato con noncuranza su una maglietta attillata, i jeans stretti e gli anfibi, secondo quel look che era sopravvissuto al punk degli anni ’80, agli anni ’90 privi d’identità, all’incontro con Buffy e al ritorno della propria anima.

 

<L’ospedale … stai male, vero ? Non ci vedi più.> Non c’era sarcasmo o curiosità nella voce di Spike, ma apprensione: tornando a Sunnydale, a parte le novità che già conosceva, aveva pensato avrebbe trovato tutto come quando l’aveva lasciata. Beh, proprio tutto no, visto che l’ultima volta era sopra la Bocca dell’Inferno, c’erano Uber - vamp dappertutto, tutti erano fuggiti e si era prossimi ad una buona imitazione di apocalisse. Ma queste novità, il fatto che qualcuno dei … suoi amici … suoi conoscenti … suoi …

 

Curioso: dopo tanti anni ancora non avrebbe saputo come definire, come considerare alcune di quelle persone con cui aveva vissuto, che l’avevano più o meno accolto fra loro, gli avevano voluto bene (alcune), l’avevano disprezzato ed anche cercato di uccidere e al cui fianco si era battuto.

 

Giles, ad esempio: suo padre in una notte che assomigliava ad un sogno, il suo carceriere a cui svuotava la bottiglia del wiskey, l’uomo dal passato ingombrante con cui aveva lottato, l’uomo deciso a perseguire quello che gli diceva il proprio cuore, sia abbandonare il Consiglio per stare con Buffy, sia cercare di ucciderlo. L’uomo a cui forse avrebbe assomigliato, se non avesse incontrato Drusilla in una nebbiosa notte di cent’anni prima.

 

Insomma, ad un Giles cieco Spike proprio non era preparato: era convintissimo che tornando li avrebbe trovati uguali a quando li aveva lasciati, Willow con le sue magie ed annessi e connessi, Xander a dire e fare cose giuste una volta all’anno, Dawn sempre la sua piccola Briciola. E Buffy ... <Sì, sono cieco, ma solo temporaneamente: penso ci sia in atto una qualche magia. Oggi non è una buona giornata.> Wood annuì: <Bell’eufemismo.>

 

Spike rise di gusto e si fece ulteriormente avanti nella stanza fin quasi a raggiungere Giles, sempre seduto sulla sedia. <Magia, casini … gli anni passano ma sei sempre sulla cresta dell’onda, eh ? Chi c’è in ospedale ? Un certo carpentiere s’è dato una martellata sulla mano ?>

 

L’inglese scosse e la testa e fece il nome: nessuno vide l’espressione di Spike alla notizia, né Giles, cieco, né Clem e Wood, dietro di lui, ma prima che dicesse anche solo qualcosa o che si esprimesse al riguardo il telefonò suono di nuovo, e Giles brandì subito la cornetta.

 

 

 

I due infermieri erano entrati sorridenti e compiti: accertamenti, un ulteriore esame, dissero, come per scusarsi d’aver interrotto il raccoglimento di quelle due ragazze. Willow alzò gli occhi verso di loro e sorrise timidamente, lasciando la mano di Buffy, che stringeva tra le sue da un tempo imprecisato, aspettando arrivasse Kennedy con il libro.

 

Il Buffybot chiuse silenziosamente la porta della stanza e in due passi, con gesti misurati e precisi, di chi sa perfettamente cosa fare, sfilò un paletto dalle ampie tasche della tuta sformata e lo piantò nelle schiene dei due. Che divennero polvere all’istante, senza neppure accorgersene od urlare: prima che Willow potesse fare, dire od esclamare alcunché era tutto finito, con il silenzio e la precisione che accompagna le operazioni dei corpi scelti.

 

<Vampiri. Come leoni ruggenti si aggirano fra noi, mascherandosi e confidando nelle nostre debolezze per colpirci.> sintetizzò il robot. <Ma tu … ma tu … ma come hai fatto ad accorgertene ?> le chiese, ancora incredula, Willow. <Ho l’onore di accompagnare Sua Eccellenza nelle sue battute di caccia tese alla santa purificazione del globo dal demoniaco bubbone che l’affligge. Sono perita nelle arti del combattimento ed in ogni qualcosa possa essere utile per l’abbisogna. Sono una perfetta Cacciatrice: di Anne ho l’aspetto e le virtù, ma senza i suoi orridi vizi.> concluse, felice e sorridente come al solito, lasciando nelle orecchie di Willow il suono dolciastro di questo sermone.

 

<Erano venuti per Buffy, la volevano prendere: siamo in pericolo.> condensò in poche parole la ragazza. <La tua analisi della situazione è pienamente condivisibile: dobbiamo fare qualcosa.> <Tipo ? Ha un’idea ?> <Il nemico può entrare dalla porta, quindi posso metterci davanti il letto di Anne alfine di ostruire l’accesso. Poi spingerò quell’armadio contro la finestra, così che nessuno vi penetri.> <Ma se siamo al quinto piano !> <Possono calarsi con una corda dal tetto. Possono utilizzare una scala. Possono arrivarci con un elicottero. L’altezza di un apertura dal suolo non ne rende necessariamente impossibile l’accesso.> Willow realizzò che quella giornata, già iniziata male, poteva proseguire decisamente peggio.

 

 

 

Madame posò il libro che ancora teneva tra le mani e si avvicinò a Dawn, che sudava freddo sulla sedia savonarola. <Ho incontrato più d’una Cacciatrice attratta innaturalmente dai vampiri: i motivi sono sempre gli stessi, poiché il male e l’errore si ripetono in una desolante banalità. Alcune lo fanno per soddisfare una morbosa e lasciva curiosità sulla sessualità di quei demoni.> <Eh ?> disse Dawn, che subito immaginò la vampirizzazione rendesse i vampiri superdotati.

 

<Si dice che l’atto sessuale compiuto con un vampiro sia molto, molto più soddisfacente che compiuto con gli esseri umani. Non lo sapevi ?> <Ed è vero ?> <Se vuoi godere di più allora tanto vale tirare prima di cocaina.> Dawn obiettò risentita che è sbagliato drogarsi. <Perché, copulare con un vampiro no ?> le chiese beffarda Madame, con un’ironia similare a quella del Conte.

 

<Altre lo fanno in segno di rivolta, contro l’Osservatore, il Consiglio, il destino che le ha rese Cacciatrici, la società o simili idiozie. Altre lo fanno perché viene detto loro che è sbagliato e che non si fa, esattamente come fece Eva con il frutto dell’Albero della Vita. Altre lo fanno per dimostrare a sé stesse di essere forti, accecate dall’orgoglio della volontà.> Fino al paragone Biblico Dawn c’era arrivata, ma l’ultima affermazione l’era sfuggita. <In che senso ?>

 

<Fanno una cosa che dà loro piacere per mostrare a sé stesse di essere in grado di troncare la fonte di tale piacere, mettono alla prova la loro forza di volontà, per così dire. Altre sono mosse dall’orgoglio dell’intelletto, vogliono di persona tangere cum manu, vivere di persona un’esperienza che viene detto loro sbagliata, errata, degradante per rendersi conto se è veramente così, non fidandosi di chi ne sa ben più di loro. Sono accecate: non serve praticare il male per capire che è sbagliato. Giusto ?>

 

Dawn non era abituata a disquisire a tali livelli, ed era certa di non avere nel suo arco ragionamenti, citazioni o fonti per dimostrare che fare sesso coi vampiri non era sempre sbagliato. E poi, a dirla tutta, lei non era neppure attratta dai vampiri: le era piaciuto Spike non in quanto vampiro, ma anche se era un vampiro. In ogni caso non era il momento di fare tanta filosofia, il problema adesso era scoprire cosa avevano intenzione quei due di fare a sua sorella per curarla.

 

<E come la volete curare ?> Madame la guardò con materna bonomia. <Quante domande. Ma forse non ti ricordi che hic rebus stantibus, in questa situazione, la priorità è comprendere quale malanno fisico, sia esso di natura umana, demoniaca o magica, affligge Anne. Torna a leggere.> e svolazzando trasparente le volse le spalle per tornare nella stanza da cui era venuta.

 

 

 

Giles poggiò la cornetta e quando parlò sembrò invecchiato di colpo di dieci anni. <Xander sta male. È impazzito, per la precisione. È convinto di essere un vampiro e per impedire che si impaletti Kennedy l’ha dovuto tramortire ed immobilizzare. Non capisco.>

 

Cosa stava succedendo ? Se ad uno ad uno fossero stati uccisi … beh, quello avrebbe avuto un senso, ma questo ! Questo renderli inetti, diversi da quello che erano, che fine aveva ? E soprattutto, chi c’era dietro a tutto ? Giles non riusciva a trovare un filo logico nella vicenda e quindi si sentiva sperso, senza alcun appiglio a cui far riferimento, senza un solo modus operandi a cui far capo. E, mentre il tempo passava, le persone su cui poteva contare si assottigliavano: Buffy, sé stesso, Xander. Adesso a chi sarebbe toccato ?

 

<Non è l’unico matto a piede libero, da queste parti. Ho fatto un salto al Magic Shop, pensando di trovarci qualcuno e l’unica persona dentro era una ragazza bionda nascosta carponi dietro il bancone. Quando ci ha visto ha come squittito, ha arricciato il naso ed è scappata via. A carponi.>

 

Spike era rimasto molto perplesso quando l’aveva vista, ma aveva pensato che probabilmente quella lì avesse pasticciato con i suoi stessi intrugli, e che comunque non era affar suo impicciarsi: l’avrebbe magari detto alla Rossa, che le andasse a fare un contro-incantesimo o qualche diavoleria del genere.

 

Giles si lasciò andare sulla sedia, pesantemente: Amy che crede d’essere un topo e Xander un vampiro, ma cosa diavolo stava succedendo ? <Siamo certi che San Germano non c’entri nulla ?> domandò Wood, che non sapeva più cosa pensare di tutta quella situazione, se non che gli pareva d’essere in “Dieci piccoli indiani”: uno dopo l’altro a tutti toccava qualcosa di … spiacevole.

 

<Già, Vigio l’Inclemente. In tutto questo casino lui cosa combina ?> Spike come vampiro non era esattamente ben disposto nei suoi confronti, e con il proprio passato immaginava che l’altro lo era ancora di meno verso di lui, ma dopo quello che aveva saputo non riusciva a credere avrebbe fatto del male a Buffy. E neanche che se ne stesse per i fatti suoi, a vendere denti da vampiro senza aiutarla.

 

<È a Parigi e quindi, anche se mi secca ammetterlo, lui non c’entra e non ci può neppure dare una mano. Almeno di persona: abbiamo affidato al suo fantasma Dawn.> <Poverina !> commentò Clem, che dopo tutta la faccenda dell’An Herv non aveva esattamente un buon ricordo di Madame. Giles fece notare che, a parte la compagnia più o meno piacevole, sicuramente la magione del Conte era inattaccabile e del tutto inespugnabile, ragion per cui almeno su Dawn si poteva avere la certezza che non le sarebbe accaduto nulla di male.

 

Poi, chiesto a Wood di aggiornare Spike su tutta la situazione creatasi, pensò che era il momento di sentire se c’erano novità da quel fronte: da quella poderosa biblioteca gli sembrava strano non fosse ancora uscito uno straccio di indizio o filo conduttore della vicenda. Ma anche in quella fucina di conoscenza si brancolava nel buio.

 

 

 

Pronto … sì, sono io … sì, tutto benissimo, ho incontrato l’altra Cacciatrice, era a casa sua. Sì, nessuno problema, poi me ne sono andato chiudendo la porta … Come ? come volete che sappia cosa le sia successo, mica sono rimasto a vedere … no, vi chiamavo per un consiglio, non sapevo dove andare a cercare l’altra strega, a casa sua non c’era. Provo in quella della Grande Cacciatrice ?

 

 

 

Ne “I delitti della Rue Morgue” si dimostra come spesso le cose più in evidenza siano quelle che meno si percepiscono, e così accadde anche in quel frangente: Giles era troppo preoccupato per Buffy e per la propria incapacità di essere più utile per la cecità, Wood era troppo incapace di mantenere abbastanza sangue freddo davanti a magie inspiegabili, Dawn era troppo preoccupata per la sorella e presa dai propri sensi di colpa, Madame era troppo impegnata nel consultare libri e voler catechizzare al contempo la sua giovane ospite.

 

Solo Spike, che non si era imbottito la testa di nozioni dai libri, nonostante la sorpresa e l’apprensione, era riuscito ad avere un efficace colpo d’occhio della situazione generale e per questo a pensare alla prima soluzione, alla più ovvia e semplice di tutte.

 

<Ehi Rupert, non ti era già successo di diventare temporaneamente cieco ?> Chiedendolo si era seduto su un bordo del tavolo, spostando con malagrazia il terzo volume del “De natura maleficiorum” di Kondrad Jossovich (Lipsia, 1678), e per fortuna Giles non vide il poco garbo con cui il prezioso volume venne trattato. <Ah, sì, che giornata indimenticabile: io cieco e tu e Buffy a discutere sulle partecipazioni di matrimonio.> <Eh ?> domandarono all’unisono Wood e Clem, il quale nel frattempo si era deciso a deporre la titubanza e si era seduto anch’esso vicino al tavolo.

 

<Nulla, pasticci magici della Rossa. Ma non mi riferivo a quella volta lì: una sera Briciola mi aveva raccontato che era successo una cosa simile in precedenza, ma non ho i ricordi molto chiari, se non per un’orrida immagine di Harris in mutande inseguito dal clown di It.> Il demone e il preside rimasero a bocca aperta, Giles abbozzò un sorriso.

 

<Non sono sicuro lui fosse in mutande, forse era Willow quella parzialmente vestita. Sì, io ero cieco e Buffy si era trasformata in vampiro, credo fosse il primo anno in cui le facevo da Osservatore. Immagino che a raccontarla così appaia divertente, ma c’era ben poco da ridere: c’erano dei ragazzini picchiati dall’allenatore di baseball, la loro proiezione astrale che girava per la scuola e un demone che rendeva materiali le nostre paure.> A Spike bastò questo: diavolo, non era un Osservatore, non era uno studioso, ma quello che stava accadendo era evidente.

 

<E così la paura del nostro Rupert è di diventare cieco. Scommetto che se fossi stato un topo per anni avrei paura di ridiventarlo e che se fossi quello zuccone di Harris avrei paura di diventare un orrido e cattivo vampiro. E se fossi-> <E se fossimo stati morti avremmo paura di ridiventarle, e il coma è lo stato che più vi si avvicina !> urlò Wood, improvvisamente illuminato, balzando in piedi. Giles scosse la testa e si affrettò a cercare di confutare questa tesi, come fanno molti studiosi – e non solo - quando si accorgono di non essersi accorti che la soluzione, o la verità, è sempre stata lì, davanti ai loro occhi.

 

<No, cosa centra, è tutto diverso questo caso. Lì Buffy era veramente un vampiro, adesso né lei è morta o Amy è un topo ! È un caso diverso,  Kennedy mi assicura che Xander crede di essere un vampiro ma è sempre vivo e vegeto, è diverso !> Spike ebbe un gesto di fastidio. <Diavolo Rupert, se è per questo non ci sono neanche marmocchi maltrattati o proiezioni astrali che vanno in giro. Non dico sia la stessa cosa, dico solo che c’è qualcuno che fa credere che le nostre paure si siano realizzate.>

 

Giles poggiò di colpo ambedue le mani sul tavolo e rimase stupito, la bocca aperta e gli occhi spalancati, come illuminato. <Ma certo !> esclamò e si alzò di botto in piedi e dimenticandosi per la frenesia d’esser cieco si diresse a passo spedito verso gli scaffali della biblioteca, scontrandosi con impeto subito con una sedia e finendo rovinosamente per terra, istupidito, imprecante e senza aver ben capito cosa gli fosse successo. Wood subito gli si fece vicino, togliendogli la sedia rovesciata dallo stomaco e domandandogli se si fosse fatto male, mentre Spike se la rideva di gusto.

 

<Accidenti, Rupert che agitazione: la prossima volta che vuoi darmi ragione cerca almeno di non ammazzarti.> <Spassoso, sempre molto spassoso.> borbottava l’inglese dolorante mentre cercava di rimettersi in una comoda e sicura posizione eretta, che confacesse con le importanti chiarificazioni di natura intellettuale che stava per comunicare.

 

<Sorvolando su questi ultimi fatti, debbo ammettere che le tue osservazioni possono esserci utili e possono costituire una buona base di partenza per la risoluzione dei problemi che ci affliggono.> <Cioè ho ragiono e vi ho tolto le castagne dal fuoco. Ma come facevate senza di me ? Cosa sareste senza il buon vecchio Spike ?> <Sentivo proprio il bisogno di un vampiro casinista in giro per la mia scuola.> intervenne Wood, a cui il suddetto vampiro piaceva sempre meno.

 

<Senza perderci in diatribe che possano sviare le nostre attenzioni, vi posso comunicare che, in seguito a questo nuovo punto di vista posso con buona scienza credere che un demone di tipo fobofilo abbia fatto visita a me, Buffy, Amy e Xander.> <Di che genere ?> chiese Wood, che non era sicuro di aver sentito bene.

 

<Esistono dei demoni che riescono a manipolare le paura altrui, prima le captano e poi le rimandano indietro facendole percepire al soggetto in modo più o meno reale: alcuni di essi fanno in modo che ciò accada in sogni, realissimi; altri, come questo, ce le fanno percepire reali; altri ancora le rendono veramente reali, seppur per breve tempo. Ecco spiegato perché Amy si comporta come un topo: ne è fermamente convinta.>

 

<Quindi lei non è cieco veramente, un po’ come in quel film dove Woody Allen faceva un regista che non ci vedeva più.> I tre uomini si voltarono verso Clem, guardandolo fisso e mettendolo in imbarazzo. <Facevo tanto per dire. E poi era un bel film.>

 

 

 

Stai a vedere che mi sono perso ! maledette città, con tutti questi incroci quadrati uno non capisce mai dove deve andare ! Eppure dovevo già esserci, mi sa che dovevo svoltare a sinistra all’incrocio prima. Oppure era l’incrocio sbagliato ? Ecco il guaio a non poter chiedere indicazioni per strada.

 

Ah, no, eccomi arrivato: non sarà un problema. Un giretto giusto per scrupolo intorno, ma scommetto di sapere già dove trovarlo.

 

 

 

ATTO IV

 

Spike era andato nel contiguo deposito delle armi a scegliersi qualcosa di maneggevole, ma poco ingombrante, mentre Wood aveva già optato per un paio di lunghi e discreti pugnali da far sparire comodamente nelle maniche del cappotto. Subito dopo aver compreso contro cosa dovevano combattere avevano provato a telefonare a Kennedy, ma non rispondeva, sia al telefono di casa che al cellulare: questo era un cattivo segno.

 

Rimaneva solo Willow, adesso, e (come fece osservare Spike) bisognava impedire che quel demone la incontrasse: ci mancava più che la Rossa credesse di nuovo di essere una pericolosa, potente e vendicativa strega ! A quell’evenienza Giles, che si ricordava benissimo com’era divenuta Willow in quel giorno, sudò freddo: Clem continuò a leggere ad alta voce brani dei libri della biblioteca, sperando che la situazione non peggiorasse.

 

<Scusi signor Giles, ma ho la gola un po’ secca. Le spiace se vado un secondo a prendere una bibita alla macchinetta in corridoio ? Ci metto un secondo.> Giles grugnì in segno d’assenso e chiamò Wood a leggere mentre Clem si assentava, mentre dal deposito si sentiva Spike che commentava ogni singola arma, ironizzando sul gusto e la perizia di Giles in materia.

 

Clem aveva appena aperto la porta e stava girando verso destra quando tirò un urlò disumano, ed in contemporanea qualcun altro, dalla voce bassa e profonda, urlò anch’esso. Wood s’alzò si scatto e si girò e vide barcollare all’indietro Clem con le braccia davanti agli occhi come per non vedere, urlando, mentre nel vano della porta apparve una bassa sagoma umana che diede una spinta al gentile demone facendolo cadere, e poi entrò nella stanza e s’abbassò il cappuccio del piumino.

 

Giles, cieco, non vide cosa succedeva, ma Wood, come ogni altro essere umano davanti al volto di quel tipo di demone, si sentì mancare, provò nausee e capogiri, sangue alla testa ed affanno ed in un solo secondo era già per terra, fiaccato e pronto a vivere nel suo peggiore incubo. Giles continuava a sbraitare, in piedi, a chiedere cosa stesse succedendo, agitando un libro davanti a sé, come stesse scacciando le mosche.

 

Veloce come suo solito, poco più di un attimo era durata l’operazione, il demone ritirò su il cappuccio e si girò per andarsene, dimenticandosi di un particolare importante: dietro di lui c’era Clem, molto arrabbiato, che gli urlò in faccia mentre il suo molle viso cambiava forma, si gonfiava terribilmente stravolgendosi, come una volta fece per gioco con le Potenziali.

 

Questa volta fu il fobofilo ad avere una paura matta, ed urlando indietreggiò per lo spavento, distogliendo lo sguardo da quella cosa orribile: ed il viso deforme di Clem fu l’ultima cosa che vide perché in quei dieci secondi Spike aveva avuto il tempo di capire cosa stava succedendo, brandire la prima spada che aveva sottomano, uscire dal deposito e con un unico, lineare ed elegante gesto spiccare la testa del demone, che accompagnata da una viscosa pioggia di sangue nero finì dopo un volo in aria a sbattere contro la balaustra della biblioteca.

 

Con un singulto Giles all’improvviso di nuovo vide, e i suoi occhi furono come feriti dalle luci della stanza, ma bastò un attimo perché mettesse a fuoco cosa aveva davanti: Clem con la bocca aperta dallo stupore e la brutta camicia macchiata da qualcosa di nero, e Spike, decisamente affannato e con le pupille dilatate, che brandiva una spada impiastricciata da qualche liquido. Ed un corpo decapitato ai suoi piedi, da cui usciva lento del liquido che stava creando una pozza sul pavimento.

 

 

 

In quello stesso istante Xander fu come scosso da un brivido di freddo, aprì gli occhi e si trovò a fissare il soffitto: era sdraiato, legato come un salame, nella vasca da bagno. E si ricordava perfettamente ogni cosa.

 

Era dentro la baracca del capo – cantiere, stava mettendo apposto le ultime cose prima di andarsene, quando aveva sentito qualcuno bussare al vetro della finestrella: si era girato e quel figuro s’era tolto il cappuccio, ornato di pelliccia, del piumino che gli copriva il volto. A Xander era mancato il respiro, s’era come sentito affluire tutto il sangue al viso, avvampando, gli era venuto un principio di conato di vomito, il tutto in una pressoché impercettibile frazione di secondo ed era svenuto: quando si riprese, dopo pochi secondi, queste sensazioni com’erano venute così se n’erano andate, all’improvviso, senza motivi o cause, ed ugualmente alla finestrella non c’era nessuno. Sparito, puff, così velocemente che Xander credé d’aver avuto le traveggole.

 

 

Ma era tutto reale e di lì a poco vaghi sensi di malessere si riaffacciarono, mal di testa capogiri, nausee, fino alla drammatica epifania: passando davanti ad una vetrina non s’era visto. Gli specchi non lo riflettevano: era diventato un vampiro. Tutto ciò che ne era seguito era stato un incubo, peggio di un incubo, culminato nella rabbia che lo aveva investito a casa, portandolo a distruggere tutti gli specchi.

 

Ma adesso, legato ed infreddolito dal contatto con la fredda ceramica della vasca, aveva solo due domande: perché aveva creduto così fortemente d’essere un vampiro ? Cos’era successo dopo che aveva chiesto a Kennedy di ucciderlo ?

 

 

 

Amy, nascosta sotto un tavolo nel retrobottega, piangeva ed era scossa da violenti singhiozzi: sul primo momento si era chiesta cosa mai facesse lì, quando il suo ultimo ricordo era su un cliente che entrava nel negozio nonostante il cartello “Torno subito”. Poi aveva capito, il suo buco di memoria era dovuto al fatto che era tornata topo, alla maledizione che la perseguitava.

 

Si sentiva sporca, umiliata, diversa, malediceva sé, sua madre e la magia e, tra un singhiozzo e l’altro, si chiedeva perché proprio adesso si era di nuovo trasformata, perché non riusciva a chiudere per sempre con quella cosa orribile.

 

 

 

Piangeva anche Kennedy, quando entrò nel bagno, dove Xander si agitava cercando di uscire dalla vasca. Aveva gli occhi gonfi e molte lacrime le rigavano le guance: piano si chinò sull’amico ed iniziò a liberarlo da tutte le cinture che lo tenevano avviluppato, senza dirgli nulla.

 

Poi, ancora scossa e terrorizzata per quello che anch’essa aveva creduto di vivere, si lasciò andare tra le sue braccia ed un prolungato pianto liberatore, così com’era, inginocchiata sulle mattonelle blu, con Xander seduto scomodo nella vasca. Ma cosa aveva provato, cos’aveva creduto fosse vero, non glielo volle dire.

 

 

 

Willow, tra grossi sforzi, era riuscita a mettere appunto un infallibile piano per portare Buffy al di fuori dell’ospedale: sarebbero entrate di soppiatto in uno sgabuzzino, avrebbero indossato i camici da infermiere e avrebbero spinto il letto e Buffy verso un ascensore, con cui sarebbero scese al piano terra, nei garage, dove avrebbero rubato un’ambulanza.

 

<Bella idea. Sembra un film.> commentò il Buffybot, e Willow si chiese se ci fosse dell’ironia nel commento. Il problema, uno dei tanti in verità, era intanto rubare quei vestiti senza farsene accorgere, e prima di questo era scoprire dove andarli a prendere. Loro erano in due e poiché rasentava la follia mandare in giro in questo delicato compito quello stordito d’un robot, toccò a Willow aggirarsi circospetta e guardinga come Angelina Jolie in “Tom Rider”: ovviamente il primo giro d’ispezione non le fruttò nulla.

 

Era già pronta a ripartire quando il Buffybot, con il suo solito tono assurdamente allegro, disse: <Oh, si sta svegliando.> Era vero, Buffy stava piano muovendo la mano destra, appoggiata sopra il lenzuolo sulla pancia e aveva appena schiuso le labbra: Willow non riuscì a trattenere un gridolino e si avvicinò al letto con trepidazione, cosicché fu la prima cosa che Buffy vide svegliandosi.

 

<Will … sei tu ?> La ragazza, commossa, le prese la mano e, non riuscendo a parlare per il groppo in gola, si limitò ad annuire; il robot, sopraggiunto, volle dire la sua. <Ciao Anne, tutto bene ? È bello vedere che non sei morta. Siamo tutti molto contenti per questo.>

 

La povera paziente spalancò gli occhi e Willow, per calmarla, pensò bene di farle un breve riassunto di ciò che le era capitato; aveva anche intenzione di censurare le parti soprannaturali a partire dai vampiri uccisi, ma la solerte Buffybot, che ignorava spesso il valore del silenzio, diede un resoconto sintetico ma efficace, che terminò con una nota positiva: <Fortunatamente li ho uccisi quando non ti erano troppo vicini, così la loro polvere non ti è andata in viso.>

 

Le due ragazze si scambiarono uno sguardo eloquente, poi Buffy riflettè sconsolata su una coincidenza: <Che gioia. Anche questa volta il mio primo giorno di lavoro al Liceo è iniziato alla grande.>

 

 

 

Ancora prevedibilmente sconvolti, spettinati e un po’ sotto sopra, mentre Wood andava a cercare degli stracci per tamponare il sangue, Giles decise che doveva annunciare le buone nuove a chi ancora era in attesa: telefonò subito a Dawn, ma il cellulare non prendeva (come minimo, in quella buia biblioteca tappezzata di libri non c’era minimamente campo).

 

Così con fastidio l’Osservatore telefonò a casa del Conte: prima di passargli Madame Ethan gli raccontò del loro avventuroso viaggio e l’Osservatore non seppe se essere più stupito per queste spericolate corse lungo le strade di Sunnydale o per Dawn perfetta pistolera. Di certo era consigliabile omettere questi non trascurabili dettagli quando avrebbero riferito a Buffy cos’era successo nella sua forzata immobilità.

 

Giles raccontò quasi tutto ciò che era avvenuto, omettendo un paio di piccoli particolari, e Madame fu felicissima dell’avvenuta soluzione ed espresse la sua gioia in esclamazioni in svariate lingue, tutte o quasi incomprensibili a Giles.

 

Dopo gli passò Dawn, con cui si mise d’accordo per il suo ritorno a casa: Ethan prima l’avrebbe accompagnata a trovare Buffy così da sapere quando l’avrebbero dimessa, poi l’avrebbe portata a casa di Giles, dove sarebbe stata quella notte per maggiore precauzione. Finita la conversazione tra loro Madame riprese in mano (si fa per dire, vista l’incorporeità) la cornetta ed espresse i sui dubbi.

 

<Ma … c’è una cosa che mi sfugge. Se lei era cieco, chi lo ha ucciso ? Quel maestro ?> <Chi ? Ah, si riferisce al signor Wood, suppongo. No … veramente … lei non ci crederà ma … sa quando si dice una visita inaspettata … beh, per puro caso era passato a trovarci … Spike.> Silenzio all’altro capo del filo.

 

<Spike ?> <Beh … sì, lui. Una vera fortuna, anche perché-> <William il Sanguinario è tornato in questa città ?> Il tono di Madame era impercettibilmente ostile, probabilmente stava per esserci uno scoppio d’ira: Giles iniziò a sentirsi morire, e si augurò di non andarci di mezzo anche questa volta. <Sì, ma-> <È tornato, dunque. Dove alloggia ?> <Io non lo so, ma-> <Bene, lo scopra e poi ce lo comunichi. Ah, non buttate via il cadavere del demone, poi Ethan lo verrà a prendere per portarlo via. Buona sera.>

 

Quando si girò aveva la faccia di uno che non ha dormito per un’intera notte; Spike sorrideva canzonatorio. <Fammi immaginare, Rupert: la fantasmina è rimasta sorpresa dal mio arrivo ?> <Qualcosa del genere, in effetti.> minimizzò l’Osservatore, sfilandosi gli occhiali ed iniziando a pulirli. <Scommetto che avrà qualche domanda da farmi allora, magari se sono venuto per restare o se semplicemente passavo di qua per un salutino.>

 

Clem, tirandogli la manica, gli disse che non era il caso di prenderla in giro: non aveva affatto senso dell’umorismo. <Fosse l’unica cosa che le manca …> aggiunse Giles. <Addirittura ?! Guardate che dicendo così mi rendete ancora più curioso. Già non vedo proprio l’ora di incontrare lei e quell’altro pallone gonfiato di un francese.>

 

Wood e Clem si guardarono perplessi, come se il vampiro fosse impazzito; Giles, che se lo aspettava, scosse la testa. <Solo un vampiro pazzo verrebbe nella città con due Cacciatrici; solo un vampiro molto pazzo ci verrebbe sapendo di trovarci anche Vigio l’Inclemente. Solo tu ci verresti, con quello che hai combinato in passato: immagino che anche tu abbia saputo della protezione che egli ha accordato a Buffy.>

 

<Oh, certo, protezione: ecco perché quando lei moriva sotto quella torre c’ero io e non lui. E quando io cercavo di ucciderla lui se ne stava al calduccio in Europa o dove diavolo era. Sì, sono proprio curioso di parlare con lui del suo impegno nel proteggere Buffy. E anche di sapere cosa mai avrebbe per difenderla da me quando cercavo di ucciderla. Perché sarà anche vero che l’ha sempre protetta da tutti i pericoli, ma io qui io non l’ho mai visto.>

 

Wood pensò che quel vampiro era ancora più pazzo di due anni prima, Giles si domandò solo se Spike era conscio che andare a cercare rogne con San Germano non era esattamente una di quelle cose che allungano la vita. <Sai cosa penso, Osservatore ? Che quel buffone sia venuto qui solo per lisciarsi Buffy, esagerare quello che ha fatto per lei, farle credere un sacco di balle e poi utilizzarla per i suoi giochetti politici.>

 

Giles pensò di non aver capito bene: era impossibile che Spike sapesse cosa si stava agitando ad alti livelli, e soprattutto quali fossero i piani del Conte. Non li sapeva neanche il Duca di Hamilton ! <Sì, sono proprio convinto che quel megalomane sia venuto qui a fare il gioco delle tre carte. Ma c’è una novità: non gli permetterò di tirare in ballo Buffy e me per fare il pavone davanti ad una cinquantina di gonfi pavoni, buffoni come lui.> Giles si sedette: ci mancava che quest’altra grana !

 

 

 

Alla sera, giunte nella loro pienezza le cattive notizie, da qualche parte negli Stati Uniti si faceva il punto della situazione.

 

<Decisamente l’Ordine parte male.> chiosò il giovane, vagamente soddisfatto: lui avrebbe potuto fare molto meglio, bastava che avesse i mezzi adatti, e non polgara indomati o vampiri e homuncoli di seconda scelta. L’uomo con gli occhiali si impose di non accettare provocazioni, fece finta di niente e si diresse piano verso il mobile bar.

 

Il terzo uomo non alzò neppure gli occhi dal foglio che leggeva e domandò, con voce calma, se per caso lui lo considerasse uno stolto. Il giovane, che non si aspettava tale domanda, subito scattò nella risposta. <Nossignore. Volevo solo dire che l’Ordine, benché appena ricostituitosi, non mostra molta perizia nella scelta dei propri membri.>

 

<Soprattutto con quello che è costato.> Il Fanciullo era comparso all’improvviso sulla soglia, e sorrideva beffardo. <Tutti quei soldi e neppure un po’ di sangue.> L’uomo, seduto su una poltrona, posò il contratto che aveva appena finito di rileggere. <Siamo nel terzo millennio: ho fatto inserire una clausola per cui, qualora il primo mandatoci non soddisfi le nostre richieste, potremo avvalercene gratuitamente di un altro.>

 

Nessuno dei presenti sapeva questo: il giovane e l’uomo con gli occhiali lo fissarono ammirati, il Fanciullo sorrise, stupito per questo momento di intelligenza, e senza dir nulla attraversando una parete andò in un’altra stanza.

 

 

 

Cognac, pipa ed Edith Piaf in sottofondo: dopo ciò che Ethan gli aveva detto, Miss Moller gli aveva riferito e Margot gli aveva spiegato, aveva proprio bisogno di qualche momento di pace e tranquillità tutta per sé: che bel ritorno a casa !

 

Il jet lag non gli aveva dato fastidio perché a Parigi aveva continuato a vivere sugli orari del meridiano di Sunnydale e ciò non gli aveva provocato eccessivi problemi perché, come suo solito, aveva preso una camera nella maison di Madame X: bordello, hotel, ristorante per uomini e demoni, gestito dalla più seducente e francese tra le vampire della Capitale. Nonché dalla meglio informata.

 

Queste sue note frequentazioni non lo mettevano certo in buona luce con gli uomini del Consiglio e di altri onorati consessi dediti allo sterminio dei demoni, ma era pur sempre vero che ci voleva qualcuno che trattasse con demoni e vampiri poco pericolosi per poter meglio sterminare gli altri. Piccoli accordi di percorso, tutto qui. E poi San Germano, come protesta alla Rivoluzione di Luglio nel 1830, aveva deciso di non avere più case a Parigi fino al ritorno della legittima monarchia.

 

Ma oltre a cercare informazioni su quel misterioso TALF che aveva fatto uccidere l’AnHerv a conoscenza di dati su “un soldato”, “la moglie”, qualcuno che non era morto e qualcosa inerente la città di Kassel, Sua Eccellenza il Conte di San Germano, Generale Emerito della Compagnia dei Santi Giovanna, Luigi e Vigio, Gran Croce dell’Ordine di San Gregorio Magno, Commendatore dell’Ordine Piano, Commendatore dell’Ordine aurato di San Silvestro (o dello Speron d’Oro), Cavaliere del Sacro Militare Ordine Gerosolimitano del Santo Sepolcro (per attenersi solo alle onoreficenze pontificie) aveva fatto anche il punto della situazione per il Novus Ordo Inspicientum.

 

Si era infatti incontrato nel refettorio della chiesa di San Severino con le Loro Eminenze i Cardinali Jean Marie Lustigier, Arcivescovo di Parigi, Christoph Schonborn, Arcivescovo di Vienna, e Peter Erdo, Arcivescovo di Esztergom – Budapest; con le Loro Eccellenze i Monsignori James M. Harvey, Prefetto della Casa Pontificia, e Mieczyslaw Mokrycki, della Segreteria Particolare del Santo Padre; con Sua Altezza Imperiale e Regia Apostolica l’Arciduca d’Austria Padre Paolo d’Absburgo (appartenente ai Legionari di Cristo); con le Loro Altezze Reali il Principe Carlo Maria delle Due Sicilie Duca di Calabria, la Principessa Astrid dei Belgi Duchessa di Modena, Reggio, Massa, Carrara e Guastalla, il Principe Sisto di Borbone - Parma Conte di Bardi, il Principe Amedeo di Savoia – Aosta Duca d’Aosta, la Principessa Eleonora Maria d’Orleans Bragança, il Principe Michele di Kent; con Sua Altezza Eminentissima il Principe e Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta Fra’ Andrew Bertie.

 

La presunta morte accidentale (che non aveva convinto nessuno) di Sua Beatitudine Pietro VII, Patriarca d’Alessandria d’Egitto e dei Cristiani d’Africa, avvenuta un mese prima, faceva temere loro che nella lotta per il nuovo Consiglio degli Osservatori qualche gruppo avesse iniziato un’escalation nei metodi di persuasione.

 

La discussione era durata a lungo: il Principe Michele sarebbe ancora una volta andato in missione dalla cugina Sua Maestà Elisabetta II e dal cugino nonché Lord Difensore del Consiglio Lord Harewood, il Duca d’Aosta avrebbe indagato presso alcuni suoi amici, ufficiali dell’Esercito Greco, e il Conte di San Germano (accordi presi in separata sede per non turbare le sante orecchie degli uomini di chiesa: che premura !) avrebbe, all’insaputa del Vaticano, ma con la completa disponibilità dell’Ordine di Malta e dei Servizi Segreti Spagnoli e Belgi, aggiornato e completato la lista di notabili da colpire in caso di attacco da parte degli Inglesi, dei Russi o dei Giapponesi.

 

La proposta di creare un’epidemia di vaiolo o di peste polmonare in India per affossare ulteriormente i propositi politici del Duca di Fife (idea di San Germano, ovviamente) fu respinta con sdegno dall’augusto consesso, con la conseguente e accesa discussione circa i metodi da adottare per la creazione del nuovo Consiglio e per rendere le altre fazioni inoffensive.

 

Fu solo quando Monsignor Mokrycki lo invitò a maggior moderazione e carità cristiana, ricordandogli anche che era già stato scomunicato tre volte negli ultimi cinquant’anni, che San Germano smise di argomentare sulla possibilità di far morire solo qualche migliaio di pagani idolatri (in India gli abitanti sono induisti !) e, borbottando, sospirò che una volta i vertici di Santa Romana Chiesa erano molto più aperti al dialogo e ai buoni suggerimenti.

 

 

 

Il Conte si stava proprio rilassando quando sentì distintamente Margot cantare, il che solitamente era molto piacevole; di insolito c’era solo che la canzone era “As time goes by”, e francamente non gli risultava che il tema di “Casablanca” fosse mai stato tra i brani da lei preferiti. La porta si aprì ed ella entrò gorgheggiando melodiosa facendogli alzare gli occhi dai suoi incartamenti su chi porre come Gran Priore per la Scandinavia e facendogli capire che non veniva per dargli la buonanotte.

 

Quindi, per prevenirla, prima che parlasse le ricordò che avevano già deciso che non lo potevano uccidere. <Sì, lo so. Ma non possiamo certo permettere che giri per questo borgo: l’idea che lui ed Anne si incontrino, e sotto il tuo naso, non ci favorirà certo ! Non possiamo permetterci anche questo problema, abbiamo già troppi punti su cui possiamo essere attaccati. Bisogna intervenire !>

 

Sospirò e le chiese, con non velata ironia, se aveva intenzione di farlo deportare da qualche parte. <No, potrebbe essere controproducente. Nonostante la sua natura ha dimostrato che può essere utile, ma resta un … carbone ardente. Dobbiamo stare attenti a maneggiarlo, non vorrei ci scottassimo le mani.> San Germano annuì. <Lo so, lo so. Se ne parliamo bene ci accusano di cedimenti, di debolezza e di simpatia verso il demonio. Se ne parliamo male sono capaci di rinfacciarci il nostro dogmatismo e gli errori compiuti nel passato. Cosa proponi ?> <Ho avuto una magnifica idea.>

 

San Germano lasciò il fascicolo sulla poltrona, si aggiustò la vestaglia a draghi gialli e arancioni e si andò a gettare sul letto. <Non potevi ascoltare seduto ?> <Almeno non rischio di cadere. Dimmi che non vuoi vada in Marocco, per prima cosa.> Margot fece finta di niente e continuò a parlare in piedi, a mezz’aria, in mezzo alla stanza.

 

<Devi sapere che alcuni sociologi hanno diviso i tipi di storie d’amore in dieci categorie, ognuna riconducibile ad un film famoso.> <Iniziamo bene…> Lei proseguì, ignorando la palese ironia. <Ad esempio “Attrazione fatale”: la storia che nasce sotto l’Amore e finisce sotto la Morte, la classica storia che termina con i piatti rotti sulla testa dell’altro.> Il Conte volle darle un po’ di soddisfazione <“La guerra dei Roses”.>

 

<Esatto. Poi c’è “Pretty woman”, il grande amore che deve vincere ostacoli di carattere sociale, culturale, religioso e simili.> <Ranieri III Grimaldi e Grace Kelly, l’eterna storia di Cenerentola, “Altà società” e “Love story” … > Lei storse un poco la bocca.

 

<No, credo che quello rientri in un altro genere, quello per cui alla fine gli ostacoli vincono: Giulietta e Romeo, “West Side Story” … dove non c’è lieto fine, insomma.> <“Gli unici amori eterni sono quelli non corrisposti” come dice Diane Keaton in “Io e Annie” … o era “Manhattan” ? Comunque “Il principe e la ballerina” e “Il cigno”.> Lei lo guardò interrogativa. <L’ultimo film di Grace Kelly, quello in cui lei fa la principessa.>

 

<Ah, giusto, ho capito. Poi “Casablanca”, che è quello che ci interessa. Ti ricordi la trama, vero ?> Il Conte trovò offensiva una tale domanda e con sufficienza le ricordò solo che “mentre il mondo crolla scegliamo proprio questo momento per innamorarci”. <Bravo. Riassumendo, è l’eterna storia del triangolo, dell’onore e del sacrificio per amore: lui e lei si amano ma c’è un altro uomo, che ha bisogno di lei e lui, proprio perché la ama, si sacrifica e li lascia andare. “Se non prendi quell’aereo te ne pentirai. Forse non oggi, forse non domai. Ma un giorno, e per sempre.”>

 

Lui sorrise <“Casa di bambole” di Ibsen e “Dawson’s Creek”, III serie, ultima puntata: Dawson accartoccia il proprio cuore, orgoglio, amor proprio e lascia che Joey fugga insieme a Pacey.> Margot fu attraversata dal più profondo disgusto <Dawson e Bogart ? Joey e la Bergman ? L’accostamento è blasfemo e indegno ! Per tacere dell’ardire di mettere Ibsen nella stessa frase dove c’è anche-> <Sì, va bene, taglia corto: arriva ad Anne.>

 

<Noi creeremo una situazione tale per cui una certa persona si sacrificherà e lascerà che il suo amore prenda quell’aereo famoso. E visto che Anne riesce ad essere egoista, testarda, illogica e irragionevole quando si parla dei suoi vampiri, oltrechè vogliosa come una cagnetta in calore, il nostro Rick sarà proprio Spike.>

 

Lei sorrise trionfale per avere esposto l’idea risolutrice, lui era immobile e pietrificato sul letto: sapeva che era impossibile, ma credette per un momento che fosse ubriaca. Sospirò e trovò le parole per chiederle qualche delucidazione in più. <Sorvolando su moltissime cose che non tornano, chi sarà il terzo elemento, il nostro Laszlo ? Il soldatino ?>

 

<Riley dici ? Assolutamente no, è sposato ! Che idee sono, rompere un matrimonio ! Lascialo dove sta. Ribalteremo la situazione classica: non una donna e due uomini ma due donne ed un uomo.> Sbarrò gli occhi: dopo secoli di convivenza capì subito dove Margot voleva arrivare ma sperò di cuore che non fosse quello che temeva, che lei non volesse complicare ulteriormente quella mano gettando altre carte sul tavolo. Meglio recuperare il soldatino allora !

 

<C’è un grande legame nella vita di ogni vampiro e non aggiungo altro perché tu hai già capito chi è l’altra donna, chi sarà colei per la quale Spike lascerà Anne.> Sorrise trionfale e il Conte comprese che sarebbe stato molto difficile farla recedere dai suoi intenti: stanco e preoccupato per le pessime idee che giravano nel cervello di Margot le volle fare le ultime domande.

 

<Perché Spike dovrebbe andare da quella ? Perché lei sarà quella fragile che avrà bisogno di protezione ? Se non c’è tornato di suo … cosa vuoi che io le faccia ?> Lei sorrise, anzi, rise trionfale e piena di gioia. <C’è una sola cosa che un vampiro, un demone di tal genere, teme più dell’Inclemente, solo una cosa che lo squassa più delle tue arti e delle tue tecniche. E noi gliela procureremo.>

 

Ci fu un lungo silenzio in quella stanza: San Germano, come era solito fare quando si trovava davanti a qualcosa che non aveva previsto, strinse le labbra, poi scelse di prendere tempo. <Questa è “Casa di bambole” allora, non “Casablanca”.> A Margot sfuggì la precisazione e aggrottò la fronte.

 

<Nel film Bogart convince la Bergmann ad andare con l’altro, con il più debole. E non credo che Anne possa mai essere così altruista quando si tratta delle sue basse voglie. Invece nell’opera di Ibsen è la moglie che sceglie volontariamente di dedicarsi al più debole: è questo quello che vuoi tu, giusto ?> Doveva trovare sempre da ridire, sempre da puntualizzare: dopo secoli non aveva ancora perso quel vizio.

 

<Sei pedante.> <Sei tu che elabori piani complicati come Will Coyote, con citazioni sbagliate per giunta, e poi lasci a me l’onere di metterli in atto.> Lei si fece raggiante e svolazzando gli si avvicinò, speranzosa. <Allora lo metteremo in atto ?>

 

<Credo sia più semplice se rinchiudiamo Anne in un convento, ne avrebbe anche maggior giovamento.> <Povere suore ! Le travierebbe tutte ! Comunque per ora la mia idea, oltre all’impiego delle carmelitane scalze che suggerisci, è l’unica che abbiamo.> <È peccato.> aggiunse lui, con una fermezza che faceva capire che non ci fosse nulla al mondo che potesse scavalcare quest’obiezione. <Quindi elaborerò qualcosa di lecito nei prossimi giorni.>

 

Riteneva chiusa la conversazione, ma dopo tanti secoli si era abituato ai modi di Margot: doveva elucubrare qualcosa di sensato e fattibile il prima possibile, anzi prima che lei desse il via alle danze, mettendolo davanti al fatto compiuto. Maledizione !