BREAKING THE RULES

Di Jade

 

 

 

Disclaimer: I personaggi appartengono tutti a Joss Whedon e alla Mutant Enemy, eccetto quelli che non riconoscete, che appartengono a me.

Rating: PG-13

Personaggi/Pairing: Buffy/Spike, Scooby Gang, Riley Finn, The Initiative

Sommario: Buffy e Spike si ritrovano a dover fuggire insieme dopo essere stati attaccati dagli uomini di Maggie Walsh, e la convivenza forzata in montagna porterà sviluppi decisamente imprevisti…

Note: seguito di Deja Vu!

***

CAPITOLO 1

Primo semestre al college.

Quasi finito.

Da non crederci.

Buffy stava preparando una valigia nella sua stanza al convitto, voleva tornarsene a casa per il weekend e passare un po’ di tempo con sua madre. Le sembrava passato un secolo dall’ultima volta che aveva visto la sua stanza e ci aveva dormito, sentiva come una sottile nostalgia. Normale. Un po’ meno normale era sentirla del cimitero di Sunnydale, ma quella era deformazione professionale.

Chiuse la valigia, e salutate alcune compagne di corso cominciò a percorrere il corridoio fino alle scale. Una volta fuori, si vide davanti l’ultima persona che voleva vedere: Parker.

Aveva sempre quello sguardo da persona dolce e afflitta, e quel sorriso ingannatore. Buffy si diede ancora della stupida per esserci stata subito con lui. Voleva dimenticare Angel, e questo le aveva impedito di ragionare correttamente. Era l’unica attenuante che aveva.

“Buffy. Parti?”

“Torno a casa un paio di giorni, anche se non vedo perché ti interessa.”

“Non eri così fredda con me, qualche settimana fa…”

“Le batoste svegliano anche i tonti. Vedrai, succederà anche a te prima o poi.”

Lo aveva lasciato a bocca aperta in mezzo al viale, mentre lei proseguiva a piedi verso l’uscita del campus. Ecco, ora era di pessimo umore.

Voleva passare da Giles, ma l’ultima volta che l’aveva visto sembrava tanto preso da una traduzione dal sumero che non voleva disturbarlo. Preso l’autobus, arrivò fino a casa. Sua madre si mostrò felice di riaverla intorno, e la subissò di domande, come stanno i tuoi amici, come vanno le lezioni, ti trovi bene, eccetera.

Che bello sapere che c’è qualcuno al mondo che mi vuole bene comunque vada e non mi lascerà, pensava Buffy. E inevitabilmente ripensò ad Angel, che l’aveva lasciata per darle una vita migliore. Forse avrebbe dovuto telefonargli e raccontargli di quella volta che era stata tanto depressa da andare sul tetto del palazzo più alto di Sunnydale e tentare di buttarsi di sotto. Poi non l’aveva fatto, merito di Giles che l’aveva chiamata per informarla di certe novità.

Parker era stata una cosa diversa, e non valeva la pena di buttarsi nel vuoto per lui. L’aveva usata e gettata via, approfittando del fatto che le sue difese erano abbassate. Di uomini come lui era pieno il mondo, meglio farsene una ragione.

Dopo cena, avvertì Joyce che sarebbe andata a fare la ronda, e presi i suoi paletti uscì diretta al cimitero. Non c’era un’anima viva o morta neanche a pagarla oro. Che sapessero che era di nuovo in città?

Era arrivata nei pressi della cripta di Spike, quando si accorse di alcuni soldati, che ad un primo esame sembravano pattugliare la zona. La cosa che la lasciò di sale però era il fatto che insieme a loro ci fossero alcuni demoni, che sembravano ubbidire ciecamente agli ordini degli umani. Sembravano un incrocio tra un Polgara e qualche altro demone che al momento non riconosceva. E tutti avevano un artiglio al posto della mano sinistra.

Si nascose, cercando di capire cosa stesse succedendo. La squadra sembrava dover rendere conto ad un ragazzo, che chiamavano agente Finn, o Riley. Il nome le era familiare, ma quando si sporse per vederlo si rese conto che lui si era appena allontanato. Erano alla ricerca di qualcuno che chiamavano Ostile 17, che era scappato dal loro quartier generale prima che riuscissero a completare un intervento su di lui. Con sua enorme sorpresa, menzionarono anche il nome della professoressa di Psicologia, Maggie Walsh, e di come fosse irritata dall’accaduto. Un’occhiata alle armi, e la cacciatrice decise di dileguarsi.

Stava per recarsi in un altro cimitero, quando sentì un grido e corse in aiuto della vittima di turno. Non aveva neanche bisogno di pensare a chi poteva esserci dietro.

“Ciao Spike. Spiacente di rovinare una volta di più i tuoi piani, ma sai com’è, è il mio lavoro…”

Spike alzò la testa dal collo della sua vittima, terrorizzata a morte, e la ragazza approfittò della distrazione per andarsene il più lontano possibile da là.

“Cacciatrice…che dispiacere. Ma ti capisco” disse emergendo dall’oscurità del vicolo “di notte tu non ha niente di meglio da fare…”

Buffy stava per rispondergli a tono, quando la sua attenzione fu attirata da una rozza fasciatura alla testa, già un po’ rossa di sangue.

“Qualcuno ti ha dato una ripassata?”

“Diciamo che io l’ho data a loro e meglio. Veramente oggi non sono dell’umore di ammazzarti, ma se vuoi farò un piccolo sforzo…”

Aveva fatto per afferrarla, ma era crollato a terra tenendosi la testa e Buffy teneva un paletto in mano nel caso ci volesse provare di nuovo. Poi si accorse dei soldati, e tirandolo in piedi si nascose nel vicolo con lui. Si era appiattita contro il lato oscuro del muro, pregando che non decidessero di guardare lì. Non sapeva che scusa avrebbe potuto inventare. Una ragazza, da sola, in quel brutto posto, in compagnia di un vampiro…

“Cacciatrice, si direbbe tu sia preoccupata per me.”

“Non voglio che qualcun altro a parte me ti spacchi la testa vuota che ti ritrovi. Che vuoi farci, sono una sentimentale.”

“Oh, sono onorato…”

“Sono dei soldati che ti hanno fatto questo?”

“No, tesoro, l’Esercito della Salvez…”

Buffy gli aveva tappato la bocca e poi aveva avvicinato il viso al suo “Stammi a sentire. Sei tu l’Ostile 17?”

Spike annuì, anche perché lei non accennava a levargli la mano dalla bocca.

“Allora filatela. Voglio essere buona. Vattene da qua e non tornare…altrimenti i soldatini e i loro demoni domestici ti faranno qualcosa di peggio di quello che ti farei io.”

Sentì dei passi, e rimase in silenzio e immobile, mentre due soldati passavano per quella strada.

“Sembra essersi volatilizzato.”

“Dobbiamo ritrovarlo, Graham. La Walsh darà di matto se non glielo riportiamo in sala operatoria, e Riley anche.”

“Ma è così fondamentale, l’Ostile 17?”

“È l’unico candidato all’intervento.”

“Altre possibilità, Forrest?”

“Nessuna.”

“Allora continuiamo a cercare. Questa città non è New York, lo troveremo…”

“E l’altro problema?”

“Ah, quello sarà più difficile. Questa persona che ci ammazza tutti i soggetti di studio rende la Walsh ogni volta più acida.”

“E non ha ancora un volto e un nome, per nostra enorme sfortuna.”

“O li troviamo o finiamo al manicomio…”

Una volta sentiti i loro passi allontanarsi, Buffy tirò un sospiro di sollievo e tolse la mano dalla bocca di Spike.

“Fuori dalla città.”

“I ragazzi ti rendono nervosa da un po’ di tempo a questa parte, sbaglio?”

Buffy ignorò la frecciata, ed uscì guardandosi intorno.

“OK, via libera. Vai.”

“Oh, certo. Chi mi garantisce che tu non sia d’accordo con loro? Io ti do retta e mi ritrovo un paletto nel cuore da parte dei soldati appena fuori città.”

“Non fare l’imbecille più del solito. Se ti volessi morto ti avrei già ucciso qui e ora…ma non mi va di prendermela con i convalescenti. Fuori dai piedi.”

Spike dopo aver riflettuto aveva fatto per andarsene, ma si bloccò subito.

“Dolcezza, abbiamo un problema.”

Buffy si voltò, e vide una squadra di demoni comandata da un volto familiare…Oh Signore, pensò, quello è l’assistente di cattedra della Walsh! Gli passava davanti tutti i giorni, non gli sarebbe servito ancora molto tempo per capire chi fosse lei.

Riley però la guardò solo distrattamente. Era molto più interessato al vampiro con lei.

“Salve, Ostile 17. Credo sia ora di tornare a casa.”

“Hai qualche idea?” domandò Buffy a Spike.

“Uhm…fuggire a gambe levate come se avessimo il diavolo alle calcagna?”

“Io dicevo sul come affrontarli.”

“Accomodati. Sei tu quella col sacro dovere da compiere.”

“Grazie del tuo appoggio incondizionato.”

“Ma ti pare?”

Riley era tornato a guardare Buffy. Da un momento all’altro l’avrebbe riconosciuta e sarebbero cominciati i casini, Buffy se lo sentiva…

Invece vide Riley scuotere la testa, e dare l’ordine ai suoi demoni di catturare i due. Aveva detto a Spike di andarsene, e lui era stato felice di ubbidire e di lasciarle a lei la mezza dozzina di demoni.

Non sembravano diversi dai demoni che aveva già affrontato e battuto in quattro anni che viveva a Sunnydale, ma quando il primo che l’attaccò con una bracciata quasi la spiaccicò contro un muro, Buffy cominciò a rendersi conto che da sola sarebbe stata dura. Nella ressa ogni tanto scorgeva Riley. Lui era rimasto dove si trovava, osservava il combattimento con aria quasi divertita.

Quando Buffy riuscì a metterne al tappeto due, era ormai allo stremo. Forse questa è la mia ultima battaglia, iniziava a pensare con terrore...

Fu più o meno in quel secondo, quando una scalcinata DeSoto fece la sua comparsa, investendo due demoni in un colpo. Buffy scorse il conducente: Spike.

“Salta su prima di diventare spezzatino!”

Buffy non se lo fece certo ripetere due volte, e salì in macchina di corsa. Spike premette l’acceleratore a tavoletta, e sparirono. Una volta fuori Sunnydale Buffy si rilassò sul sedile e chiuse gli occhi.

“Immagino ti debba ringraziare.”

“E perché? Perché voglio essere io ad ammazzarti?”

“Se la metti così…dove andiamo ora?”

“E che ne so? Lontano. Il più lontano possibile. Questo ovviamente parlando di me.”

“Forse ho una soluzione temporanea per entrambi” disse Buffy voltandosi a guardarlo.

***

“I miei nonni ci vengono nei weekend, ma sono in crociera ai caraibi, quindi dovremmo essere al sicuro almeno per un po’…” disse Buffy, allungandosi a prendere la chiave, nascosta in una crepa del muro vicino alla porta.

“Non ti aspettare ringraziamenti da parte mia, Cacciatrice.”

Aperta la porta, i due entrarono. Buffy accese le luci, e Spike tirò tutte le tende.

“Spero che in questo posto ci sia almeno qualche benda. Sai, credo di doverne avere bisogno…”

ma voltandosi, si rese conto che Buffy era salita al piano di sopra.

Una volta entrata nella sua solita stanza, si levò la giacca e la maglietta, e con l’aiuto dello specchio si accorse che quel che sospettava era vero. C’erano tre graffi sanguinanti sulla sua schiena, regalo di uno di quei demoni, che le facevano un male d’inferno.

“Non sei l’unico ad avere bisogno di una sistemata, Spike…”

Sentì dei passi su per le scale, e in fretta e furia si rivestì, giusto in tempo per evitare che Spike scoprisse la verità.

“Ah, sei qui.”

“Ti mancavo?”

“Spero tu mi sappia dire dove diavolo stiano bende e cerotti in questo buco, sempre che ce ne siano.”

Buffy si alzò cercando d’ignorare il dolore, e lo portò di sotto in cucina, dove trovarono quel che stavano cercando. Un rapido sguardo bastò a Buffy per rendersi conto che nella scatola c’era tutto, tranne qualche antidolorifico. Bel problema. Era insieme ad un vampiro, ferito come lo era lei, ma che se si fosse sentito meglio non ci avrebbe pensato due volte a ucciderla, soprattutto se si fosse accorto di come stava la sua schiena. Se si fosse trattato di una scommessa, su di lei non avrebbe puntato granché.

Aveva mosso qualche passo fino in soggiorno, stringendo in mano le medicazioni che era riuscita a prendere, poi si era sporta per vedere cosa stava facendo Spike. Si stava togliendo la benda, e Buffy nel vedere la ferita distolse lo sguardo. Lui non si accorse di lei, e continuò a cambiarsi la fasciatura, anche se gli procurava non poco dolore.

Buffy decise di andare di sopra nella sua stanza. Ora era a lei che serviva una sistemata.

Non aveva fatto che qualche scalino, che si dovette appoggiare con forza al corrimano per evitare di cadere. Rimase immobile per qualche istante, e quando fu sicura che le vertigini erano passate riprese a salire.

La mattina dopo andò in paese a prendere del sangue per Spike, e qualcosa di commestibile per lei.

Con la fortuna che la contraddistingueva in quegli ultimi giorni, aveva trovato l’unica farmacia del paese chiusa per lutto.

Era ritornata a casa, e da quel momento lei e Spike decisero d’ignorarsi reciprocamente, e di comunicare solo lo stretto necessario. Erano ormai tre giorni che la cosa andava avanti, e pur di non rischiare di vederla, Spike si era sistemato in cantina. A Buffy la cosa andava bene. Anche lei non moriva dalla voglia di avere a che fare con lui. Era andata in cucina con l’idea di mangiare qualcosa, e aveva iniziato a prepararsi un panino. Quando però l’aveva visto, le era passata la fame.

“Che strano, ero sicura di…”

Buffy fece spallucce, e lo lasciò lì per mangiarlo più tardi, se le veniva voglia. Improvvisamente si ritrovò a terra in ginocchio, reggendosi la testa che le girava. Chiuse gli occhi, respirò a fondo un paio di volte, e quando le sembrò di stare bene appoggiandosi al tavolo si alzò e decise che era meglio tornare di sopra per stendersi un po’. Cominciavano a venirle fin troppo spesso quei capogiri, e senza nessuna causa apparente. Quanto avrebbe voluto avere Giles lì con lei.

Spike intanto andava avanti e indietro per il locale, nervoso come un animale in gabbia. Lì non voleva stare, se ne sarebbe andato al più presto, e al diavolo se la lasciava nei guai, o se lei credeva che per averlo aiutato a nascondersi lui le dovesse qualcosa.

“È lei che deve qualcosa a me, e mi dovrà aiutare…altrimenti ci sarà un’altra Cacciatrice morta nel mio curriculum.”

E soprattutto quest’ultimo pensiero gli risollevò il morale.

***

Appena visto il letto, Buffy ci si distese prona e chiuse gli occhi. Quando li riaprì, le prese un colpo. Erano appena le nove e mezza quando aveva chiuso gli occhi…e ora erano le venti. Aveva dormito dieci ore e mezza, e aveva ancora voglia di dormire, si sentiva stanchissima.

“Dio, ho bisogno di un po’ di caffè…”

Probabilmente avrebbe incontrato Spike, ma non gliene fregava niente, voleva darsi una svegliata. Non le piaceva sentirsi così.

Buffy era uscita nella stanza, e si sarebbe quasi trovata a terra un’altra volta se non si fosse appoggiata al muro, reggendosi la testa. Si rialzò lentamente, cercando di capire cosa stesse succedendo, ma la testa le faceva male e si sentiva stordita. La schiena…continuava a farla impazzire. Cominciava ad essere difficile nascondere le ferite a Spike senza un antidolorifico in giro. Decise di andare giù in soggiorno un passo alla volta, lentamente…poi era scivolata...

Spike dallo scantinato aveva sentito dei rumori, e fatto affiorare il demone in lui era salito fino in soggiorno, guardandosi intorno.

L’aveva trovata a terra ai piedi delle scale, e sembrava soffrire tantissimo. Poi si accorse che a terra c’era del sangue. Ma da dove veniva? Sollevò Buffy, appoggiandola contro di lui, e con malagrazia le sollevò la maglia chiazzata di sangue. Sulla schiena della ragazza c’erano tre graffi molto profondi, che a Spike facevano venire in mente l’artiglio del demone di quella notte. Ricordava di aver visto Buffy un po’ malconcia, ma non sofferente...La prese tra le braccia, e la fece distendere sul divano. Dopo averle levato la maglia, cominciò a esaminare le ferite, facendola trasalire di dolore ogni volta che si avvicinava troppo.

“Quanto pensavi di nasconderle queste?”

“Fino a quando sarebbero guarite.”

“Stupida.”

“Perché?”

Spike l’aveva presa per una spalla e fatta voltare, cogliendola totalmente di sorpresa.

“Questo non è un gioco. Se ci avessero trovato, quanto pensi ci avrebbero messo a renderci inoffensivi tutti e due, razza d’imbecille?”

Trattenne un gemito di dolore quando Spike iniziò a disinfettare le ferite ancora aperte. Sembrava si divertisse a farle più male del necessario… beh, che altro poteva aspettarsi da lui?

“Ecco fatto, come nuova. Lo vuoi un bel consiglio?” disse indicandole il reggiseno che le aveva fatto togliere per vederle le ferite. “Rinuncia a metterti quell’inutile affare, e cerca di non cadere giù dalle scale per almeno altre due settimane.”

“Cercherò di resistere all’impulso”sussurrò lei, stringendo contro il petto la sua maglia, e approfittando della prima occasione per rimettersela addosso.

Ora tra loro due era Buffy quella più in difficoltà, e Spike pareva godesse nel vederla bisognosa d’aiuto. Il suo aiuto.

Sapeva quanto l’avere le sue mani addosso disgustava Buffy, così ogni volta che doveva medicarla cercava di provocarla, sfiorandole “accidentalmente” un fianco, o carezzandole sempre accidentalmente la schiena con il dorso di un dito, lungo la colonna vertebrale, facendola rabbrividire.

Se Buffy ne avesse avuto la forza lo avrebbe ammazzato a suon di calci per quello che le stava facendo, ma si sentiva così debole che riusciva a stare a malapena seduta sul letto. E questa volta minacciava quasi di cadergli tra le braccia. Certo, se non mangiava non poteva aspettarsi di stare bene, ma ogni volta che riusciva ad arrivare in cucina e a trovare qualcosa da mangiare le passava l’appetito. Strinse più forte a sé la maglia, e si portò una mano alla fronte, cercando di farsi passare lo stordimento. Ma non passava. Diventava sempre più forte, e ormai non riusciva a stare sveglia.

Spike si era accorto che qualcosa non andava, ma prima di riuscire a fare una delle sue battute se l’era ritrovata svenuta tra le braccia, con la testa di lei completamente appoggiata sulla sua spalla.

Istintivamente aveva fatto per alzarla, abbracciandole la vita, però rimase fermo. La sua attenzione totalmente catturata dalla sua gola, esposta al suo sguardo. Gli sembrava perfino di vedere le vene pulsare, sotto la pelle. Con un dito percorse il profilo della carotide. Bere il sangue della cacciatrice…era la cosa che più voleva al mondo, oltre a ucciderla. E ora lei era lì, abbandonata tra le sue braccia, senza la sua incredibile forza. Sarebbe stato incredibilmente facile abusare di lei e poi ucciderla lentamente. Forse perfino divertente, ma troppo facile. E lui non amava le battaglie che sapeva già di vincere.

 

CAPITOLO 2

Buffy riaprì gli occhi, e spinse in là la trapunta che minacciava di soffocarla.

Ormai capitavano fin troppo spesso questi svenimenti. E con Spike in circolazione non se lo poteva permettere…

Un momento, si disse, smettendo di riflettere sulla sua situazione. Lei gli era svenuta praticamente tra le braccia. Com’è che era ancora viva per poterci pensare?

Strinse tra le mani la coperta, e guardò la maglia che aveva addosso. Doveva aver pensato lui ad entrambe.

Aveva fatto per alzarsi, ma il freddo della stanza le fece cambiare idea, e ritornò sotto la trapunta. Aveva appena chiuso gli occhi quando Spike aprendo leggermente la porta guardò cosa stesse facendo.

Dormiva. Allora richiuse la porta e se ne tornò nel soggiorno.

Ultimamente non fa altro che dormire, si disse, e la cosa è strana. Non potevano essere solo quelle ferite sulla schiena, ci doveva essere dell’altro.

“Oh no. Non sarà compassione quella che stai provando, vero vecchio mio?”

Cercò di convincersi che di lei non gliene fregava niente, ma i suoi piani di fuga improvvisamente persero d’importanza, fino a sparire dalla sua mente.

 

Buffy ormai quasi non riusciva ad alzarsi dal letto, e non riusciva a capire da dove venisse fuori questa debolezza che si era impadronita di lei. Spike aveva finto ancora di non notarlo, ma anche lui era preoccupato, in un certo senso. Non mangiava, non si muoveva dalla sua stanza, e da qualche giorno era diventata pallida quasi quanto lui. Sembrava che qualcosa la consumasse da dentro.

Aveva deciso di andare a vedere come stava, e l’aveva trovata che dormiva, come al solito…

“Buffy? Cacciatrice?”

“Uhm…”

“Stai bene?”

“Chiedimelo fra un mese…” rispose lei senza neanche aprire gli occhi.

“Ancora la schiena?”

“Magari fosse solo la schiena. Ho provato a mettermi seduta, e mi sono trovata esausta. Io…io non capisco che mi sta succedendo.”

“Faccio fatica a credere tu sia la stessa persona che mi ha messo su una sedia a rotelle.”

“Siamo in due.”

“Beh, qui hai passato fin troppo tempo” disse avvicinandosi e prendendola tra le braccia per portarla di sotto. Cercando di non farle notare che con la mano che le teneva sulla schiena riusciva a sentire quasi distintamente le costole.

“Eccoci arrivati” le sussurrò mettendola sul divano, e lui si sedette accanto a lei.

“Grazie.”

Spike le fece un cenno di assenso con la testa, cercando di evitare i suoi occhi. Odiava guardarla negli occhi…gli faceva male dentro, e non sapeva spiegarsi il motivo. Come non sapeva spiegarsi come mai era diventato quasi protettivo nei riguardi della sua mortale nemica.

“Come va la testa?”

“Meglio, considerato che me la sono svignata letteralmente dal tavolo operatorio.”

“Non avevo mai visto in giro militari per Sunnydale…ma un paio giurerei di averli visti in giro al college, e uno…pensa un po’, è l’assistente della prof di Psicologia.”

“Il mondo è piccolo.”

“Troppo per i miei gusti. Che ti volevano fare?”

“Parlavano di qualche sorta di impianto di modificazione comportamentale. Ero in una sorta di struttura sotterranea, in buona compagnia tra l’altro.”

“Altri vampiri?”

“Polgara, Fyorl, M’Fashnik, oltre ai vampiri e a qualche altro amico squamato. Un bel campionario.”

“Forse vi vogliono solo studiare.”

“Beh, non studieranno me. E poi, dolcezza, con quelle armi…lo studio diventa la minore delle tue priorità, credimi.”

“Si stanno immischiando in cose che non li riguardano. Ne pagheranno le conseguenze.”

“Cosa che tra l’altro non dispiacerà a nessuno dei due, vero?”

“Qualsiasi cosa abbia, me l’ha fatta il demone che mi ha attaccato, su ordine di uno dei soldatini…l’assistente di cattedra della Walsh. E gliela farò pagare…” disse facendo per alzarsi, ma rinunciando e appoggiando la testa contro il muro “…appena riuscirò ad alzarmi da qui.”

“Hai fame?”

“No, per niente.”

“Vedremo.”

Si alzò diretto verso la cucina, e dal divano Buffy non riusciva a vederlo. Sentiva solo l’aprire e il chiudere dei vari sportelli, e le occasionali imprecazioni di Spike quando qualcosa cadeva a terra o su un suo piede. Circa una mezzora dopo, ritornò di là con quello che a Buffy pareva una delle Torri Gemelle, ma che Spike continuava a definire sandwich.

“Ti aspetti che lo mangi tutto? Tu sogni.”

“Sì, me lo dicono che sono un gran sognatore. Mangia.”

“Aspetterai a lungo.”

“Fallo o ti picchio…cosa che per inciso mi alletta particolarmente.”

“Quando starò meglio o ora?”

“Entrambe le volte. E ora prendi questo dannato piatto.”

Buffy prese il piatto dalle sue mani, guardò il sandwich e poi guardò Spike con sguardo implorante.

Sfortunatamente non si sarebbe fatto corrompere da lei con così poco, quindi Buffy sospirò e iniziò a mangiare.

“Visto che non era tanto difficile?” le fece notare quando il piatto ritornò ad essere vuoto.

“Meglio che non risponda.”

“E perché no? Qui paletti non ce ne sono…”

Buffy strinse forte le mani, e Spike non poté fare a meno di sorridere.

“Tu ci godi a vedermi così.”

“No…”

Buffy lo guardò storto.

“Sì, lo ammetto. Un pochino. Tu senza la tua incredibile forza…e quando mai succederà una seconda volta?”

“Spero mai più.”

L’aveva aiutata a tornare di sopra, poi Spike era tornato giù di corsa per cercare di darsi una calmata e un contegno. Non riusciva a darsi una spiegazione del suo comportamento, a parte il fatto che forse doveva essere impazzito. Quella era la Cacciatrice, maledizione! Ma non aveva esitato a dagli una mano a scappare, e a cacciarsi nei guai insieme a lui. Le era…riconoscente. Ma ogni sera pregava che quei tre maledetti graffi guarissero in fretta, altrimenti non sapeva cos’avrebbe fatto…

Anche Buffy si stava rendendo conto le cose erano cambiate. Lui continuava a punzecchiarla, i suoi commenti erano ironici come al solito, ma era diverso. E poi doveva ammettere che la sua schiena stava molto meglio da quando se ne occupava lui. Ora stava attento a non farle più male del necessario, e di questo gli era grata, ma certe volte…le mani, sulla sua schiena, sembravano qualche volta indugiare un po’ più del necessario, in una sorta di fuggevole carezza, diversa da quello che faceva prima per tormentarla.

***

Una sera, dopo aver controllato la sua ferita alla schiena, Spike uscì di casa.

Così non si poteva andare avanti. Lui stava migliorando, la ferita alla testa si stava chiudendo, ma Buffy? Miglioramenti non se n’erano visti. E aveva il brutto presentimento che non ce ne sarebbero stati fino a che qualcuno non sarebbe venuto ad aiutarli.

Ecco perché era alla disperata ricerca di un telefono. Doveva avvertire Giles.

“Pronto?” rispose l’Osservatore, con la voce impastata di sonno.

“Stammi a sentire, Giles. Buffy è con me, nella casa di montagna dei suoi nonni. Sta male…molto male. Muoviti a venire.”

“Buffy?” ripeté l’uomo, improvvisamente sveglio.

“Esatto. La tua Cacciatrice.”

Aveva riattaccato prima che Giles potesse dire qualsiasi altra cosa. Quei maledetti soldati di sicuro erano risaliti all’identità di Buffy, e poco ma sicuro controllavano il telefono di casa sua e di tutti quelli che la conoscevano.

“E ora speriamo che Giles sia più sveglio di quello che penso, Buffy” disse ritornando verso casa.

 

Una volta ritornato in casa, salì nella sua stanza e la chiamò mettendo la testa dentro. Nessuna risposta. Era tra le braccia di Morfeo. Ma dov’era finita la ragazzina rompiballe che avrebbe volentieri strangolato e ucciso, e chi era quel patetico scheletro che diceva di essere lei? Si era seduto sul letto per guardarla dormire, e le aveva tolto dalle mani il libro che stava leggendo. Albert Camus, "La peste". A stento trattenne una risata. Non pensava le piacessero certi autori…non pensava le piacesse quell’autore. Era uno dei suoi preferiti. Ma guarda le coincidenze del caso, pensò Spike chiudendo il libro e mettendolo sul comodino. Dai piedi del letto aveva preso una coperta, e gliel’aveva messa addosso.

“Buona notte” sussurrò, facendole una carezza con il dorso della mano. Poi, seguendo un irrefrenabile impulso aveva avvicinato il suo viso al suo, e aveva sfiorato le sue labbra con un bacio. Si era scostato un attimo, per guardare ancora il suo viso. Sapeva che non doveva restare, ma non riusciva proprio ad andarsene.

 

Spike scosse la testa e si alzò dal letto. Ma che stava facendo? Aveva appena baciato la Cacciatrice…No, a pensarci bene quella era solo una ragazzina con un gran fardello di problemi da non poter condividere e un cuore spezzato. Come lui. Si era già alzato, stava per andarsene, quando aveva sentito la mano di Buffy sfiorare la sua.

“Non andar via.”

“Continua a dormire…ero…ero venuto solo a vedere se avevi bisogno di qualcosa…”

Buffy però non lasciava andare la mano, e Spike si risedette sul letto. Facendo forza su un braccio, Buffy si era messa a sedere, o perlomeno ci aveva trovato prima di essere troppo stanca.

“Resta un po’ qui. Comincio a non poterne più di stare sempre da sola quassù.”

“E come fai a rendertene conto? È più il tempo che passi dormendo che quello che passi sveglia. E ora ho delle cose da fare di sotto.”

Cose da fare. Certo. Andar fuori e buttarsi nel lago gelato a poca distanza dalla casa, per esempio.

Buffy gli aveva afferrato la mano un’altra volta, e più forte.

“Perché hai tanta paura di me?”

“Ti sei rincretinita, Cacciatrice? O ti sei dimenticata di essere la Cacciatrice?”

“Rispondimi.”

Spike rimase in silenzio, e per la prima volta da… non sapeva neanche lui da quando, forse dalla prima volta che aveva incrociato la strada con lei, le lanciò una lunga occhiata dall’alto in basso. No, ecco che ritornava quel desiderio di metterle le mani addosso, e non per ucciderla, questo ormai lo aveva appurato… Ricominciò a pensare al lago con ancora più insistenza, ma il lago era distante. Buffy invece era lì, e gli bastava allungare una mano per sfiorarla, baciarla un’altra volta…

Non doveva approfittarsi della situazione.

Era una cosa che non aveva mai fatto in vita sua, lo lasciava fare ad Angelus e a quelli come lui. Ma se non si sbrigava ad uscire…beh, c’era una prima volta per tutto.

“Hai una possibilità di uscire da questa conversazione senza ammaccature, principessa. Usala.”

“Se non lo facessi?”

“Potrebbe non piacerti come andrebbe a finire…” sussurrò appoggiandole una mano sul ginocchio, e facendola scorrere verso l’interno della coscia. La mano poi risalì poi sul ventre, sotto la leggera maglietta di cotone, e solo allora incrociò di nuovo il suo sguardo con quello di Buffy. Pensava di leggerci imbarazzo? Sbagliava. Sbagliava di grosso. Buffy aveva osservato la mano di Spike, e l’aveva stretta con la sua, sollevando lo sguardo per incrociare il suo.

“Certo. Potrebbe.”

Ma perché faceva così?

“D’accordo. Ora te la sei proprio cercata.”

Spike l’aveva baciata con passione, facendo scivolare le sue mani gelide più in alto, sotto la maglia, facendo rabbrividire Buffy al contatto, e lentamente gliel’aveva sfilata. Buffy intanto stava facendo lo stesso con lui, e non aveva smesso un secondo di fissarlo negli occhi.. Persa nelle fantasticherie sui suoi occhi, fu riportata alla realtà dai suoi baci, che dalla gola iniziarono a scendere sul seno, e poi sul ventre abbronzato. Quasi non si accorse quando Spike le sfilò anche i pantaloni. L’abbracciò stretta, attento a non stringere dove le ferite erano ancora non rimarginate del tutto, e non poté fare a meno di trattenere un sorriso quando Buffy, dopo avergli lanciato un’occhiata, iniziò a slacciare la cintura dei suoi pantaloni.

Se aveva sorpreso lui, aveva sorpreso anche sé stessa. Non aveva mai fatto una cosa del genere, né con Angel e tantomeno con Parker. Cosa c’era di diverso stavolta?

Spike aveva ripreso a baciarle il collo, e Buffy chiuse gli occhi, abbandonando ogni pensiero e lasciandosi andare tra le sue braccia.

Ora erano distesi sul letto, e Buffy aveva chiuso gli occhi, abbandonandosi alle sensazioni che le mani di Spike le davano sfiorandola, stuzzicando i suoi punti più sensibili dentro e fuori di lei.

Se possibile, era diventata ancora più magra. Aveva quasi paura di stringerla, o di farle del male, e la interrogò silenziosamente con gli occhi, vicinissimi ai suoi.

Buffy gli aveva sorriso, e gli aveva avvolto le mani attorno per attirarlo ancora più vicino a lei.

Entrambi non riuscivano ad aspettare oltre.

***

Buffy aprì lentamente gli occhi, e subito un sorriso fece capolino sulle sue labbra.

Assurdo, veramente assurdo. Lei e Spike a letto insieme. A pensarci, tutto quello che avevano passato era assurdo: i soldati, l’operazione che volevano fare a Spike, quello che avevano fatto a lei…la nottata insonne appena passata era la conclusione perfetta. Buffy dovette mordersi le labbra per non cominciare a ridere. Non aveva parole per descrivere quello che c’era stato, e dubitava di trovare mai parole adatte a descrivere quella tempesta di sentimenti dentro di lei. Neanche Angel, il suo grande amore, le aveva mai fatto provare qualcosa di lontanamente paragonabile. Angel era stato dolce. Se ci fosse stato lui, non avrebbe nemmeno pensato a fare l’amore con lei. Invece c’era Spike. Spike si era lasciato andare, dimenticandosi delle sue condizioni, non l’aveva trattata come un cristallo. L’aveva trattata come una donna. E anche se le convenzioni suggerivano che avrebbe dovuto odiarlo per essersi approfittato di lei, sentiva che non ci sarebbe mai riuscita.

“Bei pensieri?”

Buffy voltò la testa alla sua destra. Spike era lì, con la testa appoggiata sul gomito, che la guardava.

“Ciao…”

“Ciao.”

“Da quant’è che sei sveglio?”

“Abbastanza.”

Buffy sorrise di nuovo, e poi scoppiò a ridere sommessamente.

Spike la guardò senza capire. “Che c’è?”

“Niente…solo che è la prima volta. La prima volta che c’è qualcuno al mio risveglio.”

Aveva distolto lo sguardo, per non fargli vedere il lampo di tristezza che era apparso, ma lui aveva indovinato quello che stava pensando. Le fece una carezza sul viso, e fece in modo che lei lo guardasse negli occhi.

“Angel non ti meritava e Parker era uno stupido che non si è reso conto di chi aveva tra le braccia. Per quanto mi riguarda, posso dirti solo una cosa. Abituati. Non ti lascerò andare tanto facilmente.”

Avevano fatto l’amore un’altra volta, e questa volta fu Spike a riposare sul petto di Buffy, mentre lei gli passava una mano tra i capelli, desiderando come lui che quel momento non finisse mai.

Poi Spike si era alzato, promettendole una tazza di caffè, e Buffy si era voltata verso la sua parte del letto, affondando la testa nel cuscino dove aveva dormito per sentire il suo profumo.

Era questo il paradiso? Buffy ci sperava.

***

Spike sbirciando fuori da una tenda si accorse che il sole stava per tramontare. Uscì di casa, e andò fino alla sua macchina per controllare se era a posto. Giles non si era fatto vedere, ed erano due giorni. Avrebbe dovuto pensarci lui.

Uscì dal posto dietro gli alberi dove era nascosta la macchina, e qualcuno lo stese con un colpo fortissimo alla nuca.

“Signor Giles! Venga!”

Giles guardò Spike, e lasciato andare il bastone andò verso la strega, già entrata in casa.

“Cosa c’è, Willow?”

“Chiunque abbia chiamato, aveva ragione. Buffy è qui” disse facendogli vedere la giacca della ragazza.

“Va di sopra. Forse è ancora qui.”

Giles non aveva fatto in tempo a finire la frase, che aveva sentito dei rumori al piano di sopra, ed era salito insieme a Willow. Aprendo la porta di una stanza, videro Buffy seduta sul letto che cercava di alzarsi, e che li aveva guardati con aria sorpresa.

“Buffy!”

“Giles, Willow, che fate qui?”

“Ti riportiamo a casa.”

“No…non posso tornare, ci uccideranno…”

“Chi?” chiese Giles avvicinandosi a lei per aiutarla ad alzarsi.

“I soldati…Riley…”

Prima che Buffy cadesse a terra, Willow si era precipitata dalla sua amica per sorreggerla e aveva guardato Giles, spaventata.

“Signor Giles, Buffy sta male, deve andare in ospedale.”

Giles rifletté per qualche istante, poi prese Buffy tra la braccia e la portò di sotto per metterla in macchina. Disse a Willow di far sparire ogni traccia del loro passaggio e di chiudere la casa, e poi partirono. Per dove, né Willow né Buffy lo sapevano. Avrebbe voluto domandarlo, come avrebbe voluto anche chiedere che fine avesse fatto Spike, ma tanto sapeva che a loro due dov’era finito non interessava, che più lontano stava meglio era. Si era rannicchiata contro il finestrino, dal lato opposto a quello dove sedeva Willow. Non voleva che la sua amica la vedesse piangere. Tanto non avrebbe capito il motivo.

***

Gail Lestrange passeggiava nervosamente nel portico della sua casa in montagna, tamburellando le dita sui gomiti del maglione e guardando la strada ogni cinque minuti, aspettando che la macchina di Giles varcasse l’entrata della sua proprietà con la paziente di cui le aveva accennato al telefono.

Quando sentì il rumore del motore alzò gli occhi al cielo e ringraziò il signore, precipitandosi verso la macchina.

“Muovetevi, tutti e due! Non ne abbiamo tempo da sprecare, chiaro?”

Senza aspettare che i due scendessero dall’auto, Gail aveva prese Buffy tra le braccia e l’aveva portata dentro di corsa per visitarla. Quando anche Giles e Willow la raggiunsero dentro, Gail aveva già preso un campione di sangue a Buffy, e l’aveva attaccata ad una flebo.

“Dovrò analizzarlo. Spero di fare in tempo” e corse verso una porta, lasciandoli lì con Buffy.

“Molto sbrigativa, questa dottoressa Lestrange” commentò Willow.

“È stata licenziata dal Consiglio per aver difeso la sua cacciatrice dalla prova dei diciotto anni, e per aver menato Travers sempre a causa della prova. Per la prima volta sono felice di aver perso il lavoro…ora Gail ha ripreso a parlarmi.”

Dopo mezz’ora Gail mise fuori la testa dal suo laboratorio, chiedendo che uno dei due andasse a darle una mano ad effettuare le analisi.

“Che il cielo mi fulmini se ho mai visto questa tossina. Ho bisogno di aiuto con le analisi.”

Willow corse dentro prima che Giles avesse il tempo di chiedere a Gail cosa intendesse, e rimase solo al capezzale di Buffy, che se possibile stava diventando ancora più pallida. Sembrava un cadavere, forse tra non molto lo sarebbe stato sul serio se Gail non trovava l’antidoto.

Le ore passarono, e solo verso l’alba Gail uscì con una fiala di colore violetto che iniettò nella flebo della cacciatrice, accompagnata da una Willow altrettanto esausta.

“E ora preghiamo di essere arrivati in tempo” sussurrò prima di lasciarsi cadere su di una sedia accanto a quella di Giles.

Solo dopo aver molto insistito, Gail riuscì a spedire Willow a dormire, e dopo aver controllato ancora una volta le condizioni di Buffy, andò a preparare un po’ di caffè che portò a Giles, seduto nel portico che fissava il vuoto.

“Giles, l’antidoto è in circolo solo da poche ore. E da quanto mi hai raccontato, Buffy non è certamente una che si fa abbattere dal primo venuto, umano, demone o tossina che dir si voglia.”

“Grazie, Lestrange.”

“Dai, siamo fuori tutti e due, credo sia ora di chiamarci Gail e Rupert. E comunque, con tutte le volte che mi hai fatto i compiti di Pozioni aiutarti era il minimo.”

“Come sta?”

“Ora dorme, ma sono ottimista. Insomma, il Consiglio prima di buttarmi fuori mi pagava fior di quattrini per fare queste cose…ma ti giuro che non ho mai visto niente di simile.”

“Neanche Buffy. Prima di perdere definitivamente conoscenza, lungo il viaggio ci ha parlato dello scontro. Ha detto che era un Polgara.”

“Non è possibile, la tossina…i Polgara non hanno questo meccanismo di offesa. I Troxa e i N’Dobnik sì, ed è infatti quello che aveva in corpo Buffy.”

“Come te li spieghi i graffi sulla schiena?”

“A giudicare dalla profondità, e dalla distanza che intercorre tra di loro, direi che è stato o Freddy Kruegel o un demone Phyoga.”

“Ti renderai conto tu stessa che è impossibile. Demoni diversi non collaborano insieme, neanche contro la Cacciatrice.”

“Qualcuno si è divertito a creare un bel puzzle, davvero. E la vuoi sapere una cosa? Temo anche di sapere chi c’è dietro. Un po’ di tempo fa, quando stavo a San Francisco, ho ricevuto una visita da parte di alcuni militari di un progetto speciale segretissimo, chiamato The Iniziative, e mi volevano nella squadra che sarebbe venuta a lavora a Sunnydale. Ho letto i nominativi della squadra, ma quando ho visto chi era a capo di tutto ho detto di no, ho impacchettato le mie cose e sono venuta qui tra i monti.”

“Chi era che comandava?”

“Comandava, e comanda tuttora, Maggie Walsh.”

“Mai sentita.”

“Infatti non è del nostro ambiente. Ma quando l’ho vista nella fotografia mi è preso un infarto. E scommetto che il nome Vivien Granger ti dice di più.”

“Vivien Granger…no, non quella Vivien Granger!”

“La dottoressa Frankenstein del Consiglio, o come la chiamo io, la donna che visse due volte, considerato che dovrebbe essere morta da un pezzo.”

Vivien Granger…Giles la conosceva di fama. Una mente veramente brillante. Era arrivata in Accademia con alle spalle una laurea in Genetica e una in Psicologia, e una famiglia che sfornava Osservatori e Osservatrici da generazioni, ed antica quasi quanto il Consiglio stesso. Era subito balzato agli occhi che alla signorina Granger i demoni non bastava studiarli sui libri. Ogni occasione era buona per proporre autopsie, esami, e mentre le sue compagne di corso uscivano per andare alle feste, lei passava le serate nel laboratorio di Patologia a svuotare i cadaveri di demoni e uomini per esaminarne minuziosamente gli organi. I suoi compagni pensavano che la sua ossessione fosse maniacale. Sbagliavano. Vivien superò il maniacale quando, dati alla mano, annunciò alla Cacciatrice e al Consiglio che era in grado di creare ibridi tra umani e demoni, e anche il demone perfetto, senza punti deboli, tranne quello di essere totalmente sottomesso al suo creatore.

La Cacciatrice e il Consiglio, disgustati e per una volta tanto in perfetto accordo, cacciarono via Vivien Granger, e la sua famiglia, sentendosi profondamente disonorata, fecero altrettanto diseredandola. Da allora era scomparsa nel nulla, fino a quando non era giunta la notizia che era morta in un incendio divampato in un laboratorio di ricerca medica in Svizzera.

“E così è tornata…con qualcuno ancora più pazzo che la finanzia e la sta anche a sentire. Pazzesco. E Buffy ci stava per rimettere la vita.”

“E non per scherzo.”

“Non ti ringrazierò mai abbastanza, Gail.”

“Ci penserà la tua Cacciatrice a farlo.”

***

Buffy aveva dormito tutto il giorno, e si era risvegliata solo a notte inoltrata, con una fame incredibile. Gail, previdente, le aveva messo accanto al letto una pila di sandwich e una bottiglia d’acqua, e Buffy mormorando un ringraziamento al cielo li fece sparire in meno di cinque minuti.

Il mattino dopo, quando scese a far colazione, si ritrovò Willow attaccata al collo, che minacciava di farla cadere.

“Che paura ci siamo presi tutti, ma ora stai bene, vero? Vero?”

“Se mi lasci respirare starò anche meglio, Will…”

“Oh! Oh! Scusa!”

“Va meglio sul serio?” disse una donna che Buffy non aveva visto prima.

“Sì…grazie. Lei chi è?”

“Gail Lestrange. Un’amica di Giles.”

“Ti ha rimesso a posto lei, Buffy.”

“Allora, grazie di nuovo, dottoressa Lestrange.”

“Gail basta e avanza.”

La donna dopo aver guardato l’orologio disse alle due ragazze che doveva recarsi al lavoro nella città vicina e che sarebbe tornata nel pomeriggio.

“Buffy, se andrai nel retro della casa, credo che troverai qualcosa che ti piacerà molto” disse Gail uscendo.

E aveva ragione. Dietro la casa c’era un sacco, appeso ad una trave di ferro, e Buffy nel vederlo comprese quanta voglia aveva di riprendere ad allenarsi e di tornare a combattere.

“Ehi, vacci piano” le consigliò Willow, mettendole una mano sulla spalla “Gail ha detto che le forze ti ritorneranno completamente in un paio di settimane, ma devi stare anche molto a riposo…”

Buffy non la stava già ascoltando, si stava bendando le mani e aveva iniziato a tastare la qualità del sacco.

“Esattamente come parlare al vento” si disse sedendosi e guardando l’amica allenarsi.

Buffy però aveva un altro motivo per farlo, e di sicuro Willow non avrebbe capito. Perché lui non c’era? L’aveva ingannata? O era successo qualcos’altro? Quei dubbi che le scoppiavano in testa la inducevano a colpire sempre più forte, come se potesse scacciarli in quel modo, ma aveva un solo modo per scoprire se erano veri o no. Tornare a Sunnydale. Parlare con Spike, ammesso che fosse lì. E capire finalmente cosa diavolo stesse succedendo.

CAPITOLO 3

Joyce era preoccupata.

Le parole di Tara l’avevano solo fatta preoccupare di più. Era venuta a casa sua con l’aria di qualcuno che aveva qualcosa da cui guardarsi le spalle, e le aveva detto che Buffy doveva nascondersi, e che Willow era con lei. Sul dove si trovasse, o su cosa fosse successo, la ragazza aveva le labbra cucite. Poteva solo aspettare, e sperare.

Quella sera, mentre preparava la cena, si accorse che era finito il vino, e andò a prenderlo giù in cantina. Accesa la luce, la lampadina si fulminò dopo due secondi, sufficienti a Joyce per capire di non essere sola.

“Spike?”

“Salve, Joyce…eh, eh, finalmente ti sei accorta che ci sono anch’io…”

Era ubriaco fradicio. Grazie ai lampi di luce che venivano dalle finestrelle del seminterrato, Joyce scorgeva Spike bere dal collo di una bottiglia e avvicinarsi.

“Sei ubriaco.”

“No, solo un po’ alticcio…ci vuole altro per stendermi…la tua piccola Buffy lo sa bene…”

Spike barcollò, poi perse l’equilibrio e cadde sulle ginocchia, lasciando infrangere la bottiglia.

“Un consiglio” gli sussurrò Joyce all’orecchio mentre lo portava di peso al piano di sopra “Piantala di struggerti così per Drusilla, lo dico per il tuo bene.”

Spike si abbandonò su una sedia della cucina, e aveva fatto per afferrare la bottiglia mezza vuota che stava sul tavolo. Joyce però fu più veloce.

“No…”

“Lasciami bere!”

“L’unica cosa che ti lascerò bere sarà un bel caffè forte. Ma si può sapere che ha questa donna di tanto speciale?”

“La amo…Dio sa se l’amo…se me l’avessero detto secoli fa, che risate che mi sarei fatto…”

“Ti ha lasciato lei, ricordalo.”

“No, sono io ad averla abbandonata…che stupido sono stato…lei aveva bisogno di me e io di lei, e sono uscito dal gioco così…”

“Comincio a non capire di chi stai parlando.”

Spike chinò la testa sul tavolo, svenuto, e Joyce dovette tenersi la sua curiosità.

Il campanello suonò qualche istante dopo.

Joyce andò ad aprire la porta scuotendo la testa, e si trovò davanti un ragazzone biondo con gli occhi chiari, che gli sorrideva cordiale.

“Buonasera, signora Summers. Buffy è in casa?”

“No…no, al momento Buffy è via. È da una sua zia sulla costa orientale. Sei un suo amico?”

“Sono un compagno di corso di sua figlia, mi chiamo Riley Finn. Sono alcuni giorni che non la vedo, e mi ero preoccupato visto che anche la sua amica Willow è sparita dopo.”

“No, niente di grave. Buffy è solo molto stanca, e si è voluta prendere una vacanza. Willow ha semplicemente deciso di accompagnarla.”

“Capisco. Grazie dell’informazione.”

“Di niente.”

“Un’ultima cosa. Nei dintorni un agente mi ha detto di aver visto aggirarsi un brutto figuro. Capelli ossigenati, giacca di pelle…l’ha visto?”

(No, ho solo la sua fotocopia svenuta nella mia cucina.) “No, non ho visto nessuno.”

“Stia attenta, dicono che è pericoloso e che ha già aggredito molte persone.”

“Grazie, Riley, farò attenzione.”

“Dovere, signora Summers. Buona sera.”

Joyce si assicurò che se ne fosse andato, poi corse in cucina da Spike e decise di riportarlo di sotto. Non era sicuro farlo rimanere lì, e comunque fare due passi non poteva fargli che bene.

“Che diavolo hai fatto stavolta?”

“Sono innocente, Vostro Onore…” biascicò lui alzando la testa e facendola ricadere sul tavolo subito dopo.

“Ti cercano.”

“I soldatini vogliono trapanarmi il cranio, già…”

Joyce sospirò, e dopo avergli messo un braccio intorno lo aiutò ad alzarsi e a tornare di sotto. Sostituì la lampadina fulminata, dopodiché cercò di sistemare il vampiro alla bell’e meglio.

“Rimani qui e non andartene in giro, chiaro?”

Spike grugnì qualcosa in risposta e svenne di nuovo. Joyce andò a prendergli una coperta e un termos di caffè, e si premurò di fargli sparire tutte le bottiglie.

Quel suo andirivieni però era stato notato da Riley, seduto nella sua macchina parcheggiata poco distante. Il cellulare squillò, e lui, senza distogliere lo sguardo, rispose.

“Agente Finn, rapporto.”

“La civile sa qualcosa, ma non credo che interrogarla produrrebbe qualcosa di utile. E non credo neanche sappia dove si trova la figlia. Mi ha raccontato una bugia, e si vedeva da lontano.”

“Non crede o ne è certo?”

“Ne sono certo, signora.”

“L’Ostile 17?”

“Lo avevamo localizzato la notte scorsa, ma è riuscito a scapparci vicino a questo quartiere. Abbiamo diffuso la notizia che è un criminale pericoloso…funzionerà.”

“Trovate lui e la ragazza. Non tollererò altri ritardi.”

“Ai suoi ordini, professoressa Walsh.”

***

Gail era tornata, e si era accorta subito che Buffy si era ripresa a tempo di record. Scalpitava per tornare a Sunnydale. Ma doveva trattenerla, a tutti i costi. Lo aveva promesso a Giles.

“Buffy, almeno una settimana. Devo essere certa che la tossina sia stata eliminata dal sangue.”

“Gail, io sto benissimo. E se proprio vuoi tenermi qui, almeno dimmi la ragione.”

Gail sospirò “La ragione si chiama Vivien Granger…ma credo che tu la conosca come Maggie Walsh.”

“Che cosa c’entra la mia prof di Psicologia?”

Gail raccontò tutto, senza omettere neanche un dettaglio di quello che quella donna aveva fatto.

“Motivo in più per lasciarmi andare.”

“Francamente, è un motivo in più per starsene nascosti.”

“Gail, non hai capito. Io me ne andrò di qui con o senza la benedizione tua, di Giles o di Willow. Voglio risposte, e le otterrò.”

“Posso fare altro per trattenerti?”

“Dubito seriamente ti starei a sentire.”

“Allora lascia che ti aiuti a non farti ammazzare.”

“E come?”

Gail rise “Hai mai visto ‘La donna che visse due volte’?”

***

Spike iniziava ad essere nervoso. Troppo caffè.

Andava avanti e indietro, a destra e sinistra, senza fermarsi mai. Se lo faceva, avrebbe ripensato a quando era tornato a Sunnydale, e non voleva. Quell’incontro maledetto lo voleva cancellare dalla sua mente, come voleva cancellare il momento in cui Giles aveva tirato fuori quelle foto…

 

 “Magdalena Hirsh, lady Rebecca, insieme al suo amante John Mason. Estelle Duvivier, vittima di Angelus su quella nave. Dovresti almeno avere un vago ricordo di loro.”

“Di Magda ho tutto fuorché un vago ricordo.”

“E questa è Patricia Rachel McGaren.”

 

Avrebbe voluto stracciare quelle foto, bruciarle, ma Giles era stato più veloce e le aveva rimesse via tutte. Eccetto quella che ritraeva Patricia, l’esatta copia di Buffy.

 

“Buffy ha ricordato una vita precedente. É comune, per quanto riguarda la cacciatrici, perché di solito chi è stata una cacciatrice tende a esserlo anche nella vita seguente. Ma Buffy ha sognato di essere una vampira. Una delle amanti di Angelus, per la precisione, che per amore tuo, pur di salvarti la vita, si è fatta uccidere.”

“E cosa implica?”

“Di solito le azioni compiute in una vita, tendono a compiersi anche nella seguente.”

“Buffy non è Patricia, Osservatore.”

“Io lo so bene. Ma tu? So tutto della breve storia tra te e la gentildonna di Amsterdam, di come avete rischiato tutto pur di stare insieme e di come lei è morta. E ora tu mi vieni a dire di essere innamorato di Buffy. Come fai ad essere certo di amare lei, e non il ricordo di Patricia? Se la storia andrà avanti lei morirà, perché è l’unico finale che può esserci. Lasciala in pace, prima che sia troppo tardi.”

“Tu sogni. Io Buffy non la lascerò mai.”

“Da una delusione di cuore si potrà riprendere, ma dalla morte non si torna indietro. Pensaci, la prossima volta che la guardi negli occhi.”

 

E così Buffy era Patricia. Lo avrebbe dovuto capire. Ricordava come lei si era sacrificata per lui, quella sua promessa… ‘Mi sdebiterò, in un altro tempo, in un altro luogo…’

Si era sempre sentito in colpa per quanto era successo, per non averlo saputo impedire. E ora si ritrovava di nuovo allo stesso punto. Stavolta avrebbe avuto il coraggio di non farla morire per lui un’altra volta? O doveva fare quel che diceva Giles? No, escluso, non voleva farlo e nessuno gli diceva che quanto diceva l’Osservatore fosse vero. Poteva benissimo essere una coincidenza…ma a questo non credeva neanche lui. Più ripensava a Patricia, più rivedeva in Buffy lo stesso sorriso, la stessa luce negli occhi. Avrebbe voluto tagliarsi la testa per smettere di sentirsi tanto confuso, e smettere di pensare, ma doveva arrivare ad una decisione.

***

Miller si stava annoiando a sorvegliare la stazione di servizio alle porte di Sunnydale, ma se la Walsh era convinta che Buffy o Spike si sarebbero potuti mostrare lì, non l’avrebbe contraddetta lui. Fece per bere il quarto caffè da quando si trovava lì, ma si accorse che era ormai freddo, e decise di andare a prendersene un altro. Fu proprio nel momento in cui alzò lo sguardo che vide Buffy entrare dentro la stazione di servizio.

“Base, mi ricevete? Sono Miller.”

“Hai trovato l’Ostile 17?”

“No, signora. Ho trovato la ragazza.”

“Dov’è?”

“Mi sto preparando a catturarla. Istruzioni?”

“Non farle del male, ma sta attento perché è molto forte. Ci terrei a interrogarla, e per questo deve essere lucida e cosciente…regolati di conseguenza. Passo e chiudo.”

Aveva fatto per dirigersi verso il negozio della stazione di servizio, dove aveva visto entrare Buffy, ma la ragazza lo aveva preceduto e si era diretta verso la fermata degli autobus. Graham si era avvicinato con cautela, pronto a tutto, ma quando avvertì la sua presenza, Gail si alzò in piedi e si tolse la parrucca bionda, facendo un inchino a Miller e scoppiando a ridere.

“Trovala ora se ne sei capace, ragazzino.”

***

Buffy, con una parrucca scura e un paio di occhiali, scese da una macchina ringraziando la giovane coppia che le aveva dato una passaggio fino a Sunnydale.

“Mi avete salvato la vita!”

La coppia si allontanò chiedendosi cosa volesse dire, mentre Buffy, guardandosi intorno, si apprestò a suonare il campanello di casa sua.

Sua madre osservò la sconosciuta per un istante, poi spalancò gli occhi e la tirò in casa subito.

“Tesoro, finalmente…ma che è successo?” disse abbracciandola.

Buffy si tolse la parrucca, gli occhiali, e la giacca di Gail.

“Ho delle persone che mi inseguono, sono qui solo per fare rifornimenti di armi e riposarmi un po’…mi dispiace, mamma, ma devo nascondermi ancora per qualche giorno.”

“Chi t’insegue?”

E così Buffy cercò di spiegare alla madre quel che stava succedendo in città, the Iniziative, e soprattutto la mise in guardia da Riley.

“Non ti preoccupare, gli ho detto che sei sulla costa orientale.”

“Come mai gli hai mentito d’istinto?”

“Mi ha fatto venire in mente i Validi di “Gattaca”. Te lo ricordi il film?”

Buffy annuì, anche se del film non si ricordava granché. Ma era contenta che sua madre tenesse alla larga Riley.

“Ah…tesoro? Se vai in cantina, credo che la troverai affollata.”

“Come?”

“Devo andare a comprare alcune cose per la cena. Tornerò tra poco, ma intanto tu vai in cantina, chiaro?”

Buffy la guardò uscire, e facendo spallucce andò a vedere cosa ci fosse in cantina.

Spike sentì dei passi provenire dalla scala che portava alla cantina, e immaginò dovesse essere Joyce che si sincerava non fosse morto. Ma quando si voltò, sulla scala non ci trovò Joyce, ma Buffy. Ed entrambi erano sorpresi di vedere l’altro là.

Buffy si ripromise di dire un paio di cosette a sua madre, e scese le scale continuando a guardarlo.

“Non ci credo.”

“Ciao, Buffy.”

Buffy sorrise, e lo abbracciò stretto. Dio, quanto le era mancato…

Si accorse subito che lui non stava ricambiando il suo gesto, e alzò gli occhi per incontrare il suo sguardo.

“Non vedendoti mi ero preoccupata, perché te ne sei andato?”

Spike guardò quegli occhi verdi, domandandosi dove avrebbe trovato il coraggio di fare quel che doveva fare. ‘Forza, lo spettacolo inizia.’

“Perché come ti avevo detto, non volevo farmi trapanare il cranio. Se fossi rimasto mi avrebbero preso” le disse allontanandosi un po’ da lei.

“Potevi dirmelo.”

“Passavi venticinque ore su ventiquattro a dormire, era un po’ difficile.”

“Che cos’hai, si può sapere?”

“Che cos’ho? Sono stanco. Stanco di dovermi nascondere da quei dannati soldati, stanco di dovermi preoccupare dell’integrità del mio cranio e soprattutto sono stanco di doverti dare spiegazioni. O solo perché una notte abbiano dormito insieme ti senti in diritto di chiedermele?”

“Non stai dicendo sul serio.”

“Davvero? E cosa ti rende tanto sicura di questo, eh?”

Buffy faceva di tutto per mantenere la sua espressione. Ma doveva fare in modo che lei si allontanasse definitivamente da lui, perciò decise di continuare.

“Oh no…non dirmi che hai pensato che ci fosse qualcos’altro, vero? Perché se è così ti spiego subito che ti sbagli, dolcezza…anche se ti assicuro che quello che è successo non mi è dispiaciuto per niente…”

Spike si ritrovò contro il muro, a causa del pugno che Buffy gli aveva tirato. Se n’era andata senza dire una parola, troppo ferita e arrabbiata per dirgli qualcosa di velenoso come quello che lui aveva detto a lei. Senza che potesse impedirlo, le ritornarono alla mente quel discorso con Angelus quel mattino…la relazione con Parker…e non poté fare a meno di dirsi che era veramente una stupida. Era decisa a non farsi fregare più da persone del genere, e invece ci era caduta di nuovo. Stupida, stupida e ancora stupida!

 

Spike aveva sentito dei passi e una porta, presumibilmente quella di casa, sbattuta con violenza, segno che doveva essere uscita.

“Spero che ora sarai contento…spero che ora tutti voi siate contenti…”

E con tutta la forza che aveva tirò un pugno contro il muro di mattoni. La mano si era tagliata, sanguinava, ma non sentiva assolutamente niente.

Quella sensazione però sparì in fretta quando si rese conto che Buffy era fuori, sconvolta, di notte, con alle calcagna una truppa di soldati che pur di catturarla non sarebbero andati per il sottile.

CAPITOLO 4

Graham non riuscì a credere alla sua fortuna. Era uscito di nuovo alla ricerca di quella maledetta ragazza, disperando di trovarla perché ormai la riteneva troppo furba per farsi beccare…e se l’era trovata davanti, intenta a pestare a sangue un gruppo di vampiri.

Una volta realizzato di avercela fatta, afferrò la ricetrasmittente, sempre continuando ad osservarla da dove si trovava.

“Miller a base, passo.”

“Parla, soldato.”

“Signora, ho trovato la ragazza. Voglio essere sicuro di portare a termine la missione questa volta, richiedo appoggio.”

“Umano o speciale?”

“Entrambi. Non è un’avversaria comune, signora.”

“Questo l’abbiamo appurato, Miller. È l’Ostile 17?”

“Nessuna traccia nelle vicinanze della ragazza.”

“Aspetta la squadra di appoggio, prima di tentare di catturarla. Se prendiamo lei, tempo qualche ora e avremo anche lui. Passo e chiudo.”

 

Spike continuava a maledirsi per quel che aveva fatto. Perché aveva parlato? Avrebbe potuto farlo in un altro momento, finita questa storia di the Iniziative…e poi non sapeva spiegarsi perché aveva creduto a quanto Giles gli aveva detto, invece di ammazzarlo e fare cosa gradita al mondo.

Buffy NON è Patricia, NON morirà in quel modo assurdo per colpa mia, continuava a dirsi…ma c’era quella vocina che non riusciva a zittire, che continuava a ripetergli nella testa: E se invece fosse tutto vero?

 

La cosa importante ora era ritrovare Buffy, se necessario l’avrebbe riportata a casa con la forza, e poi le avrebbe finalmente raccontato tutto di lui, di Patricia e di Giles.

In quell’istante si rese conto che pochi metri avanti a lui c’erano i resti di una battaglia: sangue, frammenti di artigli, squame, e corazze, qualche demone morto…e armi bianche, insieme ad un discreto numero di proiettili.

Spike osservò compiaciuto la carneficina.

“Chissà se mi hanno fatto fuori quella carogna a cui dovevo mille dollari? Se sì, grazie, vi devo un favore…”

Poi si accorse che vicino ai suoi piedi c’era la croce d’argento di Buffy, coperta di sangue…Spike, presala in mano incurante dell’ustione che l’argento gli stava provocando, si rese conto con un misto di collera e di paura che il sangue che la copriva era proprio quello di Buffy.

“D’accordo, dannati” disse mettendosela in tasca “ora ve la siete proprio cercata.”

***

Buffy si risvegliò in una stanza completamente bianca, con la sgradevole sensazione di non riuscire a muoversi. E quando si svegliò del tutto si rese conto di essere legata, e che ad ogni mondo non sentiva niente dal collo in giù.

Cercò di capire dove si trovasse movendo la testa, e si accorse di essere sola. La cosa non le dava nessun sollievo. La mancanza di sensibilità la faceva sentire vulnerabile e la terrorizzava a morte.

Improvvisamente sentì dei rumori dietro di lei, e comprese che doveva esserci una porta. Sentiva il rumore dei passi che riecheggiava nella stanza, e poi un viso sorridente e familiare apparve sopra di lei.

“Ciao, Buffy, hai dormito bene?”

“Riley…”

“Eh, sì, lo confesso, di giorno recito la parte dello studente timido e imbranato e di notte sono un cacciatore di diavoli e altri scherzi della natura. Uno carino come te però non mi era ancora capitato…”

Le fece una carezza con il dorso della mano, e Buffy rimpianse di non poter sentire il suo corpo rabbrividire dal disgusto.

“Vorresti tirarmi un pugno, vero? O un calcio che mi faccia volare contro la parete? Mi dispiace, piccola, ma questo anestetico sperimentale non te lo permetterà di sicuro. La dose che ti abbiamo dato ucciderebbe un elefante, invece a te il massimo che ha fatto è stata una paralisi totale…”

“Brucerai all’inferno.”

“Spiacente, chérie, ma tra i presenti quello che brucerà all’Inferno non sarò certo io. Anzi, per dirla tutta, tu sei già, all’Inferno.”

Riley inarcò ironicamente le sopracciglia, nel vedere l’espressione carica d’odio nei suoi confronti da parte di Buffy.

“Spero che la dottoressa Walsh decida di sperimentare su di te l’impianto di controllo comportamentale che sta sperimentando. Non mi dispiacerebbe affatto averti tutta per me, Summers…”

E prima che Buffy potesse rendersene conto le aveva afferrato il viso con le mani per tenerlo fermo e l’aveva baciata quasi con violenza.

“Bastardo!”

“Fra qualche ora non mi chiamerai più così, te lo prometto. Con permesso.”

Di nuovo Buffy cercò di muoversi, senza risultato. E la sensazione di annebbiamento stava tornando…Riley doveva averla drogata quando l’aveva baciata…

Riley, levandosi le labbra di gomma, dalla porta osservò gli occhi di Buffy chiudersi, e mandò a chiamare l’équipe della dottoressa Walsh affinché iniziassero a fare su Buffy tutti gli esami e i test che desideravano, prima di procedere con l’intervento.

***********

Spike, seguendo l’odore di sangue, arrivò fino alla Lowell House. Probabilmente era il covo di quei maledetti soldati… ma se ne fregava, al momento.

E decise di entrare ugualmente. Ma a modo suo.

Bussò alla porta, e al primo malcapitato che si trovò di fronte saltò alla giugulare, lasciandolo poi cadere a terra in una pozza del poco sangue che gli era rimasto in corpo. Mossi pochi passi all’interno, e visti gli altri abitanti, decise che non era dell’umore adatto per chiacchierare o torturare qualcuno.

Sangue.

Voleva veder scorrere il sangue.

 

Dopo aver spezzato il collo dell’ultimo ragazzo nella sala, decise di andare alla ricerca di qualche altro sopravvissuto. Ora che si era calmato e il momento catartico era giunto, si era reso conto che senza nessuno che cantasse, non avrebbe mai trovato Buffy.

Non aveva ancora finito di esprimere il pensiero, che il suo udito gli fece scoprire degli scricchiolii e un respiro affannoso nella stanza in fondo al corridoio.

Un sorriso gli si allargò sul volto, e lentamente si diresse verso la porta.

La aprì con un calcio, e si guardò intorno. Povero stupido moccioso. Nell’oscurità poteva quasi vedere le gocce di sudore freddo che imperlavano la sua fronte. Era nascosto in un angolo, erroneamente sicuro che il buio potesse proteggerlo, tremante come una foglia…

Spike mosse qualche passo e gli si piazzò davanti, le mani sui fianchi.

“Senti un po’, moccioso, ma dove pensi di vivere? A Paperopoli?”

Detto questo, lo sollevò per il bavero e portò il viso del ragazzo vicinissimo al suo, ora mutato nel volto di demone.

“Domandina facile facile. Chi sono io?”

Il ragazzo tremava troppo per rispondere, e Spike alzò gli occhi al cielo.

“Ma porca di quella miseria, per una volta che voglio parlare invece di uccidere, la mia controparte non parla! Ma che cos’ho di tanto terrificante? Bene, genio, altra domanda… e vedi di rispondere, altrimenti quello che ho fatto ai tuoi amichetti sarà niente rispetto a quello che farò a te. Cerco una ragazza. Bionda, bassina, carina, ma niente di straordinario… Buffy Summers. Puoi aiutarmi?

Il ragazzo, con una mano, indicò il pavimento “C’è… C’è un la-laboratorio so-so-sotterraneo…”

“Bene. E come ci arrivo? Rispondimi in tempi brevi, però, non ho tutta la notte.”

“Lo spe-specchio. È una porta… dietro c’è un ascensore…”

“Davvero? Grazie di cuore…” rispose Spike, lasciando andare il ragazzo e avvicinandosi allo specchio. Il ragazzo, approfittando del secondo di distrazione, corse fuori dalla porta, diretto all’uscita. Spike sentì il suono che produce un respiro profondo, fatto da qualcuno che sta per mettersi ad urlare.

Spike, più veloce, afferrò dalla scrivania un paio di forbici e gliele lanciò contro, prendendo un polmone e impedendogli di proferire verbo.

“Niente di personale, amico” disse osservandolo cadere a terra “È solo che odio la gente che pugnala alle spalle…” commentò mentre iniziava a forzare l’entrata al sotterraneo.

 

Una volta dentro la sede di The Iniziative vide che era deserta, perlomeno la zona dove si trovava lui. Una cosa molto strana. A meno che…

“A meno che non sia una fottutissima trappola. Evviva.”

Non aveva quasi finito di pronunciare la ‘a’ di ‘evviva’ che sentì la punta di uno di quei manganelli elettrici contro la schiena, in corrispondenza del cuore.

“Ostile 17, ma che bella sorpresa. Pensa, non ti abbiamo ancora disdetto la suite… proprio di fronte a quella della tua puttana.”

Anche se avrebbe desiderato spezzargli collo e scheletro osso per osso, Spike decise che non sarebbe servito a Buffy per niente se si faceva rinchiudere e fare un elettroshock. Doveva solo aspettare di essere abbastanza vicino ad una zona conosciuta.

Entrato nel livello che lo aveva avuto come ospite, sorprendendo la guardia e le altre due che si erano aggiunte nel tragitto, prese le loro armi elettriche e diede loro un assaggio prolungato della loro stessa medicina un paio di volte. Tre con la guardia che lo aveva beccato per prima.

Fatti sparire i corpi, e indossata una delle divise, iniziò a correre alla cella dove lo avevano rinchiuso i soldati. Quei chiacchieroni avevano detto che Buffy era in quella di fronte a lui, non sarebbe stato difficile arrivare da lei. Un po’ di più sarebbe stato uscire, ma ci avrebbe pensato in seguito. Aveva già una mezza idea.

Avevano detto di fronte alla sua vecchia cella, quindi non era molto distante da dove si trovava ora.

 

Arrivato di fronte alla sua porta, si accorse che c’erano dei medici all’interno, intenti a effettuare Dio solo sapeva che esami, slacciando e riallacciando il camice ospedaliero di Buffy come fosse stata una bambola. Forse aveva lottato all’inizio, ma l’espressione vitrea dei suoi occhi era un chiaro segnale della sua resa. E del fatto che era certa che non sarebbe uscita da quel posto con le sue gambe.

I medici fecero per andarsene, e Spike si nascose in un anfratto del muro. Una volta andati via, utilizzando la carta magnetica attaccata alla sua divisa, entrò nella cella della cacciatrice.

O almeno di quella che lui sapeva essere la cacciatrice. La patetica creatura in quel letto non le assomigliava per niente.

Gli passò di fronte agli occhi un flash di Buffy allo chalet, e lo ricacciò via all’istante. Non era il momento per certe cose. E poi Buffy ora aveva ripreso a disprezzarlo, e andava bene così. Avrebbe fatto in modo di farle qualcos’altro appena usciti da lì, dopo averle raccontato tutto, e tutto sarebbe tornato alla normalità.

“Ma guarda un po’ chi c’è.”

Buffy aprì gli occhi. E poi li sgranò.

“Prima che tu dica qualsiasi cosa” disse slacciando le cinghie che la costringevano a letto “o inizi a ricoprirmi di insulti, usciamo da qui e lasciamo questa folle ai suoi giochini. Beh?”

Buffy era ancora a letto, e lo guardava. Spike non riusciva a capire perché non fosse scattata in piedi, l’avesse usato come punching bag e scattata verso l’uscita.

“Non mi sento le gambe. E non molto d’altro.”

“Splendido” disse lui prendendola in braccio.

Di nuovo ricordi dello chalet. Ma perché non l’aveva uccisa quando poteva farlo, dannazione? Sarebbe rimasto solo, a deprimersi per Drusilla con una buona bottiglia di bourbon, e a sopravvivere. Forse ad un certo punto si sarebbe puntato un paletto al cuore e l’avrebbe fatta finita con quello schifo di non vita. Tanti saluti a tutti. E che se ne andassero tutti all’inferno.

E invece si era ritrovato a salvare la vita alla sua peggiore nemica. Si era ritrovato a curarla, pungolarla per farla resistere, e…

Amarla?

Oh no. C’era caduto di nuovo.

Amore… per una cacciatrice… per quella cacciatrice…Diavolo, che bella fregatura.

 

Non credeva di farla franca , ma quando si trovò a cinque metri dall’ascensore che li avrebbe portati in superficie e al sicuro, iniziò a pensare che un santo in paradiso forse che l’aveva anche un dannato come lui.

Quando si trovò di fronte la Walsh e i suoi tre fedeli soldatini, immaginò che quel dannatissimo morto fosse andato a farsi un giro.

 

“Ciao, Cacciatrice. Che onore, ho avuto il braccio armato del Consiglio nella mia classe e non lo sapevo.”

“Professoressa Walsh…” mormorò Buffy. “O forse dovrei chiamarla professoressa Granger?”

“Vivien Granger è morta in un laboratorio di ricerca in Svizzera, non lo sapevi? Con lei c’era solo Maggie Walsh, altra genetista, e unica superstite all’esplosione. Che tragedia… nessuno ha mai capito come è avvenuta, quell’esplosione. Beh, nessuno ha mai saputo quanto mi piacesse giocare con gli esplosivi.”

“Maggie aveva un futuro e un contratto qui negli Stati Uniti, Vivien invece era finita per colpa del Consiglio…”

“E per colpa di quella maledetta Cacciatrice! È stata lei a mettermeli tutti contro! Ma ora finalmente otterrò tutto quello che ho sempre voluto.”

“Attenta a quello che desideri, potresti ottenerlo.”

“Niente che non mi sia meritata, ragazzina. Ragazzi, volete divertirvi un po’?”

Alle sue spalle erano arrivati Riley, Graham e Forrest. La donna li guardava con evidente orgoglio.

“I miei ragazzi… Il mio lavoro più perfetto. DNA demoniaco e DNA umano, e ho ottenuto un essere senza nessuna debolezza, il mio soldato perfetto, fedele e leale fino alla morte. E c’era chi pensava fossero solo vaneggiamenti!”

“Tu sei pazza…” mormorò Buffy, ma a voce talmente bassa che solo Spike riuscì a sentirla.

“Sono stupefacenti, vero? E poi ho fatto in modo che si incontrassero ed entrassero nell’esercito, dove io potevo seguirli…”

“Come solo una madre sa fare.”

“E ora li osserverò mentre ti uccidono. Forza, Riley, so che tu lo desideri particolarmente.”

“È inutile. Posso anche morire, ma ne verrà un’altra. E un’altra. E un’altra ancora! Non potrai mai ucciderci tutte.”

“Tu questo però non lo saprai mai. Ma non preoccuparti… Mi prenderò cura io per te dell’Ostile 17. Ho notato che tu ci tieni in modo particolare.”

“Spike ti ucciderà prima che tu ti avvicini di nuovo al suo cranio.”

“Può darsi. Può darsi però che a lui vada anche peggio. Come ho già detto, tu non lo saprai mai.”

“Scommetti?”

Vivien rise “Ma cosa vuoi fare? Con le dosi di anestetico che hai nel sangue stai a malapena in piedi!”

Buffy levò il braccio intorno alle braccia di Spike e rimase in piedi da sola. Era debole, questo sì, ma pronta a vendere cara la pelle. E il suo metabolismo aveva iniziato a smaltire a tempi di record l’anestetico, ridandole la sensibilità alle gambe e parte della sua forza.

“Come vuoi. Uccidetela… e uccidete anche lui. Troveremo un altro soggetto per l’impianto.”

Buffy si girò a guardare Spike. Sembrava dannatamente rilassato, e in quella situazione le dava immensamente sui nervi.

Cosa sapeva che lei ignorava?

Quando sentì un messaggio registrato, e nella struttura riecheggiò l’allarme di autodistruzione imminente, comprese. E si rilassò.

“Spero almeno tu abbia un piano alternativo.”

“È questo il piano alternativo.”

“Ringrazia il cielo che sono troppo debole per prenderti a calci.”

“Ma non sembri troppo debole per prendere a calci Riley. Devo essere geloso?”

“Promettimi di fare una cosa per me, Spike.”

“Tutto quello che vuoi, dolcezza.”

“Ricordami di ucciderti, appena starò meglio.”

 

 

Appena sentito quel messaggio, si era scatenato l’inferno. I tre mezzi demoni si erano scagliati contro Buffy e Spike, mentre Vivien stava a guardare. Forse stava pensando come disinnescare le cariche di C-4. O, forse, non stava pensando niente a parte che nessuno sarebbe sopravvissuto stavolta. Se non avrebbe avuto quel che desiderava, tantomeno lo avrebbero avuto quei due.

Non aveva fatto i conti con Buffy e Spike. Per quanto li riguardava, avevano troppi conti in sospeso tra loro per pensare di finire di vivere, o non vivere, quella notte.

Erano usciti dalla Lowell House giusto prima che il fuoco, salendo dalla tromba dell’ascensore, bruciasse tutto, provocando un’esplosione.

Buffy si ritrovò a terra senza sapere come, chiudendo gli occhi e riparandosi la testa. Poi, quando trovò il coraggio di aprire gli occhi, si accorse che Spike le aveva fatto da scudo.

 

Senza dire una parola, erano andati a casa di Buffy, e lo aveva fatto sedere mentre lei prendeva qualcosa per medicargli i vari tagli che aveva in faccia e sulle braccia. Lui non fece nessuna obiezione, e lasciò che Buffy si prendesse cura delle ferite. Una volta terminato, aveva raccolto le cose che aveva usato e aveva fatto per andare in cucina. Spike a quel punto l’aveva afferrata per la vita, facendole cadere tutte le cose che aveva in mano, e attirandola contro di sé.

Buffy dovette lottare con sé stessa per dirgli con voce abbastanza ferma di lasciarla andare. Spike però non aveva la minima intenzione di farlo.

“Non ti lascerò andare. Te lo avevo promesso.”

“Ma l’hai fatto invece, mi hai lasciato andare. Non voglio avere un’altra volta il cuore a pezzi per colpa tua. E ora lasciami.”

“Perché mi hai curato le ferite?”

“Te le sei fatte per colpa mia. È mio dovere rimetterti a nuovo… in modo da poterti poi pestare e uccidere senza rimorsi.”

Buffy aveva raccolto le cose cadute a terra, e aveva iniziato a dirigersi verso la cucina.

“Per quello che ho fatto devi ringraziare Giles, e una vampira di nome Patricia McGaren.”

Buffy si era fermata di colpo e si era voltata. L’aveva guardato in un modo…sì, si ricordava ancora di quel sogno.

“Era solo… ma tu come lo sai?”

“Me lo ha detto Giles. Allo chalet, ero uscito per vedere se il tuo Osservatore si sarebbe fatto vivo, ma mi ha dato una bella legnata in testa. Quando mi sono risvegliato, non c’eri. E al mio ritorno a Sunnydale, quando ho finalmente trovato Giles e l’ho costretto a dirmi come stavi e dov’eri, lui mi ha mostrato queste.”

Buffy si avvicinò per vedere le foto che Spike teneva in mano, e a momenti le scivolarono a terra perché le mani avevano iniziato a tremare. Magdalena, Estelle, Rebecca e John…e lei…Patricia…

“Mi ha messo dubbi in testa, il tuo caro Osservatore, facendomi credere che non sapevo se amavo te o il ricordo di Patricia. E io ho lasciato che quei dubbi crescessero. Ora però so la verità.”

“Mi ami perché sono Patricia?”

Spike l’attirò nuovamente contro di sé, guardandola negli occhi “Ti amo perché sei tu, e nessun’altra.”

E stavolta Buffy sorrise, avvolgendogli le braccia intorno alle spalle, e lasciando che la stringesse, nascondendo il viso contro di lei.

EPILOGO

Gennaio era arrivato anche troppo velocemente, e con lui il suo compleanno. Al solito, i suoi amici avevano provveduto a farle una festa e a circondarla di attenzioni per farle scordare quella brutta avventura. Leggendo tra le righe era palese che più che la Walsh e Riley, le volessero far dimenticare Spike. Giles non era stato zitto, e aveva riferito subito la lieta novella, ovvero come lei gli avesse detto che tra loro due non ci sarebbe mai potuto essere niente e che doveva smetterla con la sua ossessione, e di come lui sembrava finalmente aver capito. Se n’era andato, ma tutti erano sicuri che sarebbe tornato…

Buffy, in disparte, se la rideva. E bravo Giles, come bugiardo era bravo quasi quanto lei.

 

Aspettò il momento giusto poi sgusciò fuori dal salone del suo dormitorio e andò a casa. Entrò in cucina, e prese le chiavi dell’auto di sua madre. Una volta al volante, immaginò la reazione di Joyce il mattino dopo, ma liquidò la cosa con un’alzata di spalle e avviata la macchina corse fino al luogo dell’appuntamento.

In un certo senso era felice che avesse scelto proprio lo chalet. Era lì che tutto era cominciato, e ora era il loro rifugio dal mondo.

Spike era già lì con un bourbon in mano, aveva acceso il fuoco, e lo stava fissando perso in chissà quali pensieri. Buffy senza dire una parola si tolse il cappotto e si rannicchiò contro si lui sul divano, appoggiandogli la testa su una spalla.

“Scusa il ritardo.”

“Gli allegri compagni ti hanno fatto la festa di compleanno, suppongo.”

“Supponi giusto. Erano così felici di credere alla balla che abbiamo raccontato io e Giles. Così felici dell’ ‘operato’ di Giles…Non si sono neanche accorti di come e quando me la sono svignata. Dirò che me ne sono andata a caccia.”

Spike le mise un braccio intorno alle spalle, attirandola più vicino “Te lo sarai sentito dire un migliaio di volte, comunque… tanti auguri, Buffy.”

“I tuoi auguri sono quelli a cui tenevo di più.”

Spike aveva una busta al suo fianco, e gliela porse, dicendole di aprirla. Buffy ubbidì, e rimase un po’ turbata nel vedere che all’interno c’era la fotografia di Patricia.

“Che vuol dire?”

“È giusto che l’abbia tu. Fanne quel che desideri, bruciala, strappala, conservala…a me non interessa.”

E mandò giù l’ultimo sorso di bourbon nel bicchiere.

Buffy l’aveva guardato negli occhi. Vuole eliminare il fantasma tra me e lui, si disse riguardando la fotografia, e io lo aiuterò a farlo.

Gli aveva dato un bacio, poi si era alzata per andare verso il caminetto. Era rimasta a guardare il fuoco per qualche istante, poi aveva ripreso in mano la foto e l’aveva lasciata cadere nelle fiamme, osservandola accartocciarsi e diventare cenere.

“Requiem, Patricia” sussurrò. “Il tuo debito è saldato.”

FINE