PIOGGIA AUTUNNALE
Di Jade
Disclaimer: I
personaggi appartengono tutti a Joss Whedon e alla Mutant Enemy, eccetto quelli
che non riconoscete, che appartengono a me.
Rating: PG-13
Personaggi/Pairing:
Sommario: Willow
vive a Parigi, guadagnandosi da vivere come pittrice, e cerca di dimenticare i
tragici eventi che hanno portato alla morte dei suoi amici e alla distruzione
di Sunnydale durante l’Ascensione. Un giorno però incontra Spike… e il vampiro
le fa una richiesta a cui Willow non può dire di no…
Note: AU,
ambientato verso la fine della terza stagione.
CAPITOLO 1
La pioggia cadeva
scrosciante da quasi una settimana. Non avrebbe mai creduto di apprezzare così
tanto le passeggiate sotto la pioggia, in completa solitudine. Non avrebbe mai
creduto neanche di mettersi a dipingere. E neanche di essere lei l'unica a
sopravvivere ai suoi amici.
Era stato tanto
tempo prima, e anche se aveva scordato altre cose i giorni dell'Ascensione le
si erano impressi a fuoco nella memoria.
Ricordava di
essere stata al capezzale di Buffy, in fin di vita per aver cercato di salvare
la vita di Angel, e il preciso istante in cui il suo cuore aveva smesso per sempre di battere. Ricordava la
battaglia contro il Sindaco, un Angel pazzo di dolore che aveva cercato e
trovato la morte nella lotta, e poi Xander, Oz, e gli altri…
Era successo per
caso. Era l'unica cosa che poteva dire. Quando la battaglia era iniziata, aveva
fatto resistenza fin quando aveva potuto, poi era
scaraventata contro un albero e, protetta dai cespugli, era rimasta nascosta e
incolume mentre a pochi passi da lei si scatenava l'inferno. Quando finalmente
era riuscita ad alzarsi, aveva visto quel che rimaneva della sua bella città. E
aveva iniziato a tremare.
Prima era
scappata sulla costa orientale, poi un bel giorno senza sapere come si era
ritrovata all'aeroporto, e aveva preso il primo volo in partenza. Il caso aveva
voluto che capitasse a Parigi, due settimane prima. E sempre il caso le aveva
fatto incontrare Fleur-de-Lys, la quale insegnava
all'Accademia di belle arti.
Aveva talento, e
la sua amica guardando i quadri che faceva le aveva detto che sembravano
ricordi. Più esattamente il modo in cui tornano alla mente ricordi felici e
ormai molto lontani, dai contorni sbiaditi e immersi nella luce. Aveva ragione.
Alcuni li aveva venduti, in molti sembravano apprezzare le opere di quella
giovane pittrice malinconica, ma tre quadri, quelli che secondo Fleur-de-Lys avrebbero commosso chiunque, no. Mai se ne
sarebbe separata.
Si era ritrovata
sul ponte davanti al museo d'Orsay, e anche se continuava a piovere chiuse
l'ombrello e lasciò che le gocce di pioggia le bagnassero il viso e i capelli.
Ad un tratto si accorse che un ombrello blu era aperto sopra la sua testa, e si
voltò per vedere a chi appartenesse. Quasi rimase a bocca aperta.
"Salve
Willow."
"Spike?"
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Rimasero a
fissarsi per qualche istante, e poi Spike la prese per mano e la portò nel
monolocale dove dipingeva. Non sapeva perché lo aveva fatto. Appena entrati,
furono raggiunti dall'odore del legno delle assi del soffitto e da quello dei
colori a olio delle tele, negli stracci e sulla tavolozza. Quasi irrespirabile,
pensò lei, e così aprì una delle finestre del locale. Pioveva ancora, e una
nebbia sottile era scesa a nascondere i contorni delle case, conferendo a
quella splendida vista di Parigi un tocco di magia. Willow rimase alla finestra
senza osare voltarsi verso di lui. Non riusciva a credere di avere invitato un
vampiro, quel vampiro, nel suo piccolo regno privato. Il cuore aveva cominciato
a batterle forte, quando aveva percepito la sua presenza a neanche due passi da
lei. Aveva sentito la sua mano fredda sfiorarle il braccio, e farla voltare
gentilmente verso di lui.
"Sei qui per
uccidermi?"
"Non mi ha
neanche sfiorato la mente, Willow... almeno per il momento. Vorrei invece che
tu facessi una cosa per me. Un quadro."
"Un quadro?"
Spike aveva
abbassato gli occhi nel dire quella parola, ma Willow
era certa di averci colto una cosa che non avrebbe mai creduto di vedere in
quegli occhi. Tristezza. E le venne spontaneo chiedergli che fine avesse fatto
Drusilla.
Il vampiro allora
si era seduto sul suo sgabello, che stava davanti ad una tela immacolata sul
cavalletto, e le aveva raccontato come Drusilla fosse impazzita del tutto dopo
la morte del suo sire, e morta. Il dolore che Angel aveva provato nel perdere
Buffy era stato così forte che era arrivato fino a lei, e Drusilla non era
stata forte abbastanza da sopportarlo. Al ritorno da una passeggiata notturna
si era addormentata, e non aveva più riaperto gli occhi.
"È lei?
Cioè, vuoi che ritragga Drusilla? E come faccio, l'ho vista solo un paio di
volte…"
"La vedrai
attraverso me."
CAPITOLO 2
Willow si era
risvegliata la mattina dopo all'atelier, completamente abbandonata sul vecchio
divano con le molle rotte che aveva trovato al mercato delle pulci. Fleur-de-Lys ogni volta che lo vedeva stralunava gli occhi,
ma che ci poteva fare? Era un ottimo sostituto del letto, quando faceva tardi.
Subito le tornò
in mente l'incontro della sera prima con Spike e la sua richiesta, e le venne
da sorridere. Dipingere una persona che era felicissima di non aver mai dovuto
conoscere attraverso i ricordi di un'altra persona che l'aveva amata alla
follia…ma di che si stupiva? Era un'artista e pure una strega. La sua vita era
strana, poteva aspettarsi solo cose più strane. La normalità aveva scordato dove
stesse di casa.
Spike era
arrivato al tramonto, e subito Willow comprese che sarebbe stata dura. Ogni
frase che diceva sembrava avesse lo scopo di punzecchiarla più o meno
velatamente. Willow lo invitò a sedersi sul divano, e quando lui a momenti finì
quasi inghiottito dal mobile si rese conto che forse sarebbe stato divertente
avere a che fare con quella rossa.
"OK, eccoci qua. Che ne dici di
parlarmi un po' di Dru, oltre al suo aspetto? Per
esempio…come vi siete conosciuti?" esclamò Willow, seduta sul suo sgabello
e praticamente nascosta dalla tela.
"1880,
Londra. La mia musa ispiratrice mi aveva fatto gentilmente sapere che mi
considerava un essere inferiore, e la cosa aveva lasciato il mio ego, come
dire, a pezzi. Drusilla girava per strada con Darla e Angelus, mi vide, e mi
offrì su un piatto d'argento una maniera per uscire dalla mediocrità borghese
in cui ero imprigionato. Diventò il mio sire, ma mi ignorò per almeno 20 anni.
Fino alla Rivolta dei Boxer."
"Quando se
non erro uccidesti la tua prima cacciatrice."
"La piccola
Chung Li. Ancora mi ricordo l'emozione di ucciderla."
"Immagino.
Anche la prima volta che ho fatto secchi due vampiri senza finire a terra
subito dopo mi si è stampata in mente."
"E mi
ricordo ancora il dopo. Che notte, quella…io e Drusilla, finalmente insieme…hai
presente…?"
"Risparmiami
i particolari, OK? Ci sono passata con Oz, e so come succede."
"Non
credo…" e dicendo questo le si era avvicinato e sussurrato all'orecchio
tutti i dettagli di quella serata, tenendo una mano sulla sua spalla per non
farla scappare.
Quando tornò a
sedersi ridacchiando, la faccia di Willow era color porpora.
"Oh santo
cielo!"
"Eh sì…ma
sta tranquilla, non ti farò più partecipe degli altri nostri momenti di vita di
coppia…"
"Me lo
auguro, altrimenti ti do fuoco. Ho tanti solventi qui, sai? E poi non so se
l'hai dimenticato, ma sono io quella che ha il coltello…anzi il pennello dalla
parte del manico, quindi non contrariarmi."
"Vale anche
per te, Rosemberg, se non vuoi che quella tela sia l'ultimo lavoro su cui
metterai la firma."
Willow sbuffò, e
con delle veloci pennellate di rosso, giallo, e marrone iniziò a tracciare lo
sfondo del ritratto. Mentre Willow lavorava, Spike si era alzato e aveva
cominciato a girare per la stanza, arrivando fino ad una porta chiusa a chiave.
"E questa
cos'è?"
"Mi
sbaglierò, ma penso sia una porta chiusa a chiave."
"Cosa
nascondi? I cadaveri dei tuoi amanti?"
"Proprio così. E tu non hai
nessuna chance di entrarci, né da vivo né da cadavere."
Continuando a
girare, Spike si era sistemato alle spalle di Willow e la osservava lavorare.
La cosa però stava innervosendo la donna, che si voltò arrabbiata nera e gli
intimò senza mezzi termini di tornare a sedersi al suo posto, e di continuare a
descriverle la sua fidanzata. La cosa funzionò per un po', ma Spike, spirito
irrequieto di natura, non riuscì a evitare di fare commenti su quello che aveva
visto. Willow sbuffava, e gli augurava un paletto della nuova Cacciatrice nel
cuore al più presto, ma continuava a dipingere. Da dietro la tela riusciva a
sentire i suoi passi, e sollevare e commentare delle tele che Fleur-de-Lys voleva esporre.
"Sanno per
lo meno qual è il soggetto dei tuoi quadri?"
"Come faccio
a saperlo."
"Perché
questo, sbaglierò, ma mi pare sia il viso di Buffy. Quasi nascosto dal colore,
ma mi pare proprio lei…"
"Adesso
basta!"
Willow era
balzata in piedi furiosa, gli occhi che mandavano lampi, ed era corsa a
strappare di mano la tela al vampiro. Poteva sopportare tutto, ma non che qualcuno
frugasse nella sua vita e la facesse a pezzi. Non un'altra volta.
"Non
permetterti mai più di criticare quello che faccio, chiaro? Sei tu che sei
venuto da me, quindi si gioca alle mie regole!"
"Chi
l'avrebbe mai detto. La piccola Willow…che parla a
questo modo…Meglio ricordarle il suo posto."
Spike la spinse
con forza contro il muro, quasi stritolandole le braccia, e mutando faccia.
Willow inorridì al pensiero che Spike mettesse in pratica sul serio le sue
minacce, e quando sentì le sue zanne sfiorarle il collo ne fu matematicamente
certa. Chiuse gli occhi, pronta a sentire il morso da un momento all'altro, e
invece Spike si limitò ad andarsene lasciandola paralizzata dalla paura.
Willow aveva il
cuore che batteva a mille, e ancora sorpresa e terrorizzata per quel gesto si
lasciò scivolare a terra. Le ginocchia le tremavano, non sarebbe riuscita a fare un solo
movimento senza crollare a terra. Una volta resasi conto di essere ancora viva,
iniziò a tremare, e una lacrima iniziò a scorrerle sulla guancia. Sollievo
misto a dispiacere.
Il trillo del suo
cellulare la fece sobbalzare. Era la sua amica pittrice, che le domandava che
fine aveva fatto, visto che avevano un appuntamento per cena.
"Niente. Un
committente mi ha chiesto di…"
"Un
committente? Tu? Ma se hai sempre rifiutato di dipingere un soggetto diverso
dai tuoi soliti…Forza, almeno dimmi se è carino."
"Fleur-de-Lys!"
"È almeno
quello che io definisco ‘Un digne
exemplaire de la race masculine’?"
"Va te faire voir."
"Aprés toi, ma chérie. Me lo farai conoscere?"
"Lys, sei la
mia migliore amica. Pregherò che tu non lo incontri mai."
"Muoviti, ti
aspetto per cenare. Al bistro da Jean-Claude, nella sala sopra le scale. Così
gli portiamo anche i quadri che gli abbiamo promesso."
"Cosa non
faresti per far colpo su quel povero ragazzo."
"Che per
inciso muore dietro a te."
"Ma che a me
non interessa. Sempre per inciso."
"Sarà una
serata pazza, vedrai, vengono anche Esmeralda e Alejandro."
"Allora
prevedo cucina spagnola, vino, e un'indigestione da antologia."
CAPITOLO 3
Willow non
sbagliava. Paella alla valenciana, sangria, vino e birra... Tutto per salutare
i due ragazzi andalusi che sarebbero tornati a casa. Willow rideva come una
pazza, merito dei bicchieri di sangria che le avevano dato un po' alla testa, e
anche di Alejandro che aveva intonato alla chitarra un'allegra canzone popolare
andalusa. Fleur-de-Lys e Jean-Claude si erano lanciati
nelle danze, mentre Esmeralda cantava e teneva il tempo battendo le mani. Poi
Jean-Claude tese le mani a Willow, che però dopo alcune veloci giravolte
dovette fermarsi perché la testa le girava.
"Willow,
stai bene?"
"La
sangria…credo di essermi presa una bella sbronza…"
"Vieni, c'è
un angolino dove puoi stare un po' tranquilla e lontano
dal casino."
Fleur-de-Lys sostenendola la portò fino ad una
saletta buia e vuota, che di solito il loro amico riservava alle coppie che
volevano stare per i fatti loro, e l'aiutò a stendersi su uno dei divanetti.
"Va un po'
meglio?"
"Chiedimelo
fra un'ora."
"Devo
tornare di là, ti mando qualcuno."
"No, non
importa…"
"Insisto.
L'aiuto del barista può benissimo stare qui con te, oggi è serata fiacca."
Willow pigolò un
debole rifiuto, ma la sua amica era già andata giù a chiamare il ragazzo.
“Luc, dov’è il
ragazzo inglese che hai assunto da poco?”
“È in magazzino a
prendere una cassa di birra. Perché?”
“Digli di venire.
Willow non sta molto bene, ed è meglio che qualcuno stia con lei. Dobbiamo
accompagnare Alejandro e Esmeralda all’aeroporto, e Willow quasi non sta
seduta, figurarsi alzarsi e venire via.”
“D’accordo, la
coccoliamo un po’ noi. Fa gli auguri di buon viaggio ai due anche da parte
nostra.”
“Tranquillo.”
"Spike!"
urlò Luc dal retrobottega.
Il vampiro mise
fuori la testa dal magazzino e domandò cosa volesse.
"Un'amica
mia e di Jean-Claude non sta molto bene."
"E io che
centro?"
"Non posso
lasciare il bancone, e Jean-Claude e Fleur-de-Lys
accompagnano quei due ragazzi spagnoli all'aeroporto."
"Ripeto la
domanda, forse sei duro d'orecchi vecchio mio. Io cosa centro?"
"Vai a
vedere come sta, se ce la fa a tornare a casa. Andiamo, che
ti costa?"
Spike sbuffò, ma
alla fine tornò dentro al locale con Luc e salì le scale fino alla sala dove
stava quella ragazza. Dalla porta socchiusa della saletta si sentivano dei
lamenti, e gli venne spontaneo prenderla un po' in giro.
"Siamo
ancora vivi là dentro?" disse entrando. Il sorriso gli morì sulle labbra
quando vide Willow, distesa sul divano e con un braccio di traverso a coprire
gli occhi. Nel sentire i passi aveva fatto per muoversi, ma l'emicrania che le era venuta le aveva fatto subito cambiare idea. Spike si
era avvicinato piano, con il timore che potesse riconoscerlo dalla voce, ma Willow aveva ben altro a cui pensare al momento.
"Bella
sbronza. Una delle migliori da quando lavoro qui."
"Davvero?
Quanto sono brava, allora. Maledetta sangria…buona, ma dopo ti butta giù peggio
di un treno in corsa."
"Prima
volta?"
"No, ma pare
non abbia ancora imparato la lezione."
"Vuoi
tornare a casa?"
"Non voglio
darti rogne. Aspetterò Fleur-de-Lys, la mia
amica."
"La moretta
che fa il filo a Jean-Claude? Fidati, Willow, meglio che ti porti a casa io."
Willow a quel punto si era rizzata a sedere, tenendosi la testa subito
dopo per il dolore "E tu come sai il mio nome? Oh no…Luc, sei tu? Sono tanto stordita…"
"No, non sono Luc. Sono un amico
di Luc, non mi hai mai visto né sentito. È lui che mi ha
detto il tuo nome" mentì Spike. Sperò di esserle sembrato naturale,
e quando la vide annuire tirò un sospiro di sollievo.
"Ah, Luc…OK, mi hai convinto. Ma ti avverto che la luce mi dà fastidio, mi dovrai portar giù alla
cieca" sussurrò alzandosi. Dopo un passo traballante cadde dritta
tra le braccia del vampiro.
"Scusa…"
"Ma cosa
c'era dentro quel vino per stenderti così?"
Dopo essere
riuscito a portarla di sotto, la prese in braccio e la mise in macchina.
"OK. Willow, dove abiti?"
Ma Willow si era
addormentata sul sedile accanto a lui. In mano stringeva la borsa, e riuscendo
a prenderla cercò la carta d'identità alla ricerca del suo indirizzo. In mano,
insieme al documento, gli capitò anche una foto con Jean-Claude e Fleur-de-Lys, nel cortile della reggia di Versailles. Si
accorse che era infilata in una sorta di custodia di plastica, e che c'era
qualcos'altro dietro. Una foto sua, con Xander e Buffy, tutta rovinata. La
fissò per qualche istante, poi rimise tutto a posto, e riguardato l'indirizzo
avviò il motore e cominciò a guidare.
"22, rue de Grenelle. Ad un tiro di
schioppo dal cuore di Parigi. Mademoiselle, apri gli occhi, sei a casa."
Niente da fare.
Willow non rispondeva. Aveva cercato di tenerla sveglia parlando per tutto il
tragitto, ma cominciava ad avere il presentimento di aver parlato da solo.
"Cosa mi
tocca fare…" disse lui prendendola tra le braccia. La porta del palazzo
era aperta, e dalla buca delle lettere aveva visto che l'appartamento di Willow
era il
Dopo
quell'interminabile ascensione su per le scale, finalmente si trovò davanti
l'appartamento di Willow. Aprì la porta, e si stupì di quanto era grande
quell'attico. Cercò di non far scricchiolare troppo le vecchie assi di legno
del pavimento, e si diresse verso il letto.
"Eccoci qua. Non farmelo rifare mai più, capito principessa?" disse adagiandola sul letto, e
appoggiandole una coperta sulle gambe. Al pensiero di rifare subito quella
scarpinata si sentì male, e si sedette un momento in poltrona, guardando meglio
la casa: tutta finestre e legno, un tavolo da disegno,
una cucina, due poltrone, scaffali pieni di libri. Sì, da quel che sapeva di Willow
la sua casa non poteva essere che così. Ogni cosa in più sarebbe stata
superflua, nonché un pugno in un occhio…Un rumore distrasse Spike dai suoi
pensieri. Un singhiozzo. Si voltò all'istante verso Willow, e corse a vedere
cosa fosse successo. Si stava rigirando nel letto, di sicuro in preda a un
incubo molto brutto e che sembrava reale, a giudicare dalla reazione. Spike si
sedette sul letto, cercando di svegliarla. Non gli importava se l'avesse
riconosciuto. Voleva solo farla smettere di piangere.
"Willow, svegliati. È solo un incubo…"diceva mentre la scuoteva gentilmente per un
braccio.
Willow aprì gli
occhi, si levò a sedere. Spike le asciugò le lacrime, e lei rimase a fissarlo
come a domandarsi che diavolo ci facesse lui seduto accanto a lei. Ma non le
importava. Era stata da sola tanto, troppo tempo. E lui non le avrebbe fatto
domande, e non si sarebbe aspettato spiegazioni.
Le scostò una
ciocca bagnata di lacrime dal viso, e poi la prese tra le braccia. Willow
appoggiò la testa sulla sua spalla, e finalmente diede sfogo al dolore che si
portava dentro. Strano. C'erano Luc, Jean-Claude, Esmeralda, Fleur-de-Lys,
Alejandro…tutti suoi amici. Tutti pronti ad aiutarla, anche se la conoscevano
da due settimane scarse. Ma a nessuno aveva mai accennato, neanche vagamente,
quello che era successo nella sua città. A nessuno aveva mai parlato di Buffy,
Angel, Xander e Giles, di quello che era successo loro. Eppure stava piangendo
tra le braccia di Spike, praticamente un perfetto sconosciuto. E un demone. Perché
le era così facile con lui?
Spike la cullò
tra le braccia fino a quando non smise di piangere e si riaddormentò. Ma
continuò a tenerla vicino a sé, ascoltando il suo respiro, sentendo il suo
cuore battere. C'era stato un tempo in cui anche il suo cuore batteva, pulsava
di vita, d'amore e speranze. Come possono cambiare le cose, nell'arco di una
sola notte. Assurdo. L'unico motivo che l'aveva spinto a cercarla era stato un
quadro firmato che raffigurava Sunnydale, nella casa di una sua vittima. Voleva
che la stessa mano dipingesse il volto della donna che aveva amato con tutto sé
stesso. Invece stava nella sua casa, e la guardava dormire, finalmente serena,
appoggiata al suo petto. E non sapeva darsi una ragione. Quella era stata una
sua nemica, un'alleata della Cacciatrice più dura a morire che avesse mai
incontrato. Perché si stava comportando a quel modo? Che cosa continuava a
sfuggirgli?
CAPITOLO 4
Willow si
stiracchiò nel suo letto, dopo la bella dormita che si era fatta. Si guardò
intorno. Era a casa, ma non ricordava come c'era arrivata e con chi. La testa
le faceva così male…ah, la sangria. Ora ricordava la sbronza che si era presa.
Riappoggiò la testa sul cuscino, e solo allora si accorse che sopra il comodino
c'era un bicchier d'acqua e un'aspirina. C'era un biglietto: Prenditi
l'aspirina e una giornata di riposo, e vedrai che starai meglio.
Non riconosceva
la calligrafia, ma doveva essere quella della persona che l'aveva riportata a
casa. Chissà chi era. Comunque seguì il consiglio, e poi facendo gesti calmi e
misurati si mise a sedere, e si alzò lentamente dal letto. Barcollò tenendosi
la testa fino alla cucina, e preparò del caffè piuttosto forte. Poi squillò il
telefono, e non ci voleva un genio a capire chi fosse dall'altro capo del filo.
"Tesoro,
come stai?"
"Come una
che si è presa una sbronza e ora non si regge in piedi,
Fleur-de-Lys."
"Come
pensavo."
"Chi mi ha
riportato a casa?"
"Un amico di
Luc, gli dà una mano al banco alla sera. Molto simpatico."
"Lo
conosco?"
"No, non
credo tu l'abbia mai visto."
"Beh, dovrò
farlo" disse lanciando un'occhiata alla poltrona vicino a lei, e prendendo
in mano una giacca di pelle. "il mio misterioso salvatore si è dimenticato
la giacca a casa mia."
Una giacca
peraltro a lei molto familiare. L'aveva già vista addosso a qualcuno, ma chi?
Guardò dentro alle tasche se c'era qualcosa di riconducibile al proprietario,
ma a parte un pacchetto di sigarette non trovò altro.
Verso l'una si
decise ad uscire di casa, e andò da Luc, chiedendogli se aveva visto il ragazzo
che l'aveva riaccompagnata. No, rispose, durante il giorno non si era mai fatto
vedere. Willow affidò al ragazzo la sua giacca, e poi tornò all'atelier, un
piano sotto l'attico dove dipingeva. Il ritratto era stato appena abbozzato, ed
era ancora nella medesima posizione in cui lei lo aveva lasciato, prima di
scappare via. Aveva corso su per le scale a precipizio dopo la telefonata, e si
era chiusa pesantemente la porta alle spalle. Ci era voluta mezz'ora perché le
pulsazioni tornassero normali, e lei riuscisse a pensare coerentemente.
Camminò
lentamente fino al cavalletto, si sedette allo sgabello, e riguardò il lavoro
della sera precedente. Fece un sospiro, e riprese in mano pennello e tavolozza.
Aveva mentito, ricordava molto bene Drusilla, il suo viso. Se fosse stata una
sua compagna di scuola, lei e Buffy avrebbero avuto tutti i ragazzi della
scuola ai loro piedi, alla faccia di Cordelia.
I suoi occhi
soprattutto. Non potevi fare a meno di fissarli, e non riuscivi ad abbassare lo sguardo una volta incrociati…Persa nei suoi pensieri,
dipinse per tre ore filate, e il risultato la sorprese. Non era mai riuscita a
fare dei tratti tanto somiglianti. Spike ne sarebbe stato contento.
Lo sguardo poi le
cadde sulla maniglia di quella porta sempre chiusa. L'unica ancora al suo
passato. Messi giù la tavolozza e il pennello, tirò fuori dalla borsa la chiave
e la infilò nella serratura.
Spike arrivò al
tramonto come al solito. Era ancora scosso per il suo comportamento della sera
prima, e non aveva idea di come Willow avrebbe reagito vedendolo. Fece qualche
passo dentro il locale, ma non vide nessuno. Poi si accorse della porta
socchiusa, e la aprì senza far rumore. Era un altro locale, più piccolo di
quello dove dipingeva, ma pieno di oggetti. Ai muri c'erano tre quadri, e al
centro della stanza Willow, che li fissava immobile. Uno rappresentava Buffy e
Angel, un altro era una sorta di rifacimento di quella vecchia foto sbiadita
che aveva visto, nell'altro ancora erano tutti in biblioteca, come lei li aveva
visti per l'ultima volta, prima che il Sindaco distruggesse tutto.
"Willow…"
"Sai"
disse lei senza neanche voltarsi "la mia amica dice che in questi quadri
c'è una grande malinconia, e che se li esponessi in molti si farebbero avanti
per comprarli. Ma come potrebbero capire, loro non c'erano, non li hanno
conosciuti…Li ho dipinti alla luce del giorno, vedi?" continuò, indicando
il quadro di Buffy e Angel "Era una sorta di loro sogno, stare insieme
nonostante tutto. Ora sarà così per sempre. Oz scommetto che sarà il solito
ironico distaccato, mentre Xander e Cordelia continueranno a bisticciare per
l'eternità. Sono insieme, è questa l'unica nota positiva. Ma
rispondi a questo, Spike" sussurrò voltandosi, gli occhi pieni di lacrime
"Perché loro se ne sono andati e io sono ancora qui?"
"Non lo so,
Willow" le rispose lui avvicinandosi. Le aveva messo un braccio intorno
alle spalle, e l'aveva portata fuori da quel posto, e vicino alla finestra. Per
Willow a quel punto fu come avere un déjà vu…no, non era possibile. E quando
mai lei era stata consolata da Spike a quel modo? Solo allora le tornò in mente
la notte scorsa.
"Spike?"
"Uhm?"
"Grazie per
la notte scorsa. Io…"
"Non mi devi
nessuna spiegazione."
"Spike?"
"Sì?"
"Ti dispiace
tenermi stretta per un po'?"
Spike sorrise
alla sua richiesta, sapeva quanto doveva essere imbarazzata per chiedergli una
cosa del genere, ma l'accontentò. Rimasero così per non sapeva quanto tempo.
Lei aveva appoggiato la testa contro la sua spalla, e lui le carezzava i
capelli.
"Sembra che
in questo posto non faccia altro che piovere."
"A volte ho
anch'io questa impressione. Ma ho scoperto di amarla,
la pioggia. La ascolto, e smetto di pensare…è così bello, e…"
Spike non l'aveva
lasciata finire. Aveva deciso che se non l'avesse fatto in quel momento non ne
avrebbe più avuto il coraggio. E L'aveva baciata.
Willow ne era
rimasta quasi pietrificata. Ma solo per un paio di secondi. In un angolo della
sua mente c'era una vocina che le diceva che era sbagliato, ma era come se
urlasse al vento.
Si risvegliò a
casa sua, ma stavolta, pensò sogghignando, sapeva benissimo come c'era arrivata
e con chi. Spike era a letto accanto a lei, e le sorrise.
"Buongiorno."
"Che ore
sono?"
"È tardi,
almeno per me. L'alba è fra due ore."
"Fra due
ore, appunto. Quindi resta ancora un po'."
"Dirò che quel barlume laggiù non è l'occhio del mattino ma un
pallido riflesso della fronte di Cinzia; e che non è l'allodola quella che,
alta sul nostro capo, batte col suo trillo agli archivolti del cielo. Ho più voglia di restare che fretta di andarmene. Vieni e sarai la
benvenuta, o morte. Giulietta vuole così."
Ma i versi di
Spike, che all'inizio l'avevano fatta sorridere, appena menzionarono la morte
non mancarono di rattristare Willow, e subito lui si diede dello stupido per
non aver riflettuto prima di parlare.
"Scusa, non
volevo."
"Loro sono
morti per cercare di salvare la città, io invece mi sono fatta mettere subito
fuori combattimento. Devono avermi scambiato per un cadavere, ecco perché sono
ancora viva."
"Nessuno te
lo sta rinfacciando."
"Basto io,
non credi? È così ingiusto…"
"Non puoi
colpevolizzarti per essere ancora viva. I tuoi amici non lo vorrebbero di
certo."
"Come ci
riesci?"
"Riesco a
far cosa?"
"Ad essere così.
Come hai fatto a superare che Dru…"
"Non lo
so" disse stringendola tra le braccia "Un giorno mi sono svegliato e
mi sono accorto che non mi faceva più male ripensare a lei. Succederà anche a
te, vedrai. Da' tempo al tempo."
Il tempo. Dicono che sia una gran medicina
per il dolore e le pene d'amore, ma per il momento è il mio nemico, colui che
mi rinfaccia errori e perdite. Forse un giorno smetterà, o forse morirò io
prima. Questo solo lui può saperlo.
Dopo che Spike se n'è andato mi sono seduta in poltrona,
e ho aspettato l'alba. Non lo facevo da molto. Poi mi sono vestita e sono
andata a terminare il quadro. Una volta riguardato con attenzione, mi sono resa
conto che era praticamente finito. Se mi fosse stato possibile avrei voluto
disfarlo di giorno, per poi ricominciarlo ogni sera, come una sorta di tela di
Penelope. Quando ci avrei apposto la mia firma, lui l'avrebbe preso e se ne
sarebbe andato. Non l'avrei più rivisto. Dio, se me l'avessero detto…ora capivo
quel che aveva provato Buffy con Angel, o di sicuro lo capivo meglio di prima.
E sapevo che se non avessi fatto qualcosa sarebbe finita alla stessa maniera.
Mi ricordavo del modo in cui proteggeva Dru, quando erano a Sunnydale, e di
come per farla guarire fosse rimasto paralizzato su una sedia a rotelle. No,
non l'avrei mai potuto sopportare. Buffo, davvero. Era dal giorno che mi aveva
rapito che avevo fantasie su di lui, ma da quelle al pensare di realizzarle,
oddio, ce ne correva. Invece era successo. Un sogno, quello di essere amata
ancora, si era appena realizzato. Ora avrei dovuto infrangerlo. E probabilmente
avrei infranto con lui anche il suo cuore e il mio.
***
Spike arrivò nel
momento in cui Willow stava apponendo la firma sul ritratto. Camminando come al
suo solito per la stanza, si mise alle spalle di Willow e le cinse la vita con
le braccia, dandole un bacio sul collo. Willow sorrise, e con la mano libera
gli carezzava la nuca "Allora, che ne dici?"
"È lei. Mi
sembra di averla proprio davanti agli occhi. Grazie."
"Che ne
farai ora?"
"Non esiste
una tomba, o qualcosa del genere per lei. Ma so dove avrebbe
voluto tornare, nel luogo dove tutto è cominciato. Lo porterò al
convento. E poi tornerò da te."
"No."
"Che hai
detto?"
"Ho detto
no. Non voglio che torni. Spike, chi vogliamo ingannare? Io sono umana e tu un
vampiro. Un ritornello che dovrebbe essere familiare a tutti e due."
"Noi non siamo Buffy e Angel, Will. Siamo noi, e basta" disse lui mettendosi
davanti a Willow.
"È la stessa
storia che si ripete, non vedi? Non voglio la stessa conclusione. Preferisco
che niente succeda, e soffrire ora, piuttosto che lasciare che continui, per
poi perderti e soffrire per quello che mi resta da vivere."
"Non ti
voglio lasciare."
"Ma lo
farai. Ho fatto quel che volevi, ora non hai più motivi che ti costringono qui.
Vattene."
Vedere
quell'espressione distrutta negli occhi del vampiro fu la cosa più dolorosa che
Willow avesse mai visto. Lo osservò prendere il quadro, dirigersi verso la
porta, oltrepassarla. Ascoltò i suoi passi nel corridoio, e poi giù per le
scale, fino a quando non li sentì più. E fu allora che cominciò a piangere.
CAPITOLO 5
Non avrei mai pensato di tornare a Parigi, ma sono
famoso per dire una cosa e farne un'altra. Avevo ormai l'età di Angel quando
era morto, ma quella famosa saggezza di cui lui parlava tanto non aveva osato
avvicinarmisi. Ed ero parecchio contento di questo. Dopo aver fatto
quell'ultimo gesto per Dru, avevo girato per tutta l'Europa, arrivando fino a
Mosca, e poi ero arrivato in Asia. La vita mi piaceva così…ma chi volevo
prendere in giro? Due donne mi avevano fatto girare la testa, e le avevo perse
entrambe, in un modo o nell'altro. Drusilla. Willow. Mi domandavo se Willow fosse
morta a Parigi, dove fosse sepolta. Volevo salutarla un'ultima volta. La
pioggia cadeva, come quel giorno che l'avevo incontrata davanti al Museo
d'Orsay, e vagavo per la grande città senza una meta. Senza sapere come, mi
sono trovato davanti al palazzo dove abitava, e spinto dalla curiosità sono
salito fino al penultimo piano, a vedere che fine avesse fatto il monolocale
dove lei dipingeva. La porta era socchiusa, e filtrava un filo di luce. Ho
aperto piano la porta, e mi sono accorto di una ragazza dai capelli corti e
ramati che mi dava le spalle, intenta a preparare una sorta di collage al muro.
Era in piedi su una scaletta, in punta di piedi per raggiungere un punto molto
alto, e ad un certo punto perse l'equilibrio.
"Maledizione!" disse la ragazza a terra, con
tutti i capelli davanti al viso.
Sono entrato nel locale "Signorina, sta
bene?"
La ragazza si scostò i capelli dal viso, dicendo che
stava bene, e quando i nostri occhi si incontrarono la mia faccia...non so, ma
doveva essere buffa perché lei scoppiò a ridere. Quanto mi era mancata quella
risata.
"Willow?"
Willow sorrise, un sorriso radioso come non glielo
avevo mai visto "Ciao Spike."
***
Ancora frastornato, si lasciò
condurre da Willow fino a casa sua, che notò essere rimasta uguale a come
ricordava. E anche Willow, ora che guardava. Non aveva un minimo segno
d'invecchiamento.
"Ti trovo
bene."
“Mi sento bene. Ma non è quello che vuoi
chiedermi."
"Infatti.
Che diavolo hai combinato per rimanere così? E soprattutto, perché sei ancora
viva?"
"Che c'è, ti
dispiace?"
"Sì…cioè,
no…insomma, hai capito."
"È una cosa
che ha stupito anche me, quando sono arrivata a sessant'anni ed ero ancora
così. Superare i cento è stata una cosa incredibile. E l'euforia continua.
Avevi ragione sai, ora va meglio. Mi ci sono voluti cinquant'anni, ma l'ho
capita."
"Meglio
tardi che mai, piccola. Ma come è successo?"
"Quando sono
stata messa fuori combattimento, penso. Ora ricordo tutto. Mi sono risvegliata
con un demone coperto di sangue sopra di me, e io avevo una ferita grave
all'addome, e ne avevo perso parecchio di sangue. Indovina un po', non sono più
un semplice essere umano. Sono passata dall'altra
parte."
"Sei una demone?"
"Tecnicamente sì."
"Che tipo?"
Willow si avvicinò al frigorifero, e ne tirò fuori un contenitore
trasparente pieno di un liquido rosso. Sangue. Lo aprì sotto gli occhi stupiti di Spike e ne bevve
una buona parte.
"Tu che
pensi?" disse voltandosi verso di lui.
Spike scoppiò a ridere "Non ci credo! Tu…un vampiro?"
"Tecnicamente
parlando, sì. Ma non ho mai attaccato nessuno, non credo lo farò mai. Beh, non
sapevo neanche di esserlo, fino a settant'anni fa. Sono cambiata, questo sì,
troppo per essere ancora una mortale ma troppo poco per essere una demone a tutti gli effetti. L'ho capito per caso, quando
mi sono tagliata un polso. Mi stavo succhiando la ferita con troppa attenzione."
"Dipingi
ancora?"
"Sì. Mi
rilassa, dato che di giorno non mi piace uscire. Mi scotto abbastanza
facilmente, e la luce mi dà un po' fastidio. Lo ha sempre fatto ora che ci
penso."
"Conosci
"Una gran
rompiballe. Che voglia di levarmela di torno…Quasi quasi me ne torno a Praga e
ci resto."
"Hai casa a
Praga?"
"Guadagno
discretamente con i miei quadri. Cosa credi, sono famosa."
"E conosci
la città?"
"No…"
rispose Willow aggrottando le sopracciglia. Dove voleva arrivare?
"Perché, sai la combinazione, io ci ho abitato per degli anni. La conosco come le mie tasche."
"Ah,
davvero?" disse lei sorridendo.
"Sì, davvero. E anche a me Parigi
inizia a stare stretta…" le rispose sorridendo a sua volta.
"Signor
William Lancaster " sussurrò lei gettandogli le braccia al collo "non
mi starà forse proponendo di vivere insieme?"
"Perché Miss
Rosemberg, lei accetterebbe?"
"Tu che
dici?"
Di nuovo insieme.
Spike ne era felicissimo, ma perse di vista una cosa molto importante. Tra
neanche un paio di minuti il sole sarebbe sorto, e quando se ne accorse era
tardi.
Spike si osservò
le mani almeno cinquanta volte, mentre Willow prendeva due tazze di caffè dalla
cucina.
"Che
diavolo…?"
"Non
scomodare il diavolo. Ringrazia Wilkins."
"Il Sindaco
di Sunnydale?"
"Ci sono
tornata, a Sunnydale. Ora è solo una città fantasma, ma il sindaco ha fatto una
cosa buona con l'Ascensione. Distruggendo mezza città ha riportato alla luce un
antico tempio. Con un antico anello dentro."
"La gemma di Amara?"
"Credo
proprio di sì, visto che te l'ho infilata al dito mentre mi stavi baciando, e
tu non sei polvere. Ora siamo pari…o quasi."
"O quasi. Allora, Praga. Ti
va l'idea?"
Willow sorrise enigmatica, ed uscì sul
terrazzo a vedere l'alba. Aveva finalmente smesso di piovere, e la pioggia
aveva portato via con sé tutto il dolore e il rimorso per il suo passato. Ora
finalmente vedeva un futuro davanti a sé, e a giudicare dalla persona con cui
l'avrebbe diviso, ci sarebbe stato da divertirsi.
FINE