RESURREZIONE

 

AUTORE: Ligeia

PERIODO DI PRODUZIONE: ottobre 2003, fino al settembre 2004

RATING: io la giudico una ff per tutti, ma per stare sul sicuro diciamo PG13 in qualche passaggio

ABOUT: è una ff spuffy, ma molti capitoli sono incentrati su altri personaggi come Faith, Giles, Willow e Dawn

RIASSUNTO: Elisabeth Anne Summers abita a New York, ha un buon lavoro e un ragazzo: sono due anni che non sente più nominare la Bocca dell’Inferno e ha provato con tutte le sue forze a reprimere i ricordi, che tiene rilegati in un angolo della sua memoria insieme al nomignolo di Buffy. Buffy è morta, di nuovo. Sarà una telefonata improvvisa a risvegliarla, per volere o per forza, richiamandola ad una realtà dalla quale credeva di essere ormai scampata.

SPOILER PRESENTI: Questa ff è un post chosen, quindi sono presenti grossi spoiler sul finale di BtVS e sulla 5° stagione di Ats

 

 

Cap.1 – “…la mia normalità…”

 

New York, aprile 2005

 

Scese in strada, tenendo sotto braccio una borsa porta documenti e con indosso un sobrio tallier blu scuro; a passo spedito raggiunse l’ingresso della metropolitana, pronta per iniziare una nuova giornata di lavoro.

 

C’era molta calca in quei tunnel.

 

Salì su di un vagone che si era fermato vicino a lei, seguita a ruota da un fiume di persone, tutte apparentemente uguali, e si aggrappò alla maniglia che le penzolava sopra la testa, attenta a non urtare nessuno. La metro era partita e avrebbe dovuto attendere sei fermate prima di trovarsi davanti al grande palazzo dove lavorava.

 Fissò il suo viso riflesso nel vetro, si guardò negli occhi. Aveva sempre amato farlo, voleva leggerci dentro forza, ma ora c’era solo rassegnazione. Non tristezza, ma una strana malinconia, un ricordo di momenti passati e persi. Si costrinse a distogliere lo sguardo della sua immagine, fissandolo invece su altre decine di persone: picchiettavano febbrilmente sui tasti di computer portatili oppure parlavano al cellulare, tentando di reggersi ai corrimani per evitare di cadere ad ogni fermata. Nessuno si rese conto che lei li stava silenziosamente osservando, intenti com’erano nelle loro mansioni e disinteressati ad una ragazza che li osservava nel riflesso di un vetro. Non si concentrò su nessuno in particolare: una volta scesi non avrebbe ricordato nessuno di quei visi e si domandò se, magari, non prendesse sempre la metro con le stesse persone, senza mai essersene accorta. Ma, dopotutto, che importava? Loro non la vedevano, non sapevano nulla di lei, chi era e cosa era stata. Anche se si fossero accorti di avere i suoi occhi puntati addosso si sarebbero voltati dall’altra o avrebbero continuato il loro febbrile lavoro, senza soffermarsi più di un secondo a chiedersi come mai una ragazza li fissava dal riflesso di un finestrino della metropolitana.

In quegli istanti si sentiva un pesce fuor d’acqua, a pensarci bene una sensazione che la aveva accompagnata per parecchi anni prima di quel momento, ma per motivi diversi, completamente diversi. Non era più come allora però: ora le bastava distogliere lo sguardo dai suoi occhi che la fissavano dal vetro per tornare alla normalità.

 

Già, la normalità.

 

Voltò la testa, decisa a concentrarsi su qualcos’altro, a smettere di pensare, di ricordare.

 

Il treno si fermò. Scese frettolosamente, evitando di farsi buttare a terra. New York era un inferno nell’ora di punta. Un inferno.

Attraversò la strada, dirigendosi verso l’entrata di un alto palazzo di vetro: un’altra giornata, uguale al giorno prima e a tutte quelle che sarebbero venute.

Il sole brillava fuori dalle finestre del suo bell’ufficio e i raggi giocavano sulla superficie del tavolo in cristallo su cui erano impilate in bell’ordine molte teche colme di fogli: era una bella giornata, piena di lavoro da sbrigare, e ringraziò Dio per quello.

Si sedette nella morbida poltrona di pelle girevole, lasciando la giacca appesa all’attaccapanni dell’entrata. Una lunga giacca leggera, color beige, comprata a metà prezzo in un piccolo negozio del suo quartiere: un tempo non avrebbe nemmeno preso in considerazione l’idea di…

Il telefono iniziò a squillare insistentemente, destandola dai suoi pensieri. Alzò la cornetta, pronunciando senza enfasi “assicurazioni Smithers&Co, buongiorno”. Per tutta risposta sentì il suo interlocutore scoppiare a ridere.

 

“Elisabeth, detto così sembra che tu lavori per un impresario delle pompe funebri piuttosto che per una delle compagnie assicurative più importanti della città”

 

“ciao Mark” disse sorridendo sforzata nel tentativo di dare alla sua voce un’intonazione allegra

 

“cosa fai stasera?”

 

“Niente che mi risulti”



“sbagliato, vieni a cena con me”

 

“davvero?”

 

“era un sì?”

 

“era un sì”

 

“perfetto, allora ti passo a prendere alle 7, ci divertiremo”

 

“ciao” sussurrò prima di riattaccare.

Mark, il suo ragazzo. Sempre di buon umore, entusiasta della vita; riusciva a trasmettere questa gioia anche a lei. A volte.

Si accomodò meglio sulla poltrona, girandosi verso l’enorme finestra che le stava alle spalle: le sembrava di essere in una cappa di cristallo chiusa là dentro. La prima volta che era entrata aveva pensato che non sarebbe resistita più di due settimane.

Erano passati quasi due anni da quel giorno.

 

Tornò ad appoggiare i gomiti sulla scrivania, agguantando una delle cartelle. Non doveva pensare, non a quei momenti, non a quello che era successo, non a come era finita.

Ora aveva una vita, gli altri avevano una vita.

 

Il telefono riprese a squillare e non smise per tutto il giorno, nemmeno per la pausa pranzo; si era abituata presto a lavorare duro e, anche se il suo contratto di lavoro non prevedeva più il suo licenziamento a breve termine, non aveva mai diminuito il suo orario. Erano le  cinque e mezza quando uscì.

 

Inforcò un paio di occhiali da sole scuri per ripararsi dai riflessi del sole che calava, dirigendosi con il solito passo verso la stazione della metropolitana. Tra poco sarebbe tornata al suo appartamento. Il posto dove viveva. Quante volte aveva tentato di convincersi che ora era la sua casa…ma ogni vota che pronunciava quella parola le si affacciava alla memoria e una piccola veranda che dava sul giardino e la cassetta delle lettere davanti, una villetta monofamiliare, come tutte le altre del quartiere…poi vedeva una finestra, sempre aperta, con le tende svolazzanti, che frusciavano leggere ad ogni soffio di vento. A volte la notte si affacciava al suo ampio terrazzo, osservando sotto di sé le strade buie e ancora affollate. Seguiva i passanti con lo sguardo, li vedeva imboccare vicoli scuri e non tornare più, allora distoglieva gli occhi, resistendo al desiderio di gettarsi per le scale per fermarli, avvertirli, salvarli. Altri invece camminavano a passo spedito, verso casa probabilmente. Li invidiava. Loro potevano tornare a casa.

 

Durante il tragitto evitò di guardare il vetro, concentrandosi sul quotidiano che teneva aperto davanti a lei. Sfogliò distrattamente le prime pagine che trattavano solo di politica e sport, focalizzandosi sulla cronaca nera, un riflesso incondizionato che non era ancora riuscita ad estirpare. Lesse attentamente il titolo di testa: “dissanguato senzatetto sulla 5ta, non è bastata la tempestiva trasfusione di sangue”. Chiuse il giornale mettendolo sottobraccio e si diresse verso l’uscita, per raggiungere velocemente la porta d’ingresso del palazzo dove viveva.

 

“Buongiorno signorina Summers” salutò cordiale l’anziana portinaia

 

“Buon giorno” rispose in tono gentile ma distratto

 

 la salutò con la mano mentre le porte dell’ascensore le si schiudevano davanti

 

Esausta infilò la chiave nella toppa, spingendo la porta.

 

Gettò ogni cosa sul divano, schiacciando il tasto per ascoltare la segreteria telefonica: due messaggi presenti. Uno era di Mark, che le ricordava di farsi trovare pronta, e sorrise ascoltandolo.

L’altro era di Dawn.

Si sedette su una comoda poltrona, sprofondando tra i cuscini; poi chiuse gli occhi, lasciando che il nastro riproducesse la voce della sorella.

 

“Buffy? Ciao sono Dawn, volevo…volevo solo dirti che qui va tutto bene, lo so che ci siamo sentite solo l’altro ieri ma…avevo voglia di sentirti, per sentire come va il lavoro sai… richiamami quando puoi. Ciao…”

 

sorrise nel sentire quel nome…Buffy. Ora si presentava sempre come Eilsabeth. Elisabeth Anne Summers, anche nessuno la aveva mai chiamata così: era solo il nome stampato sulla sua carta di identità.

Buffy. Il nomignolo scelto da sua madre, il nome che aveva terrorizzato migliaia di…ma ora era finita.

Si sentì in colpa per non aver risposto alla chiamata della sorella…Dawn era l’unica cosa che le restava, l’unica con cui avesse mantenuto i contatti. Sua sorella. Ora frequentava un college privato di Philadelphia. L’aveva scelto quando la loro città era…da quel momento potevano andare dove volevano.

Sarebbe andata a trovarla la settimana successiva, aveva bisogno di stare insieme a lei, di ritrovare la vecchia complicità che aveva permesso ad entrambe di sopravvivere alla morte della madre. Compose velocemente il numero del suo cellulare, sperando di trovarlo acceso. Lasciò squillare a lungo, ma non rispose nessuno.

 

Lasciò cadere a terra il vestito, infilandosi sotto la doccia e chiuse gli occhi, pensando a sua sorella…quanto tempo era passato dall’ultima volta che si erano viste? quasi un mese, perché lei aveva deciso di seguire un corso per integrare gli studi e avere più possibilità di entrare in una prestigiosa università. Lei non glielo aveva mai detto, ma sapeva che Dawn avrebbe voluto tornare in California.

La sua piccola Dawn, quante cose aveva affrontato. Se la ricordava, triste e indifesa, in cima alla torre. Serrò maggiormente gli occhi, incapace però di scacciare il pensiero. Le aveva detto che la cosa più difficile del mondo era viverci ed ora tutte e due stavano avendo l’ennesima prova della veridicità di quelle parole.

Ora le tornavano in mente i visi degli amici, quando era tornata in vita…uscì in fretta dalla doccia, coprendosi con un grande asciugamano e dirigendosi in camera per prepararsi.

 

Aprì l’armadio, in cerca del vestito adatto per la serata. Tra le giacche teneva ancora quella di pelle nera, non aveva avuto il coraggio di buttarla via come aveva fatto con il resto. Sfiorò delicatamente con la punta delle dita le maniche dell’indumento…ma allontanò di scatto le mani, afferrando un vestito da sera scuro e gettandolo sul letto.

 

No, non poteva rischiare di ricordare…tutte le notti passate, passate con lui. Tutti i combattimenti…ricacciò il pensiero. Ora niente di tutto quello faceva più parte della sua vita.

 

Aveva appena finito di truccarsi quando suonò il campanello. Davanti a lei c’era Mark, con uno splendido mazzo di rose in mano. L’aveva conosciuto in un bar del centro, anche lui lavorava per un’azienda assicurativa. Era dolce, sensibile, con il senso dell’umorismo, e innamorato. Sorridendo si chinò per baciarla, prendendola poi delicatamente per un braccio. Senza opporre resistenza si lasciò condurre alla sua auto, che si fermò davanti ad un bel ristorante italiano.

 

“siamo arrivati” disse aprendole la portiera e aiutandola a scendere

 

“grazie” sussurrò prendendo la mano che le offriva

 

“ti ho già detto che sei bellissima?”

 

“non mi stanco di sentirtelo dire” rispose lei con un piccolo sorriso

 

i due si accomodarono in un tavolino un po’ in disparte, ordinando i classici spaghetti.

 

“allora, cosa mi racconti di bello? Non ti ho sentita molto entusiasta questa mattina”

 

“no, è tutto a posto, è solo che ho molto da lavorare. Anche perché tra qualche settimana parto per andare a trovare mia sorella”



“giusto, come sta?”



“non ci vediamo tanto quanto vorrei però sta bene, studia a Philadelphia.”

 

Passarono il resto della serata a chiacchierare del più e del meno, Mark aveva il potere di distrarla dai suoi problemi, facendola sentire…normale. Odiava quel termine.

 

La serata si concluse a casa sua, sorseggiando del vino.

I due erano distesi sul divano, abbracciati.

 

“sai ,a volte penso che so così poco su di te…è come se non ti conoscessi del tutto. Dei giorni sei felice, altri assorta in chissà quali pensieri…non riesco a capirti” si chinò per darle un piccolo bacio sulle labbra.

 

Solo uno aveva avuto il dono o la dannazione di capirla.

 

Senza rispondere lei chiuse gli occhi, appoggiandosi sulla sua spalla. …un uomo normale. Sapeva di non provare amore per lui e si odiava profondamente perché…perchè non sentiva altro che riconoscenza. Riconoscenza per averla aiutata a superare uno dei momenti più terribili, quando non c’era niente da decidere, ma unicamente accettare. Accettare di ricominciare una vita nuova, diversa, che non aveva il coraggio di confrontare con quella che conduceva prima.

Solo stupida riconoscenza. Sperava solo che il tempo le insegnasse ad amarlo come meritava; e se tra le sue braccia non riusciva a sentirsi protetta, doveva accettare che non aveva più bisogno di esserlo.

 

Si lasciò portare in camera da letto, dove lui la infilò dolcemente sotto le coperte, distendendosi vicino a lei.

 

La mattina seguente si svegliò di soprassalto, le capitava ancora di sognare quello che aveva…combattuto. Era una delle cose che non la avevano mai abbandonata e che continuavano a ricordarle cosa era stata, chi era stata.

 

Si guardò attorno: non vide Mark ma un forte profumo di frittelle proveniente dalla cucina inondava la stanza. Si lasciò sprofondare di nuovo tra le coperte.

Willow…la sua Willow, quante volte la aveva vista, infagottata in quei suoi buffi pigiami troppo larghi, mentre le preparava la colazione. Anche lei ora era lontana, lavorava a Washington per una ditta che produceva software per computer. Ormai i loro contatti si erano fatti sempre più rari; un biglietto per le ricorrenze e qualche breve telefonata. Era come se entrambe volessero lasciarsi alle spalle il passato ma non riuscissero a farlo completamente, sentiva però che presto anche quel minimo contatto sarebbe venuto meno: erano tre mesi che non la sentiva.

Le tornò in mente il giorno del suo ultimo anno di liceo, quando era arrivato il momento di scegliere l’università. Le la aveva raggiunta nel giardino della scuola e Willow era distesa sull’erba e faceva roteare in aria una matita; sotto gli occhi le lettere dei college che la accettavano: le aveva mostrato quella di Sunydale con il più spontaneo dei sorrisi, dicendole che la biblioteca era la più fornita dello Stato. Era rimasta per lei…non aveva più trovato una amica così.

Si alzò improvvisamente, scacciando quei ricordi che le mettevano addosso solo tristezza.

 

Andò in cucina, completamente vestita e pronta per uscire. Baciò Mark sulla guancia, mentre era ancora intento a cucinare.

 

“te ne vai già?” chiese deluso

 

“no, posso fermarmi a colazione” rispose, tentando di velare la malinconia che l’aveva invasa

 

i due si sedettero di fronte, ognuno con un piatto.

 

“allora, com’è la tua giornata?” tentò di conversare Mark

 

“spero tranquilla, è venerdì, quindi devo chiudere alcune pratiche…”

 

in quel mentre squillò il telefono.

Sorpresa, la ragazza si diresse verso il mobile dov’era appoggiato l’apparecchio, leggendo il numero dell’interlocutore. Il prefisso era quello di San Francisco. Trattenne il respiro: conosceva solo una persona che abitava lì. Alzò la cornetta, titubante.

 

 

“pronto?”

 

“Pronto, sono Rupert Giles…Buffy?” l’aveva riconosciuto immediatamente, sempre la stessa voce professionale

 

si interruppe per un attimo “buongiorno, come sta?”

 

“Buffy – pronunciò il suo nome con un misto di commozione e tristezza – io…io sto bene…tu?” era quasi in imbarazzo, come se non riuscisse ad esprimere i suoi sentimenti

 

“anch’io…” si fermò, stava per scapparle la sua solita battuta, quella che gli propinava tutte le volte che telefonava a casa sua, a Sunnydale. ‘mi faccia indovinare, qualcuno vuole distruggere il mondo’

 

“mi…mi dispiace disturbarti a casa ma era urgente – il suo cuore accelerò – ho bisogno di te. Non posso spiegarti ora ma è necessario che tu venga qui al più presto. Ti prego avverti Willow. – sentì un tuffo al cuore - Io contatterò gli altri.”

 

“cosa sta succedendo?” la sua voce era quella preoccupata di sempre

 

“ti prego Buffy, ti spiegherò quando sarai qui. Ti prego”

 

“Lo sa che ho chiuso con tutto quello che riguarda…- si accorse che Mark ascoltava la conversazione - e anche gli altri”

 

“Buffy io…lo so e mi dispiace di doverti riportare qui…- non c’era bisogno di ulteriori spiegazioni- ma…c’è un problema”

 

rimase in silenzio per qualche istante “quando?”

 

“parti al più presto, anche oggi se puoi. Vai a prendere Willow, c’è un volo in partenza da Washington alle 5” sembrava che volesse aggiungere qualcosa, ma non continuò



“bene”

 

“Buffy…grazie”

 

“arrivederci signor Giles” lo salutò con immutato affetto, senza avere il coraggio di ribadire che lei non avrebbe più combattuto, e il cuore dell’uomo si riempì di gioia: era tanto tempo che non la sentiva chiamarlo così

 

Mark si voltò per guardarla negli occhi, lei sostenne lo sguardo

 

“chi era Elisabeth?”

 

“un amico” rispose in modo asciutto

 

“cosa voleva?” sapeva che c’era dell’altro

 

“andrò da lui appena finisco di lavorare, ti telefono al più presto” detto questo si alzò, dirigendosi in camera per preparare un bagaglio. Era stata più fredda di quanto avrebbe voluto, ma la telefonata l’aveva scombussolata molto: si sentiva come se tutto l’universo da cui era faticosamente uscita l’avesse assorbita nuovamente.

 

Lui la seguì nella stanza, osservandola mentre estraeva dall’armadio alcuni capi che non le aveva mai visto addosso.

“dove vai?”

 

“a San Francisco” rispose senza alzare lo sguardo

 

il ragazzo alzò le mani con fare sconfortato

“adesso mi spieghi cosa è successo! era una mattina come tutte le altre, stavamo tranquillamente facendo colazione, poi squilla il telefono e, appena riattacchi, mi dici che devi andare a San Francisco perché un amico ha bisogno di te?”

 

“esatto”

 

“Elisabeth, ma ti rendi conto che non ha senso?”

 

lo guardò sconsolata, sapeva di non potergli dire la verità, non avrebbe voluto lasciarlo, ma era necessario. Comunque doveva tranquillizzarlo. Sarebbe tornata presto, non aveva intenzione di essere trascinata nuovamente a sventare apocalissi ogni anno, non più. Avrebbe detto a Giles che lei non era più una…una Cacciatrice.

Le ritornò in mente il giorno in cui aveva sentito Giles ed Angel parlare dell’apocalisse per la prima volta: si era strappata dal collo la croce d’argento dicendo “non voglio morire”.

No, non voleva morire, non più almeno. Ma non era riuscita a dire di no a Giles, né a ricacciare il pensiero che la aveva attraversata quando le aveva detto che c’era bisogno di lei…sarebbero potuti tornare come una volta. Ma era davvero quello che voleva? Ognuno di loro si era ricostruito una nuova vita e, anche se separati, erano…felici. Ora lei aveva Mark, un lavoro, una casa, una vita.

Ma tutte le emozioni degli anni  passati ad essere…Cacciatrice le erano tornati alla memoria, sortendo l’effetto di una cannonata.

 

 Finì di mettere i vestiti in valigia, voltandosi per guardare il giovane sconvolto

 

“Mark ascolta, il mio passato…-non riusciva a parlare – il mio passato è stato molto difficile, e non ho ancora chiuso del tutto. Questo è il momento di farlo.”

 

“quell’uomo faceva parte del tuo…?”

 

“sì – abbassò gli occhi – del mio passato”



“vieni qui” non sopportava di vederla così, la abbracciò, lasciando che lei appoggiasse la testa sulla sua spalla

 

lentamente si liberò del suo abbraccio.

 

“devo andare” si sentiva in colpa

 

“lo so”

 

“ciao” disse passandogli una mano sul viso e baciandolo con dolcezza

 

si allontanò velocemente, con la valigia in mano. Quel giorno non prese la metropolitana, ma la macchina. Sarebbe partita il prima possibile. Prima arrivava, prima tutto sarebbe finito.

 

Accese il motore con un gesto secco, ingranando la marcia. Nel fare retromarcia vide il suo sguardo riflesso nello specchietto retrovisore…senza pensarci si voltò da una parte. Non poteva credere di essere così maledettamente…speranzosa. Avrebbe dovuto sentirsi triste, arrabbiata, piena di paura; ma non speranzosa, non…forte.

Una volta in ufficio aprì l’agenda, in cerca del numero di telefono di Willow. Trovò un post-it azzurro, con scritto il numero e l’indirizzo.

Nel rivedere la sua calligrafia rotonda le ritornarono in mente le giornate passate con lei a studiare, e quando le faceva i compiti perché era troppo stanca dopo la ronda…sorrise ripensando a quando studiavano al Bronze tra un ballo e l’altro e lei cercava inutilmente di farle imparare la lezione di francese: era stata quella notte che aveva conosciuto Spike.

Compose velocemente il numero, stranamente agitata.

 

Dopo qualche squillo sentì alzare la cornetta

“Pronto?” riconobbe la voce della ragazza

 

“Willow? Sono…sono Buffy – era la prima volta dopo tanto tempo che usava di nuovo il suo nome  e si guardò involontariamente intorno per vedere se qualcuno la aveva sentita– disturbo?”

 

La ragazza dai capelli rossi era rimasta immobile, con la cornetta in mano. Lentamente si ridestò, farfugliando qualcosa

 

“No…no, Buffy ciao” sembrava che volesse sembrare amichevole, ma la sua voce era quasi fredda, estranea

 

Willow non sapeva che pensare, si era seduta sulla poltrona girevole, sprofondando nell’imbottitura e fissando un punto indistinto di fronte a lei. Buffy…stava parlando con Buffy. Un mare di ricordi la invasero: la rivedeva il primo giorno di scuola, quando si era presentata tendendole la mano…

 

“ciao…”la voce di Buffy era titubante, sembrava che si sentisse in colpa per averla chiamata. Willow si pentì mentalmente del tono con cui la aveva accolta

 

“allora…come stai?” cercò di fare conversazione, nel tentativo di rimediare, ma la cosa la…metteva in imbarazzo

 

dall’altro capo Buffy si accorse della tensione e dello sconcerto della ragazza. Ignorando la fitta al cuore, continuò

“Willow, mi…mi dispiace chiamarti al lavoro…”

 

“Oh no, Buffy…non pensare che…” si affrettò a precisare Willow

 

“Mi ha chiamato Giles, c’è un problema” concluse Buffy senza lasciarla terminare, non voleva che aggiungesse altro, era già abbastanza doloroso

 

“di cosa si tratta?” l’attenzione di Willow venne improvvisamente assorbita da quelle parole

 

“Non me lo ha detto, vuole solo che andiamo da lui a San Francisco, ha detto che è urgente”

 

Willow rimase un attimo in silenzio…Giles aveva bisogno di loro – “quando?”

 

“appena finito di lavorare parto per Washington, c’è un aereo alle 5…lui mi ha chiesto di…sì insomma, vuoi che ti passi a prendere?” chiese insicura, non sapeva se si sentiva pronta a rivederla

 

“Certo…certo, io finisco di lavorare all’una, sai come raggiungermi?”

 

“sì, non preoccuparti.”

 

Tra le due cadde un opprimete silenzio

 

“allora…ciao”

 

“ciao”

 

Willow riattaccò la cornetta, confusa. Tra qualche ora Buffy sarebbe arrivata. Buffy…erano passati più di sei mesi dalla sua ultima visita. Non riusciva a concretizzare l’idea di rivedere la sua vecchia amica. Era incredibile quante cose fossero cambiate in quei due anni, dal loro addio a Sunnydale. Credeva che la loro amicizia non si sarebbe mai sciolta, che sarebbero rimaste per sempre le due ragazze spensierate dei tempi dell’università, ma tutto lentamente si era logorato. Ora la sentiva quasi come un’estranea, portavoce di un mondo che non considerava più il suo. Ci aveva messo anni per disintossicarsi dalla magia, era consapevole del fatto che lei non c’entrava, ma era come se anche lei facesse parte di un universo che aveva ripudiato. Tutti loro si erano divisi, dopo l’ultima battaglia e non riusciva ad immaginare cosa avrebbe significato la loro nuova unione.

 

Si allontanò dal suo angolo computer per andare nell’ufficio del suo principale, dove venne accolta dal superiore con uno sguardo distratto

 

“Buongiorno signor Chapman”

 

“Signorina Rosenberg, cosa posso fare per lei?”

 

“Vede, avrei bisogno di chiederle una vacanza anticipata, mi si è presentata un’occasione che non credo si ripeterà: a San Francisco c’è una conferenza su nuovi prototipi di software a cui posso partecipare…” si congratulò con se stessa per essersi ricordata del volantino lasciato dalla segretaria sulla sua scrivania

 

“Ma certo, se crede che sia necessario, si assenti pure per qualche settimana…lo sa quanto puntiamo sui prodotti di nuova generazione”

 

“non si preoccupi, credo che ci vorrà meno di una settimana” replicò convinta

 

“perfetto, allora è deciso. Quando partirà?”

 

“ho un aereo questo pomeriggio”

 

“faccia buon viaggio”

 

“grazie e arrivederci” concluse asciutta, voltandosi per raggiungere la porta

 

Raggiunse nuovamente il suo ufficio, dove prese il suo portatile, infilandolo nella valigetta: se non altro avrebbe potuto lavorare. Passò a casa per preparare un bagaglio leggero, per poi ritornare in ufficio, pronta per partire.

 

A casa non trovò nessuno, divideva l’appartamento con altre due ragazze, a cui si ripromise di lasciare un messaggio per avvertirle. Per il momento era single, non si sentiva ancora pronta per una nuova storia.

Chiuse a chiave la porta, osservando quasi con nostalgia l’appartamento, come se lo vedesse per l’ultima volta. Con la mente tornò al dormitorio dell’università, dove aveva diviso la stanza con Buffy…come avevano sempre desiderato. Quanto le sembravano lontani quei giorni.

 

*     *     *

 

Sperava che lei arrivasse presto, quell’attesa la opprimeva. Pur continuando a ripetersi che, dopotutto, sarebbe stata la solita Buffa, la spaventava l’ipotesi di trovarla diversa, ma soprattutto non sapeva quanto lei stessa fosse cambiata.

Ora lavorava per la Microsoft, progettava software; le piaceva il suo lavoro e poi era sempre stata brava con i computer, lei aveva fatto la scelta più scontata. Non aveva capito invece cosa faceva Buffy: doveva lavorare per una compagnia assicurativa…era riuscita a stupirla un’altra volta: aveva finito l’università ed era stata subito assunta. Avevano entrambe un futuro davanti, una miriade di opportunità. Ma prima dovevano chiudere con il passato.

 

La segretaria interruppe il flusso dei suoi pensieri, avvisandola che c’era una ragazza nell’atrio che la aspettava.

 

Prese la valigia, dirigendosi a passo spedito verso l’ascensore. Tutti i suoi colleghi stavano ancora lavorando, li vide con gli occhi puntati sullo schermo che battevano sui tasti dei loro computer. D’improvviso si sentì un’estranea, lei non faceva parte del loro mondo…le porte scorrevoli si aprirono davanti a lei.

All’ingresso c’era una ragazza vestita elegantemente, con i capelli  biondi tirati indietro da un piccolo fermaglio e degli occhiali da vista ovali, che si guardava intorno senza lasciar intravedere il minimo imbarazzo.

Si diresse verso di lei, salutando con un cenno la portinaia che ricambiò il saluto.

 

“Buffy!” le sorrise dolcemente, dopotutto era contenta di vederla

 

“ciao Willow” la salutò l’amica

 

“potevi salire…” le disse, sentendosi improvvisamente scortese per non averla invitata a vedere il suo ufficio

 

“no, grazie…ho preferito aspettare qui. Sai, non volevo scombussolarti il lavoro…sei stata gentile ad accettare” disse con sguardo sincero, sul suo viso però non vedeva più la gioia che ricordava. Si sorprese a pensare che nemmeno lei doveva esserle sembrata particolarmente felice

 

le due non sapevano come comportarsi, stringersi la mano sarebbe stato un gesto troppo formale, ma nessuna aveva il coraggio di avvicinarsi per un abbraccio

 

“Bene…io ho la macchina qui di fronte, se hai preso tutto…”

 

“certo, andiamo” convenne la rossa, seguendo l’amica fuori dall’alto palazzo.

 

Erano entrambe un po’ imbarazzate, era passato molto tempo dall’ultima volta che avevano passeggiato insieme, e quel giorno non era per diletto.

Salirono sulla macchina di Buffy, una berlina nera non troppo ingombrante, dopo aver caricato la valigia di Willow.

La ragazza mise in moto, allontanandosi velocemente dall’edificio in vetro da cui erano uscite. Tra le due cadde un soffocante silenzio, rotto soltanto dallo squillo del cellulare di Buffy.

 

“pronto?”

 

“ciao Buffy, sono Dawn”

 

“Dawnie! Ieri ho provato a chiamarti, ma non hai risposto.”

 

“lo so, mi dispiace. Ascolta, mi ha chiamato Giles…”

 

“Ha contattato anche te…” disse un po’ contrariata

 

“sì, prendo un aereo da qui e vi raggiungo – lo diceva come se fosse la cosa più naturale del mondo – c’è…c’è anche Willow?” domandò


”Sì, vuoi parlarle?”

 

“no…tanto ci vedremo tra poco, salutamela” dal tono della sorella capì che anche lei era spaventata dall’ipotesi di rivedere gli altri.

 

Appoggiò il cellulare nel portaoggetti e inforcò un paio di occhiali da sole, togliendo quelli da vista

 

“Dawn ha detto di salutarti” tentò di attaccare discorso

 

“oh…grazie. – abbassò lo sguardo per un istante, incerta sul da farsi – allora…da quando porti gli occhiali da vista?”

 

Buffy sorrise, in effetti era la prima volta che la vedeva in vesti lavorative “Li uso solo quando lavoro al computer, servono per non affaticare gli occhi” rispose in tono un po’ formale

 

“e…come va il lavoro? Sembri davvero una donna d’affari”

 

rise leggermente, era la stessa cosa che aveva pensato di Willow quando aveva visto il palazzo dove lavorava “Tutto bene, mi sono ambientata…anche tu hai fatto strada”

 

“Già…sono tornata la ragazzina che gioca sui computer, solo che adesso mi pagano” ridacchiò

 

“…eri una specie di genio della pirateria informatica, ti ho visto scassinare talmente tanti sistemi che…” si bloccò, non sapeva se era il caso di rivangare in passato.

 

Arrivate all’aeroporto, presero i loro bagagli e si diressero a ritirare il biglietto. Fortunatamente era un giorno infrasettimanale e non c’era molta fila.

Superati i numerosi controlli, le ragazze si diressero verso l’area di attesa. Camminavano vicine: entrambe si sentivano osservate, come se tutti le stessero guardando. Erano tremendamente a disagio.

Presero posto ad un bar, ordinando due caffè.

 

“non ti ho mai vista bere caffè” sorrise Willow

 

“è vero, ma mi ci sono abituata lavorando per una compagnia che fornisce gli uffici unicamente di macchinette elettriche per il caffè in bustina…sono…sono cambiate tante cose dall’ultima volta che ci siamo sedute a parlare insieme” commentò quasi amaramente

 

“Già”

 

Buffy si guardò intorno…avrebbe voluto chiederle tantissime cose, ma non aveva il coraggio, come se non ne avesse più il diritto.

 

“Elisabeth? Ciao” una voce gioviale alle sue spalle la fece voltare. Vide David, uno dei suoi colleghi, probabilmente appena rientrato dalle vacanze con la famiglia.

 

“Ciao! Come stai? Vi siete divertiti?” chiese alzandosi per stringergli la mano “questa è Willow Rosenberg, una mia amica” la presentò

 

“Piacere di conoscerti” sussurrò Willow sorridendo gentilmente, un po’ imbarazzata

 

“Piacere mio. Sì, è stato fantastico – disse poi rivolgendosi a Buffy- Bè…fate buon viaggio. Spero di rivederti presto in ufficio! Arrivederci” le salutò con un cenno della mano, allontanandosi tirando una valigia e chiamando i figli, che scorrazzavano per l’aeroporto senza essersi nemmeno accorti che il padre si era fermato.

 

Buffy tornò a sedersi, incontrando però lo sguardo di Willow

 

“Elisabeth?” domandò con una punta di durezza nella voce

 

“Sì…ora qui sono Elisabeth” le rispose, senza abbassare lo sguardo

 

Willow ora sembrava arrabbiata

“Ora sei Elisabeth? E Buffy che fine ha fatto?”

 

Entrambe erano arrivate all’esasperazione, non riuscivano più a trattenere il fiume di parole che avrebbero voluto dirsi.

 

“ma cosa vuoi che ti dica Willow? Avevo bisogno di tagliare con il passato…dimmi, chi ero prima? Buffy la Cacciatrice – era la prima volta che pronunciava quel nome dopo almeno due anni - ma adesso quella realtà è finita. Insomma guardami! Cosa vedi? Non sono più la ragazzina ammazza-vampiri. Ho dovuto ricominciare tutto da capo, in un mondo dove Buffy non avrebbe potuto esistere!”

 

 “sei cambiata” le rinfacciò l’amica, Buffy resse lo sguardo

 

“anche tu” pronunciò quelle parole con rabbia

 

l’altoparlante chiamò con voce metallica il loro volo e le due si diressero verso l’entrata.

 

Erano in volo ormai da un’ora, senza proferire parola

 

“Buffy?” chiamò Willow, ora si sentiva in imbarazzo a chiamarla così

 

“Sì?” nella loro voce non c’era più astio

 

“Ti…ti va se parliamo un po’?” domandò timidamente, Buffy si sciolse a quelle parole, riconoscendo la ragazza dolce e sensibile che la aveva accompagnata per gli anni più pericolosi della sua vita.

 

“Certo”

 

“hai più visto gli altri?”

 

Buffy abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa “Ho sentito Xander qualche volta…e anche il signor Giles. Ma non ci siamo più rivisti. – non andò oltre, non era ancora pronta per parlare di quello…- tu?”

 

“Anch’io…sembrerebbe che la banda si sia sciolta allora” concluse

 

Le si formò un nodo allo stomaco. Era doloroso parlare di quello che era successo, ma si sforzò di spiegarle, in fondo era l’unica che poteva capire “Willow…fa male. Io lo so che avevamo deciso di rimanere uniti però…dopo quello che è successo siamo tutti cambiati. Ognuno aveva bisogno di stare solo, di vedere se era in grado di vivere un’esistenza…normale e, anche se è dura, con uno di noi accanto nulla sarebbe mai stato normale”

 

“ma ci pensi?” non servivano ulteriori spiegazioni

 

“Ogni giorno”

 

“Sai, vicino a casa mia c’è un bel locale, con un angolino che sembrava quello del Bronze. Ogni volta che ci vado mi siedo lì con i miei amici…mi ritornano in mente tutti momenti passati lì, con te, Xander, Anya e Tara” pronunciò gli ultimi nomi con dolore “ ma poi mi dico che col tempo anche questo finirà, che dimenticherò, eppure ogni volta che passo davanti a quel posto mi volto dall’altra parte e mi tornano in mente sempre le stesse immagini e…” si fermò, fissando il finestrino

 

“Lo so, capita anche a me” Buffy si fermò, come se cercasse le parole adatte “ma quello che mi fa più male è non poterne parlare con nessuno…”

 

la ragazza tornò a guardarla “io…io c’ero. Ci sarei sempre stata per te…”

 

“Sì ma…” come spiegarle che ogni minimo contatto non avrebbe fatto altro che acuire la sensazione di abbandono che non riusciva a scacciare nemmeno quando era circondata dai suoi nuovi amici

 

“ho capito…so cosa provi”

 

Willow si voltò lentamente, per osservare il viso della ragazza che le stava accanto, vedendoci riflessa la sua stessa tristezza.

D’un tratto Buffy si girò, guardandola negli occhi, e per un attimo le sembrò di riconoscere lo stesso sguardo della ragazza che aveva sventato 7 apocalissi

 

“noi…noi eravamo amiche” sussurrò

 

“Sì…lo eravamo”

 

le si riempirono gli occhi di lacrime, non ce la faceva più a trattenersi.

 

Willow si avvicinò, stringendole la mano, come a voler lenire quel dolore che era anche suo e passarono così il resto del viaggio finchè, lentamente, l’aereo atterrò. Era notte a San Francisco.

 

 All’uscita si guardarono intorno, tentando di scorgere una faccia conosciuta.

 

“Vedi qualcuno?” chiese la rossa

 

“a parte una manica di maleducati che spingono? No” concluse seccata, facendo sorridere l’amica

 

“Ehy…ragazze!” in fondo alla sala videro un ragazzo con i capelli corti e una camicia impossibile che si sbracciava nella loro direzione

 

le due gli corsero incontro. Xander. I tre, incuranti della folla che gli scorreva intorno, rimasero stretti in un abbraccio tanto desiderato per un tempo infinito. Erano di nuovo loro, di nuovo insieme. Non contava se non si erano più rivisti, se il destino li aveva separati, le loro vite erano indissolubilmente intrecciate.

 

Senza pensarci due volte il ragazzo afferrò le due valige, facendo strada verso la sua macchina. Ora lavorava a Phenix, dove aveva aperto una piccola falegnameria.

 

“Allora…fatto buon viaggio?”

 

“Sì, grazie…quando sei arrivato?” domandò Buffy

 

“Solo questo pomeriggio, ho chiuso per il fine settimana. Giles mi ha chiesto di venire a prendervi, ci sta aspettando a casa sua.” Concluse caricando le borse nel bagagliaio e invitandole ad entrare

 

“non ci posso credere…guardatevi! Sembrate due manager appena uscite da uno di quegli enormi uffici pieni di finestre!”

 

“Anche tu ti sei sistemato…se solo avessi perso l’abitudine di quelle orrende camicie hawayane!” sorrise Willow

 

I tre chiacchierarono del più e del meno. Con Xander le cose erano molto più facili, era rimasto il solito bravo ragazzo pronto a fare battute su tutto e Buffy, da quando era partita, si sentì felice. Finalmente a casa. Immaginò Mark, che probabilmente stava cenando da solo, ma ricacciò il pensiero. Per quel periodo sarebbe tornata ad essere solo Buffy.

 

“Bene signore, siamo arrivati al modesto appartamentino del signor Giles” disse indicando una bella casa che si affacciava sull’oceano.

 

Un po’ timorose Willow e Buffy scesero dalla macchina, dirigendosi verso la porta in legno e avvicinandosi istintivamente l’una all’altra. Prima che bussassero la porta si aprì davanti a loro.

 

Giles stava lì, indossando la sua abituale giacca di tweed.

Fissava le due ragazze come se fosse la prima volta che le vedeva, ma non fece in tempo a dire niente, perché Buffy lo abbracciò con slancio, imitata subito dopo da Willow.

Giles non poteva crederci, strinse più forte a se le due ragazze, entrambe commosse. Non gli erano sembrate loro: così cresciute, così adulte, così belle. Ma quando gli erano andate incontro…sembrava che nulla fosse cambiato.

 

I tre si divisero e un emozionato Giles fece strada, aiutando Xander a portare i bagagli. Fece un rapido giro della casa, portandole poi a vedere le loro stanze. Willow e Buffy avrebbero dormito in una piccola camera al piano superiore, con vista sull’oceano.

 

“Spero che vi troviate bene” sussurrò l’ex osservatore, appoggiando i bagagli all’entrata

 

quei magnifici istanti di gioia e affetto ritrovati però si spensero quando tutti scesero nel salotto. Giles stava in piedi, come sempre, camminando avanti e indietro, gli altri invece si erano disposti sulle varie poltrone, mantenendo una posa composta.

 

“Innanzitutto grazie per essere venuti,  so quanto possa essere stata dura. Questa sera siete stanchi, quindi non vi spiegherò ancora tutto, anche perché manca ancora qualcuno. Spike ci raggiungerà domani mattina”

 

A Buffy si strinse il cuore, poteva sopportare tutto, ma non questo. Non poteva rivedere Spike…dopo due anni. Certo, sapeva che era vivo, che aveva l’anima, che viveva a Los Angeles, da Angel. Non aveva nemmeno il suo numero, era stata Willow ad avvertirla, lui non l’aveva fatto. Probabilmente si era rifatto una vita…in cui lei non era compresa. Tuttavia non lasciò trasparire queste emozioni, domandando solo

“cosa centra Spike?”

 

“Bè…è una situazione complicata. Posso dirti solamente che qualcuno ha richiesto il nostro aiuto. Ora però andate a letto. È tardi.” Era già mezzanotte quando tutti si diressero verso le rispettive camere

 

Giles però li fermò nuovamente “Ragazzi…grazie. Buona notte” sussurrò, seguendoli con lo sguardo finchè non li vide scomparire nelle loro camere.

 

Lui tornò in soggiorno, servendosi un brandy e facendolo girare più volte nel bicchiere, osservando il liquido ambrato.

 

Non poteva credere che i suoi ragazzi fossero tutti lì, sì…i suoi ragazzi. All’inizio, quando si era presentato al liceo di Sunnydale con i suoi libri sui demoni e sulle cacciatici e si era trovato di fronte Buffy non sapeva come sarebbe andata a finire. In nessun manuale dell’osservatore c’era scritto che era possibile voler bene alla propria Cacciatrice…e ai suoi amici. Ricordava le loro riunioni, le battute di Buffy su quanto fossero brutti i demoni, Willow che cercava di farla ragionare, picchiettando sul suo computer e Xander che non poteva fare a meno di ridere ogni volta che dava una spiegazione. Li rivedeva, seduti sul tavolo della vecchia biblioteca…nel suo soggiorno…al Magic-Box…in casa di Buffy.

Li aveva visti crescere, aver paura, innamorarsi, soffrire…erano diventati quasi una famiglia, una ragione di vita per lui. Aveva inconsciamente fatto loro da padre, sapeva di essere stato un punto di riferimento…fino al giorno in cui tutto era finito. Allora li aveva osservati separarsi, dividersi, quasi volessero dimenticare il legame che li univa, e adesso erano di nuovo tutti lì: Buffy vestita elegantemente, con lo sguardo di una donna…quanto era cresciuta, maturata…forse anche cambiata. Ma il manuale degli osservatori diceva qualcosa che era pressoché certa: una Cacciatrice rimane sempre una Cacciatrice

Willow, anche la sua piccola streghetta era cresciuta. Non aveva più praticato magie, ma era tornata ad usare solo il computer, come all’inizio. Aveva un’aria tranquilla ma sicura, non vedeva più riflessa nei suoi occhi l’angoscia che la attanagliava i primi anni. Xander invece era rimasto il solito simpatico ragazzo, sempre pronto ad aiutare gli altri, solo che adesso si era rifatto una vita, lavorava e si manteneva. I suoi ragazzi erano cresciuti ed erano stati obbligati ad accettare una vita normale, ma ce la avevano fatta, con le loro forze.

Ora però c’era bisogno di loro.

 

Si alzò lentamente dalla sedia, poggiando il bicchiere ormai vuoto sul tavolino in legno e dirigendosi verso la sua camera.

 

Buffy e Willow avevano raggiunto la loro camera ed entrambe stavano aprendo la valigia. Senza fiatare le due riposero gli abiti, piegandoli con cura; non avevano più avuto il coraggio di guardarsi negli occhi da quando avevano salito le scale.

Non si sentivano pronte a ricominciare tutto da capo, a riprendere in mano le armi e gettarsi contro i demoni; non sapevano nemmeno se erano ancora in grado di farlo.

Willow sorrise quando vide Buffy appendere il suo cappotto di pelle nell’armadio.

 

“che c’è?” chiese Buffy incuriosita

 

“non…credevo lo conservassi” rispose la rossa distogliendo lo sguardo

 

Buffy sorrise lievemente

“mhm…sono diventata un po’ come Spike e la sua giacca” pronunciando quel nome però il suo viso si oscurò improvvisamente

 

Willow lanciò un occhiata eloquente, sapeva perfettamente cosa stava provando l’amica. Avrebbe voluto aiutarla, sorreggerla…in passato aveva sempre saputo cosa dire.

senza più parlare le due andarono a letto, sicure che nessuno sarebbe riuscito a dormire.

 

*     *     *

LOS ANGELES, MEZZANOTTE

 

La Angel investigations era stata in subbuglio per tutto il giorno, dopo quella telefonata. La telefonata di Giles. Aveva risposto Angel, che ora sedeva assorto sulla poltrona di pelle del soggiorno. Gli occhi fissi nel vuoto, non riusciva a togliersi dalla testa le poche frasi che l’osservatore gli aveva rivolto, prima di chiedere di Spike.

 

Poche ore prima

 

“Angel investigations”

 

“Angel? Sono Rupert Giles” alcuni secondi di silenzio imbarazzato

 

“Giles…sono felice di sentirla, come sta?” la solita frase di circostanza, che si scambiavano ogni volta che uno dei due telefonava. Non era più successo dalla resurrezione di Spike e il trasferimento di…Buffy.

 

“Bene, grazie…Angel non ho molto tempo, quindi vengo subito al punto: ho bisogno di parlare con Spike”

 

si era bloccato, non poteva credere che succedesse di nuovo.

Anche senza bisogno di parole il vampiro aveva capito il motivo della telefonata. Spike; avrebbe giurato che Buffy, Willow e Xander fossero già stati avvisati. Si sentiva…vuoto. Vuoto era il termine giusto. Aveva sperato che il precario equilibrio che era venuto a crearsi non venisse più turbato, ma quella telefonata aveva fatto crollare in un secondo ogni cosa.

La sua lunga memoria ripercorse con dolore gli anni che aveva passato a Sunnydale, quando aveva conosciuto Buffy, quando si erano amati per la prima volta…fino al suo trasferimento a Los Angeles. Anche allora tutti i suoi faticosi passi avanti per dimenticare lei e la sua città erano vanamente crollati allo squillo del telefono. Anche allora dall’altra parte del filo c’era Giles.

Spike viveva lì da circa due anni…dal giorno in cui si era presentato con la sua forma incorporea, dopo essere morto per chiudere la bocca dell’inferno e salvare la sua Cacciatrice. Ora avevano imparato a sopportarsi, provava anche una certa simpatia per il vampiro biondo, si sentiva quasi parte della sua sofferenza. Non ne avevano mai discusso, lui non era tipo da sedersi a tavolino e parlare dei propri sentimenti, ma sapeva perfettamente cosa sentiva. Anche lui provava il dolore causato dall’anima. Anche lui conosceva il dolore per la perdita della persona amata. Anche lui aveva amato Buffy.

Era una malattia e, dopo aver visto la sua reazione dopo la telefonata, aveva capito che lui non era ancora guarito.

 

Lentamente Spike si era avvicinato e aveva afferrato sicuro la cornetta, portandosela all’orecchio. Angel aveva osservato l’espressione che gli si era dipinta sul viso, dopo qualche secondo: la mascella tirata e lo sguardo serio che fissava un punto indefinito del muro. Aveva pronunciato solo una parola.

“arrivo”

dopo aver riattaccato si era diretto, con passo deciso, verso la sua camera.

Angel lo aveva seguito, osservandolo prendere un borsone da sotto il letto e aprire l’armadio.

 

“cosa voleva?”

 

per tutta risposta Spike lo aveva guardato, come per dirgli ‘sai cosa mi ha detto, la stessa cosa che diceva a te qualche anno fa’

 

poi si era voltato, asserendo

“vado a san Francisco”

 

continuava a piegare camice e jeans, infilandoli nella sacca, apparentemente dimentico della presenza di Angel.

Quando si avviò alla porta però il vampiro bruno lo bloccò, spingendolo indietro con una mano

“pensaci”

 

“non c’è bisogno”

 

“si invece. Sai cosa vorrà dire per te…rivederla?” lo guardò con occhi eloquenti

 

gli si era avvicinato, con sguardo carico di rabbia nel sentire quelle parole

 “quante volte hai fatto la stessa cosa?”

 

“non conta…farà male”

 

il vampiro non aveva abbassato lo sguardo

“non la lascerò sola”

 

Angel si spostò dall’entrata, lasciandosi superare dal vampiro. Ricordava quelle parole. Esattamente ciò che aveva pensato lui…non contava quanto male avrebbe fatto, bastava che lei non fosse sola, che lei non fosse in pericolo. Solo questo era importante.

Anche se in quel momento c’era un’altra con lui.

 

Lo guardò allontanarsi. Non gli era ancora passata.

 

Angel era ancora stancamente seduto sulla poltrona, fissando la porta d’entrata e Spike gli passò davanti, con la borsa a tracolla e le mani nelle tasche del cappotto.

 

“cosa dirai a Fred?”

 

lui abbassò per un attimo lo sguardo

“che devo concludere per bene quello che ho iniziato”

 

“oppure riaprire una ferita che si è appena chiusa” concluse con tono serio

 

Spike lasciò cadere la sacca davanti alla porta, posizionandosi di fronte al vampiro seduto

 

“Angel – prese un lungo respiro, come se pronunciare quelle parole gli sembrasse fiato sprecato- non lo faccio per alimentare l’illusione di noi due in spiaggia a mezzogiorno, anche se ora potrei…ma – sorrise- tu sai meglio di me che quando si tratta di lei e…sì, anche dei suoi amici…io non posso tirarmi indietro. Forse così si concluderà anche questa vecchia storia”

 

il rumore della porta che si apriva gli fece interrompere il discorso.

 

“Buon giorno ragazzi” li salutò una voce gioviale che subito però si spense vedendoli così seri “che c’è?”

 

Spike si diresse verso la nuova entrata

“ciao amore” le sussurrò prima di baciarla, scambiando uno sguardo di sfida con Angel

 

“ciao! Ma che succede?” Fred si era leggermente allarmata vedendo la borsa vicino alla porta e Spike indossare il cappotto

 

“devo andarmene per un paio di giorni…”

 

“dove vai?” chiese sorpresa

 

“a san Francisco” disse lui distogliendo lo sguardo

 

la ragazza si rabbuiò improvvisamente. La loro storia andava avanti ormai da 6 mesi, ma il suo passato era sempre stato un tabù. Sapeva solo che l’osservatore viveva a san Francisco e la Cacciatrice e la strega si erano trasferite sulla costa orientale.

Stava andando da lei.

 

“perché?” le domandò quasi con astio, togliendo le mani dalle sue spalle

 

“perché c’è qualcosa di grosso il ballo e hanno bisogno di aiuto” concluse lui asciutto

 

lei si allontanò ulteriormente, senza però aver il coraggio di pronunciare il nome che la assillava…Buffy…

 

“quando tornerai?” non voleva nemmeno prendere il considerazione l’ipotesi che lui non lo facesse

 

“presto” disse in tono più dolce, ma che lasciava intendere che la discussione era conclusa. Sapeva bene cosa frullava nella mente della ragazza, ma non aveva tempo di spiegarle quello che stava facendo

…tagliare con il passato, oppure rimanere di nuovo intrappolato…

 

“ciao” le poggiò un piccolo bacio sulle labbra “ti chiamo quando arrivo”

 

con un cenno della mano salutò Angel, ancora seduto ad osservarlo, uscendo dalla porta con la borsa appoggiata sulla spalla.

 

Scese velocemente le scale, il cuore in subbuglio. Non poteva credere a quello che stava succedendo. Gettò la borsa sul sedile posteriore della sua De Soto, dirigendosi a tutta velocità verso il raccordo che lo avrebbe portato a  San Francisco.

Guidava nervosamente, avrebbe voluto fermarsi e tornare indietro, da Fred, dagli altri, ma non ce la faceva. Una forza dentro di lui lo costringeva a proseguire, superando ad alta velocità il cartello arrugginito “YOU ARE LEAVING LOS ANGELES”. Lo fissò per un attimo dallo specchietto retrovisore, mentre si faceva sempre più piccolo. Tirò un sospiro di sollievo. Ora davanti a lui c’era solo la strada. Non si poteva più fare marcia indietro.

Era molto presto, la telefonata di Giles lo aveva sorpreso nelle ultime ore della sera ed ora stava albeggiando. Accostò bruscamente da un lato, scendendo dalla macchina; si appoggiò al cofano, fissando estasiato il panorama che gli si stendeva davanti. Il sole stava sorgendo silenzioso nel cielo ancora scuro, facendosi strada tra la nebbia e proiettando fasci di luce rossastra sulle frastagliate montagne circostanti. Una vista straordinaria. Abbassò gli occhi per un attimo, perso nell’improvviso ricordo della sua ultima alba da mortale. Era stata Drusilla a mostrargliela e, mentre il sole sorgeva,  gli aveva raccontato di una vita migliore, vissuta nell’oscurità e illuminata solo dalla fiamma della passione. Ed era stato veramente così. Non gli era mai più importato di veder sorgere il sole, aveva trovato la sua luce e le roteava intorno come un satellite, inebriato e appagato da lei soltanto. Sorrise a quei lontani ricordi, puntando nuovamente gli occhi verso il cielo, dipinto ora di uno strano colore, tra il blu e l’azzurro. Brillante e intenso. Il sorriso sparì dal suo viso per lasciare il posto all’angoscia. Si rivedeva accasciato a terra, dolorante e ferito, mentre, proteso verso l’altro, osservava impotente. Lei era in cima alla torre, stringeva la sorella per un ultimo sospirato abbraccio. Poi si era voltata, apparentemente serena, incurante di quello che le stava succedendo attorno. L’aveva vista correre, senza abbassare gli occhi, verso il portale gorgogliante. Non c’era paura nei suoi occhi nemmeno in quei terribili istanti. Prima di saltare aveva rivolto lo sguardo verso un cielo uguale a quello, sorridendo lievemente, quasi percepisse una leggera ironia in quello che stava facendo.

Poi era tutto finito. Giaceva riversa sulle macerie, con il viso ancora roseo e i capelli sparsi sulle spalle. Addormentata in un sonno eterno. Aveva finito di combattere. E aveva vinto anche quella volta.

Con il cuore ancora gonfio di tristezza osservò gli ultimi istanti del sole nascente, mentre il cielo riacquistava la sua tonalità chiara, prendendo il posto della notte.

Rimontò in macchina, accendendo il motore e allontanandosi con una scia di polvere. Nelle orecchie vorticavano ancora le sue ultime parole, sussurrate alla sorella prima di saltare. …porta il mio amore ai miei amici, ora devi essere tu a prenderti cura di loro. Dovete prendervi cura gli uni gli altri. Dawn, la cosa più difficile di questo mondo è viverci. Sii coraggiosa, vivi. Per me…

Sarebbe morto per lei, per risparmiarle quell’ennesimo sacrificio. Quando poi era tornata in vita…scacciò quei ricordi dalla mente, incapace di affrontare nuovamente la marea di sentimenti che lo avevano attraversato quando era ancora con…Lei. Ma non riusciva ad allontanare il pensiero del suo bel viso ferito dopo la battaglia, dei suoi occhi lucidi e pieni di angoscia, mentre lo guardava invaso dal fascio di luce con il medaglione luccicante al petto. Gli aveva afferrato la mano, come se non volesse lasciarlo andare, incurante delle fiamme. Lui l’aveva stretta, perdendosi per l’ennesima volta nei suoi occhi verdi. Poi quelle parole, pronunciate a mezza voce tra i singhiozzi...ti amo… aveva aspettato una vita di sentirglielo dire, attraversato il logorio dei secoli perché qualcuno glielo sussurrasse.

 

Sterzò bruscamente, sorpassando un camion. Basta. Era un supplizio. Non poteva continuare in quel modo. Ora si era rifatto una vita. Aveva il lavoro, aveva amici, aveva Fred. Già…Fred. Lei riusciva a farlo sentire in pace, a calmare l’anima e i ricordi che lo inghiottivano. Aveva detto ‘ti amo’ solo a tre donne nella sua vita. Cecilie. Drusilla. Buffy. E ora Fred. Sapeva che le stava facendo del male. Aveva letto negli occhi la sua frustrazione per essere stata esclusa dal suo passato, dalla sua sofferenza, forse anche del suo cuore. Poteva dire di amarla? La sua anima diceva di sì. Aveva bisogno di un amore tranquillo, sereno, senza mezzi termini e parole non dette. La sua anima. Ma il suo cuore?…

Accese la radio, alzando il volume al massimo. Doveva smettere di torturarsi. Stava facendo la cosa giusta: andare per chiudere una volta per tutte un capitolo della sua vita e mettere un punto all’interrogativo che non lo abbandonava da due anni. …se fossi tornato da lei…

 

 

 

 

CAP.2 – L’ULTIMA UNIONE

SAN FRANCISCO, 4.00 A.M

 

Buffy era distesa nel suo letto, fissando immobile il soffitto. Nella sua mente si affollavano una miriade di pensieri che non le davano riposo. Non riusciva  a credere di essere lì, a casa del signor Giles, insieme agli altri. Si voltò lentamente, osservando Willow, che dormiva nel letto a fianco. Ripensò alle serata precedente, trascorsa con Mark al ristorante e poi nel suo appartamento. Allora era tranquilla, sollevata dal pesante fardello che aveva sostenuto per così tanti anni. ‘Sollevata’ era la parola giusta.

All’inizio si era sentita sperduta, priva dell’appoggio sempre presente delle persone che le volevano bene, ma piano piano aveva superato la solitudine e viveva in una sorta di bolla inerte, da cui le emozioni erano bandite per lasciare il posto alla tranquillità. A volte, quando vedeva giovani ragazzi dirigersi verso i vicoli bui con il sorriso di chi sta per combinare una bravata, sentiva l’irrefrenabile impulso di corrergli dietro, cercando un paletto nella borsa. Poi, come se si fosse svegliata da un sogno, ricordava che nella sua borsa non c’era più Mr.Punta e che probabilmente un’altra ragazza li avrebbe rincorsi.

Era in quei momenti che ripensava ai suoi amici, a quante volte aveva inseguito vampiri con loro che la seguivano a ruota, osservandola con ammirazione mentre conficcava il paletto. Sorrise leggermente ricordando il loro vecchio liceo e a come lo avevano ridotto il giorno dell’ascesa del sindaco: proprio un bel modo per andarsene.

Si alzò, attenta non fare rumore. Non riusciva a rimanere a letto, vecchi ricordi non la lasciavano riposare.

Aprì con attenzione la porta finestra, inspirando l’aria frizzante della notte che le solleticò il corpo, svegliandola completamente. Appoggiando la schiena al muro, osservò incantata la luna, che risplendeva alta all’orizzonte, specchiandosi nell’oceano. Si lasciò cullare dal rumore delle onde, poggiando la testa da un lato e socchiudendo gli occhi.

…Quante notti aveva passato passeggiando per il cimitero con il paletto pronto a colpire, la sua ombra che si confondeva con quella delle lapidi. Un movimento furtivo alle spalle. Si votava pronta a combattere. Poi quel sorriso mai dimenticato e l’immancabile battuta.

 

Spike

 

Il suo vampiro

 

Passeggiavano insieme tra le cripte, illuminati dalla fredda luce lunare.

Qualche parola tagliente, poi il combattimento. Era diventato il loro linguaggio segreto. Era così che si era innamorata di lui. Perché, nonostante lui l’avesse negato quando finalmente aveva trovato il coraggio di dirglielo, era proprio amore, amore lacerante, quello che aveva provato la notte prima della battaglia finale. Si era addormentata tra le sue braccia.

Lui era venuto a cercarla e, come sempre, l’aveva trovata. Ricordava ancora le parole che le aveva sussurrato dolcemente. …l’unica cosa di cui sono sempre stato sicuro sei tu…sei un diavolo di donna…sei l’unica Buffy…

Calde lacrime iniziarono a scorrerle sul viso; socchiuse gli occhi, senza asciugarle. Il suo eroe. Ecco cos’era, il suo eroe. Nessuno l’aveva protetta come aveva fatto lui, con nessuno si sentiva protetta come con lui.

 

“Brutti ricordi?” sussurrò Willow, poggiandole una mano sulla spalla e sedendosi vicino a lei

 

si asciugò velocemente le lacrime

“una cosa del genere”

 

“Vuoi…vuoi che ne parliamo?”

 

la guardò negli occhi, con le lacrime che le bagnavano ancora le guance. Aveva un nodo in gola, non riusciva a spiccicare parola. Non avrebbe voluto piangere, ma il peso di qui momenti non la lasciava. Non ce la faceva più a tenersi tutto dentro, la disperazione e l’angoscia stavano prendendo il sopravvento. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, qualcuno che potesse capire…tentava di frenare le lacrime, ma avevano cominciato a scorrere contro la sua volontà.

 

All’amica bastò un’occhiata per capire. Un po’ esitante le passò un braccio intorno alle spalle, lasciando che Buffy appoggiasse la testa sulla sua spalla.

 

“Io ero innamorata di lui” disse tra i singhiozzi

 

passò alcuni secondi appoggiata sulla spalla dell’amica, piangendo sommessamente. In quegli istanti, seppur tragici, qualcosa dentro di lei le fece avvertire che tra lei e Willow era caduto quel muro, fatto di silenzi e reticenze, che le avevano allontanate per quasi due anni.

Tornò a sedersi, la testa di nuovo sul muro retrostante. Si passò una mano sugli occhi, ricacciando le lacrime e tornando a guardare la luna.

Rimasero entrambe in silenzio, ascoltando solo il battito del loro cuore che si calmava lentamente.

 

Fu Buffy a prendere la parola per prima: sentiva di avere molte cose da chiarire, frasi interrotte da completare.

“sai, non lo avevo mai detto a nessuno prima d’ora. Ti sembrerà strano, ma io lo amavo veramente. Ricordo ogni suo piccolo gesto, ogni espressione, ogni momento passato con lui. –sorrise leggermente- e pensare che è stato proprio grazie ad un tuo incantesimo a che ci siamo baciati per la prima vota”

 

Willow rimase in silenzio, ascoltando

 

“se penso a quante volte lo ho cacciato, rifiutato in passato…ricordi quando lo abbiamo conosciuto? Sempre tra le braccia di Drusilla, e che mi minacciava di morte tutte le notti”

 

Willow sorrise al pensiero: ricordava le battaglie tra Buffy e Spike…le tornò in mente in giorno in cui la aveva catturata e, dopo averla legata, le aveva confidato che Drusilla se ne era andata. In fondo non era mai riuscita a odiarlo. Aveva sempre avuto un debole per quel vampiro, che aveva anche provato a tirarle su il morale un paio di vote.

 

“so quanto male gli ho fatto, me ne sono resa conto con gli anni. Ma lui…lui c’è sempre stato. In tutti i momenti più difficili, con me c’era lui” sospirò chiudendo gli occhi

 

“gliel’hai mai detto?”

 

“sai quanto poco sia capace in queste cose... All’inizio non riuscivo a sopportarlo soprattutto per una ragione: gli bastava una parola per smontare le mie convinzioni, per farmi vedere quello che tentavo di nascondere…-fece una breve pausa- però sì, gliel’ho detto. Quando era nel cono di luce. Sono riuscita a dire solo “ti amo” prima che morisse” un’altra lacrima le scese sulla guancia, che non tentò di fermare

 

“e lui?”

 

“Mi ha risposto che non era vero, ma mi ha ringraziato, come se gli stessi facendo un piacere…ricordo il suo viso, sembrava sereno in quel momento, mi ha guardata per un attimo, stringendomi la mano. Poi se ne è andato. Si era sacrificato un’altra volta, per me. Ho ripensato spesso, mentre tentavo di mettere ordine nella mia vita, a cos’era lui per me. Non avevo mai trovato una risposta adatta…bè, ora lo so, ora che non ha più importanza lo ho capito. –guardò negli occhi l’amica, alla quale bastò uno sguardo per leggere angoscia nei suoi occhi- È il mio eroe. Lo è sempre stato. Mi ha protetta, amata, per me è cambiato, ha riconquistato l’anima…per me è morto…e io non sono riuscita nemmeno a dirgli cosa provavo come si deve. ”

 

“Buffy…lo sapeva. Lui lo sapeva” le appoggiò una mano sulla spalla

 

ora sorrideva, ma nel suo sorriso non c’era gioia, solo rabbia “Ma pensa…la grande Buffy, la Cacciatrice…che salva il mondo ma non l’uomo che ama. È un continuo ripetersi di errori, è stato così anche con Angel. Come se non avessi imparato niente e la mia vita non possa che finire così”

 

“In quei momenti non è una questione di scelta, ma di sacrificio. Non avresti potuto salvare nessuno dei due, e non perché sia stato giusto, ma perché era così che doveva andare. Spike lo sapeva. E sapeva anche che lo amavi” ribadì dolcemente

 

Ma Buffy non la stava più ascoltando, immagini che aveva tentato di cancellare ora le scorrevano nella mente come un lungo flashback. I corpi dei suoi amici. “quanti sono morti per la nostra causa…Angel, Faith, Tara, Anya, Spike…non riesco a convincermi che sia stato giusto”

 

Willow tacque un attimo. Tara.

 

“Infatti non lo è stato…ma il nostro compito era quello di portare giustizia” il suo tono era diventato più duro, come se fosse tornata bruciare in lei l’antica fiamma

 

“noi abbiamo stravolto le regole. Una Cacciatrice lavora da sola, noi siamo stati una squadra. Io dovevo combattere i vampiri e me ne sono innamorata”

 

“Ma il mondo non è ancora stato distrutto, quindi abbiamo fatto un buon lavoro” rispose sorridendo la strega

 

“Sì, abbiamo fatto un buon lavoro” la sua espressione era più sollevata

 

tra le due era tornato il silenzio, non quello oppressivo che aveva regnato per tutto il viaggio precedente, bensì una pace distesa, cosciente, a cui nessuna delle due aveva intenzione di sottrarsi. Rimasero vicine, ad ammirare la luna come se fosse la prima volta. Non c’era traccia di paura. Erano insieme, di nuovo, forse per l’ultima volta, ma non importava. Loro erano insieme. Come all’inizio. Come era sempre stato.

 

D’un tratto Willow si voltò

“Buffy…ti va di preparare a colazione al signor Giles? Prevedo altrimenti un risveglio a base di tè inglese aromato alle erbe”

 

Buffy sorrise, l’angoscia era passata. Era come se si fosse risvegliata da un pesante torpore. “certo, scommetto che non gli dispiacerà mangiare qualcosa di commestibile” sussurrò piano, alzandosi in piedi.

 

Senza pensarci due vote rientrarono in camera per dirigersi al piano inferiore ed entrarono in cucina attente a non fare rumore, iniziando ad apparecchiare. Le tapparelle erano ancora tutte abbassate e lasciavano filtrare solo i tenui raggi di un sole appena spuntato.

Mentre Buffy apriva le ante alla ricerca di qualcosa da mangiare Willow aveva acceso il gas, intenta a sbattere le uova per preparare le frittelle.

 

Dopo aver apparecchiato per quattro, le due si sedettero una di fronte all’altra.

 

“Allora…raccontami cosa fai di bello a New York” chiese, ancora un po’ titubante

 

“Lavoro per una compagnia assicurativa, la “Smithers&Co”, non so se la conosci. Comunque…mi occupo per lo più della conclusione delle trattative, lavoro in un bell’ufficio al decimo piano a Manhattan. Tu invece? Hai fatto carriera nell’elettronica?”

 

“mah…non mi lamento. In fondo sai quanto mi diverto con il computer, anche se è passato un po’ di tempo da quando lo usavo per scassinare i sistemi operativi della polizia di Sunnydale. Ora mi occupo del settore delle nuove tecnologie per la Microsoft

 

per il momento entrambe avevano evitato accuratamente di parlare delle loro situazioni sentimentali, ma ora sentivano il bisogno di chiarirsi anche su quel punto.

 

Willow guardava l’amica in silenzio, distogliendo lo sguardo quando si accorgeva che lei la fissava di rimando

 

Buffy capì al volo la domanda che l’amica non aveva il coraggio di rivolgerle “sì Willow, ho un ragazzo. …si chiama Mark e lavora a New York, nel campo della ricerca scientifica”

 

“e…”

 

Buffy sospirò “Sì, e tra poco andremo a vivere insieme” appoggiò il viso sul palmo aperto “stavamo facendo colazione quando ho ricevuto la telefonata di Giles e l’ho mollato con la storia che dovevo chiudere con il passato…” sgranò gli occhi “ho promesso che gli avrei telefonato!” quasi si mise ad urlare, correndo verso il telefono dell’ingresso.

 

Compose il numero, guardando l’orologio appeso al muro dietro di lei. Erano le 7, tra San Francisco e New York il fuso orario era di circa quattro ore. In quel momento Mark doveva trovarsi in ufficio.

Il telefono iniziò a squillare.

 

“dottor James” rispose una voce un po’ assonnata

 

“Ciao Mark, sono…Elisabeth” ebbe un fremito, stava per dire Buffy

 

“Elisabeth! Finalmente hai chiamato, hai fatto buon viaggio? Quando sei arrivata? Tutto bene?”

 

sorrise, il solito ragazzo apprensivo. Il senso di colpa iniziò a crescere in lei, come aveva potuto lasciarlo  in quel modo…si voltò, per vedere Willow dirigersi nella sua direzione con una tazza di caffè in mano e Xander che scendeva le scale con un assurdo pigiama a quadri, stiracchiandosi e sbadigliando. Ecco perché se ne era andata. O meglio, perché era tornata. Il senso di colpa però non accennava ad andarsene, soprattutto dopo l’ennesima domanda di Mark.

 

“allora…quando torni?”

 

“Sta tranquillo, il viaggio è andato bene, sono arrivata ieri sera sul tardi, per questo non ho chiamato”

 

“Quando torni?” ribadì la domanda

 

Buffy rimase in silenzio, prendendo la tazza che Willow le porgeva e sorridendo per ringraziarla.

 

“Mark…non lo so. – non sapeva come continuare la frase. Willow la guardava con occhi sgranati e silenziosamente speranzosi, Xander si era a sua volta avvicinato al telefono. Li guardò combattuta – Però credo che passerò qui qualche settimana…sai, ci sta raggiungendo anche Dawn. – disse, come se fosse una scusante - Ha insistito tanto perché ci rivedessimo tutti di nuovo…”

 

Dall’altra parte del filo il ragazzo si era fermato. Un insolito freddo si era impossessato di lui, come se presagisse che qualcosa di brutto stava accadendo. La sua ragazza non sarebbe tornata prima di due settimane e lui non si sentiva affatto sicuro a saperla così lontana e in un ambiente a lui estraneo. Tuttavia non contestò, voleva darle tempo, anche se la sua voce era diventata involontariamente fredda.

“Ah…ho capito. Allora salutami Dawn  e telefona spesso.”

 

Il tono gelido e quasi risentito con cui la aveva salutata non avevano fatto altro che accrescere il disagio di Buffy. Le faceva male saperlo arrabbiato con lei…osservò nuovamente i suoi amici negli occhi, reggendo la cornetta con entrambe le mani.

 

“Allora…ciao” lo salutò scoraggiata, quasi volesse prolungare il più possibile la telefonata per mantenere con lui quel seppur esiguo contatto.

 

“Ciao…Elisabeth? Non so perché te lo dico, ma stai attenta”

 

Sorrise un poco, forse Mark aveva capito di lei più di quanto lasciasse intendere “Non preoccuparti…torno presto”

 

“Ti amo” sussurrò con voce dolce, come se volesse sopperire al tono freddo usato poco prima

 

“…anch’io” rispose titubante, abbassando lentamente la cornetta.

 

“Bene, ora che hai sistemato il tuo ragazzo possiamo fare colazione” concluse Xander gioviale, dirigendosi allegramente in cucina

 

lei due ragazze si guardarono. Willow aveva capito a cosa si riferiva con quell’ “anch’io” e sapeva anche cosa le frullava per la testa.

 

Xander tornò velocemente sui suoi passi “Apetta…da quando in qua hai un ragazzo?”

 

Buffy sorrise ironica “Oh, ti ringrazio per la tua alta considerazione del mio sex appeal! Stiamo insieme da 6 mesi e non è ancora finito all’inferno” non credeva di riuscire a scherzare di nuovo su quel genere di cose

 

“Oh beh…Angel ci ha messo un anno, il giovanotto ha ancora tempo!” concluse lui scostando la sedia perché si sedesse

 

In quel mentre scese Giles, già vestito di tutto punto e con l’immancabile manuale in mano.

“Buon giorno ragazzi, dormito bene?”

 

Per la seconda volta Buffy sorrise. Di un sorriso sincero, felice. Si rese conto di quanto le era mancata quella scena: loro attorno ad un tavolo e Giles che spiegava. Le tornò in mente la loro prima riunione, nella biblioteca del liceo, poi a casa di Giles, infine al Magic Box. Avevano sventato apocalissi seduti intorno a un tavolo.

 

“Perfettamente” rispose Willow, con la paletta per le frittelle in mano, porgendogli una tazza fumante.

 

“Avrei dovuto invitarvi più spesso…è la prima volta che non devo preparami la colazione” disse soddisfatto

 

“Siamo venuti apposta per inculcale in quel cervello inglese un po’ di sane abitudini americane. Come una buona colazione invece di una tazza di te insipido” commentò Buffy

 

“…o di quegli orrendi biscotti secchi che ci mangia insieme” concluse Xander

 

Quanto gli erano mancate quelle battute, quei sorrisi. Giles si sedette di fronte a loro sospirando.

“faccio finta di non aver sentito” tuttavia bevve volentieri il caffè. “Tra qualche ora arriverà Dawn” li informò

 

“e come arriva fin qui?”

 

“Ha deciso di prendere un taxi…guido troppo piano per i suoi gusti” concluse un po’ contrariato

 

“Non per niente le ho fatto io scuola giuda” rise Buffy, ricordando la serata in cui aveva scarrozzato Giles per tutta Sunnydale con la scusa che la madre non le voleva prestare la macchina.

 

“Spike invece sarà qui a momenti. Che ne dite di andare a vestirvi?”

 

“E noi dovremmo metterci in ghingheri per capelli d’oro?” chiese Xander

 

“evito commenti sul pigiama” Willow lo guardò con finta severità

 

“…Così poi vi spiegherò tutto” concluse Giles, abbassando lo sguardo e sfilandosi gli occhiali

 

I tre si avviarono nelle loro stanze, scambiandosi un’occhiata confusa. Chissà cosa aveva di così importante da comunicargli. Nessuno aveva più ripensato al motivo del loro ritrovo, erano tutti troppo entusiasti di rivedersi. Ora però che la risposta stava per arrivare si sentivano stranamente nervosi, sapevano cosa avrebbe significato per loro ritornare a…combattere. Combattere. Non avevano fatto altro per sette anni e ora li stavano richiamando all’ordine.

 

“Mi vuoi dire che c’è?” domandò Willow all’amica

Buffy le lanciò uno sguardo eloquente, aprendo l’armadio per prendere un paio di jeans e una felpa

 

“Spike?”

 

“Centro” disse con una punta di ironia “l’ultima volta che lo ho visto è stato…circa 1 anno 10 mesi e 17 giorni fa…e lui stava bruciando per salvare il mondo. Ah, dimenticavo…gli ho anche detto che lo amavo”

 

“Non è una bella situazione” commentò

 

Buffy si sedette sul letto, scoraggiata. Non sapeva proprio cosa dire o come comportarsi, ma la preoccupava soprattutto la reazione nel vederlo.

 

“Ma…ti è passata vero?” domandò incerta

 

Buffy la guardò scettica

“credo…spero di sì. Anche perché…andiamo, non è pensabile che…dopo due anni che non lo vedo e un ragazzo a casa che mi aspetta…”

 

“Ok, parliamo del ragazzo a casa che ti aspetta”

 

“Ehi…ti sembra il modo di torturarmi? Come se non ci pensassi già da sola…”

 

D’un tratto il campanello suonò al piano di sotto. Le due si scambiarono uno sguardo allarmato.

 

“Coraggio – disse Willow prendendola per mano e trascinandola verso la porta – sei o non sei la Cacciatrice?”

 

“In pensione prego” rispose lei contrariata

 

Buffy scese lentamente le scale, appoggiandosi al corrimano. Il cuore non le stava più nel petto. Lo avrebbe rivisto. Avrebbe rivisto Spike. Aveva paura, non sapeva se era in grado di affrontarlo; dopotutto l’ultima volta che si erano visti era in atto l’ennesima apocalisse.

Furono gli istanti più lunghi della sua vita. Stava provando emozioni che non dovevano nemmeno sfiorarla, che aveva cercato di occultare; ma non era più possibile nasconderle: un misto di gioia e di paura, di nervosismo e di sollievo. Di sicurezza. Un sentimento che era riuscita a provare solo con lui e che non aveva trovato in nessun essere umano.

 

Sentì delle voci soffuse, che si facevano sempre più vicine

 

“Ciao Spike”

 

“ Buongiorno Giles”

ora vedeva le loro teste tra la ringhiera del corrimano, si stavano stringendo la mano, come se fossero vecchi amici

 

E se fosse cambiato? L’angoscia la afferrò allo stomaco, un brivido le corse lungo la schiena. Non riusciva a calmarsi, ma le sue gambe la portavano sempre più in basso, verso i due uomini. Già, un uomo. Era diventato un uomo. Un po’ anomalo, ma Spike lo era sempre stato, anche da vampiro. Ed era lei la causa dei suoi cambiamenti, anche se non li aveva vissuti con lui. Non tutti almeno. Sapeva che ora poteva circolare alla luce del sole, glielo aveva detto lui al telefono.

Le ritornò alla mente la loro ultima conversazione, breve e fredda, e si voltò dall’altra parte, come se volesse assurdamente scappare.

Willow era dietro di lei e si accorse della sua titubanza. A passo rapido la superò, presentandosi all’entrata. La vide andare verso di lui, seminascosto dalla ringhiera. Non distingueva ancora il suo viso

 

“Spike!” la strega sorrise nel vederlo. Sempre con la solita giacca e i capelli biondi lisciati con il gel.

 

“Rossa!” la chiamò lui di rimando, con un’espressione felice sul viso. I due si avvicinarono, abbracciandosi. Lui la sollevò da terra ridendo.

“Allora, cosa hai fatto saltare in aria in questi ultimi anni?”

 

“Simpatico…e tu non hai ancora smesso di tingerti i capelli in quel modo, gli anni settanta sono finiti sai?”

 

era arrivato il momento, tra poco sarebbe scesa…lei. Spike non aveva il coraggio di voltarsi verso le scale. Sapeva che lei era lì. Si guardò intorno, incontrando lo sguardo della strega.

Tra loro cadde il silenzio.

Tutti lo guardavano, aspettando che si votasse. Lei c’era…sentiva il profumo della sua pelle. Non lo avrebbe mai dimenticato, gli era entrato dentro. Si maledì mentalmente: si era ripromesso di cacciare sentimenti inutili, soprattutto in quel momento. Non poteva…non poteva lasciarsi andare. Aveva promesso, giurato mille volte a se stesso di non fare lo stupido errore di crederci ancora e di non aggrapparsi mai al pensiero dell’istante in cui lei…ti amo…non poteva pensarci, non poteva ricordare quegli occhi che lo guardavano pieni di angoscia, di frasi non dette, ma che cercavano ugualmente di fargli capire qualcosa.

Scosse leggermente la testa, come a voler scacciare cattivi pensieri. Nulla. Non doveva aspettarsi nulla. Ormai lei non faceva più parte della sua vita, c’era Fred con lui. La frustrazione prese il sopravvento, ricordando le parole di Angel…farà male…Dio come aveva ragione. Saperla così vicina, dopo tanto tempo.

Prima i secoli duravano un sospiro, il tempo non aveva senso. Quei due anni invece gli erano sembrati millenni, come se la sua immortalità avesse perso peso…non si sarebbero nemmeno sfiorati, lo sapeva.

 

Ora lo vedeva distintamente, era voltato di spalle e guardava Willow.

 

Non poteva crederci.

 

Spike era lì, davanti a lei, e presto si sarebbe voltato. Cosa avrebbe fatto? Trattenne il respiro vedendo le sue spalle girarsi lentamente. Poi, solo il suo viso.

 

Si era voltato lentamente.

Talvolta le cose che si desiderano fanno paura. Lui aveva desiderato così ardentemente di rivederla, di perdersi un’ultima volta nei suoi occhi, di sentirla vicina, anche solo un istante. E adesso era lì, poteva vederla scendere lentamente le scale, con una mano poggiata sulla ringhiera, i capelli raccolti, il viso disteso. Si stava dirigendo nella sua direzione, ancora qualche metro…provò l’assurdo istinto di ritrarsi, ma non si mosse. Non riusciva a distogliere lo sguardo, come se la vedesse per la prima volta.

Come quando era tornata dall’aldilà.

Anche allora, se il suo cuore avesse battuto, si sarebbe fermato. Non si sentiva più le gambe, avrebbe voluto avvicinarsi a sua volta, per farle capire che era lì per lei. Solo per lei. Il resto non contava. Il mondo aveva perso importanza.

 

Si bloccò. Lui la stava fissando…ricordava bene quello sguardo. Non lo aveva mai dimenticato. …quando era risorta…anche allora lui la guardava così.

Non abbassò gli occhi, proseguendo nella sua direzione. Non riusciva a fermarsi. Sapeva che stava per fare qualcosa di cui forse si sarebbe pentita, ma non ce la faceva. Si sentiva bruciare, niente esisteva introno a lei, solo lui e i suoi occhi. L’aveva ritrovato. …sei il mio campione…

 

Spike non riusciva a distogliere lo sguardo, a reagire. I suoi pensieri giravano intorno alla sua immagine come satelliti impazziti.

 

L’istante successivo se la trovò tra le braccia. Strinse con forza quel corpo minuto, affondando il viso nei suoi capelli morbidi. Sentiva il suo cuore battere contro il petto, le sue mani serrate intorno al collo e il viso appoggiato alla spalla.

 

Un momento di paradiso.

 

Non riusciva a lasciarla, ad allontanarsi da quel calore che lo irradiava e abbagliava. Una gioia inaspettata lo colpì senza preavviso…tutti i suoi piani per non distruggere il precario equilibrio creatosi durante quegli anni erano crollati quando Buffy gli aveva gettato le braccia al collo. Ogni suo pensiero si era annullato.

 

Era riuscita a stupirlo per l’ennesima volta,  a spiazzarlo completamente. …sei un diavolo di donna. Sei l’unica Buffy…

 

Si aggrappò con maggior forza al suo collo, poggiando il viso sulla sua spalla, gli occhi bagnati da una lacrima. Lui era lì. Tutte  le incertezze dell’istante precedente erano sparite quando lo aveva sentito stringerla. Era di nuovo tra le sue bracca.

 

Lentamente e a malincuore i due si separarono.

 

“ciao Spike” lo salutò con un po’ di timidezza

 

“Ciao Buffy”  rispose, senza riuscire a staccare gli occhi da quelli di lei

 

“bene, sono contento che sia arrivato anche tu Spike” disse Giles, per colmare il silenzio calato.

 

“Lei chiama, io corro” rispose ironicamente il vampiro

 

“Bene…bene. Tra breve sarà qui anche Dawn. Intanto ci possiamo accomodare in salotto”

 

tutti si diressero nel bel salone, osservando le antiche librerie ricolme di testi rilegati in pelle. Quanto si furono accomodati sui due grandi divani l’Osservatore cominciò a parlare.

 

“direi che possiamo iniziare…prima di tutto vi ringrazio di essere tutti qui. So che non deve essere stato facile per voi lasciare le vostre città e il lavoro, ma è successo qualcosa di…di molto brutto”

 

“Mi faccia indovinare…un apocalisse?” chiese Xander, zittito però dallo sguardo di Buffy, Spike e Willow, tutti e tre me avevano avuto abbastanza di apocalissi e fini del mondo.

 

“No…non precisamente” rispose l’osservatore, rimanendo serio “Ma lasciate che vi spieghi tutto con ordine”

detto questo, prese una sedia antica con lo schienale in legno lavorato, sedendosi e aprendo un libro sul tavolino di fronte a lui.

 

Tra i presenti era calato il silenzio, gli occhi erano puntati sulle dita di Giles, che sfogliavano agilmente le pagine consunte e ingiallite.

 

D’un tratto suonò il campanello.

 

L’osservatore si fermò, voltandosi vero la porta d’ingresso. “dev’essere Dawn”

 

Buffy si alzò decisa, camminando verso la porta per andare ad aprire

 

“Buffy” sussurrò la ragazza, gettandole le braccia al collo

 

“ciao sorellina” disse l’altra, stringendola forte “fatto buon viaggio?”

 

“Sì…anche se il mio vicino di posto russava e ho dovuto spiegare ad un taxista spagnolo come arrivare in questo posto dimenticato dal mondo” disse scherzosamente ad alta voce, perché Giles sentisse

 

“Ciao Dawn” l’uomo aprì le braccia, in gesto affettuoso

 

la ragazza sorrise, andando nella sua direzione e lasciandosi abbracciare “Mi è mancato signor Giles”

 

Xander e Willow si avvicinarono alla nuova arrivata per salutarla; solo Spike era rimasto in disparte a guardare la scena.

Quanto le era mancata, la sua Briciola. Ed ora eccola là, una donna. Non aveva il coraggio di avvicinarsi, tra loro i rapporti si erano raffreddati quando…non poteva nemmeno pensarci.

 

Dawn perlustrò la stanza con lo sguardo, lui era là in fondo. Si accorse del suo sguardo commosso e si avvicinò lentamente.

 

“Ciao Spike” sussurrò con gli occhi lucidi

 

“Ciao Briciola” disse dolcemente. Gli aveva fatto il regalo più bello che potesse aspettarsi da lei. Il perdono.

 

Le accarezzò delicatamente una guancia

“Ormai sei una donna…posso ancora chiamarti così?”

 

“Solo perché sei tu” gli sorrise, stringendo la mano appoggiata sulla sua guancia

 

Insieme alla nuova arrivata si sedettero nuovamente sul divano. Le due sorelle erano vicine, entrambe con il cuore in subbuglio. Erano tutti insieme. Di nuovo.

 

“Bene. Ora che ci siamo tutti…inizierò da principio” cominciò Giles, respirando profondamente. “prima di tutto vi ringrazio per essere…essere venuti. Come ho detto un minuto fa, non deve essere stato facile per nessuno di voi. Vi siete rifatti una vita, lontani da tutto questo – aprì le braccia, a indicare la stanza e il libro posato sul tavolo di fronte a lui – so che vi ho chiesto molto e sono consapevole anche del fatto che potreste rifiutare quello che sto per dirvi e ciò che questo comporterà. Non siete obbligati a fare niente. –fece una breve pausa, come a voler sottolineare quanto appena detto – detto questo, credo sia il caso di spiegarvi cosa sta succedendo. Quando ve ne siete andati sono stato contattato dal Consiglio, che era al corrente di quanto successo a Sunnydale. Volevano rendersi conto della portata dei cambiamenti avvenuti sulla Bocca dell’Inferno, ma soprattutto sulle nuove cacciatici. – sottolineò quest’ultima parola con voce grave, inspirando prima di continuare – mandarono una squadra di perlustrazione nel cratere, prima di colmarlo, per recuperare il medaglione – Spike si mosse leggermente, più volte si era chiesto che fine avesse fatto, non lo aveva al collo quando era tornato – dopo averlo trovato seppero finalmente di cosa si trattava. Angel non era al corrente dei suoi veri poteri, altrimenti non sono sicuro che ce lo avrebbe portato. È la chiave del portale che conduce all’Inferno e apre un portale molto simile a quello di Akatla. Quando però il gorgo si è aperto ha assorbito il First Evil…insieme a tutta la città – abbassarono lo sguardo, come se si sentissero in imbarazzo. Sunnydale era stata la loro culla e prigione, soprattutto per Buffy. Sentimenti opposti si accavallavano in lei, senza trovare sfogo – contemporaneamente però la serie di incantesimi fatti per risvegliare le altre cacciatici hanno portato ad una reazione. – a Willow gelò il sangue nelle vene. Ricordava le parole di Sike e del signor Giles, dopo l’incantesimo per richiamare Buffy. …la magia ha sempre delle conseguenze… e sortirono l’effetto di una doccia fredda – e, come potete immaginare, non è stata buona. Per ogni nuova prescelta contro il male nacquero altrettanti demoni. Di fronte al bene, è cresciuto anche il male. …per riportare equilibrio nell’universo”

 

“Come è successo con la mia resurrezione” sussurrò Buffy, stropicciandosi le mani in grembo

 

“esatto. – asserì Giles, sfilandosi gli occhiali e strofinando vigorosamente le lenti con un fazzoletto bianco – il Consiglio si rese conto che il rapporto bene- male non era cambiato, aveva solo aumentato le proporzioni. Questo significava che in ogni città, in ogni angolo del pianeta la situazione sarebbe diventata analoga a quella di Sunnydale. Sarebbe stata una guerra continua, più feroce e con più vittime. Un prezzo troppo alto; senza contare che le nuove cacciatici erano sole, senza qualcuno che le guidasse. Ci sarebbero voluti anni per allenarle a combattere, era come mandarle tutte al macello.”

 

“le hanno eliminate” biascicò Willow, con gli occhi chiusi, alla disperata ricerca di tenui segnali della loro presenza vitale

 

Giles abbassò lo sguardo “Hanno fatto l’incantesimo inverso, servendosi del medaglione, stroncando sul nascere le nuove orde di demoni che si stavano riversando sulla terra. Il prezzo però è stato sacrificare le nuove prescelte. I loro poteri sono scomparsi. Sono tornate alla loro vita mortale. – fece una lunga pausa, sapeva quanto la rivelazione avesse sconvolto i ragazzi - Solo una è rimasta. La nuova Cacciatrice, nata per proteggere la Bocca dell’Inferno che si è aperta a Claveland.”

 

“Tutto è tornato come prima quindi” disse Buffy “Una prescelta per ogni generazione”

 

“Sì. Precisamente.”

 

La Cacciatrice sorrise amara “una. Una sola. Come è sempre stato. E noi che ci illudevamo di poter cambiare le regole”

 

“e infatti le regole sono cambiate. Ha avuto la possibilità di scegliere. …La ragazza ha detto sì”

 

“un po’ come un contratto matrimoniale. E magari le hanno anche stipulato una polizza per morte prematura” commentò Xander, con pacatezza

 

Giles non sapeva cosa dire

“una prescelta è necessaria, lo sapete come lo so io. Il mondo ne ha bisogno, perché fatto di piccoli cambiamenti.” Non c’era bisogno di aggiungere altro sull’argomento

 

“vi starete chiedendo cosa centrate voi in tutto questo. A Claveland la Bocca dell’Inferno si sta riaprendo, un nuovo maestro ha preso la città e la Cacciatrice ha bisogno di aiuto. Inoltre ci sono stati profondi sconvolgimenti sull’equilibrio tra i mondi, dopo l’apertura del sigillo sotto Sunnydale. Nuove forze sono entrate in collisione l’una con l’altra e…”

 

“Il Consiglio le ha chiesto di ricontattarci perché non aveva nessuno che facesse da baby sitter alla nuova Cacciatrice?” commentò Spike con rabbia

 

“Non è stato il Consiglio Spike. Non direttamente almeno. È stata la Custode.”

 

“La Custode?” domandò Dawn confusa

 

Per tutta risposta l’Osservatore girò verso di loro il libro che aveva aperto, indicando con un dito un’immagine disegnata a inchiostro sulle pagine ingiallite.

“L’entità che sceglie tra le potenziali cacciatici chi andrà a sostituire quella…” non completò la frase, era troppo doloroso ricordare.

 

“Di cosa si tratta concretamente?” domandò Willow, con voce grave, continuando ad osservare lo schizzo

 

“Io…non mi è consentito dirvi di più. Dovete prima decidere” li guardò tristemente, detestava il ruolo che era stato costretto ad assumere. Mediare per il consiglio. Poteva immaginare il rancore che provavano nei suoi confronti, e gli bruciava maggiormente perché li aveva appena ritrovati. Ma si rendeva conto che era stato meglio così; avevano una scelta finalmente. Potevano rifiutare, tornare alle loro vite, dimenticandosi di un mondo di orrori che li aveva inghiottiti troppo presto. Non sapeva se augurarsi che accettassero o meno.

Li guardò negli occhi, uno ad uno.

 

“so che è difficile…fidarvi. Ma questa volta non siete obbligati a fare qualcosa. Io…io non vi biasimo se decidete di andarvene”

 

“cosa succede se non accattiamo?” domandò incerta Buffy

 

“La Custode designerà qualcun altro”

 

“quanto…tempo abbiamo?”

 

“Se deciderete di accettare partiremo il prima possibile per Claveland. Altrimenti…beh, ci saluteremo qui” pronunciò lentamente le parole, quasi volesse assicurarsi che ne comprendessero il significato.

 

Una pesante cappa di silenzio aveva coperto la stanza. Nessuno accennava al benché minimo movimento, come se non volesse attirare su di sé l’attenzione.

 

Buffy era seduta mollemente sul divano, adagiata sui morbidi cuscini. Un milione di idee le fluttuavano in testa, senza che riuscisse a razionalizzarle. Non aveva mai veramente pensato che sarebbe tornata a combattere. Certo, sapeva che la chiamata di Giles non poteva riguardare altro, ma non riusciva a convincersi del fatto che la sua vita avrebbe realmente potuto tornare quella di una volta. Già, quella che conduceva a Sunnydale. Scacciò quel pensiero…non riusciva a fare un paragone tra la sua vita presente e quella passata. Le era capitato di compiangersi perché non aveva più a fianco i suoi amici, perché si sentiva un pesce fuor d’acqua in un mondo così maledettamente…normale, ma sapeva di non poter scegliere e di dover soltanto accettare il cambiamento, adattandosi il prima possibile. Ora però il suo fingere era arrivato al capolinea. Doveva decidere, analizzare attentamente ogni cosa e decidere. Cercò  di concretizzare l’idea: tornare a passeggiare per cimiteri bui e uccidere demoni. No…sapeva bene che la sua vita passata non era fatta solo di quello. Certo era il suo fine primario, ma c’era dell’altro. …Sentirsi forte, sicura. Assaporare l’aria della notte e constatare che era il suo regno. Vivere in un mondo eternamente diviso tra bene e male, senza confini precisi…poi pensò a Mark, alla sua nuova vita: tranquilla e, avrebbe potuto dire, felice. Normale. In un ambiente dove nessuno la avrebbe giudicata strana, circondata da persone che nemmeno nei sogni più assurdi avrebbero potuto immaginare quello contro cui lei aveva combattuto…

 

D’un tratto vide Giles alzarsi e ritornò immediatamente a concentrarsi sui presenti.

 

“Io…io vado in cucina. A preparare il the.” Si voltò imbarazzato verso la porta, voltandosi però dopo un attimo “So che non è facile, ma ricordate una cosa –li squadrò, mentre silenziosi non avevano il coraggio di alzare lo sguardo uno verso l’altro – anche gli adulti hanno bisogno d’aiuto” uscendo guardò un istante ancora Buffy, che, nel sentire quelle parole, si era voltata verso di lui.

 

…perché è tornato?…perché ho capito che anche gli adulti si aiutano…ricordava quelle parole. Quando era tornato a Sunnydale per aiutarli contro Willow. Gli aveva raccontato angosciata tutti i problemi che avevano dovuto affrontare dopo la sua partenza…e ricordava anche la sua risata finale, come a ricordarle che non era necessario prendere tutto così seriamente, perché lei aveva sempre affrontato problemi enormi, senza rendersene conto.

 

Lo guardò scomparire dietro il muro che divideva le due stanze. D’un tratto si accorse che tutti gli occhi erano puntati su di lei: quelli incerti di Willow, gli spaventati di Xander, i curiosi di Dawn, i risoluti di Spike. Guardavano lei, si aspettavano che facesse qualcosa, come era sempre successo. E come avrebbe continuato ad essere.

 

Trasse un lungo respiro prima di cominciare “Bene, siamo tutti qui, di nuovo. Prima però non potevamo scegliere se combattere o meno, ora ne abbiamo la possibilità. – il suo tono era pacato, il suo non voleva essere un discorso che portasse a una scelta, ma solo un chiarimento – possiamo tornarcene a casa, tentando di dimenticare tutto quello che ci è successo a Sunnydale…oppure ritornare sui nostri passi. La scelta è nostra, come la responsabilità che ne deriva. – li guardò, come per leggere i loro pensieri – dobbiamo prima di tutto scegliere le nostre priorità, tutto si basa su questo. In cosa crediamo?”

 

“Buffy… ci sta chiedendo di tornare a combattere” sussurrò grave Xander

 

“lo so” la ragazza chiuse gli occhi, cercando la concentrazione necessaria per proseguire “ma dobbiamo scegliere.”

 

Un nuovo opprimente silenzio scese sui presenti. Scegliere…a pensarci bene sarebbe stato più comodo accettare una decisione altrui. Ma non avevano lottato per quello, tutti quegli anni? Per dare una scelta…la scelta di vivere a tutti quelli in pericolo, la scelta di cambiare ai malvagi, la scelta di sopravvivere al mondo…

 

 

Buffy rimase in silenzio. Le sue priorità. Era arrivato il momento di decidere. Cosa le diceva il suo cuore che non era riuscita a capire? Quali parole sussurrava la sua coscienza quando lei la scacciava? Aveva paura…paura di scegliere. Perché avrebbe potuto anche prendere la strada sbagliata.

Sbagliare. Non la aveva mai preoccupata allora, quando non si ha niente da perdere non resta che agire. Ma adesso aveva una vita, abbandonarla voleva dire perdere nuovamente le basi costruite con tanti sacrifici…chiuse gli occhi, voleva sentire di nuovo l’energia, la forza rifluire in lei. Aveva bisogno di coraggio. Le tornarono in mente tutte le apocalissi sventate, i demoni uccisi…si sentiva nata per quello. E poi c’era una cosa che aveva tentato di dimenticare, ma che ora tornava ad essere una consapevolezza: lei era la Cacciatrice. Era di nuovo la Prescelta.

Poteva barattare la sua vita attuale con quella passata?…quale avrebbe scelto?…

 

Aprì gli occhi

 

“una questione di priorità…in questi anni abbiamo cercato di dimenticare contro cosa abbiamo combattuto, ma abbiamo scordato anche cosa siamo stati?…prima di avere chiuso realmente con il passato dobbiamo chiederci se siamo pronti a dimenticare quello che siamo stati. …Io non sono in grado. Sono ancora la Cacciatrice. –fece una lunga pausa, quasi avesse perso fiducia in ciò che stava per dire – non posso cancellarlo. Ci hanno assegnato un ultimo compito e, prima di poter dire di essermi lasciata questa realtà alle spalle, sento di doverlo portare a termine. Però…ho capito quali sono le mie priorità. Siete voi. Voi che mi avete sostenuto negli anni più difficili…- dicendo questo guardò tutti i presenti, soffermandosi qualche istante negli occhi del vampiro - c’eravate sempre. Non posso affrontare niente senza di voi, non lo ho mai fatto. Quindi, se voi rinunciate, rinuncio anch’io.”

 

Dawn le strinse la mano, guardandola con fiducia.

“Non sarà per sempre. Combatteremo, vinceremo, ma le nostre vite non scappano! Però questa potrebbe essere l’ultima possibilità di…- non terminò la frase, abbassando lo sguardo. Avrebbe potuto essere l’ultima possibilità per molte cose. Combattere insieme, per esempio. Condividere un’ultima volta quei momenti così…intimi…con la sorella. Ma anche per ritornare ad essere la squadra imbattibile che erano diventati. Per sentirsi di nuovo così uniti da mettere la vita nelle mani dell’altro…alzò la testa, continuando con voce sicura – io ci sto”

 

Willow si guardò intorno, Buffy non era cambiata: sempre pronta a combattere. Aveva sempre saputo quanto essenziale fosse per lei. Le era anche capitato di invidiarla per la sua forza, la sua incapacità di lasciarsi andare e di abbandonare qualcosa in cui credeva. Ora toccava a lei scegliere, glielo doveva. La avevano intimamente colpita quelle parole sussurrate: la mia priorità siete voi. Ma quali erano invece le sue di priorità? Cosa era più importante? La sua nuova vita le dava quello di cui aveva bisogno?…troppe domande. Il suo futuro era legato a una semplice risposta: sì o no. Guardò la ragazza bionda di fronte a lei. Non aveva più trovato un’amica così…speciale. Ripensò al signor Giles; le aveva insegnato tutto quello che sapeva, le aveva cresciute e amate come figlie. Non riusciva ad odiarlo per la scelta a cui le aveva messe di fronte. Sapeva che nemmeno per lui doveva essere facile.

Si guardò le mani. A cosa potevano servirle?…i suoi poteri. Un tuffo al cuore.

I poteri che avevano quasi portato alla fine del mondo ora erano chiusi in una piccola sfera di vetro luccicante. Ricordò con dolore quello che aveva provato quando il signor Giles aveva iniziato l’incantesimo per intrappolarli lì. Era stata lei a chiederlo. Si era sentita svuotata, la ragazzina insicura aveva ripreso il sopravvento. Era tornata normale.

…avrebbe riacquistato i suoi poteri e gli amici. La sua famiglia. Quello che aveva lasciato a Washington non aveva più importanza. Non c’era niente a cui fosse veramente legata, aveva accettato qualsiasi trasferimento le veniva proposto, una città valeva l’altra perché nessuna sarebbe stata mai la sua.

 

“anch’io” disse risoluta. Buffy la guardò negli occhi…quasi con riconoscenza.

 

Spike osservava la scena. Quanto era stato difficile per loro decidere. Lui invece vedeva così cristallina davanti a sé la strada giusta, anche se forse sarebbe stata l’ultima volta che la avrebbe percorsa. C’era lei davanti a sé. Come c’era sempre stata, per un motivo o per l’altro. …basta che lei non sia sola…questa era la sua priorità. Però vicino a lei vedeva anche gli altri ragazzi. Gli amici un po’ imbranati ma insostituibili. Aveva imparato ad amarli come faceva lei.

Guardò un istante Dawn, poi di nuovo Buffy. …Chi ti copre le spalle se io ti lascio sola?…sorrise leggermente.

 

“sempre a vostra disposizione” disse con voce ironica ma sincera.

 

Xander si guardò intorno. Era l’ultimo. Anche durante le loro discussioni al Magic Box era il più restio ad accettare di combattere, ma non lo faceva per paura. Non solo per quella almeno.

Ripensò ad Anya, la rivedeva gettarsi per salvare Anrew e poi mollemente distesa a terra…come potevano anche  solo pensare di tornare in quell’inferno!

Le guardò negli occhi…leggeva solo determinazione. Stupida determinazione. Quante persone erano morte per una causa persa in partenza. Distruggere il male!

Anya, Tara, Buffy addirittura due volte, anche Spike. Entrambi erano tornati. Ma loro erano creature straordinarie, dotate dei poteri necessari per difendersi e difendere gli altri. Ma i comuni mortali, quelli come lui che non sapevano cosa voleva dire essere speciali, per loro non c’era niente da fare.

Un moto di rabbia lo percorse. Rischiare di nuovo la vita per salvare un mondo che non vuole essere salvato.

 

“Xander?” chiamò Willow, con voce incerta

 

Il ragazzo sospirò, voltandosi da un’altra parte. “cosa vuoi che ti dica Willow. Che ho voglia di tornare indietro? Che ho voglia di combattere contro qualcosa che, nonostante noi lo abbiamo distrutto tante volte, torna sempre? Avete preso in considerazione l’ipotesi di finire male…ma veramente male? Non siamo in un film Buffy, qui il bene non vince sempre.” Disse lanciandole uno sguardo penetrante

 

“finchè ci siamo stati noi sì”

 

“Dimmi una cosa Buffy, e anche tu Willow…ditemi veramente perché volete tornare a combattere. Cosa vi spinge verso la violenza. Perché rifiutate la pace ora che la avete trovata?…perché sono convinto che non è per salvare il mondo che tornate indietro”

 

le due ragazze stettero in silenzio. Aveva davvero ragione?…

 

“Vuoi dire che lo fanno per manie di protagonismo?” rispose ironico Spike “rispondi a una domanda: perché tu lo hai fatto per sette anni?”

 

Xander rimase in silenzio.

 

“è vero, non lo faccio solo per salvare il mondo. E hai ragione nel pensare che ci siano anche fini egoistici dietro. Ma…in tutti questi anni non sono mai riuscita a togliermi dalla testa una cosa. Probabilmente l’unica che io abbia mai saputo con certezza. Lo faccio perché è giusto.” Disse Buffy, la sua voce era diventata fredda.

 

“Xander, qual è il problema?” domandò Willow

 

“Il problema è che è già morta troppa gente durante questa guerra”

 

“non hai più il coraggio di correre il rischio?” chiese Spike provocatorio

 

“non ho voglia di morire” gli ringhiò contro Xander

 

“E tu pensi che invece noi siamo autolesionisti e cerchiamo di farci ammazzare? È ora di decidere in cosa credi ragazzino”

 

Buffy era rimasta in silenzio, non aveva altro da dire. Su un punto però Xander aveva ragione, non lo faceva solo per salvare il mondo, ma anche per salvare sé stessa da…dal peso che la opprimeva da quando tutto era finito. Voleva ritrovare la forza che la faceva sopravvivere ad ogni situazione, la carica che la aveva tenuta in vita contro tutto e tutti. E più di ogni cosa voleva riscoprire cosa voleva dire avere di nuovo qualcuno accanto, che la facesse sentire meno sola.

…ho visto le cose migliori e le peggiori di te…

 

Xander passò lo sguardo tra Willow e Buffy. Non capiva il loro bisogno di…non sapeva nemmeno di cosa, però vedeva l’angoscia dipinta sui loro visi. Era come se cercassero qualcosa e pensassero di ritrovarla solo così.

 

Tornò a sedersi composto sulla poltrona, con sguardo serio.

“per voi è importante?” chiese con un leggero sospiro

 

Nessuna delle due rispose. Anche loro condividevano in parte il pensiero di Xander, ma le ragioni che le spingevano ad agire avevano la meglio sulla razionalità. In fondo niente di quanto successo si poteva dire razionale.

 

Il ragazzo aspettò la risposta per un altro istante. Poi prese a strofinarsi le mani.

“Perfetto ragazze, si parte per Claveland! Pronti per distruggere un altro centro commerciale”

 

qualche ora più tardi la casa era in fermento. Sarebbero partiti con il primo volo per l’Ohio. I leggeri bagagli che ognuno di loro aveva portato con sé erano accatastati davanti all’ingresso, pronti per essere caricati sul taxi che li avrebbe portati all’aeroporto.

 

Buffy era ancora nella sua stanza, intenta a chiudere le persiane. Il signor Giles barricava la casa come se fosse un bunker ogni vota che partiva!

Si sentiva stranamente emozionata e…trepidante. Sì, trepidante era la parola giusta. Non aveva ancora ben chiaro cosa avrebbero fatto, una vota arrivati a Claveland, ma in quel momento non le importava: si sentiva leggera, come se la tensione che aveva accumulato si fosse improvvisamente volatilizzata. Sapeva comunque che la situazione di stallo del momento era destinata a non durare: presto o tardi avrebbe dovuto parlare con lui. Scosse la testa ripensando a come lo aveva salutato. Gli era praticamente volata tra le braccia…in quegli istanti non c’era posto per Mark. Ora però vedeva la sua reazione sotto un’altra ottica; come la aveva interpretata Spike? Si rendeva perfettamente conto che era stupido anche solo pensare che fosse ancora…single. Scacciò quei pensieri, le sembrava il momento di vaneggiare sulle possibili love-story di Spike? Inoltre nemmeno lei sapeva cosa provata. Tentò di concentrarsi sulla missione che li aspettava…

 

Sentì picchiettare delicatamente alla porta semichiusa.

 

“entri pure signor Giles” disse sorridendo leggermente

 

“Buffy…io volevo parlarti un attimo, hai da fare?”

 

si guardò intorno con ironia “No, credo di aver tappato ogni buco di questa casa…è davvero ossessionato dalle apocalissi eh?”

 

L’uomo accennò ad una risata

“Buffy… - si sedette accanto a lei sul bordo del letto – mi dispiace di averti coinvolto in tutto questo”

 

lei abbassò lo sguardo

“Vuol dire che non è contento di avere di nuovo la sua Cacciatrice preferita?”

 

“So quanto possono essere stati duri per voi questi anni lontani e francamente non capisco perché abbiate accettato, però ora siete qui e stiamo… – sorrise –stiamo per andare a salvare un’altra città dalla Bocca dell’Inferno”

 

Buffy rimase in silenzio, poteva immaginare quanto impacciato si sentisse Giles in quel momento. Stava cercando di dirle qualcosa che però lo rendeva nervoso.

 

“Beh…per combattere di nuovo tu hai bisogno dei tuoi…poteri” abbassò gli occhi

 

La ragazza ricordava l’iniezione. Era stato come quando il consiglio aveva voluto testare la sua capacità di Cacciatrice.

Una puntura. Con una semplice puntura i suoi poteri erano andati via via diminuendo, fino a sparire del tutto.

 

“Quando arriveremo ti…”

 

“Mi riattiverà ufficialmente come Cacciatrice” completò lei la frase

 

“Esatto. Volevo che tu prendessi in considerazione anche questa eventualità”

 

“Si può sapere che succede signor Giles? Sembra che lei non voglia che…”

 

“Non voglio mettervi in pericolo tutti, di nuovo. – aveva preso coraggio ed ora parlava speditamente- quando vi ho visto arrivare ieri sera, tu Willow e Xander…quanto siete cresciuti. Tu e Willow siete donne in carriera e Xander è diventato un uomo. Non voglio che perdiate quello che avete costruito”

 

“Si ricorda quello che mi ha detto quando me ne sono andata dopo la morte di Angel? Una Cacciatrice rimane sempre una Cacciatrice” pronunciò queste ultime parole con sicurezza

 

“Lo so” disse lui, prendendole una mano tra le sue

 

“Se poi è anche la migliore e la più longeva non può che vantarsene” completò sorridendo per allentare la tensione

 

“Già”

Giles la guardava negli occhi. Brillava la stessa luce di quando la aveva conosciuta, vedeva riflessa la stessa forza che non la aveva fatta arrendere davanti a niente.

Si alzò dal letto, avviandosi verso la porta.

…Sì…una Cacciatrice rimane sempre una Cacciatrice…

 

“Ti aspetto di sotto. Tra poco il taxi sarà qui”

 

 

Cap.3 – Benvenuti sulla Bocca dell’Inferno

 

Scesero dall’aereo, guardandosi attorno. Una fitta pioggia autunnale tamburellava sui finestrini della macchina che li stava conducendo al motel dove erano alloggiati. L’autista, che Giles aveva presentato come John Ripley, era l’osservatore della nuova Cacciatrice. Anche lui era appena arrivato nell’Ohio dall’Inghilterra.

Buffy lo guardò con interesse. Era alto, con i capelli corti e brizzolati; dimostrava una quarantina d’anni e portava sottili occhiali da vista. Le era venuto da sorridere la prima volta che lo aveva sentito parlare, anche lui con uno strano accento e la voce profonda e un po’ seria.

Guidava lentamente, attento a non sbandare a causa dell’asfalto bagnato, e chiacchierava animatamente con Giles riguardo all’organizzazione del giorno successivo.

 

“Bene, la palestra è qui vicino, useremo quella del liceo. Seguite le indicazioni e non avrete problemi ad arrivare. È lì che April si allena.”

 

“Come sta andando l’addestramento?” chiese Giles, con l’aria di chi la sa lunga

 

“fa progressi, ma non abbastanza velocemente. È più vecchia di una normale Cacciatrice, ha già 17 anni.”

 

“Sarebbe meno faticoso se avesse qualcuno da cui imparare…Buffy?” affermò Giles, con aria pensierosa “Domani riavrai i tuoi poteri” completò la frase, girandosi per guardarla negli occhi.

 

“per…per me va bene” rispose la ragazza. Si sentiva in obbligo di aiutare la nuova Cacciatrice, era come se dovesse dimostrare che era rimasta la stessa, che fosse ancora in grado di svolgere al meglio il suo compito. Le tornò in mente l’ultima battaglia, era come un riflesso incondizionato. Era stata l’ultima volta che aveva combattuto sul serio, poi c’erano stati altri piccoli scontri, ma con demoni ordinari e qualche vampiro che non aveva ancora lasciato il cimitero…già, l’unica cosa che si era salvata.

 

…avrebbe riavuto i suoi poteri…

 

la macchina si fermò davanti ad un bel bed and breakfast

“perfetto allora, ci vediamo domani mattina” li salutò l’uomo, indicando con un gesto della mano l’ingresso

 

“grazie John, ci vediamo domani mattina” si congedò Giles, scendendo dall’auto per prendere i bagagli.

la pioggia non sembrava aver intenzione di cessare e il cielo era coperto da una sottile foschia grigia che impediva la vista.

Il piccolo gruppo si diresse, con le borse in mano, verso la porta.

 

“bene” cominciò Giles, con le chiavi in mano “ci vediamo qui domattina, alle otto” Buffy e Willow si stavano guardando intorno incuriosite “ho detto alle otto. Non le otto e dieci, non le otto e venti, le otto” precisò rivolto alle due

 

“ci saremo” affermò Willow, trattenendo una risata

 

“A meno che non ci periamo nei meandri di questo posto” concluse Buffy, scambiando un’occhiata con l’amica e indicando l’unico corridoio che conduceva alle camere

 

“Bene…abbiamo una tripla, una singola e una doppia. Buffy, Dawn e Willow la 17, Xander e Spike la 16 e io sarò nella 15” concluse, lanciando un’occhiataccia a Spike e Xander, che si stavano squadrando con aria schifata.

Una volta ricevute le chiavi, i ragazzi si diressero verso le loro camere, stanchi per il lungo viaggio.

 

“Buffy…potresti fermarti un minuto?” la bloccò l’Osservatore, aspettando che tutti si fossero allontanati prima di iniziare a parlare

con un cenno della mano le indicò una comoda poltrona all’ingresso e a sua volta si sedette davanti a lei.

 

“Buffy…è il momento di restituirti i tuoi…i tuoi poteri” completò la frase abbassando gli occhi, come se si sentisse in qualche modo responsabile

 

“bene” rispose solo la ragazza, allungando il braccio e rimboccandosi la manica della camicia, ricordava come si faceva restituire i poteri ad una Cacciatrice. Era un momento strano, nessuno dei due fiatava. Buffy si rendeva conto di cosa significava quell’istante: sarebbe tornata ad essere una Cacciatrice attiva. Ora non si scherzava più, la realtà si era fatta largo prepotentemente in lei. Il mondo sarebbe tornato ad essere un teatro cruento di battaglie senza vincitore, la legge del più forte avrebbe rimpiazzato “il bene vince sempre”, la morte sarebbe tornata a bussare alla sua porta.

Già, la morte.

Chiuse gli occhi.

 

 …morte...morte…morte…morte…

in quel lungo attimo ripeté quella parola fino a che non perse il suo significato e si tramutò in un viluppo di suoni indistinti.

 

“Sei pronta?” chiese Giles, non sapeva se lei era in grado di guardarlo negli occhi

 

“pronta” sussurrò, respirando profondamente. Vide l’osservatore estrarre da un astuccio di pelle scura che teneva nella tasca interna della giacca una siringa. Il liquido giallo di cui era riempita zampillò dall’ago. La sua vena pulsava, a causa della pressione del cavo legato all’avambraccio. Il suo cuore accelerò il battito senza che lei potesse in alcun modo regolarlo.

Non riusciva a staccare gli occhi dalla vena bluastra e dall’ago che si avvicinava lentamente…

 

Avrebbe potuto ritrarre il braccio.

Avrebbe potuto alzarsi e prendere il primo volo per New York.

 

C’erano un infinità di “avrebbe”.

…Ancora un attimo e tutti quegli “avrebbe” sarebbero diventati come polvere nella sua mente

 

Era quella la sua strada? La direzione che doveva prendere la sua vita?

…Ancora un attimo e tutti quegli “avrebbe” sarebbero diventati come polvere nella sua mente

 

era quella la scelta giusta?

…morte…morte…morte…morte…

il panico la invase

…vorresti che lo facesse qualcun altro?…

 

l’ago si avvicinava pericolosamente…

…sempre più vicino…

…poteva sentire la pressione della mano sulla pelle

 

No…no…NO

 

Quella era la risposta. La scelta giusta.

…sei l’unica Buffy…

 

aprì improvvisamente gli occhi, puntandoli in quelli cupi di Giles. Una tacita conferma… il viso dell’uomo si illuminò. Una Cacciatrice rimane sempre una Cacciatrice.

 

“Si ricorda l’ultima volta che mi ha fatto questa stessa puntura?” chiese dolcemente la ragazza, trasalendo quando l’ago penetrò nella carne

 

“…avevi 17 anni – sorrise al ricordo – e non ti saresti fatta piegare da niente. Nemmeno da un vampiro di cento anni che tentava di ucciderti in una casa abbandonata”

 

“Già…”

 

“hai avuto più sangue freddo di me quella volta e il consiglio non ha gradito” aggiunse sorridendo

 

“si è preso un bello spavento vero? In effetti non ero esattamente presentabile quando sono tornata da lei con la voglia di prenderla a botte”

 

“…nemmeno quello ci ha diviso” sorrise, ritraendo l’ago e posando nuovamente la siringa nella custodia.

 

“Buona notte signor Giles” lo salutò con affetto, alzandosi dalla sedia e sistemando la manica.

 

“’notte Buffy”

 

era già in fondo al corridoio quando si voltò

“Domani faremo vedere di cosa siamo capaci a questi novellini” disse sorridendo, con gli occhi che luccicavano.

 

L’uomo sorrise a sua volta, salutandola con la mano prima di chiudere la porta della sua stanza

 

Buffy entrò frettolosamente; le luci erano spente e Willow e Dawn già dormivano. La ragazza si appoggiò allo stipite, sfregandosi il punto dove poco prima le era stato iniettato…non sapeva nemmeno lei cosa contenesse il liquido giallo.

Con passo felpato si diresse verso la sedia dove era poggiata la sua valigia nel tentativo di trovare il pigiama anche al buio. La camera era illuminata solo dalla fioca luce della luna, offuscata da una tenue nebbiolina. Aprì leggermente la porta-finestra, uscendo.

La pioggia aveva smesso di tamburellare sui vetri e lei si appoggiò allo stretto davanzale in ferro battuto che dava sul retro. Una ventata d’aria carica di umidità la investì, facendola rabbrividire. Si strinse maggiormente nella felpa, senza però rientrare.

La notte di new York era diversa, più movimentata, più caotica…in quel momento, circondata dal silenzio, sentiva solo il fruscio del vento tra i rami degli alberi nel vialetto e poteva seguire il dipanarsi dei suoi pensieri. Chiuse per un attimo gli occhi, quasi sperasse di sentir fluire nelle sue vene il potere. Per un attimo la sfiorò il pensiero che avrebbe potuto rendere la sua forza, una volta conclusa anche quell’ultima battaglia…sarebbe stata capace di separarsene nuovamente, dopo aver provato di nuovo l’ebrezza della lotta, il fascino della vittoria…? Non voleva pensarci, non era ancora arrivato il momento.

Abbassò gli occhi, fissando con sguardo perso la ringhiera. Il giorno dopo avrebbe dato lezioni ad una aspirante Cacciatrice. Le venne da sorridere…lei, che aveva violato ogni regola del codice, che si era staccata dal consiglio, che aveva amato le tenebre  egli esseri che combatteva. Eppure il pensiero di essere di nuovo parte di quel mondo la riempiva di una strana euforia e trepidazione.

Avrebbe combattuto di nuovo…un cane abbaiò in lontananza, richiamandola alla realtà. Si voltò vero la porta, decisa a rientrare.

 

“Buffy?” sentì una voce sussurrare il suo nome nel buio.

 

Si voltò di scatto, scrutando nell’oscurità alla ricerca dell’interlocutore. Guardò in basso. Le gelò la voce in gola…lui.

 

“Spike? Che ci fai la sotto?” chiese, cercando di non fare troppo rumore. Si sporse dalla ringhiera, per vedere nel vialetto sottosante il vampiro, che la fissava enigmatico.

 

“Non dormo la notte” rispose con un leggero sorriso

 

un tacito invito a seguirlo

 

Si guardò intorno furtiva, come se non volesse farsi vedere, poi scavalcò la ringhiera, atterrando nell’aiuola sottostante, tra le foglie bagnate di pioggia.

Gli si avvicinò lentamente, senza riuscire a fare a meno di guardare verso il balcone: sebbene fosse solo il primo piano un normale essere umano avrebbe sentito il contraccolpo.

Il vampiro la osservò, quasi intuisse i suoi pensieri.

 

“hai di nuovo i tuoi poteri?” chiese, con aria meno sicura di prima

 

“Giles me li ha iniettati mezz’ora fa –disse sorridendo. Poi, abbassando lo sguardo – da quanto tempo sei qua sotto?”

 

“Qualche minuto. Xander russa da circa un’ora, sembra una sega elettrica” concluse ironico

 

inconsciamente iniziarono a passeggiare. Entrambi leggermente imbarazzati: era successo tutto così in fretta, dalla telefonata di Giles a quel momento erano passati nemmeno due giorni

 

“Allora…come stai?” chiese Spike, nel tentativo di imbastire una conversazione

 

“Bene…-non sapeva come continuare, ma era decisa a non far finire la conversazione – ora vivo a New York. Sai, lavoro per un’agenzia assicurativa. È una bella città. Tu invece?”

 

“Beh…le solite cose. Sto a Los Angeles da Angel, lavoro più o meno con lui ed abbiamo imparato a sopportarci”

 

nessuno accennò ai rispettivi fidanzati, era un argomento troppo imbarazzante. Per la verità tutta la conversazione lo era stata. Inoltre si sentivano entrambi stupidi a perdere tempo in cose del genere, quando con tutta probabilità la città in cui erano appena arrivati sarebbe diventata la nuova bocca dell’inferno. Passeggiarono silenziosi per qualche minuto, intenti a cercare un argomento di conversazione neutro.

 

Buffy non sapeva proprio cosa dire, quasi rimpiangeva il modo in cui lo aveva salutato. Avrebbe voluto fargli un milione di domande, ma non riusciva a formulane nemmeno una, le sembravano tutte troppo sfacciate. Che diritto aveva di intromettersi di nuovo nella sua vita? l’ultima volta gliela aveva buttata all’aria.

Si era inconsciamente avvicinata a lui…quante volte aveva sognato un momento simile…aveva ritenuto impossibile che tutto ciò accadesse di nuovo, invece ora erano lì.

Considerò l’ironia della cosa, appena due anni prima lui era morto per salvare lei e il mondo, poi era resuscitato e tra loro non c’era stato altro che una breve telefonata. Ora invece erano insieme e passeggiavano per una cittadina sconosciuta, infischiandosene del fatto che tutti e due avevano una vita da un’altra parte, come se non fosse passata nemmeno un’ora dall’ultima volta che avevano fatto la ronda insieme.

Si sentiva combattuta…sapeva anche troppo bene quanto fosse cambiata la situazione in quel periodo, o quantomeno lo intuiva. Il suo posto era Los Angeles, mentre lei avrebbe dovuto essere a New York, rannicchiata tra le braccia di Mark, non nell’Ohio a chiacchierare con un vampiro di notte.

Eppure ora era lì, e l’unica cosa che le importava era sapere perché lui avesse accettato di venire…perché rischiare un’altra volta la vita, acconsentire a rivedere la persona che lo aveva fatto soffrire di più al mondo, con il rischio di perdere quello che era riuscito a crearsi in quegli anni?

Perché…

 

Spike camminava lentamente, la spalla di lei che gli sfiorava il braccio. Guardava il cielo, poi il marciapiede, senza avere il coraggio di puntare lo sguardo su di lei. Poteva percepire il suo calore, sentirne il respiro leggermente affannoso per il freddo…lei era lì, era Buffy.

Non poteva credere di passeggiare come se niente fosse con l’unica donna che…non aveva più importanza ormai. Si era costretto, si era imposto di dimenticare quello che era stato.

Non aveva mai riflettuto molto sul peso delle sue azioni, dava retta all’istinto, non alla ragione. Ora però immaginava che lei avrebbe voluto un chiarimento, sapere il motivo per cui si era precipitato da Giles, dopo la maledetta telefonata. Quanto gli era sembrata semplice ed elementare la risposta fino ad un attimo prima. Era lì per lei, perché altro? Ma avrebbe avuto il coraggio di rivelarglielo…il suo cuore non avrebbe sopportato un’altra ferita.

Ripensò alla sensazione provata poche ore prima…stringerla di nuovo tra le braccia, anche solo per un momento aveva ripagato ogni sacrifico; si dava dell’idiota per quei pensieri, perché non doveva ricaderci, non doveva correre il rischio di sperare. Sperare cosa poi? Lei non era più la stessa donna, lui non era più solo un vampiro.

 

Sentì gli occhi della ragazza posarsi su di lui. Un brivido familiare gli percorse la schiena. La domanda, ora…

 

“spike… - il vampiro si fermò, sorridendo suo malgrado. Nonostante tutto lei non sarebbe mai cambiata. Nonostante tutto sarebbe andata avanti, senza accettare qualcosa che non capiva. Ascoltò il suo battito leggermente accelerato prima di porgli la fatidica domanda – sono contenta che tu sia qui” sussurrò a mezza voce.

 

Il vampiro rimase immobile. Lei era l’unica che riusciva a stupirlo. L’unica. Se gli fosse servita un’ulteriore motivazione per seguirla…beh, l’aveva trovata.

 

“sono contenta che siamo tutti qui. Di nuovo. – fece una breve pausa, guardandolo negli occhi come solo lei sapeva fare – quando ho ricevuto la telefonata di Giles è stato come…”

 

“…come se un peso ti cadesse sulla schiena e tu dovessi trasportarlo a tutti i costi” concluse lui

 

“Già…sono andata a prendere Willow a Washington, erano tre mesi che non la sentivo, nemmeno per telefono” non serviva che aggiungesse altro per fargli capire quanto era stato difficile. Nessuno sapeva meglio di lui quanto contassero i suoi amici.

 

“All’inizio non sapevamo bene cosa dirci, eravamo estranee…ho…ho cercato di rimuovere tutto quello che è successo durante quegli anni, e lei ha fatto lo stesso. ci siamo allontanate…ora tentiamo di recuperare. Anche con Xander è lo stesso…e – pronunciò queste ultime parole con maggiore lentezza, tentando di mascherare la fatica che le costavano – vorrei…vorrei che recuperassimo il nostro…la nostra amicizia…almeno un po’ ”

 

continuò a passeggiare, silenziosa. Niente era stato tanto difficile come pronunciare quelle parole, piene di significati nascosti che solo loro potevano interpretare, ma così chiare e limpide, pronunciate in quel momento.

Era la richiesta di una tregua da tutte le cose non dette dal momento in cui si erano separati, nel modo più doloroso; un modo di riallacciare una sottile linea dopo il silenzio; una dimostrazione di affetto che va oltre il tempo.

 

Spike la guardò negli occhi. Si era sbagliato se credeva che lei non lo avrebbe mai più coinvolto, che non avrebbe lasciato il segno. Gli tornarono di nuovo in mente le parole di Angel, anche lui ne sapeva qualcosa di cicatrici. Eppure, senza nessuna logica, senza un briciolo di razionalità, la cosa che più desiderava era dirle che aspettava quelle parole da una vita.

 

La ragazza lo fissò un altro istante, in snervante attesa di un risposta; poi si voltò, riprendendo a camminare stringendosi nella felpa.

 

“Buffy… -sapeva che sarebbe bastata un parola, come era sempre stato tra di loro – lo voglio anch’io” disse, raggiungendola alle spalle e trattenendola per un braccio

 

Rabbrividì sfiorando la sua pelle, così fredda in quel momento.

 

Era rimasta incredibilmente stupita da quelle parole e non sapeva come replicare “Bene…allora…sono ancora la tua Cacciatrice preferita?” chiese sorridendo ironica ma leggermente imbarazzata, con una ciocca di capelli biondi che le ricadeva scomposta sul viso.

 

Le sorrise di rimando “sempre”

 

Non era servito altro. Nessuna spiegazione troppo complicata, nessuna confessione difficile. Solo loro due. La verità sarebbe venuta dopo, ora era vitale recuperare la fiducia.

 

“Allora, domani il tuo primo allenamento da Cacciatrice di nuovo in servizio?”

 

“Già…non che una principiante mi faccia paura ma…”



“…ma essere la Cacciatrice più vecchia della storia potrebbe non essere un vanto!” commentò, inarcando ironicamente il sopracciglio

 

“Stai per caso dicendo che sono…anziana?” disse con voce tra l’arrabbiato e il divertito

 

“beh…l’età pesa a tutti”

 

“soprattutto a un vampiro di 124 anni…ho notato che sei messo male sotto gli occhi, ho una crema antirughe che fa miracoli”

senza rendersene conto erano di nuovo davanti al terrazzo della camera di Buffy, un tacito segnale. Buffy lo guardò ancora una volta, non sapendo come salutarlo.

 

“Dire buona notte ad un vampiro è stupido?”

 

“e dirlo ad una Cacciatrice?” il suo viso ora era nascosto nell’ombra di un albero scuro

 

“…così domani riprenderemo i nostri combattimenti” disse abbassando gli occhi, senza però fare alcuna allusione alla sua cripta.

 

“ma io sono più in forma” sussurrò avvicinandosi

 

“ vedremo… - sorrise, e il vampiro ebbe la strana impressione che lo stesse provocando – notte Spike”



“ ‘notte Cacciatrice” alzò una mano in segno di saluto, osservandola arrampicarsi agilmente verso la finestra della sua camera.

La guardò tirare la tenda, indugiando un attimo sul suo viso.

Si accese nervoso una sigaretta, dirigendosi verso il balcone della sua stanza…la mattina successiva avrebbe dovuto assolutamente telefonare a Fred. Quel pensiero lo rendeva inspiegabilmente nervoso…era come se lei non facesse parte della realtà che lo circondava in quel momento. Che idiozia…lei era la sua realtà in quel momento! Si maledì mentalmente per essersi diretto verso la finestra di Buffy, per averla guardata senza stancarsi, per il sorriso che le aveva rivolto salutandola. Come diavolo aveva potuto…

 

Passeggiava nervosamente, senza decidersi ad andare nella sua stanza.

 

Perché…perché non riusciva a spegnere quello che lo spingeva da lei?…gettò a terra con foga la sigaretta ormai consumata.

 

Perché…perché…perché…

Cosa aveva lei che gli faceva perdere ogni controllo?…

 

Come un flashback gli tornarono in mente le ultime ore prima dell’ultima battaglia…

Loro due erano abbracciati, vicini. Sentiva la sua testa appoggiata al petto, le mani intrecciate. Si era completamente abbandonata, senza più paura, ribrezzo…scrupoli. Poi i suoi occhi avevano incontrato quelli di lei. Lo guardava come mai prima di allora, con un misto di dolcezza e…non si azzardava a ripetere la parola che aveva maledetto la sua vita. Già, una dolce maledizione a cui non era mai riuscito a sottrarsi…

 

Sospirando si arrampicò fino a raggiungere il balcone, per poi aprire la porta-finestra a distendersi, ancora vestito, sul letto. Gli occhi vagavano insofferenti per il soffitto, senza darsi pace.

 

*      *      *

 

Claveland, Clifford Street numero 1325

 

In una stanza buia una ragazza si rivoltava insonne nel suo letto. Le sembrava di sentire la sua energia…era in città, la Cacciatrice, l’unica che avesse affrontato più di sette apocalissi, l’unica che fosse tornata in vita due volte. Buffy, la Prescelta.

 

Provava una naturale antipatia nei confronti di quella ragazza…ne aveva sempre sentito parlare, lei era una vincente, il modello a cui aspiravano tutte le nuove cacciatici. Il giorno dopo la avrebbe conosciuta: Buffy in persona era venuta lì per aiutarla…credevano che lei da sola non ce la avrebbe mai fatta?

Si voltò un’altra volta, stropicciando le coperte con rabbia. Ma chi si credeva di essere per venire nella sua città?

 

Si alzò dal letto, legandosi i capelli rossicci e squadrando l’immagine che si rifletteva nello specchio. Tirò le tende, avvicinandosi al sacco appeso al soffitto.

 

Iniziò a sferrare violenti pugni a mani nude…ma le avrebbe fatto vedere lei…

 

Un calcio preciso…non aveva anche fare con una principiante, era meglio che lo capisse subito…

 

Ancora un fendente…probabilmente era la classica ragazza perfetta, con una vita perfetta…

 

Un pugno…sempre tirata e incapace di combattere senza prima aver consultato il suo prezioso osservatore…

 

Le nocche cominciarono a sanguinare…ma avrebbe capito a sue spese cosa succedeva a chi si metteva contro April, e si sarebbe dovuta fare da parte.

 

Con il fiatone, tornò a sedersi sul letto. Le aveva fatto bene sfogarsi… la migliore ora era lei. Sorrise alla sua immagine nello specchio e tornò a coricarsi.

 

*     *     *

 

dalla finestra entrava la tenue luce mattutina quando Buffy si svegliò. Stancamente guardò la sveglia posta sul comodino: 7.15

si alzò di malavoglia dal letto, infilandosi in bagno intirizzita dal freddo. Ne uscì qualche minuto dopo, lavata e sveglia, e iniziò a girare per la stanza, noncurante di Willow e Dawn. Notò con disappunto che le due dormivano ancora, nonostante la luce e il rumore, così, senza pensarci due volte, sfilò le coperte ad entrambe.

 

“Buffy – ringhiò una Willow terribilmente assonnata – che…diavolo…stai…facendo…?” chiese senza aprire gli occhi e stringendosi nel pigiama.

 

“Abbiamo detto al signor Giles che saremmo state pronte per le 8 e sarà così” asserì sicura lei

“Ma che ora è?” chiese la rossa agonizzante

 

“Le 7 e 15…siamo già in ritardo sulla tabella di marcia”

 

“marcia per dove? Al college ci alzavamo esattamente sette minuti prima dell’inizio della lezione ed arrivavamo puntuali…senza contare che stavamo nel dormitorio più lontano alle aule!”

 

“Sì, ma oggi è una giornata…Avanti alzati, ti prego!” gridò la Cacciatrice, scuotendola per le spalle

 

“ma si può sapere cosa devi fare? Vai a disturbare tua sorella…” la pregò, rannicchiandosi di nuovo sotto le coperte

 

“Dawn…sorellina almeno tu ascoltami!” gemette sedendosi sul bordo del letto e tirandola per un braccio

 

“Buffy…” biascicò lei coprendosi gli occhi

 

Willow si stava alzando lentamente dal letto, dirigendosi verso il bagno. La guardava storto con gli occhi impastati dal sonno, senza però dire niente.

 

Dopo una altro buon quarto d’ora di lamentele e battibecchi però le tre erano sveglie e pronte per vestirsi.

 

“Buffy! Quanto ci metti ad infilarti un paio di pantaloni e una maglietta?” domandò Willow, osservandola scettica.

 

Buffy era davanti a tre paia di pantaloni e non sapeva da che parte cominciare

“Quale dovrei mettere secondo te?” domandò indecisa

 

Willow si avvicinò a lei, seguita da Dawn

“Mhm…direi che hai un’ampia scelta! Pantaloni di pelle rossi o neri e un paio di jeans scoloriti. D’accordo che non sei più abituata a mettere questa roba ma non devi mica presentare la nuova linea serata-in-cimitero!” disse ironica, ricevendo una sonora gomitata

 

“è che…beh…questa nuova Cacciatrice…”

 

“ah, vuoi affermare il tuo potere oltre che atletico anche estetico?” chiese Dawn ridendo

 

“…se devo tornare ad essere una Cacciatrice vorrei farlo con stile! Ma voi due non siete di nessunissimo aiuto!” disse arrabbiata, afferrando i pantaloni rossi e una canottiera nera

 

alle 7.45 erano tutte e tre vestite di tutto punto e sedevano sui rispettivi letti

 

“Allora Dawn…non mi hai ancora raccontato niente del college” disse Willow, amichevole ma un po’ titubante

 

“Mah…è carino, non succede niente di strano nelle cantine, non ci sono studenti-vampiri, i demoni aspettano fuori dalla porta e…nessuno ha paura di girare per strada la notte”

 

“è…” cercava una aggettivo

 

“…noioso?” concluse Dawn con un leggero sorriso “più o meno, a Sunnydale era un’altra cosa immagino”

disse la giovane con impercettibile stizza. Si era sempre sentita inferiore a Buffy e ai suoi amici, che vivevano strane avventure ogni notte, si destreggiavano tra allenamento e studio…salvavano il mondo. Lei non era mai riuscita ad inserirsi a pieno nella loro realtà, era sempre rimasta la ragazzina da proteggere, quella che conosceva le cose per sentito dire e ci fantasticava sopra ogni notte.

 

“non consiglierei a nessuno di fare il college a Sunnydale…anche perché ora come ora sarebbe un po’ complicato” rispose asciutta Willow, che aveva percepito la nota aspra nella sua voce. Dawn era diventata un po’ la sorella di tutti, la ragazzina da proteggere, e sapeva quanto ne avesse sofferto. Tuttavia non capiva come si potesse desiderare di far parte di un mondo come il loro, Buffy aveva sempre cercato di tenerla lontana e di darle l’opportunità di cambiare vita, insegnandole solo il minimo indispensabile per renderla autonoma. Le aveva dato una scelta.

Willow ripensò al suo incontro con Buffy, nell’atrio del suo ufficio. Sembrava così…matura, indossando un tailler chiaro e gli occhiali da vista. Non la aveva quasi riconosciuta, senza la giacca di pelle ed il paletto in mano. Aveva sbagliato a pensare che l’immagine dell’amica si fosse cristallizzata in quegli anni; c’era stata invece un’enorme evoluzione, era diventata una perfetta ragazza comune, perdendo quasi completamente il cipiglio guerriero che la aveva contraddistinta. Era sicura che non avesse mai più indossato gli abiti della caccia. Troppi ricordi vi erano legati, Spike prima di tutto. Tra qualche istante però sarebbe ricomparsa…cosa c’era da aspettarsi? Era diventata così insicura da temere anche questo? Rivedere la vecchia Cacciatrice.

 

“allora? Sempre che ci stia ancora dentro…” commentò, con gli occhi bassi a guardarsi i pantaloni, per poi incrociare le braccia con quel gesto così familiare.

 

Mark avrebbe preso un colpo se la avesse vista vestita in quel modo, pensò Buffy con ironia. Lei, che ai suoi occhi era solo un’impiegata che si divideva tra casa e lavoro, concedendosi solo qualche serata in palestra.

 

“direi che sei tornata tu” commentò Dawn, squadrandola da capo a piedi “ti ho sempre detto che i vestiti che usi ora sono piuttosto anonimi…così ti dai un tono!”

 

“credo che al mio capo salterebbe una coronaria se mi vedesse arrivare vestita in questo modo” commentò rivolta alla sorella “è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho girato per i cimiteri”

 

“credo che sia ora di scendere” annunciò Willow, dispiaciuta di dover interrompere quel momento felice

 

“Arriviamo” disse Dawn tirandola per un braccio

 

“Io arrivo subito, devo prima fare una telefonata” non serviva aggiungere altro per far capire alle due con chi doveva parlare…Mark

 

“Fai in fretta, non vorrai arrivare in ritardo! Ricrdi Giles…non le 8 e 10, non le 8 e 20…” disse Willow, scimmiottando l’osservatore e contando sulle dita le ore pronunciate

 

“A dopo ragazze” le salutò trattenendo una risata

 

 

Spike si stava avviando verso il telefono a gettoni situato in fondo al corridoio. Doveva assolutamente telefonare a Fred, erano due giorni che non si faceva sentire. Rapidamente compose il numero, appoggiandosi poi al ricevitore, in ascolto.

 

“Angel Investigation” rispose la familiare voce di Cordelia

 

“Sono Spike” annunciò, con tono involontariamente nervoso, continuando a guardarsi intorno

 

“Spike – disse stupita la ragazza – sei ancora vivo? Credevamo fossi finito in un burrone nel tragitto da qui a San Francisco” commentò candidamente

 

“Cordelia…hai mai provato a limitare le battute idiote ad una sola fascia oraria? Non sono a San Francisco”

 

“stai già tornando? Angel aveva detto che sarebbe stata una cosa lunga”

 

“no, sono nell’Ohio…a Calveland”

 

“e posso sapere cosa ci fai?…ohhh…”disse dopo un secondo, come se le fosse venuta in mente la risposta

 

“cause di forza maggiore” rispose laconico, non era necessario metterli al corrente della situazione

 

“capisco…-tagliò corto Cordelia, con l’aria di saperla lunga – cerchi…”

 

“…Fred” non la lasciò completare

 

sentì il rumore della cornetta, passata da una mano all’altra

 

“Pronto?” la voce della ragazza lo fece trasalire

 

“Ciao” disse, con una nota più dolce

 

“Amore…dove sei?” domandò immediatamente

 

“a Claveland, sono sorti dei problemi ed era richiesto il mio aiuto” disse, sperando di non ricevere altre domande

 

“Ah…e con chi sei?” chiese, tentando di nascondere il tono deluso

 

“Sono venuti tutti gli Scoobies” non aveva intenzione di discutere dell’argomento, anche se sapeva quanto premesse a Fred. Dopo tutte le emozioni di quei giorni non era in grado di sostenere una conversazione del genere, era troppo confuso…lui, Buffy, gli altri, tutti insieme che salvavano il mondo. Scacciò i numerosi ricordi che gli affollavano la mente.

Guardò indecifrabile l’orologio posto sul muro di fronte: le otto meno cinque. Doveva sbrigarsi. Non sapeva se essere sollevato o dispiaciuto…

 

In quel momento sentì dei passi venire nella sua direzione. Si voltò stupito verso il corridoio e la vide. Avanzava sicura, con i capelli sciolti che le incorniciavano il viso, a testa alta nella sua direzione. Rimase senza parole. Sembrava che fosse passato meno di un istante dalla loro ultima ronda insieme…ricordava la luce nei suoi occhi, la forza e insieme la consapevolezza di essere invincibile. Ora si stava avvicinando con la stessa espressione. Continuando a guardarla strinse maggiormente la cornetta…non era ancora arrivato il momento di dirle di Fred.

 

“Ora devo andare…ti telefono presto” quasi sussurrò

 

“Spike ma…che succede?” chiese lei allarmata e delusa di dover concludere la conversazione

 

“Mi stanno chiamando…mi dispiace” disse con tristezza sincera

 

“Chiama” gli intimò la ragazza, con angoscia mal celata

 

“Ciao” la salutò, riattaccando dubito il ricevitore

 

“Ciao…” sussurrò lei, quando ormai la linea si era interrotta

 

Spike si diresse nella sua direzione, con aria volutamente indifferente. Non doveva pensare di provocare in lui le stesse vecchie emozioni, e inoltre non voleva rivelarle l’interlocutore della telefonata.

 

“Ciao” la salutò, senza resistere alla tentazione di fermarsi, contro ogni proposito di proseguire superandola. La squadrò da capo a piedi, senza rendersi conto che se ne era accorta

 

“Ciao” gli sorrise lei, divertita dall’espressione seria del vampiro

 

“Vado nell’atrio, Giles ci sta aspettando” disse indicando col pollice la direzione dalla quale veniva la ragazza

 

“Io dovrei…” cominciò indicando il telefono

 

“Avverto il capo” disse lui ironico

 

i due si superarono, proseguendo per direzioni diverse quando Buffy si voltò nella sua direzione, facendolo girare

 

“con chi…” lasciò in sospeso la frase e guardandolo con espressione indecifrabile

 

“non domandare se non vuoi sapere” rispose il vampiro, guardandola negli occhi

 

Per tutta risposta lei gli sorrise divertita alzando le mani in segno di resa, voltandosi nuovamente

 

*     *     *

 

“Dov’è Buffy?” domandò l’osservatore rivolto a Dawn e Willow

 

“eccomi!” disse lei, arrivando di corsa

 

“sono le…” 



“…otto in punto” disse lei con il respiro affannoso, indicando l’orologio elettronico posizionato vicino all’entrata

 

“ora possiamo andare?” le domandò l’osservatore già esasperato

 

“Certo” rispose lei, tentando di rimanere seria. Quella mattina si era alzata di buon umore, di li a poco avrebbe conosciuto la nuova Cacciatrice e ripreso gli allenamenti…

 

*     *     *

 

April era già in palestra, sfogandosi contro un sacco. Sferrava calci potenti e precisi, senza mai staccare gli occhi dall’obbiettivo. Teneva alte le braccia, per difesa, con le mani fasciate e le nocche insanguinate.

Ansimava per lo sforzo prolungato, senza tuttavia fermarsi. Tra qualche minuto sarebbe arrivata lei.

 

Perché si sentiva così…inferiore? Cosa aveva quella ragazza che a lei mancava? La rabbia le montava in corpo e lei non cercava di contenerla. Non lo aveva mai fatto. E il suo osservatore la riprendeva sempre più spesso per la sua incapacità di controllarsi.

Ricordava il viso sconvolto di Ripley, mentre la guardava massacrare un vampiro. In quell’occasione aveva perso il controllo più del solito…eppure non riusciva a togliersi dalla mente l’espressione di sconfitta del vampiro, di un essere senz’anima né sentimenti, mentre cercava in tutti i modi di sfuggirle…sorrise, colpendo nuovamente il sacco.

Era sicura che nessuno meglio di lei avrebbe adempiuto a un compito del genere. Lei conosceva il significato della parola soffrire…Ricacciò il nodo che le si era formato in gola, asciugandosi con stizza il sudore che colava sulla fronte.

E quella…Buffy? Cosa aveva passato? Cosa aveva dovuto sopportare?

 

Tornò a concentrarsi unicamente sull’allenamento, non serviva a nulla rimuginare ulteriormente.

 

“April” sentì una voce alle sue spalle, che la chiamava con voce autoritaria

 

“Dimmi grande capo” rispose irrispettosa, scostandosi i capelli umidi dagli occhi

 

“Tra poco saranno qui. Voglio che tu osservi Buffy, che cerchi di imparare il più possibile da lei. Con il loro aiuto riusciremo a impedire che qui nasca l’inferno, collabora.”

 

La ragazza scostò lo sguardo, la rabbia stava di nuovo prendendo il sopravvento, ma cercò di calmarsi. Tra poco avrebbe trovato contro chi sfogarla.

 

“Bene” rispose poco convinta, dirigendosi verso i pesi e dandogli le spalle

 

l’uomo si allontanò scuotendo leggermente la testa, accomodandosi su di una sedia posizionata vicino all’entrata dell’enorme palestra vuota.

 

“John?” sentì una voce ovattata alle sue spalle

 

si alzò di scatto e aprì sorridendo la porta, chiusa a chiave. Attraverso l’oblò il viso di Giles sembrava pallido

 

“Rupert, avete avuto difficoltà a trovare il posto?” chiese facendo strada

Giles, seguito dagli Scoobies, entrò, guardandosi intorno interessato

“No, ho chiesto una mappa al padrone del bed and breakfast” rispose, fissando incuriosito i numerosi attrezzi sparsi “è una sala molto attrezzata” commentò

 

“Sì beh…è un ottimo posto per allenarsi”

 

“E io che dovevo allenarmi in biblioteca, quello si che era studio alternativo” aggiunse Buffy, scorrendo con lo sguardo spalliere, pesi e sacchi

 

April era ancora voltata, non aveva intenzione di fare da comitato accoglienza, ma appena sentì una voce femminile si girò di scatto. Il cuore iniziò a batterle più forte…una ragazza bionda stava parlando con il suo osservatore.

Con passo deciso si diresse nella sua direzione, massaggiandosi le nocche doloranti. Camminava lentamente, non voleva darle la soddisfazione di pensare che si stesse avvicinando per lei, ma la analizzava segretamente con lo sguardo.

Le arrivò di fronte, guardandola con un’espressione che Buffy non riuscì a decifrare.

 

E così quella era la grande Buffy? La osservò attentamente. Era più bassa di lei di qualche centimetro, con i capelli biondi sciolti sulle spalle e un trucco leggero sul viso, indossava un paio di pantaloni di pelle e una canottiera nera…la guardò con sufficienza: credeva di essere ad una sfilata di moda? aveva immaginato giusto: una reginetta del liceo, sempre in ghingheri, superficiale, con un milione di ragazzi che le morivano intorno e una condotta esemplare. Detestava le persone come lei. La tipica californiana tutta spiaggia e party.

 

Buffy squadrò da capo a piedi la ragazza che le si era parata davanti. Doveva essere April, la nuova Cacciatrice. Alta un po’ più di lei, indossava una logora maglietta grigia con lo stemma che aveva visto all’ingresso della scuola e dei jeans chiari, rimboccati volutamente sopra le caviglie. Aveva un viso strano, che avrebbe potuto definire bello ma poco curato,con un naso lentigginoso e piccoli occhi scuri. I capelli rossicci le ricadevano scomposti sulla fronte imperlata di sudore e lei non si preoccupava di scostarli. Sentiva i suoi occhi posarsi a più riprese su di lei, scrutandola dalla testa ai piedi con un qualcosa di provocatorio e critico insieme. Leggermente imbarazzata sostenne lo sguardo della ragazza.

 

Osservava con un misto di indignazione e sconcerto i ragazzi che erano con lei e la fissavano con un misto di ammirazione ed affetto, asserviti completamente. Ecco il termine giusto, asserviti. Lei era il loro leader indiscusso. Cosa avevano visto in lei?

 

 

“Ciao, io sono Buffy” la sentì rivolgersi a lei, porgendole una mano dalle unghie curate

 

Fissò scettica quella mano testa, afferrandola poi e stringendola con forza. Le sue mani bendate e rosse stonavano con quelle bianche e morbide di lei.

 

“April” rispose, con tono di sfida

 

Ripley fissò Giles, preoccupato. Conosceva April e poteva giurare, dal suo comportamento, che la collaborazione sarebbe stata più ostica del previsto. La sua Cacciatrice si sentiva usurpata da Buffy, le cui esperienze erano ora stampate sui manuali dei nuovi osservatori, e sapeva anche che non era disposta a farsi superare da nessuna. La differenza tra loro era lampante, tanto fisicamente quanto caratterialmente. Personalmente anche lui si era aspettato una persona diversa come salvatrice del mondo, ma aveva imparato che niente è quello che sembra, soprattutto le persone.

 

Buffy rispose alla vigorosa stretta di mano. Poteva leggere rabbia negli occhi della ragazza, rabbia nei suoi confronti? Poteva essere. Dal primo istante si era resa conto che non sarebbe stata una cosa facile insegnare qualcosa a quella ragazza.

 

“Bene – disse Ripley strofinandosi le mani – credo sia il caso di cominciare l’allenamento. Buffy…”

 

“Certo. Io…” si voltò verso l’osservatore per rispondere quando…

 

uno spostamento d’aria…vide con la coda dell’occhio un pugno che si alzava in direzione del suo viso

 

come un riflesso incondizionato si scansò, osservando il braccio dell’aggressore fendere l’aria

 

“Ehi!” gridò

 

“Iniziamo no?” sentì la voce di April risponderle

 

dietro di loro gli altri si erano spostati contro il muro. Willow guardava sconcertata la scena, senza tuttavia avvicinarsi.

 

“Giles! Faccia qualcosa” bisbigliò per non farsi sentire dall’altro osservatore, senza però distogliere l’attenzione dal combattimento

 

“No Willow – rispose Giles, altrettanto concentrato – hai visto April quando siamo arrivati? Non ha smesso un attimo di fissare Buffy, non vuole che sia qui, è una alle prime armi e non riesce a razionalizzare che ci sia un altro predatore nel suo territorio, si deve instaurare un rapporto di forza.”

 

Willow ascoltò Giles disorientata, quelle due dovevano prendersi a botte perché ragionavano come animali? Non era sicura che Buffy ce la avrebbe fatta, era molto che non aveva i suoi poteri e…

 

“Ce la farà. Come ce l’ha sempre fatta. È la migliore e deve dimostrarlo, altrimenti non sarebbe stata chiamata” disse Spike, che si appoggiò distrattamente al muro, estraendo dalla tasca un accendino e il pacchetto di sigarette.

 

Buffy lanciò uno sguardo dietro di sè, evitando di un soffio un secondo attacco all’altezza dello stomaco. Bene, senza persone dietro il suo campo di azione si era allargato. Se la ragazzina voleva la guerra…si era messa contro la persona sbagliata.

Sentiva rifluire l’energia in sé, non aveva mai dimenticato quella sensazione. Rinacque in lei la consapevolezza che le aveva permesso di sopravvivere a Sunnydale e che si era lentamente assopita col tempo. Era la migliore.

Buffy si raddrizzò prontamente dopo aver schivato i colpi, alzando le braccia in posizione di attacco. I suoi poteri di Cacciatrice si erano riattivati alla perfezione...poteva sentire i suoi riflessi acuirsi, gli affondi diventare più potenti e precisi…

 

“Sì, iniziamo” rispose, fissando con altrettanta rabbia la nuova Cacciatrice

 

…un calcio diretto verso la spalla…parato con entrambe le mani

 

…una serie di pugni, rivolti verso il viso…schivati, erano troppo lenti

 

la frustrazione di April aumentava con la stessa velocità del disprezzo. Come diavolo faceva a…

Sferrava attacchi senza sosta, ma nemmeno uno andava a segno.

 

Buffy si limitava a difendere, senza iniziare il contrattacco, spostando il combattimento verso il centro della palestra.

 

…un altro colpo parato…

 

…un affondo evitato scostandosi…

 

Parò l’ennesimo calcio, inginocchiandosi a terra e afferrando la gamba di April sospesa in aria.

Abbassò un attimo la guardia, lasciando il viso scoperto.

 

Un altro calcio, sferrato con la gamba libera, la colpì in pieno volto, sbalzandola di qualche metro. April, anche lei a terra, rise fredda e vittoriosa

“Nemmeno tu sei invincibile allora”

 

Buffy le dava le spalle, ancora accasciata per il colpo. Si passò lentamente il dorso della mano sul labbro, dal quale scendeva un rivolo di sangue. Non si voltò, quasi non avesse sentito quello che aveva detto

 

April si alzò, procedendo baldanzosa verso la Cacciatrice

“Ehi, mi hai sentito?”

 

Buffy si guardò il palmo, su cui risaltavano alcune gocce di sangue scuro. Senza una parola si alzò, sorridendo, se possibile ancora più gelida di April. Camminava lentamente nella direzione dell’avversaria, passandosi nuovamente una mano sul labbro, che si era gonfiato rendendo le sue labbra sottili ancora più rosse, per asciugare l’ultima goccia di sangue che le colava sul mento.

 

“prima credevo scherzassi ragazzina – Buffy la osservava con sufficienza – cioè, quell’espressione da dura e incompresa – sorrise – ma sei capitata male, hai sbagliato persona”

 

“ma davvero?” la guardò con odio, ma come si permetteva! Era alla distanza giusta per sferrarle un altro colpo su quella bella faccia…

 

ma non fece in tempo a completare l’affondo

Buffy le bloccò il braccio a mezz’aria, ora era il suo turno di attacco

 

…si alzò per colpirle il viso con un pugno…che andò a centro

 

la nuova Cacciatrice barcollò indietro, tenendosi la mascella

 

riprese ad attaccare senza sosta

 

…una capriola indietro…

 

…calcio…lo aveva schivato, allora quella April non era poi così male

 

…scansarsi lateralmente, per schivare un pugno…

 

…contrattacco, colpo in pieno ventre fece arrancare la sua avversaria…era il momento di concludere quella buffonata

 

…avanzare, guadagnando terreno, doveva portarla a chiudersi…

…una serie di pugni, che vennero schivati a fatica…

 

April si guardò alle spalle, evitando di un soffio dall’ennesimo affondo. Era in trappola, a due passi dalla spalliera. L’unico modo di salvarsi era scansare di lato, ma non fece in tempo a muoversi…

 Si sentì sollevare per il collo, premuta contro la parete. Strinse con tutta la forza che aveva in corpo il braccio che la teneva, senza però smuoverlo.

 

…la stava sollevando da terra, sfruttando il muro retrostante…una lezione non le avrebbe fatto male

 

“Bene – la guardò dal basso in alto, tentando di mascherare la soddisfazione – abbiamo finito. Non provare più ad attaccare in quel modo – si avvicinò al suo orecchio, bisbigliando – potresti pentirtene”

 

improvvisamente la lasciò andare, fissandola strofinarsi il collo con una mano, rispondendo allo sguardo di puro disprezzo che le lanciava.

Rimase fredda, senza tradire la minima emozione. Poi si diresse verso i presenti, che avevano assistito allo scontro dall’altro lato della palestra.

 

Senza una parola April la seguì. Aveva la testa in subbuglio per l’umiliazione. La aveva battuta, non era stata in grado di fermare i suoi attacchi, così precisi e calibrati. Ma ce la avrebbe fatta, la avrebbe superata.

Non degnò di uno sguardo l’osservatore, che invece la fissava con occhi fiammeggianti, pieni di delusione e rabbia. Come aveva potuto attaccare in quel modo la persona che era venuta ad aiutarli! D’accordo, era ambiziosa, ma avrebbe dovuto rendersi conto che Buffy era un’avversaria troppo forte, almeno per ora.

 

Buffy e Giles si scambiarono una rapida occhiata di intesa, voltandosi poi a guardare gli altri due.

 

“Dobbiamo iniziare la preparazione di April e ci sono altri particolari su cui discutere. È meglio iniziare” asserì asciutto Giles, come se non si fosse accorto di quello che era appena successo

 

“certo” concordò Ripley, prestando attenzione alle parole di Giles

 

“loro due rimarranno qui ad allenarsi –indicò Buffy ed April – Spike?” chiamò il vampiro

 

“…rimango con loro” concluse lui senza troppa enfasi, scambiando uno sguardo complice con Buffy

 

“Noi invece abbiamo delle ricerche da fare. Avete una biblioteca?” domandò

 

“venite” rispose l’uomo, aprendo le porte della palestra

 

“Bene, allora ci vediamo dopo”

 

April assisteva immobile alla scena, la rabbia per l’umiliazione subita non si era ancora calmata. Chi erano i nuovi arrivati per decidere cosa ognuno dovesse fare? Avrebbe voluto ribattere ma un’occhiata di John la fece desistere. Si sarebbe allenata con lei e con…Spike?

Osservò il vampiro avanzare in direzione di Buffy, sembrava si conoscessero da molto tempo…si fermò ad osservare i suoi lineamenti sottili ma decisi, avrebbe voluto conoscere la sua storia, come era arrivato ad unirsi a Buffy? Lo conosceva di fama, William the Bloody, il sanguinario, e aveva saputo che ora operava a Los Angeles, ma non credeva ci fosse un collegamento tra loro due. Si accorse che il vampiro la osservava interrogativo ma continuò a fissarlo.

 

La Scooby si allontanò in silenzio, chiudendo le porte della palestra e lasciando i tre in un’atmosfera molto tesa.

 

Giles seguiva il giovane osservatore, camminando con passo deciso. Aveva indosso un’energia particolare, una forza che credeva non avrebbe più ritrovato…vedere la sua Cacciatrice vincere, vedere Buffy vincere, era stato incredibile. Pazzesco e incredibile.

Fissò la schiena dell’uomo che camminava davanti a lui. Capiva la sua frustrazione, non era stato facile per lui farsi accettare dalla ragazza né insegnarle quel poco che sapeva sulla lotta e la caccia, e vederla perdere in quel modo doveva essere stata per lui una sconfitta personale. Ricordava i primi addestramenti con Buffy, le volte in cui gli aveva disubbidito…ma gli tornavano in mente anche i momenti che aveva passato a consolarla, a proteggerla e a difenderla. Per quegli istanti non c’erano manuali abbastanza approfonditi né regole da applicare. Ripley e la sua Cacciatrice non avevano ancora abbattuto il muro che li separava, quella barriera fatta di diffidenza, sospetto, senso di superiorità rispetto all’altro.

Certo April non era una ragazza facile, lo aveva capito dalla rabbia nei suoi occhi, che lasciavano trasparire il suo desiderio di vendetta verso Buffy…avevano entrambi molta strada da fare

 

“Entrate” disse Ripley, aprendo davanti a sé una porta in legno e introducendoli in un’ampia stanza, con alti scaffali stracolmi di testi.

 

I cinque si disposero intorno ad un tavolo rettangolare, illuminati dalle lampade da tavolo poste nel centro.

 

Giles si guardò intorno, fissando lo sguardo per un secondo su ogni membro del gruppo. Poi cominciò:

“bene. Ora che siamo qui devo mettervi al corrente di alcune cose. Il consiglio ha scoperto che il maestro di qui sfrutterà l’allineamento dei pianeti per celebrare il rituale d’iniziazione, che porterà alla formazione di una nuova bocca dell’Inferno. Tra due settimane esatte. I demoni sopravvissuti all’ultima Apocalisse hanno bisogno di un centro, avendo perso Sunnydale, dove la loro influenza sia più forte e, a quanto pare, sarà qui. il nostro compito è di impedire tutto questo. Dobbiamo però tener presente – continuò, impedendo a Xander di tirare un sospiro di sollievo. Il ragazzo aveva sicuramente pensato alle precedenti apocalissi, questa non era nulla di paragonabile – che la situazione sarà molto più complicata da gestire che a Sunnydale. La gente prima di tutto. Qui non sono abituati ad avvenimenti del genere, non immaginano nemmeno che diventeranno il paese con il più alto tasso di mortalità in America. Non possiamo contare su di loro, né su nessun altro. Ora, le nostre priorità sono individuare il punto di raccolta, dove inizierà il rituale, ed evitare che in questi giorni la situazione degeneri. Nessuno deve accorgersi di nulla: niente nuovi vampiri, né demoni. I turni di caccia saranno più frequenti, ogni essere che potrebbe unirsi al maestro va eliminato. La cosa più importante è impedire al maestro di invocare l’apertura della Bocca, abbiamo un po’ di tempo per prepararci. Non possiamo commettere errori.” Concluse, pronunciando lentamente le ultime parole e fissando tutti con attenzione “è tutto chiaro? – attese qualche secondo – bene, allora inizieremo subito le ricerche”

 

nessuno osava fiatare, soprattutto Ripley. Guardava Giles con interesse, bramosia quasi. Voleva recepire ogni più piccola mossa, imparare a fare altrettanto. C’era una punta di invidia in lui, conosceva la sensazione che aveva sopraffatto April, ma era in grado di dominarla e sfruttarla. Si rendeva conto di essere inferiore a Giles, sia come influenza sul consiglio, sia per esperienza. Cercò di celare la stizza…perché il consiglio aveva parlato con Giles e non direttamente con lui? Quell’uomo non lavorava nemmeno più per loro, eppure lo preferivano a un osservatore fedele. All’invidia però si mesceva anche l’ammirazione e il desiderio di vedere quei ragazzi all’opera, per capire come un branco di studenti e un inglese avessero raggiunto quegli obbiettivi. Si scrivevano tante cose su di loro, e altrettante se ne raccontavano: su Buffy, la Cacciatrice anti-eroe, che si sacrificava per il mondo perché non aveva altra scelta eandava sempre avanti, su Giles, l’osservatore disertore, che non aveva mai rinunciato al suo compito, su Willow, la strega che era arrivata quasi sul punto di distruggere il pianeta, ma che aveva sempre lottato per salvarlo, su Dawn, la chiave, che era sopravvissuta a una divinità…per non parlare di Spike, il vampiro con l’anima che combatteva contro i suoi simili.

Non era facile reggere il confronto con loro. Ecco cosa non sopportava April, essere continuamente paragonata a Buffy…

 

“John, avete già scoperto qualcosa sul maestro?” la voce di Giles lo distolse dai suoi pensieri

 

“si chiama Antes, vive in un palazzo disabitato lontano dal centro. Ha più o meno 600 anni, non molto vecchio quindi”

 

“vi siete mai scontrati con lui?”

 

“Una volta, April stava facendo una delle sue prime ronde, ha eliminato alcuni dei suoi vampiri, ma erano troppi. È fuggita”

 

“Bene, Willow cerca notizie su questo Antes, libri, appunti, diari, qualsiasi cosa ci dia un quadro completo. Xander e Dawn, andate a chiamare gli altri – rivolse una triste occhiata alla finestra – è il tramonto” li squadrò un altro secondo “presto andate, abbiamo molto da fare questa notte”

 

in palestra Buffy, April e Spike si stavano ancora allenando. La concentrazione era al massimo, ma l’aria tesa di qualche ora prima non si era affatto diradata.

April era in un bagno di sudore, mentre continuava instancabile a colpire le mani guantate di Buffy.

 

“mettici più forza” le ordinò asciutta Buffy, senza muoversi di un millimetro dopo ogni colpo

 

“Buffy – venne interrotta dalla voce di Spike – credo sia ora di vedere cosa è capace di fare con le armi” disse, dirigendosi verso l’armadio ed estraendone una spada dalla lama spessa e impugnatura cordata

 

si avvicinò alle due fendendo l’aria e facendo volteggiare con apparente disinvoltura la spada intorno al torace.

 

“sai come si usano?” chiese Buffy alla ragazza, con lo stesso tono di prima

 

“Sì” mugugnò lei a denti stretti, asciugandosi il sudore che le imperlava la fronte

 

“bene” le lanciò una spada, prendendola dalle mani del vampiro, stava per afferrare la seconda, quando Spike la fermò, conducendola in un angolo

 

“Credo che tu la abbia massacrata a sufficienza” disse ironico

 

Buffy distolse la sguardo, sbuffando “Io…-si strinse nelle spalle – io non l’ho massacrata! – si voltò ad osservarla, mentre provava qualche affondo, tornando poi a guardare Spike fintamente imbronciata – senti se l’è cercata! E poi lo sai che non ho la stoffa della baby-sitter, per di più se si tratta di una ragazzina isterica con seri problemi di immagine!” commentò acida

 

Spike sbuffò, sorridendo “D’accordo, non diventerà miss Ohio, però ora tocca a me, onde evitare che vi prendiate a “spadate” ” disse, afferrando la spada che Buffy teneva in mano e dirigendosi verso April

 

“forza ragazzina, vediamo cosa ti ha insegnato il caro John”

 

sfiorò la punta della sua spada, pronto a dare inizio al combattimento

 

Buffy si posizionò non molto distante, con le braccia conserte e intenta ad osservare ogni movimento dei duellanti.

Per essere alle prime armi non si muoveva male…aveva padronanza del corpo…seguì con interesse i suoi movimenti, che però risultavano poco fluidi, rispetto a quelli del vampiro.

Si concentrò su  Spike, vedeva i suoi muscoli contrarsi ad ogni affondo, gli occhi fissi sulla lama avversaria, attento a schivare ogni colpo, ponderando la potenza con cui sferrare gli attacchi…scosse violentemente il capo, tornando a guardare la ragazza.

Aveva qualcosa alle mani, reggeva la spada con entrambe, ma i polsi ruotavano in maniera strana, come se le bende che li fasciavano fossero troppo strette. Maneggiava l’arma a fatica, eppure il peso non doveva essere un problema…la fissò in viso, una smorfia mal celata le si stampava in faccia ad ogni affondo.

 

“Spike…fermi un attimo” disse pensosa, il suo tono non era però autoritario. Si posizionò in mezzo a loro, squadrando April. La ragazza intanto aveva appoggiato la punta della spada al suolo e vi si puntellava, ansante.

 

Buffy la guardò, la rabbia che provava nei suoi confronti per la cattiva accoglienza ricevuta si era calmata ed ora riusciva ad essere quasi premurosa, dopotutto conosceva bene i sacrifici necessari nell’allenamento.

Senza fiatare le prese dalle mani la spada, spingendola lievemente verso la sedia appoggiata al muro. April vi si sedette senza fare storie, osservando un po’ stupita Buffy.

 

Perché la aveva fatta fermare?…in quel momento non importava…aveva il fiato corto, le mani le facevano ancora più male dei giorni scorsi…doveva allentare le bende…

 

Appoggiò la testa sul muro, chiudendo gli occhi. Le mani le ricadevano molli sulle gambe, non riusciva quasi più a muoverle.

 

Buffy appoggiò la spada alla parete, inginocchiandosi davanti alla ragazza, che sedeva stremata sulla sedia.

 La osservò per qualche altro secondo…e così si trovava a dover fare da insegnate ad una neo Cacciatrice che probabilmente la detestava, sbuffò impercettibilmente, ed ora doveva anche medicarla. Avrebbe preferito evitare di doversi occupare di qualcuno, la volta precedente era finita male…ma doveva crescere.

 

Senza indugiare oltre le afferrò delicatamente le mani, cominciando a svolgere le bende bianche e sporche. Avvertì un sussulto della ragazza, che tuttavia sembrava troppo stanca per opporre resistenza. Sentì il suo sguardo sulla testa, ma decise di ignorarlo.

Lasciò cadere a terra i nastri, osservando con attenzione le mani e i polsi martoriati. Le bende erano state fissate talmente strette da lasciare un segno profondo nella pelle, diventata bluastra, e avevano tagliato le palme. Ecco perché non riusciva a maneggiare la spada.

Tenne le mani aperte davanti a sé, reggendole delicatamente, attenta a non farle male. Sapeva quanto dolorose fossero quelle ferite.

“Devi sciacquarti con acqua pulita e poi disinfettarle” disse, con un tono meno duro di quello usato durante l’allenamento.

La guardò negli occhi per qualche istante, non c’era bisogno di nessun chiarimento, conosceva perfettamente lo scopo delle fasciature.

 

April la fissò, c’era comprensione nei suoi occhi?…era troppo stanca per pensarci ora…

 

“riesci ad alzarti?” domandò di nuovo Buffy

 

“Sì”

 

“bene, vai a lavarle con acqua tiepida, poi torna qui” ora il tono della ex Cacciatrice risultava quasi dolce. April sapeva che stava misurando le parole per non offenderla, la situazione era molto imbarazzante per lei.

 

Senza rispondere si alzò faticosamente, dirigendosi a passo più spedito verso il bagno

 

Buffy si alzò in piedi, andando verso Spike, che aveva osservato la scena alle sue spalle

 

“Anche crocerossina?” chiese, senza però un tono canzonatorio nella voce

 

“Già – sorrise Buffy, strofinandosi gli occhi con le mani – cosa ne pensi? – domandò indicando con gli occhi la porta da cui era appena uscita April – non è male”

 

“ho visto di peggio” annuì

 

“dici…dici che ho esagerato un po’?”

 

“no…la prossima volta però è meglio che tieni pronta la barella per riportarla a casa” commentò

 

“Ehi…sei tu quello che l’ha massacrata con quella dannata spada!” rispose piccata

 

“Ma ricordati che io sono cattivo” sorrise canzonatorio, strappandole un sorriso da viso stanco

 

April era in bagno, con le mani immerse nell’acqua tiepida che bruciavano come non mai. Sollevò il viso per specchiarsi, osservando con interesse i suoi lineamenti riflessi. Aveva il viso stanco, arrossato per la fatica, la fronte imperlata di sudore e i capelli scomposti. Su una guancia era rimasto un livido, che strofinò cautamente con una mano.

Sospirò, tornando ad osservarsi le palme: il sangue si era fermato, i piccoli tagli si sarebbero rimarginati presto.

Perché lo aveva fatto? Perché fermare l’allenamento? Non capiva come avesse fatto ad accorgersi di quelle ferite…era stata attenta a non lasciar trasparire nulla…cosa diavolo voleva dimostrare? Che aveva pietà? Fremette all’idea …comprensione? Era stato questo a spingere Buffy?…poteva essere. Detestava essere in debito con qualcuno.

Si asciugò attentamente le ferite, tamponandole con l’asciugamano, che poi scagliò a terra in un moto di rabbia. Come aveva potuto mostrarsi così fragile?…lei era stata scelta per salvare il mondo dalle nuove apocalissi maledizione! Lasciò cadere mollemente le mani lungo il corpo, stringendo i pugni…la unghie si conficcarono nella carne martoriata, facendo nuovamente sanguinare le mani…strinse ancora più forte…finché il dolore non la piegò in due. In un muto urlo di dolore si puntellò al piano del lavandino con i polsi, evitando che le palme toccassero la superficie.

Calde lacrime le rigarono le guance; chiuse gli occhi, cercando di bloccarne il flusso e reprimendo un singhiozzo.

Doveva calmarsi…non vedendola tornare Buffy avrebbe potuto raggiungerla in bagno e allora…tentando di controllare il dolore si risciacquò nuovamente le mani, strofinandosi poi gli occhi vigorosamente.

Guardò un’ultima volta la sua immagine riflessa nello specchio e non riuscì che a provare disprezzo per quel viso arrossato, per gli occhi che la fissavano duri, leggermente gonfi.

 

A passo rapido tornò nella palestra, aprendo silenziosamente la porta. Osservò dalla fessura le due figure di spalle che parlavano. Spike e Buffy. C’era qualcosa tra di loro, si intuiva. Oppure c’era stato ed ora cercavano di dimenticarlo. Fissò gli occhi sulla schiena di Buffy, i suoi capelli biondi, raccolti con una molletta, oscillavano ad ogni movimento del capo…c’era in lei qualcosa di più di quello che mostrava la sua immagine esteriore, ormai lo aveva capito, ma cosa…? notò, con un represso moto di stizza, lo sguardo del vampiro, che indugiava sul suo corpo perfetto e minuto e lei che faceva finta di niente.

Per la prima volta provò invidia. Bruciante invidia.

Ripensò al ragazzo della sua classe, alto, con i capelli scuri, occhi verdi e spalle larghe, un fisico perfetto. Aveva passato intere lezioni a guardarlo, a sperare che il suo sguardo si fermasse su di lei, anche solo per un attimo. Quella mattina…quando si era avvicinato al suo banco, si era sentita il cuore in gola, credeva si fosse accorto di lei. Ricordava di essersi aggiustata in fretta i capelli, raddrizzando la maglietta, che le era scesa su una spalla…si disgustava. Lui la aveva superata con leggerezza, per posare un leggero bacio sulla guancia alla ragazza appena entrata, che le aveva lanciato uno strano sorriso, come di chi la sapeva lunga…

Scacciò quel pensiero…Spike, cosa vedeva in quella ragazza? La bellezza? Non era certo tutto, non per uno che aveva vissuto secoli interi ed era stato amate di donne bellissime e immortali…

Buffy aveva avuto tutti gli…gli uomini che voleva, ne era sicura. Si sentiva stupida a sentire la mancanza di una cosa simile, lei che aveva imparato a contare solo su sé stessa.

Perché tutte…tutte ma non lei?…

 

Spike fissava Buffy, con interesse, vedeva solo le sue labbra, vagamente segnate da un rossetto chiaro, che si muovevano scandendo le parole…per un momento dimenticò la missione, l’allenamento, April, il mondo.

 

“Spike?” chiamò Buffy, guardandolo interrogativa

 

Si riscosse immediatamente, lanciando solo in quel mento un’occhiata alle spalle della ragazza e scorgendo  April, che si era nuovamente accomodata sulla sedia con lo stesso sguardo impenetrabile e perennemente guardingo.

 

Indicò con un movimento della testa la ragazza, facendo voltare Buffy.

“La nostra ferita è qui…forza, devi tornare a fare almeno un buona azione al giorno, sei di nuovo Cacciatrice, ricordi?” se sussurrò scherzosamente alle spalle, ricevendo una leggera spinta

 

“sono superiore alle tue frecciate – gli rispose ridendo, voltandosi nuovamente verso di lui e corrugando poi scherzosamente la fronte – oh, è vero, anche tu sei tornato in servizio, quindi il tuo ruolo prevede un numero specifico di battute giornaliere”

sempre sorridendo la ragazza si voltò, dirigendosi verso  April, sperava che la situazione tra loro si fosse stemperata

 

cosa ci trovava di ridicolo?…April la osservò avvicinarsi e prendere dell’alcool da una sacca. Rideva di lei? Certo…la principiante, quella alle prime armi, che non è bella e per di più non regge il primo allenamento!

 

Le sue mani si irrigidirono al contatto con quelle di lei, che ora fissava pensosa le ferite

 

“brucerà” la avvertì, senza però ricevere risposta

 

versò il disinfettante sulle ferite, attenta ad ogni sussulto della ragazza, che però non emise un gemito.

 

…non aveva intenzione di darle la soddisfazione dei vederla ancora dolorante…

 

Buffy la osservò di sfuggita, mentre teneva lo sguardo ostinatamente puntato fuori dalla finestra. Sperava in un po’ di…di complicità da parte sua, o almeno in un leggero cambio di atteggiamento, invece…

Ci sarebbe stato ancora molto da lavorare con lei.

 

Le avvolse attentamente le mani con bende pulite, stringendole il minimo indispensabile.

 

“ho finito” asserì, rialzandosi

 

“bene - commentò asciutta April. Voleva mettere in chiaro che non le era debitrice in alcun modo per quella gentilezza - riprendiamo” afferrò seppur con esitazione il manico della spada, ancora appoggiata al muro.

 

“No, tu non riprendi niente” rispose Buffy, il cui tono era tornato duro, togliendole l’arma di mano incurante dello sguardo di disapprovazione.

 

Prese la spada, dirigendosi in direzione di Spike

 

“guarda e impara la tecnica” le disse, intimandole di avvicinarsi con un gesto. Non c’era superbia nella sua voce calma.

 

Assunse la posizione di attacco, posizionandosi di fronte al vampiro

 

Soppesò la spada nella mano, con attenzione. Inspirò silenziosamente, socchiudendo per un attimo gli occhi. Doveva trovare la concentrazione, come le aveva insegnato Giles. Sincronizzò i suoi sensi sull’avversario, estraniandosi dai rumori intorno a lei, dimenticando lo sguardo di  April che le bruciava sul viso. C’erano solo lei e la spada.

Aprì gli occhi, fissando con attenzione il vampiro, che la osservava a sua volta senza il minimo movimento. Nella sua testa c’era solo la sua immagine, poteva vedere i muscoli tirati e le vene delle mani in tensione per il peso dell’arma. Presto avrebbe attaccato. La sua mente si era svuotata …solo loro due…non era mai stata brava a indovinare le conseguenze delle sue azioni…

 

Spike la guardò: si stava concentrando. Poteva intuire che i suoi sensi erano puntati su di lui. Attenti ad ogni minimo movimento, pronti ad approfittare di una sua distrazione. Ora si specchiava nei suoi occhi, che non lo lasciavano un istante. C’erano solo loro due…come quando si erano rivisti a San Francisco. Uno strano calore lo invase, accompagnato da una sensazione di vuoto. Gli faceva paura. Non sapeva dove avrebbe portato quel combattimento, non per il gesto in sé, che poteva essere reputato normale, ma perché combattere per loro era sempre stato come…come amarsi.

…balla con me…

Ora i suoi occhi lo inquietavano: c’era la stessa forza di sempre e questo lo lasciava a dir poco atterrito. Aveva inconsciamente sperato che con il tempo fosse cambiata, ora se ne rendeva conto; aveva pregato di non vedere più quegli occhi che non esitavano mai, ma che solo con lui si erano riempiti di lacrime, di non sentire più le mani su di lui, perché gli avrebbero fatto ricordare quanto potevano essere gentili. Aveva segretamente agognato che il fuoco che bruciava in lei si fosse spento, che fosse diventata la ragazza normale che lei aveva sempre desiderato, una di quelle mortali trasparenti senza una luce propria che gli passavano accanto senza che se ne accorgesse.

Ora però distingueva nuovamente quel furore che non la aveva mai fatta cedere…lo stesso che lo attirava da lei.

La sera prima si erano comportati da amici, firmando un tacito trattato che non permetteva domande sul passato, che segregava in un angolo della memoria i ricordi che li accomunavano. E per quei giorni sarebbero stati…amici. Già, in fondo cos’era qualche settimana? Poi sarebbero tornati alla loro vita di sempre, non aveva senso rivangare i sentimenti che li avevano soggiogati quasi contro la loro volontà, contro ogni logica, contro ogni legge.

Spesso si era ritrovato a pensare che, forse, tra loro sarebbe dovuta comunque finire così. Lui in un mucchio di cenere e lei salvatrice del mondo, avevano solamente allungato i tempi.

Forse non era destino.

Una parte di lui avrebbe voluto tirarsi indietro…sapeva che battersi con lei avrebbe certamente avuto un significato più profondo, il castello di carte che si erano costruiti intorno sarebbe caduto sotto i loro colpi. Ci aveva pensato lei? Sembrava decisa…che lo stesse provocando? Forse non ricordava cosa era successo l’ultima volta che si erano battuti né quanto fosse forte la scossa che attraversava entrambi quando combattevano.

La fissò di nuovo…la titubanza cedette il passo alla rabbia. Cosa credeva di fare?…voleva il gioco pesante, ma era in grado di sopportare le conseguenze delle sue azioni?…lo avrebbero scoperto presto.

 

Attaccò. Con forza e precisione le due lame cozzarono una contro l’altra, stridendo. Ora erano a pochi centimetri, separati solo dalle affilate barre di metallo che si incrociavano sui loro volti.

 

…è questo che vuoi Buffy?…

 

le spade si allontanavano per poi incontrarsi sempre a velocità maggiore, i loro corpi arrivavano fino a sfiorarsi per poi riprendere le distanze…

 

April li fissava. Era come se un filo conduttore li unisse…si vedeva che non avevano fatto altro tutta la vita. La tensione era palpabile e la situazione si stava scaldando. Sorrise cattiva…così Buffy, la santa che tutti dipingevano come salvatrice del creato, non per poi così perfetta. Si sarebbe aspettata di tutto…ma con un vampiro! Anche se doveva ammettere che Spike non era niente male. Il sorriso divenne più ampio.

Si sentì stupida…cosa diavolo stava pensando?

Tornò a concentrarsi sul combattimento.

 

In quel momento la porta della palestra si aprì.

I due combattenti sembravano non essersene resi nemmeno conto…per loro quello non era un allenamento.

 

April si girò, per intimare i nuovi arrivati di non fare rumore. Per quanto detestasse Buffy, non poteva negare che davanti a lei si stesse svolgendo uno spettacolo impedibile. Vedeva quei due corpi muoversi con sincronia e…grazia, la grazia particolare che si acquista solo dopo anni di allenamento. Per un istante dimenticò che la ragazza che stava guardando fosse Buffy e il rancore lasciò il posto all’ammirazione.

 

Xander e Dawn si avvicinarono silenziosamente alla Cacciatrice, ancora seduta. Dawn le appoggiò una mano sulla spalla, facendola voltare, e la guardò con sguardo interrogativo.

 

“tua sorella mi ha detto “guarda e impara” – imitò la voce di Buffy – e si è messa a…-non sapeva come definire il combattimento, così mosse le braccia in gesto plateale, indicando i due – secondo me qualcuno si farà male” commentò

tutto sommato quella Dawn le era simpatica, doveva avere più o meno la sua età.

 

“deve esserle proprio mancato” sussurrò Dawn, anche lei osservando la battaglia

 

“cosa? Il combattimento?” chiese interrogativa April

 

Dawn la guardò con espressione risaputa, non c’era bisogno di altre spiegazioni.

 

Buffy si agitava convulsamente in mezzo alla palestra, i colpi di Spike si facevano sempre più potenti e precisi. Sapeva che per lui quello non era un semplice allenamento e si pentiva mentalmente di avergli proposto di combattere. D’altronde però le risultava insostenibile la situazione tra di loro…quei suoi sguardi incerti, che indugiavano sul suo corpo e si allontanavano non appena lei si voltava, le mancava il modo diretto in cui lui le aveva sempre sbattuto in faccia la realtà. Era come se avesse paura di farla soffrire con una parola…non sopportava quel comportamento gentile ma così inusuale per il vampiro che aveva conosciuto e…

Quello non sembrava più essere il suo Spike…anche lei però non doveva avergli fatto una buona impressione. Si trovò a maledire inconsciamente la loro discussione notturna. Avevano siglato un tacito patto che poneva quei momenti in una specie di bolla fuori dal tempo, dove non esistevano variazioni dall’ultima volta che si erano visti. Invece di variazioni ce ne erano state maledizione!

 

…affondò con impeto la spada, sfiorandogli il viso, si era spostato per un soffio…

 

loro erano cambiati, le realtà in cui vivevano erano diverse! Dovevano fare i conti con il fatto che Sunnydale era stata distrutta, che non si erano visti per quasi due anni e che ognuno aveva una vita in due città sulle coste opposte dell’America!

                           

…schivò un colpo e con decisione menò un fendente che mancò di poco il suo braccio…

 

si stupiva di essere proprio lei a pensare a quel genere di cose…lei, che solo fino a qualche anno prima non avrebbe mai desiderato cambiare. Allora tutto era bianco o nero, era stato proprio Spike a insegnarle a leggere le sfumature. Inconsciamente le si impresse l’immagine di April nella mente. chi le avrebbe insegnato a distinguerle?

 

…si voltò un attimo nella sua direzione, ma un colpo di Spike la costrinse a tornare concentrarsi sullo scontro…

 

ed ora sembrava quasi che il vampiro desiderasse che quello che stava accadendo rimanesse un fugace incontro di qualche giorno…non voleva minare il suo rapporto con…con chi? Anche lei quando era arrivata sperava di riuscire a mantenere il loro rapporto ad un livello amichevole, ma erano bastati pochi istanti per capire che entrambi avevano una scarsa resistenza. Ed ora voleva sapere con chi…sì, non le interessava niente se si sarebbe solo fatta del male, se era meglio non immischiarsi...non era importate. Sapeva solo che non avrebbe resistito a lungo in quella situazione di continua reticenza.

 

…parò un altro colpo, incontrando per un istante gli occhi di Spike…

 

ecco, era quello ciò che desiderava vedere. I suoi occhi pieni di rabbia, di furore, di passione. Non quelli dolci ma forzatamente distaccati che incontrava ogni qualvolta si voltava a guardarlo. Chissà cosa aveva raccontato dalla ragazza con cui stava ora? Sapeva di loro? Ma certo, lei era la ragazza senza cuore che lo aveva maltrattato e usato, quella fredda e calcolatrice…

 

…brandì la spada con rinnovato ardore, facendola cozzare violentemente contro quella di lui…

 

quella che aveva preso il suo cuore per poi farlo in pezzi…oppure non le aveva raccontato niente e voleva solo dimenticarla. Dimenticare Buffy, la Cacciatrice accecata dal bene, che non gli aveva procurato altro che dolore…

ma non sarebbe finita così, voleva sentirselo dire in faccia che aveva un’altra e che era felice, che in quei giorni provava solo affetto fraterno  nei suoi confronti…ma lei, lei cosa provava? si sentiva ancora attratta da lui?…

 

…con il fiato corto parò l’ennesimo attacco…

 

Dawn li fissava, rimanendo tuttavia vicino ad April. Non sapeva se fosse il caso di separarli, certo era che, se non avessero smesso presto, qualcuno si sarebbe fatto molto male. Puntò lo sguardo fuori dalla finestra: il sole era ormai calato. Se lo ricordava Buffy quando usciva di casa vestita di nero e con una pesante borsa di cuoio di cui non le aveva mai svelato completamente il contenuto? Aveva ancora lo stesso significato per lei vedere il sole che calava?…

Si riscosse da quei pensieri, fissando la nuca di April. Ora era lei l’allieva di Buffy, si sentiva gelosa? Che domande…lo era sempre stata, di tutte le ragazze che riuscivano a passare più di un’ora con sua sorella. Che potevano condividere con lei la parte più oscura della sua vita.

 

“Buffy, Spike!” chiamò a voce alta e autoritaria

 

i due si fermarono simultaneamente, abbassando le armi. Grondavano di sudore, tuttavia sembravano desiderosi di tornare a scontrarsi. Per sua sorella era sempre stata una droga, lo sapeva.

 

“è ora della ronda” incontrò gli occhi di entrambi, cercando anche solo di intuire cosa passava loro per la testa.

 

Buffy abbassò leggermente gli occhi, fissando Spike senza farsi vedere. Non doveva finire così…era come se il campo magico che si era creato mentre combattevano si fosse d’improvviso spezzato lasciando che le emozioni del mondo esterno soffocassero i sussurri delle loro anime.

Spike non la guardava nemmeno, poteva capire la sua rabbia, la proposta di combattere lo aveva colto impreparato.

 

“sì” rispose Buffy, ostentando una calma che non aveva

 

“Giles vi aspetta”

 

*     *     *

 

Si avviarono silenziosi, uno vicino all’altra. Il gelo tra loro era palpabile, sarebbero diventati due bombe ad orologeria pronte a scoppiare in qualsiasi momento. Lo sapevano entrambi.

 

April li seguì senza azzardarsi ad intervenire, poteva percepire che qualcosa non andava. Era come se l’equilibrio tra loro si fosse spezzato, forse quel combattimento nascondeva più di quanto potesse immaginare…

…ma certo, probabilmente avevano avuto una storia, di quelle squallide avventure sessuali che piacevano tanto ai vampiri pervertiti, ne aveva già incontrati parecchi. Non credeva però che Buffy si prestasse a quel genere di cose, doveva avere un po’ di amor proprio!…

Il sottile velo di complicità che era calato per qualche istante tra le due cacciatici aveva lasciato nuovamente posto al disprezzo.

 

Buffy camminava dritta davanti a sé, più che cosciente del fatto che presto la situazione sarebbe degenerata, ma non aveva intenzione di lasciarsi trascinare dalle emozioni…non più. Con gli anni aveva imparato che il suo difetto principale era l’abbandono totale ai sentimenti, per poi tornare sui suoi passi quando non si sentiva più in grado di sostenere quello che si era creato.

Non era il momento dei ripensamenti, forse aveva sbagliato a proporre a Spike quel combattimento, lo ammetteva, ma tirarsi indietro era un vizio che sperava di aver perso. Aveva imparato che ogni situazione, anche la più tragica, è rimediabile, e così aveva intenzione di fare. Aveva ricevuto una seconda occasione per rimettere a posto le cose, non doveva sciuparla. Cosa volesse dire  “rimettere a posto le cose” non lo sapeva ancora però…

Lanciò un’altra occhiata di sottecchi al vampiro, proseguendo poi con decisione verso la biblioteca.

Sentiva i passi leggeri di April alle sue spalle e i suoi occhi perennemente puntati sulla schiena; quella ragazzina la irritava parecchio, poteva quasi leggere nella sua testolina da adolescente in lotta con il mondo e le sue istituzioni tutti i pensieri poco edificanti che formulava sul rapporto tra lei e Spike: la Cacciatrice è una ninfomane repressa che scarica i suoi istinti sessuali su un vampiro perverso.

Scosse la testa con rabbia, non aveva tempo da dedicale: le avrebbe dato una buona lezione, ma non era compito suo educare le nuove prescelte, non sapeva nemmeno perché la stava allenando.

Ripensò al loro scontro, passandosi lentamente la lingua sul labbro ferito; probabilmente i due osservatori si aspettavano che lei vedesse April come una specie di fotocopia dei suoi anni migliori al liceo, che sentisse il desiderio di prenderla sotto la sua accogliente ala protettrice, ma sfortunatamente avevano sbagliato persona, perché in quel momento non aveva il minimo desiderio di addomesticare una ragazzina inesperta che vorrebbe salvare il mondo da sola e che odia le californiane. Perché aveva capito che questo influiva negativamente nei rapporti tra loro: forse, se si fosse presentata in una salopet di jeans sformata, un basco calcato in testa e un occhio nero i loro rapporti sarebbero migliorati. Sfortunatamente però non aveva nessuna intenzione di sottostare ai capricci di April, anche lei avrebbe dovuto imparare che non è il mondo che si adegua, ma sei tu che lo devi fare.

 

Aprì la porta che le si parava davanti, entrando nella sala e osservando ammirata gli alti scaffali pieni di volumi. Era passata una vita dall’ultima volta che aveva messo piede in un luogo come quello…già, un vita.

 

Giles si avvicinò ai tre, con le braccia leggermente flesse lungo i fianchi. La guardò con un misto di decisione e incredulità: stava per assegnarle i suoi compiti per quella notte…non sperava e forse nemmeno desiderava impartirglieli di nuovo.

 

 

“Buffy – lanciò un’occhiata fuori dall’alta finestra, osservando il cielo che si tingeva di rosso – abbiamo meno di una settimana per prepararci, il maestro di questa città si chiama Antes, circa 600 anni alle spalle, probabilmente è la prima volta che tenta di aprire una bocca dell’inferno. Voi dovete tenere a bada i demoni locali, imparare a conoscere la zona e avvicinarvi il più possibile a questo vampiro. – guardò Spike, non c’era più traccia del passato disprezzo – vedi se riesci a scoprire qualcosa tra i demoni locali, senza dare troppo nell’occhio. Buffy, tu e April farete la ronda – spense sul nascere una qualsiasi protesta della ragazza- hai bisogno di qualcuno che ti insegni a conoscere la città, non dividetevi mai.”

 

Lanciò un’occhiata a Spike che di allontanò silenziosamente.

 

Buffy si voltò ad osservare la sua testa bionda che scompariva dall’oblò della porta.

 

La Cacciatrice osservò Giles con disappunto, avvicinandosi a lui, che si lasciò seguire in un angolo della sala. Buffy si allontanò, non curante del fatto che April era rimasta immobile alle sue spalle.

 

“Signor Giles!” lo guardò infastidita, incrociando le braccia “se crede che io mi tiri dietro una croce del genere…”

 

“è la tua prima ronda dopo due anni di inattività Buffy, e poi questa non è Sunnydale, ricordalo. Non puoi contare sulla discrezione delle persone e non conosci la città. Hai bisogno di qualcuno che ti copra le spalle”

 

“sono sempre riuscita a farne a meno – si fece più vicina all’uomo, bisbigliando – senta, quella ragazza…io e lei non siamo compatibili, ci ammazzeremo tra noi se non lo farà qualcun altro. – gli puntò il dito di fronte al viso per zittirlo – e non mi dica che ero come lei perché avevo molto più gusto per il vestire. E poi non è allenata, crede che la forza basti…”

 

“Prima le hai fatto capire che sei tu quella che comanda, ti starà a sentire. Tra cacciatici si instaura sempre un rapporto di forza…”

 

“sembra che stia parlando di animali che capiscono solo la legge del più forte” disse ironica, lasciando però cadere i discorso.

 

Giles le sfiorò un braccio, più dolcemente

“Buffy…so che è una situazione a dir poco assurda, insomma…io qui che studio come fermare un maestro, tu che vai a fare la ronda, Willow con la testa tra libri che avrebbe fatto meglio a dimenticare…anche per me è strano. Cerchiamo di abituarci però…-la guardò negli occhi, rassicurante – Buffy, fai quello che hai sempre fatto e vedrai che andrà bene”

sciolse la stretta, guardandola allontanarsi e sorridendo al suo sguardo scettico…Dio quanto gli era mancata

 

Ripley si avvicinò ad April

 

“Come è andato l’allenamento?” domandò, con voce professionale

 

“stia tranquillo, ho fatto la brava scolaretta” gracchiò ironica

 

lanciò una furtiva occhiata verso Buffy, tentando di dire qualcosa alla ragazza, che lo ascoltava distrattamente, sapendo quanto fosse incapace nei discorsi di incoraggiamento.

 

Buffy si avvicinò ad April, si rendeva conto di trattarla in modo eccessivamente scostante ma non era tagliata per un ruolo come quello che le avevano affibbiato. Sapeva a mala pena gestire se stessa, figuriamoci se era in grado di comportarsi da persona adulta e responsabile con una ragazzina!

 

Le passò accanto, intimandole con tono meno freddo

“andiamo, dove tieni le armi?”

 

senza dire una parola April la condusse in una saletta separata dalla biblioteca da una porta in legno chiusa a chiave. Il muro era tappezzato di asce, balestre e spade di ogni dimensione, mentre su una panca erano disposti i paletti.

April rimase un attimo in silenzio, quasi volesse godersi lo sguardo vagamente ammirato di Buffy, poi entrò con decisione e cominciò ad agguantare armi di ogni genere, infilandole in una borsa  di cuoio.

 

Poco dopo sentì Buffy avvicinarsi a lei, osservando con interesse le armi appese e fissando con altrettanto disappunto quelle che stava infilando nella borsa.

 

“una scure?” fissò April con sguardo a metà tra l’ironico e l’interrogativo

 

“Già” commentò asciutta l’altra, senza degnarla di uno sguardo

 

“E posso sapere cosa te ne fai?” rincarò

 

A quel punto April si raddrizzò, incrociando le braccia arrabbiata

 

“vado a tagliare gli alberi del cimitero, sai il mio secondo hobby dopo ammazzare vampiri è il giardinaggio”

 

Buffy la fissò se possibile ancora più divertita

“allora vorrà dire che per Natale chiederai una forbice da potatore…intanto però dovremmo andare a fare la ronda”

 

La pazienza della ragazza si stava velocemente esaurendo. Non avrebbe accettato altri insulti, non da una come lei.

 

“Senti, cosa diavolo…”  ringhiò, ma l’altra non la lasciò terminare

 

“stiamo andando a uccidere vampiri, non mammuth, quindi quella –indicò l’arma – rimane qui”

 

“E si può sapere chi lo dice?” era sempre più irritata

 

“Io” sorrise Buffy provocatoria

 

*     *     *

 

Le due passeggiavano lentamente per il cimitero di Claveland, April davanti, Buffy che la seguiva pochi passi indietro.

 

Buffy fissava le lapidi scure, guardinga. Stringeva il paletto in mano, tenendolo all’altezza del petto, in posizione di attacco. Le palme erano sudate, perché si sentiva così tesa? Tentò di nascondere quel malessere…non le era mai successa una cosa del genere, sembrava una Cacciatrice alle prime armi. Maledicendosi mentalmente, fissò la schiena di April, che proseguiva svogliata.

Chissà dov’era Spike in quel momento…la frustrazione aumentò. Ora lo immaginava a passeggiare per le strade buie, infilandosi in ogni bar  malfamato…scosse la testa. Doveva concentrarsi sulla ronda, l’inusuale calma che regnava nel camposanto non la convinceva affatto.

Alzò lo sguardo, fissando la luna, enorme e piena, che già le sovrastava…bene, si stava rilassando. I suoi sensi si erano concentrati su ogni piccolo fruscio, aveva ritrovato la calma.

 

April si fermò improvvisamente, continuando però a voltarle le spalle.

 

La Cacciatrice chiuse gli occhi…come le aveva insegnato Giles, quando la faceva allenare in un cerchio di belli quanto, a suo parere, inutili cristalli.

 

“ehi!”

 

aprì gli occhi di soprassalto, spaventata da quella chiamata inaspettata. Fissò arrabbiata la ragazza, puntandole un dito contro

“non provare mai più a fare una cosa del genere” più che con lei però, era arrabbiata con sé stessa per essersi lasciata prendere alla sprovvista

 

“Va bene” rise ironica l’altra, sedendosi scomposta su una vicina lapide

 

“ma che diavolo fai?” domandò Buffy, riprendendo il controllo della situazione

 

“aspetto” rispose asciutta

 

“e cosa, di grazia?” Buffy iniziava a spazientirsi

 

la giovane alzò le spalle “i vampiri”

 

alzò gli occhi al cielo “oh, certo. Scommetto che ogni vampiro ha voglia di essere massacrato in una bella notte come questa. Perché non metti un cartello con scritto “Cacciatrice, uccide gratuitamente”?”

 

April si alzò, con un’aria da attrice consumata che fece spazientire ulteriormente Buffy

“Senti…Buffy – pronunciò il suo nome con enigmatica enfasi – tu non piaci a me, io non piaccio a te. Non possiamo farci niente quindi meglio mettersi il cuore in pace. Siamo troppo diverse anche se, francamente, non vorrei mai essere come te” disse squadrandola con espressione volutamente schifata

 

Buffy incrociò le braccia più divertita che offesa “a dire la verità nemmeno io apprezzo molto il tuo look, hai rubato i vestiti ad uno spaventapasseri?”

 

April alzò le braccia, in segno di resa “Lo vedi? però in questa faccenda ci siamo dentro tutte e due, quindi evitiamo di interferire l’una con l’altra e, se possibile, limitiamo anche i rapporti verbali”

 

Ma la bionda la ascoltava solo distrattamente, guardandosi intorno preoccupata

“Sono tre” bisbigliò, dandole le spalle

 

“tre cosa?”

 

“tre mucche! Vampiri idiota”

 

“avevo chiesto di limitare i contatti verbali”

 

Buffy si voltò esasperata

“senti ragazzina, non ho né tempo né voglia di ascoltarti, quindi ora concentrati ed evita di farti ammazzare”

 

una attimo dopo i tre vampiri comparsero. Camminavano sicuri, non erano certamente risorti quella notte.

“Bene bene. La Cacciatrice e la sua amichetta del cuore” commentò uno rivoltò ad April, messa in posizione di attacco

 

“amici tuoi?” chiese ironica Buffy

 

“No, sai, non amo portarmi a letto i vampiri” commentò cattiva

 

i tre però non rimasero ad ascoltare il loro ennesimo litigio.

 

Si scagliarono le une contro gli altri, ma il combattimento durò poco. Buffy doveva ammettere che April non se la cavava affatto male, eliminò senza fatica quello dei tre che le aveva rivolto la parola, lei invece era ancora alle prese con i due rimanenti.

 

Schivare…colpire…abbassarsi…schivare…tentare un affondo con il paletto…quei movimenti le risultavano meccanici. Con gli anni aveva acquisito una certa grazia …ne trafisse uno con l’arma.

 

Poi le tornò in mente…Elisabeth. Lei era Elisabeth, non Buffy. Non più almeno.

 

Fissò le sue  mani, protese in avanti contro il demone, non le aveva più usate per stringere un’arma…

 

Un secondo vampiro si avventò su di lei, cogliendola alla sprovvista. Finirono entrambi sull’erba umida…

 

…le sue mani…il paletto…

 

l’arma le sfuggì di mano…cosa stava succedendo? Era solo un sogno, uno di quei terribili incubi che ancora la torturavano…forse ora si sarebbe svegliata nella sua stanza buia di New York…

 

“Ehi Buffy!” sentì la voce di April, ma sembrava lontana migliaia di chilometri…cos’era quel peso su di lei?

 

“prendi!”

 

afferrò qualcosa di ruvido e appuntito… Non vedeva quasi niente…

 

poi, più nulla

 

Tutto era tornato distinto. Vedeva il vampiro, April in piedi di fianco a loro e il paletto che teneva in mano.

 

Con un movimento rapido e preciso lo trafisse, fissando per un ultimo interminabile istante i suoi occhi gialli e luminosi che la fissavano con odio

 

Senza una parola si alzò, spolverandosi vigorosamente i vestiti ed evitando di guardare April.

 

Lei la fissava, mentre si puliva dalla polvere come se niente fosse, e aspettò che i loro occhi si incrociassero.

Infine Buffy si voltò, cosciente dell’incredulità della ragazza

 

“cosa è successo?” domandò lei, senza il consueto tono sprezzante

 

“Non ho creduto in me” si raddrizzò, guardandola con serietà “ora hai visto cosa succede se, anche per un solo istante, pensi di non farcela”

 

*     *     *

 

Spike passeggiava silenzioso per i vicoli bui e sporchi della periferia. Rasentava il muro con la schiena, scomparendo quasi nella semioscurità.  Scrutava con attenzione ogni cosa, voltandosi ad ogni rumore alle sue spalle. Non gli piaceva quella città, troppo silenziosa per i suoi gusti.

Tentava in tutti i modi di concentrarsi sul suo compito…trovare notizie. Ma certo, era sempre servito a quello. Dare informazioni alla Cacciatrice era stato quasi il suo mestiere a Sunnydale, chiaramente però veniva lautamente ricompensato…scacciò con rabbia l’immagine di Buffy dalla sua mente. Come diavolo faceva a pensarci ancora? Dopo quello che era successo in palestra poi…cosa voleva dimostrare? che era ancora la Cacciatrice? Che poteva ancora spuntarla con lui?…come del resto aveva sempre saputo fare…

Sentiva di nuovo i suoi occhi puntati addosso, attenti ad ogni suo minimo movimento e pronti a studiare un contrattacco. Durante la lotta poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata, il respiro affannoso che le faceva alzare ritmicamente il petto…ad ogni colpo si facevano più vicini, per opo allontanarsi di nuovo, come era sempre stato tra loro.

Solo che questa volta la forza che li respingeva era stata più forte.

Ricordava la prima volta che la aveva sentita al telefono dopo che era tornato in vita…

 

Lui si reggeva in piedi a fatica, stremato dallo sforzo. Aveva appena finito di allenarsi con Angel, era il suo primo allenamento dopo che era tornato corporeo.

Camminava a torso nudo verso la sua stanza, con la maglietta poggiata su una spalla, quando aveva sentito squillare il telefono.

Poi era stato un attimo…la segreteria vuota…Cordelia fuori a fare spese…nessuno nei paraggi…toccava a lui rispondere, dopotutto ora poteva dirsi parte della Angel Investigations e poi quasi sicuramente era un povero derelitto di quelli che piacevano tanto ad Angel.

Senza troppo entusiasmo aveva alzato la cornetta

 

“Angel Investigations, chi è morto o sta per essere ucciso?” disse sospirando

 

dall’altro capo del filo seguì un lungo silenzio, poi una voce, flebile, tanto da sembrare lontana

“…Spike?”

 

rimase immobile, con l’apparecchio in mano e lo sguardo puntato su un punto indistinto del muro di fronte.

Era lei…lei…strinse con maggiore forza la cornetta, serrando la mandibola, un brivido freddo lo percorse come una lama d’acciaio

 

“…S-Spike?” sentì la voce ripetere

 

“Ciao Buffy” biascicò, con tono più tremante di quanto avrebbe voluto

 

La voce non rispose…la voce, non era diventata altro per lui? Solo una stupida voce, senza nome ne viso?… Forse. Poi subentrò l’imbarazzo. Cosa chiederle? “Come stai” suonava quantomeno fuori luogo da chiedere ad una che ha appena perso l’intera città che doveva difendere… i ricordi gli tornarono nitidi, il First Evil, la grotta, la battaglia…lui che bruciava.

Immaginava tutto come se lui fosse un semplice spettatore, non il protagonista in prima persona. La vedeva di spalle, mentre gli stringeva la mano, le fiamme già divampavano. – si guardò attentamente la mano libera, serrando il pugno – stava dicendo qualcosa, ora riusciva a distinguerne il viso, gli occhi inondati di lacrime, …ti amo Sp…

 

Angel entrò improvvisamente nella stanza, interrompendo il flusso dei ricordi ancora sconnessi.

 

“chi è?” chiese con noncuranza

 

allora si era reso conto del perché della telefonata

“è per te” gli porse freddamente la cornetta, asciugandosi il sudore della fronte con la maglietta, e si allontanò velocemente

 

Ecco il loro primo dialogo, dopo che lui era tornato. Poteva ancora sentire la sua voce spezzata mentre pronunciava il suo nome. La voce di Buffy.

Chissà…se avesse detto qualcosa di diverso forse…

Ma non si vive di se e di forse, lui lo sapeva meglio di tutti. Quante volte si era ripetuto che, nonostante le apparenze “forse” lei lo amava.

Glielo aveva detto, alla fine. Sì…alla fine aveva sussurrato un “ti amo”. Cosa aveva provato in quell’istante? Si concentrò. Calore…un immenso calore lo aveva invaso, ricordava di averla guardata un’ultima volta in quegli stupendi occhi verdi, che solo con lui si tingevano di una sfumatura ambrata. Sorrise…con quelle due parole aveva dato un senso all’intera sua esistenza, gli aveva fatto provare una sensazione sconosciuta che però era volata via nel giro di un attimo. “sono il buffone della sorte” ora capiva di cosa parlava Shakespeare.

Ma la sua non-vita si era basata su una scelta, quella di morire; e, in quell’istante, mentre le stringeva più forte la mano, aveva scelto di non crederle.

 

Quante cose avrebbe potuto dirle in quella telefonata…non aveva più sperato di averne la possibilità; ed ora erano di nuovo lì, insieme, lei Cacciatrice e lui vampiro, come se il destino avesse voluto dar loro una seconda possibilità…una seconda possibilità? Questo lei voleva dirgli durante il combattimento? …sorrise. Buffy non era mai stata molto brava in certe cose.

 

*     *     *

 

Buffy ed April si guardavano ancora negli occhi, come in un tacito scontro. Fu quest’ultima a parlare per prima

 

“cosa c’era tra di voi?” chiese a bruciapelo, senza il minimo imbarazzo

 

“scusami?” incrociò le braccia e la guardò alzando un sopracciglio

 

“hai capito…se dobbiamo conoscerci…” rispose April, con un sorriso mal celato

 

“ascolta ragazzina…noi non dobbiamo “conoscerci”, ma semplicemente diventare coordinate quanto basta per evitare di farci ammazzare, ti è più chiaro il concetto?”

 

“Ci sei andata a letto vero?” continuò lei, imperterrita

 

“hai voglia di prenderle? Perché sono dell’umore giusto”

 

“ci sei andata a letto” concluse lei alzando lo sguardo

 

Buffy la sorpassò, camminando velocemente e stringendosi nel cappotto

 

“ehy…ehy ehy! Dove diavolo stai andando?” le corse davanti, tentando di fermarla

 

“torno a casa, qui non c’è nessuno” la sorpassò nuovamente

 

“e come fai a dirlo scusa?”

 

“ perché, come tu – sottolineò l’ultima parola con la voce – avresti dovuto notare, i necrologi sul giornale di oggi erano tre e, prima di un’apocalisse, i vampiri non amano farsi impalettare dalla Cacciatrice di turno e rimangono nelle loro belle cripte”

 

 

“andiamo a ucciderli allora” gridò aprendo la braccia

 

“si da il caso che nemmeno io ami farmi ammazzare, ti lascerei qui a fare wrestling con il maestro ma sai…ci servi viva”

 

“grazie!” commentò arrabbiata

 

“non c’è di che” rispose acida Buffy, uscendo dal cimitero per dirigersi nella stanza dove alloggiava

 

Spike aprì con forza la porta scalcinata di un puzzolente bar nei sobborghi di Claveland. L’aria era densa di fumo grigio, che nemmeno la fastidiosa luce al neon riusciva a penetrare. I tavoli erano tutti occupati e il vociare aumentava. Lanciò una rapida occhiata ai clienti…cinque demoni e quattro vampiri, doveva essere successo qualcosa di grosso perché fosse così affollato.

Poggiò i gomiti sullo sporco bancone, richiamando con un’occhiata l’attenzione del barista.

 

“un bourbon, doppio”

 

tenne gli occhi bassi fino a che non gli fu posato davanti il bicchiere, poi prese a sorseggiarlo lentamente con espressione assorta

 

“non ti ho mai visto da queste parti, sei nuovo?” un giovane vampiro, vestito di pelle dalla testa ai piedi e con numerosi piercing alle orecchie gli si avvicinò, posando uno sgabello vicino al suo

 

“Già” fu la laconica risposta di  Spike, che bevve un altro sorso di liquore

 

“sei qui per conoscere il maestro scommetto” rispose l’altro, con tono risaputo

 

Bene, aveva messo in preventivo di girare almeno due bar prima di trovare un idiota disposto a parlare del maestro e di ciò che aveva in ballo, invece il primo tentativo era andato a segno. Si vedeva che non erano avvezzi ad apocalissi da quelle parti.

 

“e tu cosa ne sai?” rispose un po’ bruscamente, sapeva come recitare la sua parte

 

“ehy amico…Andes sta raccogliendo quanti più vampiri e demoni possibile, tra poco si scatenerà l’inferno” rise sguaiatamente per la battuta “questo posto diventerà la nuova bocca”

 

“credevo che dopo Sunnydale…”

 

“vedi che allora qualcosa sai?” il vampiro gli strizzò l’occhio “anche qui abbiamo una Cacciatrice, ma non sarà un problema, il maestro ha già…”

 

“finiscila” una voce imperiosa fece morire le parole in bocca al vampiro. Quello che aveva parlato si alzò, dirigendosi verso i due con passo sicuro e afferrando per un braccio il giovane “ci vuole la massima segretezza” poi guardò Spike, minacciosamente dall’alto in basso “questa non è una zona per forestieri”

 

Spike sorseggiò lentamente l’ultimo sorso di bourbon, alzandosi poi fino a guardare negli occhi il suo nuovo interlocutore. Senza dire una parola si diresse verso la porta, l’esperienza gli aveva insegnato a non dare nell’occhio, gettando sul tavolo una banconota stropicciata.

 

Una raffica di vento spazzò il vicolo, investendolo e sollevando qualche cartaccia svolazzante. Senza voltarsi indietro si diresse verso il bar successivo.

 

Buffy entrò in camera, gettandosi sfinita sul letto. Chiuse meccanicamente gli occhi, aspettando che i muscoli si distendessero. Non era più abituata a fare sforzi di quel genere, dopo due anni di completa inattività. Chissà cosa avevano scoperto Willow e gli altri…sentì il vento frusciare con forza tra i rami dei grandi alberi circostanti…e Spike? Dov’era…

 

“Buffy?”

 

sentì una voce ovattata chiamare il suo nome, Willow

 

“Sì?” sussurrò nel buio

 

“allora? Come è andata la tua prima giornata di servizio?”

 

quel termine la fece sorridere

 

“la ronda è andata bene…fa un freddo del diavolo qui la notte” commentò

 

“non intendevo questo…April?”

 

Sospirò, iniziando a spogliarsi

“Giles e Ripley vorrebbero far leva sul cameratismo tra cacciatici, ma io e la piccola spaventapasseri non siamo esattamente une esempio di virtù…e guai se dici che mi assomiglia” la ammonì, facendola sorridere

 

“dai Buffy…cerca di capirla, sai quanto deve aver sentito parlare di Buffy la Cacciatrice invincibile che sventa una apocalisse l’anno? Sei su tutti i manuali degli osservatori”

 

“spero che non abbiano messo la foto dell’annuario del liceo…avevo dei capelli orribili”

 

“Niente foto per tua fortuna…voglio dire che lei si sente minacciata e sempre paragonata a te”

 

“beh…di sicuro vinco il confronto tra chi si veste meglio”

 

“smettila di scherzare – la ammonì dolcemente – lo sai che è vero”

 

si sfilò il maglione, appoggiandolo su di una seggiola

“cosa posso farci se detesta le californiane in genere e me in particolare?”

 

“prova ad essere più gentile per cominciare…posso immaginare come si sia sentita quando ti ha visto arrivare in pantaloni di pelle e accompagnata dagli amici, il suo osservatore ti fissava come se fossi una specie di manna e parlava di lei come se non esistesse. Inoltre lo sai che a quell’età si è per natura in conflitto con il mondo, dovresti provare a metterti nei suoi panni…non è facile sostenere il confronto”

 

“senti Willow, hai ragione come sempre. –fece una piccola pausa – però non ho iniziato io a prendere a pugni la gente! Se lei non ci vuole qui pazienza, le salveremo la vita comunque”

 

“e se provaste a farlo insieme? Prova ad andare più in profondità con lei”

 

sbuffò, sapeva che la sua amica era nel giusto

“come farei senza di te Willow? Domani parteciperai al nostro allegro allenamento e mi fermerai se tenterò di salarle addosso” bisbigliò prima di distendersi

 

seguì un breve silenzio, disturbato solo dal fruscio delle coperte del letto di Buffy

 

“Buffy?”

 

“che c’è?”

 

“mi sbagliavo, non sei cambiata”

 

Buffy sorrise, osservando l’amica attraverso l’oscurità.

 

“’notte Willow”

 

“’notte Buffy”

 

 

Cap.3 – Contrasti

 

Dawn si rigirò freneticamente tra le lenzuola, incapace di darsi pace. La sorella era tornata, l’aveva sentita entrare di soppiatto e bisbigliare qualcosa a Willow.

Già…con Willow.

Fissò la schiena di Buffy, illuminata dalle prime luci dell’alba. Il lenzuolo era tirato sopra la schiena e i capelli biondi ricadevano mollemente sparsi sul copriletto. Poteva distinguere il suo delicato profilo.

Fissò con più intensità la sorella…eccola là, Buffy.

…l’aveva vista piangere, ridere, combattere. Si era arrabbiata, aveva amato, aveva sacrificato tutto quello a cui teneva.

Ma chi era realmente? Se lo era sempre chiesta. In quel momento era Buffy la Cacciatrice, fino a due giorni prima Elisabeth Anne Summers, impiegata di New York, solo due anni fa invece Buffy Summers, la commessa al Dublemeat Palace. Poteva essere qualsiasi cosa…per lei era stata sorella e madre, da quando Joyce era morta.

Ascoltando la sua voce sussurrare qualche parola a Willow, una morsa fredda aveva attanagliato lo stomaco di Dawn.

Già…era stata madre e sorella per lei, ma, in entrambi i casi, non aveva scelto lei di esserlo. Prima i monaci, poi la morte, le avevano imposto un ruolo che altrimenti non le sarebbe mai toccato. Più volte si era chiesta se, magari in un'altra vita, se si fossero incontrate in circostanze diverse, tra loro sarebbe nata un’…amicizia.

Questo la faceva stare male. In Buffy aveva trovato un modello, un conforto, un aiuto, ma mai amicizia. Quella lei la riservava a Willow, la sua amica di sempre, a Xander, il ragazzo che sarebbe sempre stato un po’ innamorato di lei…ed ora a quella April. Poteva negarlo fin che voleva, ma si vedeva da lontano che quella nuova sfida la attraeva: allenare un’altra cacciatrice, insegnarle a difendersi, a attaccare, a uccidere. Tra loro sarebbe nato un legame profondo, lo sapeva, e al pensiero un ennesimo dolore al petto la percorse. Le avrebbe insegnato tutto, tutto quello che riguardava il suo mondo, e tra loro si sarebbe instaurato un rapporto di…non sapeva come definirlo ma si trattava di qualcosa di unico, che si crea solo tra persone affini, quella sorta di amicizia mai espressa ma che, con il tempo, diventa un capo saldo nella vita di un persona.

Nella sua mente si delineava l’immagine di April, con i capelli rossi scompigliati, vestiti troppo larghi addosso e il sudore che colava dalla fronte. Ricordava lo sguardo che aveva rivolto a Buffy appena si erano viste…disprezzo, scetticismo, sufficienza…ma poi, quando la aveva rivista, dopo il combattimento, nei suoi occhi c’era un’ emozione diversa, non solo rabbia e disprezzo, anche stima. April…doveva avere più o meno la sua età. Sarebbe stata curiosa di conoscere la sua famiglia…anche se poteva facilmente intuirlo: genitori abbastanza disastrati, troppo presi dalla loro vita quotidiana per accorgersi della figlia e di quello che le succede; niente fratelli o sorelle. Una ragazza insomma che aveva sempre vissuto da sola, anche a scuola doveva essere abbastanza emarginata, sempre sulle sue e con la convinzione di dover salvare il mondo per rivalsa nei confronti di chi la aveva sempre ignorata.

Già…era brava a psicanalizzare le persone. Ed ora veniva la parte più dura da digerire: le mancava una figura che le facesse da modello, qualcuno da cui sentirsi “giudicata”, che prendesse a cuore ogni suo movimento, che capisse cosa provava. Buffy.

Le tornarono in mente tutte le notti passate con lei a fare la ronda, quando le insegnava a cacciare insieme alle SIT. Anche allora avvertiva una sorta di apprensione, come se avesse sempre paura che potesse succederle qualcosa. Con le altre non era così…già, loro sapevano difendersi, ce lo avevano nel sangue, loro sarebbero diventate cacciatrici.

Sembrava che Buffy facesse parte di una realtà lontana dalla sua, fatta di mostri e demoni, di amori profondi e odi viscerali, dove non esistevano mezze misure. Lei invece ne era tagliata fuori, come sempre.

Ma cosa voleva in fondo? Cosa chiedeva ancora ad una persona che aveva di mostrato di tenere a lei tanto da morire per salvarla? Che aveva rinunciato a più di un anno di studi per mantenerla?…altre attenzioni?…

 

*      *     *

 

April passeggiava lentamente, diretta verso casa. La gelida luce dei lampioni illuminava la strada deserta, che percorreva soprapensiero.

 

Le mani le ricadevano mollemente sui fianchi, ancora bendate.

 

Arrivò di fronte alla silenziosa villetta immersa nel buio e sorrise…non serviva nemmeno che entrasse dalla finestra, probabilmente sua madre dormiva già da qualche ora, suo padre invece…sarebbe rientrato la mattina successiva.

Salì silenziosamente le scale, infilandosi immediatamente nella sua camera e chiudendo a chiave la porta.

 

Ecco, ora era nel suo regno.

 

Nella penombra osservò gli oggetti sparsi: fogli ovunque, coperti di una fitta e disordinata grafia. I professori le dicevano sempre di scrivere meglio, ma, dopotutto cosa le importava?…

Lo schermo del suo portatile emanava una fredda luce elettronica, che donava alla stanza un aspetto sinistro.

Allungò la mano, afferrando il mouse. Il salvaschermo scomparse, lasciando il posto all’interfaccia di una pagina Internet.

Si sedette davanti al computer, ticchettando freneticamente sui tasti.

 

>Dispersa

ci sei?

 

>Master

ciao Dispersa

 

>Dispersa

buona sera Master

 

>Master

come hai passato la serata?

 

>Dispersa

oggi è stato diverso, sono stata in giro con una nuova persona

 

>Master

 non una dei ragazzi di cui mi hai parlato

 

>Dispersa

no, quelli sono i miei compagni di classe, degli idioti

lei è nuova, appena arrivata in città

 

>Master

parlami di lei

 

>Dispersa

è più vecchia di me, viene da New York

 

>Master

anche lei è come gli altri, un’idiota?

 

>Dispersa

no

 

>Master

odi anche lei?

 

>Dispersa

è diversa, deve insegnarmi

 

>Master

deve?

 

>Dispersa

sì, è necessario

 

>Master

lei non vuole?

 

>Dispersa

non lo so

 

>Master

ti trovi bene con lei?

 

>Dispersa

non lo so

 

>Master

anche lei combatte vero? È più forte?

 

>Dispersa

 

>Master

come si chiama?

 

 

>Dispersa

non ha importanza

 

>Master

come ti tratta?

 

>Dispersa

prevede quello che sto per fare

 

>Master

ti fidi di lei?

 

>Dispersa

buona notte Master, grazie

 

>Master

buona notte Dispersa, a presto

 

chiuse con forza il pc, staccando il filo della corrente; poi si infilò nel letto, chiudendo finalmente gli occhi arrossati, svuotata dalle fatiche di quella prima giornata.

 

*     *     *

 

camminava completamente avvolto nella nebbia, il lungo cappotto di pelle sfiorava l’asfalto umido, gonfiandosi leggermente ad ogni passo.

 

Spike si diresse con decisione verso la scuola

 

Varcò silenzioso la soglia dell’edificio, dirigendosi verso la palestra. Con una lieve spinta la porta di legno si aprì senza neanche un cigolio.

 

Era dentro

 

Perché era tornato lì?…

 

La luce proveniente dalle vetrate poste in alto, vicino al soffitto, proiettava lunghe ombre scure e donava un magnetico colore bluastro ad ogni cosa.

 

Si diresse al centro della stanza, la sedia dove si era seduta la neo-cacciatrice non era stata spostata. Da lì quella ragazzina li aveva osservati combattere.

 

Già…combattere

 

Non avevano fatto altro, da quando si erano conosciuti. Avevano combattuto con le mani, con le parole; prima una contro l’altro, poi insieme contro il male, infine contro il mondo in cui nessuno dei due trovava un posto. E adesso?…cosa erano diventati?…

L’immagine di Fred si compose come per magia nella sua mente.

Fred…solo in quel momento si sentì in colpa, o meglio capì che doveva sentirsi così. Come aveva potuto…cosa aveva gli permesso di dimenticarla?…

Non bastavano due giorni o poco più per cancellare due anni di vita, di questo era sicuro. Non era più tempo di pensare all’amore da favola, quello in cui le due anime gemelle separate si riuniscono, a dispetto di tutto e tutti. Non sapeva nemmeno se Buffy poteva realmente dirsi la sua anima gemella…e comunque non avrebbe più dovuto importagli. Aveva scelto di lasciarla fuori dalla sua vita quando la mano di Angel aveva afferrato la cornetta, in quel lontano pomeriggio.

Ora però erano lì…entrambi, come se il destino avesse voluto regalare loro un’altra opportunità. Anche quello però era sbagliato, si rendeva conto che stavano vivendo una situazione fuori dal tempo: la scooby gang riunita e Buffy di nuovo la cacciatrice, lui che la aiutava a sconfiggere l’ennesimo big bad…fino a quando poteva durare l’incantesimo? E poi…cosa sarebbe successo?…e, cosa più importante, se la sentiva di rischiare di nuovo, ben sapendo a cosa sarebbe andato in contro?…lasciare tutto per lei, lo aveva già fatto in passato, e cosa ci aveva guadagnato?

 

…ti amo Spike…

 

scacciò dalla mente quell’istante, quell’unico istante che gli faceva dimenticare tutto il resto: i maltrattamenti, le lotte, i rancori, il dolore di vederla con un altro…tutto.

 

Ma lei era cambiata, cresciuta…e aveva imparato a sue spese che i sogni sono solo sogni e che il bene, per vincere, deve pagare un prezzo.

 

*     *     *

 

Buffy si rigirava senza sosta nel sonno, con gli occhi ancora chiusi, le palpebre che si contraevano.

 

…correva nel buio, senza una meta

 

i polmoni le facevano male

 

cadde a terra, l’asfalto le graffiò i palmi delle mani

 

“Aiuto!” gridò con voce roca e spezzata dal pianto, l’angoscia saliva

 

“Aiuto” biascicò con un filo di voce, accasciandosi nuovamente a terra

 

abbassò lo sguardo, lasciando che le lacrime le scorressero lungo il viso…aveva perso, era pronta a morire?

 

“Buffy?”

 

alzò improvvisamente il capo…un sorriso di sollievo le si disegnò sul volto rigato dal pianto

 

“Willow!” allungò un braccio

 

una risata divertita le risuonò nel petto…Willow rideva

“Buffy, Buffy…non imparerai mai”

 

“Elisabeth!” una voce tra lo scioccato e il perentorio

 

Si voltò di scatto, scorgendo tra le tenebre l’alta figura di Mark

 

“cosa stai facendo?” urlò il giovane

 

non aveva la forza di alzarsi, il braccio che prima era steso in direzione di Willow era stato ritratto di scatto

 

“cacciatrice” un’altra figura le era comparsa alle spalle…Spike

 

si voltò con fatica nella sua direzione, dimenticando gli altri

“Aiutami Spike” sussurrò

 

“chi sei tu?” sul viso del vampiro era disegnata un’espressione a metà tra lo stupore e il divertimento…

 

 si raddrizzò di scatto, con gli occhi aperti e colmi di lacrime. Osservò le teste di Willow e Dawn, ancora profondamente addormentate, non doveva aver urlato allora.

Distese con cura le coperte, che aveva scalciato durante l’incubo, tornando ad appoggiare la trsta sul cuscino.

 

Chiuse gli occhi…voleva solo dormire, dimenticare. Dimenticare quell’orribile sogno, scaturito da chissà quale meandro della sua mente e improvvisamente si fece più forte il desiderio di tornare a casa…sì, a New York, lontano da quel mondo in cui ogni cosa aveva più di una faccia, in cui niente era facile e lineare.

 

Lei…lei tentava, continuava a provare a rendere tutto più semplice…

 

Bene e male

Cacciatrice e vampiri

Vita reale e fantasia

 

Ma non ce la faceva…quando provava a fissare una barriera avveniva un cambiamento che la faceva tornare indietro e riconsiderare ogni cosa.

 

Perché…perché…

 

Lei tentava di mettere ordine nella sua vita, di darle un senso…

 

Perché adesso pensava quelle cose?…

 

Un singhiozzo soffocato le morì in gola

 

Basta…basta…doveva solo riposare un poco, poi tutto sarebbe andato a posto…bastava avere fede, come aveva detto quella stessa sera ad April

…“ora hai visto cosa succede se, anche per un solo istante, pensi di non farcela”…

 

*     *     *

 

“Buffy…Buffy svegliati”

Willow la stava scotendo per le spalle

 

“Ma come, ieri ti sei alzata praticamente all’alba e oggi non dai nemmeno segni di vita?” commentò Dawn, già vestita e pronta per uscire

 

controvoglia la cacciatrice si alzò, guardando con desiderio le coperte calde e stropicciandosi gli occhi

“che ore sono?” grugnì, dirigendosi verso il bagno

 

“Sono le sette quaranta e se non ti sbrighi faremo tardi!” le urlò dietro Willow, ma lei aveva già chiuso la porta

 

senza badare troppo a quello che faceva, infilò le mani nella valigia ed estrasse a caso: quella mattina le sarebbero toccati i jeans e una canottiera nera. Si vestì senza una parola, sotto gli occhi stupiti delle due.

 

“Buffy…” cominciò Dawn, divertita, ma la sorella non la lasciò continuare, alzando un dito

 

“No, non un parola”

 

“giornataccia?” chiese con un sospiro: sapeva fin troppo bene quanto poteva diventare cinica Buffy durante le sue giornate no

 

“giornataccia” confermò lei, spazzolando vigorosamente i capelli davanti allo specchio. “allora, chi vuole farmi un riassunto della divertentissima giornata che ci aspetta in questa ridente cittadina?”

 

“tu ti allenerai, mentre noi faremo ricerca e perlustrazione, dobbiamo assolutamente conoscere il territorio in cui si muoverà il maestro” disse Willow, seria

 

“Uno spasso insomma” commentò asciutta, dirigendosi verso la porta e lasciando che le altre due la seguissero a ruota

 

Appena arrivate al pian terreno gli occhi di tutti si puntarono su di loro

 

“dormito bene?” chiese irritato Giles, indicando l’orologio appeso al muro, che indicava le otto e dieci

 

“perfettamente grazie” rispose limpida Buffy, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori “andiamo?”

 

Spike la guardava divertito, doveva trattarsi di una di quelle giornate no, in cui il livello di acidità nel suo sangue sfiorava i massimi storici, e non potè fare a meno di compatire April.

 

*     *     *

i sei si diressero a passo spedito verso la scuola, volevano evitare di entrare in ritardo ed essere costretti a rendere nota la loro presenza ad altri, mischiandosi tra gli studenti.

 

Buffy, circondata dagli altri, arrivò di fronte al grande cartello che aveva notato anche la mattina prima e sorrise divertita

 

“ah…il liceo! Begli anni quelli…non siamo mai riusciti a far saltare l’università invece” commentò rivolta a Willow, che sorrise divertita.

 

“è meglio aspettare ad entrare – disse Giles – tra poco Ripley o April saranno qui” passava lo sguardo da un studente all’altro, in evidente stato di agitazione

 

“non le sono mai piaciuti gli studenti vero?” chiese Xander, ironico

 

“quelli del vostro liceo perlomeno…eravate dei selvaggi” concluse, strofinando vigorosamente le lenti degli occhiali

 

“inglesi!” commentò il ragazzo

 

Buffy intanto li fissava divertita da dietro le lenti scure degli occhiali da sole che aveva appena inforcato, ignorando gli sguardi che le lanciavano gli studenti di passaggio

 

Spike osservava quei ragazzini con evidente irritazione, preferiva non immaginare cosa passasse loro per la testa in quel momento…

 

“eccovi” April richiamò la loro attenzione

 

“eccoci” rispose Dawn, la simpatia con cui la aveva accolta in un primo momento era svanita del tutto a causa delle riflessioni della notte precedente

 

“non c’è più pericolo Giles, possiamo andare, gli studenti se ne sono andati” apostrofò la cacciatrice rivolta a Giles che, sospirando, li aveva seguiti all’interno dell’edificio

 

 

Buffy salì decisa al fianco di April i gradini che conducevano alla scuola, fintamente inconsapevole degli sguardi dei ragazzi che passavano. Le era sempre piaciuto, anche se non lo dava a vedere, essere al centro dell’attenzione per qualcosa di diverso dal suo lavoro notturno.

 

April dal canto suo strinse più forte la tracolla contenente i libri, aumentando il passo. La detestava in quel momento…ma non capiva come si doveva sentire lei? Come se non bastasse tutti i ragazzi con cui era stata in classe e che la avevano sempre ignorata ora la salutavano con molta più enfasi del solito, scambiandosi occhiate fin troppo eloquenti e squadrando da capo a piedi Buffy.

Se durante l’allenamento aveva riconsiderato almeno in parte le californiane, ora si era completamente ricreduta…

 

April si fermò vicino al suo armadietto, facendo scattare con troppa forza la combinazione

“io ho lezione fino alle undici, poi vi raggiungo in palestra” brontolò fredda, agguantando un paio di libri e chiudendo con rabbia mal celata lo sportello

 

“Bene…ti aspetto giù, oggi tocca all’allenamento con i cristalli”

 

“detesto i cristalli” commentò decisa

 

Buffy sorrise divertita, salutandola con un gesto della mano e dirigendosi verso il gruppo

 

Giles guardava da lontano Buffy, eccola la sua cacciatrice. Sembrava avesse recuperato la gioia di vivere che aveva perso ormai molto tempo prima; osservava il suo sorriso luminoso e i lineamenti distesi…sorrise ripensando alle sue battute quella mattina, le era mancato anche quello di lei.

Saperla lontana, in una città sconosciuta, dove avrebbe potuto fare affidamento solo sulle sue forze…era sempre stata più brava a sventare apocalissi che a condurre una vita serena. Lei tendeva sempre a porsi mille domande, anche se, al momento di agire, l’istinto prendeva il sopravvento.

E invece, quando la aveva vista presentarsi davanti alla sua porta, il suo cuore si era riempito di orgoglio.

Ce la aveva fatta…poteva leggerle negli occhi tutti i sacrifici che le era costato quel traguardo, ma ci era riuscita: aveva preso il sopravvento sulla vita, che in precedenza le aveva riservato solo obblighi.

 

“Giles”

 

l’osservatore si voltò verso il vampiro biondo

“Dimmi Spike”

 

“ieri sono riuscito a scoprire qualcosa”

 

l’uomo, che si era fatto subito più attento, lo squadrò, ricevendo di rimando uno sguardo ironico


“credeva che mi sarei perso tra i fiumi di alcool senza la minima intenzione di cercare informazioni?”

 

“No…no Spike, continua”

 

“tra due notti, avverrà tra due notti. L’Adunanza è già cominciata” si guardò intorno, come se non volesse essere sentito da altri, l’ironia di un attimo prima era scomparsa

 

“Dobbiamo sbrigarci…sai dove accadrà?”

 

“nel vecchio palazzo in disuso, a qualche chilometro dal cimitero…certe cose non cambiano mai, vero Giles?”

 

“già” abbozzò un mezzo sorriso “dobbiamo prepararci…questa probabilmente sarà l’ultima notte disponibile per avvicinarsi alla zona”

 

“ieri sera ho dato un’occhiata in giro, sono abbastanza inesperti, ma il capo sa quello che fa, te lo assicuro”

 

“April?”

 

“sarà pronta” commentò asciutto

 

“Bene…dobbiamo trovare armi, più armi possibile, e incantesimi. Io andrò in biblioteca con Willow, tu e Buffy in palestra. Oggi andrete voi di ronda, April rimarrà qui” la precedente titubanza era sparita

 

Buffy intanto, vedendoli discutere fittamente, si era avvicinata.

 

“Che succede grande capo?” domandò a Giles

 

ad ogni parola dell’osservatore il sorriso stampato sul suo viso si spegneva sempre più, lasciando il posto al nervosismo

 

*     *     *

 

April li guardava da lontano, non sapeva cosa si stavano dicendo, ma dall’espressione di Buffy certo non doveva essere nulla di buono. Francamente però, in quel momento la cosa non le importava molto…dopo il pessimo tiro che le aveva lanciato la sua pseudo-allenatrice. Fissò con arroganza quel viso tirato…le avrebbe fatto vedere quanto valeva, presto.

 

Entrò in classe con i nervi a fior di pelle, sedendosi all’ultimo banco in fondo, e aprendo un voluminoso tomo rilegato in pelle.

Presto si immerse nella lettura, dimentica dei compagni che cominciavano ad affollare l’aula vociando rumorosamente. Certo non poteva aspettarsi che l’argomento di conversazione fosse proprio lei.

 

La lezione fu più noiosa del previsto, non alzò nemmeno gli occhi dal libro che stava leggendo, incurante del professore. Non era mai brillata per il particolare interesse durante le ore, ma si sarebbe rifatta nei temi scritti.

 

Qualche minuto prima del trillo del campanello l’insegnante scrisse le pagine da studiare alla lavagna e uscì.

 

D’un tratto un ragazzo della sua classe, di cui a mala pena ricordava il nome, le si avvicinò, scotendola leggermente

 

“Ehm…April?...ciao, come va?”

 

 la ragazza inarcò un sopracciglio, osservando i visi degli altri studenti, che tenevano gli occhi puntati su di lei

 

quello che la aveva appena riscossa dalla lettura le sorrise incoraggiante

 

“Bene…” farfugliò, notando che anche lo sguardo di Kevin era fisso su di lei

 

“Beh…sai, stiamo organizzando una festa alla fattoria di Mark per questo week-end e ci chiedevamo se ti andasse di venire…”

 

April lo guardò con occhi sgranati: da quando in qua la invitavano ai loro party esclusivi? Non le era mai interessato nulla partecipare a raduni di quel genere ma…Kevin la stava ancora guardando…lui ci sarebbe di sicuro andato

 

“certo” sorrise lievemente,  sorpresa della risposta. Quel –certo- però le era scappato senza pensare…perché la avevano invitata?

 

“Perfetto allora” confermò l’altro di rimando, scambiando un’impercettibile occhiata d’intesa con Kevin

finse di allontanarsi, poi si girò nuovamente in direzione della ragazza

“Ah…April, invita anche quella ragazza con cui sei entrata oggi…deve essere nuova di qui! A proposito…sai per caso…?”

 

ecco perché la avevano invitata, le ribollì il sangue nelle vene…certo, come aveva fatto a non capirlo?

 

Sorrise di una rabbia fredda

“Parli di Buffy? Invitala tu se ci tieni” le si era formato un nodo alla gola “ah…mi è venuto in mente che probabilmente avrò un impegno questo fine settimana quindi non contate su di me”

non poteva inventarsi una scusa meno banale maledizione?

 

Senza aspettare il suono della campanella che segnava l’inizio dell’ora successiva si alzò, uscendo dalla classe con passo misurato ma deciso, trascinandosi dietro la pesante tracolla

 

Perché…perché se ne era andata? E adesso? Con che coraggio rientrare in aula?…senza esitare si diresse verso la palestra, dove probabilmente Spike e Buffy si stavano allenando. Perfetto, proprio la persona a cui avrebbe volentieri cavato gli occhi!

Era tutta colpa sua…se Buffy non fosse entrata con lei, se la avesse lasciata sola senza rivolgerle la parola, se non avesse mandato in cortocircuito gli ormoni della metà dei suoi compagni di classe…

 

*     *     *

 

Spike e Buffy scesero a passo rapido le scale che conducevano nella palestra. Anche se le lezioni erano riprese il sole splendeva in cielo e gli studenti facevano ginnastica nell’enorme campo di atletica sul retro dell’edificio scolastico.

 

I due non si erano più rivolti la parola dalla sera prima ed ora tenevano entrambi gli occhi bassi, sapevano che era arrivato il momento dei chiarimenti. Basta rimandare, sarebbe stato troppo penoso.

Anche se avevano cercato di dimenticarlo, in quei due anni molte cose erano cambiate, loro erano cambiati. Non si poteva più fare finta che fosse passato meno di un attimo dall’ultimo allenamento fatto insieme, quella che stavano vivendo non era una realtà estranea alla loro vita di tutti i giorni, uno a Los Angeles, l’altra a New York, né che le persone che condividevano la loro vita quotidiana si volatilizzassero come per incanto.

Com’era difficile però che le parole uscissero dalla loro bocca…

 

“allora…come è andata la ronda ieri?” chiese Spike, voltandosi dall’altra parte. Il comportamento di Buffy di poco prima lo aveva a dir poco stupito: con tutti quei ragazzini che le sbavavano dietro…

 

“bene, esattamente come prima di ogni Apocalisse che si rispetti: pochi vampiri, molto vento, gran mal di testa” scandì, quasi sorridendo “tu? Fatto nuove amicizie?”

 

“Già…i colleghi di qui sono molto loquaci e sanno come intrattenere un ospite”

 

“ottimo allora…-il silenzio tornò a regnare per qualche secondo – come vedi la situazione?”

 

“poche armi, zero collaborazione, scarsa conoscenza della zona, una cacciatrice a cui non vanno a genio le bionde il cui nome inizia con la B e un gruppetto sventa-apocalissi un po’ arrugginito…direi che siamo a cavallo!”

 

“l’ottimismo è una delle tue doti innate vedo!…e poi io non sono arrugginita!” commentò, fintamente offesa

 

per la fortuna di entrambi, la porta della palestra era davanti a loro

 

Spike le aprì la porta, lasciandola entrare

 

“Allora, con cosa iniziamo?” si guardò intorno quasi con imbarazzo

 

“direi con la lotta, senza armi” sentenziò sicuro lui, ieri lei aveva giocato pesante, ora si trattava di vedere se era in grado di resistere

 

“va bene” rispose asciutta, cosciente di quanto stava succedendo, era arrivato il momento

 

si posizionarono in centro alla palestra, distanti qualche metro uno dall’altra, in posizione di attacco

 

Il vampiro gettò a terra la giacca di pelle, fissandola con sguardo fiero

“vediamo se sei invecchiata Buffy” pronunciò il suo nome quasi con scherno

 

lei non rispose, gliela avrebbe fatta pagare in seguito

 

era cominciato

 

la distanza che li divideva era stata colmata dal movimento rapido di ambedue

 

Spike si abbassò di un palmo, per veder scorrere a pochi centimetri dal viso il pugno chiuso di lei

 

Ora contrattaccava…un calcio, diretto al torace

 

Buffy indietreggiò, fermando la gamba a mezz’aria

 

…lui volò a terra…

 

…la trascinò con se nella caduta, schiacciandola a terra con il suo peso e sovrastandola…

 

…prese il volto della caccia…

 

…lo scansò con un pugno dritto al viso, rialzandosi velocemente…

 

…lui si avvicinò di nuovo, spingendola con violenza contro il muro, la testa di lei sbattè violentemente…

 

…un altro calcio, questa volta all’altezza delle ginocchia…

 

…lui si pegò a terra, perdendo il vantaggio…

 

Buffy lo fissò, con i pugni ancora alzati e ansante

“Allora? La pensione può aspettare”

 

Spike si rialzò, e ridendo pulì con un dito la goccia di sangue che gli colava dal naso

“Già…siamo quasi tornati come ai vecchi tempi!” commentò, con una cattiveria che ferì la cacciatrice

 

i due ripresero a combattere senza sosta

 

…lui sferrò un calcio, diretto in pieno viso…

 

…capriola all’indietro per schivarlo e contrattacco…

 

…lo colpì violentemente con un pugno in pieno stomaco, scaraventandolo qualche metro più in là…

 

…lui non si rialzò, aspettando che lei lo raggiungesse…

 

…si gettò sopra il vampiro, afferrandogli i polsi con una mano e pronta a colpire nuovamente…

 

…si scansò lateralmente, ribaltando le posizioni…

 

“e adesso che si fa cacciatrice?” riprese il volto della caccia

 

lo fissò per un istante negli occhi gialli: cosa voleva dimostrarle? Era una specie di prova di forza? Come quella notte…dietro al Bronze, dopo che le aveva raccontato gran parte della sua esistenza. Anche adesso voleva ballare con lei?

 

Senza altre esitazioni schivò il destro che stava per raggiungerla in pieno viso e lo allontanò con un calcio

 

Non gli dette il tempo di alzarsi…gli afferrò le spalle, spingendolo verso il muro retrostante, immobilizzandolo

 

“abbiamo finito?” gli chiese con sguardo duro, che non lasciava trasparire altro che rabbia

 

lo spinse di nuovo con forza contro la parete, per poi lasciarlo andare e allontanarsi

 

“dove diavolo vai?” la apostrofò lui, con una calma che probabilmente non aveva

 

lei si voltò, fissandolo con freddezza. Le aveva fatto male, male dentro, vedere Spike comportarsi in quel modo dei suoi confronti.

 

“non abbiamo più niente da dirci immagino”

 

“invece immagini male” la raggiunse velocemente, afferrandole un braccio per farla voltare “ci sono ancora moltissime cose da dire” urlò

 

si liberò dalla sue stretta con decisione, senza tuttavia allontanarsi

 

“Davvero? Parla allora!” anche lei stava gridando

 

lui la fissò, interdetto

“Dio santo Buffy! Sono passati due anni…due anni! Dall’ultima volta che ci siamo visti e tu credi che sia possibile liquidare tutto con un semplice discorsetto come quello di due notti fa?”

 

“cosa dovremmo fare secondo te? Potrei raccontarti tutto quello che ho fatto a New York, dove lavoro, con chi vivo, quanti ragazzi ho avuto dalla tua…-indugiò sul termine da usare – scomparsa! Questo ti sarebbe utile? E a che scopo?”

 

“almeno non ci sarebbero più segreti e non servirebbe far finta che tutto va bene, che siamo tornati l’allegra combriccola dei primi tempi! E poi io non sono <scomparso>” sottolineò la parola con enfasi

 

“A no? E tu come lo chiami allora tornare in vita dopo qualche mese dalla tua presunta morte a Sunnydale, non farti sentire con nessuno e trasferirti a Los Angeles, facendomelo sapere solo per vie indirette e aspettando solo che io telefoni per sbattermi in faccia che sei sopravvissuto anche senza di me!” ecco, l’aveva detto, finalmente si era svuotata da quel peso

 

“e, a quanto vedo, sei subito corsa a cercarmi!” gridò, avvicinandosi di più al suo viso

 

“cosa diavolo pretendevi che facessi? –lasciò passare qualche istante, quello che stava per dire era la cosa più difficile da accettare per lei – sei stato chiaro quando stavi per…” era chiaro a cosa alludeva

 

“maledizione Buffy! Stavo morendo! Cosa volevi che dicessi? “Sì ti amo anch’io, passiamo la nostra esistenza a compiangerci perché io sono all’inferno”!”

 

“ma ora il problema non sussiste vero? Perché a quanto pare ti sei rifatto una vita senza la mia ingombrante presenza!”

 

“è questo che pensi?” non aveva la forza di replicare, in teoria era andata esattamente così…ma quello che aveva provato quando la aveva rivista…

 

“Sì, è questo che penso” i suoi occhi lampeggiavano per la rabbia e il dolore “ come credi che mi sia sentita quando ho scoperto che potevi stare alla luce del sole, che eri tornato! Chi ero io per tornare da te dopo che tu per primo non ti eri degnato nemmeno di farmi una telefonata! E non dire che non sapevi cosa provavo…”

 

“e adesso cosa facciamo? Combattiamo questo ennesimo dannatissimo problema e poi ci salutiamo con una stretta di mano? È più complicato di così”

 

“Già, è più complicato. – sorrise amara, abbassando il tono di voce – per te sarebbe stato meglio non venire nemmeno vero? Continuare la tua esistenza felice all’insegna della redenzione, con una  ragazza dolce e premurosa e nuovi amici, senza più voltarti indietro”

 

la fissò e qualcosa in lui si ruppe. L’espressione sul suo viso…di chi ha capito che non può più cambiare le cose…la stessa che aveva quando era stata costretta a decidere cosa fare per salvare Dawn…gli spezzava il cuore, non riusciva a rimanere impassibile

 

“perché sei venuto?” il dolore che per un attimo era comparso sul suo bel viso scomparve “cosa ti ha spinto a venire?” chiese con un filo di voce

 

Lui non riusciva ad aprire bocca…

 

“Allora? – il suo tono di voce era tornato alto – il tuo buon cuore? Il desiderio di tornare ai vecchi tempi per qualche giorno? Dimostrare che eri superiore a tutti noi? Cosa?” gridava ora

 

“ah…è questo che credi?”

 

“dimmelo tu allora”

 

…rimase in silenzio…cosa poteva dirle? Che era tornato per lei, per non lasciarla sola un’altra volta, per vedere il suo viso di nuovo…no…

 

“Non è facile Buffy! Forse non lo so nemmeno io perché…forse volevo vedere Dawn, che ormai è diventata una donna, oppure gli altri, o forse te – si fermò un attimo – ma che differenza può fare?”

 

“fa un’enorme differenza…per me”

 

“ma tanto, come abbiamo più volte ripetuto in questa tranquilla conversazione, quando anche questo sarà finito tutti per la propria strada: tu a New York, Giles a San Francisco, Xander a Phoenix, Willow a Washinghton, Dawn all’università e io a Los Angeles. Quando capiterà di nuovo Buffy? A quanto pare ti piace ancora fare la cacciatrice, ma quanto sei disposta lasciare di ciò hai creato in questi anni? Scommetto che il ragazzo a cui hai telefonato l’altra mattina crede che tu sia in visita dalla nonna o qualche altra idiozia che gli hai dato a bere”

 

si stava scaldando, ora aveva tirato in ballo anche Mark “e cosa diavolo volevi che gli dicessi? “ciao amore, sai, ho passato la mia adolescenza a cacciare vampiri, demoni e mostri di sorta, e a sventare Apocalissi…ora ce ne sarebbe un’altra in ballo e avrebbero bisogno del mio aiuto, ma non preoccuparti torno per cena”? è questo che hai detto alla tua ragazza?”

 

erano entrati in un campo minato…nessuno dei due era disposto a parlare del proprio partner attuale come se non facesse parte di quel particolare momento della loro vita

 

Spike stava per aprire bocca quando la porta della palestra si aprì con fragore

 

“Buongiorno ragazzi…di ottimo umore a quanto vedo” commentò April, lasciando cadere in un angolo della stanza la tracolla con i libri

 

i due la guardarono interdetti

“ma non dovevi finire alle 11?” chiese Buffy, sorpresa e imbarazzata

 

“Ho avuto un cambio di programma…ah, a proposito: con la tua entrata ad effetto questa mattina hai praticamente mandato in pappa il cervello della metà degli studenti di sesso maschile della mia classe, che hanno avuto la brillante idea di invitarti ad una festa…perché sei nuova” concluse, ammiccante

 

“E tu gli hai detto che non ho nessunissima intenzione di…”

 

“Ah no! Io non sono la tua segretaria, gli ho detto di chiedertelo personalmente” sorrise divertita

 

“perfetto” commentò furente, senza badare alle occhiatacce di Spike. Sapeva che quella sarebbe stata una giornata no…ma non bastava la discussione con Spike? Ora doveva mettersi anche April a rovinarle la vita, non sopportava di vederla così allegra…

 

“cominciamo gli allenamenti?” chiese gioviale

 

“sì” sbuffò, gliela avrebbe fatta pagare in qualche modo anche perché era entrata nel momento meno opportuno

 

senza pensarci due volte afferrò i cristalli che Ripley aveva posizionato in bella mostra lungo la parete, disponendoli a terra a forma di pentagono e posizionandovi nel centro un blocco di legno

 

“sai come funziona?” chiese, aveva già perso la pazienza

 

“sì” tirava una brutta aria, se ne era resa conto

 

“allora forza” incrociò le braccia, fissandola mentre si metteva in posizione

 

April poggiò le mani sul blocco, facendo una sbilenca verticale e traballando vistosamente. Dopo qualche secondo rovinò a terra, massaggiandosi la schiena

“se posso esprimermi..questa mi sembra la cosa più inutile che abbia mai fatto! A che diavolo serve stare appollaiati su un pezzo di legno con cinque fondi di bottiglia intorno?”

 

“serve a sviluppare equilibrio e concentrazione…e no, non puoi esprimerti. Adesso torna ad <appollaiarti>”

 

dopo circa venti minuti di stressante allenamento e innumerevoli cadute Spike, che era rimasto in disparte, prese la parola

“mi sembra che qui ve la caviate anche senza di me, quindi vi lascio signore” mimò un inchino e si avviò verso l’uscita

 

stava per aprire la porta quando un ragazzo dai capelli scuri entrò in tutta fretta e visibilmente nervoso

 

April si voltò verso il nuovo venuto: la sua espressione mutò improvvisamente, cosa diavolo ci faceva lì Kevin?

 

Il giovane si diresse un po’ titubante verso Buffy, che lo guardava con aria di sufficienza trattenendo una risata. Osservò di sottecchi l’espressione sul viso di April e non ci mise molto a fare due più due…quello era il ragazzo che le piaceva a cui probabilmente non aveva mai rivolto la parola…

Lo squadrò più attentamente: alto, fisico da giocatore di football, occhi verdi e capelli scuri, il classico tipo che non si era mai sentito rifiutare un appuntamento…fino ad allora almeno. In quel momento lei non aveva né tempo né voglia di ascoltarlo, quindi avrebbe mandato al diavolo il malcapitato a tempo di record. Oltretutto era quasi mezzogiorno e lei aveva veramente fame…

 

Senza aspettare che lui si avvicinasse ulteriormente gli passò vicino, superandolo

 

“ehi…scusa…” tentò di bloccarla “io volevo…”

 

lo guardò un attimo, come se volesse fargli una radiografia, poi alzò il palmo della mano aperta davanti al suo viso “no, mi dispiace, ho un altro impegno” e si allontanò, senza nemmeno voltarsi, lasciandolo a fissarla esterrefatto

 

“April, ci vediamo qui tra una mezz’oretta” gridò, salutandola e poi uscendo

 

Spike, che la osservava senza riuscire a reprimere un sorriso, le aprì la porta, seguendola verso la biblioteca

 

April fissava il ragazzo, non sapeva se sentirsi ancora umiliata oppure felice perché finalmente qualcuno si era deciso a dargli una lezione. Optò per la seconda ipotesi

 

“ciao ciao” lo salutò, uscendo anche lei dalla palestra

 

cap.5  - Schermaglie

 

entrarono in tutta fretta nella biblioteca, senza scambiare una parola. Buffy si sedette al tavolo di Willow, mentre Spike si diresse in direzione dei due osservatori.

 

“Allora?” sussurrò la rossa, poggiando sul tavolo il libro che teneva aperto davanti a sé

 

“cosa?” chiese, tentando di rimanere sul vago e guardandola fintamente stupita

 

“Buffy…togliti quell’espressione stupita dal viso e racconta” la conosceva ancora troppo bene

 

“come fai a sapere che è successo qualcosa?” provò a frenarla

 

“elementare Watson – Buffy inarcò un sopracciglio e Willow ridacchiò, tirandole una gomitata – uno: siete entrati senza fiatare e mi gioco lo stipendio che non vi siete detti una parola durante tutto il tragitto per attraversare la scuola; due: non vedevate l’ora di allontanarvi l’uno dall’altra; tre: non ti sei mai seduta con così tanta foga vicino a me quando ho in mano un libro, quindi è ovvio che mi devi raccontare qualcosa” sorrise, mettendosi in posizione di ascolto

 

Buffy sbuffò “abbiamo litigato, non una di quelle cose molto soft che si calmano subito, ci siamo proprio picchiati”

 

“Beh…non siete mai andati troppo per il sottile voi due”

 

“già…” incrociò le braccia sul tavolo e vi appoggiò sopra il mento, con aria pensosa

 

“ti va di darmi una mano con la ricerca?” la incoraggiò l’amica

 

“solo se si tratta di sostegno morale, e anche per quello non garantisco niente” sbuffò lei di rimando

 

Dawn, vedendole sedute di fronte a lei che bisbigliavano, si avvicinò. Magari riusciva strappare di bocca alla sorella qualcosa di più del solito “va tutto bene”. In quel momento poi non c’era April…

 

“ciao ragazze…come procede la ricerca?” chiese la ragazza, sedendosi di fianco alla sorella e sorridendole incoraggiante

 

Willow non trattenne una risata “lei non ha intenzione di collaborare”

 

“qualche anno fa eri meno cinica…e poi ho fame” commentò lei, alzandosi di scatto a dirigendosi verso l’uscita. Quando fu alla porta gridò

“vado a chiedere ad April se in questa diavolo di scuola ci sono i distributori automatici”

noncurante del fatto che la metà delle persone che, in quel momento, si trovavano in biblioteca si erano voltate a guardarla.

 

*     *     *

 

Scese le scale con passo rapido, chissà dove si era cacciata quella ragazza! In palestra non c’era, aveva già controllato, quindi sperava di trovarla nella sua aula.

Entrò titubante, pregando mentalmente di non incontrare nessuno degli altri studenti. La vide seduta all’ultimo banco, con un libro in mano e la testa china. La tracolla era svogliatamente appoggiata vicino al banco.

 

“Ehi” chiamò, nella sua voce era sparita la durezza di qualche ora prima. C’era in lei un qualcosa che le trasmetteva…tenerezza. Vederla lì, sola, quando tutti gli altri ragazzi si sparpagliavano in giardino…

 

“Ehi” rispose l’altra di rimando, anche in lei era sparita l’arroganza dei primi tempi. In quel momento sembrava soltanto malinconica

 

Buffy si avvicinò, posizionando vicino al suo banco una sedia, presa da quello davanti, e sedendosi

“che fai?” sbirciò il libro aperto davanti alla giovane

 

“leggo – sorrise amara – come tutte le ragazze prive di vita sociale! In genere però sono proprio loro

quelle che nei film fanno saltare le cervella alla metà degli altri studenti…dici che sono una psicopatica?”

 

le mostrò la copertina del volume: “Narciso e Boccadoro” di Hermann Hesse

 

“è interessante?” chiese, tentando di imbastire una conversazione civile

 

“parla di persone che hanno trovato il loro posto nel mondo e fanno del bene alla gente in modo diverso. In un certo senso sono due facce della stessa medaglia…eros e logos, hai presente? In pratica quello che io non avrò mai – fece una breve pausa – un posto nel mondo intendo”

 

Buffy abbassò gli occhi, conosceva quel genere di pensieri…pensieri di chi si sente legato ad un posto senza farne realmente parte, che è un ombra davanti agli altri, senza la quale però questi osservatori distratti non potrebbero vivere. Sapeva come ci si sentiva a dover sopportare un peso che condizionava la vita e tutti lo interpretavano come una cosa dovuta…perché il bene vince sempre e i mostri non esistono, no?…peccato che nessuno sapesse quale era il prezzo.

Un posto nel mondo…già

 

“cosa sono io? Cacciatrice dilettante di notte, studentessa assente di giorno. Sai quante persone di questo campus ho salvato dal diventare cena per vampiri?…eppure loro sono fuori, parlano del loro nuovo ragazzo, di chi hanno conosciuto la sera prima, di chi porteranno al ballo di fine anno; io invece sto qui a guardarli e a subire le loro occhiate del tipo “non vorrei proprio essere come te: senza amici e con qualche rotella fuori posto”” sbuffò e tornò a concentrarsi nella lettura “ ma a te non deve essere mai capitato vero? Tu hai degli amici, uno pseudo-ex-ragazzo – a quel punto Buffy rabbrividì impercettibilmente - una sorella, un lavoro normale che ti aspetta e la possibilità di ritornare cacciatrice per qualche settimana…”

 

“ ti sbagli – sussurrò, appoggiandosi allo schienale della sedia – se vuoi qualche storia strappalacrime direttamente dalle mie esperienze liceali…”

 

chiuse lentamente il libro, fissandola con stupore

“sentiamo”

 

“diciamo solo che, nel mio liceo di Los Angeles, ho fatto saltare in aria la palestra per uccidere alcuni ospiti indesiderati e sono stata buttata fuori. Allora non volevo più saperne di essere cacciatrice…poi sono arrivata a Sunnydale e ho conosciuto gli altri. Non avevo molti amici all’esterno, ma d'altronde, passando tutte le serate al cimitero, pochi erano disposti ad accompagnarmi…il momento più duro è stato l’ultimo anno, quando tutti decidevano l’università e io sapevo che sarei dovuta rimanere lì – sorrise leggermente, ricordando – Willow è rimasta per me”

 

tra le due calò il silenzio

 

“quello che sto cercando di dirti è che non si può portare un fardello del genere da soli…devi provare a fidarti di qualcuno”

 

“sì…” commentò scettica

 

Buffy sorrise, non credeva di capire così bene la situazione di quella ragazzina

“dovresti avere più fiducia nel prossimo sai? Guarda me…prima odiavi le californiane e adesso io e te parliamo di problemi esistenziali!”

 

April sorrise, fissando Buffy in maniera strana. Cosa le era preso? All’inizio non le era sembrata gran che disposta ad assumere un ruolo preciso nel suo addestramento ed ora…

“non ti montare la testa! Ho ancora un conto aperto con te, dopo la figuraccia che mi hai fatto fare questa mattina” brontolò

 

Buffy si alzò, non sapeva nemmeno lei perché aveva fatto una cosa del genere…forse la aveva vista giù di morale e sapeva di poterla aiutare in qualche modo, sperava solo di esserci riuscita, non era mai stata brava a consolare le persone.

“Allora…mi sai dire se in questa stupida scuola c’è un distributore automatico?”

 

“certo, ti porterò a scoprire le meraviglie delle merende in bustina!” commentò ironica, infilando il libro nella borsa ed infilandosela

 

*     *     *

 

Willow e Dawn erano ancora sedute in biblioteca, la prima con un pesante tomo aperto davanti, la seconda svogliatamente intenta a sfogliare un piccolo manuale.

Willow guardò la ragazza con la coda dell’occhio, sapeva che tra poco sarebbe scoppiata, proprio come faceva la sorella.

E la reazione non si fece attendere: Dawn gettò il libro sul tavolo, puntando i pugni

 

“perché fa così?” disse con rabbia, si portò le mani alla fronte, come se non concepisse quello che stava per dire “perché…” biascicò

 

Willow la fissò, comprensiva, anche se non capiva perfettamente quello di cui la giovane stava parlando sapeva che riguardava la sorella, argomento sempre delicato.

 

“così come?”

 

“così!…borbotta qualcosa con te, poi appena mi avvicino…-le si formò un nodo in gola, la rabbia e il dolore erano diventate un unico sentimento – puff! Tutto torna ad andar bene e se ne va…sai qual è la frase che mi sono sentita ripetere più spesso da lei? ‘andrà tutto bene’…già, perché io sono la sorella piccola, quella che deve essere difesa contro tutto, quella incapace di capire i problemi” quasi urlò, Willow la prese per un braccio, conducendola dolcemente ma con decisione fuori dalla sala

 

“Dawn…” iniziò a dire

 

“No – alzò un dito, per bloccarla – Dawn si è stufata di capire…perché in realtà non ho mai capito un accidente! Perché io non ho il diritto di sapere le cose? Perché non si sente libera di parlare con me…perché sono sua sorella?” le lacrime erano vicine

 

“Dawn, ti prego…” tentò di calmarla

 

“ma soprattutto…perché lei si ed io no?” indicò un punto in direzione della palestra, a quel punto scoppiò in pianto

 

Willow si avvicinò lentamente, prendendole il viso tra le mani…sapeva cosa stava provando in quel momento, si sentiva abbandonata dalla persona che avrebbe dovuto starle più vicino. Eppure non se la sentiva di biasimare Buffy, avevano tutti preteso tanto da lei...forse troppo. Non era stata una cosa facile crescere Dawn, lei per prima aveva visto i sacrifici che le era costato…poteva anche intuire la ragione di quel distacco…Buffy aveva sempre cercato di tenere la sorella lontana dal mondo che tanto la aveva fatta soffrire, senza rendersi conto che questo le allontanava l’una dall’altra. O forse non se la sentiva di accollarsi anche la responsabilità di proteggerla in ogni situazione, non era il massimo della lealtà, ma la capiva. Era sempre vissuta nel terrore di non riuscire a salvare che amava…come era successo con Angel…e con Spike.

Sapeva che ora Dawn era arrabbiata con April, che la odiava per averla in un certo senso spodestata. Adesso la sorella andava da lei, scherzava con lei, le insegnava l’arte del combattere. Tra loro si sarebbe instaurato un rapporto particolare…era ovvio. Lei era la prima ad ammettere che Buffy era una persona travolgente, che conquistava chiunque quando concedeva la sua amicizia. Ricordava come si era sentita con l’arrivo di Faith…

 

“Dawn…lo sai che tua sorella ti vuole più bene che a chiunque altro”

 

Si asciugò gli occhi con una mano, si vergognava quasi della sua reazione

“Sì…lo so, scusami” biascicò…nessuno la avrebbe capita….scostò le mani di Willow dal suo viso con decisione e una punta di freddezza, per dirigersi verso il bagno “torno subito, tu rientra pure”

 

c’era astio nella sua voce? Si chiese la rossa. Probabilmente si. La guardò allontanarsi, la tristezza aveva preso anche lei. Si sentiva in colpa per non essere riuscita a darle un po’ di conforto…anche se ormai non era più una ragazzina, quel genere di atteggiamenti le facevano sorgere il dubbio che fosse rimasta la bambina che cercava le attenzioni di tutti…scacciò quei pensieri dalla mente. Il loro rapporto si era guastato irreparabilmente dopo quanto accaduto a causa di Amy. Scosse la testa e tornò in biblioteca.

 

Giles e Spike intanto chiacchieravano sommessamente in un angolo

 

“dobbiamo assolutamente avvicinarci alla zona del combattimento” borbottò l’osservatore, pensieroso

 

“Già…e non sarebbe male anche scoprire approssimativamente il numero dei vampiri” aggiunse l’altro che, voltandosi ad osservare con disappunto il tavolo al quale poco prima lavoravano Willow Dawn e Buffy ora rimasto vuoto “sembra che qui nessuno prenda troppo sul serio la cosa, non trova?”

 

“Già – rimuginò l’uomo – sapevo che sarebbe stata più dura del previsto. Due anni non si cancellano facilmente, capisco che sia dura per loro recuperare l’affiatamento ma sono troppo sicuri di farcela”

 

“Cosa avete scoperto?”

 

“solo qualche incantesimo di distruzione e formule per respingere gli attacchi. L’unico modo per bloccare la riapertura della bocca è fermare il maestro e possibilmente non farlo uscire vivo”

 

“Ce la faremo Giles”

 

“Spike…so che non dovrei chiederlo, ma come va con Buffy?” sembrava titubante “voglio dire…siete in una situazione difficile, riuscite a collaborare?”

 

La mandibola del vampiro si indurì

“Sì, non è un problema…orami è acqua passata” pronunciò quelle parole con durezza

 

“Ah…bene” rispose l’osservatore impacciato, senza sapere realmente se fosse una cosa buona a una cattiva.

 

Spike sospirò

“vado a cercare le due…dobbiamo riprendere gli allenamenti”

 

*     *     *

 

Buffy si rialzò, ansante, dopo l’ennesimo attacco del vampiro. April intanto si allenava tra i cristalli, con qualche risultato in più della mattina.

 

“direi che può bastare” disse la cacciatrice, dirigendosi verso la sedia dove aveva appoggiato la giacca

 

“sì – rispose lui di rimando, provato come lei dall’allenamento – ci vediamo al cimitero - sorrise sarcastico – in senso letterale naturalmente”

 

“naturalmente” rispose l’altra, guardandolo storto “April ci vediamo” la salutò, mentre lei eseguiva la spaccata appoggiata sulla base di legno.

 

“vedi di tornare intera”

 

“non mancherò” sorrise “Allora ci troviamo alle porte del cimitero maggiore, d’accordo?”

 

“perfetto”



non si dicevano più dello stretto indispensabile da quella mattina

 

Buffy si diresse nella sua stanza, dove Willow la aspettava da quasi un’ora.

 

“ciao” la salutò, stupita di trovarla in camera a quell’ora “e Dawn?”

 

si tolse i vestiti sudati, infilandosi in bagno.

 

“è uscita” rispose lei, laconica

 

Buffy non ci mise più di un istante a capire che qualcosa era successo. In genere la ragazza la inondava di chiacchiere appena rientrava, per metterla al corrente di tutte le formule che avevano trovato durante le ricerche. Sapeva quanto mancava la magia a Willow, ma non era convita che le facesse bene riprendere ad utilizzarla. Nessuno aveva ancora affrontato il discorso, ma Giles ci avrebbe certamente pensato due volte prima di darle il permesso. Forse si trattava di quello…

 

Uscì dal bagno dopo una rapida doccia

“allora, sputa il rospo, qual è il problema?” aveva ancora l’asciugamano intorno alle spalle

 

“Buffy…io credo che dovresti parlare a Dawn” disse seria

 

L’affermazione lasciò interdetta la cacciatrice

“A che proposito scusa?”

 

“ascolta– era visibilmente impacciata -…lei si sente…come dire, esclusa. Vede April come una specie di usurpatrice del suo posto di sorella”

 

Buffy la fissò, rimanendo in silenzio per qualche istante, la delusione che la aveva colpita era grande. Non sapeva più cosa fare

“e cosa dovrei fare secondo te? Farle da balia giorno e notte? Smettere di allenare April?…non so cosa le passi per la testa”

 

“vorrebbe qualche attenzione in più Buffy”

 

“attenzione che in questo momento mi risulta difficile darle! Forse non si è resa conto che non siamo in villeggiatura, ma sta per iniziare una apocalisse!” la rabbia aveva preso il posto della delusione

 

“Buffy…non lo so!”

 

“scusami Will – si strofinò la fronte – è che sono stanca…io…io non so se sono in grado di occuparmi di tutto questo”

si vestì in fretta, afferrando la borsa con le armi che teneva in camera. Adesso era la ronda il problema principale…passare con Spike tutta la notte.

 

“ciao” sussurrò all’amica prima di uscire

 

*     *     *

 

April si diresse a casa, stanca dopo i lunghi allenamenti. Il computer era acceso e la pagina della chat indicava che lui si era collegato.

 

Bene…sospirò profondamente, sedendosi alla scrivania e iniziando a digitare

 

>Dispersa

sono qui

 

>Master

ciao Dispersa, come mai sei rientrata così presto?

 

>Dispersa

buona sera Master

questa volta è uscita sola

 

>Master

chi?

 

>Dispersa

la ragazza di cui ti ho parlato qualche tempo fa

 

>Master

cosa è successo?

 

>Dispersa

abbiamo parlato

 

>Master

credi che ricambi la tua stima?

 

>Dispersa

perché me lo chiedi?

 

>Master

prima sembravi non esserne sicura

 

>Dispersa

ora lo sono

 

>Master

perché è uscita senza di te?

 

>Dispersa

doveva perlustrare il territorio

>Master

e cosa cerca?

 

>Dispersa

la tana del lupo

 

>Master

e lo prenderà?

 

>Dispersa

credo proprio di si

 

>Master

si è fatto tardi, buona notte Dispersa

 

>Dispersa

grazie per avermi ascoltata, buona notte

 

In una sala buia, un’alta figura si alzò dall’antica scrivania in legno intarsiato. Soffiò sulla candela che si consumava sul banco, sorridendo impercettibilmente: presto sarebbe arrivata da lui, non poteva presentarsi impreparato.

Chiamò un compagno con voce sorda, il quale non tardò ad arrivare, aprendo la porta che dava in un oscuro corridoio

“metti due guardie alla porta, due childe possibilmente. Avremo visite questa notte, e noi non vogliamo che lei ci sfugga vero? Fatela entrare, mi raccomando…poi le daremo il benvenuto” la sua voce melliflua risuonò nella stanza disadorna di qualsiasi decorazione 

 

Si diresse a passo rapido in direzione del cimitero, movendo spasmodicamente gli occhi da un lato all’altro della strada. Si sentiva osservata e ciò la metteva in ansia…il velo scuro della notte ricopriva già ogni cosa, escludendo dalla sua vista i contorni delle case e degli alberi. Il vento fischiava sommesso tra i rami, spazzando le foglie cadute, che mulinavano vorticose ai suoi piedi.

Si strinse maggiormente nel soprabito, non perché avesse freddo, ma a causa di una sorta di alito gelido che le percorreva costante la mente, facendole ricordare a cosa stava andando incontro.

In quei tre giorni erano successe tante cose…la sua vita non era più così frenetica. Ora si sentiva spazzata, i fatti avevano preso il sopravvento su di lei, soffocandola; poteva non essere in grado di sopportare tutto quello che le era caduto sulle spalle.

Sua sorella era delusa perché non lei le stava più vicino, Spike era arrabbiato perché non riuscivano a chiarirsi una volta per tutte, April era depressa perché si sentiva esclusa dalla vita, in cui l’unica cosa che aveva veramente senso era il suo compito di cacciatrice e, per finire, dovevano sventare l’ennesimo tentativo del male di prendere il potere. Era ancora capace di fare tutto questo da sola?

…perché, in fin dei conti, tutti loro erano soli. Tra loro era rinato un rapporto, non lo negava, ma sarebbero stati ancora squadra di un tempo?  Quei due anni di lontananza li avevano logorati nello spirito e la normalità si era prepotentemente fatta largo nelle loro vite, facendo calare una coltre grigia da cui difficilmente si sarebbero sollevati.

Cosa li univa prima?…con dolore si rese conto di non saper dare una risposta a quella domanda.

…la comunione di un segreto come quello della presenza di demoni e vampiri? No, doveva essere qualcosa di più forte…

…la tacita decisione di combattere insieme?

 Quale sentimento era stato così pressante da renderli capaci di formare un’unione così duratura?…

 

Il vento scivolò tra i suoi capelli, riscotendola dalla cascata di pensieri. Un solo lampione illuminava la strada deserta che conduceva al cimitero: si appoggiò cautamente ad esso, in posizione di attesa.

Considerò l’ironia della cosa…tre giorni prima era seduta alla sua scrivania, con una rassicurante pila di scartoffie da analizzare e Mark che la aspettava per la cena; ora invece si appostava nel cuore della notte davanti ad un cimitero , attendendo che Spike arrivasse, per poi andare a perlustrare la zona in vista di un’apocalisse.

Già, Mark. Erano più di due giorni che non gli telefonava…un fastidioso senso di colpa la invase. Come poteva trattare così l’uomo che la aveva aiutata a ristabilire un contatto con la normalità, ma soprattutto ad assopire quel suo irrefrenabile bisogno di passare all’azione? Era grazie a lui, alla calma che le donava, che era riuscita a superare i durissimi momenti dopo la sua perdita di identità…perché di questo si trattava: una cacciatrice senza potere è come un lupo senza zanne, non sarà mai una cane mansueto.

E poi aveva affievolito il ricordo di lui…le aveva permesso di nascondere i ricordi in un cassetto della sua mente.

Ora però tutto era ritornato come prima…o quasi. Loro però non erano più le stesse persone, sarebbero riuscite a sconfiggere ancora una volta il male?…

E poi c’era lui: Spike. Il tasto più dolente. Ricordava come si era sentita la prima volta che gli aveva parlato al telefono, dopo la sua presunta morte. Una sensazione di gelo la aveva invasa…perché, non riusciva a domandarsi altro che questo. Perché non le aveva comunicato di persona che era tornato in vita? Aveva paura che lei non sarebbe accorsa?…un moto di rabbia la colpì. Avrebbe lasciato tutto per lui: New York, il lavoro, Mark. Non le sarebbe importato dove, bastava che fossero insieme. Ma lui evidentemente non la pensava così.

Ed il fatto che adesso potesse stare alla luce del sole? Anche quel nuovo cambiamento per lei era un mistero di cui non avevano mai discusso…non che avessero avuto molte possibilità ad onor del vero. Eppure non si capacitava della sua freddezza, sarebbe bastato così poco per darle un’altra possibilità. Un’altra possibilità di amarlo, di dargli la felicità da lui tanto cercata…

Sbuffò: aveva trovato un’altra che potesse offrirgli la stessa cosa. Una persona meno faticosa magari, una che non scappa dopo ogni notte passata insieme, una che non lo insulta, con cui non fa a botte. Già…chi era lei per recriminare? E a cosa sarebbe servito poi?

Era passato il tempo delle fiabe, entrambi si erano resi conto che in un attimo la sottile bolla di sapone che proteggeva la loro missione sarebbe scoppiata, e allora la normalità avrebbe ripreso il sopravvento… i doveri avrebbero ripreso il sopravvento.

Eppure non riusciva a togliersi dalla mente che avrebbero potuto essere felici, felici davvero. Le sarebbe bastata solo un’altra occasione, anche se aveva imparato a sua spese che spesso il mondo non la concedeva.

 

Spike la fissava poco lontano, nascosto nell’ombra. Eccola là: Buffy, il suo sogno impossibile. Se ne stava mollemente appoggiata al lampione, aspettando…lui. Che situazione strana!

Ed in un attimo alla sua immagine si sovrappose quella di Fred. Sì, la sua dolce ragazza. La calma, la pacatezza, il buon senso, la sua capacità di capire…ecco cosa lo avevano intimamente colpito in lei.

Sorrise: l’esatto contrario di Buffy.

Buffy…la sua droga. Solo Fred era riuscita a trovare l’antidoto per placare il desiderio di lei. Il diavolo sapeva quante volte avrebbe desiderato alzare quel telefono, per comporre il prefisso di New York e sentire la sua voce, anche solo per un istante…ma sarebbe stato un male, ne era convinto.

Con Fred aveva trovato un equilibrio, una calma che nessuno gli aveva mai donato. Nessuna irruenza, nessun odio…ma anche nessuna passione. Il loro era un amore dolce, rilassato. In un certo senso Fred non aveva mai visto i suoi lati negativi…non si era mai lasciato andare alla rabbia in sua presenza, e nemmeno dai sentimenti più irruenti. Così, lentamente, si era assopita anche la sua anima inquieta.

Era bastata però solo una parola a ridestarla…Buffy. Sapere che avrebbe potuto correre qualche pericolo.

Allora il suo cuore sonnolento si era svegliato….e si malediva per questo, ma non poteva farci niente. Per quanto si allontanasse o tentasse di allontanarsi da lei, non c’era via di uscita a quel sentimento. Non era più amore, né era quasi certo, ma non riusciva a trattenere un fremito, ripercorrendo per l’ennesima volta, nella sua mente, i suoi ultimi istanti con lei.

No, non avrebbe mai dimenticato la delicatezza della sua pelle, le sue labbra, i suoi occhi. Erano incisi a fuoco nella sua lunga memoria, più dei ricordi di Drusilla, più di ogni cosa…lei faceva indissolubilmente parte della sua vita, che lo volesse o meno.

 

Si avvicinò lentamente al lampione, gettando il mozzicone di sigaretta ormai consumata.

 

“eccoti qua riccioli d’oro”

 

“eccoti qua Bubu” sorrise con sarcasmo, nessuno oltre a lei avrebbe potuto ricordare quell’orribile soprannome affibbiatogli da Harmony.

 

Si appoggiò al lampione, fino quasi a sfiorarle il capo con la mano.

“allora, come si procede?”

 

“ormai entrambi conosciamo il cimitero, credo. Dobbiamo avvicinarci di più alla casa” aveva cercato di usare un tono garbato, in modo da non fomentare un’altra discussione

 

“bene allora”

-quando imparerai Buffy, che con me il trucco della educata ma fredda non attacca?- Sospirò, facendo strada

 

i due si incamminarono in direzione della casa, situata nell’area periferica della città, di qualche chilometro discosta dal camposanto. La sagoma scura si stagliava in lontananza, dietro lo sfondo di un cielo terso e scuro.

 

Camminavano su di uno stretto marciapiede, cosicché le loro spalle si sfioravano ad ogni passo. La tensione era palpabile e quella vicinanza disturbava entrambi.

 

“allora…come procedono gli studi con Giles?” chiese lei, ostentando tranquillità. Dovevano assolutamente parlare di qualcosa, oppure il silenzio li avrebbe soffocati

 

“bene, credo che sia emerso qualcosa di interessante dai libri di Ripley. L’Adunanza però è già cominciata e di solito non dura più di una o due notti. Credo che domani sia il momento, in genere per questo genere di cose si predilige la mezzanotte. Giles ha intenzione di attaccare domani, appena tramonterà, abbiamo alcuni incantesimi abbastanza potenti da mettere al tappeto i seguaci, ma al maestro dovrete pensare tu e la ragazzina”

 

lo ascoltava tentando in tutti i modi di mantenere l’attenzione su quanto diceva, senza concentrarsi eccessivamente sul suo viso. Troppi ricordi erano legati a quegli occhi che, aveva notato, non indugiavano mai più i qualche secondo nei suoi

 

“bene” mugugnò

 

“April come va?”

 

Buffy sospirò, ecco un altro argomento che le stava a cuore “tecnicamente è preparata, ma le manca qualcosa. È difficile portare da soli il fardello della cacciatrice”

 

“e tu ne sai qualcosa immagino” commentò lui

 

“per me era diverso. Io avevo Willow e Xander e poi tutti gli altri, avevo Giles. Lei invece si ritrova un disastro di osservatore, nessun amico e un bel po’ di problemi in famiglia”



“te la sei presa a cuore vero? Quella ragazza intendo” nelle sue parole non c’era derisione, anche se egli sapeva in cuor suo che si sarebbe affezionata alla ragazza dal primo momento che si erano incontrate.

 

“già” abbassò gli occhi, ecco un altro problema che non sapeva come risolvere

 

procedettero senza parlare per il resto del tragitto. L’alone della litigata della mattina non era ancora evaporato del tutto.

 

Il viale alberato aveva lasciato il posto ad uno squallido paesaggio di palazzi diroccati e magazzini in disuso, che occhieggiavano sinistri alla luce della luna.

Buffy si voltò verso il vampiro, che si perse ad osservare i suoi lineamenti leggeri al chiaro di luna…sembrava fosse passata un’eternità dall’ultima volta.

 

“da che parte consigli di andare?” chiese leggermente imbarazzata, accorgendosi dello sguardo di lui.

 

“destra…sinistra, vedi un po’ tu” rispose con un’alzata di spalle, costringendosi a fissare con inspiegabile interesse un portone in legno uscito dai cardini che si trovava alla sua destra.

 

“ottimo suggerimento direi” commentò Buffy, già spazientita a causa del suo modo di fare distante e poco interessato. Sembrava quasi che le facesse un favore essere lì.

La tensione cresceva tra loro, e lei sentiva che era di nuovo sul piede di guerra; purtroppo per lui, non aveva nessuna intenzione di intavolare una discussione: non era ne il momento ne il luogo adatto.

Si riscosse dai suoi pensieri, cogliendo con crescente nervosismo che il suo sguardo era nuovamente puntato su di lei. Se cercava di farle perdere le staffe quello era il modo giusto.

“allora io vado a destra, tu a sinistra. Ci ritroviamo qui tra mezz’ora esatta” disse in tono freddo

 

“bene capo…ognuno per la sua strada allora” commentò acido, il tacito riferimento alla discussione di quella mattina la indispose ulteriormente.

 

Senza una parola si diressero in direzioni opposte: lui imboccò un vicolo buio, lei invece la larga strada che portava all’edificio in cui probabilmente alloggiava il maestro.

I due si diedero le spalle, allontanandosi velocemente uno dall’altra. Nonostante i ripetuti imperativi rivolti a se stessa per dirigersi dritta verso la parte opposta alla sua, si girò meccanicamente a guardarlo.

Lo spolverino nero sfiorava leggermente l’asfalto ancora umido di pioggia, gonfiandosi ad ogni passo. Le mani si nascondevano mollemente nelle tasche, cosicché l’unica cosa che si distingueva, seppur indistintamente, era il suo capo biondo che si perdeva nell’oscurità. Scosse la testa, voltandosi ed iniziando a camminare, sfiorando le pareti sudice degli edifici.

 

Perché diavolo la fissava in quel modo prima? Ricordava fin troppo bene quando le rivolgeva lo stesso sguardo, facendola rabbrividire impercettibilmente. Sembrava quasi volesse…provocarla? Ma provocarla a cosa? Era passato il periodo in cui lui la attirava nella sua cripta, facendole capire che anche lei ne aveva bisogno…

 Ma no…non poteva essere. Un moto di rabbia la percorse: ora lui aveva un’altra ragazza. Non capiva nemmeno perché ciò le desse così fastidio, dopotutto anche lei stava con un uomo diverso da Spike, dopotutto loro non erano nemmeno mai stati realmente insieme...esistevano un mare di dopotutto, eppure quel pensiero le provocava comunque un moto di stizza.

 

Spike si diresse con passo deciso nel vicolo, lottando contro il desiderio di voltarsi. Sentiva i suoi occhi sulla schiena…cosa stava osservando?

Sorrise impercettibilmente, allora non era l’unico a provare un certo interesse. Tuttavia entrambi sapevano che era solo un riflesso dell’antico sentimento che lui univa…avevano fatto scelte diverse, e la sua comprendeva Fred. Il sorriso scomparve. Perché mai ogni volta che pensava a lei non si sentiva rincuorato, come invece era sempre successo? Buffy non aveva perso il suo potere su di lui…era sempre riuscita a rapire ogni suo pensiero anche solo con uno sguardo.

Pensò alla ragione che lo aveva spinto ad andare fin laggiù…non lasciarla sola. Ecco perché lo aveva fatto.

Sarebbe bastato un attimo per dirglielo, tutto però poi saprebbe cambiato, diventando se possibile ancora più complicato.

 

Buffy si riscosse da quei pensieri, concentrandosi unicamente sul palazzo che si stagliava infondo al viale. Con passo felpato si avvicinò all’entrata, appiattendosi al muro retrostante.

 

Davanti all’ingresso due vampiri si guardavano attorno, vigili.

 

Sorrise, allora il maestro non era poi così sicuro della riuscita del suo piano se metteva due dei suoi seguaci di guardia alla porta.

 

Si acquattò vicino all’alta siepe che delimitava il cortile, tentando di avvicinarsi il più possibile ai vampiri. Osservava la zona circostante: le erbacce infestavano il tratto di giardino antistante l’ingresso e il palazzo sembrava pericolante ed abbandonato da tempo. Le imposte delle finestre sbattevano contro la parete a causa del vento leggero e nessuna delle stanze interne alla villa erano illuminate. Stava per muovere un altro passo in direzione della porta, quando una fiamma soffusa prese vita nella finestra più in alto.

Una sagoma scura si disegnò sul vetro della finestra…sembrava volesse tacitamente invitarla ad entrare…

 

Fissò di sfuggita i due scagnozzi piazzati davanti alla porta: uno dava le spalle al compagno. Mossa non molto astuta da parte loro…

 

Con qualche balzo avrebbe potuto sorprenderli, eliminarli e correre al piano superiore…

 

un lucido lampo di genio: così avrebbe evitato il compirsi della apocalisse, April non avrebbe più dovuto essere allenata, Dawn non si sarebbe più sentita esclusa, Willow non avrebbe usato la magia, Spike sarebbe tornato a Los Angeles dalla sua ragazza per fettina e lei di nuovo da Mark…

un moto di rabbia la percorse alla penultima osservazione: lei era troppo per i gusti del vampiro? Troppo egocentrica, troppo moralista, troppo lunatica? Beh, ora la avrebbe conosciuta anche in veste di troppo pazza!

 

I suoi muscoli erano in tensione, pronti a scattare: la gamba sinistra poggiata a terra, diede la spinta al resto del corpo per partire e sorprendere le due guardie distratte.

 

Dov’era Spike in quel momento? A perlustrare vicoli probabilmente…quel pensiero le sfrecciò nella mente nell’esatto istante in cui il suo corpo si lanciava verso il combattimento: presto i due la avrebbero vista…

 

un senso di abbandono si impossessò di lei…si trattava di una mossa avventata, era vero, ma non riusciva a rendersi conto delle conseguenze. C’era un qualcosa di liberatorio nel suo gettarsi nella mischia a quel modo, una sorta di estrema dimostrazione verso il mondo. Lo stesso mondo che le stava nuovamente franando addosso: Dawn, April, Spike, Willow…non dovevano aspettarsi così tanto da lei. Dopotutto era solo una ragazza…

 

…ecco a cosa la avevano spinta!

 

aveva oltrepassato la siepe, e in quell’istante avrebbe voluto tornare indietro

 

ma era troppo tardi

 

troppo tardi

 

dall’altro dell’ultima finestra le sembrò quasi che la figura proiettata dalla luce sorridesse…e faceva bene a sorridere, presto avrebbe avuto una cacciatrice

era tutta protesa in avanti…

 

si sentì strattonare per un braccio e spingere contro la siepe, le foglie secche strisciarono contro il suo viso leggermente imperlato di sudore.

La mano che la teneva saldamente non lasciò la presa, spingendola con forza verso i palazzi abbandonati che si era lasciata alle spalle.

 

L’ombra alla finestra scomparve con un soffio di vento sulla fiamma

 

Buffy sbattè contro il muro di una vecchia fabbrica in disuso, che faceva da angolo alla strada principale; la morsa intorno al suo braccio non si era ancora allentata.

 

“ma cosa diavolo volevi fare!” bisbigliò con voce rabbiosa Spike, avvicinando il viso a quello di lei e schiacciandola ulteriormente contro la parete “serve un cartello per spiegarti che lì sverna il maestro?!” non la aveva ancora lasciata andare

 

“no, non serve un cartello – strappò il suo braccio dalla mano di Spike, allontanandosi di qualche passo e scostando i capelli che le erano scesi sul viso, nei suoi occhi c’era la stessa rabbia che albergava in lui – tu cosa diavolo volevi fare!”

 

Spike la fissò, non sapeva se sorpreso o adirato

“cosa vorresti dire – sbottò, aprendo le braccia. Il suo sguardo era duro – che era tutto premeditato? Che stavi volontariamente andando a cacciarti e a cacciarci tutti nel più grande casino dopo la scoperta dell’America?”

 

Gli si avvicinò di nuovo, le suole dei suoi anfibi scricchiolarono al contatto con l’asfalto bagnato; alzò il viso verso quello del vampiro, a pochi centimetri di distanza, guardandolo negli occhi

“no, avevo intenzione di farla finita con questa storia” sussurrò con la stessa voce rabbiosa

 

 non si scostò “quale storia di grazia?” rispose con ira sarcastica

 

Lei sorrise amara, facendo qualche passo indietro, senza lasciare il suo sguardo “ma come? Non dirmi che non te ne sei reso conto anche tu! Tutta questa faccenda del maestro, della cacciatrice…è la più grande buffonata a cui abbia preso parte – tornò verso di lui, continuando a sorridere, con dolore mal celato – io che ritorno a fare la cacciatrice e insegno a combattere alla ragazzina – si battè il petto, indicando poi la città con una mano – e tu che ti rimetti addosso la maschera di cavaliere dal cavallo bianco – puntò le braccia nella sua direzione – e tutto questo, noi che facciamo la ronda insieme, che ci alleniamo insieme, io che sto in camera con Willow, e lei che rimette il naso in libri che avrebbe dovuto eliminare dalle sue letture preferite…Maledizione! – gridò, l’eco dell’imprecazione viaggiò per i freddi vicoli – perché lo stiamo facendo Spike? – non attese la sua risposta – perché torniamo a torturarci così?”

 

“credi che io mi diverta? Eppure non mi sembra una ragione sufficiente per buttarsi in un nido di vespe, se mi passi l’eufemismo”

 

“oh, certo che non ti diverti! – disse con rabbia- dopotutto tu hai un lavoro perfetto – sbuffò – con Angel, così puoi dire con sicurezza che sei dei buoni, hai nuovi amici perfetti, certo Cordelia ha evidentemente qualche rotella fuori posto ma va bene lo stesso – commentò sardonica, poi fece finta di fermarsi a pensare – a già, hai anche una ragazza perfetta che fa la calza mentre tu sei qui a rischiare la pelle per quella pazza ingrata della tua pseudo-ex! come sei eroico!” lo derise

 

si avvicinò a lei, afferrandole di nuovo il braccio e stringendolo fino a farle male

“ma davvero? E tu invece? – disse con foga, tentando però di tenere basso il tono di voce, dopotutto non erano lontani dal palazzo del maestro – riesco quasi a vederlo il tipo con cui stai: uno di quei dottorini con gli occhiali calcati sul naso, tutti dolci ed equilibrati, che hai debitamente addestrato con uno dei tuoi sguardi profondi e malinconici! Ti è caduto ai piedi immagino…e scommetto che si sente anche in colpa perché sei fondamentalmente una frustrata”

 

erano entrati in un argomento fino ad allora tabu

 

“e non è stato l’unico se ricordo bene” commentò con perfidia

 

la spinse di nuovo contro il muro

“non mi provocare” sillabò lentamente, come se volesse riacquistare il controllo di sé

 

“vai al diavolo! Andate al diavolo tutti! Cosa volete da me? – non si scostò, fissandolo intensamente, il suo sguardo celava un’angoscia ormai divenuta insopportabile – ho un carattere orribile, sono una frustrata ed egocentrica come mi hai gentilmente ricordato, non apprezzo i miei amici, metto i piedi in testa al mio ragazzo, trascuro mia sorella e tratto male te! Va bene, è vero…cosa pretendi allora?” aprì le braccia, in segno di resa “non posso farci niente…non dirmi che non ti sei mai domandato perché hai amato una persona tanto insopportabile!” le scese una lacrima, immediatamente asciugata con il palmo della mano

 

Spike si voltò, senza più fissarla

 

“Avanti… - biascicò l’altra, sorridendo amara – sbattimi in faccia la tua realtà perfetta e dimmi che sei venuto solo per mostrare per l’ennesima volta che sei superiore a me, che non porti rancore, che tutto quello che ho e che abbiamo fatto è finito tra i ricordi da cancellare!”

 

i due rimasero in silenzio per lunghi istanti

 

“perché sei venuto?” la ragazza lo fissava con occhi gonfi e rossi, lucidi dalle lacrime di dolore e rabbia. Il suo tono basso malcelava la voce ferma e dura, scossa solo dal tremito leggero delle labbra

 

non rispose, sospirando

 

“perché sei venuto!” gridò quasi, reprimendo un singhiozzo

 

non ce la faceva a rimanere in silenzio “sono venuto per te!” gridò il vampiro “perché altrimenti? Credi che mi importi qualcosa di questo maledettissimo angolo di mondo? Degli abitanti indifesi di qui?…ma Angel mi aveva avvertito: avrebbe fatto male” concluse, alzando lo sguardo verso il cielo notturno

 

rimase in silenzio per qualche istante, scossa dalla dichiarazione così inaspettata

“bene…e ti sei reso conto che aveva ragione immagino”  quella frase le aveva fatto più male di quanto desse a vedere “vattene” disse con un filo di voce

“vattene!” urlava di nuovo

 

“no” rispose risoluto

 

“non voglio la tua pietà né il tuo disprezzo, vattene!”

 

“smettila! Sta zitta Buffy…cosa vuoi che ti dica? Che hai ragione a dire che sei una persona orribile? Che non vedo l’ora di ritornare a casa e che mi hai incasinato di nuovo l’esistenza?”

 

“oh…mi dispiace, sei diventato anche tu Mister Sofferenza” commentò con sarcasmo

 

“non parlare in questo modo di Angel!”

 

“e da quando siete amici? Oh, giusto, deve averti insegnato il metodo per tenersi lontani dalla sottoscritta senza dare più notizie!”

 

La spinse contro il muro, avvicinandosi nuovamente

 

“smettila” le sussurrò minaccioso all’orecchio

 

lo guardò con aria di sfida “prova a fermarmi” rispose con voce tirata dalla rabbia

 

la schiacciò alla parete e…la baciò, facendosi spazio con foga tra le labbra. Lei reagì, tentando per un instante di allontanarlo, ma sapevano entrambi che non si sarebbero più fermati.

 

Le afferrò le braccia, poggiandole al muro e immobilizzandole

 

Il bacio non era ancora cessato, e lei rispondeva con altrettanto ardore, intrecciando le dita con le sue e respirando affannosamente

 

Si spostò a baciarle il collo, sentendo le mani di lei affondare nei suoi capelli e stringere la schiena

 

Buffy ansimò violentemente, riconquistando le sue labbra e attirandolo maggiormente a sé

 

Le circondò la vita con le braccia, lasciando che infilasse le mani sotto il suo spolverino di pelle. La sentì accarezzagli il torace a la schiena, ritornando a baciarle il collo

 

Senza staccarsi nemmeno un attimo strisciarono contro la sudicia parete, trovando a tastoni la porta per l’edificio. Senza pensarci due volte Spike si girò di spalle, sfondandola e portando con se nella caduta la ragazza

 

Si ritrovarono a terra ancora avvinghiati, distesi questa volta sul freddo pavimento della fabbrica. Spike la alzò tirandola per le spalle e scostando con foga la giacca nera che indossava, che cadde a terra dietro i due. Quasi le strappò di dosso gli indumenti, gettandoli alla rinfusa.

Accarezzava la sua pelle morbida e calda, baciandole le spalle…Dio quanto le era mancata!

 

Buffy, spostando la testa di lui per un istante, gli sbottonò con impeto la camicia, sfiorando il suo torace nudo e fresco…lui le afferrò le mani, immobilizzandola nuovamente e riconquistando le sue labbra

 

Per un istante si guardarono negli occhi, incapaci di parlare. Se avessero indugiato un altro istante tutto sarebbe finito, lo sapevano

 

Si gettarono uno sull’altra: quanto tempo era passato dall’ultimo contatto tra le loro pelli…troppo per fermarsi proprio ora.

 

*     *     *

 

La fresca luce mattutina filtrava dalle inferriate posizionate all’altezza del soffitto, svegliando i due amanti.

I vestiti erano sparsi lì intorno e i due giacevano ancora avvinghiati, coperti dallo spolverino nero di lui.

 

L’aria umida li richiamò alla realtà

 

Buffy si sollevò lentamente, intorpidita.

Si guardò intorno: ma dove diavolo erano? Lanciò una rapida occhiata, con una mano ancora appoggiata sul petto del vampiro.

 

Una fabbrica in disuso. Erano in una fabbrica

 

Si coprì maggiormente con il cappotto, intirizzita da un soffio di vento che faceva frusciare i panni ingrigiti sui vecchi macchinari. Puntò gli occhi fuori dalla finestra: l’alba.

 

“Buongiorno” sentì sussurrare

 

“Buongiorno” rispose lei, il tono non era alterato come quello della sera prima

 

poggiò i gomiti a terra, rimanendo a guardarlo mentre si stiracchiava

 

“che c’è?” domandò, quasi con dolcezza, accorgendosi dello sguardo di lei. Non volevano distruggere l’incanto che si era creato tra loro…poteva durare ancora qualche secondo, giusto il tempo che i pensieri sul domani facessero capolino alle porte della loro mente

 

“niente” sorrise lei, abbassando gli occhi e lasciando che alcune ciocche di capelli le ricadessero sul viso

 

rimasero a fissarsi per qualche secondo, senza alcun imbarazzo. Nessuno sapeva cosa pensare…cosa era successo quella notte?

 

“dobbiamo…dobbiamo alzarci Spike” sussurrò lei. Lo guardò con malinconica ironia, lanciando un’occhiata alle alte finestre “questa volta non puoi dirmi che sei bloccato perché è giorno”

 

la guardò mettersi seduta e coprirsi il corpo con la sua giacca.

 

La prese delicatamente per un braccio, fermandola

“Buffy…resta con me”

i raggi del sole giocavano con l’azzurro dei suoi occhi, illuminandoli di una luce chiara e intensa. La fissò con un’espressione indecifrabile, qualcuno la avrebbe potuta interpretare come d’amore, un altro come il desiderio di non spezzare quegli istanti, un altro ancora poteva leggervi la stessa malinconia della voce di lei…

 Buffy sentiva che era la sua anima a parlare, l’anima che aveva conquistato per lei, dove sperava di aver conservato un posto.

Mille ricordi le affollavano la mente…l’ultima notte, prima della battaglia finale…lei aveva pronunciato quelle stesse parole. Era come se lui volesse dolcemente pareggiare i conti

 

…già, basta faccende in sospeso…

 

Lui aprì le braccia, lasciando che lei si adagiasse sul suo petto, per poi stringerla in un tanto desiderato abbraccio. Buffy si lasciò circondare dal calore, poggiando una mano sopra il suo cuore…quel cuore morto che aveva saputo donarle più di quanto meritasse.

 

Le sfiorò i capelli con un bacio, inspirando ancora una volta il suo profumo. Dio quanto gli era mancata quella sensazione avvolgente…la strinse più forte. Il tempo passato…non contava più nulla, ora erano lì, di nuovo, insieme.

 

Buffy cercò la sua mano, intrecciando le dita con le sue, un nodo alla gola le impedì di parlare; le lacrime premevano, ma le ricacciò. Spike…quello era Spike. l’unico che aveva imparato a leggerle nell’anima, l’unico che era riuscito a scaldare il suo cuore divenuto freddo. Eppure sentiva quegli istanti di gioia rilassata scorrerle come sabbia inesorabilmente tra le mani, presto tutto sarebbe finito…

 

“Buffy?” la chiamò lui in un sussurro, abbassando il capo fino a sfiorarle la fronte

 

“Sì?” tentò di mascherare un singhiozzo

 

la strinse più forte, sospirando profondamente…lei lo aveva cambiato, per lei aveva trovato l’anima, per lei era morto…solo per lei, solo per lei. Non voleva lasciarla andare. No, non voleva. Era quella la ragazza che aveva amato, per cui era morto felice…tutto ciò che si erano detti la sera prima era già dimenticato, come aveva potuto giudicarla orribile? Mentre la abbracciava tutto riacquistava un senso, come era sempre stato.

…l’unica cosa di cui sono sicuro sei tu…

“che c’è?” domandò, sapeva però quello che la angosciava

 

“sai…stavo pensando che… – tentò di nascondere le lacrime mantenendo il suo tono di voce al minimo –qualcuno lassù ci ha dato un’altra occasione. Una fabbrica abbandonata…ti ricorda niente? – sorrise, piangendo sommessamente sul suo petto – adesso…adesso però…”

 

le poggiò due dita sulle labbra, accarezzandole la guancia

 

“lo so…lo so” un sussurro portato via dalla fine brezza mattutina

 

l’angoscia aveva preso entrambi…sapevano anche fin troppo bene cosa sarebbe successo, la vita era andata avanti, loro adesso vivevano su due piani diversi, in due universi distanti… quell’incontro fugace non avrebbe cambiato la situazione. Eppure non avevano la forza di allontanarsi l’uno dall’altra, pur consapevoli che rimandare sarebbe stato ancora più doloroso.

 

Cosa sarebbe successo?…chi erano diventati dopo quella notte? i cambiamenti, indelebili. I danni, incalcolabili.

…Fred…Mark… due nomi marcati a fuoco nelle loro menti, che bruciavano ogni secondo di più, lasciando una voragine nella loro anima già devastata dalla prospettiva di separazione.

 

Ma dovevano prepararsi…la vita si stava facendo spazio prepotentemente, disturbando la quiete di quei dolci seppur angosciosi momenti.

 

Buffy tremò…aveva paura di sentire la pressione della mano di lui sulla sua spalla, per incitarla ad alzarsi. Sapeva che qualcosa in lei si era irrimediabilmente guastato…Mark le sarebbe di nuovo bastato?…non era il momento però di pensare, sentiva solo la sua pelle fredda sotto di lei. Nient’altro.

 

Spike rimase in silenzio, continuando a stringerla con forza. Ascoltava il ritmico battere del suo cuore contro il petto…quello stesso cuore dove aveva tante volte desiderato di prendere un posto…ed ora, ora che aveva avuto la conferma di un sentimento solamente sussurrato molto tempo prima…ora dovevano separarsi. Perché? Perché era giusto, perché non si poteva cancellare quello che era successo, altri erano entrati nelle loro vite, altri ne avrebbero sofferto.

 

Passò con dolcezza una mano sui suoi capelli, lasciando trasparire l’angosciosa sofferenza che lo attanagliava…quanto avrebbe desiderato non muoversi e rimanere così per l’eternità.

 

Buffy capì

 

La sentì spostarsi, il suo peso che lo abbandonava…avrebbe voluto fermarla, tornare a stringerla ancora un istante, invece la liberò dall’abbraccio. Si perse ancora una volta nei suoi occhi, lucidi dal pianto, però sempre vivi, illuminati da una scintilla che aveva trovato solo in lei. Solo in lei.

 

Buffy si alzò, infilandosi in silenzio i jeans e la maglietta lasciati cadere vicino a lei la notte precedente. Senza un suono che non fosse il frusciare del cotone gli passò la camicia, soffermandosi ancora un secondo nello sguardo di lui e subito rifuggendo. Era già abbastanza doloroso.

 

Buffy si inginocchiò a terra per allacciare gli anfibi, non avevano ancora proferito parola. Si pettinò i capelli con le dita, chiudendoli con una molletta, per poi raddrizzarsi e guardarlo.

 

Anche lui era vestito, già con lo spolverino addosso.

 

“bene…” il vampiro allontanò lo sguardo, non sapeva cosa dire

 

“bene” concluse lei, con una sorta di risoluto dolore.

 

Alzò gli occhi “Spike?”

 

lui si voltò “sì?”

 

la vide avvicinarsi lentamente, con gli occhi ancora umidi. Posò le mani sul suo petto, tenendo lo sguardo basso ma invitandolo a stringerla ancora una volta. La circondò con le braccia, senza chiedere niente ma con il cuore gonfio di sentimenti contrastanti…non poteva lasciarla.

 

Il viso della cacciatrice si avvicinò lentamente a quello di lui. Si alzò in punta di piedi, posando le labbra sulle sue per un ultimo bacio. Sentì le mani del vampiro che si posavano sul viso sfiorandolo con delicatezza, e chiuse gli occhi, abbandonandosi ancora un attimo a quel dolce gesto.

Si staccò piano dalla sua bocca, senza però allontanarsi. Non abbassò gli occhi, lasciandovi trasparire tutta l’angosciosa forza che le costava ciò che stava per dire.

 

“ti amo” sussurrò, una lacrima le solcò il viso. Glielo diceva ora: anche se inutilmente, anche se troppo tardi

 

“ti amo anch’io” le poggiò un ultimo bacio sulla fronte, assaporando il suo dolce calore come se fosse la prima volta

 

Buffy si portò le mani alla schiena, prendendo quelle di lui allacciate intorno alla sua vita, e le strinse prima di lasciarle.

Si allontanò di qualche passo, accarezzando con lo sguardo il viso del vampiro, per poi voltarsi verso l’uscita.

 

*     *     *

 

April era ancora distesa nel suo letto, immobile. Fissava con occhi vuoti il soffitto, respirando lentamente. Dalla finestra filtrava la luce del mattino, rivelando il sorgere di una cupa giornata di nebbia.

Chissà dov’era Buffy in quel momento…in perlustrazione di certo. La vedeva muoversi tra le lapidi, con Spike a suo fianco. Già, lei e Spike. Ci doveva essere stato qualcosa tra loro, ne era certa: aveva colto i taciti segnali che si mandavano con lo sguardo, anche l’inflessione nella voce di lui quando le parlava sottolineava che un sentimento contrastante ancora li disturbava. Eppure…una cacciatrice ed un vampiro…d’accordo, Buffy era una cacciatrice fuori dagli schemi, ma non pensava potesse spingersi a tanto. Il profilo affilato di Spike le riempì la mente: certo era un bell’esemplare, non lo negava, ma pur sempre di vampiro. Provava una sorta di timore nei suoi confronti, non era una realtà comune per lei che girasse un vampiro, anche se poteva stare alla luce del sole. Ecco un altro segreto di Buffy. Quella ragazza era un mistero per lei: la prima volta che la aveva vista sembrava la tipica californiana tutta feste sulla spiaggia e ragazzi in limusine, poi si era trasformata in una macchina per uccidere micidiale, che aveva saputo atterrarla in qualche secondo; nonostante l’avversione che immediatamente lei le aveva dimostrato si era addirittura preoccupata della sua salute…e infine quella mattina aveva scherzato con lei e tentato di tirarle su il morale. Non poteva nascondere che adesso le piaceva, la stimava addirittura…in pochi giorni le aveva fatto da insegnante, da quasi-amica e – non osava nemmeno pronunciare quella parola – da…sorella.

Una fitta allo stomaco la percorse: ma cosa diavolo andava a pensare? Lei aveva già una sorella, quella Dawn…quella mattina aveva notato una sorta di durezza nella sua voce, quando le rivolgeva la parola.

Si voltò da un lato, sprimacciando il cuscino.

Comunque non doveva importarle giusto? Era stata una parentesi più positiva di quanto immaginasse, tutto là. Non doveva aspettarsi niente dalla cacciatrice, le era stata dietro qualche giorno, ma sicuramente Buffy non la considerava nemmeno al di fuori dell’ambito della missione. Glielo aveva detto chiaro e tondo la prima volta che erano uscite di ronda insieme “evita di farti uccidere, ci servi per la missione”. Sentiva le sue parole risuonare nelle orecchie.

Una volta battuto il maestro Buffy sarebbe ritornata a New York, e lei l’unica cacciatrice…

Quei pensieri la avevano messa di cattivo umore

Si alzò dal letto, ricominciando a prendere a pugni il sacco appeso al soffitto.

 

Dawn era in piedi di fronte alla finestra, con lo sguardo perso nel rosa tenue del sole che nasceva. Con le braccia incrociate si stringeva nel pigiama chiaro, lasciando che i capelli le ricadessero leggeri sulle spalle.

Fissò la sua immagine riflessa nel vetro: le lentiggini erano sparite e i capelli avevano acquistato una sfumatura più scura ma li teneva ancora lunghi, proprio come piacevano a sua madre.

Si voltò verso l’armadio aperto, dove era appeso un tallier scuro piegato con cura ed una borsa raffinata.

Ritornò a fissare l’orizzonte, il suo sguardo però si era fatto duro. Cosa chiedeva in fondo? Un po’ di considerazione, niente di più!

Ma Buffy era sempre presa dalla sua sciocca vita per occuparsi di lei, aveva gli amici, la ronda, Spike…e adesso anche April. Lei veniva solo dopo…dopo.

Poteva immaginare la sorella mentre allenava quella ragazza, scherzando e spiegandole come uccidere vampiri e demoni. Aveva provato anche con lei un paio di volte, ma era come se credesse di fare qualcosa di sbagliato. Certo, tutto quello che loro due avevano fatto insieme era sbagliato!

Dal vetro fissò Willow, rannicchiata ne suo letto che dormiva tranquilla. Le parole pronunciate da lei quella mattina le bruciavano ancora…cosa poteva saperne lei di solitudine! Lei che aveva sempre fatto ciò che più le piaceva: studiava stregoneria, si laureava con il massimo dei voti, il consiglio degli osservatori la contattava per aiutare la cacciatrice; il tutto lavorando per una delle multinazionali più potenti del mondo!

Si sentiva frustrata…frustrata perché nessuno la capiva, ma soprattutto perché a nessuno interessava capire.

 

Willow le dava le spalle, fingendo di essere profondamente addormentata. Poteva quasi percepire i pensieri della ragazza…’nessuno mi capisce, Buffy non bada più solo a me’…per quanto si sforzasse non riusciva a provare compassione per lei. ormai non era più una ragazzina, era ora di smetterla di cercare sempre rifugio dietro quelle scuse e di dare la colpa a Buffy. Doveva vivere da sola, trovare in sé stessa la forza!

La cosa che la aveva sempre stupita di Dawn era la sua incapacità di trovare amici, tranne Janet naturalmente. Forse era per quella mancanza che si sentiva inferiore a Buffy…eppure anche da quel punto di vista lei era spesso più il carnefice che la vittima: non poteva pretendere che le persone andassero da lei se rimaneva sempre chiusa nel suo bozzolo di problemi. D’altronde però lei era l’ultima a doverla giudicare…

Chiuse nuovamente gli occhi, gustandosi le ultime ore di sonno.

 

 

 

Giles era seduto ad un tavolo, nella grande biblioteca silenziosa. Solo la luce sul suo tavolo era ancora accesa. Con una mano reggeva il capo, strizzando gli occhi di tanto in tanto. Davanti a lui era aperto un grosso libro con rilegature in bronzo.

Sfogliò quasi distrattamente le pagine, chiudendolo d’un tratto.

Basta…

ripensò a quelli che definiva ancora i suoi ragazzi. Cosa credevano? Che sarebbe stato facile battere il maestro, certo! Cosa poteva essere sconfiggere un vampirello locale quando avevano sventato la fine del mondo almeno sei volte! Era qui che sbagliavano…mai sottovalutare il nemico, un errore che Buffy aveva commesso e pagato spesso. La verità era che nessuno giudicava il nuovo pericolo una minaccia, in quel momento erano presi da altre faccende…Buffy e Spike con il loro complicato rapporto, Willow e Buffy che cercavano di riallacciare un’amicizia, April alle prese con una nuova guida, Dawn con tutti i suoi problemi. Tutti quei pensieri li avevano distratti dal vero pericolo, quello concreto. Si affidavano troppo alla forza di Buffy, alla magia di Willow, al sostegno di Spike…non capivano che così tutto sarebbe fallito?

E poi non era solo il maestro il nemico da affrontare, era fermamente convinto che loro stessi sarebbero stati di impedimento gli uni gli altri…nemmeno si rendevano conto di quanto fossero cambiate le cose!

Sospirò, sconfortato

E poi ora anche il consiglio cercava di interferire! Stavano mandando un nuovo aiuto a Buffy, cosa che probabilmente le avrebbe solo complicato ulteriormente le cose. Senza contare che non era certo di poter permettere a Willow di riprendere ad usare la magia, non lo aveva fatto per molto tempo e le era costato molto rinunciarvi. Cosa sarebbe successo se avesse ricominciato?…

Appallottolò con rabbia la lettera che gli era stata mandata

 

Caro Rupert,

a Lei vanno i nostri più caldi ringraziamenti per l’aiuto dimostrato. Siamo lieti di sapere che la cacciatrice e i suoi compagni hanno accettato di buon grado la missione, speriamo che la neo-cacciatrice sia all’altezza. Onde evitare ogni possibile problema, il Consiglio ha deciso di mandarVi in supporto un altro elemento che, siamo sicuri, potrà dare manforte alla squadra. Come già Le avevamo accennato nella precedente missiva, la Custode ha risentito profondamente dell’eliminazione delle Potenziali Cacciatrici e ritiene necessario riprendere in mano la situazione. Per questo ha espresso il desiderio di incontrare l’ex prescelta, rispondente al nome di Elisabeth Annie Summers, alla quale, in caso di vittoria, verrà recapitata una formale richiesta. Confidiamo in Lei perché comunichi alla Signorina quanto sopra spiegato, in modo che la nostra notizia non Le giunga inaspettata.

Rinnoviamo i nostri sinceri ringraziamenti e le auguriamo di riuscire nell’impresa

 

Il Consiglio

 

Gelida e concisa, proprio nello stile di quel branco di perbenisti inglesi. Cosa volevano ancora da Buffy? Giles era stato contrario sin dall’inizio ad un suo coinvolgimento nella missione. Lui avrebbe partecipato senza esitazione, la sua vita era rimasta la stessa, ma Buffy…lei e gli latri avevano dovuto sopportare cambiamenti non indifferenti. Eppure era sottostato alle richieste del consiglio…ora però chiedevano decisamente troppo; sarebbe già stato abbastanza difficile per quei ragazzi adattarsi di nuovo ad una vita normale! Incontrare la Custode…

Gettò il pezzo di carta sul tavolo. Ma non poteva non dirlo a Buffy…o sì?

Passò un’altra delle sue notti insonni, con la luce fioca della lampada da tavolo come unico conforto.

 

*     *     *

 

quella mattina tutti erano in fermento. La tensione era palpabile, ognuno aveva un compito da svolgere, mancavano poche ore, poi sarebbero entrati in azione.

 

Buffy, Willow e Giles erano sedute ad un tavolo, parlando fittamente; davanti a loro l’osservatore aveva srotolato una mappa della zona periferica, cerchiando con un pennarello rosso la zona in cui si trovava la tana del maestro.

 

“Bene, allora: Buffy, tu ed April andrete avanti per liberare l’ingresso principale. Secondo i miei calcoli il rituale non dovrebbe iniziare prima della mezzanotte, e noi speriamo di fermarlo prima. All’interno della casa dovrebbero trovarsi solo i vampiri ammessi alla parte iniziale dell’incantesimo, quindi ve la caverete senza problemi. Willow: tu, Spike e Dawn entrerete dopo. Mentre Buffy ed April tengono occupati i vampiri intorno voi trovate un posto sicuro dove iniziare il rituale per bloccare il flusso di energie necessario all’apertura di una nuova bocca dell’inferno. Spike proteggerà te e Dawn. Io e Ripley intanto creeremo uno scudo intorno alla casa, in modo da evitare almeno per un po’ l’ingresso dei vampiri rimasti all’esterno…”

 

“Giles…” provò ad interromperlo Buffy

 

“…che con tutta probabilità riusciranno a sfondarlo solo dopo parecchi tentativi. Il nostro obiettivo principale rimane comunque il maestro: dobbiamo fermarlo, ancora meglio ucciderlo…”

 

“Giles…”  lo chiamò con più insistenza

 

“non sarà una cosa facile, ma possiamo farcela…”

 

“Giles!” urlò la cacciatrice

 

L’uomo si interruppe, scattando in piedi e battendo i pugni sul tavolo

“che diavolo c’è? Cristo santo Buffy, lo vuoi capire che in abbiamo tempo per altre idiozie?” nella sua voce la rabbia si mescolava alla frustrazione

 

Anche Buffy si alzò, decisa a ribattere

“ma sia può sapere cosa le è preso?”

 

“mi è preso che qui nessuno si sta dando da fare sul serio per battere il maestro! – si voltò, indicando tutti i presenti, che lo fissavano confusi – ognuno è troppo preso dai suoi problemucci per occuparsi di questo, e io non lo sopporto maledizione! Dovete mettervi in testa che questa non è una rimpatriata, ma che il nostro obiettivo è quello di evitare che qualche centinaio di demoni esca da una nuova bocca dell’inferno! Ma no…-c’era sarcasmo nel suo tono – siete tutti così occupati a confrontarvi tra voi, a vedere cosa è cambiato, a rivangare i vecchi attriti che non vi rendete conto della gravità del problema. Anche tu Buffy…sei sparita con Spike l’intera notte e ti diverti di più a fare lezioni di moralismo ad April che ad insegnarle come si combatte!” quel vortice di parole si era finalmente arrestato

 

Buffy lo fissò, il suo sguardo era diventato cupo per l’umiliazione e l’offesa subita. Strinse i pugni, tenendo le braccia tese lungo il corpo

“Sa cosa le dico Giles? Forse ha ragione, forse io non sono all’altezza del ruolo che mi hanno affidato, forse non lo ero nemmeno a Sunnydale. – la sua voce era dura e fredda come il marmo. Chiuse con una mossa rabbiosa il libro aperto davanti a lei, facendolo volare a terra – combatta da solo la sua guerra”

lo fissò un ultimo istante, prima di incamminarsi a passo deciso verso l’uscita

 

Giles la guardò allontanarsi, avrebbe voluto dire qualcosa, fermarla…la frustrazione era tale però che non riuscì a formulare una frase. Tornò a sedersi, prendendo la testa tra le mani.

 

Buffy uscì dall’edificio, spingendo con forza le porte che le si paravano davanti. L’aria tiepida del pomeriggio sfiorò il viso dolcemente, asciugando la lacrima che le bagnava il viso. Rassegnata si sedette sui gradini davanti alla porta, fissando il sole che già calava.

 

Giles aveva ragione?…con tutta probabilità sì. Forse non era mai stata adatta a diventare cacciatrice, maledisse mentalmente chi la aveva scelta per coprire quel ruolo. Chi era stato a sceglierla tra milioni di ragazze? Chi aveva il potere di distruggere così la vita di una ragazza?…pensò ad April: come doveva esserle sembrata stupida prima. Chissà cosa aveva pensato della coraggiosa Buffy Summers, quella che non arretra davanti a niente, mentre scappava di fronte al suo osservatore che le sbatteva in faccia la cruda realtà.

Sorrise amaramente

Era veramente una stupida, ma cosa si aspettava? Di poter tornare ad essere una cacciatrice, dopo tutto quel tempo? Perché…perché la avevano cercata? Perché le avevano di nuovo affibbiato il fardello del mondo?…

 

“ehi” sentì la voce dolce di Willow

 

la vide, appoggiata allo stipite della porta, che la osservava. Senza fiatare si avvicinò, sedendosi vicino a lei.

 

Buffy distolse lo sguardo, evitando di incontrare i suoi occhi e di farle vedere che aveva pianto. Si strinse le braccia intorno al corpo, fissando imperterrita l’orizzonte

 

“Buffy?” si sporse avanti, per cercare il suo viso

 

“ciao” rispose la caccciatrice in un sussurro “mi…mi dispiace per quello che è successo”

 

“Buffy…non devi scusarti. Non so cosa sia preso a Giles, ma sono sicura che non intendeva ferirti in quel modo. È preoccupato, come tutti. Lo sai che sente sempre la responsabilità sulle sue spalle!”

 

“Willow…e se avesse ragione? Se veramente io non fossi adatta a tutto questo?”

 

“lui non lo pensa”

 

“ma se fosse così? – insistette lei, con voce rotta – se avessero scelto la persona sbagliata? Ho fatto tanti errori nella mia vita Willow, tu lo sai meglio di chiunque altro. Credo che venire qui sia stato uno dei maggiori…cosa speravo di dimostrare?”

 

“Buffy…”

 

“Oh, avanti Will, guardati intorno. Questa farsa che abbiamo messo in piedi ci porterà solo a toccare ancora una volta il fondo. Non siamo più gli stessi, come possiamo pensare di riprendere i ruoli che recitavamo a Sunnydale? È come se non volessimo affrontare che Sunnydale è stata distrutta e che noi ci siamo divisi – si fermò – è questa la realtà”

 

Willow passò un braccio intorno alle spalle dell’amica

“non è questo il momento di compiangersi. Abbiamo una missione da portare a termine, poi chiuderemo definitivamente con il passato, te lo assicuro. Buffy, cerca in te la forza che avevi a Sunnydale…quella che ti faceva superare ogni cosa. Me le ricordo sai tutte le volte che sei caduta, ma ricordo anche che ogni volta hai trovato il coraggio di rialzarti. Perché ora dovrebbe essere diverso? Forse…forse non è stato giusto dividerci come abbiamo fatto. Non capitano spesso seconde opportunità” commentò mestamente

 

“Già”

 

“pensa ad April…quella ragazza ti ha preso come punto di riferimento, so che non la deluderai”

 

“come fai a dirlo?”

 

“perché non hai mai deluso me” la guardò negli occhi, per farle capire che intendeva veramente quello che aveva appena detto

 

la scosse gentilmente per le spalle, come se volesse infonderle coraggio

“forza…” sussurrò

 

Buffy si girò verso di lei, abbracciandola stretta

“grazie Willow”

 

le due ragazze si rialzarono per rientrare nella scuola, quando Giles le raggiunse all’esterno. Fissò con aria colpevole la sua cacciatrice, stringendo in pugno un foglio stropicciato.

Willow lo guardò un attimo, intuendo che voleva parlare con Buffy

 

La strega strinse la mano di Buffy, per poi lasciarla. Poi si allontanò, scambiando con lei un’occhiata eloquente

 

“io vi aspetto dentro” disse allontanandosi

 

Quando furono completamente soli l’osservatore cominciò a parlare. Teneva gli occhi bassi, stirando con le mani il foglio, visibilmente imbarazzato.

 

“Buffy… - non riusciva ad andare avanti, poi alzò gli occhi, prendendo coraggio – Buffy mi dispiace. So che siamo tutti molto tesi per la missione, tu in particolare.”

 

“non voglio che mi dica questo Giles” lo fissò, con lo sguardo rabbonito dalla tenerezza del gesto, ma comunque malinconico “forse a ragione lei”

 

sospirò profondamente, da qualche parte nel suo animo era rimasta la ragazzina insicura dei primi tempi “Buffy…non era con te che dovevo prendermela” le allungò la lettera speditagli dal consiglio

 

Buffy lo guardò meravigliata, cos’era?

 

Nonappena il foglio passò nelle mani della cacciatrice l’osservatore si voltò. Non sapeva se era stata una buona idea rivelarle di quella lettera. Aveva anche pensato di rimandarla a New York con il primo volo disponibile, senza aspettare che il consiglio riuscisse a mettersi in contatto con lei, ma ora si era ricreduto. Era adulta e poteva scegliere da sola se veramente voleva andare in fondo alla faccenda…la conosceva troppo bene per dubitarne. Avrebbe scelto di andare e incontrare la Custode, di qualunque cosa si trattasse, come aveva sempre fatto. Ma era un bene o un male?…

 

“cosa significa che manderanno un aiuto?” chiese, contrariata

“è tutto quello che so a riguardo. Ma non pensare a quello ora, piuttosto…cosa farai se il consiglio ti contatterà?” indicò con gli occhi la lettera

 

Buffy gliela porse, con gli occhi bassi

“Un problema alla volta Giles…non so nemmeno che fine farò dopo la battaglia, progettare un viaggio a Londra mi sembra prematuro” sorrise, ironica. Ecco come esorcizzava il dolore…glielo aveva insegnato qualcuno…

 

Giles sorrise timidamente e Buffy rispose con dolcezza, avvicinandosi all’osservatore che le circondò le spalle con fare paterno. In quel momento si sentivano uniti come mai lo erano stati, o come avevano scordato di essere.

 

Willow lo osservò, intimamente felice di vedere che anche tra loro si erano calmate le acque: non si potevano creare rotture proprio ora. Scorse April osservare sorpresa i due, che rientravano con il volto disteso, e sorrise. Quanto doveva ancora imparare…

 

“chi manderà il consiglio?” sussurrò Buffy a Giles, mentre consultavano alcuni manuali

 

“non lo so, potrebbe essere un loro uomo fidato, come pure un altro osservatore”

 

“già, magari un altro Wesley” sorrise lei, ricordando il suo terzo osservatore e i suoi modi goffi

 

Spike si rabbuiò: Wesley ora faceva parte della sua realtà, con lui andava a fare la ronda e studiava piani per tenere a bada la situazione nei bassifondi di Los Angeles…già, Los Angeles, non una città sperduta come Claveland, e nemmeno Sunnydale. Erano passati parecchi giorni dalla sua ultima telefonata, lo ricordò solo in quel momento

 

“devo fare una telefonata” disse laconico, prima di abbandonare la sala. Non si voltò indietro, ignaro dello sguardo triste della cacciatrice

 

si appoggiò al telefono pubblico che si trovava davanti alla scuola, illuminato da una fredda luce al neon. Compose rapidamente il numero, guardandosi intorno nervoso: non era mai troppo presto per i brutti incontri, specie se l’Adunanza era appena stata completata.

 

Il telefono squillò un paio di volte, prima che il ricevitore venisse alzato.

 

“Angel Investigations” rispose la voce calda di Angel

 

“Angel, sono Spike”

 

“Spike…Spike chi?” la sua voce si era fatta più dura

 

“evitami il tuo sarcasmo, ricorda che non possiedi il senso dell’umorismo”

 

“Dove sei?”

 

“A Claveland. Passami Fred per favore” la sua pazienza si stava pericolosamente esaurendo

 

“è uscita con Cordelia…vuoi dirmi cosa diavolo ci fai a Claveland?”

 

“c’è stato un problema e siamo qui per risolverlo” non aveva intenzione di metterlo al corrente

 

“Siete?…ti rendi conto che sono più di due giorni che non ti fai sentire? – la sua voce era di nuovo alterata – Fred ha passato le ultime 48 ore seduta davanti a questo maledettissimo telefono! Almeno un telefonata…”

 

“Lo so, lo so. – tagliò corto lui – dille che ho chiamato. Ciao”

 

“Spike…c’è di mezzo lei vero?”

 

“cosa vorrebbe dire ‘c’è di mezzo lei’?”

 

“esattamente quello che ho detto. Non hai chiamato perché c’era lei?” il suo tono fermo imponeva una risposta

 

“Abbiamo dovuto organizzarci e allenare la nuova cacciatrice”

 

“Tu e Buffy scommetto”

 

“Già, io e Buffy. C’è qualcosa che non va?” era diventato quasi minaccioso

 

“c’è che tu qui hai una vita, non dimenticarlo”

 

“cosa ti fa pensare che potrei scordarlo?”

 

“Buffy” rispose, grave

 

“sta zitto Angel”

 

“ti farà dimenticare questi due anni vissuti separati…per quanto tu cerchi di evitarlo succederà, se non è già successo. So cosa vuol dire amarla Spike”

 

“non devo riferire niente a te”

 

“devi fare una scelta! – gridò – non sperare di poter dimenticare questi giorni: rivederla, sentire il suo corpo mentre combattete…ho sempre saputo che tra voi c’era una strana forza quando combattevate, anche se ancora da nemici…ascoltare la sua voce, abbracciarla anche semplicemente da amico…ci sono passato anch’io Spike, ti tornerà in mente anche quando sarai di nuovo qui, vorrai andare a trovarla con la scusa di mantenere i contatti…pensa a quello che hai costruito qui, assieme a Fred!  Devi chiudere definitivamente con quel capitolo della tua vita…”

 

“Vai al diavolo Angel” riattaccò, ritirando furioso i gettoni dall’apparecchio

 

iniziò a camminare avanti e indietro, davanti all’entrata della scuola. Se fosse rientrato la avrebbe rivista, lei gli avrebbe sorriso…con quegli occhi incredibili, facendo comparire due fossette ai lati del viso.

Inconsciamente sorrise al pensiero

Sapeva bene che Angel aveva ragione. Dopo quanto successo la notte precedente però le cose si erano ulteriormente complicate: cosa sarebbe successo?

Non aveva esitato un attimo a rispondere al suo ‘ti amo’, quando glielo aveva sussurrato a fior di labbra, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Non ci aveva riflettuto però: era vero, oppure lo aveva detto perché lo richiedeva il momento? Se fosse stato realmente sincero tutti quei mesi con Fred non sarebbero stati altro che una spudorata menzogna. Una spudorata menzogna e nulla di più.

Le immagini della due ragazze si sovrapposero nella sua mente…quale?

Fred, la sua dolce scienziata che aveva ammesso di amarlo e non lo aveva più lasciato…o Buffy, l’amore proibito dei tempi in cui era ancora l’uccisore di cacciatrici. Già, ne aveva uccise due e si era innamorato della terza. La stessa che lo aveva rifiutato per quasi un anno, per poi dichiararsi nel momento meno opportuno…

Non le avrebbe mai perdonato quel “ti amo” sussurrato con le lacrime agli occhi, l’espressione angosciata e le labbra tremanti…non le avrebbe perdonato di averle regalato, anche solo per un attimo, uno sguardo vero…ma soprattutto non le avrebbe perdonato di avergli dato una speranza, un motivo per tornare da lei…

Ma non lo aveva sfruttato giusto? Anche quando avrebbe potuto farlo si era rifiutato di andare da lei, le aveva parlato al telefono e non aveva lasciato trapelare un briciolo di sentimento.

E allora perché?

La frustrazione si fece largo in lui

Perché non aveva saputo resistere? Perché non aveva esitato a dividerle con lei un’altra notte, ben sapendo a cosa sarebbero andati incontro?…perché un senso di angoscia lo prendeva ogni volta che pensava al ritorno? Avrebbe dovuto essere felice di poter tornare da Fred, alla sua pseudo-vita tranquilla!

 

Buffy guardava insistentemente la porta, incurante delle lunghe elucubrazioni mentali di Giles sulle infinite possibilità di fallire.

Ci stava mettendo più del previsto…certo, stava telefonando alla sua ragazza. Uno strano desiderio si fece largo in lei: avrebbe voluto conoscerla, vedere il suo viso…capire cosa aveva colpito Spike e darsi finalmente pace. Quelli erano stati giorni senza un attimo di respiro, in cui gli avvenimenti si susseguivano a ritmo vorticoso e incessate e lei non era sicura di riuscire a tenere il ritmo. Dopo la notte passata con Spike inoltre tutto si era ulteriormente complicato, solo ora cominciava a razionalizzare il pensiero di quanto accaduto. Avevano fatto l’amore. Un’altra volta, proprio come era iniziata…con la stessa passione, solo che adesso c’era stato soprattutto amore. Tanto amore represso, almeno da parte sua. Infine lei gli aveva confessato che lo amava, aveva sentito la impellente necessità di dirglielo, glielo doveva infondo. Quella di due anni prima era stata una dichiarazione a cui lui non aveva potuto credere, condizionato dagli eventi, ma quella mattina…intorno a loro non c’era niente, nessun mondo da salvare, nessun nemico da uccidere, solamente loro. Eccolo il loro momento perfetto.

Ed era stato proprio come doveva essere, pieno di romantico desiderio e di parole sussurrate…peccato solo che fosse destinato a finire. Era comunque convita che quello fosse un passo necessario per entrambi, poi forse sarebbero riusciti ad accettare l’inevitabile, ineluttabile divisione…forse

 

Il suono della porta che si chiudeva alle spalle del vampiro la ridestò dai suoi pensieri, facendola voltare in quella direzione. Aveva il viso scuro, come se avesse ricevuto una cattiva notizia…in cuor suo sapeva quanto anch’egli fosse combattuto, non si poteva cancellare quanto successo tra loro solo qualche ora prima.

 

Spike si voltò ad osservarla, notando il suo sguardo posato sul viso. Chissà cosa stava osservando con aria così assorta, lui forse?…

Perché le cose dovevano essere così complicate? Perché…nonostante tutto si perse nuovamente nei suoi occhi verdi, lasciando che lo studiassero con attenzione, in un modo a lui così famigliare, facendo altrettanto.

 

April si avvicinò furtiva a Buffy, sperando così di non attirare l’attenzione degli astati, senza però riuscire ad evitare lo sguardo inquisitore di Dawn.

Chissà cosa voleva da lei quella ragazza…inizialmente le era sembrata così ben predisposta nei suoi confronti! Tuttavia non ci fece troppo caso, scotendo con una mano la spalla di Buffy e facendola voltare

 

“Ehi…” era visibilmente agitata

 

Buffy si voltò, meravigliata dall’atteggiamento nervoso della cacciatrice

“Ehi, che c’è?”

 

April non resse il suo sguardo, puntandolo sul tavolo e sentendosi improvvisamente stupida: cosa diavolo le era saltato in mente? Cosa poteva saperne Buffy? Dopotutto aveva sventato più apocalissi lei che tutte le cacciatrici messe insieme…probabilmente non pensava nemmeno che si potesse essere agitate per una cosa del genere! Eppure lei lo era, eccome! Dopotutto era la sua prima apocalisse, e sembrava fosse l’unica ad aver realizzato che qualcuno avrebbe anche potuto lasciarci la pelle…

 

“No…niente”

 

“April, che succede?” chiese curiosa, cercando di frapporsi tra i suoi occhi ed il tavolo, che sembrava la principale attrattiva di quel momento

 

“Ti dispiace se…” indicò con il dito la porta, chiedendole tacitamente di uscire. Si sentiva già un’idiota da sola, se poi anche tutti gli altri si fossero accorti del suo timore…

 

Buffy si alzò, avvertendo Willow con uno scambio di occhiate per evitare di disturbare gli altri

 

Dawn seguì le due con lo sguardo, lasciandosi sfuggire una smorfia di disappunto

 

“allora, vuoi dirmi che c’è?” chiese Buffy a braccia conserte, quando April si chiuse la porta alle spalle

 

lei tornò a puntare gli occhi da un’altra parte, strofinandosi il braccio con imbarazzo mal celato

“niente…solo che…bè, volevo sapere che armi avremmo usato” mentì all’ultimo istante

 

Buffy la guardò scettica e comprensiva insieme, sorridendo nel sentire una bugia così mal pronunciata

“Credo proprio che useremo delle mazze da baseball, non sono molto comode, ma si adattano al tuo look da ragazza di campagna…-la prese in giro – April…allora?”

 

“E va bene… - la battuta la fece spazientire – sono tesa d’accordo? Dopotutto è la mia prima apocalisse. Ma certo questo non vuol dire niente per te che ci avevi fatto l’abbonamento vero?” la punzecchiò per rifarsi della sua precedente ironia

 

“è vantaggioso sai? Io svento una apocalisse l’anno e la mia immagine finisce sui manuali degli osservatori!”



“non è vero, non avevo la più pallida idea di come fossi fisicamente prima di vederti comparire con la combriccola a rimorchio”

 

“ma come siamo acide! – rise lei – lo so che non è facile affrontare per la prima volta una cosa del genere…per la verità non è una passeggiata nemmeno per le atre, ma ti auguro di doverne vedere poche…ma vedi, ti senti così solo qualche ora prima, poi saprai perfettamente cosa fare”

 

“e chi lo dice scusa? Ti ricordo che sono cacciatrice da meno di un anno e non sono neanche sicura di avere la forza per affrontare una cosa del genere. Insomma…morirà della gente! Sembra che tu ed i tuoi amici non ve ne rendiate conto”

 

“April…”

 

nella biblioteca intanto Dawn fremeva. Poteva vedere la testa della sorella dall’oblò sulla porta…sembrava molto presa da quanto stava dicendo alla ragazzina…

 

‘quel che è troppo è troppo’

Dawn di alzò, dirigendosi con passo rapido nella loro direzione

 

 Stava per aprire quando Willow si piazzò davanti a lei, bloccandole il passaggio

“No”

 

“Spostati Willow” nella sua voce c’era astio

 

“cosa vorresti fare?” non si era mossa

 

Dawn la guardò spaesata, incapace di dare una risposta che le apparisse quantomeno plausibile. Come spiegare che si sentiva…messa da parte? Sapeva che si trattava di un sentimento egoista e stupido, ma non riusciva a non provare rancore nei confronti della ragazzina che le stava portando via la sorella!…lei era….gelosa, sì, gelosa! Gelosa della condizione di cacciatrice di April, del fatto che Buffy avesse più in comune con lei che con sua sorella…quanto avrebbe voluto essere come lei, avere un briciolo di quella forza e del temperamento di una cacciatrice! Non per salvare il mondo, ma per entrare finalmente a far parte del gruppo, per smettere di sentirsi tagliata fuori…

Quanto avrebbe preferito che Giles non le avesse mai chiamate! Paradossalmente stavano meglio senza gli altri, se ne era subito resa conto. Prima, quando Buffy era riuscita ad essere solo un’impiegata, loro due avevano un rapporto, si sentivano spesso per telefono…erano diventate due sorelle normali, solo loro due. Non c’erano più cacciatrici né masse di energia, solo due ragazze che si sostenevano l’una con l’altra nella vita reale. Tutto era più facile là.

Non c’erano apocalissi da fermare ed i grandi sentimenti che avevano caratterizzato il primo arco della loro esistenza avevano lasciato il posto ad emozioni più…tranquille. Niente più amica strega che quasi distrugge il mondo, vampiro con cui coltivare un amore impossibile, osservatore che si atteggia da padre…non che non amasse queste persone, anzi, ma con loro tutto diventava maledettamente difficile! Troppi ricordi riaffioravano…troppe situazioni scomode…e poi c’era quel senso di inadeguatezza che la invadeva ogni qualvolta si trovava in mezzo a loro!

La rabbia iniziale si era come sopita, ed ora rimaneva solo un grande vuoto, che la faceva sentire ancora più sola. Fissò di nuovo Willow…se solo la avesse lasciata andare quando ne aveva il coraggio…allora forse sarebbe riuscita a parlarne con Buffy, a risolvere le cose…

 

Le due cacciatrici rientrarono, fissando sorprese le due ragazze che si fronteggiavano davanti alla porta

 

“che succede?” chiese April, fissando con aria interrogativa Dawn, che però evitò anche solo di incontrare il suo sguardo

 

“Niente, andiamo” asserì Willow, lanciando tuttavia un eloquente sguardo a Buffy

 

le quattro si diressero verso lo stanzino adibito ad armeria, seguendo il dito di Giles, che aveva loro indicato il compito da svolgere.

Willow si guardò intorno: era arrivato il momento che le due sorelle si confrontassero. Una sorta di strano sentimento la prendeva prima di ogni apocalisse, come se fosse necessario concludere tutte le faccende in sospeso prima di andare a combattere…si vergognava anche solo di pensare una cosa del genere, la morte non era esattamente il massimo per tenere alto il morale, ma…ne aveva viste troppe per non sapere quanto fosse importante ogni secondo vissuto con le persone che si amano, soprattutto sapendo a cosa andavano incontro. Con amarezza ripercorse gli ultimi momenti con Tara…il suo incubo personale era iniziato quando lei aveva chiuso gli occhi.

 

“April, vieni, io e te ci occupiamo di preparare il necessario per il rituale” lo disse con una tale decisione che la ragazza la seguì senza fiatare, anche se un po’ sorpresa dell’interessamento per lei della strega. Dopotutto sarebbe stato più comprensibile se avesse chiesto una cosa del genere ad uno dei suoi amici, non ad una sconosciuta con cui non aveva mai parlato e che si sentiva vagamente intimorita da lei.

 

Buffy osservò con rassegnazione le due che lasciavano la stanza, cosciente del piano di Willow.

 

Si voltò verso la cassa stracolma di armi, esaminandole una ad una con occhio esperto ed infilandole nella borsa di pelle aperta vicino a lei.

 

“allora…sembra che ci aspetti un’altra battaglia, e pensare che a quest’ora avremmo dovuto essere al tuo college di Philadelphia” provò ad attaccare discorso, intuiva il disappunto della sorella

 

“già” fu la laconica risposta di Dawn

 

le due continuarono a sistemare le armi in perfetto silenzio

 

D’un tratto Buffy appoggiò pesantemente sul piano una scure in ferro, facendola risuonare nella stanza, e si voltò verso la sorella

“Allora, mi vuoi dire che diavolo c’è?”

 

Dawn la guardò, presa alla sprovvista

“cosa dovrebbe esserci?”

 

“oh, avanti! Sei fredda con tutti, tratti Willow come se fosse una specie di pregiudicata e guardi April con…”

 

Dawn la interruppe bruscamente, interrompendo a sua volta il lavoro

“ma cosa vuoi che ti dica Buffy? Che mi piace stare qui? Che è bello essere tornati al periodo in cui tu eri la cacciatrice ed io la sorella palla-al-piede?…non è così! Forse a te elettrizza questa situazione, il fatto di poter insegnare l’arte della lotta a qualcuno che la capisca – disse con sarcasmo – ma a me no! Non mi piace questa realtà! Avevamo appena trovato un equilibrio,  ma adesso io sono tornata ad  essere per te la sorellina da proteggere!”

 

“ma cosa stai dicendo?”

 

“non dirmi che non ti sei resa conto che mi tratti come un’estranea! Con quei tuoi ‘va tutto bene’ ogni volta che mi avvicino, quando poi fai comunella con Willow! E adesso anche questa April! Cos’ha di speciale? O certo, lei è una cacciatrice, voi vi capite a meraviglia!”

 

“Dawn smettila” gridò Buffy

 

“Ma di fare cosa Buffy? Di dire la verità?”

 

“sai che non è così! Cosa pretendevi che facessi? Che ti insegnassi a cacciare per trasformarti nella legittima erede di Buffy la cacciatrice, in modo che tu non arrivassi ai 18 anni? Volevo che tu avessi una scelta di vita migliore di quella che ho avuto io, ma non capisci…”

 

“Belle parole Buffy! Davvero complimenti, allora è questo che ti sei raccontata tutti questi anni! Che dovevi darmi una scelta e che per questo era necessario tagliarmi fuori dalla tua vita?”

 

Buffy alzò  le braccia, in segno di sconfitta

“ e così è  per questo. Non ti senti abbastanza appagata? Non ti senti abbastanza partecipe della mia realtà? Beh, vuoi farti ammazzare? accomodati…io…”

la bloccò

 

“ecco un altro punto: te. Si parla sempre e unicamente di te! Tu che combatti, tu che hai amici fantastici, tu che insegni ad una cacciatrice…non credi che anche a me piacerebbe fare parte della tua vita?”

 

“Dawn, io ti ho cresciuto, ho cercato di insegnarti a vivere! Sei stata il mio pensiero più importate negli ultimi 4 anni!”

 

“tu dovevi farlo maledizione! Quando la mamma è morta è diventato un tuo dovere, capisci? Non voglio essere un dovere!”

 

Buffy sospirò, sconfitta

“cosa volevi che facessi? Io…io non sapevo da che parte cominciare! L’unica cosa che davo per certa era che tu non dovessi in nessun modo avere una vita come la mia…io ho tentato! Non sono infallibile Dawn…”

 

ci fu qualche istante di silenzio, quella discussione le aveva svuotate interamente

 

“non mi odiare Dawn” sussurrò

 

“Buffy io…” si avvicinò alla sorella, consapevole di averla ferita

 

“…non lo sopporterei” le posò una mano sulla spalla, guardandola negli occhi con sconforto

 

“Lo so” Dawn strinse la mano della sorella, ricambiando il sguardo

 

 

Cap.6 - Battaglia

 

Le armi necessarie erano accatastate sui gradini della scuola, vicino ad una borsa contenente l’occorrente per il rito. Tra qualche ora avrebbero scatenato l’inferno.

 

Buffy e Spike erano la fuori, immobili, fissando il cielo che si tingeva di rosso.

L’aria fredda le scompose i capelli, mollemente raccolti con la molletta, facendola fremere. Era sempre stato così, prima di ogni apocalisse tirava vento. Un vento premonitore di sventura.

Chiuse lentamente gli occhi, assaporando per l’ennesima volta un momento del genere: gli attimi prima della battaglia. Poteva sentire l’adrenalina scorrere nel suo corpo…un misto di terrore ed elettricità.

Sapeva che tra qualche attimo sarebbero partiti, senza dire niente più del necessario. Tutto era già stato programmato, ora bisognava solamente agire. Niente più pensieri, niente più rimpianti…la vita di innocenti dipendeva da quella notte…ma stranamente non aveva mai pensato a loro, nemmeno le volte precedenti. Tutto quello su cui riusciva a concentrarsi era che, se qualcosa fosse andato storto, non ci sarebbe stato più nessuno di loro…

Willow, l’amica che aveva ritrovato da così poco tempo

Giles, il padre di cui aveva sentito la mancanza il quei due anni

Xander, sempre pronto a seguirla

Dawn, la sorella che non era mai riuscita ad aiutare fino in fondo ma a cui voleva più bene che a sé stessa

April, una ragazzina spaventata che presto avrebbe imparato a non temere più nulla

E Spike…il dolore per la sua perdita era più vivo che mai, perché, anche se non effettivamente, per lei era morto nell’ultima battaglia contro il First Evil. Era bruciato sotto i suoi occhi, e lei non aveva potuto fare nulla per salvarlo…l’ennesima vittima delle sua battaglie…

 

“a che pensi?” sentì la sua voce scaldarla

 

non distolse gli occhi dal cielo

“…beh, io e te non abbiamo mai visto un tramonto insieme. Questa mattina è toccato all’alba…ma il tramonto mai”

 

abbassò la sguardo “è vero”

 

ripensò a Fred…aveva mai visto un tramonto con lei?…

 

lei si strinse nelle braccia, lasciando che i capelli si scompigliassero

“…prima sono morta io, poi tu… - sorrise dolcemente – Dio quanto mi sento stupida a dire queste cose, morire intendo, non…non faceva più parte della mia vita da tanto tempo…comunque, non abbiamo avuto felici esperienze con le apocalissi vero?”

 

“se non conti la prima volta che ci siamo alleati…ricordo ancora lo sguardo di tua madre quando le hai raccontato che suonavi con me in un gruppo rock…era sulla soglia dell’infarto” rise leggermente

 

sorrise, il ricordo della madre era solo malinconico ora, il dolore si era affievolito con gli anni e Buffy aveva imparato a sentirla vicina ripercorrendo i ricordi che aveva di lei

 

“…peccato che sia toccato ad Angel…”

 

smise di ridere “già”

 

Buffy si voltò

“ricordi cosa ti ho detto quella sera? Prima della battaglia contro Glory?”

 

“che non saremmo potuti sopravvivere tutti” sussurrò, chiudendo gli occhi

 

“questa volta sopravviveremo tutti” lo guardò con la antica decisione, la stessa che le aveva permesso di superare ogni cosa. Quella che le illuminava il viso con la sua forza: le era sempre bastato meno di uno sguardo per convincerlo a seguirla.

 

Fred…lei non era là in quel momento, non sapeva nulla…nulla del senso di solitudine che Buffy aveva riempito in lui…certo, non era colpa sua…si era chiesto più volte se la loro storia sarebbe andata diversamente se prima non ci fosse stata Buffy…non era quello il momento di pensare però, combattere un’apocalisse non è per persone sagge, è per i pazzi.

 

Spike si avvicinò, stringendole la mano e indicando con lo sguardo gli ultimi raggi del sole che scendeva. Non sapeva se fosse giusto, ma sentiva che quel contatto gli era necessario…necessario per ricordare il motivo della sua presenza, per sentire che anche lei ne aveva bisogno…

 

Buffy ricambiò la stretta…non riusciva a pensare al domani, a ciò che sarebbe successo una volta conclusa l’ennesima battaglia…viveva solo per quel momento

“resterai con me?” era tranquilla, nonostante tutto quello che le stava accadendo intorno

 

“fino alla fine del mondo,  anche se dovesse essere questa notte” sussurrò lui, guardandola finalmente negli occhi

 

entrambi sapevano che non era ne una promessa eterna, ne una decisione duratura…quella notte però sarebbero tornati indietro, per vivere il loro momento speciale, quello sempre negato…la loro seconda opportunità.

 

*     *     *

 

procedevano a passo spedito verso il rudere, immersi nella nebbia che era calata su quella notte maledetta. Le strade deserte e silenziose risuonavano di echi sinistri al loro passaggio…ecco un altro particolare che non cambiava mai.

 

April si guardò intorno, senza rallentare…osservò le casette mono-famigliari, in cui le luci erano tutte accese, come sempre. Sembrava che i loro abitanti non sentissero nell’aria il profumo della morte, la stessa che li avrebbe raggiunti se non ce la avessero fatta. Cercò di riconoscere le sagome scure riflesse contro i vetri, ma niente le era famigliare. Una strana paura la invase…una sorta di profondo disprezzo per quelle persone, che cenavano tranquille nelle loro casa, ignare del fatto che lei stava andando a combattere per loro, per proteggere la loro noiosa e stupida vita!

Ma cosa pretendeva dopotutto? Una ringraziamento? Che riconoscessero i suoi sforzi?…perché rischiare la vita?

Che senso aveva per lei buttarsi in una lotta del genere?…

Fissò il gruppo che la circondava: loro combattevano per proteggersi l’un l’altro, sapevano a cosa stavano andando incontro…avevano un posto dove tornare.

Ma lei?…ripensò alla sua stanza vuota, illuminata solo dalla luce intermittente del computer…

Il giorno dopo sarebbe tornata a scuola, la sua finestra su una vita che poteva guardare solo da lontano…a meno che in quella battaglia non rimanesse uccisa.

Chi la avrebbe ricordata allora? Buffy forse?…non era stupida, sapeva che Willow la aveva allontanata perché le due sorelle riallacciassero il loro rapporto, ed ora erano lì, davanti a lei, unite da un eterno filo conduttore che non le avrebbe mai separate…si sentì improvvisamente sola. Chi aveva lei?

Quei ragazzi presto se ne sarebbero andati…sola.

Ma se invece fosse…morta. Qualcuno si sarebbe accorto di lei?…i suoi compagni forse avrebbero notato la sua assenza, forse si sarebbero addirittura preoccupati.

Si crogiolò in quei pensieri…

E Buffy? si sarebbe ricordata della cacciatrice morta per la causa, non della ragazzina scontrosa che era stata costretta ad allenare…i manuali degli osservatori la avrebbero elencata tra le cacciatrici cadute in battaglia e future prescelte immaginata mentre combatteva per difendere il mondo!…

 

Giles si fermò a pochi metri dal cortile, fissando con impazienza l’orologio: 11.45 p.m

 

Sospirò

“Bene, siamo qui. Sappiamo tutti cosa fare: Buffy ed April, voi entrerete per tenere a bada i vampiri ammessi al rituale, Willow, Dawn e Spike invece vi seguiranno e inizieranno l’incantesimo. Io e John creeremo uno scudo introno alla casa per isolarvi. –scrutò attentamente i presenti, ogni possibile incertezza doveva essere estirpata prima di iniziare – non sarà facile, una volta entrati non potrete più uscire durante il combattimento.”

 

Tutti lo fissavano, come se si aspettassero una specie di discorso da parte sua

“io…-prima avrebbe saputo cosa dire: di combattere come sapevano, che era importante la riuscita del piano…in quel momento però, incapace di staccarsi dagli occhi dei suoi ragazzi, non riusciva a pensare ad altro che, se fosse successo loro qualcosa…il suo sguardo si rabbonì, accarezzando i volti con lo sguardo –…state attenti, vi prego”

 

*     *     *

 

Giles fissò le lancette del suo orologio spostarsi lentamente verso l’alto

“è ora, andate”

 

lanciò un ultimo lungo sguardo a Buffy…la morte non è il tuo dono… prima di vederla scomparire dietro la siepe, seguita da una April sempre più timorosa. Si poteva leggerle in viso che era spaventata a morte…ecco un’altra cacciatrice che eseguiva il corso impostole dal destino.

 

“Giles” sentì la voce di Buffy sussurrare nell’oscurità “dov’è quello che il consiglio avrebbe dovuto mandarci come aiuto?” la sua voce era estremamente tesa

 

“…non lo so, quella è stata l’ultima lettera che mi hanno inviato”

 

la vide sgusciare via, perdendosi nell’oscurità del cortile

 

Buffy avanzava rapidamente, sentendo solo il respiro affannoso di April alle sue spalle. Fece cenno alla ragazza di avanzare vicino a lei, indicando i due vampiri posti all’ingresso della villa.

 

“tu quello a destra, io quello a sinistra. Al mio segnale” bisbigliò con una durezza che April non le aveva mai sentito usare

 

Buffy scrutò negli occhi la cacciatrice…cosa le succedeva?

 

Scattò facendo frusciare l’erba sottostante, lanciandosi verso la porta con velocità misurata. In poco meno di un istante afferrò il suo vampiro, subito imitata da April.

Lo afferrò per le spalle, spezzandogli con un gesto deciso il collo, e subito conficcando il paletto. Strinse tra le dita la sua polvere…fuori il primo

 

April si avvicinò al secondo demone, sperando di contare sull’effetto sorpresa, ma quello fu più svelto e la spinse a terra con un calcio ben assestato. Tentò di rialzarsi…poteva sentire lo sguardo di Buffy su di lei, senza che però si decidesse ad aiutarla.

Il vampiro la colpì nuovamente in pieno viso, bloccandole i polsi in una mano…lo vide avvicinarsi…sempre più vicino e ghignante…

 

Poi, solo polvere.

 

Si rialzò, terrorizzata, stringendo nelle mani il paletto che le aveva appena salvato la vita

 

Sentì Buffy afferrarla

“cosa diavolo ti succede?” la sua rabbia era intuibile

 

“io…” biascicò lei “ io…ho paura…”

 

“April!” la strattonò con disperazione “non è questo il momento…” non le lasciava il braccio, freddo come il marmo

 

lei la guardò, terrorizzata

 

“April, ascoltami bene, non . lasciarmi . sola” scandì le parole “ce la faremo, forza”

le strinse la mano, conducendola verso la porta ma trovando resistenza.

 

Lei non si sarebbe mossa da lì

 

“April, non abbiamo tempo!”

 

“No…no…” scuoteva la testa, con gli occhi sbarrati, stringendosi nelle spalle

 

“Ti prego!” la spinse di nuovo, senza lasciare la sua mano

 

 gli altri osservavano la scena da lontano…

“sta succedendo qualcosa Giles” Willow scrutava con attenzione la notte

 

“aspettate ancora un attimo, poi raggiungetele”

 

finalmente le due sagome si mossero, scomparendo definitivamente nella casa

 

April correva a perdifiato per i corridoi bui, aggrappandosi con forza alla mano di Buffy…ma cosa stava facendo?…

 

I corridoi percorsi erano deserti, nessuno si era ancora reso conto della loro intrusione. Buffy si appiattì ad una sudicia parete dalla carta da parati vermiglia, in parte scollata. Strattonò April perché facesse lo stesso, chiudendo gli occhi ed inspirando profondamente.

Ce la avevano fatta, erano dentro. Probabilmente Willow, Spike e Dawn stavano entrando.

 

Bene, ora doveva solo calmarsi

 

April stringeva convulsamente la mano di Buffy, incapace di staccarsi.

 

“April, ora calmati” Buffy si mise di fronte a lei, tentando di liberare la mano

la prese per le spalle, costringendola a guardarla negli occhi

 

“Buffy…mi…mi dispiace”

 

Lo sguardo della ragazza si rabbonì

“Come va?”

 

“Meglio” fu la sua laconica risposta, mentre respirava ancora con affanno. Si passò una mano sulla fronte, madida di sudore per la tensione e la fatica, tentando di sfuggire allo sguardo di lei

 

“sei pronta?…April, sei pronta?”

 

“…sì”

si divincolò dalla sua stretta, dandole le spalle, ma Buffy la costrinse a voltarsi nuovamente

 

“nella sala qui accanto c’è il maestro April, te ne rendi conto? Non puoi pensare di batterlo così…adesso respira e calmati, ti ricordi cosa ti ho detto qualche sera fa? Sai cosa succede se credi di non farcela” fece una lunga pausa “andrà tutto bene, d’accordo?” le disse quasi con dolcezza, nel tentativo di rassicurarla

 

quante cose avrebbe voluto dirle April. Chiederle come faceva ad essere così sicura che sarebbe andato tutto bene…gridarle in faccia che non sarebbe mai stata come lei, che si sentiva inerme, proprio come di fronte al vampiro, prima… ringraziarla per essere lì con lei, e non averla lasciata sola.

 

Buffy le passò un paletto nella mano destra, stringendola con forza

“coraggio adesso” sussurrò, prima di riprendere la corsa verso il piano superiore

 

-

Willow era seduta a terra, circondata da cinque candele, tra poco sarebbe stata pronta per iniziare il rituale. Sfiorò quasi con soggezione le pagine ingiallite del testo di magia…erano passati più di due anni dall’ultima volta che aveva fatto una cosa del genere…un’eternità.

Spike camminava avanti e indietro, ansioso. Non gli era piaciuto affatto il comportamento di April prima, il panico giocava brutti scherzi e buffy aveva bisogno di una spalla… fissò nervoso la strega, che si muoveva con inspiegabile lentezza, e Dawn, intenta a mischiare alcuni ingredienti.

 

“a che punto sei?” chiese impaziente, voltandosi nella direzione delle due

 

“Calma Spike, tra poco inizieremo”

 

il vampiro non rispose, tornando a concentrarsi sulla scala che conduceva ai piani superiori, ancora avvolti in un inquietante silenzio

-

 

i cinque erano distribuiti intorno al piccolo cratere che avevano aperto nel centro della stanza: quella sarebbe stata la nuova Bocca dell’Inferno. La stanza disadorna in cui erano ospitati risplendeva di una luce verdastra, proveniente dalla falla, che cresceva in luminosità con il passare delle ore. Presto la loro missione sarebbe stata completa.

Il maestro vi versò per l’ennesima volta un liquido rossastro, ascoltandone il gorgoglio, soddisfatto. Iniziare prima il rituale era stato un autentico colpo di genio…fissò ansioso la porta, bastava ancora qualche minuto e tutto si sarebbe concluso, senza che l’intervento della cacciatrice mandasse a mote il suo piano.

Ripensò al computer collegato sulla scrivania nella sala antistante: nessun messaggio gli era ancora arrivato da parte di April, ciò significava che si stavano avvicinando…era troppo tardi, comunque.

Si calò il cappuccio sul volto, aprendo le braccia in direzione dei seguaci

“fratelli, tra poco…”

 

la porta venne sfondata dall’esterno e, scardinata, ricadde nella sala, risuonando sorda

 

“allora? Posso sapere cosa sta succedendo qui?” una ragazza bionda si fece strada all’interno, con aria ironica: ecco la famosa Buffy

 

 Il vampiro si tolse il cappuccio, sorridendo alla nuova entrata come se fosse una cosa del tutto naturale

“mi fa piacere che una celebrità del tuo calibro sia venuta fin qui, cacciatrice”

 

“non ho saputo resistere” rispose con lo stesso tono tranquillo e sarcastico, ognuno aveva un suo modo di esorcizzare la paura

 

“mi dispiace solo che tu debba fare una brutta fine” indicò agli altri la cacciatrice, spronandoli ad attaccare

 

“non sei il primo che lo dice” rispose quella, estraendo a sua volta il paletto

 

April si trovò subito uno dei seguaci di fronte, mentre guardava impotente il maestro che completava il rito.

 

-

Spike osservò Willow leggermente preoccupato: la strega stava recitando qualcosa di incomprensibile, lievitando in aria ed emanando una strana energia violacea, che si propagava rapidamente, raggiungendo le scale.

-

 

Buffy assestò un calcio al primo vampiro che le venne incontro, mandandolo a sbattere contro la parete retrostante. Osservò con la coda dell’occhio April, che combatteva a sua volta contro un altro demone incappucciato. Per il momento sarebbe riuscita a cavarsela…per il momento.

 

Il vampiro si avventò nuovamente su di lei, colpendola ripetutamente al viso. Gli bloccò il pungo …un attimo, dov’era il maestro?

Fece roteare gli occhi per la stanza: eccolo là, vicino al piccolo cratere…quanto ci stava mettendo Willow? Bisognava fermare quel pazzo…

 

Si divincolò dalla stretta, tentando di avvicinarsi al maestro, ma fu subito bloccata dagli altri subalterni, che facevano scudo. Non ce la avrebbero mai fatta…Spike, serviva aiuto…

 

April si dibatteva nel tentativo di liberarsi dalla stretta del nemico, che la teneva premuta al suolo. Vide Buffy tentare di avvicinarsi al maestro, senza successo…doveva aiutarla…

 

“April, prendi il maestro!” sentì il grido strozzato di Buffy, urlato a mezza voce, mentre era tenuta per la gola da uno dei seguaci

 

assestò un calcio al suo assalitore…si era liberata finalmente! Afferrò il paletto caduto a terra e lo conficcò nel petto dell’avversario che tentava di rialzarsi.

Senza attendere si diresse in direzione del maestro…a quanto pareva sarebbe toccato a lei combattere contro di lui. Ma era giusto, quella era la sua città.

Osservò Buffy per una frazione di secondo, con la coda dell’occhio: si stava liberando dalla stretta dei due, avrebbe potuto eliminare lei la minaccia principale…

Afferrò per le spalle uno dei due, permettendo alla cacciatrice più vecchia di eliminare il suo diretto avversario

 

“che diavolo fai? Fermalo!” indicò con furia il maestro, sferrando un pugno al vampiro che teneva stretto per le spalle

 

April era sola, sola di fronte a lui, che le sorrise

“e così, tocca a te April” sentire il suo nome pronunciato da quella creatura fece accrescere il terrore di lei, come lo conosceva?

“so molte cose su di te, sai Dispersa?” se possibile il suo sorriso divenne ancora più ampio “le nostre chiacchierate mi sono state molto utili…”

 

“sta zitto!” piombò su di lui, che la ricacciò indietro con forza

 

“cosa credi di fare? Il rito è quasi completo…manca una sola cosa, il sangue di un innocente” la fissò con autocompiacimento “so cosa stai pensando… ‘come faceva a sapere che sarei venuta?’ – imitò una voce femminile – semplice cara, sapevo che i tuoi nuovi amichetti avrebbero scoperto data e luogo del rito, e sapevo anche che tu saresti venuta con loro…”

 

“io non morirò” non conosceva la ragione di quella frase, né il perché si sentisse in dovere di giustificarsi con un nemico

 

“oh…sì che morirai! E sai perché?…perché non sei come lei” indicò Buffy, che aveva nel frattempo eliminato un altro vampiro “ci hai provato, certo, ma cacciatrici così ce ne sono poche, e tu non sei una di queste. Hai paura della tua ombra piccola…niente ti lega alla stupida esistenza che conduci…”

 

lo fissò con sgomento  …non sarò mai come lei…

 

“April!” sentì la voce di Buffy, lontana…

 

Buffy fissava impotente la scena, il maestro aveva afferrato April per un braccio e lei si dibatteva inutilmente…poi la fissò, e capì: c’era rassegnazione nel suo sguardo, terrore e rassegnazione

 

Si dibattè, nel tentativo di allontanare il suo assalitore…non poteva lasciarla così! Perché…perché le aveva ordinato di fermare il maestro?…non ce la avrebbe mai fatta, doveva intuirlo!…la rabbia e la frustrazione le annebbiavano la mente…doveva aiutarla!

Gridò nuovamente il suo nome, in preda alla disperazione

 

April era stretta tra le braccia del maestro, inerme e completamente immobilizzata

 

Il maestro le sorrise malevolo

“la senti? Hai condannato a morte anche lei…addio piccola, non eri quella giusta evidentemente” avvicinò al suo collo scoperto la lama di un coltello, facendolo scorrere a pochi millimetri dalla sua pelle…voleva sentirla tremare prima di finirla.

Dalla luce della porta ormai scardinata iniziava a filtrare una nebbia violacea…Willow, pensò Buffy dibattendosi. Ancora pochi minuti, bastavano ancora pochi minuti, ma April doveva reagire…

 

April fissò l’arma, chiudendo gli occhi, poteva sentire la mano fredda del maestro premuta contro il suo collo…ancora un attimo e tutto si sarebbe spento, ora non sentiva più niente, solo le parole che il vampiro le sussurrava all’orecchio come una litania

 

-

Spike fissò il fumo, che ormai aveva invaso il giroscale…mancava poco…poteva udire le grida dei vampiri che strepitavano fuori dalla porta, incapaci di entrare. Tutto stava andando secondo i piani…

 

-

 

no…no…non poteva essere…

Buffy osservò inerme la lama…non poteva finire così…

 

Provò a divincolarsi per l’ennesima volta…

 

Il peso del vampiro su di lei era sparito

 

Una leggera polvere di cenere le cadde sulla testa e sugli abiti

 

Fissò il paletto che teneva ancora stretto in mano, non era stata lei

 

“Ehi B, sempre nei casini tu?”

 

sorrise nel sentire quella voce…come aveva fatto a non pensarci prima?…chi potevano mandare se non lei.... si sentì improvvisamente sollevata

 

si rialzò in pedi, togliendo la cenere dagli abiti e godendosi lo sguardo ora spaventato del maestro, non si era ancora voltata per guardare in viso chi la aveva appena liberata

 

“la puntualità! – esclamò – che brutto difetto, vero Faith?” la fissò sorridendo

 

“sono una che ama farsi aspettare” rispose l’altra, con lo stesso sorriso

 

Buffy avanzò in direzione del maestro, con le braccia conserte

“potevi fercale con due cacciatrici…ma con tre?” lo vide arretrare, tenendo però la lama sempre puntata al collo di April

 

Faith si guardò intorno con aria curiosa, come se fosse in un museo e non nel punto in cui stava per essere aperta una nuova bocca dell’inferno

“e tutto questo vapore? Sembra di essere in una pentola a pressione!” sventolò una mano, come se volesse scacciare il denso fumo

 

il vampiro osservò la nebbia viola circondare il cratere e iniziare a vorticare in esso

 

“credo che ti sia andata male” Buffy diede voce ai suoi pensieri, poi si voltò verso Faith “me lo sentivo che eri tu”

 

“non vivi senza di me, ammettilo”

 

“ho ancora la ragazza” il demone strattonò April, facendo scintillare la lama

 

le due cacciatrici si scambiarono un’occhiata…

 

Buffy afferrò per le spalle April, che si accasciò contro di lei, trascinandola lontana dal vampiro, mentre Faith lo disarmò senza apparente fatica.

 

“a chi l’onore?” Faith fissò Buffy interrogativa, scotendo il paletto

 

Buffy alzò le spalle, sorreggendo sempre April, e Faith piantò il paletto nel cuore del vampiro, che diventò immediatamente polvere.

 

“Ben fatto ‘F’” sorrise Buffy

 

“sempre a tua disposizione B, solo una cosa: questa specie di pozzo deve fumare così  o c’è qualcosa che non va?” fissò il foro sul pavimento, che emetteva sbuffi di nebbia vorticante, gorgogliando di tanti in tanto

 

Buffy aggrottò la fronte “non lo so, ma credo che non sia il caso di stare qui a scoprirlo” passò un braccio sopra le spalle di April, uscendo seguita da Faith.

 

Percorsero rapidamente le scale, sino ad arrivare al piano inferiore, dove Willow, Spike e Dawn le stavano aspettando

 

“è andato tutto bene” biascicò la cacciatrice, notando poi gli sguardi confusi puntati su Faith “il consiglio” spiegò brevemente

 

Willow si sollevò a fatica, l’incantesimo la aveva davvero provata…era molto che non tentava una cosa di quella portata

“andiamo” iniziò a raccogliere gli ingredienti sparsi a terra

 

“Willow tutto ok? Credo che sia il caso di uscire di qui, dall’apertura esce un fumo che non mi piace”  Buffy fissò attentamente l’amica, decisamente non era al meglio

 

“lo scudo di Giles tra poco perderà effetto” la avvertì la strega

 

Buffy scambiò uno sguardo con Spike e Faith e lasciò andare April, che ormai si reggeva in piedi da sola.

 

“ce la fai?” le chiese, non era quello il momento per discutere di quanto accaduto

 

“Sì” rispose solo, senza guardarla negli occhi

 

uscirono dalla porta principale, accolti da un’ondata di vampiri…il combattimento durò poco più di qualche minuto: tre cacciatrici e un vampiro erano decisamente troppi per demoni della loro risma.

 

Cap.7 - Cacciatrici

 

la mattina dopo

 

il gruppo era nuovamente riunito nella biblioteca del liceo, la battaglia era finita e quella sarebbe stata l’ultima riunione.

Buffy e Faith erano sedute in un angolo, chiacchierando fittamente

 

“Allora, cos’hai combinato in questi due anni?” Faith sembrava curiosa

 

“Niente di speciale…vivo a New York e lavoro per una compagnia assicurativa” si portò le ginocchia al petto…già, la sua vita.

 

“quindi niente più ronde e cacce?…non ti offendere ma io non ti ci vedo proprio a lavorare dietro una scrivania” commentò l’altra con limpido sarcasmo

 

“Sono una persona piena di risorse – rispose lei – tu invece? Svaligi banche e furgoni portavalori?”

 

Faith rise senza risentimento “no, non ci crederai ma lavoro per il consiglio, una specie di patteggiamento se vuoi. Io vado dove c’è bisogno di aiuto e loro mi coprono…hanno un’organizzazione tipo l’FBI in tutte le zone calde dell’America”

 

“tutti i poteri al loro posto quindi” sussurrò, guardandosi la mano…tra breve anche quelli sarebbero ritornati al mittente

 

“Già – sorrise lei, senza conoscere il vero significato delle parole dell’amica, mimando un pugno e fermandosi a pochi centimetri dal viso di Buffy – odio gli aghi”

 

Faith incrociò le gambe fissandola con maggiore interesse

“senti B, ma con Spike?”

 

Buffy alzò gli occhi, ridendo

“rigiriamo il dito nella piaga…è finita due anni fa quando è morto. Ora sto con un collega”

 

Faith lanciò uno sguardo furtivo al vampiro, che sedeva con Giles e Xander

“vuoi dire che in tutto questo tempo…”

 

“Faith, smettila” tentò di fermarla con un’espressione fintamente seria, ma per tutta risposta lei si mise a ridere, con lo sguardo di chi ha capito tutto

“no, smettila di pensare quello che stai pensando!”

 

“allora è vero!” le puntò un dito accusatore

 

“basta, discorso chiuso”

 

Faith si fece più vicina

“ascolta, seriamente…-voltò la testa, come se stesse cercando le parole – non sono brava in queste cose ma…non credi che dovresti ripensarci?”

 

Buffy sgranò gli occhi, anche se aveva capito perfettamente a cosa si riferiva

“a che proposito scusa?”

 

“tutta questa storia di te che vivi a New York e che ti annoi dietro una scrivania per una paga da schifo…”

 

“guadagno 3000 dollari al mese” la interruppe lei

 

“era solo un esempio – sbuffò - …quello che sto cercando di dirti è che tu sei fatta per questo!” allargò le braccia

 

“è passato tanto tempo Faith” era diventata improvvisamente triste, non le piaceva parlare del futuro, soprattutto sapendo cosa avrebbe dovuto lasciare

 

“non è una questione di tempo, ma di sangue! Lo sai! Tu sei nata per essere una cacciatrice, come lo sono nata io”

 

“Faith…”

 

“ragazzi!” la voce di Giles interruppe la loro conversazione.

 

Faith si alzò, tendendo una mano a Buffy che la afferrò senza abbassare lo sguardo. Le due si diressero verso il tavolo rotondo a cui erano seduti gli altri e presero posto vicine.

 

Gli astanti si guardavano negli occhi, senza dire una parola, come se nessuno avesse il coraggio di rompere il silenzio per dare l’inevitabile notizia: era finita.

Giles fissò i suoi ragazzi ad uno ad uno, toccava a lui iniziare, come era sempre stato. Anche se erano cresciuti, anche se non era più così da tanto tempo. Trovavano rassicurante sapere che lui sapeva sempre cosa dire.

 

“bene…-si interruppe nuovamente, quasi stesse cercando le parole – ce la abbiamo fatta anche questa volta. Nonostante il pericolo, nonostante il tempo, nonostante tutto e tutti…Siete stati bravi. – era visibilmente emozionato, anche se tentava di nasconderlo – sono…sono stato felice di aver potuto contare su di voi, di nuovo. Non avevate motivo di accettare, vi siete sistemati a quanto ho capito, eppure siete venuti. Ora avete una vita, una vita vera. Quella che tu Buffy non avresti mai sperato di riuscire a costruirti, la stessa che sembrava non voler arrivare fino a voi, ragazzi. Adesso però la avete raggiunta, ne siete parte. –sorrise debolmente- quando vi ho lasciati, due anni fa, ho avuto paura per voi…credevo che non ce la avreste fatta, che vi sarebbe mancata la ronda la notte e combattere mostri di cui in pochi conoscono l’esistenza; lo speravo in alcuni momenti. Siete stati molto per me, tutti quanti. Ho amato voi più di ogni altro…il manuale dell’osservatore non includeva questa clausola – rise di nuovo – ma siete speciali, lo siete sempre stati, ricordatelo. Finalmente ora potrete tornare alle vostre vite, spero siano tranquille e serene, ve lo auguro…lo meritate. Sappiate però che con quello che avete fatto siete stati grandi, lo eravate allora e lo siete adesso. Non dimenticate mai chi siete…e spero non dimentichiate nemmeno tutte le persone che hanno vissuto con voi quello strano momento della vostra vita. Perché più vi guardo e più capisco che insieme diventate forti, forti davvero…che, anche se il tempo è passato, non siete cambiati dentro e che, qualsiasi cosa succeda, sarete sempre uniti. Grazie di cuore ragazzi”

 

i presenti si fissarono…Buffy vide Willow con le lacrime agli occhi alzarsi in direzione dell’uomo.

 

Fece altrettanto, seguita da Xander e Dawn…passando, afferrò anche la mano di Faith, trascinandola con sé. Anche Spike si alzò, sapeva che le parole di Giles erano rivolte anche a lui.

 

*     *     *

 

April era seduta nella sua classe, ormai deserta. Un piccolo cerotto spiccava sul sopracciglio destro, uno dei postumi dello scontro, pochi se si considerava quello a cui si era trovata di fronte. Aprì con stizza lo zaino, estraendone un libro.

Trovava che la lettura fosse l’unico modo per distrarsi dalla vita, almeno per qualche ora. Sbuffò…ecco come si era ridotta, non poteva scappare materialmente, ma aveva trovato un rimedio. Dio quanto avrebbe voluto essere lontana…pensò con dolore agli istanti della battaglia: avrebbe potuto diventare un eroe, invece era riuscita solo a farsi quasi uccidere. La sua vita era piena di “avrei potuto”, ecco l’ennesimo. Cosa le era successo?…panico. panico, pura e semplice paura. Paura di combattere, paura di non essere all’altezza, paura di deludere, paura di morire. Morire…cosa le era passato per la testa durante il combattimento? Di farsi uccidere…

Chiuse gli occhi, ripercorrendo i fatidici istanti

Vedeva Buffy, che gridava il suo nome dimenandosi nella stretta del vampiro, poi l’arrivo della cacciatrice bruna…Faith. Lei e Buffy la avevano salvata. Ricordava alla perfezione quando le due si erano avvicinate al maestro, che la teneva tra le braccia in una sorta di dormiveglia…non aveva mai visto niente di simile. Imbattibili, ecco la parola giusta. Un filo invisibile e indissolubile le legava, e in quel momento erano di nuovo unite. Perfettamente armoniche, come se non avessero fatto altro che combattere spalla a spalla; precise nei movimenti e nei gesti…impeccabili in ogni mossa.

Che sciocca era stata…ma cosa credeva? Di essere la prima cacciatrice che Buffy avesse mai incontrato?…doveva essere successo qualcosa tra lei e Faith, qualcosa che, nonostante tutto le aveva unite maggiormente.

Le tornò in mente il discorso dell’osservatore…siete grandi…

Anche lei avrebbe potuto esserlo, almeno una volta.

 

Chiuse il libro con rabbia, scagliandolo a terra.

 

“posso?” sentì tamburellare alla porta e riconobbe la voce

 

“vieni” rispose controvoglia…sapeva che prima o poi avrebbe dovuto parlare con Buffy

 

La ragazza la raggiunse, rimanendo però in piedi, senza avvicinarsi come la volta precedente

 

“mi sai dire cosa è successo?” le chiese seria, non era più il momento di scherzare né di essere condiscendenti…era necessario capire, perché in futuro lei non avrebbe potuto commettere altri errori, per nessuna ragione

 

distolse lo sguardo, incrociando le braccia, come se fosse contrariata per qualcosa

“non lo so…panico, paura, chiamalo come vuoi”

 

“lo sai cosa sarebbe successo se Faith non fosse intervenuta?”

 

alzò gli occhi, ridendo con rabbia

“morte e distruzione per la città e demoni a bizzeffe che la invadono”

 

“Non parlo di questo…saresti morta tu April”

 

“Già…i manuali degli osservatori mi avrebbero psicanalizzato per spiegare alle future sostitute come non è il caso di comportarsi e…”

 

“smettila!”



rimase interdetta dalla durezza del tono

 

“smettila di comportarti così. Morire capisci? Perdere la vita! Chi se ne frega di uno stupido manuale April, tu saresti morta”

 

“cosa vuoi sentirti dire Buffy? Vuoi che ringrazi la tua amica perché mi ha salvato? Bene, lo farò ma smettila di…”

 

“April, tra qualche giorno non ci sarà più nessuno a darti una mano, lo capisci?” iniziava ad alterarsi

 

“già, tu e la tua allegra brigata ve ne andrete…bella la vita da cacciatrice in pensione vero?…avanti Buffy, non dirmi che ti preoccupi per me!” sorrise amaramente, come se alla sua interlocutrice sfuggisse un punto fondamentale della questione “tanto lo so, cosa credi?…il mio osservatore si è premurato di raccontarmi la storia completa, tu e Faith siete le uniche ad aver superato i 18 anni… - alzò le spalle – presto avrò un bel posticino nel cimitero di Claveland!”

 

Ora Buffy gridava “cosa diavolo stai dicendo?”

 

“ma non capisci? Io non sono come te! –si indicò sconsolata- ma guardami! Non sono in grado di resistere a lungo, guardami! –le intimò nuovamente, vedendo che il suo sguardo era ostinatamente puntato da un’altra parte- Io non ho amici, non ho una vita…non ho nulla che mi tenga legata qui! Sai cosa pensavo quando il maestro mi ha preso? – balbettava dalla rabbia e dalla frustrazione – pensavo ‘ora morirò…bene’ bene capisci? Io volevo morire! Era troppo per me…e lui lo sapeva, me lo ha detto Buffy ‘tu non sei come lei’, ti ha indicato e ha detto così”

 

lo sguardo della cacciatrice bionda si rabbonì leggermente

“April…non sarà sempre così, ascolta, tutto cambia…migliorerai, diventerai la migliore…devi crederci…”



si alzò, dirigendosi verso la finestra e poggiando la fronte sul vetro freddo

“quella paura…non riuscivo a muovermi. Vedevo il coltello premuto sulla mia gola ed ero felice capisci? Felice perché sarebbe finalmente finita…”

 

Buffy la prese per le spalle, facendola voltare

 

Calde lacrime iniziarono a rigarle le guance…tentò di asciugarle con un braccio, scostando lo sguardo

 

La abbracciò

 

Buffy non si sarebbe mai aspettata di fare un gesto simile, ma vederla in quelle condizioni…distrutta. Era successo anche a lei…maledizione! Perché certe cose non cambiavano mai? Lei sapeva cosa significava avere paura, però quello che April le aveva detto…che avrebbe voluto morire…la atterriva più di ogni altra cosa. Sapeva quanto forte potesse essere la spinta che attirava in quella direzione, ma aveva sempre avuto qualcuno ad impedirle di lasciarsi sopraffare. Ma April chi aveva?

La strinse più forte, sfiorandole i capelli con dolcezza. Poteva sentire le sue lacrime scorrere e bagnarle la spalla.

Una ragazza…era solo una ragazza. La stessa frase che le aveva detto un innocente, prima che iniziasse il sacrificio di Dawn. Eppure doveva esserci un modo per aiutarla…

 

April si lasciò andare al pianto, senza opporre resistenza all’abbraccio di Buffy. Aveva il viso premuto nell’incavo della sua spalla, poteva sentire le sue dita scorrerle tra i capelli in un gesto così rassicurante…

Perché lo stava facendo? Perché…?

Non voleva la sua pietà, non la aveva mai voluta; ma sentiva che Buffy intendeva dimostrarle un sentimento diverso, che andava oltre la semplice comprensione.

Non riusciva a smettere, le lacrime scendevano senza che lei riuscisse ad impedirselo…

 

Dopo qualche minuto si scostò, sentendo però che le mani di Buffy rimanevano posate sulle sue spalle.

 

Buffy stava per aggiungere qualcosa quando un’altra mano bussò alla porta…Faith

 

April mantenne lo sguardo puntato fuori dalla grande finestra che dava sul cortile, pur essendosi accorta della sua presenza. Cosa avrebbe dovuto dirle? ‘grazie per avermi salvato la vita, quando toccava a me salvare quella della mia città’? era in imbarazzo di fronte alla cacciatrice bruna, anche solo i suoi occhi le mettevano una certa ansia e una sorta di disappunto. Quando c’era anche Buffy si sentiva di troppo, quasi non avesse il diritto di stare tra loro perché il fondo non le legava nulla, solo il fatto che la loro missione era stata la stessa. Faith e Buffy avevano qualcosa di diverso, di profondo, che a lei mancava completamente; lo aveva notato sia quando combattevano che quando agivano. Si comportavano con una calma misurata, sapevano sempre come muoversi al meglio e come indirizzare gli altri a fare lo stesso. Erano dei leader. Entrambe. Tra loro poi poteva intuire una sorta di elettricità palpabile…da come si guardavano si percepiva che dovevano conoscersi da tempo, e probabilmente non sempre erano state dalla stessa parte.

 

Buffy fissò eloquentemente Faith mentre entrava, come un muto avviso sulla situazione. I suoi occhi scuri si soffermarono un attimo in quelli verdi di lei, lanciando silenziosi messaggi…sapeva che non si sarebbe data pervinta facilmente sulla questione del suo abbandono. Non sapeva perché, ma Faith non sopportava l’idea di saperla “ferma”, voleva riportarla a combattere, come all’inizio. Ricordava anche fin troppo bene che effetto faceva combattere insieme, era successo per l’ennesima volta anche la notte prima. Era inebriante.

Si distolse rapidamente da quei pensieri, tornando ad osservare l’amica mentre si avvicinava. Era giusto dopotutto, non capitava spesso che tre cacciatrici si trovassero nella stessa stanza.

 

Ciao B – disse lentamente e sottovoce, non volendo interrompere il momento – volevo…-si interruppe – quando hai un attimo mi cerchi per favore?”

 

Buffy sorrise…sapeva che non la avrebbe scampata

 

“fermati un attimo” le chiese “poi parliamo, promesso”

 

un po’ titubante si sedette su un banco, cosciente di quello che frullava per la testa a Buffy. Improvvisamente si accorse degli occhi di April che la studiavano.

 

“ciao” la salutò, non senza una sorta di tono provocatorio

 

“ciao” rispose April, un po’ confusa

 

improvvisamente calò il silenzio, rotto un attimo dopo da Faith, stanca di sentirsi addosso lo sguardo della ragazza

 

“ehy, è Buffy quella dei raduni di famiglia, fissa lei!”

 

“Raduni di famiglia?” Buffy tentò di sembrare sorpresa, senza però poter fare a meno di sorridere rendendosi conto che non riusciva a raggirarla

 

“Non lare quella faccia, so cosa ti frulla per la testa! Tre cacciatrici nella stessa stanza! –enfatizzò, imitandola  – mio Dio, potrebbe succedere di nuovo tra un millennio!”

 

“non è vero!” si giustificò, spingendola per una spalla

 

“Di la verità B, ti è sempre piaciuto questo genere di cose! – incrociò le gambe, con fare curioso – allora, di cosa vuoi che discutiamo? Possiamo iniziare con l’aulico concetto dell’essere cacciatrice per poi passare alla sacralità di difendere il bene dal male” scherzò, strizzando l’occhio ad April

 

Buffy incrociò le braccia

“concetto che tu puoi esporre perfettamente immagino!”

 

“Non raccolgo provocazioni B”

 

“Beh…Faith, tu e Buffy siete le due cacciatrici più vecchie, quindi potreste raccontarmi cosa si prova ad uccidere demoni fino alla maggiore età e oltre” ironizzò April

 

Faith sorrise ad April, lanciando tuttavia un eloquente sguardo a Buffy, che non sfuggì a quest’ultima. Ricambiò tuttavia l’occhiata, grata all’amica per quello che stava facendo. Sapeva che era importante per tutte e tre avere la certezza di non essere sole, soprattutto per April.

 

Una calda luce rossastra penetrava dalla finestra dietro le tre figure, che apparivano solo come ombre felici ad un osservatore esterno. Il tramonto era vicino, il primo dopo lo scampato pericolo, l’aria tranquilla e foriera di un acre profumo d’autunno. Nessuna avrebbe voluto interrompere quel breve momento di pace, ma Buffy tra tutte sapeva che non sarebbe potuto durare ancora a lungo.

 

“Buffy” chiamò una voce estranea

 

le tre si voltarono in direzione della porta e Dawn le fissò con un misto di tristezza e invidia

“Buffy, noi stiamo andando…inizio a preparare le valige?” non sapeva per quale motivo avesse aggiunto quella frase gratuitamente dolorosa per sua sorella, però non riusciva a credere che fosse ricaduta in quel circolo vizioso che era stata la sua vita. Poteva leggerle in faccia che era combattuta…di nuovo, e la consapevolezza di ciò le faceva male, più di quanto immaginasse.

 

Il viso di Buffy si rabbuiò per un istante, cambiamento che non sfuggì alle due cacciatrici

“sì…vai con gli altri. Ti raggiungo presto, devo fare una cosa prima” tacita allusione al fatto che intendeva chiudere il prima possibile il discorso iniziato precedentemente con  Faith

 

Dawn si voltò lentamente: un peso enorme la opprimeva, lo stesso che era quasi riuscita a cancellare e che si era riaffacciato con prepotenza al suo cuore da quando la sua vecchia vita aveva ripreso il sopravvento.

 

La pace e la spensieratezza di un attimo prima erano sparite dai visi delle tre ragazze, che ora si osservavano incerte. Fu April a prendere la parola

“io ora vado a casa – si diresse verso il banco, raccogliendo il libro che prima aveva gettato a terra e la tracolla – ho dormito poco la notte scorsa” sorrise

Sapeva che era il suo turno di farsi da parte. Faith e Buffy avevano bisogno di parlare in privato e lei, per quanto la rattristasse, era di troppo. Adesso era Buffy quella ad avere bisogno di aiuto e Faith probabilmente era la persona più indicata; solo non capiva l’accanimento di Dawn nei confronti della sorella. Perché…? Però capiva da cosa derivava tutta la tensione tra loro: non era più lei il corpo estraneo, adesso la possibilità di tornare ad essere cacciatrice costituiva l’ostacolo tra loro.

 

A quelle parole le due non si opposero, grate comunque del tempismo della ragazza

 

“ciao allora” la salutò Faith, con un sorriso gentile e sempre un po’ provocatorio

 

“ciao” Buffy mosse appena una mano, lanciandole uno sguardo indecifrabile

 

la ragazza sparì dietro la soglia, lasciandole sole a fissarsi, una seduta su un banco, l’altra appoggiata al davanzale.

 

Buffy si voltò verso l’amica

“allora?”



“lo sai qual è il punto”

 

“sì, lo so”

 

“e scommetto anche che ci hai pensato”

 

“vero anche questo”

 

“ti va di parlarne?”

 

Buffy fissò Faith negli occhi, con una intensità mai usata prima. Le avrebbe raccontato tutto, da principio, senza omettere nulla nè mentire.

 

“la vuoi sentire una storia Faith?”

 

“abbiamo tutta la notte”

 

“Bene allora. Possiamo farla iniziare circa due anni fa, quando ho rinunciato al potere per andarmene. Ho fatto davvero così, mi sono trasferita a New York, ho iniziato a lavorare, ad andare a dormire alle 11 e a svegliarmi alle 7, a fare sempre la stessa strada, ad andare sempre nello stesso ufficio. All’inizio credevo di non sopravvivere due settimane, poi le cose non migliorate. Ho trovato un ragazzo a cui non dovevo nascondere nulla, tranne il mio passato, e abito in una casa in centro, lontana qualche kilometro dal primo cimitero. Ho anche cambiato nome, uso quello completo, per New York io sono Elisabeth Anne Summers, impiegata assicurativa con casa e fidanzato, che ogni tanto va a trovare la sorella e Philadelphia e non torna a Los Angeles dove è nata da molto tempo. Il primo periodo è stato difficile, non dormivo la notte e camminavo per le strade di New York fino alle 2 del mattino, poi però i colleghi hanno iniziato a notare le occhiaie e facevo fatica a reggermi in piedi perché non avevo più i miei poteri. Quando ho fatto il trasloco credevo di farcela in un’ora, ci ho messo mezza giornata a portare tutti i mobili al secondo piano e la sera avevo la schiena a pezzi. Così mi sono abituata, ho capito che Buffy non c’era più, che era finita con l’ultima battaglia e che dovevo vivere come non avevo mai fatto. Beh, ho scoperto che non era così bello come sembrava, che lasciare una abitudine per un’altra è sempre difficile; ma adesso, quando la sera mi affaccio alla finestra e vedo qualcuno che entra in un vicolo buio, l’istinto di correre a salvarlo è quasi sparito, perché so che lo farà qualcun altro. Indosso tallier sobrii per andare al lavoro e tutto quello che non ho avuto il coraggio di buttare  sono i vestiti che mi vedi in questi giorni. Non ci crederai ma Dawn era l’unica persona del gruppo con cui ho mantenuto un rapporto stabile, anche con Willow ci siamo viste solo una volta o due. Quindi non so quanto sia rimasto della vecchia Buffy nella persona che ti sta davanti ora”

 

Faith la fissava, con un misto di curiosità e sconcerto, senza però interrompere. Capiva che quello era per Buffy un modo di mettere in ordine la sua vita.

 

Accorgendosi che Faith non parlava, andò avanti

“la mattina della telefonata di Giles io ero a casa, mentre il mio ragazzo mi preparava la colazione. Non so nemmeno io cosa mi abbia spinto a lasciarlo così su due piedi. Mentre preparavo la valigia mi sono accorta delle occhiate che lanciava ai vestiti che stavo prendendo – si fissò dalla testa ai piedi, con un sorriso amaro – chissà cosa pensava che andassi a fare, non mi ha mai visto così. Nessuno lì ha mai visto Buffy, nessuno conosce la persona che conoscete voi. E devo dire che è piacevole a volte non portare il peso del mondo sulle spalle, sapere che qualcun altro lo fa per te, e se questo comporta non riuscire a sollevare un mobile da sola, pazienza.” Era come se cercasse di giustificarsi

 

“però poi sei venuta”

 

“sentivo come un conto aperto con tutto questo” si guardò intorno “come se dovessi dimostrare a tutti quello che avevano perso…che potevo ancora essere la persona che aveva salvato il mondo. È stupido, lo so. Stupido ed egoista. La cosa più strana è stata rincontrare Willow, non sapevo nemmeno dove lavorava con esattezza e la ho aspettata nell’atrio, come una estranea. Si è arrabbiata quando ha scoperto che mi facevo chiamare Elisabeth…ma non condividevamo più la stessa realtà. Credevo che sarebbe stata una passeggiata, dovevo solo venire qui, distruggere il cattivo di turno e riconsegnare i miei poteri con sufficienza, cosciente finalmente che quella di due anni fa non era una scelta obbligata, ma che potevo scegliere e avevo optato per la cosa giusta. Ora però è tutto tremendamente complicato…non ero preparata a rivedere gli altri, a stare di nuovo con loro, tutti insieme come una volta. Ho capito di avere parecchi conti da saldare con il passato…Spike prima di tutti. –non ci fu bisogno di aggiungere altro in proposito – ho telefonato al mio fidanzato da qui, non sa nemmeno dove sono e, chissà perché, le uniche cose che mi ripete ogni volta sono di stare attenta e di tornare presto. Siamo cresciuti Faith, questi giorni sono stati una specie di tuffo nel passato ed hanno portato solo dubbi. Tu…” prima che potesse iniziare a parlare venne interrotta

 

“adesso ti racconto io una storia, che probabilmente hai dimenticato. Parecchio tempo fa ho incontrato una ragazza, io ero una poco di buono, arrivata lì per errore. Eravamo sempre in competizione, ma piano piano abbiamo imparato a collaborare…c’era qualcosa che ci univa, anche se eravamo del tutto diverse sia per carattere che per stile di vita. Poi abbiamo preso strade diverse, lei ha cercato fino all’ultimo di aiutarmi, ma i guai mi piacevano. Siamo arrivate addirittura a combattere una contro l’altra…”

 

 

“Faith…” tentò di bloccarla Buffy

 

“Buffy, tra me e te non ci sono mai stati compromessi, ci è successo di tutto e questo tutto ci ha legate. Posso dire di conoscerti meglio della metà dei tuoi amici e sicuramente meglio del tuo ragazzo. Ti ho vista combattere, ti ho vista soffrire, ti ho vista piangere. Qualunque cosa facessi però avevi una forza che non ti abbandonava mai, che ti portava sempre a cercare di agire per il meglio. …Hai cercato di agire per il meglio anche con me… Ti sei scarificata per il mondo, hai sacrificato tutto quello che amavi per il mondo e ce la hai sempre fatta, sei sempre tornata a galla, non importa quanto in basso cadessi. E sei rimasta la stessa persona, non sei cambiata! Pensa a quella ragazzina! – stese la mano ad indicare la porta, da cui era appena uscita April-  hai fatto tutto questo non perché uccidevi vampiri, ma perché era ed è nella tua natura. Non è il potere, sei tu! Quindi non venire a dire proprio a me che sei cambiata”

 

Buffy abbassò gli occhi

 

“non sei cambiata B” sussurrò Faith, prendendole una mano e stringendola forte “ti ho visto quando combattevi ed eri esattamente come la prima volta che ci siamo incontrate, tu sei una cacciatrice e non importa quanto lontana ti trasferirai da Sunnydale o da qualunque posto te lo ricordi, lo sei e lo rimarrai. Sei stata scelta ed il fatto di rifiutarlo e nasconderti dietro una vita diversa non lo cancella. Di cosa hai paura?”

 

Buffy la fissò, interdetta. Cosa le faceva paura?

“vuoi sapere di cosa ho paura? Ho paura di morire, di veder morire le persone a cui voglio bene e di metterle io in pericolo, ho paura di non venire accettata e di dover ricominciare da capo e non posso credere che tu non lo capisca”

 

Faith la fissò con improvvisa freddezza

“No, tu hai paura di vivere. Hai paura di vivere come senti che dovresti e ti nascondi dietro queste stronzate della vita normale!”

 

“e tu cosa ne sai scusa? – divincolò la mano – tu non hai nessuno, sei una specie di mercenaria del consiglio e non hai mai cercato una vita diversa! A te piace essere così, sei libera, non hai una sorella che ti odia perché crede che tu la escluda dalla tua vita, non hai faticato per costruirti un briciolo di stabilità…” si bloccò, capendo di avere esagerato “Faith io…” balbettò, vedendo il dolore nel suo sguardo

 

“No no, hai perfettamente ragione! Chi sono io in fondo? La solita scapestrata a cui piace massacrare qualcosa prima di cena, quella che non sa assumersi responsabilità! Ma ti dico una cosa Buffy, anzi Elisabeth – ironizzò – hai ragione, io sono libera e non mi vergogno di fare ciò che devo e ho l’umiltà di ammettere che sbaglio e di lasciarmi aiutare!” gridò

 

scotendo la testa si allontanò da lei di qualche passo, puntando lo sguardo fuori dalla finestra.

 

Rimasero così per alcuni minuti, lasciando che calasse un pesante silenzio

 

Buffy lanciò un’occhiata a Faith. Perché le aveva detto quelle cose? Perché la aveva ferita così deliberatamente?…lei voleva aiutarla, di questo si rendeva conto, ma lei voleva essere aiutata? Avrebbe forse preferito che nessuno le dicesse nulla, così sarebbe stato più facile tornare alla vita di prima. Eppure Faith era sempre stata capace di destabilizzarla completamente, di aprirle gli occhi e di farla dubitare di ogni cosa…in quello non era diversa da Spike. E lei cosa aveva fatto? Si era chiusa a riccio, sputando sentenze! Si rendeva conto che nessuno degli altri aveva il coraggio di parlarle in modo così schietto: erano presi ad analizzare la loro situazione, che probabilmente era altrettanto complicata. Ma lei aveva Faith…e sentiva che il legame tra loro non era mai stato così forte. Forse aveva ragione, era una questione di sangue. Maledizione! Non aveva il diritto di fare irruzione in quel modo nella sua vita, come se fosse facile tornare ad essere cacciatrice! Era interessante, quasi attraente, detto così, ma la realtà era diversa! Lì, in quel momento, poteva sembrare che fosse tutto fattibile, ma presto tutti i suoi amici se ne sarebbero andati, come chiedere anche a loro di fare una scelta del genere? E cosa le sarebbe rimasto? Tornare a New York e tentare di conciliare le due cose sarebbe stato troppo complicato…e le persone che lì si aspettavano qualcosa da lei? Mark per esempio. Non era necessario essere cacciatrice per avere delle responsabilità. Per tornare indietro era necessaria una volontà che lei non era sicura di avere.

 

 Faith si voltò a guardarla con la coda dell’occhio, era la solita testarda! In un certo senso però capiva che per lei poteva non essere una cosa facile lasciare tutto quello che aveva trovato. Sapeva quanto si impegnasse in ogni cosa e sicuramente non era stato diverso a New York, probabilmente la prospettiva di tornare a bazzicare per strade buie ogni notte non era molto allettante. Si rese conto di aver esagerato ad accusarla in quel modo…proprio ora che sembrava avessero trovato un compromesso che le faceva coesistere senza dover necessariamente entrare in competizione! Si sentiva improvvisamente mortificata per come la aveva trattata…

 

“Faith…” sentì che la chiamava

 

“Sì?” rispose insicura, con una punta di speranza

 

“mi dispiace” sussurrò Buffy, distogliendo lo sguardo e avvicinandosi di qualche passo “non avrei dovuto dire…”

 

“dispiace anche a me” rispose Faith, con un piccolo sorriso…come faceva Buffy a sostenere di essere cambiata?

 

“amiche come prima?” le sorrise

 

“amiche come prima B” disse Faith, con lo stesso sorriso

 

le due cacciatrici si avvicinarono per un lungo abbraccio, il primo dopo molti anni. Non si erano mai sentite vicine come in quel momento, così partecipi l’una dell’altra.

 

“fai quello che ritieni giusto, non serve altro” le sussurrò Faith all’orecchio

 

Buffy la strinse maggiormente “grazie”

 

Le due si separarono, si erano tolte un peso entrambe ed ora avrebbero potuto ragionare più lucidamente sul futuro.

 

“andiamo?” chiese Buffy, con una strana espressione

 

“Dove?” rispose l’altra sorpresa

 

“beh, il tramonto è passato da un pezzo e fino a prova contraria rimango una cacciatrice fino a domani” sorrise

 

Cap.8 - Addii

 

Dawn si alzò presto, tirando le tende e lasciando filtrare nella stanza i raggi del sole: quello sarebbe stato il suo ultimo giorno a Claveland. Non potè fare a meno di sentirsi sollevata al pensiero: presto tutto sarebbe tornato a posto, ognuno di nuovo alla propria vita. Sapeva che non era un bel pensiero, ma si era allontanata moltissimo dagli altri, nessuno di loro riusciva ancora a vederla come una adulta ed il loro rapporto si era interrotto, soprattutto con Willow. Le aveva voluto molto bene in passato, lei era la migliore amica di Buffy, la ragazza da cui avrebbe dovuto prendere esempio per i suoi ottimi risultati scolastici, una strega addirittura! Adesso però non la vedeva più con gli stessi occhi di allora, era cresciuta e lei non se ne rendeva conto. Tra loro non si era mai abbattuto il muro formatosi dopo l’incidente in auto, prima che tentasse di disintossicarsi dalla magia. Anche in quei giorni passati insieme si erano tenute a debita distanza…semplicemente non si capivano. Anche con Spike le cose erano un po’ cambiate, gli voleva ancora molto bene e sarebbe sempre rimasto il suo eroe buono, ma vedeva anche lui sotto una diversa luce…era un vampiro, e lei non era più abituata a questo genere di cose. Ormai i suoi interessi erano cambiati, non bramava più di imparare a cacciare, di essere una strega, adesso le cose importanti erano altre, come la scuola e gli amici. Condurre una vita normale. Questo la differenziava nettamente da tutti loro, Buffy compresa. Lei aveva completamente tagliato i ponti con la vita di Sunnydale ed era contenta di averlo fatto, interiormente sperava che anche la sorella riuscisse a trovare il coraggio di abbandonare quella brutta favola, popolata di mostri e incantesimi, per cominciare senza riserve una esistenza più libera. Ora però era tornata Faith e sapeva bene quanto lei riuscisse a confondere Buffy. Era sempre stato così, sin dalla prima volta che si erano conosciute. E adesso lei la rivoleva a combattere a tempo pieno, rivoleva Buffy la cacciatrice, non Elisabeth Summers l’impiegata.

 

Si voltò ad osservare le due ragazze, che si stiracchiavano contrariate per il brusco risveglio.

 

Era stata proprio lei a spengere la sorella ad intraprendere quella nuova missione, quando si erano trovati tutti nel salotto di Giles…perché era stata così incosciente da non capire che la avrebbe solo riempita di dubbi?

 

“Dawn…cosa diavolo stai facendo? Ieri sono andata a caccia…ti sembra l’ora di…” biascicò Buffy, con la voce impastata dal sonno

 

Dawn si irrigidì, ecco cosa era stato il rumore sommesso che la aveva svegliata all’alba: Buffy che rientrava. Era stata fuori con Faith probabilmente.

 

“forza sorella…devi ancora preparare la valigia” disse asciutta

 

Buffy chiuse gli occhi…Dawn, quando crescerai?

 

“mi alzo” sospirò, dirigendosi verso il bagno

 

Iniziò a piegare i vistiti ordinatamente deposti nell’armadio, posizionandoli sul letto, pronti ad essere infilati nella sacca. Con le dita sfiorò la sua giacca di pelle…aveva fatto bene a non buttarla, anche se da quel momento sarebbe rimasta segregata nel fondo del suo guardaroba. Per ultimo estrasse il tallier con cui era arrivata da New York e pensò tristemente al momento in cui avrebbe dovuto rinfilarselo: aveva fatto presto a riabituarsi ai jeans e ai pantaloni di pelle.

Dawn era uscita a fare due passi, sostenendo che era un giorno troppo bello per rimanere chiusi in una stanza d’albergo.

 

“hai finito?” chiese Willow mentre si vestiva, il tono tradiva però il vero senso della domanda…finito cosa? Di preparare la valigia o di essere una cacciatrice?

 

si voltò nella sua direzione

“quasi”

 

“oggi è proprio una bella giornata, niente a che fare con il giorno in cui siamo arrivate” Willow puntò lo sguardo fuori dalla finestra aperta, da cui il sole filtrava caldo e luminoso.

 

“già” si perse nei suoi pensieri

 

“Buffy?” la chiamò Willow

 

“…Willow non cominciare anche tu ti prego”

 

“a fare cosa?” chiese confusa l’amica, mentre anche lei si apprestava a liberare il suo cassetto

 

“ a fare…questo – allargò le braccia indicandola eloquentemente – ci sono già Faith e Dawn a rendermi la vita un inferno! Una sostiene che dovrei tornare a fare la cacciatrice, l’altra non vede l’ora di abbandonare questo stato e di mettere più strada possibile tra me e uno qualsiasi di voi”

 

“e tu non sai che fare” concluse Willow

 

“brava”

 

“a quanto pare tua sorella si è adattata magnificamente alla nuova vita lontana da Sunnydale – commentò allusiva, partiva sempre da lontano quando voleva impostare un discorso serio - …e tu?”

 

“io anche…cioè, forse un po’ meno bene di lei ma me la cavo. Penso solo che sarà strano…questa settimana è stata come vedere cosa avremmo fatto se fossimo rimasti – si fermò – e aveva ragione il signor Giles, siamo ancora i migliori” sorrise

 

“già…”

 

“non mi guardare così…non ho detto che mi piacerebbe riprendere la vita di prima, perché non tornerebbe mai ad essere come due anni fa, lo sai tu e lo so io. Voglio dire, se anche non restituissi i miei poteri qui c’è già una cacciatrice ed è giusto che sia così, quindi dovrei fare come Faith…e voi tornereste comunque nelle vostre città” concluse con amarezza

 

“qui non è un problema di noi Buffy, adesso si parla di te, della tua vita, di che cosa preferisci farne. Se pensi che la cosa che ti rende felice sia tornare a New York bene, allora fallo, ma se hai anche il minimo dubbio è meglio che tu lo risolva in fretta, perché non ti capiterà un’altra occasione come questa”

 

Buffy era tornata a voltarle le spalle, iniziando a infilare nella borsa i vestiti. Riprese poi, sospirando “hai ragione, però non si tratta solo di me, ho delle responsabilità nei confronti delle persone che si fidano di me a New York, il fatto che non debba più salvare il mondo non le annulla”

 

“parli di Mark?” ecco un tasto dolente

 

“soprattutto di lui. In questi giorni sono successe delle cose…”

 

“con Spike immagino”

 

“…anche lui ha una ragazza a Los Angeles” disse, come se volesse difendersi “è che…non so nemmeno io perché sia capitato di nuovo, forse io e lui non avevamo mai avuto un momento davvero speciale, di quelli in cui tutto si riduce a due persone; è stata la nostra seconda chance”

 

“e poi? Tutti a casa propria”

 

“non lo so” abbassò gli occhi

 

“ma tu lo ami ancora?” Willow non aveva intenzione di darle tregua, lo faceva per il suo bene

 

“non lo so Willow! Appena lo guardo non posso dire altro che sì, lo amo ancora. Tu non sai cosa voglia dire rivederlo, alla luce del sole, dopo che lo avevo creduto morto per oltre un anno e senza averlo mai sentito…”

 

“lui è venuto per te, lo sai vero?”

 

“sì…ma non posso fare a meno di pensare che adesso è di un’altra. Un’altra che lo rende felice, che non lo picchia come facevo io, una meno complicata, una con cui non ha avuto tutti i problemi che abbiamo avuto noi, una che gli dia sicurezza”

 

“Buffy…”



“Willow io non so che fare d’accordo? Adesso sono qui, ci siete tutti…i miei amici…e vi voglio un bene che nemmeno immaginate, c’è lui e adesso può stare al sole…e so che è stata una specie di illusione, perché tra qualche ora saremo tutti su un aereo e io non posso farci niente! Questi giorni sono stati fantastici, al di là del combattimento, sono stati indimenticabili…sono tornata ad essere la Buffy che conoscevate e ho chiuso Elisabeth in un cassetto, ma adesso c’è gente che si aspetta che io la ritiri fuori…”

 

Willow stava in silenzio, incapace di arrestare il fiume di parole di Buffy, che venivano pronunciate con  tanta amarezza e sconfitta da farle male

 

“Willow io…” si bloccò, svuotata “…è tutto un gran casino”

 

“Buffy, sai che ti voglio bene e te lo dico con sincerità: prova, ti prego prova una sola volta in vita tua a non pensare agli altri, prova a fare quello che ritieni giusto per te, il resto verrà da solo”

Willow le sorrise, sperando di averle dato una mano

 

Buffy rispose al sorriso, quella non era una giornata per piangere, era arrivato il momento di fare come aveva detto Willow.

“però è lo stesso un gran casino” scherzò

 

“la tua vita è sempre stata un gran casino” rispose l’amica, ridendo finalmente

 

“hai ragione”

 

“già…ah Buffy? Non avrai mica intenzione di metterti il tallier per il viaggio vero?”

 

Buffy la guardò sorpresa

“cosa ha che non va il mio tallier?”

 

“il beige ti sbatte” lo guardò un po’ schifata

 

“non è vero!” rispose fintamente offesa “…però credo che terrò i jeans” concluse fissando il vestito, prima di infilarlo impietosamente nella sacca

 

*     *     *

 

si ritrovarono tutti davanti al liceo di Claveland, con le valige già pronte nella hall del motel. Avevano già riconsegnato le chiavi delle stanze e la partenza era imminente, ma sembrava che nessuno volesse ammetterlo.

 

Spike fissava Buffy dietro le lenti dei suoi Ray Ban neri, cercando di dare nell’occhio il meno possibile. Era arrivato il momento di salutarla…di darsi un addio definitivo. Sapeva bene che, se quel giorno si fossero lasciati, non ci sarebbe stato più nessun contatto: niente telefonate, niente visite, tutto sarebbe tornato come prima della chiamata di Giles; un tacito patto tra di loro. Osservò i suoi capelli biondi che sembravano dorati al sole ed i suoi occhi pieni di luce…era la prima volta che la vedeva così: bellissima, e forte come sempre, anche di giorno. Già, il sole; ecco cosa li divideva due anni prima. E adesso?cosa li divideva adesso?…

Chiuse per un attimo gli occhi e gli tornarono alla memoria gli istanti passati con lei solo qualche notte prima, nella fabbrica. Avevano fatto l’amore, come tanto tempo prima, ed era stato bello…bello e sbagliato. Sbagliato per entrambi, visto che erano già legati ad un’altra persona, ma irresistibile. Era stato il loro momento magico.

Anche allora sapevano che poi la separazione sarebbe stata ancora più dura, perché per loro l’unico futuro possibile era lontano e difficile da raggiungere, anzi quasi impossibile. Lui aveva Fred, lei un altro ragazzo…avrebbe pensato a lei anche quando avrebbe rivisto Fred? Scacciò il pensiero. Eppure le aveva detto che la amava senza pensarci…cosa sarebbe successo?

Poteva leggerle negli occhi che era combattuta, la tentazione di fare un passo indietro era forte: quante cose avrebbe ancora potuto fare Buffy la cacciatrice, quante ancora da scoprire…

 

“hey, intanto che aspettiamo la ragazzina ti va di fare due passi?” le chiese, quasi imbarazzato. In 200 anni di vita gli era successo solo con lei e la cosa lo fece sorridere mentalmente

 

“certo” rispose lei, con un’allegria che però lasciava intravedere l’amarezza in realtà provata. Infilò anche lei gli occhiali scuri e si avviò a suo fianco lungo il viale alberato dietro la scuola, evitando il flusso di studenti che camminavano nella direzione opposta

 

passeggiavano lentamente, scambiandosi brevi occhiate. Era la prima volta che si mischiavano insieme tra la folla e sembravano due ragazzi qualunque.

 

Spike sorrise, guardando il suo viso luminoso, reso più bello dai raggi del sole

“sembriamo due perfetti fidanzati – quello che stava dicendo avrebbe potuto essere frainteso se pronunciato in presenza di qualcun altro, ma lei avrebbe sicuramente capito – passeggiamo al sole come se non avessimo un problema al mondo”

 

“ma non è così…” concluse lei, sorridendogli di rimando

 

abbassò lo sguardo “già”

 

rimasero per qualche passo senza dire nulla

 

“così tornerai a Los Angeles” cominciò lei

 

“Angel non può più vivere senza di me…” scherzò

 

“e anche qualcun altro…non credi sia ora di dirmi di chi si tratta?” chiese lei con una punta di sincera curiosità

 

Spike indugiò un altro attimo sul suo viso “di chiama Fred, è una specie di scienziata. Mi ha aiutato molto quando sono tornato…in vita. Lavora con Angel e la sua squadra”

 

Lei annuì “capisco…credevo quasi non volessi dirmelo perché si trattava di Cordelia” disse ironica

 

“grazie a Dio lei è mezza cotta del grande capo – fece una piccola pausa, ora era il suo turno – e tu? Sei tornata alla ricetta “normale è meglio”?” lo disse senza derisione, dopotutto anche lui ora stava con una ragazza normalissima

 

“…si chiama Mark, è un professionista e lavora a New York. Stiamo per decidere di andare a vivere insieme. L’ho conosciuto circa un anno fa ed è stato…diverso. Dopo tutto quello che abbiamo passato non credevo ci fossero così pochi ostacoli per una relazione stabile con un ragazzo”

 

“tutto bene quindi”

 

“sì, tutto bene” rispose lei, non aveva intenzione di comprenderlo nei suoi travagli interiori sulla strada da prendere e si meravigliò di desiderare di andarsene presto, in modo da non dover sopportare ancora a lungo quella situazione di stallo, in cui non sapeva se andare avanti o indietro.

 

“e allora perché mi sembra che tu non riesca a decidere qualcosa?”

 

-colpita- pensò

“E mi spieghi da cosa lo avresti capito?”

 

“beh…credo di conoscerti piuttosto bene, dopotutto ci siamo picchiati allegramente per oltre tre anni no?” sorrise

 

“già…-tirò un lungo respiro – Faith mi ha proposto di andare con lei e di tornare ad essere una cacciatrice”



“e tu?”

 

“Dawn invece non vede l’ora di levare le tende. E io come al solito ho un gran casino in testa. Insomma…questi giorni sono stati così strani! li immaginavo molto meno intensi, pensavo: arrivo, uccido il cattivo, ritorno. Invece ho conosciuto April, ho rivisto i ragazzi, sono tornata a cacciare e poi…beh e poi noi”

 

“capisco” continuò a camminare in silenzio

 

“’capisco’? è tutto qua quello che mi sai dire? Prima ti divertivi a psicanalizzarmi in maniera odiosamente corretta! Perdi colpi per caso?”

 

“Buffy io penso che il discorso sia un po’ più ampio: il punto non è solo se tu vuoi tornare ad essere una cacciatrice, adesso devi capire anche cosa vuol dire per te esserlo. Voglio dire…è da quando ti conosco che ti poni questo problema: cosa voglia dire essere una cacciatrice e perché lo dovresti fare proprio tu”

 

lei rimase in silenzio, non si smentiva mai

 

“…non so se capisci cosa intendo”

 

“no, ho capito perfettamente”

 

“ e allora che ne pensi?”

 

“non lo so ancora”

 

le toccò leggermente il braccio, era ora di tornare indietro. Si voltarono, iniziando a percorrere il viale nella direzione dalla quale erano venuti.

 

“ho un aereo all’una” disse improvvisamente lui

 

“ah…così presto?” chiese lei, non aveva ancora razionalizzato che tra poco avrebbero lascito la città

 

“Buffy, quello che è successo tra noi…”

 

“dobbiamo parlarne, lo so” concluse lei, sorridendogli dolcemente con una consapevolezza che probabilmente aveva acquisito con gli anni.

 

“è stata una parentesi momentanea?”  chiese Spike

 

“per le lo è stata?”

 

“…no. Per me è stato portare a termine qualcosa di lasciato in sospeso”

 

“quindi è tutto finito” la sua era più una domanda che un’affermazione

 

“non lo so Buffy…tu cosa pensi?”

 

“in questo momento Spike non credo riuscirei a dire qualcosa di diverso se non che ti amo. Ma è un attimo, e la situazione ce lo permette momentaneamente. Non so però se riusciremmo a ripeterlo una volta tornati alla vita di prima. Voglio dire…tu lì ti sei creato qualcosa che va al di fuori di noi, e la stessa cosa vale per me, e adesso siamo in una specie di limbo dove possiamo tornare ad essere quelli di due anni fa. Domani però potremmo trovarci dalla parte opposta dello stato e non avere più la voglia di ricominciare da capo”

 

“…ti direi anch’io la stessa cosa, lo sai vero?” parlava come se avesse ascoltato solo la prima frase del suo discorso e lei se ne rese conto

 

“lo so”

 

tirò un sospiro, come se quello che stava per dire gli costasse un’enorme fatica “ma hai ragione”

 

“e quindi?”

 

“lasceremo che le cose vadano come devono andare…ci penserà il destino”

erano ormai arrivati in vista del gruppo, cui si erano aggiunti April ed il suo osservatore

 

i due si fermarono in un punto dove non potevano ancora essere visti

 

Buffy si tolse gli occhiali, fissandolo negli occhi con un’intensità uguale e insieme così diversa da quella delle altre occasioni in cui erano soli

“tu credi al destino?”

 

le passò una mano sul viso, sorridendo

“sì”



“mi fido di te” gli sorrise, era la seconda volta che gli ripeteva una frase del genere

 

lui rimase in silenzio, guardandola con la stessa espressione di quando la aveva rivista a casa di Giles…adesso capiva perché era andato da lei…

lanciò uno sguardo al gruppo, sospirando: era ora di salutarsi

 

“allora arrivederci Buffy Anne Summers”

le si avvicinò, stringendola al petto e sfiorandole i capelli, mossi leggermente da vento. Aspirò il suo profumo…ed ebbe l’ennesima conferma che non la avrebbe mai dimenticata

 

“arrivederci William” gli sussurrò all’orecchio prima di sciogliersi dal suo abbraccio

 

le loro labbra si toccarono lievemente, per un ultimo saluto, non potevano lasciarsi senza un bacio. Poi si diressero a passo spedito verso gli altri, che si erano voltati nella loro direzione e li fissavano avvicinarsi.

 

Buffy guardò April: aveva un aspetto decisamente migliore del giorno prima. Li aveva raggiunti anche Faith e lei ripensò alla notte precedente passata a caccia con lei: non ricordava che potesse essere un’esperienza così elettrizzante. Combattere con lei lo era sempre stato, avevano fatto fuori buona parte dei vampiri e dei demoni di Claveland che si erano insediati per l’Adunanza ed erano sopravvissuti alla battaglia contro il Maestro. Notò gli sguardi che la cacciatrice le lanciava, nervosi e attenti, come se cercasse di cogliere anche un suo minimo cambiamento d’animo. Ma aveva effettivamente cambiato idea?…cosa voleva fare davvero? Aveva passato due anni a pentirsi segretamente per come erano andate le cose con gli amici e adesso era riuscita a rimediare; quindi non aveva intenzione di cadere nello stesso errore una seconda volta e lasciare di nuovo il lavoro incompleto. Certo, sarebbe stato più facile tornarsene a casa come stabilito…ma poi come la metteva con i sensi di colpa e la coscienza, che le avrebbe continuamente ricordato che c’era un’altra cosa che non era mai riuscita a fare, proprio quella che aveva indovinato Spike. In quel “soggiorno” a Claveland aveva avuto la possibilità di conoscere ben tre cacciatrici: April, l’insicura principiante, che non era ancora del tutto assorbita nella realtà che le era toccata; Faith, una delle combattenti migliori che avesse mai conosciuto, che solo ora era riuscita a venire a patti con se stessa e a mettere dei punti fermi nella sua vita che era vietato oltrepassare; e infine sé stessa, aveva riscoperto un lato di sé che era riuscita tanto bene a confinare ma che era tornato a galla appena avuta l’occasione, e in quei giorni era tornata a sentirsi “viva”, in quella strana accezione della parola che poche persone erano riuscite a comprendere. Aveva esplorato tre mondi diversi, eppure accomunati da qualcosa, e quel qualcosa era il destino. Ma non era il desiderio di capire a quale destino ci si riferisse a turbarla, la domanda a cui non era mai riuscita a dare risposta era: perché proprio loro? Perché, tra milioni di ragazze, tra milioni di anime, proprio a loro era toccato? Aveva passato numerosi momenti in cui dubitava fortemente che avessero fatto la scelta giusta a dare a lei il potere, altri in cui sentiva che ciò le apparteneva quasi di diritto…altri ancora dove non pensava, agiva solamente, facendo di imposizione virtù.

Fissò Giles, sembrava stranamente nervoso…

 

“allora… -cominciò April, trovando imbarazzante il silenzio – come vi siete organizzati per tornare?”



fu Dawn a risponderle

“partiremo quasi tutti verso mezzogiorno, viviamo in città diverse – lo disse con voce dura, quasi volesse farle capire che non li conosceva veramente solo perché avevano combattuto insieme – solo Spike passerà da Giles dove ha lasciato l’auto”

 

“quindi…è arrivato il momento di salutarci immagino” concluse lei, continuando a sorridere, ma con tristezza mal celata. Sperava di avere ancora un po’ di tempo da passare con loro: da presenza ingombrante e quasi ostile come li vedeva all’inizio, adesso erano diventati una specie di caposaldo.

Calò un momento di imbarazzo…gli addii erano sempre i più difficili.

April li fissò ad uno ad uno: quella era la squadra che aveva sventato più apocalissi al mondo, eppure non era per il record che li stimava, ora se ne rendeva conto. Li stimava e invidiava al tempo stesso perché, con tutti i loro errori e contraddizioni, erano riusciti a ritornare ad essere un gruppo, perché avevano accettato di combattere per e con lei, perché avevano superato ogni ostacolo. Giles aveva ragione: erano i migliori, e lo sarebbero stati anche se durante quella battaglia avessero perso, perché avevano avuto il coraggio di rischiare e di fare un salto nel vuoto, e solo persone come loro lo avrebbero fatto. Aveva imparato a conoscerli…almeno un po’, e provava un a vaga invidia nel vederli così: insieme, stretti un ultimo saluto. cosa avrebbe dato per fare parte di loro…

 

D’un tratto la campanella della scuola suonò, destandola con angoscia dai suoi pensieri: avrebbe dovuto andare in classe, e sapeva che, una volta finite le lezioni, palestra e biblioteca sarebbero tornate ad essere vuote e popolate di estranei.

Guardò l’ingresso: i ragazzi cominciavano ad affollarsi per entrare.

 

Sospirò profondamente “ io devo andare – alzò gli occhi- le lezioni. Beh…allora arrivederci a tutti” salutò quasi con timidezza

 

Le si avvicinò Willow, per un inaspettato abbraccio e poi in ordine tutti gli altri, anche Dawn.

 

Poi arrivò il turno di Faith

“ehi ragazzina – la apostrofò sorridendo – cerca di non farti venire paranoie…ed evita confronti con cacciatrici morte da secoli che trovi nei manuali. Ma non te la hanno raccontata la faccenda di una ogni generazione? Non ti soffia il posto nessuno d’accordo? Vedi solo di non farti ammazzare…la corsa è una delle capacità maggiori delle cacciatrici, se capisci cosa intendo” le strizzò l’occhio, facendola sorridere

 

“carina questa, dovrò segnarmela” disse Buffy, che si era avvicinata a sua volta

 

“non so quanto valga per te B, ci sono io a provare a fregarti il lavoro”

 

Buffy rise, abbracciando April e stringendole la mano

“hai capito? Vedi di non farti uccidere, continua con gli esercizi in palestra, soprattutto quello sulla concentrazione perché fai schifo- le sorrise ironica – e lascia un po’ perdere i libri…c’è più gente che ti assomiglia di quanto tu creda”

 

“mi stai facendo delle raccomandazioni?” inarcò il sopracciglio

 

“non può farne a meno, è più forte di lei” rispose Faith

 

“tre cacciatrici sono decisamente troppe per i miei gusti” concluse Buffy, fintamente contrariata

 

“April, muoviti” Ripley stava chiamando la sua cacciatrice, indicando l’ingresso della scuola, ormai deserto

“ci vediamo” si allontanò

 

“ e non dare troppo retta a quello” le sussurrò Buffy, indicando l’osservatore

 

“non c’è pericolo” sorrise l’altra, prima di scomparire nell’edificio. Era finita, adesso avrebbe dovuto proseguire da sola…ce la avrebbe fatta? Strinse forte il bigliettino che Buffy le aveva fatto passare tra le dita

 

ricordati della nostra conversazione! Non sarà sempre così difficile, ma se hai bisogno di qualcosa e non sai chi cercare…sono una grande esperta in problemi di vita o di morte!

Poi il suo numero di cellulare

Un bacio

Buffy

 

Sorrise, scotendo la testa. Decisamente aveva riconsiderato le californiane.

 

Con un rapido saluto anche Mr. Ripley si era congedato, dirigendosi alla biblioteca, dove aveva posizionato la sua “base operativa”, come la chiamava lui, dopo averne notato la funzionalità nell’ultimo periodo.

 

“bene – Giles si strofinò le mani, fissando i ragazzi – ora possiamo andare”

 anche lui sembrava vagamente sollevato dell’imminente partenza

 

*     *     *

 

Il gruppo era tornato nella hall del piccolo motel fuori mano, circondata dai bagagli e in attesa dei due taxi che li avrebbero portati dall’aeroporto.

Faith sedeva svogliatamente su una poltrona, giocando a carte con Dawn, Willow e Spike, mentre Buffy fissava di sottecchi Giles: c’era qualcosa che non andava nel suo ex-osservatore. Lentamente gli si avvicinò, cominciando a fissarlo insistentemente finchè non si lui non si voltò

“c’è qualcosa che non va Buffy?” la guardò confuso

 

“deve dirmi qualcosa signor Giles?”

 

“cosa…” iniziò a dire meravigliato, prima di essere interrotto da lei

 

“è tutta la mattina che rigira qualcosa nella tasca della giacca e scuote la testa. Quindi o le è arrivato il versamento della pensione con meno soldi del previsto oppure il consiglio le ha scritto qualcosa” ironizzò lei, terribilmente acuta nell’osservazione però

 

Giles sospirò, estraendo una lettera stropicciata

“si sono rifatti vivi”



“e cosa vogliono?”



“te Buffy. La Custode vuole vederti, sia te che Faith”

 

“io…” questa volta fu lui ad interromperla

 

“non gli risponderò Buffy, quello che hai fatto qui è più che sufficiente. Non ho intenzione di lasciare che…”



Ma Buffy lo fissò con sguardo strano ed estremamente attento

“questa Custode…è quella che sceglie le cacciatrici vero?”



“già, perché ti interessa?”



non rispose

“e vuole vedermi?”



“in effetti la lettera dice che sa che sei tu a voler andare da lei, ma credo sia un’altra delle loro trovate psicanalitiche”

 

non aveva ascoltato la seconda parte

“bene allora” rispose seria: ecco l’occasione per capire

 

“no Buffy” la ammonì lui seriamente

 

“sì Giles, sì. Ma non capisce? Io devo sapere”

 

“certe cose è meglio che rimangano dove sono”

 

“Ma non questa. Come crede che tornerei a casa ora? Sapendo che avevo l’opportunità di trovare la risposta che ho cercato per gran parte della mia vita e non la ho sfruttata? Vendendo qui ho riaperto un capitolo della mia vita che ho capito non è ancora concluso…credo sia arrivato il momento di scrivere la parola fine”

 

“devi andare a Londra” rispose lui, laconico, porgendole la lettera e maledicendosi mentalmente per non essere riuscito a ingannarla

 

la afferrò e la lesse con attenzione

“avverto Faith”

 

lui non rispose, voltandosi da un’altra parte


”signor Giles non…”



“promettimi solo di stare attenta e di non credere a tutto quello che diranno”



“Non deve preoccuparsi”



le sorrise finalmente

“non ho fatto altro per nove anni…ma mi sono quasi sempre sbagliato”



Buffy ricambiò il sorriso, stringendogli la mano.

“non lo dica agli altri. Non è necessario, è una cosa che riguarda solo me. E poi non credo che questo viaggio fuori programma cambierà i miei progetti per il futuro”



“tornerai indietro?” sapevano tutti e due a cosa lui si riferisse

 

“se sarà destino” rispose semplicemente lei

 

*     *     *

 

scesero dal taxi davanti alle porte automatiche dell’aeroporto, Spike e Giles aiutarono l’autista a scaricare i bagagli.

Il gruppo composto da Dawn, Xander, Buffy, Willow, Spike, Giles e Faith si avviò verso la sala d’aspetto.

Era una giornata calda ed il sole filtrava dai vetri lucidi, quasi fosse primavera. L’autunno però era già alle porte ed un vento fresco muoveva la banderuola sulla torre di controllo. Buffy si ritrovò a pensare con un orgoglio ingiustificato a quanto fosse diverso il clima a Sunnydale, dove le estati calde lasciavano il poso ad inverni miti…anche quando girava di notte il freddo non era mai stato  un problema…

Buffy scosse la testa, ora lei viveva a New York, non a Sunnydale.

Si sedette su una sedia in plastica accavallando le gambe e inforcando gli occhiali da sole, la borsa era mollemente appoggiata a terra.

Gli altri la imitarono, occupando un’intera fila di posti: era strano per lei vedere tutte quelle persone insieme a lei. Non le era mai capitato di viaggiare in compagnia di qualcuno, e nemmeno nei suoi pensieri più azzardati avrebbe sospettato di trovarsi in un aeroporto con Spike, il vampiro che credeva morto, Faith, che non le aveva più dato sue notizie, e con tutti gli altri.

 

Notò gli sguardi insistenti che le lanciavano i ragazzi: non aveva ancora annunciato a nessuno la sua decisione di andare a Londra. Provò a immaginare la loro reazione: Willow e Spike avrebbero sicuramente capito, Dawn invece sarebbe stata delusa una volta di più.

Sospirò: come potevano essere così diametralmente diverse? Poteva comunque capire la posizione della sorella, lei era sempre stata la più versatile ed ora che aveva trovato un ambiente a lei congeniale avrebbe voluto poterlo condividere con qualcuno. E quel qualcuno desiderava fosse sua sorella maggiore. Ancora una volta si sentì in colpa nei suoi confronti, lei aveva sempre cercato di fare del suo meglio, ma non era facile realizzare le aspettative degli altri, soprattutto se così esigenti. Ma no, quella volta era decisa a fare quanto necessario per essere in pace con sé stessa; perché di questo si trattava, sapere con certezza che aveva dato e ricevuto il massimo dal suo ruolo di cacciatrice. Riguardo al dare aveva eseguito ampiamente il suo compito, adesso era arrivato il turno di ricevere e aveva la vaga impressione che la Custode lo avesse capito. La incuriosiva questo strano personaggio: la Custode. Era un uomo o una donna?…energia come era stata Dawn oppure un’umana con poteri particolari? Era la stessa da millenni o anche per loro c’era un profezia?…

Queste e milioni di domande le frullavano per la testa, quando la voce di Faith la richiamò alla realtà.

 

“dobbiamo salutarci?” le chiese, un po’ titubante, in un sussurro

 

“in che senso?” rispose lei stupita, senza capire cosa lei intendesse

 

lanciò un’occhiata alla pista di atterraggio

“beh…io parto tra poco, quindi immagino che ci rivedremo a New York…tra qualche migliaio di anni”

 

Buffy abbassò gli occhi, era ora di decidersi a parlare e ciò le venne confermato dallo sguardo di Giles che sembrava le dicesse ‘abbi il coraggio delle tue scelte’

 

“Faith…ragazzi” chiamò gli amici, che la fissarono stupiti

 

si alzarono in piedi, circondandola, e Buffy sentì sei paia di occhi puntati su di lei

 

“io…io ci ho riflettuto e credo che andrò dalla Custode” breve e concisa, senza troppi giri di parole, era sempre stata diretta quando si trattava di comunicare qualcosa di inoppugnabile

 

Nessuno diceva una parola, ma gli sguardi rimanevano impietosamente puntati su di lei

 

“ehy…aspetta un attimo – intervenne Faith, scettica – si può sapere cosa ti ha fatto cambiare idea? Mi sembravi decisa a tornare a New York e adesso…”

 

Si voltò a guardarla

“già, ci ho ripensato – aveva acquistato maggiore sicurezza – la Custode sa qualcosa, qualcosa riguardo le cacciatrici adesso è disposta a parlare con me e te”

 

“e a te interessa ancora?” la domanda di Faith centrava a pieno la questione che, in fin dei conti, si riduceva solo a quello: le importava ancora? E la risposta possibile era una sola. Lei aveva fatto parte di un mondo diverso e probabilmente non ne sarebbe mai uscita, le scorreva nel sangue e adesso la stava chiamando. Doveva sapere ogni cosa per poi decidere di lasciarsi tutto alle spalle definitivamente e, quando lo avrebbe fatto, sarebbe stato un addio definitivo.

 

“sì” fu la sua semplice risposta, ma conosceva Faith abbastanza da sapere che le sarebbe bastata

 

“bene allora” concluse, lanciandole un eloquente sguardo, che racchiudeva tutto il suo stupore e contentezza

 

“voi cosa ne pensate?” Buffy lasciò indugiare lo sguardo sul viso della sorella, sapeva che a lei non sarebbe bastato un ‘sì, mi interessano ancora le cacciatrici’

 

Willow la squadrò da capo a piedi, aveva seguito il suo consiglio dopotutto, pensare una volta a se stessa. In quel momento le sembrava così determinata, con gli stessi occhi del primo giorno in cui la aveva incontrata: pieni di fiducia e determinazione. Sapeva che lei non riusciva a resistere alle sfide, e lo scoprire la vera fonte dei suoi poteri era sempre stata la sua personale ossessione. Le dispiaceva solo il fatto che non si fosse confidata con lei; probabilmente non erano tornate ad essere tanto vicine quanto credeva. Il ritorno di Faith poi aveva cambiato ulteriormente le cose…proprio come la prima volta che si era presentata a Sunnydale.

Le ritornarono in mente tutte le telefonate a Xander: anche lui però era stato conquistato dalla nuova arrivata. E ricordava anche le parole che lei aveva detto a Buffy, riguardo il loro modo di comportarsi come se solo le cacciatrici avessero vite interessanti. Beh…in quel momento si sentiva esattamente come allora.

“credo…credo che tu faccia bene” biascicò solamente, tornando a concentrarsi sulla tastiera del suo pc portatile, che era rimasto ben riposto nella sua valigia per tutto il tempo: aveva trascurato il lavoro a sufficienza, ed ora che le cose stavano tornado alla normalità era meglio evitare di trovarsi spiazzati.

 

 

Dawn incrociò le braccia al petto, fissandola.

“e quando pensi di tornare?”

 

“appena  possibile…Dawn io non ho intenzione di lasciare niente. Sto solo dicendo che ho bisogno di capire”

 

la sorella sorrise amaramente

“ci cascherai di nuovo invece, proprio come ti capita sempre. Non riseci mai, nemmeno dopo tutto questo tempo, ad evitare di guardarti sempre indietro?”

 

Buffy rimase in silenzio

 

“io…io vorrei solo che tu mi dessi una buona ragione per cui è necessario che tu vada là. Una sola Buffy! Non hai pensato che adesso non sono più affari tuoi? Che se le scelgano da soli le cacciatrici, chi se ne frega! Hai fatto tanto per uscirne e adesso, dopo neanche una settimana, senti tutta questa smania di conoscere! A cosa hai pensato in questi due anni?”

 

Buffy si guardò intorno, tutti quanti le fissavano

“Dawn, forse è il caso…”

 

“No Buffy, voglio parlarne, qui, ora. Spiegami davanti a tutti il perché” suonava come una sfida

 

Buffy divenne seria

“perché è la mia vita Dawn. Non la tua, non quella di Mark, non quella del mondo! e sento che ho bisogno di sapere, cosa sono io Dawn – si battè il petto, fissandola intensamente – chi sono? Cosa mi ha fatto diventare la persona che sono oggi?…ne ho bisogno e mi spezza il cuore pensare che tu non capisca” concluse rapidamente

 

Dawn la fissò ad occhi aperti, incapace di aggiungere altro

“io tornerò a Filadelfia e ti aspetterò lì” disse con voce piatta

 

“Dawn…”



“no, ascolta. Siamo diverse, è strano quanto tempo ci abbia messo ad ammetterlo, e abbiamo esigenze diverse. Io tornerò a casa, tu fai quello che vuoi, la vita è tua no?” il torno era tagliente

 

“già”



“spero solo che un giorno tu riesca a decidere da che parte del mondo è giusto che tu viva” raccolse la sua borsa, allontanandosi

 

In quel momento una voce metallica chiamò il volo diretto a Filadelfia

 

Dawn sparì tra la folla, senza voltarsi indietro.

 

Era in aereo da ormai quasi due ore e il comandante aveva appena annunciato che sarebbero atterrati tra meno di un quarto d’ora. Incurante del suo anziano vicino di posto, che tentava in tutti i modi di fare conversazione, puntò gli occhi fuori dal finestrino. Le luci di Filadelfia si profilavano già tra la coltre di nebbia leggera, mentre all’altezza dell’ala un sole rosso e calante lanciava sprazzi dorati sul suo viso.

In quel momento avrebbe dovuto tirare un sospiro di sollievo: era tornata a casa, ce la aveva fatta per l’ennesima volta.

Adesso sì poteva dire di essere una persona normale, -sorrise amaramente – una soddisfazione davvero! Già, una gran bella soddisfazione.

Aveva un nodo allo stomaco che non accennava ad andarsene, eppure era stata tutta colpa di Buffy no? Era stata lei a tradirla di nuovo per seguire i suoi istinti. Ma poteva biasimarla? Non era esattamente la stessa cosa che cercava di farle fare lei in fondo? Costringere Buffy ad una vita che le stava irrimediabilmente stretta, solo perché credeva fosse la decisione migliore.

Ma lei lo aveva fatto perché le voleva bene, perché aveva già visto abbastanza morte nella sua vita senza la necessità di cercarne altra. Cosa diavolo vedeva davanti di più luminoso di una vita tranquilla? Cosa avrebbe potuto darle la stessa felicità di vivere in una bella città, con un ragazzo accanto, con cui fondare una famiglia…essere cacciatrice e rischiare la vita fino all’ultimo? Ecco cosa non aveva mai capito in Buffy. perché, perché rischiare la vita la faceva senire viva?…

Ma lei, Dawn, non era certo così! sapeva apprezzare le vere opportunità positive che le si presentavano!

In quel momento probabilmente Buffy era in aereo, seduta vicino a Faith, forse stavano ridendo, raccontandosi tutto quello che era successo loro negli anni passati separate… - sorrise di nuovo, con malinconia – poteva quasi vederla sua sorella, mentre sorrideva con il viso disteso.

Ripensò alle parole di Buffy: ‘non ho intenzione di lasciare niente’

Lei però sapeva che non sarebbe più tornata

 

Dawn si guardò intorno con gli occhi: lei aveva fatto la scelta giusta prendendo quell’aereo.

Allora perché non riusciva a non pensare alla sorella?

Si strinse nelle spalle, appoggiando la fronte al finestrino. Una calda lacrima le rigò la guancia

E perché si sentiva così impossibilmente sola?

 

*     *     *

 

Spike accese il motore della sua DeSoto, che era rimasta parcheggiata davanti all’abitazione di Giles per più di una settimana.

Al primo giro di chiave il motore non si accese, colpa del fatto che era stata ferma troppo a lungo, anche se effettivamente avrebbe avuto bisogno di una revisione. Il secondo tentativo però andò a segno ed il motore rombò un istate, prima che il vampiro ingranasse la retromarcia.

Inforcò i suoi Ray Ban neri e girò l’auto verso l’uscita del vialetto, poi voltò lo sguardo, per incontrare gli occhi di Giles, che lo seguivano dall’ingresso.

 

Era una bella serata ed il sole già si profilava all’orizzionte, scomparendo dietro il mare calmo. Lo scrosciare delle onde che si infrangevano poco distante donava un tocco magico a quel luogo così tranquillo.

Spike alzò una mano, in segno di saluto, e l’uomo ricambiò il gesto, aspettando però a rientrare in casa. Quella sarebbe stata l’ultima volta che si vedevano, lo sapevano entrambi. Indugiò ancora un attimo sullo splendido panorama, poi spinse sull’accelleratore con forza: meglio lasciarsi tutto alle spalle.

 

Imboccò l’autostrada diretta per Los Angeles, con un po’ di fortuna e poco traffico sarebbe arrivato a casa per la mattina successiva, pronto per riprendere dove aveva lasciato. Peccato solo che gli si profilassero parecchie ore di solitudine, in cui sicuramente avrebbe passato al setaccio ogni singolo avvenimento della passata settimana. No, meglio non pensarci. Accese la radio a tutto volume, appoggiando stancamente un braccio fuori dal finestrino con in mano una sigaretta appena accesa.

 

…era passata solo una settimana dal pomeriggio in cui sierano rivisti. Dallo splendido momento in cui si erano abbracciati nell’ingresso di Giles, da quando aveva rivisto Dawn. Aveva fatto la cosa giusta a partecipare anche a quell’ultima missione? Sì, poteva dire di sì. Sapeva comunque che non si sarebbe mai perdonato di non esserci stato, se per caso Angel fosse riuscito a convincerlo a rimanere a Los Angeles. Già, Los Angeles. Ecco dove stava andando, da Angel, dalle lotte quotidiane contro il male, di cui ormai nemmeno lui riusciva a fare a meno, e da Fred. Dalla dolce ragazza che lo aveva aspettato anche se, poteva sospettarlo, più volte le era passato per la testa che lui non sarebbe più tornato. Ma non era così, vero? Adesso stava mantenendo il suo impegno nei suoi confronti: le aveva detto che sarebbe stato a casa il prima possibile ed era quello che stava facendo.

Chissà cosa aveva pensato Fred in quegli ultimi giorni…cosa aveva supposto fosse successo tra lui e Buffy.

 

...già, Buffy. Aveva accuratamente evitato di soffermarsi sul pensiero, ma ora il suo ingombrante ricordo era tornato a galla, fresco di nuove esperienze. In quella settimana…gli aveva detto che lo amava, ancora una volta; avevano fatto l’amore, camminato alla luce del sole, parlato. Proprio come avrebbero sempre desiderato che fosse. Ma era stata solo una parentesi giusto? Quel ‘se sarà destino’ che le aveva sussurrato era stato un modo per addolcire la pillola per entrambi? …Sapeva però che non era il caso di scherzare con il fato, perché avrebbe potuto riservargli ancora molte, moltissime sorprese.

Ma lui veramente desiderava rimanere con lei? se Buffy gli avesse chiesto di riprovarci, avrebbe accettato?…domande troppo difficili per riuscire a dare una risposta plausibile e certa. In quel momento lei aveva bisogno di riflettere, di decidere cosa e chi voleva essere, e Spike sapeva che doveva farlo da sola. Era cresciuta molto in due anni, non esterioremente, anche se poteva dire che fosse diventata ancora più bella, ma nello spirito. Era diventata più saggia, meno istintiva, in grado di sopportare il peso della responsabilità con molta meno fatica. Ora era una donna.

Spike sorrise: no, non sarebbero più nate cacciatrici come lei, ne era sicuro. E neppure avrebbe mai trovato un’altra così, una capace di fargli provare odio, rabbia, amore e desiderio in un solo istante. Ora che lo aveva ammesso doveva solo abituarsi all’idea.

Si sentì in colpa nel ricordare tutte le battaglie con la sua nuova squadra: partecipava anche Fred, a volte. Combattevano contro demoni di ogni tipo ed era capitato spesso di trovarsi in difficoltà, e tutte le volte lui era in prima fila a combattere con Angel…si vergognava di aver sperato che Fred lasciasse andare il braccio di Cordelia, che stringeva convulsamente, facesse qualcosa di eccezionale, di vedere nei suoi occhi la stessa eccitazione che provava lui. Ma c’era una sola persona che riusciva a sorprenderlo sempre ed in ogni occasione, e quella non era lei.

Strinse più forte il volante. Di Fred però amava la calma, la serietà nel suo lavoro, l’incredibile capacità di non lasciarsi mai prendere dal panico e la modestia. Non faceva mai nulla di avventato o che desse nell’occhio più del dovuto – sorrise al pensiero della sua Fred che lottava in pantaloni neri di pelle contro due vampiri

E poi comunque non valeva nemmeno più la pena di perdere tempo a riflettere ancora, Buffy non gli aveva fatto nessuna proposta, era fidanzata ed il tempo di condurre una vita fuori dalle righe era passato anche per lei. Tutto quello che erano stati sarebbe rimasto uno splendido, doloroso, irraggiungibile ricordo che non lo avrebbe mai lasciato.

Infilò una mano nella tasca dei jeans, estraendone un foglietto da visita ripiegato accuratamente e lo voltò. Sul retro c’era un numero di telefono e solo un nome, scritto con una calligrafia tondeggiante, ‘Buffy’, davanti invece, a caratteri stampati, l’indirizzo della sua agenzia di New York e, più in grande, ‘Elisabeth Summers’.

Avrebbe deciso chi essere, senza più ripensamenti? Sperava di cuore che ci riuscisse.

 

Gettò la sigaretta, che rimbalzò sull’asfalto, e si passò nella mano che penzolava fuori dal finestrino il pezzo di carta. Lo guardò a lungo, per poi passare lo sguardo sulle sagome rocciose che gli scorrevano velocemente accanto.

…farlo volare…in un attimo anche l’ultimo segno tangibile della sua presenza, o almeno l’ultimo che gli restava, se ne sarebbe andato.

 

Lo fissò ancora un attimo

 

E un altro ancora

 

Con una mossa rapida lo poggiò sul vetro daventi a lui, proprio sul cruscotto. Sembrava che quel nome, ‘Buffy’, lo guardasse da lì.

Distolse lo sguardo e si concentrò sulla guida

 

…Buffy…e se, al suo ritorno, rimanesse definitivamente solo Elisabeth?

 

…Buffy…

 

leggeva e rileggeva quel nome all’infinito, e non riusciva a distogliere lo sguardo

 

oltrepassò il cartello con scritto “welcome in Los Angeles” senza nemmeno rallentare.

 

Era ora di smetterla: afferrò il bigliettino e lo infilò nel portaoggetti sotto il volante, poi alzò il volume della radio al massimo, chiudendo il finestrino.

 

 

Cap.9 – Scelte

 

Buffy si accomodò sul sedile vicino al finestrino, allacciando la cintura, mentre Faith prese posto accanto. Non avevano ancora detto una parola dal momento del congedo con gli altri e solo quando l’arereo iniziò a rullare Faith tirò un sospiro di sollievo: non sarebbero più potute scendere.

Sbirciò con la coda dell’occhio Buffy, che teneva lo sguardo ostinatamente puntato verso le vetrate della sala d’aspetto che davano sulla pista, quasi cercasse di scorgere gli amici: avrebbe fatto di tutto per sapere a cosa stava pensando. Eppure era stata proprio lei a dire di voler andare a Londra, non il contrario…aveva dei ripensamenti? Certo che ne aveva, come ne aveva semre avuti, un po’ su tutto. Era sempre stata la sua personale fissazione quella di pensare di aver agito nel modo sbagliato. Eppure, anche in quell’occasione era riuscita a portare a termine il vero compito affidatole dal consiglio: educare la nuova cacciatrice. Anche Giles aveva intuito quasi subito che combattere il maestro non era lo scopo primo per cui era stata chiamata Buffy, in tal caso sarebbe bastato mandare lei, Faith. Il consiglio però sapeva che non sarebbe stata in grado di insegnare nulla ad una ragazza sperduta, incapace di dare un senso alla sua nuova esistenza, perché lei lavorava da sola ed era in grado di badare esclusivamente a sé stessa. Buffy invece era la più adatta ad un dovere simile: lei sapeva cosa significava doversi occupare degli altri e portare grosse responsabilità, e sapevano anche che non sarebbew riuscita a rifiutare. – sorrise tra sé – era sempre stato così tra di loro, ognuna lavorava a suo modo, ma erano comunque le migliori.

L’unica cosa che non aveva capito era stata la decisione del consiglio di mandare anche lei a Claveland da Buffy, perché? Che senso aveva farle rincontrare?…fissò la ragazza seduta vicino a lei…poi tutto le fu chiaro. A farle venire dei dubbi, ecco a cosa era servito; indurla a riflettere sul fatto che essere cacciatrice era nella sua natura. – sorrise amaramente – una pedina, ecco cosa era stata. Aveva aiutato inconsapevolmente il consiglio a riacciuffare la cacciatrice che aveva disertato! – un moto di rabbia la indusse a voltarsi con forza verso Buffy

 

“lo sai vero cosa è successo…”

 

lei si voltò nella sua direzione e la risposta non si fece attendere

“risguardo la tua presenza?…sì” la guardò freddamente

 

“per quello che conta, non conoscevo le loro intenzioni” abbassò lo sguardo, non sarebbero mai riuscite a trovare un punto di incontro. Ora le era chiaro, come aveva potuto credere anche solo per un attimo che loro due sarebbero state in grado di ricominciare da capo e provare a creare un…amicizia? Per la seconda volta da quando si erano conosciute lei rovinava tutto per uno stupido errore.

 

Buffy la fissò

“so anche questo Faith”

 

“e allora perché diavolo stai venendo a Londra? È quello che vogliono loro!” alzò la voce, stringendole un poso con forza

 

“perché voglio parlare con la Custode, ma ti assicuro che, se voglio andarmene, non saranno sicuramente loro ad impedirmelo” disse sicura, fissando prima la mano serrata intorno al suo braccio e poi Faith

 

lei allentò la presa, sbuffando

“hanno già raggiunto il loro obiettivo B, ridandoti il desiderio di essere cacciatrice! Perché credi che ti permetterebbero di paralare con questa Custode altrimenti? Più ti spingi in là più sarà difficile poi tornare indietro, è questa la loro tecnica. Rifletti: eri andata da Giles solo per ascoltare la sua proposta, poi hai deciso di andare a Claveland solo per aiutare la nuova cacciatrice e sei finita con l’addestrarla, e adesso sei addirittura su un volo per Londra!”



Buffy la guardò, quasi sorpresa

“credevo fosse quello che volevi! Sei stata tu ad insistere perché io venissi” si pentì però subito delle sue parole, si detestava quanto rigirava la questione in modo che la colpa ricadesse sul suo interlocutore. In quel caso poi aveva preso la decisione di partire autonomamente, sorprendendo tutti, quindi Faith non aveva responsabilità. E poi perché arrabbiarsi tanto? In fondo aveva subito intuito il gioco del consiglio e aveva solo deciso di approfittarne

 

Faith abbassò gli occhi, voltando il viso. Cosa poteva risponderle? Che non era vero? Che lei non intendeva trascinarla di nuovo in qualcosa che non le doveva più competere? Stupida, stupida Faith…non aveva perso il brutto vizio di non riflettere prima di agire.

 

Buffy sbuffò

“Faith, finiscila!”



“di fare cosa scusa?” l’altra si inalberò immediatamente, il senso di colpa nei suoi confronti non aveva calmato il suo temperamento

 

“di farti tutti questi problemi! Ascolta, ho deciso io di venire, forse era una cosa che desideravo da molto tempo e sono certa di aver fatto la scelta giusta, quindi basta. Non mi interessa un bel niente dei piani del consiglio, vado da loro perché sanno qualcosa che riguarda le cacciatrici e io ho bisogno di conoscere tutto…poi si vedrà. Non ti preoccupare ok?”

 

“mhhh” grugnì, l’altra, visibilmente sollevata però

 

rimasero in silenzio per alcuni minuti, ognuna con lo sguardo puntato il più lontano possibile dall’altra. Faith tentò di rompere il silenzio, non le piaceva affatto quella situazione, era sempre stata più brava ad agire che a gestire i momenti di stallo.

 

“a che pensi?”



“che non sono mai stata a Londra…- si fermò, pensosa – voglio assolutamente fare un salto da Harrods!”

 

Faith scoppiò a ridere

“tu sei completamente fusa B, te lo dice una che se ne intende”



“ehy…non capita mica tutti i giorni di andare in Inghilterra senza sborsare un centesimo!” rispose, con il viso finalmente disteso. “ehy, come credi che sarà questa Custode? Voglio dire, non so nemmeno se è una donna o un uomo! È umana oppure energia…o un demone? – si fermò un attimo – ci hai mai pensato? Forse siamo solo una specie di demone”
abbassò gli occhi, era sempre stato un argomento che la metteva a disagio, soprattutto con i suoi amici. La terrorizzava il pensiero che tutte le sue elucubrazioni mentali su bene e male potessero essere cancellate dall’ennesima contraddizione che la riguardava

 

“non lo vedo come un problema” rispose Faith, lasciandola evidentemente sorpresa

 

“Faith, noi i demoni li uccidiamo”



“ma tu mi sembri l’esempio più chiaro del fatto che non tutti i demoni meritano di essere uccisi”

 

“Già” a cosa sarebbe servito negare ancora? Però quella per lei non rappresentava una certezza sulla correttezza delle sue azioni: …‘meritare o non meritare l’uccisione’… la linea di demarcazione era troppo labile

 

“non mi sembri granché convita”



“avremo presto le nostre risposte” concluse pensosa, sentiva di non essere in grado di sostenere una conversazione sull’argomento

 

“sì, presto” rispose Faith, chiudendo per un attimo gli occhi, poi riprese “posso farti una domanda?”

 

“certo” disse lei con leggerezza, intenta a scartare il vassoio in plastica colmo di cibo che la hostess stava distribuendo ai passeggeri

 

“come vi siete lasciati con Spike?”

 

Buffy si voltò a guardala, smettendo di armeggiare con la carta stagnola

“concludendo che è stato bello rincontrarci”

 

“ah” Faith iniziò a scartare la sua cena

 

“che cosa vorrebbe dire ‘ah’?”

 

“tu che pensi? – la fissò – senti B, vi ho visti d’accordo? Quando eravamo a Sunnydale c’era qualcosa tra di voi, chiamalo amore o chiamala attrazione, ma c’era! E adesso che avete un’altra possibilità vi lasciate con un ‘è stato bello, speriamo di rivederci in un’altra vita’?”

 

Buffy sbuffò

“il problema non sono i sentimenti Faith”

 

“e quale sarebbe allora?” insistette

 

“è che non posso invadere la sua vita e che lui non può farlo con la mia! Tutti e due abbiamo coltivato altri rapporti in questi anni e io…io non ho deciso di tornare ad essere una cacciatrice. Per il fatto che io sia qui non dare per scontato che, in questi ultimi anni, abbia vissuto nel nulla: ora ho un fidanzato, uno che non sa niente di mostri, vampiri e non ha mai sentito parlare di Sunnydale –sentì lo sguardo di Faith su di lei: probabilmente stava pensando che il loro non doveva essere un grande rapporto, visto che lei aveva omesso di raccontargli tre quarti della sua vita, ma non lo disse e la lasciò proseguire -…e anche lui si è trovato una nuova ragazza”

 

“un bel casino insomma” concluse lei

 

“esatto, proprio un bel casino”

 

la mattina dopo furono svegliate dalla voce metallica del comandante che annunciava, dopo un volo di otto ore, l’imminente atterraggio all’aeroporto di Londra

 

Scesero dall’aereo camminando vicine, spalla contro spalla. Spesso i loro occhi si incrociavano, lasciando intendere una crescente agitazione da parte di entrambe: la sensazione di sperimento che le aveva assalite appena atterrate si era acuita e mai come in quel momento una sentiva la necessità dell’altra. Erano loro due, da sole, davanti a qualcosa di sconosciuto e, per la prima volta in vita loro, non sapevano come affrontarlo.

 

Buffy si guardò intorno: e adesso cosa dovevano fare? Appoggiò a terra il borsone che si era messa a tracolla, osservando stranita l’aeroporto brulicante di vita.

Per un istante tutto si fermò.

Una sensazione indefinibile si impossessò di lei, era felicità?…in quei giorni aveva vissuto tanti momenti stupendi da riempire una vita, le passavano uno ad uno davanti a gli occhi e si chiese cosa c’era stato prima. Cosa era riuscito a tenerla lontana per tanto tempo? Solo in quel momento era riuscita a razionalizzare tutto. E adesso? Adesso era a Londra e stava per dare una risposta alla domanda di una vita!

Non potè fare a meno di sorridere, sorridere con una serenità che le mancava da troppo tempo,  con gli stessi occhi sognanti che le avevano acceso il viso tante volte, ma spariti dal suo viso un ricordava più quando.

 

Faith si voltò verso di lei

“che c’è?” chiese curiosa, notando la sua espressione

 

“nulla…sono contenta di essere qui”

 

“e io sono contenta che tu sia qui - rispose l’altra. Sì, Buffy aveva davvero fatto la scelta giusta, ora lo capiva distintamente - andiamo?”

indicò una limousine nera, che si era fermata proprio davanti all’uscita dell’aeroporto

 

Buffy si caricò sulle spalle la borsa, fissando l’auto

“certo che non si fanno mancare niente!”

 

“se sei una congrega di vecchi intrattabili e noiosi ma piena di soldi non vedi l’ora di ostentare ricchezza ai poveri mortali che si divertono impunemente invece di passare le giornate a scoprire da quanti incantesimi può essere distrutto il mondo” rispose Faith, dirigendosi verso l’auto con naturalezza.

 

“non ti domando quante volte hai trovato una limousine come questa ad aspettarti in tutti gli aeroporti del mondo”

 

“a questo genere di cose ci si abitua subito” sorrise Faith, con una strizzata d’occhio

 

*     *     *

 

Faith fissava un punto indistinto davanti a lei, masticando una chewing gum apparentemente annoiata per il lungo tragitto in macchina.

Buffa invece guardava fuori dal finestrino con la fronte appoggiata al vetro: fitte gocce di pioggia cadevano sulla città e una coltre di nebbia impediva di vedere la cima del Big Bang e le guglie della cattedrale di West Mister. Londra non assomigliava per nulla a New York, né per il clima, né per i palazzi.

Era a Londra, a Londra. Proprio quel giorno sarebbe dovuta tornare a casa ed ora si trovava dall’altra parte dell’oceano Atlantico – guardò Faith – con la persona più improbabile che ci fosse.

Quanto lontana le sembrava New York, sia fisicamente che nei ricordi…a mille miglia dal suo cuore.

Presto avrebbe visto la Custode e tutto si sarebbe schiarito davanti ai suoi occhi, l’oscurità e le false luci che aveva seguito per anni si sarebbero dissipate tra qualche ora. E poi?…poi sarebbe arrivato il momento di decidere della sua vita.

 

Il conducente fermò la vettura davanti ad un antico palazzo vittoriano, a ovest della città, scendendo poi per scaricare davanti all’entrata i loro pochi bagagli.

Buffa salì la breve rampa di scale che la separava dall’ingresso, riparandosi la testa dalla pioggia con una mano.

 

Era arrivata

 

Faith la raggiunse, scavalcando due gradini per volta

 

Entrambe fissarono la porta

 

“eccoci a casa dei grandi capi” commentò, picchiettando l’entrata con il battente laccato di smalto dorato

“nuotano del denaro…un campanello come i comuni mortali potrebbero anche metterlo!” sbuffò, per nulla colpita dalla particolare consuetudine inglese.

 

Uno spiraglio si aprì davanti a loro, lasciando intravedere il volto di una anziana domestica con il grembiule bianco legato intorno alla vita. La donna sorrise loro con gentilezza

“ben arrivate, i signori vi stanno aspettando”

 

le due entrarono in casa. Quando la porta si chiuse dietro di loro un avvolgente tepore le riscaldò dall’umidità della pioggia autunnale che batteva ancora, incessante.

Un ampio tappeto persiano occupava l’ingresso, da cui si diramavano i corridoi che conducevano nelle varie stanze della casa, mentre un prezioso lampadario in cristallo illuminava di una luce giallastra i mobili antichi e perfettamente lucidi che donavano calore all’abitazione. Anche la domestica sembrava far parte dell’arredamento, in perfetta sintonia con l’ambiente.

 

“lasciate pure qui le borse e seguitemi, vi accompagno nell’ufficio” disse cortesemente, indicando un ampia scalinata che portava ai piani superiori.

 

Le due, in silenzio, la seguirono. Buffy si guardava intorno con un misto di riverenza e curiosità: non era mai entrata in una casa così bella e così tipicamente…europea. Tutto là dentro lasciava immaginare chissà quali antiche e nobili famiglie ci avessero vissuto in passato, lasciando inalterata la raffinatezza del mobilio e della tappezzeria.

Lasciò scorrere le dita sul solido corrimano in legno scuro perfettamente lucido; camminava lentamente ed i suoi passi silenziosi erano attutiti da una spessa stola rossa, che copriva i gradini: aveva quasi paura di disturbare la tranquillità silenziosa di quel luogo.

 

L’anziana signora si fermò davanti ad una pesante porta chiusa, voltandosi a guardarle con un sorriso incoraggiante

“vi riceveranno immediatamente ragazze”

poi bussò con le nocche, rimanendo in ascolto

 

“avanti”

rispose una bassa ma ferma voce maschile 

 

la donna aprì l’uscio, infilando il capo nella stanza, e si rivolse ai presenti

“sono arrivate signori”

 

“falle entrare Rose” la voce si era fatta più gentile e meno imperiosa

 

con un’occhiata la cameriera indicò loro l’interno, spalancando la porta.

 

Lei due entrarono, sempre vicine, e l’uscio si chiuse alle loro spalle.

 

*     *     *

 

Willow era seduta al tavolo della sua cucina, completamente vestita e con una tazza di caffè in mano. Erano  solo le sei, ma Washington si era già svegliata e poteva sentire il rumore delle auto, che passavano lungo l’ampia strada sotto la sua finestra.

Soffiò sul caffè bollente, chiudendo con vaga soddisfazione il suo computer portatile, sul quale aveva appena finito di correggere alcuni scritti che si era fatta inviare il giorno prima alla sua casella di posta: non era riuscita a dormire quella notte e si era portata avanti con il lavoro della mattinata.

Bevve una lunga sorsata ed il liquido scuro, in cui non aggiungeva mai zucchero, le scaldò piacevolmente le stomaco. Guardò l’orologio, avava ancora un’ora prima di dover prendere la metropolitana per andare in ufficio: il primo giorno dopo una settimana di assenza, probabilmente la più lunga della sua vita.

Si guardò intorno nell’appartamento ancora semiavvolto nell’oscurità, non aveva ancora alzato le persiane: vide i vistiti del giorno prima ed il cappotto buttati sul divano alla rinfusa e la valigia ancora chiusa, quando era arrivata la stanchezza si era impossessata di lei e non era più riuscita a tenere gli occhi aperti. Si mosse silenziosa e raccolse le sue cose per portarle in camera, dopotutto non viveva sola, e sapeva che la prima regola per una buona convivenza era l’ordine.

Già, nulla a che fare con la confusione che regnava nella stanza d’albergo che aveva diviso con Buffy e Dawn! Al pensiero della ragazza il suo buon umore si raffreddò. Cosa le era preso per andarsene via in quel modo, lasciandoli tutti senza nemmeno un saluto?

Strinse forte i pugni, lei sarebbe stata felice ora che aveva la sua vita normale?

Iniziò a riporre nell’armadio i vestiti nella borsa, rimuginando. Ormai però non le doveva più importare giusto? Dawn viveva a tre ore di auto dalla sua città, e molto probabilmente non si sarebbero più viste.

 

Non si sarebbero più viste. Mai più.

 

Una fitta al cuore la attraversò: basta, era tutto finito, niente più liti con lei, ma anche niente più riappacificazioni, niente più scherzi, niente più discussioni.

Una lacrima le annebbiò la vista: quanto era diventata bella Dawn in quei due anni! dietro quella maschera risoluta però poteva ancora vedere la stessa ragazzina che le chiedeva con occhi sognanti di farke vedere un incantesimo e che non capiva la matematica. Dawn era stata un po’ una sorella anche per lei, in fin dei conti, anche se lei non lo aveva capito.

E si erano lasciate così, dopo una lite in cui la aveva considerata solo una bambina viziata, dimenticando quante ne aveva passate anche lei, tutto quello che aveva dovuto sopportare!

 

Infilò la valiga vuota sotto il letto, asciugandosi le guance con i palmi delle mani.

 

E Buffy? Probabilmente era già arrivata a Londra ed ora si aggirava per la città con Faith. –sorrise amaramente – già, con Faith. Da quando si erano rincontrate sembrava che avessero moltissime cose da dirsi, cose da cacciatrici! Si sorprese della gelosia che provava ancora nei suoi confronti, che senso aveva ormai?

Eppure le era bastato così poco tempo per riconsidarare Buffy la sua migliore amica…anche in quel momento non riusciva a immaginare un apersona alla quale si era sentita così vicina come a lei. A Washington aveva nuovi amici, certo, ma con nessuna delle ragazze che aveva conosciuto era riuscita ad aprirsi.

…Dio quanto avrebbe voluto parlare con qualcuno! Era come se nessuno si fosse accorto che anche lei aveva combattuto contro il maestro ed aveva dovuto ricorrere alla magia, dopo due anni che non faceva volteggiare nemmeno una matita.

 

Si guardò le mani, puntando poi un indice verso la porta, che si chiuse lentamente

 

Dimenticare tutto, di nuovo…ce la avrebbe fatta? Lei non poteva restituire i suoi poteri come Buffy, non bastava un’ignezione perché quella strana forza che le cresceva dentro si placasse.

Quello però non era il momento adatto per pensarci, il suo “viaggio di aggiornamento”, come lo aveva spacciato ai colleghi, era finito e doveva rimettere la testa a posto: basta incantesimi e trucchi come la lievitazione degli oggetti.

 

Tirò un sospiro: peccato non fosse possibile chiudere in un angolo anche i ricordi.

 

*     *     *

 

 

entrarono in un’enorme sala, illuminata da molteplici lampadari in fine ceramica. Antiche librerie in legno colme di volumi tappezzavano le pareti, intervallate solo da quadri con cornici dorate, rappresentanti i miti classici. Nel centro della stanza c’era un pesante tavolo in mogano: i membri del consiglio sedevano intorno ad esso, in poltrone foderate di rosso.

Buffy e Faith si guardarono intorno di sottecchi, per poi tornare a concentrarsi sui dieci anziani. Tutti gli occhi erano puntati su loro due, con un misto di alterigia e orgoglio…orgoglio per loro.

Le due cacciatrici e i loro coordinatori si studiarono per qualche istante, in silenzio. Fu uno dei membri anziani, seduto al centro, che iniziò a parlare:

“ben arrivate, spero che il viaggio sia stato piacevole” le parole suonavano come rassicuranti, ma la freddezza con cui vennero pronunciate tradiva il disappunto dell’interlocutore

 

‘disappunto per cosa?’ si domandò Buffy

“buona sera” rispose invece la cacciatrice bionda, in tono serio ma tranquillo: le numerose riunioni di lavoro le avevano insegnato che era necessario ostentare sicurezza e padronanza della situazione, anche se in realtà non le si possedeva.

 

Gli astanti risposero al saluto con un cenno del capo, poi il primo che aveva parlato riprese

“signorina Summers, a nome di tutto il consiglio le sono molto grato del suo intervento in favore della cacciatrice di Claveland, abbiamo apprezzato la sua disponibilità”

 

Li fissò uno a uno, duramente. Era finito il tempo in cui anche solo sentire pronunciare il nome ‘consiglio’ le faceva provare una sudditanza forzata e quasi reverenziale: non era più la ragazzina capace solo di agire ma non di discutere e sapeva di essere in grado di tenere testa a tutti loro.

“ci tengo a precisare che il mio aiuto è stato del tutto eccezionale e che la mia presenza qui non implica necessariamente un nuovo interesse a riprendere il ruolo di cacciatrice”

 

“ne siamo coscienti, devo però a metterla al corrente del fatto che non è stato il consiglio a deliberare di convocarla qui”

 

Buffy estrasse dalla tasca dei jeans la lettera ben ripiegata che le aveva consegnato Giles. Se in quel momento si sentiva in imbarazzo per il suo abbigliamento sportivo, che stonava non poco con la sontuosità della sala e l’eleganza dei presenti non lo lasciò trasparire minimamente, comportandosi con decisa fermezza

“ho ricevuto una vostra mandata poco prima della battaglia, nella quale….”

 

L’anziano e distinto signore la interruppe, con una punta di sufficienza nella voce

“so cosa c’è scritto nella lettera signorina Summers, tuttavia non era nostro intento quello di farle anche solo intuire l’esistenza della Custode. È stata lei stessa a richiedere espressamente la vostra presenza qui” le labbra si contrassero fino a diventare due fessure, lasciando intuire la sua contrarietà

 

la cacciatrice non si lasciò  intimidire dalla brusca interruzione, riprendendo con tranquillità

“nello scritto mandatomi non era segnalato nulla del genere, comunque la mia presenza prova il fatto che sono anch’io molto interessata a parlarle”

 

“vorrei mettere in chiaro che a nessuna cacciatrice è mai stato permesso di vederla e non ritengo necessario fare un’eccezione per lei signorina, che, ne converrà con me, non è stata un esempio di buona condotta”

 

queste parole, volte ad intimidire l’interlocutrice, non sortirono l’effetto desiderato, facendo invece montare in lei una sorta di rabbia strisciante ed il desiderio di sbattere in faccia all’uomo la vera realtà dei fatti, di cui era venuto a conoscenza solo per vie indirette

 

“e io vorrei mettere in chiaro che ho adempiuto al mio compito, anche senza la vostra supervisione e che, ne converrete con me, il mondo a quest’ora sarebbe già stato invaso da orde di demoni infernali se avesse dovuto aspettare di essere salvato da voi signori” puntualizzò con pungente ironia

 

un altro dei membri anziani, che non aveva tolto gli occhi di dosso alle due cacciatrici da quando erano entrate, le osservava come se fossero un miracolo della natura: mai due prescelte avevano messo piede insieme in quella sala. D’un tratto questo si alzò in piedi, interrompendo sul nascere la risposta del collega

“non credo raggiungeremo una posizione comune su questo argomento, quindi proporrei di riportare la conversazione su quanto più ci sta a cuore – si rivolse direttamente alle due ragazze – signorine, posso capire il vostro disappunto riguardo la nostra titubanza a lasciarvi parlare con la Custode, ma il Consiglio trova alquanto sconveniente che due…- riflettè sul termine da usare – entità così diverse si incontrino e reputa sia meglio sorvolare su alcune verità: perché è per conoscere la cosiddetta verità che volete vederla, vero? Posso comunque garantire che avrete un lauto –lasciò scorrere la voce sulla parola, per sottolinearla – rimborso per l’onere di un viaggio così lungo e per la perdita di tempo”

 

Faith, che era rimasta in silenzio per tutta la conversazione, prese la parola

“mi dispiace sir, o come diavolo si chiama, ma abbiamo intenzione di vedere questa Custode, senza compromessi di alcun genere. –ammiccò, facendo leggermente arrossire l’anziano - Inoltre mi sembra di aver capito che questa…entità – ripetè, con implicita allusione al termine usato prima dall’uomo – sia interessata a conoscerci, di conseguenza non vedo quali intoppi possano esserci”

 

Buffy annuì, confermando le parole dell’amica

 

“signorina Faith, non credo di doverle ricordare per chi lavora” rispose quello, con tono sferzante

 

“e io non credo di doverle ricordare che, licenziando me, perdereste l’unica cacciatrice ancora in circolazione e disposta ad aiutarvi. Comunque sa che le dico?… mi cacci pure, ma non credo che sarò io a rimetterci” commentò con un’alzata di spalle

 

Le due si scambiarono un’occhiata, poi Buffy riprese facendo scorrere lo sguardo su ogni membro del consiglio: così era stato quel manipolo di uomini che le aveva condizionato la vita per quasi sette anni.

“non credo ci sia più nulla da dire, siamo venute per la Custode e su diretta indicazione dell’interessata, quindi spero vogliate indicarci dove trovarla” la sua voce chiara risuonò nella stanza, senza ricevere però una pronta risposta. Quello che seguì fu un fitto gioco di sguardi tra gli anziani, sembrava quasi avessero un linguaggio segreto, bastato sull’aggrottarsi delle sopracciglia e su prolungate occhiate. Fu il loro primo interlocutore che rispose a nome di tutti

“constatato con dispiacere che non avete intenzione di dare ascolto al nostro consiglio. –sospirò a fondo, quasi con fatica -La Custode vi sta aspettando nella sala accanto”

 

senza un cenno di saluto le due si diressero verso l’uscita

 

“cacciatrici…- Buffy e Faith si voltarono nuovamente verso i presenti –non tutte le verità sono fatte per essere scoperte”

 

*     *     *

 

Spike parcheggiò l’auto davanti al grande palazzo nella Angel’s Investigations: era ormai sera ed il sole stava calando alle sue spalle. Scese dalla macchina, sbattendo con eccessiva forza lo sportello, poi la chiuse a chiave, il biglietto era rimasto nel portaoggetti.

 

Si diresse a passo spedito verso l’entrata, sbatacchiando la vecchia sacca consunta nella quale gli abiti usati in quella settimana erano stati gettati alla rinfusa. Salì le scale rapidamente, quasi correndo, e i suoi passi risuonarono: quei battiti sordi e irregolari scandirono i suoi pensieri. Stava per rivedere Fred. Ecco tutto quello che gli correva per la testa, la avrebbe rivista, la avrebbe baciata, la avrebbe stretta tra le sue braccia e sussurrato che la amava. Mentre solo qualche ora prima abbracciava e diceva le stesse parole ad un’altra. No, non un’altra: un’altra sarebbe stato meno vigliacco, lui era stato con Buffy. Con Buffy, la stessa che aveva deciso di dimenticare, la stessa che aveva provato a cancellare dal suo cuore.

 

In un attimo fu davanti alla porta: troppo presto! Cosa le avrebbe detto? Con che coraggio la avrebbe guardata?

Alzò una mano, per bussare alla porta, quando questa si aprì davanti a lui. Fred, con la giacca addosso e pronta per uscire, lo fissò con un misto di gioia e stupore.

 

“Spike” sussurrò, portandosi una mano alla bocca

 

lui sorrise, divertito dalla reazione

“ehy…non svenire mi raccomando”

 

gli gettò le braccia al collo, affondando le mani nei suoi capelli: quanto le era mancato

 

Spike non potè fare altro che ricambiare la stretta, poggiando a terra la borsa

“ne deduco che sei felice di vedermi” le disse scherzosamente, scostandola leggermente e accarezzandole il viso

 

“potevi avvertire! Allora…-si fermò, conscia che da lui avrebbe ascoltato solo vaghi racconti di quello che era accaduto a Claveland. Abbassò lo sguardo, incapace di domandargli quello che più le interessava – come è andato il viaggio?”

 

Spike la osservò un attimo, non era quello che voleva domandargli, lo sapeva bene.

“lungo. Ora però sono qui”

 

“sì, ora sei di nuovo a casa” disse appassionatamete lei, tornado a stringerlo

 

“sì, a casa” rispose lui, parlando più con se stesso che con lei

 

D’un tratto sulla soglia comparve anche Angel: il suo sorriso svanì in un attimo, alla vista del vampiro biondo

 

“Spike, sei tornato”

 

si staccò dalla ragazza, guardandolo negli occhi

“a quanto pare” aprì le braccia, come se volesse dimostrargli di essere corporeo

 

“bene, entra allora” il suo tono freddo non contribuì che a peggiorare l’umore del nuovo arrivato

 

Spile passò un braccio intorno alla vita di Fred, entrando insieme a lei in casa e lasciando che Angel chiudesse la porta alle loror spalle.

 

*     *     *

 

Le due ragazze uscirono dalla sala in cui era riunito il Consiglio, sentendo i loro occhi puntati sulla schiena finchè non risciusero il pesante portone di legno.

Buffy si appoggiò al muro, passandosi una mano tra i capelli, esausta. Sospirò a fondo, ma non con solievo, sapeva che il peggio doveva ancora arrivare.

“ehy – Faith le sfiorò il braccio – tutto ok?”

 

la fissò un attimo, con la mano ancora tra i capelli

“…sì, più o meno. Era la prima volta che li incontravi?”

 

Faith distolse lo sguardo

“no, ma non li avevo mai visti tutti insieme”

 

Buffy stava per replicare, quando passi lenti e misurati attrassero la sua attenzione. Dalle scale ricomparve Rose, la domestica.

Come se nulla fosse successo si diresse verso la porta accanto a quella dello studio, facendo un educato cenno alle due perché la seguissero.

Si posizionò davanti alla porta, guardando le due, come se dovesse scegliere.

“la signorina Summers entrerà per prima” disse con voce leggermente roca, puntando incerta lo sguardo sulla cacciatrice bionda “è lei vero?”



“sì” riuscì solo a rispondere Buffy, non riusciva a credere che da lì a qualche secondo avrebbe incontrato chi…

 

“prego” si spostò da davanti alla porta, indicandole la maniglia

 

La ragazza fissò un attimo Faith, che ricambiò lo sguardo, annuendo; poi spinse la maniglia verso il basso, spingendo la porta, per sparire all’interno della stanza.

 

Strizzò gli occhi, la luce naturale proveniente dall’ampia vetrata contrastava fortemente con quella artificiale del corridoio. Fece qualche passo avanti, guardandosi attorno: le pareti erano tappezzate di enormi librerie, colme di volumi, e un tavolo in legno occupava gran parte della sala. D’un tratto una voce limpida e chiara richiamò la sua attenzione su una presenza che quasi non aveva notato, ma che ora si faceva avanti con un pesante libro in mano.

Davanti a lei stava una ragazza, alta più o meno come lei, con morbidi capelli castani che scendevano oltre le spalle e due penetranti occhi verdi, che la fissavano attenti. La giovane si avvicinò, sorridendole ironica per qualche istante, riportando poi lo sguardo sulle pagine aperte davanti a lei.

Buffy continuava a guardarla, senza parire bocca. Quella era la Custode? Una ragazza minuta di cui non riusciva a definire l’età? La delusione attraversò la sua mente…non sapeva perché, ma aveva immaginato che si sarebbe trovata di fornte una donna anziana, seduta davanti ad una specie di palla di cristallo, nella quale scorrevano immagini di ragazze sparse per il mondo; qualcosa di più…scenografico!

 

D’un tratto fu come se la sconosciuta si accorgesse di lei, dopo averla superata con la mente assorta in ciò che leggeva. Si voltò nella sua direzione, guardandola interrogativa.

“ti aspettavi una vecchia fattucchiera con un occhio di vetro che fa i tarocchi?” domandò asciutta, poi si interruppe, come se aspettasse una risposta che però non arrivava “posso darti del tu vero…Buffy?”

 

Lei non aveva ancora mosso le labbra da quando era entrata, riusciva solo a fissare la sua interlocutrice. Quell’ultima domanda però la  riscosse dal torpore, e scosse leggermente la testa

“sì…-pronunciò incerta – volevo dire, sì – scandì con decisione, riferendosi solo lall’ultima domanda”

 

“bene allora, Buffy” sorrise l’altra, quasi con condiscendenza. Probabilmente si era resa conto che la sua interlocutrice era rimasta spazzata nel vederla, ed ora cercava di metterla a suo agio. “sentiamo”

 

la cacciatrice la fissò con diffidenza

“cosa vuoi da me?”

 

la Custode la guardò divertita e sorpresa

“io? A dire la verità nulla. Credevo fossi tu quella piena di domande sull’essenza della vita”

 

l’estrema semplicità con cui le si rivolgeva sconvolse Buffy, probabilmente sarebbe stato più facile per lei avere a che fare con qualcuno da cui si sentiva apertamente minacciata, come poco prima, nella sala del Consiglio.

 

“chi sei tu?” le domandò d’un tratto, come se volesse spiazzarla

 

la Custode poggiò il libro sul tavolo, con gli occhiali nella pagina aperta, e la fissò con insistente attenzione

“chi ti hanno detto che sono?”

 

“la Custode, scegli le cacciatrici se non sbaglio” rispose immediatamente per farle capire che lo sperdimento iniziale era passato

 

per tutta risposta ricevette una risatina divertita

“è così che mi chiamano loro? La Custode?”

 

“già. –annuì, asciutta, come se volesse sottolineare che non capiva la sua ilarità-perché?”

 

“il buon vecchio Howard, sempre aggrappato all’etichetta! E scommetto che lo hai incontrato prima, in mezzo agli altri membri. Quale frase apocalittica hanno usato con te?”

 

“non tutte le verità sono fatte per essere scoperte, o qualcosa del genere” rispose, tutto sommato incuriosita

 

“carina, dovrò congratularmi” non aggiunse altro, aspettando che fosse lei a parlare di nuovo

 

“non è questo il tuo nome?” domandò Buffy dopo qualche istante, come se non volesse sprecare attimi preziosi

 

“Custode? Mio dio, no! Ne ho talmente tanti però, che uno vale l’altro. Ogni generazione me ne ha dato uno diverso, sono solo una semplice formalità – alzò le spalle. Sembrava veramente una ragazza, sia nei modi che nella voce, ma c’era qualcosa in lei che turbava e affascinava nella stesso tempo, qualcosa di diverso – ma tu lo sai meglio di me, vero Elisabeth?”

 

“come…”

 

“come lo so? Questi libri dicono tante cose – aprì le braccia, indicando gli scaffali circostanti – e non tutti riguardano storie di qualche millennio fa”

 

“è una faccenda diversa, non ti riguarda” rispose Buffy secca, fissandola con nervosismo

 

“e cosa mi riguarda esattamente? Perché sei qui, se non per questo?”

 

“mi hai chiamato” si difese, pur sapendo che non era la verità

 

la custode la guardò, sorpresa

“credevo volessi qualcosa da me, ma se non è così puoi andare”

 

no, no, no…la cacciatrice non riusciva a pensare ad altro

“no…” farfugliò

 

“no? Cosa c’è allora?”

 

“chi sei tu?” la fissò con intensità, scrutando attentamente in quegli occhi verdi, così diversi dai suoi

 

la Custode le sorrise

“Credo di non poter imbrogliare proprio te, hai avuto parecchie esperienze con i trasformisti e i mutaforma – allargò un po’ le braccia – questa forma però è quella che ho deciso di scegliermi. –la scuadrò, per la prima volta con incertezza – non credo tu abbia capito”

 

“puoi prendere la forma che preferisci quindi” cercò di riassumere

 

“posso, sì. Questa che vedi però è la prima, quella con la quale sono…”

 

“nata?” concluse Buffy

 

“è più complicato di così, ma l’idea è quella. Ma non si riferiva alla forma fisica la tua domanda vero? Io non sono di questo mondo, o meglio, non sono di questa realtà – osservò la reazione della cacciatrice –ma non è nemmeno questo che intendi. il tuo dono…È stato lui a metterti il dubbio, Dracula?”

 

la fissò, come a dare tacita conferma. Non era utile domandarle come faceva a saperlo.

 

“già. Beh…la risposta è in parte. Un potere come il tuo non è facile da creare, e per sconfiggere esseri infernali era necessario attingere dalla loro stessa fonte. Ma non credo sia una sorpresa per te sentitelo dire, o sbaglio?”

 

“no, non lo è” rispose laconica. Ecco la sua conferma, solo una conferma. Ormai ci era arrivata da sola; non era quello che voleva chiedere alla Custode però, e sembrava che lei se ne fosse accorta

 

“adesso devo farti io una domanda Buffy: cosa stai cercando? Cosa ti tortura fino a questo punto? Non certo trovare conferma di qualcosa che hai già in gran parte intuito da sola…e allora perché tutta questa incertezza?”

 

d’un tratto non fu più importante il cosa, la fonte del suo potere. Non le interessò più se era giusto quello che combatteva: era giusto per lei, e tanto bastava. Basta concetti aulici, fonti di potere, da dove proveniva…saperlo non avrebbe cambiato il suo modo di agire. Solo una cosa era rilevante davvero, importante per lei.

 

“voglio sapere perché io” le tremavano le mani, ma lo sugardo rimase fermo sulla sua interlocutrice “perché hai scelto me?” ecco dove era il dubbio. Perché, tra un milione di persone probabilmente tutte più forti, più coraggiose, più meritevoli, quella strana…entità aveva scelto proprio lei? Elisabeth Anne Summers, per gli amici Buffy, una ragazza ‘senza destino’, come aveva detto al suo primo osservatore nove anni prima

 

la Custode la fissò per un attimo, sondandola. La voce della cacciatrice era suonata seria e grave alle sue orecchie: era riuscita a porre la domanda giusta. Prese fiato prima di iniziare a parlare, senza badare agli occhi tesi della ragazza, che non si staccavano dalle sue labbra

“potrei dirti che ho scelto te perché eri la più forte, perché vedevo in te in coraggio di superare ogni cosa e di sacrificarti per un dovere in cui credevi. Potrei anche sostenere che lo ho fatto perché eri la più adatta a sopportare il dolore, o perché eri una ragazzina frivola, ‘senza destino’ e non sarebbe stata una grave perdita per l’umanità – vide lo sguardo di Buffy indurirsi e diventare leggermente lucido, stava facendo un gande sforzo per trattenersi; tuttavia continuò – o forse lo ho fatto perché qualcuno doveva essere scelto e tu sei stata la prima che ho esaminato. La risposta può essere o non essere una di queste. Io credo però che la domanda vera sia se sei stata in grado di assolvere il compito che ti è stato assegnato, se ho preso la decisione giusta quando ti ho scelta: - la fissò con intensità, sottolineando quelle parole- e la risposta è sì.  Sì, ho dato il potere alla persona giusta, non perché tu sia più coraggiosa, più forte, più adatta a combattere, più sacrificabile di altre, ma perché ti sei dimostrata capace di affrontare quanto ti si presentava davanti, senza mai arrenderti, perché hai avuto il coraggio di seguire una strada che ti sei tracciata da sola e di sacrificarti in nome di un sentimento. La risposta alla tua domanda: perché ho scelto proprio te, è perché sei speciale. Ma non speciale in quanto migliore, ma in quanto potenzialmente migliore. Migliore nel senso che avresti potuto fallire nel tuo compito, avresi potuto non rialzarti dopo un duro combattimento, ma non lo hai fatto e sei andata avanti, non tutte avrebbero agito nello stesso modo. Per questo sei diventata cacciatrice.” Chiuse le labbra e aspettò la realzione di Buffy, che la fissava interdetta. Una lacrima le aveva solcato le guance lievemente arrossate e le faceva brillare gli occhi. Non riusciva ad articolare un pensiero né ad aggiungere qualcosa, così si limitò a fissare quel volto di ragazza, che la guardava di rimando con una strana espressione.

 

“non sono stata una buona cacciatrice, ho lasciato il Consiglio” sussurrò

 

“non mi interessa quello che succede tra le cacciatrici e il Consiglio, non è affar mio – disse, con dolcezza però, per farle capire che la condotta non influiva sul suo giudizio – io scelgo chi è potenzialmente adatto, ma non esistono scelte giuste, il modo di agire del singolo le rende tali; e posso assicurarti che la tua scelta si è rivelata corretta”

 

Buffa si avvicinò a lei, con passo lento ma costante e cadenzato, continuando a guardarla negli occhi. La sua espressione non era più di diffidenza, ne di tristezza: ora poteva dire di aver capito. Quello che le aveva detto la Custode non era nulla di incredibile, né un concetto al di fuori del pensiero umano, qualcosa che trascendesse tutti i principi sui quali si era basata, ma solamente una semplice e lineare verità. Una verità che più volte aveva toccato con mano, anche da vicino, ma che non era mai riuscita a declinare per il suo caso personale: la vita era una continua scelta, e ognuna poteva essere sia giusta che sbagliata.  Scelte, lei ne aveva fatte molte, moltissime, da quando era diventata cacciatrice. Dare fiducia a Willow, anche dopo che aveva commesso terribili errori con la magia; tornare a vivere davvero, dopo essere morta, …perdonare Spike, dopo quello che si erano fatti l’un l’altro; e, non ultima, la sua decisione di non tornare a combattere.

No, in quel momento il suo viso era disteso, illuminato dalla luce talvolta infida di una nuova certezza.

Arrivò a pochi centimetri dal volto di lei, continuando a fissarla, per poi abbassare lo sguardo sul libro poggiato sul tavolo vicino e sfiorarne la copertina con una mano

 

“cosa contiene questo libro?” chiese semplicemente

 

“aprilo” la invitò, correndo anche lei con le dita lungo la copertina

 

e lei lo fece: sfogliò le pagine miniate, con  sottili scritte in caratteri gotici, senza mai distogliere lo sguardo dalle immagini tracciate con inchiostro nero. Scorse ogni riga, sino ad arrivare al punto in cui gli occhiali erano stati infilati dalla sua interlocutrice: il punto in cui si era fermata.

 

“è…” sollevò di nuovo gli occhi

 

“è la tua storia, sì” annuì lei

 

“e chi l’ha scritta?”

 

“l’hai scirtta tu Buffy, certo qualcun altro ha pensato a riportarla in questo libro, ma nulla era qui prima che tu lo facessi. Niente era già deciso”

 

passò l’indice sulla montatura degli occhiali

“e le pagine successive che raccontano?”

 

la Custode le prese la mano, scostandola dagli occhiali e chiudendo il libro

“tu cosa vuoi che raccontino?”

 

Buffy la guardò spaesata, passango gli occhi dalla sua interlocutrice al volume la cui copertina, ora lo notava, raffigurava una figura di donna in nero

“io…io –tornò a fissare il libro – non credo di saperlo”

 

 la Custode cercò i suoi occhi

“è tutto basato sulle scelte Buffy, cosa credi sia meglio per te? Nulla è sbagliato, solo che una vita non basta per provare tutte le strade, e tu ne hai già intraprese molte. Adesso è arrivato il momento di scegliere”

 

la cacciatrice la fissò

“diventare cacciatrice era il mio destino…in questo credevo”

 

“e così è stato, diventare cacciatrice è stata la strada giusta, devi esserne convinta Buffy. Però non commettere l’errore di basare la tua vita sul destino, altrimenti potresti sbagliare e perderlo di vista, seguendo invece il caso” sottolineò con lo sguardo queste ultime parole, come se si riferisse a qualcosa di preciso

 

Buffy tornò a guardare la copertina in pelle rosso scuro, con la figurina disegnata: quella era lei, quella era la sua vita. Lo accarezzò con lo sguardo; quante cose le erano successe, quanti momenti di gioia aveva passato…

Sì, aveva preso la strada giusta

Tornò a riflettere su quanto avava appena ascoltato: ‘non commettere l’errore di seguire il caso invece che il destino’…cosa significava?

D’un tratto nella sua mente iniziarono a scorrere i ricordi di qualche giorno prima…

 

Spike che la salutava, poi quella frase… “se sarà destino”….

 

E Giles, che le domandava se sarebbe tonata sui suoi passi, se sarebbe tonata ad essere la cacciatrice. Lei ancora una volta lo salutava dicendo “se sarà destino”

 

A cosa si appellava in quei momenti, realmente al destino o al caso?

 

D’un tratto alzò gli occhi sulla Custode

“scegliere non è facile”

 

“No, ma nemmeno impossibile. Immaginati tra qualche anno e chiediti chi vorresti essere Buffy; hai già fatto molto nella tua vita, ma non sprecare quella che ti resta. Hai avuto coraggio a prenderti di nuovo una responsabilità come quella di essere cacciatrice, ora continua ad averne e decidi quale mondo preferisci; nulla sarà sbagliato, basta che sia tu a scegliere”

 

“ma…gli altri? Che faranno gli altri?” ripensò a Willow, Xander, Dawn, Mark e Spike…loro cosa avrebbero fatto? Quale strada la avrebbe ricondotta da loro?

 

“non sei l’unica ad avere degli interrogativi davanti, se gli altri sceglieranno strade differenti o la tua…beh, in questo caso non esiste veramente altro che il destino”

 

Buffy sorrise “e tutto un po’ complicato”

 

“ho sentito dire che è questo il bello” rispose l’altra, ricambiando il sorriso

 

tra le due cadde il silenzio, rotto solamente dal monotono tic tac delle lancette di un orologio appeso alla parete. Fu la Custode a riprendere a parlare

“credo che ora tu debba andare”

 

“già”

 

le porse una mano

“allora arrivederci, Buffy”

 

la cacciatrice la prese, stringendola con forza

“posso farti un’ultima domanda?”

 

“ sentiamo, però ti comunico che ho finito le massime filosofiche” scherzò

 

sorrise, per poi pronunciare poche parole,con un’espressione indecifrabile, tra la curiosità e la riconoscenza “come ti chiami?” chiese, con voce ferma

 

la Custode le si accostò, sempre sorridendo, sussurrandole qualcosa all’orecchio.

 

Buffy si allontanò di qualche passo, verso la porta in fondo al salone, lasciandole la mano

“arrivederci”

poi le voltò le spalle, aprendo l’uscio che lei le indicava con gli occhi.

 

Senza voltarsi indietro, sparì, lasciando che il silenzio tornasse a regnare nella sala.

 

*     *     *

 

Faith fissava con insistenza il suo Brail da polso, le cui lancette ticchettavano costanti sul quadrante scuro.

La domestica era rimasta con lei anche dopo l’ingresso di Buffy, senza però mai rivolgerle la parola: era ormai parecchio che l’anziana signora fissava la porta ancora ermeticamente chiusa. La cacciatrice sbuffò di nuovo, poggiando la schiena contro il muro e incrociando le braccia sul petto, chissà quanto ancora avrebbe dovuto aspettate prima di poter entrare! Ripensò alle domande che le aveva posto buffy in aereo: come si sarebbe presentata la Custode? Sinceramente a lei non importava molto, non aveva mai badato troppo ai formalismi, quello che invece la preoccupava era cosa le avrebbe chiesto. Lei non era come l’amica, avevano avuto esperienze di vita totalmente diverse, non si domandava se era giusto quello per cui combatteva, per lei era tutta una questione di potere: il più forte vince e sopravvive e lei serviva a far si che i più forti rimanessero gli esseri umani. Non c’era nulla che non le risultava chiaro in questo, era sempre stato così, e così avrebbe continuato ad essere. Cosa poteva domandare quindi alla Custode? Qual’era il quesito che non le faceva vedere chiaramente la vera realtà delle cose?…ripercorse con li occhi della mente i mesi passati a Sunnydale, da Buffy. Era stato un periodo incredibile per lei, anche se non aveva mai voluto ammetterlo: trovare amici, gente che riusciva ancora a pensare a divertirsi come un qualunque adolescente, ragazzi come lei, con i suoi stessi sogni, prima che venissero infranti dalla dura realtà della vita affrontata troppo presto. Aveva fatto presto ad ambientarsi, ad attirare nella sua rete una ragazzina come Buffy che, nonostante tutto quello che aveva combattuto, non si era ancora staccata dalla pseudo normalità, non era ancora arrivata a toccare il limite, non era ancora diventata adulta.

Chiuse gli occhi e le tornò in mente il loro ultimo combattimento, quando la aveva pugnalata per tentare di salvare Angel; in quel momento nei suoi occhi si era spenta la luce di ragazzina che era rimasta accesa sino a quando lei non la aveva tradita e anche Buffy finalmente aveva lasciato andare la parte più nascosta dei suoi sensi, la stessa che, ogni notte puntuale, la trasformava in un killer.

Sorrise, lasciando che i capelli neri si sciogliessero dal fermaglio con cui li aveva legati e le ricadessero sul viso.

Sì, era stata lei, Faith, a farla uscire completamente dal mondo dei sogni in cui era ancora relegata. Un bel primato. Eppure, in fondo, anche se si era indurita, Buffy non era mai cambiata. Lei sì poteva dirsi una vera cacciatrice, lei, che era sempre riuscita a superare il dolore e a prevalere sugli eventi: non come lei, che si era sempre e solo fatta cullare dal caso. Si era chiesta spesso come avessero fatto a scegliere proprio lei per, almeno in teoria, prendere il posto di una come Buffy…

 

“è arrivato il suo turno” sussurrò cortesemente la donna, sorridendole come se avesse aspettato meno di un minuto

 

alzò gli occhi al cielo e si accostò alla porta, pronta ad aprirla, poi si fermò

“e Buffy?”

 

“è uscita dall’altra parte” rispose paziente, indicando la sala con una mano rugosa

 

senza aggiungere altro, fissò per un altro istante il viso della donna, per poi abbassare la maniglia di ottone che riluceva alla luce artificiale del lampadario.

 

Fece qualche passo nella stanza, lasciando che la porta si chiudesse alle sue spalle con suono ovattato, e iniziò a far roteare gli occhi sugli scaffali che la circondavano. Osservò anche il resto dell’arredamento: perfettamente in linea con il resto della casa, non aveva dubbi.

Poi la sua attenzione venne catturata da una figura, che la fissava dal lato opposto del tavolo che divideva la sala. La fissò con curiosità, quasi sorridendo, certo non si era aspettata di incontrare una ragazza alta come lei! Tuttavia non le dispiaceva che avesse un aspetto così…comune, in un certo senso, in quel modo si sentiva come se avesse un vantaggio morale sulla sua interlocutrice: erano tutte e due umane, se fosse invece stata una creatura…diversa, si sarebbe sicuramente sentita più minacciata. Il suo sorriso si allrgò: ma a cosa diavolo stava pensando? Anche a un matto quel suo ragionamento sarebbe sembrato assurdo!

 

la custode seguì lo sguardo della ragazza, ridendo

“Mio Dio, anche Buffy ha avuto la stessa reazione! Ma chi vi aspettavate di incontrare? Una specie di Maestro Yoda in versione femminile?”

 

Faith sorrise, la ragazza iniziava a piacerle

“a dire la verità mi aspettavo qualcosa tipo un mezzo demone con corna ovunque, ma ti assicuro che ti preferisco così”

 

“ma bene! Dovrò convincere il Consiglio a far stampare una mia fotografia a colori sui manuali degli osservatori! – poi tornò seria – allora…Faith – la fissò a sua volta con interesse, poi aprì le braccia – sentiamo”

 

“prego?” chiese l’altra, senza capire

 

“beh, sei qui per sapere qualcosa se non sbaglio”

 

Faith la guardò un istante, cosa domandarle? aveva sempre pensato che porsi troppi problemi riguardo concetti astratti era una perdita di tempo, lei aveva sempre preferito il concreto, e in quel campo nulla sembrava fuori dalla sua portata.

 

“se non è per chiedere, allora perché sei qui?” le domandò dopo un attimo di silenzio la Custode, decisamente stupita

 

“beh…è una questione un po’ lunga da spiegare. Il fatto è che…-alzò gli occhi al cielo, come spiegarglielo? – è che mi piacerebbe – evidenziò con il tono della voce queste parole – che Buffy tornasse ad essere una Cacciatrice. Lei non è molto d’accordo con la cosa, troppe questioni ancora aperte a quanto dice; quindi, quando ha deciso di accompagnarmi qui e di venire da te, ho pensato fosse un buon modo per riavvicinarsi a questa realtà e così eccomi qua”

 

La Custode la squadrò una volta ancora

“posso chiederti perché speri che torni ad uccidere vampiri? Non credo le piacesse molto”

 

“lei è nata per questo, tu che ci hai scelte lo sia meglio di tutte! E poi sono convinta che nemmeno la normalità la attiri più di tanto, ormai”

 

“perché?”



“perché ha capito che non si può cancellare una vita in due anni, quando si entra in contatto con quello che ha conosciuto lei, non è possibile rinnegarlo ”

 

La Custode iniziò a passeggiare per la stanza, facendo scorrere una mano lungo la superficie liscia e levigata del tavolo in legno

“tu e lei, siete molto legate vero?”

 

abbassò gli occhi “non…non si può dire che abbiamo mai avuto un rapporto di amicizia come si deve. Troppi alti e bassi, troppe differenze. Abbiamo combattuto spesso una contro l’altra, quasi più che insieme – paralva quasi con se stessa, ricordando gli avvenimenti che le avevano portate a diventare avversarie “

 

“e allora perché vorresti che tornasse?”

 

“beh, abbiamo un rapporto complicato. Prima lei era la buona e io la cattiva, ora però siamo tornate ad essere sullo stesso fronte, neda una parte ne dall’altra. Ci sono stati momenti in cui l’ho odiata, odiata davvero, perché vedevo in lei quello che sarebbe piaciuto anche a me essere, altri in cui l’ho sentita più vicina di qualsiasi altro, adesso ho semplicemente accettato che abbiamo preso due strade diverse e che nulla è rose e fiori, ne per me ne per lei. ma, nonostante tutto, volenti o nolenti, qualcosa abbiamo in comune e questo qualcosa è il fatto di essere cacciatici. È come se ci legasse un filo, è come essere…”

 

“…sorelle?”

 

“una cosa del genere, sì. – sorrise tra sè e sé – non ho mai capito come hai fatto a scegliere una come me per rimpiazzare …” alzò la testa: la sua domanda

 

la Custode sorrise

“ecco la tua domanda allora”

 

Faith abbassò lo sguardo, fissando un punto alle spalle della Custode, poi sospirò

“senti, la mia vita mi va bene così, non voglio sapere niente, né perché hai scelto lei ne perché hai scelto me. Non cambierà le cose: io sono una cacciatrice, lei è una cacciatrice e, che ci piaccia o meno, siamo legate. Probabilmente adesso penseraidi aver preso un’enorme cantonata quando mi hai attivata e con tutte le probabilità hai anche ragione, ma non si torna indietro, quindi è meglio che tutto rimanga come sta, senza predizioni e risposte a domande inutili”

 

gli occhi verdi della ragazza vagarono per il viso della cacciatrice

“secondo te ho preso una cantonata scegliendoti?” chiese sorpresa

 

“avanti! Ma hai visto Buffy? È lei quella giusta, quella che sa prendersi cura dei suoi amici e salvare il mondo riuscendo anche a fare un salto dal parrucchiere! – abbassò gli occhi – non è facile reggere il confronto”

 

“e se ti dicessi che invece sono convinta di averci azzeccato con te?”

 

“io ti ringrazierei per la fiducia, ma non sono molto brava a realizzare le aspettative degli altri”

 

“e cosa si aspettano gli altri da te?”

 

Faith sospirò di nuovo, non ne poteva più di rispondere a quelle domande, non sapeva nemmeno perché lo stava facendo. L’unica cosa che voleva era andarsene e uscire da quella sala che improvvisamente le sembrava troppo stretta. Non sapeva perché, ma trovarsi di fronte a quella ragazza le dava un senso di inadeguatezza che non riusciva più a sopportare.

 

“niente! –urlò- gli altri non si aspettano niente da me! E sai perché? perché non esiste nessun altro!…Il mio lavoro è quello di scovare vampiri e mostri e ammazzarli, ho girato mezzo mondo, lo faccio da sola e questa è stata solo una parentesi! Non sapevo nemmeno che Buffy e i suoi amici fossero a Claveland quando mi ci hanno mandata e rivendendoli mi è venuta questa idiotissima idea di…ma lascia perdere! Adesso io esco di qui e riprenderò la mia vita, e c’è solo una cosa che voglio dirti – si puntò un indice al petto – io non sono Buffy ma vivrò, sopravviverò, e sai perché? Perché ho imparato a mie spese a correre più veloce degli altri. ”

la guardò quasi con tristezza, interrompendo il fiume di parole che aveva scaricato contro la sua interlocutrice ma che erano più un tentativo di autoconvincimento.

 

La Custode abbassò tranquillamente lo sguardo, indicando la porta alle sue spalle

“bene, quella è l’uscita”

 

Faith, continuando a guardarla la superò raggiungendola

 

“Faith?” la chiamò ancora e lei, suo malgrado, si voltò di nuovo “è per questo che ti ho scelta”

 

senza rispondere la ragazza afferrò la maniglia della porta, stringendola nel palmo

 

“ma ricordati che le persone come Buffy sono nate per sorprendere gli altri quando meno se lo aspettano – le gridò dal fondo della sala, quando già aveva oltrepassato la soglia – e credo che tu sappia anche che, nonostante tutto, voi due non siete così diverse: il destino di due cacciatrici si intreccia  sempre, ricordalo”

 

Faith si chiuse la porta alle spalle, trovandosi improvvisamente sul pianerottolo d’ingresso dal quale era entrata. Si guardò intorno circospetta, alzando il bavvero del suo giubbotto di jeans e mettendosi su una spalla il borsone che era stato appoggiato sul primo gradino, poi attraversò la strada ancora umida di pioggia, diretta alla stazione.

Giunta dall’altro lato della strada si fermò di nuovo, guardandosi introno e cercando qualcuno con lo sguardo…sapeva, sentiva però che lei se ne era andata. Aveva risolto tutte le faccende in sospeso di Buffy ed ora doveva fare lo stesso con Elisabeth. E lei non poteva fare altro che mettersi da parte: perché ormai la decisione poteva essere solo ed esclusivamente sua.

 

Abbassò un attimo gli occhi: aveva imparato a non farsi mai troppe illusioni, dopotutto. E poi la solitudine non era così male, a volte! Sorrise amara tra sé e sé, ma chi voleva convincere? Eppure le ultime parole di quella strana ragazza le rimbombavano ancora come un eco nelle orecchie

 

…il destino di due cacciatrici si intreccia, sempre…

 

*     *     *

 

“perché fai così?” urlò Fred, con gli occhi che si stavano riempiendo di lacrime

 

“così come Fred, così come?” Spike, arrabiato ed esasperato, raggiunse il soggiono a grandi passi, seguito a ruota dalla ragazza. Ecco un altro litigio, l’ennesimo nelle ultime settimane. Perché non poteva lasciaro in pace? Non riusciva a continuare così

 

lo indicò con entrambe le mani

“così maledizione! Chi diavolo sei tu Spike? non so niente di te!”

 

“e cosa c’è da sapere Fred, cosa vuoi? Che ti racconti per filo e per segno i miei 125 anni di non vita? È questo? Vuoi sapere quante persone ho ucciso, quante ne ho trasformate in vampiri?” sbraitò lui, voltandosi di scatto

 

“voglio capire chi sei! Voglio entrare a far parte della tua vita, ma tu ti ostini a tenermi fuori, ad allontanarmi da te! Credi che non potrei capire?”

 

“Fred, non è il momento!”

 

“e quando, quando sarà questo momento? Sono mesi che questa storia va avanti! meno di due settimane fa sei tornato dopo essere sparito per quasi dieci giorni, e io so a mala pena in che Stato eri finito! Ti sembra una rapporto questo?”

 

“perché…perché ti ostini in questo modo? Cosa importa il mio passato? Con chi sono stato prima non conta!”

 

“e allora perché non me ne parli?…A lei lo avevi raccontato” sussurrò con rancore, e il vampiro, anche senza che lei ne pronunciasse il nome, sapeva a chi si riferiva

 

“come fai a…” rispose, spiazzato, ricordando suo malgrado la notte passata con Buffy al Bronze, quando le aveva raccontato la sua lunga esperienza di vampiro.

 

“…a saperlo? Me lo hai appena confermato tu” lo interruppe, con voce amara e tono recriminatorio

 

“senti Fred…” rpovò ad avvicinarsi, ma la mano della ragazza si frappose al suo torace: nelle dita strengeva un piccolo pezzo di carta, il numero di telefono di Buffy

 

“l’ho trovato sotto il cruscotto – disse lentamente e con voce atona – cercavo le chiavi di casa ed avevo preso la tua macchina” lo prese con entrambe le mani, portandoselo davanti ed inizando a leggerlo “Elisabeth Summers, New York, Smithers&Co assicurazioni – lo girò lentamente, tenendo gli occhi in quelli di Spike, e lesse anche quanto stritto sul retro – Buffy, questo è il suo numero di telefono. Ecco come vengo a scorprire le cose Spike. Credi che mi sarei arriabbiata se me lo avessi detto? Non ho mai nemmeno pronunciato il suo nome da quando sei tornato, ma tu non mi hai dato neanche il beneficio del dubbio” rimase in silenzio per qualche minuto, aspettando una sua reazione che però non arrivò

“adesso te lo restituisco Spike – allungò il biglietto da visita – ma ti chiedo di stracciarlo”

 

la mano, che il vampiro aveva teso a sua volta per prenderlo, si fermò a mezz’aria

 

Fred non accennava a ritirare il foglietto, tuttavia ancora stretto nelle sue mani. Aspettò alcuni istanti che lui lo prendesse, ma la sua fredda mano non accennava a muoversi. Una lacrima le rigò il viso, già arrossato dalla rabbia

“perché?” sussurrò con un filo di voce, lasciando cadere il pezzo di carta a terra

 

Spike abbassò gli occhi

 

“perché con me non riesci a…” ma lui non la lasciò terminare

 

“fa troppo male Fred – prese un lungo respiro, come se pronunciare quelle parole gli costasse enorme fatica- non…non riesco a continuare così. – si chinò lentamente a raccogliere il biglietto e lo strinse nel pugno, spiegazzandolo – mi dispiace”

 

“cosa è successo a Claveland? Eravamo felici…prima!” sussurrò

 

lui strinse la mascella, rifuggendo di nuovo il suo sguardo

 

alzò gli occhi al cielo, per evitare che le lacrime continuassero a scorrere

“cosa è successo Spike, dimmelo!” lo prese per il bavvero della camicia “dimmi perché lei sì e io no” scandì con rancore

 

Spike le afferrò le mani, scostandole

 

“Fred, ti prego, basta”

le voltò le spalle, dirigendosi verso la porta, ma la sua voce lo fermò di nuovo. Questa volta era tagliente e scossa dai singhiozzi

 

“così è finita, mi stai scaricando Spike – rise con rabbia – e adesso? Andrai da lei? ti presenterai con un mazzo di fiori ed il cuore in mano? Lei si sarà rifatta una vita e tu lo sai! E stai mandando all’aria tutto quello che c’è stato tra noi per…per niente!”

 

la fissò un istante

“mi dispiace”

poi uscì dalla porta senza voltarsi indietro, si diresse al parcheggio e salì in macchina. Il motore si accese con un rombo e lui ingranò la marcia, lasciandosi ben presto alle spalle il palazzo della Angel Investigations. Senza rendersene conto, stringeva ancora in pugno il biglietto da visita di Buffy: l’inchiostro delle lettere aveva perso i suoi contorni distinti a causa del sudore dei palmi e adesso la carta umida aderiva perfettamente al volante.

Guidò per più di un’ora, fino a quando le sagome degli edifici del centro non furono altro che punte di spilli e il caotico paesaggio cittadino e autostradale ebbe lasciato il posto a piccole e ordinate monofamigliari. Sterzò bruscamente, fermando l’auto dietro il grande catello di lamiera che recava a grandi lettere “YOU ARE LEAVING LOS ANGELES”: il sole stava già tramontando, proprio come il giorno in cui era tornato.

Scese dalla vettura, chiudendosi alle spalle lo sportello con un gesto secco, il biglietto ancora intrappolato tra le dita. Ne fissò con attenzione i contorni d’inchiostro sbavati, lasciando che la leggera brezza serale gli scompigliasse i capelli.

Lesse di nuovo il suo nome, Buffy, e poi sorrise. Cosa avrebbe fatto ora? La verità era che non ne aveva idea. Non ne aveva idea.

Insipirò l’aria fresca e attraversò la strada, sino a raggiungere il ciglio opposto, che lasciava spaziare gli occhi su una distesa di montagne rossastre, dietro cui il sole già si nascondeva. L’ironia del destino.

Probabilmente lei era già tornata da Londra, dove aveva incontrato la Custode, e adesso la sua vita aveva ripreso il suo normale corso. Forse, proprio in quell’istante, lei era tra le braccia di un altro…e lui aveva appena rotto con Fred, la cosa più bella che gli fosse capitata dopo la sua morte. No, la cosa più bella era stato l’abbraccio di Buffy quando si erano rivisti…

Sospirò, cacciando il pensiero.

Aveva rotto con Fred, ecco su cosa doveva concentrarsi. Cosa doveva fare dunque? Fissò il cielo che si tingeva di rosso e una straordianaria calma si impossessò del suo corpo. Provare di nuovo ad avere una storia con lei non era possibile, renderla partecipe del suo passato impensabile. Era troppo giusta, tranquilla, serena per essere contaminata con racconti di quel tipo; e poi sapeva che a lei non importava la sua vita in giro per l’Europa, di quella parte di lui non si curava nemmeno, le premeva sapere quello che aveva passato a Sunnydale, da Buffy. Perché Fred si sentiva così minacciata da lei? eppure aveva sempre evitato accuratamente il discorso, anche nei suoi pensieri aveva rinunciato a fare un confronto! Loro due non potevano essere paragonate: gli davano sensazioni completamente differenti, e sino a quel momento aveva sentito solo il bisogno della calma ristoratrice di Fred.

Dopo Claveland la situazione però era cambiata e non poteva negarlo: rivedere Buffy, stare di nuovo con lei, entrare di nuovo a far parte di un mondo che era andato distrutto molto tempo prima lo aveva risvegliato. O meglio, aveva risvegliato in lui sensazioni che ormai sperava sopite, ma che erano solo rimaste in un angolo della sua mente e che si erano rifatte prepotentemente spazio in essa. Aveva dimenticato quanto fosse bello condividere tutto con un’altra persona, dimenticato cosa voleva dire avere tanta fiducia il lei da essere in grado di farsi da parte. Non che non riuscisse a provare fiducia in Fred, ma per lui quel sentimento equivaleva a qualcosa di più che il semplice affidamento: comprendeva la totale e cieca capacità di accettare una decisione dell’altra; e non poteva dire di riuscire a fare lo stesso con Fred. Forse perché aveva sempre avuto paura di mettersi a nuodo davanti a lei, di aprirgli il suo mondo e di farla entrare, lei era troppo…troppo appartenente ad una sorta di compromesso con la normalità, e le aberrazioni di cui il suo mondo era infesato non avrebbero fatto altro che rovinarla.

E di una cosa era sicuro: se non era riuscito in quei due anni a rendere Fred una parte di sé, certamente non sarebbe più riuscito a farlo.

Meglio farla finita allora, per il bene di tutti e due: basta stupide liti senza senso, basta conversazioni troncate a metà prima di dormire, basta silenzi. Soprattutto basta silenzi: era temendamente difficile nascondere la sua natura, soprattutto davanti alla donna che avrebbe dovuto accompagnarlo per il resto della vita, ed era quello che aveva dovuto fare con Fred. Perché lui era un vampiro, diverso ma sempre un vampiro, con un passato con cui fare i conti, che non riguardava solo l’amore. In lui c’erano morte, disperazione, rabbia che l’anima o la coscienza non avrebbero potuto cancellare; e Buffy era l’unica a poter dire di avere visto il meglio e il peggio di lui. L’unica. L’unica per lui.

 

Sarebbe stato bello poterci credere…

Credere nel fatto che avrebbero potuto ricomincare, credere che poteva esserci un futuro di cui facevano parte entrambi.

 

Fissò di nuovo il cartoncino, che vibrò spinto da una leggera brezza.

 

Proprio in quel punto poche settimane prima stava per farlo volare, per lasciare che il vento lo portasse lontano da lui.

Quella volta non aveva avuto il coraggio di lasciarlo andare.

 

Ripensò a Buffy, ora lei aveva una scelta davanti. Poteva aver già deciso, oppure ci stava ancora riflettendo, ma in quel momento non era importante. Sapeva che avrebbe fattto la scelta giusta. Avrebbe avuto una vita piena di gioia, una vita da vivere a pieno, come era sempre stata la sua.

 

E sarebbe volata via

 

Guardò il cielo, sorridendo, e vi vide i suoi occhi, limpidi e profondi come le nuvole. E la sua lunga memoria corse indietro, fino a tornare alla loro serata, quella in cui si erano conosciuti. Ripercorse i ricordi e la vide crescere, cambiare e vincere.

 

Ed era valsa la pena per ogni attimo passato con lei, per ogniuno.

 

Quello era il momento, il momento di dimostrare ancora una volta la sua fiducia in lei. e lasciarla andare.

 

No, non avrebbe fatto come credeva  Fred.

 

Non sarebbe tornato da lei, non adesso, non così

 

E lei sarebbe volata via.

 

Per ritornare, forse

 

Per fuggire, altrimenti

 

Era qualcosa di impredicibile, ma giusto in fondo.

 

E lo sarebbe stato perché la loro vita doveva andare avanti, in ogni caso.

 

Sorrise nuovamente a quegli occhi, poi gettò il biglietto da visita, che piroettò nell’aria per cadere oltre il ciglio della strada.

 

Fissò ancora una volta l’orizzonte, poi si voltò, camminando verso la macchina.

 

Di una cosa era certo però: lei sarebbe rimasta l’unica per lui, sempre.

 

Cap.10 – Questione di Sangue

 

 

Si alzò dal tetto, nel quale si era infilata ancora vestita e senza aprire le coperte. Si stiracchiò di malavoglia, osservando le lancette della sveglia, che segnavano già le 7.30. poco meno di due settimane prima aveva Willow che la svegliava.

Ripensò all’amica, mentre si dirigeva in bagno: nonostante le promesse non si erano ancora telefonate.

Si guradò allo specchio sopra il lavandino, lasciando intanto scorrere l’acqua. I capelli le ricadevano scomposti sule spalle e gli occhi verdi erano leggermente arrossati, probabilmente a colpa del poco sonno e dei troppi pensieri.

Si bagnò il viso, tamponandolo poi con l’sciugamano, e tornò ad osservarsi, questa volta più in profondità: chi c’era davanti a lei? Elisabeth o Buffy, la cacciatrice o la ragazza normale?

Fissò l’immagine riflessa un altro istante, poi lasciò defluire l’acqua e si diresse verso la camera da letto, ancora oscurata da una vaga penombra.

Alzò le serrande e il paesaggio metropolitano di New York si presentò ai suoi occhi in tutta la sua caotica vitalità: macchine che sterzavano sull’asfalto bagnato, lavoratori che si dirigevano svogliatamente in ufficio, l’imbocco per la fermata della metropolitana ghermito di gente. Proprio dove avrebbe dovuto già essere lei.

Aprì l’armadio senza troppa voglia, osservando il suo fornito guardaroba; quel giorno sarebbe dovuta andare in ufficio così scartò i jeans e i pantaloni, optando per un sobrio vestito chiaro. Si vestì svogliatamente, d’un tratto quegli abiti le sembravano così scomodi e la casa poco funzionale: nulla era dove avrebbe dovuto essere e mancavano cose per lei essenziali. Un giardino per esempio.

Si avviò di malavoglia verso la cucina, notando un foglietto di carta con un appunto scritto a mano, posato sul tavolo. Lo prese, stringendolo tra le dita, e ne lesse mentalmente il contenuto: un messaggio lasciato da Mark la sera precedente, nel quale la invitava a casa sua quella sera, per parlare. Fissò quell’ultima parola mordendosi il labbro inferiore e, insipiegabilmente, un brivido freddo le percorse la schiena. Parlare, dovevano parlare, ma non come immaginava lui. Non di trasferimento nello stesso appartamento, non di vacanze. Lei non poteva più andare avanti così, dopo averlo liquidato raccontandogli di come lei, sua sorella e il fantomatico amico di San Francisco avessero passato due splendide settimane parlado dei vecchi tempi. Non sapeva ancora come avrebbe fatto, ma doveva raccontargli qualcosa, non tutto forse, ma con il tempo sentiva che ciò le sarebbe diventato sempre più difficoltoso rimandare l’ormai intevitabile verità. Quella che aveva nascosto al mondo per oltre due anni ma che ora non aveva più intenzione di accantonare.

Chiudendo gli occhi ripensò alla Custode: perché doveva essere tutto così complicato?

Guardò per l’ennesima volta l’orologio: era tardi, terribilmente tardi. Ripose il biglietto di Mark sul tavolo, prendendo la giacca, poi chiuse la porta d’ingresso a due mandate e scese in strada, i tacchi che ticchettavano ritmicamente sull’asfalto, dirigendosi verso l’ufficio.

Il tempo…sembrava quasi che le mancasse. Tutto accadeva così velocemente e lei non riusciva più a starci dietro: doveva occuparsi di Mark ma anche di Dawn, che non le aveva ancora telefonato, parlare con Willow, nella speranza di non lacerare nuovamente il loro rapporto appena ristabilito, e poi rintracciare Faith, la aveva aspettata fuori dalla sala della Custode sino a quando l’anziana domestica non la aveva avvisata che se ne era già andata, e dare una risposta al signor Giles, sul quale il consiglio premeva perché lei restituisse i poteri. Infine Spike…non aveva ancora dimenticato, e probabilmente neppure accettato, il loro addio. Troppe cose da chiarire, eppure la vita proseguiva con il suo ritmo incessante e lei poteva solo sperare di non peredere l’attimo.

 

Accellerò il passo.

 

 

Oltrepassò la grande porta in vetro che dava sull’atrio del palazzo in cui lavorava, tuttavia quell’enorme spazio non la colpì come aveva sempre fatto e lo attraversò a passo rapido, senza nemmeno fermarsi.

La prima tappa fu l’ufficio del direttore, dal quale era stata contattata telefonicamente solo un’ora dopo il suo rientro.

Bussò alla porta con decisione e si diresse verso l’uomo non appena quest’ultimo le fece segno di entrare

 

“signorina Summers, spero abbia passato bene queste vacanze con sua sorella”

 

“bene, la ringrazio” sorrise lei, contrariata però dall’eccessivo controllo a cui era evidentemente soggetta

 

“so che è tornata molto tardi qualche giorno fa” annuì lui, studiando le carte che aveva sotto gli occhi con interesse

 

“posso chiederle come fa a saperlo?” rispose lei, rifiutando l’invito a sedersi

 

L’uomo alzò la testa sorridendo “abbiamo a cuore la vita dei nostri dipendenti come quella dei nostri clienti signorina”

 

Lei si limitò a fissarlo, senza però rispondere, ed egli riabbassò il capo, strizzando più volte gli occhi, come se stesse leggendo qualcosa di scritto molto in piccolo

 

“è qui da quasi due anni e sono felice di notare l’ottimo lavoro da lei compiuto”



lei annuì, senza capire però dove lui volesse andare a parare

 

“voglio dire: le piace il suo lavoro – la scrutò oltre le lenti degli occhiali – vero?”



lei lo fissò un attimo, per poi annuire pacatamente

“certo”



“bene, perché ho intenzione di offrirle la possibilità di fare un enorme passo avanti con la sua carriera” poi le indicò un fascicolo sulla scrivania, con il suo nome scritto sopra

 

lei si avvicinò, ancora incerta, prendendo tra le mani le carte e scorrendo le prime pagine

 

“quella è la sua possibilità di arrivare in alto” ammiccò eloquentemente, lasciando passare un attimo di silenzio “vada ora”

 

lei lo guardò ancora un attimo, poi salutò

“arrivederci”

 

“arrivederci…ah, e buon lavoro” si passò una mano sulla corta barba grigia e la seguì con gli occhi fino a che la porta non si fu richiusa alle sue spalle

 

La ragazza si diresse verso il suo ufficio a passo spedito, senza alzare gli occhi dai fogli e lasciando che una ciocca di capelli, sfuggita dalla morbida acconciatura, andasse a sfiorare la stanghetta degli occhiali da vista.

Si sedette nella comoda poltrona di cuoio, affondandovi, e finalmente distolse lo sguardo dagli scritti, gettando la testa indietro.

Tolse gli occhiali, che poggiò sul tavolo, e si strofinò gli occhi, puntati al soffitto.

 

Il destino…il destino…non riusciva a pensare ad altro. Ora sarebbe toccato a lei non lasciarselo sfuggire per seguire solo il caso.

Nel cuore un enorme emozione non la aveva abbandonata da quando aveva letto le prime pagine, che ora giacevano impilate nel centro della sua scrivania in bell’ordine.

 

Poi, come se sentisse di essere osservata, si ricompose, inforcando di nuovo gli occhiali e tornado a fissare il plico appena ricevuto; le prime righe dicevano:

 

Contratto di assicurazione per la SmartConstructions, impegnata nel risanamento e nella ricostruzione della zona di Sunnydale, California, distrutta a causa una violenta scossa tellurica.

 

Buffy rilesse più volte quelle parole, senza che l’emozione la lasciasse. Poi afferrò la cornetta, componendo a memoria il numero di telefono che si era ripetuta tante volte mentalmente in quelle settimane ma che non aveva mai avuto il coraggio di chiamare.

 

“Microsoft Corporation” rispose qualcuno dopo due squilli

 

“Willow” sussurrò riconoscendola subito, con voce ancora alterata da un misto di gioia e incredulità

 

“Buffy, ciao!” rispose euforica, con tono totalmente differente dalla loro telefonata prima di partire per Claveland

 

“Willow la stanno ricostruendo…”

 

“Buffy ma cosa…” ma lei la interruppe

 

“…ricostruiscono Sunnydale”

 

dall’altro capo del filo, sul viso della ragazza, comparve un sorriso.

 

“Buffy…Buffy ma sei sicura?” balbettò, stringendo la cornetta con entrambe le mani

 

Buffy sospirò, passando le dita sui fogli ancora posati davanti a lei

“ho le carte qui davanti”

 

“quali carte?”

 

“un contratto assicurativo per una compagnia edile – si fermò – Willow ma ci pensi? Ricostruiscono Sunnydale” la gioia traspariva da ogni sua parola, ma venne frenata dall’inevitabile domanda dell’amica

 

“sì…e adesso che farai? Volgio dire, tu ora vivi a New York…”ma si interruppe subito, cosciente di aver gettato sull’amica il peso di un’altra decisione

 

“non lo so Willow…non lo so”

 

“ehy Buffy, non devi decidere subito, c’è ancora un po’ di tempo – sussurrò con voce rassicurante – tu inizia solo a pensarci”

 

“sai…per un attimo ci ho rivisti tutti là, insieme, nel mio giardino – abbassò gli occhi – ma adesso ricordo che io non ho più un giardino”

 

rimasero qualche minuto in silenzio, salutandosi poi, entrambe con un milione di idee per la testa.

 

*     *     *

 

quella sera Buffy rientrò più tardi, il cielo era già di una tonalità rossa e le sagome scure degli alti grattaceli lanciavano ombre lunghe e scure sulle strade ancora bagnate della pioggia del pomeriggio.

La ragazza si diresse verso la metropolitana, stringendosi maggiormente nel cappotto nero e alzandone il bavvero. Camminava a passo spedito per i lunghi tunnel, illuminata solo da fredde luci al neon. Si guardò attorno più volte, circospetta, per poi infilare le mani nelle tasche e procedere a passo più rapido. Quello non era un bel posto la notte.

Raggiunse la sua fermata, senza però osare avvicinarsi alle panchine d’aspetto. Un uomo ubriaco era straiato lì, strofinandosi ripetutamente gli occhi. Lei evitò di guardarlo, tenendo lo sguardo fisso sul muro grigio e sporco; tamburellava insistentemente con il piede, impaziente che la metropolitana arrivasse e lanciando furtive occhiate all’orologio posizionato alle sue spalle.

Quel posto non le piaceva, per niente.

 

I suoi occhi saettavano circospetti da un angolo all’altro dell’ampio spazio sotterraneo, soffertmadosi solo un attimo sulle schiene dei pochi passeggeri che, come lei, aspettavano il treno alla fermata dietro di lei. Li contò mentalmente: quattro, cinque se contava anche il senzatetto sulla panchina.

Voltatasi, la metropolitana fischiò alle sue spalle e il rumore delle porte automatiche che si aprivano stridette nelle sue orecchie. Due persone salirono, una sola scese, per poi dirigersi a passo rapido verso l’uscita.

Tamburellò nuovamente sulla gamba con la mano infilata in tasca, perché era così nervosa? Eppure le era già capitato di rimanere in metropolitana da sola.

 

D’un tratto un neon a qualche metro da lei si spense, emettendo qualche scintilla bluastra.

 

Lo fissò nervosamente, qualcosa non andava.

 

Guardò un’altra volta l’orologio, erano le 21 e 18. la metro avrebbe dovuto essere lì tra 5 minuti, tutto in oriario quindi.

 

Inspirò profondamente, cercando di calmarsi. Era colpa della notizia ricevuta quel giorno, ecco cosa la rendeva nervosa. Scoprire che avrebbero ricostruito Sunnydale…no, c’era qualcosa nell’aria

 

Si sentì afferrare per un braccio e il panico si impossessò di lei. in un attimo aveva afferrato la mano guantata del suo assalitore

“mi scusi” esclamò stupito il giovane che era comparso accanto a lei “non volevo spaventarla” e tentò di mollare la presa intorno al suo braccio, ma Buffy continuò a bloccargli la mano per un altro attimo

 

“non si preoccupi – rispose fredda, ritirando l’arto e allontanando lo sguardo – ha bisogno di qualcosa?”



“mi sa dire a che ora passa questo treno? Sa, non sono di qui…” rispose lui gentilmente, quasi si sentisse in colpa per averla spaventata

 

Buffy guardò il suo orologio da polso, senza tornare a fissare il giovane

“sarà qui tra 5 minuti”

 

“ma è sicura di stare bene?” domandò ancora lui

 

Buffy sorrise, era tesa come una corda di violino, e senza motivo per di più. Quel ragazzo si stava preoccupando e lei non lo guardava nemmeno!

“sì, non si…- in quell’attimo si girò, cosciente dei suoi modi sgarbati- preoccupi” biascicò, prima che due occhi gialli si perdessero nei suoi.

 

Non fece in tempo a gridare, perché la stessa mano che prima la aveva afferrata, gelida una volta liberata dal guanto, le chiudeva la bocca.

 

Sgranò gli occhi, tentando di liberarsi dalla stretta. Il freddo di quelle dita chiuse sul suo mento però la riscosse da quell’istante di sperdimento

 

Il vampiro le aveva immobilizzato le braccia ed ora la guardava ridendo

“Ancora certa di stare bene?” sghignazzò “dovrebbe stare attenta a girare sola di notte, si potrebbero fare brutti incontri!”

la strattonò ripetutamente per scoprire il collo dal bavvero che lei si era alzata per ripararsi dal vento

 

“coraggio, non farà così male!” riprese ironico, senza mai smettere di guardarla negli occhi con una ilarità famelica

 

Buffy lasciò cadere la borsa, guardandosi intorno con gli occhi sgranati. Nessuno. Non c’era nessuno che si rendesse conto di quello che stava succedendo. Provò a gridare, spingendosi in direzione della banchina opposta, distante una decina di metri, dove due persone le davano le spalle, ignare di quanto stava accadendo. Inutilmente.

 

“non provare a fregarmi tesoro” le intimò in un sibilo il vampiro, schiaffeggiandola, senza però mollare la presa intorno alle sue braccia, ben attento a non farla cadere.

 

Il viso di Buffy si girò, a causa dell’impeto del colpo, e un rivolo di sangue iniziò a scorrerle lungo il mento.

La ragazza lanciò un’altra occhiata intorno a sé, poi fu come se si fosse svegliata.

Facendo leva sulle braccia del vampiro gli assestò un calcio in pieno stomaco, lasciandolo cadere a terra, dolorante.

Si passò una mano sul labbro sanguinante e ravviò il capelli, sciolti dalla stretta coda. Fissò un attimo il vampiro, indecisa sul da farsi, e cercò con lo sguardo un qualche testimone.

No, nessuno aveva visto niente.

Cosa avrebbe dovuto fare? Ucciderlo? Si guardò attorno, in cerca di un oggetto che potesse fungere da paletto, individuando i pezzi di una cassetta di frutta, abbandonata in un angolo vicino ai binari. Tuttavia non si mosse per raccoglierli, ucciderlo?

In fondo…in fondo lei non era più la cacciatrice. Quando si era trattato di farlo perché cagionata dal fatto di essere in una posizione speciale nei confronti del consiglio era stato facile, ma in quel momento, nella città in cui si era trasferita e dove aveva condotto un’esistenza all’insegna della dimenticanza di quel genere di forme di vita…quella era un’altra cosa.

 

Fissò con disprezzo il vampiro che si stava rialzando

“vattene” poi si chinò a raccogliere la borsa che le era scivolata durante l’aggressione e gli voltò le spalle

 

lo sentì rimettersi in piedi, ma non i suoi passi che si dirigevano verso l’uscita. Poi solo il frastuono della metropolitana.

 

Percepì un movimento rapido verso la sua schiena, e le bastò un attimo per reagire.

 

Un piegamento rapido e nella sua mano si materializzò il pezzo di legno…il rombo sempre più vicino…

 

Si voltò, e quegli stessi occhi gialli che prima la avevano immobilizzata erano di nuovo di fronte ai suoi…il fanale anteriore si stava avvicinando sempre più velocemente dal fondo buio del tunner…

 

Un movimento del braccio, precisio e meccanico e vide solo polvere, spazzata via dall’arrivo del vagone che, rallentando, si fermò a pochi passi da lei.

 

Lanciò intorno un altro sguardo furtivo, poi si richiuse nella giacca e salì, sedendosi nel primo posto libero.

Perché…perché lo aveva fatto? Lo aveva provocato, deliberatamente. Gli aveva voltato le spalle, un tacito invito a riprovarci, quando il suo ultimo pensiero era stato di andarsene.

Poi ricordò, quella era stata la prima sera, in due anni, che usciva dall’ufficio dopo il tramonto.

Si guardò una mano…aveva ancora il potere in sé, era ancora una cacciatrice. Solo per un attimio aveva provato panico, poi quei gesti si erano trasformati in movimenti incondizionati e già collaudati. Non importava dov’era, se a New York, a Claveland o…Sunnydale. Da ogni parte era uguale: stessi mostri, stessi nemici, stesso bisogno di qualcuno che facesse quello che aveva appena fatto lei.

 

Scese alla sua fermata con una strana sensazione di nausea e il desiderio di cambiarsi i vestiti. Prima di aprire la porta sbattè di nuovo il cappotto…la polvere…

Entrò frettolosamente, chiudendo di scatto la porta alle sue spalle e appoggiando la fronte su di essa. Ancora, lo aveva fatto ancora. Eppure non aveva commesso nulla di male…uccidere un vampiro che, altrimenti, avrebbe fatto strage non poteva dirsi un atto negativo. L’unico problema era che non sarebbe spettato a lei sporcarsi le mani, non era più il suo momento. E poi non le era mai capitato nella sua nuova città, la stessa dove avrebbe dovuto riprendere una vita normale.

 

Gettò la giacca sul divano, sedendosi poi nella morbida poltrona senza nemmeno accendere la luce. Solo dopo si accorse che il pezzo di legno che aveva usato contro il vampiro era scivolato dalla tasca del cappotto ed ora giaceva sul pavimento.

 

Si era sentita di nuovo una cacciatrice. La Buffy che aveva cercato di ricacciare da quando era tornata si era riaccesa e cercava di tornare a galla. E lei sapeva che nona vrebbe più potuto nasconderla a lungo. Non a Mark, non al mondo…

 

Il telefono squillò ripetutamente, ma lei non si mosse nemmeno per raggiungere il cordless e lasciò che si attivasse la segreteria. Un fischio elettornico e la sua voce registrata fecero da preludio alle poche parole che contribuirono a spiazzarla ulteriormente.

 

Era Giles: la sua voce bassa sembrava ancora più roca, filtrata dalla cornetta del telefono

“Buffy…sono Rupert Giles –una piccola pausa imbarazzata – spero tu abbia fatto un buon ritorno a casa e che in Inghilterra la Custode sia riuscita ad aiutarti – altro momento di silenzio – però…però mi vedo costretto a chiderti cosa hai deciso di fare, del tuo futuro intendo. Vedi, te lo dico perché il Consiglio non accetterà ancora per molto un ‘forse’ come risposta…vuole sapere se ritornerai attiva. In caso contrario è necessario che noi ci vediamo per l’indovena che neutralizzerà di nuovo i tuoi poteri. – sospirò nella conetta – ti dico solo di scegliere quello che ritieni meglio per te, so che qualunque cosa ti abbia detto la Custode ti aiuterà nella decisione e sono sicuro che sarai felice, sempre. Perciò non preoccuparti troppo…-rise sommessamente – sai Buffy, è terribile perlare in queste macchinette…beh, ti saluto…Elisabeth”

 

poi la voce tacque e il silenzio tornò a regnare nella stanza. Una mano della ragazza era premuta sul telefono, senza che però la cornetta venisse alzata.

 

Uno squillo improvviso del campanello la riportò alla realtà, mentre la sua mente si perdeva di nuovo tra quelle parole registrate.

 

 “Elisabeth, apri sono io” sentì gridare da dietro la porta e si alzò per aprire a Mark

 

Entrato, lui la squadrò scettico

“vieni così a casa di Clarice?” chiese stupito, osservando i suoi abiti sgualciti dopo il lavoro e il combattimento in metropolitana

 

lei si passò una mano tra i capelli, strofinandosi la fronte

“no, adesso mi cambio”  sussurrò prima di dirigersi nella sua stanza. Sperava che lui non si accorgesse di nulla…passò per il soggiono, calciando il paletto sotto il divano, e, a malincuore, cancellò il messaggio della segreteria. Le tempie le pulsavano mentre prendeva da un appendino i jeans e un maglione a collo alto.

 

*     *     *

 

la cena sembrava non finire più, tante erano le idee che le vorticavano nella testa e che non potevano essere esplicitate. Non a Clarice e Mark perlomeno. Rimase silenziosa per tutta la durata del pasto e aiutò l’amica a sparecchiare. Amica…che parola grossa era, parola che le faceva venire in mente solo Willow e Faith. Già, Faith…chissà dove si trovava in quel momento, non si erano nemmeno salutate in Inghilterra. Guardò l’orologio a muro posto sopra i fornelli: le 10.30. probabilmente a quell’ora lei stava girando per i cimiteri di qualche cittadina sconosciuta con un paletto in mano, sola. Le ritornò in mente il vampiro ucciso quella sera in metropolitana e una strana sensazione le attanagliò lo stomaco…e si scoprì a pensare che voleva, anzi avrebbe voluto essere con Faith. Ragionandoci a mente fredda e non più scossa per l’accaduto le sembrava che l’incontro con il mostro sarebbe stato solo un preludio, perché no, non era più in grado di sopportare che un liquido giallo le intorpidisse i muscoli mentre gli istinti non potevano essere bloccati. No, non avrebbe più permesso che le succedesse, anche se ciò avrebbe comportato…cosa avrebbe comportato?

 

“Elisabeth?…Elisabeth!” la voce di Clarice la richiamò insistentemente alla realtà, e lei si trovò di nuovo catapultata nella piccola cucina che profumava dell’arrosto appena mangiato.

 

“sì? – guardò stralunata la ragazza, scuotendo poi la testa - …scusami, che c’è?”



Clarice la guardò interrogativa, per poi rispondere sorpresa

“Non hai sentito? Mark ti sta chiamado…credo voglia parlarti” sorrise, ingenuamente ammiccante, del tutto ignara dei pensieri della sua interlocutrice

 

lei si diresse nella sala da pranzo, fissando il ragazzo, che sedeva comporto da un lato del tavolo, con il nodo della cravatta leggermente allentato e il primo bottone della camicia sbottonato. Si perse per un secondo nei suoi occhi gentili, che la fissavano con giocosa innocenza…se avessero potuto anche solo sospettare tutto quello che era stata costretta a passare, a vivere, negli anni passati fose il suo sguardo non sarebbe stato così dolce. Lui, che non poteva nemmeno sospettare che ci fosse una parte nascosta in lei, una parte a cui non permetteva di venire a galla ma che le era diventata vitale come mai prima di allora.

Gli sorrise, tentando di nascondere la malinconia, ed evitò di guardare fuori dalla finestra la notte buia, anche se sentiva il bisogno di uscire, di aggirarsi per le strade…come aveva fatto per una settimana a Claveland.

 

“Elisabeth…siediti, volevo parlarti delle nostre vacanze” sussurrò con aria timida, perché sarebbero state le prime da quando si erano conosciuti che avrebbero passato soli

 

e adesso? Cosa avrebbe dovuto rispondergli? Che l’unico posto dove voleva realmente andare era Sunnydale, o Claveland, per vedere come se la cavava April?

 

“Dimmi” rispose invece, accomodandosi accanto a lui

 

“pensavo…pensavo che avremmo potuto andare in un posto lontano, un’isola magari. Potremmo prenotare per la settimana dopo il trasloco” buttò lì, quasi per caso, ma incapace di trattenere una punta di trepidazione

 

Già il trasloco…Mark sarebbe andato a vivere da lei. l’angoscia la prese…attorno a lei vorticavano eventi che avrebbero cambiato totalmente la sua vita, ma non poteva lasciarsi andare a tutti, doveva scegliere…un verbo che si succedeva sempre più spesso nei suoi pensieri. E se non lo avesse fatto in fretta sarebbe stata costretta a farsi trasportare da essi, come una bambola di pezza sospinta dalle onde, e non era questa la fine che si aspettava, la fine di cui si riteneva degna.

Incurante di Mark, che continuava a parlare indicando con il dito un depliant poggiato sul tavolo, riordinò i pezzi che si erano aggiunti sul piatto della bilancia: Sunnydale stava per essere ricostruita, Giles le chiedeva indietro i poteri di Cacciatrice, Mark si sarebbe trasferito da lei e stava già progettando le vacanze. Quattro situazioni inconciliabili, ed era arrivato il momento di rinunciare a qualcosa.

 

Con lo sguardo cercò Clarice: ecco le persone di cui era circondata, persone che non la conoscevano e da cui non aveva avuto il coraggio di farsi conoscere. Era stato un suo errore, lo ammetteva: non aveva saputo dare fiducia a nessuno, troppo impegnata a dimenticare. Avrebbe potuto provare ora, ma capì che era stanca, terribilmente stanca di iniziare di nuovo tutto da capo, di rendersi vulnerabile ed essere preparata ai loro sguardi pieni di sorpresa e paura: avrebbero fatto male, lo sapeva. Fosre poi sarebbero riusciti a capire…forse. Ma aveva già provato esperienze simili e si era sempre trovata a scontrarsi con un muro invalicabile, almeno per lei. Un muro fatto di normalità, di diffidenza, di paura e di incomprensione. Era difficile da ammettere, ma nel mondo che si era scelta per quegli anni di lontananza da tutto quello che poteva ricordarle  la sua vita precedente non c’era spazio per Buffy, né in quel momento né in futuro.

E quindi a che pro continuare quella che era diventata una dolorosa sceneggiata? Perché non era stata nulla di più, da quando era tornhata da Claveland, dopo l’esperienza nella metropolitana poteva dirlo con sicurezza…perché far soffrire Mark, illudendolo?

Eppure quello che la bloccava era lo stesso desiderio che la attraeva. Il pensiero che, anche se fosse tornata ad essere la Cacciatrice, non sarebbe più stata in grado di vivere nemmeno in quel modo…

Scosse la testa: ci avrebbe pensato, ma in un altro momento. ora l’unica cosa di cui era certa era la necessità di fermare il flusso di eventi che stavano per presentarsi davanti a lei e che aveva evitato di affrontare sino ad allora.

 

Vedendola scuotere la testa, Mark la fissò con aria interrogativa

“Elisabeth?”

 

già, Elisabeth…fu l’unico pensiero che attraverso la mente della ragazza

 

“Mark…io devo dirti una cosa – prese un lungo respiro, guardandolo finalmente negli occhi”

 

Lui le prese la mano

“sentiamo”

 

lei però si divincolò senza forza ma con convinzione, stringendo i pugni

“io non sono stata del tutto sincera con te sin dall’inizio, e credo che tu te ne sia accorto”

 

 ma lui la interruppe subito

“…Elisabeth, ne abbiamo già discusso: ci sono cose che tu non ti senti ancora pronta a…”



“No, lasciami finire. Quando ti ho raccontato che sarei andata da un vecchio amico e che avrei rivisto persone che non vedevo da tanto tempo…anche in quel momento non sono stata sincera e mi dispiace, ti giuro che mi dispiace di non poterlo essere nemmeno ora.”

 

“Ma perché? non so cosa tu mi nasconda, ma ti conosco Elisabeth, e credo meglio di chiunque altro. Io sono sicuro che una ragazza come te non potrebbe mai commettere nulla di avventato! Tu sei dolce, tranquilla e soprattutto responsabile, per questo io…”

 

questa volta fu interrotto da un amara risata di lei

“mento bene, in fin dei conti – sussurrò sottovoce, per poi riprendere il discorso da dove lo aveva interrotto – in quel periodo sono tornata alla mia vecchia vita, quella che conducevo prima di venire qui e di conoscerti. – si passò una mano sulla fronte…Dio quanto era difficile – e ho scoperto che mi sento ancora legata alle persone e alla vita che conducevo lì. Il fatto è che mi hanno imposto delle scelte e io…”

 

“Elisabeth dove vuoi arrivare?” sussurrò

 

“la mia agenzia assicurativa mi ha dato da condurre un contratto assicurativo per una ditta di costruzioni, che lavorerà a Sunnydale, la città dove vivevo prima di trasferirmi qui.”
disse tutto d’un fiato, senza riflettere. Tornare a Sunnydale, era davvero ciò che voleva o solo una spiegazione quantomeno accettabile da fornire a Mark?

 

“e tu vuoi tornare là” rispose amareggiato lui

 

“già”



“Elisabeth, non puoi chiedermi di lasciare il mio lavoro per seguirti in un paesino sulla costa opposta”



lei alzò gli occhi a guardarlo, senza parlare, e lui capì

“Ma tu non vuoi che io venga con te, vero?”

 

“Mark io…”

 

“se solo provassi, tentassi di spiegarmi cosa c’è di più importante della nostra storia e che puoi trovare solo in questa Sunnydale!”

 

“Lì c’è casa mia e…”

 

“E chi? C’è anche un uomo?” la fissò con sguardo vuoto, lasciando trasparire tutto il suo smarrimento

 

Elisabeth lo guardò, senza però decidersi a dargli una risposta. C’era anche un uomo?…Spike, variabile a cui si era costretta di non pensare, anche se sapeva che, prima o dopo, sarebbe tornata a galla, proprio come tutto il resto

 

“ho capito” sussurrò lui, la sua voce era diventata improvvisamente fredda. Si alzò in piedi, gettando a terra i depliant delle vacanze e afferrando la giacca. Lei lo guardò, maledicendosi per quello che lo costringeva a subire. Perché sapeva che non lo avrebbe seguito, e che lui sarebbe sparito dalla sua vita con la stessa rapidità con cui era entrato.

 

“Mark, credimi – anche il suo tono era diventato più sicuro – non avrei potuto continuare in questo modo. Non pensare che sia stata colpa tua, non è così”

 

lui si fermò in piedi alle sue spalle, con la giacca ancora aperta, e, suo malgrado, le appoggiò una mano sulla spalla

“forse è così, ma potresti ameno provare a spiegarmi. Saremmo stati bene insieme Elisabeth”

 

lei gli strinse la mano, senza però voltarsi.

Ma sì, in fondo che male avrebbe fatto almeno tentare, pur già cosciente del risultato?

“Saresti disposto a credere ad una storia che sembra inverosimile, che parla di vampiri e incantesimi?”

 

sentì la mano di lui stringere la propria, per poi lasciarla

“non giocare con me – sussurrò piano, e lei sorrise suo ma grado, senza tuttavia interromperlo – così questo è un addio?” – ma non aspettò la risposta, tirando un sospiro – in fondo a che serve prolungare ancora tutto questo, se tu hai già deciso di partire…magari passo un di questi giorni a prendere la mia roba”

 

un senso di vuoto freddo colpì la ragazza: stava cacciando l’unica persona che le aveva voluto davvero bene negli ultimi mesi e tutto per…per un sogno. Sarebbe stata più felice così?

 

“Non…non serve che tu lo faccia subito…”

 

“ma è meglio così, credimi. Ciao” si allontanò con passo lento verso l’ingresso, lanciando solo un’occhiata a Clarice, per poi aprire la porta facendo tintinnare nella tasca le chiavi dell’auto.

 

Un lungo attimo di silenzio regnò nella stanza, prima che Clarice facesse capolino dall cucina. Si sedette mestamente di fornte a lei, osservando il suo viso, perso fuori dalla finestra.

 

“spero per te che la vita che ti sei appena scelta sia quella che fa per te Elisabeth, lo spero davvero, perché non credo potrai trovare qualcuno meglio di quello che hai perso”

 

Lei alzò finalmente lo sguardo, puntandolo sulla sua interlocutrice, e le tornarono in mente le parole della Custode

…Immaginati tra qualche anno e chiediti chi vorresti essere Buffy; hai già fatto molto nella tua vita, ma non sprecare quella che ti resta. Hai avuto coraggio a prenderti di nuovo una responsabilità come quella di essere cacciatrice, ora continua ad averne e decidi quale mondo preferisci; nulla sarà sbagliato, basta che sia tu a scegliere…

ora aveva scelto.

 

 

*     *     *

Scese in strada, camminando lentamente. Si strinse nel suo cappotto nero senza badare alle occhiate dei vari passanti che si fermavano alle sue spalle, nell’illusione di non essere visti, e la osservavano allontanarsi.

La notte di New York era buia come quella di Sunnydale: la stessa desolazione, la stessa oscurità che attanaglia dentro e non lascia liberi sino all’alba.

Seguì il marciapiede finché non si interruppe, per lasciare il posto ad un arrugginito cartello stradale, che segnalava i lavori in corso.

Si fermò anche lei, lasciando spaziare lo sguardo sui quartieri che aveva appena percorso, ormai inghiottiti dall’oscurità.

                                                     

Aveva fatto la sua scelta, finalmente.

 

Chiuse gli occhi, inspirando l’odore umido e intenso della notte.

 

Rivide per un attimo il viso disteso della Custode: chissà cosa avrebbe scritto sul libro che teneva in mano, nel quale lei aveva letto la sua vita e consolidato la decisione presa ormai nove anni prima!

 

Buffy…ora esisteva una sola e unica ragazza, una sola e unica donna. E da quel momento avrebbe ricominciato a fondare il suo futuro. Ripercorse tutto quello che era successo in quei lunghi anni a Sunnydale, ma anche in quelli successivi: si era domandata più volte se ne era valsa la pena. Se davvero il destino avesse scelto giustamente quando aveva fatto arrivare Xander in tempo per salvarla dalla morte per mano del Maestro, in una nebulosa serata d’estate.

Sorrise lentamente: sì, in fondo la sua vita era valsa la pena di essere vissuta. Totalmente.

 

E da quel momento tutto sarebbe cambiato, di nuovo. Le battaglie si sarebbero riaccese, i combattimenti, le sofferenze…tutto quello che credeva di non essere più in grado di sopportare quando era tornata in vita per la seconda volta sarebbe tornato ad essere parte integrante della sua esistenza quotidiana, se veramente aveva smesso di esserlo in qui due anni.

Eppure un sorta di serenità le dava una certezza basilare: quella era la sua vita, se la sarebbe ripresa, e poi sapeva che, in mezzo a tutte le battaglie, tutti i combattimenti, c’era qualcos’altro, qualcosa di veramente importante a cui non avrebbe mai rinunciato. Qualcosa che andava oltre il semplice essere cacciatrice.

 

Lei. Il suo essere una persona, Buffy. La stessa che aveva perduto lasciandosi sopraffare dalla sofferenza dopo la sua seconda morte e che aveva accantonato successivamente.

Si rivide la prima volta che aveva percorso la scalinata per entrare alla Sunnydale High, prima che il mondo la assalisse. Nemmeno una persona del genere avrebbe più potuto essere perché, volente o nolente, l’innocenza le era stata tolta moltissimo tempo fa. Ma sapeva che da ognuna di quelle esperienze si era formata una persona, che certamente non era perfetta ne esemplare, era piena di contraddizioni, di pregiudizi, di desideri inespressi, ma quella, al di là del suo compito di cacciatrice e del suo lavoro normale, quella era lei. E non vi avrebbe più rinunciato.

 

Sorrise a se stessa, accingendosi a ripercorrere in senso inverso la strada di periferia…

 

D’un tratto, un urlo squarciò la notte, subito spezzato da una qualche forza appena sopraggiunta.

 

Poi dei passi, nella sua direzione

 

E un’altra disperata richiesta di soccorso ancora una volta interrotta da un tonfo sordo di caduta

 

La ragazza alzò gli occhi al cielo, fissando la luna, che silenziosa si nascondeva tra le nubi. Era la prima volta da molto tempo che la vedeva al di là di una superficie in vetro.

Ora però il tempo di nascondersi dietro le finestre era finito, e concluso lo era anche quello in cui pensava che ci sarebbe stato qualcun altro a combattere la sua battaglia. Sorrise, ripensando a Faith: aveva ragione quando diceva che non era un fatto di testa, ma di sangue.

Quella era la loro guerra, ed ora era tornata per combatterla.

 

Si frugò nella tasca della giacca: la scaglia di legno che aveva usato quella sera in metropolitana venne stretta dalle sue dita.

 

Poi si mise solo a correre.

 

*     *     *

 

Willow sedeva su una morbida poltrona con un bicchiere di vino in mano, che faceva roteare con un movimento circolare del polso.

 

Fissò il liquido rosso.

 

Sunnydale stava per essere ricostruita.

 

Sunnydale, la sua città.

 

Ricostruita.

 

Sorrise, quasi con commozione. Non ci aveva mai nemmeno sperato, eppure ora stava succedendo.

 

Cosa significava questo per lei?

Si guardò intorno, osservando l’abitazione in cui si era trasferita a Washington.

 

D’un tratto il telefono iniziò a squillare insistentemente

 

Lei si accomodò meglio tra i cuscini, chiudendo gli occhi.

 

La segreteria telefonica scattò, e una voce di giovane donna iniziò a parlare

Willow, sono io, Rachel. Volevo solo avvisarti che sarò a casa molto tardi questa sera, non mi aspettare. Anche Beth rimarrà fuori fino a tardi…Willow io e lei siamo un po’ preoccupate per te. Da quando sei tornata non esci più di casa se non per andare al lavoro! Non ti fa bene…beh, se ti va raggiungici, siamo al solito locale. Notte

 

Un rumore metallico di cornetta abbassata e poi la casa ripiombò nel silenzio.

 

Il sorriso della ragazza si allargò, diventando però amaro.

Preoccupate per lei…quelle ragazze erano preoccupate per lei. E perché? perché loro erano sue amiche! – sorrise di nuovo al solo pensiero – loro si consideravano sue amiche. Vivevano insieme da ormai un anno e mezzo, uscivano insieme, parlavano anche. Si sedevano in un locale vicino a casa e chiacchieravano della giornata, del tempo, delle nuove conoscenze.

 

Scosse di nuovo il vino nel bicchiere, bevendone un sorso e poi tornando a guardarlo

 

All’inizio, quando le aveva conosciute, non credeva sarebbe stato così facile fare amicizia e si era subito abituata, si trovava bene con quelle due ragazze, ma poteva davvero dire di essersi legata a loro?

Per i primi tempi probabilmente sì, perché aveva bisogno di qualcuno, chiunque. In quel momento però si rendeva conto per l’ennesima volta che, appena Buffy le aveva fatto sapere che Sunnydale stava per essere ricostruita, il suo primo desiderio sarebbe stato quello di salire sul primo aereo diretto in California. Non importava abbandonare le ragazze, il lavoro, la città…un pensiero molto egoista da parte sua. E poi non era nemmeno convinta che, con la ricostruzione, tutto sarebbe tornato come due anni prima. Chi glielo assicurava?

Dawn ormai aveva preso la sua strada, Xander anche e Spike ormai lavorava con Angel, rimanevano solo lei e Buffy.

Chiuse gli occhi.

Lei cosa avrebbe fatto? Era davvero sicura di conoscerla ancora a sufficienza da poter dire con sicurezza che sarebbe tornata, che avrebbe ripreso a combattere?

I giorni passati insieme le avevano riavvicinate, non lo negava, ma fino a che punto?

La Buffy che aveva conosciuto, ne era sicura, sarebbe tornata a casa; ma non era convinta che Elisabeth avrebbe fatto lo stesso, senza contare che ora aveva un lavoro e un fidanzato, una vita diversa insomma.

Puntò lo sguardo alla finestra, fissando il suo viso rifelsso: basta pensare agli altri. Ora era il suo turno di decidere.

Alzò lentamente una mano e la puntò verso la manopola per aprire la vetrata, iniziando a ruotarla lentamente. Sorrise, notando che il pezzo di ferro girava alla stessa velocità. Lasciò che la finestra si aprisse, facendo entrare una fredda corrente notturna che le scompigliò i capelli e che fece increspare la superficie scarlatta all’interno del bicchiere.

Ecco un altro punto focale della questione: i suoi poteri.  Dopo l’esperienza di Claveland si sentiva sufficientemente forte per ricominciare a praticare la magia, ma le era chiaro che non avrebbe potuto farlo da nessuna altra parte eccetto Sunnydale. Era tutta una questione di priorità…se mettere al primo posto i suoi poteri o la sua vita lontana dalla magia.

 

Con un gesto secco fece richiudere il vetro, per poi stringersi la testa tra le mani, iniziando a muovere le dita in senso circolare sulle tempie.

Tornare a praticare la magia…combattere i demoni, di nuovo.

Ecco cosa avrebbe voluto fare. Basta, basta normalità. Non ne poteva più di vedersi scorrere davanti i gironi, i mesi, gli anni, con lentezza esasperante, tutti uguali, tutti pregni di un leggero alone di felicità, che però non mutava mai, né in consistenza né il in intensità. Ormai era arrivata al punto di non distinguere più un giorno dall’altro, a percorrere sempre le stesse strade e a rientrare alle stesse ore; nulla esercitava una vera attrattiva su di lei, e perciò ogni cosa andava avanti per inerzia. No, non avrebbe mai voluto ridursi in quello stato, non era quella la vita che aveva sognato e che sperava di condurre…

 

Fossò il telefono con occhi tristi, senza badare al segnale di messaggio sulla segreteria telefonica: ancora una volta si rendeva conto che con una sola persona sarebbe riuscita a parlare in quel momento, l’unica che poteva sapere cosa provava, la stessa che viveva in un altro stato.

Ricordava quando gli Scooby si erano lasciati, immediatamente dopo l’ennesima vittoria e la distruzione della città: tutti sembravano d’accordo sul fatto che separarsi fosse la soluzione migliore per dimenticare quell’orrore, ma veramente avevano preso la decisione giusta? Davvero non si sarebbe potuto fare diversamente e provare, tentare almeno, a rimanere uniti come lo erano sempre stati per ben sette anni?…domande che però sarebbero rimaste un interrogativo nella sua mente, senza possibilità di ricevere una risposta che non fosse una semplice congettura dettata dalle emozioni del momento.

 

Dio quanto li avrebbe voluti tutti, di nuovo vicino a lei. quanto era successo a Claveland le aveva mostrato come avrebbe potuto essere, come avrebbe dovuto essere.

L’angoscia si impossessò di lei e un nodo allo stomaco fece sì che i suoi occhi si annebbiassero di lacrime. Singhiozzò sommessamente, alzando lo sguardo per ricacciare il pianto, e si accoccolò sul divano.

Tutto correva così veloce dannazione! La vita scorreva senza sosta senza che lei riuscisse ad estrapolarne il nettare necessario per tirare avanti, aveva perso il ritmo della corsa da quando era tornata e passava più tempo a voltarsi indietro piuttosto che a guardare avanti. Era quanto il suo sbaglio più grande. Doveva convincersi a guardare solo avanti da quel momento in poi. Solo avanti.

Eppure era così difficile!

Due strade erano tracciate davanti a lei: una certa e una che avrebbe potuto essere. E in fondo a quest’ultima vedeva distintamente Sunnydale.

Serviva però coraggio per percorrerla, troppo per lei forse. Forse troppo per chiunque con un po’ di buonsenso e che si rendesse conto che non si poteva vivere per sempre nella bella fiaba che si concludeva sempre a lieto fine. Ora era adulta e aveva bisogno di mantenersi, di lavorare…forse era troppo tardi per rincorrere un sogno.

 

D’un tratto la serratura della porta scattò, lasciando filtrare nel buio due sagome scure: Rachel e Beth.

 

Willow si asciugò velocemente gli occhi, nella vana speranza di mascherare il suo stato d’animo, ma il risultato fu quello di attirare la loro attenzione sulla poltrona, dove giaceva con il bicchiere ancora in mano.

 

“Will… - sorrise Rachel, ma la sua gioia scomparve appena la luce elettrica le lasciò vedere gli occhi della sua interlocutrice – cosa succede?” chiese preoccupata, sedendosi sul bracciolo della poltrona e circondandole con un braccio le spalle

 

“nulla…nulla” si giustificò lei, strofinandosi di nuovo gli occhi e provando a divincolarsi. Si sorprese di trovare quasi irritante il loro tentativo di farla stare meglio…egoista si disse.

 

“stavi piangendo Willow…” disse Beth, sedendosi dall’altro lato e stringendola a sua volta nel vano tentativo di rassicurarla

 

“cosa ti sta succedendo in questi giorni?” continuò l’altra “parlarne ti farebbe sentire meglio” bisbigliò con atteggiamento protettivo

 

l’angoscia che prima attanagliava la strega lasciò il posto a una rabbia fredda e a stento trattenibile…cosa faceva pensare a quelle due ragazze di riuscire a capirla? Non ne poteva più di loro, non ne poteva più del mondo che la circondava…di quelle catene che ormai la avevano avviluppata.

 

“non preoccupatevi, è solo la tensione…sapete, ho un nuovo progetto in ballo con la Microsoft…”

provò nuovamente a sottrarsi alle attenzioni delle due compagne di abitazione, doveva costringersi a non dare a vedere ancora il suo turbamento, ma la frustrazione di essere trattata in quel modo da due persone che non riusciva  più a considerare altro che estranee le rendeva difficile controllarsi

 

“Willow dovresti uscire con qualcuno…” azzardò Beth

 

la strega inspirò profondamente, era arrivata al limite della sopportazione e stava per scoppiare. Uscire con qualcuno! Si ripeté nella mente sorridendo con amarezza…

 

“Beth, ti prego…” si dimenò dalle loro strette che le erano diventate ormai soffocanti e si alzò in piedi, allontanandosi dalla poltrona: andarsene, ora, in quello stesso istante. Dovette affidarsi a tutto il suo autocontrollo per costringersi a non afferrare la giacca e uscire da quella casa.

 

Ed eccola di nuovo, la stessa angoscia di un attimo prima. Con disperazione sentì di nuovo le lacrime premere come calde gocce ai lati degli occhi…no, non doveva piangere ancora, non davanti a loro almeno.

Si voltò di scatto verso il bancone della cucina, nella speranza di non dare a vedere il suo stato di turbamento, ma poté udire i passi delle due che la raggiungevano senza concederle un attimo di pace e pronte a riversarle di nuovo addosso l’olio bollente della loro impossibile comprensione mascherata da sguardi preoccupati e in cerca di risposte impossibili da dare proprio a loro.

 

Ora la rabbia aveva ricominciato a crescere…se solo le avessero parlato era sicura che le fragili barriere che aveva eretto per arginare il flusso continuo di pensieri mai espressi si sarebbero infrante e avrebbero riversato tutto l’astio accumulato in quegli anni addosso alle due.

 

Poteva già vedere la mano di Rachel allungarsi per appoggiarsi sula sua spalla, involontariamente scossa dai singhiozzi repressi

 

…no…no… si ripeté come una nenia nella mente, stringendo i pugni

 

poi, d’un tratto, il trillo squillante del telefono ruppe l’ovattato silenzio che regnava nella stanza. Suonò una, due, tre volte.

Alla quarta Beth afferrò la cornetta, portandosela all’orecchio.

 

Willow fissò il suo viso e le sue labbra, che avevano pronunciato solo un sommmesso “pronto” e che poi non avevano più articolato nulla.

La sua mente non era in grado di concepire un pensiero coerete, così rimase semplicemente in ascolto, per comprendere il misterioso interlocutore. Chi avrebbe potuto chiamare a mezzanotte passata?…

 

“Willow…- Beth le allungò la cornetta, con sguardo interrogativo – è per te, vuoi che dica di richiamare? Non mi sembri in condizioni per parlare con una sconosciuta…”

 

 

“chi è?”

una sconosciuta che cercava lei?

 

“dice che si chiama…Buffy. Mi domando dove abbia trovato questo numero visto che non è sull’elenco…” ma non riuscì a finire la frase, perché Willow aveva afferrato il portatile che lei ancora tendeva, diretta nella sua stanza.

 

*     *     *

 

una settimana dopo, New York

 

Buffy entrò nel suo ufficio con il solito passo rapido, depositando sulla scrivania una cartella dalla quale fuoriuscivano numerosi fogli e post-it pieni di appunti cerchiati a penna.

Il suo principale la stava cercando con urgenza, le aveva riferito la sua segretaria, e sapeva che non era il caso di farsi attendere proprio nei momenti più delicati per la stesura di un contratto.

Si tolse la giacca e la gettò sulla sedia destinata agli ospiti del suo ufficio, stirandosi con le mani la gonna leggermente spiegazzata e lanciando una rapida occhiata allo specchietto da trucco che portava sempre nella borsa.

Riponendolo, estrasse invece una busta bianca sigillata, che portava le sue iniziali. La strinse tra le dita: la sua richiesta di trasferimento.

La fissò a lungo: no, forse non era quello il momento di consegnarla. La appoggiò assieme alla cartella sulla scrivania e uscì dalla stanza.

 

Appena arrivata di fronte all’ingresso dell’ufficio dove era attesa la segretaria la annunciò con il citofono.

 

“Miss Summers è qui signore – poi si rivolse a lei con aria gentile – può entrare”

 

“grazie” rispose lei educatamente, aprendo la porta e poi richiudendola alle sue spalle.

 

“signorina Summers – la salutò l’uomo canuto, seduto dietro la massiccia scrivania in legno – si accomodi”

 

nella stanza cadde un pesante silenzio, che però non sembrava impensierire per nulla il suo superiore, che abbassò di nuovo gli occhi sulle carte che stava leggendo un momento prima che lei entrasse. Solo dopo qualche minuto la fissò di nuovo, togliendosi gli occhiali

 

“Ha fatto un buon lavoro con il contratto per la ricostruzione della cittadina in California. Spero di vedere presto la firma sul contratto”

 

“manca solo da stabilire ancora qualche piccola clausola, ma le assicuro che per fine mese la pratica sarà già depositata”

 

“bene, mi fa piacere sentirglielo dire” annuì, ritornando a fissare la misteriosa cartella di prima e lasciando cadere di nuovo la conversazione, che riprese dopo un lungo sospiro.

“da quello che leggo, aveva una buona ragione per darsi da fare, non è vero?”

 

Buffy lo fissò con aria interrogativa: cosa poteva sapere lui di…

 

“ha frequentato lì le scuole, tranne l’ultimo anno di università”

 

la ragazza lo fissò con aria interdetta per qualche secondo, poi però riprese in mano la situazione: il suo curriculum elencava il suo corso di studi, per questo l’uomo era così informato a riguardo, quello che le sfuggiva era il suo interesse per la cosa. Tuttavia, a cosa serviva rimandare il discorso del suo trasferimento ormai?

 

“proprio per questo, capirà il mio interesse a ritornare in California – rispose con voce calma, come se non avesse annunciato nulla di particolare – ho pronta sulla scrivania la mia richiesta di trasferimento nella nostra filiale più vicina, spero che venga accettata”

 

l’uomo la fissò per un istante prima di rispondere

“lei è una ragazza sveglia signorina e spero abbia riflettuto bene sulla sua decisione, sta facendo un buon lavoro qui a New York”

 

Buffy ripensò alla notte di una settimana prima, passata con Willow al telefono, a come si era sentita di nuovo libera di parlare sapendo di essere capita completamente, libera di piangere. Sì, ci aveva pensato abbastanza

 

“sì, mi creda quando le dico che non è stato facile, ma è questo quello che voglio” il momento era arrivato, quello dal quale poi non avrebbe più potuto tornare indietro. Improvvisamente si sentì leggera…le tornarono in mente le parole della custode:

 

è tutto un po’ complicato…

ma ho sentito dire che è questo il bello

sorrise impercettibilmente a quel ricordo, aspettando senza fretta la risposta del superiore

 

“bene allora, provvederò a formalizzare la richiesta alla sede di Los Angeles, mi faccia trovare la domanda scritta domani. Può andare, buona giornata” la congedò con tono asciutto

 

lei si alzò dalla sedia, salutandolo educatamente, per poi dirigersi nel suo studio con l’ombra di un sorriso che ancora le illuminava il viso.

 

Senza attendere la pausa pranzo spostò da un lato l’alta pila di cartelle che come sempre invadeva la sua scrivania e compose impaziente il numero di telefono di Willow

 

“Mcrosoft corporation”

 

“Will…ho appena chiesto il trasferimento” annunciò con voce rotta da una gioia inaspettata

 

la strega già stringeva in mano il suo nuovo contratto di lavoro

“io ci ho messo meno, ascolta ‘alla dottoressa Rosemberg: siamo felici di accettare la sua richiesta di trasferimento nel nuovo settore di nanotecnologia della Samsung Corp, con sede a S.Barbara eccetera eccetera’ fammi i complimenti!”

 

“non sarà un problema cambiare azienda? Credevo ti trovassi bene alla Microsoft”



“è così, ma la sede è a San Francisco e quella di Los Angeles non accetta trasferimenti non preventivati”

 

“a proposito, io scommetto di conoscere una persona che meriterebbe una nostra visita a breve” annunciò Buffy

 

“porta gli occhiali e ha un’insana adorazione per il the ? –scherzò lei –Allora? Quando dici di dargli la notizia? Insomma, non è una cosa da poco! Non credo nemmeno che sappia della ricostruzione di Sunydale…”

 

“non l’ho più sentito dopo Claveland” se pensava che ora tutto sarebbe tornato a posto si sbagliava di grosso, adesso lo capiva. Aveva ancora molte faccende in sospeso da chiarire, prima tra tutte quella tra lei e Giles: sapeva bene quanto l’osservatore avesse esitato anche solo a telefonarle per chiederle di accettare l’incarico di cacciatrice a tempo determinato e quanto poco avrebbe potuto fargli piacere sapere che lei aveva deciso di riprendere. E poi c’era ancora Dawn, dalla quale riceveva solo poche e sporadiche notizie sempre meno regolarmente ormai. E infine…Spike. solo il pensiero di lui placò la gioia di un attimo prima: lui ora viveva a Los Angles, a poche ore di macchina da Sunnydale, dove lei si sarebbe trasferita a lavorare, perciò le loro strade si sarebbero sicuramente incrociate prima o poi. Ripensò al loro addio e al biglietto da visita che gli aveva infilato tra le dita: non si era più fatto vivo da allora. Con tutta probabilità lui e la sua ragazza avevano ripreso la normale rutine…non poté impedirsi di provare una stretta al cuore immaginandolo stretto da un’altra. Eppure non poteva certo biasimarlo, dopotutto lei era al corrente della sua natura di vampiro ed era inserita nella sua realtà…nulla da paragonarsi a Mark.

Sospirò…probabilmente ne il caso ne il destino volevano che loro due tornassero come prima

 

“Buffy? Ci sei ancora?” chiese Willow interrogativa dall’altro capo del filo

 

“sì..sono qui. Stavo solo pensando…c’è ancora molto da sistemare. Con Giles, Dawn…”



nel sentire il nome della sorella della cacciatrice Willow si irrigidì, non aveva più pensato a lei da quando la aveva vista allontanarsi in aeroporto

“non le hai ancora parlato vero?”

 

“anche volendo non ne avrei avuto l’occasione. Ha tagliato i ponti”

 

“e con Faith? – chiese con una punta d’ansia – come vi siete lasciate?”

 

“non si è più fatta viva nemmeno lei - Faith…solo in quel momento realizzò che soprattutto a lei doveva la sua decisione – ma se la conosco bene quanto credo si farà viva, prima o poi” quel poi però la spaventava, l’ultima volta avevano dovuto aspettare due anni prima di rivedersi.

 

“pensi di dirlo anche a Spike? non potrai evitarlo a lungo quando lavorerai a Los Angeles”

 

“mio Dio Will, tutti i problemi ti vengono in mente ora?” sbottò la cacciatrice sospirando “ora devo andare, ti richiamo” fissò circospetta la porta socchiusa del suo ufficio, preoccupata che qualcuno potesse entrare e non trovarla al lavoro, dopotutto avrebbe dovuto rimanere lì ancora un mese.

 

*     *     *

 

Spike sedeva su una vecchia poltrona di feltro rosso scuro, con una sigaretta in mano a cui dava piccole scosse di tanto in tanto per far cadere la cenere sul pavimento in pietra; gli occhi fissi in un punto indistinto, quasi non sentisse nemmeno il frastuono dei mezzi pesanti all’esterno né la voce di Clem, che gli sedeva vicino tentando in ogni modo di attirare la sua attenzione.

 

“sono contento che tu sia qui Spike – ripetè per l’ennesima volta il demone – è un po’ come tornare ai bei vecchi tempi di Sunnydale, ti ricordi? – chiese senza ricevere risposta – è solo che non vorrei ti fosse successo qualcosa di grave…l’ultima volta che ti ho visto in uno stato simile centrava la Cacciatrice. Ora certo non è possibile perché…” ma fu interrotto dal vampiro, che rilasiò una lunga boccata di fumo

 

“l’ho rivista Clem –poi aggiunse, quasi come riprovero a se stesso - un’altra volta ”

 

“ma come…voglio dire, adesso non è più la Cacciatrice giusto? Non puoi essere andato a cercarla a New York”

 

“no, infatti. Il Consiglio non era del parere di lasciarla in pace – scosse troppo violentemente la sigaretta in un moto di disappunto, facendola quasi spegnere contro il suo ginocchio - e l’ha richiamata per addestrare una dilettante e salvare un’altra maledettissima città afflitta dalla bocca dell’Inferno –continuava a non guardare Clem negli occhi, quasi stesse parlando con la parete in pietra che aveva di fronte – ha richiamato tutta l’allegra brigata, c’era anche Briciola”

 

il demone lo guardò visibilmente stupito, cogliendo però con la sua domanda il perché della visita dell’amico

“Fred…Fred sapeva che saresti andato?”

 

Spike sospirò nel sentire quel nome. Si erano lasciati, lui aveva abbandonato Fred, la sua Fred, quella che gli era stata accanto, e per cosa poi?… Ritornò con la mente al momento della sua partenza per San Francisco, ricordando la reazione della ragazza nello scoprire il motivo della sua partenza

“non ha fatto domande, ma lo sapeva”

 

“e Angel?”

 

sbuffò “mi aveva consigliato di non andare, perché sarebbe stato un errore”



“e allora perch…”



“da quando in qua do retta a quello che dice Angel? – lo interruppe quasi con rabbia, per poi abbassare il tono della voce fino quasi ad un sussurro - non potevo lasciarla sola Clem, non di nuovo”

 

“e adesso Fred è…” lasciò la frase in sospeso, non sapendo come continuare

 

“…è a Los Angeles, con Angel. Sono venuto qui da solo” gettò il mozzicone a terra, calpestandolo

 

Clem non aggiunse altro, ritornando in silenzio: quelle parole erano state abbastanza eloquenti

 

Il vampiro si guardò intorno quasi con disperazione, come cercando un appiglio per inizare una nuova conversazione che non riguardasse nemmeno lontanamente l’argomento appena trattato

“per Dio! cosa diavolo sta succedendo qui?” disse arrabbiato, guardando la finestra dalla quale provenivano rumori di scavi e macchine da lavoro.

 

il demone rise di gusto

“stanno ricostruendo la città, pare che il prgetto abbia avuto nuovi finanziamenti ma non si sa bene da parte di chi – ridacchiò, come chi la sa lunga – i lavori sono iniziati circa sei mesi fa e tutto questo trambusto è diventata la normale amministrazione degli inquilini dei dintorni – indicò con una mano la porta della sua cripta, che si trovava in uno dei piccoli cimiteri nella più lontana periferia dell’ex città – ma ci si abitua dopo un po’. Ma tu perché sei qui Spike?” lo guardò interrogativo

 

“avevo bisogno di cambiare aria per un po’ – fu la secca e laconica risposta – e questo è stato l’unico posto a venirmi in mente”

 

“un posto pieno di ricordi che forse faresti meglio a non rivangare troppo” osservò il demone

 

Spike lo squadrò, reggendo lo sguardo gentile e un po’ timido dell’amico, per poi rispondere con una tranquillità misurata

“sono a posto Clem, non ho più intenzione di parlare di lei, di Fred o di qualcunque altra. Me ne sono andato e probabilmenete lo avrei fatto in ogni caso. –quel particolare gli uscì di bocca senza nemmeno riflettere: una sensazione che sentiva nell’aria da molto ma che non aveva mai preso forma di pensiero prima di quel momento - Los Angeles e lavorare per Angel mi stavano stretti. Non sono mai stato un tipo da lavori d’ufficio” si appoggiò con i gomiti alle ginocchia, prendendo atto della realtà che aveva appena esposto: davvero l’attività che aveva svolto a Los Angeles era diventata un peso per lui? era la solitudine quello che cercava?…forse era davvero quella l’unica risposta possibile e, almeno per ora, se la sarebbe fatta bastare.

Vagando con gli occhi per la nuova sistemazione del demone, Spike posò gli occhi su un mobiletto dai ripiani impolverati, stipato di oggetti di ogni tipo: uno solo però attrasse la sua attenzione facendolo sorridere.

 

“dove hai trovato quello?” chese indicando con una mano la scatola da gioco in cartone un po’ rovinata

 

Clem seguì il suo dito, sorridendo poi a sua volta

“il Monopoli? Ti ricordi quella serata al compleanno di Buffy…mi ero divertito molto con Dawn”

 

“è cresciuta. Ora va al college a Filadelfia” sussurrò ricordando la donna che era diventata

 

“ed è ancora…”

 

“arrabbiata con me? No, ora solo con se stessa. –disse semplicemente – ti ricorda qualcuno? –sussurrò con ironia, per poi spiegare - Si è abituata alla vita tranquilla, dove i demoni si vedono solo al cinema; probabilmente perché non si è mai sentita veramente parte della combriccola di combattenti contro il male” sorrise suo malgrado

 

“è un bene. Per lei intendo”

 

“sì, lo è. Ha rimosso gli anni di Sunnydale e tutti gli orrori che ha visto ed ora è una perfetta ragazza normale – sospirò, fissando di nuovo il demone – però non riesce ad accettare che sua sorella non riesca a diventarlo”

 

“che vuoi dire?”

 

la memoria di Spike corse indietro, al momento del loro addio in aeroporto: la scenata di Dawn e il fatto che non si fosse nemmeno voltata indietro per salutarli prima di partire la diceva lunga sul suo stato d’animo e di concezione della sua nuova realtà. Sapeva quanto avesse sempre sofferto ad essere trattata come la sorella della cacciatrice e mai come membro utile per la lotta: non piaceva a nessuno essere secondo, soprattutto ad una sorella come Buffy. Si era sempre chiesto come mai quella ragazzina non fosse mai riuscita ad avere amicizie diverse da quelle di sua sorella né avesse mai provato arendersi autonoma, ma d'altronde chi era lui per giudicare una sofferenza nascosta come quella di Dawn, quando nemmeno sapeva definire la sua?

 

“Buffy ha passato troppi anni a combattere i demoni e quando è arrivato il momento di tornare alla sua vita normale ha dubitato. –il suo tono di voce si abbassò, come se stesse per dire qualcosa che non era ancora stato in grado di razionalizzare – è andata a Londra con Faith, per incontrare un pezzo grosso del consiglio credo”

 

“e Dawn l’ha presa male” completò Clem, sospirando e scuotendo la testa rugosa

 

“già, se ne è andata senza nemmeno salutarla. Non è stato un addio piacevole”

 

“ e Buffy ora?”

 

“non ne ho idea, ma penso sia tornata a New York” fu la sua laconica risposta. Non aveva più intenzione di parlare di lei, nemmeno con Clem

 

“ma non pensi che potrebbe anche…” provò a congetturare il demone, che però venne subito interrotto

 

“non ho voglia di scoprire cosa ha intanzione di fare: la vita è sua e io non ho intenzione di scombussolargliela. Merita tutto quello che si è costruita. E poi sono passati due anni da quando io sono scomparso, come mi ha definito lei: non è in una settimana che si ristabilisce un rapporto che ormai tutti e due ritenevamo chiuso”

 

“ma…” obbiettò il suo interlocutore, provando ad aggiungere qualcosa ma subito bloccato

 

“non ho più intenzione di parlarne Clem” Spike distolse lo sguardo e si alzò, infilando di nuovo il cappotto di pelle ma ancora incerto sul da farsi

 

“ed ora dove vai?” chiese allarmato

 

“a fare due passi e a vedere quello che è rimasto qui in giro” poi si diresse verso la porta, sbattendola più di quanto avesse voluto e lasciando solo l’amico, che scosse di nuovo la testa fissando quello che restava della sigaretta spenta dal vampiro un attimo prima.

 

Spike oltrepassò senza fatica il catello che indicava i lavori in corso, lungo un marciapiede dall’asfalto sconnesso, per iniziare a camminare in direzione dei lavori in corso.

 

Perché diavolo era tornato là? Non riusciva a smettere di domandarselo da quado aveva spento il motore dell’auto davanti alla cripta del demone. Eppure quando aveva imboccato quella strada nel deserto non si eran nemmeno reso conto della direzione che aveva preso.

Sorrise amaramente, osservando in lontananza un cartello nuovo di zecca, che faceva bella mostra di se piantato sul ciglio di quello che una volta era il collegamento alla via principale di Sunnydale, recitando le ormai note parole “WELOCOME TO SUNNYDALE”: un annuncio non del tutto lieto contando le condizioni in cui era ridotta quella squallida cittadina e l’enorme baratro che nemmeno dopo sei mesi di lavori gli operai erano riusciti a colmare del tutto.

Sorrise al pensiero che era stato lui a dare il via all’esplosione che avrebbe ridotto a un buco nella terra quel piccolo angolo di mondo, che era diventato però il suo baricentro.

Non aveva più rimesso piede a Sunnydale da quando era tornato: aveva sempre costretto Clem ad arrivare sino all’uscita dell’autostrada a piedi, perché lui non aveva più voluto andare più in là. Troppi ricordi, troppe sofferenze.

 

Nascosto dietro un albero osservò gli operai al lavoro, mentre si affannavano a ricostruire lo scheletro di quella città sventrata, senza domandarsi nemmeno se invece fosse il caso di fermarsi e riflettere su cosa era stata Sunnydale e perché fosse stata distrutta. Una città maledetta, ecco cosa era stata: la città che aveva rovinato molte vite, tra le quali anche la sua. Una città muta e silenziosa, dove i fatti venivano sempre raccontati a metà e l’omertà aveva vera ragion d’essere.

Sbirciò sulla mappa attaccata ad un alto reticolato, che individuava la collocazione degli edifici principali e dei servizi che stavano per essere costruiti grazie all’intervento governativo e a sovvenzioni di anonimi benefattori.

Sorrise: anonimi benefattori. Un bell’eufemisimo.

Poi, con attenzione, cercò la collocazione del nuovo liceo, annuendo mestamente quando si rese conto che era l’unico edificio la cui sede non era stata cambiata.

 

Si ricominciava quindi.

 

Proseguì a piedi fino al cartello di benvenuto, al quale si appoggiò fissando la strada deserta davanti a lui.

Chissà se Buffy sapeva…ma come? I lavori erano iniziati in sordina, tanto che la notizia non era stata divulgata nemmeno a Los Angeles, figuriamoci a New York.

Chiamarla? Farle sapere che la sua città sarebbe tornata in piedi nel giro di qualche mese? E come poi…ricordò il suo biglietto da visita svolazzante verso il deserto, proprio il giorno prima. In ogni caso poi, che senso avrebbe avuto…

 

Aveva sbagliato pensando che tutto sarebbe ricominciato da capo, perché non era così. Sarebbe stato tutto diverso: il cosiglio avrebbe mandato un’altra cacciatrice e un nuovo osservatore, la nuova generazione avrebbe preso il posto della vecchia, il testimone sarebbe passato nelle mani di estranei.

No, quella non sarebbe più stata la città di Buffy Summers, né quella di Giles, di Dawn, di Willow, Xander o Faith. Mai più.

 

Dieide un violento scossone al cartello, che tremò violentemente, poi lo fermò con una mano facendolo tornare nella posizione in cui era stato piantato.

E nemmeno la sua.

 

Mestamente ritornò sui suoi passi, con le mani in tasca e una sigaretta in bocca.

 

Entrò nella cripta, senza però sedersi, e fissò il demone con occhi spenti e stanchi, senza dire nulla.

 

“Spike?” chiese interrogativo Clem, intento a riordinare dei vecchi fogli di giornale in un raccoglitore rossiccio per la contabilità.

 

“Rimango qui per un po’. Non ti dispiace vero?” disse in tono piatto

 

“no…no! Accomodati” gli indicò la poltrona con una mano, quasi si sentisse responsabile dello stato d’animo del suo ospite.

 

“solo fino all’arrivo della nuova cacciatrice. Ho visto che il Sunnydale High non ha cambiato sede –ridacchiò – e non credo che il consiglio si aspetti che i nuovi inquilini di questa ridente cittadina siano attirati qui dalle bellezze naturali dei dintorni”



“no, infatti. Potresti fermarti qui sai? Intendo…ora che a Los Angeles…” azzardò il demone

 

“questa non è più la mia città Clem – sorrise amaro – se mai lo è stata. Rimango solo per vedere chi sarà la prossima ragazzina che verrà avviluppata tra le spire di questo posto”

 

“e poi?”

 

Spike gettò la giacca sulla poltrona, lasciando che l’espressione con cui aveva accolto il demone sparisse per lasciare il posto ad una più distesa.

 

“chissà” disse semplicemente, sedendo vicino al demone e osservando le pagine che stava catalogando.

 

*     *    *

 

Buffy rientrò a casa prima quella sera, lasciando l’ufficio mezz’ora prima del solito. Prese la metropolitana leggermente tesa, non a causa degli incontri poco raccomandabili che aveva avuto qualche settimana prima però: ormai il fatto di trovarsi di nuovo di fronte un vampiro non era più così insolito.

Da una decina di giorni, ogni notte, girava per le strade di New York con il vecchio paletto in mano e una lama in argento nella tasca profonda del suo giubbotto di pelle.

In quelle serate solitarie non aveva potuto fare a meno di osservare la gente che passeggiava per le vie deserte a quell’ora, e non erano certamente le stesse che vi bazzicavano di giorno, alla luce del sole. Di notte compariva invece un altro strato della popolazione, e non si riferiva solo ai demoni o ai vampiri nascosti nei vicoli: aveva incontrato tanta, troppa altra gente. Reietti, come lo era stata lei quando era fuggita a Los Angeles e come in un certo senso si era sentita per due anni a New York. Persone che non avevano casa né famiglia, che si tenevano a galla solo con la forza di volontà.

Quando la vedevano passare, stranamente, voltavano la testa ed evitavano il suo guardo. Probabilmente erano coscenti che una ragazza sola tra le strade buie della metropoli non sarebbe duata molto, nemmeno una notte.

 

I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dallo sfrigolio quasi assordante delle rotaie della metropolitana, che si fermava esattamente davanti a lei. Come un automa, seguita da un altro gruppo di pendolari, salì sul vagone sedendosi sul sedile più vicino alle porte automatiche, che si richiusero con un rumpore metallico.

 

Tentò di guardare fuori da finestrino, di organizzare mentalmente il lavoro per il giorno dopo, provò persino ad ascoltare la conversazione di due anziane signore che chiacchieravano nei posti di fronte al suo: nulla però riusciva a distrarla da compito che si doveva costringere a svolgere quella serata, lo stesso per cui era uscita prima dal lavoro; non che ce ne fosse bisogno, riflettendoci. Anzi, in cuor suo sperava che tutto durasse il meno possibile. Perché aveva preso quel permesso di un ora? Semplice: la paura porta a desiderare di avere più tempo per prepararsi ad affrontare quanto viene in contro, perché in questo modo sembra quasi di avere un qualche potere su di esso.

Prese in mano il cellulare che teneva nella tasca del cappotto, scorrendo rapidamente l’indice dei numeri in rubrica e fermandosi al nome Willow. Premette il pulsante verde e si portò la cornetta all’orecchio.

D’un tratto il suo dito scattò a premere il bottone rosso, interrompendo la chiamata, e poi infilò il telefono nella borsa, incorciano le braccia sul petto e tornado a guardare fuori dal finestrino fintamente indifferente e con aria quasi imbronciata.

No, non poteva chiamarla un’altra volta. Quello era un suo compito maledizione! Si erano divise gli incarichi ed era stata lei a decidere che avrebbe telefonato a Dawn e a Giles, e Willow non aveva discusso, prendendosi invece carico di rendere noti i loro progetti a Xander.

Si sentiva in dovere di parlare in prima persona sia al suo osservatore che a sua sorella, sarebbe stato da vigliacchi delegare quell’incombenza ad un’altra, anche se se era Willow.

Parlare a dawn, ecco cosa realmente la preoccupava: ricordava anche troppo bene le sue parole all’aeroporto, quasi sapesse già che avrebbe scelto di tornare a combattere…

 

Il treno si fermò con una brusca frenata alla sua stazione e lei scese, ancora sovrapensiero.

 

L’ultima volta che aveva parlato con sua sorella era stato dieci giorni prima, ma si era trattato di una conversazione breve e fredda, nella quale era solo riuscita a sapere che stava bene e a risponderle la stessa cosa. Poi entrambe avevano riattaccato nascondendosi dietro scuse poco plausibili.

Dawn era arrabbiata con lei, questo lo sapeva, ma quello che la preoccupava di più era il fatto che la sua rabbia non si fosse decantata nemmeno dopo tutto quel tempo lontane…ma chi voleva prendere in giro? In cuor suo sapeva che la domanda che davvero le premeva era un’altra: lei era arrabbiata con Dawn?…avrebbe potuto continuare a chiamarla fino ad esasperarla per riuscire ad avere di nuovo una conversazione con lei, ma non lo aveva fatto. Perché?…eppure sapeva di volerle bene, di volere bene a lei più che ad ogni altro, di una amore incondizionato che può essere solo quello di una sorella. E lei era stata molto più che una sorella per lei: le aveva fatto da madre per più di tre anni, sino a quando si era iscritta al college di Filadelfia.

Un madre…già.

A 20 anni aveva già dovuto rivestire quel ruolo.

A 24 invcece camminava per le strade di New York, dopo essere uscita dal suo bell’ufficio di Manhattan.

Vide il suo viso riflesso nella vetrina di un megozio e si fermò ad osservarlo per qualche istante: i capelli biondi legati con un nastro dietro la testa, gli occhiali da vista calcati sugli occhi e un vestito beige con la gonna che le arrivava oltre il ginocchio, per completare il tutto un paio di scarpe con un tacco modesto e una borsa porta pratiche marrone in pelle, né troppo piena né troppo vuota.

Accelerò, superando il rifelsso con passo rapido. Quella. Quella era davvero lei? era davvero la stessa ragazza che girava i cimiteri vestita di pelle nera, con i capelli sciolti e gli occhi verdi scintillanti, che idossava solo scarpe dal tacco altissimo anche quelle rigorosamente scure?…camminado si esaminò dall’alto in basso. Nulla poteva darne anche solo il presentimento.

Madre e lavoratrice: due ruoli che aveva dovuto accettare troppo presto.

 

Dio quanto le sarebbe piaciuto non dover spiegare nulla a nessuno, le cose sul lavoro erano tutte sistemate e a breve avrebbe ricevuto il nuovo contratto di ammisione alla filiale di Los Angels. Perché non poteva andarsene e basta?

Perché aveva delle responsabilità nei confronti di Dawn, ovvio. Ma nessuno poteva immaginare quanto le pesavano. Aveva cercato di non farlo capire, tentato di comportarsi da adulta e prendere in mano la situzione, ma sua sorella certo non rendeva le cose più facili. Poteva capire il suo desiderio di attenzione e aveva ragione quando soteneva che lei era stata costretta dalle circostanze a rivestire il ruolo di madre nei suoi confronti, ma sentiva anche che Dawn non avrebbe potuto chiderle uno sforzo maggiore. Perché credeva che avesse studiato giorno e notte e che avesse accettato tutti i turni peggiori al bar in cui lavorava per laurearsi il prima possibile? Un’altra cosa che era stata costretta ad imparare a sue spese era che i soldi non piovevano dal cielo e che per mantenere qualcuno al college era necessario guardagnarne abbastanza.

Ripensò a sua madre: era in quei momenti che le mancava maggiormente. Lei aveva sempre saputo come fare per crescerle entrambe.

 

Eppure ce la aveva fatta, aveva superato tutti gli ostacoli che le si erano parati davanti e tutto andava per il meglio: Dawn frequentava la scuola che più le piaceva ed era arrivata addirittura a prendere una borsa di studio, mentre lei aveva un lavoro stabile.

 

Rivide sua sorella che si allontanava da lei, con la valigia in mano, senza nemmeno voltarsi.

 

Cosa voleva ancora da lei?…la vita era sua e non si vergognava a dire che sua sorella gliela aveva condizionata in più di una maniera in quegli anni. Non in senso negativo, non sempre almeno, ma era per lei che si era data da fare: per dale un futuro, per darle una scelta. E non lo aveva fatto per dovere, ma per affetto. Di questo era sicura.

 

No, Dawn decisamente non poteva pretendere di più da lei.

 

Si fermò davanti alla porta di casa e, entrata nell’atrio, prese l’ascensore per arrivere al terzo piano.

 

Era arrivato il momento di fare quella fatidica telefonata.

Doveva dirglielo e glielo avrebbe detto. Senza giri di parole né vergogna, perché, come le aveva quasi gridato in aeroporto, aveva il diritto di vivere la sua vita come meglio credeva.

 

Fortificata da quella constatazione gettò il soprabito sul divano, sedendosi sulla morbida poltrona vicino al telefono.

 

Inspirò a fondo, poi prese in mano il cordless e compose il numero di cellulare della sorella, guardando l’orologio a muro di fronte a lei: erano le 18.30 e di sicuro non era a lezione.

 

Suonò libero

 

Una

 

Due

 

Tre volte

 

Poi distinse chiaramente la voce della sorella che rispondeva, reprimendo una risata: probabilmente era in compagnia

 

“pronto”

 

“ciao Dawn…sono Buffy”

 

rimase un attimo interdetta, probabilmente riflettendo che si erano sentite solo una settimana prima

“ciao”

 

Buffy sentiva un forte rumoreggiare dall’altra parte del filo, segno che non si era allontanata e che non pensava che la conversazione sarebbe durata a lungo.

 

Prese un profondo respiro

“ho bisogno di parlarti” disse con tono eloquente

“bene, sentiamo” rispose l’altra, con misurata semplicità

 

Buffy udì la voce lontana di un ragazzo che chiamava il nome di sua sorella e fu ulteriormente irritata dal suo comportamento, coicchè anche l’ultima nota di comprensione nelle sue parole scomparve

“ascolta, è una cosa importante…trova un posto meno incasinato”

 

senza una parola udì l’eco dei suoi passi e le voci dei ragazzi che diventavano via via sempre più fievoli

“allora?” la sua voce sembrava quasi seccata “Buffy?” chiese, poiché non ricevette risposta per qualche secondo

 

“Dawn – sospirò a fondo – non userò stupidi giochi di parole, né altre perdite di tempo, visto che sembra tu voglia dedicarmene poco. Stanno ricostruendo Sunnydale e…” Dawn la bloccò, completando per lei

 

“…e tu torni là vero?” la sua voce suonava amara

 

“esatto. Willow viene con me” si rese conto che sua sorella era quasi sull’orlo delle lacrime

 

“bene – ricacciò un singhiozzo – lo sapevo sai?”



“Dawn…”



“te lo avevo detto all’aeroporto no? Quando ti ho visto andare via con Faith. Ma lo sapevo anche prima, mentre combattevi con April…solo che credevo…”



“Dawn, ascolta…”



“no, lasciami finire. L’unica cosa che vorrei sapere è perché, perché vuoi abbandonare quello che ti sei costruita a New York. Non ti basta più? Non ti basta più nemmeno Mark?”



Buffy, dall’altro capo della linea, abbassò la testa nel sentire il suo nome

“io e lui ci siamo lasciati”

 

“…un altro Riley, è così?”

 

fu colpita dall’isinuazione della sorella più profondamente di quanto lei potesse immaginare, ma non lo lasciò sentire

“non cambierà niente per te, la tua bella vita al college non avrà modifiche. Credevo solo che potesse interessarti”



Dawn rimase interdetta a quelle parole, sentendosi improvvisamente in colpa per il tono usato con la sorella e l’insinuazione di un attimo prima

 

“ma evidentemente mi sbagliavo” Buffy stava per riattaccare, ma fu interrotta dalla voce ancora spezzata della ragazza

 

“Quando è stata ricostruita?”

 

“hanno iniziato sei sette mesi fa”

“quando ti trasferirai là?” domandò con un filo di voce, che fece ricordare alla Cacciatrice tutti i momenti passati a consolarla

 

“appena gli edifici in città saranno in vendita. Dawn, io volevo solo che tu lo sapessi, non ti domando nulla, so che sei felice” il suo tono si era raddolcito

 

“ non mi hai ancora risposto però…” il suo tono non era polemico però, anzi, aveva una nota di tristezza che non le aveva mai sentito



“a cosa?”

 

“perché?”

 

Buffy si fermò un istante, poi le rispose con calma

“perché è quello il mio posto. Lo è sempre stato. Quella è ancora la mia città e…beh, credo che si possa riassumere dicendo che una cacciatrice è sempre una cacciatrice” sorrise leggermente e sentì la sorella ridacchiare malinconicamente

 

“e una Chiave rimane sempre una Chiave?”

 

“no, credo che ormai la serratura che apriva la tua porta verso quel mondo sia bloccata. Non doveva essere la tua battaglia Dawn, ho fatto di tutto perché non lo diventasse” la voce di Buffy aveva preso la nota affettuosa di un tempo

 

“lo so. – si interruppe un attimo –sei sempre stata tu quella stravagante delle due, lo diceva anche mamma” ironizzò, dissipando la tensione che si era creata

 

“già. Però sono sempre stata una brava sorella no?”

 

“di più Buffy. di più. Torni a casa quindi…a Sunnydale”



“non è dall’altra parte del mondo sorellina, esistono gli aerei. Anche a te farebbe bene tornarci qualche volta sai?” azzardò timidamente

 

Dawn si limitò a ridere un poco

“è tutto a posto? Volgio dire, mi hai di nuovo chiamato sorellina quindi…”

 

“quindi non ti strozzerò per essertene andata in quel modo all’aeroporto? Probabilmente no”

 

“Buffy?”

 

“sì?”



“ti voglio bene”



“anch’io sorellina”

 

udì Dawn mettere fine alla comunicazione e riabbassò la cornetta, chiudendo gli occhi. Un sorriso disegnato sul viso.

 

Aspettò qualche istante, per poi comporre il secondo numero scritto in rosso nella sua agenda

Il terminale suonò libero e dopo pochi squilli una voce maschile rispose garbatamente

 

“Giles? Sono Buffy”

 

Cap.11 – la Città degli Angeli

 

Buffy giaceva distesa nel suo letto. Immobile. Fissando il soffitto con occhi vuoti.

Giles non era rimasto troppo stupito di quello che gli aveva detto, quasi si aspettasse una telefonata in genere da lei.

Sorrise. In fondo sapeva già che sarebbe successo nell’istante in cui la aveva chiamata per andare a Cleveland, probabilmente sperava in cuor suo di avere torto, ma ne era cosciente.

 

Ora al suo elenco personale mancavano ancora due persone. Faith e Spike. I due più imprevedibili che avesse mai conosciuto; li aveva odiati entrambi, odiati davvero, con un furore cieco che aveva quasi rischiato di farla uccidere. Non erano mai esistite mezze misure con loro, in nessuna occasione, e nei due diversi momenti della sua vita in cui le erano stati vicini li aveva amati più di chiunque altro.

Sapeva che Fatih avrebbe saputo della sua decisione da consiglio: se conosceva bene Giles quando credeva, non avrebbe aspettato a comunicare che Buffy era tornata a combattere per evitare che le frapponessero ostacoli. Avrebbe voluto avvisarla di persona ma…sapeva che la avrebbe rivista, presto.

Spike invece…cosa le aveva detto la Custode? non faree l’errore di seguire il caso invece che il destino

Era passato più di un mese da quando era tornata a casa e non lo aveva più sentito. Sorrise amaramente: probabilmente il bigliettino con il suo numero di telefono era finito nella carta straccia appena arrivato nei pressi di Los Angeles o, al più tardi, quando era tornato a casa da Angel.

Sapeva a cosa alludeva Dawn quando aveva parlato di un altro Riley, riferendosi a Mark, ma non era stato per Spike che lo aveva lasciato. Era stato per lei. Per mettere fine ad una farsa che prosciugava molte delle sue energie.

Aveva sperato, certo, che lui chiamasse. Più di una volta era corsa al telefono appena aveva squillato, quando vedeva un numero sconosciuto nell’identificatore di chiamate, ma non aveva più sentito la sua voce.

Non sapeva dire se lo amasse ancora, se quello che c’era stato tra loro potesse avere un seguito anche dopo che le loro vite si erano separate, e poi non sarebbe dipeso da lei. Lui era ancora a Los Angeles, accanto ad un’altra, e questo lei non poteva cambiarlo in nessun caso.

Doveva fargli sapere della sua decisione? In ogni caso era chiaro che lo avrebbe rincontrato lavorando a Los Angeles e non sarebbe stato carino che lui scoprisse che lei era tornata a Sunnydale solo dopo essersi scontrati lungo la strada. Non era giusto nei suoi confronti.

Se quello doveva essere un capitolo chiuso della sua vita, era necessario mettervi fine nettamente.

 

Le parole del suo capo le rimbombarono nelle orecchie e lei prese freddamente coscienza del brutto scherzo che le aveva tirato il destino, al quale però non poteva tirarsi indietro.

 

“la settimana prossima partirà per la costa ovest per incontrare il direttore dei lavori di Sunny…, della cittadina di cui si è occupata – si corresse dopo un colpo di tosse – e anche il direttore della nostra filiale di Los Angeles vuole parlarle del suo trasferimento laggiù. La mia segretaria le prenoterà un volo per questo week-end”

 

*     *     *

 

“hai davvero intenzione di andare a trovarlo?” la voce di Willow era decisamente sconcertata, cosa che non contribuì a tranquillizzare Buffy

 

“Willow, preferisci che aspetti di incontrarlo per strada? Allora sì che farei una bella figura, del tipo ‘lavoro qui ma non volevo fartelo sapere e tu mi hai colta in fragrante’! decisamente il massimo per iniziare bene” polemizzò la Cacciatrice, ormai aveva deciso che sarebbe andata a trovare Spike a Los Angeles: non dovevano esserci porte aperte sul passato, ed era arrivato il momento di chiudere l’ultima.

 

“no ma…intendo solo dire che lui ti ha detto che ha una ragazza e di sicuro non è l’ingenua vicina di casa che non sa nulla di vampiri e demoni, quindi anche lei deve far parte del gruppo di Angel, e non sono sicura che tu sia pronta per incontrarla! Anzi, a dire la verità credo che tu non sarai mai pronta a farlo…” disse velocemente, rendendosi conto troppo tardi però di aver parlato troppo

 

“cosa vorresti dire? Che appena li vedrò insieme scapperò di corsa in un mare di lacrime? – si inalberò Buffy – non ti scordare che ho beccato Angel e Faith abbracciati una volta!” aggiunse, come se ciò spiegasse perché la reazione che aveva ipotizzato fosse infondata

 

“e infatti volevi prenderla a botte se ben ricordo” aggiunse l’amica “Buffy, lo sai che ti conosco meglio di qualunque altro e posso scommettere che la prenderai male, anche se sono sicura che hai passato tutta la notte a ripeterti che non ti farà ne caldo ne freddo”

 

“e allora illuminami Will, almeno sarò preparata! Non ho intenzione di cambiare idea, te lo assicuro” rispose esasperata

 

“ti metterai a fare confronti che non serviranno ad altro che a confonderti più di quanto tu sia già”

 

Buffy non seppe cosa replicare all’affermazione dell’amica: probabilmente aveva ragione. In fondo non era esattamente quello che aveva fatto da quando era tornata? Tentare di immaginare cosa avesse questa ragazza più di lei…ma erano pensieri stupidi, lo sapeva, stupidi e inconcludenti.

 

“…ma a quanto pare ti sei già messa a farli molto prima di conoscerla” concluse, sepre più scettica sul possibile buon esito del viaggio a Los Angeles

 

“ciao Willow, ti farò sapere” Buffy tentò di concludere la conversazione telefonica il più presto possibile. Basta pensare, era arrivato il momento di prendere un aereo.

 

“ma potresti anche evitare di andare ora, magari più avanti…” la voce di Willow venne interrotta da lei, che chiudeva il cellulare e lo spegneva: avevano appena chiamato il suo volo.

 

Abbassò gli occhiali da sole, che aveva alzati sulla fronte per tenere indietro i capelli, e lasciò che le ciocche se scendessero leggere agli angoli del viso, poi si diresse verso la sua uscita, esibendo il suo biglietto e la carta d’identità.

 

Prese posto sull’aereo, che decollò qualche minuto più tardi, eludendo i banali tentativi del suo vicino di posto di instaurare una conversazione; guardò fuori dal finestrino finchè New York e le sue mille luci diventarono solo punti lontani e isignificanti nella cupa luce del pomeriggio.

In quel momento tutto le sembrava profondamente chiaro e lineare: il suo viaggio a Los Angeles e la necessità di avvertire Spike della sua decisione non  più problemi insormontabili e la nebbia che oscurava la strada davanti a lei sembrava essersi improvvisamente diradata. Si lasciò cullare dal rumore dei motori, poggiando la testa sul vetro: quanto era bello stare su quell’aereo e sapere che Los Angeles, da quel momento in poi, non sarebbe più stata la città inospitale che ricordava durante il suo ultimo viaggio di lavoro. Aveva cercato di tornare in Claifornia il meno possibile nei due anni passati lontani, e le poche volte che era stata costretta a rimetterci piede la ferita che aveva lasciato in lei la distruzione di Sunnydale si riapriva, il dolore tornava. Quella era la prima volta che non vedeva più solo ombre nel pensare al grande aeroporto dove sarebbe atterrata tra qualche ora.

 

Ripensò alle parole di Willow e ammise amaramente che aveva ragione:non aspettava altro che un confronto con questa ragazza, un confornto che non doveva essere per forza verbale, ma che sarebbe stato soprattutto di fugaci occhiate, nella speranza di riuscire a cogliere cosa, cosa avesse fatto innamorare Spike. Perché tutto si riduceva a questo: se credeva che il suo amore per lei sarebbe stato eterno si sbagliava di grosso, ed Angel era la dimostrazione. Nessun amore era eterno. Nessuno.

Una sorta di rabbia fredda le montò in corpo, esattamente come quando Spike aveva accennato alla sua fantomatica ragazza, durante l’allenamento. Il ricordo del ritorno di Riley con la sua Lara Croft dei poveri…sarebbe stato così anche per Spike?

 

Sentì il carrello del’aereo posarsi sulla pista con un piccolo sobbalzo e il familiare panorama della città si stagliò alla sua sinistra. Non potè fare a meno di sorridere, per poi prendere il suo bagaglio a mano per dirigersi verso l’aeroporto.

Ci mise poco a sbrigare i pochi controlli e ad uscire, oltrepassando la fermata taxi per i turisti e dirigendosi direttamente alla stazione dei pullman: lei conosceva bene Los Angeles, e la prima regola da imparare era di non fidarsi dei taxi, soprattutto se li si prendeva dall’aeroporto, perché c’erano circa una ventina di diverse direzioni per entrare in città e sicuramente i conducenti non avrebbero preso la più breve.

Alzò gli occhi al cielo, fermandosi sul marciapiede  e posando a terra il bagnaglio: era di un azzurro incredibile e il sole brillava caldo. Si tolse il golfino scuro che si era posata sulle spalle per proteggersi dall’aria condizionata e rimase con una semplice canottiera nera sopra i jeans scoloriti, poi rinfilò gli occhiali da sole: dopotutto era appena atterrata in California.

 

Il pullman si fermò a pochi isolati dal centro cittadino, e ci sarebbero voluti alcuni minuti per raggiungere l’ufficio di Angel. Oltrepassò la strada con passo sicuro e non si lasciò innervosire dalle occhiate poco discrete che le lanciò il giovane conducente della cadillac rosa ferma per lasciarla passare.

I raggi del sole scottavano sulla pelle chiara, tuttavia non ci fece caso, rimanendo suo magardo di nuovo colpita dai ricordi che si riaffacciavano alla sua mente dopo aver svoltato ad ogni angolo. Poco distante da la c’era il suo veccio liceo, quello con la scalinata di pietra bianca dove aspettava seduta che sua madre arrivasse a prenderla, e dove aveva cozzato per la prima volta contro il suo destino. Da dietro gli occhiali scuri osservò un gruppetto di studentesse con vestiti colorati e succinti che si avviavano verso il vicoletto che portava all’edificio e si ricordò di una certa ragazzina bionda che adorava vestirsi di rosa ed i lecca lecca alla fragola, che era stata reginetta dell’Homecoming e capo-cheerleader. Lasciò che il vento le scompigliasse i capelli: dove era finita quella ragazzina? O meglio, chi era diventata?

 

Raggiunse il gruppo di teenagers che si tenevano a braccetto, percorrendo dietro di loro la stradina e ascoltando con un sorriso malinconico i loro discorsi frivoli e le risatine sciocche: probabilmente se si fossero voltate la avrebbero liquidata con uno sguardo di sufficienza, notando la benda nera che aveva legata attorno al polso, la croce che portava al collo, gli anfibi di pelle e i jeans consumati, e si sarebbero stupite solo che avesse i capelli biondi. Se avessero saputo che era stata esattamente come loro appena una decina di anni prima e che aveva percorso centinaia di volte quella stessa strada a braccetto con amiche che pendevano dalle sue labbra per ascoltare gli ultimi pettegolezzi sui ragazzi della squadra di football non ci avrebbero creduto.

Ne era passato di tempo da allora, non potevano nemmeno immaginare quanto. Immaginò che anche una di loro avrebbe potuto essere scelta, come lei, come Faith, come April e come tutte le Potentials che aveva allenato. In quel caso anche a loro sarebbe corllato il mondo addosso?…

Basta pensarci, non serviva a nulla. Soprattutto in quel momento, mentre credeva di aver finalmente ripreso in mano le redini della sua vita.

 

Le superò, entrando nell’edificio scolastico davanti a loro e non curandosi nemeno dei loro sguardi.

 

Si tolse gli occhiali scuri, lasciandoli penzolare  sotto il mento con le stanghette sopra i lobi, sapeva perfettamente dove andare: alla bacheca dei trofei, dove erano gelosamente conservati anche i ritratti delle reginette di Primavera. Non sapeva spiegarsi perché sentiva il bisogno di tornare là, probabilmente solo perché era il lugo dove tutto era iniziato.

Si guardò intorno nell’atrio, non riusciendo più ad orientarsi: quando studiava lì la bacheca era nel corridoio a sinistra, ma ora c’erano solo armadietti di ferro e centinaia di ragazzi.

 

“posso aiutarla?” una voce alle sua spalle la fece voltare

 

“è forse la sorella di uno degli studenti e  lo sta cercando?” continuò la voce gentile di una inserviente

 

Buffy sorrise

“no, sono un’…un’ex studente di questo liceo. Stavo cercando la bacheca con le foto, una volta era là” indicò il corridoio

 

“ora è stata spostata vicino alla presidenza, sa dove si trova?”

 

“anche troppo bene, grazie” si lasciò sfuggire, allontandandosi poi nella direzione indicata

 

appoggiò le dita sul vetro lucido e trasparente, fermandosi a contemplare i trofei vinti dalla squadra del liceo nel 1996, quella delle cheerleaders e della reginetta del ballo sorridendo leggermente, più con ironia che con amarezza però. Osservò quella ragazza un po’ paffuta, che sorrideva con lo scettro in mano e la corona tra i capelli: se la avesse vista April probabilmente la sua idea di lei sarebbe tornata quella pessima che si era fatta durante il lor primo incontro.

Chissà come sarebbe cresciuta quella reginetta se nessuno le avesse detto che era la prescelta a cacciare vampiri. Tanti, troppi “se” sarebbero rimasti solo ipotesi nella sua testa, ormai era adulta e la sua strada tracciata e non c’era nulla che avrebbe barattato per tornare come allora e crescere in modo diverso, come la persona normale che aveva provato ad essere per due anni.

Sorrise e si allontanò dalle fotografie con un’alzata di spalle, dirigendosi verso l’uscita. Lì tutto era cominciato e lì era giusto che tornasse almeno per un attimo, per essere sicura di non trovare rimpianti.

 

Rivide nuovamente le ragazzine del vicolo, questa volta radunate in un crocchio circolare, che le lancavano occhiate furtive. Stava per tirare dritto verso la scalinata che condiceva all’eserno, ma una voce la fermò

 

“signorina Summers! Buffy Summers” lo strsso tono imperioso di allora, la stessa cadenza pesante, lo stesso fruscio di abiti inamidati

 

si voltò nella direzione del richiamo

“buongiorno preside” salutò, abbassando poi gli occhi “non credevo si ricordasse ancora di me” non potè impedirsi di sorridere, dopotutto aveva finito le superiori da qualche anno!

 

Notò di sfuggita le ragazze di prima che si avvicinavano per ascoltare la conversazione

 

L’uomo, appesantito dagli anni e con la barba e i capelli più radi allungò la mano, che Buffy afferrò stringendola.

“non si dimentica l’unica persona che sia riuscita ad incendiare la palestra dando poi la colpa ai topi” disse ancora con un velo di rimprovero

 

“e io che speravo si fosse ricordato di me per le mie doti di capo-cheerleader” buttò lì, rotenado gli occhi: ora non faceva più lo stesso effetto di prima avere davanti quell’omone imponente

 

“cosa la ha riportata qui signorina? Pensavo si fosse trasferita” l’implicita domanda probabimente si riferiva al suo livello di istruzione, visto che, tanto quando il preside Snider, anche lui non aveva mai nutrito particolari speranze per il suo futuro.

 

 

“mi sono trasferita qui per lavoro, ma ho finito gli studi all’università di New York” rispose, non per desiderio di rivalsa quanto perché non le andava che pensasse che lei non fosse riuscita a combinare niente nella vita

 

annuì con una leggera alzata di capo “stava cercando qualcosa qui da noi? Sono lieto di informarla che abbiamo messo dispositivi antincendio in tutte le aule” indicò con aria interrogativa il corridoio che lei aveva appena percorso

 

Buffy sorrise, poggiando a terra il suo bagaglio a mano.

“beh…volevo vedere ancora una volta quella bacheca, deve ammettere che il 1996 è stato proprio il mio anno: reginetta del ballo, capo-cheerleader e piromane con conseguente espulsione. Mi citi qualcuno che ha saputo fare meglio!”

 

“in effetti è sempre stato un caso più unico che raro. Vedo però che è cambiata non poco dall’ultima volta che l’ho vista” la squadrò da capo a piedi, non riuscendo a credere che quella giovane donna che diceva di essersi straferita a Los Angeles per lavoro fosse la stessa che era stata la copia sputata delle quattro ragazze che origliavano alle loro spalle, alle quali non avrebbe pronosticato nulla di più di un posto di cameriera al bar dietro l’angolo.

 

“in effetti ho scoperto che il rosa non mi dona…” il campanello che indicava l’inizo di una nuova lezione la interruppe

 

“mi scusi, ma è ora che io torni al mio lavoro” allungò la mano nella sua direzione “piacere di averla rivista signorina Summers”

 

lei la strinse, senza però troppa convinzione

“piacere mio”

 

osservò di sottecchi le ragazze che si allontanavano lancando ancora piccoli risolini e occhiate stupite nella sua direzione: probabilmente appena finita la scuola si sarebbero precipitate a vedere se davvero era lei la reginetta del 1996.

 

Senza farci più davvero caso si diresse verso l’uscita, infilando novamente gli occhiali da sole e lasciando che l’inserviente chiudesse dietro di lei le ampie porte d’ingresso. Il sole tornò a illuminarle il viso, sul quale spiccava un sorriso ironico: probabilmente sarebbe stato il caso di insegnare a quell’uomo che le persone cambiano.

Percose quasi correndo i gradini che portavano in strada: sì, quello ora poteva definirsi un capitolo chiuso della sua vita. Los Angeles sarebbe diventata una nuova città ai suoi occhi, e lì avrebbe iniziato da dove aveva lasciato il giorno in cui Merrik si era presentato come il suo nuovo osservatore e dopo il suo traferimento a Sunnydale.

 

*     *    *

 

Salì le scale che portavano ai piani alti di un imponente edificio del centro. Sapeva perfettamente dove si trovava l’ufficio che stava cercando, ma decise di non prendere l’ascensore, quasi volesse ritardare il più possibile il momento in cui si sarebbe trovata di fronte ad una porta con la scritta “Angel Investigations” in una targhetta di metallo.

Ora però quel momento era arrivato e lei stava in piedi di fronte all’entrata, senza decidersi a suonare. Dopotutto non era educato comparire in casa della gente senza preavviso, e lei non riusciva a sentirsi altro che un’estranea. Troppo tempo era passato da quando telefonava in quell’ufficio, e ancora di più dall’ultima volta in cui ci aveva messo piede, come al solito in corcostanze poco felici. Ma era sempre stato così tra lei ed Angel: chissà perché non erano mai riusciti a cambiare nemmeno dopo la loro separazione. La loro separazione, avvenuta sei anni prima. Sei anni non erano un soffio e si sorsprese a pensare che quella era la prima volta che lei andava fin lì per vedere qualcun altro. Questa volta era lì per Spike.

 

D’un tratto tutto il peso di quello che stava facendo le ricadde sulle spalle: tra qualche istante avrebbe bussato a quella porta, sapendo che avrebbe trovato Spike, il suo Spike, lo stesso che aveva recuperato l’anima per lei, quello contro cui aveva combattuto, che aveva odiato, amato e che era morto per aiutarla a salvare il mondo, lo avrebbe trovato abbracciato ad un’altra. Ad un’altra dalla quale non si sarebbe mai dovuto aspettare ne pugni ne lotte, né disprezzo ne sguardi di sufficienza. In una parola, qualcuno che non lo trattasse come aveva fatto lei; certo nell’ultimo periodo di Sunnydale tra lor le cose erano andate decisamente meglio, ma quando si resta scottati una volta è difficile tornare indietro, e lei lo sapeva meglio di chiunque altro. Dunque cosa si aspettava? Certo, a Claveland lui le aveva fatto capire quanto la aveva amata e i sentimenti che aveva provato per lei anche in quei giorni, ma come chidergli, anche solo come sperare, che lui potesse rinunciare alla felicià che si era faticosamente costruito senza di lei e che meritava in pieno? Con che coraggio?

Si rassicurò tuttavia all’idea di non eddere là per nulla del genere: non c’erano secondi fini nascosti dietro il suo desiderio di parlargli, ne alcuna aspettativa. Si erano lasciati dicendo che si sarebbero rivisti se sarebbe stato destino, e se non era successo in quei mesi voleva dire che il fato aveva scelto diversamente per loro, o meglio che lui aveva deciso cosa fare della sua vita, nella quale lei non era più inclusa. Doveva accettarlo e lo aveva fatto, di questo era sicura. Non ci sarebbero state scenate né lacrime quando li avrebbe visti insieme, se lo aspettava dopotutto. E poi lei voleva solo parlargli del suo trasferimento lavorativo in città e del fatto che Sunnydale era stata ricostruita, tra qualche mese lei sarebbe venuta a trovarsi nella sua stessa città e trovava giusto avvertirlo, fargli sapere che anche lei era andantata avanti, che aveva ritrovato la sua strada e che in parte era stato anche grazie a lui.

Avrebbe mentito sostenendo che era felice di vederli insieme, ma non intendeva entrare in merito ad una simile discussione: lei era lì solo per comunicargli la sua decisione di tornare ad essere una Cacciatrice, null’altro.

Rinforzata dal pensiero prese coraggio e bussò con le nocche sulla porta, in mancanza di un campanello. Dall’intrno sentì una voce ovattata che gridava

“avanti!”



prese un lungo respiro prima di afferrare la maniglia e abbassala. ‘presto’ continuava a ripetersi ‘ presto tutto sarebbe finito e ogni porta aperta sul passato si rarebbe richusa’

 

Cordelia, seduta al banco di segreteria, alzò gli occhi nel sentire bussare, ditogliendo lo sguardo dai tabulati telefonici che stava consultando. Guardò l’orologio posizionato sulla parete opposta, domandandosi chi mai potesse entrare alle quattro del pomeriggio in un ufficio dove la clientela era composta soprattutto da persone spaventate o perseguitate da esseri che non apprezzavano il sole della California.

 

 

Buffy varcò la soglia con passo sicuro, tentando di non tradire il nervosismo. Dopotutto aveva fatto molto esercizio nel mentire, due anni non erano pochi.

Si fermò nell’ingresso per chiudere la porta, aspettando di sentire nuovamente la voce che le aveva intimato di entrare ma, quando si voltò per osservare chi aveva parlato, rimase senza parole.

Cordelia. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che la aveva vista? Cordelia Chase, detta Queen C, e non aveva bisogno di altre presentazioni.

 

Anche lei a bocca aperta, sbigottita. Tra tutte le persone dell’universo non si sarebbe mai aspettata che proprio Buffy Summers varcasse quella porta.

 

La ragazza si alzò dalla sedia, quasi correndo sui suoi tacchi vertiginosi, e raggiunse la nuova entrata alla porta, scrutandola da capo a piedi.

“jenas scoloriti, maglietta nera e anfibi, senza contare gli occhiali alla Matrix. I capelli però hanno una bella piega” disse con sufficienza, per poi sorriderle “direi che sei sempre tu. Ciao Buffy”

 

la Cacciatrice rise, buttando indietro i capelli e passandosi le dita tra i ciuffi che le ricadevano davanti

“anche tu non sei cambiata: tacchi alti, trucco pesante e vestiti attillati. Ciao Cordelia”

 

le due rimasero a sorridersi per un attimo, nessuna delle due sapeva cosa dire, non avevano sentito nulla o quasi l’una dell’altra per almeno quattro anni e, per quanto il loro rapporto non fosse stato dei più stabili, insieme avevano sventato tre apocalissi.

 

“allora – trillò con il suo solito modo di fare esuberante Cordelia, come se si fossero viste solo il giorno prima – immagino tu sia qui in visita di cortesia, come va? Sei a New York ora no?”

 

“sì…”



“ho sentito che hai fatto a pezzi un’altro maestro a Cleveland, anche se Spike è stato un po’ avaro di particolari” aggiunse con disappunto

 

Buffy abbassò gli occhi

“già, sono venuta per parlare con lui”

 

Cordelia d’improvviso si rabbuiò, riprendendo però subito la sua parlantina vivace

“è…è meglio che tu parli con Angel di questo. Ma intanto racconta, come ti trovi finalmente nel mondo dei comuni mortali Miss-stranezza?” dicendo questo la invitò a sedersi sul morbido divano nella sala contigua, dove si accomodò vicino a lei

 

“beh…bella casa a New York, lavoro a Manhattan e ragazzo medico”

 

“ma?” domandò immediatamente l’altra, sapeva che con Buffy Summers un ma c’era sempre

 

“ma ho chiesto il traferimento nella sede di Los Angeles, sto per comprare un appartamento a Sunnydale e ho lasciato il mio ragazzo”

 

Cordelia la guardò per un attimo

“tutto qui?”

 

“sono tornata ad essere una Cacciatrice” aggiunse, pronta a spiazzarla

 

la ragazza la fissò per un attimo come se volesse passarla ai raggi X, non con espressione stupita quanto con interesse

“è stata Faith vero?”

 

“a fare cosa?” chiese stupita, non aveva mai collegato in nessun modo Faith a Cordelia, anche se sapeva che lei si era fermata a Los Angelese per qualche tempo un paio di anni prima

 

“ a farti tornare la voglia di combattere. Siete sempre state competitive fino a livelli assurdi” l’assoltua limpidezza con cui lo disse spiazzò Buffy

 

“non esattamente, però centra anche lei”

 

d’un tratto la porta dalla quale era entrata si aprì di nuovo e Cordelia si alzò velocemente per raggiungere il nuovo entrato

 

“Angel, c’è una persona che tu devi assolutamente vedere” disse, trascinandolo nella stanza

 

Buffy si alzò, avvicinadosi al vampiro

 

“Angel, ciao”



“ciao Buffy ” abbozzò un sorriso

 

*     *     *

 

i due ora si trovavano uno di fronte all’altra, seduti nello studio del vampiro

 

“allora verrai a lavorare qui” concluse Angel

 

“già, mi hanno dato il trasferimento e inizierò appena mi sarò sistemata a Sunnydale. – si fermò un attimo – sapevi che la stavano ricostruendo?”

 

“iniziano ora a girare delle voci, ma nessuno si è reso la briga di sponsorizzare la cosa, anche perché non credo che la ricostruiscano per attirare turisti – si interruppe per riflettere – o forse sì, ma comunque non per poi lasciarli ripartire vivi”

 

Buffy rise

“decisamente no. –poi tornò seria, facendogli capire che intendeva davvero quello che stava per dire - Angel, non sono venuta qui per scombussolare la vita a nessuno, pensavo solo che fosse il caso di avvisarvi che mi occuperò io di Sunnydale se ci saranno problemi e non mi sembrava carino aspettare di scontrarci per strada per farvi sapere che lavorerò qui”

 

“lo so” si fermò, aspettando di sentire dove volveva andare a parare

 

“bene. Mi piacerebbe parlarne anche con…con Spike. Preferisco direglielo di persona” concluse lentamente, sapeva che Angel era coscente di quello che era successo tra loro a Cleveland, anche se dubitava che Spike gliene avesse parlato.

 

“Buffy…” Angel si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulla scrivania, ma Buffy lo interruppe

 

“senti, lo so che tu non approvi, lo so che sta con un’altra e che lei lavora per te e so anche che qui è felice. Non ho intenzione di chiedergli di tornare a Sunnydale, anche perché non lo farebbe – Angel distolse lo sguardo: sapeva che invece Spike lo avrebbe fatto – però non voglio far sorgere equivoci, ognuno dei due ha una vita e sono stata io quella a buttare all’aria la mia per ricominciare da dove avevo lasciato: non ho intenzione di tirarlo dentro, credimi”

 

La fissò per alcuni secondi

“ti credo, ma non è questo il problema. Spike se ne è andato, ha rotto con Fred due settimane dopo essere tornato, ha preso la macchina e io non ho più sue notizie da allora”

 

Buffy rimase a guardarlo, senza sapere cosa dire. Spike se ne era andato, non era più a Los Angeles e forse nemmeno in questo emisfero, e sapeva che si sarebbe fatto trovare solo quando avesse voluto.

 

“quando Giles ha telefonato per chidergli di aiutarti è partito senza nemmeno spiegarle e ha detto poco anche a me. Lei non ha più saputo niente di lui tranne che per le due telefonate che le ha fatto dalla città e quando è tornato…le cose avevano smesso di andare bene”

 

“non…non so cosa dire” sapeva che dire ‘mi dispiace’ sarebbe suonato irreparabilmente ipocrita

 

“è successo qualcosa a Cleveland? Tra voi intendo?”

 

Buffy lo guardò, improvvisamente fredda. Perché le stava facendo questo? Cosa si aspettava che rispondesse? Che non era successo nulla aspettandosi che lui le credesse?

“cosa succedeva ogni volta che tu tornavi a Sunnydale Angel? Te lo ricordi?” rispose con voce dura

 

lui abbassò lo sguardo

“Lui sta soffrendo. E anche tu. Giles avrebbe fatto meglio a non chiamarvi, nessuno di voi, e lasciarvi alle vostre vite”

 

Buffy lo guardò soltanto, evitando di raccontargli come aveva vissuto lontana da tutto e da tutti, con una vita che non era la sua

“quindi non sai dove sia”

 

“no, non ha più chiamato. Andrai a cercarlo?”

 

“no – le costava molto pronunciare quella sillaba, ma sapeva che non lo avrebbe fatto – se vorrà sono sicura che saprà dove trovarmi”

 

“non dovrebbe essere te che cerca, ma lei.- Buffy aveva capito a chi si riferiva - Credo che sia stata quella a soffrirne più di tutti Buffy, non è facile competere con una della quale Spike ha le ha detto solo che una volta era una Cacciatrice”

 

lo fissò duramente

“e cosa prendi che faccia? Che vada da lei e le dica ‘ ciao io sono Buffy, la psicopatica che ha fatto soffrire il tuo attuale ex-ragazzo per un paio d’anni, poi però le cose stavano andando meglio ma sul più bello lui si è sacrificato per il mondo e non mi ha fatto più sapere niente. Mi dispiace che tu ti sia dovuta scontrare con lui a causa mia, hai tutto il mio appoggio’, è questo che vuoi?”

 

“Buffy ascolta…” provò ad interromperla lui

 

“io e lui ci siamo lasciati a Cleveland, non l’ho più sentito da allora e non sono venuta per rovinare il rapporto che io credevo avesse con la sua ragazza, quindi non incolpare me per una sua scelta”

 

“non era questo che intendevo” abbassò lo sguardo sospirando. Sapeva di non poter dare la colpa a lei di quello che era successo, Spike aveva preso una decisione personale che, a quanto pareva, non includeva la Cacciatrice, visto che non la aveva nemmeno cercata per farle sapere che aveva lasciato Los Angeles

“scusami”



“non preoccuparti, un po’ posso capire, non deve esserci un bel clima qui”



“no infatti…però sono contento che sei passata” le sorrise con tenerezza

 

“e io sono felice di averti rivisto. È passato troppo tempo dall’ultima volta che mi hai dovuto avvertire perché stava per esserci un’altra apocalisse” ricambiò con lo stesso affetto. Angel non sarebbe mai uscito dal suo cuore, dopotutto il primo amore non si scorda mai e il loro non era stato un sentimento facile da gestire.

 

“hai rivisto Faith?” chiese poi, ecco un’altra persona che le premeva ritrovare e che era sparita

 

“ho saputo che c’era anche lei, l’aveva mandata il consiglio. Avete…riallacciato i rapporti?”



“già. In fondo sai che le ho sempre voluto bene, anche se non si può dire che abbiamo avuto un’amicizia stabile”



“no, l’ultima volta che l’ho vista è stata un’anno fa. Ogni tanto passa di qui quando gli incarichi che le assegnano la portano in California. È stato anche merito suo se hai deciso di tornare vero?”



“è tutto un po’ più complicato di così, ma diciamo che se lei non mi avesse trascinato in Inghilterra con lei probabilmente a quest’ora sarei dietro una scrivania a firmare scartoffie”

 

“cosa farai adesso Buffy, voglio dire…non sarà più come prima. La Sunnydale che hai conosciuto nessuno la potrà ricostruire”



“io e Willow abbiamo qualche programma, ma non sappiamo ancora nulla di preciso” abbassò gli occhi, in effetti non erano molte le cose che poteva dare per certe e solo in quel momento si rendeva conto del salto nel vuoto che sarebbe stato il suo trasferimento

 

“sono sicuro che andrà bene” si alzò, andandole vicino

 

gli sorrise, le faceva bene sentirselo dire

“altrimenti ci potresti affittare l’appartamento accanto al tuo e potremmo fare una pietosa parodia di Friends, sempre che qui intorno ci sia un bar”

 

i due si abbracciarono per un lungo istante e di nuovo, dopo molto tempo, Buffy si sentì finalmente vicina a qualcuno che la conosceva, ma soprattutto che la capiva, cosa che Mark non avrebbe mai potuto fare.

 

si sciolse dalla stretta, prendendo la sacca che si era lasciata ai piedi e accingendosi ad uscire. Era arrivato il momento di andare, eppure sentiva che c’era un’altra cosa che le premeva sapere da lui, tutto stava a vedere se avrebbe avuto il coraggio di domandarglielo. Fred – questo era il suo nome allora? – com’era? Chi era?

 

Si bloccò davanti alla porta chiusa dell’ufficio, indecisa se voltarsi o tirare la maniglia.

 

Poi chiuse gli occhi, o adesso o mai più. Quella sarebbe stata l’unica possibilità di sapere quello che la aveva tenuta sveglia per più di una notte nelle ultime settimane. Ma con che coraggio chiederlo ad Angel?

 

“pensi a Fred?” sentì la voce del vampiro alle sue spalle, che la indusse a voltarsi

 

evitò il suo sguardo, incorciando le braccia e sorridendo amaramente

“pensavo di avere superato anche questo, insomma, ne è passato di tempo dalla volta in cui mi sono vestita da principessa dell’800 per assomigliare alla foto di Drusilla che avevo trovato vicino al tuo nome nei diari di Giles. – il ricordo di quella serata fece sorridere Angel, che improvvisamente rivide negli occhi di quella donna apparentemente sicura la fragile ragazzina che era stata e che era riuscita a conquistare non uno ma due vampiri – eppure non riesco, non sono in grado di evitare di chiedermi: com’è questa Fred” ora tornò a fissarlo negli occhi “come è riuscita a dargli quello che io non…” si interruppe, alzando gli occhi al cielo per ricacciare le lacrime e si passò una mano sotto gli occhi per evitare che i rivoli le rovinassero il trucco leggero “ma suppongo che ora mi dirai che è inutile pensarci”

 

“già…”  il vampiro non aggiunse altro, sapendo anche troppo bene quanto male poteva fare avere una risposta a questa domanda

 

Buffy annuì senza aggiungere una parola

“ci vediamo presto allora”



“sì, ci vediamo” Angel, seduto sul bordo della scrivania in legno, alzò una mano in sengo di saluto

 

Buffy si diresse verso la porta, che d’improvviso si aprì davanti a lei, lasciando entrare una ragazza trafelata con una pila di carte in mano

“Angel, lo so che Cordelia mi ha detto che sei occupato, ma non sai cosa ho scoperto su…” le parole morirono in bocca a Fred, spente dallo sguardo indecifrabile di Angel, che danzava da lei alla donna che le stava di fronte e che probabilmente stava per uscire quando lei la aveva quasi investita

 

stava per aprire bocca e scusarsi, ma quando la fissò con attenzione ci volle meno di un attimo per capire chi era. La ragazza con la calligrafia regolare che aveva scritto il suo numero di telefono sul retro del suo biglietto da visita, lo stesso che lei aveva chiesto a Spike di strappare: Buffy la Cacciatrice, al secolo Elisabeth Anne Summers

 

Buffy rimase impietrita davanti alla nuova entrata. Che ora la fissava con lo stesso sguardo stranito.

Alta un po’ più di lei, con lunghi capelli castani e occhi profondi e buoni, indossava un camice bianco spiegazzato con sotto una maglietta azzurra senza scritte.

 

I loro sguardi non si separavano ma nessuna delle due diceva una parola, studiandosi a vicenta con occhi freddi.

 

E così era quella la famosa Buffy. da cosa lo aveva capito? Il silenzio e gli sguardi cupi di Angel eranos stati una conferma del suo presntimento. Fred la guardò da capo a piedi dimenticando la solita timidezza, senza preoccuparsi che lei potesse accorgersene. Anzi, sperava che lo notasse. Quella era la ragazza per cui Spike si era sacrificato, quella per cui non aveva aspettato più di un minuto a partire, la stessa che aveva fatto innamorare anche Angel. Eppure, cosa aveva di speciale? Era bella, lo ammetteva, ma cosa c’era… il fatto di essere una cacciatrice forse? Ma certo, come poteva competere lei, una sciocca scienziata senza nessun potere con la supereroina bionda, che riusciva a farsi seguire da tutti con una sola parola, che non balbettava, che non aveva paura di nulla e che sventava apocalissi salvando il mondo.

Nei suoi occhi comparve disprezzo, chi era lei per essere lì ora? Cosa voleva da Angel, sapere dove era Spike? un sorriso beffardo le incirnò le labbra: se lo stava cercando lì voleva dire che non la aveva contattata una volta partito. E così anche la potente cacciatrice era rimasta a bocca asciutta…

 

Buffy notò il rancore che traspariva da quegli occhi, che ci avevano messo un attimo a riconoscerla. E così aveva soddisfatto anche il suo ultimo desiderio, quello di vedere Fred. Cosa aveva visto Spike in lei? tuttavia, ora che ce la aveva di fronte e che sentiva il suo sguardo duro e fredddo sul viso non le importava più.

Spike se ne era andato e sicuramente vedere la sua ex non le avrebbe indicato la sua meta. Squadrò ancora un attimo la ragazza nello stesso modo sfacciato in cui lei lo aveva fatto prima: nulla di particolare. Una semplicissima ragazza. Non c’era altro da sapere.

 

Senza staccarle gli occhi di dosso uscì dalla stanza per la porta che la nuova entrata aveva lasciato aperta; salutò con la mano Cordelia, che le sorrise per poi tornare alle sue carte, rendendosi però conto di quanto era successo.

Decisamente non aveva più nulla da fare lì.

 

*     *     *

Scese in strada, dirigendosi verso la sede della sua compagnia assicurativa. Le macchine le sfrecciavano accanto ed il sole dava uno strano riverbero sull’asfalto, fissò un’auto nera che passava ed immaginò Spike, a bordo della sua DeSoto che ingranava la marcia e che spariva dietro l’angolo, lasciando Los Angeles. E anche lei. Irreparabilmente.

 

Percorse tutto l’isolato, completamente in confusione: Cosa doveva fare ora?…non potè impedirsi di sentire l’angoscia che saliva, ma la ricacciò indietro con rabbia.

Allungò il passo, provando un senso di claustrofobia per quella città che sembrava essere la culla di tutti i suoi dolori e quando pensava di essersi riappacificata con essa subito veniva colpita di nuovo.

 

Si impedì di pensare a qualsiasi cosa, ora doveva riprendere la maschera di ragazza efficiente e che aveva in mano la situazione e che sapeva conciliare lavoro e preparativi per il traferimento. Si infilò nel primo bar che vide e ordinò un caffè, poi corse al bagno estraendo dalla borsa un vestito sobrio composto da gonna, camicetta e giacca.

 

*     *     *

 

 impalettò senza pensarci due volte il vampiro che si aggirava nei dintorni della sua cripta, per poi chiudercisi dentro tirando il catenaccio d’acciaio che aveva montato vicino alla serratura: gingilli del genere non erano difficili da reperire in una città che era stata per più di dieci mesi un cantiere aperto.

Si frugò nelle tasche della giacca, trovando lo zippo, poi afferrò la candela appoggiata in una nicchia della parete, accendendola, e facendo altrettanto con quelle che aveva disposto su tutti i possibili ripiani che era riuscito a ricavare.

In qualche minuto la stanza fu illuminata di una luce tremolante e soffusa, che indugiava sui pochi mobili in ferro battuto rimediati da un ferramenta che aveva appena aperto la sua attività non troppo distante.

Si guardò intorno con un misto di ironia e sconcerto, scotendo la testa: tornare a vivere in una cripta non faceva più per lui: troppa umidità, niente luce elettrica e niente acqua. Ricordava anche troppo bene la sua precedente abitazione a Sunnydale, ma quella di ora non era nemmeno lontanamente paragonabile: ci aveva messo anni a renderla accogliente e non gli era mai passato per la testa di andarsene.

Sfortunatamente il destino aveva voluto diversamente e la distruzione della città non la aveva risparmiata. E poi non era da dimenticare che non aveva fatto storie quando si era trasferito a casa di Buffy, anche se ciò comportava lasciarla…

 

Ricacciò quei pensieri. Sapeva alla perfezione perché aveva scelto una cripta, anche se non era riuscito a trovare nulla di meglio nel minuscolo cimitero sopravvissuto al nuovo piano regolatore che, ironia, lo aveva eletto simbolo alla memoria della città rasa al suolo in quanto unica struttura ancora in piedi: perché i motel erano tutti troppo distanti dal centro e avrebbe dovuto prendere la macchina per andare a caccia. Non gli era nemmeno passato per la testa di affittare un appartamento, anche se certamente questo avrebbe reso il soggiorno un po’ più piacevole: ciò avrebbe comportato che lui si fermasse e non ne aveva alcuna intenzione.

 

Si gettò sulla poltrona che gli aveva prestato Clem, poggiando la testa tra lo schienale e il bracciolo.

 

Lui non si voleva fermare e non lo avrebbe fatto. Sarebbe rimasto solo fino a quando la nuova cacciatrice avesse messo piede in città e la cripta sarebbe andata benissimo fino ad allora. Non c’era nulla di personale nelle poche cose che vi aveva portato per renderla un po’ più confortevole e avrebbe lasciato tutto esattamente dove si trovava alla sua partenza. Qualche altro vampiro avrebbe potuto alloggiarci fino a quando non sarebbe stato trafitto da un paletto per quanto gli interessava, perché quella stanza spoglia non gli diceva nulla, forse solo le luci tremolanti delle candele potevano ricordargli, seppur lontanamente, il riverbero che un’illuminazione simile produceva negli occhi di…

 

Si alzò di scatto, dirigendosi verso la porta e tirando con forza il catenaccio: uscì, senza nemmeno curarsi di richiudere l’uscio.

 

Quella sarebbe stata una notte lunga, molto lunga.

 

Il desiderio più impellente in quel momento era di prendere la macchina e lasciare la città, lo stato, il continente; allontanarsi da un posto in cui ogni cosa gli parlava di lei, gli ricordava chi era stato e cosa lo aveva portato a diventare la persona che era.

Lanciò con rabbia il paletto di legno che teneva in mano contro la parete della cripta: eppure sapeva che sarebbe rimasto finchè non sarebbe arrivato qualcuno a supplire al ruolo lasciato vacante da Buffy. Non sarebbe stata come lei, certo, nessuna sarebbe stata come lei, ma avrebbe imparato. Un osservatore come Giles avrebbe preso in mano le redini del suo addestramento e la avrebbe condotta dritta tra le braccia della morte, poi ne sarebbe arrivata un’altra, e un’altra ancora…

 

Si sedette a terra, con la testa tra le mani, in silenzio, ascoltando solo il fruscio del vento.

 

Cap.12 – la Fine della Storia

 

New York, 18.30

 

Buffy se ne stava seduta alla sua bella scrivania in cristallo, i capelli raccolti e gli occhiali da vista sul viso, con una pratica sotto gli occhi. Il suo sguardo tuttavia era immobile, fisso sulla prima riga del foglio che probabilmente ora nemmeno distingueva più: il sole ormai era calato dietro gli alti palazzi di vetro e la lampada era spenta. La penombra regnava in quell’ufficio così sobrio, così elegante, così incolore. Anche lei, seduta sulla sua poltrona girevole, era incolore: lo sapeva bene, se lo sentiva addosso come un alone pesante che non riusciva a lavare via sino all’ora in cui si alzava, prendeva il cappotto e arrivava in ascensore nella grande entrata, per poi dirigersi fuori, all’aria, fino alla fermata della metro.

E solo quando entrava in casa e gettava i suoi abiti eleganti e si infilava dei jenas consunti e una giacca di pelle tornava a vedere, a sentire un accenno di espressività sul suo viso. Dopo scendeva in strada, con una borsa a tracolla e le mani in tasca, ed allora si rendeva conto che la sua vitalità, la stessa che soffocava dietro le spoglie di un’impiegata, si riaccendeva come una miccia, pronta ad esplodere in un vicolo buio, contro qualcosa dalla quale si era tenuta distante per troppe volte rimanendo a fissarla dal terrazzo di casa, nascosta dietro una tenda.

 

Poggiò la penna sulla scrivania: in quel momento tuttavia era ancora in ufficio, ancora Elisabeth, e così sarebbe rimasta fino alla sua partenza. Mancava poco ormai: se ne sarebbe andata in silenzio, proprio come era arrivata, senza lasciare nulla di sé alle persone che aveva conosciuto; non che fossero poi molte, a pensarci bene.

 

Con uno scatto protese il braccio fino a trovare l’interruttore della lampada da tavolo, che si accese abbagliandola con la sua luce fredda.

 

Si strofinò gli occhi con le mani sotto gli occhiali, riprendendo in mano la pratica e costringendosi a leggerla con quanta più attenzione riusciva. Strani rumori provenienti da fuori la porta però la distrassero ancora una volta e si mise in ascolto: distinse la voce della sua segretaria che parlava con voce condiscendente a qualcuno, che però non sembrava deciso a darle tregua.

Aspettò pazientemente di sentire lo squillo del telefono interno e di apprendere dalla donna cosa stava succedendo, anche se probabilmente si trattava della solita routine quotidiana: un fattorino doveva consegnare un pacco ma il nome che gli avevano dato non era quello giusto. Se ne vedevano di tutti i colori in uffici di quelle dimensioni: una volta le era capitato addirittura di ricevere una scatola contenente una frusta di pelle, destinata invece alla festa di addio al nubilato di una certa E. Summer.

 

Come aveva previsto il telefono non ritardò a squillare e fu accolta dalla voce esasperata della sua segretaria

 

“dottoressa, c’è qui una ragazza che cerca una certa Buffy Summers”

 

Buffy trattenne il respiro per un attimo, chi poteva cercarla lì, con quel nome? Tuttavia non disse nulla, lasciando che la donna continuasse a spiegare

“io le ho detto che qui non c’è nessuna con questo nome, ma non mi vuole dare retta…” si interruppe, probabilmente voltandosi a parlare con la sua interlocutrice

 

dalla cornetta Buffy sentì una voce distante, attutita dal palmo della segretaria premuto sul ricevitore per impedirle di sentire, che ripeteva “…le dica che sono Faith, ha capito?”

 

Faith…Faith era lì

 

Sentì che la mano veniva spostata e la solita voce riprendere

“dice che si chiama…” ma non riuscì a terminare la frase

 

“la lasci entrare” la sua voce suonò quasi dura alle orecchie della donna, che tuttavia non ebbe il coraggio di replicare ed indicò alla ragazza l’entrata con un gesto stizzito

 

rimase seduta al tavolo, aspettando di vedere la porta aprirsi. Di lì a qualche istante Faith sarebbe comparsa sulla soglia: la ragazza che aveva cercato e che non aveva più rivisto da almeno tre mesi.

Un misto di rabbia, gioia e stupore si accese in lei e domande su domande si accavallarono nella sua testa, ma la porta rimaneva ancora maledettamente chiusa.

Quanto tempo era passato da quando aveva riattaccato la cornetta? Probabilmente non più di qualche secondo…

 

Poi, vide la maniglia abbassarsi e un piccolo spiraglio di luce al neon proveniente dalla segreteria filtrare. La porta finalmente si spalancò, per richiudersi immediatamente alle spalle della nuova entrata.

Faith, che indossava un paio di stretti jenas scoloriti con una maglietta sempre troppo corta ed un giubbotto di pelle liso sui gomiti. Portava in mano una strana ventiquattrore, che appoggiò vicino a lei con delicatezza.

 

Buffy era ancora seduta, senza nemmeno dar segno di averla vista. Con la coda dell’occhio la osservò infilarsi le mani nelle tasche posteriori e guardarsi intorno con curiosità, aspettando che lei alzasse lo sguardo.

Quando lo fece però incontrò degli occhi freddi, che la scrutavano con sarcasmo. Nessuna delle due aveva ancora pronunciato una parola, ma la tensione che era venuta a crearsi era quasi palpabile.

 

“ciao B – scandì le parole con voce calma e gelida – o forse dovrei dire dottoressa Elisabeth Annie Summers” si avvicinò alla scrivania, posando entrambe le mani sul piano di cristallo, e fissò la targhetta in metallo poggiata su di esso.

 

“Faith” si alzò in piedi, accogliendola con la stessa voce fredda. Non aveva immaginato così il loro primo incontro dopo la Custode, ma quel suo modo di fare non le piaceva per niente e non la aveva mai sopportata quando assumeva un’aria cinica e ironia. Inoltre sentiva di non essere in grado di affrontarla lì, in quel contenitore di vetro, nella realtà che la aveva custodita per due anni e che ora non faceva altro che asfissiarla. Se si fossero incontrate fuori, entrambe nell’ambiente a loro più proprio, allora le cose sarebbero state diverse, ma non poteva sopportare il suo sguardo malignamente divertito nel vederla infagottata in quegli stupidi abiti, con quella stupida targhetta sulla scrivania e con una stupida segretaria. No, non avrebbe dovuto venire lì, vedere dove lavorava e chi era quando lo faceva; sapeva di non essere mai stata vista da lei in una situazione del genere e sicuramente non avrebbe capito la farsa che recitava.

 

La ragazza si guardò intorno con aria fintamente curiosa

“un bel posticino davvero, senza contare la squisita accoglienza della tua gentile segretaria”

 

Buffy non aveva intenzione di raccogliere le sue provocazioni

“come hai fatto a sapere…”



“…che lavori qui? – completò per lei. Si mise a passeggiare per la stanza con le mani dietro la schiena – beh, vedi, si da il caso che volessi rivederti dopo quello che è successo dalla Custode, o che almeno credevo che fosse successo. Ti ho cercata da Giles, a Sunnydale e persino da April, ma tu sembravi sparita, così ho chiesto al signor Giles l’indirizzo di qui e ti ho fatto una sorpresa. O meglio, pensandoci bene tu la hai fatta a me Elisabeth” sillabò lasciando trapelare la rabbia

 

“Faith, perché ce l’hai con me?” chiese, lasciandosi sfuggire un sospiro, che indispettì maggiormente la cacciatrice

 

“perché avercela con te signorina perfezione? Vediamo un po’…perché te ne sei andata da Londra senza di me? Perché non ti sei più fatta viva? Perché ti sei richiusa in questo cesso di realtà? E non necessariamente in quest’ordine. Ma vuoi il motivo ufficiale? Vuoi sapere perché sono stata pagata per venire qui? – tornò sui suoi passi, afferrando la valigetta che aveva lasciato vicino all’entrata e aprendola sul tavolo – perché devo ritirare qualcosa che non ti appartiene più – all’interno erano allineate alcune siringhe contenenti il liquido giallastro che Buffy conosceva anche troppo bene – e che deve tornare al mittente”

 

Buffy fissò quegli aghi con freddezza: era venuta a riprendersi il suo potere

 

“è l’ora della puntura, allunghi il braccio così poi ti do un lecca lecca?” chiese con rabbia, estraendo una delle siringhe e facendo zampillare la soluzione chimica in piccole gocce che ricaddero sul piano di cristallo.

 

Lei non si mosse, rimanendo a fissarla senza dire una parola

“avanti B, non farla tanto lunga. Ti libero di quest’ultima seccatura e me ne vado” le afferrò il braccio con forza, tirandolo nella sua direzione “alzati la manica, non vorrei rovinarti il tallier” la schernì

 

con uno strattone Buffy liberò il braccio, girando intorno alla scrivania e venendo così a trovarsi di fronte a Faith

“torna dal Consiglio e digli che non ho niente da restituire” i loro occhi non si erano separati un attimo e nessuna abbassò lo sguardo nemmeno in quel momento

 

“oh no – alzò il sopracciglio fissandola dall’alto in basso – invece hai molto da restituire, non sei più una cacciatrice mia cara, e di conseguenza devi pagare questo piccolo obolo per la tua normalità”

 

“Faith…” era arrivato il momento di spiegarle dei suoi progetti

 

“Avanti Buffy, non c’è bisogno di farla così lunga. Credevo avessi intenzione di riprenderti il tuo compito, ma a quanto pare non è così, è tutto a posto comunque: tu alla tua vita e io alla mia. Una nuova cacciatrice sta per arrivare a Sunnydale, quindi non preoccuparti e torna a coltivare rose nel tuo erbaio e a raccontare a tutti quanto è bello il mondo”

 

Una nuova cacciatrice: sarebbe stata attivata una nuova cacciatrice che prendesse posto nella roccaforte della nuova Sunnydale. Quell’informazione la riscosse dal freddo torpore in cui era caduta

“una nuova cacciatrice?”

 

“già, una nuova ragazzina che scorrazzerà per i cimiteri al tuo posto” sbuffò spazientita

 

“è già stata attivata?”

 

“per farlo devono essere sicuri che tu sia tornata in letargo dottoressa, per cui lo sarà tra qualche minuto. Avanti, rimboccati una manica” le ordinò, ormai era stanca di quella conversazione e ferita, sì, soprattutto ferita, dal fatto di averla trovata così, nel suo bello studio, tutta composta nel suo vestitino firmato, mentre aspettava di timbrare il cartellino e di tornare a casa dal suo fidanzato innocente.

 

“Faith, voglio che tu torni da loro e che li avverta che ho intenzione di riprendere il mio posto” furono le uniche, fredde parole che riuscì Buffy riuscì a pronunciare. Non ce la faceva più a rimanere in quella stanza, avvolta nella penombra, con degli inutili occhiali sul naso e il viso stanco dal troppo lavoro, non davanti a lei, che la fissava con rabbia e senza un briciolo di emozione.

 

D’un tratto vide la siringa cadere a terra e infrangersi sul pavimento, poi un braccio saettò nella sua direzione, afferrandola per il collo e spingendola contro il muro bianco retrostante.

 

“a che gioco stai giocando Buffy?” sibilò stringendo più forte “ non sono in vena di scherzi e ho fretta di andarmene”

per tutta risposta sentì le sue mani che le afferravano il polso, torcendolo dolorosamente fino a che non fu costretta a ritrarlo e lasciarla andare

 

“anch’io ho fretta Faith, una fretta del diavolo. Noi dobbiamo parlare, ma non qui”

 

Faith la vide chinarsi ad asciugare con un fazzoletto di carta il liquido a terra, gettandolo poi nel cestino sotto il tavolo. Richiuse accuratamente la sua valigetta contenente le fiale, per poi consegnargliela

“usciamo”

 

annuì solamente, seguendola fuori dall’ufficio. Le luci delle altre stanze erano tutte già spente e persino la segretaria se ne era andata; erano sole all’interno di quell’enorme palazzo. Gli addetti alle pulizie iniziavano ad arrivare ed i loro camion erano parcheggiati vicino all’entrata dalla quale uscirono le due ragazze. Buffy fece un cenno con la mano al portiere, che si toccò la visiera del cappello in segno di saluto.

una ventata di aria fredda investì entrambe, risvegliandole dal tiepido torpore dell’ufficio; Buffy si strinse maggiormente nel suo cappotto beige, camminando al fianco di Faith, che sbatacchiava sulla gamba la valigetta nera, quasi le fosse di peso. Percorsero un lungo tratto di strada in silenzio, senza nemmeno guardarsi di sfuggita, come se fossero due estranee costrette per caso sulla stessa strada. Le macchine sfrecciavano vicino a loro, i negozi le illuminavano con le loro insegne al neon, gente di ogni razza, estrazione sociale, religione, scorreva vicino a loro come un fiume in piena talvolta osservandole per qualche secondo, talvolta urtandole senza farci nemmeno caso: quella era New York. Senza accorgersene le due si avvicinarono, per evitare di perdersi di vista tra la folla, e raggiunsero la fermata della metro, la stessa che Buffy prendeva tutti i giorni, tutte le mattine, tutte le sere, da due anni. Faceva il viaggio sempre con le stesse persone, ma quella era la prima volta che saliva sul vagone con accanto un viso amico, o quantomeno conosciuto. Osservò con la coda dell’occhio Faith, che si sedeva di fronte a lei nello scompartimento semivuoto: era arrivato il momento di parlare, di spiegarle.

 

“allora, ti piace New York Faith?” la sua voce suonò amara ed ironica nello stesso tempo

 

“non ricominciare B, non ho voglia di giocare e nemmeno di rimanere qui tutta la notte” si appoggiò allo schienale, lasciandosi sballottare dalle vibrazioni prodotte dalla velocita, e puntò lo sguardo ai suoi piedi, sulla valigetta che teneva tra le gambe.

 

“io ho provato a cercarti” disse Buffy, allontanando tuttavia lo sguardo

 

“ah sì? E dove? Se hai guardato sotto il letto scusa, ma mi sono trasferita” scandì con sarcasmo

 

“dopo essere uscita, io ti ho aspettato. E poi da Angel, gli ho chiesto di te ma non ti aveva più vista” pronunciò quelle poche parole con una calma quasi svogliata. Era stanca, terribilmente stanca di stare là, di girare per le strade di New York da sola; voleva tornare a casa. A casa.

 

“hai un bell’ufficio, e io che credevo ti mancasse la vecchia vita. Con un lavoro così anch’io manderei tutto al diavolo” Faith tornò a fissare la sua interlocutrice, cercando una sua reazione. Per tutta risposta la sentì ridere amaramente

 

“davvero? Io non credo proprio”

 

 il viaggio proseguì in silenzio, rotto soltanto dalla voce metallica dell’altoparlante che annunciava la fermata e infine da un cenno del viso di Buffy, che le indicava la porta automatica. Faith la seguì fino al suo appartamento, in un edificio del quartiere bene di New York, a qualche isolato da Central Park.

Buffy aprì la porta, chiusa a doppia mandata, facendole strada in una stanza quasi spoglia ed invasa dagli scatoloni, dove solo due poltrone e la TV erano rimaste fuori dagli imballaggi.

 

“qualcuno qui si sta trasferendo di nuovo?”



Buffy le indicò di accomodarsi, annuendo con il capo

“vuoi un caffè?”

 

“magari più tardi. Perché mi hai portato qui Buffy?” la sua voce suonava quasi stanca

 

“cosa ti ha detto la Custode?” Buffy si diresse verso la cucina, accendendo la macchian elettrica per il caffè

 

quella domanda inizialmente colse Faith alla sprovvista, ma poi alzò semplicemente le spalle, arrivando fin quasi a sorriderle

“sostiene di avermi scelta per un motivo, e di aver preso la decisione giusta – rise ad alta voce, togliendosi la giacca di pelle e poggiandola sopra il bracciolo della poltrona – figurati! Vedo invece che tu hai ricevuto le risposte che cercavi e che hai deciso di tornare a fare la brava ragazza”

 

Buffy rise a sua volta, tornando a sedersi di fronte a lei con una tazza in mano

“certo – allargò le braccia come ad indicare la stanza – cosa posso volere di più? Vivo in un bell’appartamento, ho un buon lavoro e abito nel paese dei balocchi, dove i cattivi non esistono”

 

Faith allontanò lo sguardo, smettendo di sorridere, e alzò nuovamente le spalle

“proprio un bel mondo. Spero per te che duri e che la prossima che si farà ammazzare al posto tuo lo mantenga intatto”

 

“ho chiesto il trasferimento, vado a Los Angeles”

 

quelle parole attirarono nuovamente l’attenzione di Faith, che la fissò con curiosità

“e così il tuo caro vampiro ha ancora una cotta per la cacciatrice in pensione. E dimmi, vi trasferirete in una cripta con vista? È per questo che non vuoi mollare il tuo potere immagino. Gli esseri umani ordinari non hanno attrattiva su di lui…”

 

quelle parole la ferirono, tuttavia non lo lasciò vedere

“non è per lui; Spike ha lasciato Los Angeles un paio di settimane fa. Vado a Sunnydale Faith”

 

quelle ultime parole lasciarono interdetta la cacciatrice bruna, che la guardò con un misto di incredulità e stupore.

“non raccontarmi balle B. Guardati allo specchio – la indicò con la mano – quella che vedo io non è una cacciatrice. Non lo sei più da tanto tempo e lo sai, ho sbagliato quando credevo che potessi tornare ad essere quella di una volta. Tutto questo che ti sei costruita ti soffoca, lo senti ma non ti interessa, perché a te piace! Non venire a raccontare proprio a me…”

 

venne interrotta bruscamente, senza possibilità di completare la frase

 

“e cosa sarei secondo te? – gettò la giacca a terra, dopo essersela tolta con rabbia – è questo che tu intendi per normalità Faith? Un bell’appartamento, un lavoro…lascia che ti illustri come passo le mie giornate:sto al lavoro gran parte della giornata, chiusa in una stanza di vetro, leggendo scartoffie, parlando con gente che non mi conosce e che io non voglio conoscere e non importa quante persone mi stanno attorno, quante fanno la fila per parlare con me. Io sono sola. Ho imparato le regole di questo mondo e sto a galla, ma non ce la faccio più. Faith io non ce la faccio a continuare così- sibilò queste parole con rabbia, incapace di contenersi. - tu credi di conoscermi, credi di poter venire qui e giudicare la mia vita, sputando sentenze, ma non puoi. Tu non sai niente, assolutamente niente di quello che ho passato e non pretendo che tu lo capisca, voglio solo che torni da quelli del Consiglio e che gli dica che Sunnydale è mia”

 

i lineamenti di Faith, contratti dalla rabbia sino ad un minuto prima, si distesero. Buffy sarebbe tornata, lei era tornata. Lei era tornata. Sulle sue labbra si disegnò un sorriso, rabbuiato solo dal pensiero che quanto aveva ascoltato non era del tutto corretto: lei sapeva cosa significava essere soli.

“credo che ora accetterò quel caffè” sussurrò alzandosi

 

Buffy la guardò avvicinarsi: forse non erano poi così distanti come aveva creduto.

 

*     *     *

 

una settimana dopo

 

Buffy salì in macchina, stipata ormai di scatoloni sia nel bagagliaio che sui sedili posteriori. Era domenica mattina, molto presto, e le strade di New York non erano trafficate come durante i giorni lavorativi. Sabato mattina era stato il suo ultimo giorno a New York, nello studio di vetro.

Girò la chiave e accese il motore, dopo essersi assicurata di aver chiuso il pesante portone d’ingresso all’appartamento. Il suo appartamento: lo aveva lasciato vuoto, tutti i mobili erano stati imballati da un’agenzia per i trasporti ed erano in viaggio per Los Angeles già da qualche ora ormai. Guardò per l’ultima volta quel quartiere, si sentiva presa da una forte spinta di andare, partire e dire addio a quel porto dallo specchietto retrovisore dell’auto, tuttavia si fermò qualche secondo prima di ingranare la retromarcia ed uscire dal parcheggio.

Era fuori. Era riuscita a lasciarsi dietro di sé un pezzo di vita ed ora si stava dirigendo verso quello che doveva essere un ritorno: era la seconda volta che voltava le spalle alla realtà che si era costruita e sperava sinceramente che sarebbe stata anche l’ultima.

 

Imboccò il raccordo che la avrebbe portata a Washington, a prendere Willow, e la raggiunse in qualche ora. La trovò già sul portone di casa ad aspettarla e si fermò sul marciapiede vicino a lei, che salì senza esitare.

Buffy la guardò un po’ stupita, vedendola salire senza nemmeno voltarsi indietro

“credevo volessi dire…addio a questo posto”

 

Willow la guardò altrettanto sorpresa, poi, come se volesse accontentarla, si voltò verso il palazzo davanti al quale aveva aspettato l’amica e disse semplicemente e senza troppa enfasi

“addio” poi si calò gli occhiali da sole sugli occhi “adesso possiamo andare”

 

senza farselo ripetere due volte Buffy mise in moto l’auto, direzione California.

 

Due giorni dopo

 

Gli scatoloni e i mobili ancora imballati giacevano sparsi nelle stanze pitturate di fresco della villetta con giardino che Buffy e Willow avevano affittato nel nuovo centro residenziale di Sunnydale. Le due erano arrivate qualche ora prima, dopo due giorni passati in macchina durante i quali avevano percorso tutto il Nord-America sino a raggiungere la costa occidentale. Il viaggio era stato uno dei migliori della loro vita, per entrambe: mentre percorrevano quelle strade deserte che le avrebbe ricondotte a casa, il vento che vibrava contro i finestrini aperti aveva portato via con sé gli anni che le avevano separate ed Elisabeth Summers e Willow Rosemberg erano tornate ad essere, almeno per la durata di quel sogno, solo Buffy e Will. Il lavoro era lontano, così come i brutti ricordi, quelli tristi, quelli che avevano loro impedito di dormire per tante notti, ed erano rimaste solo due ragazze, due amiche e null’altro.

Avevano riso, ricordando finalmente chi erano state e chi volevano tornare ad essere, senza la paura di urlarlo al mondo intero dal finestrino di un’auto in corsa.

Solo quando il cartello che indicava “Los Angeles” aveva fatto capolino da dietro una curva il loro chiacchiericcio ininterrotti era diminuito, diventando solo un rapido sussurro di tanto in tanto, che si zittì completamente alla prima segnalazione del loro avvicinarsi a Sunnydale. Erano arrivate a casa: tutto ciò a cui riuscivano a pensare. A casa.

Dove erano diventate le donne che erano, dove avevano preso decisioni tra le più difficili della loro vita, dove avevano sofferto ed amato. La stessa casa che, ironia della sorte, avevano distrutto nella battaglia finale, che chiudeva ciò che avevano iniziato la prima volta che si erano incontrate.

Allora erano in quattro, sarebbero tornate solo in due: gli anelli apparentemente più forti, che invece si erano dimostrati essere quelli più deboli, che non erano riusciti a lasciarsi alle spalle il loro inferno personale. Così dovevano essere sembrate a Xander, Dawn e Giles quando avevano comunicato loro la decisione di tornare. Nessuno aveva voluto seguirle.

 

Il cartello nuovo di zecca, conficcato in una aiuola curata, le aveva accolte a Sunnydale, e solo allora Willow aveva preso di nuovo la parola

 

“è una pazzia, lo sai vero?” aveva bisbigliato, voltandosi a fissare l’amica

 

non aveva però ricevuto risposta, fatta eccezione per una lunga occhiata

 

“tutto questo intendo – continuò – abbiamo lasciato le nostre vite per andarcene come Thelma e Louise e adesso stiamo tornando a Sunnydale, senza renderci conto che non potrà mai essere il posto che abbiamo lasciato, perché lo abbiamo distrutto”

 

Buffy era rimasta a fissarla per alcuni secondi, per poi accostare subito prima del cartello, spegnendo l’auto ed estraendo le chiavi

“tu credi che io torni lì perché cerco di ritrovare la città che è andata distrutta? io torno là perché… - abbassò gli occhi, per poi riportare l’attenzione sull’amica – io sono una cacciatrice Willow, lo sono sempre stata, e se c’è una cosa che so fare abbastanza bene quella è tenere sotto controllo la Bocca dell’Inferno. New York non faceva per me e nemmeno quella vita, l’ho capito dopo Cleveland; lì mi sono nascosta, ho tentato di essere una ragazza normale, ma non lo sono, o forse l’unico posto in cui posso provare ad esserlo è questo – sorrise – riesci a capirlo? Però…Willow non voglio trascinarti di nuovo qui, se non hai una ragione per tornare Washington non scappa e sicuramente ti offrirebbe più possibilità di una piccola filiale di Los Angeles” lo disse guardandola negli occhi, per farle capire che lo intendeva veramente. Poi le gettò in grembo le chiavi della macchina

“dritto – puntò il dito verso il cartello – c’è Sunnydale, a destra –indicò la rotatoria che riportava a sud – l’aeroporto di Los Angeles. Se è la che vuoi andare ti lascio la macchina, passerò a prenderla più tardi”

 

Willow la guardò intensamente, poi le lanciò le chiavi, passandosi una mano tra i capelli.

 

*     *     *

 

le ultime luci della giornata lanciavano bagliori rossastri attraverso le vetrate della porta d’ingresso quando Buffy la aprì, per attraversare il giardino già umido della rugiada della notte.

la sua prima notte a casa.

Si voltò indietro, verso la porta d’ingresso, e scorse Willow che la salutava dalla finestra.

Ricambiò il saluto per poi dirigersi verso la strada

 

-

eccola.

 

Poteva percepirne la forza, mentre si avvicinava

 

La nuova cacciatrice era arrivata.

 

Spike si alzò dalla poltrona, afferrando lo spolverino appeso alla maniglia della pesante porta d’entrata.

Si concentrò maggiormente sull’energia che percepiva avvicinarsi: era più forte di quanto avesse previsto, molto più forte, ma probabilmente non avrebbe dovuto stupirsene tanto: Sunnydale non era una città come le atre e la nuova arrivata doveva essere stata attivata appena le voci sulla ricostruzione della Bocca dell’Inferno avevano iniziato a circolare, in mondo da poterla addestrare.

Spense le candele, facendo piombare la stanza nell’oscurità: buon per lei, sarebbe vissuta un po’ più a lungo.

 

-

 

si lasciò guidare dall’istinto per raggiungere il cimitero, che tuttavia non si trovava torppo lontano da dove ricordava. Lungo la strada osservò gli edifici nuovi: il liceo, terzo da che ricordava, i negozi, la stazione di polizia. Tutto era diverso: non c’erano volti amici tra i passanti, nessuno.

Un senso di angoscia la attanagliò improvvisamente allo stomaco, senza apparente motivazione, e la cacciatrice si costrinse ad aumentare il passo.

 

Non c’era molta gente in giro comunque, anche se il clima ancora mite lo avrebbe permesso: i nuovi cittadini avevano fatto presto ad accorgersi che nella nuova cittadina non tutto era sotto controllo.

 

-

 

zigzagava senza sosta tra le lapidi: ma dove si era cacciata quella ragazzina?

Ormai il tramonto era arrivato da un pezzo e ancora lei non si faceva vedere. Ma avrebbe imparato a sue spese che l’effetto sorpresa non era un espediente da snobbare in quel modo. Lo avrebbe imparato presto.

-

 

finalmente raggiunse il cimitero, dove già le lapidi erano state rese invisibili dall’oscurità. I suoi occhi vagarono per il tappeto erboso: quello era l’unico e irriverente omaggio alla citta che era stata distrutta e il solo superstite della strage rimasto a testimoniarla.

Varcò la soglia quasi con titubanza, che però sparì un istante dopo: durante la caccia non c’era posto per un sentimento simile.

 

E la caccia era iniziata

 

-

 

si voltò di scatto, percependo con maggiore forza la presenza della cacciatrice, e si avviò verso l’entrata del camposanto. Presto avrebbe visto a chi Buffy aveva passato il testimone, per poi rendersi mestamente conto che non sarebbe mai stata alla sua altezza: ce la avrebbe fatta a tener testa a tutto quello che attirava la Bocca dell’Inferno, era abbastanza preparata?

Avrebbe fatto meglio ad esserlo. Per tutti.

 

Avvicinandosi al cancello in ferro battuto che delimitava l’area cimiteriale dividendola dalla strada vide la sua DeSoto parcheggiata malamente sul marciapiede: presto sarebbe stato il momento.

 

-

 

eccolo

 

lo sentiva avvicinarsi, percepiva anche il minimo fruscio emesso dai suoi passi sull’erba.

Presto sarebbe arrivato

 

Un vampiro

 

Buffy chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dai tiepidi sospiri del vento, aspettando.

Sempre più vicino, probabilmente meno di una ventina di metri

 

-

 

eccola.

 

Un ombra rimaneva immobile davanti al cancello, senza nemmeno guardarsi intorno.

Immobile.

 

Si nascose dietro un albero a poca distanza: voleva vederla combattere, individuare chi stava aspettando e combattere. Osservare i suoi movimenti e constatare quanto erano sgraziati in confronto a quella che era venuta prima di lei, esaminare il suo viso e non trovare la stessa espressione di fredda forza che aveva tanto amato in un’altra, fissare i suoi occhi e vederli spenti del fuoco che aveva impedito di morire a colei che lo aveva rischiato per tutta la vita.

 

-

 

si era fermato.

 

Aprì gli occhi d’un tratto, voltandosi a scrutare l’oscurità che le stava attorno senza vedere nessuno, un nessuno che invece sapeva essere immobile a pochi passi da lei.

 

-

 

se il suo cuore avesse potuto fermarsi nell’istante in cui lei si voltò non avrebbe potuto evitarlo.

 

Era lei.

 

Buffy.

 

Spike la osservò guardarsi intorno, cercando la presenza che la aveva messa in allarme e non riuscendo a scorgerla nell’oscurità, senza pensare ad altro se non al fatto che lei era lì.

Sgusciò fuori dal suo nascondiglio, arrivandole alle spalle e aspettando la frazione di secondo in cui si sarebbe voltata e avrebbe incontrato il suo sguardo: ancora una volta.

 

Lei lo fissò senza parole, con le mani già in posizione di attacco

 

- Il fatto di non aver incontrato ancora nemmeno un demone anche se la città era sguarnita…la macchina nera parcheggiata poco distante…come aveva fatto a non capirlo subito?-

 

“Spike” sussurrò, abbassandole lentamente. Rimase in silenzio un attimo, non sapendo cosa dire “non…non credevo di trovarti qui”

 

Spike rimase a guardarla, inclinando la testa e inarcando un sopracciglio per poi sorridere

“no certo, dovrei essere a Los Angeles, tu a New York invece”

 

lei abbassò lo sguardo, puntandolo sulle lapidi accanto

“ti avevo cercato da Angel, mi aveva detto che te ne eri andato”

 

annuì, perché quell’idiota di Angel non era riuscito a stare zitto “…e hai saputo anche che me ne sono andato solo vero?”

 

“l’ho vista. Fred intendo – sostenne lo sguardo del vampiro – vista e nient’altro”

 

“e lui è qui? – si guardò intorno con gli occhi, come se temesse di vedere comparire un altro uomo da un momento all’altro - L’hai portato a fare una gita scolastica nel tuo mondo? sai mi piacerebbe vederlo -  sillabò l’ultima parola con sarcasmo tagliente - per sapere che effetto fa”

 

“fa male, te lo assicuro – lo fissò, per osservare la sua reazione, poi continuò – lui non è qui. Io…l’ho lasciato”

 

Spike la scrutò - stava mentendo?

“da quanto tempo sei qui?” si sentì domandare dopo un attimo

 

“diciamo che non ho mai avuto grande fantasia per nascondermi – si grattò a testa ridendo – da quando me ne sono andato da Los Angeles”

 

Buffy lo guardò, non riuscendo ad impedirsi di sorridere

“e ti sei scelto una…cripta?” lo guardò: dopotutto adesso lui poteva stare alla luce del sole

 

“ehy! Lo sai quanto sono alti gli affitti di Sunnyhell?” ribatté divertito

 

“direi proprio di sì visto che mi ci sono appena trasferita” lo prese in contropiede, non avrebbe saputo in quale altro modo dirglielo altrimenti.

 

Lo vide fermarsi di colpo e lei avanzò ancora di qualche passo, girandosi poi per fermarsi di fronte a lui. Lo fissò, con le braccia incrociate al petto, abbozzando un sorriso

“e cosa ci farei qui altrimenti? Mi faccio la tratta New York Sunnydale tutte le notti per venire qui a cacciare?”

 

Spike la guardò ancora un attimo, per poi sedersi a terra, poggiando la schiena su una lapide. Buffy prese posto accanto a lui, con le gambe piegate e le braccia sulle ginocchia

 

“tu sei pazza Buffy Summers, lo sai vero?” la guardò di sottecchi: non poteva ancora credere che lei fosse davvero lì.

 

“a questo punto tu avresti dovuto farmi i complimenti per la mia dedizione al sacro dovere di cacciatrice, ma se vuoi ti do una seconda possibilità” commentò sarcasticamente guardandolo

 

“sono serio Buffy: sarebbe stata scelta un’altra ragazza al tuo posto…” lei non lo lasciò continuare, posandogli un dito sulle labbra

 

“Sei stato tu a dirmi che non sarei mai potuta essere una ragazza normale, ricordi? E poi dopo Cleveland sono andata a cacciare ogni notte a New York. Mi è per caso capitata tra le mani la pratica della ricostruzione di Sunnydale e…”

 

“…e qui si caccia meglio che in qualunque altro posto, giusto?”

 

“pressappoco è così. Anche Willow è venuta con me” lo informò

 

Spike si voltò a guardare il cielo notturno, che a poco a poco si stava schiarendo per lasciare il posto all’alba, rimanendo in silenzio per qualche minuto.

 

“e cosa pensate di fare voi ragazze? Voglio dire: il Dublemeat Palace non l’hanno ricostruito, ho controllato”



lei non sorrise, ricordando il suo vecchio lavoro

“lavorerò a Los Angeles per la stessa compagnia di New York, che rende decisamente meglio di un fast food”

 

“bene, quindi mi sembra che tu e la rossa abbiate tutto sotto controllo, all’allegra combriccola manca solo Faith” scherzò, e Buffy evitò di dirgli che anche lei era andata a trovarla a New York e che probabilmente si sarebbe fatta viva presto.

Lui si guardò intorno, senza sapere bene cosa dire

“la tua prima caccia non si è rivelata particolarmente fruttuosa mi sembra”

 

“ è colpa tua, non hai lasciato nemmeno un demone in tutta la città” gli rinfacciò, fintamente contrariata

 

“tranne il povero Clem. E poi l’ho fatto perché credevo che avessero mandato una nuova che non sapeva nemmeno da che parte prendere il paletto”

 

tra i due cadde nuovamente il silenzio di un attimo prima, intanto il sole stava sorgendo su Sunnydale.

Fu Buffy a parlare di nuovo, sempre fissando il cielo, che si faceva via via più chiaro

“e così te ne andrai? Adesso che è venuta la nuova caicciatrice a darti il cambio intendo” abbassò gli occhi

 

“ti ricordi l’alba prima di combattere contro il maestro a Cleveland? Era molto simile a questa” sussurrò lui. Non sapeva cosa rispondere alla sua domanda: davvero non lo sapeva.

 

“ci siamo lasciati dicendo che, se fosse stato destino, ci saremmo rivisti” trovò la sua mano sull’erba, accanto a lei, in un primo momento si allontanò, poi però la prese, con titubanza, intrecciando le dita con le sue.

 

Lui si voltò a guardarla, senza dire nulla ma stringendo più forte

 

Fu lei a parlare l’ultima volta, prima che il sole sorgesse definitivamente

“resta”

 

sentì un braccio circondarle le spalle.

 

Non c’era bisogno di aggiungere altro.

 

Era tornata a casa.

 

EPILOGO

 

La Custode sedeva rilassata al grande tavolo in legno scuro che occupava quasi tutta la lunghezza della stanza, sebbene raramente qualcuno prendesse posto sulle tante sedie disposte attorno. In mano teneva un libro, lo stesso che aveva mostrato qualche mese prima ad una ragazza, una ragazza molto speciale.

Sfogliava tra le dita le ultime pagine, senza soffermarsi su alcuna in particolare e facendo scorrere i palmi sulla copertina lucida: presto avrebbe dovuto riporlo sulla scaffale alle sue spalle.

Sorrise ricordando il suo incontro con la portagonista di quello scritto, Buffy Summers, e poi si era sentita quasi in dovere di leggerlo. Lei era confisa quando si erano parlate per la prima volta, una ragazza sola e confisa.

Poggiò il volume, alzandosi ed estramendone un altro dalla liberia davanti a lei, scegliendolo apparentemente senza una logica precisa, e lo pose vicino al primo.

Ci sarebbe stato tempo anche per quello, ne era sicura.

Dopo un attimo di esitazione riportò la sua attenzione alle ultime pagine, sulle quali una mano invisibile aveva tracciato righe di inghiostro fresco, che rilucevano riflettendo la luce dell’enorme lampadario che pendeva dal soffitto.

 

“…il sole stava sorgendo su Sunnydale.

Fu Buffy a parlare di nuovo, sempre fissando il cileo che si faceva via via più chiaro

“e così te ne andrai? Adesso che è venuta la nuova caicciatrice a darti il cambio intendo” abbassò gli occhi

 

“ti ricordi l’alba prima di combattere contro il maestro a Cleveland? Era molto simile a questa”

cambiò discorso lui. non sapeva cosa rispondere alla sua domanda, davvero non lo sapeva.

 

“ci siamo lasciati dicendo che, se fosse stato destino, ci saremmo rivisti, ricordi?” trovò la sua mano sull’erba, accanto a lei, e la prese, intrecciando le dita con le sue.

 

Lui si voltò a guardarla, senza dire nulla ma stringendo più forte la stretta

 

Fu lei a parlare l’ultima volta, prima che il sole sorgesse definitivamente

“resta”

 

sentì un braccio circondarle le spalle, e si appoggiò alla spalla del vampiro. Non c’era bisogno di aggiungere altro.

 

Era tornata a casa.”



sorrise impercettibilmente: la ragazza sola e confusa aveva trovato la sua strada, il suo destino. Sapeva però che ce n’era un’altra altrettanto sperduta: aveva incontrato anche lei quel giorno e aveva tentato di darle la sicurezza che cercava, aveva provato a darla ad entrambe.

 

Non si era pentita della scelta fatta in passato, vedendo chi erano diventate, della decisione di legare il loro futuro alla morte e ad un potere il più delle volte scomodo. Loro erano state quelle giuste.

Non era nei suoi piani né in quelli di chiunque altro che loro si incontrassero, ma era successo: entrambe erano uscite indebolite dall’imprevisto, ma anche allora ce la avevano fatta.

Per la prima volta due cacciatrici avevano combattuto tanto a lungo insieme, e per la prima volta avevano combattuto l’una contro l’altra, eppure erano riuscite a sopravvivere entrambe.

 

Chiuse il libro che, ancora aperto, le era rimasto sotto gli occhi e, mettendolo da parte, si concentrò sul secondo.

Scorse le pagine con sempre maggior meraviglia negli occhi, sino ad arrivare all’ultima, della quale lesse le ultime righe.

“…Faith era appena scesa dall’aereo passeggeri proveniente da Chicago e si diresse verso l’area di ritiro dei bagagli dove un’inserviente le porse la sua sacca nera, che lei infilò a tracolla, dirigendosi verso un’auto che la aspettava all’esterno – essere parte del Consiglio dimostrava sempre di avere dei vantaggi –

l’uomo seduto al posto di guida si voltò in dierezione del suo nuovo passeggero, posando una mano sullo schienale del sedile anteriore

“dove la porto signorina?” chiese educatamente

 

Faith rimase un attimo silenziosa, come se stesse riflettendo sulla risposta da dare

“a Sunnydale”

 

la macchina si allontanò in tutta velocità dall’aeroporto, immettendosi in un’enorme corsia autostradale, dove si disperse tra un fiume di altre auto”

 

La Custode chiuse anche il secondo libro, posandolo sopra il primo: a quanto pareva quei due volumi si sarebbero intrecciati nuovamente.

Sorrise, riponendoli entrambi, vicini, su un ripiano libero alle sue spalle.

Quando si voltò un terzo tomo dalla rilegatura in pelle era posato sul tavolo e, dopo averlo aperto, le sue dita sfiorarono la carta ancora bianca: sottili linee nere avevano già iniziato ad intrecciarsi su quei fogli, che sembravano vibrarle tra le mani.

 

 

Fine