RESURREZIONE
AUTORE: Ligeia
PERIODO DI PRODUZIONE: ottobre 2003, fino al
settembre 2004
RATING: io la giudico una ff per tutti, ma per stare
sul sicuro diciamo PG13 in qualche passaggio
ABOUT: è una ff spuffy, ma molti capitoli sono
incentrati su altri personaggi come Faith, Giles, Willow e Dawn
RIASSUNTO: Elisabeth Anne Summers abita a New York,
ha un buon lavoro e un ragazzo: sono due anni che non sente più nominare
SPOILER PRESENTI: Questa ff è un post chosen, quindi
sono presenti grossi spoiler sul finale di BtVS e sulla 5° stagione di Ats
Cap.1 – “…la mia normalità…”
New York, aprile 2005
Scese in strada, tenendo sotto braccio una borsa
porta documenti e con indosso un sobrio tallier blu scuro; a passo spedito
raggiunse l’ingresso della metropolitana, pronta per iniziare una nuova
giornata di lavoro.
C’era molta calca in quei tunnel.
Salì su di un vagone che si era fermato vicino a lei,
seguita a ruota da un fiume di persone, tutte apparentemente uguali, e si
aggrappò alla maniglia che le penzolava sopra la testa, attenta a non urtare
nessuno. La metro era partita e avrebbe dovuto attendere sei fermate prima di
trovarsi davanti al grande palazzo dove lavorava.
Fissò il suo
viso riflesso nel vetro, si guardò negli occhi. Aveva sempre amato farlo,
voleva leggerci dentro forza, ma ora c’era solo rassegnazione. Non tristezza,
ma una strana malinconia, un ricordo di momenti passati e persi. Si costrinse a
distogliere lo sguardo della sua immagine, fissandolo invece su altre decine di
persone: picchiettavano febbrilmente sui tasti di computer portatili oppure
parlavano al cellulare, tentando di reggersi ai corrimani per evitare di cadere
ad ogni fermata. Nessuno si rese conto che lei li stava silenziosamente
osservando, intenti com’erano nelle loro mansioni e disinteressati ad una
ragazza che li osservava nel riflesso di un vetro. Non si concentrò su nessuno
in particolare: una volta scesi non avrebbe ricordato nessuno di quei visi e si
domandò se, magari, non prendesse sempre la metro con le stesse persone, senza
mai essersene accorta. Ma, dopotutto, che importava? Loro non la vedevano, non
sapevano nulla di lei, chi era e cosa era stata. Anche se si fossero accorti di
avere i suoi occhi puntati addosso si sarebbero voltati dall’altra o avrebbero
continuato il loro febbrile lavoro, senza soffermarsi più di un secondo a
chiedersi come mai una ragazza li fissava dal riflesso di un finestrino della
metropolitana.
In quegli istanti si sentiva un pesce fuor d’acqua, a
pensarci bene una sensazione che la aveva accompagnata per parecchi anni prima
di quel momento, ma per motivi diversi, completamente diversi. Non era più come
allora però: ora le bastava distogliere lo sguardo dai suoi occhi che la
fissavano dal vetro per tornare alla normalità.
Già, la normalità.
Voltò la testa, decisa a concentrarsi su
qualcos’altro, a smettere di pensare, di ricordare.
Il treno si fermò. Scese frettolosamente, evitando di
farsi buttare a terra. New York era un inferno nell’ora di punta. Un inferno.
Attraversò la strada, dirigendosi verso l’entrata di
un alto palazzo di vetro: un’altra giornata, uguale al giorno prima e a tutte quelle
che sarebbero venute.
Il sole brillava fuori dalle finestre del suo
bell’ufficio e i raggi giocavano sulla superficie del tavolo in cristallo su
cui erano impilate in bell’ordine molte teche colme di fogli: era una bella
giornata, piena di lavoro da sbrigare, e ringraziò Dio per quello.
Si sedette nella morbida poltrona di pelle girevole,
lasciando la giacca appesa all’attaccapanni dell’entrata. Una lunga giacca
leggera, color beige, comprata a metà prezzo in un piccolo negozio del suo
quartiere: un tempo non avrebbe nemmeno preso in considerazione l’idea di…
Il telefono iniziò a squillare insistentemente,
destandola dai suoi pensieri. Alzò la cornetta, pronunciando senza enfasi
“assicurazioni Smithers&Co, buongiorno”. Per tutta risposta sentì il suo interlocutore
scoppiare a ridere.
“Elisabeth, detto così sembra che tu lavori per un
impresario delle pompe funebri piuttosto che per una delle compagnie
assicurative più importanti della città”
“ciao Mark” disse sorridendo sforzata nel tentativo di
dare alla sua voce un’intonazione allegra
“cosa fai stasera?”
“Niente che mi risulti”
“sbagliato, vieni a cena con me”
“davvero?”
“era un sì?”
“era un sì”
“perfetto, allora ti passo a prendere alle 7, ci
divertiremo”
“ciao” sussurrò prima di riattaccare.
Mark, il suo ragazzo. Sempre di buon umore,
entusiasta della vita; riusciva a trasmettere questa gioia anche a lei. A
volte.
Si accomodò meglio sulla poltrona, girandosi verso
l’enorme finestra che le stava alle spalle: le sembrava di essere in una cappa
di cristallo chiusa là dentro. La prima volta che era entrata aveva pensato che
non sarebbe resistita più di due settimane.
Erano passati quasi due anni da quel giorno.
Tornò ad appoggiare i gomiti sulla scrivania,
agguantando una delle cartelle. Non doveva pensare, non a quei momenti, non a
quello che era successo, non a come era finita.
Ora aveva una vita, gli altri avevano una vita.
Il telefono riprese a squillare e non smise per tutto
il giorno, nemmeno per la pausa pranzo; si era abituata presto a lavorare duro
e, anche se il suo contratto di lavoro non prevedeva più il suo licenziamento a
breve termine, non aveva mai diminuito il suo orario. Erano le cinque e mezza quando uscì.
Inforcò un paio di occhiali da sole scuri per ripararsi
dai riflessi del sole che calava, dirigendosi con il solito passo verso la
stazione della metropolitana. Tra poco sarebbe tornata al suo appartamento. Il
posto dove viveva. Quante volte aveva tentato di convincersi che ora era la sua
casa…ma ogni vota che pronunciava quella parola le si affacciava alla memoria e
una piccola veranda che dava sul giardino e la cassetta delle lettere davanti,
una villetta monofamiliare, come tutte le altre del quartiere…poi vedeva una
finestra, sempre aperta, con le tende svolazzanti, che frusciavano leggere ad
ogni soffio di vento. A volte la notte si affacciava al suo ampio terrazzo,
osservando sotto di sé le strade buie e ancora affollate. Seguiva i passanti
con lo sguardo, li vedeva imboccare vicoli scuri e non tornare più, allora
distoglieva gli occhi, resistendo al desiderio di gettarsi per le scale per
fermarli, avvertirli, salvarli. Altri invece camminavano a passo spedito, verso
casa probabilmente. Li invidiava. Loro potevano tornare a casa.
Durante il tragitto evitò di guardare il vetro,
concentrandosi sul quotidiano che teneva aperto davanti a lei. Sfogliò
distrattamente le prime pagine che trattavano solo di politica e sport,
focalizzandosi sulla cronaca nera, un riflesso incondizionato che non era
ancora riuscita ad estirpare. Lesse attentamente il titolo di testa:
“dissanguato senzatetto sulla 5ta, non è bastata la tempestiva trasfusione di
sangue”. Chiuse il giornale mettendolo sottobraccio e si diresse verso
l’uscita, per raggiungere velocemente la porta d’ingresso del palazzo dove
viveva.
“Buongiorno signorina Summers” salutò cordiale
l’anziana portinaia
“Buon giorno” rispose in tono gentile ma distratto
la salutò con
la mano mentre le porte dell’ascensore le si schiudevano davanti
Esausta infilò la chiave nella toppa, spingendo la
porta.
Gettò ogni cosa sul divano, schiacciando il tasto per
ascoltare la segreteria telefonica: due messaggi presenti. Uno era di Mark, che
le ricordava di farsi trovare pronta, e sorrise ascoltandolo.
L’altro era di Dawn.
Si sedette su una comoda poltrona, sprofondando tra i
cuscini; poi chiuse gli occhi, lasciando che il nastro riproducesse la voce
della sorella.
“Buffy? Ciao sono Dawn, volevo…volevo solo dirti che
qui va tutto bene, lo so che ci siamo sentite solo l’altro ieri ma…avevo voglia
di sentirti, per sentire come va il lavoro sai… richiamami quando puoi. Ciao…”
sorrise nel sentire quel nome…Buffy. Ora si
presentava sempre come Eilsabeth. Elisabeth Anne Summers, anche nessuno la
aveva mai chiamata così: era solo il nome stampato sulla sua carta di identità.
Buffy. Il nomignolo scelto da sua madre, il nome che
aveva terrorizzato migliaia di…ma ora era finita.
Si sentì in colpa per non aver risposto alla chiamata
della sorella…Dawn era l’unica cosa che le restava, l’unica con cui avesse
mantenuto i contatti. Sua sorella. Ora frequentava un college privato di
Philadelphia. L’aveva scelto quando la loro città era…da quel momento potevano
andare dove volevano.
Sarebbe andata a trovarla la settimana successiva,
aveva bisogno di stare insieme a lei, di ritrovare la vecchia complicità che
aveva permesso ad entrambe di sopravvivere alla morte della madre. Compose
velocemente il numero del suo cellulare, sperando di trovarlo acceso. Lasciò
squillare a lungo, ma non rispose nessuno.
Lasciò cadere a terra il vestito, infilandosi sotto
la doccia e chiuse gli occhi, pensando a sua sorella…quanto tempo era passato
dall’ultima volta che si erano viste? quasi un mese, perché lei aveva deciso di
seguire un corso per integrare gli studi e avere più possibilità di entrare in
una prestigiosa università. Lei non glielo aveva mai detto, ma sapeva che Dawn
avrebbe voluto tornare in California.
La sua piccola Dawn, quante cose aveva affrontato. Se
la ricordava, triste e indifesa, in cima alla torre. Serrò maggiormente gli
occhi, incapace però di scacciare il pensiero. Le aveva detto che la cosa più
difficile del mondo era viverci ed ora tutte e due stavano avendo l’ennesima
prova della veridicità di quelle parole.
Ora le tornavano in mente i visi degli amici, quando
era tornata in vita…uscì in fretta dalla doccia, coprendosi con un grande
asciugamano e dirigendosi in camera per prepararsi.
Aprì l’armadio, in cerca del vestito adatto per la
serata. Tra le giacche teneva ancora quella di pelle nera, non aveva avuto il
coraggio di buttarla via come aveva fatto con il resto. Sfiorò delicatamente
con la punta delle dita le maniche dell’indumento…ma allontanò di scatto le
mani, afferrando un vestito da sera scuro e gettandolo sul letto.
No, non poteva rischiare di ricordare…tutte le notti
passate, passate con lui. Tutti i combattimenti…ricacciò il pensiero. Ora
niente di tutto quello faceva più parte della sua vita.
Aveva appena finito di truccarsi quando suonò il
campanello. Davanti a lei c’era Mark, con uno splendido mazzo di rose in mano.
L’aveva conosciuto in un bar del centro, anche lui lavorava per un’azienda
assicurativa. Era dolce, sensibile, con il senso dell’umorismo, e innamorato.
Sorridendo si chinò per baciarla, prendendola poi delicatamente per un braccio.
Senza opporre resistenza si lasciò condurre alla sua auto, che si fermò davanti
ad un bel ristorante italiano.
“siamo arrivati” disse aprendole la portiera e
aiutandola a scendere
“grazie” sussurrò prendendo la mano che le offriva
“ti ho già detto che sei bellissima?”
“non mi stanco di sentirtelo dire” rispose lei con un
piccolo sorriso
i due si accomodarono in un tavolino un po’ in
disparte, ordinando i classici spaghetti.
“allora, cosa mi racconti di bello? Non ti ho sentita
molto entusiasta questa mattina”
“no, è tutto a posto, è solo che ho molto da
lavorare. Anche perché tra qualche settimana parto per andare a trovare mia
sorella”
“giusto, come sta?”
“non ci vediamo tanto quanto vorrei però sta bene,
studia a Philadelphia.”
Passarono il resto della serata a chiacchierare del
più e del meno, Mark aveva il potere di distrarla dai suoi problemi, facendola
sentire…normale. Odiava quel termine.
La serata si concluse a casa sua, sorseggiando del
vino.
I due erano distesi sul divano, abbracciati.
“sai ,a volte penso che so così poco su di te…è come
se non ti conoscessi del tutto. Dei giorni sei felice, altri assorta in chissà
quali pensieri…non riesco a capirti” si chinò per darle un piccolo bacio sulle
labbra.
Solo uno aveva avuto il dono o la dannazione di
capirla.
Senza rispondere lei chiuse gli occhi, appoggiandosi
sulla sua spalla. …un uomo normale. Sapeva di non provare amore per lui e si
odiava profondamente perché…perchè non sentiva altro che riconoscenza.
Riconoscenza per averla aiutata a superare uno dei momenti più terribili,
quando non c’era niente da decidere, ma unicamente accettare. Accettare di
ricominciare una vita nuova, diversa, che non aveva il coraggio di confrontare
con quella che conduceva prima.
Solo stupida riconoscenza. Sperava solo che il tempo
le insegnasse ad amarlo come meritava; e se tra le sue braccia non riusciva a
sentirsi protetta, doveva accettare che non aveva più bisogno di esserlo.
Si lasciò portare in camera da letto, dove lui la
infilò dolcemente sotto le coperte, distendendosi vicino a lei.
La mattina seguente si svegliò di soprassalto, le
capitava ancora di sognare quello che aveva…combattuto. Era una delle cose che non
la avevano mai abbandonata e che continuavano a ricordarle cosa era stata, chi
era stata.
Si guardò attorno: non vide Mark ma un forte profumo
di frittelle proveniente dalla cucina inondava la stanza. Si lasciò sprofondare
di nuovo tra le coperte.
Willow…la sua Willow, quante volte la aveva vista,
infagottata in quei suoi buffi pigiami troppo larghi, mentre le preparava la
colazione. Anche lei ora era lontana, lavorava a Washington per una ditta che
produceva software per computer. Ormai i loro contatti si erano fatti sempre
più rari; un biglietto per le ricorrenze e qualche breve telefonata. Era come
se entrambe volessero lasciarsi alle spalle il passato ma non riuscissero a
farlo completamente, sentiva però che presto anche quel minimo contatto sarebbe
venuto meno: erano tre mesi che non la sentiva.
Le tornò in mente il giorno del suo ultimo anno di
liceo, quando era arrivato il momento di scegliere l’università. Le la aveva
raggiunta nel giardino della scuola e Willow era distesa sull’erba e faceva roteare
in aria una matita; sotto gli occhi le lettere dei college che la accettavano:
le aveva mostrato quella di Sunydale con il più spontaneo dei sorrisi,
dicendole che la biblioteca era la più fornita dello Stato. Era rimasta per
lei…non aveva più trovato una amica così.
Si alzò improvvisamente, scacciando quei ricordi che
le mettevano addosso solo tristezza.
Andò in cucina, completamente vestita e pronta per
uscire. Baciò Mark sulla guancia, mentre era ancora intento a cucinare.
“te ne vai già?” chiese deluso
“no, posso fermarmi a colazione” rispose, tentando di
velare la malinconia che l’aveva invasa
i due si sedettero di fronte, ognuno con un piatto.
“allora, com’è la tua giornata?” tentò di conversare
Mark
“spero tranquilla, è venerdì, quindi devo chiudere
alcune pratiche…”
in quel mentre squillò il telefono.
Sorpresa, la ragazza si diresse verso il mobile
dov’era appoggiato l’apparecchio, leggendo il numero dell’interlocutore. Il
prefisso era quello di San Francisco. Trattenne il respiro: conosceva solo una
persona che abitava lì. Alzò la cornetta, titubante.
“pronto?”
“Pronto, sono Rupert Giles…Buffy?” l’aveva
riconosciuto immediatamente, sempre la stessa voce professionale
si interruppe per un attimo “buongiorno, come sta?”
“Buffy – pronunciò il suo nome con un misto di
commozione e tristezza – io…io sto bene…tu?” era quasi in imbarazzo, come se
non riuscisse ad esprimere i suoi sentimenti
“anch’io…” si fermò, stava per scapparle la sua
solita battuta, quella che gli propinava tutte le volte che telefonava a casa
sua, a Sunnydale. ‘mi faccia indovinare, qualcuno vuole distruggere il mondo’
“mi…mi dispiace disturbarti a casa ma era urgente –
il suo cuore accelerò – ho bisogno di te. Non posso spiegarti ora ma è
necessario che tu venga qui al più presto. Ti prego avverti Willow. – sentì un
tuffo al cuore - Io contatterò gli altri.”
“cosa sta succedendo?” la sua voce era quella
preoccupata di sempre
“ti prego Buffy, ti spiegherò quando sarai qui. Ti
prego”
“Lo sa che ho chiuso con tutto quello che riguarda…-
si accorse che Mark ascoltava la conversazione - e anche gli altri”
“Buffy io…lo so e mi dispiace di doverti riportare
qui…- non c’era bisogno di ulteriori spiegazioni- ma…c’è un problema”
rimase in silenzio per qualche istante “quando?”
“parti al più presto, anche oggi se puoi. Vai a
prendere Willow, c’è un volo in partenza da Washington alle
“bene”
“Buffy…grazie”
“arrivederci signor Giles” lo salutò con immutato
affetto, senza avere il coraggio di ribadire che lei non avrebbe più
combattuto, e il cuore dell’uomo si riempì di gioia: era tanto tempo che non la
sentiva chiamarlo così
Mark si voltò per guardarla negli occhi, lei sostenne
lo sguardo
“chi era Elisabeth?”
“un amico” rispose in modo asciutto
“cosa voleva?” sapeva che c’era dell’altro
“andrò da lui appena finisco di lavorare, ti telefono
al più presto” detto questo si alzò, dirigendosi in camera per preparare un bagaglio.
Era stata più fredda di quanto avrebbe voluto, ma la telefonata l’aveva
scombussolata molto: si sentiva come se tutto l’universo da cui era
faticosamente uscita l’avesse assorbita nuovamente.
Lui la seguì nella stanza, osservandola mentre estraeva
dall’armadio alcuni capi che non le aveva mai visto addosso.
“dove vai?”
“a San Francisco” rispose senza alzare lo sguardo
il ragazzo alzò le mani con fare sconfortato
“adesso mi spieghi cosa è successo! era una mattina
come tutte le altre, stavamo tranquillamente facendo colazione, poi squilla il
telefono e, appena riattacchi, mi dici che devi andare a San Francisco perché
un amico ha bisogno di te?”
“esatto”
“Elisabeth, ma ti rendi conto che non ha senso?”
lo guardò sconsolata, sapeva di non potergli dire la
verità, non avrebbe voluto lasciarlo, ma era necessario. Comunque doveva
tranquillizzarlo. Sarebbe tornata presto, non aveva intenzione di essere
trascinata nuovamente a sventare apocalissi ogni anno, non più. Avrebbe detto a
Giles che lei non era più una…una Cacciatrice.
Le ritornò in mente il giorno in cui aveva sentito
Giles ed Angel parlare dell’apocalisse per la prima volta: si era strappata dal
collo la croce d’argento dicendo “non voglio morire”.
No, non voleva morire, non più almeno. Ma non era
riuscita a dire di no a Giles, né a ricacciare il pensiero che la aveva
attraversata quando le aveva detto che c’era bisogno di lei…sarebbero potuti
tornare come una volta. Ma era davvero quello che voleva? Ognuno di loro si era
ricostruito una nuova vita e, anche se separati, erano…felici. Ora lei aveva
Mark, un lavoro, una casa, una vita.
Ma tutte le emozioni degli anni passati ad essere…Cacciatrice le erano
tornati alla memoria, sortendo l’effetto di una cannonata.
Finì di
mettere i vestiti in valigia, voltandosi per guardare il giovane sconvolto
“Mark ascolta, il mio passato…-non riusciva a parlare
– il mio passato è stato molto difficile, e non ho ancora chiuso del tutto.
Questo è il momento di farlo.”
“quell’uomo faceva parte del tuo…?”
“sì – abbassò gli occhi – del mio passato”
“vieni qui” non sopportava di vederla così, la
abbracciò, lasciando che lei appoggiasse la testa sulla sua spalla
lentamente si liberò del suo abbraccio.
“devo andare” si sentiva in colpa
“lo so”
“ciao” disse passandogli una mano sul viso e
baciandolo con dolcezza
si allontanò velocemente, con la valigia in mano.
Quel giorno non prese la metropolitana, ma la macchina. Sarebbe partita il
prima possibile. Prima arrivava, prima tutto sarebbe finito.
Accese il motore con un gesto secco, ingranando la
marcia. Nel fare retromarcia vide il suo sguardo riflesso nello specchietto
retrovisore…senza pensarci si voltò da una parte. Non poteva credere di essere
così maledettamente…speranzosa. Avrebbe dovuto sentirsi triste, arrabbiata,
piena di paura; ma non speranzosa, non…forte.
Una volta in ufficio aprì l’agenda, in cerca del
numero di telefono di Willow. Trovò un post-it azzurro, con scritto il numero e
l’indirizzo.
Nel rivedere la sua calligrafia rotonda le
ritornarono in mente le giornate passate con lei a studiare, e quando le faceva
i compiti perché era troppo stanca dopo la ronda…sorrise ripensando a quando
studiavano al Bronze tra un ballo e l’altro e lei cercava inutilmente di farle
imparare la lezione di francese: era stata quella notte che aveva conosciuto
Spike.
Compose velocemente il numero, stranamente agitata.
Dopo qualche squillo sentì alzare la cornetta
“Pronto?” riconobbe la voce della ragazza
“Willow? Sono…sono Buffy – era la prima volta dopo
tanto tempo che usava di nuovo il suo nome
e si guardò involontariamente intorno per vedere se qualcuno la aveva
sentita– disturbo?”
La ragazza dai capelli rossi era rimasta immobile,
con la cornetta in mano. Lentamente si ridestò, farfugliando qualcosa
“No…no, Buffy ciao” sembrava che volesse sembrare
amichevole, ma la sua voce era quasi fredda, estranea
Willow non sapeva che pensare, si era seduta sulla
poltrona girevole, sprofondando nell’imbottitura e fissando un punto indistinto
di fronte a lei. Buffy…stava parlando con Buffy. Un mare di ricordi la
invasero: la rivedeva il primo giorno di scuola, quando si era presentata
tendendole la mano…
“ciao…”la voce di Buffy era titubante, sembrava che
si sentisse in colpa per averla chiamata. Willow si pentì mentalmente del tono
con cui la aveva accolta
“allora…come stai?” cercò di fare conversazione, nel
tentativo di rimediare, ma la cosa la…metteva in imbarazzo
dall’altro capo Buffy si accorse della tensione e dello
sconcerto della ragazza. Ignorando la fitta al cuore, continuò
“Willow, mi…mi dispiace chiamarti al lavoro…”
“Oh no, Buffy…non pensare che…” si affrettò a
precisare Willow
“Mi ha chiamato Giles, c’è un problema” concluse
Buffy senza lasciarla terminare, non voleva che aggiungesse altro, era già
abbastanza doloroso
“di cosa si tratta?” l’attenzione di Willow venne
improvvisamente assorbita da quelle parole
“Non me lo ha detto, vuole solo che andiamo da lui a
San Francisco, ha detto che è urgente”
Willow rimase un attimo in silenzio…Giles aveva
bisogno di loro – “quando?”
“appena finito di lavorare parto per Washington, c’è
un aereo alle 5…lui mi ha chiesto di…sì insomma, vuoi che ti passi a prendere?”
chiese insicura, non sapeva se si sentiva pronta a rivederla
“Certo…certo, io finisco di lavorare all’una, sai
come raggiungermi?”
“sì, non preoccuparti.”
Tra le due cadde un opprimete silenzio
“allora…ciao”
“ciao”
Willow riattaccò la cornetta, confusa. Tra qualche
ora Buffy sarebbe arrivata. Buffy…erano passati più di sei mesi dalla sua
ultima visita. Non riusciva a concretizzare l’idea di rivedere la sua vecchia
amica. Era incredibile quante cose fossero cambiate in quei due anni, dal loro
addio a Sunnydale. Credeva che la loro amicizia non si sarebbe mai sciolta, che
sarebbero rimaste per sempre le due ragazze spensierate dei tempi
dell’università, ma tutto lentamente si era logorato. Ora la sentiva quasi come
un’estranea, portavoce di un mondo che non considerava più il suo. Ci aveva
messo anni per disintossicarsi dalla magia, era consapevole del fatto che lei
non c’entrava, ma era come se anche lei facesse parte di un universo che aveva
ripudiato. Tutti loro si erano divisi, dopo l’ultima battaglia e non riusciva
ad immaginare cosa avrebbe significato la loro nuova unione.
Si allontanò dal suo angolo computer per andare
nell’ufficio del suo principale, dove venne accolta dal superiore con uno
sguardo distratto
“Buongiorno signor Chapman”
“Signorina Rosenberg, cosa posso fare per lei?”
“Vede, avrei bisogno di chiederle una vacanza
anticipata, mi si è presentata un’occasione che non credo si ripeterà: a San
Francisco c’è una conferenza su nuovi prototipi di software a cui posso
partecipare…” si congratulò con se stessa per essersi ricordata del volantino
lasciato dalla segretaria sulla sua scrivania
“Ma certo, se crede che sia necessario, si assenti
pure per qualche settimana…lo sa quanto puntiamo sui prodotti di nuova
generazione”
“non si preoccupi, credo che ci vorrà meno di una
settimana” replicò convinta
“perfetto, allora è deciso. Quando partirà?”
“ho un aereo questo pomeriggio”
“faccia buon viaggio”
“grazie e arrivederci” concluse asciutta, voltandosi
per raggiungere la porta
Raggiunse nuovamente il suo ufficio, dove prese il
suo portatile, infilandolo nella valigetta: se non altro avrebbe potuto
lavorare. Passò a casa per preparare un bagaglio leggero, per poi ritornare in
ufficio, pronta per partire.
A casa non trovò nessuno, divideva l’appartamento con
altre due ragazze, a cui si ripromise di lasciare un messaggio per avvertirle.
Per il momento era single, non si sentiva ancora pronta per una nuova storia.
Chiuse a chiave la porta, osservando quasi con
nostalgia l’appartamento, come se lo vedesse per l’ultima volta. Con la mente
tornò al dormitorio dell’università, dove aveva diviso la stanza con Buffy…come
avevano sempre desiderato. Quanto le sembravano lontani quei giorni.
* * *
Sperava che lei arrivasse presto, quell’attesa la
opprimeva. Pur continuando a ripetersi che, dopotutto, sarebbe stata la solita
Buffa, la spaventava l’ipotesi di trovarla diversa, ma soprattutto non sapeva
quanto lei stessa fosse cambiata.
Ora lavorava per
La segretaria interruppe il flusso dei suoi pensieri,
avvisandola che c’era una ragazza nell’atrio che la aspettava.
Prese la valigia, dirigendosi a passo spedito verso
l’ascensore. Tutti i suoi colleghi stavano ancora lavorando, li vide con gli
occhi puntati sullo schermo che battevano sui tasti dei loro computer.
D’improvviso si sentì un’estranea, lei non faceva parte del loro mondo…le porte
scorrevoli si aprirono davanti a lei.
All’ingresso c’era una ragazza vestita elegantemente,
con i capelli biondi tirati indietro da
un piccolo fermaglio e degli occhiali da vista ovali, che si guardava intorno
senza lasciar intravedere il minimo imbarazzo.
Si diresse verso di lei, salutando con un cenno la
portinaia che ricambiò il saluto.
“Buffy!” le sorrise dolcemente, dopotutto era
contenta di vederla
“ciao Willow” la salutò l’amica
“potevi salire…” le disse, sentendosi improvvisamente
scortese per non averla invitata a vedere il suo ufficio
“no, grazie…ho preferito aspettare qui. Sai, non
volevo scombussolarti il lavoro…sei stata gentile ad accettare” disse con
sguardo sincero, sul suo viso però non vedeva più la gioia che ricordava. Si
sorprese a pensare che nemmeno lei doveva esserle sembrata particolarmente
felice
le due non sapevano come comportarsi, stringersi la
mano sarebbe stato un gesto troppo formale, ma nessuna aveva il coraggio di
avvicinarsi per un abbraccio
“Bene…io ho la macchina qui di fronte, se hai preso
tutto…”
“certo, andiamo” convenne la rossa, seguendo l’amica
fuori dall’alto palazzo.
Erano entrambe un po’ imbarazzate, era passato molto
tempo dall’ultima volta che avevano passeggiato insieme, e quel giorno non era
per diletto.
Salirono sulla macchina di Buffy, una berlina nera
non troppo ingombrante, dopo aver caricato la valigia di Willow.
La ragazza mise in moto, allontanandosi velocemente
dall’edificio in vetro da cui erano uscite. Tra le due cadde un soffocante
silenzio, rotto soltanto dallo squillo del cellulare di Buffy.
“pronto?”
“ciao Buffy, sono Dawn”
“Dawnie! Ieri ho provato a chiamarti, ma non hai
risposto.”
“lo so, mi dispiace. Ascolta, mi ha chiamato Giles…”
“Ha contattato anche te…” disse un po’ contrariata
“sì, prendo un aereo da qui e vi raggiungo – lo
diceva come se fosse la cosa più naturale del mondo – c’è…c’è anche Willow?”
domandò
”Sì, vuoi parlarle?”
“no…tanto ci vedremo tra poco, salutamela” dal tono
della sorella capì che anche lei era spaventata dall’ipotesi di rivedere gli
altri.
Appoggiò il cellulare nel portaoggetti e inforcò un
paio di occhiali da sole, togliendo quelli da vista
“Dawn ha detto di salutarti” tentò di attaccare
discorso
“oh…grazie. – abbassò lo sguardo per un istante,
incerta sul da farsi – allora…da quando porti gli occhiali da vista?”
Buffy sorrise, in effetti era la prima volta che la
vedeva in vesti lavorative “Li uso solo quando lavoro al computer, servono per
non affaticare gli occhi” rispose in tono un po’ formale
“e…come va il lavoro? Sembri davvero una donna
d’affari”
rise leggermente, era la stessa cosa che aveva
pensato di Willow quando aveva visto il palazzo dove lavorava “Tutto bene, mi
sono ambientata…anche tu hai fatto strada”
“Già…sono tornata la ragazzina che gioca sui
computer, solo che adesso mi pagano” ridacchiò
“…eri una specie di genio della pirateria
informatica, ti ho visto scassinare talmente tanti sistemi che…” si bloccò, non
sapeva se era il caso di rivangare in passato.
Arrivate all’aeroporto, presero i loro bagagli e si
diressero a ritirare il biglietto. Fortunatamente era un giorno
infrasettimanale e non c’era molta fila.
Superati i numerosi controlli, le ragazze si
diressero verso l’area di attesa. Camminavano vicine: entrambe si sentivano
osservate, come se tutti le stessero guardando. Erano tremendamente a disagio.
Presero posto ad un bar, ordinando due caffè.
“non ti ho mai vista bere caffè” sorrise Willow
“è vero, ma mi ci sono abituata lavorando per una
compagnia che fornisce gli uffici unicamente di macchinette elettriche per il
caffè in bustina…sono…sono cambiate tante cose dall’ultima volta che ci siamo
sedute a parlare insieme” commentò quasi amaramente
“Già”
Buffy si guardò intorno…avrebbe voluto chiederle
tantissime cose, ma non aveva il coraggio, come se non ne avesse più il
diritto.
“Elisabeth? Ciao” una voce gioviale alle sue spalle
la fece voltare. Vide David, uno dei suoi colleghi, probabilmente appena
rientrato dalle vacanze con la famiglia.
“Ciao! Come stai? Vi siete divertiti?” chiese
alzandosi per stringergli la mano “questa è Willow Rosenberg, una mia amica” la
presentò
“Piacere di conoscerti” sussurrò Willow sorridendo
gentilmente, un po’ imbarazzata
“Piacere mio. Sì, è stato fantastico – disse poi
rivolgendosi a Buffy- Bè…fate buon viaggio. Spero di rivederti presto in
ufficio! Arrivederci” le salutò con un cenno della mano, allontanandosi tirando
una valigia e chiamando i figli, che scorrazzavano per l’aeroporto senza
essersi nemmeno accorti che il padre si era fermato.
Buffy tornò a sedersi, incontrando però lo sguardo di
Willow
“Elisabeth?” domandò con una punta di durezza nella
voce
“Sì…ora qui sono Elisabeth” le rispose, senza
abbassare lo sguardo
Willow ora sembrava arrabbiata
“Ora sei Elisabeth? E Buffy che fine ha fatto?”
Entrambe erano arrivate all’esasperazione, non
riuscivano più a trattenere il fiume di parole che avrebbero voluto dirsi.
“ma cosa vuoi che ti dica Willow? Avevo bisogno di
tagliare con il passato…dimmi, chi ero prima? Buffy
“sei cambiata”
le rinfacciò l’amica, Buffy resse lo sguardo
“anche tu” pronunciò quelle parole con rabbia
l’altoparlante chiamò con voce metallica il loro volo
e le due si diressero verso l’entrata.
Erano in volo ormai da un’ora, senza proferire parola
“Buffy?” chiamò Willow, ora si sentiva in imbarazzo a
chiamarla così
“Sì?” nella loro voce non c’era più astio
“Ti…ti va se parliamo un po’?” domandò timidamente,
Buffy si sciolse a quelle parole, riconoscendo la ragazza dolce e sensibile che
la aveva accompagnata per gli anni più pericolosi della sua vita.
“Certo”
“hai più visto gli altri?”
Buffy abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa “Ho
sentito Xander qualche volta…e anche il signor Giles. Ma non ci siamo più
rivisti. – non andò oltre, non era ancora pronta per parlare di quello…- tu?”
“Anch’io…sembrerebbe che la banda si sia sciolta
allora” concluse
Le si formò un nodo allo stomaco. Era doloroso
parlare di quello che era successo, ma si sforzò di spiegarle, in fondo era
l’unica che poteva capire “Willow…fa male. Io lo so che avevamo deciso di
rimanere uniti però…dopo quello che è successo siamo tutti cambiati. Ognuno
aveva bisogno di stare solo, di vedere se era in grado di vivere
un’esistenza…normale e, anche se è dura, con uno di noi accanto nulla sarebbe
mai stato normale”
“ma ci pensi?” non servivano ulteriori spiegazioni
“Ogni giorno”
“Sai, vicino a casa mia c’è un bel locale, con un
angolino che sembrava quello del Bronze. Ogni volta che ci vado mi siedo lì con
i miei amici…mi ritornano in mente tutti momenti passati lì, con te, Xander, Anya
e Tara” pronunciò gli ultimi nomi con dolore “ ma poi mi dico che col tempo
anche questo finirà, che dimenticherò, eppure ogni volta che passo davanti a
quel posto mi volto dall’altra parte e mi tornano in mente sempre le stesse
immagini e…” si fermò, fissando il finestrino
“Lo so, capita anche a me” Buffy si fermò, come se
cercasse le parole adatte “ma quello che mi fa più male è non poterne parlare
con nessuno…”
la ragazza tornò a guardarla “io…io c’ero. Ci sarei
sempre stata per te…”
“Sì ma…” come spiegarle che ogni minimo contatto non
avrebbe fatto altro che acuire la sensazione di abbandono che non riusciva a
scacciare nemmeno quando era circondata dai suoi nuovi amici
“ho capito…so cosa provi”
Willow si voltò lentamente, per osservare il viso
della ragazza che le stava accanto, vedendoci riflessa la sua stessa tristezza.
D’un tratto Buffy si girò, guardandola negli occhi, e
per un attimo le sembrò di riconoscere lo stesso sguardo della ragazza che
aveva sventato 7 apocalissi
“noi…noi eravamo amiche” sussurrò
“Sì…lo eravamo”
le si riempirono gli occhi di lacrime, non ce la
faceva più a trattenersi.
Willow si avvicinò, stringendole la mano, come a
voler lenire quel dolore che era anche suo e passarono così il resto del
viaggio finchè, lentamente, l’aereo atterrò. Era notte a San Francisco.
All’uscita si
guardarono intorno, tentando di scorgere una faccia conosciuta.
“Vedi qualcuno?” chiese la rossa
“a parte una manica di maleducati che spingono? No”
concluse seccata, facendo sorridere l’amica
“Ehy…ragazze!” in fondo alla sala videro un ragazzo
con i capelli corti e una camicia impossibile che si sbracciava nella loro
direzione
le due gli corsero incontro. Xander. I tre, incuranti
della folla che gli scorreva intorno, rimasero stretti in un abbraccio tanto
desiderato per un tempo infinito. Erano di nuovo loro, di nuovo insieme. Non
contava se non si erano più rivisti, se il destino li aveva separati, le loro
vite erano indissolubilmente intrecciate.
Senza pensarci due volte il ragazzo afferrò le due
valige, facendo strada verso la sua macchina. Ora lavorava a Phenix, dove aveva
aperto una piccola falegnameria.
“Allora…fatto buon viaggio?”
“Sì, grazie…quando sei arrivato?” domandò Buffy
“Solo questo pomeriggio, ho chiuso per il fine
settimana. Giles mi ha chiesto di venire a prendervi, ci sta aspettando a casa
sua.” Concluse caricando le borse nel bagagliaio e invitandole ad entrare
“non ci posso credere…guardatevi! Sembrate due
manager appena uscite da uno di quegli enormi uffici pieni di finestre!”
“Anche tu ti sei sistemato…se solo avessi perso
l’abitudine di quelle orrende camicie hawayane!” sorrise Willow
I tre chiacchierarono del più e del meno. Con Xander
le cose erano molto più facili, era rimasto il solito bravo ragazzo pronto a
fare battute su tutto e Buffy, da quando era partita, si sentì felice.
Finalmente a casa. Immaginò Mark, che probabilmente stava cenando da solo, ma
ricacciò il pensiero. Per quel periodo sarebbe tornata ad essere solo Buffy.
“Bene signore, siamo arrivati al modesto
appartamentino del signor Giles” disse indicando una bella casa che si
affacciava sull’oceano.
Un po’ timorose Willow e Buffy scesero dalla
macchina, dirigendosi verso la porta in legno e avvicinandosi istintivamente
l’una all’altra. Prima che bussassero la porta si aprì davanti a loro.
Giles stava lì, indossando la sua abituale giacca di
tweed.
Fissava le due ragazze come se fosse la prima volta
che le vedeva, ma non fece in tempo a dire niente, perché Buffy lo abbracciò
con slancio, imitata subito dopo da Willow.
Giles non poteva crederci, strinse più forte a se le
due ragazze, entrambe commosse. Non gli erano sembrate loro: così cresciute,
così adulte, così belle. Ma quando gli erano andate incontro…sembrava che nulla
fosse cambiato.
I tre si divisero e un emozionato Giles fece strada,
aiutando Xander a portare i bagagli. Fece un rapido giro della casa, portandole
poi a vedere le loro stanze. Willow e Buffy avrebbero dormito in una piccola
camera al piano superiore, con vista sull’oceano.
“Spero che vi troviate bene” sussurrò l’ex
osservatore, appoggiando i bagagli all’entrata
quei magnifici istanti di gioia e affetto ritrovati però
si spensero quando tutti scesero nel salotto. Giles stava in piedi, come
sempre, camminando avanti e indietro, gli altri invece si erano disposti sulle
varie poltrone, mantenendo una posa composta.
“Innanzitutto grazie per essere venuti, so quanto possa essere stata dura. Questa
sera siete stanchi, quindi non vi spiegherò ancora tutto, anche perché manca
ancora qualcuno. Spike ci raggiungerà domani mattina”
A Buffy si strinse il cuore, poteva sopportare tutto,
ma non questo. Non poteva rivedere Spike…dopo due anni. Certo, sapeva che era
vivo, che aveva l’anima, che viveva a Los Angeles, da Angel. Non aveva nemmeno
il suo numero, era stata Willow ad avvertirla, lui non l’aveva fatto.
Probabilmente si era rifatto una vita…in cui lei non era compresa. Tuttavia non
lasciò trasparire queste emozioni, domandando solo
“cosa centra Spike?”
“Bè…è una situazione complicata. Posso dirti
solamente che qualcuno ha richiesto il nostro aiuto. Ora però andate a letto. È
tardi.” Era già mezzanotte quando tutti si diressero verso le rispettive camere
Giles però li fermò nuovamente “Ragazzi…grazie. Buona
notte” sussurrò, seguendoli con lo sguardo finchè non li vide scomparire nelle
loro camere.
Lui tornò in soggiorno, servendosi un brandy e
facendolo girare più volte nel bicchiere, osservando il liquido ambrato.
Non poteva credere che i suoi ragazzi fossero tutti
lì, sì…i suoi ragazzi. All’inizio, quando si era presentato al liceo di
Sunnydale con i suoi libri sui demoni e sulle cacciatici e si era trovato di fronte
Buffy non sapeva come sarebbe andata a finire. In nessun manuale
dell’osservatore c’era scritto che era possibile voler bene alla propria
Cacciatrice…e ai suoi amici. Ricordava le loro riunioni, le battute di Buffy su
quanto fossero brutti i demoni, Willow che cercava di farla ragionare,
picchiettando sul suo computer e Xander che non poteva fare a meno di ridere
ogni volta che dava una spiegazione. Li rivedeva, seduti sul tavolo della
vecchia biblioteca…nel suo soggiorno…al Magic-Box…in casa di Buffy.
Li aveva visti crescere, aver paura, innamorarsi,
soffrire…erano diventati quasi una famiglia, una ragione di vita per lui. Aveva
inconsciamente fatto loro da padre, sapeva di essere stato un punto di
riferimento…fino al giorno in cui tutto era finito. Allora li aveva osservati
separarsi, dividersi, quasi volessero dimenticare il legame che li univa, e
adesso erano di nuovo tutti lì: Buffy vestita elegantemente, con lo sguardo di
una donna…quanto era cresciuta, maturata…forse anche cambiata. Ma il manuale degli
osservatori diceva qualcosa che era pressoché certa: una Cacciatrice rimane
sempre una Cacciatrice
Willow, anche la sua piccola streghetta era
cresciuta. Non aveva più praticato magie, ma era tornata ad usare solo il
computer, come all’inizio. Aveva un’aria tranquilla ma sicura, non vedeva più
riflessa nei suoi occhi l’angoscia che la attanagliava i primi anni. Xander
invece era rimasto il solito simpatico ragazzo, sempre pronto ad aiutare gli
altri, solo che adesso si era rifatto una vita, lavorava e si manteneva. I suoi
ragazzi erano cresciuti ed erano stati obbligati ad accettare una vita normale,
ma ce la avevano fatta, con le loro forze.
Ora però c’era bisogno di loro.
Si alzò lentamente dalla sedia, poggiando il
bicchiere ormai vuoto sul tavolino in legno e dirigendosi verso la sua camera.
Buffy e Willow avevano raggiunto la loro camera ed
entrambe stavano aprendo la valigia. Senza fiatare le due riposero gli abiti,
piegandoli con cura; non avevano più avuto il coraggio di guardarsi negli occhi
da quando avevano salito le scale.
Non si sentivano pronte a ricominciare tutto da capo,
a riprendere in mano le armi e gettarsi contro i demoni; non sapevano nemmeno
se erano ancora in grado di farlo.
Willow sorrise quando vide Buffy appendere il suo cappotto
di pelle nell’armadio.
“che c’è?” chiese Buffy incuriosita
“non…credevo lo conservassi” rispose la rossa
distogliendo lo sguardo
Buffy sorrise lievemente
“mhm…sono diventata un po’ come Spike e la sua giacca”
pronunciando quel nome però il suo viso si oscurò improvvisamente
Willow lanciò un occhiata eloquente, sapeva
perfettamente cosa stava provando l’amica. Avrebbe voluto aiutarla,
sorreggerla…in passato aveva sempre saputo cosa dire.
senza più parlare le due andarono a letto, sicure che
nessuno sarebbe riuscito a dormire.
* * *
LOS ANGELES, MEZZANOTTE
Poche ore prima
“Angel investigations”
“Angel? Sono Rupert Giles” alcuni secondi di silenzio
imbarazzato
“Giles…sono felice di sentirla, come sta?” la solita
frase di circostanza, che si scambiavano ogni volta che uno dei due telefonava.
Non era più successo dalla resurrezione di Spike e il trasferimento di…Buffy.
“Bene, grazie…Angel non ho molto tempo, quindi vengo
subito al punto: ho bisogno di parlare con Spike”
si era bloccato, non poteva credere che succedesse di
nuovo.
Anche senza bisogno di parole il vampiro aveva capito
il motivo della telefonata. Spike; avrebbe giurato che Buffy, Willow e Xander
fossero già stati avvisati. Si sentiva…vuoto. Vuoto era il termine giusto.
Aveva sperato che il precario equilibrio che era venuto a crearsi non venisse
più turbato, ma quella telefonata aveva fatto crollare in un secondo ogni cosa.
La sua lunga memoria ripercorse con dolore gli anni
che aveva passato a Sunnydale, quando aveva conosciuto Buffy, quando si erano
amati per la prima volta…fino al suo trasferimento a Los Angeles. Anche allora
tutti i suoi faticosi passi avanti per dimenticare lei e la sua città erano
vanamente crollati allo squillo del telefono. Anche allora dall’altra parte del
filo c’era Giles.
Spike viveva lì da circa due anni…dal giorno in cui
si era presentato con la sua forma incorporea, dopo essere morto per chiudere
la bocca dell’inferno e salvare la sua Cacciatrice. Ora avevano imparato a
sopportarsi, provava anche una certa simpatia per il vampiro biondo, si sentiva
quasi parte della sua sofferenza. Non ne avevano mai discusso, lui non era tipo
da sedersi a tavolino e parlare dei propri sentimenti, ma sapeva perfettamente
cosa sentiva. Anche lui provava il dolore causato dall’anima. Anche lui
conosceva il dolore per la perdita della persona amata. Anche lui aveva amato
Buffy.
Era una malattia e, dopo aver visto la sua reazione
dopo la telefonata, aveva capito che lui non era ancora guarito.
Lentamente Spike si era avvicinato e aveva afferrato
sicuro la cornetta, portandosela all’orecchio. Angel aveva osservato
l’espressione che gli si era dipinta sul viso, dopo qualche secondo: la
mascella tirata e lo sguardo serio che fissava un punto indefinito del muro.
Aveva pronunciato solo una parola.
“arrivo”
dopo aver riattaccato si era diretto, con passo
deciso, verso la sua camera.
Angel lo aveva seguito, osservandolo prendere un
borsone da sotto il letto e aprire l’armadio.
“cosa voleva?”
per tutta risposta Spike lo aveva guardato, come per
dirgli ‘sai cosa mi ha detto, la stessa cosa che diceva a te qualche anno fa’
poi si era voltato, asserendo
“vado a san Francisco”
continuava a piegare camice e jeans, infilandoli
nella sacca, apparentemente dimentico della presenza di Angel.
Quando si avviò alla porta però il vampiro bruno lo
bloccò, spingendolo indietro con una mano
“pensaci”
“non c’è bisogno”
“si invece. Sai cosa vorrà dire per te…rivederla?” lo
guardò con occhi eloquenti
gli si era avvicinato, con sguardo carico di rabbia
nel sentire quelle parole
“quante volte
hai fatto la stessa cosa?”
“non conta…farà male”
il vampiro non aveva abbassato lo sguardo
“non la lascerò sola”
Angel si spostò dall’entrata, lasciandosi superare
dal vampiro. Ricordava quelle parole. Esattamente ciò che aveva pensato lui…non
contava quanto male avrebbe fatto, bastava che lei non fosse sola, che lei non
fosse in pericolo. Solo questo era importante.
Anche se in quel momento c’era un’altra con lui.
Lo guardò allontanarsi. Non gli era ancora passata.
Angel era ancora stancamente seduto sulla poltrona, fissando
la porta d’entrata e Spike gli passò davanti, con la borsa a tracolla e le mani
nelle tasche del cappotto.
“cosa dirai a Fred?”
lui abbassò per un attimo lo sguardo
“che devo concludere per bene quello che ho iniziato”
“oppure riaprire una ferita che si è appena chiusa”
concluse con tono serio
Spike lasciò cadere la sacca davanti alla porta,
posizionandosi di fronte al vampiro seduto
“Angel – prese un lungo respiro, come se pronunciare
quelle parole gli sembrasse fiato sprecato- non lo faccio per alimentare
l’illusione di noi due in spiaggia a mezzogiorno, anche se ora potrei…ma –
sorrise- tu sai meglio di me che quando si tratta di lei e…sì, anche dei suoi
amici…io non posso tirarmi indietro. Forse così si concluderà anche questa
vecchia storia”
il rumore della porta che si apriva gli fece
interrompere il discorso.
“Buon giorno ragazzi” li salutò una voce gioviale che
subito però si spense vedendoli così seri “che c’è?”
Spike si diresse verso la nuova entrata
“ciao amore” le sussurrò prima di baciarla,
scambiando uno sguardo di sfida con Angel
“ciao! Ma che succede?” Fred si era leggermente
allarmata vedendo la borsa vicino alla porta e Spike indossare il cappotto
“devo andarmene per un paio di giorni…”
“dove vai?” chiese sorpresa
“a san Francisco” disse lui distogliendo lo sguardo
la ragazza si rabbuiò improvvisamente. La loro storia
andava avanti ormai da 6 mesi, ma il suo passato era sempre stato un tabù. Sapeva
solo che l’osservatore viveva a san Francisco e
Stava andando da lei.
“perché?” le domandò quasi con astio, togliendo le
mani dalle sue spalle
“perché c’è qualcosa di grosso il ballo e hanno
bisogno di aiuto” concluse lui asciutto
lei si allontanò ulteriormente, senza però aver il
coraggio di pronunciare il nome che la assillava…Buffy…
“quando tornerai?” non voleva nemmeno prendere il
considerazione l’ipotesi che lui non lo facesse
“presto” disse in tono più dolce, ma che lasciava
intendere che la discussione era conclusa. Sapeva bene cosa frullava nella
mente della ragazza, ma non aveva tempo di spiegarle quello che stava facendo
…tagliare con il passato, oppure rimanere di nuovo
intrappolato…
“ciao” le poggiò un piccolo bacio sulle labbra “ti
chiamo quando arrivo”
con un cenno della mano salutò Angel, ancora seduto
ad osservarlo, uscendo dalla porta con la borsa appoggiata sulla spalla.
Scese velocemente le scale, il cuore in subbuglio.
Non poteva credere a quello che stava succedendo. Gettò la borsa sul sedile
posteriore della sua De Soto, dirigendosi a tutta velocità verso il raccordo
che lo avrebbe portato a San Francisco.
Guidava nervosamente, avrebbe voluto fermarsi e
tornare indietro, da Fred, dagli altri, ma non ce la faceva. Una forza dentro
di lui lo costringeva a proseguire, superando ad alta velocità il cartello
arrugginito “YOU ARE LEAVING LOS ANGELES”. Lo fissò per un attimo dallo
specchietto retrovisore, mentre si faceva sempre più piccolo. Tirò un sospiro
di sollievo. Ora davanti a lui c’era solo la strada. Non si poteva più fare
marcia indietro.
Era molto presto, la telefonata di Giles lo aveva
sorpreso nelle ultime ore della sera ed ora stava albeggiando. Accostò
bruscamente da un lato, scendendo dalla macchina; si appoggiò al cofano,
fissando estasiato il panorama che gli si stendeva davanti. Il sole stava
sorgendo silenzioso nel cielo ancora scuro, facendosi strada tra la nebbia e
proiettando fasci di luce rossastra sulle frastagliate montagne circostanti.
Una vista straordinaria. Abbassò gli occhi per un attimo, perso nell’improvviso
ricordo della sua ultima alba da mortale. Era stata Drusilla a mostrargliela e,
mentre il sole sorgeva, gli aveva raccontato
di una vita migliore, vissuta nell’oscurità e illuminata solo dalla fiamma
della passione. Ed era stato veramente così. Non gli era mai più importato di
veder sorgere il sole, aveva trovato la sua luce e le roteava intorno come un
satellite, inebriato e appagato da lei soltanto. Sorrise a quei lontani
ricordi, puntando nuovamente gli occhi verso il cielo, dipinto ora di uno
strano colore, tra il blu e l’azzurro. Brillante e intenso. Il sorriso sparì
dal suo viso per lasciare il posto all’angoscia. Si rivedeva accasciato a
terra, dolorante e ferito, mentre, proteso verso l’altro, osservava impotente.
Lei era in cima alla torre, stringeva la sorella per un ultimo sospirato
abbraccio. Poi si era voltata, apparentemente serena, incurante di quello che le
stava succedendo attorno. L’aveva vista correre, senza abbassare gli occhi,
verso il portale gorgogliante. Non c’era paura nei suoi occhi nemmeno in quei
terribili istanti. Prima di saltare aveva rivolto lo sguardo verso un cielo
uguale a quello, sorridendo lievemente, quasi percepisse una leggera ironia in
quello che stava facendo.
Poi era tutto finito. Giaceva riversa sulle macerie,
con il viso ancora roseo e i capelli sparsi sulle spalle. Addormentata in un
sonno eterno. Aveva finito di combattere. E aveva vinto anche quella volta.
Con il cuore ancora gonfio di tristezza osservò gli
ultimi istanti del sole nascente, mentre il cielo riacquistava la sua tonalità
chiara, prendendo il posto della notte.
Rimontò in macchina, accendendo il motore e
allontanandosi con una scia di polvere. Nelle orecchie vorticavano ancora le
sue ultime parole, sussurrate alla sorella prima di saltare. …porta il mio
amore ai miei amici, ora devi essere tu a prenderti cura di loro. Dovete
prendervi cura gli uni gli altri. Dawn, la cosa più difficile di questo mondo è
viverci. Sii coraggiosa, vivi. Per me…
Sarebbe morto per lei, per risparmiarle
quell’ennesimo sacrificio. Quando poi era tornata in vita…scacciò quei ricordi
dalla mente, incapace di affrontare nuovamente la marea di sentimenti che lo
avevano attraversato quando era ancora con…Lei. Ma non riusciva ad allontanare
il pensiero del suo bel viso ferito dopo la battaglia, dei suoi occhi lucidi e
pieni di angoscia, mentre lo guardava invaso dal fascio di luce con il medaglione
luccicante al petto. Gli aveva afferrato la mano, come se non volesse lasciarlo
andare, incurante delle fiamme. Lui l’aveva stretta, perdendosi per l’ennesima
volta nei suoi occhi verdi. Poi quelle parole, pronunciate a mezza voce tra i
singhiozzi...ti amo… aveva aspettato una vita di sentirglielo dire,
attraversato il logorio dei secoli perché qualcuno glielo sussurrasse.
Sterzò bruscamente, sorpassando un camion. Basta. Era
un supplizio. Non poteva continuare in quel modo. Ora si era rifatto una vita. Aveva
il lavoro, aveva amici, aveva Fred. Già…Fred. Lei riusciva a farlo sentire in
pace, a calmare l’anima e i ricordi che lo inghiottivano. Aveva detto ‘ti amo’
solo a tre donne nella sua vita. Cecilie. Drusilla. Buffy. E ora Fred. Sapeva
che le stava facendo del male. Aveva letto negli occhi la sua frustrazione per
essere stata esclusa dal suo passato, dalla sua sofferenza, forse anche del suo
cuore. Poteva dire di amarla? La sua anima diceva di sì. Aveva bisogno di un
amore tranquillo, sereno, senza mezzi termini e parole non dette. La sua anima.
Ma il suo cuore?…
Accese la radio, alzando il volume al massimo. Doveva
smettere di torturarsi. Stava facendo la cosa giusta: andare per chiudere una
volta per tutte un capitolo della sua vita e mettere un punto all’interrogativo
che non lo abbandonava da due anni. …se fossi tornato da lei…
CAP.2 – L’ULTIMA UNIONE
SAN FRANCISCO,
Buffy era distesa nel suo letto, fissando immobile il
soffitto. Nella sua mente si affollavano una miriade di pensieri che non le
davano riposo. Non riusciva a credere di
essere lì, a casa del signor Giles, insieme agli altri. Si voltò lentamente,
osservando Willow, che dormiva nel letto a fianco. Ripensò alle serata
precedente, trascorsa con Mark al ristorante e poi nel suo appartamento. Allora
era tranquilla, sollevata dal pesante fardello che aveva sostenuto per così
tanti anni. ‘Sollevata’ era la parola giusta.
All’inizio si era sentita sperduta, priva dell’appoggio
sempre presente delle persone che le volevano bene, ma piano piano aveva
superato la solitudine e viveva in una sorta di bolla inerte, da cui le
emozioni erano bandite per lasciare il posto alla tranquillità. A volte, quando
vedeva giovani ragazzi dirigersi verso i vicoli bui con il sorriso di chi sta
per combinare una bravata, sentiva l’irrefrenabile impulso di corrergli dietro,
cercando un paletto nella borsa. Poi, come se si fosse svegliata da un sogno,
ricordava che nella sua borsa non c’era più Mr.Punta e che probabilmente
un’altra ragazza li avrebbe rincorsi.
Era in quei momenti che ripensava ai suoi amici, a
quante volte aveva inseguito vampiri con loro che la seguivano a ruota,
osservandola con ammirazione mentre conficcava il paletto. Sorrise leggermente
ricordando il loro vecchio liceo e a come lo avevano ridotto il giorno
dell’ascesa del sindaco: proprio un bel modo per andarsene.
Si alzò, attenta non fare rumore. Non riusciva a
rimanere a letto, vecchi ricordi non la lasciavano riposare.
Aprì con attenzione la porta finestra, inspirando
l’aria frizzante della notte che le solleticò il corpo, svegliandola
completamente. Appoggiando la schiena al muro, osservò incantata la luna, che
risplendeva alta all’orizzonte, specchiandosi nell’oceano. Si lasciò cullare
dal rumore delle onde, poggiando la testa da un lato e socchiudendo gli occhi.
…Quante notti aveva passato passeggiando per il
cimitero con il paletto pronto a colpire, la sua ombra che si confondeva con
quella delle lapidi. Un movimento furtivo alle spalle. Si votava pronta a
combattere. Poi quel sorriso mai dimenticato e l’immancabile battuta.
Spike
Il suo vampiro
Passeggiavano insieme tra le cripte, illuminati dalla
fredda luce lunare.
Qualche parola tagliente, poi il combattimento. Era
diventato il loro linguaggio segreto. Era così che si era innamorata di lui.
Perché, nonostante lui l’avesse negato quando finalmente aveva trovato il
coraggio di dirglielo, era proprio amore, amore lacerante, quello che aveva
provato la notte prima della battaglia finale. Si era addormentata tra le sue
braccia.
Lui era venuto a cercarla e, come sempre, l’aveva
trovata. Ricordava ancora le parole che le aveva sussurrato dolcemente.
…l’unica cosa di cui sono sempre stato sicuro sei tu…sei un diavolo di
donna…sei l’unica Buffy…
Calde lacrime iniziarono a scorrerle sul viso;
socchiuse gli occhi, senza asciugarle. Il suo eroe. Ecco cos’era, il suo eroe.
Nessuno l’aveva protetta come aveva fatto lui, con nessuno si sentiva protetta
come con lui.
“Brutti ricordi?” sussurrò Willow, poggiandole una
mano sulla spalla e sedendosi vicino a lei
si asciugò velocemente le lacrime
“una cosa del genere”
“Vuoi…vuoi che ne parliamo?”
la guardò negli occhi, con le lacrime che le bagnavano
ancora le guance. Aveva un nodo in gola, non riusciva a spiccicare parola. Non
avrebbe voluto piangere, ma il peso di qui momenti non la lasciava. Non ce la
faceva più a tenersi tutto dentro, la disperazione e l’angoscia stavano
prendendo il sopravvento. Aveva bisogno di parlare con qualcuno, qualcuno che
potesse capire…tentava di frenare le lacrime, ma avevano cominciato a scorrere
contro la sua volontà.
All’amica bastò un’occhiata per capire. Un po’
esitante le passò un braccio intorno alle spalle, lasciando che Buffy
appoggiasse la testa sulla sua spalla.
“Io ero innamorata di lui” disse tra i singhiozzi
passò alcuni secondi appoggiata sulla spalla
dell’amica, piangendo sommessamente. In quegli istanti, seppur tragici,
qualcosa dentro di lei le fece avvertire che tra lei e Willow era caduto quel
muro, fatto di silenzi e reticenze, che le avevano allontanate per quasi due
anni.
Tornò a sedersi, la testa di nuovo sul muro
retrostante. Si passò una mano sugli occhi, ricacciando le lacrime e tornando a
guardare la luna.
Rimasero entrambe in silenzio, ascoltando solo il
battito del loro cuore che si calmava lentamente.
Fu Buffy a prendere la parola per prima: sentiva di
avere molte cose da chiarire, frasi interrotte da completare.
“sai, non lo avevo mai detto a nessuno prima d’ora.
Ti sembrerà strano, ma io lo amavo veramente. Ricordo ogni suo piccolo gesto,
ogni espressione, ogni momento passato con lui. –sorrise leggermente- e pensare
che è stato proprio grazie ad un tuo incantesimo a che ci siamo baciati per la
prima vota”
Willow rimase in silenzio, ascoltando
“se penso a quante volte lo ho cacciato, rifiutato in
passato…ricordi quando lo abbiamo conosciuto? Sempre tra le braccia di
Drusilla, e che mi minacciava di morte tutte le notti”
Willow sorrise al pensiero: ricordava le battaglie
tra Buffy e Spike…le tornò in mente in giorno in cui la aveva catturata e, dopo
averla legata, le aveva confidato che Drusilla se ne era andata. In fondo non
era mai riuscita a odiarlo. Aveva sempre avuto un debole per quel vampiro, che
aveva anche provato a tirarle su il morale un paio di vote.
“so quanto male gli ho fatto, me ne sono resa conto
con gli anni. Ma lui…lui c’è sempre stato. In tutti i momenti più difficili,
con me c’era lui” sospirò chiudendo gli occhi
“gliel’hai mai detto?”
“sai quanto poco sia capace in queste cose...
All’inizio non riuscivo a sopportarlo soprattutto per una ragione: gli bastava
una parola per smontare le mie convinzioni, per farmi vedere quello che tentavo
di nascondere…-fece una breve pausa- però sì, gliel’ho detto. Quando era nel
cono di luce. Sono riuscita a dire solo “ti amo” prima che morisse” un’altra
lacrima le scese sulla guancia, che non tentò di fermare
“e lui?”
“Mi ha risposto che non era vero, ma mi ha ringraziato,
come se gli stessi facendo un piacere…ricordo il suo viso, sembrava sereno in
quel momento, mi ha guardata per un attimo, stringendomi la mano. Poi se ne è
andato. Si era sacrificato un’altra volta, per me. Ho ripensato spesso, mentre
tentavo di mettere ordine nella mia vita, a cos’era lui per me. Non avevo mai
trovato una risposta adatta…bè, ora lo so, ora che non ha più importanza lo ho
capito. –guardò negli occhi l’amica, alla quale bastò uno sguardo per leggere
angoscia nei suoi occhi- È il mio eroe. Lo è sempre stato. Mi ha protetta,
amata, per me è cambiato, ha riconquistato l’anima…per me è morto…e io non sono
riuscita nemmeno a dirgli cosa provavo come si deve. ”
“Buffy…lo sapeva. Lui lo sapeva” le appoggiò una mano
sulla spalla
ora sorrideva, ma nel suo sorriso non c’era gioia,
solo rabbia “Ma pensa…la grande Buffy,
“In quei momenti non è una questione di scelta, ma di
sacrificio. Non avresti potuto salvare nessuno dei due, e non perché sia stato
giusto, ma perché era così che doveva andare. Spike lo sapeva. E sapeva anche
che lo amavi” ribadì dolcemente
Ma Buffy non la stava più ascoltando, immagini che
aveva tentato di cancellare ora le scorrevano nella mente come un lungo
flashback. I corpi dei suoi amici. “quanti sono morti per la nostra
causa…Angel, Faith, Tara, Anya, Spike…non riesco a convincermi che sia stato
giusto”
Willow tacque un attimo. Tara.
“Infatti non lo è stato…ma il nostro compito era
quello di portare giustizia” il suo tono era diventato più duro, come se fosse
tornata bruciare in lei l’antica fiamma
“noi abbiamo stravolto le regole. Una Cacciatrice
lavora da sola, noi siamo stati una squadra. Io dovevo combattere i vampiri e
me ne sono innamorata”
“Ma il mondo non è ancora stato distrutto, quindi
abbiamo fatto un buon lavoro” rispose sorridendo la strega
“Sì, abbiamo fatto un buon lavoro” la sua espressione
era più sollevata
tra le due era tornato il silenzio, non quello
oppressivo che aveva regnato per tutto il viaggio precedente, bensì una pace
distesa, cosciente, a cui nessuna delle due aveva intenzione di sottrarsi.
Rimasero vicine, ad ammirare la luna come se fosse la prima volta. Non c’era
traccia di paura. Erano insieme, di nuovo, forse per l’ultima volta, ma non
importava. Loro erano insieme. Come all’inizio. Come era sempre stato.
D’un tratto Willow si voltò
“Buffy…ti va di preparare a colazione al signor
Giles? Prevedo altrimenti un risveglio a base di tè inglese aromato alle erbe”
Buffy sorrise, l’angoscia era passata. Era come se si
fosse risvegliata da un pesante torpore. “certo, scommetto che non gli
dispiacerà mangiare qualcosa di commestibile” sussurrò piano, alzandosi in
piedi.
Senza pensarci due vote rientrarono in camera per
dirigersi al piano inferiore ed entrarono in cucina attente a non fare rumore,
iniziando ad apparecchiare. Le tapparelle erano ancora tutte abbassate e
lasciavano filtrare solo i tenui raggi di un sole appena spuntato.
Mentre Buffy apriva le ante alla ricerca di qualcosa
da mangiare Willow aveva acceso il gas, intenta a sbattere le uova per
preparare le frittelle.
Dopo aver apparecchiato per quattro, le due si
sedettero una di fronte all’altra.
“Allora…raccontami cosa fai di bello a New York”
chiese, ancora un po’ titubante
“Lavoro per una compagnia assicurativa, la
“Smithers&Co”, non so se la conosci. Comunque…mi occupo per lo più della
conclusione delle trattative, lavoro in un bell’ufficio al decimo piano a
Manhattan. Tu invece? Hai fatto carriera nell’elettronica?”
“mah…non mi lamento. In fondo sai quanto mi diverto
con il computer, anche se è passato un po’ di tempo da quando lo usavo per
scassinare i sistemi operativi della polizia di Sunnydale. Ora mi occupo del
settore delle nuove tecnologie per
per il momento entrambe avevano evitato accuratamente
di parlare delle loro situazioni sentimentali, ma ora sentivano il bisogno di
chiarirsi anche su quel punto.
Willow guardava l’amica in silenzio, distogliendo lo
sguardo quando si accorgeva che lei la fissava di rimando
Buffy capì al volo la domanda che l’amica non aveva
il coraggio di rivolgerle “sì Willow, ho un ragazzo. …si chiama Mark e lavora a
New York, nel campo della ricerca scientifica”
“e…”
Buffy sospirò “Sì, e tra poco andremo a vivere
insieme” appoggiò il viso sul palmo aperto “stavamo facendo colazione quando ho
ricevuto la telefonata di Giles e l’ho mollato con la storia che dovevo
chiudere con il passato…” sgranò gli occhi “ho promesso che gli avrei
telefonato!” quasi si mise ad urlare, correndo verso il telefono dell’ingresso.
Compose il numero, guardando l’orologio appeso al
muro dietro di lei. Erano le 7, tra San Francisco e New York il fuso orario era
di circa quattro ore. In quel momento Mark doveva trovarsi in ufficio.
Il telefono iniziò a squillare.
“dottor James” rispose una voce un po’ assonnata
“Ciao Mark, sono…Elisabeth” ebbe un fremito, stava
per dire Buffy
“Elisabeth! Finalmente hai chiamato, hai fatto buon
viaggio? Quando sei arrivata? Tutto bene?”
sorrise, il solito ragazzo apprensivo. Il senso di
colpa iniziò a crescere in lei, come aveva potuto lasciarlo in quel modo…si voltò, per vedere Willow
dirigersi nella sua direzione con una tazza di caffè in mano e Xander che
scendeva le scale con un assurdo pigiama a quadri, stiracchiandosi e
sbadigliando. Ecco perché se ne era andata. O meglio, perché era tornata. Il
senso di colpa però non accennava ad andarsene, soprattutto dopo l’ennesima
domanda di Mark.
“allora…quando torni?”
“Sta tranquillo, il viaggio è andato bene, sono arrivata
ieri sera sul tardi, per questo non ho chiamato”
“Quando torni?” ribadì la domanda
Buffy rimase in silenzio, prendendo la tazza che
Willow le porgeva e sorridendo per ringraziarla.
“Mark…non lo so. – non sapeva come continuare la
frase. Willow la guardava con occhi sgranati e silenziosamente speranzosi,
Xander si era a sua volta avvicinato al telefono. Li guardò combattuta – Però
credo che passerò qui qualche settimana…sai, ci sta raggiungendo anche Dawn. –
disse, come se fosse una scusante - Ha insistito tanto perché ci rivedessimo
tutti di nuovo…”
Dall’altra parte del filo il ragazzo si era fermato.
Un insolito freddo si era impossessato di lui, come se presagisse che qualcosa
di brutto stava accadendo. La sua ragazza non sarebbe tornata prima di due
settimane e lui non si sentiva affatto sicuro a saperla così lontana e in un
ambiente a lui estraneo. Tuttavia non contestò, voleva darle tempo, anche se la
sua voce era diventata involontariamente fredda.
“Ah…ho capito. Allora salutami Dawn e telefona spesso.”
Il tono gelido e quasi risentito con cui la aveva
salutata non avevano fatto altro che accrescere il disagio di Buffy. Le faceva
male saperlo arrabbiato con lei…osservò nuovamente i suoi amici negli occhi,
reggendo la cornetta con entrambe le mani.
“Allora…ciao” lo salutò scoraggiata, quasi volesse
prolungare il più possibile la telefonata per mantenere con lui quel seppur
esiguo contatto.
“Ciao…Elisabeth? Non so perché te lo dico, ma stai
attenta”
Sorrise un poco, forse Mark aveva capito di lei più
di quanto lasciasse intendere “Non preoccuparti…torno presto”
“Ti amo” sussurrò con voce dolce, come se volesse
sopperire al tono freddo usato poco prima
“…anch’io” rispose titubante, abbassando lentamente
la cornetta.
“Bene, ora che hai sistemato il tuo ragazzo possiamo
fare colazione” concluse Xander gioviale, dirigendosi allegramente in cucina
lei due ragazze si guardarono. Willow aveva capito a
cosa si riferiva con quell’ “anch’io” e sapeva anche cosa le frullava per la
testa.
Xander tornò velocemente sui suoi passi “Apetta…da
quando in qua hai un ragazzo?”
Buffy sorrise ironica “Oh, ti ringrazio per la tua
alta considerazione del mio sex appeal! Stiamo insieme da 6 mesi e non è ancora
finito all’inferno” non credeva di riuscire a scherzare di nuovo su quel genere
di cose
“Oh beh…Angel ci ha messo un anno, il giovanotto ha
ancora tempo!” concluse lui scostando la sedia perché si sedesse
In quel mentre scese Giles, già vestito di tutto
punto e con l’immancabile manuale in mano.
“Buon giorno ragazzi, dormito bene?”
Per la seconda volta Buffy sorrise. Di un sorriso
sincero, felice. Si rese conto di quanto le era mancata quella scena: loro
attorno ad un tavolo e Giles che spiegava. Le tornò in mente la loro prima
riunione, nella biblioteca del liceo, poi a casa di Giles, infine al Magic Box.
Avevano sventato apocalissi seduti intorno a un tavolo.
“Perfettamente” rispose Willow, con la paletta per le
frittelle in mano, porgendogli una tazza fumante.
“Avrei dovuto invitarvi più spesso…è la prima volta
che non devo preparami la colazione” disse soddisfatto
“Siamo venuti apposta per inculcale in quel cervello
inglese un po’ di sane abitudini americane. Come una buona colazione invece di
una tazza di te insipido” commentò Buffy
“…o di quegli orrendi biscotti secchi che ci mangia
insieme” concluse Xander
Quanto gli erano mancate quelle battute, quei
sorrisi. Giles si sedette di fronte a loro sospirando.
“faccio finta di non aver sentito” tuttavia bevve
volentieri il caffè. “Tra qualche ora arriverà Dawn” li informò
“e come arriva fin qui?”
“Ha deciso di prendere un taxi…guido troppo piano per
i suoi gusti” concluse un po’ contrariato
“Non per niente le ho fatto io scuola giuda” rise
Buffy, ricordando la serata in cui aveva scarrozzato Giles per tutta Sunnydale
con la scusa che la madre non le voleva prestare la macchina.
“Spike invece sarà qui a momenti. Che ne dite di
andare a vestirvi?”
“E noi dovremmo metterci in ghingheri per capelli
d’oro?” chiese Xander
“evito commenti sul pigiama” Willow lo guardò con
finta severità
“…Così poi vi spiegherò tutto” concluse Giles,
abbassando lo sguardo e sfilandosi gli occhiali
I tre si avviarono nelle loro stanze, scambiandosi
un’occhiata confusa. Chissà cosa aveva di così importante da comunicargli.
Nessuno aveva più ripensato al motivo del loro ritrovo, erano tutti troppo
entusiasti di rivedersi. Ora però che la risposta stava per arrivare si sentivano
stranamente nervosi, sapevano cosa avrebbe significato per loro ritornare
a…combattere. Combattere. Non avevano fatto altro per sette anni e ora li
stavano richiamando all’ordine.
“Mi vuoi dire che c’è?” domandò Willow all’amica
Buffy le lanciò uno sguardo eloquente, aprendo
l’armadio per prendere un paio di jeans e una felpa
“Spike?”
“Centro” disse con una punta di ironia “l’ultima
volta che lo ho visto è stato…circa 1 anno 10 mesi e 17 giorni fa…e lui stava
bruciando per salvare il mondo. Ah, dimenticavo…gli ho anche detto che lo
amavo”
“Non è una bella situazione” commentò
Buffy si sedette sul letto, scoraggiata. Non sapeva
proprio cosa dire o come comportarsi, ma la preoccupava soprattutto la reazione
nel vederlo.
“Ma…ti è passata vero?” domandò incerta
Buffy la guardò scettica
“credo…spero di sì. Anche perché…andiamo, non è
pensabile che…dopo due anni che non lo vedo e un ragazzo a casa che mi
aspetta…”
“Ok, parliamo del ragazzo a casa che ti aspetta”
“Ehi…ti sembra il modo di torturarmi? Come se non ci
pensassi già da sola…”
D’un tratto il campanello suonò al piano di sotto. Le
due si scambiarono uno sguardo allarmato.
“Coraggio – disse Willow prendendola per mano e trascinandola
verso la porta – sei o non sei la Cacciatrice?”
“In pensione prego” rispose lei contrariata
Buffy scese lentamente le scale, appoggiandosi al
corrimano. Il cuore non le stava più nel petto. Lo avrebbe rivisto. Avrebbe
rivisto Spike. Aveva paura, non sapeva se era in grado di affrontarlo;
dopotutto l’ultima volta che si erano visti era in atto l’ennesima apocalisse.
Furono gli istanti più lunghi della sua vita. Stava
provando emozioni che non dovevano nemmeno sfiorarla, che aveva cercato di
occultare; ma non era più possibile nasconderle: un misto di gioia e di paura,
di nervosismo e di sollievo. Di sicurezza. Un sentimento che era riuscita a
provare solo con lui e che non aveva trovato in nessun essere umano.
Sentì delle voci soffuse, che si facevano sempre più
vicine
“Ciao Spike”
“ Buongiorno Giles”
ora vedeva le loro teste tra la ringhiera del
corrimano, si stavano stringendo la mano, come se fossero vecchi amici
E se fosse cambiato? L’angoscia la afferrò allo
stomaco, un brivido le corse lungo la schiena. Non riusciva a calmarsi, ma le
sue gambe la portavano sempre più in basso, verso i due uomini. Già, un uomo.
Era diventato un uomo. Un po’ anomalo, ma Spike lo era sempre stato, anche da
vampiro. Ed era lei la causa dei suoi cambiamenti, anche se non li aveva
vissuti con lui. Non tutti almeno. Sapeva che ora poteva circolare alla luce
del sole, glielo aveva detto lui al telefono.
Le ritornò alla mente la loro ultima conversazione,
breve e fredda, e si voltò dall’altra parte, come se volesse assurdamente
scappare.
Willow era dietro di lei e si accorse della sua
titubanza. A passo rapido la superò, presentandosi all’entrata. La vide andare
verso di lui, seminascosto dalla ringhiera. Non distingueva ancora il suo viso
“Spike!” la strega sorrise nel vederlo. Sempre con la
solita giacca e i capelli biondi lisciati con il gel.
“Rossa!” la chiamò lui di rimando, con un’espressione
felice sul viso. I due si avvicinarono, abbracciandosi. Lui la sollevò da terra
ridendo.
“Allora, cosa hai fatto saltare in aria in questi
ultimi anni?”
“Simpatico…e tu non hai ancora smesso di tingerti i
capelli in quel modo, gli anni settanta sono finiti sai?”
era arrivato il momento, tra poco sarebbe scesa…lei.
Spike non aveva il coraggio di voltarsi verso le scale. Sapeva che lei era lì.
Si guardò intorno, incontrando lo sguardo della strega.
Tra loro cadde il silenzio.
Tutti lo guardavano, aspettando che si votasse. Lei
c’era…sentiva il profumo della sua pelle. Non lo avrebbe mai dimenticato, gli era
entrato dentro. Si maledì mentalmente: si era ripromesso di cacciare sentimenti
inutili, soprattutto in quel momento. Non poteva…non poteva lasciarsi andare.
Aveva promesso, giurato mille volte a se stesso di non fare lo stupido errore
di crederci ancora e di non aggrapparsi mai al pensiero dell’istante in cui
lei…ti amo…non poteva pensarci, non poteva ricordare quegli occhi che lo
guardavano pieni di angoscia, di frasi non dette, ma che cercavano ugualmente
di fargli capire qualcosa.
Scosse leggermente la testa, come a voler scacciare
cattivi pensieri. Nulla. Non doveva aspettarsi nulla. Ormai lei non faceva più
parte della sua vita, c’era Fred con lui. La frustrazione prese il sopravvento,
ricordando le parole di Angel…farà male…Dio come aveva ragione. Saperla così
vicina, dopo tanto tempo.
Prima i secoli duravano un sospiro, il tempo non
aveva senso. Quei due anni invece gli erano sembrati millenni, come se la sua
immortalità avesse perso peso…non si sarebbero nemmeno sfiorati, lo sapeva.
Ora lo vedeva distintamente, era voltato di spalle e
guardava Willow.
Non poteva crederci.
Spike era lì, davanti a lei, e presto si sarebbe
voltato. Cosa avrebbe fatto? Trattenne il respiro vedendo le sue spalle girarsi
lentamente. Poi, solo il suo viso.
Si era voltato lentamente.
Talvolta le cose che si desiderano fanno paura. Lui
aveva desiderato così ardentemente di rivederla, di perdersi un’ultima volta
nei suoi occhi, di sentirla vicina, anche solo un istante. E adesso era lì,
poteva vederla scendere lentamente le scale, con una mano poggiata sulla
ringhiera, i capelli raccolti, il viso disteso. Si stava dirigendo nella sua
direzione, ancora qualche metro…provò l’assurdo istinto di ritrarsi, ma non si
mosse. Non riusciva a distogliere lo sguardo, come se la vedesse per la prima
volta.
Come quando era tornata dall’aldilà.
Anche allora, se il suo cuore avesse battuto, si
sarebbe fermato. Non si sentiva più le gambe, avrebbe voluto avvicinarsi a sua
volta, per farle capire che era lì per lei. Solo per lei. Il resto non contava.
Il mondo aveva perso importanza.
Si bloccò. Lui la stava fissando…ricordava bene
quello sguardo. Non lo aveva mai dimenticato. …quando era risorta…anche allora
lui la guardava così.
Non abbassò gli occhi, proseguendo nella sua
direzione. Non riusciva a fermarsi. Sapeva che stava per fare qualcosa di cui
forse si sarebbe pentita, ma non ce la faceva. Si sentiva bruciare, niente
esisteva introno a lei, solo lui e i suoi occhi. L’aveva ritrovato. …sei il mio
campione…
Spike non riusciva a distogliere lo sguardo, a
reagire. I suoi pensieri giravano intorno alla sua immagine come satelliti
impazziti.
L’istante successivo se la trovò tra le braccia.
Strinse con forza quel corpo minuto, affondando il viso nei suoi capelli
morbidi. Sentiva il suo cuore battere contro il petto, le sue mani serrate
intorno al collo e il viso appoggiato alla spalla.
Un momento di paradiso.
Non riusciva a lasciarla, ad allontanarsi da quel
calore che lo irradiava e abbagliava. Una gioia inaspettata lo colpì senza
preavviso…tutti i suoi piani per non distruggere il precario equilibrio
creatosi durante quegli anni erano crollati quando Buffy gli aveva gettato le
braccia al collo. Ogni suo pensiero si era annullato.
Era riuscita a stupirlo per l’ennesima volta, a spiazzarlo completamente. …sei un diavolo
di donna. Sei l’unica Buffy…
Si aggrappò con maggior forza al suo collo, poggiando
il viso sulla sua spalla, gli occhi bagnati da una lacrima. Lui era lì.
Tutte le incertezze dell’istante
precedente erano sparite quando lo aveva sentito stringerla. Era di nuovo tra
le sue bracca.
Lentamente e a malincuore i due si separarono.
“ciao Spike” lo salutò con un po’ di timidezza
“Ciao Buffy”
rispose, senza riuscire a staccare gli occhi da quelli di lei
“bene, sono contento che sia arrivato anche tu Spike”
disse Giles, per colmare il silenzio calato.
“Lei chiama, io corro” rispose ironicamente il
vampiro
“Bene…bene. Tra breve sarà qui anche Dawn. Intanto ci
possiamo accomodare in salotto”
tutti si diressero nel bel salone, osservando le
antiche librerie ricolme di testi rilegati in pelle. Quanto si furono
accomodati sui due grandi divani l’Osservatore cominciò a parlare.
“direi che possiamo iniziare…prima di tutto vi
ringrazio di essere tutti qui. So che non deve essere stato facile per voi
lasciare le vostre città e il lavoro, ma è successo qualcosa di…di molto
brutto”
“Mi faccia indovinare…un apocalisse?” chiese Xander,
zittito però dallo sguardo di Buffy, Spike e Willow, tutti e tre me avevano avuto
abbastanza di apocalissi e fini del mondo.
“No…non precisamente” rispose l’osservatore,
rimanendo serio “Ma lasciate che vi spieghi tutto con ordine”
detto questo, prese una sedia antica con lo schienale
in legno lavorato, sedendosi e aprendo un libro sul tavolino di fronte a lui.
Tra i presenti era calato il silenzio, gli occhi
erano puntati sulle dita di Giles, che sfogliavano agilmente le pagine consunte
e ingiallite.
D’un tratto suonò il campanello.
L’osservatore si fermò, voltandosi vero la porta
d’ingresso. “dev’essere Dawn”
Buffy si alzò decisa, camminando verso la porta per
andare ad aprire
“Buffy” sussurrò la ragazza, gettandole le braccia al
collo
“ciao sorellina” disse l’altra, stringendola forte
“fatto buon viaggio?”
“Sì…anche se il mio vicino di posto russava e ho
dovuto spiegare ad un taxista spagnolo come arrivare in questo posto
dimenticato dal mondo” disse scherzosamente ad alta voce, perché Giles sentisse
“Ciao Dawn” l’uomo aprì le braccia, in gesto
affettuoso
la ragazza sorrise, andando nella sua direzione e
lasciandosi abbracciare “Mi è mancato signor Giles”
Xander e Willow si avvicinarono alla nuova arrivata
per salutarla; solo Spike era rimasto in disparte a guardare la scena.
Quanto le era mancata, la sua Briciola. Ed ora eccola
là, una donna. Non aveva il coraggio di avvicinarsi, tra loro i rapporti si
erano raffreddati quando…non poteva nemmeno pensarci.
Dawn perlustrò la stanza con lo sguardo, lui era là
in fondo. Si accorse del suo sguardo commosso e si avvicinò lentamente.
“Ciao Spike” sussurrò con gli occhi lucidi
“Ciao Briciola” disse dolcemente. Gli aveva fatto il
regalo più bello che potesse aspettarsi da lei. Il perdono.
Le accarezzò delicatamente una guancia
“Ormai sei una donna…posso ancora chiamarti così?”
“Solo perché sei tu” gli sorrise, stringendo la mano
appoggiata sulla sua guancia
Insieme alla nuova arrivata si sedettero nuovamente
sul divano. Le due sorelle erano vicine, entrambe con il cuore in subbuglio.
Erano tutti insieme. Di nuovo.
“Bene. Ora che ci siamo tutti…inizierò da principio”
cominciò Giles, respirando profondamente. “prima di tutto vi ringrazio per
essere…essere venuti. Come ho detto un minuto fa, non deve essere stato facile
per nessuno di voi. Vi siete rifatti una vita, lontani da tutto questo – aprì
le braccia, a indicare la stanza e il libro posato sul tavolo di fronte a lui –
so che vi ho chiesto molto e sono consapevole anche del fatto che potreste
rifiutare quello che sto per dirvi e ciò che questo comporterà. Non siete
obbligati a fare niente. –fece una breve pausa, come a voler sottolineare
quanto appena detto – detto questo, credo sia il caso di spiegarvi cosa sta
succedendo. Quando ve ne siete andati sono stato contattato dal Consiglio, che
era al corrente di quanto successo a Sunnydale. Volevano rendersi conto della
portata dei cambiamenti avvenuti sulla Bocca dell’Inferno, ma soprattutto sulle
nuove cacciatici. – sottolineò quest’ultima parola con voce grave, inspirando
prima di continuare – mandarono una squadra di perlustrazione nel cratere,
prima di colmarlo, per recuperare il medaglione – Spike si mosse leggermente,
più volte si era chiesto che fine avesse fatto, non lo aveva al collo quando
era tornato – dopo averlo trovato seppero finalmente di cosa si trattava. Angel
non era al corrente dei suoi veri poteri, altrimenti non sono sicuro che ce lo
avrebbe portato. È la chiave del portale che conduce all’Inferno e apre un
portale molto simile a quello di Akatla. Quando però il gorgo si è aperto ha assorbito
il First Evil…insieme a tutta la città – abbassarono lo sguardo, come se si
sentissero in imbarazzo. Sunnydale era stata la loro culla e prigione,
soprattutto per Buffy. Sentimenti opposti si accavallavano in lei, senza
trovare sfogo – contemporaneamente però la serie di incantesimi fatti per
risvegliare le altre cacciatici hanno portato ad una reazione. – a Willow gelò
il sangue nelle vene. Ricordava le parole di Sike e del signor Giles, dopo
l’incantesimo per richiamare Buffy. …la magia ha sempre delle conseguenze… e
sortirono l’effetto di una doccia fredda – e, come potete immaginare, non è
stata buona. Per ogni nuova prescelta contro il male nacquero altrettanti
demoni. Di fronte al bene, è cresciuto anche il male. …per riportare equilibrio
nell’universo”
“Come è successo con la mia resurrezione” sussurrò
Buffy, stropicciandosi le mani in grembo
“esatto. – asserì Giles, sfilandosi gli occhiali e
strofinando vigorosamente le lenti con un fazzoletto bianco – il Consiglio si rese
conto che il rapporto bene- male non era cambiato, aveva solo aumentato le
proporzioni. Questo significava che in ogni città, in ogni angolo del pianeta
la situazione sarebbe diventata analoga a quella di Sunnydale. Sarebbe stata
una guerra continua, più feroce e con più vittime. Un prezzo troppo alto; senza
contare che le nuove cacciatici erano sole, senza qualcuno che le guidasse. Ci
sarebbero voluti anni per allenarle a combattere, era come mandarle tutte al
macello.”
“le hanno eliminate” biascicò Willow, con gli occhi
chiusi, alla disperata ricerca di tenui segnali della loro presenza vitale
Giles abbassò lo sguardo “Hanno fatto l’incantesimo
inverso, servendosi del medaglione, stroncando sul nascere le nuove orde di
demoni che si stavano riversando sulla terra. Il prezzo però è stato
sacrificare le nuove prescelte. I loro poteri sono scomparsi. Sono tornate alla
loro vita mortale. – fece una lunga pausa, sapeva quanto la rivelazione avesse
sconvolto i ragazzi - Solo una è rimasta. La nuova Cacciatrice, nata per
proteggere la Bocca dell’Inferno che si è aperta a Claveland.”
“Tutto è tornato come prima quindi” disse Buffy “Una
prescelta per ogni generazione”
“Sì. Precisamente.”
La Cacciatrice sorrise amara “una. Una sola. Come è
sempre stato. E noi che ci illudevamo di poter cambiare le regole”
“e infatti le regole sono cambiate. Ha avuto la
possibilità di scegliere. …La ragazza ha detto sì”
“un po’ come un contratto matrimoniale. E magari le
hanno anche stipulato una polizza per morte prematura” commentò Xander, con
pacatezza
Giles non sapeva cosa dire
“una prescelta è necessaria, lo sapete come lo so io.
Il mondo ne ha bisogno, perché fatto di piccoli cambiamenti.” Non c’era bisogno
di aggiungere altro sull’argomento
“vi starete chiedendo cosa centrate voi in tutto
questo. A Claveland la Bocca dell’Inferno si sta riaprendo, un nuovo maestro ha
preso la città e la Cacciatrice ha bisogno di aiuto. Inoltre ci sono stati
profondi sconvolgimenti sull’equilibrio tra i mondi, dopo l’apertura del
sigillo sotto Sunnydale. Nuove forze sono entrate in collisione l’una con
l’altra e…”
“Il Consiglio le ha chiesto di ricontattarci perché
non aveva nessuno che facesse da baby sitter alla nuova Cacciatrice?” commentò
Spike con rabbia
“Non è stato il Consiglio Spike. Non direttamente
almeno. È stata la Custode.”
“La Custode?” domandò Dawn confusa
Per tutta risposta l’Osservatore girò verso di loro
il libro che aveva aperto, indicando con un dito un’immagine disegnata a inchiostro
sulle pagine ingiallite.
“L’entità che sceglie tra le potenziali cacciatici
chi andrà a sostituire quella…” non completò la frase, era troppo doloroso
ricordare.
“Di cosa si tratta concretamente?” domandò Willow,
con voce grave, continuando ad osservare lo schizzo
“Io…non mi è consentito dirvi di più. Dovete prima
decidere” li guardò tristemente, detestava il ruolo che era stato costretto ad
assumere. Mediare per il consiglio. Poteva immaginare il rancore che provavano
nei suoi confronti, e gli bruciava maggiormente perché li aveva appena
ritrovati. Ma si rendeva conto che era stato meglio così; avevano una scelta
finalmente. Potevano rifiutare, tornare alle loro vite, dimenticandosi di un
mondo di orrori che li aveva inghiottiti troppo presto. Non sapeva se augurarsi
che accettassero o meno.
Li guardò negli occhi, uno ad uno.
“so che è difficile…fidarvi. Ma questa volta non
siete obbligati a fare qualcosa. Io…io non vi biasimo se decidete di andarvene”
“cosa succede se non accattiamo?” domandò incerta
Buffy
“La Custode designerà qualcun altro”
“quanto…tempo abbiamo?”
“Se deciderete di accettare partiremo il prima
possibile per Claveland. Altrimenti…beh, ci saluteremo qui” pronunciò
lentamente le parole, quasi volesse assicurarsi che ne comprendessero il
significato.
Una pesante cappa di silenzio aveva coperto la
stanza. Nessuno accennava al benché minimo movimento, come se non volesse
attirare su di sé l’attenzione.
Buffy era seduta mollemente sul divano, adagiata sui
morbidi cuscini. Un milione di idee le fluttuavano in testa, senza che
riuscisse a razionalizzarle. Non aveva mai veramente pensato che sarebbe
tornata a combattere. Certo, sapeva che la chiamata di Giles non poteva
riguardare altro, ma non riusciva a convincersi del fatto che la sua vita
avrebbe realmente potuto tornare quella di una volta. Già, quella che conduceva
a Sunnydale. Scacciò quel pensiero…non riusciva a fare un paragone tra la sua
vita presente e quella passata. Le era capitato di compiangersi perché non aveva
più a fianco i suoi amici, perché si sentiva un pesce fuor d’acqua in un mondo
così maledettamente…normale, ma sapeva di non poter scegliere e di dover
soltanto accettare il cambiamento, adattandosi il prima possibile. Ora però il
suo fingere era arrivato al capolinea. Doveva decidere, analizzare attentamente
ogni cosa e decidere. Cercò di
concretizzare l’idea: tornare a passeggiare per cimiteri bui e uccidere demoni.
No…sapeva bene che la sua vita passata non era fatta solo di quello. Certo era
il suo fine primario, ma c’era dell’altro. …Sentirsi forte, sicura. Assaporare
l’aria della notte e constatare che era il suo regno. Vivere in un mondo
eternamente diviso tra bene e male, senza confini precisi…poi pensò a Mark,
alla sua nuova vita: tranquilla e, avrebbe potuto dire, felice. Normale. In un
ambiente dove nessuno la avrebbe giudicata strana, circondata da persone che
nemmeno nei sogni più assurdi avrebbero potuto immaginare quello contro cui lei
aveva combattuto…
D’un tratto vide Giles alzarsi e ritornò
immediatamente a concentrarsi sui presenti.
“Io…io vado in cucina. A preparare il the.” Si voltò
imbarazzato verso la porta, voltandosi però dopo un attimo “So che non è
facile, ma ricordate una cosa –li squadrò, mentre silenziosi non avevano il coraggio
di alzare lo sguardo uno verso l’altro – anche gli adulti hanno bisogno
d’aiuto” uscendo guardò un istante ancora Buffy, che, nel sentire quelle
parole, si era voltata verso di lui.
…perché è tornato?…perché ho capito che anche gli
adulti si aiutano…ricordava quelle parole. Quando era tornato a Sunnydale per
aiutarli contro Willow. Gli aveva raccontato angosciata tutti i problemi che
avevano dovuto affrontare dopo la sua partenza…e ricordava anche la sua risata
finale, come a ricordarle che non era necessario prendere tutto così
seriamente, perché lei aveva sempre affrontato problemi enormi, senza
rendersene conto.
Lo guardò scomparire dietro il muro che divideva le
due stanze. D’un tratto si accorse che tutti gli occhi erano puntati su di lei:
quelli incerti di Willow, gli spaventati di Xander, i curiosi di Dawn, i
risoluti di Spike. Guardavano lei, si aspettavano che facesse qualcosa, come
era sempre successo. E come avrebbe continuato ad essere.
Trasse un lungo respiro prima di cominciare “Bene,
siamo tutti qui, di nuovo. Prima però non potevamo scegliere se combattere o
meno, ora ne abbiamo la possibilità. – il suo tono era pacato, il suo non
voleva essere un discorso che portasse a una scelta, ma solo un chiarimento –
possiamo tornarcene a casa, tentando di dimenticare tutto quello che ci è
successo a Sunnydale…oppure ritornare sui nostri passi. La scelta è nostra,
come la responsabilità che ne deriva. – li guardò, come per leggere i loro
pensieri – dobbiamo prima di tutto scegliere le nostre priorità, tutto si basa
su questo. In cosa crediamo?”
“Buffy… ci sta chiedendo di tornare a combattere”
sussurrò grave Xander
“lo so” la ragazza chiuse gli occhi, cercando la
concentrazione necessaria per proseguire “ma dobbiamo scegliere.”
Un nuovo opprimente silenzio scese sui presenti.
Scegliere…a pensarci bene sarebbe stato più comodo accettare una decisione
altrui. Ma non avevano lottato per quello, tutti quegli anni? Per dare una
scelta…la scelta di vivere a tutti quelli in pericolo, la scelta di cambiare ai
malvagi, la scelta di sopravvivere al mondo…
Buffy rimase in silenzio. Le sue priorità. Era
arrivato il momento di decidere. Cosa le diceva il suo cuore che non era
riuscita a capire? Quali parole sussurrava la sua coscienza quando lei la
scacciava? Aveva paura…paura di scegliere. Perché avrebbe potuto anche prendere
la strada sbagliata.
Sbagliare. Non la aveva mai preoccupata allora,
quando non si ha niente da perdere non resta che agire. Ma adesso aveva una
vita, abbandonarla voleva dire perdere nuovamente le basi costruite con tanti
sacrifici…chiuse gli occhi, voleva sentire di nuovo l’energia, la forza
rifluire in lei. Aveva bisogno di coraggio. Le tornarono in mente tutte le
apocalissi sventate, i demoni uccisi…si sentiva nata per quello. E poi c’era
una cosa che aveva tentato di dimenticare, ma che ora tornava ad essere una
consapevolezza: lei era la Cacciatrice. Era di nuovo la Prescelta.
Poteva barattare la sua vita attuale con quella passata?…quale
avrebbe scelto?…
Aprì gli occhi
“una questione di priorità…in questi anni abbiamo
cercato di dimenticare contro cosa abbiamo combattuto, ma abbiamo scordato
anche cosa siamo stati?…prima di avere chiuso realmente con il passato dobbiamo
chiederci se siamo pronti a dimenticare quello che siamo stati. …Io non sono in
grado. Sono ancora la Cacciatrice. –fece una lunga pausa, quasi avesse perso
fiducia in ciò che stava per dire – non posso cancellarlo. Ci hanno assegnato
un ultimo compito e, prima di poter dire di essermi lasciata questa realtà alle
spalle, sento di doverlo portare a termine. Però…ho capito quali sono le mie
priorità. Siete voi. Voi che mi avete sostenuto negli anni più difficili…-
dicendo questo guardò tutti i presenti, soffermandosi qualche istante negli
occhi del vampiro - c’eravate sempre. Non posso affrontare niente senza di voi,
non lo ho mai fatto. Quindi, se voi rinunciate, rinuncio anch’io.”
Dawn le strinse la mano, guardandola con fiducia.
“Non sarà per sempre. Combatteremo, vinceremo, ma le
nostre vite non scappano! Però questa potrebbe essere l’ultima possibilità di…-
non terminò la frase, abbassando lo sguardo. Avrebbe potuto essere l’ultima
possibilità per molte cose. Combattere insieme, per esempio. Condividere un’ultima
volta quei momenti così…intimi…con la sorella. Ma anche per ritornare ad essere
la squadra imbattibile che erano diventati. Per sentirsi di nuovo così uniti da
mettere la vita nelle mani dell’altro…alzò la testa, continuando con voce
sicura – io ci sto”
Willow si guardò intorno, Buffy non era cambiata:
sempre pronta a combattere. Aveva sempre saputo quanto essenziale fosse per
lei. Le era anche capitato di invidiarla per la sua forza, la sua incapacità di
lasciarsi andare e di abbandonare qualcosa in cui credeva. Ora toccava a lei
scegliere, glielo doveva. La avevano intimamente colpita quelle parole
sussurrate: la mia priorità siete voi. Ma quali erano invece le sue di
priorità? Cosa era più importante? La sua nuova vita le dava quello di cui aveva
bisogno?…troppe domande. Il suo futuro era legato a una semplice risposta: sì o
no. Guardò la ragazza bionda di fronte a lei. Non aveva più trovato un’amica
così…speciale. Ripensò al signor Giles; le aveva insegnato tutto quello che
sapeva, le aveva cresciute e amate come figlie. Non riusciva ad odiarlo per la
scelta a cui le aveva messe di fronte. Sapeva che nemmeno per lui doveva essere
facile.
Si guardò le mani. A cosa potevano servirle?…i suoi
poteri. Un tuffo al cuore.
I poteri che avevano quasi portato alla fine del
mondo ora erano chiusi in una piccola sfera di vetro luccicante. Ricordò con
dolore quello che aveva provato quando il signor Giles aveva iniziato
l’incantesimo per intrappolarli lì. Era stata lei a chiederlo. Si era sentita
svuotata, la ragazzina insicura aveva ripreso il sopravvento. Era tornata
normale.
…avrebbe riacquistato i suoi poteri e gli amici. La
sua famiglia. Quello che aveva lasciato a Washington non aveva più importanza.
Non c’era niente a cui fosse veramente legata, aveva accettato qualsiasi
trasferimento le veniva proposto, una città valeva l’altra perché nessuna
sarebbe stata mai la sua.
“anch’io” disse risoluta. Buffy la guardò negli
occhi…quasi con riconoscenza.
Spike osservava la scena. Quanto era stato difficile
per loro decidere. Lui invece vedeva così cristallina davanti a sé la strada
giusta, anche se forse sarebbe stata l’ultima volta che la avrebbe percorsa.
C’era lei davanti a sé. Come c’era sempre stata, per un motivo o per l’altro.
…basta che lei non sia sola…questa era la sua priorità. Però vicino a lei
vedeva anche gli altri ragazzi. Gli amici un po’ imbranati ma insostituibili.
Aveva imparato ad amarli come faceva lei.
Guardò un istante Dawn, poi di nuovo Buffy. …Chi ti copre
le spalle se io ti lascio sola?…sorrise leggermente.
“sempre a vostra disposizione” disse con voce ironica
ma sincera.
Xander si guardò intorno. Era l’ultimo. Anche durante
le loro discussioni al Magic Box era il più restio ad accettare di combattere,
ma non lo faceva per paura. Non solo per quella almeno.
Ripensò ad Anya, la rivedeva gettarsi per salvare
Anrew e poi mollemente distesa a terra…come potevano anche solo pensare di tornare in quell’inferno!
Le guardò negli occhi…leggeva solo determinazione.
Stupida determinazione. Quante persone erano morte per una causa persa in
partenza. Distruggere il male!
Anya, Tara, Buffy addirittura due volte, anche Spike.
Entrambi erano tornati. Ma loro erano creature straordinarie, dotate dei poteri
necessari per difendersi e difendere gli altri. Ma i comuni mortali, quelli
come lui che non sapevano cosa voleva dire essere speciali, per loro non c’era
niente da fare.
Un moto di rabbia lo percorse. Rischiare di nuovo la
vita per salvare un mondo che non vuole essere salvato.
“Xander?” chiamò Willow, con voce incerta
Il ragazzo sospirò, voltandosi da un’altra parte.
“cosa vuoi che ti dica Willow. Che ho voglia di tornare indietro? Che ho voglia
di combattere contro qualcosa che, nonostante noi lo abbiamo distrutto tante
volte, torna sempre? Avete preso in considerazione l’ipotesi di finire male…ma
veramente male? Non siamo in un film Buffy, qui il bene non vince sempre.”
Disse lanciandole uno sguardo penetrante
“finchè ci siamo stati noi sì”
“Dimmi una cosa Buffy, e anche tu Willow…ditemi
veramente perché volete tornare a combattere. Cosa vi spinge verso la violenza.
Perché rifiutate la pace ora che la avete trovata?…perché sono convinto che non
è per salvare il mondo che tornate indietro”
le due ragazze stettero in silenzio. Aveva davvero
ragione?…
“Vuoi dire che lo fanno per manie di protagonismo?”
rispose ironico Spike “rispondi a una domanda: perché tu lo hai fatto per sette
anni?”
Xander rimase in silenzio.
“è vero, non lo faccio solo per salvare il mondo. E
hai ragione nel pensare che ci siano anche fini egoistici dietro. Ma…in tutti
questi anni non sono mai riuscita a togliermi dalla testa una cosa.
Probabilmente l’unica che io abbia mai saputo con certezza. Lo faccio perché è
giusto.” Disse Buffy, la sua voce era diventata fredda.
“Xander, qual è il problema?” domandò Willow
“Il problema è che è già morta troppa gente durante
questa guerra”
“non hai più il coraggio di correre il rischio?”
chiese Spike provocatorio
“non ho voglia di morire” gli ringhiò contro Xander
“E tu pensi che invece noi siamo autolesionisti e
cerchiamo di farci ammazzare? È ora di decidere in cosa credi ragazzino”
Buffy era rimasta in silenzio, non aveva altro da
dire. Su un punto però Xander aveva ragione, non lo faceva solo per salvare il
mondo, ma anche per salvare sé stessa da…dal peso che la opprimeva da quando
tutto era finito. Voleva ritrovare la forza che la faceva sopravvivere ad ogni
situazione, la carica che la aveva tenuta in vita contro tutto e tutti. E più
di ogni cosa voleva riscoprire cosa voleva dire avere di nuovo qualcuno
accanto, che la facesse sentire meno sola.
…ho visto le cose migliori e le peggiori di te…
Xander passò lo sguardo tra Willow e Buffy. Non
capiva il loro bisogno di…non sapeva nemmeno di cosa, però vedeva l’angoscia
dipinta sui loro visi. Era come se cercassero qualcosa e pensassero di
ritrovarla solo così.
Tornò a sedersi composto sulla poltrona, con sguardo
serio.
“per voi è importante?” chiese con un leggero sospiro
Nessuna delle due rispose. Anche loro condividevano
in parte il pensiero di Xander, ma le ragioni che le spingevano ad agire
avevano la meglio sulla razionalità. In fondo niente di quanto successo si
poteva dire razionale.
Il ragazzo aspettò la risposta per un altro istante.
Poi prese a strofinarsi le mani.
“Perfetto ragazze, si parte per Claveland! Pronti per
distruggere un altro centro commerciale”
qualche ora più tardi la casa era in fermento.
Sarebbero partiti con il primo volo per l’Ohio. I leggeri bagagli che ognuno di
loro aveva portato con sé erano accatastati davanti all’ingresso, pronti per
essere caricati sul taxi che li avrebbe portati all’aeroporto.
Buffy era ancora nella sua stanza, intenta a chiudere
le persiane. Il signor Giles barricava la casa come se fosse un bunker ogni
vota che partiva!
Si sentiva stranamente emozionata e…trepidante. Sì,
trepidante era la parola giusta. Non aveva ancora ben chiaro cosa avrebbero
fatto, una vota arrivati a Claveland, ma in quel momento non le importava: si
sentiva leggera, come se la tensione che aveva accumulato si fosse
improvvisamente volatilizzata. Sapeva comunque che la situazione di stallo del
momento era destinata a non durare: presto o tardi avrebbe dovuto parlare con
lui. Scosse la testa ripensando a come lo aveva salutato. Gli era praticamente
volata tra le braccia…in quegli istanti non c’era posto per Mark. Ora però
vedeva la sua reazione sotto un’altra ottica; come la aveva interpretata Spike?
Si rendeva perfettamente conto che era stupido anche solo pensare che fosse
ancora…single. Scacciò quei pensieri, le sembrava il momento di vaneggiare
sulle possibili love-story di Spike? Inoltre nemmeno lei sapeva cosa provata.
Tentò di concentrarsi sulla missione che li aspettava…
Sentì picchiettare delicatamente alla porta
semichiusa.
“entri pure signor Giles” disse sorridendo
leggermente
“Buffy…io volevo parlarti un attimo, hai da fare?”
si guardò intorno con ironia “No, credo di aver tappato
ogni buco di questa casa…è davvero ossessionato dalle apocalissi eh?”
L’uomo accennò ad una risata
“Buffy… - si sedette accanto a lei sul bordo del
letto – mi dispiace di averti coinvolto in tutto questo”
lei abbassò lo sguardo
“Vuol dire che non è contento di avere di nuovo la
sua Cacciatrice preferita?”
“So quanto possono essere stati duri per voi questi
anni lontani e francamente non capisco perché abbiate accettato, però ora siete
qui e stiamo… – sorrise –stiamo per andare a salvare un’altra città dalla Bocca
dell’Inferno”
Buffy rimase in silenzio, poteva immaginare quanto
impacciato si sentisse Giles in quel momento. Stava cercando di dirle qualcosa
che però lo rendeva nervoso.
“Beh…per combattere di nuovo tu hai bisogno dei
tuoi…poteri” abbassò gli occhi
La ragazza ricordava l’iniezione. Era stato come
quando il consiglio aveva voluto testare la sua capacità di Cacciatrice.
Una puntura. Con una semplice puntura i suoi poteri
erano andati via via diminuendo, fino a sparire del tutto.
“Quando arriveremo ti…”
“Mi riattiverà ufficialmente come Cacciatrice”
completò lei la frase
“Esatto. Volevo che tu prendessi in considerazione
anche questa eventualità”
“Si può sapere che succede signor Giles? Sembra che
lei non voglia che…”
“Non voglio mettervi in pericolo tutti, di nuovo. –
aveva preso coraggio ed ora parlava speditamente- quando vi ho visto arrivare
ieri sera, tu Willow e Xander…quanto siete cresciuti. Tu e Willow siete donne
in carriera e Xander è diventato un uomo. Non voglio che perdiate quello che
avete costruito”
“Si ricorda quello che mi ha detto quando me ne sono
andata dopo la morte di Angel? Una Cacciatrice rimane sempre una Cacciatrice”
pronunciò queste ultime parole con sicurezza
“Lo so” disse lui, prendendole una mano tra le sue
“Se poi è anche la migliore e la più longeva non può
che vantarsene” completò sorridendo per allentare la tensione
“Già”
Giles la guardava negli occhi. Brillava la stessa
luce di quando la aveva conosciuta, vedeva riflessa la stessa forza che non la
aveva fatta arrendere davanti a niente.
Si alzò dal letto, avviandosi verso la porta.
…Sì…una Cacciatrice rimane sempre una Cacciatrice…
“Ti aspetto di sotto. Tra poco il taxi sarà qui”
Cap.3 – Benvenuti sulla Bocca dell’Inferno
Scesero dall’aereo, guardandosi attorno. Una fitta
pioggia autunnale tamburellava sui finestrini della macchina che li stava
conducendo al motel dove erano alloggiati. L’autista, che Giles aveva
presentato come John Ripley, era l’osservatore della nuova Cacciatrice. Anche
lui era appena arrivato nell’Ohio dall’Inghilterra.
Buffy lo guardò con interesse. Era alto, con i
capelli corti e brizzolati; dimostrava una quarantina d’anni e portava sottili
occhiali da vista. Le era venuto da sorridere la prima volta che lo aveva
sentito parlare, anche lui con uno strano accento e la voce profonda e un po’
seria.
Guidava lentamente, attento a non sbandare a causa
dell’asfalto bagnato, e chiacchierava animatamente con Giles riguardo all’organizzazione
del giorno successivo.
“Bene, la palestra è qui vicino, useremo quella del
liceo. Seguite le indicazioni e non avrete problemi ad arrivare. È lì che April
si allena.”
“Come sta andando l’addestramento?” chiese Giles, con
l’aria di chi la sa lunga
“fa progressi, ma non abbastanza velocemente. È più
vecchia di una normale Cacciatrice, ha già 17 anni.”
“Sarebbe meno faticoso se avesse qualcuno da cui
imparare…Buffy?” affermò Giles, con aria pensierosa “Domani riavrai i tuoi
poteri” completò la frase, girandosi per guardarla negli occhi.
“per…per me va bene” rispose la ragazza. Si sentiva
in obbligo di aiutare la nuova Cacciatrice, era come se dovesse dimostrare che
era rimasta la stessa, che fosse ancora in grado di svolgere al meglio il suo
compito. Le tornò in mente l’ultima battaglia, era come un riflesso
incondizionato. Era stata l’ultima volta che aveva combattuto sul serio, poi
c’erano stati altri piccoli scontri, ma con demoni ordinari e qualche vampiro
che non aveva ancora lasciato il cimitero…già, l’unica cosa che si era salvata.
…avrebbe riavuto i suoi poteri…
la macchina si fermò davanti ad un bel bed and
breakfast
“perfetto allora, ci vediamo domani mattina” li
salutò l’uomo, indicando con un gesto della mano l’ingresso
“grazie John, ci vediamo domani mattina” si congedò
Giles, scendendo dall’auto per prendere i bagagli.
la pioggia non sembrava aver intenzione di cessare e
il cielo era coperto da una sottile foschia grigia che impediva la vista.
Il piccolo gruppo si diresse, con le borse in mano,
verso la porta.
“bene” cominciò Giles, con le chiavi in mano “ci
vediamo qui domattina, alle otto” Buffy e Willow si stavano guardando intorno
incuriosite “ho detto alle otto. Non le otto e dieci, non le otto e venti, le
otto” precisò rivolto alle due
“ci saremo” affermò Willow, trattenendo una risata
“A meno che non ci periamo nei meandri di questo
posto” concluse Buffy, scambiando un’occhiata con l’amica e indicando l’unico
corridoio che conduceva alle camere
“Bene…abbiamo una tripla, una singola e una doppia.
Buffy, Dawn e Willow la 17, Xander e Spike la 16 e io sarò nella 15” concluse,
lanciando un’occhiataccia a Spike e Xander, che si stavano squadrando con aria
schifata.
Una volta ricevute le chiavi, i ragazzi si diressero
verso le loro camere, stanchi per il lungo viaggio.
“Buffy…potresti fermarti un minuto?” la bloccò
l’Osservatore, aspettando che tutti si fossero allontanati prima di iniziare a
parlare
con un cenno della mano le indicò una comoda poltrona
all’ingresso e a sua volta si sedette davanti a lei.
“Buffy…è il momento di restituirti i tuoi…i tuoi
poteri” completò la frase abbassando gli occhi, come se si sentisse in qualche
modo responsabile
“bene” rispose solo la ragazza, allungando il braccio
e rimboccandosi la manica della camicia, ricordava come si faceva restituire i
poteri ad una Cacciatrice. Era un momento strano, nessuno dei due fiatava.
Buffy si rendeva conto di cosa significava quell’istante: sarebbe tornata ad
essere una Cacciatrice attiva. Ora non si scherzava più, la realtà si era fatta
largo prepotentemente in lei. Il mondo sarebbe tornato ad essere un teatro
cruento di battaglie senza vincitore, la legge del più forte avrebbe
rimpiazzato “il bene vince sempre”, la morte sarebbe tornata a bussare alla sua
porta.
Già, la morte.
Chiuse gli occhi.
…morte...morte…morte…morte…
in quel lungo attimo ripeté quella parola fino a che
non perse il suo significato e si tramutò in un viluppo di suoni indistinti.
“Sei pronta?” chiese Giles, non sapeva se lei era in
grado di guardarlo negli occhi
“pronta” sussurrò, respirando profondamente. Vide
l’osservatore estrarre da un astuccio di pelle scura che teneva nella tasca
interna della giacca una siringa. Il liquido giallo di cui era riempita
zampillò dall’ago. La sua vena pulsava, a causa della pressione del cavo legato
all’avambraccio. Il suo cuore accelerò il battito senza che lei potesse in
alcun modo regolarlo.
Non riusciva a staccare gli occhi dalla vena bluastra
e dall’ago che si avvicinava lentamente…
Avrebbe potuto ritrarre il braccio.
Avrebbe potuto alzarsi e prendere il primo volo per
New York.
C’erano un infinità di “avrebbe”.
…Ancora un attimo e tutti quegli “avrebbe” sarebbero
diventati come polvere nella sua mente
Era quella la sua strada? La direzione che doveva
prendere la sua vita?
…Ancora un attimo e tutti quegli “avrebbe” sarebbero
diventati come polvere nella sua mente
era quella la scelta giusta?
…morte…morte…morte…morte…
il panico la invase
…vorresti che lo facesse qualcun altro?…
l’ago si avvicinava pericolosamente…
…sempre più vicino…
…poteva sentire la pressione della mano sulla pelle
No…no…NO
Quella era la risposta. La scelta giusta.
…sei l’unica Buffy…
aprì improvvisamente gli occhi, puntandoli in quelli
cupi di Giles. Una tacita conferma… il viso dell’uomo si illuminò. Una
Cacciatrice rimane sempre una Cacciatrice.
“Si ricorda l’ultima volta che mi ha fatto questa
stessa puntura?” chiese dolcemente la ragazza, trasalendo quando l’ago penetrò
nella carne
“…avevi 17 anni – sorrise al ricordo – e non ti
saresti fatta piegare da niente. Nemmeno da un vampiro di cento anni che
tentava di ucciderti in una casa abbandonata”
“Già…”
“hai avuto più sangue freddo di me quella volta e il
consiglio non ha gradito” aggiunse sorridendo
“si è preso un bello spavento vero? In effetti non
ero esattamente presentabile quando sono tornata da lei con la voglia di
prenderla a botte”
“…nemmeno quello ci ha diviso” sorrise, ritraendo
l’ago e posando nuovamente la siringa nella custodia.
“Buona notte signor Giles” lo salutò con affetto,
alzandosi dalla sedia e sistemando la manica.
“’notte Buffy”
era già in fondo al corridoio quando si voltò
“Domani faremo vedere di cosa siamo capaci a questi
novellini” disse sorridendo, con gli occhi che luccicavano.
L’uomo sorrise a sua volta, salutandola con la mano
prima di chiudere la porta della sua stanza
Buffy entrò frettolosamente; le luci erano spente e
Willow e Dawn già dormivano. La ragazza si appoggiò allo stipite, sfregandosi
il punto dove poco prima le era stato iniettato…non sapeva nemmeno lei cosa
contenesse il liquido giallo.
Con passo felpato si diresse verso la sedia dove era
poggiata la sua valigia nel tentativo di trovare il pigiama anche al buio. La
camera era illuminata solo dalla fioca luce della luna, offuscata da una tenue
nebbiolina. Aprì leggermente la porta-finestra, uscendo.
La pioggia aveva smesso di tamburellare sui vetri e
lei si appoggiò allo stretto davanzale in ferro battuto che dava sul retro. Una
ventata d’aria carica di umidità la investì, facendola rabbrividire. Si strinse
maggiormente nella felpa, senza però rientrare.
La notte di new York era diversa, più movimentata,
più caotica…in quel momento, circondata dal silenzio, sentiva solo il fruscio
del vento tra i rami degli alberi nel vialetto e poteva seguire il dipanarsi
dei suoi pensieri. Chiuse per un attimo gli occhi, quasi sperasse di sentir
fluire nelle sue vene il potere. Per un attimo la sfiorò il pensiero che
avrebbe potuto rendere la sua forza, una volta conclusa anche quell’ultima
battaglia…sarebbe stata capace di separarsene nuovamente, dopo aver provato di
nuovo l’ebrezza della lotta, il fascino della vittoria…? Non voleva pensarci,
non era ancora arrivato il momento.
Abbassò gli occhi, fissando con sguardo perso la
ringhiera. Il giorno dopo avrebbe dato lezioni ad una aspirante Cacciatrice. Le
venne da sorridere…lei, che aveva violato ogni regola del codice, che si era
staccata dal consiglio, che aveva amato le tenebre egli esseri che combatteva. Eppure il
pensiero di essere di nuovo parte di quel mondo la riempiva di una strana
euforia e trepidazione.
Avrebbe combattuto di nuovo…un cane abbaiò in lontananza,
richiamandola alla realtà. Si voltò vero la porta, decisa a rientrare.
“Buffy?” sentì una voce sussurrare il suo nome nel
buio.
Si voltò di scatto, scrutando nell’oscurità alla
ricerca dell’interlocutore. Guardò in basso. Le gelò la voce in gola…lui.
“Spike? Che ci fai la sotto?” chiese, cercando di non
fare troppo rumore. Si sporse dalla ringhiera, per vedere nel vialetto
sottosante il vampiro, che la fissava enigmatico.
“Non dormo la notte” rispose con un leggero sorriso
un tacito invito a seguirlo
Si guardò intorno furtiva, come se non volesse farsi
vedere, poi scavalcò la ringhiera, atterrando nell’aiuola sottostante, tra le
foglie bagnate di pioggia.
Gli si avvicinò lentamente, senza riuscire a fare a
meno di guardare verso il balcone: sebbene fosse solo il primo piano un normale
essere umano avrebbe sentito il contraccolpo.
Il vampiro la osservò, quasi intuisse i suoi
pensieri.
“hai di nuovo i tuoi poteri?” chiese, con aria meno
sicura di prima
“Giles me li ha iniettati mezz’ora fa –disse
sorridendo. Poi, abbassando lo sguardo – da quanto tempo sei qua sotto?”
“Qualche minuto. Xander russa da circa un’ora, sembra
una sega elettrica” concluse ironico
inconsciamente iniziarono a passeggiare. Entrambi
leggermente imbarazzati: era successo tutto così in fretta, dalla telefonata di
Giles a quel momento erano passati nemmeno due giorni
“Allora…come stai?” chiese Spike, nel tentativo di
imbastire una conversazione
“Bene…-non sapeva come continuare, ma era decisa a
non far finire la conversazione – ora vivo a New York. Sai, lavoro per
un’agenzia assicurativa. È una bella città. Tu invece?”
“Beh…le solite cose. Sto a Los Angeles da Angel,
lavoro più o meno con lui ed abbiamo imparato a sopportarci”
nessuno accennò ai rispettivi fidanzati, era un
argomento troppo imbarazzante. Per la verità tutta la conversazione lo era
stata. Inoltre si sentivano entrambi stupidi a perdere tempo in cose del
genere, quando con tutta probabilità la città in cui erano appena arrivati
sarebbe diventata la nuova bocca dell’inferno. Passeggiarono silenziosi per
qualche minuto, intenti a cercare un argomento di conversazione neutro.
Buffy non sapeva proprio cosa dire, quasi rimpiangeva
il modo in cui lo aveva salutato. Avrebbe voluto fargli un milione di domande,
ma non riusciva a formulane nemmeno una, le sembravano tutte troppo sfacciate.
Che diritto aveva di intromettersi di nuovo nella sua vita? l’ultima volta
gliela aveva buttata all’aria.
Si era inconsciamente avvicinata a lui…quante volte
aveva sognato un momento simile…aveva ritenuto impossibile che tutto ciò
accadesse di nuovo, invece ora erano lì.
Considerò l’ironia della cosa, appena due anni prima
lui era morto per salvare lei e il mondo, poi era resuscitato e tra loro non
c’era stato altro che una breve telefonata. Ora invece erano insieme e
passeggiavano per una cittadina sconosciuta, infischiandosene del fatto che
tutti e due avevano una vita da un’altra parte, come se non fosse passata
nemmeno un’ora dall’ultima volta che avevano fatto la ronda insieme.
Si sentiva combattuta…sapeva anche troppo bene quanto
fosse cambiata la situazione in quel periodo, o quantomeno lo intuiva. Il suo
posto era Los Angeles, mentre lei avrebbe dovuto essere a New York, rannicchiata
tra le braccia di Mark, non nell’Ohio a chiacchierare con un vampiro di notte.
Eppure ora era lì, e l’unica cosa che le importava
era sapere perché lui avesse accettato di venire…perché rischiare un’altra
volta la vita, acconsentire a rivedere la persona che lo aveva fatto soffrire
di più al mondo, con il rischio di perdere quello che era riuscito a crearsi in
quegli anni?
Perché…
Spike camminava lentamente, la spalla di lei che gli
sfiorava il braccio. Guardava il cielo, poi il marciapiede, senza avere il
coraggio di puntare lo sguardo su di lei. Poteva percepire il suo calore,
sentirne il respiro leggermente affannoso per il freddo…lei era lì, era Buffy.
Non poteva credere di passeggiare come se niente
fosse con l’unica donna che…non aveva più importanza ormai. Si era costretto,
si era imposto di dimenticare quello che era stato.
Non aveva mai riflettuto molto sul peso delle sue
azioni, dava retta all’istinto, non alla ragione. Ora però immaginava che lei
avrebbe voluto un chiarimento, sapere il motivo per cui si era precipitato da
Giles, dopo la maledetta telefonata. Quanto gli era sembrata semplice ed
elementare la risposta fino ad un attimo prima. Era lì per lei, perché altro?
Ma avrebbe avuto il coraggio di rivelarglielo…il suo cuore non avrebbe sopportato
un’altra ferita.
Ripensò alla sensazione provata poche ore
prima…stringerla di nuovo tra le braccia, anche solo per un momento aveva
ripagato ogni sacrifico; si dava dell’idiota per quei pensieri, perché non
doveva ricaderci, non doveva correre il rischio di sperare. Sperare cosa poi?
Lei non era più la stessa donna, lui non era più solo un vampiro.
Sentì gli occhi della ragazza posarsi su di lui. Un
brivido familiare gli percorse la schiena. La domanda, ora…
“spike… - il vampiro si fermò, sorridendo suo
malgrado. Nonostante tutto lei non sarebbe mai cambiata. Nonostante tutto
sarebbe andata avanti, senza accettare qualcosa che non capiva. Ascoltò il suo
battito leggermente accelerato prima di porgli la fatidica domanda – sono
contenta che tu sia qui” sussurrò a mezza voce.
Il vampiro rimase immobile. Lei era l’unica che
riusciva a stupirlo. L’unica. Se gli fosse servita un’ulteriore motivazione per
seguirla…beh, l’aveva trovata.
“sono contenta che siamo tutti qui. Di nuovo. – fece
una breve pausa, guardandolo negli occhi come solo lei sapeva fare – quando ho
ricevuto la telefonata di Giles è stato come…”
“…come se un peso ti cadesse sulla schiena e tu
dovessi trasportarlo a tutti i costi” concluse lui
“Già…sono andata a prendere Willow a Washington,
erano tre mesi che non la sentivo, nemmeno per telefono” non serviva che
aggiungesse altro per fargli capire quanto era stato difficile. Nessuno sapeva
meglio di lui quanto contassero i suoi amici.
“All’inizio non sapevamo bene cosa dirci, eravamo
estranee…ho…ho cercato di rimuovere tutto quello che è successo durante quegli
anni, e lei ha fatto lo stesso. ci siamo allontanate…ora tentiamo di
recuperare. Anche con Xander è lo stesso…e – pronunciò queste ultime parole con
maggiore lentezza, tentando di mascherare la fatica che le costavano –
vorrei…vorrei che recuperassimo il nostro…la nostra amicizia…almeno un po’ ”
continuò a passeggiare, silenziosa. Niente era stato
tanto difficile come pronunciare quelle parole, piene di significati nascosti
che solo loro potevano interpretare, ma così chiare e limpide, pronunciate in
quel momento.
Era la richiesta di una tregua da tutte le cose non
dette dal momento in cui si erano separati, nel modo più doloroso; un modo di
riallacciare una sottile linea dopo il silenzio; una dimostrazione di affetto
che va oltre il tempo.
Spike la guardò negli occhi. Si era sbagliato se
credeva che lei non lo avrebbe mai più coinvolto, che non avrebbe lasciato il
segno. Gli tornarono di nuovo in mente le parole di Angel, anche lui ne sapeva
qualcosa di cicatrici. Eppure, senza nessuna logica, senza un briciolo di
razionalità, la cosa che più desiderava era dirle che aspettava quelle parole
da una vita.
La ragazza lo fissò un altro istante, in snervante
attesa di un risposta; poi si voltò, riprendendo a camminare stringendosi nella
felpa.
“Buffy… -sapeva che sarebbe bastata un parola, come
era sempre stato tra di loro – lo voglio anch’io” disse, raggiungendola alle
spalle e trattenendola per un braccio
Rabbrividì sfiorando la sua pelle, così fredda in
quel momento.
Era rimasta incredibilmente stupita da quelle parole
e non sapeva come replicare “Bene…allora…sono ancora la tua Cacciatrice
preferita?” chiese sorridendo ironica ma leggermente imbarazzata, con una
ciocca di capelli biondi che le ricadeva scomposta sul viso.
Le sorrise di rimando “sempre”
Non era servito altro. Nessuna spiegazione troppo
complicata, nessuna confessione difficile. Solo loro due. La verità sarebbe
venuta dopo, ora era vitale recuperare la fiducia.
“Allora, domani il tuo primo allenamento da
Cacciatrice di nuovo in servizio?”
“Già…non che una principiante mi faccia paura ma…”
“…ma essere la Cacciatrice più vecchia della storia
potrebbe non essere un vanto!” commentò, inarcando ironicamente il sopracciglio
“Stai per caso dicendo che sono…anziana?” disse con
voce tra l’arrabbiato e il divertito
“beh…l’età pesa a tutti”
“soprattutto a un vampiro di 124 anni…ho notato che
sei messo male sotto gli occhi, ho una crema antirughe che fa miracoli”
senza rendersene conto erano di nuovo davanti al
terrazzo della camera di Buffy, un tacito segnale. Buffy lo guardò ancora una
volta, non sapendo come salutarlo.
“Dire buona notte ad un vampiro è stupido?”
“e dirlo ad una Cacciatrice?” il suo viso ora era
nascosto nell’ombra di un albero scuro
“…così domani riprenderemo i nostri combattimenti”
disse abbassando gli occhi, senza però fare alcuna allusione alla sua cripta.
“ma io sono più in forma” sussurrò avvicinandosi
“ vedremo… - sorrise, e il vampiro ebbe la strana
impressione che lo stesse provocando – notte Spike”
“ ‘notte Cacciatrice” alzò una mano in segno di
saluto, osservandola arrampicarsi agilmente verso la finestra della sua camera.
La guardò tirare la tenda, indugiando un attimo sul
suo viso.
Si accese nervoso una sigaretta, dirigendosi verso il
balcone della sua stanza…la mattina successiva avrebbe dovuto assolutamente
telefonare a Fred. Quel pensiero lo rendeva inspiegabilmente nervoso…era come
se lei non facesse parte della realtà che lo circondava in quel momento. Che
idiozia…lei era la sua realtà in quel momento! Si maledì mentalmente per
essersi diretto verso la finestra di Buffy, per averla guardata senza
stancarsi, per il sorriso che le aveva rivolto salutandola. Come diavolo aveva
potuto…
Passeggiava nervosamente, senza decidersi ad andare
nella sua stanza.
Perché…perché non riusciva a spegnere quello che lo
spingeva da lei?…gettò a terra con foga la sigaretta ormai consumata.
Perché…perché…perché…
Cosa aveva lei che gli faceva perdere ogni
controllo?…
Come un flashback gli tornarono in mente le ultime
ore prima dell’ultima battaglia…
Loro due erano abbracciati, vicini. Sentiva la sua
testa appoggiata al petto, le mani intrecciate. Si era completamente
abbandonata, senza più paura, ribrezzo…scrupoli. Poi i suoi occhi avevano
incontrato quelli di lei. Lo guardava come mai prima di allora, con un misto di
dolcezza e…non si azzardava a ripetere la parola che aveva maledetto la sua
vita. Già, una dolce maledizione a cui non era mai riuscito a sottrarsi…
Sospirando si arrampicò fino a raggiungere il
balcone, per poi aprire la porta-finestra a distendersi, ancora vestito, sul
letto. Gli occhi vagavano insofferenti per il soffitto, senza darsi pace.
* * *
Claveland, Clifford Street numero 1325
In una stanza buia una ragazza si rivoltava insonne
nel suo letto. Le sembrava di sentire la sua energia…era in città, la Cacciatrice,
l’unica che avesse affrontato più di sette apocalissi, l’unica che fosse
tornata in vita due volte. Buffy, la Prescelta.
Provava una naturale antipatia nei confronti di
quella ragazza…ne aveva sempre sentito parlare, lei era una vincente, il modello
a cui aspiravano tutte le nuove cacciatici. Il giorno dopo la avrebbe
conosciuta: Buffy in persona era venuta lì per aiutarla…credevano che lei da
sola non ce la avrebbe mai fatta?
Si voltò un’altra volta, stropicciando le coperte con
rabbia. Ma chi si credeva di essere per venire nella sua città?
Si alzò dal letto, legandosi i capelli rossicci e
squadrando l’immagine che si rifletteva nello specchio. Tirò le tende,
avvicinandosi al sacco appeso al soffitto.
Iniziò a sferrare violenti pugni a mani nude…ma le
avrebbe fatto vedere lei…
Un calcio preciso…non aveva anche fare con una
principiante, era meglio che lo capisse subito…
Ancora un fendente…probabilmente era la classica
ragazza perfetta, con una vita perfetta…
Un pugno…sempre tirata e incapace di combattere senza
prima aver consultato il suo prezioso osservatore…
Le nocche cominciarono a sanguinare…ma avrebbe capito
a sue spese cosa succedeva a chi si metteva contro April, e si sarebbe dovuta
fare da parte.
Con il fiatone, tornò a sedersi sul letto. Le aveva
fatto bene sfogarsi… la migliore ora era lei. Sorrise alla sua immagine nello
specchio e tornò a coricarsi.
* * *
dalla finestra entrava la tenue luce mattutina quando
Buffy si svegliò. Stancamente guardò la sveglia posta sul comodino: 7.15
si alzò di malavoglia dal letto, infilandosi in bagno
intirizzita dal freddo. Ne uscì qualche minuto dopo, lavata e sveglia, e iniziò
a girare per la stanza, noncurante di Willow e Dawn. Notò con disappunto che le
due dormivano ancora, nonostante la luce e il rumore, così, senza pensarci due
volte, sfilò le coperte ad entrambe.
“Buffy – ringhiò una Willow terribilmente assonnata –
che…diavolo…stai…facendo…?” chiese senza aprire gli occhi e stringendosi nel
pigiama.
“Abbiamo detto al signor Giles che saremmo state
pronte per le 8 e sarà così” asserì sicura lei
“Ma che ora è?” chiese la rossa agonizzante
“Le 7 e 15…siamo già in ritardo sulla tabella di
marcia”
“marcia per dove? Al college ci alzavamo esattamente sette
minuti prima dell’inizio della lezione ed arrivavamo puntuali…senza contare che
stavamo nel dormitorio più lontano alle aule!”
“Sì, ma oggi è una giornata…Avanti alzati, ti prego!”
gridò la Cacciatrice, scuotendola per le spalle
“ma si può sapere cosa devi fare? Vai a disturbare
tua sorella…” la pregò, rannicchiandosi di nuovo sotto le coperte
“Dawn…sorellina almeno tu ascoltami!” gemette
sedendosi sul bordo del letto e tirandola per un braccio
“Buffy…” biascicò lei coprendosi gli occhi
Willow si stava alzando lentamente dal letto,
dirigendosi verso il bagno. La guardava storto con gli occhi impastati dal
sonno, senza però dire niente.
Dopo una altro buon quarto d’ora di lamentele e
battibecchi però le tre erano sveglie e pronte per vestirsi.
“Buffy! Quanto ci metti ad infilarti un paio di
pantaloni e una maglietta?” domandò Willow, osservandola scettica.
Buffy era davanti a tre paia di pantaloni e non
sapeva da che parte cominciare
“Quale dovrei mettere secondo te?” domandò indecisa
Willow si avvicinò a lei, seguita da Dawn
“Mhm…direi che hai un’ampia scelta! Pantaloni di
pelle rossi o neri e un paio di jeans scoloriti. D’accordo che non sei più
abituata a mettere questa roba ma non devi mica presentare la nuova linea
serata-in-cimitero!” disse ironica, ricevendo una sonora gomitata
“è che…beh…questa nuova Cacciatrice…”
“ah, vuoi affermare il tuo potere oltre che atletico
anche estetico?” chiese Dawn ridendo
“…se devo tornare ad essere una Cacciatrice vorrei
farlo con stile! Ma voi due non siete di nessunissimo aiuto!” disse arrabbiata,
afferrando i pantaloni rossi e una canottiera nera
alle 7.45 erano tutte e tre vestite di tutto punto e
sedevano sui rispettivi letti
“Allora Dawn…non mi hai ancora raccontato niente del college”
disse Willow, amichevole ma un po’ titubante
“Mah…è carino, non succede niente di strano nelle
cantine, non ci sono studenti-vampiri, i demoni aspettano fuori dalla porta
e…nessuno ha paura di girare per strada la notte”
“è…” cercava una aggettivo
“…noioso?” concluse Dawn con un leggero sorriso “più
o meno, a Sunnydale era un’altra cosa immagino”
disse la giovane con impercettibile stizza. Si era
sempre sentita inferiore a Buffy e ai suoi amici, che vivevano strane avventure
ogni notte, si destreggiavano tra allenamento e studio…salvavano il mondo. Lei
non era mai riuscita ad inserirsi a pieno nella loro realtà, era sempre rimasta
la ragazzina da proteggere, quella che conosceva le cose per sentito dire e ci
fantasticava sopra ogni notte.
“non consiglierei a nessuno di fare il college a
Sunnydale…anche perché ora come ora sarebbe un po’ complicato” rispose asciutta
Willow, che aveva percepito la nota aspra nella sua voce. Dawn era diventata un
po’ la sorella di tutti, la ragazzina da proteggere, e sapeva quanto ne avesse
sofferto. Tuttavia non capiva come si potesse desiderare di far parte di un
mondo come il loro, Buffy aveva sempre cercato di tenerla lontana e di darle
l’opportunità di cambiare vita, insegnandole solo il minimo indispensabile per
renderla autonoma. Le aveva dato una scelta.
Willow ripensò al suo incontro con Buffy, nell’atrio
del suo ufficio. Sembrava così…matura, indossando un tailler chiaro e gli
occhiali da vista. Non la aveva quasi riconosciuta, senza la giacca di pelle ed
il paletto in mano. Aveva sbagliato a pensare che l’immagine dell’amica si
fosse cristallizzata in quegli anni; c’era stata invece un’enorme evoluzione,
era diventata una perfetta ragazza comune, perdendo quasi completamente il
cipiglio guerriero che la aveva contraddistinta. Era sicura che non avesse mai
più indossato gli abiti della caccia. Troppi ricordi vi erano legati, Spike
prima di tutto. Tra qualche istante però sarebbe ricomparsa…cosa c’era da
aspettarsi? Era diventata così insicura da temere anche questo? Rivedere la
vecchia Cacciatrice.
“allora? Sempre che ci stia ancora dentro…” commentò,
con gli occhi bassi a guardarsi i pantaloni, per poi incrociare le braccia con
quel gesto così familiare.
Mark avrebbe preso un colpo se la avesse vista vestita
in quel modo, pensò Buffy con ironia. Lei, che ai suoi occhi era solo
un’impiegata che si divideva tra casa e lavoro, concedendosi solo qualche
serata in palestra.
“direi che sei tornata tu” commentò Dawn,
squadrandola da capo a piedi “ti ho sempre detto che i vestiti che usi ora sono
piuttosto anonimi…così ti dai un tono!”
“credo che al mio capo salterebbe una coronaria se mi
vedesse arrivare vestita in questo modo” commentò rivolta alla sorella “è
passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho girato per i cimiteri”
“credo che sia ora di scendere” annunciò Willow,
dispiaciuta di dover interrompere quel momento felice
“Arriviamo” disse Dawn tirandola per un braccio
“Io arrivo subito, devo prima fare una telefonata”
non serviva aggiungere altro per far capire alle due con chi doveva
parlare…Mark
“Fai in fretta, non vorrai arrivare in ritardo!
Ricrdi Giles…non le 8 e 10, non le 8 e 20…” disse Willow, scimmiottando
l’osservatore e contando sulle dita le ore pronunciate
“A dopo ragazze” le salutò trattenendo una risata
Spike si stava avviando verso il telefono a gettoni
situato in fondo al corridoio. Doveva assolutamente telefonare a Fred, erano
due giorni che non si faceva sentire. Rapidamente compose il numero, appoggiandosi
poi al ricevitore, in ascolto.
“Angel Investigation” rispose la familiare voce di
Cordelia
“Sono Spike” annunciò, con tono involontariamente
nervoso, continuando a guardarsi intorno
“Spike – disse stupita la ragazza – sei ancora vivo?
Credevamo fossi finito in un burrone nel tragitto da qui a San Francisco”
commentò candidamente
“Cordelia…hai mai provato a limitare le battute
idiote ad una sola fascia oraria? Non sono a San Francisco”
“stai già tornando? Angel aveva detto che sarebbe stata
una cosa lunga”
“no, sono nell’Ohio…a Calveland”
“e posso sapere cosa ci fai?…ohhh…”disse dopo un
secondo, come se le fosse venuta in mente la risposta
“cause di forza maggiore” rispose laconico, non era
necessario metterli al corrente della situazione
“capisco…-tagliò corto Cordelia, con l’aria di
saperla lunga – cerchi…”
“…Fred” non la lasciò completare
sentì il rumore della cornetta, passata da una mano
all’altra
“Pronto?” la voce della ragazza lo fece trasalire
“Ciao” disse, con una nota più dolce
“Amore…dove sei?” domandò immediatamente
“a Claveland, sono sorti dei problemi ed era
richiesto il mio aiuto” disse, sperando di non ricevere altre domande
“Ah…e con chi sei?” chiese, tentando di nascondere il
tono deluso
“Sono venuti tutti gli Scoobies” non aveva intenzione
di discutere dell’argomento, anche se sapeva quanto premesse a Fred. Dopo tutte
le emozioni di quei giorni non era in grado di sostenere una conversazione del
genere, era troppo confuso…lui, Buffy, gli altri, tutti insieme che salvavano
il mondo. Scacciò i numerosi ricordi che gli affollavano la mente.
Guardò indecifrabile l’orologio posto sul muro di
fronte: le otto meno cinque. Doveva sbrigarsi. Non sapeva se essere sollevato o
dispiaciuto…
In quel momento sentì dei passi venire nella sua
direzione. Si voltò stupito verso il corridoio e la vide. Avanzava sicura, con
i capelli sciolti che le incorniciavano il viso, a testa alta nella sua
direzione. Rimase senza parole. Sembrava che fosse passato meno di un istante
dalla loro ultima ronda insieme…ricordava la luce nei suoi occhi, la forza e
insieme la consapevolezza di essere invincibile. Ora si stava avvicinando con
la stessa espressione. Continuando a guardarla strinse maggiormente la cornetta…non
era ancora arrivato il momento di dirle di Fred.
“Ora devo andare…ti telefono presto” quasi sussurrò
“Spike ma…che succede?” chiese lei allarmata e delusa
di dover concludere la conversazione
“Mi stanno chiamando…mi dispiace” disse con tristezza
sincera
“Chiama” gli intimò la ragazza, con angoscia mal
celata
“Ciao” la salutò, riattaccando dubito il ricevitore
“Ciao…” sussurrò lei, quando ormai la linea si era
interrotta
Spike si diresse nella sua direzione, con aria
volutamente indifferente. Non doveva pensare di provocare in lui le stesse
vecchie emozioni, e inoltre non voleva rivelarle l’interlocutore della
telefonata.
“Ciao” la salutò, senza resistere alla tentazione di fermarsi,
contro ogni proposito di proseguire superandola. La squadrò da capo a piedi,
senza rendersi conto che se ne era accorta
“Ciao” gli sorrise lei, divertita dall’espressione
seria del vampiro
“Vado nell’atrio, Giles ci sta aspettando” disse indicando
col pollice la direzione dalla quale veniva la ragazza
“Io dovrei…” cominciò indicando il telefono
“Avverto il capo” disse lui ironico
i due si superarono, proseguendo per direzioni
diverse quando Buffy si voltò nella sua direzione, facendolo girare
“con chi…” lasciò in sospeso la frase e guardandolo
con espressione indecifrabile
“non domandare se non vuoi sapere” rispose il
vampiro, guardandola negli occhi
Per tutta risposta lei gli sorrise divertita alzando
le mani in segno di resa, voltandosi nuovamente
* * *
“Dov’è Buffy?” domandò l’osservatore rivolto a Dawn e
Willow
“eccomi!” disse lei, arrivando di corsa
“sono le…”
“…otto in punto” disse lei con il respiro affannoso,
indicando l’orologio elettronico posizionato vicino all’entrata
“ora possiamo andare?” le domandò l’osservatore già
esasperato
“Certo” rispose lei, tentando di rimanere seria.
Quella mattina si era alzata di buon umore, di li a poco avrebbe conosciuto la nuova
Cacciatrice e ripreso gli allenamenti…
* * *
April era già in palestra, sfogandosi contro un
sacco. Sferrava calci potenti e precisi, senza mai staccare gli occhi
dall’obbiettivo. Teneva alte le braccia, per difesa, con le mani fasciate e le
nocche insanguinate.
Ansimava per lo sforzo prolungato, senza tuttavia
fermarsi. Tra qualche minuto sarebbe arrivata lei.
Perché si sentiva così…inferiore? Cosa aveva quella
ragazza che a lei mancava? La rabbia le montava in corpo e lei non cercava di
contenerla. Non lo aveva mai fatto. E il suo osservatore la riprendeva sempre
più spesso per la sua incapacità di controllarsi.
Ricordava il viso sconvolto di Ripley, mentre la
guardava massacrare un vampiro. In quell’occasione aveva perso il controllo più
del solito…eppure non riusciva a togliersi dalla mente l’espressione di
sconfitta del vampiro, di un essere senz’anima né sentimenti, mentre cercava in
tutti i modi di sfuggirle…sorrise, colpendo nuovamente il sacco.
Era sicura che nessuno meglio di lei avrebbe
adempiuto a un compito del genere. Lei conosceva il significato della parola
soffrire…Ricacciò il nodo che le si era formato in gola, asciugandosi con
stizza il sudore che colava sulla fronte.
E quella…Buffy? Cosa aveva passato? Cosa aveva dovuto
sopportare?
Tornò a concentrarsi unicamente sull’allenamento, non
serviva a nulla rimuginare ulteriormente.
“April” sentì una voce alle sue spalle, che la
chiamava con voce autoritaria
“Dimmi grande capo” rispose irrispettosa, scostandosi
i capelli umidi dagli occhi
“Tra poco saranno qui. Voglio che tu osservi Buffy,
che cerchi di imparare il più possibile da lei. Con il loro aiuto riusciremo a
impedire che qui nasca l’inferno, collabora.”
La ragazza scostò lo sguardo, la rabbia stava di
nuovo prendendo il sopravvento, ma cercò di calmarsi. Tra poco avrebbe trovato
contro chi sfogarla.
“Bene” rispose poco convinta, dirigendosi verso i
pesi e dandogli le spalle
l’uomo si allontanò scuotendo leggermente la testa,
accomodandosi su di una sedia posizionata vicino all’entrata dell’enorme
palestra vuota.
“John?” sentì una voce ovattata alle sue spalle
si alzò di scatto e aprì sorridendo la porta, chiusa
a chiave. Attraverso l’oblò il viso di Giles sembrava pallido
“Rupert, avete avuto difficoltà a trovare il posto?”
chiese facendo strada
Giles, seguito dagli Scoobies, entrò, guardandosi
intorno interessato
“No, ho chiesto una mappa al padrone del bed and
breakfast” rispose, fissando incuriosito i numerosi attrezzi sparsi “è una sala
molto attrezzata” commentò
“Sì beh…è un ottimo posto per allenarsi”
“E io che dovevo allenarmi in biblioteca, quello si
che era studio alternativo” aggiunse Buffy, scorrendo con lo sguardo spalliere,
pesi e sacchi
April era ancora voltata, non aveva intenzione di
fare da comitato accoglienza, ma appena sentì una voce femminile si girò di
scatto. Il cuore iniziò a batterle più forte…una ragazza bionda stava parlando
con il suo osservatore.
Con passo deciso si diresse nella sua direzione,
massaggiandosi le nocche doloranti. Camminava lentamente, non voleva darle la
soddisfazione di pensare che si stesse avvicinando per lei, ma la analizzava
segretamente con lo sguardo.
Le arrivò di fronte, guardandola con un’espressione
che Buffy non riuscì a decifrare.
E così quella era la grande Buffy? La osservò
attentamente. Era più bassa di lei di qualche centimetro, con i capelli biondi
sciolti sulle spalle e un trucco leggero sul viso, indossava un paio di
pantaloni di pelle e una canottiera nera…la guardò con sufficienza: credeva di
essere ad una sfilata di moda? aveva immaginato giusto: una reginetta del
liceo, sempre in ghingheri, superficiale, con un milione di ragazzi che le
morivano intorno e una condotta esemplare. Detestava le persone come lei. La
tipica californiana tutta spiaggia e party.
Buffy squadrò da capo a piedi la ragazza che le si
era parata davanti. Doveva essere April, la nuova Cacciatrice. Alta un po’ più
di lei, indossava una logora maglietta grigia con lo stemma che aveva visto
all’ingresso della scuola e dei jeans chiari, rimboccati volutamente sopra le
caviglie. Aveva un viso strano, che avrebbe potuto definire bello ma poco
curato,con un naso lentigginoso e piccoli occhi scuri. I capelli rossicci le
ricadevano scomposti sulla fronte imperlata di sudore e lei non si preoccupava
di scostarli. Sentiva i suoi occhi posarsi a più riprese su di lei, scrutandola
dalla testa ai piedi con un qualcosa di provocatorio e critico insieme.
Leggermente imbarazzata sostenne lo sguardo della ragazza.
Osservava con un misto di indignazione e sconcerto i
ragazzi che erano con lei e la fissavano con un misto di ammirazione ed
affetto, asserviti completamente. Ecco il termine giusto, asserviti. Lei era il
loro leader indiscusso. Cosa avevano visto in lei?
“Ciao, io sono Buffy” la sentì rivolgersi a lei,
porgendole una mano dalle unghie curate
Fissò scettica quella mano testa, afferrandola poi e
stringendola con forza. Le sue mani bendate e rosse stonavano con quelle
bianche e morbide di lei.
“April” rispose, con tono di sfida
Ripley fissò Giles, preoccupato. Conosceva April e
poteva giurare, dal suo comportamento, che la collaborazione sarebbe stata più
ostica del previsto. La sua Cacciatrice si sentiva usurpata da Buffy, le cui
esperienze erano ora stampate sui manuali dei nuovi osservatori, e sapeva anche
che non era disposta a farsi superare da nessuna. La differenza tra loro era
lampante, tanto fisicamente quanto caratterialmente. Personalmente anche lui si
era aspettato una persona diversa come salvatrice del mondo, ma aveva imparato
che niente è quello che sembra, soprattutto le persone.
Buffy rispose alla vigorosa stretta di mano. Poteva
leggere rabbia negli occhi della ragazza, rabbia nei suoi confronti? Poteva
essere. Dal primo istante si era resa conto che non sarebbe stata una cosa
facile insegnare qualcosa a quella ragazza.
“Bene – disse Ripley strofinandosi le mani – credo
sia il caso di cominciare l’allenamento. Buffy…”
“Certo. Io…” si voltò verso l’osservatore per rispondere
quando…
uno spostamento d’aria…vide con la coda dell’occhio
un pugno che si alzava in direzione del suo viso
come un riflesso incondizionato si scansò, osservando
il braccio dell’aggressore fendere l’aria
“Ehi!” gridò
“Iniziamo no?” sentì la voce di April risponderle
dietro di loro gli altri si erano spostati contro il
muro. Willow guardava sconcertata la scena, senza tuttavia avvicinarsi.
“Giles! Faccia qualcosa” bisbigliò per non farsi
sentire dall’altro osservatore, senza però distogliere l’attenzione dal
combattimento
“No Willow – rispose Giles, altrettanto concentrato –
hai visto April quando siamo arrivati? Non ha smesso un attimo di fissare
Buffy, non vuole che sia qui, è una alle prime armi e non riesce a
razionalizzare che ci sia un altro predatore nel suo territorio, si deve
instaurare un rapporto di forza.”
Willow ascoltò Giles disorientata, quelle due
dovevano prendersi a botte perché ragionavano come animali? Non era sicura che
Buffy ce la avrebbe fatta, era molto che non aveva i suoi poteri e…
“Ce la farà. Come ce l’ha sempre fatta. È la migliore
e deve dimostrarlo, altrimenti non sarebbe stata chiamata” disse Spike, che si
appoggiò distrattamente al muro, estraendo dalla tasca un accendino e il
pacchetto di sigarette.
Buffy lanciò uno sguardo dietro di sè, evitando di un
soffio un secondo attacco all’altezza dello stomaco. Bene, senza persone dietro
il suo campo di azione si era allargato. Se la ragazzina voleva la guerra…si
era messa contro la persona sbagliata.
Sentiva rifluire l’energia in sé, non aveva mai
dimenticato quella sensazione. Rinacque in lei la consapevolezza che le aveva
permesso di sopravvivere a Sunnydale e che si era lentamente assopita col
tempo. Era la migliore.
Buffy si raddrizzò prontamente dopo aver schivato i
colpi, alzando le braccia in posizione di attacco. I suoi poteri di Cacciatrice
si erano riattivati alla perfezione...poteva sentire i suoi riflessi acuirsi,
gli affondi diventare più potenti e precisi…
“Sì, iniziamo” rispose, fissando con altrettanta
rabbia la nuova Cacciatrice
…un calcio diretto verso la spalla…parato con
entrambe le mani
…una serie di pugni, rivolti verso il viso…schivati,
erano troppo lenti
la frustrazione di April aumentava con la stessa velocità
del disprezzo. Come diavolo faceva a…
Sferrava attacchi senza sosta, ma nemmeno uno andava
a segno.
Buffy si limitava a difendere, senza iniziare il
contrattacco, spostando il combattimento verso il centro della palestra.
…un altro colpo parato…
…un affondo evitato scostandosi…
Parò l’ennesimo calcio, inginocchiandosi a terra e
afferrando la gamba di April sospesa in aria.
Abbassò un attimo la guardia, lasciando il viso
scoperto.
Un altro calcio, sferrato con la gamba libera, la
colpì in pieno volto, sbalzandola di qualche metro. April, anche lei a terra,
rise fredda e vittoriosa
“Nemmeno tu sei invincibile allora”
Buffy le dava le spalle, ancora accasciata per il
colpo. Si passò lentamente il dorso della mano sul labbro, dal quale scendeva
un rivolo di sangue. Non si voltò, quasi non avesse sentito quello che aveva
detto
April si alzò, procedendo baldanzosa verso la
Cacciatrice
“Ehi, mi hai sentito?”
Buffy si guardò il palmo, su cui risaltavano alcune
gocce di sangue scuro. Senza una parola si alzò, sorridendo, se possibile
ancora più gelida di April. Camminava lentamente nella direzione
dell’avversaria, passandosi nuovamente una mano sul labbro, che si era gonfiato
rendendo le sue labbra sottili ancora più rosse, per asciugare l’ultima goccia
di sangue che le colava sul mento.
“prima credevo scherzassi ragazzina – Buffy la
osservava con sufficienza – cioè, quell’espressione da dura e incompresa –
sorrise – ma sei capitata male, hai sbagliato persona”
“ma davvero?” la guardò con odio, ma come si
permetteva! Era alla distanza giusta per sferrarle un altro colpo su quella
bella faccia…
ma non fece in tempo a completare l’affondo
Buffy le bloccò il braccio a mezz’aria, ora era il
suo turno di attacco
…si alzò per colpirle il viso con un pugno…che andò a
centro
la nuova Cacciatrice barcollò indietro, tenendosi la
mascella
riprese ad attaccare senza sosta
…una capriola indietro…
…calcio…lo aveva schivato, allora quella April non
era poi così male
…scansarsi lateralmente, per schivare un pugno…
…contrattacco, colpo in pieno ventre fece arrancare
la sua avversaria…era il momento di concludere quella buffonata
…avanzare, guadagnando terreno, doveva portarla a
chiudersi…
…una serie di pugni, che vennero schivati a fatica…
April si guardò alle spalle, evitando di un soffio
dall’ennesimo affondo. Era in trappola, a due passi dalla spalliera. L’unico
modo di salvarsi era scansare di lato, ma non fece in tempo a muoversi…
Si sentì
sollevare per il collo, premuta contro la parete. Strinse con tutta la forza
che aveva in corpo il braccio che la teneva, senza però smuoverlo.
…la stava sollevando da terra, sfruttando il muro
retrostante…una lezione non le avrebbe fatto male
“Bene – la guardò dal basso in alto, tentando di
mascherare la soddisfazione – abbiamo finito. Non provare più ad attaccare in
quel modo – si avvicinò al suo orecchio, bisbigliando – potresti pentirtene”
improvvisamente la lasciò andare, fissandola
strofinarsi il collo con una mano, rispondendo allo sguardo di puro disprezzo
che le lanciava.
Rimase fredda, senza tradire la minima emozione. Poi
si diresse verso i presenti, che avevano assistito allo scontro dall’altro lato
della palestra.
Senza una parola April la seguì. Aveva la testa in
subbuglio per l’umiliazione. La aveva battuta, non era stata in grado di
fermare i suoi attacchi, così precisi e calibrati. Ma ce la avrebbe fatta, la
avrebbe superata.
Non degnò di uno sguardo l’osservatore, che invece la
fissava con occhi fiammeggianti, pieni di delusione e rabbia. Come aveva potuto
attaccare in quel modo la persona che era venuta ad aiutarli! D’accordo, era
ambiziosa, ma avrebbe dovuto rendersi conto che Buffy era un’avversaria troppo forte,
almeno per ora.
Buffy e Giles si scambiarono una rapida occhiata di
intesa, voltandosi poi a guardare gli altri due.
“Dobbiamo iniziare la preparazione di April e ci sono
altri particolari su cui discutere. È meglio iniziare” asserì asciutto Giles,
come se non si fosse accorto di quello che era appena successo
“certo” concordò Ripley, prestando attenzione alle
parole di Giles
“loro due rimarranno qui ad allenarsi –indicò Buffy
ed April – Spike?” chiamò il vampiro
“…rimango con loro” concluse lui senza troppa enfasi,
scambiando uno sguardo complice con Buffy
“Noi invece abbiamo delle ricerche da fare. Avete una
biblioteca?” domandò
“venite” rispose l’uomo, aprendo le porte della
palestra
“Bene, allora ci vediamo dopo”
April assisteva immobile alla scena, la rabbia per
l’umiliazione subita non si era ancora calmata. Chi erano i nuovi arrivati per
decidere cosa ognuno dovesse fare? Avrebbe voluto ribattere ma un’occhiata di
John la fece desistere. Si sarebbe allenata con lei e con…Spike?
Osservò il vampiro avanzare in direzione di Buffy,
sembrava si conoscessero da molto tempo…si fermò ad osservare i suoi lineamenti
sottili ma decisi, avrebbe voluto conoscere la sua storia, come era arrivato ad
unirsi a Buffy? Lo conosceva di fama, William the Bloody, il sanguinario, e
aveva saputo che ora operava a Los Angeles, ma non credeva ci fosse un
collegamento tra loro due. Si accorse che il vampiro la osservava interrogativo
ma continuò a fissarlo.
La Scooby si allontanò in silenzio, chiudendo le porte
della palestra e lasciando i tre in un’atmosfera molto tesa.
Giles seguiva il giovane osservatore, camminando con
passo deciso. Aveva indosso un’energia particolare, una forza che credeva non
avrebbe più ritrovato…vedere la sua Cacciatrice vincere, vedere Buffy vincere,
era stato incredibile. Pazzesco e incredibile.
Fissò la schiena dell’uomo che camminava davanti a
lui. Capiva la sua frustrazione, non era stato facile per lui farsi accettare
dalla ragazza né insegnarle quel poco che sapeva sulla lotta e la caccia, e
vederla perdere in quel modo doveva essere stata per lui una sconfitta
personale. Ricordava i primi addestramenti con Buffy, le volte in cui gli aveva
disubbidito…ma gli tornavano in mente anche i momenti che aveva passato a
consolarla, a proteggerla e a difenderla. Per quegli istanti non c’erano
manuali abbastanza approfonditi né regole da applicare. Ripley e la sua
Cacciatrice non avevano ancora abbattuto il muro che li separava, quella
barriera fatta di diffidenza, sospetto, senso di superiorità rispetto
all’altro.
Certo April non era una ragazza facile, lo aveva
capito dalla rabbia nei suoi occhi, che lasciavano trasparire il suo desiderio
di vendetta verso Buffy…avevano entrambi molta strada da fare
“Entrate” disse Ripley, aprendo davanti a sé una
porta in legno e introducendoli in un’ampia stanza, con alti scaffali stracolmi
di testi.
I cinque si disposero intorno ad un tavolo
rettangolare, illuminati dalle lampade da tavolo poste nel centro.
Giles si guardò intorno, fissando lo sguardo per un
secondo su ogni membro del gruppo. Poi cominciò:
“bene. Ora che siamo qui devo mettervi al corrente di
alcune cose. Il consiglio ha scoperto che il maestro di qui sfrutterà
l’allineamento dei pianeti per celebrare il rituale d’iniziazione, che porterà
alla formazione di una nuova bocca dell’Inferno. Tra due settimane esatte. I
demoni sopravvissuti all’ultima Apocalisse hanno bisogno di un centro, avendo
perso Sunnydale, dove la loro influenza sia più forte e, a quanto pare, sarà
qui. il nostro compito è di impedire tutto questo. Dobbiamo però tener presente
– continuò, impedendo a Xander di tirare un sospiro di sollievo. Il ragazzo
aveva sicuramente pensato alle precedenti apocalissi, questa non era nulla di paragonabile
– che la situazione sarà molto più complicata da gestire che a Sunnydale. La
gente prima di tutto. Qui non sono abituati ad avvenimenti del genere, non
immaginano nemmeno che diventeranno il paese con il più alto tasso di mortalità
in America. Non possiamo contare su di loro, né su nessun altro. Ora, le nostre
priorità sono individuare il punto di raccolta, dove inizierà il rituale, ed
evitare che in questi giorni la situazione degeneri. Nessuno deve accorgersi di
nulla: niente nuovi vampiri, né demoni. I turni di caccia saranno più
frequenti, ogni essere che potrebbe unirsi al maestro va eliminato. La cosa più
importante è impedire al maestro di invocare l’apertura della Bocca, abbiamo un
po’ di tempo per prepararci. Non possiamo commettere errori.” Concluse,
pronunciando lentamente le ultime parole e fissando tutti con attenzione “è
tutto chiaro? – attese qualche secondo – bene, allora inizieremo subito le
ricerche”
nessuno osava fiatare, soprattutto Ripley. Guardava
Giles con interesse, bramosia quasi. Voleva recepire ogni più piccola mossa,
imparare a fare altrettanto. C’era una punta di invidia in lui, conosceva la
sensazione che aveva sopraffatto April, ma era in grado di dominarla e
sfruttarla. Si rendeva conto di essere inferiore a Giles, sia come influenza
sul consiglio, sia per esperienza. Cercò di celare la stizza…perché il
consiglio aveva parlato con Giles e non direttamente con lui? Quell’uomo non
lavorava nemmeno più per loro, eppure lo preferivano a un osservatore fedele.
All’invidia però si mesceva anche l’ammirazione e il desiderio di vedere quei
ragazzi all’opera, per capire come un branco di studenti e un inglese avessero
raggiunto quegli obbiettivi. Si scrivevano tante cose su di loro, e altrettante
se ne raccontavano: su Buffy, la Cacciatrice anti-eroe, che si sacrificava per
il mondo perché non aveva altra scelta eandava sempre avanti, su Giles,
l’osservatore disertore, che non aveva mai rinunciato al suo compito, su
Willow, la strega che era arrivata quasi sul punto di distruggere il pianeta,
ma che aveva sempre lottato per salvarlo, su Dawn, la chiave, che era
sopravvissuta a una divinità…per non parlare di Spike, il vampiro con l’anima
che combatteva contro i suoi simili.
Non era facile reggere il confronto con loro. Ecco
cosa non sopportava April, essere continuamente paragonata a Buffy…
“John, avete già scoperto qualcosa sul maestro?” la
voce di Giles lo distolse dai suoi pensieri
“si chiama Antes, vive in un palazzo disabitato
lontano dal centro. Ha più o meno 600 anni, non molto vecchio quindi”
“vi siete mai scontrati con lui?”
“Una volta, April stava facendo una delle sue prime
ronde, ha eliminato alcuni dei suoi vampiri, ma erano troppi. È fuggita”
“Bene, Willow cerca notizie su questo Antes, libri,
appunti, diari, qualsiasi cosa ci dia un quadro completo. Xander e Dawn, andate
a chiamare gli altri – rivolse una triste occhiata alla finestra – è il
tramonto” li squadrò un altro secondo “presto andate, abbiamo molto da fare
questa notte”
in palestra Buffy, April e Spike si stavano ancora
allenando. La concentrazione era al massimo, ma l’aria tesa di qualche ora
prima non si era affatto diradata.
April era in un bagno di sudore, mentre continuava
instancabile a colpire le mani guantate di Buffy.
“mettici più forza” le ordinò asciutta Buffy, senza
muoversi di un millimetro dopo ogni colpo
“Buffy – venne interrotta dalla voce di Spike – credo
sia ora di vedere cosa è capace di fare con le armi” disse, dirigendosi verso
l’armadio ed estraendone una spada dalla lama spessa e impugnatura cordata
si avvicinò alle due fendendo l’aria e facendo
volteggiare con apparente disinvoltura la spada intorno al torace.
“sai come si usano?” chiese Buffy alla ragazza, con
lo stesso tono di prima
“Sì” mugugnò lei a denti stretti, asciugandosi il
sudore che le imperlava la fronte
“bene” le lanciò una spada, prendendola dalle mani
del vampiro, stava per afferrare la seconda, quando Spike la fermò,
conducendola in un angolo
“Credo che tu la abbia massacrata a sufficienza”
disse ironico
Buffy distolse la sguardo, sbuffando “Io…-si strinse
nelle spalle – io non l’ho massacrata! – si voltò ad osservarla, mentre provava
qualche affondo, tornando poi a guardare Spike fintamente imbronciata – senti
se l’è cercata! E poi lo sai che non ho la stoffa della baby-sitter, per di più
se si tratta di una ragazzina isterica con seri problemi di immagine!” commentò
acida
Spike sbuffò, sorridendo “D’accordo, non diventerà
miss Ohio, però ora tocca a me, onde evitare che vi prendiate a “spadate” ”
disse, afferrando la spada che Buffy teneva in mano e dirigendosi verso April
“forza ragazzina, vediamo cosa ti ha insegnato il
caro John”
sfiorò la punta della sua spada, pronto a dare inizio
al combattimento
Buffy si posizionò non molto distante, con le braccia
conserte e intenta ad osservare ogni movimento dei duellanti.
Per essere alle prime armi non si muoveva male…aveva
padronanza del corpo…seguì con interesse i suoi movimenti, che però risultavano
poco fluidi, rispetto a quelli del vampiro.
Si concentrò su
Spike, vedeva i suoi muscoli contrarsi ad ogni affondo, gli occhi fissi
sulla lama avversaria, attento a schivare ogni colpo, ponderando la potenza con
cui sferrare gli attacchi…scosse violentemente il capo, tornando a guardare la
ragazza.
Aveva qualcosa alle mani, reggeva la spada con
entrambe, ma i polsi ruotavano in maniera strana, come se le bende che li
fasciavano fossero troppo strette. Maneggiava l’arma a fatica, eppure il peso
non doveva essere un problema…la fissò in viso, una smorfia mal celata le si
stampava in faccia ad ogni affondo.
“Spike…fermi un attimo” disse pensosa, il suo tono
non era però autoritario. Si posizionò in mezzo a loro, squadrando April. La
ragazza intanto aveva appoggiato la punta della spada al suolo e vi si
puntellava, ansante.
Buffy la guardò, la rabbia che provava nei suoi
confronti per la cattiva accoglienza ricevuta si era calmata ed ora riusciva ad
essere quasi premurosa, dopotutto conosceva bene i sacrifici necessari
nell’allenamento.
Senza fiatare le prese dalle mani la spada,
spingendola lievemente verso la sedia appoggiata al muro. April vi si sedette
senza fare storie, osservando un po’ stupita Buffy.
Perché la aveva fatta fermare?…in quel momento non
importava…aveva il fiato corto, le mani le facevano ancora più male dei giorni
scorsi…doveva allentare le bende…
Appoggiò la testa sul muro, chiudendo gli occhi. Le
mani le ricadevano molli sulle gambe, non riusciva quasi più a muoverle.
Buffy appoggiò la spada alla parete, inginocchiandosi
davanti alla ragazza, che sedeva stremata sulla sedia.
La osservò per
qualche altro secondo…e così si trovava a dover fare da insegnate ad una neo
Cacciatrice che probabilmente la detestava, sbuffò impercettibilmente, ed ora
doveva anche medicarla. Avrebbe preferito evitare di doversi occupare di
qualcuno, la volta precedente era finita male…ma doveva crescere.
Senza indugiare oltre le afferrò delicatamente le
mani, cominciando a svolgere le bende bianche e sporche. Avvertì un sussulto
della ragazza, che tuttavia sembrava troppo stanca per opporre resistenza.
Sentì il suo sguardo sulla testa, ma decise di ignorarlo.
Lasciò cadere a terra i nastri, osservando con
attenzione le mani e i polsi martoriati. Le bende erano state fissate talmente
strette da lasciare un segno profondo nella pelle, diventata bluastra, e
avevano tagliato le palme. Ecco perché non riusciva a maneggiare la spada.
Tenne le mani aperte davanti a sé, reggendole
delicatamente, attenta a non farle male. Sapeva quanto dolorose fossero quelle
ferite.
“Devi sciacquarti con acqua pulita e poi
disinfettarle” disse, con un tono meno duro di quello usato durante
l’allenamento.
La guardò negli occhi per qualche istante, non c’era
bisogno di nessun chiarimento, conosceva perfettamente lo scopo delle
fasciature.
April la fissò, c’era comprensione nei suoi
occhi?…era troppo stanca per pensarci ora…
“riesci ad alzarti?” domandò di nuovo Buffy
“Sì”
“bene, vai a lavarle con acqua tiepida, poi torna
qui” ora il tono della ex Cacciatrice risultava quasi dolce. April sapeva che
stava misurando le parole per non offenderla, la situazione era molto
imbarazzante per lei.
Senza rispondere si alzò faticosamente, dirigendosi a
passo più spedito verso il bagno
Buffy si alzò in piedi, andando verso Spike, che
aveva osservato la scena alle sue spalle
“Anche crocerossina?” chiese, senza però un tono
canzonatorio nella voce
“Già – sorrise Buffy, strofinandosi gli occhi con le
mani – cosa ne pensi? – domandò indicando con gli occhi la porta da cui era
appena uscita April – non è male”
“ho visto di peggio” annuì
“dici…dici che ho esagerato un po’?”
“no…la prossima volta però è meglio che tieni pronta
la barella per riportarla a casa” commentò
“Ehi…sei tu quello che l’ha massacrata con quella
dannata spada!” rispose piccata
“Ma ricordati che io sono cattivo” sorrise
canzonatorio, strappandole un sorriso da viso stanco
April era in bagno, con le mani immerse nell’acqua
tiepida che bruciavano come non mai. Sollevò il viso per specchiarsi,
osservando con interesse i suoi lineamenti riflessi. Aveva il viso stanco,
arrossato per la fatica, la fronte imperlata di sudore e i capelli scomposti.
Su una guancia era rimasto un livido, che strofinò cautamente con una mano.
Sospirò, tornando ad osservarsi le palme: il sangue
si era fermato, i piccoli tagli si sarebbero rimarginati presto.
Perché lo aveva fatto? Perché fermare l’allenamento?
Non capiva come avesse fatto ad accorgersi di quelle ferite…era stata attenta a
non lasciar trasparire nulla…cosa diavolo voleva dimostrare? Che aveva pietà?
Fremette all’idea …comprensione? Era stato questo a spingere Buffy?…poteva
essere. Detestava essere in debito con qualcuno.
Si asciugò attentamente le ferite, tamponandole con
l’asciugamano, che poi scagliò a terra in un moto di rabbia. Come aveva potuto
mostrarsi così fragile?…lei era stata scelta per salvare il mondo dalle nuove
apocalissi maledizione! Lasciò cadere mollemente le mani lungo il corpo,
stringendo i pugni…la unghie si conficcarono nella carne martoriata, facendo
nuovamente sanguinare le mani…strinse ancora più forte…finché il dolore non la
piegò in due. In un muto urlo di dolore si puntellò al piano del lavandino con
i polsi, evitando che le palme toccassero la superficie.
Calde lacrime le rigarono le guance; chiuse gli
occhi, cercando di bloccarne il flusso e reprimendo un singhiozzo.
Doveva calmarsi…non vedendola tornare Buffy avrebbe
potuto raggiungerla in bagno e allora…tentando di controllare il dolore si
risciacquò nuovamente le mani, strofinandosi poi gli occhi vigorosamente.
Guardò un’ultima volta la sua immagine riflessa nello
specchio e non riuscì che a provare disprezzo per quel viso arrossato, per gli
occhi che la fissavano duri, leggermente gonfi.
A passo rapido tornò nella palestra, aprendo
silenziosamente la porta. Osservò dalla fessura le due figure di spalle che
parlavano. Spike e Buffy. C’era qualcosa tra di loro, si intuiva. Oppure c’era
stato ed ora cercavano di dimenticarlo. Fissò gli occhi sulla schiena di Buffy,
i suoi capelli biondi, raccolti con una molletta, oscillavano ad ogni movimento
del capo…c’era in lei qualcosa di più di quello che mostrava la sua immagine
esteriore, ormai lo aveva capito, ma cosa…? notò, con un represso moto di
stizza, lo sguardo del vampiro, che indugiava sul suo corpo perfetto e minuto e
lei che faceva finta di niente.
Per la prima volta provò invidia. Bruciante invidia.
Ripensò al ragazzo della sua classe, alto, con i
capelli scuri, occhi verdi e spalle larghe, un fisico perfetto. Aveva passato
intere lezioni a guardarlo, a sperare che il suo sguardo si fermasse su di lei,
anche solo per un attimo. Quella mattina…quando si era avvicinato al suo banco,
si era sentita il cuore in gola, credeva si fosse accorto di lei. Ricordava di
essersi aggiustata in fretta i capelli, raddrizzando la maglietta, che le era
scesa su una spalla…si disgustava. Lui la aveva superata con leggerezza, per
posare un leggero bacio sulla guancia alla ragazza appena entrata, che le aveva
lanciato uno strano sorriso, come di chi la sapeva lunga…
Scacciò quel pensiero…Spike, cosa vedeva in quella
ragazza? La bellezza? Non era certo tutto, non per uno che aveva vissuto secoli
interi ed era stato amate di donne bellissime e immortali…
Buffy aveva avuto tutti gli…gli uomini che voleva, ne
era sicura. Si sentiva stupida a sentire la mancanza di una cosa simile, lei
che aveva imparato a contare solo su sé stessa.
Perché tutte…tutte ma non lei?…
Spike fissava Buffy, con interesse, vedeva solo le
sue labbra, vagamente segnate da un rossetto chiaro, che si muovevano scandendo
le parole…per un momento dimenticò la missione, l’allenamento, April, il mondo.
“Spike?” chiamò Buffy, guardandolo interrogativa
Si riscosse immediatamente, lanciando solo in quel
mento un’occhiata alle spalle della ragazza e scorgendo April, che si era nuovamente accomodata sulla
sedia con lo stesso sguardo impenetrabile e perennemente guardingo.
Indicò con un movimento della testa la ragazza, facendo
voltare Buffy.
“La nostra ferita è qui…forza, devi tornare a fare
almeno un buona azione al giorno, sei di nuovo Cacciatrice, ricordi?” se
sussurrò scherzosamente alle spalle, ricevendo una leggera spinta
“sono superiore alle tue frecciate – gli rispose
ridendo, voltandosi nuovamente verso di lui e corrugando poi scherzosamente la
fronte – oh, è vero, anche tu sei tornato in servizio, quindi il tuo ruolo
prevede un numero specifico di battute giornaliere”
sempre sorridendo la ragazza si voltò, dirigendosi
verso April, sperava che la situazione
tra loro si fosse stemperata
cosa ci trovava di ridicolo?…April la osservò
avvicinarsi e prendere dell’alcool da una sacca. Rideva di lei? Certo…la
principiante, quella alle prime armi, che non è bella e per di più non regge il
primo allenamento!
Le sue mani si irrigidirono al contatto con quelle di
lei, che ora fissava pensosa le ferite
“brucerà” la avvertì, senza però ricevere risposta
versò il disinfettante sulle ferite, attenta ad ogni
sussulto della ragazza, che però non emise un gemito.
…non aveva intenzione di darle la soddisfazione dei
vederla ancora dolorante…
Buffy la osservò di sfuggita, mentre teneva lo
sguardo ostinatamente puntato fuori dalla finestra. Sperava in un po’ di…di
complicità da parte sua, o almeno in un leggero cambio di atteggiamento,
invece…
Ci sarebbe stato ancora molto da lavorare con lei.
Le avvolse attentamente le mani con bende pulite,
stringendole il minimo indispensabile.
“ho finito” asserì, rialzandosi
“bene - commentò asciutta April. Voleva mettere in
chiaro che non le era debitrice in alcun modo per quella gentilezza -
riprendiamo” afferrò seppur con esitazione il manico della spada, ancora
appoggiata al muro.
“No, tu non riprendi niente” rispose Buffy, il cui
tono era tornato duro, togliendole l’arma di mano incurante dello sguardo di
disapprovazione.
Prese la spada, dirigendosi in direzione di Spike
“guarda e impara la tecnica” le disse, intimandole di
avvicinarsi con un gesto. Non c’era superbia nella sua voce calma.
Assunse la posizione di attacco, posizionandosi di
fronte al vampiro
Soppesò la spada nella mano, con attenzione. Inspirò
silenziosamente, socchiudendo per un attimo gli occhi. Doveva trovare la
concentrazione, come le aveva insegnato Giles. Sincronizzò i suoi sensi
sull’avversario, estraniandosi dai rumori intorno a lei, dimenticando lo
sguardo di April che le bruciava sul
viso. C’erano solo lei e la spada.
Aprì gli occhi, fissando con attenzione il vampiro,
che la osservava a sua volta senza il minimo movimento. Nella sua testa c’era
solo la sua immagine, poteva vedere i muscoli tirati e le vene delle mani in
tensione per il peso dell’arma. Presto avrebbe attaccato. La sua mente si era
svuotata …solo loro due…non era mai stata brava a indovinare le conseguenze
delle sue azioni…
Spike la guardò: si stava concentrando. Poteva
intuire che i suoi sensi erano puntati su di lui. Attenti ad ogni minimo
movimento, pronti ad approfittare di una sua distrazione. Ora si specchiava nei
suoi occhi, che non lo lasciavano un istante. C’erano solo loro due…come quando
si erano rivisti a San Francisco. Uno strano calore lo invase, accompagnato da
una sensazione di vuoto. Gli faceva paura. Non sapeva dove avrebbe portato quel
combattimento, non per il gesto in sé, che poteva essere reputato normale, ma
perché combattere per loro era sempre stato come…come amarsi.
…balla con me…
Ora i suoi occhi lo inquietavano: c’era la stessa
forza di sempre e questo lo lasciava a dir poco atterrito. Aveva inconsciamente
sperato che con il tempo fosse cambiata, ora se ne rendeva conto; aveva pregato
di non vedere più quegli occhi che non esitavano mai, ma che solo con lui si
erano riempiti di lacrime, di non sentire più le mani su di lui, perché gli
avrebbero fatto ricordare quanto potevano essere gentili. Aveva segretamente
agognato che il fuoco che bruciava in lei si fosse spento, che fosse diventata
la ragazza normale che lei aveva sempre desiderato, una di quelle mortali
trasparenti senza una luce propria che gli passavano accanto senza che se ne
accorgesse.
Ora però distingueva nuovamente quel furore che non
la aveva mai fatta cedere…lo stesso che lo attirava da lei.
La sera prima si erano comportati da amici, firmando
un tacito trattato che non permetteva domande sul passato, che segregava in un
angolo della memoria i ricordi che li accomunavano. E per quei giorni sarebbero
stati…amici. Già, in fondo cos’era qualche settimana? Poi sarebbero tornati
alla loro vita di sempre, non aveva senso rivangare i sentimenti che li avevano
soggiogati quasi contro la loro volontà, contro ogni logica, contro ogni legge.
Spesso si era ritrovato a pensare che, forse, tra
loro sarebbe dovuta comunque finire così. Lui in un mucchio di cenere e lei
salvatrice del mondo, avevano solamente allungato i tempi.
Forse non era destino.
Una parte di lui avrebbe voluto tirarsi
indietro…sapeva che battersi con lei avrebbe certamente avuto un significato
più profondo, il castello di carte che si erano costruiti intorno sarebbe
caduto sotto i loro colpi. Ci aveva pensato lei? Sembrava decisa…che lo stesse
provocando? Forse non ricordava cosa era successo l’ultima volta che si erano
battuti né quanto fosse forte la scossa che attraversava entrambi quando
combattevano.
La fissò di nuovo…la titubanza cedette il passo alla
rabbia. Cosa credeva di fare?…voleva il gioco pesante, ma era in grado di
sopportare le conseguenze delle sue azioni?…lo avrebbero scoperto presto.
Attaccò. Con forza e precisione le due lame cozzarono
una contro l’altra, stridendo. Ora erano a pochi centimetri, separati solo
dalle affilate barre di metallo che si incrociavano sui loro volti.
…è questo che vuoi Buffy?…
le spade si allontanavano per poi incontrarsi sempre
a velocità maggiore, i loro corpi arrivavano fino a sfiorarsi per poi
riprendere le distanze…
April li fissava. Era come se un filo conduttore li
unisse…si vedeva che non avevano fatto altro tutta la vita. La tensione era
palpabile e la situazione si stava scaldando. Sorrise cattiva…così Buffy, la
santa che tutti dipingevano come salvatrice del creato, non per poi così
perfetta. Si sarebbe aspettata di tutto…ma con un vampiro! Anche se doveva
ammettere che Spike non era niente male. Il sorriso divenne più ampio.
Si sentì stupida…cosa diavolo stava pensando?
Tornò a concentrarsi sul combattimento.
In quel momento la porta della palestra si aprì.
I due combattenti sembravano non essersene resi
nemmeno conto…per loro quello non era un allenamento.
April si girò, per intimare i nuovi arrivati di non
fare rumore. Per quanto detestasse Buffy, non poteva negare che davanti a lei
si stesse svolgendo uno spettacolo impedibile. Vedeva quei due corpi muoversi
con sincronia e…grazia, la grazia particolare che si acquista solo dopo anni di
allenamento. Per un istante dimenticò che la ragazza che stava guardando fosse
Buffy e il rancore lasciò il posto all’ammirazione.
Xander e Dawn si avvicinarono silenziosamente alla
Cacciatrice, ancora seduta. Dawn le appoggiò una mano sulla spalla, facendola
voltare, e la guardò con sguardo interrogativo.
“tua sorella mi ha detto “guarda e impara” – imitò la
voce di Buffy – e si è messa a…-non sapeva come definire il combattimento, così
mosse le braccia in gesto plateale, indicando i due – secondo me qualcuno si
farà male” commentò
tutto sommato quella Dawn le era simpatica, doveva
avere più o meno la sua età.
“deve esserle proprio mancato” sussurrò Dawn, anche
lei osservando la battaglia
“cosa? Il combattimento?” chiese interrogativa April
Dawn la guardò con espressione risaputa, non c’era
bisogno di altre spiegazioni.
Buffy si agitava convulsamente in mezzo alla
palestra, i colpi di Spike si facevano sempre più potenti e precisi. Sapeva che
per lui quello non era un semplice allenamento e si pentiva mentalmente di
avergli proposto di combattere. D’altronde però le risultava insostenibile la
situazione tra di loro…quei suoi sguardi incerti, che indugiavano sul suo corpo
e si allontanavano non appena lei si voltava, le mancava il modo diretto in cui
lui le aveva sempre sbattuto in faccia la realtà. Era come se avesse paura di
farla soffrire con una parola…non sopportava quel comportamento gentile ma così
inusuale per il vampiro che aveva conosciuto e…
Quello non sembrava più essere il suo Spike…anche lei
però non doveva avergli fatto una buona impressione. Si trovò a maledire
inconsciamente la loro discussione notturna. Avevano siglato un tacito patto
che poneva quei momenti in una specie di bolla fuori dal tempo, dove non
esistevano variazioni dall’ultima volta che si erano visti. Invece di
variazioni ce ne erano state maledizione!
…affondò con impeto la spada, sfiorandogli il viso,
si era spostato per un soffio…
loro erano cambiati, le realtà in cui vivevano erano
diverse! Dovevano fare i conti con il fatto che Sunnydale era stata distrutta,
che non si erano visti per quasi due anni e che ognuno aveva una vita in due
città sulle coste opposte dell’America!
…schivò un colpo e con decisione menò un fendente che
mancò di poco il suo braccio…
si stupiva di essere proprio lei a pensare a quel
genere di cose…lei, che solo fino a qualche anno prima non avrebbe mai
desiderato cambiare. Allora tutto era bianco o nero, era stato proprio Spike a
insegnarle a leggere le sfumature. Inconsciamente le si impresse l’immagine di
April nella mente. chi le avrebbe insegnato a distinguerle?
…si voltò un attimo nella sua direzione, ma un colpo
di Spike la costrinse a tornare concentrarsi sullo scontro…
ed ora sembrava quasi che il vampiro desiderasse che
quello che stava accadendo rimanesse un fugace incontro di qualche giorno…non
voleva minare il suo rapporto con…con chi? Anche lei quando era arrivata
sperava di riuscire a mantenere il loro rapporto ad un livello amichevole, ma
erano bastati pochi istanti per capire che entrambi avevano una scarsa
resistenza. Ed ora voleva sapere con chi…sì, non le interessava niente se si
sarebbe solo fatta del male, se era meglio non immischiarsi...non era importate.
Sapeva solo che non avrebbe resistito a lungo in quella situazione di continua
reticenza.
…parò un altro colpo, incontrando per un istante gli
occhi di Spike…
ecco, era quello ciò che desiderava vedere. I suoi occhi
pieni di rabbia, di furore, di passione. Non quelli dolci ma forzatamente
distaccati che incontrava ogni qualvolta si voltava a guardarlo. Chissà cosa
aveva raccontato dalla ragazza con cui stava ora? Sapeva di loro? Ma certo, lei
era la ragazza senza cuore che lo aveva maltrattato e usato, quella fredda e
calcolatrice…
…brandì la spada con rinnovato ardore, facendola
cozzare violentemente contro quella di lui…
quella che aveva preso il suo cuore per poi farlo in
pezzi…oppure non le aveva raccontato niente e voleva solo dimenticarla.
Dimenticare Buffy, la Cacciatrice accecata dal bene, che non gli aveva
procurato altro che dolore…
ma non sarebbe finita così, voleva sentirselo dire in
faccia che aveva un’altra e che era felice, che in quei giorni provava solo
affetto fraterno nei suoi confronti…ma
lei, lei cosa provava? si sentiva ancora attratta da lui?…
…con il fiato corto parò l’ennesimo attacco…
Dawn li fissava, rimanendo tuttavia vicino ad April.
Non sapeva se fosse il caso di separarli, certo era che, se non avessero smesso
presto, qualcuno si sarebbe fatto molto male. Puntò lo sguardo fuori dalla
finestra: il sole era ormai calato. Se lo ricordava Buffy quando usciva di casa
vestita di nero e con una pesante borsa di cuoio di cui non le aveva mai
svelato completamente il contenuto? Aveva ancora lo stesso significato per lei
vedere il sole che calava?…
Si riscosse da quei pensieri, fissando la nuca di
April. Ora era lei l’allieva di Buffy, si sentiva gelosa? Che domande…lo era
sempre stata, di tutte le ragazze che riuscivano a passare più di un’ora con
sua sorella. Che potevano condividere con lei la parte più oscura della sua
vita.
“Buffy, Spike!” chiamò a voce alta e autoritaria
i due si fermarono simultaneamente, abbassando le
armi. Grondavano di sudore, tuttavia sembravano desiderosi di tornare a
scontrarsi. Per sua sorella era sempre stata una droga, lo sapeva.
“è ora della ronda” incontrò gli occhi di entrambi,
cercando anche solo di intuire cosa passava loro per la testa.
Buffy abbassò leggermente gli occhi, fissando Spike
senza farsi vedere. Non doveva finire così…era come se il campo magico che si
era creato mentre combattevano si fosse d’improvviso spezzato lasciando che le
emozioni del mondo esterno soffocassero i sussurri delle loro anime.
Spike non la guardava nemmeno, poteva capire la sua
rabbia, la proposta di combattere lo aveva colto impreparato.
“sì” rispose Buffy, ostentando una calma che non
aveva
“Giles vi aspetta”
* * *
Si avviarono silenziosi, uno vicino all’altra. Il
gelo tra loro era palpabile, sarebbero diventati due bombe ad orologeria pronte
a scoppiare in qualsiasi momento. Lo sapevano entrambi.
April li seguì senza azzardarsi ad intervenire,
poteva percepire che qualcosa non andava. Era come se l’equilibrio tra loro si
fosse spezzato, forse quel combattimento nascondeva più di quanto potesse
immaginare…
…ma certo, probabilmente avevano avuto una storia, di
quelle squallide avventure sessuali che piacevano tanto ai vampiri pervertiti,
ne aveva già incontrati parecchi. Non credeva però che Buffy si prestasse a
quel genere di cose, doveva avere un po’ di amor proprio!…
Il sottile velo di complicità che era calato per
qualche istante tra le due cacciatici aveva lasciato nuovamente posto al
disprezzo.
Buffy camminava dritta davanti a sé, più che
cosciente del fatto che presto la situazione sarebbe degenerata, ma non aveva
intenzione di lasciarsi trascinare dalle emozioni…non più. Con gli anni aveva
imparato che il suo difetto principale era l’abbandono totale ai sentimenti,
per poi tornare sui suoi passi quando non si sentiva più in grado di sostenere
quello che si era creato.
Non era il momento dei ripensamenti, forse aveva
sbagliato a proporre a Spike quel combattimento, lo ammetteva, ma tirarsi
indietro era un vizio che sperava di aver perso. Aveva imparato che ogni
situazione, anche la più tragica, è rimediabile, e così aveva intenzione di
fare. Aveva ricevuto una seconda occasione per rimettere a posto le cose, non
doveva sciuparla. Cosa volesse dire
“rimettere a posto le cose” non lo sapeva ancora però…
Lanciò un’altra occhiata di sottecchi al vampiro,
proseguendo poi con decisione verso la biblioteca.
Sentiva i passi leggeri di April alle sue spalle e i
suoi occhi perennemente puntati sulla schiena; quella ragazzina la irritava
parecchio, poteva quasi leggere nella sua testolina da adolescente in lotta con
il mondo e le sue istituzioni tutti i pensieri poco edificanti che formulava
sul rapporto tra lei e Spike: la Cacciatrice è una ninfomane repressa che
scarica i suoi istinti sessuali su un vampiro perverso.
Scosse la testa con rabbia, non aveva tempo da
dedicale: le avrebbe dato una buona lezione, ma non era compito suo educare le
nuove prescelte, non sapeva nemmeno perché la stava allenando.
Ripensò al loro scontro, passandosi lentamente la
lingua sul labbro ferito; probabilmente i due osservatori si aspettavano che
lei vedesse April come una specie di fotocopia dei suoi anni migliori al liceo,
che sentisse il desiderio di prenderla sotto la sua accogliente ala
protettrice, ma sfortunatamente avevano sbagliato persona, perché in quel
momento non aveva il minimo desiderio di addomesticare una ragazzina inesperta
che vorrebbe salvare il mondo da sola e che odia le californiane. Perché aveva
capito che questo influiva negativamente nei rapporti tra loro: forse, se si
fosse presentata in una salopet di jeans sformata, un basco calcato in testa e
un occhio nero i loro rapporti sarebbero migliorati. Sfortunatamente però non
aveva nessuna intenzione di sottostare ai capricci di April, anche lei avrebbe
dovuto imparare che non è il mondo che si adegua, ma sei tu che lo devi fare.
Aprì la porta che le si parava davanti, entrando
nella sala e osservando ammirata gli alti scaffali pieni di volumi. Era passata
una vita dall’ultima volta che aveva messo piede in un luogo come quello…già,
un vita.
Giles si avvicinò ai tre, con le braccia leggermente
flesse lungo i fianchi. La guardò con un misto di decisione e incredulità: stava
per assegnarle i suoi compiti per quella notte…non sperava e forse nemmeno
desiderava impartirglieli di nuovo.
“Buffy – lanciò un’occhiata fuori dall’alta finestra,
osservando il cielo che si tingeva di rosso – abbiamo meno di una settimana per
prepararci, il maestro di questa città si chiama Antes, circa 600 anni alle
spalle, probabilmente è la prima volta che tenta di aprire una bocca
dell’inferno. Voi dovete tenere a bada i demoni locali, imparare a conoscere la
zona e avvicinarvi il più possibile a questo vampiro. – guardò Spike, non c’era
più traccia del passato disprezzo – vedi se riesci a scoprire qualcosa tra i
demoni locali, senza dare troppo nell’occhio. Buffy, tu e April farete la ronda
– spense sul nascere una qualsiasi protesta della ragazza- hai bisogno di
qualcuno che ti insegni a conoscere la città, non dividetevi mai.”
Lanciò un’occhiata a Spike che di allontanò
silenziosamente.
Buffy si voltò ad osservare la sua testa bionda che
scompariva dall’oblò della porta.
La Cacciatrice osservò Giles con disappunto,
avvicinandosi a lui, che si lasciò seguire in un angolo della sala. Buffy si
allontanò, non curante del fatto che April era rimasta immobile alle sue
spalle.
“Signor Giles!” lo guardò infastidita, incrociando le
braccia “se crede che io mi tiri dietro una croce del genere…”
“è la tua prima ronda dopo due anni di inattività
Buffy, e poi questa non è Sunnydale, ricordalo. Non puoi contare sulla
discrezione delle persone e non conosci la città. Hai bisogno di qualcuno che
ti copra le spalle”
“sono sempre riuscita a farne a meno – si fece più
vicina all’uomo, bisbigliando – senta, quella ragazza…io e lei non siamo
compatibili, ci ammazzeremo tra noi se non lo farà qualcun altro. – gli puntò il
dito di fronte al viso per zittirlo – e non mi dica che ero come lei perché
avevo molto più gusto per il vestire. E poi non è allenata, crede che la forza
basti…”
“Prima le hai fatto capire che sei tu quella che
comanda, ti starà a sentire. Tra cacciatici si instaura sempre un rapporto di
forza…”
“sembra che stia parlando di animali che capiscono
solo la legge del più forte” disse ironica, lasciando però cadere i discorso.
Giles le sfiorò un braccio, più dolcemente
“Buffy…so che è una situazione a dir poco assurda,
insomma…io qui che studio come fermare un maestro, tu che vai a fare la ronda,
Willow con la testa tra libri che avrebbe fatto meglio a dimenticare…anche per
me è strano. Cerchiamo di abituarci però…-la guardò negli occhi, rassicurante –
Buffy, fai quello che hai sempre fatto e vedrai che andrà bene”
sciolse la stretta, guardandola allontanarsi e
sorridendo al suo sguardo scettico…Dio quanto gli era mancata
Ripley si avvicinò ad April
“Come è andato l’allenamento?” domandò, con voce professionale
“stia tranquillo, ho fatto la brava scolaretta”
gracchiò ironica
lanciò una furtiva occhiata verso Buffy, tentando di
dire qualcosa alla ragazza, che lo ascoltava distrattamente, sapendo quanto
fosse incapace nei discorsi di incoraggiamento.
Buffy si avvicinò ad April, si rendeva conto di
trattarla in modo eccessivamente scostante ma non era tagliata per un ruolo
come quello che le avevano affibbiato. Sapeva a mala pena gestire se stessa,
figuriamoci se era in grado di comportarsi da persona adulta e responsabile con
una ragazzina!
Le passò accanto, intimandole con tono meno freddo
“andiamo, dove tieni le armi?”
senza dire una parola April la condusse in una
saletta separata dalla biblioteca da una porta in legno chiusa a chiave. Il muro
era tappezzato di asce, balestre e spade di ogni dimensione, mentre su una
panca erano disposti i paletti.
April rimase un attimo in silenzio, quasi volesse
godersi lo sguardo vagamente ammirato di Buffy, poi entrò con decisione e
cominciò ad agguantare armi di ogni genere, infilandole in una borsa di cuoio.
Poco dopo sentì Buffy avvicinarsi a lei, osservando
con interesse le armi appese e fissando con altrettanto disappunto quelle che
stava infilando nella borsa.
“una scure?” fissò April con sguardo a metà tra
l’ironico e l’interrogativo
“Già” commentò asciutta l’altra, senza degnarla di
uno sguardo
“E posso sapere cosa te ne fai?” rincarò
A quel punto April si raddrizzò, incrociando le
braccia arrabbiata
“vado a tagliare gli alberi del cimitero, sai il mio
secondo hobby dopo ammazzare vampiri è il giardinaggio”
Buffy la fissò se possibile ancora più divertita
“allora vorrà dire che per Natale chiederai una
forbice da potatore…intanto però dovremmo andare a fare la ronda”
La pazienza della ragazza si stava velocemente
esaurendo. Non avrebbe accettato altri insulti, non da una come lei.
“Senti, cosa diavolo…” ringhiò, ma l’altra non la lasciò terminare
“stiamo andando a uccidere vampiri, non mammuth, quindi
quella –indicò l’arma – rimane qui”
“E si può sapere chi lo dice?” era sempre più
irritata
“Io” sorrise Buffy provocatoria
* * *
Le due passeggiavano lentamente per il cimitero di
Claveland, April davanti, Buffy che la seguiva pochi passi indietro.
Buffy fissava le lapidi scure, guardinga. Stringeva
il paletto in mano, tenendolo all’altezza del petto, in posizione di attacco.
Le palme erano sudate, perché si sentiva così tesa? Tentò di nascondere quel
malessere…non le era mai successa una cosa del genere, sembrava una Cacciatrice
alle prime armi. Maledicendosi mentalmente, fissò la schiena di April, che
proseguiva svogliata.
Chissà dov’era Spike in quel momento…la frustrazione
aumentò. Ora lo immaginava a passeggiare per le strade buie, infilandosi in
ogni bar malfamato…scosse la testa.
Doveva concentrarsi sulla ronda, l’inusuale calma che regnava nel camposanto
non la convinceva affatto.
Alzò lo sguardo, fissando la luna, enorme e piena, che
già le sovrastava…bene, si stava rilassando. I suoi sensi si erano concentrati
su ogni piccolo fruscio, aveva ritrovato la calma.
April si fermò improvvisamente, continuando però a
voltarle le spalle.
La Cacciatrice chiuse gli occhi…come le aveva insegnato
Giles, quando la faceva allenare in un cerchio di belli quanto, a suo parere,
inutili cristalli.
“ehi!”
aprì gli occhi di soprassalto, spaventata da quella
chiamata inaspettata. Fissò arrabbiata la ragazza, puntandole un dito contro
“non provare mai più a fare una cosa del genere” più
che con lei però, era arrabbiata con sé stessa per essersi lasciata prendere
alla sprovvista
“Va bene” rise ironica l’altra, sedendosi scomposta
su una vicina lapide
“ma che diavolo fai?” domandò Buffy, riprendendo il
controllo della situazione
“aspetto” rispose asciutta
“e cosa, di grazia?” Buffy iniziava a spazientirsi
la giovane alzò le spalle “i vampiri”
alzò gli occhi al cielo “oh, certo. Scommetto che
ogni vampiro ha voglia di essere massacrato in una bella notte come questa.
Perché non metti un cartello con scritto “Cacciatrice, uccide gratuitamente”?”
April si alzò, con un’aria da attrice consumata che
fece spazientire ulteriormente Buffy
“Senti…Buffy – pronunciò il suo nome con enigmatica
enfasi – tu non piaci a me, io non piaccio a te. Non possiamo farci niente
quindi meglio mettersi il cuore in pace. Siamo troppo diverse anche se,
francamente, non vorrei mai essere come te” disse squadrandola con espressione
volutamente schifata
Buffy incrociò le braccia più divertita che offesa “a
dire la verità nemmeno io apprezzo molto il tuo look, hai rubato i vestiti ad
uno spaventapasseri?”
April alzò le braccia, in segno di resa “Lo vedi?
però in questa faccenda ci siamo dentro tutte e due, quindi evitiamo di
interferire l’una con l’altra e, se possibile, limitiamo anche i rapporti
verbali”
Ma la bionda la ascoltava solo distrattamente,
guardandosi intorno preoccupata
“Sono tre” bisbigliò, dandole le spalle
“tre cosa?”
“tre mucche! Vampiri idiota”
“avevo chiesto di limitare i contatti verbali”
Buffy si voltò esasperata
“senti ragazzina, non ho né tempo né voglia di
ascoltarti, quindi ora concentrati ed evita di farti ammazzare”
una attimo dopo i tre vampiri comparsero. Camminavano
sicuri, non erano certamente risorti quella notte.
“Bene bene. La Cacciatrice e la sua amichetta del
cuore” commentò uno rivoltò ad April, messa in posizione di attacco
“amici tuoi?” chiese ironica Buffy
“No, sai, non amo portarmi a letto i vampiri”
commentò cattiva
i tre però non rimasero ad ascoltare il loro ennesimo
litigio.
Si scagliarono le une contro gli altri, ma il
combattimento durò poco. Buffy doveva ammettere che April non se la cavava
affatto male, eliminò senza fatica quello dei tre che le aveva rivolto la
parola, lei invece era ancora alle prese con i due rimanenti.
Schivare…colpire…abbassarsi…schivare…tentare un
affondo con il paletto…quei movimenti le risultavano meccanici. Con gli anni
aveva acquisito una certa grazia …ne trafisse uno con l’arma.
Poi le tornò in mente…Elisabeth. Lei era Elisabeth,
non Buffy. Non più almeno.
Fissò le sue
mani, protese in avanti contro il demone, non le aveva più usate per
stringere un’arma…
Un secondo vampiro si avventò su di lei, cogliendola
alla sprovvista. Finirono entrambi sull’erba umida…
…le sue mani…il paletto…
l’arma le sfuggì di mano…cosa stava succedendo? Era
solo un sogno, uno di quei terribili incubi che ancora la torturavano…forse ora
si sarebbe svegliata nella sua stanza buia di New York…
“Ehi Buffy!” sentì la voce di April, ma sembrava
lontana migliaia di chilometri…cos’era quel peso su di lei?
“prendi!”
afferrò qualcosa di ruvido e appuntito… Non vedeva
quasi niente…
poi, più nulla
Tutto era tornato distinto. Vedeva il vampiro, April
in piedi di fianco a loro e il paletto che teneva in mano.
Con un movimento rapido e preciso lo trafisse,
fissando per un ultimo interminabile istante i suoi occhi gialli e luminosi che
la fissavano con odio
Senza una parola si alzò, spolverandosi vigorosamente
i vestiti ed evitando di guardare April.
Lei la fissava, mentre si puliva dalla polvere come
se niente fosse, e aspettò che i loro occhi si incrociassero.
Infine Buffy si voltò, cosciente dell’incredulità
della ragazza
“cosa è successo?” domandò lei, senza il consueto
tono sprezzante
“Non ho creduto in me” si raddrizzò, guardandola con
serietà “ora hai visto cosa succede se, anche per un solo istante, pensi di non
farcela”
* * *
Spike passeggiava silenzioso per i vicoli bui e
sporchi della periferia. Rasentava il muro con la schiena, scomparendo quasi
nella semioscurità. Scrutava con
attenzione ogni cosa, voltandosi ad ogni rumore alle sue spalle. Non gli piaceva
quella città, troppo silenziosa per i suoi gusti.
Tentava in tutti i modi di concentrarsi sul suo
compito…trovare notizie. Ma certo, era sempre servito a quello. Dare
informazioni alla Cacciatrice era stato quasi il suo mestiere a Sunnydale,
chiaramente però veniva lautamente ricompensato…scacciò con rabbia l’immagine
di Buffy dalla sua mente. Come diavolo faceva a pensarci ancora? Dopo quello
che era successo in palestra poi…cosa voleva dimostrare? che era ancora la
Cacciatrice? Che poteva ancora spuntarla con lui?…come del resto aveva sempre
saputo fare…
Sentiva di nuovo i suoi occhi puntati addosso,
attenti ad ogni suo minimo movimento e pronti a studiare un contrattacco.
Durante la lotta poteva sentire il suo cuore battere all’impazzata, il respiro
affannoso che le faceva alzare ritmicamente il petto…ad ogni colpo si facevano
più vicini, per opo allontanarsi di nuovo, come era sempre stato tra loro.
Solo che questa volta la forza che li respingeva era
stata più forte.
Ricordava la prima volta che la aveva sentita al
telefono dopo che era tornato in vita…
Lui si reggeva in piedi a fatica, stremato dallo
sforzo. Aveva appena finito di allenarsi con Angel, era il suo primo
allenamento dopo che era tornato corporeo.
Camminava a torso nudo verso la sua stanza, con la
maglietta poggiata su una spalla, quando aveva sentito squillare il telefono.
Poi era stato un attimo…la segreteria vuota…Cordelia
fuori a fare spese…nessuno nei paraggi…toccava a lui rispondere, dopotutto ora
poteva dirsi parte della Angel Investigations e poi quasi sicuramente era un
povero derelitto di quelli che piacevano tanto ad Angel.
Senza troppo entusiasmo aveva alzato la cornetta
“Angel Investigations, chi è morto o sta per essere
ucciso?” disse sospirando
dall’altro capo del filo seguì un lungo silenzio, poi
una voce, flebile, tanto da sembrare lontana
“…Spike?”
rimase immobile, con l’apparecchio in mano e lo
sguardo puntato su un punto indistinto del muro di fronte.
Era lei…lei…strinse con maggiore forza la cornetta,
serrando la mandibola, un brivido freddo lo percorse come una lama d’acciaio
“…S-Spike?” sentì la voce ripetere
“Ciao Buffy” biascicò, con tono più tremante di
quanto avrebbe voluto
La voce non rispose…la voce, non era diventata altro
per lui? Solo una stupida voce, senza nome ne viso?… Forse. Poi subentrò
l’imbarazzo. Cosa chiederle? “Come stai” suonava quantomeno fuori luogo da
chiedere ad una che ha appena perso l’intera città che doveva difendere… i
ricordi gli tornarono nitidi, il First Evil, la grotta, la battaglia…lui che
bruciava.
Immaginava tutto come se lui fosse un semplice
spettatore, non il protagonista in prima persona. La vedeva di spalle, mentre
gli stringeva la mano, le fiamme già divampavano. – si guardò attentamente la
mano libera, serrando il pugno – stava dicendo qualcosa, ora riusciva a
distinguerne il viso, gli occhi inondati di lacrime, …ti amo Sp…
Angel entrò improvvisamente nella stanza,
interrompendo il flusso dei ricordi ancora sconnessi.
“chi è?” chiese con noncuranza
allora si era reso conto del perché della telefonata
“è per te” gli porse freddamente la cornetta,
asciugandosi il sudore della fronte con la maglietta, e si allontanò
velocemente
Ecco il loro primo dialogo, dopo che lui era tornato.
Poteva ancora sentire la sua voce spezzata mentre pronunciava il suo nome. La
voce di Buffy.
Chissà…se avesse detto qualcosa di diverso forse…
Ma non si vive di se e di forse, lui lo sapeva meglio
di tutti. Quante volte si era ripetuto che, nonostante le apparenze “forse” lei
lo amava.
Glielo aveva detto, alla fine. Sì…alla fine aveva
sussurrato un “ti amo”. Cosa aveva provato in quell’istante? Si concentrò.
Calore…un immenso calore lo aveva invaso, ricordava di averla guardata
un’ultima volta in quegli stupendi occhi verdi, che solo con lui si tingevano
di una sfumatura ambrata. Sorrise…con quelle due parole aveva dato un senso
all’intera sua esistenza, gli aveva fatto provare una sensazione sconosciuta
che però era volata via nel giro di un attimo. “sono il buffone della sorte”
ora capiva di cosa parlava Shakespeare.
Ma la sua non-vita si era basata su una scelta,
quella di morire; e, in quell’istante, mentre le stringeva più forte la mano,
aveva scelto di non crederle.
Quante cose avrebbe potuto dirle in quella
telefonata…non aveva più sperato di averne la possibilità; ed ora erano di
nuovo lì, insieme, lei Cacciatrice e lui vampiro, come se il destino avesse
voluto dar loro una seconda possibilità…una seconda possibilità? Questo lei
voleva dirgli durante il combattimento? …sorrise. Buffy non era mai stata molto
brava in certe cose.
* * *
Buffy ed April si guardavano ancora negli occhi, come
in un tacito scontro. Fu quest’ultima a parlare per prima
“cosa c’era tra di voi?” chiese a bruciapelo, senza
il minimo imbarazzo
“scusami?” incrociò le braccia e la guardò alzando un
sopracciglio
“hai capito…se dobbiamo conoscerci…” rispose April,
con un sorriso mal celato
“ascolta ragazzina…noi non dobbiamo “conoscerci”, ma
semplicemente diventare coordinate quanto basta per evitare di farci ammazzare,
ti è più chiaro il concetto?”
“Ci sei andata a letto vero?” continuò lei,
imperterrita
“hai voglia di prenderle? Perché sono dell’umore
giusto”
“ci sei andata a letto” concluse lei alzando lo
sguardo
Buffy la sorpassò, camminando velocemente e
stringendosi nel cappotto
“ehy…ehy ehy! Dove diavolo stai andando?” le corse
davanti, tentando di fermarla
“torno a casa, qui non c’è nessuno” la sorpassò
nuovamente
“e come fai a dirlo scusa?”
“ perché, come tu – sottolineò l’ultima parola con la
voce – avresti dovuto notare, i necrologi sul giornale di oggi erano tre e,
prima di un’apocalisse, i vampiri non amano farsi impalettare dalla Cacciatrice
di turno e rimangono nelle loro belle cripte”
“andiamo a ucciderli allora” gridò aprendo la braccia
“si da il caso che nemmeno io ami farmi ammazzare, ti
lascerei qui a fare wrestling con il maestro ma sai…ci servi viva”
“grazie!” commentò arrabbiata
“non c’è di che” rispose acida Buffy, uscendo dal cimitero
per dirigersi nella stanza dove alloggiava
Spike aprì con forza la porta scalcinata di un
puzzolente bar nei sobborghi di Claveland. L’aria era densa di fumo grigio, che
nemmeno la fastidiosa luce al neon riusciva a penetrare. I tavoli erano tutti
occupati e il vociare aumentava. Lanciò una rapida occhiata ai clienti…cinque
demoni e quattro vampiri, doveva essere successo qualcosa di grosso perché
fosse così affollato.
Poggiò i gomiti sullo sporco bancone, richiamando con
un’occhiata l’attenzione del barista.
“un bourbon, doppio”
tenne gli occhi bassi fino a che non gli fu posato
davanti il bicchiere, poi prese a sorseggiarlo lentamente con espressione
assorta
“non ti ho mai visto da queste parti, sei nuovo?” un
giovane vampiro, vestito di pelle dalla testa ai piedi e con numerosi piercing
alle orecchie gli si avvicinò, posando uno sgabello vicino al suo
“Già” fu la laconica risposta di Spike, che bevve un altro sorso di liquore
“sei qui per conoscere il maestro scommetto” rispose l’altro,
con tono risaputo
Bene, aveva messo in preventivo di girare almeno due
bar prima di trovare un idiota disposto a parlare del maestro e di ciò che
aveva in ballo, invece il primo tentativo era andato a segno. Si vedeva che non
erano avvezzi ad apocalissi da quelle parti.
“e tu cosa ne sai?” rispose un po’ bruscamente,
sapeva come recitare la sua parte
“ehy amico…Andes sta raccogliendo quanti più vampiri
e demoni possibile, tra poco si scatenerà l’inferno” rise sguaiatamente per la
battuta “questo posto diventerà la nuova bocca”
“credevo che dopo Sunnydale…”
“vedi che allora qualcosa sai?” il vampiro gli
strizzò l’occhio “anche qui abbiamo una Cacciatrice, ma non sarà un problema,
il maestro ha già…”
“finiscila” una voce imperiosa fece morire le parole
in bocca al vampiro. Quello che aveva parlato si alzò, dirigendosi verso i due
con passo sicuro e afferrando per un braccio il giovane “ci vuole la massima
segretezza” poi guardò Spike, minacciosamente dall’alto in basso “questa non è
una zona per forestieri”
Spike sorseggiò lentamente l’ultimo sorso di bourbon,
alzandosi poi fino a guardare negli occhi il suo nuovo interlocutore. Senza
dire una parola si diresse verso la porta, l’esperienza gli aveva insegnato a
non dare nell’occhio, gettando sul tavolo una banconota stropicciata.
Una raffica di vento spazzò il vicolo, investendolo e
sollevando qualche cartaccia svolazzante. Senza voltarsi indietro si diresse
verso il bar successivo.
Buffy entrò in camera, gettandosi sfinita sul letto.
Chiuse meccanicamente gli occhi, aspettando che i muscoli si distendessero. Non
era più abituata a fare sforzi di quel genere, dopo due anni di completa
inattività. Chissà cosa avevano scoperto Willow e gli altri…sentì il vento
frusciare con forza tra i rami dei grandi alberi circostanti…e Spike? Dov’era…
“Buffy?”
sentì una voce ovattata chiamare il suo nome, Willow
“Sì?” sussurrò nel buio
“allora? Come è andata la tua prima giornata di
servizio?”
quel termine la fece sorridere
“la ronda è andata bene…fa un freddo del diavolo qui
la notte” commentò
“non intendevo questo…April?”
Sospirò, iniziando a spogliarsi
“Giles e Ripley vorrebbero far leva sul cameratismo
tra cacciatici, ma io e la piccola spaventapasseri non siamo esattamente une
esempio di virtù…e guai se dici che mi assomiglia” la ammonì, facendola
sorridere
“dai Buffy…cerca di capirla, sai quanto deve aver
sentito parlare di Buffy la Cacciatrice invincibile che sventa una apocalisse
l’anno? Sei su tutti i manuali degli osservatori”
“spero che non abbiano messo la foto dell’annuario
del liceo…avevo dei capelli orribili”
“Niente foto per tua fortuna…voglio dire che lei si
sente minacciata e sempre paragonata a te”
“beh…di sicuro vinco il confronto tra chi si veste
meglio”
“smettila di scherzare – la ammonì dolcemente – lo
sai che è vero”
si sfilò il maglione, appoggiandolo su di una
seggiola
“cosa posso farci se detesta le californiane in
genere e me in particolare?”
“prova ad essere più gentile per cominciare…posso
immaginare come si sia sentita quando ti ha visto arrivare in pantaloni di
pelle e accompagnata dagli amici, il suo osservatore ti fissava come se fossi
una specie di manna e parlava di lei come se non esistesse. Inoltre lo sai che
a quell’età si è per natura in conflitto con il mondo, dovresti provare a
metterti nei suoi panni…non è facile sostenere il confronto”
“senti Willow, hai ragione come sempre. –fece una
piccola pausa – però non ho iniziato io a prendere a pugni la gente! Se lei non
ci vuole qui pazienza, le salveremo la vita comunque”
“e se provaste a farlo insieme? Prova ad andare più
in profondità con lei”
sbuffò, sapeva che la sua amica era nel giusto
“come farei senza di te Willow? Domani parteciperai al
nostro allegro allenamento e mi fermerai se tenterò di salarle addosso”
bisbigliò prima di distendersi
seguì un breve silenzio, disturbato solo dal fruscio
delle coperte del letto di Buffy
“Buffy?”
“che c’è?”
“mi sbagliavo, non sei cambiata”
Buffy sorrise, osservando l’amica attraverso
l’oscurità.
“’notte Willow”
“’notte Buffy”
Cap.3 – Contrasti
Dawn si rigirò freneticamente tra le lenzuola,
incapace di darsi pace. La sorella era tornata, l’aveva sentita entrare di
soppiatto e bisbigliare qualcosa a Willow.
Già…con Willow.
Fissò la schiena di Buffy, illuminata dalle prime
luci dell’alba. Il lenzuolo era tirato sopra la schiena e i capelli biondi
ricadevano mollemente sparsi sul copriletto. Poteva distinguere il suo delicato
profilo.
Fissò con più intensità la sorella…eccola là, Buffy.
…l’aveva vista piangere, ridere, combattere. Si era
arrabbiata, aveva amato, aveva sacrificato tutto quello a cui teneva.
Ma chi era realmente? Se lo era sempre chiesta. In
quel momento era Buffy la Cacciatrice, fino a due giorni prima Elisabeth Anne
Summers, impiegata di New York, solo due anni fa invece Buffy Summers, la
commessa al Dublemeat Palace. Poteva essere qualsiasi cosa…per lei era stata
sorella e madre, da quando Joyce era morta.
Ascoltando la sua voce sussurrare qualche parola a
Willow, una morsa fredda aveva attanagliato lo stomaco di Dawn.
Già…era stata madre e sorella per lei, ma, in
entrambi i casi, non aveva scelto lei di esserlo. Prima i monaci, poi la morte,
le avevano imposto un ruolo che altrimenti non le sarebbe mai toccato. Più
volte si era chiesta se, magari in un'altra vita, se si fossero incontrate in
circostanze diverse, tra loro sarebbe nata un’…amicizia.
Questo la faceva stare male. In Buffy aveva trovato un
modello, un conforto, un aiuto, ma mai amicizia. Quella lei la riservava a
Willow, la sua amica di sempre, a Xander, il ragazzo che sarebbe sempre stato
un po’ innamorato di lei…ed ora a quella April. Poteva negarlo fin che voleva,
ma si vedeva da lontano che quella nuova sfida la attraeva: allenare un’altra
cacciatrice, insegnarle a difendersi, a attaccare, a uccidere. Tra loro sarebbe
nato un legame profondo, lo sapeva, e al pensiero un ennesimo dolore al petto
la percorse. Le avrebbe insegnato tutto, tutto quello che riguardava il suo
mondo, e tra loro si sarebbe instaurato un rapporto di…non sapeva come
definirlo ma si trattava di qualcosa di unico, che si crea solo tra persone
affini, quella sorta di amicizia mai espressa ma che, con il tempo, diventa un
capo saldo nella vita di un persona.
Nella sua mente si delineava l’immagine di April, con
i capelli rossi scompigliati, vestiti troppo larghi addosso e il sudore che
colava dalla fronte. Ricordava lo sguardo che aveva rivolto a Buffy appena si
erano viste…disprezzo, scetticismo, sufficienza…ma poi, quando la aveva
rivista, dopo il combattimento, nei suoi occhi c’era un’ emozione diversa, non
solo rabbia e disprezzo, anche stima. April…doveva avere più o meno la sua età.
Sarebbe stata curiosa di conoscere la sua famiglia…anche se poteva facilmente
intuirlo: genitori abbastanza disastrati, troppo presi dalla loro vita
quotidiana per accorgersi della figlia e di quello che le succede; niente
fratelli o sorelle. Una ragazza insomma che aveva sempre vissuto da sola, anche
a scuola doveva essere abbastanza emarginata, sempre sulle sue e con la
convinzione di dover salvare il mondo per rivalsa nei confronti di chi la aveva
sempre ignorata.
Già…era brava a psicanalizzare le persone. Ed ora
veniva la parte più dura da digerire: le mancava una figura che le facesse da
modello, qualcuno da cui sentirsi “giudicata”, che prendesse a cuore ogni suo
movimento, che capisse cosa provava. Buffy.
Le tornarono in mente tutte le notti passate con lei
a fare la ronda, quando le insegnava a cacciare insieme alle SIT. Anche allora
avvertiva una sorta di apprensione, come se avesse sempre paura che potesse
succederle qualcosa. Con le altre non era così…già, loro sapevano difendersi,
ce lo avevano nel sangue, loro sarebbero diventate cacciatrici.
Sembrava che Buffy facesse parte di una realtà
lontana dalla sua, fatta di mostri e demoni, di amori profondi e odi viscerali,
dove non esistevano mezze misure. Lei invece ne era tagliata fuori, come
sempre.
Ma cosa voleva in fondo? Cosa chiedeva ancora ad una
persona che aveva di mostrato di tenere a lei tanto da morire per salvarla? Che
aveva rinunciato a più di un anno di studi per mantenerla?…altre attenzioni?…
* * *
April passeggiava lentamente, diretta verso casa. La
gelida luce dei lampioni illuminava la strada deserta, che percorreva
soprapensiero.
Le mani le ricadevano mollemente sui fianchi, ancora
bendate.
Arrivò di fronte alla silenziosa villetta immersa nel
buio e sorrise…non serviva nemmeno che entrasse dalla finestra, probabilmente
sua madre dormiva già da qualche ora, suo padre invece…sarebbe rientrato la
mattina successiva.
Salì silenziosamente le scale, infilandosi
immediatamente nella sua camera e chiudendo a chiave la porta.
Ecco, ora era nel suo regno.
Nella penombra osservò gli oggetti sparsi: fogli
ovunque, coperti di una fitta e disordinata grafia. I professori le dicevano
sempre di scrivere meglio, ma, dopotutto cosa le importava?…
Lo schermo del suo portatile emanava una fredda luce
elettronica, che donava alla stanza un aspetto sinistro.
Allungò la mano, afferrando il mouse. Il salvaschermo
scomparse, lasciando il posto all’interfaccia di una pagina Internet.
Si sedette davanti al computer, ticchettando
freneticamente sui tasti.
>Dispersa
ci sei?
>Master
ciao Dispersa
>Dispersa
buona sera Master
>Master
come hai passato la serata?
>Dispersa
oggi è stato diverso, sono stata in giro con una
nuova persona
>Master
non una dei
ragazzi di cui mi hai parlato
>Dispersa
no, quelli sono i miei compagni di classe, degli
idioti
lei è nuova, appena arrivata in città
>Master
parlami di lei
>Dispersa
è più vecchia di me, viene da New York
>Master
anche lei è come gli altri, un’idiota?
>Dispersa
no
>Master
odi anche lei?
>Dispersa
è diversa, deve insegnarmi
>Master
deve?
>Dispersa
sì, è necessario
>Master
lei non vuole?
>Dispersa
non lo so
>Master
ti trovi bene con lei?
>Dispersa
non lo so
>Master
anche lei combatte vero? È più forte?
>Dispersa
sì
>Master
come si chiama?
>Dispersa
non ha importanza
>Master
come ti tratta?
>Dispersa
prevede quello che sto per fare
>Master
ti fidi di lei?
>Dispersa
Sì
buona notte Master, grazie
>Master
buona notte Dispersa, a presto
chiuse con forza il pc, staccando il filo della
corrente; poi si infilò nel letto, chiudendo finalmente gli occhi arrossati,
svuotata dalle fatiche di quella prima giornata.
* * *
camminava completamente avvolto nella nebbia, il
lungo cappotto di pelle sfiorava l’asfalto umido, gonfiandosi leggermente ad
ogni passo.
Spike si diresse con decisione verso la scuola
Varcò silenzioso la soglia dell’edificio, dirigendosi
verso la palestra. Con una lieve spinta la porta di legno si aprì senza neanche
un cigolio.
Era dentro
Perché era tornato lì?…
La luce proveniente dalle vetrate poste in alto,
vicino al soffitto, proiettava lunghe ombre scure e donava un magnetico colore
bluastro ad ogni cosa.
Si diresse al centro della stanza, la sedia dove si
era seduta la neo-cacciatrice non era stata spostata. Da lì quella ragazzina li
aveva osservati combattere.
Già…combattere
Non avevano fatto altro, da quando si erano conosciuti.
Avevano combattuto con le mani, con le parole; prima una contro l’altro, poi
insieme contro il male, infine contro il mondo in cui nessuno dei due trovava
un posto. E adesso?…cosa erano diventati?…
L’immagine di Fred si compose come per magia nella
sua mente.
Fred…solo in quel momento si sentì in colpa, o meglio
capì che doveva sentirsi così. Come aveva potuto…cosa aveva gli permesso di
dimenticarla?…
Non bastavano due giorni o poco più per cancellare
due anni di vita, di questo era sicuro. Non era più tempo di pensare all’amore
da favola, quello in cui le due anime gemelle separate si riuniscono, a
dispetto di tutto e tutti. Non sapeva nemmeno se Buffy poteva realmente dirsi
la sua anima gemella…e comunque non avrebbe più dovuto importagli. Aveva scelto
di lasciarla fuori dalla sua vita quando la mano di Angel aveva afferrato la
cornetta, in quel lontano pomeriggio.
Ora però erano lì…entrambi, come se il destino avesse
voluto regalare loro un’altra opportunità. Anche quello però era sbagliato, si
rendeva conto che stavano vivendo una situazione fuori dal tempo: la scooby
gang riunita e Buffy di nuovo la cacciatrice, lui che la aiutava a sconfiggere
l’ennesimo big bad…fino a quando poteva durare l’incantesimo? E poi…cosa
sarebbe successo?…e, cosa più importante, se la sentiva di rischiare di nuovo,
ben sapendo a cosa sarebbe andato in contro?…lasciare tutto per lei, lo aveva
già fatto in passato, e cosa ci aveva guadagnato?
…ti amo Spike…
scacciò dalla mente quell’istante, quell’unico
istante che gli faceva dimenticare tutto il resto: i maltrattamenti, le lotte,
i rancori, il dolore di vederla con un altro…tutto.
Ma lei era cambiata, cresciuta…e aveva imparato a sue
spese che i sogni sono solo sogni e che il bene, per vincere, deve pagare un
prezzo.
* * *
Buffy si rigirava senza sosta nel sonno, con gli
occhi ancora chiusi, le palpebre che si contraevano.
…correva nel buio, senza una meta
i polmoni le facevano male
cadde a terra, l’asfalto le graffiò i palmi delle
mani
“Aiuto!” gridò con voce roca e spezzata dal pianto,
l’angoscia saliva
“Aiuto” biascicò con un filo di voce, accasciandosi
nuovamente a terra
abbassò lo sguardo, lasciando che le lacrime le
scorressero lungo il viso…aveva perso, era pronta a morire?
“Buffy?”
alzò improvvisamente il capo…un sorriso di sollievo
le si disegnò sul volto rigato dal pianto
“Willow!” allungò un braccio
una risata divertita le risuonò nel petto…Willow
rideva
“Buffy, Buffy…non imparerai mai”
“Elisabeth!” una voce tra lo scioccato e il
perentorio
Si voltò di scatto, scorgendo tra le tenebre l’alta
figura di Mark
“cosa stai facendo?” urlò il giovane
non aveva la forza di alzarsi, il braccio che prima
era steso in direzione di Willow era stato ritratto di scatto
“cacciatrice” un’altra figura le era comparsa alle
spalle…Spike
si voltò con fatica nella sua direzione, dimenticando
gli altri
“Aiutami Spike” sussurrò
“chi sei tu?” sul viso del vampiro era disegnata
un’espressione a metà tra lo stupore e il divertimento…
si raddrizzò
di scatto, con gli occhi aperti e colmi di lacrime. Osservò le teste di Willow
e Dawn, ancora profondamente addormentate, non doveva aver urlato allora.
Distese con cura le coperte, che aveva scalciato
durante l’incubo, tornando ad appoggiare la trsta sul cuscino.
Chiuse gli occhi…voleva solo dormire, dimenticare.
Dimenticare quell’orribile sogno, scaturito da chissà quale meandro della sua
mente e improvvisamente si fece più forte il desiderio di tornare a casa…sì, a
New York, lontano da quel mondo in cui ogni cosa aveva più di una faccia, in
cui niente era facile e lineare.
Lei…lei tentava, continuava a provare a rendere tutto
più semplice…
Bene e male
Cacciatrice e vampiri
Vita reale e fantasia
Ma non ce la faceva…quando provava a fissare una
barriera avveniva un cambiamento che la faceva tornare indietro e riconsiderare
ogni cosa.
Perché…perché…
Lei tentava di mettere ordine nella sua vita, di
darle un senso…
Perché adesso pensava quelle cose?…
Un singhiozzo soffocato le morì in gola
Basta…basta…doveva solo riposare un poco, poi tutto
sarebbe andato a posto…bastava avere fede, come aveva detto quella stessa sera
ad April
…“ora hai visto cosa succede se, anche per un solo
istante, pensi di non farcela”…
* * *
“Buffy…Buffy svegliati”
Willow la stava scotendo per le spalle
“Ma come, ieri ti sei alzata praticamente all’alba e
oggi non dai nemmeno segni di vita?” commentò Dawn, già vestita e pronta per
uscire
controvoglia la cacciatrice si alzò, guardando con
desiderio le coperte calde e stropicciandosi gli occhi
“che ore sono?” grugnì, dirigendosi verso il bagno
“Sono le sette quaranta e se non ti sbrighi faremo
tardi!” le urlò dietro Willow, ma lei aveva già chiuso la porta
senza badare troppo a quello che faceva, infilò le
mani nella valigia ed estrasse a caso: quella mattina le sarebbero toccati i
jeans e una canottiera nera. Si vestì senza una parola, sotto gli occhi stupiti
delle due.
“Buffy…” cominciò Dawn, divertita, ma la sorella non
la lasciò continuare, alzando un dito
“No, non un parola”
“giornataccia?” chiese con un sospiro: sapeva fin
troppo bene quanto poteva diventare cinica Buffy durante le sue giornate no
“giornataccia” confermò lei, spazzolando
vigorosamente i capelli davanti allo specchio. “allora, chi vuole farmi un
riassunto della divertentissima giornata che ci aspetta in questa ridente
cittadina?”
“tu ti allenerai, mentre noi faremo ricerca e
perlustrazione, dobbiamo assolutamente conoscere il territorio in cui si
muoverà il maestro” disse Willow, seria
“Uno spasso insomma” commentò asciutta, dirigendosi
verso la porta e lasciando che le altre due la seguissero a ruota
Appena arrivate al pian terreno gli occhi di tutti si
puntarono su di loro
“dormito bene?” chiese irritato Giles, indicando
l’orologio appeso al muro, che indicava le otto e dieci
“perfettamente grazie” rispose limpida Buffy,
sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori “andiamo?”
Spike la guardava divertito, doveva trattarsi di una
di quelle giornate no, in cui il livello di acidità nel suo sangue sfiorava i
massimi storici, e non potè fare a meno di compatire April.
* * *
i sei si diressero a passo spedito verso la scuola,
volevano evitare di entrare in ritardo ed essere costretti a rendere nota la
loro presenza ad altri, mischiandosi tra gli studenti.
Buffy, circondata dagli altri, arrivò di fronte al
grande cartello che aveva notato anche la mattina prima e sorrise divertita
“ah…il liceo! Begli anni quelli…non siamo mai
riusciti a far saltare l’università invece” commentò rivolta a Willow, che
sorrise divertita.
“è meglio aspettare ad entrare – disse Giles – tra
poco Ripley o April saranno qui” passava lo sguardo da un studente all’altro,
in evidente stato di agitazione
“non le sono mai piaciuti gli studenti vero?” chiese
Xander, ironico
“quelli del vostro liceo perlomeno…eravate dei
selvaggi” concluse, strofinando vigorosamente le lenti degli occhiali
“inglesi!” commentò il ragazzo
Buffy intanto li fissava divertita da dietro le lenti
scure degli occhiali da sole che aveva appena inforcato, ignorando gli sguardi
che le lanciavano gli studenti di passaggio
Spike osservava quei ragazzini con evidente
irritazione, preferiva non immaginare cosa passasse loro per la testa in quel
momento…
“eccovi” April richiamò la loro attenzione
“eccoci” rispose Dawn, la simpatia con cui la aveva
accolta in un primo momento era svanita del tutto a causa delle riflessioni
della notte precedente
“non c’è più pericolo Giles, possiamo andare, gli
studenti se ne sono andati” apostrofò la cacciatrice rivolta a Giles che,
sospirando, li aveva seguiti all’interno dell’edificio
Buffy salì decisa al fianco di April i gradini che
conducevano alla scuola, fintamente inconsapevole degli sguardi dei ragazzi che
passavano. Le era sempre piaciuto, anche se non lo dava a vedere, essere al
centro dell’attenzione per qualcosa di diverso dal suo lavoro notturno.
April dal canto suo strinse più forte la tracolla
contenente i libri, aumentando il passo. La detestava in quel momento…ma non
capiva come si doveva sentire lei? Come se non bastasse tutti i ragazzi con cui
era stata in classe e che la avevano sempre ignorata ora la salutavano con
molta più enfasi del solito, scambiandosi occhiate fin troppo eloquenti e
squadrando da capo a piedi Buffy.
Se durante l’allenamento aveva riconsiderato almeno
in parte le californiane, ora si era completamente ricreduta…
April si fermò vicino al suo armadietto, facendo
scattare con troppa forza la combinazione
“io ho lezione fino alle undici, poi vi raggiungo in
palestra” brontolò fredda, agguantando un paio di libri e chiudendo con rabbia
mal celata lo sportello
“Bene…ti aspetto giù, oggi tocca all’allenamento con
i cristalli”
“detesto i cristalli” commentò decisa
Buffy sorrise divertita, salutandola con un gesto
della mano e dirigendosi verso il gruppo
Giles guardava da lontano Buffy, eccola la sua
cacciatrice. Sembrava avesse recuperato la gioia di vivere che aveva perso
ormai molto tempo prima; osservava il suo sorriso luminoso e i lineamenti
distesi…sorrise ripensando alle sue battute quella mattina, le era mancato
anche quello di lei.
Saperla lontana, in una città sconosciuta, dove
avrebbe potuto fare affidamento solo sulle sue forze…era sempre stata più brava
a sventare apocalissi che a condurre una vita serena. Lei tendeva sempre a
porsi mille domande, anche se, al momento di agire, l’istinto prendeva il
sopravvento.
E invece, quando la aveva vista presentarsi davanti
alla sua porta, il suo cuore si era riempito di orgoglio.
Ce la aveva fatta…poteva leggerle negli occhi tutti i
sacrifici che le era costato quel traguardo, ma ci era riuscita: aveva preso il
sopravvento sulla vita, che in precedenza le aveva riservato solo obblighi.
“Giles”
l’osservatore si voltò verso il vampiro biondo
“Dimmi Spike”
“ieri sono riuscito a scoprire qualcosa”
l’uomo, che si era fatto subito più attento, lo
squadrò, ricevendo di rimando uno sguardo ironico
“credeva che mi sarei perso tra i fiumi di
alcool senza la minima intenzione di cercare informazioni?”
“No…no Spike, continua”
“tra due notti, avverrà tra due notti. L’Adunanza è
già cominciata” si guardò intorno, come se non volesse essere sentito da altri,
l’ironia di un attimo prima era scomparsa
“Dobbiamo sbrigarci…sai dove accadrà?”
“nel vecchio palazzo in disuso, a qualche chilometro
dal cimitero…certe cose non cambiano mai, vero Giles?”
“già” abbozzò un mezzo sorriso “dobbiamo
prepararci…questa probabilmente sarà l’ultima notte disponibile per avvicinarsi
alla zona”
“ieri sera ho dato un’occhiata in giro, sono
abbastanza inesperti, ma il capo sa quello che fa, te lo assicuro”
“April?”
“sarà pronta” commentò asciutto
“Bene…dobbiamo trovare armi, più armi possibile, e
incantesimi. Io andrò in biblioteca con Willow, tu e Buffy in palestra. Oggi
andrete voi di ronda, April rimarrà qui” la precedente titubanza era sparita
Buffy intanto, vedendoli discutere fittamente, si era
avvicinata.
“Che succede grande capo?” domandò a Giles
ad ogni parola dell’osservatore il sorriso stampato
sul suo viso si spegneva sempre più, lasciando il posto al nervosismo
* * *
April li guardava da lontano, non sapeva cosa si stavano
dicendo, ma dall’espressione di Buffy certo non doveva essere nulla di buono.
Francamente però, in quel momento la cosa non le importava molto…dopo il
pessimo tiro che le aveva lanciato la sua pseudo-allenatrice. Fissò con
arroganza quel viso tirato…le avrebbe fatto vedere quanto valeva, presto.
Entrò in classe con i nervi a fior di pelle,
sedendosi all’ultimo banco in fondo, e aprendo un voluminoso tomo rilegato in
pelle.
Presto si immerse nella lettura, dimentica dei
compagni che cominciavano ad affollare l’aula vociando rumorosamente. Certo non
poteva aspettarsi che l’argomento di conversazione fosse proprio lei.
La lezione fu più noiosa del previsto, non alzò
nemmeno gli occhi dal libro che stava leggendo, incurante del professore. Non
era mai brillata per il particolare interesse durante le ore, ma si sarebbe
rifatta nei temi scritti.
Qualche minuto prima del trillo del campanello
l’insegnante scrisse le pagine da studiare alla lavagna e uscì.
D’un tratto un ragazzo della sua classe, di cui a
mala pena ricordava il nome, le si avvicinò, scotendola leggermente
“Ehm…April?...ciao, come va?”
la ragazza
inarcò un sopracciglio, osservando i visi degli altri studenti, che tenevano
gli occhi puntati su di lei
quello che la aveva appena riscossa dalla lettura le
sorrise incoraggiante
“Bene…” farfugliò, notando che anche lo sguardo di
Kevin era fisso su di lei
“Beh…sai, stiamo organizzando una festa alla fattoria
di Mark per questo week-end e ci chiedevamo se ti andasse di venire…”
April lo guardò con occhi sgranati: da quando in qua
la invitavano ai loro party esclusivi? Non le era mai interessato nulla
partecipare a raduni di quel genere ma…Kevin la stava ancora guardando…lui ci
sarebbe di sicuro andato
“certo” sorrise lievemente, sorpresa della risposta. Quel –certo- però le
era scappato senza pensare…perché la avevano invitata?
“Perfetto allora” confermò l’altro di rimando,
scambiando un’impercettibile occhiata d’intesa con Kevin
finse di allontanarsi, poi si girò nuovamente in direzione
della ragazza
“Ah…April, invita anche quella ragazza con cui sei
entrata oggi…deve essere nuova di qui! A proposito…sai per caso…?”
ecco perché la avevano invitata, le ribollì il sangue
nelle vene…certo, come aveva fatto a non capirlo?
Sorrise di una rabbia fredda
“Parli di Buffy? Invitala tu se ci tieni” le si era
formato un nodo alla gola “ah…mi è venuto in mente che probabilmente avrò un
impegno questo fine settimana quindi non contate su di me”
non poteva inventarsi una scusa meno banale
maledizione?
Senza aspettare il suono della campanella che segnava
l’inizio dell’ora successiva si alzò, uscendo dalla classe con passo misurato
ma deciso, trascinandosi dietro la pesante tracolla
Perché…perché se ne era andata? E adesso? Con che coraggio
rientrare in aula?…senza esitare si diresse verso la palestra, dove
probabilmente Spike e Buffy si stavano allenando. Perfetto, proprio la persona
a cui avrebbe volentieri cavato gli occhi!
Era tutta colpa sua…se Buffy non fosse entrata con
lei, se la avesse lasciata sola senza rivolgerle la parola, se non avesse
mandato in cortocircuito gli ormoni della metà dei suoi compagni di classe…
* * *
Spike e Buffy scesero a passo rapido le scale che
conducevano nella palestra. Anche se le lezioni erano riprese il sole splendeva
in cielo e gli studenti facevano ginnastica nell’enorme campo di atletica sul
retro dell’edificio scolastico.
I due non si erano più rivolti la parola dalla sera
prima ed ora tenevano entrambi gli occhi bassi, sapevano che era arrivato il
momento dei chiarimenti. Basta rimandare, sarebbe stato troppo penoso.
Anche se avevano cercato di dimenticarlo, in quei due
anni molte cose erano cambiate, loro erano cambiati. Non si poteva più fare
finta che fosse passato meno di un attimo dall’ultimo allenamento fatto
insieme, quella che stavano vivendo non era una realtà estranea alla loro vita
di tutti i giorni, uno a Los Angeles, l’altra a New York, né che le persone che
condividevano la loro vita quotidiana si volatilizzassero come per incanto.
Com’era difficile però che le parole uscissero dalla
loro bocca…
“allora…come è andata la ronda ieri?” chiese Spike,
voltandosi dall’altra parte. Il comportamento di Buffy di poco prima lo aveva a
dir poco stupito: con tutti quei ragazzini che le sbavavano dietro…
“bene, esattamente come prima di ogni Apocalisse che
si rispetti: pochi vampiri, molto vento, gran mal di testa” scandì, quasi
sorridendo “tu? Fatto nuove amicizie?”
“Già…i colleghi di qui sono molto loquaci e sanno
come intrattenere un ospite”
“ottimo allora…-il silenzio tornò a regnare per
qualche secondo – come vedi la situazione?”
“poche armi, zero collaborazione, scarsa conoscenza
della zona, una cacciatrice a cui non vanno a genio le bionde il cui nome inizia
con la B e un gruppetto sventa-apocalissi un po’ arrugginito…direi che siamo a
cavallo!”
“l’ottimismo è una delle tue doti innate vedo!…e poi
io non sono arrugginita!” commentò, fintamente offesa
per la fortuna di entrambi, la porta della palestra
era davanti a loro
Spike le aprì la porta, lasciandola entrare
“Allora, con cosa iniziamo?” si guardò intorno quasi
con imbarazzo
“direi con la lotta, senza armi” sentenziò sicuro
lui, ieri lei aveva giocato pesante, ora si trattava di vedere se era in grado
di resistere
“va bene” rispose asciutta, cosciente di quanto stava
succedendo, era arrivato il momento
si posizionarono in centro alla palestra, distanti
qualche metro uno dall’altra, in posizione di attacco
Il vampiro gettò a terra la giacca di pelle,
fissandola con sguardo fiero
“vediamo se sei invecchiata Buffy” pronunciò il suo
nome quasi con scherno
lei non rispose, gliela avrebbe fatta pagare in
seguito
era cominciato
la distanza che li divideva era stata colmata dal
movimento rapido di ambedue
Spike si abbassò di un palmo, per veder scorrere a
pochi centimetri dal viso il pugno chiuso di lei
Ora contrattaccava…un calcio, diretto al torace
Buffy indietreggiò, fermando la gamba a mezz’aria
…lui volò a terra…
…la trascinò con se nella caduta, schiacciandola a
terra con il suo peso e sovrastandola…
…prese il volto della caccia…
…lo scansò con un pugno dritto al viso, rialzandosi
velocemente…
…lui si avvicinò di nuovo, spingendola con violenza
contro il muro, la testa di lei sbattè violentemente…
…un altro calcio, questa volta all’altezza delle
ginocchia…
…lui si pegò a terra, perdendo il vantaggio…
Buffy lo fissò, con i pugni ancora alzati e ansante
“Allora? La pensione può aspettare”
Spike si rialzò, e ridendo pulì con un dito la goccia
di sangue che gli colava dal naso
“Già…siamo quasi tornati come ai vecchi tempi!”
commentò, con una cattiveria che ferì la cacciatrice
i due ripresero a combattere senza sosta
…lui sferrò un calcio, diretto in pieno viso…
…capriola all’indietro per schivarlo e contrattacco…
…lo colpì violentemente con un pugno in pieno
stomaco, scaraventandolo qualche metro più in là…
…lui non si rialzò, aspettando che lei lo
raggiungesse…
…si gettò sopra il vampiro, afferrandogli i polsi con
una mano e pronta a colpire nuovamente…
…si scansò lateralmente, ribaltando le posizioni…
“e adesso che si fa cacciatrice?” riprese il volto
della caccia
lo fissò per un istante negli occhi gialli: cosa
voleva dimostrarle? Era una specie di prova di forza? Come quella notte…dietro
al Bronze, dopo che le aveva raccontato gran parte della sua esistenza. Anche
adesso voleva ballare con lei?
Senza altre esitazioni schivò il destro che stava per
raggiungerla in pieno viso e lo allontanò con un calcio
Non gli dette il tempo di alzarsi…gli afferrò le
spalle, spingendolo verso il muro retrostante, immobilizzandolo
“abbiamo finito?” gli chiese con sguardo duro, che
non lasciava trasparire altro che rabbia
lo spinse di nuovo con forza contro la parete, per
poi lasciarlo andare e allontanarsi
“dove diavolo vai?” la apostrofò lui, con una calma
che probabilmente non aveva
lei si voltò, fissandolo con freddezza. Le aveva
fatto male, male dentro, vedere Spike comportarsi in quel modo dei suoi
confronti.
“non abbiamo più niente da dirci immagino”
“invece immagini male” la raggiunse velocemente,
afferrandole un braccio per farla voltare “ci sono ancora moltissime cose da
dire” urlò
si liberò dalla sue stretta con decisione, senza
tuttavia allontanarsi
“Davvero? Parla allora!” anche lei stava gridando
lui la fissò, interdetto
“Dio santo Buffy! Sono passati due anni…due anni! Dall’ultima
volta che ci siamo visti e tu credi che sia possibile liquidare tutto con un
semplice discorsetto come quello di due notti fa?”
“cosa dovremmo fare secondo te? Potrei raccontarti
tutto quello che ho fatto a New York, dove lavoro, con chi vivo, quanti ragazzi
ho avuto dalla tua…-indugiò sul termine da usare – scomparsa! Questo ti sarebbe
utile? E a che scopo?”
“almeno non ci sarebbero più segreti e non servirebbe
far finta che tutto va bene, che siamo tornati l’allegra combriccola dei primi
tempi! E poi io non sono <scomparso>” sottolineò la parola con enfasi
“A no? E tu come lo chiami allora tornare in vita
dopo qualche mese dalla tua presunta morte a Sunnydale, non farti sentire con
nessuno e trasferirti a Los Angeles, facendomelo sapere solo per vie indirette
e aspettando solo che io telefoni per sbattermi in faccia che sei sopravvissuto
anche senza di me!” ecco, l’aveva detto, finalmente si era svuotata da quel
peso
“e, a quanto vedo, sei subito corsa a cercarmi!”
gridò, avvicinandosi di più al suo viso
“cosa diavolo pretendevi che facessi? –lasciò passare
qualche istante, quello che stava per dire era la cosa più difficile da
accettare per lei – sei stato chiaro quando stavi per…” era chiaro a cosa
alludeva
“maledizione Buffy! Stavo morendo! Cosa volevi che
dicessi? “Sì ti amo anch’io, passiamo la nostra esistenza a compiangerci perché
io sono all’inferno”!”
“ma ora il problema non sussiste vero? Perché a
quanto pare ti sei rifatto una vita senza la mia ingombrante presenza!”
“è questo che pensi?” non aveva la forza di
replicare, in teoria era andata esattamente così…ma quello che aveva provato
quando la aveva rivista…
“Sì, è questo che penso” i suoi occhi lampeggiavano
per la rabbia e il dolore “ come credi che mi sia sentita quando ho scoperto
che potevi stare alla luce del sole, che eri tornato! Chi ero io per tornare da
te dopo che tu per primo non ti eri degnato nemmeno di farmi una telefonata! E
non dire che non sapevi cosa provavo…”
“e adesso cosa facciamo? Combattiamo questo ennesimo
dannatissimo problema e poi ci salutiamo con una stretta di mano? È più
complicato di così”
“Già, è più complicato. – sorrise amara, abbassando
il tono di voce – per te sarebbe stato meglio non venire nemmeno vero?
Continuare la tua esistenza felice all’insegna della redenzione, con una ragazza dolce e premurosa e nuovi amici,
senza più voltarti indietro”
la fissò e qualcosa in lui si ruppe. L’espressione
sul suo viso…di chi ha capito che non può più cambiare le cose…la stessa che
aveva quando era stata costretta a decidere cosa fare per salvare Dawn…gli
spezzava il cuore, non riusciva a rimanere impassibile
“perché sei venuto?” il dolore che per un attimo era comparso
sul suo bel viso scomparve “cosa ti ha spinto a venire?” chiese con un filo di
voce
Lui non riusciva ad aprire bocca…
“Allora? – il suo tono di voce era tornato alto – il
tuo buon cuore? Il desiderio di tornare ai vecchi tempi per qualche giorno?
Dimostrare che eri superiore a tutti noi? Cosa?” gridava ora
“ah…è questo che credi?”
“dimmelo tu allora”
…rimase in silenzio…cosa poteva dirle? Che era
tornato per lei, per non lasciarla sola un’altra volta, per vedere il suo viso
di nuovo…no…
“Non è facile Buffy! Forse non lo so nemmeno io
perché…forse volevo vedere Dawn, che ormai è diventata una donna, oppure gli
altri, o forse te – si fermò un attimo – ma che differenza può fare?”
“fa un’enorme differenza…per me”
“ma tanto, come abbiamo più volte ripetuto in questa
tranquilla conversazione, quando anche questo sarà finito tutti per la propria
strada: tu a New York, Giles a San Francisco, Xander a Phoenix, Willow a
Washinghton, Dawn all’università e io a Los Angeles. Quando capiterà di nuovo
Buffy? A quanto pare ti piace ancora fare la cacciatrice, ma quanto sei
disposta lasciare di ciò hai creato in questi anni? Scommetto che il ragazzo a
cui hai telefonato l’altra mattina crede che tu sia in visita dalla nonna o
qualche altra idiozia che gli hai dato a bere”
si stava scaldando, ora aveva tirato in ballo anche
Mark “e cosa diavolo volevi che gli dicessi? “ciao amore, sai, ho passato la
mia adolescenza a cacciare vampiri, demoni e mostri di sorta, e a sventare
Apocalissi…ora ce ne sarebbe un’altra in ballo e avrebbero bisogno del mio
aiuto, ma non preoccuparti torno per cena”? è questo che hai detto alla tua
ragazza?”
erano entrati in un campo minato…nessuno dei due era
disposto a parlare del proprio partner attuale come se non facesse parte di
quel particolare momento della loro vita
Spike stava per aprire bocca quando la porta della
palestra si aprì con fragore
“Buongiorno ragazzi…di ottimo umore a quanto vedo”
commentò April, lasciando cadere in un angolo della stanza la tracolla con i
libri
i due la guardarono interdetti
“ma non dovevi finire alle 11?” chiese Buffy,
sorpresa e imbarazzata
“Ho avuto un cambio di programma…ah, a proposito: con
la tua entrata ad effetto questa mattina hai praticamente mandato in pappa il cervello
della metà degli studenti di sesso maschile della mia classe, che hanno avuto
la brillante idea di invitarti ad una festa…perché sei nuova” concluse,
ammiccante
“E tu gli hai detto che non ho nessunissima
intenzione di…”
“Ah no! Io non sono la tua segretaria, gli ho detto
di chiedertelo personalmente” sorrise divertita
“perfetto” commentò furente, senza badare alle
occhiatacce di Spike. Sapeva che quella sarebbe stata una giornata no…ma non
bastava la discussione con Spike? Ora doveva mettersi anche April a rovinarle
la vita, non sopportava di vederla così allegra…
“cominciamo gli allenamenti?” chiese gioviale
“sì” sbuffò, gliela avrebbe fatta pagare in qualche
modo anche perché era entrata nel momento meno opportuno
senza pensarci due volte afferrò i cristalli che
Ripley aveva posizionato in bella mostra lungo la parete, disponendoli a terra
a forma di pentagono e posizionandovi nel centro un blocco di legno
“sai come funziona?” chiese, aveva già perso la
pazienza
“sì” tirava una brutta aria, se ne era resa conto
“allora forza” incrociò le braccia, fissandola mentre
si metteva in posizione
April poggiò le mani sul blocco, facendo una sbilenca
verticale e traballando vistosamente. Dopo qualche secondo rovinò a terra,
massaggiandosi la schiena
“se posso esprimermi..questa mi sembra la cosa più
inutile che abbia mai fatto! A che diavolo serve stare appollaiati su un pezzo
di legno con cinque fondi di bottiglia intorno?”
“serve a sviluppare equilibrio e concentrazione…e no,
non puoi esprimerti. Adesso torna ad <appollaiarti>”
dopo circa venti minuti di stressante allenamento e
innumerevoli cadute Spike, che era rimasto in disparte, prese la parola
“mi sembra che qui ve la caviate anche senza di me,
quindi vi lascio signore” mimò un inchino e si avviò verso l’uscita
stava per aprire la porta quando un ragazzo dai
capelli scuri entrò in tutta fretta e visibilmente nervoso
April si voltò verso il nuovo venuto: la sua
espressione mutò improvvisamente, cosa diavolo ci faceva lì Kevin?
Il giovane si diresse un po’ titubante verso Buffy,
che lo guardava con aria di sufficienza trattenendo una risata. Osservò di
sottecchi l’espressione sul viso di April e non ci mise molto a fare due più
due…quello era il ragazzo che le piaceva a cui probabilmente non aveva mai
rivolto la parola…
Lo squadrò più attentamente: alto, fisico da
giocatore di football, occhi verdi e capelli scuri, il classico tipo che non si
era mai sentito rifiutare un appuntamento…fino ad allora almeno. In quel
momento lei non aveva né tempo né voglia di ascoltarlo, quindi avrebbe mandato
al diavolo il malcapitato a tempo di record. Oltretutto era quasi mezzogiorno e
lei aveva veramente fame…
Senza aspettare che lui si avvicinasse ulteriormente
gli passò vicino, superandolo
“ehi…scusa…” tentò di bloccarla “io volevo…”
lo guardò un attimo, come se volesse fargli una
radiografia, poi alzò il palmo della mano aperta davanti al suo viso “no, mi
dispiace, ho un altro impegno” e si allontanò, senza nemmeno voltarsi,
lasciandolo a fissarla esterrefatto
“April, ci vediamo qui tra una mezz’oretta” gridò,
salutandola e poi uscendo
Spike, che la osservava senza riuscire a reprimere un
sorriso, le aprì la porta, seguendola verso la biblioteca
April fissava il ragazzo, non sapeva se sentirsi
ancora umiliata oppure felice perché finalmente qualcuno si era deciso a dargli
una lezione. Optò per la seconda ipotesi
“ciao ciao” lo salutò, uscendo anche lei dalla
palestra
cap.5 -
Schermaglie
entrarono in tutta fretta nella biblioteca, senza
scambiare una parola. Buffy si sedette al tavolo di Willow, mentre Spike si
diresse in direzione dei due osservatori.
“Allora?” sussurrò la rossa, poggiando sul tavolo il
libro che teneva aperto davanti a sé
“cosa?” chiese, tentando di rimanere sul vago e
guardandola fintamente stupita
“Buffy…togliti quell’espressione stupita dal viso e
racconta” la conosceva ancora troppo bene
“come fai a sapere che è successo qualcosa?” provò a
frenarla
“elementare Watson – Buffy inarcò un sopracciglio e
Willow ridacchiò, tirandole una gomitata – uno: siete entrati senza fiatare e
mi gioco lo stipendio che non vi siete detti una parola durante tutto il
tragitto per attraversare la scuola; due: non vedevate l’ora di allontanarvi
l’uno dall’altra; tre: non ti sei mai seduta con così tanta foga vicino a me
quando ho in mano un libro, quindi è ovvio che mi devi raccontare qualcosa”
sorrise, mettendosi in posizione di ascolto
Buffy sbuffò “abbiamo litigato, non una di quelle
cose molto soft che si calmano subito, ci siamo proprio picchiati”
“Beh…non siete mai andati troppo per il sottile voi
due”
“già…” incrociò le braccia sul tavolo e vi appoggiò
sopra il mento, con aria pensosa
“ti va di darmi una mano con la ricerca?” la
incoraggiò l’amica
“solo se si tratta di sostegno morale, e anche per
quello non garantisco niente” sbuffò lei di rimando
Dawn, vedendole sedute di fronte a lei che
bisbigliavano, si avvicinò. Magari riusciva strappare di bocca alla sorella
qualcosa di più del solito “va tutto bene”. In quel momento poi non c’era
April…
“ciao ragazze…come procede la ricerca?” chiese la
ragazza, sedendosi di fianco alla sorella e sorridendole incoraggiante
Willow non trattenne una risata “lei non ha
intenzione di collaborare”
“qualche anno fa eri meno cinica…e poi ho fame”
commentò lei, alzandosi di scatto a dirigendosi verso l’uscita. Quando fu alla
porta gridò
“vado a chiedere ad April se in questa diavolo di
scuola ci sono i distributori automatici”
noncurante del fatto che la metà delle persone che,
in quel momento, si trovavano in biblioteca si erano voltate a guardarla.
* * *
Scese le scale con passo rapido, chissà dove si era
cacciata quella ragazza! In palestra non c’era, aveva già controllato, quindi
sperava di trovarla nella sua aula.
Entrò titubante, pregando mentalmente di non
incontrare nessuno degli altri studenti. La vide seduta all’ultimo banco, con
un libro in mano e la testa china. La tracolla era svogliatamente appoggiata
vicino al banco.
“Ehi” chiamò, nella sua voce era sparita la durezza
di qualche ora prima. C’era in lei un qualcosa che le trasmetteva…tenerezza.
Vederla lì, sola, quando tutti gli altri ragazzi si sparpagliavano in giardino…
“Ehi” rispose l’altra di rimando, anche in lei era
sparita l’arroganza dei primi tempi. In quel momento sembrava soltanto
malinconica
Buffy si avvicinò, posizionando vicino al suo banco
una sedia, presa da quello davanti, e sedendosi
“che fai?” sbirciò il libro aperto davanti alla
giovane
“leggo – sorrise amara – come tutte le ragazze prive
di vita sociale! In genere però sono proprio loro
quelle che nei film fanno saltare le cervella alla
metà degli altri studenti…dici che sono una psicopatica?”
le mostrò la copertina del volume: “Narciso e
Boccadoro” di Hermann Hesse
“è interessante?” chiese, tentando di imbastire una
conversazione civile
“parla di persone che hanno trovato il loro posto nel
mondo e fanno del bene alla gente in modo diverso. In un certo senso sono due
facce della stessa medaglia…eros e logos, hai presente? In pratica quello che
io non avrò mai – fece una breve pausa – un posto nel mondo intendo”
Buffy abbassò gli occhi, conosceva quel genere di
pensieri…pensieri di chi si sente legato ad un posto senza farne realmente
parte, che è un ombra davanti agli altri, senza la quale però questi
osservatori distratti non potrebbero vivere. Sapeva come ci si sentiva a dover
sopportare un peso che condizionava la vita e tutti lo interpretavano come una
cosa dovuta…perché il bene vince sempre e i mostri non esistono, no?…peccato
che nessuno sapesse quale era il prezzo.
Un posto nel mondo…già
“cosa sono io? Cacciatrice dilettante di notte,
studentessa assente di giorno. Sai quante persone di questo campus ho salvato
dal diventare cena per vampiri?…eppure loro sono fuori, parlano del loro nuovo
ragazzo, di chi hanno conosciuto la sera prima, di chi porteranno al ballo di
fine anno; io invece sto qui a guardarli e a subire le loro occhiate del tipo
“non vorrei proprio essere come te: senza amici e con qualche rotella fuori
posto”” sbuffò e tornò a concentrarsi nella lettura “ ma a te non deve essere
mai capitato vero? Tu hai degli amici, uno pseudo-ex-ragazzo – a quel punto
Buffy rabbrividì impercettibilmente - una sorella, un lavoro normale che ti
aspetta e la possibilità di ritornare cacciatrice per qualche settimana…”
“ ti sbagli – sussurrò, appoggiandosi allo schienale
della sedia – se vuoi qualche storia strappalacrime direttamente dalle mie
esperienze liceali…”
chiuse lentamente il libro, fissandola con stupore
“sentiamo”
“diciamo solo che, nel mio liceo di Los Angeles, ho
fatto saltare in aria la palestra per uccidere alcuni ospiti indesiderati e
sono stata buttata fuori. Allora non volevo più saperne di essere
cacciatrice…poi sono arrivata a Sunnydale e ho conosciuto gli altri. Non avevo
molti amici all’esterno, ma d'altronde, passando tutte le serate al cimitero,
pochi erano disposti ad accompagnarmi…il momento più duro è stato l’ultimo
anno, quando tutti decidevano l’università e io sapevo che sarei dovuta
rimanere lì – sorrise leggermente, ricordando – Willow è rimasta per me”
tra le due calò il silenzio
“quello che sto cercando di dirti è che non si può portare
un fardello del genere da soli…devi provare a fidarti di qualcuno”
“sì…” commentò scettica
Buffy sorrise, non credeva di capire così bene la
situazione di quella ragazzina
“dovresti avere più fiducia nel prossimo sai? Guarda
me…prima odiavi le californiane e adesso io e te parliamo di problemi
esistenziali!”
April sorrise, fissando Buffy in maniera strana. Cosa
le era preso? All’inizio non le era sembrata gran che disposta ad assumere un
ruolo preciso nel suo addestramento ed ora…
“non ti montare la testa! Ho ancora un conto aperto
con te, dopo la figuraccia che mi hai fatto fare questa mattina” brontolò
Buffy si alzò, non sapeva nemmeno lei perché aveva
fatto una cosa del genere…forse la aveva vista giù di morale e sapeva di
poterla aiutare in qualche modo, sperava solo di esserci riuscita, non era mai
stata brava a consolare le persone.
“Allora…mi sai dire se in questa stupida scuola c’è
un distributore automatico?”
“certo, ti porterò a scoprire le meraviglie delle
merende in bustina!” commentò ironica, infilando il libro nella borsa ed
infilandosela
* * *
Willow e Dawn erano ancora sedute in biblioteca, la
prima con un pesante tomo aperto davanti, la seconda svogliatamente intenta a
sfogliare un piccolo manuale.
Willow guardò la ragazza con la coda dell’occhio,
sapeva che tra poco sarebbe scoppiata, proprio come faceva la sorella.
E la reazione non si fece attendere: Dawn gettò il
libro sul tavolo, puntando i pugni
“perché fa così?” disse con rabbia, si portò le mani
alla fronte, come se non concepisse quello che stava per dire “perché…”
biascicò
Willow la fissò, comprensiva, anche se non capiva
perfettamente quello di cui la giovane stava parlando sapeva che riguardava la
sorella, argomento sempre delicato.
“così come?”
“così!…borbotta qualcosa con te, poi appena mi
avvicino…-le si formò un nodo in gola, la rabbia e il dolore erano diventate un
unico sentimento – puff! Tutto torna ad andar bene e se ne va…sai qual è la
frase che mi sono sentita ripetere più spesso da lei? ‘andrà tutto bene’…già,
perché io sono la sorella piccola, quella che deve essere difesa contro tutto,
quella incapace di capire i problemi” quasi urlò, Willow la prese per un
braccio, conducendola dolcemente ma con decisione fuori dalla sala
“Dawn…” iniziò a dire
“No – alzò un dito, per bloccarla – Dawn si è stufata
di capire…perché in realtà non ho mai capito un accidente! Perché io non ho il
diritto di sapere le cose? Perché non si sente libera di parlare con me…perché
sono sua sorella?” le lacrime erano vicine
“Dawn, ti prego…” tentò di calmarla
“ma soprattutto…perché lei si ed io no?” indicò un
punto in direzione della palestra, a quel punto scoppiò in pianto
Willow si avvicinò lentamente, prendendole il viso
tra le mani…sapeva cosa stava provando in quel momento, si sentiva abbandonata
dalla persona che avrebbe dovuto starle più vicino. Eppure non se la sentiva di
biasimare Buffy, avevano tutti preteso tanto da lei...forse troppo. Non era
stata una cosa facile crescere Dawn, lei per prima aveva visto i sacrifici che
le era costato…poteva anche intuire la ragione di quel distacco…Buffy aveva
sempre cercato di tenere la sorella lontana dal mondo che tanto la aveva fatta
soffrire, senza rendersi conto che questo le allontanava l’una dall’altra. O
forse non se la sentiva di accollarsi anche la responsabilità di proteggerla in
ogni situazione, non era il massimo della lealtà, ma la capiva. Era sempre
vissuta nel terrore di non riuscire a salvare che amava…come era successo con
Angel…e con Spike.
Sapeva che ora Dawn era arrabbiata con April, che la
odiava per averla in un certo senso spodestata. Adesso la sorella andava da
lei, scherzava con lei, le insegnava l’arte del combattere. Tra loro si sarebbe
instaurato un rapporto particolare…era ovvio. Lei era la prima ad ammettere che
Buffy era una persona travolgente, che conquistava chiunque quando concedeva la
sua amicizia. Ricordava come si era sentita con l’arrivo di Faith…
“Dawn…lo sai che tua sorella ti vuole più bene che a
chiunque altro”
Si asciugò gli occhi con una mano, si vergognava
quasi della sua reazione
“Sì…lo so, scusami” biascicò…nessuno la avrebbe
capita….scostò le mani di Willow dal suo viso con decisione e una punta di
freddezza, per dirigersi verso il bagno “torno subito, tu rientra pure”
c’era astio nella sua voce? Si chiese la rossa.
Probabilmente si. La guardò allontanarsi, la tristezza aveva preso anche lei.
Si sentiva in colpa per non essere riuscita a darle un po’ di conforto…anche se
ormai non era più una ragazzina, quel genere di atteggiamenti le facevano
sorgere il dubbio che fosse rimasta la bambina che cercava le attenzioni di
tutti…scacciò quei pensieri dalla mente. Il loro rapporto si era guastato
irreparabilmente dopo quanto accaduto a causa di Amy. Scosse la testa e tornò
in biblioteca.
Giles e Spike intanto chiacchieravano sommessamente
in un angolo
“dobbiamo assolutamente avvicinarci alla zona del
combattimento” borbottò l’osservatore, pensieroso
“Già…e non sarebbe male anche scoprire
approssimativamente il numero dei vampiri” aggiunse l’altro che, voltandosi ad
osservare con disappunto il tavolo al quale poco prima lavoravano Willow Dawn e
Buffy ora rimasto vuoto “sembra che qui nessuno prenda troppo sul serio la
cosa, non trova?”
“Già – rimuginò l’uomo – sapevo che sarebbe stata più
dura del previsto. Due anni non si cancellano facilmente, capisco che sia dura
per loro recuperare l’affiatamento ma sono troppo sicuri di farcela”
“Cosa avete scoperto?”
“solo qualche incantesimo di distruzione e formule per
respingere gli attacchi. L’unico modo per bloccare la riapertura della bocca è
fermare il maestro e possibilmente non farlo uscire vivo”
“Ce la faremo Giles”
“Spike…so che non dovrei chiederlo, ma come va con
Buffy?” sembrava titubante “voglio dire…siete in una situazione difficile,
riuscite a collaborare?”
La mandibola del vampiro si indurì
“Sì, non è un problema…orami è acqua passata”
pronunciò quelle parole con durezza
“Ah…bene” rispose l’osservatore impacciato, senza
sapere realmente se fosse una cosa buona a una cattiva.
Spike sospirò
“vado a cercare le due…dobbiamo riprendere gli
allenamenti”
* * *
Buffy si rialzò, ansante, dopo l’ennesimo attacco del
vampiro. April intanto si allenava tra i cristalli, con qualche risultato in
più della mattina.
“direi che può bastare” disse la cacciatrice,
dirigendosi verso la sedia dove aveva appoggiato la giacca
“sì – rispose lui di rimando, provato come lei
dall’allenamento – ci vediamo al cimitero - sorrise sarcastico – in senso
letterale naturalmente”
“naturalmente” rispose l’altra, guardandolo storto
“April ci vediamo” la salutò, mentre lei eseguiva la spaccata appoggiata sulla
base di legno.
“vedi di tornare intera”
“non mancherò” sorrise “Allora ci troviamo alle porte
del cimitero maggiore, d’accordo?”
“perfetto”
non si dicevano più dello stretto indispensabile da
quella mattina
Buffy si diresse nella sua stanza, dove Willow la
aspettava da quasi un’ora.
“ciao” la salutò, stupita di trovarla in camera a quell’ora
“e Dawn?”
si tolse i vestiti sudati, infilandosi in bagno.
“è uscita” rispose lei, laconica
Buffy non ci mise più di un istante a capire che
qualcosa era successo. In genere la ragazza la inondava di chiacchiere appena
rientrava, per metterla al corrente di tutte le formule che avevano trovato
durante le ricerche. Sapeva quanto mancava la magia a Willow, ma non era
convita che le facesse bene riprendere ad utilizzarla. Nessuno aveva ancora
affrontato il discorso, ma Giles ci avrebbe certamente pensato due volte prima
di darle il permesso. Forse si trattava di quello…
Uscì dal bagno dopo una rapida doccia
“allora, sputa il rospo, qual è il problema?” aveva
ancora l’asciugamano intorno alle spalle
“Buffy…io credo che dovresti parlare a Dawn” disse
seria
L’affermazione lasciò interdetta la cacciatrice
“A che proposito scusa?”
“ascolta– era visibilmente impacciata -…lei si
sente…come dire, esclusa. Vede April come una specie di usurpatrice del suo
posto di sorella”
Buffy la fissò, rimanendo in silenzio per qualche
istante, la delusione che la aveva colpita era grande. Non sapeva più cosa fare
“e cosa dovrei fare secondo te? Farle da balia giorno
e notte? Smettere di allenare April?…non so cosa le passi per la testa”
“vorrebbe qualche attenzione in più Buffy”
“attenzione che in questo momento mi risulta
difficile darle! Forse non si è resa conto che non siamo in villeggiatura, ma
sta per iniziare una apocalisse!” la rabbia aveva preso il posto della
delusione
“Buffy…non lo so!”
“scusami Will – si strofinò la fronte – è che sono
stanca…io…io non so se sono in grado di occuparmi di tutto questo”
si vestì in fretta, afferrando la borsa con le armi
che teneva in camera. Adesso era la ronda il problema principale…passare con
Spike tutta la notte.
“ciao” sussurrò all’amica prima di uscire
* * *
April si diresse a casa, stanca dopo i lunghi
allenamenti. Il computer era acceso e la pagina della chat indicava che lui si
era collegato.
Bene…sospirò profondamente, sedendosi alla scrivania
e iniziando a digitare
>Dispersa
sono qui
>Master
ciao Dispersa, come mai sei rientrata così presto?
>Dispersa
buona sera Master
questa volta è uscita sola
>Master
chi?
>Dispersa
la ragazza di cui ti ho parlato qualche tempo fa
>Master
cosa è successo?
>Dispersa
abbiamo parlato
>Master
credi che ricambi la tua stima?
>Dispersa
perché me lo chiedi?
>Master
prima sembravi non esserne sicura
>Dispersa
ora lo sono
>Master
perché è uscita senza di te?
>Dispersa
doveva perlustrare il territorio
>Master
e cosa cerca?
>Dispersa
la tana del lupo
>Master
e lo prenderà?
>Dispersa
credo proprio di si
>Master
si è fatto tardi, buona notte Dispersa
>Dispersa
grazie per avermi ascoltata, buona notte
In una sala buia, un’alta figura si alzò dall’antica
scrivania in legno intarsiato. Soffiò sulla candela che si consumava sul banco,
sorridendo impercettibilmente: presto sarebbe arrivata da lui, non poteva
presentarsi impreparato.
Chiamò un compagno con voce sorda, il quale non tardò
ad arrivare, aprendo la porta che dava in un oscuro corridoio
“metti due guardie alla porta, due childe
possibilmente. Avremo visite questa notte, e noi non vogliamo che lei ci sfugga
vero? Fatela entrare, mi raccomando…poi le daremo il benvenuto” la sua voce
melliflua risuonò nella stanza disadorna di qualsiasi decorazione
Si diresse a passo rapido in direzione del cimitero,
movendo spasmodicamente gli occhi da un lato all’altro della strada. Si sentiva
osservata e ciò la metteva in ansia…il velo scuro della notte ricopriva già
ogni cosa, escludendo dalla sua vista i contorni delle case e degli alberi. Il
vento fischiava sommesso tra i rami, spazzando le foglie cadute, che mulinavano
vorticose ai suoi piedi.
Si strinse maggiormente nel soprabito, non perché
avesse freddo, ma a causa di una sorta di alito gelido che le percorreva
costante la mente, facendole ricordare a cosa stava andando incontro.
In quei tre giorni erano successe tante cose…la sua
vita non era più così frenetica. Ora si sentiva spazzata, i fatti avevano preso
il sopravvento su di lei, soffocandola; poteva non essere in grado di
sopportare tutto quello che le era caduto sulle spalle.
Sua sorella era delusa perché non lei le stava più
vicino, Spike era arrabbiato perché non riuscivano a chiarirsi una volta per
tutte, April era depressa perché si sentiva esclusa dalla vita, in cui l’unica
cosa che aveva veramente senso era il suo compito di cacciatrice e, per finire,
dovevano sventare l’ennesimo tentativo del male di prendere il potere. Era
ancora capace di fare tutto questo da sola?
…perché, in fin dei conti, tutti loro erano soli. Tra
loro era rinato un rapporto, non lo negava, ma sarebbero stati ancora squadra
di un tempo? Quei due anni di lontananza
li avevano logorati nello spirito e la normalità si era prepotentemente fatta
largo nelle loro vite, facendo calare una coltre grigia da cui difficilmente si
sarebbero sollevati.
Cosa li univa prima?…con dolore si rese conto di non
saper dare una risposta a quella domanda.
…la comunione di un segreto come quello della
presenza di demoni e vampiri? No, doveva essere qualcosa di più forte…
…la tacita decisione di combattere insieme?
Quale
sentimento era stato così pressante da renderli capaci di formare un’unione così
duratura?…
Il vento scivolò tra i suoi capelli, riscotendola
dalla cascata di pensieri. Un solo lampione illuminava la strada deserta che
conduceva al cimitero: si appoggiò cautamente ad esso, in posizione di attesa.
Considerò l’ironia della cosa…tre giorni prima era
seduta alla sua scrivania, con una rassicurante pila di scartoffie da
analizzare e Mark che la aspettava per la cena; ora invece si appostava nel
cuore della notte davanti ad un cimitero , attendendo che Spike arrivasse, per
poi andare a perlustrare la zona in vista di un’apocalisse.
Già, Mark. Erano più di due giorni che non gli
telefonava…un fastidioso senso di colpa la invase. Come poteva trattare così
l’uomo che la aveva aiutata a ristabilire un contatto con la normalità, ma soprattutto
ad assopire quel suo irrefrenabile bisogno di passare all’azione? Era grazie a
lui, alla calma che le donava, che era riuscita a superare i durissimi momenti
dopo la sua perdita di identità…perché di questo si trattava: una cacciatrice
senza potere è come un lupo senza zanne, non sarà mai una cane mansueto.
E poi aveva affievolito il ricordo di lui…le aveva
permesso di nascondere i ricordi in un cassetto della sua mente.
Ora però tutto era ritornato come prima…o quasi. Loro
però non erano più le stesse persone, sarebbero riuscite a sconfiggere ancora
una volta il male?…
E poi c’era lui: Spike. Il tasto più dolente.
Ricordava come si era sentita la prima volta che gli aveva parlato al telefono,
dopo la sua presunta morte. Una sensazione di gelo la aveva invasa…perché, non
riusciva a domandarsi altro che questo. Perché non le aveva comunicato di
persona che era tornato in vita? Aveva paura che lei non sarebbe accorsa?…un
moto di rabbia la colpì. Avrebbe lasciato tutto per lui: New York, il lavoro, Mark.
Non le sarebbe importato dove, bastava che fossero insieme. Ma lui
evidentemente non la pensava così.
Ed il fatto che adesso potesse stare alla luce del
sole? Anche quel nuovo cambiamento per lei era un mistero di cui non avevano
mai discusso…non che avessero avuto molte possibilità ad onor del vero. Eppure
non si capacitava della sua freddezza, sarebbe bastato così poco per darle
un’altra possibilità. Un’altra possibilità di amarlo, di dargli la felicità da
lui tanto cercata…
Sbuffò: aveva trovato un’altra che potesse offrirgli
la stessa cosa. Una persona meno faticosa magari, una che non scappa dopo ogni
notte passata insieme, una che non lo insulta, con cui non fa a botte. Già…chi
era lei per recriminare? E a cosa sarebbe servito poi?
Era passato il tempo delle fiabe, entrambi si erano
resi conto che in un attimo la sottile bolla di sapone che proteggeva la loro
missione sarebbe scoppiata, e allora la normalità avrebbe ripreso il
sopravvento… i doveri avrebbero ripreso il sopravvento.
Eppure non riusciva a togliersi dalla mente che
avrebbero potuto essere felici, felici davvero. Le sarebbe bastata solo
un’altra occasione, anche se aveva imparato a sua spese che spesso il mondo non
la concedeva.
Spike la fissava poco lontano, nascosto nell’ombra.
Eccola là: Buffy, il suo sogno impossibile. Se ne stava mollemente appoggiata
al lampione, aspettando…lui. Che situazione strana!
Ed in un attimo alla sua immagine si sovrappose
quella di Fred. Sì, la sua dolce ragazza. La calma, la pacatezza, il buon
senso, la sua capacità di capire…ecco cosa lo avevano intimamente colpito in
lei.
Sorrise: l’esatto contrario di Buffy.
Buffy…la sua droga. Solo Fred era riuscita a trovare
l’antidoto per placare il desiderio di lei. Il diavolo sapeva quante volte
avrebbe desiderato alzare quel telefono, per comporre il prefisso di New York e
sentire la sua voce, anche solo per un istante…ma sarebbe stato un male, ne era
convinto.
Con Fred aveva trovato un equilibrio, una calma che
nessuno gli aveva mai donato. Nessuna irruenza, nessun odio…ma anche nessuna
passione. Il loro era un amore dolce, rilassato. In un certo senso Fred non
aveva mai visto i suoi lati negativi…non si era mai lasciato andare alla rabbia
in sua presenza, e nemmeno dai sentimenti più irruenti. Così, lentamente, si
era assopita anche la sua anima inquieta.
Era bastata però solo una parola a ridestarla…Buffy.
Sapere che avrebbe potuto correre qualche pericolo.
Allora il suo cuore sonnolento si era svegliato….e si
malediva per questo, ma non poteva farci niente. Per quanto si allontanasse o
tentasse di allontanarsi da lei, non c’era via di uscita a quel sentimento. Non
era più amore, né era quasi certo, ma non riusciva a trattenere un fremito,
ripercorrendo per l’ennesima volta, nella sua mente, i suoi ultimi istanti con
lei.
No, non avrebbe mai dimenticato la delicatezza della
sua pelle, le sue labbra, i suoi occhi. Erano incisi a fuoco nella sua lunga
memoria, più dei ricordi di Drusilla, più di ogni cosa…lei faceva
indissolubilmente parte della sua vita, che lo volesse o meno.
Si avvicinò lentamente al lampione, gettando il
mozzicone di sigaretta ormai consumata.
“eccoti qua riccioli d’oro”
“eccoti qua Bubu” sorrise con sarcasmo, nessuno oltre
a lei avrebbe potuto ricordare quell’orribile soprannome affibbiatogli da
Harmony.
Si appoggiò al lampione, fino quasi a sfiorarle il
capo con la mano.
“allora, come si procede?”
“ormai entrambi conosciamo il cimitero, credo.
Dobbiamo avvicinarci di più alla casa” aveva cercato di usare un tono garbato,
in modo da non fomentare un’altra discussione
“bene allora”
-quando imparerai Buffy, che con me il trucco della
educata ma fredda non attacca?- Sospirò, facendo strada
i due si incamminarono in direzione della casa, situata
nell’area periferica della città, di qualche chilometro discosta dal
camposanto. La sagoma scura si stagliava in lontananza, dietro lo sfondo di un
cielo terso e scuro.
Camminavano su di uno stretto marciapiede, cosicché
le loro spalle si sfioravano ad ogni passo. La tensione era palpabile e quella
vicinanza disturbava entrambi.
“allora…come procedono gli studi con Giles?” chiese
lei, ostentando tranquillità. Dovevano assolutamente parlare di qualcosa,
oppure il silenzio li avrebbe soffocati
“bene, credo che sia emerso qualcosa di interessante
dai libri di Ripley. L’Adunanza però è già cominciata e di solito non dura più
di una o due notti. Credo che domani sia il momento, in genere per questo
genere di cose si predilige la mezzanotte. Giles ha intenzione di attaccare
domani, appena tramonterà, abbiamo alcuni incantesimi abbastanza potenti da
mettere al tappeto i seguaci, ma al maestro dovrete pensare tu e la ragazzina”
lo ascoltava tentando in tutti i modi di mantenere
l’attenzione su quanto diceva, senza concentrarsi eccessivamente sul suo viso.
Troppi ricordi erano legati a quegli occhi che, aveva notato, non indugiavano
mai più i qualche secondo nei suoi
“bene” mugugnò
“April come va?”
Buffy sospirò, ecco un altro argomento che le stava a
cuore “tecnicamente è preparata, ma le manca qualcosa. È difficile portare da
soli il fardello della cacciatrice”
“e tu ne sai qualcosa immagino” commentò lui
“per me era diverso. Io avevo Willow e Xander e poi
tutti gli altri, avevo Giles. Lei invece si ritrova un disastro di osservatore,
nessun amico e un bel po’ di problemi in famiglia”
“te la sei presa a cuore vero? Quella ragazza
intendo” nelle sue parole non c’era derisione, anche se egli sapeva in cuor suo
che si sarebbe affezionata alla ragazza dal primo momento che si erano
incontrate.
“già” abbassò gli occhi, ecco un altro problema che
non sapeva come risolvere
procedettero senza parlare per il resto del tragitto.
L’alone della litigata della mattina non era ancora evaporato del tutto.
Il viale alberato aveva lasciato il posto ad uno
squallido paesaggio di palazzi diroccati e magazzini in disuso, che
occhieggiavano sinistri alla luce della luna.
Buffy si voltò verso il vampiro, che si perse ad osservare
i suoi lineamenti leggeri al chiaro di luna…sembrava fosse passata un’eternità
dall’ultima volta.
“da che parte consigli di andare?” chiese leggermente
imbarazzata, accorgendosi dello sguardo di lui.
“destra…sinistra, vedi un po’ tu” rispose con
un’alzata di spalle, costringendosi a fissare con inspiegabile interesse un
portone in legno uscito dai cardini che si trovava alla sua destra.
“ottimo suggerimento direi” commentò Buffy, già
spazientita a causa del suo modo di fare distante e poco interessato. Sembrava
quasi che le facesse un favore essere lì.
La tensione cresceva tra loro, e lei sentiva che era
di nuovo sul piede di guerra; purtroppo per lui, non aveva nessuna intenzione
di intavolare una discussione: non era ne il momento ne il luogo adatto.
Si riscosse dai suoi pensieri, cogliendo con
crescente nervosismo che il suo sguardo era nuovamente puntato su di lei. Se
cercava di farle perdere le staffe quello era il modo giusto.
“allora io vado a destra, tu a sinistra. Ci
ritroviamo qui tra mezz’ora esatta” disse in tono freddo
“bene capo…ognuno per la sua strada allora” commentò
acido, il tacito riferimento alla discussione di quella mattina la indispose
ulteriormente.
Senza una parola si diressero in direzioni opposte:
lui imboccò un vicolo buio, lei invece la larga strada che portava all’edificio
in cui probabilmente alloggiava il maestro.
I due si diedero le spalle, allontanandosi
velocemente uno dall’altra. Nonostante i ripetuti imperativi rivolti a se
stessa per dirigersi dritta verso la parte opposta alla sua, si girò
meccanicamente a guardarlo.
Lo spolverino nero sfiorava leggermente l’asfalto
ancora umido di pioggia, gonfiandosi ad ogni passo. Le mani si nascondevano
mollemente nelle tasche, cosicché l’unica cosa che si distingueva, seppur
indistintamente, era il suo capo biondo che si perdeva nell’oscurità. Scosse la
testa, voltandosi ed iniziando a camminare, sfiorando le pareti sudice degli
edifici.
Perché diavolo la fissava in quel modo prima?
Ricordava fin troppo bene quando le rivolgeva lo stesso sguardo, facendola
rabbrividire impercettibilmente. Sembrava quasi volesse…provocarla? Ma
provocarla a cosa? Era passato il periodo in cui lui la attirava nella sua
cripta, facendole capire che anche lei ne aveva bisogno…
Ma no…non
poteva essere. Un moto di rabbia la percorse: ora lui aveva un’altra ragazza.
Non capiva nemmeno perché ciò le desse così fastidio, dopotutto anche lei stava
con un uomo diverso da Spike, dopotutto loro non erano nemmeno mai stati
realmente insieme...esistevano un mare di dopotutto, eppure quel pensiero le
provocava comunque un moto di stizza.
Spike si diresse con passo deciso nel vicolo,
lottando contro il desiderio di voltarsi. Sentiva i suoi occhi sulla
schiena…cosa stava osservando?
Sorrise impercettibilmente, allora non era l’unico a
provare un certo interesse. Tuttavia entrambi sapevano che era solo un riflesso
dell’antico sentimento che lui univa…avevano fatto scelte diverse, e la sua
comprendeva Fred. Il sorriso scomparve. Perché mai ogni volta che pensava a lei
non si sentiva rincuorato, come invece era sempre successo? Buffy non aveva
perso il suo potere su di lui…era sempre riuscita a rapire ogni suo pensiero
anche solo con uno sguardo.
Pensò alla ragione che lo aveva spinto ad andare fin
laggiù…non lasciarla sola. Ecco perché lo aveva fatto.
Sarebbe bastato un attimo per dirglielo, tutto però
poi saprebbe cambiato, diventando se possibile ancora più complicato.
Buffy si riscosse da quei pensieri, concentrandosi
unicamente sul palazzo che si stagliava infondo al viale. Con passo felpato si
avvicinò all’entrata, appiattendosi al muro retrostante.
Davanti all’ingresso due vampiri si guardavano
attorno, vigili.
Sorrise, allora il maestro non era poi così sicuro della
riuscita del suo piano se metteva due dei suoi seguaci di guardia alla porta.
Si acquattò vicino all’alta siepe che delimitava il
cortile, tentando di avvicinarsi il più possibile ai vampiri. Osservava la zona
circostante: le erbacce infestavano il tratto di giardino antistante l’ingresso
e il palazzo sembrava pericolante ed abbandonato da tempo. Le imposte delle
finestre sbattevano contro la parete a causa del vento leggero e nessuna delle
stanze interne alla villa erano illuminate. Stava per muovere un altro passo in
direzione della porta, quando una fiamma soffusa prese vita nella finestra più
in alto.
Una sagoma scura si disegnò sul vetro della
finestra…sembrava volesse tacitamente invitarla ad entrare…
Fissò di sfuggita i due scagnozzi piazzati davanti
alla porta: uno dava le spalle al compagno. Mossa non molto astuta da parte
loro…
Con qualche balzo avrebbe potuto sorprenderli,
eliminarli e correre al piano superiore…
un lucido lampo di genio: così avrebbe evitato il
compirsi della apocalisse, April non avrebbe più dovuto essere allenata, Dawn
non si sarebbe più sentita esclusa, Willow non avrebbe usato la magia, Spike
sarebbe tornato a Los Angeles dalla sua ragazza per fettina e lei di nuovo da
Mark…
un moto di rabbia la percorse alla penultima
osservazione: lei era troppo per i gusti del vampiro? Troppo egocentrica,
troppo moralista, troppo lunatica? Beh, ora la avrebbe conosciuta anche in
veste di troppo pazza!
I suoi muscoli erano in tensione, pronti a scattare:
la gamba sinistra poggiata a terra, diede la spinta al resto del corpo per
partire e sorprendere le due guardie distratte.
Dov’era Spike in quel momento? A perlustrare vicoli
probabilmente…quel pensiero le sfrecciò nella mente nell’esatto istante in cui
il suo corpo si lanciava verso il combattimento: presto i due la avrebbero
vista…
un senso di abbandono si impossessò di lei…si
trattava di una mossa avventata, era vero, ma non riusciva a rendersi conto
delle conseguenze. C’era un qualcosa di liberatorio nel suo gettarsi nella
mischia a quel modo, una sorta di estrema dimostrazione verso il mondo. Lo
stesso mondo che le stava nuovamente franando addosso: Dawn, April, Spike,
Willow…non dovevano aspettarsi così tanto da lei. Dopotutto era solo una
ragazza…
…ecco a cosa la avevano spinta!
aveva oltrepassato la siepe, e in quell’istante
avrebbe voluto tornare indietro
ma era troppo tardi
troppo tardi
dall’altro dell’ultima finestra le sembrò quasi che
la figura proiettata dalla luce sorridesse…e faceva bene a sorridere, presto
avrebbe avuto una cacciatrice
era tutta protesa in avanti…
si sentì strattonare per un braccio e spingere contro
la siepe, le foglie secche strisciarono contro il suo viso leggermente
imperlato di sudore.
La mano che la teneva saldamente non lasciò la presa,
spingendola con forza verso i palazzi abbandonati che si era lasciata alle
spalle.
L’ombra alla finestra scomparve con un soffio di
vento sulla fiamma
Buffy sbattè contro il muro di una vecchia fabbrica
in disuso, che faceva da angolo alla strada principale; la morsa intorno al suo
braccio non si era ancora allentata.
“ma cosa diavolo volevi fare!” bisbigliò con voce
rabbiosa Spike, avvicinando il viso a quello di lei e schiacciandola
ulteriormente contro la parete “serve un cartello per spiegarti che lì sverna
il maestro?!” non la aveva ancora lasciata andare
“no, non serve un cartello – strappò il suo braccio
dalla mano di Spike, allontanandosi di qualche passo e scostando i capelli che
le erano scesi sul viso, nei suoi occhi c’era la stessa rabbia che albergava in
lui – tu cosa diavolo volevi fare!”
Spike la fissò, non sapeva se sorpreso o adirato
“cosa vorresti dire – sbottò, aprendo le braccia. Il
suo sguardo era duro – che era tutto premeditato? Che stavi volontariamente
andando a cacciarti e a cacciarci tutti nel più grande casino dopo la scoperta
dell’America?”
Gli si avvicinò di nuovo, le suole dei suoi anfibi
scricchiolarono al contatto con l’asfalto bagnato; alzò il viso verso quello del
vampiro, a pochi centimetri di distanza, guardandolo negli occhi
“no, avevo intenzione di farla finita con questa
storia” sussurrò con la stessa voce rabbiosa
non si scostò
“quale storia di grazia?” rispose con ira sarcastica
Lei sorrise amara, facendo qualche passo indietro,
senza lasciare il suo sguardo “ma come? Non dirmi che non te ne sei reso conto
anche tu! Tutta questa faccenda del maestro, della cacciatrice…è la più grande
buffonata a cui abbia preso parte – tornò verso di lui, continuando a
sorridere, con dolore mal celato – io che ritorno a fare la cacciatrice e
insegno a combattere alla ragazzina – si battè il petto, indicando poi la città
con una mano – e tu che ti rimetti addosso la maschera di cavaliere dal cavallo
bianco – puntò le braccia nella sua direzione – e tutto questo, noi che
facciamo la ronda insieme, che ci alleniamo insieme, io che sto in camera con
Willow, e lei che rimette il naso in libri che avrebbe dovuto eliminare dalle
sue letture preferite…Maledizione! – gridò, l’eco dell’imprecazione viaggiò per
i freddi vicoli – perché lo stiamo facendo Spike? – non attese la sua risposta
– perché torniamo a torturarci così?”
“credi che io mi diverta? Eppure non mi sembra una
ragione sufficiente per buttarsi in un nido di vespe, se mi passi l’eufemismo”
“oh, certo che non ti diverti! – disse con rabbia-
dopotutto tu hai un lavoro perfetto – sbuffò – con Angel, così puoi dire con
sicurezza che sei dei buoni, hai nuovi amici perfetti, certo Cordelia ha
evidentemente qualche rotella fuori posto ma va bene lo stesso – commentò
sardonica, poi fece finta di fermarsi a pensare – a già, hai anche una ragazza
perfetta che fa la calza mentre tu sei qui a rischiare la pelle per quella
pazza ingrata della tua pseudo-ex! come sei eroico!” lo derise
si avvicinò a lei, afferrandole di nuovo il braccio e
stringendolo fino a farle male
“ma davvero? E tu invece? – disse con foga, tentando
però di tenere basso il tono di voce, dopotutto non erano lontani dal palazzo
del maestro – riesco quasi a vederlo il tipo con cui stai: uno di quei
dottorini con gli occhiali calcati sul naso, tutti dolci ed equilibrati, che
hai debitamente addestrato con uno dei tuoi sguardi profondi e malinconici! Ti
è caduto ai piedi immagino…e scommetto che si sente anche in colpa perché sei
fondamentalmente una frustrata”
erano entrati in un argomento fino ad allora tabu
“e non è stato l’unico se ricordo bene” commentò con
perfidia
la spinse di nuovo contro il muro
“non mi provocare” sillabò lentamente, come se volesse
riacquistare il controllo di sé
“vai al diavolo! Andate al diavolo tutti! Cosa volete
da me? – non si scostò, fissandolo intensamente, il suo sguardo celava
un’angoscia ormai divenuta insopportabile – ho un carattere orribile, sono una
frustrata ed egocentrica come mi hai gentilmente ricordato, non apprezzo i miei
amici, metto i piedi in testa al mio ragazzo, trascuro mia sorella e tratto
male te! Va bene, è vero…cosa pretendi allora?” aprì le braccia, in segno di
resa “non posso farci niente…non dirmi che non ti sei mai domandato perché hai
amato una persona tanto insopportabile!” le scese una lacrima, immediatamente
asciugata con il palmo della mano
Spike si voltò, senza più fissarla
“Avanti… - biascicò l’altra, sorridendo amara –
sbattimi in faccia la tua realtà perfetta e dimmi che sei venuto solo per
mostrare per l’ennesima volta che sei superiore a me, che non porti rancore,
che tutto quello che ho e che abbiamo fatto è finito tra i ricordi da
cancellare!”
i due rimasero in silenzio per lunghi istanti
“perché sei venuto?” la ragazza lo fissava con occhi
gonfi e rossi, lucidi dalle lacrime di dolore e rabbia. Il suo tono basso
malcelava la voce ferma e dura, scossa solo dal tremito leggero delle labbra
non rispose, sospirando
“perché sei venuto!” gridò quasi, reprimendo un
singhiozzo
non ce la faceva a rimanere in silenzio “sono venuto
per te!” gridò il vampiro “perché altrimenti? Credi che mi importi qualcosa di
questo maledettissimo angolo di mondo? Degli abitanti indifesi di qui?…ma Angel
mi aveva avvertito: avrebbe fatto male” concluse, alzando lo sguardo verso il
cielo notturno
rimase in silenzio per qualche istante, scossa dalla
dichiarazione così inaspettata
“bene…e ti sei reso conto che aveva ragione
immagino” quella frase le aveva fatto
più male di quanto desse a vedere “vattene” disse con un filo di voce
“vattene!” urlava di nuovo
“no” rispose risoluto
“non voglio la tua pietà né il tuo disprezzo,
vattene!”
“smettila! Sta zitta Buffy…cosa vuoi che ti dica? Che
hai ragione a dire che sei una persona orribile? Che non vedo l’ora di
ritornare a casa e che mi hai incasinato di nuovo l’esistenza?”
“oh…mi dispiace, sei diventato anche tu Mister
Sofferenza” commentò con sarcasmo
“non parlare in questo modo di Angel!”
“e da quando siete amici? Oh, giusto, deve averti
insegnato il metodo per tenersi lontani dalla sottoscritta senza dare più
notizie!”
La spinse contro il muro, avvicinandosi nuovamente
“smettila” le sussurrò minaccioso all’orecchio
lo guardò con aria di sfida “prova a fermarmi”
rispose con voce tirata dalla rabbia
la schiacciò alla parete e…la baciò, facendosi spazio
con foga tra le labbra. Lei reagì, tentando per un instante di allontanarlo, ma
sapevano entrambi che non si sarebbero più fermati.
Le afferrò le braccia, poggiandole al muro e
immobilizzandole
Il bacio non era ancora cessato, e lei rispondeva con
altrettanto ardore, intrecciando le dita con le sue e respirando affannosamente
Si spostò a baciarle il collo, sentendo le mani di lei
affondare nei suoi capelli e stringere la schiena
Buffy ansimò violentemente, riconquistando le sue
labbra e attirandolo maggiormente a sé
Le circondò la vita con le braccia, lasciando che
infilasse le mani sotto il suo spolverino di pelle. La sentì accarezzagli il
torace a la schiena, ritornando a baciarle il collo
Senza staccarsi nemmeno un attimo strisciarono contro
la sudicia parete, trovando a tastoni la porta per l’edificio. Senza pensarci
due volte Spike si girò di spalle, sfondandola e portando con se nella caduta
la ragazza
Si ritrovarono a terra ancora avvinghiati, distesi
questa volta sul freddo pavimento della fabbrica. Spike la alzò tirandola per
le spalle e scostando con foga la giacca nera che indossava, che cadde a terra dietro
i due. Quasi le strappò di dosso gli indumenti, gettandoli alla rinfusa.
Accarezzava la sua pelle morbida e calda, baciandole
le spalle…Dio quanto le era mancata!
Buffy, spostando la testa di lui per un istante, gli
sbottonò con impeto la camicia, sfiorando il suo torace nudo e fresco…lui le
afferrò le mani, immobilizzandola nuovamente e riconquistando le sue labbra
Per un istante si guardarono negli occhi, incapaci di
parlare. Se avessero indugiato un altro istante tutto sarebbe finito, lo sapevano
Si gettarono uno sull’altra: quanto tempo era passato
dall’ultimo contatto tra le loro pelli…troppo per fermarsi proprio ora.
* * *
La fresca luce mattutina filtrava dalle inferriate
posizionate all’altezza del soffitto, svegliando i due amanti.
I vestiti erano sparsi lì intorno e i due giacevano
ancora avvinghiati, coperti dallo spolverino nero di lui.
L’aria umida li richiamò alla realtà
Buffy si sollevò lentamente, intorpidita.
Si guardò intorno: ma dove diavolo erano? Lanciò una
rapida occhiata, con una mano ancora appoggiata sul petto del vampiro.
Una fabbrica in disuso. Erano in una fabbrica
Si coprì maggiormente con il cappotto, intirizzita da
un soffio di vento che faceva frusciare i panni ingrigiti sui vecchi
macchinari. Puntò gli occhi fuori dalla finestra: l’alba.
“Buongiorno” sentì sussurrare
“Buongiorno” rispose lei, il tono non era alterato
come quello della sera prima
poggiò i gomiti a terra, rimanendo a guardarlo mentre
si stiracchiava
“che c’è?” domandò, quasi con dolcezza, accorgendosi
dello sguardo di lei. Non volevano distruggere l’incanto che si era creato tra
loro…poteva durare ancora qualche secondo, giusto il tempo che i pensieri sul
domani facessero capolino alle porte della loro mente
“niente” sorrise lei, abbassando gli occhi e
lasciando che alcune ciocche di capelli le ricadessero sul viso
rimasero a fissarsi per qualche secondo, senza alcun
imbarazzo. Nessuno sapeva cosa pensare…cosa era successo quella notte?
“dobbiamo…dobbiamo alzarci Spike” sussurrò lei. Lo
guardò con malinconica ironia, lanciando un’occhiata alle alte finestre “questa
volta non puoi dirmi che sei bloccato perché è giorno”
la guardò mettersi seduta e coprirsi il corpo con la
sua giacca.
La prese delicatamente per un braccio, fermandola
“Buffy…resta con me”
i raggi del sole giocavano con l’azzurro dei suoi
occhi, illuminandoli di una luce chiara e intensa. La fissò con un’espressione
indecifrabile, qualcuno la avrebbe potuta interpretare come d’amore, un altro
come il desiderio di non spezzare quegli istanti, un altro ancora poteva
leggervi la stessa malinconia della voce di lei…
Buffy sentiva
che era la sua anima a parlare, l’anima che aveva conquistato per lei, dove
sperava di aver conservato un posto.
Mille ricordi le affollavano la mente…l’ultima notte,
prima della battaglia finale…lei aveva pronunciato quelle stesse parole. Era
come se lui volesse dolcemente pareggiare i conti
…già, basta faccende in sospeso…
Lui aprì le braccia, lasciando che lei si adagiasse
sul suo petto, per poi stringerla in un tanto desiderato abbraccio. Buffy si
lasciò circondare dal calore, poggiando una mano sopra il suo cuore…quel cuore
morto che aveva saputo donarle più di quanto meritasse.
Le sfiorò i capelli con un bacio, inspirando ancora
una volta il suo profumo. Dio quanto gli era mancata quella sensazione
avvolgente…la strinse più forte. Il tempo passato…non contava più nulla, ora
erano lì, di nuovo, insieme.
Buffy cercò la sua mano, intrecciando le dita con le
sue, un nodo alla gola le impedì di parlare; le lacrime premevano, ma le
ricacciò. Spike…quello era Spike. l’unico che aveva imparato a leggerle
nell’anima, l’unico che era riuscito a scaldare il suo cuore divenuto freddo.
Eppure sentiva quegli istanti di gioia rilassata scorrerle come sabbia
inesorabilmente tra le mani, presto tutto sarebbe finito…
“Buffy?” la chiamò lui in un sussurro, abbassando il
capo fino a sfiorarle la fronte
“Sì?” tentò di mascherare un singhiozzo
la strinse più forte, sospirando profondamente…lei lo
aveva cambiato, per lei aveva trovato l’anima, per lei era morto…solo per lei,
solo per lei. Non voleva lasciarla andare. No, non voleva. Era quella la
ragazza che aveva amato, per cui era morto felice…tutto ciò che si erano detti
la sera prima era già dimenticato, come aveva potuto giudicarla orribile?
Mentre la abbracciava tutto riacquistava un senso, come era sempre stato.
…l’unica cosa di cui sono sicuro sei tu…
“che c’è?” domandò, sapeva però quello che la
angosciava
“sai…stavo pensando che… – tentò di nascondere le
lacrime mantenendo il suo tono di voce al minimo –qualcuno lassù ci ha dato
un’altra occasione. Una fabbrica abbandonata…ti ricorda niente? – sorrise,
piangendo sommessamente sul suo petto – adesso…adesso però…”
le poggiò due dita sulle labbra, accarezzandole la
guancia
“lo so…lo so” un sussurro portato via dalla fine
brezza mattutina
l’angoscia aveva preso entrambi…sapevano anche fin
troppo bene cosa sarebbe successo, la vita era andata avanti, loro adesso
vivevano su due piani diversi, in due universi distanti… quell’incontro fugace
non avrebbe cambiato la situazione. Eppure non avevano la forza di allontanarsi
l’uno dall’altra, pur consapevoli che rimandare sarebbe stato ancora più
doloroso.
Cosa sarebbe successo?…chi erano diventati dopo
quella notte? i cambiamenti, indelebili. I danni, incalcolabili.
…Fred…Mark… due nomi marcati a fuoco nelle loro
menti, che bruciavano ogni secondo di più, lasciando una voragine nella loro
anima già devastata dalla prospettiva di separazione.
Ma dovevano prepararsi…la vita si stava facendo
spazio prepotentemente, disturbando la quiete di quei dolci seppur angosciosi
momenti.
Buffy tremò…aveva paura di sentire la pressione della
mano di lui sulla sua spalla, per incitarla ad alzarsi. Sapeva che qualcosa in
lei si era irrimediabilmente guastato…Mark le sarebbe di nuovo bastato?…non era
il momento però di pensare, sentiva solo la sua pelle fredda sotto di lei.
Nient’altro.
Spike rimase in silenzio, continuando a stringerla
con forza. Ascoltava il ritmico battere del suo cuore contro il petto…quello
stesso cuore dove aveva tante volte desiderato di prendere un posto…ed ora, ora
che aveva avuto la conferma di un sentimento solamente sussurrato molto tempo
prima…ora dovevano separarsi. Perché? Perché era giusto, perché non si poteva
cancellare quello che era successo, altri erano entrati nelle loro vite, altri
ne avrebbero sofferto.
Passò con dolcezza una mano sui suoi capelli,
lasciando trasparire l’angosciosa sofferenza che lo attanagliava…quanto avrebbe
desiderato non muoversi e rimanere così per l’eternità.
Buffy capì
La sentì spostarsi, il suo peso che lo
abbandonava…avrebbe voluto fermarla, tornare a stringerla ancora un istante,
invece la liberò dall’abbraccio. Si perse ancora una volta nei suoi occhi,
lucidi dal pianto, però sempre vivi, illuminati da una scintilla che aveva
trovato solo in lei. Solo in lei.
Buffy si alzò, infilandosi in silenzio i jeans e la
maglietta lasciati cadere vicino a lei la notte precedente. Senza un suono che
non fosse il frusciare del cotone gli passò la camicia, soffermandosi ancora un
secondo nello sguardo di lui e subito rifuggendo. Era già abbastanza doloroso.
Buffy si inginocchiò a terra per allacciare gli
anfibi, non avevano ancora proferito parola. Si pettinò i capelli con le dita,
chiudendoli con una molletta, per poi raddrizzarsi e guardarlo.
Anche lui era vestito, già con lo spolverino addosso.
“bene…” il vampiro allontanò lo sguardo, non sapeva
cosa dire
“bene” concluse lei, con una sorta di risoluto
dolore.
Alzò gli occhi “Spike?”
lui si voltò “sì?”
la vide avvicinarsi lentamente, con gli occhi ancora
umidi. Posò le mani sul suo petto, tenendo lo sguardo basso ma invitandolo a
stringerla ancora una volta. La circondò con le braccia, senza chiedere niente
ma con il cuore gonfio di sentimenti contrastanti…non poteva lasciarla.
Il viso della cacciatrice si avvicinò lentamente a
quello di lui. Si alzò in punta di piedi, posando le labbra sulle sue per un
ultimo bacio. Sentì le mani del vampiro che si posavano sul viso sfiorandolo
con delicatezza, e chiuse gli occhi, abbandonandosi ancora un attimo a quel
dolce gesto.
Si staccò piano dalla sua bocca, senza però
allontanarsi. Non abbassò gli occhi, lasciandovi trasparire tutta l’angosciosa
forza che le costava ciò che stava per dire.
“ti amo” sussurrò, una lacrima le solcò il viso.
Glielo diceva ora: anche se inutilmente, anche se troppo tardi
“ti amo anch’io” le poggiò un ultimo bacio sulla
fronte, assaporando il suo dolce calore come se fosse la prima volta
Buffy si portò le mani alla schiena, prendendo quelle
di lui allacciate intorno alla sua vita, e le strinse prima di lasciarle.
Si allontanò di qualche passo, accarezzando con lo
sguardo il viso del vampiro, per poi voltarsi verso l’uscita.
* * *
April era ancora distesa nel suo letto, immobile.
Fissava con occhi vuoti il soffitto, respirando lentamente. Dalla finestra
filtrava la luce del mattino, rivelando il sorgere di una cupa giornata di
nebbia.
Chissà dov’era Buffy in quel momento…in
perlustrazione di certo. La vedeva muoversi tra le lapidi, con Spike a suo
fianco. Già, lei e Spike. Ci doveva essere stato qualcosa tra loro, ne era
certa: aveva colto i taciti segnali che si mandavano con lo sguardo, anche
l’inflessione nella voce di lui quando le parlava sottolineava che un
sentimento contrastante ancora li disturbava. Eppure…una cacciatrice ed un
vampiro…d’accordo, Buffy era una cacciatrice fuori dagli schemi, ma non pensava
potesse spingersi a tanto. Il profilo affilato di Spike le riempì la mente:
certo era un bell’esemplare, non lo negava, ma pur sempre di vampiro. Provava
una sorta di timore nei suoi confronti, non era una realtà comune per lei che
girasse un vampiro, anche se poteva stare alla luce del sole. Ecco un altro
segreto di Buffy. Quella ragazza era un mistero per lei: la prima volta che la
aveva vista sembrava la tipica californiana tutta feste sulla spiaggia e
ragazzi in limusine, poi si era trasformata in una macchina per uccidere
micidiale, che aveva saputo atterrarla in qualche secondo; nonostante
l’avversione che immediatamente lei le aveva dimostrato si era addirittura
preoccupata della sua salute…e infine quella mattina aveva scherzato con lei e
tentato di tirarle su il morale. Non poteva nascondere che adesso le piaceva,
la stimava addirittura…in pochi giorni le aveva fatto da insegnante, da
quasi-amica e – non osava nemmeno pronunciare quella parola – da…sorella.
Una fitta allo stomaco la percorse: ma cosa diavolo
andava a pensare? Lei aveva già una sorella, quella Dawn…quella mattina aveva
notato una sorta di durezza nella sua voce, quando le rivolgeva la parola.
Si voltò da un lato, sprimacciando il cuscino.
Comunque non doveva importarle giusto? Era stata una parentesi
più positiva di quanto immaginasse, tutto là. Non doveva aspettarsi niente
dalla cacciatrice, le era stata dietro qualche giorno, ma sicuramente Buffy non
la considerava nemmeno al di fuori dell’ambito della missione. Glielo aveva
detto chiaro e tondo la prima volta che erano uscite di ronda insieme “evita di
farti uccidere, ci servi per la missione”. Sentiva le sue parole risuonare
nelle orecchie.
Una volta battuto il maestro Buffy sarebbe ritornata
a New York, e lei l’unica cacciatrice…
Quei pensieri la avevano messa di cattivo umore
Si alzò dal letto, ricominciando a prendere a pugni
il sacco appeso al soffitto.
Dawn era in piedi di fronte alla finestra, con lo
sguardo perso nel rosa tenue del sole che nasceva. Con le braccia incrociate si
stringeva nel pigiama chiaro, lasciando che i capelli le ricadessero leggeri
sulle spalle.
Fissò la sua immagine riflessa nel vetro: le
lentiggini erano sparite e i capelli avevano acquistato una sfumatura più scura
ma li teneva ancora lunghi, proprio come piacevano a sua madre.
Si voltò verso l’armadio aperto, dove era appeso un
tallier scuro piegato con cura ed una borsa raffinata.
Ritornò a fissare l’orizzonte, il suo sguardo però si
era fatto duro. Cosa chiedeva in fondo? Un po’ di considerazione, niente di
più!
Ma Buffy era sempre presa dalla sua sciocca vita per
occuparsi di lei, aveva gli amici, la ronda, Spike…e adesso anche April. Lei
veniva solo dopo…dopo.
Poteva immaginare la sorella mentre allenava quella
ragazza, scherzando e spiegandole come uccidere vampiri e demoni. Aveva provato
anche con lei un paio di volte, ma era come se credesse di fare qualcosa di
sbagliato. Certo, tutto quello che loro due avevano fatto insieme era
sbagliato!
Dal vetro fissò Willow, rannicchiata ne suo letto che
dormiva tranquilla. Le parole pronunciate da lei quella mattina le bruciavano
ancora…cosa poteva saperne lei di solitudine! Lei che aveva sempre fatto ciò
che più le piaceva: studiava stregoneria, si laureava con il massimo dei voti,
il consiglio degli osservatori la contattava per aiutare la cacciatrice; il
tutto lavorando per una delle multinazionali più potenti del mondo!
Si sentiva frustrata…frustrata perché nessuno la
capiva, ma soprattutto perché a nessuno interessava capire.
Willow le dava le spalle, fingendo di essere
profondamente addormentata. Poteva quasi percepire i pensieri della
ragazza…’nessuno mi capisce, Buffy non bada più solo a me’…per quanto si
sforzasse non riusciva a provare compassione per lei. ormai non era più una
ragazzina, era ora di smetterla di cercare sempre rifugio dietro quelle scuse e
di dare la colpa a Buffy. Doveva vivere da sola, trovare in sé stessa la forza!
La cosa che la aveva sempre stupita di Dawn era la
sua incapacità di trovare amici, tranne Janet naturalmente. Forse era per
quella mancanza che si sentiva inferiore a Buffy…eppure anche da quel punto di
vista lei era spesso più il carnefice che la vittima: non poteva pretendere che
le persone andassero da lei se rimaneva sempre chiusa nel suo bozzolo di
problemi. D’altronde però lei era l’ultima a doverla giudicare…
Chiuse nuovamente gli occhi, gustandosi le ultime ore
di sonno.
Giles era seduto ad un tavolo, nella grande
biblioteca silenziosa. Solo la luce sul suo tavolo era ancora accesa. Con una
mano reggeva il capo, strizzando gli occhi di tanto in tanto. Davanti a lui era
aperto un grosso libro con rilegature in bronzo.
Sfogliò quasi distrattamente le pagine, chiudendolo
d’un tratto.
Basta…
ripensò a quelli che definiva ancora i suoi ragazzi.
Cosa credevano? Che sarebbe stato facile battere il maestro, certo! Cosa poteva
essere sconfiggere un vampirello locale quando avevano sventato la fine del
mondo almeno sei volte! Era qui che sbagliavano…mai sottovalutare il nemico, un
errore che Buffy aveva commesso e pagato spesso. La verità era che nessuno
giudicava il nuovo pericolo una minaccia, in quel momento erano presi da altre
faccende…Buffy e Spike con il loro complicato rapporto, Willow e Buffy che
cercavano di riallacciare un’amicizia, April alle prese con una nuova guida,
Dawn con tutti i suoi problemi. Tutti quei pensieri li avevano distratti dal
vero pericolo, quello concreto. Si affidavano troppo alla forza di Buffy, alla
magia di Willow, al sostegno di Spike…non capivano che così tutto sarebbe
fallito?
E poi non era solo il maestro il nemico da
affrontare, era fermamente convinto che loro stessi sarebbero stati di
impedimento gli uni gli altri…nemmeno si rendevano conto di quanto fossero
cambiate le cose!
Sospirò, sconfortato
E poi ora anche il consiglio cercava di interferire!
Stavano mandando un nuovo aiuto a Buffy, cosa che probabilmente le avrebbe solo
complicato ulteriormente le cose. Senza contare che non era certo di poter
permettere a Willow di riprendere ad usare la magia, non lo aveva fatto per
molto tempo e le era costato molto rinunciarvi. Cosa sarebbe successo se avesse
ricominciato?…
Appallottolò con rabbia la lettera che gli era stata
mandata
Caro Rupert,
a Lei vanno i nostri più caldi ringraziamenti per l’aiuto
dimostrato. Siamo lieti di sapere che la cacciatrice e i suoi compagni hanno
accettato di buon grado la missione, speriamo che la neo-cacciatrice sia
all’altezza. Onde evitare ogni possibile problema, il Consiglio ha deciso di
mandarVi in supporto un altro elemento che, siamo sicuri, potrà dare manforte
alla squadra. Come già Le avevamo accennato nella precedente missiva, la
Custode ha risentito profondamente dell’eliminazione delle Potenziali
Cacciatrici e ritiene necessario riprendere in mano la situazione. Per questo
ha espresso il desiderio di incontrare l’ex prescelta, rispondente al nome di
Elisabeth Annie Summers, alla quale, in caso di vittoria, verrà recapitata una
formale richiesta. Confidiamo in Lei perché comunichi alla Signorina quanto sopra
spiegato, in modo che la nostra notizia non Le giunga inaspettata.
Rinnoviamo i nostri sinceri ringraziamenti e le
auguriamo di riuscire nell’impresa
Il Consiglio
Gelida e concisa, proprio nello stile di quel branco
di perbenisti inglesi. Cosa volevano ancora da Buffy? Giles era stato contrario
sin dall’inizio ad un suo coinvolgimento nella missione. Lui avrebbe
partecipato senza esitazione, la sua vita era rimasta la stessa, ma Buffy…lei e
gli latri avevano dovuto sopportare cambiamenti non indifferenti. Eppure era
sottostato alle richieste del consiglio…ora però chiedevano decisamente troppo;
sarebbe già stato abbastanza difficile per quei ragazzi adattarsi di nuovo ad
una vita normale! Incontrare la Custode…
Gettò il pezzo di carta sul tavolo. Ma non poteva non
dirlo a Buffy…o sì?
Passò un’altra delle sue notti insonni, con la luce
fioca della lampada da tavolo come unico conforto.
* * *
quella mattina tutti erano in fermento. La tensione
era palpabile, ognuno aveva un compito da svolgere, mancavano poche ore, poi
sarebbero entrati in azione.
Buffy, Willow e Giles erano sedute ad un tavolo,
parlando fittamente; davanti a loro l’osservatore aveva srotolato una mappa
della zona periferica, cerchiando con un pennarello rosso la zona in cui si
trovava la tana del maestro.
“Bene, allora: Buffy, tu ed April andrete avanti per
liberare l’ingresso principale. Secondo i miei calcoli il rituale non dovrebbe
iniziare prima della mezzanotte, e noi speriamo di fermarlo prima. All’interno
della casa dovrebbero trovarsi solo i vampiri ammessi alla parte iniziale
dell’incantesimo, quindi ve la caverete senza problemi. Willow: tu, Spike e
Dawn entrerete dopo. Mentre Buffy ed April tengono occupati i vampiri intorno
voi trovate un posto sicuro dove iniziare il rituale per bloccare il flusso di
energie necessario all’apertura di una nuova bocca dell’inferno. Spike
proteggerà te e Dawn. Io e Ripley intanto creeremo uno scudo intorno alla casa,
in modo da evitare almeno per un po’ l’ingresso dei vampiri rimasti
all’esterno…”
“Giles…” provò ad interromperlo Buffy
“…che con tutta probabilità riusciranno a sfondarlo
solo dopo parecchi tentativi. Il nostro obiettivo principale rimane comunque il
maestro: dobbiamo fermarlo, ancora meglio ucciderlo…”
“Giles…” lo
chiamò con più insistenza
“non sarà una cosa facile, ma possiamo farcela…”
“Giles!” urlò la cacciatrice
L’uomo si interruppe, scattando in piedi e battendo i
pugni sul tavolo
“che diavolo c’è? Cristo santo Buffy, lo vuoi capire che
in abbiamo tempo per altre idiozie?” nella sua voce la rabbia si mescolava alla
frustrazione
Anche Buffy si alzò, decisa a ribattere
“ma sia può sapere cosa le è preso?”
“mi è preso che qui nessuno si sta dando da fare sul
serio per battere il maestro! – si voltò, indicando tutti i presenti, che lo
fissavano confusi – ognuno è troppo preso dai suoi problemucci per occuparsi di
questo, e io non lo sopporto maledizione! Dovete mettervi in testa che questa
non è una rimpatriata, ma che il nostro obiettivo è quello di evitare che
qualche centinaio di demoni esca da una nuova bocca dell’inferno! Ma no…-c’era
sarcasmo nel suo tono – siete tutti così occupati a confrontarvi tra voi, a
vedere cosa è cambiato, a rivangare i vecchi attriti che non vi rendete conto
della gravità del problema. Anche tu Buffy…sei sparita con Spike l’intera notte
e ti diverti di più a fare lezioni di moralismo ad April che ad insegnarle come
si combatte!” quel vortice di parole si era finalmente arrestato
Buffy lo fissò, il suo sguardo era diventato cupo per
l’umiliazione e l’offesa subita. Strinse i pugni, tenendo le braccia tese lungo
il corpo
“Sa cosa le dico Giles? Forse ha ragione, forse io
non sono all’altezza del ruolo che mi hanno affidato, forse non lo ero nemmeno
a Sunnydale. – la sua voce era dura e fredda come il marmo. Chiuse con una
mossa rabbiosa il libro aperto davanti a lei, facendolo volare a terra –
combatta da solo la sua guerra”
lo fissò un ultimo istante, prima di incamminarsi a
passo deciso verso l’uscita
Giles la guardò allontanarsi, avrebbe voluto dire
qualcosa, fermarla…la frustrazione era tale però che non riuscì a formulare una
frase. Tornò a sedersi, prendendo la testa tra le mani.
Buffy uscì dall’edificio, spingendo con forza le
porte che le si paravano davanti. L’aria tiepida del pomeriggio sfiorò il viso
dolcemente, asciugando la lacrima che le bagnava il viso. Rassegnata si sedette
sui gradini davanti alla porta, fissando il sole che già calava.
Giles aveva ragione?…con tutta probabilità sì. Forse
non era mai stata adatta a diventare cacciatrice, maledisse mentalmente chi la
aveva scelta per coprire quel ruolo. Chi era stato a sceglierla tra milioni di
ragazze? Chi aveva il potere di distruggere così la vita di una ragazza?…pensò
ad April: come doveva esserle sembrata stupida prima. Chissà cosa aveva pensato
della coraggiosa Buffy Summers, quella che non arretra davanti a niente, mentre
scappava di fronte al suo osservatore che le sbatteva in faccia la cruda
realtà.
Sorrise amaramente
Era veramente una stupida, ma cosa si aspettava? Di
poter tornare ad essere una cacciatrice, dopo tutto quel tempo? Perché…perché
la avevano cercata? Perché le avevano di nuovo affibbiato il fardello del
mondo?…
“ehi” sentì la voce dolce di Willow
la vide, appoggiata allo stipite della porta, che la
osservava. Senza fiatare si avvicinò, sedendosi vicino a lei.
Buffy distolse lo sguardo, evitando di incontrare i
suoi occhi e di farle vedere che aveva pianto. Si strinse le braccia intorno al
corpo, fissando imperterrita l’orizzonte
“Buffy?” si sporse avanti, per cercare il suo viso
“ciao” rispose la caccciatrice in un sussurro “mi…mi
dispiace per quello che è successo”
“Buffy…non devi scusarti. Non so cosa sia preso a Giles,
ma sono sicura che non intendeva ferirti in quel modo. È preoccupato, come
tutti. Lo sai che sente sempre la responsabilità sulle sue spalle!”
“Willow…e se avesse ragione? Se veramente io non
fossi adatta a tutto questo?”
“lui non lo pensa”
“ma se fosse così? – insistette lei, con voce rotta –
se avessero scelto la persona sbagliata? Ho fatto tanti errori nella mia vita
Willow, tu lo sai meglio di chiunque altro. Credo che venire qui sia stato uno
dei maggiori…cosa speravo di dimostrare?”
“Buffy…”
“Oh, avanti Will, guardati intorno. Questa farsa che
abbiamo messo in piedi ci porterà solo a toccare ancora una volta il fondo. Non
siamo più gli stessi, come possiamo pensare di riprendere i ruoli che
recitavamo a Sunnydale? È come se non volessimo affrontare che Sunnydale è
stata distrutta e che noi ci siamo divisi – si fermò – è questa la realtà”
Willow passò un braccio intorno alle spalle
dell’amica
“non è questo il momento di compiangersi. Abbiamo una
missione da portare a termine, poi chiuderemo definitivamente con il passato,
te lo assicuro. Buffy, cerca in te la forza che avevi a Sunnydale…quella che ti
faceva superare ogni cosa. Me le ricordo sai tutte le volte che sei caduta, ma
ricordo anche che ogni volta hai trovato il coraggio di rialzarti. Perché ora
dovrebbe essere diverso? Forse…forse non è stato giusto dividerci come abbiamo
fatto. Non capitano spesso seconde opportunità” commentò mestamente
“Già”
“pensa ad April…quella ragazza ti ha preso come punto
di riferimento, so che non la deluderai”
“come fai a dirlo?”
“perché non hai mai deluso me” la guardò negli occhi,
per farle capire che intendeva veramente quello che aveva appena detto
la scosse gentilmente per le spalle, come se volesse
infonderle coraggio
“forza…” sussurrò
Buffy si girò verso di lei, abbracciandola stretta
“grazie Willow”
le due ragazze si rialzarono per rientrare nella
scuola, quando Giles le raggiunse all’esterno. Fissò con aria colpevole la sua
cacciatrice, stringendo in pugno un foglio stropicciato.
Willow lo guardò un attimo, intuendo che voleva
parlare con Buffy
La strega strinse la mano di Buffy, per poi
lasciarla. Poi si allontanò, scambiando con lei un’occhiata eloquente
“io vi aspetto dentro” disse allontanandosi
Quando furono completamente soli l’osservatore
cominciò a parlare. Teneva gli occhi bassi, stirando con le mani il foglio,
visibilmente imbarazzato.
“Buffy… - non riusciva ad andare avanti, poi alzò gli
occhi, prendendo coraggio – Buffy mi dispiace. So che siamo tutti molto tesi
per la missione, tu in particolare.”
“non voglio che mi dica questo Giles” lo fissò, con
lo sguardo rabbonito dalla tenerezza del gesto, ma comunque malinconico “forse
a ragione lei”
sospirò profondamente, da qualche parte nel suo animo
era rimasta la ragazzina insicura dei primi tempi “Buffy…non era con te che
dovevo prendermela” le allungò la lettera speditagli dal consiglio
Buffy lo guardò meravigliata, cos’era?
Nonappena il foglio passò nelle mani della
cacciatrice l’osservatore si voltò. Non sapeva se era stata una buona idea
rivelarle di quella lettera. Aveva anche pensato di rimandarla a New York con
il primo volo disponibile, senza aspettare che il consiglio riuscisse a
mettersi in contatto con lei, ma ora si era ricreduto. Era adulta e poteva
scegliere da sola se veramente voleva andare in fondo alla faccenda…la
conosceva troppo bene per dubitarne. Avrebbe scelto di andare e incontrare la
Custode, di qualunque cosa si trattasse, come aveva sempre fatto. Ma era un
bene o un male?…
“cosa significa che manderanno un aiuto?” chiese,
contrariata
“è tutto quello che so a riguardo. Ma non pensare a
quello ora, piuttosto…cosa farai se il consiglio ti contatterà?” indicò con gli
occhi la lettera
Buffy gliela porse, con gli occhi bassi
“Un problema alla volta Giles…non so nemmeno che fine
farò dopo la battaglia, progettare un viaggio a Londra mi sembra prematuro”
sorrise, ironica. Ecco come esorcizzava il dolore…glielo aveva insegnato
qualcuno…
Giles sorrise timidamente e Buffy rispose con dolcezza,
avvicinandosi all’osservatore che le circondò le spalle con fare paterno. In
quel momento si sentivano uniti come mai lo erano stati, o come avevano
scordato di essere.
Willow lo osservò, intimamente felice di vedere che
anche tra loro si erano calmate le acque: non si potevano creare rotture
proprio ora. Scorse April osservare sorpresa i due, che rientravano con il
volto disteso, e sorrise. Quanto doveva ancora imparare…
“chi manderà il consiglio?” sussurrò Buffy a Giles, mentre
consultavano alcuni manuali
“non lo so, potrebbe essere un loro uomo fidato, come
pure un altro osservatore”
“già, magari un altro Wesley” sorrise lei, ricordando
il suo terzo osservatore e i suoi modi goffi
Spike si rabbuiò: Wesley ora faceva parte della sua
realtà, con lui andava a fare la ronda e studiava piani per tenere a bada la
situazione nei bassifondi di Los Angeles…già, Los Angeles, non una città
sperduta come Claveland, e nemmeno Sunnydale. Erano passati parecchi giorni
dalla sua ultima telefonata, lo ricordò solo in quel momento
“devo fare una telefonata” disse laconico, prima di
abbandonare la sala. Non si voltò indietro, ignaro dello sguardo triste della
cacciatrice
si appoggiò al telefono pubblico che si trovava
davanti alla scuola, illuminato da una fredda luce al neon. Compose rapidamente
il numero, guardandosi intorno nervoso: non era mai troppo presto per i brutti
incontri, specie se l’Adunanza era appena stata completata.
Il telefono squillò un paio di volte, prima che il
ricevitore venisse alzato.
“Angel Investigations” rispose la voce calda di Angel
“Angel, sono Spike”
“Spike…Spike chi?” la sua voce si era fatta più dura
“evitami il tuo sarcasmo, ricorda che non possiedi il
senso dell’umorismo”
“Dove sei?”
“A Claveland. Passami Fred per favore” la sua
pazienza si stava pericolosamente esaurendo
“è uscita con Cordelia…vuoi dirmi cosa diavolo ci fai
a Claveland?”
“c’è stato un problema e siamo qui per risolverlo”
non aveva intenzione di metterlo al corrente
“Siete?…ti rendi conto che sono più di due giorni che
non ti fai sentire? – la sua voce era di nuovo alterata – Fred ha passato le
ultime 48 ore seduta davanti a questo maledettissimo telefono! Almeno un
telefonata…”
“Lo so, lo so. – tagliò corto lui – dille che ho
chiamato. Ciao”
“Spike…c’è di mezzo lei vero?”
“cosa vorrebbe dire ‘c’è di mezzo lei’?”
“esattamente quello che ho detto. Non hai chiamato
perché c’era lei?” il suo tono fermo imponeva una risposta
“Abbiamo dovuto organizzarci e allenare la nuova
cacciatrice”
“Tu e Buffy scommetto”
“Già, io e Buffy. C’è qualcosa che non va?” era
diventato quasi minaccioso
“c’è che tu qui hai una vita, non dimenticarlo”
“cosa ti fa pensare che potrei scordarlo?”
“Buffy” rispose, grave
“sta zitto Angel”
“ti farà dimenticare questi due anni vissuti
separati…per quanto tu cerchi di evitarlo succederà, se non è già successo. So
cosa vuol dire amarla Spike”
“non devo riferire niente a te”
“devi fare una scelta! – gridò – non sperare di poter
dimenticare questi giorni: rivederla, sentire il suo corpo mentre combattete…ho
sempre saputo che tra voi c’era una strana forza quando combattevate, anche se
ancora da nemici…ascoltare la sua voce, abbracciarla anche semplicemente da
amico…ci sono passato anch’io Spike, ti tornerà in mente anche quando sarai di
nuovo qui, vorrai andare a trovarla con la scusa di mantenere i contatti…pensa
a quello che hai costruito qui, assieme a Fred!
Devi chiudere definitivamente con quel capitolo della tua vita…”
“Vai al diavolo Angel” riattaccò, ritirando furioso i
gettoni dall’apparecchio
iniziò a camminare avanti e indietro, davanti
all’entrata della scuola. Se fosse rientrato la avrebbe rivista, lei gli avrebbe
sorriso…con quegli occhi incredibili, facendo comparire due fossette ai lati
del viso.
Inconsciamente sorrise al pensiero
Sapeva bene che Angel aveva ragione. Dopo quanto
successo la notte precedente però le cose si erano ulteriormente complicate:
cosa sarebbe successo?
Non aveva esitato un attimo a rispondere al suo ‘ti
amo’, quando glielo aveva sussurrato a fior di labbra, come se fosse la cosa
più naturale del mondo. Non ci aveva riflettuto però: era vero, oppure lo aveva
detto perché lo richiedeva il momento? Se fosse stato realmente sincero tutti
quei mesi con Fred non sarebbero stati altro che una spudorata menzogna. Una
spudorata menzogna e nulla di più.
Le immagini della due ragazze si sovrapposero nella
sua mente…quale?
Fred, la sua dolce scienziata che aveva ammesso di
amarlo e non lo aveva più lasciato…o Buffy, l’amore proibito dei tempi in cui
era ancora l’uccisore di cacciatrici. Già, ne aveva uccise due e si era
innamorato della terza. La stessa che lo aveva rifiutato per quasi un anno, per
poi dichiararsi nel momento meno opportuno…
Non le avrebbe mai perdonato quel “ti amo” sussurrato
con le lacrime agli occhi, l’espressione angosciata e le labbra tremanti…non le
avrebbe perdonato di averle regalato, anche solo per un attimo, uno sguardo vero…ma
soprattutto non le avrebbe perdonato di avergli dato una speranza, un motivo
per tornare da lei…
Ma non lo aveva sfruttato giusto? Anche quando
avrebbe potuto farlo si era rifiutato di andare da lei, le aveva parlato al
telefono e non aveva lasciato trapelare un briciolo di sentimento.
E allora perché?
La frustrazione si fece largo in lui
Perché non aveva saputo resistere? Perché non aveva
esitato a dividerle con lei un’altra notte, ben sapendo a cosa sarebbero andati
incontro?…perché un senso di angoscia lo prendeva ogni volta che pensava al
ritorno? Avrebbe dovuto essere felice di poter tornare da Fred, alla sua
pseudo-vita tranquilla!
Buffy guardava insistentemente la porta, incurante
delle lunghe elucubrazioni mentali di Giles sulle infinite possibilità di
fallire.
Ci stava mettendo più del previsto…certo, stava
telefonando alla sua ragazza. Uno strano desiderio si fece largo in lei:
avrebbe voluto conoscerla, vedere il suo viso…capire cosa aveva colpito Spike e
darsi finalmente pace. Quelli erano stati giorni senza un attimo di respiro, in
cui gli avvenimenti si susseguivano a ritmo vorticoso e incessate e lei non era
sicura di riuscire a tenere il ritmo. Dopo la notte passata con Spike inoltre
tutto si era ulteriormente complicato, solo ora cominciava a razionalizzare il
pensiero di quanto accaduto. Avevano fatto l’amore. Un’altra volta, proprio
come era iniziata…con la stessa passione, solo che adesso c’era stato
soprattutto amore. Tanto amore represso, almeno da parte sua. Infine lei gli
aveva confessato che lo amava, aveva sentito la impellente necessità di
dirglielo, glielo doveva infondo. Quella di due anni prima era stata una
dichiarazione a cui lui non aveva potuto credere, condizionato dagli eventi, ma
quella mattina…intorno a loro non c’era niente, nessun mondo da salvare, nessun
nemico da uccidere, solamente loro. Eccolo il loro momento perfetto.
Ed era stato proprio come doveva essere, pieno di
romantico desiderio e di parole sussurrate…peccato solo che fosse destinato a
finire. Era comunque convita che quello fosse un passo necessario per entrambi,
poi forse sarebbero riusciti ad accettare l’inevitabile, ineluttabile
divisione…forse
Il suono della porta che si chiudeva alle spalle del
vampiro la ridestò dai suoi pensieri, facendola voltare in quella direzione.
Aveva il viso scuro, come se avesse ricevuto una cattiva notizia…in cuor suo
sapeva quanto anch’egli fosse combattuto, non si poteva cancellare quanto
successo tra loro solo qualche ora prima.
Spike si voltò ad osservarla, notando il suo sguardo
posato sul viso. Chissà cosa stava osservando con aria così assorta, lui
forse?…
Perché le cose dovevano essere così complicate?
Perché…nonostante tutto si perse nuovamente nei suoi occhi verdi, lasciando che
lo studiassero con attenzione, in un modo a lui così famigliare, facendo
altrettanto.
April si avvicinò furtiva a Buffy, sperando così di
non attirare l’attenzione degli astati, senza però riuscire ad evitare lo
sguardo inquisitore di Dawn.
Chissà cosa voleva da lei quella ragazza…inizialmente
le era sembrata così ben predisposta nei suoi confronti! Tuttavia non ci fece
troppo caso, scotendo con una mano la spalla di Buffy e facendola voltare
“Ehi…” era visibilmente agitata
Buffy si voltò, meravigliata dall’atteggiamento nervoso
della cacciatrice
“Ehi, che c’è?”
April non resse il suo sguardo, puntandolo sul tavolo
e sentendosi improvvisamente stupida: cosa diavolo le era saltato in mente?
Cosa poteva saperne Buffy? Dopotutto aveva sventato più apocalissi lei che
tutte le cacciatrici messe insieme…probabilmente non pensava nemmeno che si
potesse essere agitate per una cosa del genere! Eppure lei lo era, eccome!
Dopotutto era la sua prima apocalisse, e sembrava fosse l’unica ad aver
realizzato che qualcuno avrebbe anche potuto lasciarci la pelle…
“No…niente”
“April, che succede?” chiese curiosa, cercando di
frapporsi tra i suoi occhi ed il tavolo, che sembrava la principale attrattiva
di quel momento
“Ti dispiace se…” indicò con il dito la porta,
chiedendole tacitamente di uscire. Si sentiva già un’idiota da sola, se poi
anche tutti gli altri si fossero accorti del suo timore…
Buffy si alzò, avvertendo Willow con uno scambio di
occhiate per evitare di disturbare gli altri
Dawn seguì le due con lo sguardo, lasciandosi
sfuggire una smorfia di disappunto
“allora, vuoi dirmi che c’è?” chiese Buffy a braccia
conserte, quando April si chiuse la porta alle spalle
lei tornò a puntare gli occhi da un’altra parte,
strofinandosi il braccio con imbarazzo mal celato
“niente…solo che…bè, volevo sapere che armi avremmo
usato” mentì all’ultimo istante
Buffy la guardò scettica e comprensiva insieme,
sorridendo nel sentire una bugia così mal pronunciata
“Credo proprio che useremo delle mazze da baseball,
non sono molto comode, ma si adattano al tuo look da ragazza di campagna…-la
prese in giro – April…allora?”
“E va bene… - la battuta la fece spazientire – sono
tesa d’accordo? Dopotutto è la mia prima apocalisse. Ma certo questo non vuol
dire niente per te che ci avevi fatto l’abbonamento vero?” la punzecchiò per
rifarsi della sua precedente ironia
“è vantaggioso sai? Io svento una apocalisse l’anno e
la mia immagine finisce sui manuali degli osservatori!”
“non è vero, non avevo la più pallida idea di come
fossi fisicamente prima di vederti comparire con la combriccola a rimorchio”
“ma come siamo acide! – rise lei – lo so che non è
facile affrontare per la prima volta una cosa del genere…per la verità non è una
passeggiata nemmeno per le atre, ma ti auguro di doverne vedere poche…ma vedi,
ti senti così solo qualche ora prima, poi saprai perfettamente cosa fare”
“e chi lo dice scusa? Ti ricordo che sono cacciatrice
da meno di un anno e non sono neanche sicura di avere la forza per affrontare
una cosa del genere. Insomma…morirà della gente! Sembra che tu ed i tuoi amici
non ve ne rendiate conto”
“April…”
nella biblioteca intanto Dawn fremeva. Poteva vedere
la testa della sorella dall’oblò sulla porta…sembrava molto presa da quanto
stava dicendo alla ragazzina…
‘quel che è troppo è troppo’
Dawn di alzò, dirigendosi con passo rapido nella loro
direzione
Stava per
aprire quando Willow si piazzò davanti a lei, bloccandole il passaggio
“No”
“Spostati Willow” nella sua voce c’era astio
“cosa vorresti fare?” non si era mossa
Dawn la guardò spaesata, incapace di dare una
risposta che le apparisse quantomeno plausibile. Come spiegare che si
sentiva…messa da parte? Sapeva che si trattava di un sentimento egoista e
stupido, ma non riusciva a non provare rancore nei confronti della ragazzina
che le stava portando via la sorella!…lei era….gelosa, sì, gelosa! Gelosa della
condizione di cacciatrice di April, del fatto che Buffy avesse più in comune
con lei che con sua sorella…quanto avrebbe voluto essere come lei, avere un
briciolo di quella forza e del temperamento di una cacciatrice! Non per salvare
il mondo, ma per entrare finalmente a far parte del gruppo, per smettere di
sentirsi tagliata fuori…
Quanto avrebbe preferito che Giles non le avesse mai
chiamate! Paradossalmente stavano meglio senza gli altri, se ne era subito resa
conto. Prima, quando Buffy era riuscita ad essere solo un’impiegata, loro due
avevano un rapporto, si sentivano spesso per telefono…erano diventate due
sorelle normali, solo loro due. Non c’erano più cacciatrici né masse di
energia, solo due ragazze che si sostenevano l’una con l’altra nella vita
reale. Tutto era più facile là.
Non c’erano apocalissi da fermare ed i grandi
sentimenti che avevano caratterizzato il primo arco della loro esistenza
avevano lasciato il posto ad emozioni più…tranquille. Niente più amica strega
che quasi distrugge il mondo, vampiro con cui coltivare un amore impossibile,
osservatore che si atteggia da padre…non che non amasse queste persone, anzi,
ma con loro tutto diventava maledettamente difficile! Troppi ricordi
riaffioravano…troppe situazioni scomode…e poi c’era quel senso di inadeguatezza
che la invadeva ogni qualvolta si trovava in mezzo a loro!
La rabbia iniziale si era come sopita, ed ora
rimaneva solo un grande vuoto, che la faceva sentire ancora più sola. Fissò di
nuovo Willow…se solo la avesse lasciata andare quando ne aveva il
coraggio…allora forse sarebbe riuscita a parlarne con Buffy, a risolvere le cose…
Le due cacciatrici rientrarono, fissando sorprese le
due ragazze che si fronteggiavano davanti alla porta
“che succede?” chiese April, fissando con aria
interrogativa Dawn, che però evitò anche solo di incontrare il suo sguardo
“Niente, andiamo” asserì Willow, lanciando tuttavia
un eloquente sguardo a Buffy
le quattro si diressero verso lo stanzino adibito ad
armeria, seguendo il dito di Giles, che aveva loro indicato il compito da
svolgere.
Willow si guardò intorno: era arrivato il momento che
le due sorelle si confrontassero. Una sorta di strano sentimento la prendeva
prima di ogni apocalisse, come se fosse necessario concludere tutte le faccende
in sospeso prima di andare a combattere…si vergognava anche solo di pensare una
cosa del genere, la morte non era esattamente il massimo per tenere alto il
morale, ma…ne aveva viste troppe per non sapere quanto fosse importante ogni
secondo vissuto con le persone che si amano, soprattutto sapendo a cosa
andavano incontro. Con amarezza ripercorse gli ultimi momenti con Tara…il suo
incubo personale era iniziato quando lei aveva chiuso gli occhi.
“April, vieni, io e te ci occupiamo di preparare il
necessario per il rituale” lo disse con una tale decisione che la ragazza la
seguì senza fiatare, anche se un po’ sorpresa dell’interessamento per lei della
strega. Dopotutto sarebbe stato più comprensibile se avesse chiesto una cosa
del genere ad uno dei suoi amici, non ad una sconosciuta con cui non aveva mai
parlato e che si sentiva vagamente intimorita da lei.
Buffy osservò con rassegnazione le due che lasciavano
la stanza, cosciente del piano di Willow.
Si voltò verso la cassa stracolma di armi,
esaminandole una ad una con occhio esperto ed infilandole nella borsa di pelle
aperta vicino a lei.
“allora…sembra che ci aspetti un’altra battaglia, e
pensare che a quest’ora avremmo dovuto essere al tuo college di Philadelphia”
provò ad attaccare discorso, intuiva il disappunto della sorella
“già” fu la laconica risposta di Dawn
le due continuarono a sistemare le armi in perfetto
silenzio
D’un tratto Buffy appoggiò pesantemente sul piano una
scure in ferro, facendola risuonare nella stanza, e si voltò verso la sorella
“Allora, mi vuoi dire che diavolo c’è?”
Dawn la guardò, presa alla sprovvista
“cosa dovrebbe esserci?”
“oh, avanti! Sei fredda con tutti, tratti Willow come
se fosse una specie di pregiudicata e guardi April con…”
Dawn la interruppe bruscamente, interrompendo a sua
volta il lavoro
“ma cosa vuoi che ti dica Buffy? Che mi piace stare
qui? Che è bello essere tornati al periodo in cui tu eri la cacciatrice ed io
la sorella palla-al-piede?…non è così! Forse a te elettrizza questa situazione,
il fatto di poter insegnare l’arte della lotta a qualcuno che la capisca –
disse con sarcasmo – ma a me no! Non mi piace questa realtà! Avevamo appena
trovato un equilibrio, ma adesso io sono
tornata ad essere per te la sorellina da
proteggere!”
“ma cosa stai dicendo?”
“non dirmi che non ti sei resa conto che mi tratti
come un’estranea! Con quei tuoi ‘va tutto bene’ ogni volta che mi avvicino,
quando poi fai comunella con Willow! E adesso anche questa April! Cos’ha di
speciale? O certo, lei è una cacciatrice, voi vi capite a meraviglia!”
“Dawn smettila” gridò Buffy
“Ma di fare cosa Buffy? Di dire la verità?”
“sai che non è così! Cosa pretendevi che facessi? Che
ti insegnassi a cacciare per trasformarti nella legittima erede di Buffy la
cacciatrice, in modo che tu non arrivassi ai 18 anni? Volevo che tu avessi una
scelta di vita migliore di quella che ho avuto io, ma non capisci…”
“Belle parole Buffy! Davvero complimenti, allora è
questo che ti sei raccontata tutti questi anni! Che dovevi darmi una scelta e
che per questo era necessario tagliarmi fuori dalla tua vita?”
Buffy alzò le
braccia, in segno di sconfitta
“ e così è per
questo. Non ti senti abbastanza appagata? Non ti senti abbastanza partecipe
della mia realtà? Beh, vuoi farti ammazzare? accomodati…io…”
la bloccò
“ecco un altro punto: te. Si parla sempre e
unicamente di te! Tu che combatti, tu che hai amici fantastici, tu che insegni
ad una cacciatrice…non credi che anche a me piacerebbe fare parte della tua
vita?”
“Dawn, io ti ho cresciuto, ho cercato di insegnarti a
vivere! Sei stata il mio pensiero più importate negli ultimi 4 anni!”
“tu dovevi farlo maledizione! Quando la mamma è morta
è diventato un tuo dovere, capisci? Non voglio essere un dovere!”
Buffy sospirò, sconfitta
“cosa volevi che facessi? Io…io non sapevo da che
parte cominciare! L’unica cosa che davo per certa era che tu non dovessi in
nessun modo avere una vita come la mia…io ho tentato! Non sono infallibile
Dawn…”
ci fu qualche istante di silenzio, quella discussione
le aveva svuotate interamente
“non mi odiare Dawn” sussurrò
“Buffy io…” si avvicinò alla sorella, consapevole di
averla ferita
“…non lo sopporterei” le posò una mano sulla spalla,
guardandola negli occhi con sconforto
“Lo so” Dawn strinse la mano della sorella,
ricambiando il sguardo
Cap.6 - Battaglia
Le armi necessarie erano accatastate sui gradini
della scuola, vicino ad una borsa contenente l’occorrente per il rito. Tra
qualche ora avrebbero scatenato l’inferno.
Buffy e Spike erano la fuori, immobili, fissando il
cielo che si tingeva di rosso.
L’aria fredda le scompose i capelli, mollemente
raccolti con la molletta, facendola fremere. Era sempre stato così, prima di
ogni apocalisse tirava vento. Un vento premonitore di sventura.
Chiuse lentamente gli occhi, assaporando per
l’ennesima volta un momento del genere: gli attimi prima della battaglia.
Poteva sentire l’adrenalina scorrere nel suo corpo…un misto di terrore ed
elettricità.
Sapeva che tra qualche attimo sarebbero partiti,
senza dire niente più del necessario. Tutto era già stato programmato, ora
bisognava solamente agire. Niente più pensieri, niente più rimpianti…la vita di
innocenti dipendeva da quella notte…ma stranamente non aveva mai pensato a
loro, nemmeno le volte precedenti. Tutto quello su cui riusciva a concentrarsi
era che, se qualcosa fosse andato storto, non ci sarebbe stato più nessuno di
loro…
Willow, l’amica che aveva ritrovato da così poco
tempo
Giles, il padre di cui aveva sentito la mancanza il
quei due anni
Xander, sempre pronto a seguirla
Dawn, la sorella che non era mai riuscita ad aiutare
fino in fondo ma a cui voleva più bene che a sé stessa
April, una ragazzina spaventata che presto avrebbe
imparato a non temere più nulla
E Spike…il dolore per la sua perdita era più vivo che
mai, perché, anche se non effettivamente, per lei era morto nell’ultima
battaglia contro il First Evil. Era bruciato sotto i suoi occhi, e lei non
aveva potuto fare nulla per salvarlo…l’ennesima vittima delle sua battaglie…
“a che pensi?” sentì la sua voce scaldarla
non distolse gli occhi dal cielo
“…beh, io e te non abbiamo mai visto un tramonto
insieme. Questa mattina è toccato all’alba…ma il tramonto mai”
abbassò la sguardo “è vero”
ripensò a Fred…aveva mai visto un tramonto con lei?…
lei si strinse nelle braccia, lasciando che i capelli
si scompigliassero
“…prima sono morta io, poi tu… - sorrise dolcemente –
Dio quanto mi sento stupida a dire queste cose, morire intendo, non…non faceva
più parte della mia vita da tanto tempo…comunque, non abbiamo avuto felici esperienze
con le apocalissi vero?”
“se non conti la prima volta che ci siamo
alleati…ricordo ancora lo sguardo di tua madre quando le hai raccontato che
suonavi con me in un gruppo rock…era sulla soglia dell’infarto” rise
leggermente
sorrise, il ricordo della madre era solo malinconico
ora, il dolore si era affievolito con gli anni e Buffy aveva imparato a
sentirla vicina ripercorrendo i ricordi che aveva di lei
“…peccato che sia toccato ad Angel…”
smise di ridere “già”
Buffy si voltò
“ricordi cosa ti ho detto quella sera? Prima della
battaglia contro Glory?”
“che non saremmo potuti sopravvivere tutti” sussurrò,
chiudendo gli occhi
“questa volta sopravviveremo tutti” lo guardò con la
antica decisione, la stessa che le aveva permesso di superare ogni cosa. Quella
che le illuminava il viso con la sua forza: le era sempre bastato meno di uno
sguardo per convincerlo a seguirla.
Fred…lei non era là in quel momento, non sapeva
nulla…nulla del senso di solitudine che Buffy aveva riempito in lui…certo, non
era colpa sua…si era chiesto più volte se la loro storia sarebbe andata
diversamente se prima non ci fosse stata Buffy…non era quello il momento di
pensare però, combattere un’apocalisse non è per persone sagge, è per i pazzi.
Spike si avvicinò, stringendole la mano e indicando
con lo sguardo gli ultimi raggi del sole che scendeva. Non sapeva se fosse
giusto, ma sentiva che quel contatto gli era necessario…necessario per
ricordare il motivo della sua presenza, per sentire che anche lei ne aveva bisogno…
Buffy ricambiò la stretta…non riusciva a pensare al
domani, a ciò che sarebbe successo una volta conclusa l’ennesima
battaglia…viveva solo per quel momento
“resterai con me?” era tranquilla, nonostante tutto
quello che le stava accadendo intorno
“fino alla fine del mondo, anche se dovesse essere questa notte”
sussurrò lui, guardandola finalmente negli occhi
entrambi sapevano che non era ne una promessa eterna,
ne una decisione duratura…quella notte però sarebbero tornati indietro, per
vivere il loro momento speciale, quello sempre negato…la loro seconda
opportunità.
* * *
procedevano a passo spedito verso il rudere, immersi
nella nebbia che era calata su quella notte maledetta. Le strade deserte e silenziose
risuonavano di echi sinistri al loro passaggio…ecco un altro particolare che
non cambiava mai.
April si guardò intorno, senza rallentare…osservò le
casette mono-famigliari, in cui le luci erano tutte accese, come sempre.
Sembrava che i loro abitanti non sentissero nell’aria il profumo della morte,
la stessa che li avrebbe raggiunti se non ce la avessero fatta. Cercò di
riconoscere le sagome scure riflesse contro i vetri, ma niente le era
famigliare. Una strana paura la invase…una sorta di profondo disprezzo per
quelle persone, che cenavano tranquille nelle loro casa, ignare del fatto che
lei stava andando a combattere per loro, per proteggere la loro noiosa e
stupida vita!
Ma cosa pretendeva dopotutto? Una ringraziamento? Che
riconoscessero i suoi sforzi?…perché rischiare la vita?
Che senso aveva per lei buttarsi in una lotta del
genere?…
Fissò il gruppo che la circondava: loro combattevano
per proteggersi l’un l’altro, sapevano a cosa stavano andando incontro…avevano
un posto dove tornare.
Ma lei?…ripensò alla sua stanza vuota, illuminata
solo dalla luce intermittente del computer…
Il giorno dopo sarebbe tornata a scuola, la sua
finestra su una vita che poteva guardare solo da lontano…a meno che in quella
battaglia non rimanesse uccisa.
Chi la avrebbe ricordata allora? Buffy forse?…non era
stupida, sapeva che Willow la aveva allontanata perché le due sorelle
riallacciassero il loro rapporto, ed ora erano lì, davanti a lei, unite da un
eterno filo conduttore che non le avrebbe mai separate…si sentì improvvisamente
sola. Chi aveva lei?
Quei ragazzi presto se ne sarebbero andati…sola.
Ma se invece fosse…morta. Qualcuno si sarebbe accorto
di lei?…i suoi compagni forse avrebbero notato la sua assenza, forse si
sarebbero addirittura preoccupati.
Si crogiolò in quei pensieri…
E Buffy? si sarebbe ricordata della cacciatrice morta
per la causa, non della ragazzina scontrosa che era stata costretta ad
allenare…i manuali degli osservatori la avrebbero elencata tra le cacciatrici
cadute in battaglia e future prescelte immaginata mentre combatteva per
difendere il mondo!…
Giles si fermò a pochi metri dal cortile, fissando
con impazienza l’orologio: 11.45 p.m
Sospirò
“Bene, siamo qui. Sappiamo tutti cosa fare: Buffy ed
April, voi entrerete per tenere a bada i vampiri ammessi al rituale, Willow,
Dawn e Spike invece vi seguiranno e inizieranno l’incantesimo. Io e John
creeremo uno scudo introno alla casa per isolarvi. –scrutò attentamente i
presenti, ogni possibile incertezza doveva essere estirpata prima di iniziare –
non sarà facile, una volta entrati non potrete più uscire durante il
combattimento.”
Tutti lo fissavano, come se si aspettassero una
specie di discorso da parte sua
“io…-prima avrebbe saputo cosa dire: di combattere
come sapevano, che era importante la riuscita del piano…in quel momento però,
incapace di staccarsi dagli occhi dei suoi ragazzi, non riusciva a pensare ad
altro che, se fosse successo loro qualcosa…il suo sguardo si rabbonì,
accarezzando i volti con lo sguardo –…state attenti, vi prego”
* * *
Giles fissò le lancette del suo orologio spostarsi
lentamente verso l’alto
“è ora, andate”
lanciò un ultimo lungo sguardo a Buffy…la morte non è
il tuo dono… prima di vederla scomparire dietro la siepe, seguita da una April
sempre più timorosa. Si poteva leggerle in viso che era spaventata a morte…ecco
un’altra cacciatrice che eseguiva il corso impostole dal destino.
“Giles” sentì la voce di Buffy sussurrare
nell’oscurità “dov’è quello che il consiglio avrebbe dovuto mandarci come aiuto?”
la sua voce era estremamente tesa
“…non lo so, quella è stata l’ultima lettera che mi
hanno inviato”
la vide sgusciare via, perdendosi nell’oscurità del
cortile
Buffy avanzava rapidamente, sentendo solo il respiro
affannoso di April alle sue spalle. Fece cenno alla ragazza di avanzare vicino
a lei, indicando i due vampiri posti all’ingresso della villa.
“tu quello a destra, io quello a sinistra. Al mio
segnale” bisbigliò con una durezza che April non le aveva mai sentito usare
Buffy scrutò negli occhi la cacciatrice…cosa le
succedeva?
Scattò facendo frusciare l’erba sottostante,
lanciandosi verso la porta con velocità misurata. In poco meno di un istante
afferrò il suo vampiro, subito imitata da April.
Lo afferrò per le spalle, spezzandogli con un gesto
deciso il collo, e subito conficcando il paletto. Strinse tra le dita la sua
polvere…fuori il primo
April si avvicinò al secondo demone, sperando di
contare sull’effetto sorpresa, ma quello fu più svelto e la spinse a terra con
un calcio ben assestato. Tentò di rialzarsi…poteva sentire lo sguardo di Buffy
su di lei, senza che però si decidesse ad aiutarla.
Il vampiro la colpì nuovamente in pieno viso,
bloccandole i polsi in una mano…lo vide avvicinarsi…sempre più vicino e
ghignante…
Poi, solo polvere.
Si rialzò, terrorizzata, stringendo nelle mani il
paletto che le aveva appena salvato la vita
Sentì Buffy afferrarla
“cosa diavolo ti succede?” la sua rabbia era
intuibile
“io…” biascicò lei “ io…ho paura…”
“April!” la strattonò con disperazione “non è questo
il momento…” non le lasciava il braccio, freddo come il marmo
lei la guardò, terrorizzata
“April, ascoltami bene, non . lasciarmi . sola”
scandì le parole “ce la faremo, forza”
le strinse la mano, conducendola verso la porta ma
trovando resistenza.
Lei non si sarebbe mossa da lì
“April, non abbiamo tempo!”
“No…no…” scuoteva la testa, con gli occhi sbarrati,
stringendosi nelle spalle
“Ti prego!” la spinse di nuovo, senza lasciare la sua
mano
gli altri
osservavano la scena da lontano…
“sta succedendo qualcosa Giles” Willow scrutava con
attenzione la notte
“aspettate ancora un attimo, poi raggiungetele”
finalmente le due sagome si mossero, scomparendo
definitivamente nella casa
April correva a perdifiato per i corridoi bui,
aggrappandosi con forza alla mano di Buffy…ma cosa stava facendo?…
I corridoi percorsi erano deserti, nessuno si era
ancora reso conto della loro intrusione. Buffy si appiattì ad una sudicia parete
dalla carta da parati vermiglia, in parte scollata. Strattonò April perché
facesse lo stesso, chiudendo gli occhi ed inspirando profondamente.
Ce la avevano fatta, erano dentro. Probabilmente
Willow, Spike e Dawn stavano entrando.
Bene, ora doveva solo calmarsi
April stringeva convulsamente la mano di Buffy,
incapace di staccarsi.
“April, ora calmati” Buffy si mise di fronte a lei,
tentando di liberare la mano
la prese per le spalle, costringendola a guardarla
negli occhi
“Buffy…mi…mi dispiace”
Lo sguardo della ragazza si rabbonì
“Come va?”
“Meglio” fu la sua laconica risposta, mentre
respirava ancora con affanno. Si passò una mano sulla fronte, madida di sudore
per la tensione e la fatica, tentando di sfuggire allo sguardo di lei
“sei pronta?…April, sei pronta?”
“…sì”
si divincolò dalla sua stretta, dandole le spalle, ma
Buffy la costrinse a voltarsi nuovamente
“nella sala qui accanto c’è il maestro April, te ne
rendi conto? Non puoi pensare di batterlo così…adesso respira e calmati, ti ricordi
cosa ti ho detto qualche sera fa? Sai cosa succede se credi di non farcela”
fece una lunga pausa “andrà tutto bene, d’accordo?” le disse quasi con
dolcezza, nel tentativo di rassicurarla
quante cose avrebbe voluto dirle April. Chiederle
come faceva ad essere così sicura che sarebbe andato tutto bene…gridarle in
faccia che non sarebbe mai stata come lei, che si sentiva inerme, proprio come
di fronte al vampiro, prima… ringraziarla per essere lì con lei, e non averla
lasciata sola.
Buffy le passò un paletto nella mano destra,
stringendola con forza
“coraggio adesso” sussurrò, prima di riprendere la
corsa verso il piano superiore
-
Willow era seduta a terra, circondata da cinque
candele, tra poco sarebbe stata pronta per iniziare il rituale. Sfiorò quasi
con soggezione le pagine ingiallite del testo di magia…erano passati più di due
anni dall’ultima volta che aveva fatto una cosa del genere…un’eternità.
Spike camminava avanti e indietro, ansioso. Non gli
era piaciuto affatto il comportamento di April prima, il panico giocava brutti
scherzi e buffy aveva bisogno di una spalla… fissò nervoso la strega, che si
muoveva con inspiegabile lentezza, e Dawn, intenta a mischiare alcuni
ingredienti.
“a che punto sei?” chiese impaziente, voltandosi
nella direzione delle due
“Calma Spike, tra poco inizieremo”
il vampiro non rispose, tornando a concentrarsi sulla
scala che conduceva ai piani superiori, ancora avvolti in un inquietante
silenzio
-
i cinque erano distribuiti intorno al piccolo cratere
che avevano aperto nel centro della stanza: quella sarebbe stata la nuova Bocca
dell’Inferno. La stanza disadorna in cui erano ospitati risplendeva di una luce
verdastra, proveniente dalla falla, che cresceva in luminosità con il passare
delle ore. Presto la loro missione sarebbe stata completa.
Il maestro vi versò per l’ennesima volta un liquido
rossastro, ascoltandone il gorgoglio, soddisfatto. Iniziare prima il rituale
era stato un autentico colpo di genio…fissò ansioso la porta, bastava ancora
qualche minuto e tutto si sarebbe concluso, senza che l’intervento della
cacciatrice mandasse a mote il suo piano.
Ripensò al computer collegato sulla scrivania nella
sala antistante: nessun messaggio gli era ancora arrivato da parte di April,
ciò significava che si stavano avvicinando…era troppo tardi, comunque.
Si calò il cappuccio sul volto, aprendo le braccia in
direzione dei seguaci
“fratelli, tra poco…”
la porta venne sfondata dall’esterno e, scardinata,
ricadde nella sala, risuonando sorda
“allora? Posso sapere cosa sta succedendo qui?” una
ragazza bionda si fece strada all’interno, con aria ironica: ecco la famosa
Buffy
Il vampiro si
tolse il cappuccio, sorridendo alla nuova entrata come se fosse una cosa del
tutto naturale
“mi fa piacere che una celebrità del tuo calibro sia
venuta fin qui, cacciatrice”
“non ho saputo resistere” rispose con lo stesso tono
tranquillo e sarcastico, ognuno aveva un suo modo di esorcizzare la paura
“mi dispiace solo che tu debba fare una brutta fine”
indicò agli altri la cacciatrice, spronandoli ad attaccare
“non sei il primo che lo dice” rispose quella,
estraendo a sua volta il paletto
April si trovò subito uno dei seguaci di fronte,
mentre guardava impotente il maestro che completava il rito.
-
Spike osservò Willow leggermente preoccupato: la
strega stava recitando qualcosa di incomprensibile, lievitando in aria ed
emanando una strana energia violacea, che si propagava rapidamente,
raggiungendo le scale.
-
Buffy assestò un calcio al primo vampiro che le venne
incontro, mandandolo a sbattere contro la parete retrostante. Osservò con la
coda dell’occhio April, che combatteva a sua volta contro un altro demone
incappucciato. Per il momento sarebbe riuscita a cavarsela…per il momento.
Il vampiro si avventò nuovamente su di lei,
colpendola ripetutamente al viso. Gli bloccò il pungo …un attimo, dov’era il
maestro?
Fece roteare gli occhi per la stanza: eccolo là,
vicino al piccolo cratere…quanto ci stava mettendo Willow? Bisognava fermare
quel pazzo…
Si divincolò dalla stretta, tentando di avvicinarsi
al maestro, ma fu subito bloccata dagli altri subalterni, che facevano scudo.
Non ce la avrebbero mai fatta…Spike, serviva aiuto…
April si dibatteva nel tentativo di liberarsi dalla
stretta del nemico, che la teneva premuta al suolo. Vide Buffy tentare di
avvicinarsi al maestro, senza successo…doveva aiutarla…
“April, prendi il maestro!” sentì il grido strozzato
di Buffy, urlato a mezza voce, mentre era tenuta per la gola da uno dei seguaci
assestò un calcio al suo assalitore…si era liberata
finalmente! Afferrò il paletto caduto a terra e lo conficcò nel petto
dell’avversario che tentava di rialzarsi.
Senza attendere si diresse in direzione del maestro…a
quanto pareva sarebbe toccato a lei combattere contro di lui. Ma era giusto,
quella era la sua città.
Osservò Buffy per una frazione di secondo, con la
coda dell’occhio: si stava liberando dalla stretta dei due, avrebbe potuto
eliminare lei la minaccia principale…
Afferrò per le spalle uno dei due, permettendo alla cacciatrice
più vecchia di eliminare il suo diretto avversario
“che diavolo fai? Fermalo!” indicò con furia il
maestro, sferrando un pugno al vampiro che teneva stretto per le spalle
April era sola, sola di fronte a lui, che le sorrise
“e così, tocca a te April” sentire il suo nome
pronunciato da quella creatura fece accrescere il terrore di lei, come lo
conosceva?
“so molte cose su di te, sai Dispersa?” se possibile
il suo sorriso divenne ancora più ampio “le nostre chiacchierate mi sono state
molto utili…”
“sta zitto!” piombò su di lui, che la ricacciò
indietro con forza
“cosa credi di fare? Il rito è quasi completo…manca
una sola cosa, il sangue di un innocente” la fissò con autocompiacimento “so
cosa stai pensando… ‘come faceva a sapere che sarei venuta?’ – imitò una voce
femminile – semplice cara, sapevo che i tuoi nuovi amichetti avrebbero scoperto
data e luogo del rito, e sapevo anche che tu saresti venuta con loro…”
“io non morirò” non conosceva la ragione di quella
frase, né il perché si sentisse in dovere di giustificarsi con un nemico
“oh…sì che morirai! E sai perché?…perché non sei come
lei” indicò Buffy, che aveva nel frattempo eliminato un altro vampiro “ci hai
provato, certo, ma cacciatrici così ce ne sono poche, e tu non sei una di queste.
Hai paura della tua ombra piccola…niente ti lega alla stupida esistenza che
conduci…”
lo fissò con sgomento
…non sarò mai come lei…
“April!” sentì la voce di Buffy, lontana…
Buffy fissava impotente la scena, il maestro aveva
afferrato April per un braccio e lei si dibatteva inutilmente…poi la fissò, e
capì: c’era rassegnazione nel suo sguardo, terrore e rassegnazione
Si dibattè, nel tentativo di allontanare il suo
assalitore…non poteva lasciarla così! Perché…perché le aveva ordinato di fermare
il maestro?…non ce la avrebbe mai fatta, doveva intuirlo!…la rabbia e la
frustrazione le annebbiavano la mente…doveva aiutarla!
Gridò nuovamente il suo nome, in preda alla
disperazione
April era stretta tra le braccia del maestro, inerme
e completamente immobilizzata
Il maestro le sorrise malevolo
“la senti? Hai condannato a morte anche lei…addio
piccola, non eri quella giusta evidentemente” avvicinò al suo collo scoperto la
lama di un coltello, facendolo scorrere a pochi millimetri dalla sua pelle…voleva
sentirla tremare prima di finirla.
Dalla luce della porta ormai scardinata iniziava a
filtrare una nebbia violacea…Willow, pensò Buffy dibattendosi. Ancora pochi
minuti, bastavano ancora pochi minuti, ma April doveva reagire…
April fissò l’arma, chiudendo gli occhi, poteva
sentire la mano fredda del maestro premuta contro il suo collo…ancora un attimo
e tutto si sarebbe spento, ora non sentiva più niente, solo le parole che il
vampiro le sussurrava all’orecchio come una litania
-
Spike fissò il fumo, che ormai aveva invaso il
giroscale…mancava poco…poteva udire le grida dei vampiri che strepitavano fuori
dalla porta, incapaci di entrare. Tutto stava andando secondo i piani…
-
no…no…non poteva essere…
Buffy osservò inerme la lama…non poteva finire così…
Provò a divincolarsi per l’ennesima volta…
Il peso del vampiro su di lei era sparito
Una leggera polvere di cenere le cadde sulla testa e
sugli abiti
Fissò il paletto che teneva ancora stretto in mano,
non era stata lei
“Ehi B, sempre nei casini tu?”
sorrise nel sentire quella voce…come aveva fatto a
non pensarci prima?…chi potevano mandare se non lei.... si sentì
improvvisamente sollevata
si rialzò in pedi, togliendo la cenere dagli abiti e
godendosi lo sguardo ora spaventato del maestro, non si era ancora voltata per
guardare in viso chi la aveva appena liberata
“la puntualità! – esclamò – che brutto difetto, vero
Faith?” la fissò sorridendo
“sono una che ama farsi aspettare” rispose l’altra,
con lo stesso sorriso
Buffy avanzò in direzione del maestro, con le braccia
conserte
“potevi fercale con due cacciatrici…ma con tre?” lo
vide arretrare, tenendo però la lama sempre puntata al collo di April
Faith si guardò intorno con aria curiosa, come se
fosse in un museo e non nel punto in cui stava per essere aperta una nuova
bocca dell’inferno
“e tutto questo vapore? Sembra di essere in una
pentola a pressione!” sventolò una mano, come se volesse scacciare il denso
fumo
il vampiro osservò la nebbia viola circondare il
cratere e iniziare a vorticare in esso
“credo che ti sia andata male” Buffy diede voce ai
suoi pensieri, poi si voltò verso Faith “me lo sentivo che eri tu”
“non vivi senza di me, ammettilo”
“ho ancora la ragazza” il demone strattonò April,
facendo scintillare la lama
le due cacciatrici si scambiarono un’occhiata…
Buffy afferrò per le spalle April, che si accasciò
contro di lei, trascinandola lontana dal vampiro, mentre Faith lo disarmò senza
apparente fatica.
“a chi l’onore?” Faith fissò Buffy interrogativa,
scotendo il paletto
Buffy alzò le spalle, sorreggendo sempre April, e
Faith piantò il paletto nel cuore del vampiro, che diventò immediatamente
polvere.
“Ben fatto ‘F’” sorrise Buffy
“sempre a tua disposizione B, solo una cosa: questa
specie di pozzo deve fumare così o c’è
qualcosa che non va?” fissò il foro sul pavimento, che emetteva sbuffi di
nebbia vorticante, gorgogliando di tanti in tanto
Buffy aggrottò la fronte “non lo so, ma credo che non
sia il caso di stare qui a scoprirlo” passò un braccio sopra le spalle di
April, uscendo seguita da Faith.
Percorsero rapidamente le scale, sino ad arrivare al
piano inferiore, dove Willow, Spike e Dawn le stavano aspettando
“è andato tutto bene” biascicò la cacciatrice,
notando poi gli sguardi confusi puntati su Faith “il consiglio” spiegò
brevemente
Willow si sollevò a fatica, l’incantesimo la aveva
davvero provata…era molto che non tentava una cosa di quella portata
“andiamo” iniziò a raccogliere gli ingredienti sparsi
a terra
“Willow tutto ok? Credo che sia il caso di uscire di
qui, dall’apertura esce un fumo che non mi piace” Buffy fissò attentamente l’amica, decisamente
non era al meglio
“lo scudo di Giles tra poco perderà effetto” la
avvertì la strega
Buffy scambiò uno sguardo con Spike e Faith e lasciò
andare April, che ormai si reggeva in piedi da sola.
“ce la fai?” le chiese, non era quello il momento per
discutere di quanto accaduto
“Sì” rispose solo, senza guardarla negli occhi
uscirono dalla porta principale, accolti da un’ondata
di vampiri…il combattimento durò poco più di qualche minuto: tre cacciatrici e
un vampiro erano decisamente troppi per demoni della loro risma.
Cap.7 - Cacciatrici
la mattina dopo
il gruppo era nuovamente riunito nella biblioteca del
liceo, la battaglia era finita e quella sarebbe stata l’ultima riunione.
Buffy e Faith erano sedute in un angolo,
chiacchierando fittamente
“Allora, cos’hai combinato in questi due anni?” Faith
sembrava curiosa
“Niente di speciale…vivo a New York e lavoro per una
compagnia assicurativa” si portò le ginocchia al petto…già, la sua vita.
“quindi niente più ronde e cacce?…non ti offendere ma
io non ti ci vedo proprio a lavorare dietro una scrivania” commentò l’altra con
limpido sarcasmo
“Sono una persona piena di risorse – rispose lei – tu
invece? Svaligi banche e furgoni portavalori?”
Faith rise senza risentimento “no, non ci crederai ma
lavoro per il consiglio, una specie di patteggiamento se vuoi. Io vado dove c’è
bisogno di aiuto e loro mi coprono…hanno un’organizzazione tipo l’FBI in tutte
le zone calde dell’America”
“tutti i poteri al loro posto quindi” sussurrò,
guardandosi la mano…tra breve anche quelli sarebbero ritornati al mittente
“Già – sorrise lei, senza conoscere il vero
significato delle parole dell’amica, mimando un pugno e fermandosi a pochi
centimetri dal viso di Buffy – odio gli aghi”
Faith incrociò le gambe fissandola con maggiore
interesse
“senti B, ma con Spike?”
Buffy alzò gli occhi, ridendo
“rigiriamo il dito nella piaga…è finita due anni fa
quando è morto. Ora sto con un collega”
Faith lanciò uno sguardo furtivo al vampiro, che
sedeva con Giles e Xander
“vuoi dire che in tutto questo tempo…”
“Faith, smettila” tentò di fermarla con
un’espressione fintamente seria, ma per tutta risposta lei si mise a ridere,
con lo sguardo di chi ha capito tutto
“no, smettila di pensare quello che stai pensando!”
“allora è vero!” le puntò un dito accusatore
“basta, discorso chiuso”
Faith si fece più vicina
“ascolta, seriamente…-voltò la testa, come se stesse
cercando le parole – non sono brava in queste cose ma…non credi che dovresti
ripensarci?”
Buffy sgranò gli occhi, anche se aveva capito
perfettamente a cosa si riferiva
“a che proposito scusa?”
“tutta questa storia di te che vivi a New York e che
ti annoi dietro una scrivania per una paga da schifo…”
“guadagno 3000 dollari al mese” la interruppe lei
“era solo un esempio – sbuffò - …quello che sto
cercando di dirti è che tu sei fatta per questo!” allargò le braccia
“è passato tanto tempo Faith” era diventata
improvvisamente triste, non le piaceva parlare del futuro, soprattutto sapendo
cosa avrebbe dovuto lasciare
“non è una questione di tempo, ma di sangue! Lo sai!
Tu sei nata per essere una cacciatrice, come lo sono nata io”
“Faith…”
“ragazzi!” la voce di Giles interruppe la loro
conversazione.
Faith si alzò, tendendo una mano a Buffy che la afferrò
senza abbassare lo sguardo. Le due si diressero verso il tavolo rotondo a cui
erano seduti gli altri e presero posto vicine.
Gli astanti si guardavano negli occhi, senza dire una
parola, come se nessuno avesse il coraggio di rompere il silenzio per dare
l’inevitabile notizia: era finita.
Giles fissò i suoi ragazzi ad uno ad uno, toccava a
lui iniziare, come era sempre stato. Anche se erano cresciuti, anche se non era
più così da tanto tempo. Trovavano rassicurante sapere che lui sapeva sempre
cosa dire.
“bene…-si interruppe nuovamente, quasi stesse
cercando le parole – ce la abbiamo fatta anche questa volta. Nonostante il
pericolo, nonostante il tempo, nonostante tutto e tutti…Siete stati bravi. –
era visibilmente emozionato, anche se tentava di nasconderlo – sono…sono stato
felice di aver potuto contare su di voi, di nuovo. Non avevate motivo di
accettare, vi siete sistemati a quanto ho capito, eppure siete venuti. Ora
avete una vita, una vita vera. Quella che tu Buffy non avresti mai sperato di riuscire
a costruirti, la stessa che sembrava non voler arrivare fino a voi, ragazzi.
Adesso però la avete raggiunta, ne siete parte. –sorrise debolmente- quando vi
ho lasciati, due anni fa, ho avuto paura per voi…credevo che non ce la avreste
fatta, che vi sarebbe mancata la ronda la notte e combattere mostri di cui in
pochi conoscono l’esistenza; lo speravo in alcuni momenti. Siete stati molto
per me, tutti quanti. Ho amato voi più di ogni altro…il manuale
dell’osservatore non includeva questa clausola – rise di nuovo – ma siete
speciali, lo siete sempre stati, ricordatelo. Finalmente ora potrete tornare
alle vostre vite, spero siano tranquille e serene, ve lo auguro…lo meritate.
Sappiate però che con quello che avete fatto siete stati grandi, lo eravate allora
e lo siete adesso. Non dimenticate mai chi siete…e spero non dimentichiate
nemmeno tutte le persone che hanno vissuto con voi quello strano momento della
vostra vita. Perché più vi guardo e più capisco che insieme diventate forti,
forti davvero…che, anche se il tempo è passato, non siete cambiati dentro e
che, qualsiasi cosa succeda, sarete sempre uniti. Grazie di cuore ragazzi”
i presenti si fissarono…Buffy vide Willow con le
lacrime agli occhi alzarsi in direzione dell’uomo.
Fece altrettanto, seguita da Xander e Dawn…passando,
afferrò anche la mano di Faith, trascinandola con sé. Anche Spike si alzò,
sapeva che le parole di Giles erano rivolte anche a lui.
* * *
April era seduta nella sua classe, ormai deserta. Un
piccolo cerotto spiccava sul sopracciglio destro, uno dei postumi dello
scontro, pochi se si considerava quello a cui si era trovata di fronte. Aprì
con stizza lo zaino, estraendone un libro.
Trovava che la lettura fosse l’unico modo per
distrarsi dalla vita, almeno per qualche ora. Sbuffò…ecco come si era ridotta,
non poteva scappare materialmente, ma aveva trovato un rimedio. Dio quanto
avrebbe voluto essere lontana…pensò con dolore agli istanti della battaglia:
avrebbe potuto diventare un eroe, invece era riuscita solo a farsi quasi
uccidere. La sua vita era piena di “avrei potuto”, ecco l’ennesimo. Cosa le era
successo?…panico. panico, pura e semplice paura. Paura di combattere, paura di
non essere all’altezza, paura di deludere, paura di morire. Morire…cosa le era
passato per la testa durante il combattimento? Di farsi uccidere…
Chiuse gli occhi, ripercorrendo i fatidici istanti
Vedeva Buffy, che gridava il suo nome dimenandosi
nella stretta del vampiro, poi l’arrivo della cacciatrice bruna…Faith. Lei e
Buffy la avevano salvata. Ricordava alla perfezione quando le due si erano
avvicinate al maestro, che la teneva tra le braccia in una sorta di
dormiveglia…non aveva mai visto niente di simile. Imbattibili, ecco la parola
giusta. Un filo invisibile e indissolubile le legava, e in quel momento erano
di nuovo unite. Perfettamente armoniche, come se non avessero fatto altro che
combattere spalla a spalla; precise nei movimenti e nei gesti…impeccabili in
ogni mossa.
Che sciocca era stata…ma cosa credeva? Di essere la
prima cacciatrice che Buffy avesse mai incontrato?…doveva essere successo
qualcosa tra lei e Faith, qualcosa che, nonostante tutto le aveva unite
maggiormente.
Le tornò in mente il discorso dell’osservatore…siete
grandi…
Anche lei avrebbe potuto esserlo, almeno una volta.
Chiuse il libro con rabbia, scagliandolo a terra.
“posso?” sentì tamburellare alla porta e riconobbe la
voce
“vieni” rispose controvoglia…sapeva che prima o poi
avrebbe dovuto parlare con Buffy
La ragazza la raggiunse, rimanendo però in piedi, senza
avvicinarsi come la volta precedente
“mi sai dire cosa è successo?” le chiese seria, non
era più il momento di scherzare né di essere condiscendenti…era necessario
capire, perché in futuro lei non avrebbe potuto commettere altri errori, per
nessuna ragione
distolse lo sguardo, incrociando le braccia, come se
fosse contrariata per qualcosa
“non lo so…panico, paura, chiamalo come vuoi”
“lo sai cosa sarebbe successo se Faith non fosse
intervenuta?”
alzò gli occhi, ridendo con rabbia
“morte e distruzione per la città e demoni a bizzeffe
che la invadono”
“Non parlo di questo…saresti morta tu April”
“Già…i manuali degli osservatori mi avrebbero
psicanalizzato per spiegare alle future sostitute come non è il caso di
comportarsi e…”
“smettila!”
rimase interdetta dalla durezza del tono
“smettila di comportarti così. Morire capisci?
Perdere la vita! Chi se ne frega di uno stupido manuale April, tu saresti
morta”
“cosa vuoi sentirti dire Buffy? Vuoi che ringrazi la
tua amica perché mi ha salvato? Bene, lo farò ma smettila di…”
“April, tra qualche giorno non ci sarà più nessuno a
darti una mano, lo capisci?” iniziava ad alterarsi
“già, tu e la tua allegra brigata ve ne andrete…bella
la vita da cacciatrice in pensione vero?…avanti Buffy, non dirmi che ti
preoccupi per me!” sorrise amaramente, come se alla sua interlocutrice
sfuggisse un punto fondamentale della questione “tanto lo so, cosa credi?…il
mio osservatore si è premurato di raccontarmi la storia completa, tu e Faith
siete le uniche ad aver superato i 18 anni… - alzò le spalle – presto avrò un
bel posticino nel cimitero di Claveland!”
Ora Buffy gridava “cosa diavolo stai dicendo?”
“ma non capisci? Io non sono come te! –si indicò sconsolata-
ma guardami! Non sono in grado di resistere a lungo, guardami! –le intimò
nuovamente, vedendo che il suo sguardo era ostinatamente puntato da un’altra
parte- Io non ho amici, non ho una vita…non ho nulla che mi tenga legata qui!
Sai cosa pensavo quando il maestro mi ha preso? – balbettava dalla rabbia e
dalla frustrazione – pensavo ‘ora morirò…bene’ bene capisci? Io volevo morire!
Era troppo per me…e lui lo sapeva, me lo ha detto Buffy ‘tu non sei come lei’,
ti ha indicato e ha detto così”
lo sguardo della cacciatrice bionda si rabbonì
leggermente
“April…non sarà sempre così, ascolta, tutto
cambia…migliorerai, diventerai la migliore…devi crederci…”
si alzò, dirigendosi verso la finestra e poggiando la
fronte sul vetro freddo
“quella paura…non riuscivo a muovermi. Vedevo il
coltello premuto sulla mia gola ed ero felice capisci? Felice perché sarebbe
finalmente finita…”
Buffy la prese per le spalle, facendola voltare
Calde lacrime iniziarono a rigarle le guance…tentò di
asciugarle con un braccio, scostando lo sguardo
La abbracciò
Buffy non si sarebbe mai aspettata di fare un gesto
simile, ma vederla in quelle condizioni…distrutta. Era successo anche a
lei…maledizione! Perché certe cose non cambiavano mai? Lei sapeva cosa
significava avere paura, però quello che April le aveva detto…che avrebbe
voluto morire…la atterriva più di ogni altra cosa. Sapeva quanto forte potesse
essere la spinta che attirava in quella direzione, ma aveva sempre avuto
qualcuno ad impedirle di lasciarsi sopraffare. Ma April chi aveva?
La strinse più forte, sfiorandole i capelli con
dolcezza. Poteva sentire le sue lacrime scorrere e bagnarle la spalla.
Una ragazza…era solo una ragazza. La stessa frase che
le aveva detto un innocente, prima che iniziasse il sacrificio di Dawn. Eppure
doveva esserci un modo per aiutarla…
April si lasciò andare al pianto, senza opporre
resistenza all’abbraccio di Buffy. Aveva il viso premuto nell’incavo della sua
spalla, poteva sentire le sue dita scorrerle tra i capelli in un gesto così
rassicurante…
Perché lo stava facendo? Perché…?
Non voleva la sua pietà, non la aveva mai voluta; ma
sentiva che Buffy intendeva dimostrarle un sentimento diverso, che andava oltre
la semplice comprensione.
Non riusciva a smettere, le lacrime scendevano senza
che lei riuscisse ad impedirselo…
Dopo qualche minuto si scostò, sentendo però che le
mani di Buffy rimanevano posate sulle sue spalle.
Buffy stava per aggiungere qualcosa quando un’altra
mano bussò alla porta…Faith
April mantenne lo sguardo puntato fuori dalla grande
finestra che dava sul cortile, pur essendosi accorta della sua presenza. Cosa
avrebbe dovuto dirle? ‘grazie per avermi salvato la vita, quando toccava a me
salvare quella della mia città’? era in imbarazzo di fronte alla cacciatrice
bruna, anche solo i suoi occhi le mettevano una certa ansia e una sorta di
disappunto. Quando c’era anche Buffy si sentiva di troppo, quasi non avesse il
diritto di stare tra loro perché il fondo non le legava nulla, solo il fatto
che la loro missione era stata la stessa. Faith e Buffy avevano qualcosa di
diverso, di profondo, che a lei mancava completamente; lo aveva notato sia
quando combattevano che quando agivano. Si comportavano con una calma misurata,
sapevano sempre come muoversi al meglio e come indirizzare gli altri a fare lo
stesso. Erano dei leader. Entrambe. Tra loro poi poteva intuire una sorta di
elettricità palpabile…da come si guardavano si percepiva che dovevano
conoscersi da tempo, e probabilmente non sempre erano state dalla stessa parte.
Buffy fissò eloquentemente Faith mentre entrava, come
un muto avviso sulla situazione. I suoi occhi scuri si soffermarono un attimo
in quelli verdi di lei, lanciando silenziosi messaggi…sapeva che non si sarebbe
data pervinta facilmente sulla questione del suo abbandono. Non sapeva perché,
ma Faith non sopportava l’idea di saperla “ferma”, voleva riportarla a
combattere, come all’inizio. Ricordava anche fin troppo bene che effetto faceva
combattere insieme, era successo per l’ennesima volta anche la notte prima. Era
inebriante.
Si distolse rapidamente da quei pensieri, tornando ad
osservare l’amica mentre si avvicinava. Era giusto dopotutto, non capitava
spesso che tre cacciatrici si trovassero nella stessa stanza.
Ciao B – disse lentamente e sottovoce, non volendo
interrompere il momento – volevo…-si interruppe – quando hai un attimo mi
cerchi per favore?”
Buffy sorrise…sapeva che non la avrebbe scampata
“fermati un attimo” le chiese “poi parliamo,
promesso”
un po’ titubante si sedette su un banco, cosciente di
quello che frullava per la testa a Buffy. Improvvisamente si accorse degli
occhi di April che la studiavano.
“ciao” la salutò, non senza una sorta di tono
provocatorio
“ciao” rispose April, un po’ confusa
improvvisamente calò il silenzio, rotto un attimo
dopo da Faith, stanca di sentirsi addosso lo sguardo della ragazza
“ehy, è Buffy quella dei raduni di famiglia, fissa
lei!”
“Raduni di famiglia?” Buffy tentò di sembrare
sorpresa, senza però poter fare a meno di sorridere rendendosi conto che non
riusciva a raggirarla
“Non lare quella faccia, so cosa ti frulla per la
testa! Tre cacciatrici nella stessa stanza! –enfatizzò, imitandola – mio Dio, potrebbe succedere di nuovo tra un
millennio!”
“non è vero!” si giustificò, spingendola per una
spalla
“Di la verità B, ti è sempre piaciuto questo genere
di cose! – incrociò le gambe, con fare curioso – allora, di cosa vuoi che
discutiamo? Possiamo iniziare con l’aulico concetto dell’essere cacciatrice per
poi passare alla sacralità di difendere il bene dal male” scherzò, strizzando
l’occhio ad April
Buffy incrociò le braccia
“concetto che tu puoi esporre perfettamente
immagino!”
“Non raccolgo provocazioni B”
“Beh…Faith, tu e Buffy siete le due cacciatrici più
vecchie, quindi potreste raccontarmi cosa si prova ad uccidere demoni fino alla
maggiore età e oltre” ironizzò April
Faith sorrise ad April, lanciando tuttavia un
eloquente sguardo a Buffy, che non sfuggì a quest’ultima. Ricambiò tuttavia
l’occhiata, grata all’amica per quello che stava facendo. Sapeva che era
importante per tutte e tre avere la certezza di non essere sole, soprattutto
per April.
Una calda luce rossastra penetrava dalla finestra
dietro le tre figure, che apparivano solo come ombre felici ad un osservatore
esterno. Il tramonto era vicino, il primo dopo lo scampato pericolo, l’aria
tranquilla e foriera di un acre profumo d’autunno. Nessuna avrebbe voluto
interrompere quel breve momento di pace, ma Buffy tra tutte sapeva che non
sarebbe potuto durare ancora a lungo.
“Buffy” chiamò una voce estranea
le tre si voltarono in direzione della porta e Dawn
le fissò con un misto di tristezza e invidia
“Buffy, noi stiamo andando…inizio a preparare le
valige?” non sapeva per quale motivo avesse aggiunto quella frase gratuitamente
dolorosa per sua sorella, però non riusciva a credere che fosse ricaduta in
quel circolo vizioso che era stata la sua vita. Poteva leggerle in faccia che
era combattuta…di nuovo, e la consapevolezza di ciò le faceva male, più di
quanto immaginasse.
Il viso di Buffy si rabbuiò per un istante,
cambiamento che non sfuggì alle due cacciatrici
“sì…vai con gli altri. Ti raggiungo presto, devo fare
una cosa prima” tacita allusione al fatto che intendeva chiudere il prima
possibile il discorso iniziato precedentemente con Faith
Dawn si voltò lentamente: un peso enorme la
opprimeva, lo stesso che era quasi riuscita a cancellare e che si era
riaffacciato con prepotenza al suo cuore da quando la sua vecchia vita aveva
ripreso il sopravvento.
La pace e la spensieratezza di un attimo prima erano
sparite dai visi delle tre ragazze, che ora si osservavano incerte. Fu April a
prendere la parola
“io ora vado a casa – si diresse verso il banco,
raccogliendo il libro che prima aveva gettato a terra e la tracolla – ho
dormito poco la notte scorsa” sorrise
Sapeva che era il suo turno di farsi da parte. Faith
e Buffy avevano bisogno di parlare in privato e lei, per quanto la
rattristasse, era di troppo. Adesso era Buffy quella ad avere bisogno di aiuto
e Faith probabilmente era la persona più indicata; solo non capiva
l’accanimento di Dawn nei confronti della sorella. Perché…? Però capiva da cosa
derivava tutta la tensione tra loro: non era più lei il corpo estraneo, adesso
la possibilità di tornare ad essere cacciatrice costituiva l’ostacolo tra loro.
A quelle parole le due non si opposero, grate
comunque del tempismo della ragazza
“ciao allora” la salutò Faith, con un sorriso gentile
e sempre un po’ provocatorio
“ciao” Buffy mosse appena una mano, lanciandole uno
sguardo indecifrabile
la ragazza sparì dietro la soglia, lasciandole sole a
fissarsi, una seduta su un banco, l’altra appoggiata al davanzale.
Buffy si voltò verso l’amica
“allora?”
“lo sai qual è il punto”
“sì, lo so”
“e scommetto anche che ci hai pensato”
“vero anche questo”
“ti va di parlarne?”
Buffy fissò Faith negli occhi, con una intensità mai
usata prima. Le avrebbe raccontato tutto, da principio, senza omettere nulla nè
mentire.
“la vuoi sentire una storia Faith?”
“abbiamo tutta la notte”
“Bene allora. Possiamo farla iniziare circa due anni
fa, quando ho rinunciato al potere per andarmene. Ho fatto davvero così, mi
sono trasferita a New York, ho iniziato a lavorare, ad andare a dormire alle 11
e a svegliarmi alle 7, a fare sempre la stessa strada, ad andare sempre nello
stesso ufficio. All’inizio credevo di non sopravvivere due settimane, poi le
cose non migliorate. Ho trovato un ragazzo a cui non dovevo nascondere nulla,
tranne il mio passato, e abito in una casa in centro, lontana qualche kilometro
dal primo cimitero. Ho anche cambiato nome, uso quello completo, per New York
io sono Elisabeth Anne Summers, impiegata assicurativa con casa e fidanzato,
che ogni tanto va a trovare la sorella e Philadelphia e non torna a Los Angeles
dove è nata da molto tempo. Il primo periodo è stato difficile, non dormivo la
notte e camminavo per le strade di New York fino alle 2 del mattino, poi però i
colleghi hanno iniziato a notare le occhiaie e facevo fatica a reggermi in
piedi perché non avevo più i miei poteri. Quando ho fatto il trasloco credevo
di farcela in un’ora, ci ho messo mezza giornata a portare tutti i mobili al
secondo piano e la sera avevo la schiena a pezzi. Così mi sono abituata, ho
capito che Buffy non c’era più, che era finita con l’ultima battaglia e che
dovevo vivere come non avevo mai fatto. Beh, ho scoperto che non era così bello
come sembrava, che lasciare una abitudine per un’altra è sempre difficile; ma
adesso, quando la sera mi affaccio alla finestra e vedo qualcuno che entra in
un vicolo buio, l’istinto di correre a salvarlo è quasi sparito, perché so che
lo farà qualcun altro. Indosso tallier sobrii per andare al lavoro e tutto
quello che non ho avuto il coraggio di buttare
sono i vestiti che mi vedi in questi giorni. Non ci crederai ma Dawn era
l’unica persona del gruppo con cui ho mantenuto un rapporto stabile, anche con
Willow ci siamo viste solo una volta o due. Quindi non so quanto sia rimasto
della vecchia Buffy nella persona che ti sta davanti ora”
Faith la fissava, con un misto di curiosità e
sconcerto, senza però interrompere. Capiva che quello era per Buffy un modo di
mettere in ordine la sua vita.
Accorgendosi che Faith non parlava, andò avanti
“la mattina della telefonata di Giles io ero a casa,
mentre il mio ragazzo mi preparava la colazione. Non so nemmeno io cosa mi
abbia spinto a lasciarlo così su due piedi. Mentre preparavo la valigia mi sono
accorta delle occhiate che lanciava ai vestiti che stavo prendendo – si fissò
dalla testa ai piedi, con un sorriso amaro – chissà cosa pensava che andassi a
fare, non mi ha mai visto così. Nessuno lì ha mai visto Buffy, nessuno conosce
la persona che conoscete voi. E devo dire che è piacevole a volte non portare
il peso del mondo sulle spalle, sapere che qualcun altro lo fa per te, e se
questo comporta non riuscire a sollevare un mobile da sola, pazienza.” Era come
se cercasse di giustificarsi
“però poi sei venuta”
“sentivo come un conto aperto con tutto questo” si
guardò intorno “come se dovessi dimostrare a tutti quello che avevano perso…che
potevo ancora essere la persona che aveva salvato il mondo. È stupido, lo so.
Stupido ed egoista. La cosa più strana è stata rincontrare Willow, non sapevo
nemmeno dove lavorava con esattezza e la ho aspettata nell’atrio, come una
estranea. Si è arrabbiata quando ha scoperto che mi facevo chiamare
Elisabeth…ma non condividevamo più la stessa realtà. Credevo che sarebbe stata
una passeggiata, dovevo solo venire qui, distruggere il cattivo di turno e
riconsegnare i miei poteri con sufficienza, cosciente finalmente che quella di
due anni fa non era una scelta obbligata, ma che potevo scegliere e avevo
optato per la cosa giusta. Ora però è tutto tremendamente complicato…non ero
preparata a rivedere gli altri, a stare di nuovo con loro, tutti insieme come
una volta. Ho capito di avere parecchi conti da saldare con il passato…Spike
prima di tutti. –non ci fu bisogno di aggiungere altro in proposito – ho
telefonato al mio fidanzato da qui, non sa nemmeno dove sono e, chissà perché,
le uniche cose che mi ripete ogni volta sono di stare attenta e di tornare
presto. Siamo cresciuti Faith, questi giorni sono stati una specie di tuffo nel
passato ed hanno portato solo dubbi. Tu…” prima che potesse iniziare a parlare
venne interrotta
“adesso ti racconto io una storia, che probabilmente
hai dimenticato. Parecchio tempo fa ho incontrato una ragazza, io ero una poco
di buono, arrivata lì per errore. Eravamo sempre in competizione, ma piano
piano abbiamo imparato a collaborare…c’era qualcosa che ci univa, anche se
eravamo del tutto diverse sia per carattere che per stile di vita. Poi abbiamo
preso strade diverse, lei ha cercato fino all’ultimo di aiutarmi, ma i guai mi
piacevano. Siamo arrivate addirittura a combattere una contro l’altra…”
“Faith…” tentò di bloccarla Buffy
“Buffy, tra me e te non ci sono mai stati
compromessi, ci è successo di tutto e questo tutto ci ha legate. Posso dire di
conoscerti meglio della metà dei tuoi amici e sicuramente meglio del tuo
ragazzo. Ti ho vista combattere, ti ho vista soffrire, ti ho vista piangere.
Qualunque cosa facessi però avevi una forza che non ti abbandonava mai, che ti
portava sempre a cercare di agire per il meglio. …Hai cercato di agire per il
meglio anche con me… Ti sei scarificata per il mondo, hai sacrificato tutto
quello che amavi per il mondo e ce la hai sempre fatta, sei sempre tornata a
galla, non importa quanto in basso cadessi. E sei rimasta la stessa persona,
non sei cambiata! Pensa a quella ragazzina! – stese la mano ad indicare la
porta, da cui era appena uscita April-
hai fatto tutto questo non perché uccidevi vampiri, ma perché era ed è
nella tua natura. Non è il potere, sei tu! Quindi non venire a dire proprio a
me che sei cambiata”
Buffy abbassò gli occhi
“non sei cambiata B” sussurrò Faith, prendendole una
mano e stringendola forte “ti ho visto quando combattevi ed eri esattamente
come la prima volta che ci siamo incontrate, tu sei una cacciatrice e non
importa quanto lontana ti trasferirai da Sunnydale o da qualunque posto te lo
ricordi, lo sei e lo rimarrai. Sei stata scelta ed il fatto di rifiutarlo e
nasconderti dietro una vita diversa non lo cancella. Di cosa hai paura?”
Buffy la fissò, interdetta. Cosa le faceva paura?
“vuoi sapere di cosa ho paura? Ho paura di morire, di
veder morire le persone a cui voglio bene e di metterle io in pericolo, ho
paura di non venire accettata e di dover ricominciare da capo e non posso credere
che tu non lo capisca”
Faith la fissò con improvvisa freddezza
“No, tu hai paura di vivere. Hai paura di vivere come
senti che dovresti e ti nascondi dietro queste stronzate della vita normale!”
“e tu cosa ne sai scusa? – divincolò la mano – tu non
hai nessuno, sei una specie di mercenaria del consiglio e non hai mai cercato
una vita diversa! A te piace essere così, sei libera, non hai una sorella che
ti odia perché crede che tu la escluda dalla tua vita, non hai faticato per
costruirti un briciolo di stabilità…” si bloccò, capendo di avere esagerato
“Faith io…” balbettò, vedendo il dolore nel suo sguardo
“No no, hai perfettamente ragione! Chi sono io in
fondo? La solita scapestrata a cui piace massacrare qualcosa prima di cena,
quella che non sa assumersi responsabilità! Ma ti dico una cosa Buffy, anzi
Elisabeth – ironizzò – hai ragione, io sono libera e non mi vergogno di fare
ciò che devo e ho l’umiltà di ammettere che sbaglio e di lasciarmi aiutare!”
gridò
scotendo la testa si allontanò da lei di qualche
passo, puntando lo sguardo fuori dalla finestra.
Rimasero così per alcuni minuti, lasciando che
calasse un pesante silenzio
Buffy lanciò un’occhiata a Faith. Perché le aveva
detto quelle cose? Perché la aveva ferita così deliberatamente?…lei voleva
aiutarla, di questo si rendeva conto, ma lei voleva essere aiutata? Avrebbe
forse preferito che nessuno le dicesse nulla, così sarebbe stato più facile
tornare alla vita di prima. Eppure Faith era sempre stata capace di
destabilizzarla completamente, di aprirle gli occhi e di farla dubitare di ogni
cosa…in quello non era diversa da Spike. E lei cosa aveva fatto? Si era chiusa
a riccio, sputando sentenze! Si rendeva conto che nessuno degli altri aveva il
coraggio di parlarle in modo così schietto: erano presi ad analizzare la loro
situazione, che probabilmente era altrettanto complicata. Ma lei aveva Faith…e
sentiva che il legame tra loro non era mai stato così forte. Forse aveva
ragione, era una questione di sangue. Maledizione! Non aveva il diritto di fare
irruzione in quel modo nella sua vita, come se fosse facile tornare ad essere
cacciatrice! Era interessante, quasi attraente, detto così, ma la realtà era
diversa! Lì, in quel momento, poteva sembrare che fosse tutto fattibile, ma
presto tutti i suoi amici se ne sarebbero andati, come chiedere anche a loro di
fare una scelta del genere? E cosa le sarebbe rimasto? Tornare a New York e
tentare di conciliare le due cose sarebbe stato troppo complicato…e le persone
che lì si aspettavano qualcosa da lei? Mark per esempio. Non era necessario
essere cacciatrice per avere delle responsabilità. Per tornare indietro era
necessaria una volontà che lei non era sicura di avere.
Faith si voltò
a guardarla con la coda dell’occhio, era la solita testarda! In un certo senso
però capiva che per lei poteva non essere una cosa facile lasciare tutto quello
che aveva trovato. Sapeva quanto si impegnasse in ogni cosa e sicuramente non
era stato diverso a New York, probabilmente la prospettiva di tornare a
bazzicare per strade buie ogni notte non era molto allettante. Si rese conto di
aver esagerato ad accusarla in quel modo…proprio ora che sembrava avessero
trovato un compromesso che le faceva coesistere senza dover necessariamente
entrare in competizione! Si sentiva improvvisamente mortificata per come la
aveva trattata…
“Faith…” sentì che la chiamava
“Sì?” rispose insicura, con una punta di speranza
“mi dispiace” sussurrò Buffy, distogliendo lo sguardo
e avvicinandosi di qualche passo “non avrei dovuto dire…”
“dispiace anche a me” rispose Faith, con un piccolo
sorriso…come faceva Buffy a sostenere di essere cambiata?
“amiche come prima?” le sorrise
“amiche come prima B” disse Faith, con lo stesso
sorriso
le due cacciatrici si avvicinarono per un lungo
abbraccio, il primo dopo molti anni. Non si erano mai sentite vicine come in
quel momento, così partecipi l’una dell’altra.
“fai quello che ritieni giusto, non serve altro” le
sussurrò Faith all’orecchio
Buffy la strinse maggiormente “grazie”
Le due si separarono, si erano tolte un peso entrambe
ed ora avrebbero potuto ragionare più lucidamente sul futuro.
“andiamo?” chiese Buffy, con una strana espressione
“Dove?” rispose l’altra sorpresa
“beh, il tramonto è passato da un pezzo e fino a
prova contraria rimango una cacciatrice fino a domani” sorrise
Cap.8 - Addii
Dawn si alzò presto, tirando le tende e lasciando filtrare
nella stanza i raggi del sole: quello sarebbe stato il suo ultimo giorno a
Claveland. Non potè fare a meno di sentirsi sollevata al pensiero: presto tutto
sarebbe tornato a posto, ognuno di nuovo alla propria vita. Sapeva che non era
un bel pensiero, ma si era allontanata moltissimo dagli altri, nessuno di loro
riusciva ancora a vederla come una adulta ed il loro rapporto si era
interrotto, soprattutto con Willow. Le aveva voluto molto bene in passato, lei
era la migliore amica di Buffy, la ragazza da cui avrebbe dovuto prendere
esempio per i suoi ottimi risultati scolastici, una strega addirittura! Adesso
però non la vedeva più con gli stessi occhi di allora, era cresciuta e lei non
se ne rendeva conto. Tra loro non si era mai abbattuto il muro formatosi dopo
l’incidente in auto, prima che tentasse di disintossicarsi dalla magia. Anche
in quei giorni passati insieme si erano tenute a debita distanza…semplicemente
non si capivano. Anche con Spike le cose erano un po’ cambiate, gli voleva
ancora molto bene e sarebbe sempre rimasto il suo eroe buono, ma vedeva anche
lui sotto una diversa luce…era un vampiro, e lei non era più abituata a questo
genere di cose. Ormai i suoi interessi erano cambiati, non bramava più di
imparare a cacciare, di essere una strega, adesso le cose importanti erano
altre, come la scuola e gli amici. Condurre una vita normale. Questo la
differenziava nettamente da tutti loro, Buffy compresa. Lei aveva completamente
tagliato i ponti con la vita di Sunnydale ed era contenta di averlo fatto,
interiormente sperava che anche la sorella riuscisse a trovare il coraggio di
abbandonare quella brutta favola, popolata di mostri e incantesimi, per
cominciare senza riserve una esistenza più libera. Ora però era tornata Faith e
sapeva bene quanto lei riuscisse a confondere Buffy. Era sempre stato così, sin
dalla prima volta che si erano conosciute. E adesso lei la rivoleva a
combattere a tempo pieno, rivoleva Buffy la cacciatrice, non Elisabeth Summers
l’impiegata.
Si voltò ad osservare le due ragazze, che si
stiracchiavano contrariate per il brusco risveglio.
Era stata proprio lei a spengere la sorella ad
intraprendere quella nuova missione, quando si erano trovati tutti nel salotto
di Giles…perché era stata così incosciente da non capire che la avrebbe solo
riempita di dubbi?
“Dawn…cosa diavolo stai facendo? Ieri sono andata a
caccia…ti sembra l’ora di…” biascicò Buffy, con la voce impastata dal sonno
Dawn si irrigidì, ecco cosa era stato il rumore
sommesso che la aveva svegliata all’alba: Buffy che rientrava. Era stata fuori
con Faith probabilmente.
“forza sorella…devi ancora preparare la valigia”
disse asciutta
Buffy chiuse gli occhi…Dawn, quando crescerai?
“mi alzo” sospirò, dirigendosi verso il bagno
Iniziò a piegare i vistiti ordinatamente deposti
nell’armadio, posizionandoli sul letto, pronti ad essere infilati nella sacca.
Con le dita sfiorò la sua giacca di pelle…aveva fatto bene a non buttarla,
anche se da quel momento sarebbe rimasta segregata nel fondo del suo guardaroba.
Per ultimo estrasse il tallier con cui era arrivata da New York e pensò
tristemente al momento in cui avrebbe dovuto rinfilarselo: aveva fatto presto a
riabituarsi ai jeans e ai pantaloni di pelle.
Dawn era uscita a fare due passi, sostenendo che era
un giorno troppo bello per rimanere chiusi in una stanza d’albergo.
“hai finito?” chiese Willow mentre si vestiva, il
tono tradiva però il vero senso della domanda…finito cosa? Di preparare la
valigia o di essere una cacciatrice?
si voltò nella sua direzione
“quasi”
“oggi è proprio una bella giornata, niente a che fare
con il giorno in cui siamo arrivate” Willow puntò lo sguardo fuori dalla
finestra aperta, da cui il sole filtrava caldo e luminoso.
“già” si perse nei suoi pensieri
“Buffy?” la chiamò Willow
“…Willow non cominciare anche tu ti prego”
“a fare cosa?” chiese confusa l’amica, mentre anche
lei si apprestava a liberare il suo cassetto
“ a fare…questo – allargò le braccia indicandola
eloquentemente – ci sono già Faith e Dawn a rendermi la vita un inferno! Una
sostiene che dovrei tornare a fare la cacciatrice, l’altra non vede l’ora di
abbandonare questo stato e di mettere più strada possibile tra me e uno
qualsiasi di voi”
“e tu non sai che fare” concluse Willow
“brava”
“a quanto pare tua sorella si è adattata
magnificamente alla nuova vita lontana da Sunnydale – commentò allusiva,
partiva sempre da lontano quando voleva impostare un discorso serio - …e tu?”
“io anche…cioè, forse un po’ meno bene di lei ma me
la cavo. Penso solo che sarà strano…questa settimana è stata come vedere cosa
avremmo fatto se fossimo rimasti – si fermò – e aveva ragione il signor Giles,
siamo ancora i migliori” sorrise
“già…”
“non mi guardare così…non ho detto che mi piacerebbe
riprendere la vita di prima, perché non tornerebbe mai ad essere come due anni
fa, lo sai tu e lo so io. Voglio dire, se anche non restituissi i miei poteri
qui c’è già una cacciatrice ed è giusto che sia così, quindi dovrei fare come
Faith…e voi tornereste comunque nelle vostre città” concluse con amarezza
“qui non è un problema di noi Buffy, adesso si parla
di te, della tua vita, di che cosa preferisci farne. Se pensi che la cosa che
ti rende felice sia tornare a New York bene, allora fallo, ma se hai anche il
minimo dubbio è meglio che tu lo risolva in fretta, perché non ti capiterà
un’altra occasione come questa”
Buffy era tornata a voltarle le spalle, iniziando a
infilare nella borsa i vestiti. Riprese poi, sospirando “hai ragione, però non
si tratta solo di me, ho delle responsabilità nei confronti delle persone che
si fidano di me a New York, il fatto che non debba più salvare il mondo non le
annulla”
“parli di Mark?” ecco un tasto dolente
“soprattutto di lui. In questi giorni sono successe
delle cose…”
“con Spike immagino”
“…anche lui ha una ragazza a Los Angeles” disse, come
se volesse difendersi “è che…non so nemmeno io perché sia capitato di nuovo,
forse io e lui non avevamo mai avuto un momento davvero speciale, di quelli in cui
tutto si riduce a due persone; è stata la nostra seconda chance”
“e poi? Tutti a casa propria”
“non lo so” abbassò gli occhi
“ma tu lo ami ancora?” Willow non aveva intenzione di
darle tregua, lo faceva per il suo bene
“non lo so Willow! Appena lo guardo non posso dire
altro che sì, lo amo ancora. Tu non sai cosa voglia dire rivederlo, alla luce
del sole, dopo che lo avevo creduto morto per oltre un anno e senza averlo mai
sentito…”
“lui è venuto per te, lo sai vero?”
“sì…ma non posso fare a meno di pensare che adesso è
di un’altra. Un’altra che lo rende felice, che non lo picchia come facevo io,
una meno complicata, una con cui non ha avuto tutti i problemi che abbiamo
avuto noi, una che gli dia sicurezza”
“Buffy…”
“Willow io non so che fare d’accordo? Adesso sono
qui, ci siete tutti…i miei amici…e vi voglio un bene che nemmeno immaginate,
c’è lui e adesso può stare al sole…e so che è stata una specie di illusione,
perché tra qualche ora saremo tutti su un aereo e io non posso farci niente!
Questi giorni sono stati fantastici, al di là del combattimento, sono stati
indimenticabili…sono tornata ad essere la Buffy che conoscevate e ho chiuso
Elisabeth in un cassetto, ma adesso c’è gente che si aspetta che io la ritiri
fuori…”
Willow stava in silenzio, incapace di arrestare il
fiume di parole di Buffy, che venivano pronunciate con tanta amarezza e sconfitta da farle male
“Willow io…” si bloccò, svuotata “…è tutto un gran
casino”
“Buffy, sai che ti voglio bene e te lo dico con
sincerità: prova, ti prego prova una sola volta in vita tua a non pensare agli
altri, prova a fare quello che ritieni giusto per te, il resto verrà da solo”
Willow le sorrise, sperando di averle dato una mano
Buffy rispose al sorriso, quella non era una giornata
per piangere, era arrivato il momento di fare come aveva detto Willow.
“però è lo stesso un gran casino” scherzò
“la tua vita è sempre stata un gran casino” rispose
l’amica, ridendo finalmente
“hai ragione”
“già…ah Buffy? Non avrai mica intenzione di metterti
il tallier per il viaggio vero?”
Buffy la guardò sorpresa
“cosa ha che non va il mio tallier?”
“il beige ti sbatte” lo guardò un po’ schifata
“non è vero!” rispose fintamente offesa “…però credo
che terrò i jeans” concluse fissando il vestito, prima di infilarlo
impietosamente nella sacca
* * *
si ritrovarono tutti davanti al liceo di Claveland,
con le valige già pronte nella hall del motel. Avevano già riconsegnato le
chiavi delle stanze e la partenza era imminente, ma sembrava che nessuno
volesse ammetterlo.
Spike fissava Buffy dietro le lenti dei suoi Ray Ban
neri, cercando di dare nell’occhio il meno possibile. Era arrivato il momento
di salutarla…di darsi un addio definitivo. Sapeva bene che, se quel giorno si
fossero lasciati, non ci sarebbe stato più nessun contatto: niente telefonate,
niente visite, tutto sarebbe tornato come prima della chiamata di Giles; un
tacito patto tra di loro. Osservò i suoi capelli biondi che sembravano dorati
al sole ed i suoi occhi pieni di luce…era la prima volta che la vedeva così:
bellissima, e forte come sempre, anche di giorno. Già, il sole; ecco cosa li
divideva due anni prima. E adesso?cosa li divideva adesso?…
Chiuse per un attimo gli occhi e gli tornarono alla
memoria gli istanti passati con lei solo qualche notte prima, nella fabbrica.
Avevano fatto l’amore, come tanto tempo prima, ed era stato bello…bello e
sbagliato. Sbagliato per entrambi, visto che erano già legati ad un’altra
persona, ma irresistibile. Era stato il loro momento magico.
Anche allora sapevano che poi la separazione sarebbe
stata ancora più dura, perché per loro l’unico futuro possibile era lontano e
difficile da raggiungere, anzi quasi impossibile. Lui aveva Fred, lei un altro
ragazzo…avrebbe pensato a lei anche quando avrebbe rivisto Fred? Scacciò il
pensiero. Eppure le aveva detto che la amava senza pensarci…cosa sarebbe
successo?
Poteva leggerle negli occhi che era combattuta, la
tentazione di fare un passo indietro era forte: quante cose avrebbe ancora
potuto fare Buffy la cacciatrice, quante ancora da scoprire…
“hey, intanto che aspettiamo la ragazzina ti va di
fare due passi?” le chiese, quasi imbarazzato. In 200 anni di vita gli era
successo solo con lei e la cosa lo fece sorridere mentalmente
“certo” rispose lei, con un’allegria che però
lasciava intravedere l’amarezza in realtà provata. Infilò anche lei gli
occhiali scuri e si avviò a suo fianco lungo il viale alberato dietro la
scuola, evitando il flusso di studenti che camminavano nella direzione opposta
passeggiavano lentamente, scambiandosi brevi
occhiate. Era la prima volta che si mischiavano insieme tra la folla e
sembravano due ragazzi qualunque.
Spike sorrise, guardando il suo viso luminoso, reso
più bello dai raggi del sole
“sembriamo due perfetti fidanzati – quello che stava
dicendo avrebbe potuto essere frainteso se pronunciato in presenza di qualcun
altro, ma lei avrebbe sicuramente capito – passeggiamo al sole come se non avessimo
un problema al mondo”
“ma non è così…” concluse lei, sorridendogli di
rimando
abbassò lo sguardo “già”
rimasero per qualche passo senza dire nulla
“così tornerai a Los Angeles” cominciò lei
“Angel non può più vivere senza di me…” scherzò
“e anche qualcun altro…non credi sia ora di dirmi di
chi si tratta?” chiese lei con una punta di sincera curiosità
Spike indugiò un altro attimo sul suo viso “di chiama
Fred, è una specie di scienziata. Mi ha aiutato molto quando sono tornato…in
vita. Lavora con Angel e la sua squadra”
Lei annuì “capisco…credevo quasi non volessi dirmelo
perché si trattava di Cordelia” disse ironica
“grazie a Dio lei è mezza cotta del grande capo –
fece una piccola pausa, ora era il suo turno – e tu? Sei tornata alla ricetta
“normale è meglio”?” lo disse senza derisione, dopotutto anche lui ora stava
con una ragazza normalissima
“…si chiama Mark, è un professionista e lavora a New
York. Stiamo per decidere di andare a vivere insieme. L’ho conosciuto circa un
anno fa ed è stato…diverso. Dopo tutto quello che abbiamo passato non credevo
ci fossero così pochi ostacoli per una relazione stabile con un ragazzo”
“tutto bene quindi”
“sì, tutto bene” rispose lei, non aveva intenzione di
comprenderlo nei suoi travagli interiori sulla strada da prendere e si
meravigliò di desiderare di andarsene presto, in modo da non dover sopportare
ancora a lungo quella situazione di stallo, in cui non sapeva se andare avanti
o indietro.
“e allora perché mi sembra che tu non riesca a
decidere qualcosa?”
-colpita- pensò
“E mi spieghi da cosa lo avresti capito?”
“beh…credo di conoscerti piuttosto bene, dopotutto ci
siamo picchiati allegramente per oltre tre anni no?” sorrise
“già…-tirò un lungo respiro – Faith mi ha proposto di
andare con lei e di tornare ad essere una cacciatrice”
“e tu?”
“Dawn invece non vede l’ora di levare le tende. E io
come al solito ho un gran casino in testa. Insomma…questi giorni sono stati
così strani! li immaginavo molto meno intensi, pensavo: arrivo, uccido il
cattivo, ritorno. Invece ho conosciuto April, ho rivisto i ragazzi, sono
tornata a cacciare e poi…beh e poi noi”
“capisco” continuò a camminare in silenzio
“’capisco’? è tutto qua quello che mi sai dire? Prima
ti divertivi a psicanalizzarmi in maniera odiosamente corretta! Perdi colpi per
caso?”
“Buffy io penso che il discorso sia un po’ più ampio:
il punto non è solo se tu vuoi tornare ad essere una cacciatrice, adesso devi
capire anche cosa vuol dire per te esserlo. Voglio dire…è da quando ti conosco
che ti poni questo problema: cosa voglia dire essere una cacciatrice e perché
lo dovresti fare proprio tu”
lei rimase in silenzio, non si smentiva mai
“…non so se capisci cosa intendo”
“no, ho capito perfettamente”
“ e allora che ne pensi?”
“non lo so ancora”
le toccò leggermente il braccio, era ora di tornare
indietro. Si voltarono, iniziando a percorrere il viale nella direzione dalla
quale erano venuti.
“ho un aereo all’una” disse improvvisamente lui
“ah…così presto?” chiese lei, non aveva ancora
razionalizzato che tra poco avrebbero lascito la città
“Buffy, quello che è successo tra noi…”
“dobbiamo parlarne, lo so” concluse lei,
sorridendogli dolcemente con una consapevolezza che probabilmente aveva
acquisito con gli anni.
“è stata una parentesi momentanea?” chiese Spike
“per le lo è stata?”
“…no. Per me è stato portare a termine qualcosa di
lasciato in sospeso”
“quindi è tutto finito” la sua era più una domanda
che un’affermazione
“non lo so Buffy…tu cosa pensi?”
“in questo momento Spike non credo riuscirei a dire
qualcosa di diverso se non che ti amo. Ma è un attimo, e la situazione ce lo
permette momentaneamente. Non so però se riusciremmo a ripeterlo una volta
tornati alla vita di prima. Voglio dire…tu lì ti sei creato qualcosa che va al
di fuori di noi, e la stessa cosa vale per me, e adesso siamo in una specie di
limbo dove possiamo tornare ad essere quelli di due anni fa. Domani però
potremmo trovarci dalla parte opposta dello stato e non avere più la voglia di
ricominciare da capo”
“…ti direi anch’io la stessa cosa, lo sai vero?”
parlava come se avesse ascoltato solo la prima frase del suo discorso e lei se
ne rese conto
“lo so”
tirò un sospiro, come se quello che stava per dire
gli costasse un’enorme fatica “ma hai ragione”
“e quindi?”
“lasceremo che le cose vadano come devono andare…ci
penserà il destino”
erano ormai arrivati in vista del gruppo, cui si
erano aggiunti April ed il suo osservatore
i due si fermarono in un punto dove non potevano
ancora essere visti
Buffy si tolse gli occhiali, fissandolo negli occhi
con un’intensità uguale e insieme così diversa da quella delle altre occasioni
in cui erano soli
“tu credi al destino?”
le passò una mano sul viso, sorridendo
“sì”
“mi fido di te” gli sorrise, era la seconda volta che
gli ripeteva una frase del genere
lui rimase in silenzio, guardandola con la stessa
espressione di quando la aveva rivista a casa di Giles…adesso capiva perché era
andato da lei…
lanciò uno sguardo al gruppo, sospirando: era ora di
salutarsi
“allora arrivederci Buffy Anne Summers”
le si avvicinò, stringendola al petto e sfiorandole i
capelli, mossi leggermente da vento. Aspirò il suo profumo…ed ebbe l’ennesima
conferma che non la avrebbe mai dimenticata
“arrivederci William” gli sussurrò all’orecchio prima
di sciogliersi dal suo abbraccio
le loro labbra si toccarono lievemente, per un ultimo
saluto, non potevano lasciarsi senza un bacio. Poi si diressero a passo spedito
verso gli altri, che si erano voltati nella loro direzione e li fissavano
avvicinarsi.
Buffy guardò April: aveva un aspetto decisamente
migliore del giorno prima. Li aveva raggiunti anche Faith e lei ripensò alla
notte precedente passata a caccia con lei: non ricordava che potesse essere
un’esperienza così elettrizzante. Combattere con lei lo era sempre stato,
avevano fatto fuori buona parte dei vampiri e dei demoni di Claveland che si
erano insediati per l’Adunanza ed erano sopravvissuti alla battaglia contro il
Maestro. Notò gli sguardi che la cacciatrice le lanciava, nervosi e attenti,
come se cercasse di cogliere anche un suo minimo cambiamento d’animo. Ma aveva
effettivamente cambiato idea?…cosa voleva fare davvero? Aveva passato due anni
a pentirsi segretamente per come erano andate le cose con gli amici e adesso
era riuscita a rimediare; quindi non aveva intenzione di cadere nello stesso
errore una seconda volta e lasciare di nuovo il lavoro incompleto. Certo,
sarebbe stato più facile tornarsene a casa come stabilito…ma poi come la
metteva con i sensi di colpa e la coscienza, che le avrebbe continuamente
ricordato che c’era un’altra cosa che non era mai riuscita a fare, proprio
quella che aveva indovinato Spike. In quel “soggiorno” a Claveland aveva avuto
la possibilità di conoscere ben tre cacciatrici: April, l’insicura
principiante, che non era ancora del tutto assorbita nella realtà che le era
toccata; Faith, una delle combattenti migliori che avesse mai conosciuto, che
solo ora era riuscita a venire a patti con se stessa e a mettere dei punti
fermi nella sua vita che era vietato oltrepassare; e infine sé stessa, aveva
riscoperto un lato di sé che era riuscita tanto bene a confinare ma che era
tornato a galla appena avuta l’occasione, e in quei giorni era tornata a
sentirsi “viva”, in quella strana accezione della parola che poche persone
erano riuscite a comprendere. Aveva esplorato tre mondi diversi, eppure
accomunati da qualcosa, e quel qualcosa era il destino. Ma non era il desiderio
di capire a quale destino ci si riferisse a turbarla, la domanda a cui non era
mai riuscita a dare risposta era: perché proprio loro? Perché, tra milioni di
ragazze, tra milioni di anime, proprio a loro era toccato? Aveva passato
numerosi momenti in cui dubitava fortemente che avessero fatto la scelta giusta
a dare a lei il potere, altri in cui sentiva che ciò le apparteneva quasi di
diritto…altri ancora dove non pensava, agiva solamente, facendo di imposizione
virtù.
Fissò Giles, sembrava stranamente nervoso…
“allora… -cominciò April, trovando imbarazzante il
silenzio – come vi siete organizzati per tornare?”
fu Dawn a risponderle
“partiremo quasi tutti verso mezzogiorno, viviamo in
città diverse – lo disse con voce dura, quasi volesse farle capire che non li
conosceva veramente solo perché avevano combattuto insieme – solo Spike passerà
da Giles dove ha lasciato l’auto”
“quindi…è arrivato il momento di salutarci immagino”
concluse lei, continuando a sorridere, ma con tristezza mal celata. Sperava di
avere ancora un po’ di tempo da passare con loro: da presenza ingombrante e
quasi ostile come li vedeva all’inizio, adesso erano diventati una specie di
caposaldo.
Calò un momento di imbarazzo…gli addii erano sempre i
più difficili.
April li fissò ad uno ad uno: quella era la squadra
che aveva sventato più apocalissi al mondo, eppure non era per il record che li
stimava, ora se ne rendeva conto. Li stimava e invidiava al tempo stesso
perché, con tutti i loro errori e contraddizioni, erano riusciti a ritornare ad
essere un gruppo, perché avevano accettato di combattere per e con lei, perché
avevano superato ogni ostacolo. Giles aveva ragione: erano i migliori, e lo
sarebbero stati anche se durante quella battaglia avessero perso, perché
avevano avuto il coraggio di rischiare e di fare un salto nel vuoto, e solo
persone come loro lo avrebbero fatto. Aveva imparato a conoscerli…almeno un
po’, e provava un a vaga invidia nel vederli così: insieme, stretti un ultimo
saluto. cosa avrebbe dato per fare parte di loro…
D’un tratto la campanella della scuola suonò,
destandola con angoscia dai suoi pensieri: avrebbe dovuto andare in classe, e
sapeva che, una volta finite le lezioni, palestra e biblioteca sarebbero
tornate ad essere vuote e popolate di estranei.
Guardò l’ingresso: i ragazzi cominciavano ad
affollarsi per entrare.
Sospirò profondamente “ io devo andare – alzò gli
occhi- le lezioni. Beh…allora arrivederci a tutti” salutò quasi con timidezza
Le si avvicinò Willow, per un inaspettato abbraccio e
poi in ordine tutti gli altri, anche Dawn.
Poi arrivò il turno di Faith
“ehi ragazzina – la apostrofò sorridendo – cerca di
non farti venire paranoie…ed evita confronti con cacciatrici morte da secoli
che trovi nei manuali. Ma non te la hanno raccontata la faccenda di una ogni
generazione? Non ti soffia il posto nessuno d’accordo? Vedi solo di non farti
ammazzare…la corsa è una delle capacità maggiori delle cacciatrici, se capisci
cosa intendo” le strizzò l’occhio, facendola sorridere
“carina questa, dovrò segnarmela” disse Buffy, che si
era avvicinata a sua volta
“non so quanto valga per te B, ci sono io a provare a
fregarti il lavoro”
Buffy rise, abbracciando April e stringendole la mano
“hai capito? Vedi di non farti uccidere, continua con
gli esercizi in palestra, soprattutto quello sulla concentrazione perché fai
schifo- le sorrise ironica – e lascia un po’ perdere i libri…c’è più gente che
ti assomiglia di quanto tu creda”
“mi stai facendo delle raccomandazioni?” inarcò il
sopracciglio
“non può farne a meno, è più forte di lei” rispose
Faith
“tre cacciatrici sono decisamente troppe per i miei
gusti” concluse Buffy, fintamente contrariata
“April, muoviti” Ripley stava chiamando la sua
cacciatrice, indicando l’ingresso della scuola, ormai deserto
“ci vediamo” si allontanò
“ e non dare troppo retta a quello” le sussurrò
Buffy, indicando l’osservatore
“non c’è pericolo” sorrise l’altra, prima di
scomparire nell’edificio. Era finita, adesso avrebbe dovuto proseguire da
sola…ce la avrebbe fatta? Strinse forte il bigliettino che Buffy le aveva fatto
passare tra le dita
ricordati della nostra conversazione! Non sarà sempre
così difficile, ma se hai bisogno di qualcosa e non sai chi cercare…sono una
grande esperta in problemi di vita o di morte!
Poi il suo numero di cellulare
Un bacio
Buffy
Sorrise, scotendo la testa. Decisamente aveva
riconsiderato le californiane.
Con un rapido saluto anche Mr. Ripley si era
congedato, dirigendosi alla biblioteca, dove aveva posizionato la sua “base
operativa”, come la chiamava lui, dopo averne notato la funzionalità
nell’ultimo periodo.
“bene – Giles si strofinò le mani, fissando i ragazzi
– ora possiamo andare”
anche lui
sembrava vagamente sollevato dell’imminente partenza
* * *
Il gruppo era tornato nella hall del piccolo motel
fuori mano, circondata dai bagagli e in attesa dei due taxi che li avrebbero
portati dall’aeroporto.
Faith sedeva svogliatamente su una poltrona, giocando
a carte con Dawn, Willow e Spike, mentre Buffy fissava di sottecchi Giles:
c’era qualcosa che non andava nel suo ex-osservatore. Lentamente gli si
avvicinò, cominciando a fissarlo insistentemente finchè non si lui non si voltò
“c’è qualcosa che non va Buffy?” la guardò confuso
“deve dirmi qualcosa signor Giles?”
“cosa…” iniziò a dire meravigliato, prima di essere
interrotto da lei
“è tutta la mattina che rigira qualcosa nella tasca
della giacca e scuote la testa. Quindi o le è arrivato il versamento della
pensione con meno soldi del previsto oppure il consiglio le ha scritto
qualcosa” ironizzò lei, terribilmente acuta nell’osservazione però
Giles sospirò, estraendo una lettera stropicciata
“si sono rifatti vivi”
“e cosa vogliono?”
“te Buffy. La Custode vuole vederti, sia te che
Faith”
“io…” questa volta fu lui ad interromperla
“non gli risponderò Buffy, quello che hai fatto qui è
più che sufficiente. Non ho intenzione di lasciare che…”
Ma Buffy lo fissò con sguardo strano ed estremamente
attento
“questa Custode…è quella che sceglie le cacciatrici
vero?”
“già, perché ti interessa?”
non rispose
“e vuole vedermi?”
“in effetti la lettera dice che sa che sei tu a voler
andare da lei, ma credo sia un’altra delle loro trovate psicanalitiche”
non aveva ascoltato la seconda parte
“bene allora” rispose seria: ecco l’occasione per
capire
“no Buffy” la ammonì lui seriamente
“sì Giles, sì. Ma non capisce? Io devo sapere”
“certe cose è meglio che rimangano dove sono”
“Ma non questa. Come crede che tornerei a casa ora?
Sapendo che avevo l’opportunità di trovare la risposta che ho cercato per gran
parte della mia vita e non la ho sfruttata? Vendendo qui ho riaperto un
capitolo della mia vita che ho capito non è ancora concluso…credo sia arrivato
il momento di scrivere la parola fine”
“devi andare a Londra” rispose lui, laconico,
porgendole la lettera e maledicendosi mentalmente per non essere riuscito a
ingannarla
la afferrò e la lesse con attenzione
“avverto Faith”
lui non rispose, voltandosi da un’altra parte
”signor Giles non…”
“promettimi solo di stare attenta e di non credere a
tutto quello che diranno”
“Non deve preoccuparsi”
le sorrise finalmente
“non ho fatto altro per nove anni…ma mi sono quasi
sempre sbagliato”
Buffy ricambiò il sorriso, stringendogli la mano.
“non lo dica agli altri. Non è necessario, è una cosa
che riguarda solo me. E poi non credo che questo viaggio fuori programma
cambierà i miei progetti per il futuro”
“tornerai indietro?” sapevano tutti e due a cosa lui
si riferisse
“se sarà destino” rispose semplicemente lei
* * *
scesero dal taxi davanti alle porte automatiche
dell’aeroporto, Spike e Giles aiutarono l’autista a scaricare i bagagli.
Il gruppo composto da Dawn, Xander, Buffy, Willow,
Spike, Giles e Faith si avviò verso la sala d’aspetto.
Era una giornata calda ed il sole filtrava dai vetri
lucidi, quasi fosse primavera. L’autunno però era già alle porte ed un vento
fresco muoveva la banderuola sulla torre di controllo. Buffy si ritrovò a
pensare con un orgoglio ingiustificato a quanto fosse diverso il clima a
Sunnydale, dove le estati calde lasciavano il poso ad inverni miti…anche quando
girava di notte il freddo non era mai stato
un problema…
Buffy scosse la testa, ora lei viveva a New York, non
a Sunnydale.
Si sedette su una sedia in plastica accavallando le
gambe e inforcando gli occhiali da sole, la borsa era mollemente appoggiata a
terra.
Gli altri la imitarono, occupando un’intera fila di
posti: era strano per lei vedere tutte quelle persone insieme a lei. Non le era
mai capitato di viaggiare in compagnia di qualcuno, e nemmeno nei suoi pensieri
più azzardati avrebbe sospettato di trovarsi in un aeroporto con Spike, il
vampiro che credeva morto, Faith, che non le aveva più dato sue notizie, e con
tutti gli altri.
Notò gli sguardi insistenti che le lanciavano i
ragazzi: non aveva ancora annunciato a nessuno la sua decisione di andare a
Londra. Provò a immaginare la loro reazione: Willow e Spike avrebbero
sicuramente capito, Dawn invece sarebbe stata delusa una volta di più.
Sospirò: come potevano essere così diametralmente
diverse? Poteva comunque capire la posizione della sorella, lei era sempre
stata la più versatile ed ora che aveva trovato un ambiente a lei congeniale
avrebbe voluto poterlo condividere con qualcuno. E quel qualcuno desiderava
fosse sua sorella maggiore. Ancora una volta si sentì in colpa nei suoi
confronti, lei aveva sempre cercato di fare del suo meglio, ma non era facile
realizzare le aspettative degli altri, soprattutto se così esigenti. Ma no,
quella volta era decisa a fare quanto necessario per essere in pace con sé
stessa; perché di questo si trattava, sapere con certezza che aveva dato e
ricevuto il massimo dal suo ruolo di cacciatrice. Riguardo al dare aveva
eseguito ampiamente il suo compito, adesso era arrivato il turno di ricevere e
aveva la vaga impressione che la Custode lo avesse capito. La incuriosiva
questo strano personaggio: la Custode. Era un uomo o una donna?…energia come
era stata Dawn oppure un’umana con poteri particolari? Era la stessa da
millenni o anche per loro c’era un profezia?…
Queste e milioni di domande le frullavano per la
testa, quando la voce di Faith la richiamò alla realtà.
“dobbiamo salutarci?” le chiese, un po’ titubante, in
un sussurro
“in che senso?” rispose lei stupita, senza capire
cosa lei intendesse
lanciò un’occhiata alla pista di atterraggio
“beh…io parto tra poco, quindi immagino che ci
rivedremo a New York…tra qualche migliaio di anni”
Buffy abbassò gli occhi, era ora di decidersi a
parlare e ciò le venne confermato dallo sguardo di Giles che sembrava le
dicesse ‘abbi il coraggio delle tue scelte’
“Faith…ragazzi” chiamò gli amici, che la fissarono
stupiti
si alzarono in piedi, circondandola, e Buffy sentì
sei paia di occhi puntati su di lei
“io…io ci ho riflettuto e credo che andrò dalla
Custode” breve e concisa, senza troppi giri di parole, era sempre stata diretta
quando si trattava di comunicare qualcosa di inoppugnabile
Nessuno diceva una parola, ma gli sguardi rimanevano
impietosamente puntati su di lei
“ehy…aspetta un attimo – intervenne Faith, scettica –
si può sapere cosa ti ha fatto cambiare idea? Mi sembravi decisa a tornare a
New York e adesso…”
Si voltò a guardarla
“già, ci ho ripensato – aveva acquistato maggiore
sicurezza – la Custode sa qualcosa, qualcosa riguardo le cacciatrici adesso è
disposta a parlare con me e te”
“e a te interessa ancora?” la domanda di Faith
centrava a pieno la questione che, in fin dei conti, si riduceva solo a quello:
le importava ancora? E la risposta possibile era una sola. Lei aveva fatto
parte di un mondo diverso e probabilmente non ne sarebbe mai uscita, le
scorreva nel sangue e adesso la stava chiamando. Doveva sapere ogni cosa per
poi decidere di lasciarsi tutto alle spalle definitivamente e, quando lo
avrebbe fatto, sarebbe stato un addio definitivo.
“sì” fu la sua semplice risposta, ma conosceva Faith
abbastanza da sapere che le sarebbe bastata
“bene allora” concluse, lanciandole un eloquente
sguardo, che racchiudeva tutto il suo stupore e contentezza
“voi cosa ne pensate?” Buffy lasciò indugiare lo
sguardo sul viso della sorella, sapeva che a lei non sarebbe bastato un ‘sì, mi
interessano ancora le cacciatrici’
Willow la squadrò da capo a piedi, aveva seguito il
suo consiglio dopotutto, pensare una volta a se stessa. In quel momento le
sembrava così determinata, con gli stessi occhi del primo giorno in cui la
aveva incontrata: pieni di fiducia e determinazione. Sapeva che lei non
riusciva a resistere alle sfide, e lo scoprire la vera fonte dei suoi poteri
era sempre stata la sua personale ossessione. Le dispiaceva solo il fatto che
non si fosse confidata con lei; probabilmente non erano tornate ad essere tanto
vicine quanto credeva. Il ritorno di Faith poi aveva cambiato ulteriormente le
cose…proprio come la prima volta che si era presentata a Sunnydale.
Le ritornarono in mente tutte le telefonate a Xander:
anche lui però era stato conquistato dalla nuova arrivata. E ricordava anche le
parole che lei aveva detto a Buffy, riguardo il loro modo di comportarsi come
se solo le cacciatrici avessero vite interessanti. Beh…in quel momento si
sentiva esattamente come allora.
“credo…credo che tu faccia bene” biascicò solamente,
tornando a concentrarsi sulla tastiera del suo pc portatile, che era rimasto
ben riposto nella sua valigia per tutto il tempo: aveva trascurato il lavoro a
sufficienza, ed ora che le cose stavano tornado alla normalità era meglio
evitare di trovarsi spiazzati.
Dawn incrociò le braccia al petto, fissandola.
“e quando pensi di tornare?”
“appena
possibile…Dawn io non ho intenzione di lasciare niente. Sto solo dicendo
che ho bisogno di capire”
la sorella sorrise amaramente
“ci cascherai di nuovo invece, proprio come ti capita
sempre. Non riseci mai, nemmeno dopo tutto questo tempo, ad evitare di
guardarti sempre indietro?”
Buffy rimase in silenzio
“io…io vorrei solo che tu mi dessi una buona ragione
per cui è necessario che tu vada là. Una sola Buffy! Non hai pensato che adesso
non sono più affari tuoi? Che se le scelgano da soli le cacciatrici, chi se ne
frega! Hai fatto tanto per uscirne e adesso, dopo neanche una settimana, senti
tutta questa smania di conoscere! A cosa hai pensato in questi due anni?”
Buffy si guardò intorno, tutti quanti le fissavano
“Dawn, forse è il caso…”
“No Buffy, voglio parlarne, qui, ora. Spiegami
davanti a tutti il perché” suonava come una sfida
Buffy divenne seria
“perché è la mia vita Dawn. Non la tua, non quella di
Mark, non quella del mondo! e sento che ho bisogno di sapere, cosa sono io Dawn
– si battè il petto, fissandola intensamente – chi sono? Cosa mi ha fatto
diventare la persona che sono oggi?…ne ho bisogno e mi spezza il cuore pensare
che tu non capisca” concluse rapidamente
Dawn la fissò ad occhi aperti, incapace di aggiungere
altro
“io tornerò a Filadelfia e ti aspetterò lì” disse con
voce piatta
“Dawn…”
“no, ascolta. Siamo diverse, è strano quanto tempo ci
abbia messo ad ammetterlo, e abbiamo esigenze diverse. Io tornerò a casa, tu
fai quello che vuoi, la vita è tua no?” il torno era tagliente
“già”
“spero solo che un giorno tu riesca a decidere da che
parte del mondo è giusto che tu viva” raccolse la sua borsa, allontanandosi
In quel momento una voce metallica chiamò il volo
diretto a Filadelfia
Dawn sparì tra la folla, senza voltarsi indietro.
Era in aereo da ormai quasi due ore e il comandante aveva
appena annunciato che sarebbero atterrati tra meno di un quarto d’ora.
Incurante del suo anziano vicino di posto, che tentava in tutti i modi di fare
conversazione, puntò gli occhi fuori dal finestrino. Le luci di Filadelfia si
profilavano già tra la coltre di nebbia leggera, mentre all’altezza dell’ala un
sole rosso e calante lanciava sprazzi dorati sul suo viso.
In quel momento avrebbe dovuto tirare un sospiro di
sollievo: era tornata a casa, ce la aveva fatta per l’ennesima volta.
Adesso sì poteva dire di essere una persona normale,
-sorrise amaramente – una soddisfazione davvero! Già, una gran bella
soddisfazione.
Aveva un nodo allo stomaco che non accennava ad
andarsene, eppure era stata tutta colpa di Buffy no? Era stata lei a tradirla
di nuovo per seguire i suoi istinti. Ma poteva biasimarla? Non era esattamente
la stessa cosa che cercava di farle fare lei in fondo? Costringere Buffy ad una
vita che le stava irrimediabilmente stretta, solo perché credeva fosse la
decisione migliore.
Ma lei lo aveva fatto perché le voleva bene, perché
aveva già visto abbastanza morte nella sua vita senza la necessità di cercarne
altra. Cosa diavolo vedeva davanti di più luminoso di una vita tranquilla? Cosa
avrebbe potuto darle la stessa felicità di vivere in una bella città, con un
ragazzo accanto, con cui fondare una famiglia…essere cacciatrice e rischiare la
vita fino all’ultimo? Ecco cosa non aveva mai capito in Buffy. perché, perché
rischiare la vita la faceva senire viva?…
Ma lei, Dawn, non era certo così! sapeva apprezzare
le vere opportunità positive che le si presentavano!
In quel momento probabilmente Buffy era in aereo,
seduta vicino a Faith, forse stavano ridendo, raccontandosi tutto quello che
era successo loro negli anni passati separate… - sorrise di nuovo, con
malinconia – poteva quasi vederla sua sorella, mentre sorrideva con il viso
disteso.
Ripensò alle parole di Buffy: ‘non ho intenzione di
lasciare niente’
Lei però sapeva che non sarebbe più tornata
Dawn si guardò intorno con gli occhi: lei aveva fatto
la scelta giusta prendendo quell’aereo.
Allora perché non riusciva a non pensare alla
sorella?
Si strinse nelle spalle, appoggiando la fronte al
finestrino. Una calda lacrima le rigò la guancia
E perché si sentiva così impossibilmente sola?
* * *
Spike accese il motore della sua DeSoto, che era
rimasta parcheggiata davanti all’abitazione di Giles per più di una settimana.
Al primo giro di chiave il motore non si accese,
colpa del fatto che era stata ferma troppo a lungo, anche se effettivamente
avrebbe avuto bisogno di una revisione. Il secondo tentativo però andò a segno
ed il motore rombò un istate, prima che il vampiro ingranasse la retromarcia.
Inforcò i suoi Ray Ban neri e girò l’auto verso
l’uscita del vialetto, poi voltò lo sguardo, per incontrare gli occhi di Giles,
che lo seguivano dall’ingresso.
Era una bella serata ed il sole già si profilava
all’orizzionte, scomparendo dietro il mare calmo. Lo scrosciare delle onde che
si infrangevano poco distante donava un tocco magico a quel luogo così
tranquillo.
Spike alzò una mano, in segno di saluto, e l’uomo
ricambiò il gesto, aspettando però a rientrare in casa. Quella sarebbe stata
l’ultima volta che si vedevano, lo sapevano entrambi. Indugiò ancora un attimo
sullo splendido panorama, poi spinse sull’accelleratore con forza: meglio
lasciarsi tutto alle spalle.
Imboccò l’autostrada diretta per Los Angeles, con un
po’ di fortuna e poco traffico sarebbe arrivato a casa per la mattina
successiva, pronto per riprendere dove aveva lasciato. Peccato solo che gli si
profilassero parecchie ore di solitudine, in cui sicuramente avrebbe passato al
setaccio ogni singolo avvenimento della passata settimana. No, meglio non
pensarci. Accese la radio a tutto volume, appoggiando stancamente un braccio
fuori dal finestrino con in mano una sigaretta appena accesa.
…era passata solo una settimana dal pomeriggio in cui
sierano rivisti. Dallo splendido momento in cui si erano abbracciati
nell’ingresso di Giles, da quando aveva rivisto Dawn. Aveva fatto la cosa
giusta a partecipare anche a quell’ultima missione? Sì, poteva dire di sì.
Sapeva comunque che non si sarebbe mai perdonato di non esserci stato, se per
caso Angel fosse riuscito a convincerlo a rimanere a Los Angeles. Già, Los
Angeles. Ecco dove stava andando, da Angel, dalle lotte quotidiane contro il
male, di cui ormai nemmeno lui riusciva a fare a meno, e da Fred. Dalla dolce
ragazza che lo aveva aspettato anche se, poteva sospettarlo, più volte le era
passato per la testa che lui non sarebbe più tornato. Ma non era così, vero?
Adesso stava mantenendo il suo impegno nei suoi confronti: le aveva detto che
sarebbe stato a casa il prima possibile ed era quello che stava facendo.
Chissà cosa aveva pensato Fred in quegli ultimi
giorni…cosa aveva supposto fosse successo tra lui e Buffy.
...già, Buffy. Aveva accuratamente evitato di
soffermarsi sul pensiero, ma ora il suo ingombrante ricordo era tornato a
galla, fresco di nuove esperienze. In quella settimana…gli aveva detto che lo
amava, ancora una volta; avevano fatto l’amore, camminato alla luce del sole,
parlato. Proprio come avrebbero sempre desiderato che fosse. Ma era stata solo
una parentesi giusto? Quel ‘se sarà destino’ che le aveva sussurrato era stato
un modo per addolcire la pillola per entrambi? …Sapeva però che non era il caso
di scherzare con il fato, perché avrebbe potuto riservargli ancora molte,
moltissime sorprese.
Ma lui veramente desiderava rimanere con lei? se
Buffy gli avesse chiesto di riprovarci, avrebbe accettato?…domande troppo
difficili per riuscire a dare una risposta plausibile e certa. In quel momento
lei aveva bisogno di riflettere, di decidere cosa e chi voleva essere, e Spike
sapeva che doveva farlo da sola. Era cresciuta molto in due anni, non
esterioremente, anche se poteva dire che fosse diventata ancora più bella, ma
nello spirito. Era diventata più saggia, meno istintiva, in grado di sopportare
il peso della responsabilità con molta meno fatica. Ora era una donna.
Spike sorrise: no, non sarebbero più nate cacciatrici
come lei, ne era sicuro. E neppure avrebbe mai trovato un’altra così, una
capace di fargli provare odio, rabbia, amore e desiderio in un solo istante.
Ora che lo aveva ammesso doveva solo abituarsi all’idea.
Si sentì in colpa nel ricordare tutte le battaglie
con la sua nuova squadra: partecipava anche Fred, a volte. Combattevano contro
demoni di ogni tipo ed era capitato spesso di trovarsi in difficoltà, e tutte
le volte lui era in prima fila a combattere con Angel…si vergognava di aver
sperato che Fred lasciasse andare il braccio di Cordelia, che stringeva
convulsamente, facesse qualcosa di eccezionale, di vedere nei suoi occhi la
stessa eccitazione che provava lui. Ma c’era una sola persona che riusciva a
sorprenderlo sempre ed in ogni occasione, e quella non era lei.
Strinse più forte il volante. Di Fred però amava la
calma, la serietà nel suo lavoro, l’incredibile capacità di non lasciarsi mai
prendere dal panico e la modestia. Non faceva mai nulla di avventato o che
desse nell’occhio più del dovuto – sorrise al pensiero della sua Fred che
lottava in pantaloni neri di pelle contro due vampiri
E poi comunque non valeva nemmeno più la pena di
perdere tempo a riflettere ancora, Buffy non gli aveva fatto nessuna proposta,
era fidanzata ed il tempo di condurre una vita fuori dalle righe era passato
anche per lei. Tutto quello che erano stati sarebbe rimasto uno splendido,
doloroso, irraggiungibile ricordo che non lo avrebbe mai lasciato.
Infilò una mano nella tasca dei jeans, estraendone un
foglietto da visita ripiegato accuratamente e lo voltò. Sul retro c’era un
numero di telefono e solo un nome, scritto con una calligrafia tondeggiante,
‘Buffy’, davanti invece, a caratteri stampati, l’indirizzo della sua agenzia di
New York e, più in grande, ‘Elisabeth Summers’.
Avrebbe deciso chi essere, senza più ripensamenti?
Sperava di cuore che ci riuscisse.
Gettò la sigaretta, che rimbalzò sull’asfalto, e si
passò nella mano che penzolava fuori dal finestrino il pezzo di carta. Lo
guardò a lungo, per poi passare lo sguardo sulle sagome rocciose che gli
scorrevano velocemente accanto.
…farlo volare…in un attimo anche l’ultimo segno
tangibile della sua presenza, o almeno l’ultimo che gli restava, se ne sarebbe
andato.
Lo fissò ancora un attimo
E un altro ancora
Con una mossa rapida lo poggiò sul vetro daventi a
lui, proprio sul cruscotto. Sembrava che quel nome, ‘Buffy’, lo guardasse da
lì.
Distolse lo sguardo e si concentrò sulla guida
…Buffy…e se, al suo ritorno, rimanesse
definitivamente solo Elisabeth?
…Buffy…
leggeva e rileggeva quel nome all’infinito, e non
riusciva a distogliere lo sguardo
oltrepassò il cartello con scritto “welcome in Los
Angeles” senza nemmeno rallentare.
Era ora di smetterla: afferrò il bigliettino e lo infilò
nel portaoggetti sotto il volante, poi alzò il volume della radio al massimo,
chiudendo il finestrino.
Cap.9 – Scelte
Buffy si accomodò sul sedile vicino al finestrino,
allacciando la cintura, mentre Faith prese posto accanto. Non avevano ancora
detto una parola dal momento del congedo con gli altri e solo quando l’arereo
iniziò a rullare Faith tirò un sospiro di sollievo: non sarebbero più potute
scendere.
Sbirciò con la coda dell’occhio Buffy, che teneva lo
sguardo ostinatamente puntato verso le vetrate della sala d’aspetto che davano
sulla pista, quasi cercasse di scorgere gli amici: avrebbe fatto di tutto per
sapere a cosa stava pensando. Eppure era stata proprio lei a dire di voler
andare a Londra, non il contrario…aveva dei ripensamenti? Certo che ne aveva,
come ne aveva semre avuti, un po’ su tutto. Era sempre stata la sua personale
fissazione quella di pensare di aver agito nel modo sbagliato. Eppure, anche in
quell’occasione era riuscita a portare a termine il vero compito affidatole dal
consiglio: educare la nuova cacciatrice. Anche Giles aveva intuito quasi subito
che combattere il maestro non era lo scopo primo per cui era stata chiamata
Buffy, in tal caso sarebbe bastato mandare lei, Faith. Il consiglio però sapeva
che non sarebbe stata in grado di insegnare nulla ad una ragazza sperduta,
incapace di dare un senso alla sua nuova esistenza, perché lei lavorava da sola
ed era in grado di badare esclusivamente a sé stessa. Buffy invece era la più
adatta ad un dovere simile: lei sapeva cosa significava doversi occupare degli
altri e portare grosse responsabilità, e sapevano anche che non sarebbew
riuscita a rifiutare. – sorrise tra sé – era sempre stato così tra di loro,
ognuna lavorava a suo modo, ma erano comunque le migliori.
L’unica cosa che non aveva capito era stata la
decisione del consiglio di mandare anche lei a Claveland da Buffy, perché? Che
senso aveva farle rincontrare?…fissò la ragazza seduta vicino a lei…poi tutto
le fu chiaro. A farle venire dei dubbi, ecco a cosa era servito; indurla a
riflettere sul fatto che essere cacciatrice era nella sua natura. – sorrise
amaramente – una pedina, ecco cosa era stata. Aveva aiutato inconsapevolmente
il consiglio a riacciuffare la cacciatrice che aveva disertato! – un moto di
rabbia la indusse a voltarsi con forza verso Buffy
“lo sai vero cosa è successo…”
lei si voltò nella sua direzione e la risposta non si
fece attendere
“risguardo la tua presenza?…sì” la guardò freddamente
“per quello che conta, non conoscevo le loro
intenzioni” abbassò lo sguardo, non sarebbero mai riuscite a trovare un punto
di incontro. Ora le era chiaro, come aveva potuto credere anche solo per un
attimo che loro due sarebbero state in grado di ricominciare da capo e provare
a creare un…amicizia? Per la seconda volta da quando si erano conosciute lei
rovinava tutto per uno stupido errore.
Buffy la fissò
“so anche questo Faith”
“e allora perché diavolo stai venendo a Londra? È
quello che vogliono loro!” alzò la voce, stringendole un poso con forza
“perché voglio parlare con la Custode, ma ti assicuro
che, se voglio andarmene, non saranno sicuramente loro ad impedirmelo” disse
sicura, fissando prima la mano serrata intorno al suo braccio e poi Faith
lei allentò la presa, sbuffando
“hanno già raggiunto il loro obiettivo B, ridandoti
il desiderio di essere cacciatrice! Perché credi che ti permetterebbero di
paralare con questa Custode altrimenti? Più ti spingi in là più sarà difficile
poi tornare indietro, è questa la loro tecnica. Rifletti: eri andata da Giles
solo per ascoltare la sua proposta, poi hai deciso di andare a Claveland solo
per aiutare la nuova cacciatrice e sei finita con l’addestrarla, e adesso sei
addirittura su un volo per Londra!”
Buffy la guardò, quasi sorpresa
“credevo fosse quello che volevi! Sei stata tu ad
insistere perché io venissi” si pentì però subito delle sue parole, si
detestava quanto rigirava la questione in modo che la colpa ricadesse sul suo
interlocutore. In quel caso poi aveva preso la decisione di partire
autonomamente, sorprendendo tutti, quindi Faith non aveva responsabilità. E poi
perché arrabbiarsi tanto? In fondo aveva subito intuito il gioco del consiglio
e aveva solo deciso di approfittarne
Faith abbassò gli occhi, voltando il viso. Cosa
poteva risponderle? Che non era vero? Che lei non intendeva trascinarla di
nuovo in qualcosa che non le doveva più competere? Stupida, stupida Faith…non
aveva perso il brutto vizio di non riflettere prima di agire.
Buffy sbuffò
“Faith, finiscila!”
“di fare cosa scusa?” l’altra si inalberò
immediatamente, il senso di colpa nei suoi confronti non aveva calmato il suo
temperamento
“di farti tutti questi problemi! Ascolta, ho deciso
io di venire, forse era una cosa che desideravo da molto tempo e sono certa di
aver fatto la scelta giusta, quindi basta. Non mi interessa un bel niente dei
piani del consiglio, vado da loro perché sanno qualcosa che riguarda le
cacciatrici e io ho bisogno di conoscere tutto…poi si vedrà. Non ti preoccupare
ok?”
“mhhh” grugnì, l’altra, visibilmente sollevata però
rimasero in silenzio per alcuni minuti, ognuna con lo
sguardo puntato il più lontano possibile dall’altra. Faith tentò di rompere il
silenzio, non le piaceva affatto quella situazione, era sempre stata più brava
ad agire che a gestire i momenti di stallo.
“a che pensi?”
“che non sono mai stata a Londra…- si fermò, pensosa
– voglio assolutamente fare un salto da Harrods!”
Faith scoppiò a ridere
“tu sei completamente fusa B, te lo dice una che se
ne intende”
“ehy…non capita mica tutti i giorni di andare in
Inghilterra senza sborsare un centesimo!” rispose, con il viso finalmente
disteso. “ehy, come credi che sarà questa Custode? Voglio dire, non so nemmeno
se è una donna o un uomo! È umana oppure energia…o un demone? – si fermò un
attimo – ci hai mai pensato? Forse siamo solo una specie di demone”
abbassò
gli occhi, era sempre stato un argomento che la metteva a disagio, soprattutto
con i suoi amici. La terrorizzava il pensiero che tutte le sue elucubrazioni mentali
su bene e male potessero essere cancellate dall’ennesima contraddizione che la
riguardava
“non lo vedo come un problema” rispose Faith,
lasciandola evidentemente sorpresa
“Faith, noi i demoni li uccidiamo”
“ma tu mi sembri l’esempio più chiaro del fatto che
non tutti i demoni meritano di essere uccisi”
“Già” a cosa sarebbe servito negare ancora? Però
quella per lei non rappresentava una certezza sulla correttezza delle sue
azioni: …‘meritare o non meritare l’uccisione’… la linea di demarcazione era
troppo labile
“non mi sembri granché convita”
“avremo presto le nostre risposte” concluse pensosa,
sentiva di non essere in grado di sostenere una conversazione sull’argomento
“sì, presto” rispose Faith, chiudendo per un attimo gli
occhi, poi riprese “posso farti una domanda?”
“certo” disse lei con leggerezza, intenta a scartare
il vassoio in plastica colmo di cibo che la hostess stava distribuendo ai
passeggeri
“come vi siete lasciati con Spike?”
Buffy si voltò a guardala, smettendo di armeggiare
con la carta stagnola
“concludendo che è stato bello rincontrarci”
“ah” Faith iniziò a scartare la sua cena
“che cosa vorrebbe dire ‘ah’?”
“tu che pensi? – la fissò – senti B, vi ho visti
d’accordo? Quando eravamo a Sunnydale c’era qualcosa tra di voi, chiamalo amore
o chiamala attrazione, ma c’era! E adesso che avete un’altra possibilità vi
lasciate con un ‘è stato bello, speriamo di rivederci in un’altra vita’?”
Buffy sbuffò
“il problema non sono i sentimenti Faith”
“e quale sarebbe allora?” insistette
“è che non posso invadere la sua vita e che lui non
può farlo con la mia! Tutti e due abbiamo coltivato altri rapporti in questi
anni e io…io non ho deciso di tornare ad essere una cacciatrice. Per il fatto
che io sia qui non dare per scontato che, in questi ultimi anni, abbia vissuto
nel nulla: ora ho un fidanzato, uno che non sa niente di mostri, vampiri e non
ha mai sentito parlare di Sunnydale –sentì lo sguardo di Faith su di lei:
probabilmente stava pensando che il loro non doveva essere un grande rapporto,
visto che lei aveva omesso di raccontargli tre quarti della sua vita, ma non lo
disse e la lasciò proseguire -…e anche lui si è trovato una nuova ragazza”
“un bel casino insomma” concluse lei
“esatto, proprio un bel casino”
la mattina dopo furono svegliate dalla voce metallica
del comandante che annunciava, dopo un volo di otto ore, l’imminente
atterraggio all’aeroporto di Londra
Scesero dall’aereo camminando vicine, spalla contro spalla.
Spesso i loro occhi si incrociavano, lasciando intendere una crescente
agitazione da parte di entrambe: la sensazione di sperimento che le aveva
assalite appena atterrate si era acuita e mai come in quel momento una sentiva
la necessità dell’altra. Erano loro due, da sole, davanti a qualcosa di
sconosciuto e, per la prima volta in vita loro, non sapevano come affrontarlo.
Buffy si guardò intorno: e adesso cosa dovevano fare?
Appoggiò a terra il borsone che si era messa a tracolla, osservando stranita
l’aeroporto brulicante di vita.
Per un istante tutto si fermò.
Una sensazione indefinibile si impossessò di lei, era
felicità?…in quei giorni aveva vissuto tanti momenti stupendi da riempire una
vita, le passavano uno ad uno davanti a gli occhi e si chiese cosa c’era stato
prima. Cosa era riuscito a tenerla lontana per tanto tempo? Solo in quel
momento era riuscita a razionalizzare tutto. E adesso? Adesso era a Londra e
stava per dare una risposta alla domanda di una vita!
Non potè fare a meno di sorridere, sorridere con una
serenità che le mancava da troppo tempo,
con gli stessi occhi sognanti che le avevano acceso il viso tante volte,
ma spariti dal suo viso un ricordava più quando.
Faith si voltò verso di lei
“che c’è?” chiese curiosa, notando la sua espressione
“nulla…sono contenta di essere qui”
“e io sono contenta che tu sia qui - rispose l’altra.
Sì, Buffy aveva davvero fatto la scelta giusta, ora lo capiva distintamente -
andiamo?”
indicò una limousine nera, che si era fermata proprio
davanti all’uscita dell’aeroporto
Buffy si caricò sulle spalle la borsa, fissando
l’auto
“certo che non si fanno mancare niente!”
“se sei una congrega di vecchi intrattabili e noiosi
ma piena di soldi non vedi l’ora di ostentare ricchezza ai poveri mortali che
si divertono impunemente invece di passare le giornate a scoprire da quanti
incantesimi può essere distrutto il mondo” rispose Faith, dirigendosi verso
l’auto con naturalezza.
“non ti domando quante volte hai trovato una
limousine come questa ad aspettarti in tutti gli aeroporti del mondo”
“a questo genere di cose ci si abitua subito” sorrise
Faith, con una strizzata d’occhio
* * *
Faith fissava un punto indistinto davanti a lei,
masticando una chewing gum apparentemente annoiata per il lungo tragitto in
macchina.
Buffa invece guardava fuori dal finestrino con la
fronte appoggiata al vetro: fitte gocce di pioggia cadevano sulla città e una
coltre di nebbia impediva di vedere la cima del Big Bang e le guglie della
cattedrale di West Mister. Londra non assomigliava per nulla a New York, né per
il clima, né per i palazzi.
Era a Londra, a Londra. Proprio quel giorno sarebbe
dovuta tornare a casa ed ora si trovava dall’altra parte dell’oceano Atlantico –
guardò Faith – con la persona più improbabile che ci fosse.
Quanto lontana le sembrava New York, sia fisicamente
che nei ricordi…a mille miglia dal suo cuore.
Presto avrebbe visto la Custode e tutto si sarebbe
schiarito davanti ai suoi occhi, l’oscurità e le false luci che aveva seguito
per anni si sarebbero dissipate tra qualche ora. E poi?…poi sarebbe arrivato il
momento di decidere della sua vita.
Il conducente fermò la vettura davanti ad un antico
palazzo vittoriano, a ovest della città, scendendo poi per scaricare davanti
all’entrata i loro pochi bagagli.
Buffa salì la breve rampa di scale che la separava
dall’ingresso, riparandosi la testa dalla pioggia con una mano.
Era arrivata
Faith la raggiunse, scavalcando due gradini per volta
Entrambe fissarono la porta
“eccoci a casa dei grandi capi” commentò,
picchiettando l’entrata con il battente laccato di smalto dorato
“nuotano del denaro…un campanello come i comuni
mortali potrebbero anche metterlo!” sbuffò, per nulla colpita dalla particolare
consuetudine inglese.
Uno spiraglio si aprì davanti a loro, lasciando
intravedere il volto di una anziana domestica con il grembiule bianco legato
intorno alla vita. La donna sorrise loro con gentilezza
“ben arrivate, i signori vi stanno aspettando”
le due entrarono in casa. Quando la porta si chiuse
dietro di loro un avvolgente tepore le riscaldò dall’umidità della pioggia
autunnale che batteva ancora, incessante.
Un ampio tappeto persiano occupava l’ingresso, da cui
si diramavano i corridoi che conducevano nelle varie stanze della casa, mentre
un prezioso lampadario in cristallo illuminava di una luce giallastra i mobili
antichi e perfettamente lucidi che donavano calore all’abitazione. Anche la
domestica sembrava far parte dell’arredamento, in perfetta sintonia con
l’ambiente.
“lasciate pure qui le borse e seguitemi, vi
accompagno nell’ufficio” disse cortesemente, indicando un ampia scalinata che
portava ai piani superiori.
Le due, in silenzio, la seguirono. Buffy si guardava
intorno con un misto di riverenza e curiosità: non era mai entrata in una casa
così bella e così tipicamente…europea. Tutto là dentro lasciava immaginare
chissà quali antiche e nobili famiglie ci avessero vissuto in passato,
lasciando inalterata la raffinatezza del mobilio e della tappezzeria.
Lasciò scorrere le dita sul solido corrimano in legno
scuro perfettamente lucido; camminava lentamente ed i suoi passi silenziosi
erano attutiti da una spessa stola rossa, che copriva i gradini: aveva quasi
paura di disturbare la tranquillità silenziosa di quel luogo.
L’anziana signora si fermò davanti ad una pesante
porta chiusa, voltandosi a guardarle con un sorriso incoraggiante
“vi riceveranno immediatamente ragazze”
poi bussò con le nocche, rimanendo in ascolto
“avanti”
rispose una bassa ma ferma voce maschile
la donna aprì l’uscio, infilando il capo nella
stanza, e si rivolse ai presenti
“sono arrivate signori”
“falle entrare Rose” la voce si era fatta più gentile
e meno imperiosa
con un’occhiata la cameriera indicò loro l’interno,
spalancando la porta.
Lei due entrarono, sempre vicine, e l’uscio si chiuse
alle loro spalle.
* * *
Willow era seduta al tavolo della sua cucina,
completamente vestita e con una tazza di caffè in mano. Erano solo le sei, ma Washington si era già
svegliata e poteva sentire il rumore delle auto, che passavano lungo l’ampia
strada sotto la sua finestra.
Soffiò sul caffè bollente, chiudendo con vaga
soddisfazione il suo computer portatile, sul quale aveva appena finito di correggere
alcuni scritti che si era fatta inviare il giorno prima alla sua casella di
posta: non era riuscita a dormire quella notte e si era portata avanti con il
lavoro della mattinata.
Bevve una lunga sorsata ed il liquido scuro, in cui
non aggiungeva mai zucchero, le scaldò piacevolmente le stomaco. Guardò
l’orologio, avava ancora un’ora prima di dover prendere la metropolitana per
andare in ufficio: il primo giorno dopo una settimana di assenza, probabilmente
la più lunga della sua vita.
Si guardò intorno nell’appartamento ancora
semiavvolto nell’oscurità, non aveva ancora alzato le persiane: vide i vistiti
del giorno prima ed il cappotto buttati sul divano alla rinfusa e la valigia
ancora chiusa, quando era arrivata la stanchezza si era impossessata di lei e
non era più riuscita a tenere gli occhi aperti. Si mosse silenziosa e raccolse
le sue cose per portarle in camera, dopotutto non viveva sola, e sapeva che la
prima regola per una buona convivenza era l’ordine.
Già, nulla a che fare con la confusione che regnava
nella stanza d’albergo che aveva diviso con Buffy e Dawn! Al pensiero della
ragazza il suo buon umore si raffreddò. Cosa le era preso per andarsene via in
quel modo, lasciandoli tutti senza nemmeno un saluto?
Strinse forte i pugni, lei sarebbe stata felice ora
che aveva la sua vita normale?
Iniziò a riporre nell’armadio i vestiti nella borsa,
rimuginando. Ormai però non le doveva più importare giusto? Dawn viveva a tre
ore di auto dalla sua città, e molto probabilmente non si sarebbero più viste.
Non si sarebbero più viste. Mai più.
Una fitta al cuore la attraversò: basta, era tutto
finito, niente più liti con lei, ma anche niente più riappacificazioni, niente
più scherzi, niente più discussioni.
Una lacrima le annebbiò la vista: quanto era diventata
bella Dawn in quei due anni! dietro quella maschera risoluta però poteva ancora
vedere la stessa ragazzina che le chiedeva con occhi sognanti di farke vedere
un incantesimo e che non capiva la matematica. Dawn era stata un po’ una
sorella anche per lei, in fin dei conti, anche se lei non lo aveva capito.
E si erano lasciate così, dopo una lite in cui la
aveva considerata solo una bambina viziata, dimenticando quante ne aveva
passate anche lei, tutto quello che aveva dovuto sopportare!
Infilò la valiga vuota sotto il letto, asciugandosi
le guance con i palmi delle mani.
E Buffy? Probabilmente era già arrivata a Londra ed
ora si aggirava per la città con Faith. –sorrise amaramente – già, con Faith.
Da quando si erano rincontrate sembrava che avessero moltissime cose da dirsi,
cose da cacciatrici! Si sorprese della gelosia che provava ancora nei suoi
confronti, che senso aveva ormai?
Eppure le era bastato così poco tempo per
riconsidarare Buffy la sua migliore amica…anche in quel momento non riusciva a
immaginare un apersona alla quale si era sentita così vicina come a lei. A
Washington aveva nuovi amici, certo, ma con nessuna delle ragazze che aveva
conosciuto era riuscita ad aprirsi.
…Dio quanto avrebbe voluto parlare con qualcuno! Era
come se nessuno si fosse accorto che anche lei aveva combattuto contro il
maestro ed aveva dovuto ricorrere alla magia, dopo due anni che non faceva
volteggiare nemmeno una matita.
Si guardò le mani, puntando poi un indice verso la
porta, che si chiuse lentamente
Dimenticare tutto, di nuovo…ce la avrebbe fatta? Lei
non poteva restituire i suoi poteri come Buffy, non bastava un’ignezione perché
quella strana forza che le cresceva dentro si placasse.
Quello però non era il momento adatto per pensarci,
il suo “viaggio di aggiornamento”, come lo aveva spacciato ai colleghi, era
finito e doveva rimettere la testa a posto: basta incantesimi e trucchi come la
lievitazione degli oggetti.
Tirò un sospiro: peccato non fosse possibile chiudere
in un angolo anche i ricordi.
* * *
entrarono in un’enorme sala, illuminata da molteplici
lampadari in fine ceramica. Antiche librerie in legno colme di volumi
tappezzavano le pareti, intervallate solo da quadri con cornici dorate,
rappresentanti i miti classici. Nel centro della stanza c’era un pesante tavolo
in mogano: i membri del consiglio sedevano intorno ad esso, in poltrone
foderate di rosso.
Buffy e Faith si guardarono intorno di sottecchi, per
poi tornare a concentrarsi sui dieci anziani. Tutti gli occhi erano puntati su
loro due, con un misto di alterigia e orgoglio…orgoglio per loro.
Le due cacciatrici e i loro coordinatori si
studiarono per qualche istante, in silenzio. Fu uno dei membri anziani, seduto
al centro, che iniziò a parlare:
“ben arrivate, spero che il viaggio sia stato
piacevole” le parole suonavano come rassicuranti, ma la freddezza con cui
vennero pronunciate tradiva il disappunto dell’interlocutore
‘disappunto per cosa?’ si domandò Buffy
“buona sera” rispose invece la cacciatrice bionda, in
tono serio ma tranquillo: le numerose riunioni di lavoro le avevano insegnato
che era necessario ostentare sicurezza e padronanza della situazione, anche se
in realtà non le si possedeva.
Gli astanti risposero al saluto con un cenno del
capo, poi il primo che aveva parlato riprese
“signorina Summers, a nome di tutto il consiglio le
sono molto grato del suo intervento in favore della cacciatrice di Claveland,
abbiamo apprezzato la sua disponibilità”
Li fissò uno a uno, duramente. Era finito il tempo in
cui anche solo sentire pronunciare il nome ‘consiglio’ le faceva provare una
sudditanza forzata e quasi reverenziale: non era più la ragazzina capace solo
di agire ma non di discutere e sapeva di essere in grado di tenere testa a
tutti loro.
“ci tengo a precisare che il mio aiuto è stato del
tutto eccezionale e che la mia presenza qui non implica necessariamente un
nuovo interesse a riprendere il ruolo di cacciatrice”
“ne siamo coscienti, devo però a metterla al corrente
del fatto che non è stato il consiglio a deliberare di convocarla qui”
Buffy estrasse dalla tasca dei jeans la lettera ben
ripiegata che le aveva consegnato Giles. Se in quel momento si sentiva in
imbarazzo per il suo abbigliamento sportivo, che stonava non poco con la sontuosità
della sala e l’eleganza dei presenti non lo lasciò trasparire minimamente,
comportandosi con decisa fermezza
“ho ricevuto una vostra mandata poco prima della
battaglia, nella quale….”
L’anziano e distinto signore la interruppe, con una
punta di sufficienza nella voce
“so cosa c’è scritto nella lettera signorina Summers,
tuttavia non era nostro intento quello di farle anche solo intuire l’esistenza
della Custode. È stata lei stessa a richiedere espressamente la vostra presenza
qui” le labbra si contrassero fino a diventare due fessure, lasciando intuire
la sua contrarietà
la cacciatrice non si lasciò intimidire dalla brusca interruzione,
riprendendo con tranquillità
“nello scritto mandatomi non era segnalato nulla del
genere, comunque la mia presenza prova il fatto che sono anch’io molto
interessata a parlarle”
“vorrei mettere in chiaro che a nessuna cacciatrice è
mai stato permesso di vederla e non ritengo necessario fare un’eccezione per
lei signorina, che, ne converrà con me, non è stata un esempio di buona
condotta”
queste parole, volte ad intimidire l’interlocutrice,
non sortirono l’effetto desiderato, facendo invece montare in lei una sorta di
rabbia strisciante ed il desiderio di sbattere in faccia all’uomo la vera
realtà dei fatti, di cui era venuto a conoscenza solo per vie indirette
“e io vorrei mettere in chiaro che ho adempiuto al
mio compito, anche senza la vostra supervisione e che, ne converrete con me, il
mondo a quest’ora sarebbe già stato invaso da orde di demoni infernali se avesse
dovuto aspettare di essere salvato da voi signori” puntualizzò con pungente
ironia
un altro dei membri anziani, che non aveva tolto gli
occhi di dosso alle due cacciatrici da quando erano entrate, le osservava come
se fossero un miracolo della natura: mai due prescelte avevano messo piede
insieme in quella sala. D’un tratto questo si alzò in piedi, interrompendo sul
nascere la risposta del collega
“non credo raggiungeremo una posizione comune su
questo argomento, quindi proporrei di riportare la conversazione su quanto più
ci sta a cuore – si rivolse direttamente alle due ragazze – signorine, posso
capire il vostro disappunto riguardo la nostra titubanza a lasciarvi parlare
con la Custode, ma il Consiglio trova alquanto sconveniente che due…- riflettè
sul termine da usare – entità così diverse si incontrino e reputa sia meglio
sorvolare su alcune verità: perché è per conoscere la cosiddetta verità che
volete vederla, vero? Posso comunque garantire che avrete un lauto –lasciò
scorrere la voce sulla parola, per sottolinearla – rimborso per l’onere di un
viaggio così lungo e per la perdita di tempo”
Faith, che era rimasta in silenzio per tutta la
conversazione, prese la parola
“mi dispiace sir, o come diavolo si chiama, ma
abbiamo intenzione di vedere questa Custode, senza compromessi di alcun genere.
–ammiccò, facendo leggermente arrossire l’anziano - Inoltre mi sembra di aver
capito che questa…entità – ripetè, con implicita allusione al termine usato
prima dall’uomo – sia interessata a conoscerci, di conseguenza non vedo quali
intoppi possano esserci”
Buffy annuì, confermando le parole dell’amica
“signorina Faith, non credo di doverle ricordare per
chi lavora” rispose quello, con tono sferzante
“e io non credo di doverle ricordare che, licenziando
me, perdereste l’unica cacciatrice ancora in circolazione e disposta ad
aiutarvi. Comunque sa che le dico?… mi cacci pure, ma non credo che sarò io a
rimetterci” commentò con un’alzata di spalle
Le due si scambiarono un’occhiata, poi Buffy riprese
facendo scorrere lo sguardo su ogni membro del consiglio: così era stato quel
manipolo di uomini che le aveva condizionato la vita per quasi sette anni.
“non credo ci sia più nulla da dire, siamo venute per
la Custode e su diretta indicazione dell’interessata, quindi spero vogliate
indicarci dove trovarla” la sua voce chiara risuonò nella stanza, senza
ricevere però una pronta risposta. Quello che seguì fu un fitto gioco di
sguardi tra gli anziani, sembrava quasi avessero un linguaggio segreto, bastato
sull’aggrottarsi delle sopracciglia e su prolungate occhiate. Fu il loro primo
interlocutore che rispose a nome di tutti
“constatato con dispiacere che non avete intenzione
di dare ascolto al nostro consiglio. –sospirò a fondo, quasi con fatica -La
Custode vi sta aspettando nella sala accanto”
senza un cenno di saluto le due si diressero verso
l’uscita
“cacciatrici…- Buffy e Faith si voltarono nuovamente
verso i presenti –non tutte le verità sono fatte per essere scoperte”
* * *
Spike parcheggiò l’auto davanti al grande palazzo
nella Angel’s Investigations: era ormai sera ed il sole stava calando alle sue
spalle. Scese dalla macchina, sbattendo con eccessiva forza lo sportello, poi
la chiuse a chiave, il biglietto era rimasto nel portaoggetti.
Si diresse a passo spedito verso l’entrata,
sbatacchiando la vecchia sacca consunta nella quale gli abiti usati in quella
settimana erano stati gettati alla rinfusa. Salì le scale rapidamente, quasi
correndo, e i suoi passi risuonarono: quei battiti sordi e irregolari
scandirono i suoi pensieri. Stava per rivedere Fred. Ecco tutto quello che gli
correva per la testa, la avrebbe rivista, la avrebbe baciata, la avrebbe
stretta tra le sue braccia e sussurrato che la amava. Mentre solo qualche ora
prima abbracciava e diceva le stesse parole ad un’altra. No, non un’altra:
un’altra sarebbe stato meno vigliacco, lui era stato con Buffy. Con Buffy, la
stessa che aveva deciso di dimenticare, la stessa che aveva provato a
cancellare dal suo cuore.
In un attimo fu davanti alla porta: troppo presto!
Cosa le avrebbe detto? Con che coraggio la avrebbe guardata?
Alzò una mano, per bussare alla porta, quando questa
si aprì davanti a lui. Fred, con la giacca addosso e pronta per uscire, lo
fissò con un misto di gioia e stupore.
“Spike” sussurrò, portandosi una mano alla bocca
lui sorrise, divertito dalla reazione
“ehy…non svenire mi raccomando”
gli gettò le braccia al collo, affondando le mani nei
suoi capelli: quanto le era mancato
Spike non potè fare altro che ricambiare la stretta,
poggiando a terra la borsa
“ne deduco che sei felice di vedermi” le disse
scherzosamente, scostandola leggermente e accarezzandole il viso
“potevi avvertire! Allora…-si fermò, conscia che da
lui avrebbe ascoltato solo vaghi racconti di quello che era accaduto a
Claveland. Abbassò lo sguardo, incapace di domandargli quello che più le
interessava – come è andato il viaggio?”
Spike la osservò un attimo, non era quello che voleva
domandargli, lo sapeva bene.
“lungo. Ora però sono qui”
“sì, ora sei di nuovo a casa” disse appassionatamete
lei, tornado a stringerlo
“sì, a casa” rispose lui, parlando più con se stesso
che con lei
D’un tratto sulla soglia comparve anche Angel: il suo
sorriso svanì in un attimo, alla vista del vampiro biondo
“Spike, sei tornato”
si staccò dalla ragazza, guardandolo negli occhi
“a quanto pare” aprì le braccia, come se volesse
dimostrargli di essere corporeo
“bene, entra allora” il suo tono freddo non contribuì
che a peggiorare l’umore del nuovo arrivato
Spile passò un braccio intorno alla vita di Fred,
entrando insieme a lei in casa e lasciando che Angel chiudesse la porta alle
loror spalle.
* * *
Le due ragazze uscirono dalla sala in cui era riunito
il Consiglio, sentendo i loro occhi puntati sulla schiena finchè non risciusero
il pesante portone di legno.
Buffy si appoggiò al muro, passandosi una mano tra i
capelli, esausta. Sospirò a fondo, ma non con solievo, sapeva che il peggio
doveva ancora arrivare.
“ehy – Faith le sfiorò il braccio – tutto ok?”
la fissò un attimo, con la mano ancora tra i capelli
“…sì, più o meno. Era la prima volta che li
incontravi?”
Faith distolse lo sguardo
“no, ma non li avevo mai visti tutti insieme”
Buffy stava per replicare, quando passi lenti e
misurati attrassero la sua attenzione. Dalle scale ricomparve Rose, la
domestica.
Come se nulla fosse successo si diresse verso la
porta accanto a quella dello studio, facendo un educato cenno alle due perché
la seguissero.
Si posizionò davanti alla porta, guardando le due,
come se dovesse scegliere.
“la signorina Summers entrerà per prima” disse con
voce leggermente roca, puntando incerta lo sguardo sulla cacciatrice bionda “è
lei vero?”
“sì” riuscì solo a rispondere Buffy, non riusciva a
credere che da lì a qualche secondo avrebbe incontrato chi…
“prego” si spostò da davanti alla porta, indicandole
la maniglia
La ragazza fissò un attimo Faith, che ricambiò lo
sguardo, annuendo; poi spinse la maniglia verso il basso, spingendo la porta,
per sparire all’interno della stanza.
Strizzò gli occhi, la luce naturale proveniente
dall’ampia vetrata contrastava fortemente con quella artificiale del corridoio.
Fece qualche passo avanti, guardandosi attorno: le pareti erano tappezzate di
enormi librerie, colme di volumi, e un tavolo in legno occupava gran parte
della sala. D’un tratto una voce limpida e chiara richiamò la sua attenzione su
una presenza che quasi non aveva notato, ma che ora si faceva avanti con un
pesante libro in mano.
Davanti a lei stava una ragazza, alta più o meno come
lei, con morbidi capelli castani che scendevano oltre le spalle e due
penetranti occhi verdi, che la fissavano attenti. La giovane si avvicinò,
sorridendole ironica per qualche istante, riportando poi lo sguardo sulle
pagine aperte davanti a lei.
Buffy continuava a guardarla, senza parire bocca.
Quella era la Custode? Una ragazza minuta di cui non riusciva a definire l’età?
La delusione attraversò la sua mente…non sapeva perché, ma aveva immaginato che
si sarebbe trovata di fornte una donna anziana, seduta davanti ad una specie di
palla di cristallo, nella quale scorrevano immagini di ragazze sparse per il
mondo; qualcosa di più…scenografico!
D’un tratto fu come se la sconosciuta si accorgesse
di lei, dopo averla superata con la mente assorta in ciò che leggeva. Si voltò
nella sua direzione, guardandola interrogativa.
“ti aspettavi una vecchia fattucchiera con un occhio
di vetro che fa i tarocchi?” domandò asciutta, poi si interruppe, come se
aspettasse una risposta che però non arrivava “posso darti del tu vero…Buffy?”
Lei non aveva ancora mosso le labbra da quando era
entrata, riusciva solo a fissare la sua interlocutrice. Quell’ultima domanda
però la riscosse dal torpore, e scosse
leggermente la testa
“sì…-pronunciò incerta – volevo dire, sì – scandì con
decisione, riferendosi solo lall’ultima domanda”
“bene allora, Buffy” sorrise l’altra, quasi con
condiscendenza. Probabilmente si era resa conto che la sua interlocutrice era
rimasta spazzata nel vederla, ed ora cercava di metterla a suo agio. “sentiamo”
la cacciatrice la fissò con diffidenza
“cosa vuoi da me?”
la Custode la guardò divertita e sorpresa
“io? A dire la verità nulla. Credevo fossi tu quella
piena di domande sull’essenza della vita”
l’estrema semplicità con cui le si rivolgeva
sconvolse Buffy, probabilmente sarebbe stato più facile per lei avere a che
fare con qualcuno da cui si sentiva apertamente minacciata, come poco prima,
nella sala del Consiglio.
“chi sei tu?” le domandò d’un tratto, come se volesse
spiazzarla
la Custode poggiò il libro sul tavolo, con gli
occhiali nella pagina aperta, e la fissò con insistente attenzione
“chi ti hanno detto che sono?”
“la Custode, scegli le cacciatrici se non sbaglio”
rispose immediatamente per farle capire che lo sperdimento iniziale era passato
per tutta risposta ricevette una risatina divertita
“è così che mi chiamano loro? La Custode?”
“già. –annuì, asciutta, come se volesse sottolineare
che non capiva la sua ilarità-perché?”
“il buon vecchio Howard, sempre aggrappato
all’etichetta! E scommetto che lo hai incontrato prima, in mezzo agli altri
membri. Quale frase apocalittica hanno usato con te?”
“non tutte le verità sono fatte per essere scoperte,
o qualcosa del genere” rispose, tutto sommato incuriosita
“carina, dovrò congratularmi” non aggiunse altro,
aspettando che fosse lei a parlare di nuovo
“non è questo il tuo nome?” domandò Buffy dopo
qualche istante, come se non volesse sprecare attimi preziosi
“Custode? Mio dio, no! Ne ho talmente tanti però, che
uno vale l’altro. Ogni generazione me ne ha dato uno diverso, sono solo una
semplice formalità – alzò le spalle. Sembrava veramente una ragazza, sia nei
modi che nella voce, ma c’era qualcosa in lei che turbava e affascinava nella
stesso tempo, qualcosa di diverso – ma tu lo sai meglio di me, vero Elisabeth?”
“come…”
“come lo so? Questi libri dicono tante cose – aprì le
braccia, indicando gli scaffali circostanti – e non tutti riguardano storie di
qualche millennio fa”
“è una faccenda diversa, non ti riguarda” rispose
Buffy secca, fissandola con nervosismo
“e cosa mi riguarda esattamente? Perché sei qui, se non
per questo?”
“mi hai chiamato” si difese, pur sapendo che non era
la verità
la custode la guardò, sorpresa
“credevo volessi qualcosa da me, ma se non è così
puoi andare”
no, no, no…la cacciatrice non riusciva a pensare ad
altro
“no…” farfugliò
“no? Cosa c’è allora?”
“chi sei tu?” la fissò con intensità, scrutando
attentamente in quegli occhi verdi, così diversi dai suoi
la Custode le sorrise
“Credo di non poter imbrogliare proprio te, hai avuto
parecchie esperienze con i trasformisti e i mutaforma – allargò un po’ le
braccia – questa forma però è quella che ho deciso di scegliermi. –la scuadrò,
per la prima volta con incertezza – non credo tu abbia capito”
“puoi prendere la forma che preferisci quindi” cercò
di riassumere
“posso, sì. Questa che vedi però è la prima, quella
con la quale sono…”
“nata?” concluse Buffy
“è più complicato di così, ma l’idea è quella. Ma non
si riferiva alla forma fisica la tua domanda vero? Io non sono di questo mondo,
o meglio, non sono di questa realtà – osservò la reazione della cacciatrice –ma
non è nemmeno questo che intendi. il tuo dono…È stato lui a metterti il dubbio,
Dracula?”
la fissò, come a dare tacita conferma. Non era utile
domandarle come faceva a saperlo.
“già. Beh…la risposta è in parte. Un potere come il
tuo non è facile da creare, e per sconfiggere esseri infernali era necessario
attingere dalla loro stessa fonte. Ma non credo sia una sorpresa per te
sentitelo dire, o sbaglio?”
“no, non lo è” rispose laconica. Ecco la sua
conferma, solo una conferma. Ormai ci era arrivata da sola; non era quello che
voleva chiedere alla Custode però, e sembrava che lei se ne fosse accorta
“adesso devo farti io una domanda Buffy: cosa stai
cercando? Cosa ti tortura fino a questo punto? Non certo trovare conferma di
qualcosa che hai già in gran parte intuito da sola…e allora perché tutta questa
incertezza?”
d’un tratto non fu più importante il cosa, la fonte
del suo potere. Non le interessò più se era giusto quello che combatteva: era
giusto per lei, e tanto bastava. Basta concetti aulici, fonti di potere, da
dove proveniva…saperlo non avrebbe cambiato il suo modo di agire. Solo una cosa
era rilevante davvero, importante per lei.
“voglio sapere perché io” le tremavano le mani, ma lo
sugardo rimase fermo sulla sua interlocutrice “perché hai scelto me?” ecco dove
era il dubbio. Perché, tra un milione di persone probabilmente tutte più forti,
più coraggiose, più meritevoli, quella strana…entità aveva scelto proprio lei? Elisabeth
Anne Summers, per gli amici Buffy, una ragazza ‘senza destino’, come aveva
detto al suo primo osservatore nove anni prima
la Custode la fissò per un attimo, sondandola. La
voce della cacciatrice era suonata seria e grave alle sue orecchie: era riuscita
a porre la domanda giusta. Prese fiato prima di iniziare a parlare, senza
badare agli occhi tesi della ragazza, che non si staccavano dalle sue labbra
“potrei dirti che ho scelto te perché eri la più
forte, perché vedevo in te in coraggio di superare ogni cosa e di sacrificarti
per un dovere in cui credevi. Potrei anche sostenere che lo ho fatto perché eri
la più adatta a sopportare il dolore, o perché eri una ragazzina frivola,
‘senza destino’ e non sarebbe stata una grave perdita per l’umanità – vide lo
sguardo di Buffy indurirsi e diventare leggermente lucido, stava facendo un
gande sforzo per trattenersi; tuttavia continuò – o forse lo ho fatto perché
qualcuno doveva essere scelto e tu sei stata la prima che ho esaminato. La
risposta può essere o non essere una di queste. Io credo però che la domanda
vera sia se sei stata in grado di assolvere il compito che ti è stato
assegnato, se ho preso la decisione giusta quando ti ho scelta: - la fissò con
intensità, sottolineando quelle parole- e la risposta è sì. Sì, ho dato il potere alla persona giusta,
non perché tu sia più coraggiosa, più forte, più adatta a combattere, più
sacrificabile di altre, ma perché ti sei dimostrata capace di affrontare quanto
ti si presentava davanti, senza mai arrenderti, perché hai avuto il coraggio di
seguire una strada che ti sei tracciata da sola e di sacrificarti in nome di un
sentimento. La risposta alla tua domanda: perché ho scelto proprio te, è perché
sei speciale. Ma non speciale in quanto migliore, ma in quanto potenzialmente
migliore. Migliore nel senso che avresti potuto fallire nel tuo compito, avresi
potuto non rialzarti dopo un duro combattimento, ma non lo hai fatto e sei
andata avanti, non tutte avrebbero agito nello stesso modo. Per questo sei
diventata cacciatrice.” Chiuse le labbra e aspettò la realzione di Buffy, che
la fissava interdetta. Una lacrima le aveva solcato le guance lievemente
arrossate e le faceva brillare gli occhi. Non riusciva ad articolare un
pensiero né ad aggiungere qualcosa, così si limitò a fissare quel volto di
ragazza, che la guardava di rimando con una strana espressione.
“non sono stata una buona cacciatrice, ho lasciato il
Consiglio” sussurrò
“non mi interessa quello che succede tra le
cacciatrici e il Consiglio, non è affar mio – disse, con dolcezza però, per
farle capire che la condotta non influiva sul suo giudizio – io scelgo chi è
potenzialmente adatto, ma non esistono scelte giuste, il modo di agire del
singolo le rende tali; e posso assicurarti che la tua scelta si è rivelata
corretta”
Buffa si avvicinò a lei, con passo lento ma costante
e cadenzato, continuando a guardarla negli occhi. La sua espressione non era
più di diffidenza, ne di tristezza: ora poteva dire di aver capito. Quello che
le aveva detto la Custode non era nulla di incredibile, né un concetto al di
fuori del pensiero umano, qualcosa che trascendesse tutti i principi sui quali
si era basata, ma solamente una semplice e lineare verità. Una verità che più
volte aveva toccato con mano, anche da vicino, ma che non era mai riuscita a
declinare per il suo caso personale: la vita era una continua scelta, e ognuna
poteva essere sia giusta che sbagliata.
Scelte, lei ne aveva fatte molte, moltissime, da quando era diventata
cacciatrice. Dare fiducia a Willow, anche dopo che aveva commesso terribili
errori con la magia; tornare a vivere davvero, dopo essere morta, …perdonare
Spike, dopo quello che si erano fatti l’un l’altro; e, non ultima, la sua
decisione di non tornare a combattere.
No, in quel momento il suo viso era disteso,
illuminato dalla luce talvolta infida di una nuova certezza.
Arrivò a pochi centimetri dal volto di lei,
continuando a fissarla, per poi abbassare lo sguardo sul libro poggiato sul
tavolo vicino e sfiorarne la copertina con una mano
“cosa contiene questo libro?” chiese semplicemente
“aprilo” la invitò, correndo anche lei con le dita
lungo la copertina
e lei lo fece: sfogliò le pagine miniate, con sottili scritte in caratteri gotici, senza
mai distogliere lo sguardo dalle immagini tracciate con inchiostro nero. Scorse
ogni riga, sino ad arrivare al punto in cui gli occhiali erano stati infilati
dalla sua interlocutrice: il punto in cui si era fermata.
“è…” sollevò di nuovo gli occhi
“è la tua storia, sì” annuì lei
“e chi l’ha scritta?”
“l’hai scirtta tu Buffy, certo qualcun altro ha
pensato a riportarla in questo libro, ma nulla era qui prima che tu lo facessi.
Niente era già deciso”
passò l’indice sulla montatura degli occhiali
“e le pagine successive che raccontano?”
la Custode le prese la mano, scostandola dagli
occhiali e chiudendo il libro
“tu cosa vuoi che raccontino?”
Buffy la guardò spaesata, passango gli occhi dalla
sua interlocutrice al volume la cui copertina, ora lo notava, raffigurava una
figura di donna in nero
“io…io –tornò a fissare il libro – non credo di
saperlo”
la Custode
cercò i suoi occhi
“è tutto basato sulle scelte Buffy, cosa credi sia
meglio per te? Nulla è sbagliato, solo che una vita non basta per provare tutte
le strade, e tu ne hai già intraprese molte. Adesso è arrivato il momento di
scegliere”
la cacciatrice la fissò
“diventare cacciatrice era il mio destino…in questo
credevo”
“e così è stato, diventare cacciatrice è stata la
strada giusta, devi esserne convinta Buffy. Però non commettere l’errore di
basare la tua vita sul destino, altrimenti potresti sbagliare e perderlo di
vista, seguendo invece il caso” sottolineò con lo sguardo queste ultime parole,
come se si riferisse a qualcosa di preciso
Buffy tornò a guardare la copertina in pelle rosso
scuro, con la figurina disegnata: quella era lei, quella era la sua vita. Lo
accarezzò con lo sguardo; quante cose le erano successe, quanti momenti di
gioia aveva passato…
Sì, aveva preso la strada giusta
Tornò a riflettere su quanto avava appena ascoltato:
‘non commettere l’errore di seguire il caso invece che il destino’…cosa
significava?
D’un tratto nella sua mente iniziarono a scorrere i
ricordi di qualche giorno prima…
Spike che la salutava, poi quella frase… “se sarà destino”….
E Giles, che le domandava se sarebbe tonata sui suoi
passi, se sarebbe tonata ad essere la cacciatrice. Lei ancora una volta lo
salutava dicendo “se sarà destino”
A cosa si appellava in quei momenti, realmente al
destino o al caso?
D’un tratto alzò gli occhi sulla Custode
“scegliere non è facile”
“No, ma nemmeno impossibile. Immaginati tra qualche
anno e chiediti chi vorresti essere Buffy; hai già fatto molto nella tua vita,
ma non sprecare quella che ti resta. Hai avuto coraggio a prenderti di nuovo
una responsabilità come quella di essere cacciatrice, ora continua ad averne e
decidi quale mondo preferisci; nulla sarà sbagliato, basta che sia tu a
scegliere”
“ma…gli altri? Che faranno gli altri?” ripensò a
Willow, Xander, Dawn, Mark e Spike…loro cosa avrebbero fatto? Quale strada la
avrebbe ricondotta da loro?
“non sei l’unica ad avere degli interrogativi
davanti, se gli altri sceglieranno strade differenti o la tua…beh, in questo
caso non esiste veramente altro che il destino”
Buffy sorrise “e tutto un po’ complicato”
“ho sentito dire che è questo il bello” rispose
l’altra, ricambiando il sorriso
tra le due cadde il silenzio, rotto solamente dal
monotono tic tac delle lancette di un orologio appeso alla parete. Fu la
Custode a riprendere a parlare
“credo che ora tu debba andare”
“già”
le porse una mano
“allora arrivederci, Buffy”
la cacciatrice la prese, stringendola con forza
“posso farti un’ultima domanda?”
“ sentiamo, però ti comunico che ho finito le massime
filosofiche” scherzò
sorrise, per poi pronunciare poche parole,con
un’espressione indecifrabile, tra la curiosità e la riconoscenza “come ti
chiami?” chiese, con voce ferma
la Custode le si accostò, sempre sorridendo,
sussurrandole qualcosa all’orecchio.
Buffy si allontanò di qualche passo, verso la porta
in fondo al salone, lasciandole la mano
“arrivederci”
poi le voltò le spalle, aprendo l’uscio che lei le
indicava con gli occhi.
Senza voltarsi indietro, sparì, lasciando che il
silenzio tornasse a regnare nella sala.
* * *
Faith fissava con insistenza il suo Brail da polso,
le cui lancette ticchettavano costanti sul quadrante scuro.
La domestica era rimasta con lei anche dopo
l’ingresso di Buffy, senza però mai rivolgerle la parola: era ormai parecchio
che l’anziana signora fissava la porta ancora ermeticamente chiusa. La
cacciatrice sbuffò di nuovo, poggiando la schiena contro il muro e incrociando
le braccia sul petto, chissà quanto ancora avrebbe dovuto aspettate prima di
poter entrare! Ripensò alle domande che le aveva posto buffy in aereo: come si
sarebbe presentata la Custode? Sinceramente a lei non importava molto, non
aveva mai badato troppo ai formalismi, quello che invece la preoccupava era
cosa le avrebbe chiesto. Lei non era come l’amica, avevano avuto esperienze di
vita totalmente diverse, non si domandava se era giusto quello per cui
combatteva, per lei era tutta una questione di potere: il più forte vince e
sopravvive e lei serviva a far si che i più forti rimanessero gli esseri umani.
Non c’era nulla che non le risultava chiaro in questo, era sempre stato così, e
così avrebbe continuato ad essere. Cosa poteva domandare quindi alla Custode?
Qual’era il quesito che non le faceva vedere chiaramente la vera realtà delle
cose?…ripercorse con li occhi della mente i mesi passati a Sunnydale, da Buffy.
Era stato un periodo incredibile per lei, anche se non aveva mai voluto
ammetterlo: trovare amici, gente che riusciva ancora a pensare a divertirsi
come un qualunque adolescente, ragazzi come lei, con i suoi stessi sogni, prima
che venissero infranti dalla dura realtà della vita affrontata troppo presto.
Aveva fatto presto ad ambientarsi, ad attirare nella sua rete una ragazzina
come Buffy che, nonostante tutto quello che aveva combattuto, non si era ancora
staccata dalla pseudo normalità, non era ancora arrivata a toccare il limite,
non era ancora diventata adulta.
Chiuse gli occhi e le tornò in mente il loro ultimo
combattimento, quando la aveva pugnalata per tentare di salvare Angel; in quel
momento nei suoi occhi si era spenta la luce di ragazzina che era rimasta
accesa sino a quando lei non la aveva tradita e anche Buffy finalmente aveva
lasciato andare la parte più nascosta dei suoi sensi, la stessa che, ogni notte
puntuale, la trasformava in un killer.
Sorrise, lasciando che i capelli neri si
sciogliessero dal fermaglio con cui li aveva legati e le ricadessero sul viso.
Sì, era stata lei, Faith, a farla uscire
completamente dal mondo dei sogni in cui era ancora relegata. Un bel primato.
Eppure, in fondo, anche se si era indurita, Buffy non era mai cambiata. Lei sì
poteva dirsi una vera cacciatrice, lei, che era sempre riuscita a superare il
dolore e a prevalere sugli eventi: non come lei, che si era sempre e solo fatta
cullare dal caso. Si era chiesta spesso come avessero fatto a scegliere proprio
lei per, almeno in teoria, prendere il posto di una come Buffy…
“è arrivato il suo turno” sussurrò cortesemente la
donna, sorridendole come se avesse aspettato meno di un minuto
alzò gli occhi al cielo e si accostò alla porta,
pronta ad aprirla, poi si fermò
“e Buffy?”
“è uscita dall’altra parte” rispose paziente,
indicando la sala con una mano rugosa
senza aggiungere altro, fissò per un altro istante il
viso della donna, per poi abbassare la maniglia di ottone che riluceva alla
luce artificiale del lampadario.
Fece qualche passo nella stanza, lasciando che la
porta si chiudesse alle sue spalle con suono ovattato, e iniziò a far roteare gli
occhi sugli scaffali che la circondavano. Osservò anche il resto
dell’arredamento: perfettamente in linea con il resto della casa, non aveva
dubbi.
Poi la sua attenzione venne catturata da una figura,
che la fissava dal lato opposto del tavolo che divideva la sala. La fissò con
curiosità, quasi sorridendo, certo non si era aspettata di incontrare una
ragazza alta come lei! Tuttavia non le dispiaceva che avesse un aspetto
così…comune, in un certo senso, in quel modo si sentiva come se avesse un
vantaggio morale sulla sua interlocutrice: erano tutte e due umane, se fosse
invece stata una creatura…diversa, si sarebbe sicuramente sentita più
minacciata. Il suo sorriso si allrgò: ma a cosa diavolo stava pensando? Anche a
un matto quel suo ragionamento sarebbe sembrato assurdo!
la custode seguì lo sguardo della ragazza, ridendo
“Mio Dio, anche Buffy ha avuto la stessa reazione! Ma
chi vi aspettavate di incontrare? Una specie di Maestro Yoda in versione
femminile?”
Faith sorrise, la ragazza iniziava a piacerle
“a dire la verità mi aspettavo qualcosa tipo un mezzo
demone con corna ovunque, ma ti assicuro che ti preferisco così”
“ma bene! Dovrò convincere il Consiglio a far
stampare una mia fotografia a colori sui manuali degli osservatori! – poi tornò
seria – allora…Faith – la fissò a sua volta con interesse, poi aprì le braccia
– sentiamo”
“prego?” chiese l’altra, senza capire
“beh, sei qui per sapere qualcosa se non sbaglio”
Faith la guardò un istante, cosa domandarle? aveva
sempre pensato che porsi troppi problemi riguardo concetti astratti era una
perdita di tempo, lei aveva sempre preferito il concreto, e in quel campo nulla
sembrava fuori dalla sua portata.
“se non è per chiedere, allora perché sei qui?” le
domandò dopo un attimo di silenzio la Custode, decisamente stupita
“beh…è una questione un po’ lunga da spiegare. Il
fatto è che…-alzò gli occhi al cielo, come spiegarglielo? – è che mi piacerebbe
– evidenziò con il tono della voce queste parole – che Buffy tornasse ad essere
una Cacciatrice. Lei non è molto d’accordo con la cosa, troppe questioni ancora
aperte a quanto dice; quindi, quando ha deciso di accompagnarmi qui e di venire
da te, ho pensato fosse un buon modo per riavvicinarsi a questa realtà e così
eccomi qua”
La Custode la squadrò una volta ancora
“posso chiederti perché speri che torni ad uccidere
vampiri? Non credo le piacesse molto”
“lei è nata per questo, tu che ci hai scelte lo sia
meglio di tutte! E poi sono convinta che nemmeno la normalità la attiri più di
tanto, ormai”
“perché?”
“perché ha capito che non si può cancellare una vita
in due anni, quando si entra in contatto con quello che ha conosciuto lei, non
è possibile rinnegarlo ”
La Custode iniziò a passeggiare per la stanza, facendo
scorrere una mano lungo la superficie liscia e levigata del tavolo in legno
“tu e lei, siete molto legate vero?”
abbassò gli occhi “non…non si può dire che abbiamo
mai avuto un rapporto di amicizia come si deve. Troppi alti e bassi, troppe
differenze. Abbiamo combattuto spesso una contro l’altra, quasi più che insieme
– paralva quasi con se stessa, ricordando gli avvenimenti che le avevano
portate a diventare avversarie “
“e allora perché vorresti che tornasse?”
“beh, abbiamo un rapporto complicato. Prima lei era
la buona e io la cattiva, ora però siamo tornate ad essere sullo stesso fronte,
neda una parte ne dall’altra. Ci sono stati momenti in cui l’ho odiata, odiata
davvero, perché vedevo in lei quello che sarebbe piaciuto anche a me essere,
altri in cui l’ho sentita più vicina di qualsiasi altro, adesso ho
semplicemente accettato che abbiamo preso due strade diverse e che nulla è rose
e fiori, ne per me ne per lei. ma, nonostante tutto, volenti o nolenti,
qualcosa abbiamo in comune e questo qualcosa è il fatto di essere cacciatici. È
come se ci legasse un filo, è come essere…”
“…sorelle?”
“una cosa del genere, sì. – sorrise tra sè e sé – non
ho mai capito come hai fatto a scegliere una come me per rimpiazzare …” alzò la
testa: la sua domanda
la Custode sorrise
“ecco la tua domanda allora”
Faith abbassò lo sguardo, fissando un punto alle
spalle della Custode, poi sospirò
“senti, la mia vita mi va bene così, non voglio
sapere niente, né perché hai scelto lei ne perché hai scelto me. Non cambierà
le cose: io sono una cacciatrice, lei è una cacciatrice e, che ci piaccia o
meno, siamo legate. Probabilmente adesso penseraidi aver preso un’enorme
cantonata quando mi hai attivata e con tutte le probabilità hai anche ragione,
ma non si torna indietro, quindi è meglio che tutto rimanga come sta, senza
predizioni e risposte a domande inutili”
gli occhi verdi della ragazza vagarono per il viso
della cacciatrice
“secondo te ho preso una cantonata scegliendoti?”
chiese sorpresa
“avanti! Ma hai visto Buffy? È lei quella giusta,
quella che sa prendersi cura dei suoi amici e salvare il mondo riuscendo anche
a fare un salto dal parrucchiere! – abbassò gli occhi – non è facile reggere il
confronto”
“e se ti dicessi che invece sono convinta di averci azzeccato
con te?”
“io ti ringrazierei per la fiducia, ma non sono molto
brava a realizzare le aspettative degli altri”
“e cosa si aspettano gli altri da te?”
Faith sospirò di nuovo, non ne poteva più di rispondere
a quelle domande, non sapeva nemmeno perché lo stava facendo. L’unica cosa che
voleva era andarsene e uscire da quella sala che improvvisamente le sembrava
troppo stretta. Non sapeva perché, ma trovarsi di fronte a quella ragazza le
dava un senso di inadeguatezza che non riusciva più a sopportare.
“niente! –urlò- gli altri non si aspettano niente da
me! E sai perché? perché non esiste nessun altro!…Il mio lavoro è quello di
scovare vampiri e mostri e ammazzarli, ho girato mezzo mondo, lo faccio da sola
e questa è stata solo una parentesi! Non sapevo nemmeno che Buffy e i suoi
amici fossero a Claveland quando mi ci hanno mandata e rivendendoli mi è venuta
questa idiotissima idea di…ma lascia perdere! Adesso io esco di qui e
riprenderò la mia vita, e c’è solo una cosa che voglio dirti – si puntò un
indice al petto – io non sono Buffy ma vivrò, sopravviverò, e sai perché?
Perché ho imparato a mie spese a correre più veloce degli altri. ”
la guardò quasi con tristezza, interrompendo il fiume
di parole che aveva scaricato contro la sua interlocutrice ma che erano più un
tentativo di autoconvincimento.
La Custode abbassò tranquillamente lo sguardo,
indicando la porta alle sue spalle
“bene, quella è l’uscita”
Faith, continuando a guardarla la superò raggiungendola
“Faith?” la chiamò ancora e lei, suo malgrado, si
voltò di nuovo “è per questo che ti ho scelta”
senza rispondere la ragazza afferrò la maniglia della
porta, stringendola nel palmo
“ma ricordati che le persone come Buffy sono nate per
sorprendere gli altri quando meno se lo aspettano – le gridò dal fondo della
sala, quando già aveva oltrepassato la soglia – e credo che tu sappia anche
che, nonostante tutto, voi due non siete così diverse: il destino di due
cacciatrici si intreccia sempre,
ricordalo”
Faith si chiuse la porta alle spalle, trovandosi
improvvisamente sul pianerottolo d’ingresso dal quale era entrata. Si guardò
intorno circospetta, alzando il bavvero del suo giubbotto di jeans e mettendosi
su una spalla il borsone che era stato appoggiato sul primo gradino, poi
attraversò la strada ancora umida di pioggia, diretta alla stazione.
Giunta dall’altro lato della strada si fermò di
nuovo, guardandosi introno e cercando qualcuno con lo sguardo…sapeva, sentiva
però che lei se ne era andata. Aveva risolto tutte le faccende in sospeso di
Buffy ed ora doveva fare lo stesso con Elisabeth. E lei non poteva fare altro
che mettersi da parte: perché ormai la decisione poteva essere solo ed
esclusivamente sua.
Abbassò un attimo gli occhi: aveva imparato a non
farsi mai troppe illusioni, dopotutto. E poi la solitudine non era così male, a
volte! Sorrise amara tra sé e sé, ma chi voleva convincere? Eppure le ultime
parole di quella strana ragazza le rimbombavano ancora come un eco nelle orecchie
…il destino di due cacciatrici si intreccia, sempre…
* * *
“perché fai così?” urlò Fred, con gli occhi che si
stavano riempiendo di lacrime
“così come Fred, così come?” Spike, arrabiato ed esasperato,
raggiunse il soggiono a grandi passi, seguito a ruota dalla ragazza. Ecco un
altro litigio, l’ennesimo nelle ultime settimane. Perché non poteva lasciaro in
pace? Non riusciva a continuare così
lo indicò con entrambe le mani
“così maledizione! Chi diavolo sei tu Spike? non so
niente di te!”
“e cosa c’è da sapere Fred, cosa vuoi? Che ti
racconti per filo e per segno i miei 125 anni di non vita? È questo? Vuoi
sapere quante persone ho ucciso, quante ne ho trasformate in vampiri?” sbraitò
lui, voltandosi di scatto
“voglio capire chi sei! Voglio entrare a far parte
della tua vita, ma tu ti ostini a tenermi fuori, ad allontanarmi da te! Credi
che non potrei capire?”
“Fred, non è il momento!”
“e quando, quando sarà questo momento? Sono mesi che
questa storia va avanti! meno di due settimane fa sei tornato dopo essere
sparito per quasi dieci giorni, e io so a mala pena in che Stato eri finito! Ti
sembra una rapporto questo?”
“perché…perché ti ostini in questo modo? Cosa importa
il mio passato? Con chi sono stato prima non conta!”
“e allora perché non me ne parli?…A lei lo avevi
raccontato” sussurrò con rancore, e il vampiro, anche senza che lei ne
pronunciasse il nome, sapeva a chi si riferiva
“come fai a…” rispose, spiazzato, ricordando suo
malgrado la notte passata con Buffy al Bronze, quando le aveva raccontato la
sua lunga esperienza di vampiro.
“…a saperlo? Me lo hai appena confermato tu” lo
interruppe, con voce amara e tono recriminatorio
“senti Fred…” rpovò ad avvicinarsi, ma la mano della
ragazza si frappose al suo torace: nelle dita strengeva un piccolo pezzo di
carta, il numero di telefono di Buffy
“l’ho trovato sotto il cruscotto – disse lentamente e
con voce atona – cercavo le chiavi di casa ed avevo preso la tua macchina” lo
prese con entrambe le mani, portandoselo davanti ed inizando a leggerlo
“Elisabeth Summers, New York, Smithers&Co assicurazioni – lo girò
lentamente, tenendo gli occhi in quelli di Spike, e lesse anche quanto stritto
sul retro – Buffy, questo è il suo numero di telefono. Ecco come vengo a
scorprire le cose Spike. Credi che mi sarei arriabbiata se me lo avessi detto?
Non ho mai nemmeno pronunciato il suo nome da quando sei tornato, ma tu non mi
hai dato neanche il beneficio del dubbio” rimase in silenzio per qualche
minuto, aspettando una sua reazione che però non arrivò
“adesso te lo restituisco Spike – allungò il
biglietto da visita – ma ti chiedo di stracciarlo”
la mano, che il vampiro aveva teso a sua volta per
prenderlo, si fermò a mezz’aria
Fred non accennava a ritirare il foglietto, tuttavia
ancora stretto nelle sue mani. Aspettò alcuni istanti che lui lo prendesse, ma
la sua fredda mano non accennava a muoversi. Una lacrima le rigò il viso, già
arrossato dalla rabbia
“perché?” sussurrò con un filo di voce, lasciando
cadere il pezzo di carta a terra
Spike abbassò gli occhi
“perché con me non riesci a…” ma lui non la lasciò
terminare
“fa troppo male Fred – prese un lungo respiro, come
se pronunciare quelle parole gli costasse enorme fatica- non…non riesco a
continuare così. – si chinò lentamente a raccogliere il biglietto e lo strinse
nel pugno, spiegazzandolo – mi dispiace”
“cosa è successo a Claveland? Eravamo felici…prima!”
sussurrò
lui strinse la mascella, rifuggendo di nuovo il suo
sguardo
alzò gli occhi al cielo, per evitare che le lacrime
continuassero a scorrere
“cosa è successo Spike, dimmelo!” lo prese per il
bavvero della camicia “dimmi perché lei sì e io no” scandì con rancore
Spike le afferrò le mani, scostandole
“Fred, ti prego, basta”
le voltò le spalle, dirigendosi verso la porta, ma la
sua voce lo fermò di nuovo. Questa volta era tagliente e scossa dai singhiozzi
“così è finita, mi stai scaricando Spike – rise con
rabbia – e adesso? Andrai da lei? ti presenterai con un mazzo di fiori ed il
cuore in mano? Lei si sarà rifatta una vita e tu lo sai! E stai mandando
all’aria tutto quello che c’è stato tra noi per…per niente!”
la fissò un istante
“mi dispiace”
poi uscì dalla porta senza voltarsi indietro, si
diresse al parcheggio e salì in macchina. Il motore si accese con un rombo e
lui ingranò la marcia, lasciandosi ben presto alle spalle il palazzo della
Angel Investigations. Senza rendersene conto, stringeva ancora in pugno il
biglietto da visita di Buffy: l’inchiostro delle lettere aveva perso i suoi
contorni distinti a causa del sudore dei palmi e adesso la carta umida aderiva
perfettamente al volante.
Guidò per più di un’ora, fino a quando le sagome
degli edifici del centro non furono altro che punte di spilli e il caotico
paesaggio cittadino e autostradale ebbe lasciato il posto a piccole e ordinate
monofamigliari. Sterzò bruscamente, fermando l’auto dietro il grande catello di
lamiera che recava a grandi lettere “YOU ARE LEAVING LOS ANGELES”: il sole
stava già tramontando, proprio come il giorno in cui era tornato.
Scese dalla vettura, chiudendosi alle spalle lo
sportello con un gesto secco, il biglietto ancora intrappolato tra le dita. Ne
fissò con attenzione i contorni d’inchiostro sbavati, lasciando che la leggera
brezza serale gli scompigliasse i capelli.
Lesse di nuovo il suo nome, Buffy, e poi sorrise.
Cosa avrebbe fatto ora? La verità era che non ne aveva idea. Non ne aveva idea.
Insipirò l’aria fresca e attraversò la strada, sino a
raggiungere il ciglio opposto, che lasciava spaziare gli occhi su una distesa
di montagne rossastre, dietro cui il sole già si nascondeva. L’ironia del
destino.
Probabilmente lei era già tornata da Londra, dove aveva
incontrato la Custode, e adesso la sua vita aveva ripreso il suo normale corso.
Forse, proprio in quell’istante, lei era tra le braccia di un altro…e lui aveva
appena rotto con Fred, la cosa più bella che gli fosse capitata dopo la sua
morte. No, la cosa più bella era stato l’abbraccio di Buffy quando si erano
rivisti…
Sospirò, cacciando il pensiero.
Aveva rotto con Fred, ecco su cosa doveva
concentrarsi. Cosa doveva fare dunque? Fissò il cielo che si tingeva di rosso e
una straordianaria calma si impossessò del suo corpo. Provare di nuovo ad avere
una storia con lei non era possibile, renderla partecipe del suo passato
impensabile. Era troppo giusta, tranquilla, serena per essere contaminata con
racconti di quel tipo; e poi sapeva che a lei non importava la sua vita in giro
per l’Europa, di quella parte di lui non si curava nemmeno, le premeva sapere
quello che aveva passato a Sunnydale, da Buffy. Perché Fred si sentiva così
minacciata da lei? eppure aveva sempre evitato accuratamente il discorso, anche
nei suoi pensieri aveva rinunciato a fare un confronto! Loro due non potevano
essere paragonate: gli davano sensazioni completamente differenti, e sino a
quel momento aveva sentito solo il bisogno della calma ristoratrice di Fred.
Dopo Claveland la situazione però era cambiata e non
poteva negarlo: rivedere Buffy, stare di nuovo con lei, entrare di nuovo a far
parte di un mondo che era andato distrutto molto tempo prima lo aveva
risvegliato. O meglio, aveva risvegliato in lui sensazioni che ormai sperava sopite,
ma che erano solo rimaste in un angolo della sua mente e che si erano rifatte
prepotentemente spazio in essa. Aveva dimenticato quanto fosse bello
condividere tutto con un’altra persona, dimenticato cosa voleva dire avere
tanta fiducia il lei da essere in grado di farsi da parte. Non che non
riuscisse a provare fiducia in Fred, ma per lui quel sentimento equivaleva a
qualcosa di più che il semplice affidamento: comprendeva la totale e cieca
capacità di accettare una decisione dell’altra; e non poteva dire di riuscire a
fare lo stesso con Fred. Forse perché aveva sempre avuto paura di mettersi a
nuodo davanti a lei, di aprirgli il suo mondo e di farla entrare, lei era
troppo…troppo appartenente ad una sorta di compromesso con la normalità, e le
aberrazioni di cui il suo mondo era infesato non avrebbero fatto altro che
rovinarla.
E di una cosa era sicuro: se non era riuscito in quei
due anni a rendere Fred una parte di sé, certamente non sarebbe più riuscito a
farlo.
Meglio farla finita allora, per il bene di tutti e
due: basta stupide liti senza senso, basta conversazioni troncate a metà prima
di dormire, basta silenzi. Soprattutto basta silenzi: era temendamente
difficile nascondere la sua natura, soprattutto davanti alla donna che avrebbe
dovuto accompagnarlo per il resto della vita, ed era quello che aveva dovuto
fare con Fred. Perché lui era un vampiro, diverso ma sempre un vampiro, con un
passato con cui fare i conti, che non riguardava solo l’amore. In lui c’erano
morte, disperazione, rabbia che l’anima o la coscienza non avrebbero potuto
cancellare; e Buffy era l’unica a poter dire di avere visto il meglio e il
peggio di lui. L’unica. L’unica per lui.
Sarebbe stato bello poterci credere…
Credere nel fatto che avrebbero potuto ricomincare,
credere che poteva esserci un futuro di cui facevano parte entrambi.
Fissò di nuovo il cartoncino, che vibrò spinto da una
leggera brezza.
Proprio in quel punto poche settimane prima stava per
farlo volare, per lasciare che il vento lo portasse lontano da lui.
Quella volta non aveva avuto il coraggio di lasciarlo
andare.
Ripensò a Buffy, ora lei aveva una scelta davanti.
Poteva aver già deciso, oppure ci stava ancora riflettendo, ma in quel momento
non era importante. Sapeva che avrebbe fattto la scelta giusta. Avrebbe avuto
una vita piena di gioia, una vita da vivere a pieno, come era sempre stata la
sua.
E sarebbe volata via
Guardò il cielo, sorridendo, e vi vide i suoi occhi,
limpidi e profondi come le nuvole. E la sua lunga memoria corse indietro, fino
a tornare alla loro serata, quella in cui si erano conosciuti. Ripercorse i
ricordi e la vide crescere, cambiare e vincere.
Ed era valsa la pena per ogni attimo passato con lei,
per ogniuno.
Quello era il momento, il momento di dimostrare
ancora una volta la sua fiducia in lei. e lasciarla andare.
No, non avrebbe fatto come credeva Fred.
Non sarebbe tornato da lei, non adesso, non così
E lei sarebbe volata via.
Per ritornare, forse
Per fuggire, altrimenti
Era qualcosa di impredicibile, ma giusto in fondo.
E lo sarebbe stato perché la loro vita doveva andare
avanti, in ogni caso.
Sorrise nuovamente a quegli occhi, poi gettò il
biglietto da visita, che piroettò nell’aria per cadere oltre il ciglio della strada.
Fissò ancora una volta l’orizzonte, poi si voltò,
camminando verso la macchina.
Di una cosa era certo però: lei sarebbe rimasta
l’unica per lui, sempre.
Cap.10 – Questione di Sangue
Si alzò dal tetto, nel quale si era infilata ancora
vestita e senza aprire le coperte. Si stiracchiò di malavoglia, osservando le
lancette della sveglia, che segnavano già le 7.30. poco meno di due settimane
prima aveva Willow che la svegliava.
Ripensò all’amica, mentre si dirigeva in bagno:
nonostante le promesse non si erano ancora telefonate.
Si guradò allo specchio sopra il lavandino, lasciando
intanto scorrere l’acqua. I capelli le ricadevano scomposti sule spalle e gli
occhi verdi erano leggermente arrossati, probabilmente a colpa del poco sonno e
dei troppi pensieri.
Si bagnò il viso, tamponandolo poi con l’sciugamano,
e tornò ad osservarsi, questa volta più in profondità: chi c’era davanti a lei?
Elisabeth o Buffy, la cacciatrice o la ragazza normale?
Fissò l’immagine riflessa un altro istante, poi
lasciò defluire l’acqua e si diresse verso la camera da letto, ancora oscurata
da una vaga penombra.
Alzò le serrande e il paesaggio metropolitano di New
York si presentò ai suoi occhi in tutta la sua caotica vitalità: macchine che
sterzavano sull’asfalto bagnato, lavoratori che si dirigevano svogliatamente in
ufficio, l’imbocco per la fermata della metropolitana ghermito di gente.
Proprio dove avrebbe dovuto già essere lei.
Aprì l’armadio senza troppa voglia, osservando il suo
fornito guardaroba; quel giorno sarebbe dovuta andare in ufficio così scartò i
jeans e i pantaloni, optando per un sobrio vestito chiaro. Si vestì
svogliatamente, d’un tratto quegli abiti le sembravano così scomodi e la casa
poco funzionale: nulla era dove avrebbe dovuto essere e mancavano cose per lei
essenziali. Un giardino per esempio.
Si avviò di malavoglia verso la cucina, notando un
foglietto di carta con un appunto scritto a mano, posato sul tavolo. Lo prese,
stringendolo tra le dita, e ne lesse mentalmente il contenuto: un messaggio lasciato
da Mark la sera precedente, nel quale la invitava a casa sua quella sera, per
parlare. Fissò quell’ultima parola mordendosi il labbro inferiore e,
insipiegabilmente, un brivido freddo le percorse la schiena. Parlare, dovevano
parlare, ma non come immaginava lui. Non di trasferimento nello stesso
appartamento, non di vacanze. Lei non poteva più andare avanti così, dopo
averlo liquidato raccontandogli di come lei, sua sorella e il fantomatico amico
di San Francisco avessero passato due splendide settimane parlado dei vecchi
tempi. Non sapeva ancora come avrebbe fatto, ma doveva raccontargli qualcosa,
non tutto forse, ma con il tempo sentiva che ciò le sarebbe diventato sempre
più difficoltoso rimandare l’ormai intevitabile verità. Quella che aveva nascosto
al mondo per oltre due anni ma che ora non aveva più intenzione di accantonare.
Chiudendo gli occhi ripensò alla Custode: perché
doveva essere tutto così complicato?
Guardò per l’ennesima volta l’orologio: era tardi,
terribilmente tardi. Ripose il biglietto di Mark sul tavolo, prendendo la
giacca, poi chiuse la porta d’ingresso a due mandate e scese in strada, i
tacchi che ticchettavano ritmicamente sull’asfalto, dirigendosi verso
l’ufficio.
Il tempo…sembrava quasi che le mancasse. Tutto accadeva
così velocemente e lei non riusciva più a starci dietro: doveva occuparsi di
Mark ma anche di Dawn, che non le aveva ancora telefonato, parlare con Willow,
nella speranza di non lacerare nuovamente il loro rapporto appena ristabilito,
e poi rintracciare Faith, la aveva aspettata fuori dalla sala della Custode
sino a quando l’anziana domestica non la aveva avvisata che se ne era già
andata, e dare una risposta al signor Giles, sul quale il consiglio premeva
perché lei restituisse i poteri. Infine Spike…non aveva ancora dimenticato, e
probabilmente neppure accettato, il loro addio. Troppe cose da chiarire, eppure
la vita proseguiva con il suo ritmo incessante e lei poteva solo sperare di non
peredere l’attimo.
Accellerò il passo.
Oltrepassò la grande porta in vetro che dava
sull’atrio del palazzo in cui lavorava, tuttavia quell’enorme spazio non la
colpì come aveva sempre fatto e lo attraversò a passo rapido, senza nemmeno
fermarsi.
La prima tappa fu l’ufficio del direttore, dal quale
era stata contattata telefonicamente solo un’ora dopo il suo rientro.
Bussò alla porta con decisione e si diresse verso
l’uomo non appena quest’ultimo le fece segno di entrare
“signorina Summers, spero abbia passato bene queste
vacanze con sua sorella”
“bene, la ringrazio” sorrise lei, contrariata però
dall’eccessivo controllo a cui era evidentemente soggetta
“so che è tornata molto tardi qualche giorno fa”
annuì lui, studiando le carte che aveva sotto gli occhi con interesse
“posso chiederle come fa a saperlo?” rispose lei,
rifiutando l’invito a sedersi
L’uomo alzò la testa sorridendo “abbiamo a cuore la
vita dei nostri dipendenti come quella dei nostri clienti signorina”
Lei si limitò a fissarlo, senza però rispondere, ed
egli riabbassò il capo, strizzando più volte gli occhi, come se stesse leggendo
qualcosa di scritto molto in piccolo
“è qui da quasi due anni e sono felice di notare
l’ottimo lavoro da lei compiuto”
lei annuì, senza capire però dove lui volesse andare
a parare
“voglio dire: le piace il suo lavoro – la scrutò
oltre le lenti degli occhiali – vero?”
lei lo fissò un attimo, per poi annuire pacatamente
“certo”
“bene, perché ho intenzione di offrirle la
possibilità di fare un enorme passo avanti con la sua carriera” poi le indicò
un fascicolo sulla scrivania, con il suo nome scritto sopra
lei si avvicinò, ancora incerta, prendendo tra le
mani le carte e scorrendo le prime pagine
“quella è la sua possibilità di arrivare in alto” ammiccò
eloquentemente, lasciando passare un attimo di silenzio “vada ora”
lei lo guardò ancora un attimo, poi salutò
“arrivederci”
“arrivederci…ah, e buon lavoro” si passò una mano
sulla corta barba grigia e la seguì con gli occhi fino a che la porta non si fu
richiusa alle sue spalle
La ragazza si diresse verso il suo ufficio a passo
spedito, senza alzare gli occhi dai fogli e lasciando che una ciocca di
capelli, sfuggita dalla morbida acconciatura, andasse a sfiorare la stanghetta
degli occhiali da vista.
Si sedette nella comoda poltrona di cuoio,
affondandovi, e finalmente distolse lo sguardo dagli scritti, gettando la testa
indietro.
Tolse gli occhiali, che poggiò sul tavolo, e si
strofinò gli occhi, puntati al soffitto.
Il destino…il destino…non riusciva a pensare ad
altro. Ora sarebbe toccato a lei non lasciarselo sfuggire per seguire solo il
caso.
Nel cuore un enorme emozione non la aveva abbandonata
da quando aveva letto le prime pagine, che ora giacevano impilate nel centro
della sua scrivania in bell’ordine.
Poi, come se sentisse di essere osservata, si
ricompose, inforcando di nuovo gli occhiali e tornado a fissare il plico appena
ricevuto; le prime righe dicevano:
Contratto di assicurazione per la SmartConstructions,
impegnata nel risanamento e nella ricostruzione della zona di Sunnydale,
California, distrutta a causa una violenta scossa tellurica.
Buffy rilesse più volte quelle parole, senza che
l’emozione la lasciasse. Poi afferrò la cornetta, componendo a memoria il
numero di telefono che si era ripetuta tante volte mentalmente in quelle
settimane ma che non aveva mai avuto il coraggio di chiamare.
“Microsoft Corporation” rispose qualcuno dopo due
squilli
“Willow” sussurrò riconoscendola subito, con voce
ancora alterata da un misto di gioia e incredulità
“Buffy, ciao!” rispose euforica, con tono totalmente
differente dalla loro telefonata prima di partire per Claveland
“Willow la stanno ricostruendo…”
“Buffy ma cosa…” ma lei la interruppe
“…ricostruiscono Sunnydale”
dall’altro capo del filo, sul viso della ragazza,
comparve un sorriso.
“Buffy…Buffy ma sei sicura?” balbettò, stringendo la
cornetta con entrambe le mani
Buffy sospirò, passando le dita sui fogli ancora
posati davanti a lei
“ho le carte qui davanti”
“quali carte?”
“un contratto assicurativo per una compagnia edile –
si fermò – Willow ma ci pensi? Ricostruiscono Sunnydale” la gioia traspariva da
ogni sua parola, ma venne frenata dall’inevitabile domanda dell’amica
“sì…e adesso che farai? Volgio dire, tu ora vivi a
New York…”ma si interruppe subito, cosciente di aver gettato sull’amica il peso
di un’altra decisione
“non lo so Willow…non lo so”
“ehy Buffy, non devi decidere subito, c’è ancora un
po’ di tempo – sussurrò con voce rassicurante – tu inizia solo a pensarci”
“sai…per un attimo ci ho rivisti tutti là, insieme,
nel mio giardino – abbassò gli occhi – ma adesso ricordo che io non ho più un
giardino”
rimasero qualche minuto in silenzio, salutandosi poi,
entrambe con un milione di idee per la testa.
* * *
quella sera Buffy rientrò più tardi, il cielo era già
di una tonalità rossa e le sagome scure degli alti grattaceli lanciavano ombre
lunghe e scure sulle strade ancora bagnate della pioggia del pomeriggio.
La ragazza si diresse verso la metropolitana,
stringendosi maggiormente nel cappotto nero e alzandone il bavvero. Camminava a
passo spedito per i lunghi tunnel, illuminata solo da fredde luci al neon. Si
guardò attorno più volte, circospetta, per poi infilare le mani nelle tasche e
procedere a passo più rapido. Quello non era un bel posto la notte.
Raggiunse la sua fermata, senza però osare
avvicinarsi alle panchine d’aspetto. Un uomo ubriaco era straiato lì,
strofinandosi ripetutamente gli occhi. Lei evitò di guardarlo, tenendo lo
sguardo fisso sul muro grigio e sporco; tamburellava insistentemente con il
piede, impaziente che la metropolitana arrivasse e lanciando furtive occhiate
all’orologio posizionato alle sue spalle.
Quel posto non le piaceva, per niente.
I suoi occhi saettavano circospetti da un angolo
all’altro dell’ampio spazio sotterraneo, soffertmadosi solo un attimo sulle
schiene dei pochi passeggeri che, come lei, aspettavano il treno alla fermata
dietro di lei. Li contò mentalmente: quattro, cinque se contava anche il
senzatetto sulla panchina.
Voltatasi, la metropolitana fischiò alle sue spalle e
il rumore delle porte automatiche che si aprivano stridette nelle sue orecchie.
Due persone salirono, una sola scese, per poi dirigersi a passo rapido verso
l’uscita.
Tamburellò nuovamente sulla gamba con la mano
infilata in tasca, perché era così nervosa? Eppure le era già capitato di
rimanere in metropolitana da sola.
D’un tratto un neon a qualche metro da lei si spense,
emettendo qualche scintilla bluastra.
Lo fissò nervosamente, qualcosa non andava.
Guardò un’altra volta l’orologio, erano le 21 e 18.
la metro avrebbe dovuto essere lì tra 5 minuti, tutto in oriario quindi.
Inspirò profondamente, cercando di calmarsi. Era
colpa della notizia ricevuta quel giorno, ecco cosa la rendeva nervosa.
Scoprire che avrebbero ricostruito Sunnydale…no, c’era qualcosa nell’aria
Si sentì afferrare per un braccio e il panico si
impossessò di lei. in un attimo aveva afferrato la mano guantata del suo assalitore
“mi scusi” esclamò stupito il giovane che era
comparso accanto a lei “non volevo spaventarla” e tentò di mollare la presa
intorno al suo braccio, ma Buffy continuò a bloccargli la mano per un altro
attimo
“non si preoccupi – rispose fredda, ritirando l’arto
e allontanando lo sguardo – ha bisogno di qualcosa?”
“mi sa dire a che ora passa questo treno? Sa, non
sono di qui…” rispose lui gentilmente, quasi si sentisse in colpa per averla
spaventata
Buffy guardò il suo orologio da polso, senza tornare
a fissare il giovane
“sarà qui tra 5 minuti”
“ma è sicura di stare bene?” domandò ancora lui
Buffy sorrise, era tesa come una corda di violino, e
senza motivo per di più. Quel ragazzo si stava preoccupando e lei non lo
guardava nemmeno!
“sì, non si…- in quell’attimo si girò, cosciente dei
suoi modi sgarbati- preoccupi” biascicò, prima che due occhi gialli si
perdessero nei suoi.
Non fece in tempo a gridare, perché la stessa mano che
prima la aveva afferrata, gelida una volta liberata dal guanto, le chiudeva la
bocca.
Sgranò gli occhi, tentando di liberarsi dalla
stretta. Il freddo di quelle dita chiuse sul suo mento però la riscosse da
quell’istante di sperdimento
Il vampiro le aveva immobilizzato le braccia ed ora
la guardava ridendo
“Ancora certa di stare bene?” sghignazzò “dovrebbe
stare attenta a girare sola di notte, si potrebbero fare brutti incontri!”
la strattonò ripetutamente per scoprire il collo dal
bavvero che lei si era alzata per ripararsi dal vento
“coraggio, non farà così male!” riprese ironico,
senza mai smettere di guardarla negli occhi con una ilarità famelica
Buffy lasciò cadere la borsa, guardandosi intorno con
gli occhi sgranati. Nessuno. Non c’era nessuno che si rendesse conto di quello
che stava succedendo. Provò a gridare, spingendosi in direzione della banchina
opposta, distante una decina di metri, dove due persone le davano le spalle,
ignare di quanto stava accadendo. Inutilmente.
“non provare a fregarmi tesoro” le intimò in un
sibilo il vampiro, schiaffeggiandola, senza però mollare la presa intorno alle
sue braccia, ben attento a non farla cadere.
Il viso di Buffy si girò, a causa dell’impeto del
colpo, e un rivolo di sangue iniziò a scorrerle lungo il mento.
La ragazza lanciò un’altra occhiata intorno a sé, poi
fu come se si fosse svegliata.
Facendo leva sulle braccia del vampiro gli assestò un
calcio in pieno stomaco, lasciandolo cadere a terra, dolorante.
Si passò una mano sul labbro sanguinante e ravviò il
capelli, sciolti dalla stretta coda. Fissò un attimo il vampiro, indecisa sul
da farsi, e cercò con lo sguardo un qualche testimone.
No, nessuno aveva visto niente.
Cosa avrebbe dovuto fare? Ucciderlo? Si guardò
attorno, in cerca di un oggetto che potesse fungere da paletto, individuando i
pezzi di una cassetta di frutta, abbandonata in un angolo vicino ai binari.
Tuttavia non si mosse per raccoglierli, ucciderlo?
In fondo…in fondo lei non era più la cacciatrice.
Quando si era trattato di farlo perché cagionata dal fatto di essere in una
posizione speciale nei confronti del consiglio era stato facile, ma in quel
momento, nella città in cui si era trasferita e dove aveva condotto
un’esistenza all’insegna della dimenticanza di quel genere di forme di
vita…quella era un’altra cosa.
Fissò con disprezzo il vampiro che si stava rialzando
“vattene” poi si chinò a raccogliere la borsa che le
era scivolata durante l’aggressione e gli voltò le spalle
lo sentì rimettersi in piedi, ma non i suoi passi che
si dirigevano verso l’uscita. Poi solo il frastuono della metropolitana.
Percepì un movimento rapido verso la sua schiena, e
le bastò un attimo per reagire.
Un piegamento rapido e nella sua mano si materializzò
il pezzo di legno…il rombo sempre più vicino…
Si voltò, e quegli stessi occhi gialli che prima la
avevano immobilizzata erano di nuovo di fronte ai suoi…il fanale anteriore si
stava avvicinando sempre più velocemente dal fondo buio del tunner…
Un movimento del braccio, precisio e meccanico e vide
solo polvere, spazzata via dall’arrivo del vagone che, rallentando, si fermò a
pochi passi da lei.
Lanciò intorno un altro sguardo furtivo, poi si
richiuse nella giacca e salì, sedendosi nel primo posto libero.
Perché…perché lo aveva fatto? Lo aveva provocato,
deliberatamente. Gli aveva voltato le spalle, un tacito invito a riprovarci,
quando il suo ultimo pensiero era stato di andarsene.
Poi ricordò, quella era stata la prima sera, in due
anni, che usciva dall’ufficio dopo il tramonto.
Si guardò una mano…aveva ancora il potere in sé, era
ancora una cacciatrice. Solo per un attimio aveva provato panico, poi quei
gesti si erano trasformati in movimenti incondizionati e già collaudati. Non
importava dov’era, se a New York, a Claveland o…Sunnydale. Da ogni parte era
uguale: stessi mostri, stessi nemici, stesso bisogno di qualcuno che facesse
quello che aveva appena fatto lei.
Scese alla sua fermata con una strana sensazione di
nausea e il desiderio di cambiarsi i vestiti. Prima di aprire la porta sbattè
di nuovo il cappotto…la polvere…
Entrò frettolosamente, chiudendo di scatto la porta
alle sue spalle e appoggiando la fronte su di essa. Ancora, lo aveva fatto
ancora. Eppure non aveva commesso nulla di male…uccidere un vampiro che,
altrimenti, avrebbe fatto strage non poteva dirsi un atto negativo. L’unico
problema era che non sarebbe spettato a lei sporcarsi le mani, non era più il
suo momento. E poi non le era mai capitato nella sua nuova città, la stessa
dove avrebbe dovuto riprendere una vita normale.
Gettò la giacca sul divano, sedendosi poi nella
morbida poltrona senza nemmeno accendere la luce. Solo dopo si accorse che il
pezzo di legno che aveva usato contro il vampiro era scivolato dalla tasca del
cappotto ed ora giaceva sul pavimento.
Si era sentita di nuovo una cacciatrice. La Buffy che
aveva cercato di ricacciare da quando era tornata si era riaccesa e cercava di
tornare a galla. E lei sapeva che nona vrebbe più potuto nasconderla a lungo.
Non a Mark, non al mondo…
Il telefono squillò ripetutamente, ma lei non si
mosse nemmeno per raggiungere il cordless e lasciò che si attivasse la
segreteria. Un fischio elettornico e la sua voce registrata fecero da preludio
alle poche parole che contribuirono a spiazzarla ulteriormente.
Era Giles: la sua voce bassa sembrava ancora più
roca, filtrata dalla cornetta del telefono
“Buffy…sono Rupert Giles –una piccola pausa
imbarazzata – spero tu abbia fatto un buon ritorno a casa e che in Inghilterra
la Custode sia riuscita ad aiutarti – altro momento di silenzio – però…però mi
vedo costretto a chiderti cosa hai deciso di fare, del tuo futuro intendo.
Vedi, te lo dico perché il Consiglio non accetterà ancora per molto un ‘forse’
come risposta…vuole sapere se ritornerai attiva. In caso contrario è necessario
che noi ci vediamo per l’indovena che neutralizzerà di nuovo i tuoi poteri. –
sospirò nella conetta – ti dico solo di scegliere quello che ritieni meglio per
te, so che qualunque cosa ti abbia detto la Custode ti aiuterà nella decisione
e sono sicuro che sarai felice, sempre. Perciò non preoccuparti troppo…-rise
sommessamente – sai Buffy, è terribile perlare in queste macchinette…beh, ti
saluto…Elisabeth”
poi la voce tacque e il silenzio tornò a regnare
nella stanza. Una mano della ragazza era premuta sul telefono, senza che però
la cornetta venisse alzata.
Uno squillo improvviso del campanello la riportò alla
realtà, mentre la sua mente si perdeva di nuovo tra quelle parole registrate.
“Elisabeth,
apri sono io” sentì gridare da dietro la porta e si alzò per aprire a Mark
Entrato, lui la squadrò scettico
“vieni così a casa di Clarice?” chiese stupito,
osservando i suoi abiti sgualciti dopo il lavoro e il combattimento in
metropolitana
lei si passò una mano tra i capelli, strofinandosi la
fronte
“no, adesso mi cambio” sussurrò prima di dirigersi nella sua stanza.
Sperava che lui non si accorgesse di nulla…passò per il soggiono, calciando il
paletto sotto il divano, e, a malincuore, cancellò il messaggio della
segreteria. Le tempie le pulsavano mentre prendeva da un appendino i jeans e un
maglione a collo alto.
* * *
la cena sembrava non finire più, tante erano le idee
che le vorticavano nella testa e che non potevano essere esplicitate. Non a
Clarice e Mark perlomeno. Rimase silenziosa per tutta la durata del pasto e
aiutò l’amica a sparecchiare. Amica…che parola grossa era, parola che le faceva
venire in mente solo Willow e Faith. Già, Faith…chissà dove si trovava in quel
momento, non si erano nemmeno salutate in Inghilterra. Guardò l’orologio a muro
posto sopra i fornelli: le 10.30. probabilmente a quell’ora lei stava girando
per i cimiteri di qualche cittadina sconosciuta con un paletto in mano, sola.
Le ritornò in mente il vampiro ucciso quella sera in metropolitana e una strana
sensazione le attanagliò lo stomaco…e si scoprì a pensare che voleva, anzi
avrebbe voluto essere con Faith. Ragionandoci a mente fredda e non più scossa
per l’accaduto le sembrava che l’incontro con il mostro sarebbe stato solo un
preludio, perché no, non era più in grado di sopportare che un liquido giallo
le intorpidisse i muscoli mentre gli istinti non potevano essere bloccati. No,
non avrebbe più permesso che le succedesse, anche se ciò avrebbe comportato…cosa
avrebbe comportato?
“Elisabeth?…Elisabeth!” la voce di Clarice la
richiamò insistentemente alla realtà, e lei si trovò di nuovo catapultata nella
piccola cucina che profumava dell’arrosto appena mangiato.
“sì? – guardò stralunata la ragazza, scuotendo poi la
testa - …scusami, che c’è?”
Clarice la guardò interrogativa, per poi rispondere
sorpresa
“Non hai sentito? Mark ti sta chiamado…credo voglia
parlarti” sorrise, ingenuamente ammiccante, del tutto ignara dei pensieri della
sua interlocutrice
lei si diresse nella sala da pranzo, fissando il
ragazzo, che sedeva comporto da un lato del tavolo, con il nodo della cravatta
leggermente allentato e il primo bottone della camicia sbottonato. Si perse per
un secondo nei suoi occhi gentili, che la fissavano con giocosa innocenza…se
avessero potuto anche solo sospettare tutto quello che era stata costretta a
passare, a vivere, negli anni passati fose il suo sguardo non sarebbe stato
così dolce. Lui, che non poteva nemmeno sospettare che ci fosse una parte
nascosta in lei, una parte a cui non permetteva di venire a galla ma che le era
diventata vitale come mai prima di allora.
Gli sorrise, tentando di nascondere la malinconia, ed
evitò di guardare fuori dalla finestra la notte buia, anche se sentiva il
bisogno di uscire, di aggirarsi per le strade…come aveva fatto per una
settimana a Claveland.
“Elisabeth…siediti, volevo parlarti delle nostre
vacanze” sussurrò con aria timida, perché sarebbero state le prime da quando si
erano conosciuti che avrebbero passato soli
e adesso? Cosa avrebbe dovuto rispondergli? Che
l’unico posto dove voleva realmente andare era Sunnydale, o Claveland, per
vedere come se la cavava April?
“Dimmi” rispose invece, accomodandosi accanto a lui
“pensavo…pensavo che avremmo potuto andare in un
posto lontano, un’isola magari. Potremmo prenotare per la settimana dopo il
trasloco” buttò lì, quasi per caso, ma incapace di trattenere una punta di
trepidazione
Già il trasloco…Mark sarebbe andato a vivere da lei.
l’angoscia la prese…attorno a lei vorticavano eventi che avrebbero cambiato
totalmente la sua vita, ma non poteva lasciarsi andare a tutti, doveva
scegliere…un verbo che si succedeva sempre più spesso nei suoi pensieri. E se
non lo avesse fatto in fretta sarebbe stata costretta a farsi trasportare da
essi, come una bambola di pezza sospinta dalle onde, e non era questa la fine
che si aspettava, la fine di cui si riteneva degna.
Incurante di Mark, che continuava a parlare indicando
con il dito un depliant poggiato sul tavolo, riordinò i pezzi che si erano
aggiunti sul piatto della bilancia: Sunnydale stava per essere ricostruita,
Giles le chiedeva indietro i poteri di Cacciatrice, Mark si sarebbe trasferito
da lei e stava già progettando le vacanze. Quattro situazioni inconciliabili,
ed era arrivato il momento di rinunciare a qualcosa.
Con lo sguardo cercò Clarice: ecco le persone di cui
era circondata, persone che non la conoscevano e da cui non aveva avuto il
coraggio di farsi conoscere. Era stato un suo errore, lo ammetteva: non aveva
saputo dare fiducia a nessuno, troppo impegnata a dimenticare. Avrebbe potuto
provare ora, ma capì che era stanca, terribilmente stanca di iniziare di nuovo
tutto da capo, di rendersi vulnerabile ed essere preparata ai loro sguardi
pieni di sorpresa e paura: avrebbero fatto male, lo sapeva. Fosre poi sarebbero
riusciti a capire…forse. Ma aveva già provato esperienze simili e si era sempre
trovata a scontrarsi con un muro invalicabile, almeno per lei. Un muro fatto di
normalità, di diffidenza, di paura e di incomprensione. Era difficile da
ammettere, ma nel mondo che si era scelta per quegli anni di lontananza da
tutto quello che poteva ricordarle la
sua vita precedente non c’era spazio per Buffy, né in quel momento né in
futuro.
E quindi a che pro continuare quella che era
diventata una dolorosa sceneggiata? Perché non era stata nulla di più, da
quando era tornhata da Claveland, dopo l’esperienza nella metropolitana poteva
dirlo con sicurezza…perché far soffrire Mark, illudendolo?
Eppure quello che la bloccava era lo stesso desiderio
che la attraeva. Il pensiero che, anche se fosse tornata ad essere la
Cacciatrice, non sarebbe più stata in grado di vivere nemmeno in quel modo…
Scosse la testa: ci avrebbe pensato, ma in un altro
momento. ora l’unica cosa di cui era certa era la necessità di fermare il
flusso di eventi che stavano per presentarsi davanti a lei e che aveva evitato
di affrontare sino ad allora.
Vedendola scuotere la testa, Mark la fissò con aria
interrogativa
“Elisabeth?”
già, Elisabeth…fu l’unico pensiero che attraverso la
mente della ragazza
“Mark…io devo dirti una cosa – prese un lungo
respiro, guardandolo finalmente negli occhi”
Lui le prese la mano
“sentiamo”
lei però si divincolò senza forza ma con convinzione,
stringendo i pugni
“io non sono stata del tutto sincera con te sin
dall’inizio, e credo che tu te ne sia accorto”
ma lui la
interruppe subito
“…Elisabeth, ne abbiamo già discusso: ci sono cose
che tu non ti senti ancora pronta a…”
“No, lasciami finire. Quando ti ho raccontato che
sarei andata da un vecchio amico e che avrei rivisto persone che non vedevo da
tanto tempo…anche in quel momento non sono stata sincera e mi dispiace, ti
giuro che mi dispiace di non poterlo essere nemmeno ora.”
“Ma perché? non so cosa tu mi nasconda, ma ti conosco
Elisabeth, e credo meglio di chiunque altro. Io sono sicuro che una ragazza
come te non potrebbe mai commettere nulla di avventato! Tu sei dolce,
tranquilla e soprattutto responsabile, per questo io…”
questa volta fu interrotto da un amara risata di lei
“mento bene, in fin dei conti – sussurrò sottovoce,
per poi riprendere il discorso da dove lo aveva interrotto – in quel periodo
sono tornata alla mia vecchia vita, quella che conducevo prima di venire qui e
di conoscerti. – si passò una mano sulla fronte…Dio quanto era difficile – e ho
scoperto che mi sento ancora legata alle persone e alla vita che conducevo lì.
Il fatto è che mi hanno imposto delle scelte e io…”
“Elisabeth dove vuoi arrivare?” sussurrò
“la mia agenzia assicurativa mi ha dato da condurre
un contratto assicurativo per una ditta di costruzioni, che lavorerà a
Sunnydale, la città dove vivevo prima di trasferirmi qui.”
disse tutto
d’un fiato, senza riflettere. Tornare a Sunnydale, era davvero ciò che voleva o
solo una spiegazione quantomeno accettabile da fornire a Mark?
“e tu vuoi tornare là” rispose amareggiato lui
“già”
“Elisabeth, non puoi chiedermi di lasciare il mio
lavoro per seguirti in un paesino sulla costa opposta”
lei alzò gli occhi a guardarlo, senza parlare, e lui
capì
“Ma tu non vuoi che io venga con te, vero?”
“Mark io…”
“se solo provassi, tentassi di spiegarmi cosa c’è di
più importante della nostra storia e che puoi trovare solo in questa
Sunnydale!”
“Lì c’è casa mia e…”
“E chi? C’è anche un uomo?” la fissò con sguardo
vuoto, lasciando trasparire tutto il suo smarrimento
Elisabeth lo guardò, senza però decidersi a dargli
una risposta. C’era anche un uomo?…Spike, variabile a cui si era costretta di
non pensare, anche se sapeva che, prima o dopo, sarebbe tornata a galla,
proprio come tutto il resto
“ho capito” sussurrò lui, la sua voce era diventata
improvvisamente fredda. Si alzò in piedi, gettando a terra i depliant delle
vacanze e afferrando la giacca. Lei lo guardò, maledicendosi per quello che lo
costringeva a subire. Perché sapeva che non lo avrebbe seguito, e che lui
sarebbe sparito dalla sua vita con la stessa rapidità con cui era entrato.
“Mark, credimi – anche il suo tono era diventato più
sicuro – non avrei potuto continuare in questo modo. Non pensare che sia stata
colpa tua, non è così”
lui si fermò in piedi alle sue spalle, con la giacca
ancora aperta, e, suo malgrado, le appoggiò una mano sulla spalla
“forse è così, ma potresti ameno provare a spiegarmi.
Saremmo stati bene insieme Elisabeth”
lei gli strinse la mano, senza però voltarsi.
Ma sì, in fondo che male avrebbe fatto almeno
tentare, pur già cosciente del risultato?
“Saresti disposto a credere ad una storia che sembra
inverosimile, che parla di vampiri e incantesimi?”
sentì la mano di lui stringere la propria, per poi
lasciarla
“non giocare con me – sussurrò piano, e lei sorrise
suo ma grado, senza tuttavia interromperlo – così questo è un addio?” – ma non
aspettò la risposta, tirando un sospiro – in fondo a che serve prolungare
ancora tutto questo, se tu hai già deciso di partire…magari passo un di questi
giorni a prendere la mia roba”
un senso di vuoto freddo colpì la ragazza: stava
cacciando l’unica persona che le aveva voluto davvero bene negli ultimi mesi e
tutto per…per un sogno. Sarebbe stata più felice così?
“Non…non serve che tu lo faccia subito…”
“ma è meglio così, credimi. Ciao” si allontanò con
passo lento verso l’ingresso, lanciando solo un’occhiata a Clarice, per poi
aprire la porta facendo tintinnare nella tasca le chiavi dell’auto.
Un lungo attimo di silenzio regnò nella stanza, prima
che Clarice facesse capolino dall cucina. Si sedette mestamente di fornte a
lei, osservando il suo viso, perso fuori dalla finestra.
“spero per te che la vita che ti sei appena scelta
sia quella che fa per te Elisabeth, lo spero davvero, perché non credo potrai
trovare qualcuno meglio di quello che hai perso”
Lei alzò finalmente lo sguardo, puntandolo sulla sua
interlocutrice, e le tornarono in mente le parole della Custode
…Immaginati tra qualche anno e chiediti chi vorresti
essere Buffy; hai già fatto molto nella tua vita, ma non sprecare quella che ti
resta. Hai avuto coraggio a prenderti di nuovo una responsabilità come quella
di essere cacciatrice, ora continua ad averne e decidi quale mondo preferisci;
nulla sarà sbagliato, basta che sia tu a scegliere…
ora aveva scelto.
* * *
Scese in strada, camminando lentamente. Si strinse
nel suo cappotto nero senza badare alle occhiate dei vari passanti che si
fermavano alle sue spalle, nell’illusione di non essere visti, e la osservavano
allontanarsi.
La notte di New York era buia come quella di
Sunnydale: la stessa desolazione, la stessa oscurità che attanaglia dentro e
non lascia liberi sino all’alba.
Seguì il marciapiede finché non si interruppe, per
lasciare il posto ad un arrugginito cartello stradale, che segnalava i lavori
in corso.
Si fermò anche lei, lasciando spaziare lo sguardo sui
quartieri che aveva appena percorso, ormai inghiottiti dall’oscurità.
Aveva fatto la sua scelta, finalmente.
Chiuse gli occhi, inspirando l’odore umido e intenso della
notte.
Rivide per un attimo il viso disteso della Custode:
chissà cosa avrebbe scritto sul libro che teneva in mano, nel quale lei aveva
letto la sua vita e consolidato la decisione presa ormai nove anni prima!
Buffy…ora esisteva una sola e unica ragazza, una sola
e unica donna. E da quel momento avrebbe ricominciato a fondare il suo futuro.
Ripercorse tutto quello che era successo in quei lunghi anni a Sunnydale, ma
anche in quelli successivi: si era domandata più volte se ne era valsa la pena.
Se davvero il destino avesse scelto giustamente quando aveva fatto arrivare
Xander in tempo per salvarla dalla morte per mano del Maestro, in una nebulosa
serata d’estate.
Sorrise lentamente: sì, in fondo la sua vita era
valsa la pena di essere vissuta. Totalmente.
E da quel momento tutto sarebbe cambiato, di nuovo.
Le battaglie si sarebbero riaccese, i combattimenti, le sofferenze…tutto quello
che credeva di non essere più in grado di sopportare quando era tornata in vita
per la seconda volta sarebbe tornato ad essere parte integrante della sua
esistenza quotidiana, se veramente aveva smesso di esserlo in qui due anni.
Eppure un sorta di serenità le dava una certezza
basilare: quella era la sua vita, se la sarebbe ripresa, e poi sapeva che, in
mezzo a tutte le battaglie, tutti i combattimenti, c’era qualcos’altro,
qualcosa di veramente importante a cui non avrebbe mai rinunciato. Qualcosa che
andava oltre il semplice essere cacciatrice.
Lei. Il suo essere una persona, Buffy. La stessa che
aveva perduto lasciandosi sopraffare dalla sofferenza dopo la sua seconda morte
e che aveva accantonato successivamente.
Si rivide la prima volta che aveva percorso la
scalinata per entrare alla Sunnydale High, prima che il mondo la assalisse.
Nemmeno una persona del genere avrebbe più potuto essere perché, volente o
nolente, l’innocenza le era stata tolta moltissimo tempo fa. Ma sapeva che da
ognuna di quelle esperienze si era formata una persona, che certamente non era
perfetta ne esemplare, era piena di contraddizioni, di pregiudizi, di desideri
inespressi, ma quella, al di là del suo compito di cacciatrice e del suo lavoro
normale, quella era lei. E non vi avrebbe più rinunciato.
Sorrise a se stessa, accingendosi a ripercorrere in
senso inverso la strada di periferia…
D’un tratto, un urlo squarciò la notte, subito
spezzato da una qualche forza appena sopraggiunta.
Poi dei passi, nella sua direzione
E un’altra disperata richiesta di soccorso ancora una
volta interrotta da un tonfo sordo di caduta
La ragazza alzò gli occhi al cielo, fissando la luna,
che silenziosa si nascondeva tra le nubi. Era la prima volta da molto tempo che
la vedeva al di là di una superficie in vetro.
Ora però il tempo di nascondersi dietro le finestre
era finito, e concluso lo era anche quello in cui pensava che ci sarebbe stato
qualcun altro a combattere la sua battaglia. Sorrise, ripensando a Faith: aveva
ragione quando diceva che non era un fatto di testa, ma di sangue.
Quella era la loro guerra, ed ora era tornata per
combatterla.
Si frugò nella tasca della giacca: la scaglia di
legno che aveva usato quella sera in metropolitana venne stretta dalle sue
dita.
Poi si mise solo a correre.
* * *
Willow sedeva su una morbida poltrona con un bicchiere
di vino in mano, che faceva roteare con un movimento circolare del polso.
Fissò il liquido rosso.
Sunnydale stava per essere ricostruita.
Sunnydale, la sua città.
Ricostruita.
Sorrise, quasi con commozione. Non ci aveva mai
nemmeno sperato, eppure ora stava succedendo.
Cosa significava questo per lei?
Si guardò intorno, osservando l’abitazione in cui si
era trasferita a Washington.
D’un tratto il telefono iniziò a squillare
insistentemente
Lei si accomodò meglio tra i cuscini, chiudendo gli
occhi.
La segreteria telefonica scattò, e una voce di
giovane donna iniziò a parlare
Willow, sono io, Rachel. Volevo solo avvisarti che
sarò a casa molto tardi questa sera, non mi aspettare. Anche Beth rimarrà fuori
fino a tardi…Willow io e lei siamo un po’ preoccupate per te. Da quando sei
tornata non esci più di casa se non per andare al lavoro! Non ti fa bene…beh,
se ti va raggiungici, siamo al solito locale. Notte
Un rumore metallico di cornetta abbassata e poi la
casa ripiombò nel silenzio.
Il sorriso della ragazza si allargò, diventando però
amaro.
Preoccupate per lei…quelle ragazze erano preoccupate
per lei. E perché? perché loro erano sue amiche! – sorrise di nuovo al solo
pensiero – loro si consideravano sue amiche. Vivevano insieme da ormai un anno
e mezzo, uscivano insieme, parlavano anche. Si sedevano in un locale vicino a
casa e chiacchieravano della giornata, del tempo, delle nuove conoscenze.
Scosse di nuovo il vino nel bicchiere, bevendone un
sorso e poi tornando a guardarlo
All’inizio, quando le aveva conosciute, non credeva
sarebbe stato così facile fare amicizia e si era subito abituata, si trovava
bene con quelle due ragazze, ma poteva davvero dire di essersi legata a loro?
Per i primi tempi probabilmente sì, perché aveva
bisogno di qualcuno, chiunque. In quel momento però si rendeva conto per
l’ennesima volta che, appena Buffy le aveva fatto sapere che Sunnydale stava
per essere ricostruita, il suo primo desiderio sarebbe stato quello di salire
sul primo aereo diretto in California. Non importava abbandonare le ragazze, il
lavoro, la città…un pensiero molto egoista da parte sua. E poi non era nemmeno
convinta che, con la ricostruzione, tutto sarebbe tornato come due anni prima.
Chi glielo assicurava?
Dawn ormai aveva preso la sua strada, Xander anche e
Spike ormai lavorava con Angel, rimanevano solo lei e Buffy.
Chiuse gli occhi.
Lei cosa avrebbe fatto? Era davvero sicura di
conoscerla ancora a sufficienza da poter dire con sicurezza che sarebbe
tornata, che avrebbe ripreso a combattere?
I giorni passati insieme le avevano riavvicinate, non
lo negava, ma fino a che punto?
La Buffy che aveva conosciuto, ne era sicura, sarebbe
tornata a casa; ma non era convinta che Elisabeth avrebbe fatto lo stesso,
senza contare che ora aveva un lavoro e un fidanzato, una vita diversa insomma.
Puntò lo sguardo alla finestra, fissando il suo viso
rifelsso: basta pensare agli altri. Ora era il suo turno di decidere.
Alzò lentamente una mano e la puntò verso la manopola
per aprire la vetrata, iniziando a ruotarla lentamente. Sorrise, notando che il
pezzo di ferro girava alla stessa velocità. Lasciò che la finestra si aprisse,
facendo entrare una fredda corrente notturna che le scompigliò i capelli e che
fece increspare la superficie scarlatta all’interno del bicchiere.
Ecco un altro punto focale della questione: i suoi
poteri. Dopo l’esperienza di Claveland
si sentiva sufficientemente forte per ricominciare a praticare la magia, ma le
era chiaro che non avrebbe potuto farlo da nessuna altra parte eccetto
Sunnydale. Era tutta una questione di priorità…se mettere al primo posto i suoi
poteri o la sua vita lontana dalla magia.
Con un gesto secco fece richiudere il vetro, per poi
stringersi la testa tra le mani, iniziando a muovere le dita in senso circolare
sulle tempie.
Tornare a praticare la magia…combattere i demoni, di
nuovo.
Ecco cosa avrebbe voluto fare. Basta, basta
normalità. Non ne poteva più di vedersi scorrere davanti i gironi, i mesi, gli
anni, con lentezza esasperante, tutti uguali, tutti pregni di un leggero alone
di felicità, che però non mutava mai, né in consistenza né il in intensità.
Ormai era arrivata al punto di non distinguere più un giorno dall’altro, a
percorrere sempre le stesse strade e a rientrare alle stesse ore; nulla esercitava
una vera attrattiva su di lei, e perciò ogni cosa andava avanti per inerzia.
No, non avrebbe mai voluto ridursi in quello stato, non era quella la vita che
aveva sognato e che sperava di condurre…
Fossò il telefono con occhi tristi, senza badare al
segnale di messaggio sulla segreteria telefonica: ancora una volta si rendeva
conto che con una sola persona sarebbe riuscita a parlare in quel momento,
l’unica che poteva sapere cosa provava, la stessa che viveva in un altro stato.
Ricordava quando gli Scooby si erano lasciati,
immediatamente dopo l’ennesima vittoria e la distruzione della città: tutti
sembravano d’accordo sul fatto che separarsi fosse la soluzione migliore per
dimenticare quell’orrore, ma veramente avevano preso la decisione giusta? Davvero
non si sarebbe potuto fare diversamente e provare, tentare almeno, a rimanere
uniti come lo erano sempre stati per ben sette anni?…domande che però sarebbero
rimaste un interrogativo nella sua mente, senza possibilità di ricevere una
risposta che non fosse una semplice congettura dettata dalle emozioni del
momento.
Dio quanto li avrebbe voluti tutti, di nuovo vicino a
lei. quanto era successo a Claveland le aveva mostrato come avrebbe potuto
essere, come avrebbe dovuto essere.
L’angoscia si impossessò di lei e un nodo allo
stomaco fece sì che i suoi occhi si annebbiassero di lacrime. Singhiozzò
sommessamente, alzando lo sguardo per ricacciare il pianto, e si accoccolò sul
divano.
Tutto correva così veloce dannazione! La vita
scorreva senza sosta senza che lei riuscisse ad estrapolarne il nettare
necessario per tirare avanti, aveva perso il ritmo della corsa da quando era
tornata e passava più tempo a voltarsi indietro piuttosto che a guardare
avanti. Era quanto il suo sbaglio più grande. Doveva convincersi a guardare
solo avanti da quel momento in poi. Solo avanti.
Eppure era così difficile!
Due strade erano tracciate davanti a lei: una certa e
una che avrebbe potuto essere. E in fondo a quest’ultima vedeva distintamente
Sunnydale.
Serviva però coraggio per percorrerla, troppo per lei
forse. Forse troppo per chiunque con un po’ di buonsenso e che si rendesse
conto che non si poteva vivere per sempre nella bella fiaba che si concludeva
sempre a lieto fine. Ora era adulta e aveva bisogno di mantenersi, di
lavorare…forse era troppo tardi per rincorrere un sogno.
D’un tratto la serratura della porta scattò,
lasciando filtrare nel buio due sagome scure: Rachel e Beth.
Willow si asciugò velocemente gli occhi, nella vana speranza
di mascherare il suo stato d’animo, ma il risultato fu quello di attirare la
loro attenzione sulla poltrona, dove giaceva con il bicchiere ancora in mano.
“Will… - sorrise Rachel, ma la sua gioia scomparve
appena la luce elettrica le lasciò vedere gli occhi della sua interlocutrice –
cosa succede?” chiese preoccupata, sedendosi sul bracciolo della poltrona e
circondandole con un braccio le spalle
“nulla…nulla” si giustificò lei, strofinandosi di
nuovo gli occhi e provando a divincolarsi. Si sorprese di trovare quasi
irritante il loro tentativo di farla stare meglio…egoista si disse.
“stavi piangendo Willow…” disse Beth, sedendosi
dall’altro lato e stringendola a sua volta nel vano tentativo di rassicurarla
“cosa ti sta succedendo in questi giorni?” continuò
l’altra “parlarne ti farebbe sentire meglio” bisbigliò con atteggiamento
protettivo
l’angoscia che prima attanagliava la strega lasciò il
posto a una rabbia fredda e a stento trattenibile…cosa faceva pensare a quelle
due ragazze di riuscire a capirla? Non ne poteva più di loro, non ne poteva più
del mondo che la circondava…di quelle catene che ormai la avevano avviluppata.
“non preoccupatevi, è solo la tensione…sapete, ho un
nuovo progetto in ballo con la Microsoft…”
provò nuovamente a sottrarsi alle attenzioni delle
due compagne di abitazione, doveva costringersi a non dare a vedere ancora il
suo turbamento, ma la frustrazione di essere trattata in quel modo da due
persone che non riusciva più a
considerare altro che estranee le rendeva difficile controllarsi
“Willow dovresti uscire con qualcuno…” azzardò Beth
la strega inspirò profondamente, era arrivata al
limite della sopportazione e stava per scoppiare. Uscire con qualcuno! Si
ripeté nella mente sorridendo con amarezza…
“Beth, ti prego…” si dimenò dalle loro strette che le
erano diventate ormai soffocanti e si alzò in piedi, allontanandosi dalla
poltrona: andarsene, ora, in quello stesso istante. Dovette affidarsi a tutto
il suo autocontrollo per costringersi a non afferrare la giacca e uscire da
quella casa.
Ed eccola di nuovo, la stessa angoscia di un attimo
prima. Con disperazione sentì di nuovo le lacrime premere come calde gocce ai
lati degli occhi…no, non doveva piangere ancora, non davanti a loro almeno.
Si voltò di scatto verso il bancone della cucina,
nella speranza di non dare a vedere il suo stato di turbamento, ma poté udire i
passi delle due che la raggiungevano senza concederle un attimo di pace e
pronte a riversarle di nuovo addosso l’olio bollente della loro impossibile
comprensione mascherata da sguardi preoccupati e in cerca di risposte
impossibili da dare proprio a loro.
Ora la rabbia aveva ricominciato a crescere…se solo
le avessero parlato era sicura che le fragili barriere che aveva eretto per
arginare il flusso continuo di pensieri mai espressi si sarebbero infrante e
avrebbero riversato tutto l’astio accumulato in quegli anni addosso alle due.
Poteva già vedere la mano di Rachel allungarsi per
appoggiarsi sula sua spalla, involontariamente scossa dai singhiozzi repressi
…no…no… si ripeté come una nenia nella mente,
stringendo i pugni
poi, d’un tratto, il trillo squillante del telefono
ruppe l’ovattato silenzio che regnava nella stanza. Suonò una, due, tre volte.
Alla quarta Beth afferrò la cornetta, portandosela
all’orecchio.
Willow fissò il suo viso e le sue labbra, che avevano
pronunciato solo un sommmesso “pronto” e che poi non avevano più articolato
nulla.
La sua mente non era in grado di concepire un pensiero
coerete, così rimase semplicemente in ascolto, per comprendere il misterioso
interlocutore. Chi avrebbe potuto chiamare a mezzanotte passata?…
“Willow…- Beth le allungò la cornetta, con sguardo
interrogativo – è per te, vuoi che dica di richiamare? Non mi sembri in
condizioni per parlare con una sconosciuta…”
“chi è?”
una sconosciuta che cercava lei?
“dice che si chiama…Buffy. Mi domando dove abbia
trovato questo numero visto che non è sull’elenco…” ma non riuscì a finire la
frase, perché Willow aveva afferrato il portatile che lei ancora tendeva,
diretta nella sua stanza.
* * *
una settimana dopo, New York
Buffy entrò nel suo ufficio con il solito passo
rapido, depositando sulla scrivania una cartella dalla quale fuoriuscivano
numerosi fogli e post-it pieni di appunti cerchiati a penna.
Il suo principale la stava cercando con urgenza, le
aveva riferito la sua segretaria, e sapeva che non era il caso di farsi
attendere proprio nei momenti più delicati per la stesura di un contratto.
Si tolse la giacca e la gettò sulla sedia destinata
agli ospiti del suo ufficio, stirandosi con le mani la gonna leggermente
spiegazzata e lanciando una rapida occhiata allo specchietto da trucco che
portava sempre nella borsa.
Riponendolo, estrasse invece una busta bianca
sigillata, che portava le sue iniziali. La strinse tra le dita: la sua
richiesta di trasferimento.
La fissò a lungo: no, forse non era quello il momento
di consegnarla. La appoggiò assieme alla cartella sulla scrivania e uscì dalla
stanza.
Appena arrivata di fronte all’ingresso dell’ufficio
dove era attesa la segretaria la annunciò con il citofono.
“Miss Summers è qui signore – poi si rivolse a lei
con aria gentile – può entrare”
“grazie” rispose lei educatamente, aprendo la porta e
poi richiudendola alle sue spalle.
“signorina Summers – la salutò l’uomo canuto, seduto
dietro la massiccia scrivania in legno – si accomodi”
nella stanza cadde un pesante silenzio, che però non
sembrava impensierire per nulla il suo superiore, che abbassò di nuovo gli
occhi sulle carte che stava leggendo un momento prima che lei entrasse. Solo
dopo qualche minuto la fissò di nuovo, togliendosi gli occhiali
“Ha fatto un buon lavoro con il contratto per la
ricostruzione della cittadina in California. Spero di vedere presto la firma
sul contratto”
“manca solo da stabilire ancora qualche piccola
clausola, ma le assicuro che per fine mese la pratica sarà già depositata”
“bene, mi fa piacere sentirglielo dire” annuì,
ritornando a fissare la misteriosa cartella di prima e lasciando cadere di
nuovo la conversazione, che riprese dopo un lungo sospiro.
“da quello che leggo, aveva una buona ragione per
darsi da fare, non è vero?”
Buffy lo fissò con aria interrogativa: cosa poteva
sapere lui di…
“ha frequentato lì le scuole, tranne l’ultimo anno di
università”
la ragazza lo fissò con aria interdetta per qualche
secondo, poi però riprese in mano la situazione: il suo curriculum elencava il
suo corso di studi, per questo l’uomo era così informato a riguardo, quello che
le sfuggiva era il suo interesse per la cosa. Tuttavia, a cosa serviva
rimandare il discorso del suo trasferimento ormai?
“proprio per questo, capirà il mio interesse a
ritornare in California – rispose con voce calma, come se non avesse annunciato
nulla di particolare – ho pronta sulla scrivania la mia richiesta di
trasferimento nella nostra filiale più vicina, spero che venga accettata”
l’uomo la fissò per un istante prima di rispondere
“lei è una ragazza sveglia signorina e spero abbia riflettuto
bene sulla sua decisione, sta facendo un buon lavoro qui a New York”
Buffy ripensò alla notte di una settimana prima,
passata con Willow al telefono, a come si era sentita di nuovo libera di
parlare sapendo di essere capita completamente, libera di piangere. Sì, ci
aveva pensato abbastanza
“sì, mi creda quando le dico che non è stato facile,
ma è questo quello che voglio” il momento era arrivato, quello dal quale poi
non avrebbe più potuto tornare indietro. Improvvisamente si sentì leggera…le tornarono
in mente le parole della custode:
è tutto un po’ complicato…
ma ho sentito dire che è questo il bello
sorrise impercettibilmente a quel ricordo, aspettando
senza fretta la risposta del superiore
“bene allora, provvederò a formalizzare la richiesta
alla sede di Los Angeles, mi faccia trovare la domanda scritta domani. Può
andare, buona giornata” la congedò con tono asciutto
lei si alzò dalla sedia, salutandolo educatamente,
per poi dirigersi nel suo studio con l’ombra di un sorriso che ancora le
illuminava il viso.
Senza attendere la pausa pranzo spostò da un lato
l’alta pila di cartelle che come sempre invadeva la sua scrivania e compose
impaziente il numero di telefono di Willow
“Mcrosoft corporation”
“Will…ho appena chiesto il trasferimento” annunciò
con voce rotta da una gioia inaspettata
la strega già stringeva in mano il suo nuovo
contratto di lavoro
“io ci ho messo meno, ascolta ‘alla dottoressa
Rosemberg: siamo felici di accettare la sua richiesta di trasferimento nel
nuovo settore di nanotecnologia della Samsung Corp, con sede a S.Barbara
eccetera eccetera’ fammi i complimenti!”
“non sarà un problema cambiare azienda? Credevo ti
trovassi bene alla Microsoft”
“è così, ma la sede è a San Francisco e quella di Los
Angeles non accetta trasferimenti non preventivati”
“a proposito, io scommetto di conoscere una persona
che meriterebbe una nostra visita a breve” annunciò Buffy
“porta gli occhiali e ha un’insana adorazione per il
the ? –scherzò lei –Allora? Quando dici di dargli la notizia? Insomma, non è
una cosa da poco! Non credo nemmeno che sappia della ricostruzione di
Sunydale…”
“non l’ho più sentito dopo Claveland” se pensava che
ora tutto sarebbe tornato a posto si sbagliava di grosso, adesso lo capiva.
Aveva ancora molte faccende in sospeso da chiarire, prima tra tutte quella tra
lei e Giles: sapeva bene quanto l’osservatore avesse esitato anche solo a
telefonarle per chiederle di accettare l’incarico di cacciatrice a tempo
determinato e quanto poco avrebbe potuto fargli piacere sapere che lei aveva
deciso di riprendere. E poi c’era ancora Dawn, dalla quale riceveva solo poche
e sporadiche notizie sempre meno regolarmente ormai. E infine…Spike. solo il
pensiero di lui placò la gioia di un attimo prima: lui ora viveva a Los Angles,
a poche ore di macchina da Sunnydale, dove lei si sarebbe trasferita a
lavorare, perciò le loro strade si sarebbero sicuramente incrociate prima o
poi. Ripensò al loro addio e al biglietto da visita che gli aveva infilato tra
le dita: non si era più fatto vivo da allora. Con tutta probabilità lui e la
sua ragazza avevano ripreso la normale rutine…non poté impedirsi di provare una
stretta al cuore immaginandolo stretto da un’altra. Eppure non poteva certo
biasimarlo, dopotutto lei era al corrente della sua natura di vampiro ed era
inserita nella sua realtà…nulla da paragonarsi a Mark.
Sospirò…probabilmente ne il caso ne il destino
volevano che loro due tornassero come prima
“Buffy? Ci sei ancora?” chiese Willow interrogativa
dall’altro capo del filo
“sì..sono qui. Stavo solo pensando…c’è ancora molto
da sistemare. Con Giles, Dawn…”
nel sentire il nome della sorella della cacciatrice Willow
si irrigidì, non aveva più pensato a lei da quando la aveva vista allontanarsi
in aeroporto
“non le hai ancora parlato vero?”
“anche volendo non ne avrei avuto l’occasione. Ha
tagliato i ponti”
“e con Faith? – chiese con una punta d’ansia – come
vi siete lasciate?”
“non si è più fatta viva nemmeno lei - Faith…solo in
quel momento realizzò che soprattutto a lei doveva la sua decisione – ma se la
conosco bene quanto credo si farà viva, prima o poi” quel poi però la
spaventava, l’ultima volta avevano dovuto aspettare due anni prima di
rivedersi.
“pensi di dirlo anche a Spike? non potrai evitarlo a
lungo quando lavorerai a Los Angeles”
“mio Dio Will, tutti i problemi ti vengono in mente
ora?” sbottò la cacciatrice sospirando “ora devo andare, ti richiamo” fissò
circospetta la porta socchiusa del suo ufficio, preoccupata che qualcuno
potesse entrare e non trovarla al lavoro, dopotutto avrebbe dovuto rimanere lì
ancora un mese.
* * *
Spike sedeva su una vecchia poltrona di feltro rosso scuro,
con una sigaretta in mano a cui dava piccole scosse di tanto in tanto per far
cadere la cenere sul pavimento in pietra; gli occhi fissi in un punto
indistinto, quasi non sentisse nemmeno il frastuono dei mezzi pesanti
all’esterno né la voce di Clem, che gli sedeva vicino tentando in ogni modo di
attirare la sua attenzione.
“sono contento che tu sia qui Spike – ripetè per
l’ennesima volta il demone – è un po’ come tornare ai bei vecchi tempi di
Sunnydale, ti ricordi? – chiese senza ricevere risposta – è solo che non vorrei
ti fosse successo qualcosa di grave…l’ultima volta che ti ho visto in uno stato
simile centrava la Cacciatrice. Ora certo non è possibile perché…” ma fu
interrotto dal vampiro, che rilasiò una lunga boccata di fumo
“l’ho rivista Clem –poi aggiunse, quasi come
riprovero a se stesso - un’altra volta ”
“ma come…voglio dire, adesso non è più la Cacciatrice
giusto? Non puoi essere andato a cercarla a New York”
“no, infatti. Il Consiglio non era del parere di
lasciarla in pace – scosse troppo violentemente la sigaretta in un moto di
disappunto, facendola quasi spegnere contro il suo ginocchio - e l’ha
richiamata per addestrare una dilettante e salvare un’altra maledettissima
città afflitta dalla bocca dell’Inferno –continuava a non guardare Clem negli
occhi, quasi stesse parlando con la parete in pietra che aveva di fronte – ha
richiamato tutta l’allegra brigata, c’era anche Briciola”
il demone lo guardò visibilmente stupito, cogliendo
però con la sua domanda il perché della visita dell’amico
“Fred…Fred sapeva che saresti andato?”
Spike sospirò nel sentire quel nome. Si erano
lasciati, lui aveva abbandonato Fred, la sua Fred, quella che gli era stata
accanto, e per cosa poi?… Ritornò con la mente al momento della sua partenza
per San Francisco, ricordando la reazione della ragazza nello scoprire il
motivo della sua partenza
“non ha fatto domande, ma lo sapeva”
“e Angel?”
sbuffò “mi aveva consigliato di non andare, perché
sarebbe stato un errore”
“e allora perch…”
“da quando in qua do retta a quello che dice Angel? –
lo interruppe quasi con rabbia, per poi abbassare il tono della voce fino quasi
ad un sussurro - non potevo lasciarla sola Clem, non di nuovo”
“e adesso Fred è…” lasciò la frase in sospeso, non
sapendo come continuare
“…è a Los Angeles, con Angel. Sono venuto qui da
solo” gettò il mozzicone a terra, calpestandolo
Clem non aggiunse altro, ritornando in silenzio:
quelle parole erano state abbastanza eloquenti
Il vampiro si guardò intorno quasi con disperazione,
come cercando un appiglio per inizare una nuova conversazione che non
riguardasse nemmeno lontanamente l’argomento appena trattato
“per Dio! cosa diavolo sta succedendo qui?” disse
arrabbiato, guardando la finestra dalla quale provenivano rumori di scavi e
macchine da lavoro.
il demone rise di gusto
“stanno ricostruendo la città, pare che il prgetto
abbia avuto nuovi finanziamenti ma non si sa bene da parte di chi – ridacchiò,
come chi la sa lunga – i lavori sono iniziati circa sei mesi fa e tutto questo
trambusto è diventata la normale amministrazione degli inquilini dei dintorni –
indicò con una mano la porta della sua cripta, che si trovava in uno dei
piccoli cimiteri nella più lontana periferia dell’ex città – ma ci si abitua
dopo un po’. Ma tu perché sei qui Spike?” lo guardò interrogativo
“avevo bisogno di cambiare aria per un po’ – fu la
secca e laconica risposta – e questo è stato l’unico posto a venirmi in mente”
“un posto pieno di ricordi che forse faresti meglio a
non rivangare troppo” osservò il demone
Spike lo squadrò, reggendo lo sguardo gentile e un
po’ timido dell’amico, per poi rispondere con una tranquillità misurata
“sono a posto Clem, non ho più intenzione di parlare
di lei, di Fred o di qualcunque altra. Me ne sono andato e probabilmenete lo
avrei fatto in ogni caso. –quel particolare gli uscì di bocca senza nemmeno
riflettere: una sensazione che sentiva nell’aria da molto ma che non aveva mai
preso forma di pensiero prima di quel momento - Los Angeles e lavorare per Angel
mi stavano stretti. Non sono mai stato un tipo da lavori d’ufficio” si appoggiò
con i gomiti alle ginocchia, prendendo atto della realtà che aveva appena
esposto: davvero l’attività che aveva svolto a Los Angeles era diventata un
peso per lui? era la solitudine quello che cercava?…forse era davvero quella
l’unica risposta possibile e, almeno per ora, se la sarebbe fatta bastare.
Vagando con gli occhi per la nuova sistemazione del
demone, Spike posò gli occhi su un mobiletto dai ripiani impolverati, stipato
di oggetti di ogni tipo: uno solo però attrasse la sua attenzione facendolo
sorridere.
“dove hai trovato quello?” chese indicando con una
mano la scatola da gioco in cartone un po’ rovinata
Clem seguì il suo dito, sorridendo poi a sua volta
“il Monopoli? Ti ricordi quella serata al compleanno
di Buffy…mi ero divertito molto con Dawn”
“è cresciuta. Ora va al college a Filadelfia”
sussurrò ricordando la donna che era diventata
“ed è ancora…”
“arrabbiata con me? No, ora solo con se stessa.
–disse semplicemente – ti ricorda qualcuno? –sussurrò con ironia, per poi
spiegare - Si è abituata alla vita tranquilla, dove i demoni si vedono solo al
cinema; probabilmente perché non si è mai sentita veramente parte della
combriccola di combattenti contro il male” sorrise suo malgrado
“è un bene. Per lei intendo”
“sì, lo è. Ha rimosso gli anni di Sunnydale e tutti
gli orrori che ha visto ed ora è una perfetta ragazza normale – sospirò,
fissando di nuovo il demone – però non riesce ad accettare che sua sorella non
riesca a diventarlo”
“che vuoi dire?”
la memoria di Spike corse indietro, al momento del
loro addio in aeroporto: la scenata di Dawn e il fatto che non si fosse nemmeno
voltata indietro per salutarli prima di partire la diceva lunga sul suo stato
d’animo e di concezione della sua nuova realtà. Sapeva quanto avesse sempre
sofferto ad essere trattata come la sorella della cacciatrice e mai come membro
utile per la lotta: non piaceva a nessuno essere secondo, soprattutto ad una
sorella come Buffy. Si era sempre chiesto come mai quella ragazzina non fosse
mai riuscita ad avere amicizie diverse da quelle di sua sorella né avesse mai
provato arendersi autonoma, ma d'altronde chi era lui per giudicare una
sofferenza nascosta come quella di Dawn, quando nemmeno sapeva definire la sua?
“Buffy ha passato troppi anni a combattere i demoni e
quando è arrivato il momento di tornare alla sua vita normale ha dubitato. –il
suo tono di voce si abbassò, come se stesse per dire qualcosa che non era
ancora stato in grado di razionalizzare – è andata a Londra con Faith, per
incontrare un pezzo grosso del consiglio credo”
“e Dawn l’ha presa male” completò Clem, sospirando e
scuotendo la testa rugosa
“già, se ne è andata senza nemmeno salutarla. Non è
stato un addio piacevole”
“ e Buffy ora?”
“non ne ho idea, ma penso sia tornata a New York” fu
la sua laconica risposta. Non aveva più intenzione di parlare di lei, nemmeno
con Clem
“ma non pensi che potrebbe anche…” provò a
congetturare il demone, che però venne subito interrotto
“non ho voglia di scoprire cosa ha intanzione di
fare: la vita è sua e io non ho intenzione di scombussolargliela. Merita tutto
quello che si è costruita. E poi sono passati due anni da quando io sono scomparso,
come mi ha definito lei: non è in una settimana che si ristabilisce un rapporto
che ormai tutti e due ritenevamo chiuso”
“ma…” obbiettò il suo interlocutore, provando ad
aggiungere qualcosa ma subito bloccato
“non ho più intenzione di parlarne Clem” Spike
distolse lo sguardo e si alzò, infilando di nuovo il cappotto di pelle ma
ancora incerto sul da farsi
“ed ora dove vai?” chiese allarmato
“a fare due passi e a vedere quello che è rimasto qui
in giro” poi si diresse verso la porta, sbattendola più di quanto avesse voluto
e lasciando solo l’amico, che scosse di nuovo la testa fissando quello che
restava della sigaretta spenta dal vampiro un attimo prima.
Spike oltrepassò senza fatica il catello che indicava
i lavori in corso, lungo un marciapiede dall’asfalto sconnesso, per iniziare a
camminare in direzione dei lavori in corso.
Perché diavolo era tornato là? Non riusciva a
smettere di domandarselo da quado aveva spento il motore dell’auto davanti alla
cripta del demone. Eppure quando aveva imboccato quella strada nel deserto non
si eran nemmeno reso conto della direzione che aveva preso.
Sorrise amaramente, osservando in lontananza un
cartello nuovo di zecca, che faceva bella mostra di se piantato sul ciglio di
quello che una volta era il collegamento alla via principale di Sunnydale,
recitando le ormai note parole “WELOCOME TO SUNNYDALE”: un annuncio non del
tutto lieto contando le condizioni in cui era ridotta quella squallida
cittadina e l’enorme baratro che nemmeno dopo sei mesi di lavori gli operai
erano riusciti a colmare del tutto.
Sorrise al pensiero che era stato lui a dare il via
all’esplosione che avrebbe ridotto a un buco nella terra quel piccolo angolo di
mondo, che era diventato però il suo baricentro.
Non aveva più rimesso piede a Sunnydale da quando era
tornato: aveva sempre costretto Clem ad arrivare sino all’uscita
dell’autostrada a piedi, perché lui non aveva più voluto andare più in là.
Troppi ricordi, troppe sofferenze.
Nascosto dietro un albero osservò gli operai al lavoro,
mentre si affannavano a ricostruire lo scheletro di quella città sventrata,
senza domandarsi nemmeno se invece fosse il caso di fermarsi e riflettere su
cosa era stata Sunnydale e perché fosse stata distrutta. Una città maledetta,
ecco cosa era stata: la città che aveva rovinato molte vite, tra le quali anche
la sua. Una città muta e silenziosa, dove i fatti venivano sempre raccontati a
metà e l’omertà aveva vera ragion d’essere.
Sbirciò sulla mappa attaccata ad un alto reticolato,
che individuava la collocazione degli edifici principali e dei servizi che
stavano per essere costruiti grazie all’intervento governativo e a sovvenzioni
di anonimi benefattori.
Sorrise: anonimi benefattori. Un bell’eufemisimo.
Poi, con attenzione, cercò la collocazione del nuovo
liceo, annuendo mestamente quando si rese conto che era l’unico edificio la cui
sede non era stata cambiata.
Si ricominciava quindi.
Proseguì a piedi fino al cartello di benvenuto, al
quale si appoggiò fissando la strada deserta davanti a lui.
Chissà se Buffy sapeva…ma come? I lavori erano
iniziati in sordina, tanto che la notizia non era stata divulgata nemmeno a Los
Angeles, figuriamoci a New York.
Chiamarla? Farle sapere che la sua città sarebbe
tornata in piedi nel giro di qualche mese? E come poi…ricordò il suo biglietto
da visita svolazzante verso il deserto, proprio il giorno prima. In ogni caso
poi, che senso avrebbe avuto…
Aveva sbagliato pensando che tutto sarebbe ricominciato
da capo, perché non era così. Sarebbe stato tutto diverso: il cosiglio avrebbe
mandato un’altra cacciatrice e un nuovo osservatore, la nuova generazione
avrebbe preso il posto della vecchia, il testimone sarebbe passato nelle mani
di estranei.
No, quella non sarebbe più stata la città di Buffy
Summers, né quella di Giles, di Dawn, di Willow, Xander o Faith. Mai più.
Dieide un violento scossone al cartello, che tremò
violentemente, poi lo fermò con una mano facendolo tornare nella posizione in
cui era stato piantato.
E nemmeno la sua.
Mestamente ritornò sui suoi passi, con le mani in
tasca e una sigaretta in bocca.
Entrò nella cripta, senza però sedersi, e fissò il
demone con occhi spenti e stanchi, senza dire nulla.
“Spike?” chiese interrogativo Clem, intento a
riordinare dei vecchi fogli di giornale in un raccoglitore rossiccio per la
contabilità.
“Rimango qui per un po’. Non ti dispiace vero?” disse
in tono piatto
“no…no! Accomodati” gli indicò la poltrona con una
mano, quasi si sentisse responsabile dello stato d’animo del suo ospite.
“solo fino all’arrivo della nuova cacciatrice. Ho
visto che il Sunnydale High non ha cambiato sede –ridacchiò – e non credo che
il consiglio si aspetti che i nuovi inquilini di questa ridente cittadina siano
attirati qui dalle bellezze naturali dei dintorni”
“no, infatti. Potresti fermarti qui sai? Intendo…ora
che a Los Angeles…” azzardò il demone
“questa non è più la mia città Clem – sorrise amaro –
se mai lo è stata. Rimango solo per vedere chi sarà la prossima ragazzina che
verrà avviluppata tra le spire di questo posto”
“e poi?”
Spike gettò la giacca sulla poltrona, lasciando che
l’espressione con cui aveva accolto il demone sparisse per lasciare il posto ad
una più distesa.
“chissà” disse semplicemente, sedendo vicino al
demone e osservando le pagine che stava catalogando.
* * *
Buffy rientrò a casa prima quella sera, lasciando
l’ufficio mezz’ora prima del solito. Prese la metropolitana leggermente tesa, non
a causa degli incontri poco raccomandabili che aveva avuto qualche settimana
prima però: ormai il fatto di trovarsi di nuovo di fronte un vampiro non era
più così insolito.
Da una decina di giorni, ogni notte, girava per le
strade di New York con il vecchio paletto in mano e una lama in argento nella
tasca profonda del suo giubbotto di pelle.
In quelle serate solitarie non aveva potuto fare a
meno di osservare la gente che passeggiava per le vie deserte a quell’ora, e
non erano certamente le stesse che vi bazzicavano di giorno, alla luce del
sole. Di notte compariva invece un altro strato della popolazione, e non si
riferiva solo ai demoni o ai vampiri nascosti nei vicoli: aveva incontrato
tanta, troppa altra gente. Reietti, come lo era stata lei quando era fuggita a
Los Angeles e come in un certo senso si era sentita per due anni a New York.
Persone che non avevano casa né famiglia, che si tenevano a galla solo con la
forza di volontà.
Quando la vedevano passare, stranamente, voltavano la
testa ed evitavano il suo guardo. Probabilmente erano coscenti che una ragazza
sola tra le strade buie della metropoli non sarebbe duata molto, nemmeno una
notte.
I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dallo
sfrigolio quasi assordante delle rotaie della metropolitana, che si fermava
esattamente davanti a lei. Come un automa, seguita da un altro gruppo di
pendolari, salì sul vagone sedendosi sul sedile più vicino alle porte
automatiche, che si richiusero con un rumpore metallico.
Tentò di guardare fuori da finestrino, di organizzare
mentalmente il lavoro per il giorno dopo, provò persino ad ascoltare la
conversazione di due anziane signore che chiacchieravano nei posti di fronte al
suo: nulla però riusciva a distrarla da compito che si doveva costringere a svolgere
quella serata, lo stesso per cui era uscita prima dal lavoro; non che ce ne
fosse bisogno, riflettendoci. Anzi, in cuor suo sperava che tutto durasse il
meno possibile. Perché aveva preso quel permesso di un ora? Semplice: la paura
porta a desiderare di avere più tempo per prepararsi ad affrontare quanto viene
in contro, perché in questo modo sembra quasi di avere un qualche potere su di
esso.
Prese in mano il cellulare che teneva nella tasca del
cappotto, scorrendo rapidamente l’indice dei numeri in rubrica e fermandosi al
nome Willow. Premette il pulsante verde e si portò la cornetta all’orecchio.
D’un tratto il suo dito scattò a premere il bottone
rosso, interrompendo la chiamata, e poi infilò il telefono nella borsa,
incorciano le braccia sul petto e tornado a guardare fuori dal finestrino
fintamente indifferente e con aria quasi imbronciata.
No, non poteva chiamarla un’altra volta. Quello era
un suo compito maledizione! Si erano divise gli incarichi ed era stata lei a
decidere che avrebbe telefonato a Dawn e a Giles, e Willow non aveva discusso,
prendendosi invece carico di rendere noti i loro progetti a Xander.
Si sentiva in dovere di parlare in prima persona sia
al suo osservatore che a sua sorella, sarebbe stato da vigliacchi delegare
quell’incombenza ad un’altra, anche se se era Willow.
Parlare a dawn, ecco cosa realmente la preoccupava:
ricordava anche troppo bene le sue parole all’aeroporto, quasi sapesse già che
avrebbe scelto di tornare a combattere…
Il treno si fermò con una brusca frenata alla sua
stazione e lei scese, ancora sovrapensiero.
L’ultima volta che aveva parlato con sua sorella era
stato dieci giorni prima, ma si era trattato di una conversazione breve e
fredda, nella quale era solo riuscita a sapere che stava bene e a risponderle
la stessa cosa. Poi entrambe avevano riattaccato nascondendosi dietro scuse
poco plausibili.
Dawn era arrabbiata con lei, questo lo sapeva, ma
quello che la preoccupava di più era il fatto che la sua rabbia non si fosse
decantata nemmeno dopo tutto quel tempo lontane…ma chi voleva prendere in giro?
In cuor suo sapeva che la domanda che davvero le premeva era un’altra: lei era
arrabbiata con Dawn?…avrebbe potuto continuare a chiamarla fino ad esasperarla
per riuscire ad avere di nuovo una conversazione con lei, ma non lo aveva
fatto. Perché?…eppure sapeva di volerle bene, di volere bene a lei più che ad
ogni altro, di una amore incondizionato che può essere solo quello di una
sorella. E lei era stata molto più che una sorella per lei: le aveva fatto da madre
per più di tre anni, sino a quando si era iscritta al college di Filadelfia.
Un madre…già.
A 20 anni aveva già dovuto rivestire quel ruolo.
A 24 invcece camminava per le strade di New York,
dopo essere uscita dal suo bell’ufficio di Manhattan.
Vide il suo viso riflesso nella vetrina di un megozio
e si fermò ad osservarlo per qualche istante: i capelli biondi legati con un
nastro dietro la testa, gli occhiali da vista calcati sugli occhi e un vestito
beige con la gonna che le arrivava oltre il ginocchio, per completare il tutto
un paio di scarpe con un tacco modesto e una borsa porta pratiche marrone in
pelle, né troppo piena né troppo vuota.
Accelerò, superando il rifelsso con passo rapido.
Quella. Quella era davvero lei? era davvero la stessa ragazza che girava i
cimiteri vestita di pelle nera, con i capelli sciolti e gli occhi verdi
scintillanti, che idossava solo scarpe dal tacco altissimo anche quelle
rigorosamente scure?…camminado si esaminò dall’alto in basso. Nulla poteva
darne anche solo il presentimento.
Madre e lavoratrice: due ruoli che aveva dovuto
accettare troppo presto.
Dio quanto le sarebbe piaciuto non dover spiegare
nulla a nessuno, le cose sul lavoro erano tutte sistemate e a breve avrebbe
ricevuto il nuovo contratto di ammisione alla filiale di Los Angels. Perché non
poteva andarsene e basta?
Perché aveva delle responsabilità nei confronti di
Dawn, ovvio. Ma nessuno poteva immaginare quanto le pesavano. Aveva cercato di
non farlo capire, tentato di comportarsi da adulta e prendere in mano la
situzione, ma sua sorella certo non rendeva le cose più facili. Poteva capire
il suo desiderio di attenzione e aveva ragione quando soteneva che lei era
stata costretta dalle circostanze a rivestire il ruolo di madre nei suoi
confronti, ma sentiva anche che Dawn non avrebbe potuto chiderle uno sforzo
maggiore. Perché credeva che avesse studiato giorno e notte e che avesse
accettato tutti i turni peggiori al bar in cui lavorava per laurearsi il prima
possibile? Un’altra cosa che era stata costretta ad imparare a sue spese era
che i soldi non piovevano dal cielo e che per mantenere qualcuno al college era
necessario guardagnarne abbastanza.
Ripensò a sua madre: era in quei momenti che le
mancava maggiormente. Lei aveva sempre saputo come fare per crescerle entrambe.
Eppure ce la aveva fatta, aveva superato tutti gli
ostacoli che le si erano parati davanti e tutto andava per il meglio: Dawn
frequentava la scuola che più le piaceva ed era arrivata addirittura a prendere
una borsa di studio, mentre lei aveva un lavoro stabile.
Rivide sua sorella che si allontanava da lei, con la
valigia in mano, senza nemmeno voltarsi.
Cosa voleva ancora da lei?…la vita era sua e non si
vergognava a dire che sua sorella gliela aveva condizionata in più di una
maniera in quegli anni. Non in senso negativo, non sempre almeno, ma era per
lei che si era data da fare: per dale un futuro, per darle una scelta. E non lo
aveva fatto per dovere, ma per affetto. Di questo era sicura.
No, Dawn decisamente non poteva pretendere di più da
lei.
Si fermò davanti alla porta di casa e, entrata
nell’atrio, prese l’ascensore per arrivere al terzo piano.
Era arrivato il momento di fare quella fatidica
telefonata.
Doveva dirglielo e glielo avrebbe detto. Senza giri
di parole né vergogna, perché, come le aveva quasi gridato in aeroporto, aveva
il diritto di vivere la sua vita come meglio credeva.
Fortificata da quella constatazione gettò il
soprabito sul divano, sedendosi sulla morbida poltrona vicino al telefono.
Inspirò a fondo, poi prese in mano il cordless e
compose il numero di cellulare della sorella, guardando l’orologio a muro di
fronte a lei: erano le 18.30 e di sicuro non era a lezione.
Suonò libero
Una
Due
Tre volte
Poi distinse chiaramente la voce della sorella che
rispondeva, reprimendo una risata: probabilmente era in compagnia
“pronto”
“ciao Dawn…sono Buffy”
rimase un attimo interdetta, probabilmente
riflettendo che si erano sentite solo una settimana prima
“ciao”
Buffy sentiva un forte rumoreggiare dall’altra parte
del filo, segno che non si era allontanata e che non pensava che la
conversazione sarebbe durata a lungo.
Prese un profondo respiro
“ho bisogno di parlarti” disse con tono eloquente
“bene, sentiamo” rispose l’altra, con misurata
semplicità
Buffy udì la voce lontana di un ragazzo che chiamava
il nome di sua sorella e fu ulteriormente irritata dal suo comportamento,
coicchè anche l’ultima nota di comprensione nelle sue parole scomparve
“ascolta, è una cosa importante…trova un posto meno
incasinato”
senza una parola udì l’eco dei suoi passi e le voci
dei ragazzi che diventavano via via sempre più fievoli
“allora?” la sua voce sembrava quasi seccata “Buffy?”
chiese, poiché non ricevette risposta per qualche secondo
“Dawn – sospirò a fondo – non userò stupidi giochi di
parole, né altre perdite di tempo, visto che sembra tu voglia dedicarmene poco.
Stanno ricostruendo Sunnydale e…” Dawn la bloccò, completando per lei
“…e tu torni là vero?” la sua voce suonava amara
“esatto. Willow viene con me” si rese conto che sua
sorella era quasi sull’orlo delle lacrime
“bene – ricacciò un singhiozzo – lo sapevo sai?”
“Dawn…”
“te lo avevo detto all’aeroporto no? Quando ti ho
visto andare via con Faith. Ma lo sapevo anche prima, mentre combattevi con
April…solo che credevo…”
“Dawn, ascolta…”
“no, lasciami finire. L’unica cosa che vorrei sapere
è perché, perché vuoi abbandonare quello che ti sei costruita a New York. Non
ti basta più? Non ti basta più nemmeno Mark?”
Buffy, dall’altro capo della linea, abbassò la testa
nel sentire il suo nome
“io e lui ci siamo lasciati”
“…un altro Riley, è così?”
fu colpita dall’isinuazione della sorella più profondamente
di quanto lei potesse immaginare, ma non lo lasciò sentire
“non cambierà niente per te, la tua bella vita al
college non avrà modifiche. Credevo solo che potesse interessarti”
Dawn rimase interdetta a quelle parole, sentendosi
improvvisamente in colpa per il tono usato con la sorella e l’insinuazione di
un attimo prima
“ma evidentemente mi sbagliavo” Buffy stava per
riattaccare, ma fu interrotta dalla voce ancora spezzata della ragazza
“Quando è stata ricostruita?”
“hanno iniziato sei sette mesi fa”
“quando ti trasferirai là?” domandò con un filo di
voce, che fece ricordare alla Cacciatrice tutti i momenti passati a consolarla
“appena gli edifici in città saranno in vendita.
Dawn, io volevo solo che tu lo sapessi, non ti domando nulla, so che sei
felice” il suo tono si era raddolcito
“ non mi hai ancora risposto però…” il suo tono non
era polemico però, anzi, aveva una nota di tristezza che non le aveva mai
sentito
“a cosa?”
“perché?”
Buffy si fermò un istante, poi le rispose con calma
“perché è quello il mio posto. Lo è sempre stato.
Quella è ancora la mia città e…beh, credo che si possa riassumere dicendo che
una cacciatrice è sempre una cacciatrice” sorrise leggermente e sentì la
sorella ridacchiare malinconicamente
“e una Chiave rimane sempre una Chiave?”
“no, credo che ormai la serratura che apriva la tua
porta verso quel mondo sia bloccata. Non doveva essere la tua battaglia Dawn,
ho fatto di tutto perché non lo diventasse” la voce di Buffy aveva preso la
nota affettuosa di un tempo
“lo so. – si interruppe un attimo –sei sempre stata
tu quella stravagante delle due, lo diceva anche mamma” ironizzò, dissipando la
tensione che si era creata
“già. Però sono sempre stata una brava sorella no?”
“di più Buffy. di più. Torni a casa quindi…a
Sunnydale”
“non è dall’altra parte del mondo sorellina, esistono
gli aerei. Anche a te farebbe bene tornarci qualche volta sai?” azzardò
timidamente
Dawn si limitò a ridere un poco
“è tutto a posto? Volgio dire, mi hai di nuovo
chiamato sorellina quindi…”
“quindi non ti strozzerò per essertene andata in quel
modo all’aeroporto? Probabilmente no”
“Buffy?”
“sì?”
“ti voglio bene”
“anch’io sorellina”
udì Dawn mettere fine alla comunicazione e riabbassò
la cornetta, chiudendo gli occhi. Un sorriso disegnato sul viso.
Aspettò qualche istante, per poi comporre il secondo
numero scritto in rosso nella sua agenda
Il terminale suonò libero e dopo pochi squilli una
voce maschile rispose garbatamente
“Giles? Sono Buffy”
Cap.11 – la Città degli Angeli
Buffy giaceva distesa nel suo letto. Immobile.
Fissando il soffitto con occhi vuoti.
Giles non era rimasto troppo stupito di quello che
gli aveva detto, quasi si aspettasse una telefonata in genere da lei.
Sorrise. In fondo sapeva già che sarebbe successo
nell’istante in cui la aveva chiamata per andare a Cleveland, probabilmente
sperava in cuor suo di avere torto, ma ne era cosciente.
Ora al suo elenco personale mancavano ancora due persone.
Faith e Spike. I due più imprevedibili che avesse mai conosciuto; li aveva
odiati entrambi, odiati davvero, con un furore cieco che aveva quasi rischiato
di farla uccidere. Non erano mai esistite mezze misure con loro, in nessuna
occasione, e nei due diversi momenti della sua vita in cui le erano stati
vicini li aveva amati più di chiunque altro.
Sapeva che Fatih avrebbe saputo della sua decisione
da consiglio: se conosceva bene Giles quando credeva, non avrebbe aspettato a
comunicare che Buffy era tornata a combattere per evitare che le frapponessero
ostacoli. Avrebbe voluto avvisarla di persona ma…sapeva che la avrebbe rivista,
presto.
Spike invece…cosa le aveva detto la Custode? non
faree l’errore di seguire il caso invece che il destino
Era passato più di un mese da quando era tornata a
casa e non lo aveva più sentito. Sorrise amaramente: probabilmente il
bigliettino con il suo numero di telefono era finito nella carta straccia
appena arrivato nei pressi di Los Angeles o, al più tardi, quando era tornato a
casa da Angel.
Sapeva a cosa alludeva Dawn quando aveva parlato di
un altro Riley, riferendosi a Mark, ma non era stato per Spike che lo aveva
lasciato. Era stato per lei. Per mettere fine ad una farsa che prosciugava
molte delle sue energie.
Aveva sperato, certo, che lui chiamasse. Più di una
volta era corsa al telefono appena aveva squillato, quando vedeva un numero
sconosciuto nell’identificatore di chiamate, ma non aveva più sentito la sua
voce.
Non sapeva dire se lo amasse ancora, se quello che
c’era stato tra loro potesse avere un seguito anche dopo che le loro vite si
erano separate, e poi non sarebbe dipeso da lei. Lui era ancora a Los Angeles,
accanto ad un’altra, e questo lei non poteva cambiarlo in nessun caso.
Doveva fargli sapere della sua decisione? In ogni
caso era chiaro che lo avrebbe rincontrato lavorando a Los Angeles e non
sarebbe stato carino che lui scoprisse che lei era tornata a Sunnydale solo
dopo essersi scontrati lungo la strada. Non era giusto nei suoi confronti.
Se quello doveva essere un capitolo chiuso della sua
vita, era necessario mettervi fine nettamente.
Le parole del suo capo le rimbombarono nelle orecchie
e lei prese freddamente coscienza del brutto scherzo che le aveva tirato il
destino, al quale però non poteva tirarsi indietro.
“la settimana prossima partirà per la costa ovest per
incontrare il direttore dei lavori di Sunny…, della cittadina di cui si è
occupata – si corresse dopo un colpo di tosse – e anche il direttore della
nostra filiale di Los Angeles vuole parlarle del suo trasferimento laggiù. La
mia segretaria le prenoterà un volo per questo week-end”
* * *
“hai davvero intenzione di andare a trovarlo?” la
voce di Willow era decisamente sconcertata, cosa che non contribuì a
tranquillizzare Buffy
“Willow, preferisci che aspetti di incontrarlo per
strada? Allora sì che farei una bella figura, del tipo ‘lavoro qui ma non
volevo fartelo sapere e tu mi hai colta in fragrante’! decisamente il massimo
per iniziare bene” polemizzò la Cacciatrice, ormai aveva deciso che sarebbe
andata a trovare Spike a Los Angeles: non dovevano esserci porte aperte sul
passato, ed era arrivato il momento di chiudere l’ultima.
“no ma…intendo solo dire che lui ti ha detto che ha
una ragazza e di sicuro non è l’ingenua vicina di casa che non sa nulla di
vampiri e demoni, quindi anche lei deve far parte del gruppo di Angel, e non
sono sicura che tu sia pronta per incontrarla! Anzi, a dire la verità credo che
tu non sarai mai pronta a farlo…” disse velocemente, rendendosi conto troppo
tardi però di aver parlato troppo
“cosa vorresti dire? Che appena li vedrò insieme
scapperò di corsa in un mare di lacrime? – si inalberò Buffy – non ti scordare
che ho beccato Angel e Faith abbracciati una volta!” aggiunse, come se ciò
spiegasse perché la reazione che aveva ipotizzato fosse infondata
“e infatti volevi prenderla a botte se ben ricordo”
aggiunse l’amica “Buffy, lo sai che ti conosco meglio di qualunque altro e
posso scommettere che la prenderai male, anche se sono sicura che hai passato
tutta la notte a ripeterti che non ti farà ne caldo ne freddo”
“e allora illuminami Will, almeno sarò preparata! Non
ho intenzione di cambiare idea, te lo assicuro” rispose esasperata
“ti metterai a fare confronti che non serviranno ad
altro che a confonderti più di quanto tu sia già”
Buffy non seppe cosa replicare all’affermazione
dell’amica: probabilmente aveva ragione. In fondo non era esattamente quello
che aveva fatto da quando era tornata? Tentare di immaginare cosa avesse questa
ragazza più di lei…ma erano pensieri stupidi, lo sapeva, stupidi e
inconcludenti.
“…ma a quanto pare ti sei già messa a farli molto
prima di conoscerla” concluse, sepre più scettica sul possibile buon esito del
viaggio a Los Angeles
“ciao Willow, ti farò sapere” Buffy tentò di
concludere la conversazione telefonica il più presto possibile. Basta pensare,
era arrivato il momento di prendere un aereo.
“ma potresti anche evitare di andare ora, magari più
avanti…” la voce di Willow venne interrotta da lei, che chiudeva il cellulare e
lo spegneva: avevano appena chiamato il suo volo.
Abbassò gli occhiali da sole, che aveva alzati sulla
fronte per tenere indietro i capelli, e lasciò che le ciocche se scendessero
leggere agli angoli del viso, poi si diresse verso la sua uscita, esibendo il
suo biglietto e la carta d’identità.
Prese posto sull’aereo, che decollò qualche minuto
più tardi, eludendo i banali tentativi del suo vicino di posto di instaurare una
conversazione; guardò fuori dal finestrino finchè New York e le sue mille luci
diventarono solo punti lontani e isignificanti nella cupa luce del pomeriggio.
In quel momento tutto le sembrava profondamente
chiaro e lineare: il suo viaggio a Los Angeles e la necessità di avvertire
Spike della sua decisione non più
problemi insormontabili e la nebbia che oscurava la strada davanti a lei
sembrava essersi improvvisamente diradata. Si lasciò cullare dal rumore dei
motori, poggiando la testa sul vetro: quanto era bello stare su quell’aereo e
sapere che Los Angeles, da quel momento in poi, non sarebbe più stata la città
inospitale che ricordava durante il suo ultimo viaggio di lavoro. Aveva cercato
di tornare in Claifornia il meno possibile nei due anni passati lontani, e le
poche volte che era stata costretta a rimetterci piede la ferita che aveva
lasciato in lei la distruzione di Sunnydale si riapriva, il dolore tornava.
Quella era la prima volta che non vedeva più solo ombre nel pensare al grande
aeroporto dove sarebbe atterrata tra qualche ora.
Ripensò alle parole di Willow e ammise amaramente che
aveva ragione:non aspettava altro che un confronto con questa ragazza, un
confornto che non doveva essere per forza verbale, ma che sarebbe stato
soprattutto di fugaci occhiate, nella speranza di riuscire a cogliere cosa,
cosa avesse fatto innamorare Spike. Perché tutto si riduceva a questo: se
credeva che il suo amore per lei sarebbe stato eterno si sbagliava di grosso,
ed Angel era la dimostrazione. Nessun amore era eterno. Nessuno.
Una sorta di rabbia fredda le montò in corpo,
esattamente come quando Spike aveva accennato alla sua fantomatica ragazza,
durante l’allenamento. Il ricordo del ritorno di Riley con la sua Lara Croft
dei poveri…sarebbe stato così anche per Spike?
Sentì il carrello del’aereo posarsi sulla pista con
un piccolo sobbalzo e il familiare panorama della città si stagliò alla sua
sinistra. Non potè fare a meno di sorridere, per poi prendere il suo bagaglio a
mano per dirigersi verso l’aeroporto.
Ci mise poco a sbrigare i pochi controlli e ad
uscire, oltrepassando la fermata taxi per i turisti e dirigendosi direttamente
alla stazione dei pullman: lei conosceva bene Los Angeles, e la prima regola da
imparare era di non fidarsi dei taxi, soprattutto se li si prendeva
dall’aeroporto, perché c’erano circa una ventina di diverse direzioni per
entrare in città e sicuramente i conducenti non avrebbero preso la più breve.
Alzò gli occhi al cielo, fermandosi sul
marciapiede e posando a terra il
bagnaglio: era di un azzurro incredibile e il sole brillava caldo. Si tolse il
golfino scuro che si era posata sulle spalle per proteggersi dall’aria
condizionata e rimase con una semplice canottiera nera sopra i jeans scoloriti,
poi rinfilò gli occhiali da sole: dopotutto era appena atterrata in California.
Il pullman si fermò a pochi isolati dal centro
cittadino, e ci sarebbero voluti alcuni minuti per raggiungere l’ufficio di
Angel. Oltrepassò la strada con passo sicuro e non si lasciò innervosire dalle
occhiate poco discrete che le lanciò il giovane conducente della cadillac rosa
ferma per lasciarla passare.
I raggi del sole scottavano sulla pelle chiara,
tuttavia non ci fece caso, rimanendo suo magardo di nuovo colpita dai ricordi
che si riaffacciavano alla sua mente dopo aver svoltato ad ogni angolo. Poco
distante da la c’era il suo veccio liceo, quello con la scalinata di pietra
bianca dove aspettava seduta che sua madre arrivasse a prenderla, e dove aveva
cozzato per la prima volta contro il suo destino. Da dietro gli occhiali scuri
osservò un gruppetto di studentesse con vestiti colorati e succinti che si
avviavano verso il vicoletto che portava all’edificio e si ricordò di una certa
ragazzina bionda che adorava vestirsi di rosa ed i lecca lecca alla fragola,
che era stata reginetta dell’Homecoming e capo-cheerleader. Lasciò che il vento
le scompigliasse i capelli: dove era finita quella ragazzina? O meglio, chi era
diventata?
Raggiunse il gruppo di teenagers che si tenevano a
braccetto, percorrendo dietro di loro la stradina e ascoltando con un sorriso
malinconico i loro discorsi frivoli e le risatine sciocche: probabilmente se si
fossero voltate la avrebbero liquidata con uno sguardo di sufficienza, notando
la benda nera che aveva legata attorno al polso, la croce che portava al collo,
gli anfibi di pelle e i jeans consumati, e si sarebbero stupite solo che avesse
i capelli biondi. Se avessero saputo che era stata esattamente come loro appena
una decina di anni prima e che aveva percorso centinaia di volte quella stessa
strada a braccetto con amiche che pendevano dalle sue labbra per ascoltare gli
ultimi pettegolezzi sui ragazzi della squadra di football non ci avrebbero
creduto.
Ne era passato di tempo da allora, non potevano
nemmeno immaginare quanto. Immaginò che anche una di loro avrebbe potuto essere
scelta, come lei, come Faith, come April e come tutte le Potentials che aveva
allenato. In quel caso anche a loro sarebbe corllato il mondo addosso?…
Basta pensarci, non serviva a nulla. Soprattutto in
quel momento, mentre credeva di aver finalmente ripreso in mano le redini della
sua vita.
Le superò, entrando nell’edificio scolastico davanti
a loro e non curandosi nemeno dei loro sguardi.
Si tolse gli occhiali scuri, lasciandoli
penzolare sotto il mento con le
stanghette sopra i lobi, sapeva perfettamente dove andare: alla bacheca dei
trofei, dove erano gelosamente conservati anche i ritratti delle reginette di
Primavera. Non sapeva spiegarsi perché sentiva il bisogno di tornare là, probabilmente
solo perché era il lugo dove tutto era iniziato.
Si guardò intorno nell’atrio, non riusciendo più ad
orientarsi: quando studiava lì la bacheca era nel corridoio a sinistra, ma ora
c’erano solo armadietti di ferro e centinaia di ragazzi.
“posso aiutarla?” una voce alle sua spalle la fece
voltare
“è forse la sorella di uno degli studenti e lo sta cercando?” continuò la voce gentile di
una inserviente
Buffy sorrise
“no, sono un’…un’ex studente di questo liceo. Stavo
cercando la bacheca con le foto, una volta era là” indicò il corridoio
“ora è stata spostata vicino alla presidenza, sa dove
si trova?”
“anche troppo bene, grazie” si lasciò sfuggire,
allontandandosi poi nella direzione indicata
appoggiò le dita sul vetro lucido e trasparente, fermandosi
a contemplare i trofei vinti dalla squadra del liceo nel 1996, quella delle
cheerleaders e della reginetta del ballo sorridendo leggermente, più con ironia
che con amarezza però. Osservò quella ragazza un po’ paffuta, che sorrideva con
lo scettro in mano e la corona tra i capelli: se la avesse vista April
probabilmente la sua idea di lei sarebbe tornata quella pessima che si era
fatta durante il lor primo incontro.
Chissà come sarebbe cresciuta quella reginetta se
nessuno le avesse detto che era la prescelta a cacciare vampiri. Tanti, troppi
“se” sarebbero rimasti solo ipotesi nella sua testa, ormai era adulta e la sua
strada tracciata e non c’era nulla che avrebbe barattato per tornare come
allora e crescere in modo diverso, come la persona normale che aveva provato ad
essere per due anni.
Sorrise e si allontanò dalle fotografie con un’alzata
di spalle, dirigendosi verso l’uscita. Lì tutto era cominciato e lì era giusto
che tornasse almeno per un attimo, per essere sicura di non trovare rimpianti.
Rivide nuovamente le ragazzine del vicolo, questa
volta radunate in un crocchio circolare, che le lancavano occhiate furtive.
Stava per tirare dritto verso la scalinata che condiceva all’eserno, ma una
voce la fermò
“signorina Summers! Buffy Summers” lo strsso tono
imperioso di allora, la stessa cadenza pesante, lo stesso fruscio di abiti
inamidati
si voltò nella direzione del richiamo
“buongiorno preside” salutò, abbassando poi gli occhi
“non credevo si ricordasse ancora di me” non potè impedirsi di sorridere,
dopotutto aveva finito le superiori da qualche anno!
Notò di sfuggita le ragazze di prima che si
avvicinavano per ascoltare la conversazione
L’uomo, appesantito dagli anni e con la barba e i
capelli più radi allungò la mano, che Buffy afferrò stringendola.
“non si dimentica l’unica persona che sia riuscita ad
incendiare la palestra dando poi la colpa ai topi” disse ancora con un velo di
rimprovero
“e io che speravo si fosse ricordato di me per le mie
doti di capo-cheerleader” buttò lì, rotenado gli occhi: ora non faceva più lo
stesso effetto di prima avere davanti quell’omone imponente
“cosa la ha riportata qui signorina? Pensavo si fosse
trasferita” l’implicita domanda probabimente si riferiva al suo livello di
istruzione, visto che, tanto quando il preside Snider, anche lui non aveva mai
nutrito particolari speranze per il suo futuro.
“mi sono trasferita qui per lavoro, ma ho finito gli
studi all’università di New York” rispose, non per desiderio di rivalsa quanto
perché non le andava che pensasse che lei non fosse riuscita a combinare niente
nella vita
annuì con una leggera alzata di capo “stava cercando
qualcosa qui da noi? Sono lieto di informarla che abbiamo messo dispositivi
antincendio in tutte le aule” indicò con aria interrogativa il corridoio che
lei aveva appena percorso
Buffy sorrise, poggiando a terra il suo bagaglio a
mano.
“beh…volevo vedere ancora una volta quella bacheca,
deve ammettere che il 1996 è stato proprio il mio anno: reginetta del ballo,
capo-cheerleader e piromane con conseguente espulsione. Mi citi qualcuno che ha
saputo fare meglio!”
“in effetti è sempre stato un caso più unico che
raro. Vedo però che è cambiata non poco dall’ultima volta che l’ho vista” la
squadrò da capo a piedi, non riuscendo a credere che quella giovane donna che
diceva di essersi straferita a Los Angeles per lavoro fosse la stessa che era
stata la copia sputata delle quattro ragazze che origliavano alle loro spalle,
alle quali non avrebbe pronosticato nulla di più di un posto di cameriera al
bar dietro l’angolo.
“in effetti ho scoperto che il rosa non mi dona…” il
campanello che indicava l’inizo di una nuova lezione la interruppe
“mi scusi, ma è ora che io torni al mio lavoro”
allungò la mano nella sua direzione “piacere di averla rivista signorina
Summers”
lei la strinse, senza però troppa convinzione
“piacere mio”
osservò di sottecchi le ragazze che si allontanavano
lancando ancora piccoli risolini e occhiate stupite nella sua direzione:
probabilmente appena finita la scuola si sarebbero precipitate a vedere se
davvero era lei la reginetta del 1996.
Senza farci più davvero caso si diresse verso
l’uscita, infilando novamente gli occhiali da sole e lasciando che
l’inserviente chiudesse dietro di lei le ampie porte d’ingresso. Il sole tornò
a illuminarle il viso, sul quale spiccava un sorriso ironico: probabilmente
sarebbe stato il caso di insegnare a quell’uomo che le persone cambiano.
Percose quasi correndo i gradini che portavano in strada:
sì, quello ora poteva definirsi un capitolo chiuso della sua vita. Los Angeles
sarebbe diventata una nuova città ai suoi occhi, e lì avrebbe iniziato da dove
aveva lasciato il giorno in cui Merrik si era presentato come il suo nuovo
osservatore e dopo il suo traferimento a Sunnydale.
* * *
Salì le scale che portavano ai piani alti di un
imponente edificio del centro. Sapeva perfettamente dove si trovava l’ufficio
che stava cercando, ma decise di non prendere l’ascensore, quasi volesse ritardare
il più possibile il momento in cui si sarebbe trovata di fronte ad una porta
con la scritta “Angel Investigations” in una targhetta di metallo.
Ora però quel momento era arrivato e lei stava in
piedi di fronte all’entrata, senza decidersi a suonare. Dopotutto non era
educato comparire in casa della gente senza preavviso, e lei non riusciva a
sentirsi altro che un’estranea. Troppo tempo era passato da quando telefonava
in quell’ufficio, e ancora di più dall’ultima volta in cui ci aveva messo piede,
come al solito in corcostanze poco felici. Ma era sempre stato così tra lei ed
Angel: chissà perché non erano mai riusciti a cambiare nemmeno dopo la loro
separazione. La loro separazione, avvenuta sei anni prima. Sei anni non erano
un soffio e si sorsprese a pensare che quella era la prima volta che lei andava
fin lì per vedere qualcun altro. Questa volta era lì per Spike.
D’un tratto tutto il peso di quello che stava facendo
le ricadde sulle spalle: tra qualche istante avrebbe bussato a quella porta, sapendo
che avrebbe trovato Spike, il suo Spike, lo stesso che aveva recuperato l’anima
per lei, quello contro cui aveva combattuto, che aveva odiato, amato e che era
morto per aiutarla a salvare il mondo, lo avrebbe trovato abbracciato ad
un’altra. Ad un’altra dalla quale non si sarebbe mai dovuto aspettare ne pugni
ne lotte, né disprezzo ne sguardi di sufficienza. In una parola, qualcuno che
non lo trattasse come aveva fatto lei; certo nell’ultimo periodo di Sunnydale
tra lor le cose erano andate decisamente meglio, ma quando si resta scottati
una volta è difficile tornare indietro, e lei lo sapeva meglio di chiunque
altro. Dunque cosa si aspettava? Certo, a Claveland lui le aveva fatto capire
quanto la aveva amata e i sentimenti che aveva provato per lei anche in quei
giorni, ma come chidergli, anche solo come sperare, che lui potesse rinunciare
alla felicià che si era faticosamente costruito senza di lei e che meritava in
pieno? Con che coraggio?
Si rassicurò tuttavia all’idea di non eddere là per
nulla del genere: non c’erano secondi fini nascosti dietro il suo desiderio di
parlargli, ne alcuna aspettativa. Si erano lasciati dicendo che si sarebbero
rivisti se sarebbe stato destino, e se non era successo in quei mesi voleva
dire che il fato aveva scelto diversamente per loro, o meglio che lui aveva
deciso cosa fare della sua vita, nella quale lei non era più inclusa. Doveva
accettarlo e lo aveva fatto, di questo era sicura. Non ci sarebbero state
scenate né lacrime quando li avrebbe visti insieme, se lo aspettava dopotutto.
E poi lei voleva solo parlargli del suo trasferimento lavorativo in città e del
fatto che Sunnydale era stata ricostruita, tra qualche mese lei sarebbe venuta
a trovarsi nella sua stessa città e trovava giusto avvertirlo, fargli sapere che
anche lei era andantata avanti, che aveva ritrovato la sua strada e che in
parte era stato anche grazie a lui.
Avrebbe mentito sostenendo che era felice di vederli
insieme, ma non intendeva entrare in merito ad una simile discussione: lei era
lì solo per comunicargli la sua decisione di tornare ad essere una Cacciatrice,
null’altro.
Rinforzata dal pensiero prese coraggio e bussò con le
nocche sulla porta, in mancanza di un campanello. Dall’intrno sentì una voce
ovattata che gridava
“avanti!”
prese un lungo respiro prima di afferrare la maniglia
e abbassala. ‘presto’ continuava a ripetersi ‘ presto tutto sarebbe finito e
ogni porta aperta sul passato si rarebbe richusa’
Cordelia, seduta al banco di segreteria, alzò gli
occhi nel sentire bussare, ditogliendo lo sguardo dai tabulati telefonici che
stava consultando. Guardò l’orologio posizionato sulla parete opposta,
domandandosi chi mai potesse entrare alle quattro del pomeriggio in un ufficio
dove la clientela era composta soprattutto da persone spaventate o perseguitate
da esseri che non apprezzavano il sole della California.
Buffy varcò la soglia con passo sicuro, tentando di
non tradire il nervosismo. Dopotutto aveva fatto molto esercizio nel mentire,
due anni non erano pochi.
Si fermò nell’ingresso per chiudere la porta,
aspettando di sentire nuovamente la voce che le aveva intimato di entrare ma,
quando si voltò per osservare chi aveva parlato, rimase senza parole.
Cordelia. Quanto tempo era passato dall’ultima volta
che la aveva vista? Cordelia Chase, detta Queen C, e non aveva bisogno di altre
presentazioni.
Anche lei a bocca aperta, sbigottita. Tra tutte le
persone dell’universo non si sarebbe mai aspettata che proprio Buffy Summers
varcasse quella porta.
La ragazza si alzò dalla sedia, quasi correndo sui
suoi tacchi vertiginosi, e raggiunse la nuova entrata alla porta, scrutandola
da capo a piedi.
“jenas scoloriti, maglietta nera e anfibi, senza
contare gli occhiali alla Matrix. I capelli però hanno una bella piega” disse
con sufficienza, per poi sorriderle “direi che sei sempre tu. Ciao Buffy”
la Cacciatrice rise, buttando indietro i capelli e
passandosi le dita tra i ciuffi che le ricadevano davanti
“anche tu non sei cambiata: tacchi alti, trucco
pesante e vestiti attillati. Ciao Cordelia”
le due rimasero a sorridersi per un attimo, nessuna
delle due sapeva cosa dire, non avevano sentito nulla o quasi l’una dell’altra
per almeno quattro anni e, per quanto il loro rapporto non fosse stato dei più
stabili, insieme avevano sventato tre apocalissi.
“allora – trillò con il suo solito modo di fare
esuberante Cordelia, come se si fossero viste solo il giorno prima – immagino
tu sia qui in visita di cortesia, come va? Sei a New York ora no?”
“sì…”
“ho sentito che hai fatto a pezzi un’altro maestro a
Cleveland, anche se Spike è stato un po’ avaro di particolari” aggiunse con
disappunto
Buffy abbassò gli occhi
“già, sono venuta per parlare con lui”
Cordelia d’improvviso si rabbuiò, riprendendo però
subito la sua parlantina vivace
“è…è meglio che tu parli con Angel di questo. Ma
intanto racconta, come ti trovi finalmente nel mondo dei comuni mortali
Miss-stranezza?” dicendo questo la invitò a sedersi sul morbido divano nella
sala contigua, dove si accomodò vicino a lei
“beh…bella casa a New York, lavoro a Manhattan e
ragazzo medico”
“ma?” domandò immediatamente l’altra, sapeva che con
Buffy Summers un ma c’era sempre
“ma ho chiesto il traferimento nella sede di Los
Angeles, sto per comprare un appartamento a Sunnydale e ho lasciato il mio
ragazzo”
Cordelia la guardò per un attimo
“tutto qui?”
“sono tornata ad essere una Cacciatrice” aggiunse,
pronta a spiazzarla
la ragazza la fissò per un attimo come se volesse
passarla ai raggi X, non con espressione stupita quanto con interesse
“è stata Faith vero?”
“a fare cosa?” chiese stupita, non aveva mai
collegato in nessun modo Faith a Cordelia, anche se sapeva che lei si era
fermata a Los Angelese per qualche tempo un paio di anni prima
“ a farti tornare la voglia di combattere. Siete
sempre state competitive fino a livelli assurdi” l’assoltua limpidezza con cui
lo disse spiazzò Buffy
“non esattamente, però centra anche lei”
d’un tratto la porta dalla quale era entrata si aprì di
nuovo e Cordelia si alzò velocemente per raggiungere il nuovo entrato
“Angel, c’è una persona che tu devi assolutamente
vedere” disse, trascinandolo nella stanza
Buffy si alzò, avvicinadosi al vampiro
“Angel, ciao”
“ciao Buffy ” abbozzò un sorriso
* * *
i due ora si trovavano uno di fronte all’altra,
seduti nello studio del vampiro
“allora verrai a lavorare qui” concluse Angel
“già, mi hanno dato il trasferimento e inizierò
appena mi sarò sistemata a Sunnydale. – si fermò un attimo – sapevi che la
stavano ricostruendo?”
“iniziano ora a girare delle voci, ma nessuno si è
reso la briga di sponsorizzare la cosa, anche perché non credo che la
ricostruiscano per attirare turisti – si interruppe per riflettere – o forse
sì, ma comunque non per poi lasciarli ripartire vivi”
Buffy rise
“decisamente no. –poi tornò seria, facendogli capire
che intendeva davvero quello che stava per dire - Angel, non sono venuta qui
per scombussolare la vita a nessuno, pensavo solo che fosse il caso di avvisarvi
che mi occuperò io di Sunnydale se ci saranno problemi e non mi sembrava carino
aspettare di scontrarci per strada per farvi sapere che lavorerò qui”
“lo so” si fermò, aspettando di sentire dove volveva
andare a parare
“bene. Mi piacerebbe parlarne anche con…con Spike.
Preferisco direglielo di persona” concluse lentamente, sapeva che Angel era
coscente di quello che era successo tra loro a Cleveland, anche se dubitava che
Spike gliene avesse parlato.
“Buffy…” Angel si sporse in avanti, poggiando i
gomiti sulla scrivania, ma Buffy lo interruppe
“senti, lo so che tu non approvi, lo so che sta con
un’altra e che lei lavora per te e so anche che qui è felice. Non ho intenzione
di chiedergli di tornare a Sunnydale, anche perché non lo farebbe – Angel
distolse lo sguardo: sapeva che invece Spike lo avrebbe fatto – però non voglio
far sorgere equivoci, ognuno dei due ha una vita e sono stata io quella a
buttare all’aria la mia per ricominciare da dove avevo lasciato: non ho
intenzione di tirarlo dentro, credimi”
La fissò per alcuni secondi
“ti credo, ma non è questo il problema. Spike se ne è
andato, ha rotto con Fred due settimane dopo essere tornato, ha preso la
macchina e io non ho più sue notizie da allora”
Buffy rimase a guardarlo, senza sapere cosa dire.
Spike se ne era andato, non era più a Los Angeles e forse nemmeno in questo
emisfero, e sapeva che si sarebbe fatto trovare solo quando avesse voluto.
“quando Giles ha telefonato per chidergli di aiutarti
è partito senza nemmeno spiegarle e ha detto poco anche a me. Lei non ha più
saputo niente di lui tranne che per le due telefonate che le ha fatto dalla
città e quando è tornato…le cose avevano smesso di andare bene”
“non…non so cosa dire” sapeva che dire ‘mi dispiace’
sarebbe suonato irreparabilmente ipocrita
“è successo qualcosa a Cleveland? Tra voi intendo?”
Buffy lo guardò, improvvisamente fredda. Perché le
stava facendo questo? Cosa si aspettava che rispondesse? Che non era successo
nulla aspettandosi che lui le credesse?
“cosa succedeva ogni volta che tu tornavi a Sunnydale
Angel? Te lo ricordi?” rispose con voce dura
lui abbassò lo sguardo
“Lui sta soffrendo. E anche tu. Giles avrebbe fatto
meglio a non chiamarvi, nessuno di voi, e lasciarvi alle vostre vite”
Buffy lo guardò soltanto, evitando di raccontargli
come aveva vissuto lontana da tutto e da tutti, con una vita che non era la sua
“quindi non sai dove sia”
“no, non ha più chiamato. Andrai a cercarlo?”
“no – le costava molto pronunciare quella sillaba, ma
sapeva che non lo avrebbe fatto – se vorrà sono sicura che saprà dove trovarmi”
“non dovrebbe essere te che cerca, ma lei.- Buffy
aveva capito a chi si riferiva - Credo che sia stata quella a soffrirne più di
tutti Buffy, non è facile competere con una della quale Spike ha le ha detto
solo che una volta era una Cacciatrice”
lo fissò duramente
“e cosa prendi che faccia? Che vada da lei e le dica
‘ ciao io sono Buffy, la psicopatica che ha fatto soffrire il tuo attuale ex-ragazzo
per un paio d’anni, poi però le cose stavano andando meglio ma sul più bello
lui si è sacrificato per il mondo e non mi ha fatto più sapere niente. Mi
dispiace che tu ti sia dovuta scontrare con lui a causa mia, hai tutto il mio
appoggio’, è questo che vuoi?”
“Buffy ascolta…” provò ad interromperla lui
“io e lui ci siamo lasciati a Cleveland, non l’ho più
sentito da allora e non sono venuta per rovinare il rapporto che io credevo
avesse con la sua ragazza, quindi non incolpare me per una sua scelta”
“non era questo che intendevo” abbassò lo sguardo
sospirando. Sapeva di non poter dare la colpa a lei di quello che era successo,
Spike aveva preso una decisione personale che, a quanto pareva, non includeva
la Cacciatrice, visto che non la aveva nemmeno cercata per farle sapere che
aveva lasciato Los Angeles
“scusami”
“non preoccuparti, un po’ posso capire, non deve
esserci un bel clima qui”
“no infatti…però sono contento che sei passata” le
sorrise con tenerezza
“e io sono felice di averti rivisto. È passato troppo
tempo dall’ultima volta che mi hai dovuto avvertire perché stava per esserci
un’altra apocalisse” ricambiò con lo stesso affetto. Angel non sarebbe mai
uscito dal suo cuore, dopotutto il primo amore non si scorda mai e il loro non
era stato un sentimento facile da gestire.
“hai rivisto Faith?” chiese poi, ecco un’altra
persona che le premeva ritrovare e che era sparita
“ho saputo che c’era anche lei, l’aveva mandata il
consiglio. Avete…riallacciato i rapporti?”
“già. In fondo sai che le ho sempre voluto bene,
anche se non si può dire che abbiamo avuto un’amicizia stabile”
“no, l’ultima volta che l’ho vista è stata un’anno
fa. Ogni tanto passa di qui quando gli incarichi che le assegnano la portano in
California. È stato anche merito suo se hai deciso di tornare vero?”
“è tutto un po’ più complicato di così, ma diciamo
che se lei non mi avesse trascinato in Inghilterra con lei probabilmente a
quest’ora sarei dietro una scrivania a firmare scartoffie”
“cosa farai adesso Buffy, voglio dire…non sarà più
come prima. La Sunnydale che hai conosciuto nessuno la potrà ricostruire”
“io e Willow abbiamo qualche programma, ma non
sappiamo ancora nulla di preciso” abbassò gli occhi, in effetti non erano molte
le cose che poteva dare per certe e solo in quel momento si rendeva conto del
salto nel vuoto che sarebbe stato il suo trasferimento
“sono sicuro che andrà bene” si alzò, andandole
vicino
gli sorrise, le faceva bene sentirselo dire
“altrimenti ci potresti affittare l’appartamento
accanto al tuo e potremmo fare una pietosa parodia di Friends, sempre che qui
intorno ci sia un bar”
i due si abbracciarono per un lungo istante e di
nuovo, dopo molto tempo, Buffy si sentì finalmente vicina a qualcuno che la conosceva,
ma soprattutto che la capiva, cosa che Mark non avrebbe mai potuto fare.
si sciolse dalla stretta, prendendo la sacca che si
era lasciata ai piedi e accingendosi ad uscire. Era arrivato il momento di
andare, eppure sentiva che c’era un’altra cosa che le premeva sapere da lui,
tutto stava a vedere se avrebbe avuto il coraggio di domandarglielo. Fred –
questo era il suo nome allora? – com’era? Chi era?
Si bloccò davanti alla porta chiusa dell’ufficio,
indecisa se voltarsi o tirare la maniglia.
Poi chiuse gli occhi, o adesso o mai più. Quella
sarebbe stata l’unica possibilità di sapere quello che la aveva tenuta sveglia
per più di una notte nelle ultime settimane. Ma con che coraggio chiederlo ad
Angel?
“pensi a Fred?” sentì la voce del vampiro alle sue
spalle, che la indusse a voltarsi
evitò il suo sguardo, incorciando le braccia e
sorridendo amaramente
“pensavo di avere superato anche questo, insomma, ne
è passato di tempo dalla volta in cui mi sono vestita da principessa dell’800
per assomigliare alla foto di Drusilla che avevo trovato vicino al tuo nome nei
diari di Giles. – il ricordo di quella serata fece sorridere Angel, che
improvvisamente rivide negli occhi di quella donna apparentemente sicura la
fragile ragazzina che era stata e che era riuscita a conquistare non uno ma due
vampiri – eppure non riesco, non sono in grado di evitare di chiedermi: com’è
questa Fred” ora tornò a fissarlo negli occhi “come è riuscita a dargli quello
che io non…” si interruppe, alzando gli occhi al cielo per ricacciare le
lacrime e si passò una mano sotto gli occhi per evitare che i rivoli le
rovinassero il trucco leggero “ma suppongo che ora mi dirai che è inutile
pensarci”
“già…” il
vampiro non aggiunse altro, sapendo anche troppo bene quanto male poteva fare
avere una risposta a questa domanda
Buffy annuì senza aggiungere una parola
“ci vediamo presto allora”
“sì, ci vediamo” Angel, seduto sul bordo della
scrivania in legno, alzò una mano in sengo di saluto
Buffy si diresse verso la porta, che d’improvviso si
aprì davanti a lei, lasciando entrare una ragazza trafelata con una pila di
carte in mano
“Angel, lo so che Cordelia mi ha detto che sei
occupato, ma non sai cosa ho scoperto su…” le parole morirono in bocca a Fred,
spente dallo sguardo indecifrabile di Angel, che danzava da lei alla donna che
le stava di fronte e che probabilmente stava per uscire quando lei la aveva
quasi investita
stava per aprire bocca e scusarsi, ma quando la fissò
con attenzione ci volle meno di un attimo per capire chi era. La ragazza con la
calligrafia regolare che aveva scritto il suo numero di telefono sul retro del
suo biglietto da visita, lo stesso che lei aveva chiesto a Spike di strappare:
Buffy la Cacciatrice, al secolo Elisabeth Anne Summers
Buffy rimase impietrita davanti alla nuova entrata.
Che ora la fissava con lo stesso sguardo stranito.
Alta un po’ più di lei, con lunghi capelli castani e
occhi profondi e buoni, indossava un camice bianco spiegazzato con sotto una
maglietta azzurra senza scritte.
I loro sguardi non si separavano ma nessuna delle due
diceva una parola, studiandosi a vicenta con occhi freddi.
E così era quella la famosa Buffy. da cosa lo aveva
capito? Il silenzio e gli sguardi cupi di Angel eranos stati una conferma del suo
presntimento. Fred la guardò da capo a piedi dimenticando la solita timidezza,
senza preoccuparsi che lei potesse accorgersene. Anzi, sperava che lo notasse.
Quella era la ragazza per cui Spike si era sacrificato, quella per cui non
aveva aspettato più di un minuto a partire, la stessa che aveva fatto
innamorare anche Angel. Eppure, cosa aveva di speciale? Era bella, lo
ammetteva, ma cosa c’era… il fatto di essere una cacciatrice forse? Ma certo,
come poteva competere lei, una sciocca scienziata senza nessun potere con la
supereroina bionda, che riusciva a farsi seguire da tutti con una sola parola,
che non balbettava, che non aveva paura di nulla e che sventava apocalissi
salvando il mondo.
Nei suoi occhi comparve disprezzo, chi era lei per
essere lì ora? Cosa voleva da Angel, sapere dove era Spike? un sorriso beffardo
le incirnò le labbra: se lo stava cercando lì voleva dire che non la aveva
contattata una volta partito. E così anche la potente cacciatrice era rimasta a
bocca asciutta…
Buffy notò il rancore che traspariva da quegli occhi,
che ci avevano messo un attimo a riconoscerla. E così aveva soddisfatto anche
il suo ultimo desiderio, quello di vedere Fred. Cosa aveva visto Spike in lei?
tuttavia, ora che ce la aveva di fronte e che sentiva il suo sguardo duro e
fredddo sul viso non le importava più.
Spike se ne era andato e sicuramente vedere la sua ex
non le avrebbe indicato la sua meta. Squadrò ancora un attimo la ragazza nello
stesso modo sfacciato in cui lei lo aveva fatto prima: nulla di particolare.
Una semplicissima ragazza. Non c’era altro da sapere.
Senza staccarle gli occhi di dosso uscì dalla stanza
per la porta che la nuova entrata aveva lasciato aperta; salutò con la mano
Cordelia, che le sorrise per poi tornare alle sue carte, rendendosi però conto
di quanto era successo.
Decisamente non aveva più nulla da fare lì.
* * *
Scese in strada, dirigendosi verso la sede della sua
compagnia assicurativa. Le macchine le sfrecciavano accanto ed il sole dava uno
strano riverbero sull’asfalto, fissò un’auto nera che passava ed immaginò
Spike, a bordo della sua DeSoto che ingranava la marcia e che spariva dietro
l’angolo, lasciando Los Angeles. E anche lei. Irreparabilmente.
Percorse tutto l’isolato, completamente in
confusione: Cosa doveva fare ora?…non potè impedirsi di sentire l’angoscia che
saliva, ma la ricacciò indietro con rabbia.
Allungò il passo, provando un senso di claustrofobia
per quella città che sembrava essere la culla di tutti i suoi dolori e quando
pensava di essersi riappacificata con essa subito veniva colpita di nuovo.
Si impedì di pensare a qualsiasi cosa, ora doveva
riprendere la maschera di ragazza efficiente e che aveva in mano la situazione
e che sapeva conciliare lavoro e preparativi per il traferimento. Si infilò nel
primo bar che vide e ordinò un caffè, poi corse al bagno estraendo dalla borsa
un vestito sobrio composto da gonna, camicetta e giacca.
* * *
impalettò
senza pensarci due volte il vampiro che si aggirava nei dintorni della sua
cripta, per poi chiudercisi dentro tirando il catenaccio d’acciaio che aveva
montato vicino alla serratura: gingilli del genere non erano difficili da
reperire in una città che era stata per più di dieci mesi un cantiere aperto.
Si frugò nelle tasche della giacca, trovando lo
zippo, poi afferrò la candela appoggiata in una nicchia della parete,
accendendola, e facendo altrettanto con quelle che aveva disposto su tutti i
possibili ripiani che era riuscito a ricavare.
In qualche minuto la stanza fu illuminata di una luce
tremolante e soffusa, che indugiava sui pochi mobili in ferro battuto rimediati
da un ferramenta che aveva appena aperto la sua attività non troppo distante.
Si guardò intorno con un misto di ironia e sconcerto,
scotendo la testa: tornare a vivere in una cripta non faceva più per lui:
troppa umidità, niente luce elettrica e niente acqua. Ricordava anche troppo
bene la sua precedente abitazione a Sunnydale, ma quella di ora non era nemmeno
lontanamente paragonabile: ci aveva messo anni a renderla accogliente e non gli
era mai passato per la testa di andarsene.
Sfortunatamente il destino aveva voluto diversamente
e la distruzione della città non la aveva risparmiata. E poi non era da
dimenticare che non aveva fatto storie quando si era trasferito a casa di
Buffy, anche se ciò comportava lasciarla…
Ricacciò quei pensieri. Sapeva alla perfezione perché
aveva scelto una cripta, anche se non era riuscito a trovare nulla di meglio
nel minuscolo cimitero sopravvissuto al nuovo piano regolatore che, ironia, lo
aveva eletto simbolo alla memoria della città rasa al suolo in quanto unica
struttura ancora in piedi: perché i motel erano tutti troppo distanti dal
centro e avrebbe dovuto prendere la macchina per andare a caccia. Non gli era
nemmeno passato per la testa di affittare un appartamento, anche se certamente
questo avrebbe reso il soggiorno un po’ più piacevole: ciò avrebbe comportato
che lui si fermasse e non ne aveva alcuna intenzione.
Si gettò sulla poltrona che gli aveva prestato Clem,
poggiando la testa tra lo schienale e il bracciolo.
Lui non si voleva fermare e non lo avrebbe fatto.
Sarebbe rimasto solo fino a quando la nuova cacciatrice avesse messo piede in
città e la cripta sarebbe andata benissimo fino ad allora. Non c’era nulla di personale
nelle poche cose che vi aveva portato per renderla un po’ più confortevole e
avrebbe lasciato tutto esattamente dove si trovava alla sua partenza. Qualche
altro vampiro avrebbe potuto alloggiarci fino a quando non sarebbe stato
trafitto da un paletto per quanto gli interessava, perché quella stanza spoglia
non gli diceva nulla, forse solo le luci tremolanti delle candele potevano
ricordargli, seppur lontanamente, il riverbero che un’illuminazione simile
produceva negli occhi di…
Si alzò di scatto, dirigendosi verso la porta e
tirando con forza il catenaccio: uscì, senza nemmeno curarsi di richiudere
l’uscio.
Quella sarebbe stata una notte lunga, molto lunga.
Il desiderio più impellente in quel momento era di
prendere la macchina e lasciare la città, lo stato, il continente; allontanarsi
da un posto in cui ogni cosa gli parlava di lei, gli ricordava chi era stato e
cosa lo aveva portato a diventare la persona che era.
Lanciò con rabbia il paletto di legno che teneva in
mano contro la parete della cripta: eppure sapeva che sarebbe rimasto finchè
non sarebbe arrivato qualcuno a supplire al ruolo lasciato vacante da Buffy.
Non sarebbe stata come lei, certo, nessuna sarebbe stata come lei, ma avrebbe
imparato. Un osservatore come Giles avrebbe preso in mano le redini del suo
addestramento e la avrebbe condotta dritta tra le braccia della morte, poi ne
sarebbe arrivata un’altra, e un’altra ancora…
Si sedette a terra, con la testa tra le mani, in
silenzio, ascoltando solo il fruscio del vento.
Cap.12 – la Fine della Storia
New York, 18.30
Buffy se ne stava seduta alla sua bella scrivania in
cristallo, i capelli raccolti e gli occhiali da vista sul viso, con una pratica
sotto gli occhi. Il suo sguardo tuttavia era immobile, fisso sulla prima riga
del foglio che probabilmente ora nemmeno distingueva più: il sole ormai era
calato dietro gli alti palazzi di vetro e la lampada era spenta. La penombra
regnava in quell’ufficio così sobrio, così elegante, così incolore. Anche lei,
seduta sulla sua poltrona girevole, era incolore: lo sapeva bene, se lo sentiva
addosso come un alone pesante che non riusciva a lavare via sino all’ora in cui
si alzava, prendeva il cappotto e arrivava in ascensore nella grande entrata,
per poi dirigersi fuori, all’aria, fino alla fermata della metro.
E solo quando entrava in casa e gettava i suoi abiti
eleganti e si infilava dei jenas consunti e una giacca di pelle tornava a
vedere, a sentire un accenno di espressività sul suo viso. Dopo scendeva in
strada, con una borsa a tracolla e le mani in tasca, ed allora si rendeva conto
che la sua vitalità, la stessa che soffocava dietro le spoglie di un’impiegata,
si riaccendeva come una miccia, pronta ad esplodere in un vicolo buio, contro
qualcosa dalla quale si era tenuta distante per troppe volte rimanendo a
fissarla dal terrazzo di casa, nascosta dietro una tenda.
Poggiò la penna sulla scrivania: in quel momento
tuttavia era ancora in ufficio, ancora Elisabeth, e così sarebbe rimasta fino
alla sua partenza. Mancava poco ormai: se ne sarebbe andata in silenzio,
proprio come era arrivata, senza lasciare nulla di sé alle persone che aveva
conosciuto; non che fossero poi molte, a pensarci bene.
Con uno scatto protese il braccio fino a trovare
l’interruttore della lampada da tavolo, che si accese abbagliandola con la sua
luce fredda.
Si strofinò gli occhi con le mani sotto gli occhiali,
riprendendo in mano la pratica e costringendosi a leggerla con quanta più
attenzione riusciva. Strani rumori provenienti da fuori la porta però la distrassero
ancora una volta e si mise in ascolto: distinse la voce della sua segretaria
che parlava con voce condiscendente a qualcuno, che però non sembrava deciso a
darle tregua.
Aspettò pazientemente di sentire lo squillo del
telefono interno e di apprendere dalla donna cosa stava succedendo, anche se
probabilmente si trattava della solita routine quotidiana: un fattorino doveva
consegnare un pacco ma il nome che gli avevano dato non era quello giusto. Se
ne vedevano di tutti i colori in uffici di quelle dimensioni: una volta le era
capitato addirittura di ricevere una scatola contenente una frusta di pelle,
destinata invece alla festa di addio al nubilato di una certa E. Summer.
Come aveva previsto il telefono non ritardò a
squillare e fu accolta dalla voce esasperata della sua segretaria
“dottoressa, c’è qui una ragazza che cerca una certa
Buffy Summers”
Buffy trattenne il respiro per un attimo, chi poteva
cercarla lì, con quel nome? Tuttavia non disse nulla, lasciando che la donna continuasse
a spiegare
“io le ho detto che qui non c’è nessuna con questo
nome, ma non mi vuole dare retta…” si interruppe, probabilmente voltandosi a
parlare con la sua interlocutrice
dalla cornetta Buffy sentì una voce distante,
attutita dal palmo della segretaria premuto sul ricevitore per impedirle di
sentire, che ripeteva “…le dica che sono Faith, ha capito?”
Faith…Faith era lì
Sentì che la mano veniva spostata e la solita voce
riprendere
“dice che si chiama…” ma non riuscì a terminare la
frase
“la lasci entrare” la sua voce suonò quasi dura alle
orecchie della donna, che tuttavia non ebbe il coraggio di replicare ed indicò
alla ragazza l’entrata con un gesto stizzito
rimase seduta al tavolo, aspettando di vedere la
porta aprirsi. Di lì a qualche istante Faith sarebbe comparsa sulla soglia: la
ragazza che aveva cercato e che non aveva più rivisto da almeno tre mesi.
Un misto di rabbia, gioia e stupore si accese in lei
e domande su domande si accavallarono nella sua testa, ma la porta rimaneva ancora
maledettamente chiusa.
Quanto tempo era passato da quando aveva riattaccato
la cornetta? Probabilmente non più di qualche secondo…
Poi, vide la maniglia abbassarsi e un piccolo
spiraglio di luce al neon proveniente dalla segreteria filtrare. La porta
finalmente si spalancò, per richiudersi immediatamente alle spalle della nuova
entrata.
Faith, che indossava un paio di stretti jenas
scoloriti con una maglietta sempre troppo corta ed un giubbotto di pelle liso
sui gomiti. Portava in mano una strana ventiquattrore, che appoggiò vicino a
lei con delicatezza.
Buffy era ancora seduta, senza nemmeno dar segno di
averla vista. Con la coda dell’occhio la osservò infilarsi le mani nelle tasche
posteriori e guardarsi intorno con curiosità, aspettando che lei alzasse lo
sguardo.
Quando lo fece però incontrò degli occhi freddi, che
la scrutavano con sarcasmo. Nessuna delle due aveva ancora pronunciato una
parola, ma la tensione che era venuta a crearsi era quasi palpabile.
“ciao B – scandì le parole con voce calma e gelida –
o forse dovrei dire dottoressa Elisabeth Annie Summers” si avvicinò alla
scrivania, posando entrambe le mani sul piano di cristallo, e fissò la
targhetta in metallo poggiata su di esso.
“Faith” si alzò in piedi, accogliendola con la stessa
voce fredda. Non aveva immaginato così il loro primo incontro dopo la Custode,
ma quel suo modo di fare non le piaceva per niente e non la aveva mai
sopportata quando assumeva un’aria cinica e ironia. Inoltre sentiva di non
essere in grado di affrontarla lì, in quel contenitore di vetro, nella realtà
che la aveva custodita per due anni e che ora non faceva altro che asfissiarla.
Se si fossero incontrate fuori, entrambe nell’ambiente a loro più proprio,
allora le cose sarebbero state diverse, ma non poteva sopportare il suo sguardo
malignamente divertito nel vederla infagottata in quegli stupidi abiti, con
quella stupida targhetta sulla scrivania e con una stupida segretaria. No, non
avrebbe dovuto venire lì, vedere dove lavorava e chi era quando lo faceva;
sapeva di non essere mai stata vista da lei in una situazione del genere e
sicuramente non avrebbe capito la farsa che recitava.
La ragazza si guardò intorno con aria fintamente
curiosa
“un bel posticino davvero, senza contare la squisita
accoglienza della tua gentile segretaria”
Buffy non aveva intenzione di raccogliere le sue
provocazioni
“come hai fatto a sapere…”
“…che lavori qui? – completò per lei. Si mise a
passeggiare per la stanza con le mani dietro la schiena – beh, vedi, si da il caso
che volessi rivederti dopo quello che è successo dalla Custode, o che almeno
credevo che fosse successo. Ti ho cercata da Giles, a Sunnydale e persino da
April, ma tu sembravi sparita, così ho chiesto al signor Giles l’indirizzo di
qui e ti ho fatto una sorpresa. O meglio, pensandoci bene tu la hai fatta a me
Elisabeth” sillabò lasciando trapelare la rabbia
“Faith, perché ce l’hai con me?” chiese, lasciandosi
sfuggire un sospiro, che indispettì maggiormente la cacciatrice
“perché avercela con te signorina perfezione? Vediamo
un po’…perché te ne sei andata da Londra senza di me? Perché non ti sei più
fatta viva? Perché ti sei richiusa in questo cesso di realtà? E non
necessariamente in quest’ordine. Ma vuoi il motivo ufficiale? Vuoi sapere
perché sono stata pagata per venire qui? – tornò sui suoi passi, afferrando la
valigetta che aveva lasciato vicino all’entrata e aprendola sul tavolo – perché
devo ritirare qualcosa che non ti appartiene più – all’interno erano allineate
alcune siringhe contenenti il liquido giallastro che Buffy conosceva anche
troppo bene – e che deve tornare al mittente”
Buffy fissò quegli aghi con freddezza: era venuta a
riprendersi il suo potere
“è l’ora della puntura, allunghi il braccio così poi
ti do un lecca lecca?” chiese con rabbia, estraendo una delle siringhe e
facendo zampillare la soluzione chimica in piccole gocce che ricaddero sul
piano di cristallo.
Lei non si mosse, rimanendo a fissarla senza dire una
parola
“avanti B, non farla tanto lunga. Ti libero di quest’ultima
seccatura e me ne vado” le afferrò il braccio con forza, tirandolo nella sua
direzione “alzati la manica, non vorrei rovinarti il tallier” la schernì
con uno strattone Buffy liberò il braccio, girando
intorno alla scrivania e venendo così a trovarsi di fronte a Faith
“torna dal Consiglio e digli che non ho niente da
restituire” i loro occhi non si erano separati un attimo e nessuna abbassò lo
sguardo nemmeno in quel momento
“oh no – alzò il sopracciglio fissandola dall’alto in
basso – invece hai molto da restituire, non sei più una cacciatrice mia cara, e
di conseguenza devi pagare questo piccolo obolo per la tua normalità”
“Faith…” era arrivato il momento di spiegarle dei
suoi progetti
“Avanti Buffy, non c’è bisogno di farla così lunga.
Credevo avessi intenzione di riprenderti il tuo compito, ma a quanto pare non è
così, è tutto a posto comunque: tu alla tua vita e io alla mia. Una nuova
cacciatrice sta per arrivare a Sunnydale, quindi non preoccuparti e torna a
coltivare rose nel tuo erbaio e a raccontare a tutti quanto è bello il mondo”
Una nuova cacciatrice: sarebbe stata attivata una
nuova cacciatrice che prendesse posto nella roccaforte della nuova Sunnydale.
Quell’informazione la riscosse dal freddo torpore in cui era caduta
“una nuova cacciatrice?”
“già, una nuova ragazzina che scorrazzerà per i
cimiteri al tuo posto” sbuffò spazientita
“è già stata attivata?”
“per farlo devono essere sicuri che tu sia tornata in
letargo dottoressa, per cui lo sarà tra qualche minuto. Avanti, rimboccati una
manica” le ordinò, ormai era stanca di quella conversazione e ferita, sì,
soprattutto ferita, dal fatto di averla trovata così, nel suo bello studio,
tutta composta nel suo vestitino firmato, mentre aspettava di timbrare il
cartellino e di tornare a casa dal suo fidanzato innocente.
“Faith, voglio che tu torni da loro e che li avverta
che ho intenzione di riprendere il mio posto” furono le uniche, fredde parole
che riuscì Buffy riuscì a pronunciare. Non ce la faceva più a rimanere in
quella stanza, avvolta nella penombra, con degli inutili occhiali sul naso e il
viso stanco dal troppo lavoro, non davanti a lei, che la fissava con rabbia e
senza un briciolo di emozione.
D’un tratto vide la siringa cadere a terra e
infrangersi sul pavimento, poi un braccio saettò nella sua direzione,
afferrandola per il collo e spingendola contro il muro bianco retrostante.
“a che gioco stai giocando Buffy?” sibilò stringendo
più forte “ non sono in vena di scherzi e ho fretta di andarmene”
per tutta risposta sentì le sue mani che le
afferravano il polso, torcendolo dolorosamente fino a che non fu costretta a
ritrarlo e lasciarla andare
“anch’io ho fretta Faith, una fretta del diavolo. Noi
dobbiamo parlare, ma non qui”
Faith la vide chinarsi ad asciugare con un fazzoletto
di carta il liquido a terra, gettandolo poi nel cestino sotto il tavolo.
Richiuse accuratamente la sua valigetta contenente le fiale, per poi
consegnargliela
“usciamo”
annuì solamente, seguendola fuori dall’ufficio. Le
luci delle altre stanze erano tutte già spente e persino la segretaria se ne
era andata; erano sole all’interno di quell’enorme palazzo. Gli addetti alle
pulizie iniziavano ad arrivare ed i loro camion erano parcheggiati vicino
all’entrata dalla quale uscirono le due ragazze. Buffy fece un cenno con la
mano al portiere, che si toccò la visiera del cappello in segno di saluto.
una ventata di aria fredda investì entrambe,
risvegliandole dal tiepido torpore dell’ufficio; Buffy si strinse maggiormente
nel suo cappotto beige, camminando al fianco di Faith, che sbatacchiava sulla
gamba la valigetta nera, quasi le fosse di peso. Percorsero un lungo tratto di
strada in silenzio, senza nemmeno guardarsi di sfuggita, come se fossero due
estranee costrette per caso sulla stessa strada. Le macchine sfrecciavano
vicino a loro, i negozi le illuminavano con le loro insegne al neon, gente di
ogni razza, estrazione sociale, religione, scorreva vicino a loro come un fiume
in piena talvolta osservandole per qualche secondo, talvolta urtandole senza
farci nemmeno caso: quella era New York. Senza accorgersene le due si
avvicinarono, per evitare di perdersi di vista tra la folla, e raggiunsero la
fermata della metro, la stessa che Buffy prendeva tutti i giorni, tutte le
mattine, tutte le sere, da due anni. Faceva il viaggio sempre con le stesse
persone, ma quella era la prima volta che saliva sul vagone con accanto un viso
amico, o quantomeno conosciuto. Osservò con la coda dell’occhio Faith, che si
sedeva di fronte a lei nello scompartimento semivuoto: era arrivato il momento
di parlare, di spiegarle.
“allora, ti piace New York Faith?” la sua voce suonò
amara ed ironica nello stesso tempo
“non ricominciare B, non ho voglia di giocare e
nemmeno di rimanere qui tutta la notte” si appoggiò allo schienale, lasciandosi
sballottare dalle vibrazioni prodotte dalla velocita, e puntò lo sguardo ai
suoi piedi, sulla valigetta che teneva tra le gambe.
“io ho provato a cercarti” disse Buffy, allontanando
tuttavia lo sguardo
“ah sì? E dove? Se hai guardato sotto il letto scusa,
ma mi sono trasferita” scandì con sarcasmo
“dopo essere uscita, io ti ho aspettato. E poi da
Angel, gli ho chiesto di te ma non ti aveva più vista” pronunciò quelle poche
parole con una calma quasi svogliata. Era stanca, terribilmente stanca di stare
là, di girare per le strade di New York da sola; voleva tornare a casa. A casa.
“hai un bell’ufficio, e io che credevo ti mancasse la
vecchia vita. Con un lavoro così anch’io manderei tutto al diavolo” Faith tornò
a fissare la sua interlocutrice, cercando una sua reazione. Per tutta risposta
la sentì ridere amaramente
“davvero? Io non credo proprio”
il viaggio
proseguì in silenzio, rotto soltanto dalla voce metallica dell’altoparlante che
annunciava la fermata e infine da un cenno del viso di Buffy, che le indicava
la porta automatica. Faith la seguì fino al suo appartamento, in un edificio
del quartiere bene di New York, a qualche isolato da Central Park.
Buffy aprì la porta, chiusa a doppia mandata,
facendole strada in una stanza quasi spoglia ed invasa dagli scatoloni, dove
solo due poltrone e la TV erano rimaste fuori dagli imballaggi.
“qualcuno qui si sta trasferendo di nuovo?”
Buffy le indicò di accomodarsi, annuendo con il capo
“vuoi un caffè?”
“magari più tardi. Perché mi hai portato qui Buffy?”
la sua voce suonava quasi stanca
“cosa ti ha detto la Custode?” Buffy si diresse verso
la cucina, accendendo la macchian elettrica per il caffè
quella domanda inizialmente colse Faith alla
sprovvista, ma poi alzò semplicemente le spalle, arrivando fin quasi a
sorriderle
“sostiene di avermi scelta per un motivo, e di aver
preso la decisione giusta – rise ad alta voce, togliendosi la giacca di pelle e
poggiandola sopra il bracciolo della poltrona – figurati! Vedo invece che tu
hai ricevuto le risposte che cercavi e che hai deciso di tornare a fare la
brava ragazza”
Buffy rise a sua volta, tornando a sedersi di fronte
a lei con una tazza in mano
“certo – allargò le braccia come ad indicare la
stanza – cosa posso volere di più? Vivo in un bell’appartamento, ho un buon
lavoro e abito nel paese dei balocchi, dove i cattivi non esistono”
Faith allontanò lo sguardo, smettendo di sorridere, e
alzò nuovamente le spalle
“proprio un bel mondo. Spero per te che duri e che la
prossima che si farà ammazzare al posto tuo lo mantenga intatto”
“ho chiesto il trasferimento, vado a Los Angeles”
quelle parole attirarono nuovamente l’attenzione di
Faith, che la fissò con curiosità
“e così il tuo caro vampiro ha ancora una cotta per
la cacciatrice in pensione. E dimmi, vi trasferirete in una cripta con vista? È
per questo che non vuoi mollare il tuo potere immagino. Gli esseri umani
ordinari non hanno attrattiva su di lui…”
quelle parole la ferirono, tuttavia non lo lasciò
vedere
“non è per lui; Spike ha lasciato Los Angeles un paio
di settimane fa. Vado a Sunnydale Faith”
quelle ultime parole lasciarono interdetta la cacciatrice
bruna, che la guardò con un misto di incredulità e stupore.
“non raccontarmi balle B. Guardati allo specchio – la
indicò con la mano – quella che vedo io non è una cacciatrice. Non lo sei più
da tanto tempo e lo sai, ho sbagliato quando credevo che potessi tornare ad
essere quella di una volta. Tutto questo che ti sei costruita ti soffoca, lo
senti ma non ti interessa, perché a te piace! Non venire a raccontare proprio a
me…”
venne interrotta bruscamente, senza possibilità di
completare la frase
“e cosa sarei secondo te? – gettò la giacca a terra,
dopo essersela tolta con rabbia – è questo che tu intendi per normalità Faith?
Un bell’appartamento, un lavoro…lascia che ti illustri come passo le mie
giornate:sto al lavoro gran parte della giornata, chiusa in una stanza di
vetro, leggendo scartoffie, parlando con gente che non mi conosce e che io non
voglio conoscere e non importa quante persone mi stanno attorno, quante fanno
la fila per parlare con me. Io sono sola. Ho imparato le regole di questo mondo
e sto a galla, ma non ce la faccio più. Faith io non ce la faccio a continuare
così- sibilò queste parole con rabbia, incapace di contenersi. - tu credi di
conoscermi, credi di poter venire qui e giudicare la mia vita, sputando
sentenze, ma non puoi. Tu non sai niente, assolutamente niente di quello che ho
passato e non pretendo che tu lo capisca, voglio solo che torni da quelli del
Consiglio e che gli dica che Sunnydale è mia”
i lineamenti di Faith, contratti dalla rabbia sino ad
un minuto prima, si distesero. Buffy sarebbe tornata, lei era tornata. Lei era
tornata. Sulle sue labbra si disegnò un sorriso, rabbuiato solo dal pensiero
che quanto aveva ascoltato non era del tutto corretto: lei sapeva cosa
significava essere soli.
“credo che ora accetterò quel caffè” sussurrò
alzandosi
Buffy la guardò avvicinarsi: forse non erano poi così
distanti come aveva creduto.
* * *
una settimana dopo
Buffy salì in macchina, stipata ormai di scatoloni
sia nel bagagliaio che sui sedili posteriori. Era domenica mattina, molto
presto, e le strade di New York non erano trafficate come durante i giorni
lavorativi. Sabato mattina era stato il suo ultimo giorno a New York, nello
studio di vetro.
Girò la chiave e accese il motore, dopo essersi
assicurata di aver chiuso il pesante portone d’ingresso all’appartamento. Il
suo appartamento: lo aveva lasciato vuoto, tutti i mobili erano stati imballati
da un’agenzia per i trasporti ed erano in viaggio per Los Angeles già da
qualche ora ormai. Guardò per l’ultima volta quel quartiere, si sentiva presa
da una forte spinta di andare, partire e dire addio a quel porto dallo
specchietto retrovisore dell’auto, tuttavia si fermò qualche secondo prima di
ingranare la retromarcia ed uscire dal parcheggio.
Era fuori. Era riuscita a lasciarsi dietro di sé un
pezzo di vita ed ora si stava dirigendo verso quello che doveva essere un
ritorno: era la seconda volta che voltava le spalle alla realtà che si era
costruita e sperava sinceramente che sarebbe stata anche l’ultima.
Imboccò il raccordo che la avrebbe portata a
Washington, a prendere Willow, e la raggiunse in qualche ora. La trovò già sul
portone di casa ad aspettarla e si fermò sul marciapiede vicino a lei, che salì
senza esitare.
Buffy la guardò un po’ stupita, vedendola salire
senza nemmeno voltarsi indietro
“credevo volessi dire…addio a questo posto”
Willow la guardò altrettanto sorpresa, poi, come se
volesse accontentarla, si voltò verso il palazzo davanti al quale aveva
aspettato l’amica e disse semplicemente e senza troppa enfasi
“addio” poi si calò gli occhiali da sole sugli occhi
“adesso possiamo andare”
senza farselo ripetere due volte Buffy mise in moto
l’auto, direzione California.
Due giorni dopo
Gli scatoloni e i mobili ancora imballati giacevano sparsi
nelle stanze pitturate di fresco della villetta con giardino che Buffy e Willow
avevano affittato nel nuovo centro residenziale di Sunnydale. Le due erano
arrivate qualche ora prima, dopo due giorni passati in macchina durante i quali
avevano percorso tutto il Nord-America sino a raggiungere la costa occidentale.
Il viaggio era stato uno dei migliori della loro vita, per entrambe: mentre
percorrevano quelle strade deserte che le avrebbe ricondotte a casa, il vento
che vibrava contro i finestrini aperti aveva portato via con sé gli anni che le
avevano separate ed Elisabeth Summers e Willow Rosemberg erano tornate ad
essere, almeno per la durata di quel sogno, solo Buffy e Will. Il lavoro era
lontano, così come i brutti ricordi, quelli tristi, quelli che avevano loro
impedito di dormire per tante notti, ed erano rimaste solo due ragazze, due
amiche e null’altro.
Avevano riso, ricordando finalmente chi erano state e
chi volevano tornare ad essere, senza la paura di urlarlo al mondo intero dal
finestrino di un’auto in corsa.
Solo quando il cartello che indicava “Los Angeles”
aveva fatto capolino da dietro una curva il loro chiacchiericcio ininterrotti
era diminuito, diventando solo un rapido sussurro di tanto in tanto, che si
zittì completamente alla prima segnalazione del loro avvicinarsi a Sunnydale.
Erano arrivate a casa: tutto ciò a cui riuscivano a pensare. A casa.
Dove erano diventate le donne che erano, dove avevano
preso decisioni tra le più difficili della loro vita, dove avevano sofferto ed
amato. La stessa casa che, ironia della sorte, avevano distrutto nella
battaglia finale, che chiudeva ciò che avevano iniziato la prima volta che si
erano incontrate.
Allora erano in quattro, sarebbero tornate solo in
due: gli anelli apparentemente più forti, che invece si erano dimostrati essere
quelli più deboli, che non erano riusciti a lasciarsi alle spalle il loro
inferno personale. Così dovevano essere sembrate a Xander, Dawn e Giles quando
avevano comunicato loro la decisione di tornare. Nessuno aveva voluto seguirle.
Il cartello nuovo di zecca, conficcato in una aiuola
curata, le aveva accolte a Sunnydale, e solo allora Willow aveva preso di nuovo
la parola
“è una pazzia, lo sai vero?” aveva bisbigliato,
voltandosi a fissare l’amica
non aveva però ricevuto risposta, fatta eccezione per
una lunga occhiata
“tutto questo intendo – continuò – abbiamo lasciato
le nostre vite per andarcene come Thelma e Louise e adesso stiamo tornando a
Sunnydale, senza renderci conto che non potrà mai essere il posto che abbiamo
lasciato, perché lo abbiamo distrutto”
Buffy era rimasta a fissarla per alcuni secondi, per
poi accostare subito prima del cartello, spegnendo l’auto ed estraendo le
chiavi
“tu credi che io torni lì perché cerco di ritrovare
la città che è andata distrutta? io torno là perché… - abbassò gli occhi, per
poi riportare l’attenzione sull’amica – io sono una cacciatrice Willow, lo sono
sempre stata, e se c’è una cosa che so fare abbastanza bene quella è tenere
sotto controllo la Bocca dell’Inferno. New York non faceva per me e nemmeno
quella vita, l’ho capito dopo Cleveland; lì mi sono nascosta, ho tentato di
essere una ragazza normale, ma non lo sono, o forse l’unico posto in cui posso
provare ad esserlo è questo – sorrise – riesci a capirlo? Però…Willow non
voglio trascinarti di nuovo qui, se non hai una ragione per tornare Washington
non scappa e sicuramente ti offrirebbe più possibilità di una piccola filiale
di Los Angeles” lo disse guardandola negli occhi, per farle capire che lo
intendeva veramente. Poi le gettò in grembo le chiavi della macchina
“dritto – puntò il dito verso il cartello – c’è
Sunnydale, a destra –indicò la rotatoria che riportava a sud – l’aeroporto di
Los Angeles. Se è la che vuoi andare ti lascio la macchina, passerò a prenderla
più tardi”
Willow la guardò intensamente, poi le lanciò le
chiavi, passandosi una mano tra i capelli.
* * *
le ultime luci della giornata lanciavano bagliori
rossastri attraverso le vetrate della porta d’ingresso quando Buffy la aprì,
per attraversare il giardino già umido della rugiada della notte.
la sua prima notte a casa.
Si voltò indietro, verso la porta d’ingresso, e
scorse Willow che la salutava dalla finestra.
Ricambiò il saluto per poi dirigersi verso la strada
-
eccola.
Poteva percepirne la forza, mentre si avvicinava
La nuova cacciatrice era arrivata.
Spike si alzò dalla poltrona, afferrando lo
spolverino appeso alla maniglia della pesante porta d’entrata.
Si concentrò maggiormente sull’energia che percepiva
avvicinarsi: era più forte di quanto avesse previsto, molto più forte, ma
probabilmente non avrebbe dovuto stupirsene tanto: Sunnydale non era una città
come le atre e la nuova arrivata doveva essere stata attivata appena le voci
sulla ricostruzione della Bocca dell’Inferno avevano iniziato a circolare, in
mondo da poterla addestrare.
Spense le candele, facendo piombare la stanza
nell’oscurità: buon per lei, sarebbe vissuta un po’ più a lungo.
-
si lasciò guidare dall’istinto per raggiungere il
cimitero, che tuttavia non si trovava torppo lontano da dove ricordava. Lungo
la strada osservò gli edifici nuovi: il liceo, terzo da che ricordava, i
negozi, la stazione di polizia. Tutto era diverso: non c’erano volti amici tra
i passanti, nessuno.
Un senso di angoscia la attanagliò improvvisamente
allo stomaco, senza apparente motivazione, e la cacciatrice si costrinse ad
aumentare il passo.
Non c’era molta gente in giro comunque, anche se il
clima ancora mite lo avrebbe permesso: i nuovi cittadini avevano fatto presto
ad accorgersi che nella nuova cittadina non tutto era sotto controllo.
-
zigzagava senza sosta tra le lapidi: ma dove si era
cacciata quella ragazzina?
Ormai il tramonto era arrivato da un pezzo e ancora
lei non si faceva vedere. Ma avrebbe imparato a sue spese che l’effetto
sorpresa non era un espediente da snobbare in quel modo. Lo avrebbe imparato
presto.
-
finalmente raggiunse il cimitero, dove già le lapidi
erano state rese invisibili dall’oscurità. I suoi occhi vagarono per il tappeto
erboso: quello era l’unico e irriverente omaggio alla citta che era stata
distrutta e il solo superstite della strage rimasto a testimoniarla.
Varcò la soglia quasi con titubanza, che però sparì un
istante dopo: durante la caccia non c’era posto per un sentimento simile.
E la caccia era iniziata
-
si voltò di scatto, percependo con maggiore forza la
presenza della cacciatrice, e si avviò verso l’entrata del camposanto. Presto
avrebbe visto a chi Buffy aveva passato il testimone, per poi rendersi
mestamente conto che non sarebbe mai stata alla sua altezza: ce la avrebbe
fatta a tener testa a tutto quello che attirava la Bocca dell’Inferno, era
abbastanza preparata?
Avrebbe fatto meglio ad esserlo. Per tutti.
Avvicinandosi al cancello in ferro battuto che
delimitava l’area cimiteriale dividendola dalla strada vide la sua DeSoto
parcheggiata malamente sul marciapiede: presto sarebbe stato il momento.
-
eccolo
lo sentiva avvicinarsi, percepiva anche il minimo
fruscio emesso dai suoi passi sull’erba.
Presto sarebbe arrivato
Un vampiro
Buffy chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dai
tiepidi sospiri del vento, aspettando.
Sempre più vicino, probabilmente meno di una ventina
di metri
-
eccola.
Un ombra rimaneva immobile davanti al cancello, senza
nemmeno guardarsi intorno.
Immobile.
Si nascose dietro un albero a poca distanza: voleva
vederla combattere, individuare chi stava aspettando e combattere. Osservare i suoi
movimenti e constatare quanto erano sgraziati in confronto a quella che era
venuta prima di lei, esaminare il suo viso e non trovare la stessa espressione
di fredda forza che aveva tanto amato in un’altra, fissare i suoi occhi e
vederli spenti del fuoco che aveva impedito di morire a colei che lo aveva
rischiato per tutta la vita.
-
si era fermato.
Aprì gli occhi d’un tratto, voltandosi a scrutare
l’oscurità che le stava attorno senza vedere nessuno, un nessuno che invece
sapeva essere immobile a pochi passi da lei.
-
se il suo cuore avesse potuto fermarsi nell’istante
in cui lei si voltò non avrebbe potuto evitarlo.
Era lei.
Buffy.
Spike la osservò guardarsi intorno, cercando la
presenza che la aveva messa in allarme e non riuscendo a scorgerla
nell’oscurità, senza pensare ad altro se non al fatto che lei era lì.
Sgusciò fuori dal suo nascondiglio, arrivandole alle
spalle e aspettando la frazione di secondo in cui si sarebbe voltata e avrebbe
incontrato il suo sguardo: ancora una volta.
Lei lo fissò senza parole, con le mani già in
posizione di attacco
- Il fatto di non aver incontrato ancora nemmeno un
demone anche se la città era sguarnita…la macchina nera parcheggiata poco
distante…come aveva fatto a non capirlo subito?-
“Spike” sussurrò, abbassandole lentamente. Rimase in
silenzio un attimo, non sapendo cosa dire “non…non credevo di trovarti qui”
Spike rimase a guardarla, inclinando la testa e
inarcando un sopracciglio per poi sorridere
“no certo, dovrei essere a Los Angeles, tu a New York
invece”
lei abbassò lo sguardo, puntandolo sulle lapidi
accanto
“ti avevo cercato da Angel, mi aveva detto che te ne
eri andato”
annuì, perché quell’idiota di Angel non era riuscito a
stare zitto “…e hai saputo anche che me ne sono andato solo vero?”
“l’ho vista. Fred intendo – sostenne lo sguardo del
vampiro – vista e nient’altro”
“e lui è qui? – si guardò intorno con gli occhi, come
se temesse di vedere comparire un altro uomo da un momento all’altro - L’hai
portato a fare una gita scolastica nel tuo mondo? sai mi piacerebbe vederlo
- sillabò l’ultima parola con sarcasmo
tagliente - per sapere che effetto fa”
“fa male, te lo assicuro – lo fissò, per osservare la
sua reazione, poi continuò – lui non è qui. Io…l’ho lasciato”
Spike la scrutò - stava mentendo?
“da quanto tempo sei qui?” si sentì domandare dopo un
attimo
“diciamo che non ho mai avuto grande fantasia per
nascondermi – si grattò a testa ridendo – da quando me ne sono andato da Los
Angeles”
Buffy lo guardò, non riuscendo ad impedirsi di
sorridere
“e ti sei scelto una…cripta?” lo guardò: dopotutto
adesso lui poteva stare alla luce del sole
“ehy! Lo sai quanto sono alti gli affitti di
Sunnyhell?” ribatté divertito
“direi proprio di sì visto che mi ci sono appena
trasferita” lo prese in contropiede, non avrebbe saputo in quale altro modo
dirglielo altrimenti.
Lo vide fermarsi di colpo e lei avanzò ancora di
qualche passo, girandosi poi per fermarsi di fronte a lui. Lo fissò, con le
braccia incrociate al petto, abbozzando un sorriso
“e cosa ci farei qui altrimenti? Mi faccio la tratta
New York Sunnydale tutte le notti per venire qui a cacciare?”
Spike la guardò ancora un attimo, per poi sedersi a
terra, poggiando la schiena su una lapide. Buffy prese posto accanto a lui, con
le gambe piegate e le braccia sulle ginocchia
“tu sei pazza Buffy Summers, lo sai vero?” la guardò
di sottecchi: non poteva ancora credere che lei fosse davvero lì.
“a questo punto tu avresti dovuto farmi i complimenti
per la mia dedizione al sacro dovere di cacciatrice, ma se vuoi ti do una
seconda possibilità” commentò sarcasticamente guardandolo
“sono serio Buffy: sarebbe stata scelta un’altra
ragazza al tuo posto…” lei non lo lasciò continuare, posandogli un dito sulle
labbra
“Sei stato tu a dirmi che non sarei mai potuta essere
una ragazza normale, ricordi? E poi dopo Cleveland sono andata a cacciare ogni
notte a New York. Mi è per caso capitata tra le mani la pratica della
ricostruzione di Sunnydale e…”
“…e qui si caccia meglio che in qualunque altro
posto, giusto?”
“pressappoco è così. Anche Willow è venuta con me” lo
informò
Spike si voltò a guardare il cielo notturno, che a
poco a poco si stava schiarendo per lasciare il posto all’alba, rimanendo in
silenzio per qualche minuto.
“e cosa pensate di fare voi ragazze? Voglio dire: il
Dublemeat Palace non l’hanno ricostruito, ho controllato”
lei non sorrise, ricordando il suo vecchio lavoro
“lavorerò a Los Angeles per la stessa compagnia di
New York, che rende decisamente meglio di un fast food”
“bene, quindi mi sembra che tu e la rossa abbiate
tutto sotto controllo, all’allegra combriccola manca solo Faith” scherzò, e
Buffy evitò di dirgli che anche lei era andata a trovarla a New York e che
probabilmente si sarebbe fatta viva presto.
Lui si guardò intorno, senza sapere bene cosa dire
“la tua prima caccia non si è rivelata
particolarmente fruttuosa mi sembra”
“ è colpa tua, non hai lasciato nemmeno un demone in
tutta la città” gli rinfacciò, fintamente contrariata
“tranne il povero Clem. E poi l’ho fatto perché
credevo che avessero mandato una nuova che non sapeva nemmeno da che parte
prendere il paletto”
tra i due cadde nuovamente il silenzio di un attimo
prima, intanto il sole stava sorgendo su Sunnydale.
Fu Buffy a parlare di nuovo, sempre fissando il
cielo, che si faceva via via più chiaro
“e così te ne andrai? Adesso che è venuta la nuova
caicciatrice a darti il cambio intendo” abbassò gli occhi
“ti ricordi l’alba prima di combattere contro il
maestro a Cleveland? Era molto simile a questa” sussurrò lui. Non sapeva cosa
rispondere alla sua domanda: davvero non lo sapeva.
“ci siamo lasciati dicendo che, se fosse stato destino,
ci saremmo rivisti” trovò la sua mano sull’erba, accanto a lei, in un primo
momento si allontanò, poi però la prese, con titubanza, intrecciando le dita
con le sue.
Lui si voltò a guardarla, senza dire nulla ma
stringendo più forte
Fu lei a parlare l’ultima volta, prima che il sole
sorgesse definitivamente
“resta”
sentì un braccio circondarle le spalle.
Non c’era bisogno di aggiungere altro.
Era tornata a casa.
EPILOGO
La Custode sedeva rilassata al grande tavolo in legno
scuro che occupava quasi tutta la lunghezza della stanza, sebbene raramente
qualcuno prendesse posto sulle tante sedie disposte attorno. In mano teneva un
libro, lo stesso che aveva mostrato qualche mese prima ad una ragazza, una
ragazza molto speciale.
Sfogliava tra le dita le ultime pagine, senza
soffermarsi su alcuna in particolare e facendo scorrere i palmi sulla copertina
lucida: presto avrebbe dovuto riporlo sulla scaffale alle sue spalle.
Sorrise ricordando il suo incontro con la
portagonista di quello scritto, Buffy Summers, e poi si era sentita quasi in
dovere di leggerlo. Lei era confisa quando si erano parlate per la prima volta,
una ragazza sola e confisa.
Poggiò il volume, alzandosi ed estramendone un altro
dalla liberia davanti a lei, scegliendolo apparentemente senza una logica
precisa, e lo pose vicino al primo.
Ci sarebbe stato tempo anche per quello, ne era
sicura.
Dopo un attimo di esitazione riportò la sua
attenzione alle ultime pagine, sulle quali una mano invisibile aveva tracciato
righe di inghiostro fresco, che rilucevano riflettendo la luce dell’enorme
lampadario che pendeva dal soffitto.
“…il sole stava sorgendo su Sunnydale.
Fu Buffy a parlare di nuovo, sempre fissando il cileo
che si faceva via via più chiaro
“e così te ne andrai? Adesso che è venuta la nuova
caicciatrice a darti il cambio intendo” abbassò gli occhi
“ti ricordi l’alba prima di combattere contro il
maestro a Cleveland? Era molto simile a questa”
cambiò discorso lui. non sapeva cosa rispondere alla sua
domanda, davvero non lo sapeva.
“ci siamo lasciati dicendo che, se fosse stato
destino, ci saremmo rivisti, ricordi?” trovò la sua mano sull’erba, accanto a
lei, e la prese, intrecciando le dita con le sue.
Lui si voltò a guardarla, senza dire nulla ma
stringendo più forte la stretta
Fu lei a parlare l’ultima volta, prima che il sole
sorgesse definitivamente
“resta”
sentì un braccio circondarle le spalle, e si appoggiò
alla spalla del vampiro. Non c’era bisogno di aggiungere altro.
Era tornata a casa.”
sorrise impercettibilmente: la ragazza sola e confusa
aveva trovato la sua strada, il suo destino. Sapeva però che ce n’era un’altra
altrettanto sperduta: aveva incontrato anche lei quel giorno e aveva tentato di
darle la sicurezza che cercava, aveva provato a darla ad entrambe.
Non si era pentita della scelta fatta in passato,
vedendo chi erano diventate, della decisione di legare il loro futuro alla
morte e ad un potere il più delle volte scomodo. Loro erano state quelle
giuste.
Non era nei suoi piani né in quelli di chiunque altro
che loro si incontrassero, ma era successo: entrambe erano uscite indebolite
dall’imprevisto, ma anche allora ce la avevano fatta.
Per la prima volta due cacciatrici avevano combattuto
tanto a lungo insieme, e per la prima volta avevano combattuto l’una contro
l’altra, eppure erano riuscite a sopravvivere entrambe.
Chiuse il libro che, ancora aperto, le era rimasto
sotto gli occhi e, mettendolo da parte, si concentrò sul secondo.
Scorse le pagine con sempre maggior meraviglia negli
occhi, sino ad arrivare all’ultima, della quale lesse le ultime righe.
“…Faith era appena scesa dall’aereo passeggeri
proveniente da Chicago e si diresse verso l’area di ritiro dei bagagli dove
un’inserviente le porse la sua sacca nera, che lei infilò a tracolla,
dirigendosi verso un’auto che la aspettava all’esterno – essere parte del
Consiglio dimostrava sempre di avere dei vantaggi –
l’uomo seduto al posto di guida si voltò in
dierezione del suo nuovo passeggero, posando una mano sullo schienale del
sedile anteriore
“dove la porto signorina?” chiese educatamente
Faith rimase un attimo silenziosa, come se stesse
riflettendo sulla risposta da dare
“a Sunnydale”
la macchina si allontanò in tutta velocità
dall’aeroporto, immettendosi in un’enorme corsia autostradale, dove si disperse
tra un fiume di altre auto”
La Custode chiuse anche il secondo libro, posandolo
sopra il primo: a quanto pareva quei due volumi si sarebbero intrecciati
nuovamente.
Sorrise, riponendoli entrambi, vicini, su un ripiano
libero alle sue spalle.
Quando si voltò un terzo tomo dalla rilegatura in
pelle era posato sul tavolo e, dopo averlo aperto, le sue dita sfiorarono la
carta ancora bianca: sottili linee nere avevano già iniziato ad intrecciarsi su
quei fogli, che sembravano vibrarle tra le mani.
Fine