SECOND CHANCE

Autrice:Luce

 

 

.1.

 

 

Era nera.

Nera e bella come nessuna.

Camminava sulla riva del mio lago ghiacciato. Ed io volevo immergermi in esso. Lei. Lei era la mia sorgente di purezza. Color della notte e del petrolio che ti invischia, ti appesantisce e ti porta via.

Più in basso. Sempre più in basso.

Non avrei potuto salvarmi neanche se avessi voluto.

Ed io..non volevo.

La vedo ancora camminarmi vicino, strusciando la bianca veste sulla mia pelle. Come seta, come il peccato. Drusilla, il mio più grande peccato.

Drusilla. L’unico amore di un demone senza anima.

La volevo. L’ho presa.

La desideravo. L’ho posseduta.

L’ho odiata. E l’ho distrutta.

Fatta in mille pezzi e ancora follemente bellissima. Guidata in luoghi che non avrei mai potuto raggiungere insieme a lei.

Soprattutto adesso.

Non ancora almeno.

Era innocente anche da maledetta ed è l’unica che potrei non vedere mai più.

L’unica per la quale penso che il paradiso possa essere riservato.

Neanche Buffy. Neanche lei mi ha fatto credere in tali abissi di purezza.

Ho provato a pensare alla mia childe come fosse un angelo. Non è stato difficile. Ho immaginato anche a come sarebbe stata con l’anima. Mi avrebbe odiato molto di più? Sarebbe definitivamente impazzita?  Mi avrebbe accolto a braccia aperte? Mi avrebbe amato?

L’ho sognata questa mattina. Era avvolta in una luce bellissima.

I suoi occhi erano indescrivibili. Azzurri, viola, lucenti come solo i raggi del sole possono essere. Perfetta. Era perfetta. Ma di cosa mi meraviglio? Lei lo è sempre stata.

 

Era avvolto nelle lenzuola fino alla vita, con le braccia distese oziosamente sopra la testa ed il volto a rimirare un tramonto quasi imminente, che spuntava tra le tende blu cobalto.

 

Dai vieni. Vieni.

 

Ho fame.

 

Una mano spalancò la porta, che sbattè. Bianca, sottile e nervosa. Sanguinante.

Ed in un secondo lui era lì, al suo fianco. A leccargli le ferite.

“Non importa, non fa così male.”Disse il ragazzo, senza cercare minimamente di ritrarsi al tocco delicato della lingua del suo Sire.

“Vai al pronto soccorso.”

“E’ un taglio. Roba da niente, Angelus.”

 

Aveva ricominciato a chiamarlo in quel modo così famigliare, quotidiano, naturale. Gli impediva di impazzire.

Lui gli leccò la ferita per intero, facendogli anche un po’male.

La bocca avida succhiava, eccitando i suoi ricordi. Ricordi di un giovane demone che non era più.

 

“A posto. Vieni. Te la fascio.”

Nel bagno che condividevano c’era tutto l’occorrente. Almeno da qualche mese. Da quando si erano risvegliati al sole dopo la fatidica, ennesima, apocalisse.

Il vampiro non gli disse che doveva smetterla di conciarsi in quel modo. Come avrebbe potuto? Ne aveva bisogno, lo sapeva bene. Spike ne aveva bisogno. Di lotta, sangue e violenza.

 

“Smetterò. Solo mi serve tempo.”

“Non ho parlato.”

“Non ce n’è bisogno. Angel.”

 

Aveva i capelli cortissimi. E neri. In quel modo i suoi occhi azzurri spiccavano tanto da abbagliare e fargli venire voglia di catturarne la sfumatura in un disegno, pochi schizzi, che non gli avrebbero comunque fatto onore.

“Hai tempo?”

Spike si toccò la fasciatura stretta ed annuì.

“Non hai fame?”Gli rispose l’amico.

 

Angel gli rispose, che si, aveva fame.

“Ma posso aspettare.”

 

Prima i tuoi occhi.

 

 

 

.2.

 

I suoi occhi. Non ne riconosceva più le sfumature oscure. Quelle ombre tenebrose. Quella colpa. Erano come scomparse. Il suo Sire era riuscito a liberarsene. Una volta, mentre stavano insieme di ronda, gli aveva detto che il fatto che proprio lui avesse vinto lo shanshu lo aveva liberato di un peso enorme.

Durante la permanenza alla Wolfram&Hart aveva smesso di credere e poi aveva ritrovato la fede, in parte proprio grazie alla sua dannatissima spina nel fianco. Spike credeva che si sarebbe spezzato, sapendo di aver perso l’unica speranza di tornare un uomo normale, battito e tutto il resto.

“Non era ciò che volevo veramente. Con Buffy, forse. A comportarmi da adolescente, invece che da vampiro centenario”.

Ma dopo Connor e Darla. Cordelia… E tutti gli amici perduti. No, non aveva più voglia di essere umano. Al massimo avrebbe voluto avere le loro vite indietro, non certo la propria.

“Volevo essere libero dalla maledizione e dal senso di colpa. E questo è in parte possibile.”

All’inizio Spike non gli aveva creduto, ma giorno dopo giorno, Angel sorrideva. Angel si svegliava con la voglia di fare del bene.

E tanta di fare l’amore.

Non aveva più rivisto Nina, ma era stato con delle donne.

Nessuna di speciale come le precedenti, ma a Spike importava solo che ci provasse.

Spike lo amava ancora. Di più. Fino alla fine dei suoi ultimi giorni.

Amava ciò che rappresentava, il suo legame con il passato e con ciò che sarebbe sempre stato dentro, un vampiro biondo e tanto cattivo. Ma con l’anima.

 

***

“Dove andiamo?”Gli chiese, strofinandosi la testa, per la doccia appena fatta.

“Tu da nessuna parte.” Angel faceva le valigie senza di lui e soprattutto, senza guardarlo.

“Scherzi?” Spike, scattò e gli afferrò il polso sinistro, in procinto di chiudere la cerniera del borsone nero di pelle. Se l’era portato via dall’Hyperion con poche altre cose rimaste in piedi, dopo il fattaccio.

“Angelus.”La tensione gli correva lungo la schiena. All’improvviso un senso di insicurezza lo colse, come fosse ancora un ragazzo imberbe di Londra. Cosa assolutamente surreale dato che viveva ormai da più di un secolo.

Il vampiro si piegò su di lui, a sfiorargli le labbra.

“Torno.”

 

Non serviva altro, no?

 

***

 

La macchina era piuttosto malridotta, ma i meccanici demoniaci salvati il mese scorso erano stati molto utili. Guidava rilassato e pensava a ciò che lo avrebbe aspettato alla fine della corsa. Pensava a tutto quello che era successo dopo il crollo del palazzo del male. E si mise a ridere.

“Non avevi mica la presunzione di sconfiggere tutto il male del mondo, non è vero?” Disse a se stesso, con evidentissimo sarcasmo. “No, niente del genere, ma magari divorare una bella fetta della torta, non mi sarebbe dispiaciuto.”Rispose il demone dentro di sé.

Il male..

Manners era stato piuttosto chiaro, l’inferno non era tanto diverso dalla terra. Ed aveva ragione da vendere. Il male lo si prende in dosi massicce. E lo distrugge troppo lentamente e di certo, mai del tutto.

Del resto che fretta aveva ormai? Niente shanshu da aspettare.

 

Spike era bellissimo da demone. E continuava ad esserlo da umano. Non ci sono altre parole per definirlo. Bianco in modo preoccupante. Ferito. Sembrava un angelo caduto. Le sua lacrime poi.. Gioielli preziosi. Da cogliere. Assaporare lentamente.

La pelle calda da toccare e le braccia forti ma umane, da stringere.

“Siamo vivi.” Aveva detto, stringendolo. Ed il vampiro l’aveva ricambiato con lo stesso entusiasmo, la setssa stanchezza. All’ombra, le sue mani fumavano e la schiena di Spike era così nuda e calda.

Indifeso. Debole. Mortale.

 

Dovresti andare via.

 

Sparire dalla mia esistenza.

 

“Non posso.”

“Non vuoi. E’ diverso.”

 

Non ne avevano mai davvero parlato, poche frasi dette qua e là.

Angel pensava che se ne fosse andato da solo sarebbe stato meglio. Non l’avrebbe allontanato di sua spontanea volontà. Era ancora un ottimo combattente, un poeta divertente. Un uomo interessante. Con cui passare le sere. Le notti a combattere. Le mattine a vegliare. E farsi proteggere.

Spike era in grado di proteggere anche senza denti. O spolverino di pelle.

 

Il suono del cellulare lo riscosse. “Si, meglio. Rischio di diventare troppo romantico.”

Un sorriso sghembo gli accese il volto.

 

“Dove sei?”La voce conosciuta non proveniva da un posto lontano, ma il vampiro crdeva di aver percepito un eco vuoto. Di indifferenza.

“Sto arrivando.”

“E’ con te?”

“No. Non c’è.” Aveva mentito a Spike, che aveva scelto di rimanergli a fianco. Beh, tecnicamente non aveva detto balle. Ma faceva lo stesso, soprattutto dato che avrebbe dovuto raccontargli tutto. Perché non si nascondeva niente a Spike. Non se ti guardava con quegli occhi. Da quando era diventato così sensibile a quello sguardo? Da sempre probabilmente. Da quando era entrato in quella camera di albergo. Con Drusilla.

 

Ecco un altro buco nel cuore. Non sanabile. Non un vero e proprio senso di colpa nei suoi confronti. Il desiderio di averla ancora con sé, piuttosto. Era quello che lo lasciava insoddisfatto. Non era morta. L’avrebbe sentito, come aveva sentito Spike. E come Spike stesso gli aveva confidato una volta.

 

“Sai, ti ho sentito morire. E anche Dru.”

“E cosa hai sentito?”

“Come se galleggiassi. Ed il sangue si gelasse nelle vene. Come se avessi la certezza che non avrei mai più provato la sensazione del sangue caldo ribollirmi nelle vene. Come se fossi morto.”

 

Morto davvero. Una parte, per sempre.

 

Poi aveva riso ed una lacrima gli aveva segnato la guancia spigolosa. L’aveva carezzato a lungo, come fosse stato un cucciolo. Ma non era un cucciolo, era un uomo che per la prima volta dopo secoli tornava ad avere paura di morire.

 

“Angelus.”Una voce sottile e chiara gli risuonò nelle orecchie.

“Si, ti sento.”La mascella si indurì.

“Ti aspetto.”

“Lo so.”Chiuse la comunicazione e impugnò il volante.

 

Lo so, Lorne.

 

 

Fine prima parte

 

 

            .3.

 

Sdraiato sulla poltrona di pelle, con le gambe distese alla ringhiera di ferro del balcone, sorseggiava una birra. Rimirava il cielo chiaro, divertendosi a ritrovare il piacere di seguire le forme indefinite delle nuvole.

“Tanti anni e ancora stai con la testa per aria, vero, vecchio poeta?” Concesse al vecchio se stesso. Poi una piccola nuvola coprii per qualche secondo il sole.

 

Era partito in fretta e senza dirgli niente di preciso.

Non che non l’avesse mai fatto in quei mesi di convivenza volontaria, ma le altre volte sapeva dove andava. Da Connor, suo figlio. Dio, era ancora allucinante il fatto che Angelus fosse diventato padre di un ragazzo vero, ma a pensarci bene neanche poi tanto. Quante ne aveva viste nella sua lunga esistenza.

Era quel giovane che era arrossito davanti ad Illyria, mentre lui la testava nella sala combattimenti.

Aveva gli occhi tali e quali a quelli di Darla.

Darla, altra sorpresa. Il demone che non aveva mai fatto niente per nessuno, neanche per se stessa.

Lei, che si suicidava per dare al mondo un’altra anima.

Un umano.

Lei aveva amato completamente. E non aveva l’anima.

Lui pure avrebbe fatto qualsiasi cosa per Buffy o Dru. Anche finire in cenere. Scattò seduto ed esclamò: “un momento, ma è esattamente quello che ho fatto.” E rise.

 

Sembro un matto.

 

Mi sento un pazzo. Dru.

 

Dove sei? Ma ci sei ancora in questo mondo? Non potrei sentire se morissi, lo sai?

 

Come non ho sentito Darla..In effetti non siamo mai stati molto uniti.

 

Una bevuta, una cinghiata, sesso sfrenato.

 

“Alla tua, Darla.”Bevve tutto d’un fiato.

 

***

 

Inchiodò davanti ad un bar un po’ malfamato, fermando la sua corsa. Ambiente ideale per un demone.

Scese infilando l’immancabile giacca di pelle nera, alla quale Cordy aggiustava sempre il colletto prima di uscire. Come fosse stata una moglie premurosa. Strinse tra le labbra la sigaretta soffiata a Spike.

 

Mi manchi in un modo che non riesco neanche a definire.

 

Ed è meglio se non lo faccio.

 

Fece scattare la chiusura di sicurezza e spense la sigaretta schiacciandola con vigore.

“Sempre alla moda, vampiro.”

 

Sempre affascinante.

 

Angelus sbuffò.

“Ciao anche a te, Lorne.”

 

I suoi occhi rossi lo scrutavano indispettiti. Era chiaro che non gli faceva affatto piacere averlo dovuto contattare.

“Se mi devi guardare in quel modo, è meglio che non entri neanche. Spara.”Si appoggiò alla portiera della macchina e incrociò le braccia.

Lorne rilassò le spalle, facendo uscire tutta l’aria dai polmoni. Aveva un completo grigio. Non gli donava.

“Ok. Ricominciamo.”

Si avvicinò alla macchina e si mise vicino al vampiro, spalla a spalla.

Angel non lo guardò.

“Se sono le scuse che vuoi…”

Ma il demone verde lo interruppe.

“Non sei qui per questo. Non so neanche se ci sia tempo per questo.”

La sua ostilità la poteva capire bene. La serietà non proprio. Ma forse era normale per una anima nata per cantare e sondarne altre, che un omicidio potesse cambiare la vita.

Chi poteva dirlo? Lui non si ricordava più cosa volesse dire avere quel tipo di peso. La prima volta che aveva ucciso era stato per amore. E ne aveva gioito.

La prima senza anima era stato giusto. Ma sempre un omicidio, pensando a quegli avvocati divorati dalle sue donne.

Lorne interruppe i suoi pensieri.

“Non ti dimenticare la gente dell’Hyperion.”

Vero, aveva pienamente ragione. Quelli che lo avevano condannato. Impiccato.

“Io lo chiamerei più un omissione di soccorso.” Sorrise, arcuando la bocca un po’ crudelmente.

“Chiamala come ti pare.”

“Gradirei che non frugassi in me, senza permesso.”

Il demone verde alzò le braccia all’aria.

“Come vuoi. Non che mi interessino i tuoi perenni sensi di colpa.”

“Se non ti interessano è perché non ne ho.”

“Ma davvero?”

Angel si irritò. “Cosa pretendete che faccia? Sopravvivo come al solito, ma non mi flagello più. A che serve? A perdere tempo prezioso. Tempo che impiego a pattugliare e ad uccidere cose cattive.”

Cose cattive. Come le definiva Spike. Come le avrebbe chiamate, cantilenando, Dru.

Lorne, suo malgrado, fischiò.

“I miei complimenti, dolcezza.”disse di slancio, pentendosi immediatamente di quel suo cedimento. Di riflesso gonfiò i polmoni e raddrizzò la spina dorsale.

“Grazie.” Rispose Angelus, arcuando un sopracciglio, sorpreso e compiaciuto.

“Ma veniamo al dunque. Ti ho chiamato per una ragione in particolare.”

“Fammi indovinare. La fine del mondo come lo conosciamo?”

Lorne si stupì della leggerezza di spirito del vampiro.

 

Non sembri più tu.

 

Solo il tempo dirà se è una buona cosa.

 

 “Come sta lui?”chiese il paleyano.

“Sta’.”

“Chiaro.”

“Un giorno vorrei che venissi da noi.”

 

Per vederlo. Per convincerlo ad andarsene per la sua strada.

 

“Perché? Ha delle crisi esistenziali?”

Angel ringhiò.

“Sei suscettibile sull’argomento, eh?”

“Lorne, se non hai intenzione di finire con un occhio viola, penserei bene prima di parlare”.

“Violento il nostro Angelus.”

“Vai avanti. Non mi hai detto niente. Facciamo l’alba.”

“Vieni, c’è una persona che ti devo presentare”.

Angel annuì ed entrarono insieme nel locale.

 

 

.4.

 

Era ubriaco. Terribilmente. Avrebbe certamente rigettato tutto prima della fine della notte.

Ciondolò fino al bagno, si spogliò e si mise sotto il getto bollente.

“Porca put..” inveii contro la doccia, uscendo e gocciolando sul pavimento. Allungò una mano e regolò meglio l’acqua. Quasi un anno e non aveva ancora imparato a mischiare la giusta temperatura. Freddo, caldo, che c’era di così difficile? Si guardò allo specchio, umido e stropicciato.

“Sei sexy da morire, tesoro.”

Sorrise amaro, sfasciando la benda e osservando la ferita.

Occhieggiò ancora l’acqua che scorreva. “E non sei più il vampiro di una volta.”

Si infilò di nuovo sotto e urlò per il dolore che si risvegliava ancora e si irradiava dalla mano al braccio.

 

***

 

Cosa fare adesso? Angel quanto sarebbe stato via? Aveva senso una ronda seria, da spaccarsi le ossa, senza il suo compagno?

Pensò che in fondo non cambiava molto dalla vita che conduceva prima, parentesi ghost esclusa. Combatteva quasi ogni notte. Beveva in compagnia. Tanto. Andava a donne e si occupava del suo Sire. A suo modo. Ma ci doveva essere dell’altro da qualche parte. Qualcosa che lo avrebbe spinto nella direzione giusta. Ma la scelta costava troppo, Spike ne era consapevole.

La direzione era esattamente quella opposta in cui avrebbe camminato Angelus.

“Ma si, al diavolo.”

Cosa gli impediva di uscire e divertirsi un po’? Era quasi il tramonto. Si mise jeans strappati alle ginocchia e giubbotto di camoscio marrone. Una camicia semplice, bianca. Pulita.

Poteva anche andare a trovare un’amica, no?

Prese le chiavi della moto, spense le luci ed uscì.

Sulla porta si ritrovò Jessy. Bella, alta e manco a farlo apposta, bionda fino alla parte alta del fondoschiena. Niente tacchi, jeans e maglietta attillata con scollo a v.

“Ciao straniero. Appena sveglio?” Mise a terra la cesta del bucato da fare e si avvicinò per annusarlo.

“Mh. Vedo che hai seguito il mio consiglio. Il muschio bianco è così..come dire..maschio!”

Lui sorrise, in modalità flirt.

“Apposta per te, bellezza.” Le mise una mano intorno alla vita e se la spalmò addosso. Erano alti uguali e le sussurrò all’orecchio “Vuoi provarlo con me la prossima volta?”

Lei si voltò, maliziosa, gli diede un bacio a schiocco sullo spigolo della guancia e si divincolò.

“Non adesso. Ti faccio sapere, ok?”Riprese la cesta e scese le scale, sculettando.

“Sempre a tua disposizione, micetta.”

Quando la risata di Jessy diminuì di intensità, Spike sospirò pesantemente, ricadendo contro la propria porta. Chiudendo gli occhi ricostruì la sagoma della ragazza, e risalì fino al collo vellutato e abbronzato. Dove una vena pulsava, eccitata.

 

***

 

Si inoltrarono nell’aria fumosa del locale frequentato un po’ da tutti i generi di demoni conosciuti.

“Come tieni in piedi la baracca da solo?”

Lorne si voltò e si aggiustò il colletto.

“Non è mia, la baracca. E comunque non sono solo.”

Fermandosi davanti la porta, Lorne si girò verso Angel, impegnato a sguainare i canini.

“Stai attento. Qui non c’è nessun incantesimo contro la violenza.”

“Credevo non ti importasse di me.”

“Infatti mi riferisco solo al locale. Me lo distruggeresti. E io ci lavoro.”

“Si? E cosa fai, di grazia? Di sicuro non canti.” Lo oltrepassò ed aprì la porta.

La stanza era intrisa di incensi vari e l’ambiente sembrava un grande Harem, pieno di teli pesanti, colorati e tanti cuscini.

Angel si inoltrò nell’ambiente, non riuscendo a riconoscere nessun odore umano e non. Troppo profumo. Stava allerta.

Starnutì, trasformandosi. Ed una risata calda lo raggiunse.

“Benvenuto, Angelus.”

Il vampiro si bloccò. Davanti a lui c’era una bambina, di non più di dieci anni. Bruna e con il volto coperto da un cappuccio bianco, come la veste che portava. Il vestitino le copriva le spalle e le arrivava alle ginocchia candide, che teneva incrociate.

“Ti prego. Accomodati.”

Angel si tolse il giubbotto, che Lorne prese e piegò con cura, per poi darlo ad una delle ragazze che comparivano e scomparivano dalle tende damasco dietro la piccola.

In modo molto reverenziale si accostò alla bambina.

“Ha bisogno di qualcosa?”

lei sollevò appena il capo. “No, grazie. Puoi andare.”

Angel si irrigidì solo per un secondo, che a lei non sfuggi.

“Non temere. Uscirai sano e salvo da qui. E Lorne ti accompagnerà di persona.”

“Perché lui?”

“Perché credevo che in questo modo avresti accettato sicuramente. Gli devi una coscienza, dopotutto.”

“Sai molte cose.”

“Più di quelle che vorrei.”

“E allora dimmi. Che posso fare per te?”

“Credevo che il vampiro con l’anima fosse un gentiluomo.”

“Mai stato. Neanche da vivo.”

Lei gli fece cenno di avvicinarsi di più e lui lo fece, a suo modo affascinato dai modi garbati di una bambina che sembrava avesse mille anni dall’energia che emanava.

Le si sedette di fronte, nella sua stessa posizione.

Improvvisamente fu circondato da un forte odore di gelsomino che lo incantò. E lo immobilizzò.

Angelus ringhiò, trasformandosi.

E la bimba rise. Un po’ inquietante.

“Che significa?”

“E che non so come potresti reagire. Meglio essere sicuri.”

Alzò le piccole e delicate mani per sollevare il cappuccio, rivelando occhi enormi e felini color dell’indaco.

“Ho bisogno del tuo aiuto, angelo mio.”

Angel sentì il cuore fermarsi e l’anima implodere.

“Dru.”

 

Fine seconda parte