DIALOGO D’ETERNITA’

Autrice:Luce

 

Disclaimer: potete comprendere solo se avete letto quella meraviglia di bad day

 

Per il resto, si tratta di elucubrazioni tutte personali sul tempo, l’uomo: le sue ambizioni, le sue illusioni.

 

 

Parlami d’eternità.

 

Che cosa vuoi sapere?

 

Che sapore ha la tua.

 

Di una nuvola. La vedi, la senti, la puoi perfino annusare. Ma non l’hai veramente.

Non sei tu che la possiedi.

E’ lei che ti cerca, ti vuole, ti prende.

Lei possiede senza chiedere il permesso e ti penetra dentro, ti fa credere di essere il tuo destino.

 

Oh si, questo lo capisco.

Anche io credevo di tenere tra le mani il destino. Bianco perla, pazza come la notte più pazza, rossa di passione, sangue e sesso.

Umida la bocca e stelle negli occhi.

Si, anche io credevo di possedere il destino, ma era lui che possedeva me.

 

Hai divorato la tua eternità.

 

Lo puoi dire forte.

E tu?

 

Io?

 

Che mi dici della tua?

 

Mi è venuta incontro. Mi ha portato via molto.

 

Non il sole.

 

No, non quello. fratellino.

 

Cosa allora? Cosa c’è di peggio di restare senza calore in corpo?

Bere un’altra vita per continuare la propria? Perdere la dignità di essere uomo?

Cosa c’è di peggio?

 

Perdere il senso del tempo.

La caducità. Il senso delle cose. La loro direzione. La tua.

Dove arriverai se sei eterno?

E perché?

 

Ma uno scopo non l’hai trovato lungo il viaggio? Io si. Io ho Angel.

 

Forse. Sopravvivere.

Allora abbiamo qualcosa in comune.

 

Si, sembra di si.

Un punto di contatto. E’ questo che ci serve. Ciò di cui abbiamo bisogno. E se questo tempo fosse interminabile, questo tempo, allora non avrei nulla in contrario a viverlo.

Come fossero cento anni. Come fosse stato sempre così, William.

 

E’ questo che sbagli. Credere di poterlo rivivere, quando è ancora troppo presto. Per me, per noi. Per Angel.

 

Ma se non ora, quando?

 

Non lo ancora, Edward.

Quando il tempo ricomincerà a scorrere, forse.

 

Una mano leggera sfiorò il platino dei capelli del vampiro. Forte. Paterna. Pur non volendolo, egli cedette. Un istante. Il tempo intenso di un solo sguardo. Lo stesso azzurro riflesso.

 

Allora azzera il cronometro, fratellino. Si ricomincia.

 

Lo lasciò così e lui non lo trattenne.

Gli occhi vagarono sullo schermo acceso di un negozio al suo fianco.

 

14 Aprile. Ore 22.00.

 

Sorrise. In fondo, un buon inizio.

 

 

Fine.