IN UNA NOTTE DI PIOGGIA… UN INCONTRO…

 

Autrice: Maggie

Time: imprecisato..

Raiting: per tutti

 

Nuvole.. tante.

Così tante da far piovere.

Pioggia.. tanta..

Così tanta da far tremare.

Dolore.. tanto.

Così tanto da far piangere.

Lacrime.. tante.

Così tante da far paura.

 

Incurante del diluvio scrosciante che continuava ad abbattesti senza sosta dal cielo plumbeo di quella sera calda d’Agosto, una ragazza, scossa da tremiti, stava appoggiata al parapetto di un ponte a piangere.

 

Il suo volto era coperto dalle mani; i suoi capelli biondo scuro inzuppati le ricadevano sparsi sulle spalle nude e sulle mani quasi a formare un tenda di protezione per i suoi occhi deboli; i vestiti fradici le si erano incollati al corpo come una seconda pelle modellandolo a loro piacimento; le labbra, un tempo rosee, erano di un colore violaceo livido che a stento trattenevano il loro tremolio.

 

L’odore umido della pioggia rendeva l’aria densa di un sapore acre e nauseante.

 

La sola luce che rischiarava appena il buio fitto di quella notte proveniva dai lampioni di un paesino non molto lontano da lì.

Neppure la luna, spettatrice silenziosa e spesso sfuggente, era presente, troppo presa a giocare a nascondino con le nuvole grigie.

Anche le stelle birichine, figlie della sfera argentea ed incostante, avevano deciso di non farsi vedere.

 

La tenebre regnavano incontrastate e sovrane accompagnate da un silenzio curioso e dall’umico rumore concesso: il ticchettio costante ed incessante della pioggia che si scontrava con la terra e con il fiume in piena.

Quelle gocce salate di pioggia si incontravano e facevano l’amore con l’acqua dolce del torrente spezzando così l’incantesimo di quell’assoluta quiete.

 

La giovane continuava a piangere come a voler far concorrenza a quel temporale estivo.

Pian piano però sembrò calmarsi.

Poco a poco smise di singhiozzare sperando che tutte le lacrime fossero finite.

 

Lentamente scostò le mani dal viso, tenendo sempre la testa bassa, ed aprì i suoi occhi color acqua marina che avevano terminato di inondare le sue gote rosse, poi alzò il volto in cielo richiudendo gli occhi e lasciando che le sue gocce di rugiada salata si mescolassero con le gocce dolci di quella pioggia che cadevano da quel cielo tanto triste come il suo cuore.

 

Si strinse le braccia intorno al corpo infreddolito come per riscaldarsi ma non provò alcun sollievo.

Tremava di freddo e di dolore.. un dolore agghiacciante che non accennava a placarsi e porre fine alla sua agonia.

 

Riaprì gli occhi e guardò davanti a sé lo spettacolo che la pioggia offriva gratis, con un’espressione vacua ed assente, colma di indifferenza.

Tutto quel dolore le aveva annullato ogni altro sentimento avvolgendo il suo cuore con un velo di tristezza.

 

Poteva avere sì e no 20 anni, ma il suo viso non nascondeva quei tratti di profonda pena che durante la sua breve esistenza aveva patito.

 

Posò le mani sul muretto del ponte e strinse le dita, si alzò sulla punta dei piedi..

Sarebbe bastato sporgersi un altro po’ per cadere in acqua.

Una semplice spinta e tutto sarebbe finito.

Niente più dolore, niente più sofferenza, niente di niente.

 

Solo la Morte l’avrebbe accolta, avrebbe aperto le sue braccia e l’avrebbe consolata portandola con sé.

Non le importava dove.. se all’Inferno o in Paradiso.

Era pronta ad accettare qualunque decisione la Signora avrebbe preso per lei.

Quella sarebbe stata la sua solo liberazione.

Una macabra consolazione per la sua triste vita.. una vita piena di lacrime.. che ora stava per terminare.

 

Niente sarebbe stato peggio di quello aveva già subito.

Non aveva niente da perdere.

In fin dei conti sarebbe morta comunque.

Allora perché aspettare ancora??

Perché prolungare quell’attesa devastante??

 

Ancora qualche attimo per dire addio alla sua incostante ma unica amica e alle sue figlie: la luna e le stelle.

Ma quella sera anche loro avevano deciso di abbandonarla.

Non aveva più nessuno.

Era sola.

 

Ormai aveva fatto la sua scelta.

Non poteva più tirarsi indietro.

 

Un respiro profondo prima di salutare per sempre il mondo terreno e fare il fatidico salto nel vuoto prima di incontrare l’acqua che l’avrebbe accompagnata dall’invitante Morte.

 

Le era stata donata la vita senza chiederle il permesso, aveva condotto un’esistenza senza vivere come avrebbe voluto, finalmente ora lei poteva mettere la parola fine a quel tormento continuo che il suo cuore aveva dovuto sopportare.

 

Stava per lanciarsi dal ponte.. quando una mano forte la prese per un braccio..

La giovane sussultò spaventata, un grido spontaneo si levò dalle sue labbra che squarciò il silenzioso scrosciare della pioggia, lei scattò impaurita a girarsi verso il proprietario di quella mano che l’aveva bloccata e si ritrovò a fissare due occhi cerulei che la scrutavano attentamente con una tale intensità quasi a volerle leggere infondo all’anima.

 

Non era molto alto, aveva un mantello nero che gli copriva tutto il corpo, capelli biondi lunghi fino alle spalle.

Era giovane.

Anche lui incurante della pioggia che sia abbatteva su di loro.

La sua espressione era una maschera silenziosa di curiosità, una sorta di malinconia rendevano il suo viso angelico più morbido e delicato.

 

Lo sconosciuto non accennava a lasciarle andare il braccio trattenendolo saldamente con le sue dita affusolate, impedendole così qualsiasi movimento brusco.

Non le stava facendo pressione anche se lei sentiva il suo tocco imponente.

 

Il cuore prese a batterle forte in petto.

Le era stato insegnato da piccola che non bisognava fidare degli sconosciuti, ma lei non aveva paura, più che altro la sua era un’infinita meraviglia mista ad una tenue chiarezza che l’uomo non le avrebbe fatto del male.

Lo sentiva dentro di sé.

Era la prima volta che lo vedeva, eppure le sembrava che se lo conoscesse da sempre.

 

“Chi sei?” riuscì a chiedere la ragazza.

Quella strana famigliarità la rassicurava e le diceva che poteva fidarsi di lui.

Non riusciva a spiegarsi una simile sensazione ma era così.

 

“Chiunque tu voglia che io sia, mia piccola Elisabeth.” Rispose l’uomo.

La sua voce calda e roca la fece vibrare.

 

Le lasciò libero il braccio allentando lentamente le dita e facendo scivolare la sua mano fino ad incontrare quella di lei.

La sollevò e si portò le nocche bianche alle labbra baciandole lievemente.

La sua bocca fredda toccò brevemente la mano di Elisabeth ma lei assaporò tutta la sua dolcezza.

 

“Come sai il mio nome?” chiese ancora la ragazza stupita da quella rivelazione.

L’uomo che si stava mostrando a lei conosceva già il suo nome. Ma come??

 

Lui le accarezzo una guancia bagnata delicatamente come se stesse sfiorando un petalo di un fiore, come a volerle asciugare le lacrime e la pioggia, piegò la testa ad un lato senza lasciare che i suoi occhi perdessero di vista quelli di lei “Ho sentito il tuo richiamo nella notte, piccola Elisabeth.”

 

La ragazza chiuse gli occhi a quella dolce carezza gustandosi quell’attimo prezioso, sorseggiando quel nettare delicato che la sua mano le stava donando.

Nessun uomo le era mai stato così vicino da toccarla così intimamente.

Era la prima volta che il suo corpo subiva una simile estasi.

L’angoscia che l’aveva accompagnata sin ad allora stava pian piano scomparendo, lasciando il posto ad un altro sentimento.

 

“Tu vuoi morire, piccola Elisabeth?”

 

La domanda arrivò così a bruciapelo che lei si dovette trattenere dal saltare all’indietro.

Riaprì gli occhi di scatto tornando a fissare lo sconosciuto.

Come sapeva tutte quelle cose su di lei??

Chi era costui??

 

La paura si impossessò di nuovo del suo corpo.

Una paura che non aveva niente a che vedere con l'uomo misterioso che la stava osservando con i suoi occhi blu scuro penetranti come a volerle sfiorare il cuore e a scaldarlo.

La sua paura era tutta dedicata alla scelta che aveva fatto, l'attendeva la Morte.

 

La ragazza abbassò il viso sentendo che quelle lacrime che pensava si fossero esaurite si stavano insinuando ancora nei suoi occhi.

“Non ho scelta.” Rispose mesta Elisabeth.

 

Lui le alzò il viso mettendole un dito sotto il mento.

La penetrò a fondo con lo sguardo e ripetè la domanda “Tu vuoi morire?” questa volta c’era decisione e durezza nella sua voce.

 

Elisabeth capì che lui voleva sapere la verità.

Le stava chiedendo cosa volesse lei senza pensare al futuro, senza più mentire a se stessa..

 

Così lei scosse la testa in senso di diniego.

No!!

Lei desiderava solo che quel dolore finisse, desiderava essere felice, desiderava sognare, desiderava amare, desiderava.. vivere.

Ma sarebbe servito a qualcosa desiderare l’impossibile?

 

“Allora non morirai, mia piccola Elisabeth.” Le disse infine l’uomo gentilmente.

 

A sentire quelle parole così rassicuranti lei sorrise inconsapevolmente.

Era da tanto che non lo faceva più, aveva quasi dimenticato com’era bello lasciarsi andare..

Quel lieve e tenue sorriso, che spuntò sulle sue labbra, le liberò il cuore da quel velo di tristezza che l’aveva costretta a cercare nella Morte la sua fine.

 

L’uomo ricambiò il suo sorriso e con un movimento fulmineo la prese sotto le ginocchia e la sollevò.

 

La ragazza soffocò un gemito di sorpresa.

Lui la guardava così teneramente che lei si strinse a lui allacciandogli le braccia intono al collo, poi posò la testa sulla sua spalla e accolse il calore che i loro corpi uniti crearono.

Non sentiva più freddo, neppure con gli abiti bagnati.

“Come ti chiami?” chiese lei mentre lui si stava incamminando verso il lato opposto della strada che conduceva al paese.

 

“William.” Le disse.

 

Elisabeth si strinse di più a lui lasciandosi cullare dal suo andamento lento ma deciso.

Chiuse gli occhi e pregò che durasse in eterno quell’attimo di estrema pace.

 

Una piccola fiammella si accese nel suo cuore, la speranza che l’aveva abbandonata fino a quel momento la trascinò con sé in un mielato limbo di tregua.

Non era più sola.

 

La pioggia non accennava a smettere..

 

William camminava con passo felpato e leggero come se non avesse nessun peso da trasportare.

 

Era un angelo??

 

Era la Morte??

 

Elisabeth non voleva saperlo.

Se davvero doveva morire, allora avrebbe preferito farlo tra le braccia di William, in quella notte di pioggia. 

 

Fine (?)

 

Dopo quella notte di pioggia…

…sentimenti…

 

Vita.

Morte.

 

2 facce della stessa medaglia.

 

William camminava con Elisabeth stretta tra le braccia.

Lei sembrava essersi addormentata, aveva gli occhi chiusi.

 

La pioggia stava cessando, si era raffinata..

Le nuvole grigie, che fino a quel momento avevano popolato il cielo cupo di quella notte, si stavano diradando poco a poco.

Uno spicchio di luna spuntò per mostrare la sua faccia più comune.

Alcune stelle si affacciarono accendendosi di luce propria.

 

La quiete sensazione che provava lei tra le braccia di quell’uomo così misterioso era indescrivibile!

 

Poi lei parlò di nuovo “Ho capito chi sei!” gli disse con voce debole, quasi un sussurro.

 

Lui rimase interdetto per un attimo.

Che lei avesse compreso al sua vera natura?

Possibile?!

 

Lei continuò “Sei l’angelo venuto per salvarmi.” La sua non era una domanda ma una semplice affermazione.

 

Al chè William sorrise.

Lei non immaginava neppure qual’era la verità!

Decise di non smentire del tutto la sua conclusione, di lasciarle credere quello che desiderasse di più.

“Non esattamente.” Le rispose lui.

L’importante era che lei si fidasse. Al resto ci avrebbe pensato lui.

“Sei tu un angelo che si è perduto e ha dimenticato come si vola. Non ti preoccupare mio angelo, ti aiuterò io. Le tue ali torneranno a volare e il tuo sorriso risplenderà sul tuo volto. E’ una promessa.”

 

Elisabeth aprì gli occhi e lo fissò.

Lui era così sicuro di sé che lei volle credere a tutto quello che gli stava promettendo.

Ma comunque volle precisare una cosa “Neppure io sono proprio un angelo.”

 

“Allora siamo perfetti insieme.” Replicò lui facendole l’occhiolino.

E lei sorrise di rimando.

 

Nessun altro sentimento che non fosse odio e vendetta si addiceva ad uno come lui.

Eppure, appena aveva incrociato quegli occhi lucidi ed imploranti, ne era rimasto profondamente scosso.

Folgorato.

Una ‘scintilla’ era scattata dentro di lui..

Inspiegabilmente.

Si era sentito debole.. Debole di fronte a colei che stava gridando in silenzio il suo aiuto disperato, facendolo tremare.

 Lui, che non aveva timore di niente e di nessuno, aveva avuto paura per la prima volta... Paura di perdere quell’unica persona che gli stava facendo provare quelle emozioni del tutto nuove.

 

La sua intenzione iniziale era stata ben diversa.

Era uscito con la sola idea di uccidere e saziare la sua fame di sangue.

Erano più di 100 anni che lo faceva e anche quella sera doveva essere così!

 

Quella notte, la pioggia fitta stava bagnando ogni cosa su cui si posava il suo sguardo.

Non c’era né la luna né le stelle.

Era perfetta per cacciare!

 

Le tenebre erano il suo mondo, l’oscurità la sua casa, il buio il suo fedele amico, la vendetta la sua unica alleata.

Si muoveva come un felino che cerca la sua prossima preda. Scrutava ogni ombra, ispezionava ogni angolo, in silenzio..

In assoluto silenzio.

Non aveva rivali.

Solo la Morte era la sua nemica.

Ma lui non la temeva.

Lui era riuscito a scappare dalle sue grinfie malefiche e si era burlato di Lei, l’aveva sfidata e ne era uscito vincitore, aveva ingannato la più potente ed Eterna Presenza che ‘vive’ da sempre e che sempre ‘vivrà’.

 

Aveva seguito la sua vittima per tutta la notte a distanza di sicurezza per non essere scoperto.

Lei aveva camminato così lentamente che lui aveva pensato che stesse per svenire da un momento all’altro.

Non badava alla pioggia che si abbatteva su di lei e continuava a proseguire seguendo la linea immaginaria verso la sua meta sconosciuta.

Era stato attratto subito da quella ragazza annusando l’aria gremita di umidità e percependo la sua paura.

Una paura dettata dal dolore.

 

Ad un certo punto la fanciulla si era fermata e si era appoggiata al muretto del ponte poi era scoppiata in lacrime.

Lui era rimasto nascosto dietro un albero in lontananza, grazie alla sua vista aquilina riusciva a vedere bene anche da lì.

 

Era un professionista, lui.

Giocava con delle semplici regole: uccidere e nutrirsi erano il suo solo scopo.

Nessuna reazione emotiva, nessun sentimentalismo inutile.

Era un freddo ed insensibile demone senza un’anima.

Non aveva rimpianti, né sensi di colpa.

La sua esistenza era all’insegna della puro piacere fisico soddisfatto dalla sanguinosa fine che infliggeva alle sue vittime prescelte.

Amava vedere soffrire la gente, si gustava i loro volti impauriti e si nutriva del dolore che infliggeva loro.

Era sempre stato così!

Fino a quel momento..

 

Aveva percepito qualcosa di diverso in quella giovane appena l’aveva vista, ma aveva finto che andasse tutto bene.

In quel frangente la ragazza era troppo impegnata a tremare per accorgersi di essere fissata, così intenta a sfogarsi con le lacrime.

Lo intrigava.

Più vedeva quel corpo minuto e bagnato percorso dai singhiozzi, più si domandava il perché di tanto accanimento.

La curiosità lo stava logorando.

 

Poi tutto ad un tratto.. lo aveva percepito..

L’odore della Morte.

Era vicina, molto vicina.

Colei che ha il potere di rubare la vita a suo piacimento a tutti coloro che sono sulla faccia delle terra.

La Signora Oscura, che tutti i comuni mortali temono, era venuta per compiere la sua missione, il suo lavoro eterno. Era venuta fin lì per quella ragazza.

 

Una stretta al petto lo aveva fatto piegare in due dal dolore.

Non gli era mai capitato una cosa simile.

Sembrava come se qualcuno gli avesse tolto il respiro improvvisamente, gli mancava l’aria.. Il chè era un po’ difficile visto che non respirava già da un bel po’ di tempo!

 

Era Lei la colpevole, la Morte che aleggiava nell’aria putrefatta di pioggia.

Lo stava provocando, lo stava avvertendo che presto avrebbe compiuto la sua prossima volontà: avrebbe preso con sé la ragazza e l’avrebbe portata nel suo regno.

 

La rabbia era scattata dentro di lui, una rabbia cieca.

Non poteva permettere che un simile affronto passasse inosservato, doveva impedire il losco piano della Signora dell’Oscurità.

 

Dal suo nascondiglio segreto aveva visto la giovane aprire gli occhi ed alzarsi in punta di piedi..

Stava per buttarsi nel fiume.

 

Veloce come un fulmine, lui si era precipitato accanto a lei, silenzioso come un lampo in un cielo tempestoso senza tuoni, l’aveva raggiunta e l’aveva fermata appena in tempo prima che lei fosse riuscita a compiere quella sua pazzia.

 

Appena la giovane aveva notato la sua presenza si era voltata di scatto impaurita.

Due occhi verdi lo avevano incantato ed intrappolato nella sua rete magica.

Era rimasto sfolgorato dalla loro lucentezza, lacrime e gocce di piaggia bagnavano il viso della ragazza.

Sofferenza e sconforto erano i sentimenti che si potevano leggere nei suoi occhi.

Era tutta inzuppata e tremante di freddo e paura.

 

La sua prima reazione era stata quella di scaldarla con il suo corpo, poi si era ricordato che essendo freddo come il marmo non avrebbe dato un simile conforto a nessuno né tanto meno a quella giovane dagli occhi fatati e dai capelli color oro scuro.

 

Lei gli aveva subito chiesto chi era.

Lui non aveva risposto a quella domanda, si era chiesto il nome di quella fanciulla ed incomprensibilmente lo aveva scoperto da sé.

Il vento, che quella notte di pioggia era molto leggero, glielo aveva ululato: Elisabeth.

 

Una strana sensazione lo aveva avvolto.. Gli sembrava come se la conoscesse da sempre.

Le aveva accarezzato dolcemente una guancia e si era soffermato ad assaporare la sensazione della sua pelle sotto il suo tocco.

Delicata, era l’aggettivo giusto.

 

Lei sembrava godere della sua vicinanza, l’iniziale timore che aveva scorto nei suoi occhi si era dissolto.

Quello che era iniziato come una ripicca verso la Morte si era trasformato in qualcos'altro.

Il desiderio di protezione verso quella pura ragazza lo aveva sopraffatto.

 

Le aveva posto la fatidica domanda che racchiudeva la sua scelta: “Tu vuoi morire?”

 

Lei aveva prima annuito, poi negato.

Si vedeva che era stata molto ferita nel profondo e che sapendo di dover morire aveva preso la decisione di farlo subito.

Nella sua incertezza si poteva capire quanto avesse sofferto, non aveva più sogni, né speranze di un futuro diverso e migliore.

 

La pietà lo aveva colto impreparato per un attimo, poi aveva capito cosa fare..

L’avrebbe aiutata.

Non sapeva perché stesse facendo ciò, ma sapeva che doveva farlo!

 

Così l’aveva raccolta tra le braccia e si era incamminato verso quella che sarebbe stata una nuova vita per entrambi.

 

Senza fare nessuna protesta, lei gli aveva stretto le braccia intorno al collo e si era adagiata sulla sua spalla, fiduciosa e senza paura.

Poi una domanda inattese lo aveva riscosso dai suoi pensieri: lei gli aveva chiesto il suo nome.

 

Che cosa avrebbe dovuto rispondere??!

‘Sono colui che ti ha strappato dalle braccia della Morte per farti una mia simile?’

A quel punto le aveva detto il suo nome da mortale: “William.”

Era da così tanto tempo che non lo usava più!

 

Lui era sempre stato un eterno solitario.

Amava la solitudine e detestava doversi occupare delle opinioni altrui.

 

Ma in quel momento, tenendo tra le braccia la piccola Elisabeth, dovette ricredersi..

Non essere un angelo e mai gli era capitato di desiderare di volerlo essere, eccetto in quel preciso momento.

Avrebbe voluto poterla portata con sé sulle ali della libertà, asciugare le sue lacrime, lenire il suo dolore, assicurarle che mai nessuno l’avrebbe fatta più piangere.

 

Purtroppo era solo un vampiro.

E l’unica consolazione che avrebbe potuto darle era quella che non sarebbe morta ma che avrebbe continuato a vivere in eterno.

Come lui.

..con lui.

 

Lei, che aveva smesso di aver fiducia nel destino e nella vita, aveva accolto quella dolce cura ed il suo cuore si era rianimato, la forza le era ritornata e la voglia di vivere era rifiorita.

Con un solo tocco, un solo sorriso, lui aveva fatto nascere la farfalla che albergava nel suo cuore straziato di dolore e le aveva donato un tesoro prezioso..

La Speranza.

 

Lui, che non sapeva cosa fossero i sentimenti, si era intenerito di un ‘piccolo bocciolo’ che stava per appassire ed era bastata un po’ di linfa vitale per farlo rifiorire.

E senza riuscire a trovare una spiegazione possibile, ‘quel fiore scarlatto’ si era intrufolato delicatamente nel suo cuore, da troppo tempo fermo ed insensibile, ed era sbocciato riscaldandolo e colmandolo di una dolce sensazione..

 

L’Amore.

 

FINE