Scritto
da: Maria-
fioredargento@roswellit.zzn.com
Spoiler
per: Le stagioni di
Buffy dalla prima alla quinta, la prima e la seconda stagione di “Angel”.
Disclaimer: i personaggi delle serie “Angel” e “Buffy, the vampire Slayer”, appartengono a
Joss Whedon,
Nota dell’autore: innanzitutto chiedo scusa a chi leggerà questa storia
per l’eventuale discontinuità del discorso, dovuta, oltre a pecche mie
personali, al fatto che ho cercato di attenermi quanto più possibile allo stile
reale di un diario.
Per quanto riguarda poi gli universi
di Buffy e Angel, la mia storia si ambienta temporalmente a metà della quinta
serie di Buffy e della seconda serie di Angel, con alcune imprecisioni. In
questo mio scenario delirante, infatti, benché esista il personaggio di Down, non c’è invece quello di Glory.
Il cognome Malahide è di mia
invenzione, mentre i luoghi descritti nelle scene in Irlanda sono tutti
realmente esistenti.
***** Ad Anna, la mia amica e la mia musa.
Sei la cosa più bella
che mi sia capitata da un tempo che sembra quasi infinito… *****
Ho cominciato da bambina a tenere
un diario, e ho continuato per anni.
Ma era un diario da bambina, con
pensieri da bambina e sogni da bambina.
Anche quando bambina non lo ero già
più, e il mondo che mi si torceva intorno avrebbe dovuto trasformarmi in donna.
Forse perché c'è sempre stata una
parte di me che non voleva crescere.
Un 'autodifesa, o solo la mia
natura che si rifiutava di essere forzata…
Il mio diario era la mia via di
fuga, un modo per dimenticare quanto fosse reale ciò che stavo vivendo…
Reale… e pericoloso.
Era la mia favola personale.
Questo no.
Questo diario mi serve.
Mi serve per vivere.
Per non impazzire.
Per sfogare in qualche modo tutto
quello che mi porto dentro, prima che mi divori l'anima.
E per chiedere scusa a tutti
quelli che da tanti anni sto ingannando.
Sono sempre stata una ragazza
espansiva, vivace, una chiacchierona…
Questo segreto, adesso, mi sta
uccidendo… senza nemmeno un 'Osservatore a cui poter parlare…
Sono …
No…
Io ero una ragazza.
Ero.
Ora, finalmente, sono una donna.
Una donna di ventiquattro anni che
a volte si sente come se ne avesse
cento.
La donna che avrei dovuto essere
quanto tutto è cominciato…
Per capire… per non commettere
tanti di quegli errori…
E invece ero soltanto una bambina,
una studentessa sedicenne con la testa perennemente fra le nuvole…
Adesso invece…
Adesso sono un 'altra persona.
Pur restando sempre io.
Buffy Summers.
*****
PARTE PRIMA
IL PASSATO
Angel era ferito.
Gravemente ferito.
Tanto da non potermi accompagnare.
Lui che mi aveva sempre seguita.
Che se n'era andato a Los
Angeles per regalarmi una vita normale, ma che era sempre tornato da me, ogni
volta che avevo avuto bisogno di lui …
Ingoiando in silenzio le mie
accuse e i miei rimproveri.
Bevendo stilla dopo stilla il mio
veleno.
Perché io lo amavo, ma non gli
avrei mai perdonato di aver scelto per me.
Dolce, oscuro, silenzioso Angel…
In tutta la mia vita non gli avevo
mai visto sul volto un sorriso che non fosse velato di tristezza. Imbevuto
delle tenebre a cui lui apparteneva.
Angel che mi aveva preso il cuore
e me lo aveva spezzato.
Lasciandomi in cambio il suo, anche se allora ero troppo
infantile per rendermene conto…
Per capire che la malinconia nei
suoi occhi aveva anche il mio nome…
Angel che era sempre identico a
qual primo giorno, mentre io ero cresciuta.
Senza di lui, e senza smettere di
amarlo.
E che ora si trascinava
verso di me, con il volto sporco di sangue e uno dei tentacoli di Jishmen
ancora avvolto alle gambe, spezzate di netto.
Era un vampiro.
Sarebbe sopravvissuto.
E in pochi giorni sarebbe anche
guarito.
Ma non poteva seguirmi.
Nessuno dei miei amici poteva
farlo.
Perché io ero la sola ad essere
ancora in piedi…
La lotta con Jishmen era stata
terribile.
La peggiore che avessi mai
affrontato.
Come sia Giles che Anya avevano
previsto.
Per questo Angel era venuto.
Per questo era accorso da
Los Angeles in mio aiuto, anche se questo aiuto io non glielo avevo chiesto e
non lo volevo.
Per combattere questa creatura
terrificante, così potente e incontrollabile che persino il Maestro non aveva
mai osato evocarla.
E che era sempre misteriosamente
sfuggita alla distruzione, in un modo che nessuno aveva mai scoperto…
Avevo riso dell'offerta di aiuto
di Angel. Eppure era lui che mi aveva salvata.
Ancora una volta.
E ora era così massacrato da riuscire
a stento a muoversi…
Si era messo fra me e Jishmen,
aveva preso il mio posto fra le sue spire… e lui gli aveva stritolato le gambe
fino a romperle…
Solo grazie ad Angel ero riuscita
a distruggere il mostro.
O meglio… cedevo di esserci
riuscita.
Quando il suo corpo era esploso in
una paurosa deflagrazione, scomparendo in una specie di squarcio nella materia,
una fessura stretta e nera i cui contorni si sfilacciavano e ricomponevano in
continuazione.
Ma dopo un attimo, dopo aver
assaporato per un secondo la vittoria, Cordelia aveva urlato alle mie spalle:
-
E' così che riesce a scappare!
Si apre un
varco in un 'altra dimensione e si nasconde per rigenerarsi! Per questo è
sempre ritornato…-
Io la fissai, il cuore che mi si
era improvvisamente fermato in gola.
Sapevo che non era lei a parlare.
Non
Era la voce di ciò che di inumano c'
era in lei a farlo.
Del demone che l'aveva amata e che
le aveva lasciato in dono una parte di se.
E che non si era mai sbagliato
nella sua chiaroveggenza.
*****
Mi guardai intorno, rapidamente,
una parte di me che tremava al solo pensiero di immergermi in quel buco nero e
spaventoso… e di farlo da sola.
Xander, Giles e Anya erano
svenuti, mentre Cordelia si premeva un fianco con la mano, una smorfia di
dolore sul bellissimo volto.
Willow era sveglia, ma un braccio,
probabilmente rotto, le pendeva inerte da un lato.
Inginocchiata a terra, sporca e
scarmigliata, reggeva la testa di Spike sulle ginocchia, tamponandogli
dolcemente lo squarcio che gli apriva la gola.
Anche lui era cosciente , ma
sembrava che la ferita gli avesse succhiato via la forza, facendolo sembrare
ancora più magro del solito. Abbandonato, inerte, chiunque avrebbe potuto
finirlo.
Soltanto i suoi occhi bruciavano
come sempre.
E mi fissavano .
Perché il mio vecchio nemico
sapeva ciò che stavo per fare.
E sapeva che lo avrei fatto da
sola.
Come lo sapeva Angel.
Per questo stava tentando
disperatamente di raggiungermi.
Se avesse potuto farlo, sarebbe
andato lui al posto mio, avrebbe di nuovo scelto per me…
Ma non poteva alzarsi.
E io dovevo agire in fretta.
Prima che la porta si chiudesse.
Sapendo che forse non sarei più
tornata. E senza la minima idea di cosa mi aspettasse .
*****
Indugiai per un ultimo istante sul
volto di ciascuno dei miei amici, salutandoli dentro di me.
Ognuno aveva un posto speciale nel
mio cuore e Angel … Angel era il mio cuore.
Vidi Spike stringere per un attimo
gli occhi, e quando li riaprii ciò che vi lessi fu : " vai".
Mentre quelli di Angel mi
supplicavano di non farlo.
Sembravano due possibilità
diverse, e invece era un inganno.
Io non potevo scegliere. Lo avevo
imparato molti anni prima.
Io ero
Fissai ancora Angel, ipnotizzata,
come se il mio sguardo non potesse lasciarlo.
Poche ore prima c' era stato così
tanto risentimento nelle mie parole per lui, e ora, forse, gli dicevo addio…
Fissai i suoi occhi, la sua bocca,
la mano che tendeva verso di me…
L'ultima cosa che sentii, mentre
saltavo attraverso la porta, fu la sua voce gridare il mio nome.
*****
Mi ero aspettata tenebre, vortici,
enormi corridoi di materia in movimento… e, invece , saltare da una dimensione
all'altra fu davvero come attraversare una porta.
Un 'istante prima ero a casa,
quello dopo non più.
E in mezzo… niente.
Atterrai in piedi, istintivamente,
piegandomi sulle ginocchia in posizione
di difesa.
Ma non c'era niente lì che potesse
minacciarmi…
Tutto parlava di pace nel luogo in
cui ero giunta.
Tutto era bellissimo.
Un prato di un verde intenso,
ricoperto di erica e di fiori gialli e bianchi, digradava dolcemente fino a una
scogliera chiara, frastagliata, oltre cui un mare azzurro e limpidissimo si
infrangeva sulle rocce, portando al mio orecchio la sua eterna canzone.
In tutta la mia vita non avevo mai
visto uno spazio aperto così immenso, che procedeva in una serie di basse
colline, fino a una macchia scura di alberi che nascondeva l'orizzonte.
Alla mia destra, una torre di
pietra, conica e altissima, con uno strano tetto a punta, svettava decisa verso
soffici nuvole bianche.
Mi guardai attorno, cercando di scacciare
ammirazione e stupore.
Avevo creduto di trovare cielo e
terra invertiti, e invece quella sembrava ancora la mia realtà…
Pensai che forse Cordelia aveva
inteso questo per dimensione… solo un cambiamento di luogo… Dopotutto, lo
spazio era una dimensione…
A quel pensiero provai un senso
istintivo di sollievo, eppure imposi a me stessa di non rilassarmi.
Sapevo che il pericolo era
atterrato in quello stesso luogo, ed ero lì per distruggerlo.
Per annientare Jishmen una volta
per tutte.
-
Porca miseria!- Imprecai a labbra strette.- questo
posto è così enorme che potrebbe essere ovunque…-
-
Già… e la cosa peggiore era che
non sapevo nemmeno che cosa dovessi cercare…
La creatura mostruosa, tantacolata
ed enorme che avevo affrontato a Sunnydale o… cosa? Un fantasma alla ricerca di
un corpo, o una parte dello Jishmen che avevo conosciuto, o… una larva, oppure…
Mi passai una mano fra i capelli,
rimpiangendo che Giles non fosse insieme a me.
Lui avrebbe saputo cosa fare.
Lui lo sapeva sempre.
Cercai di immaginare cosa mi
avrebbe detto, e quasi rividi il suo volto, mentre si aggiustava gli occhiali
sul naso, cercando di darsi un contegno il più severo possibile.
Bè, certamente avrebbe esordito
intimandomi di mantenere la calma, di fermarmi a riflettere, e poi mi avrebbe
consigliato di fare un passo per volta…
-
Allora… - Domandai a me stessa- se fossi un mostro
schifoso che ha bisogno di rigenerarsi, e capitassi qui, dov’è che potrei
andarmi a nascondere ?-
Mi guardai ancora attorno, il cuore che mi batteva forte in barba a
tutti i miei propositi.
-
Se fossi io mi cercherei un posticino tranquillo,
riparato, dove nessuno possa venire a rompermi le scatole…-
Non certo una collina esposta al
vento, nè una scogliera, o un bosco brulicante di animali selvatici…
A dire il vero non restava molto…
solamente…
Ma si, certo, la torre!
Isolata, protettiva, e ancora
abbastanza solida…
-
Bingo! – Esclamai, lasciando che rabbia e
determinazione cancellassero dalla mia mente le incertezze e la consapevolezza
del dolore fisico.
-
Mi avviai come una furia verso la
torre diroccata.
Un passo per volta, vero?
Bè, il mio primo passo sarebbe
stato far esplodere il cervello a quel
bastardo che aveva fatto del male ai miei amici.
Che aveva spezzato le gambe di
Angel.
Ero così arrabbiata, così piena di
furia distruttiva che quasi non mi accorsi dell’attacco.
Quasi.
Dopotutto, ero sempre
E Giles era un ottimo maestro.
Non lo vidi, ma sentii un
movimento alle mie spalle.
Un fruscio strano, cupo, quasi
impercettibile.
Mi voltai, proteggendomi il volto
con il braccio un attimo prima che qualcosa si schiantasse con violenza contro
di me.
Sentii la pelle friggere e
bruciare attraverso il maglione e lanciai un grido, mentre gettavo all’indietro
la cosa.
Strinsi i denti, cercando di
controllare il dolore, e con un balzo mi rimisi
in guardia.
Eccolo.
Jishmen.
Come un ‘idiota, accecata dalla
mia ira, non mi ero accorta di averlo superato.
Non avevo nemmeno pensato che
nella sua forma primordiale potesse non possedere la velocità che aveva reso
colpirlo un ‘impresa così difficile.
Per mia fortuna… o quasi… sembrava
che si ricordasse di me, e non aveva resistito al desiderio di attaccarmi.
Era orribile.
Ripugnante.
Una disgustosa ameba senza forma
che si muoveva su una moltitudine di aculei, probabilmente il primo stadio dei
suoi terribili tentacoli.
-
Sentivi la mia mancanza, non è vero?!- Esclamai,
stringendo i denti per combattere il terribile dolore al braccio.
La cosa sembrò contrarsi in se
stessa e poi espandersi, come se stesse respirando.
-
O credevi forse di potermi prendere di sorpresa?! –
Jishmen fischiò e vibrò tutto.
Poi attaccò di nuovo.
Probabilmente aveva intuito di
aver commesso un errore, e di non poter rimediare.
Cercò di arrivarmi al volto, ma io
lo intercettai con un calcio, gettandolo di nuovo in terra.
-
Ti piacerebbe, eh!-
Ancora un attacco. Ancora un
calcio.
Non dovevo assolutamente permettergli
di toccarmi la pelle…
La suola del mio stivale frigolò e
si consumò a contatto con l’acido, sbilanciandomi all’indietro quando tornai ad
appoggiarlo in terra.
Caddi sulla schiena, imprecando
contro me stessa, e lui ne approfittò immediatamente, saltandomi addosso ed
eruttando il suo veleno da ogni parte del corpo.
Io rotolai, ansimando, e afferrata
una pietra gliela lanciai contro, centrandolo in pieno.
Jishmen precipitò con tutto il
sasso, finendo su quella che reputai fosse la schiena.
Tutt'intorno, l’acido stava
bruciando l’erba, mentre la creatura contorceva disperatamente gli aculei,
schiacciata e imprigionata dal peso.
Peccato che non avessi con me uno
dei miei fidati paletti… comunque, mi sarei arrangiata…
Strinsi i denti, e piena di rabbia
afferrai un ‘altra pietra, ancora più grossa, e la scagliai con tutta la mia
forza contro il mostro.
Jishmen fischiò di dolore,
vibrando spasmodicamente gli aculei.
-
Q
-
Questo è per Giles! … e per Willow! … e per Spike!-
-
Gridai ancora, mentre il corpo
della creatura si disfaceva davanti a me.
Sembrava che non avesse ossa, ne
organi, ma fosse fatto di una specie di gelatina, un ‘unico muscolo tenuto
insieme dalla forza della sua malvagità.
-
Questo è per avermi trascinata fin qui! E questo…-
Ansimai, fissando i frammenti staccati liquefarsi come il corpo di una medusa. – è per Angel!-
-
Fu un colpo così violento che lo
spaccò in tre parti che continuarono a muoversi e contorcersi per alcuno istanti,
fino a che furono scossi da uno spasmo, e smisero di vivere.
Io ansimai, sconvolta dalla mia
stessa furia, e mi lasciai cadere sull’erba, sedendo di fronte al mio nemico.
Era stato più facile del previsto, nonostante il braccio che mi doleva terribilmente e quella rabbia
selvaggia che non voleva lasciarmi.
Cercai di rallentare il ritmo del
mio respiro, travolta da un ‘improvvisa voglia di piangere.
Era finita…
Jishmen, il mostro che aveva
ucciso così tanta gente, che aveva quasi ammazzato i mie amici… lui… era
finito.
E il suo corpo si disfaceva ed
evaporava a velocità impressionante.
Presto, di lui non sarebbe rimasto
più nulla…
Nulla, tranne ciò che aveva fatto.
Mi strinsi la fronte fra le mani,
tremando.
Non dovevo lasciarmi andare… dovevo
reagire… dovevo tornare a casa…
Ma ero appena uscita dal
combattimento più estenuante della mia vita, non sapevo dov’ero, nè cosa ne
fosse dei miei amici.
Singhiozzai, incapace di fermarmi.
E quando finalmente riuscii a smettere,
al posto di Jishmen restavano solo due sassi scheggiati dall’urto.
Mi alzai, barcollando, e con un
sospiro mi afferrai uno dopo l’altro i tacchi, torcendoli e spezzandoli alla
base.
Almeno, così sarei riuscita a
camminare…
Intorno me, tutto era tranquillo.
Sembrava quasi che nulla fosse mai
accaduto.
Almeno ero finita nel mondo che
conoscevo.
Ad Angel non era andata
altrettanto bene…
Dalla cima della collina, poco
distante, intravidi una strada sterrata, che fiancheggiava il bosco in tutta la
sua lunghezza.
Poco comodo, con tutti quei sassi,
ma se c’era un sentiero dovevano esserci anche delle case, prima o poi.
La raggiunsi in fretta, cercando
con gli occhi un ‘indicazione che mi spiegasse dov’ero esattamente.
A vederla svolgersi davanti ai
miei occhi, la strada sembrava terribilmente lunga, e faceva così caldo…
Troppo caldo.
Doveva essere quasi mezzogiorno e
nemmeno il vento freddo del mare riusciva a contrastare il sole a picco sulla
mia testa.
-
Di sicuro non sono in Russia!- Mormorai fra me e me.-
Resta solo da capire dove…-
Mi chiesi se i miei amici stessero
bene. E se fossero preoccupati per me.
Poi, qualcosa attirò la mia
attenzione, una forma squadrata al margine del sentiero.
Forse… si… una pietra miliare…
-
Oh., meno male…- Sospirai.- non sarà un cartello
turistico, ma almeno…-
-
Strinsi gli occhi, accecata dal
riverbero del sole sulla superficie chiara e leviga6ta.
Galway, un miglio e mezzo.
Galway…
-
Oh, mio Dio!-
Esclamai.
Fra tutti i posti al mondo ero finita
proprio in Irlanda, e fra tutti i posti in Irlanda ero finita proprio a Galway!
Non poteva essere una semplice
combinazione.
Forse Jishmen non sceglieva a caso
le sue mete… forse non le sceglieva affatto…
Angel era l’ultimo con cui avesse
avuto un contatto fisico, e, dal momento che quel mostro era anche un telepate,
poteva aver catturato uno dei suoi pensieri…
Il ricordo di qualcuno in pericolo
mortale…
Il ricordo di … casa…
-
Bè, Angel, grazie tante! Ci vorranno più di dieci ore
di volo per tornare a Sunnydale!
E meno male che non sei nato al
polo… -
Un miglio e mezzo… nemmeno tanto…
Mi ero sempre domandata come
fossero i luoghi in cui Angel era cresciuto, e ora mi guardavo intorno con spirito
nuovo, fissando gli alberi, la campagna selvaggia, i cespugli coperti di fiori
rossi e bianchi. Sentendo dentro una tenerezza assolutamente speciale al
pensiero che forse, due secoli prima, lui aveva camminato su quella stessa
strada, inspirando quella stessa aria
pulita.
Magari
era passato a cavallo, o su un caro, come quelli che avevo visto al cinema o
come… come quello che mi veniva incontro adesso!
Mi fermai, a bocca aperta per la
sorpresa.
Era proprio un carro, trainato da
un cavallo molto male in arnese…
In vita mia non ne avevo mai visto
uno… e del resto neanche il ragazzino che lo portava doveva aver mai visto una
donna, a giudicare dall’espressione stupefatta del suo volto.
Ci incrociammo fissandoci come due
idioti, e anche dopo avermi superata lui continuò a guardarmi, torcendo il
collo e le spalle verso il traino ingombro di sacchi di tela.
Scossi la testa, dandomi
dell’idiota.
Dopotutto mi trovavo in campagna…
e magari i carri erano ancora una cosa normale lì… forse ero io ad essere
esageratamente cittadina…
Ridendo della mia reazione,
ripresi a camminare, ma dopo poco più di un miglio mi imbattei in una sorpresa
molto, molto più grande.
Qualcosa di veramente incredibile.
Arrivai a Galway.
*****
Ci misi dei minuti interi per
capirlo.
Minuti durante i quali mi agirai
come ubriaca fra le strade di pietra acciottolata della periferia cittadina,
vibrante di ogni genere di attività.
Uomini e donne avvolti in abiti antichi
si muovevano fra basse case con i tetti di ardesia e botteghe con le insegne di
legno dipinto attaccate a sostegni di ferro.
Poco lontano da me, un uomo che
tirava un carretto vendeva del pesce a delle donne in grembiule bianco, con
delle grandi cuffie a coprir loro i capelli. Più oltre, una ragazzina
prendeva acqua a una fontana.
Sembrava il set di un film, ma io
non mi illusi nemmeno per un istante che lo fosse davvero.
-
Ehi, bellezza, non è un po’ presto per cominciare a
lavorare?-
L’accento di quella voce
biascicata era così marcato che faticai a capire le parole, ma il tono era
assolutamente inconfondibile.
Non mi rendevo conto di come mi
vedesse la gente, con i miei pantaloni attillati, il maglione abbassato sulle
spalle e i cappelli sciolti, e così lo sguardo libidinoso del tizio che aveva
appena parlato, un uomo sulla quarantina, sporco da far impressione e
appoggiato insieme ad altri ad un muretto, riaccese nel mio cuore la rabbia che
credevo ormai sfogata.
-
Hai qualche problema?- Lo sfidai, con i pugni sui
fianchi, allontanando da me confusione e stupore.
-
Con una come te?- Ghignò lui.- E chi potrebbe averne?
Peccato che non abbia una moneta nemmeno per vedere com’è fatta! –
L’affermazione fu seguita da una
serie di risate sguaiate e frasi oscene, la maggior parte delle quali non
riuscii nemmeno a comprendere.
-
Però- Continuò il tipo, toccandomi un fianco.- magari
vuoi divertirti anche tu , per una volta…-
Probabilmente non solo non avevo
ancora smaltito tutta la mia rabbia, ma ero anche sconvolta dalla
consapevolezza di non trovarmi più nella mia epoca… e inoltre quel maiale mi
faceva davvero schifo.Fatto sta che risposi d’istinto, esattamente come avrei
fatto con un vampiro, e un attimo dopo l’uomo era a terra, con la spalla
slogata, che frignava come il porco che era.
-
Troia!- Gridò uno dei suoi amici, e tutti insieme si
lanciarono contro di me.
Troppo facile.
Ero abituata ad avversari non
umani, d’accordo, ma questi erano
addirittura subnormali!
Stenderli, anziché divertirmi, mi
irritò ancora di più. E quando infine sollevai la testa gli sguardi della gente
fecero il resto.
Mi fissavano come se fossi un
animale raro.
Chi con disprezzo, chi con paura,
qualche donna addirittura con orrore.
In vita mia non mi ero mai sentita
così… sbagliata!
Ed era una sensazione che non mi
piaceva affatto!
Dovevo assolutamente andarmene di
lì, dovevo trovare il modo per tornare al mio tempo.
Che stupida, che stupida idiota!
Se ci fosse stato Giles lui
avrebbe considerato subito che lo spazio
non era l’unica dimensione!
Il tempo… questo aveva inteso
Cordelia…
Molto probabilmente Jishmen apriva
i suoi passaggi servendosi dei ricordi di quelli con cui veniva a contatto, e
questo voleva dire che…
Ah, perfetto, voleva dire che
oltre ad essere squadrata come un mostro da un nutrito gruppo di cittadini
stupefatti e bigotto avrei potuto voltare un angolo e trovarmi faccia a faccia con Angelus!
Ci mancava solo questo!
-
Ehi, tu!- Esclamai, afferrando per i capelli il maiale di poco prima. – In che anno siamo?-
-
Va a farti…-
-
Riposta sbagliata!- Lo interruppi io, sbattendogli la
testa contro la pietra. – Ma c’è sempre una domanda di riserva! Allora, in che
anno siamo?!-
-
1753… - Biascicò lui.
Strinsi gli occhi, cercando di ricordare
ciò che avevo letto sul diario degli Osservatori.
1753… 1753…
Ma perché dovevo essere così
negata per le date?!
E, del resto, il rumoreggiare
della folla attorno a me mi suggerì che in quel momento avevo cose più
importanti da fare che esercitare la memoria.
Ogni attività nella piccola piazza
sembrava essersi fermata, e gli occhi di tutti erano puntati su di me. E non si
trattava certo di sguardi benevoli…
Secondo la loro mentalità avrei
potuto essere da una sfacciata in abiti scandalosi che se ne andava in giro a
malmenare la gente a una strega dalla forza sovrumana… e infatti, come appresi
anni dopo, fu proprio per una strega che mi scambiarono allora…
Mi alzai, e senza attendere oltre
mi infilai in un vicoletto buio, sperando che i miei ammiratori fossero ancora
troppo stupiti per seguirmi, o che ne avessero paura.
Non ero mai stata ferrata né in
storia né in geografia, ma due cose me le ricordavo: primo, nei secoli passati
le streghe, o presunte tali, non se l’ erano mai passata troppo bene.
Secondo, Angel mi aveva detto che
una caratteristica innata degli
Irlandesi era sempre stata quella di credere istintivamente a qualunque cosa
sapesse di sovrannaturale.
E io non avevo voglia di
combattere contro una fola inferocita.
Continuai zigzagare per i vicoli
della città, riflettendo sulle conseguenze di tutto quel pasticcio.
Fra le altre cose, in quel tempo
esistevano due cacciatrici vive contemporaneamente, e per esperienza sapevo che
una simile eventualità poteva provocare una gran confusione… come minimo.
In una casa vicina al fiume Carrib
rubai un vestito che qualcuno aveva appeso fuori ad asciugare, e lo infilai
sopra i pantaloni, liberandomi del maglione.
Mi arrivava fino ai piedi, mi
stava largo e probabilmente la gonna avrebbe dovuto essere riempita con
qualcosa, ma almeno la gente mi guardava come una stracciona e non come un
‘aliena scesa dalla luna.
Intanto, la sera si allungava
sulle case, e senza nemmeno sapere come
ci fossi arrivata mi ritrovai in una zona probabilmente più centrale, con
strade più larghe e case più grandi.
Passai accanto a un ‘imponente
castello, con lo stemma di due grifoni rampanti scolpita sulla facciata, e a
parecchie chiese di pietra, ma fu l’insegna di una bottega in una via laterale a
colpirmi più di ogni altra cosa.
Una sirena su campo d’oro,
circondata di simboli alchemici.
Proprio ciò che stavo cercando…
Stavo avviandomi in quella
direzione quando fui quasi travolta da un uomo di mezza età, alto e robusto,
con un ‘espressione accigliata sul volto severo e squadrato.
Lo scartai per un pelo, investita
dalla furia delle sue parole.
-
Se li paghi da solo i suoi vizi! Io non sborserò più
un soldo per quel degenerato!
Mi hai capito, nemmeno un soldo!-
L’uomo era paonazzo per la rabbia,
e stava uscendo dal negozio di un sarto.
Evidentemente non si era accorto
che lo avevo evitato, poiché si voltò verso di me, chinando brevemente la
testa.
Io
annuii, sperando che fosse ciò che dovevo fare, ma l’uomo non mi rivolse molta
attenzione, perché un altro, forse il sarto, era sbucato dalla bottega,
afferrandogli un braccio.
Io
rimasi immobile.
C’era
un non so che nel volto di quell’uomo… non un tratto, o una somiglianza, ma
qualcosa che mi apparve stranamente familiare…
-
Ma master. Malahide, è vostro figlio!- Lo implorò il
sarto.- se non paga i suoi debiti verrà arrestato…-
-
Che lo
arrestino allora! Non mi riguarda!
Non ho lavorato
una vita per farmi dissanguare da lui!
Che
vadano! Lo troveranno di certo in un bordello!-
-
Master
Malahide, ragionate…-
-
Taci, Beckett!- Lo interruppe bruscamente l’uomo.- Tu
sei colpevole esattamente quanto lui!
Sai bene
cosa penso, non avresti mai dovuto frali credito!
Per quel
che mi riguarda io ho chiuso con lui!
Liam dovrà
imparare a tirarsi da solo fuori dai guai!-
Liam… Liam…
Mi appoggiai al muro, con
l’impressione che le gambe non mi reggessero più.
Non era possibile.
Malahide… Liam…
A Galway… nel 1753.
D’un tratto, quel ricordo, quel
frammento di memoria che mancava, tornò. E il quadro fu completo.
Il 1753 era l’anno in cui Angel
era stato vampirizzato.
In cui Liam Malahide si era
trasformato in Angelus.
Mi gettai letteralmente sull’uomo,
che stava già andandosene.
Senza pensare.
Senza nemmeno considerare quel che
stavo facendo.
Improvviasamente dimentica di
tutto… della bottega dell’alchimista, del mio desiderio di tornare a casa… di
qualsiasi cosa che non fosse l’incredibile scoperta che avevo appena fatto.
Giles avrebbe scosso la
testa. Una Cacciatrice non avrebbe mai
dovuto seguire il suo cuore…
-
Lei è il padre di Liam Malahide! –
Esclamai, afferrandolo.
Lui mi guardò, accigliato e
chiaramente furioso.
-
Giù le mani, ragazza!- Gridò quasi.- Io non ti
conosco!-
-
Ma io conosco suo figlio!- Insistetti.
-
Il che non mi sorprende.- Replicò, riprendendo a
camminare.- Mezza popolazione femminile di Galway ha avuto a che fare con Liam,
e non è certo la metà delle donne oneste!-
-
Mi ascolti- Riprovai, seguendolo.- ho assoluto
bisogno di sapere dove si trova adesso! –
-
Non hai sentito, prima? In un qualunque postribolo
del porto! Va a cercarlo lì!-
Ma com’ era possibile…
Come poteva quell’uomo arrogante, sgarbato,
sgradevole, essere il padre di Angel?
Del mio Angel…
-
Io non so neanche dov’è il porto!- Gridai,
esasperata.- mentre ho bisogno di parlargli ora. Si tratta di una cosa di
vitale importanza!-
-
Pfhhh- Sbottò lui. – e quando non lo è!-
Io battei un piedi in terra,
rabbiosamente, e lo afferrai di nuovo per il braccio, bloccandolo e
costringendolo a voltarsi. .
Vidi i suoi occhi sgranarsi per la
sorpresa.
Evidentemente non si era aspettata
tanta forza da una ragazzina vestita di stracci e dalla dubbia reputazione.
-
Piccola impudente- cominciò, ma io non lo lasciai
finire.
Era furioso, ma mai quanto lo ero
io.
E la mia rabbia aveva una storia
molto, molto lunga.
-
Sarà ucciso!- Gridai. – Una di queste sere sarà
ammazzato come un cane e lasciato in un vicolo, e poi… poi…- Mi bloccai, appena
in tempo.
Non potevo continuare…
Perché non mi avrebbe mai creduto.
E perché era già abbastanza
sconvolto.
Ogni traccia di colore era
improvvisamente scomparsa dal suo volto, e sembrava quasi che gli occhi
stessero per schizzargli dalle orbite.
-
Chi?- Ansimò, prendendomi a sua volta dalle spalle.
Mollato di scatto, il suo bastone
da passeggio cadde in terra, battendo cupamente sull’ impugnatura d’argento.
-
Chi vuole uccidere mio figlio?-
Io lo fissai.
Non sapevo cosa quell’ uomo fosse
o non fosse pronto ad ascoltare, e non avevo molto tempo per capirlo.
Nonostante le parole adirate di
poco prima, l’idea che qualcuno facesse del male a suo figlio lo aveva
terrorizzato…
Strinsi i denti.
Dietro di lui, il sole,
implacabilmente, cadeva.
-
Mi creda…- Mormorai.
Non potevo rischiare che mi
prendesse per pazza… che decidesse di mandarmi a qual paese e mi negasse il suo
aiuto.
–
So che vogliono ucciderlo. Non posso dirle di più, ma bisogna
assolutamente impedirgli di uscire con il buio…-
-
Liam! – Esclamò lui, ridendo amaramente.- Ma se Liam
non torna mai a casa prima dell’alba… quando pure lo fa …-
Si passò una mano sulla fronte, in
un gesto che per un secondo mi fermò il cuore nel petto.
Lo stesso gesto di Angel…
-
Dio…- Mormorò. – potrebbe essere ovunque…-
-
E noi lo cercheremo ovunque!- Dichiarai decisa.
Sperando con tutta me stessa che
non fosse troppo tardi.
*****
Fino ad allora avevo creduto di conoscere
la notte. Ma quella sera compresi di non averla mai incontrata.
Avevo pensato che fosse buia e silenziosa, ma non sapevo nemmeno di cosa
stessi parlando.
Non sapevo cosa fosse il buio.
Le tenebra di una strada deserta
in un mondo che non era il mio.
Un ‘oscurità lontana da ogni
immaginazione.
Lì, fra le strade di Galway, essa
era densa , nera, assoluta, e le flebili luci dei pochi lampioni e dei riflessi
delle case sembravano spiriti leggeri che cercavano invano di combattere
qualcosa di molto più grande di loro.
Niente lampadine dalla luce
irreale, niente insegne al neon selle facciate dei negozi, niente fari
d’automobile…
E quel silenzio…
Un silenzio che non si lasciava
sfilacciare fra rumori di clacson ed echi lontani di musica, o programmi
televisivi.
Così profondo che ogni passo
risuonava come lo scoppio di una bomba, ed ogni goccia d’acqua da una grondaia
era un brivido di paura lungo tutta la schiena.
Nonostante l’abitudine alle
perlustrazioni e alla caccia, avevo i nervi a fior di pelle percorrendo quelle
vie spettrali, alla ricerca dell’uomo che sarebbe stato Angel.
E ogni suono, ogni minimo
movimento d’ombra fra le tenebre mi faceva scattare come una molla impazzita,
pronta a combattere, il lungo paletto che mi ero rapidamente costruita
stretto saldamente fra le mani.
Il padre di Angel mi guidava da
taverna a taverna, da bordello a bordello… freneticamente.
Non avevo mai saputo nulla di lui.
Angel non me ne aveva mai parlato.
Solo che era molto ricco,
appartenente ad una importante famiglia di mercanti… che non andava d’accordo
con suo figlio…
E che Angelus lo aveva massacrato,
insieme al resto della sua famiglia.
Eppure, ora che tutto doveva
ancora avvenire, la vittima cercava febbrilmente il suo carnefice, e il padre il
figlio che non aveva mai saputo capire.
Forse non pensava alle loro
dispute, in quel momento. Forse nemmeno le ricordava più.
Sapeva solo che suo figlio era in
pericolo, e questo bastava.
Nemmeno io pensavo.
Con il cuore che mi batteva a
mille nel petto e nella gola, correvo forsennatamente per quella città
sconosciuta, assordata dal rumore dei miei passi.
Incontrammo ubriachi, prostitute,
delinquenti di ogni genere, ma sembrava che di Angel non ci fosse traccia.
Che la notte lo avesse
inghiottito.
E, forse, lo aveva fatto davvero.
Ma io non volevo neanche pensarci…
non volevo che fosse così.
Continuammo camminare per ore, a
chiedere per ore… con le risposte che ci venivano date in un misto di Inglese e Gaelico che non riuscivo a
capire.
Però capivo l’espressione di Mr.
Malahide, e la compresi anche quando gli vidi trattenere il fiato, afferrare
per la gola l’ennesimo oste.
-
Dov’è? – esclamò, quasi ringhiando. – Dov’è andato?-
Quello sembrò spaventarsi
moltissimo, e indicò il dedalo di strade buie tutt’ attorno a me.
-
Era qui- Mi spiegò il padre di Angel dopo averlo
liberato. - è uscito con un amico, due minuti fa…-
Ci voltammo insieme, scrutando
nella notte, e una terribile sensazione trapassò il mio cuore.
Mi sembrava quasi di ripetere una scena
già vissuta, o che, forse, mi era stata raccontata…
-
Dividiamoci- Ordinai-
e se lo trova prima di me, mi lanci un grido.
Assolutamente.-
Lui mi fissò, sconcertato dalla
decisione e dalla durezza delle parole di questa strana ragazzina, ma non disse
nulla, avviandosi da una parte con il suo bastone stretto nel pugno come fosse
un ‘arma.
Io corsi nella direzione opposta,
entrando in una strada deserta fiancheggiata da case di pietra.
Non c’era neanche una lanterna a
illuminarmi il cammino, tranne quella della luna, e per un attimo, mentre
voltavo un angolo, tutto mi sembrò sospeso, come in attesa, in un luogo senza
tempo ne spazio.
Come in un sogno.
O in un incubo.
Poi voltai di nuovo, e li vidi.
Angel.
E Darla.
Lui mi stava dando le spalle, e i
suoi capelli erano diversi da quelli che conoscevo, piuttosto lunghi e
spettinati.
Ma ogni muscolo del suo corpo era
marchiato dentro di me…
Lo avrei riconosciuto sempre… e
ovunque.
Anche Darla era la stessa che
ricordavo.
Quella contro cui avevo lottato,
quella che aveva morso mia madre e che Angel aveva ucciso.
E che poi era tornata per
trasformare la sua vita in un incubo.
Era stretta a lui, i lunghi
capelli biondi acconciati in una morbida cascata di riccioli, e il volto… il volto
era quello del suo demone…
Orribile, malvagio come la paura.
Con la bocca dischiusa e i denti
che scintillavano, illuminati dalla luna.
Vicinissimi al collo di Angel.
Io gridai.
Gridai il suo nome con tutta la
forza che avevo in corpo, e Darla mi sentì, e sollevò gli occhi stupefatta.
Anche Angel cercò di voltarsi, ma
prima che riuscisse a farlo, lei lo spinse rudemente di lato, gettandolo in
terra.
In quel tempo, Darla non mi aveva
mai vista, eppure mi odiò all’istante, come la odiai io.
Mi ringhiò contro come una belva,
e io le risposi correndo verso di lei, e colpendola con una calcio allo
stomaco, e poi con un colpo al viso.
Un fioto di sangue le colò sul
mento, e lei lo asciugò con la lingua, passandosela poi sulle labbra in un modo
perverso e sensuale.
-
Una bambina
che combatte come un guerriero- Ghignò.- se non sapessi che è
impossibile direi proprio che sei
-
-
Per te , anche l’impossibile!- Risposi, soffocata
dalla rabbia., e la colpii un ‘altra volta in faccia.
Darla ondeggiò all’indietro e io
saltai, per arrivarle alla testa con un altro calcio.
Ma la lunga gonna che indossavo mi
bloccò all’improvviso le gambe, e io caddi in terra,sbattendo con violenza la
schiena.
Mi fu addosso in un secondo, le
mani, che afferrai per un soffio, come artigli verso la mia gola, il volto
trasformato in un ghigno di rabbia.
Strinsi i denti, col suo peso che
i schiacciava mozzandomi il respiro, lottando disperatamente per tenere le sue
dita lontane da me.
Bloccata in quella posizione, non
c’era altro che potessi fare.
Non riuscivo a muovermi.
Ed erano quasi ventiquattro ore
che non smettevo di combattere.
Con un terribile ruggito, Darla
spinse un ginocchio contro il mio stomaco e io ansimai, voltando la testa per
impedire alle sue unghie, sempre più vicine, di graffiarmi il viso.
Nel buio, poco distante da me e
dalla mia battaglia, il figlio del signor
Malahide ci guardava, sorpreso e impaurito, schiacciato contro il muro
di una casa.
I suoi occhi erano quelli di
Angel. La sua bocca, il naso, il suo corpo erano quelli dell’uomo che amavo.
Ma lui non era ancora Angel.
C’erano orrore e paura nel suo
sguardo, e io credetti davvero che sarebbero state le ultime cose che avrei
visto nella mia vita.
Perché Darla era troppo forte, e
io davvero troppo stanca.
Poi, all’improvviso, qualcosa la
colpì alla schiena, e lei scattò all’indietro, ringhiando di nuovo. Con
velocità impressionante rotolò sul fianco e si rimise in piedi.
-
Lascia stare mio figlio, mostro!- Gridò il padre di
Angel, brandendo il suo bastone contro di lei.
Io saltai in piedi a mia volta, ma
esitai quando mi accorsi di avere perso il mio paletto.
Lo cercai nel buoi per un attimo,
e il mio errore costò un prezzo troppo alto.
Vidi Darla scagliare l’uomo contro
un muro, e poi afferrargli la testa, sbattendola con violenza alla parete.
Una, due volte, prima che io
potessi intervenire.
Senza fiato, raccolsi da terra il
bastone del signor Malahide e lo usai
come una spada, passando Darla da parte a parte.
Un ‘espressione di stupore si
dipinse sul suo volto.
La stessa, identica espressione
che aveva avuto quando Angel l’aveva colpita.
Un attimo prima di trasformarsi in
polvere.
Come ora.
E ancora una volta, come qual
giorno, io rimasi immobile, quasi senza respirare.
Finche il fiato non mi uscì dalla
gola tutto insieme, in un sospiro strozzato.
Ma allora Angel era la creatura
tenebrosa, forte e malinconica che conoscevo.
Ora era solo un ragazzo
spaventato, che strisciò fino a me sulle
ginocchia, senza nemmeno riuscire ad alzarsi.
-
Padre…- Mormorò. -padre…-
Mi superò come se non esistessi e
si fermò accanto a lui, sollevandogli dolcemente la testa.
Solo allora mi accorsi di quanto
fosse grave.
E scorsi il sangue colare giù dalla
parete alle sue spalle.
Lentamente, mi inginocchiai,
incredula, premendomi una mano sulla bocca, mentre Liam stringeva contro di se
il corpo inerte di suo padre.
-
Per favore…- Mormorava disperato.- per favole… no…-
Stava piangendo, e vederlo così
devastato mi sconvolse fin dentro l’anima.
All’improvviso, il signor Malahide
aprì leggermente gli occhi e lo fissò, con un debolissimo sorriso sulle labbra.
-
Non era vero… - Mormorò .- che sei solo una delusione
… non era … vero… io …ti ho… io ti ho sempre… amato…-
Solo poche parole prima di
spirare.
Per mano di Darla.
In un assurdo gioco ad incastro,
il padre prendeva il posto del figlio.
E quella notte, infine, riceveva
il suo tributo di sangue.
Lo stesso sangue.
Il sangue di Angel.
Eppure, Angel non esisteva ancora.
Nel buoi, Liam sollevò il capo
verso il cielo, stringendo a se il corpo senza vita di suo padre, e gridò.
E per un attimo, la sua voce fu
quella del tormento che conoscevo così bene.
L’urlo del dolore e del rimorso.
Strisciai fino a lui, senza
riuscire a trattenere le lacrime, e lo abbracciai.
Lo tenni stretto come un bambino
disperato, come infinite volte aveva fatto lui.
Non mi aveva mai vista, eppure
aveva bisogno di me.
Quanto, forse, Angel non aveva mai
avuto.
*****
Nei tre giorni successivi non
pensai a tornare a casa.
Tutto fu così frenetico,
vorticoso, che quasi non ne ebbi il tempo .
Dovetti adattarmi alla vita in un ‘
epoca storica che non era la mia, e fingere di trovarmi a mio agio, come se ci
fossi nata.
Per stare accanto a Liam.
Non più Angel, Liam.
Fu difficile pensare a lui in
questo modo, e ancora non avevo idea di quanto nel futuro quel nome che tanto
amavo sarebbe diventato per me fonte di incertezza e confusione.
Ma non avevo scelta.
Lui non era Angel.
Non era l’uomo che occupava il mio
cuore.
Era un ragazzo viziato e
insoddisfatto, a cui un padre troppo possessivo aveva sempre impedito di
vivere, di osare, e che non aveva mai avuto il coraggio di farli da solo.
Scaricando ogni responsabilità su
di lui, come ‘era più facile fare, e passando da un piacere all’altro, per noia
e per dispetto. Per punire lui, quando
invece chi davvero voleva punire era solo se stesso.
Pr la sua debolezza.
Per il modo in cui consentiva a
qualcun altro di dirigere la sua vita senza avere il coraggio di fare nulla di
costruttivo per cambiarla.
E che ora non solo aveva perso il
suo capro espiatorio, ma aveva scoperto che il padre con cui si era sempre
scontrato lo aveva amato al punto da sacrificare per lui la sua stessa vita.
Guardando per la prima volta negli
occhi rimorsi e rimpianti terribili come quelli di Angel, che, ora dopo ora,
divoravano la sua preziosa anima.
Liam era distrutto da ciò che era
successo.
Annientato.
E il dolore e il senso di colpa
avevano spazzato via la paura e la sorpresa normali in un uomo che
all’improvviso si trovi di fronte alla notte e alle sue creature.
O a cui venga raccontata una storia
assurda come la mia.
Chiunque altro non mi avrebbe
creduto, o, se lo avesse fatto, sarebbe stato sconvolto da quel che gli dissi..
Lui invece si limitò a fissarmi,
seduto davanti al caminetto della sua stanza, i gomiti sulle ginocchia e la
testa fra le mani.
I suoi bellissimo occhi gonfi e
cerchiati di rosso, che ogni volta che li guardavo mi ferivano il cuore.
-
Tu mi hai salvato la vita…- Mormorò, dopo che ebbi
finito, mentre già mi chiedevo perché
mai gli avessi detto tutto.Forse perché quegli occhi erano pur sempre gli occhi
di Angel.E io avrei fatto qualunque cosa per loro. - E io non so nemmeno il tuo
nome…-
Gli avevo detto chi ero.
Gli avevo rivelato i miei segreti.
Ma di fronte a quella domanda,
qualcosa, dentro di me, si incrnò.
Lui non mi conosceva…
E non sapeva quanto amavo il suo
volto.
Il nome Buffy non avrebbe avuto
senso per lui.
E io non avrei sopportato i
sentirglielo dire…
-
Angel…- Mormorai, attaccandomi a quella bugia
infantile come se avesse il potere di rendere tutto meno duro.- il mio nome è…
Angel… -
-
Avevo detto il primo nome che mi
era passato per la mente, quello che riempiva tutto il mio cuore, e ora
abbassai gli occhi, vergognandomi di me stessa.
-
Angel…- Mormorò lui lentamente.
E io fui di nuovo lì… in un vicolo
di Sunnydale, con la musica del Bronze nelle orecchie e il cuore che mi batteva
forte, mentre Angel, per la prima volta, mi diceva il suo nome.
Liam allungò una mano e mi sfiorò
il polso con le sue dita lunghe e sottili.
-
Ho paura, Angel…- Mormorò.- mi sembra di impazzire…-
Io singhiozzai, e lo abbracciai di
nuovo.
*****
Rivolevo il mio Angel.
Con una forza che la rabbia e il
dispetto nei suoi confronti mi avevano sempre imposto di nascondere. Persino a
me stessa.
E quando il frastuono e la
confusione seguiti all’ assassinio del signor Malahide si furono placati, e
Liam mi sembrò più tranquillo, questo desiderio mi espose nel cuore come una
stella che nasce.
Senza contare che mentre io ero
bloccata nel 1753 i miei amici, a Sunnydale, erano in balia di qualunque entità
maligna si fosse alzata con il piede sbagliato.
Che dopo tre giorni nel
diciottesimo secolo non riuscivo più a sopportare di restarci nemmeno per un
altro secondo… e che Liam rischiava di
legarsi troppo a me.
Mi sarebbe andata bene qualunque
cosa pur di tornare a casa… un vecchio libro di magia smarrito in soffitta, una
strega a mezzo servizio, persino un demone pentito o una…
-
Principessa celtica?-
-
Si- Rispose Liam, passandosi una mano in quei capelli
che non mi sapevo abituare a vedere così lunghi.- ma io non ho mai creduto che
esista davvero.
E ‘ una
specie di mito… una favola che le madri raccontano ai figli per farli
addormentare…-
-
Bè, se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è
che a volte i miti contengono molta più verità di qualsiasi libro di scienza.-
Liam scosse le spalle, e di
malavoglia mi raccontò la storia della principessa dell'antico popolo celtico,
che viveva sulla costa dell'isola di Inishmore, nelle Aran, conservando dentro di
se tutto il sapere degli antichi druidi.
-
Dicono che sia vecchia come il mondo.
E' stata
identificata una volta con una donna, un 'altra con una vecchia , un 'altra
ancora con una bambina di pochi anni… ma la verità è che nessuno è mai stato
sicuro di averla realmente veduta… probabilmente perché non esiste affatto…-
Probabilmente non esiste affatto…
Magari tutte le mie ricerche fossero partite da un dato così certo…
Lui non credette alle sue orecchia
quando gli dissi che ci sarei andata.
Nonostante tutto ciò che aveva
visto, nonostante quello che gli avevo raccontato, era ancora un uomo nato in
un secolo in cui una donna molto difficilmente avrebbe anche solo pensato di
affrontare un viaggio simile da sola.
E c' era qualcos' altro.
Quella specie di paura, di smarrimento che gli passò negli
occhi quando capì che facevo sul serio.
-
Ma è … assurdo!- Potrebbero esserci altri vampiri in
giro, e anche se tu sei la… Cacciatrice… non sai niente di questa terra… E’
troppo pericoloso.-
-
Dici? Bè, ho sempre amato le sfide!-
-
E per cosa? Per inseguire un mito, una leggenda, per
tornare in un posto dove magari ti hanno già dimenticata…-
Scossi una mano.
-
Ma no! Io sono indimenticabile! Come il veleno. Chi
mi prova non mi scorda più.. sempre che riesca a sopravvivere…-
-
No!- Esclamò lui, afferrandomi.- io non voglio che tu
te ne vada!-
Io lo fissai negli occhi.
Mi sarei arrabbiata, sarei stata
furiosa se non avessi imparato, in quei tee giorni, quanta insicurezza
nascondessero la sua prepotenza e la sua rabbia contro il mondo. E se non fosse
stato così simile ad Angel.
-
Io voglio tornare a casa… -. Mormorai, decisa.- Dai
miei amici. E dall'uomo che amo…-
Lui mi lasciò, il volto percorso
da quell'espressione cupa e ferita che conoscevo tanto bene.
-
Senza di te, ricomincerà tutto da capo, e la mia vita
sarà di nuovo vuota, e inutile…
nel giro di un anno mi sarò giocato
tutto… questo… - Terminò, indicando con le braccia la sua grande casa in stile Tudor.
-
Il tuo futuro sarà quello che vorrai- Risposi io,
leggermente irritata.- in questa vita tu sei libero… hai una possibilità che
altri non hanno avuto, e l'hai pagata col sangue.
Hai una
madre, una sorella, una bella casa… tante cose per cui vivere.
E se per
un solo momento hai amato tuo padre non puoi permettere che il suo sacrificio
diventi inutile.-
Lui mi fissò, e forse si chiedeva
come facessi a conoscerlo così bene, a sapere quali corde tirare per mettere in
moto il meccanismo del suo cuore.
Da molti anni avevo imparato che
un richiamo alla coscienza era in assoluto il miglior deterrente al mondo per
la creatura che qual ragazzo avrebbe potuto diventare.
E speravo che fosse così anche ora
…
*****
Naturalmente, la principessa
Morgan Slieve Droghièda esisteva davvero, e viveva presso un luogo chiamato Na
Seacht d' Teampaill, sulla costa dell'isola di Inishmore.
Ci mettemmo quasi un giorno a
trovarla, e quando accadde neanche Liam, che aveva insistito per accompagnarmi,
mi parve poi tanto stupito. Segno che le sue parole erano state più tese a far
desistere me che dettate da reale
convinzione.
E, del resto, ciò che gli era
accaduto negli ultimi giorni avrebbe aperto la mente di chiunque…
Ciò che invece colpì entrambi fu
ritrovarci davanti non una tetra megera in una caverna tappezzata di ragnatele
e ali di pipistrello, ma una ragazza pressappoco della mia età, con lunghi
capelli rossi, occhi chiari e una montagna di lentiggini, che spazzava il viale
di un minuscolo cottage con il tetto di paglia, l'unica casa nei dintorni
brulli delle " Sette Chiese".
Aveva il volto saggio di una
donna, nonostante la sua giovane età, e ci accolse come se ci avesse visto
arrivare, rivelandoci ella stessa la sua identità.
Forse per questo nessuno l’aveva
mai incontrata… perché nessuno si era mai aspettato che fosse… così…
Fra le altre cose, parlava solo ed
esclusivamente Gaelico, con buona pace dei dominatori inglesi che ne avevano
proibito l'uso, e di cui lei non sembrava affatto preoccuparsi.
Il che mi riconciliò con l'idea di
aver permesso a Liam si seguirmi, anche se , con le sue attuali capacità, era
ridicolo anche solo pensare che potessi aver bisogno di lui.
Almeno, non per difesa.
Angel non era mai stato intonato,
eppure le parole di Liam in quella lingua antica suonavano come una canzone, una
nenia malinconica e frusciante come lo scorrere di un fiume, a cui la giovane
principessa rispondeva a frasi rapide e dolci.
Il canto di un uccello
intrappolato nel corpo di una donna, che mi accese per un attimo dentro una
gelosia sciocca ed infantile.
-
Dice che conosce la creatura che ti ha condotto qui-
Tradusse velocemente Liam.- anche se il nome che la sua gente gli ha dato è
diverso terribile a sentirsi…-
-
Fantastico!- Esclami io.- chiedile qual è il modo per
tornare a casa. Magari potrebbe consultare una pergamena, o chiamare in suo
aiuto uno spiritello vagante!-
Di nuovo, Liam tradusse, e la
ragazza sorrise con dolcezza.
-
Non le servono pergamene.
Da secoli,
nella sua famiglia, le arti magiche si tramandano di madre in figlia, oralmente o con l'aiuto del…
aspetta… del soffio delle anime… -
-
Bè, ancora meglio! Allora lo saprà a memoria qual è
il trucchetto per rispedirmi nel mio tempo!-
La principessa agitò rapidamente
le mani, passando gli occhi da me a Liam.
-
Esistono molti modi per… aprire una porta tra i
mondi, tutti pericolosi e tutti proibit dalle antiche leggi. Ma se tu vuoi tornare a ciò che hai lasciato…
al tuo futuro… al tuo… fiume del tempo… allora devi usare la stessa porta che
ti ha condotto qui…
-
Ma quella porta non esiste più- Esclami io.- … è sparita quando sono arrivata. E Jishmen è
morto…-
Morgan scosse la testa, un
'espressione preoccupata sul volto bellissimo.
-
La porta era la creatura stessa che tu chiami
Jishmen.
Nella sua
natura era il potere di aprirla.E se tu vuoi evocare di nuovo quell'identica
porta c' è bisogno di colui che lo ha già fatto.Della creatura , o almeno di
una parte del tuo corpo… anche il più piccolo, il più minuscolo frammento,
perché in ognuna delle sue parti è racchiuso tutto il suo potere.-
-
Ma non c'è ! - Scattai io, piena di rabbia e
frustrazione.- non è rimasto nulla di qual bastardo schifoso! Nulla!-
Mi alzai, e senza dire un parola
lasciai il cottage, sbattendomi violentemente la porta alle spalle.
Non era possibile… non potevo
essere bloccata lì… non potevo aver distrutto con le mie mani l'unica via
d'uscita…
Cercai di non perdere la calma, o
almeno di non perderla del tutto…
Un passo alla volta, avrebbe detto
Giles… ma se la principessa aveva ragione non c'era un altro passo da fare… non
c’era più niente da fare…
-
Angel …- Mormorò Liam, avvicinandosi alle mie spalle.
- resta insieme a me…-
Sentii le sue braccia circondarmi
la vita, e per un attimo trattenni il respiro.
Conoscevo quelle braccia, qual
modo di accarezzare, quello strano languore per tutto il corpo, come fuoco
liquido dentro di me…
Avevo sognato quelle braccia e
sarebbe stato così facile perdermi in
esse, molto più facile che oppormi al loro incanto.
Lui mi fece voltare, e lentamente
mi sfiorò le labbra con un bacio… molto lentamente, come in una insopportabile
tortura…
-
No…- Mormorai, puntandogli le mani sul petto.- io
devo tornare a casa…
Questo…
questo non è il mio posto…-
Lui sospirò, appoggiando la sua
fronte alla mia.
-
Lo ami tanto… - Domandò.- L'uomo che hai lasciato
là?-
-
No si tratta solo di questo…-
-
Lo ami tanto?-
Io mi strinsi a lui, e per un
attimo mi lasciai andare.
-
Più della mia stessa vita…-
Liam sospirò, allontanandosi
lentamente da me.
-
Allora torna da lui… torna da quelli che ti
aspettano…-
-
Ma l'hai sentita? La porta non può essere aperta… non
senza una parte del corpo di Jishmen…-
Liam esitò, come se non fosse
certo se parlare o no.
-
Tu ce l'hai …
- Mormorò infine.- qui… - E delicatamente mi scoprì il braccio, sfiorandomi
l'enorme, orribile bruciatura.
Io la fissai.
Era vero… l'acido di Jishmen era
penetrato in me… sotto la mia pelle… piccolissimi frammenti di ciò che lui era
stato…
Sorrisi, a Liam e a me stessa, ma
il suo sguardo ora era pieno di tristezza.
Avrebbe potuto non dirmi niente.
Io non ci avevo fatto caso, e
probabilmente non lo avrei mai fatto…
Ora più che mai, nel suo volto,
rividi quello di Angel.
Forse, il ragazzo cominciava a
crescere.
*****
-
Ci sono uomini e donne- Tradusse lentamente Liam.-
che sono in grado di amare una sola volta nella loro vita.E uomini e donne
capaci di amare più volte.
Nessuno
può’ dire quale sia, fra questi , il sentimento più puro… e nessuno può dire
chi fra loro possa essere più felice…-
Per un attimo, la principessa
Morgan Slieve Droghièda si interruppe, fissandoci entrambi.Poi fece cenno a
Liam di uscire dal cerchio magico che aveva composto sull'erba della grande
scogliera e a me di tendere il braccio in avanti, verso di lui.
-
Quello che conte è riconoscere l'amore, e andargli
incontro.
Quello che
conta è non sprecare l'amore, perché potrebbe sparire in un momento, e godere
dei doni che ci fa…-
Non so se le parole che seguirono
potessero o non potessero essere tradotte, ma Liam non lo fece, limitandosi a
guardarmi in silenzio, col vento caldo del
mare nei capelli scomposti.
E mente l'antica formula si
perdeva lontana, fuggendo oltre le onde all'orizzonte, all'improvviso, compresi
il dono che lui mi aveva fatto, regalandomi l'immagine di Angel illuminata
dalla luce del sole.
Quel volto serio, intenso, di cui
conoscevo ogni tratto, fu l'ultima cosa che vidi, prima che la terra sotto i
miei piedi si aprisse e io cadessi verso il basso, riattraversando di nuovo la
porta.
Questa volta, l'atterraggio mi
riuscì meno bene.
Come una novellina, inciampai e rotolai per terra,
finendo a pancia in giù, con la testa fra le braccia.
L'odore di sangue, e il lezzo
nauseante lasciato da Jishmen mi confermarono immediatamente che ero davvero
tornata.
Poi, vene la voce di Willow.
La mia dolce, tenera Willow, che
mi prese le spalle stringendole piano.
. Buffy, Buffy, stai bene?-
Io ansimai, rivoltandomi sulla
schiena e aprendo gli occhi.
-
Mai stata meglio, e mai così felice di essere qui… e
di esserci adesso…-
Willow mi accarezzo la fronte,
inginocchiandosi al mio fianco.
-
Hai trovato Jishmen?- Mormorò a fior di labbra.
-
Trovato e fatto a pezzettini.
Letteralmente.
Oh, Will,
quando ti dirò tutto non crederai ad una sola parola…-
Ma voi
eravate preoccupati? Sono stata via molto?-
-
Pochissimo- Rispose la voce di Cordelia, da un punto
imprecisato alla mia destra.- non ce ne siamo nemmeno accorti.
Sei
entrata in un buco ed uscita dall'altro… neanche un secondo…-
Neanche un secondo… per vivere tutto ciò che avevo vissuto… e per
capire tutto ciò che avevo capito…
Mi alzai con un balzo.
Mi ero aspettata di sentire subito
la voce di Angel, ma probabilmente era rimasto senza parole vedendomi tornare
così in fretta.
Aveva un 'espressione così
angosciata mentre tendeva verso di me la sua mano, implorandomi con gli occhi
di non andare… e invece…
Invece era stata la cosa migliore
che potesse accadermi.
Perché ora non potevo più
ingannare me stessa. Non potevo più negare il mio amore per lui.
Sorridendo, corsi con gli occhi
nel punto in cui lo avevo lasciato.
Ma lui non c'era.
Naturalmente potevo sbagliarmi…
dopotutto, almeno per me, erano passati più giorni …
Mi voltai, esaminando ciò che
restava del vecchio Luna Park abbandonato, completamente distrutto dalla furia
di Jishmen.
Le strutture crollate, i cavalli
di legno spaccati e i loro frammento dispersi in terra… tutto era pressoché
identico a come lo ricordavo.
Dietro di me, ai piedi di una
staccionata, Xander era ancora svenuto e Cordelia era china su di lui.Più lontano, due ragazzi che non
conoscevo, e che forse erano stati attratti dal frastuono e coinvolti senza che
nemmeno me ne accorgessi, tentavano di mettersi in piedi.
Ma neanche una traccia di Angel.
Sembrava… sparito…
Il cuore iniziò a battermi più forte,
mentre un' orribile sensazione di angoscia cominciava a impadronirsi di me.
- Will… - Ansimai.- dov' è Angel?-
Willow aggrottò la fronte,
alzandosi in piedi.
-
Non capisco- Mormorò.- chi è Angel?-
*****
Non c'era più.
Angel, il mio Angel non c’era più.
Non c'era mai stato.
Non era mai nato in una scura
notte irlandese, fra i vicoli di un 'antica città, figlio della leggerezza di
un uomo e della lussuria di una donna.
Quella notte un altro sangue era
stato versato, e Angelus non aveva mai preso possesso di lui.
Cambiando quel che era stato,
accecata dal mio amore, avevo cambiato anche ciò che era, e adesso la realtà a
cui avevo tanto desiderato tornare era un mondo che io non conoscevo affatto.
Un mondo senza Angel.
-
Come chi è Angel!- Esclamai, fissando Willow.- Il mio
Angel!
Era… era
qui un attimo fa, e ora…
Ma …
Willow… i tuoi… capelli…-
Lei si toccò la testa, fissandomi
piena di stupore.
Presa dal mio successo, sicura di essere
tornata, non l’avevo nemmeno guardata bene, e solo ora mi accorgevo che quella
non era
Lo stesso volto, certo, gli stessi
occhi, la stessa espressione ferma e innocente insieme…
Ma la lucida tuta nera che
indossava non era certo nel suo stile, e i suoi capelli erano una serica massa
color mogano, che le copriva completamente la schiena.
Era sporca e provata dalla
battaglia, ma non avevo mai visto sul suo volto un 'espressione tanto sicura.
-
Buffy- mormorò.- sei certa di stare bene?-
Io annuii lentamente, guardandomi
intorno, il cervello soffocato da una nebbia che mi impediva di capire.
Solo allora notai che i due
ragazzi sconosciuti indossavano la stessa tuta di Willow, come pure Xander, che
finalmente ricominciava a muoversi.
Solo Cordelia sembrava quella di
sempre…
Cercai con gli Spike, ma non
riuscii a trovare nemmeno lui…
Ne Anya…
Ne Giles…
Senza fiato, mi portai
istintivamente una mano alla bocca.
-
Will… - mormorai piano.- e Giles…-
La mia amica mi accarezzo dolcemente
una guancia, un 'espressione preoccupata sul volto da bambina.
-
Buffy, lo sai… Giles non doveva essere coinvolto…
eravamo tutti d'accordo…-
Io mi divincolai dalla sua
stretta, scostandomi da lei.
La parte di verità intuita in qui primi
momenti mi aveva sconvolta, riempiendomi di una paura e una confusione che non
potevo a controllare.
Riuscivo solo a pensare che se
Giles c’era ancora, mi avrebbe aiutata…
Mi avrebbe ascoltata, mi avrebbe
capita, avrebbe trovato un modo per rassicurarmi, per allontanare da me
quell'angoscia terribile …
Indietreggiai. Come se le vista di
Willow, della nuova Willow, potesse farmi del male. E quando finalmente mi
voltai sobbalzai per la sorpresa, trovandomi di fronte Cordelia.
-
Buffy…- Mormorò, fissandomi turbata.- ma che cos'
hai? Che cosa ti è successo?-
Era in piedi davanti a me,
bellissima come sempre, e meno sconvolta dalla lotta con Jishmen di quanto non
ricordassi.
Allacciato alla sua mano, con una
guancia premuta alla sua coscia, c'era un bambino di circa due anni.
Un bambino che non avevo mai
visto, con lunghi capelli e neri e degli occhi incredibili, enormi e di un
azzurro chiarissimo.
Che sembravano scrutarmi
nell'anima.
Allora non potevo sapere quanto
vicina fossi alla verità…
-
Non avere paura… - Mormorò all'improvviso, mentre
Cordelia chinava gli occhi a guardarlo.- non c'è niente di cui avere paura…-
Le sue parole mi scesero fino al
cuore, e, mentre un groppo mi saliva in gola, scappai via.
Superai Cordelia e il bambino,
lasciandomi alle spalle il vecchio Luna Park, l'odore nauseante dello scontro
con Jishmen e quelli che erano i miei amici, ma che io non conoscevo più.
Corsi lontano, più veloce che
potevo, senza mai fermarmi.
Senza respirare.
Attraversando le vie della città ,
mentre i polmoni mi scoppiavano nel petto.
Con il vento che mi frustava il
viso.
Strada dopo strada, casa dopo
casa.
Sempre più forte.
Fino a che quasi non mi scontrai
con la porta di Giles.
Bussai con entrambe le mani, come una
pazza, e quando lui venne ad aprire mi fissò come se lo fossi davvero.
Era senza occhiali, i capelli leggermente scompigliati, e dava
l'idea di essersi vestito in fretta e furia solo per venire ad aprire.
-
Buffy!- Esclamò imbarazzato, abbottonandosi in fretta
la camicia.- che cosa è successo?-
Io mi precipitai dentro, con le
mani fra i capelli, senza far caso all'espressione del suo viso.
-
Oh, Giles, mi sembra di impazzire! Dovevo
assolutamente parlare con qualcuno!-
Lui sollevò le sopracciglia, lanciando
uno sguardo al piano di sopra.
-
Va… va bene… - Mormorò, indicando il divano.-
siediti…-
Esausta, mi lasciai cadere fra i cuscini, scuotendo
senza motivo la testa.
-
… è … cominciato tutto con Jishmen…-
-
Jishmen!- Esclamò lui. - Mi avevi detto che ci eravamo
sbagliati, che non si trattava di Jishmen!-
Io sgranai gli occhi.
Evidentemente mi mancava un pezzo…
L'espressione di Giles era passata
da stupita a furibonda, e io mi sentivo sempre più confusa. Non avevo la minima
idea di cosa dire, ma un attimo dopo avevo già scordato tutto, distratta dal
suono di una voce di donna.
Una voce che mi graffiò il cuore,
riportandomi indietro.
- Rupert… tesoro…- Chiamò, da un
punto sopra la mia testa- Chi era?-
Io sollevai gli occhi.
E la vidi.
In piedi, sul pianerottolo della
camera da letto, dopo quattro anni da che Angelus l'aveva uccisa, c'era Jenny
Calendar.
*****
Indossava una corta vestaglia
color sabbia, e mi guardò con la stessa espressione imbarazzata di Giles pochi minuti prima.
-
Buffy!- Esclamò, scendendo le scale. - Hai un aspetto
orribile!
Rupert,
per favore, valle a prendere un po’ d'acqua…-
Io la guardavo avvicinarsi, e non
riuscivo a credere ai miei occhi…
Jenny Calendar…il grande amore di
Giles e il grande peccato di Angelus.
Che più di ogni altra cosa aveva
condannato Angel al dolore e alla solitudine.
Senza neanche che me ne
accorgessi, gli occhi mi si riempirono di lacrime.
-
Buffy… - Mormorò, sedendomi accanto e porgendomi
l'acqua.- sembra che tu abbia appena visto un fantasma…-
Di fianco a noi, Giles si passò
una mano sulla fronte, prendendo il telefono.
-
Io chiamo Willow, Ana. Da che sono il suo Osservatore
non l'ho mai vista così in confusione.
Lei annuì.
Ana…
Non dissi una parola, per la paura
di inciampare in un altro errore.
Io… l'avrei chiamata Jenny.
*****
Tutto il mio mondo era sconvolto.
Ed ero io ad averlo cambiato.
Uccidendo Darla
.
Impedendole di mordere Liam.
Quell'unico gesto aveva mutato
innumerevoli volte il corso del tempo, in un intrecciarsi di vite ed eventi, e
in un modo che io ancora non potevo immaginare.
Avevo appena cominciato a rendermi
conto di quel che era successo, e non vedevo che la punta dell'iceberg.
Bianca, scintillante alla luce del
sole, mi abbagliava e mi confondeva sempre di più.
Ed attraverso il ghiaccio
trasparente vedevo il volto di Jenny, e i cambiamenti di Willow, e l'assenza di
Angel… senza riuscire a scorgere ciò che si nascondeva oltre il pelo
dell'acqua.
Mi ci sono voluti anni per
comprendere la maggior parte dei cambiamenti.
Per smettere di chiedermi dove
fosse finita l'altra Buffy.
Per abituarmi a questo nuovo
mondo.
Anni in cui ho sempre mentito.
A tutti coloro che conosco e che
amo.
E a cui non sono mai riuscita
adire la verità.
A cui non posso dire la verità.
Me ne resi conto per la prima
volta proprio quella sera, a casa di Giles,
quando i miei amici arrivarono di corsa invadendogli il soggiorno,
preoccupatissimi per me.
Giles, che in questa realtà era
ancora il mio Osservatore, era quello più in pena.
E il più arrabbiato.
Dalle parole degli altri scoprii
che negli ultimi tempi gli avevamo tutti mentito, facendogli credere di aver
fatto un errore nell’identificare in Jishmen la misteriosa creatura che aveva
già fatto parecchie vittime. Credendo di potercela cavare da soli.
Si era appena sposato, e non
volevamo rovinargli la luna di miele…
La sposa, naturalmente, era lei,
Ana, che non sarebbe mai stata Jenny Calendar.
Quella Jenny che discendeva da una
tribù zingara a cui cento anni prima Angelus aveva ucciso una figlia, e che per
questo lo aveva maledetto, rendendogli l'anima.
Nata per controllare Angel, per
vigilare sul vampiro e sulla precarietà della sua condizione di semi- umano.
Ma nel mondo in cui ero tornata
Angelus non c'era mai stato… e la tribù di Ana, libera dal veleno della
vendetta, si era dedicata a conservare le proprie antiche tradizioni.
Non era stato Angel a portarla a
Sunnydale, ma la sua passione per le tradizioni popolari, il misticismo e l'
occultismo in genere.
Cercava le leggende sulla Bocca
dell'inferno… e aveva trovato Giles.
Nella biblioteca del liceo di
Sunnydale, dove lo avevo conosciuto anch’io.
E per lui era rimasta molto più di
quanto non avesse programmato. Invischiandosi
in tutta una serie di eventi che sarebbe stata assurda in ogni altra
parte del mondo che non si fosse chiamata Sunnydale.
E sposando il mio amico, il mio
Osservatore.
Io, in quella cerimonia, ero stata
una delle damigelle, insieme con Willow… eppure non me ne ricordavo affatto.
Non sapevo nulla di quello che avrebbe dovuto essere il mio passato.
Perché nella mia memoria ce n'era
un altro…
Assolutamente incompatibile con
quello dei miei amici.
Come compresi quando Giles si
allungò verso di me, guardandomi negli occhi.
Avevano appena cercato di
spiegarli ciò che era accaduto.
Molto, molto cautamente… perché
questo Giles, nonostante le apparenze, era ancora più attivo del mio…
-
Buffy… - Mormorò, fissandomi intensamente.- durante
il tuo viaggio nel passato hai forse … fatto qualcosa o… commesso qualche
errore involontario che possa aver influenzato il corso del tempo?-
Io lo guardai a mia volta.
E guardai Ana.
Che cosa potevo dirgli?
Che sua moglie era stata ammazzata
dal vampiro che era anche l'uomo che amavo, e lasciata nel suo letto?
Che aveva sofferto disperatamente,
e non si era mai ripreso?
Che non aveva mai più amato
qualcuno come aveva amato lei?
Ora.
A due giorni dal suo matrimonio…
-
No.- Mormorai.- niente.-
E, per proteggerlo, cominciai ad
ingannarlo..
Seduto davanti a me, il bambino
dagli occhi azzurri mi fissava.
Lui sapeva che stavo mentendo.
*****
Non fu difficile convincere gli
altri che quel viaggio, quel paradosso in cui mi ero trovata, mi aveva in parte
sconvolto la memoria, confondendo e cancellando i miei ricordi.
In realtà, ero io il paradosso.
Il punto di unione fra due rette
parallele.
Fra due linee temporali.
Due fiumi del tempo, come aveva
detto la principessa Morgan Slieve Droghièda.
Due fiumi che avrebbero potuto
travolgermi se non ci fosse stato l'attacco di una pericolosissima triade di
vampiri a distrarmi, e a rigettarmi nella mia routine di Cacciatrice.
Così intensa e frenetica in quel
periodo da impedirmi di pensare troppo.
Poi, arrivò l'istinto di
sopravvivenza.
E la mia reazione.
Qualunque cosa fosse accaduta,
qualunque fosse il passato che ricordavo, quello era il mio presente. Solo
questo doveva contare.
Era la mia vita.
E Buffy Summers non era tipo da
abbandonarsi alla depressione.
Anche se era difficile abituarsi a
tutti quei cambiamenti.
E all'idea che Angel non esistesse
più.
Non che fosse lontano.. non che se ne fosse andato per il mio
bene, ma che non esistesse.
Che se anche avessi desiderato
rivederlo non avrei mai potuto farlo.
Era atroce.
Pensare a come lo avevo trattato,
a quello che non gli avevo mai detto, e a quanto avevo desiderato tornare al
mio presente… Per lui… riproponendomi di cambiare le cose, di cercare una
soluzione che ci consentisse di stare insieme. Perché lo amavo, e non gli avrei
più permesso di escludermi dalla sua vita.
E invece lo avevo perso… lo avevo
perso per sempre… proprio come aveva detto Morgan prima di rimandarmi a casa…
Avevo sprecato il mio amore, senza
capire che sarebbe bastato un secondo perché scomparisse dalla mia vita.
E adesso, nessuno poteva consolarmi.
Perché nessuno sapeva…
*****
Ci misi mesi a ricostruire ciò che
era successo. Cercando, riunendo i pezzi del mosaico in modo morboso e
terapeutico insieme.
Sola.
Senza Angelus e Darla a seminare
il terrore nel vecchio e nel nuovo mondo, diffondendo ovunque il loro morbo, il
numero dei vampiri era cresciuto in modo immensamente più lento, e ciò aveva
rallentato, fra le altre cose, la liberazione del Maestro, ancora in vita e
intrappolato da settant’ anni nelle viscere di Sunnydale.
Intralciato nei suoi piani
distruttivi da una Cacciatrice, ossia io, non più affiancata solo da amici
fidati e volenterosi, ma da una vera squadra di appoggio alla lotta contro i
vampiri.
Le " Ali dell'eletta".
Xander, Willow, e i due ragazzi
che avevo visto la prima volta al vecchio Luna Park, Marck e David, erano fra i
giovani che lo stesso Giles, al suo arrivo a Sunnydale, aveva cominciato ad
addestrare, per consentir loro di sfruttare al meglio le proprie abilità,
secondo le nuove regole del " Consesso degli Osservatori", un 'altra
novità a cui avrei dovuto abituarmi.
Willow era una strega di altissimo
livello, specializzata in incantesimi di dislocazione ed illusione, il capo
carismatico del gruppo ed una delle ragazze più in vista della città.
Gli insegnamenti di Giles non l'avevano
soltanto aiutata a sviluppare i suoi
poteri, ma l'avevano trasformata in una giovane donna matura e molto sicura di
se, pur conservando quella dolcezza e quella sensibilità che tanto avevo amato.
Mi fu molto vicina in qual primo
periodo…
Per assurdo, proprio Xander, che
nella mia realtà aveva fatto tanto amale con la sua iniziale indifferenza alla
mia piccola, innocente amica, in questa era follemente innamorato della bella
strega dai capelli rossi.
E lei, naturalmente, non lo era…
Nel momento in cui la bambina si
era trasformata in una donna affascinate, il suo amore per il compagno di
giochi si era esaurito, lasciando il posto ad una grande tenerezza.
Anche la mia famiglia era diversa.
Senza Angelus, neanche
Drusilla e Spike erano mai nati, e Sophie, una delle cacciatrici assassinate da
Spike, aveva avuto il tempo di rafforzarsi, e di uccidere Lotar…
La palestra ella mia scuola a Los
Angeles non si era mai trasformata in
un barbecue per vampiri e i miei genitori non avevano mai affrontato quell’
ultima crisi che lo aveva poi divisi.
Credo che mio padre ricorderà per
sempre la mia faccia allibita quando rientrai in casa, e lo trovai
tranquillamente seduto in salotto, a decidere insieme a Down quale film andare
a vedere quel week end …
Non avevo più il mio tempo.
Non avevo più la mie realtà.
E non avevo più nemmeno il mio
amore.
Ma avevo una famiglia.
Una vera famiglia.
Una famiglia unita.
Ancora di più dopo il trasferimento
a Sunnydale, ufficialmente dovuto al lavoro di mio padre, ma giostrato in
realtà ad arte dal " Consesso" in persona.
Era stato papà ad accorgersi, con
enorme anticipo, della malattia di mia madre, e a farla curare.
Ed era stato lui il primo a
scoprire chi fossi in realtà.
Naturalmente, si era opposto.
Aveva lottato, aveva proposto di
lasciare la città.
Naturalmente, aveva perso.
La mia seconda iniziazione, che
potevo solo ascoltare dai racconti degli altri, era avvenuta più tardi rispetto
a quella che invece ricordavo, in contemporanea con il mio trasferimento a
Sunnydale. Ma era stata anche meno traumatica, perché stavolta non mi ero
trovata da sola ad affrontare il male che minacciava il mondo, ma ero stata
subito affiancata da un gruppo unito e preparato, e da un Giles in cui il
" Consesso " aveva sempre incentivato la propensione per la magia, e
che aggiungeva conoscenze di stregoneria, alchimia e una profonda preparazione
all'arma bianca al tradizionele bagaglio di ogni Osservatore.
Tradizionale… tradizionale per me,
naturalmente.
Perché fra le scoperte più assurdo
che dovevo ancora fare, la più fantastica riguardava proprio il nuovo assetto
degli Osservatori.
Come scoprii dopo circa un mese
dal mio “quasi” ritorno.
Quando, calmatasi le acqua
scombussolate dall'attacco della triade di Dragh, decisissima a liberare il
Maestro, e avuto il tempo di abituarmi almeno all'idea del mio nuovo mondo e
della mia nuova vita, incominciai a cercare Angel.
Dicevo a me stessa che non era
solo lui che volevo trovare, che cercavo le tracce di tutti coloro che avevo
conosciuto e che sembravano spariti nel nulla.
Ma ero cos' abituata a mentire
agli altri che ormai lo facevo anche con me stessa.
Perché era a Angel che
pensavo, più che a chiunque altro.
Che cercavo con una forza che era
anche disperazione.
Volevo sapere cosa era stato di
lui, cos’ era accaduto dopo la mia partenza.
Se lo avevo perso per sempre,
almeno, volevo sapere se era stato
felice.
Ne avevo bisogno.
Per trovare un po’ di pace e
zittire i miei sensi di colpa.
Per potergli dire veramente addio.
In un certo senso, la mia ricerca
fu fruttuosa.
Non mi ero aspettata di trovare
nulla su Anya, mentre dai libri di Giles e dalla rete venni a sapere qual'era
stata la sorte di Spike.
E di Drusilla.
Drusilla… un altro peccato di
Angelus, che aveva perseguitato Angel per tutta la vita.
Che egli descriveva come un
meraviglioso, purissimo fiore che lui aveva distrutto, terrorizzato e condotto
alla follia.
In questo nuovo passato, Angelus
non era mai comparso nella sua vita.
Ma Drusilla era impazzita
ugualmente.
Di lei parlavano le cronache del
tempo, e parecchi siti specializzati in atroci delitti e macabre storie vere.
Con tanto di immagini che
ritraevano la dolce fanciulla quando era ancora la gioia della sua famiglia, e
poi, più avanti negli anni, man mano che la follia si manifestava in lei,
sempre più forte.
In un parossismo di violenza ce
l'aveva condotta ad assassinare e bere il sangue prima dei suoi amati cuccioli,
e poi, in una sola notte, della sua infermiera e della sua stessa madre.
Catturata mentre si aggirava in un
bosco, in preda al delirio, era stata
rinchiusa in un convento, e qui aveva consumato la sua esistenza, fino a che
una suora, impietosita, non aveva commesso l'errore di avvicinarsi troppo.
Fuggita, Drusilla era scomparsa
fra le montagne intorno all'eremo, e nessuno aveva mai saputo che fine avesse
fatto.
Com’è strana, a volte, l'esistenza.
Vite che si incrociano, fatti che
accadono, attimi che si mischiano per un numero infinito di volte, dando
origine a combinazioni diversissime, o portando sempre allo stesso risultato.
Anime spinte verso altre anime, o
verso luoghi , o fatti diversi, o che per il caso, o la volontà o l'errore se
ne allontanano senza nemmeno saperlo.
Casi che talvolta somigliano a
destini.
Destini che somigliano a casi.
Assurdità.
Angel aveva continuato a piangere
per Drusilla, a tormentarsi per lei.
Per la vita che le aveva tolto, per
il male che le aveva fatto, per la follia a cui l'aveva condannata.
E invece la pazzia era già dentro
di lei.
Nella sua mente, nel suo DNA.
Una bomba ad orologeria pronta ad
esplodere, che Angelus aveva solo innescato.
Forse, saperlo non avrebbe aiutato
Angel, ma probabilmente avrebbe aiutato me.
Mi avrebbe dato qualcosa mi meno
da porre sulla bilancia dei suoi delitti, quando li contavo, e glieli scaricavo
addosso, e lo accusavo di ogni cosa.
Per farmi forza.
Per non cercarlo dopo che per sua
volontà mi aveva abbandonata.
Per rinvigorire la mia rabbia nei
suoi confronti…
Trovare Spike fu ancora più
facile.
Fu la cosa più facile in assoluto.
Mi bastò aprire il frontespizio
delle " Cronache e regole del nuovo Consesso degli Osservatori",
scritto nel 1905 da colui che tutti conoscevano come " William il
riformatore".
Il più giovane Osservatore del suo tempo.
Il più importante, colui che da
solo aveva scardinato le fondamenta dell'antichissimo ordine e lo aveva
completamente rivoluzionato, dai principi ai metodi.
Una leggenda sulla cui vita erano
stati spesi fiumi interi di inchiostro.
Raccontando con i tono di una
favola epica di un giovane poeta con il cuore spezzato che aveva cominciato a vagare
per l’Europa, alla disperata ricerca di un po’ di pace per lenire la sua pena,
e della conoscenza che lo distraesse da essa.
Fino a che, a san Pietroburgo,
aveva accidentalmente incontrato Tanja Nimikova,
E lui, l'uccisore di Cacciatrici,
si era innamorato di colei che, forse, far le elette, era stata quella dalla
vita più felice.
Dieci anni era durato il loro
amore, prima che Tanja fosse uccisa dal gelido abbraccio delle acqua della
Neva, lasciando a William una figlia… e un desiderio.
Pr proteggere lei, il giovane
poeta inglese era diventato un guerriero, entrando negli Osservatori.
Per proteggere tutte le
cacciatrici che sarebbero venute aveva lottato per cambiare le cose.
Scontrandosi contro regole vecchie
di secoli.
E vincendo.
Era stato lui a fare in modo che
gli Osservatori acquistassero un ruolo più attivo, affinando ciascuno le
proprie abilita, e imparando a trasmetterle agli altri.
Ad addestrare per ogni cacciatrice
un gruppo di sostegno, le " Ali dell'eletta", per aiutarla
fisicamente e psicologicamente.
E sempre sua era stata l'idea di
costituire una rete capillarissima di collegamento fra gli Osservatori, il
“Consesso” e gli " aiutanti liberi", per ottenere assistenza nel
lasso di tempo più breve possibile.
Era questo nuovo ordine, queste
maggiori umanità e comprensione per qualcuno che considerare eletto era sempre stata una giustificazione
per abbandonare a se stesso, che aveva fato si che avessi ancora un Osservatore.
Il " mio" Giles, un
tempo, aveva creduto ciecamente alle regole del Concilio, e aveva pensato che
il loro fosse l'unico modo possibile.Ora, parlava ammirato dell'uomo che le
aveva sconvolte, e nell'ascoltarlo così pieno di ammirazione per lui, come di
un esempio , della guida dei suoi anni turbolenti, una strana sensazione mi
trapassava il cuore, ripensando al tempo in cui lui e uno Spike dall'eterno
aspetto di ragazzo avevano vissuto nella stessa casa.
Grani di sabbia che il vento aveva
allontanato e unito come un uragano.
Che pensiero poetico…
Non sembra neanche mio..
Sembra una frase di Angel.
Il mio dolce Angel…
Su di lui, non riuscii mai a
trovare niente.
Nemmeno una parola.
Cercai in Internet, in tutti i
libri della biblioteca, e in ogni volume sull'Irlanda che riuscii a procurarmi.
Ne ordinai degli altri, e li lessi
tutti.
Niente.
Un vago accenno alla sua famiglia,
una delle quattordici più in vista di Galway, ma solo questo…
Come se fosse scomparso.
Se non fosse mai tornato dalle
isole Aran.
O non fosse mai esistito.
Quanto piansi su quei libri aperti
ed ostili… quante volte battei pugni pieni di frustrazione su quelle pagine
inutili.
E quanto desiderai di mollare
tutto e andarci di persona.
In Irlanda.
A galway.
Per cercarlo.
Per trovarlo.
Per sapere se era stato felice.
Ma una Cacciatrice non molla.
Già in passato avevo cercato di
farlo, già in passato mi ero illusa di riuscirci.
Avevo già perso Angel così tante
volte, ed ero stata male.
Ma ora era diverso.. ora l'unica cosa
che mi restava di lui era il suo ricordo, un ricordo che era solo mio, che non
potevo condividere con nessuno.
Tranne, forse, con il piccolo
Jhonatan.
Jhonatan, Chase, il bambino che in
casa di Giles mi aveva letto nel cuore e nell'anima con i suoi immensi occhi
azzurri.
Il figlio di Cordelia.
E di quel Doyle che io avevo
incontrato solo una volta nella mia vita… per pochi minuti, nello studio di
Angel…
Tutti ricordavano bene il giorno
del suo arrivo a Sunnydale, per fuggire da una massa di creditori inferociti,
suscitando sorpresa prima, poi sospetto, e infine simpatia… tutti tranne me
naturalmente.
Io potevo solo ascoltarlo
raccontare.
Da Willow, da Xander, e dalla
stessa Cordelia… e immaginare il vecchio amico di Angel, metà uomo e metà
demone, agirarsi per le vie di Sunnydale, coinvolto suo malgrado nelle
avventure della Cacciatrice e delle sue fedeli “ali” .
O sbirciare Cordelia che serviva
al banco del Bronze, costretta a lavorare dal tracollo dei suoi genitori.
Lo immaginavo farle discretamente
la corte, e immaginavo lei rispondere con una smorfia.
Cordelia non era una delle mie
" ali", era quella, fra tutti noi, con meno possibilità di legare con
lui…
E invece, quando Doyle
era tornato a Los Angeles l’aveva portata con se.
Litigando e discutendo per tutto
il tragitto.
Per un po’ erano stati felici,
molto felici.
E dopo… dopo c’era stata una nuova
visione… una nuova minaccia… e un lampo … che aveva tinto di verde le acqua
calme del mare…
Quel lampo che aveva sempre perseguitato
i sogni di Angel…
E c'era stato un sacrificio…
E Cordelia, con il suo bambino in
braccio, che fissava piangendo un ultimo messaggio su una videocassetta.
Destini?
Forse… ma se era destino perché
Giles e Ana erano felici insieme?
E perché Spike si era trasformato
da persecutore a protettore delle Cacciatrici?
E perché Angel non era mai nato?
O era venuto al mondo il bambino
di Cordelia ?
Quella creatura straordinaria,
dotata di facoltà così complesse e misteriose che nè Giles, nè Ana, nè il Consesso
stesso sono mai riusciti a venirne a capo…
Quel bambino vivace,
chiacchierone, il ritratto di sua madre, con quegli occhi che non sono umani…
pur essendo lo specchio stesso dell’umanità …
Jhonatan sa di possedere queste
doti.
Sa di essere diverso.
E la cosa più incredibile è che
nonostante ciò non si sente affatto un bambino anormale.
Perché sua madre non lo ha mai
trattato come tale.
E davvero, Cordelia è l'unica
persona al mondo che potrebbe vedersi i mobili levitare per casa ed esclamare:
- Guai a te se li righi!-
Giles avrebbe desiderato
che Cordelia tornasse a stabilirsi a Sunnydale fin da quando i poteri di
Jonathan hanno cominciato a manifestarsi, ma il bambino ha sempre detto che
deve stare a Los Angeles. Che esiste qualcuno lì, per lui, che deve
assolutamente incontrare, anche se non sa spiegare né quando né perché.
E Cordelia gli crede.
Anche se vivere da sola si è già
dimostrato terribilmente pericoloso.
Sono innumerevoli coloro che, umani
o non, vorrebbero mettere le mani sul suo bambino.
Sembra che i suoi poteri siano
addirittura unici, e si sviluppano di anno in anno, precoci quanto lui.
Giles, a volte, se ne dimostra
molto preoccupato.
Teme il modi in cui potrebbero
usarli le persone sbagliate, o lo stesso Jhonatan, se un giorno dovesse
scegliere la via del male.
Io sono più ottimista.
Cordelia, che ora è una
giornalista scandalistica, è sempre la solita, irritante, adorabile peste dai
gusti raffinati e senza il minimo tatto. Ci impiega sempre mezza giornata a
scegliere la tonalità giusto di smalto e piange per settimane se le sbagliano
la piega.
Ma è un 'ottima madre.
Per lei Jhonatan è soltanto il suo
bambino, e per difenderlo lotta giorno dopo giorno contro pericoli da cui persino
E mai, neanche per un momento, ha
desiderato che lui fosse diverso.
*****
Solo Jonathan conosce il mio
segreto.
Come lo abbia appreso, come riesca
a comprenderlo, sono alcuni dei suoi molti misteri.
Ma è stato lui, in parte, a ridare
al mio cuore un po’ di pace. E sempre lui, dopo, a sconvolgerlo di nuovo.
Cominciò a Sunnydale, una sera,
durante una delle sue visite insieme con Cordelia.
Non ne avevamo mai parlato.
Di quello che lui era , di quello
che sapeva o aveva intuito di me.
Mi pareva assurdo discutere simili
argomenti con un bambino che per la maggior parte del tempo si comportava come
un normalissimo marmocchio… con il carattere di Cordelia, per di più.
Ma quella sera, mentre lo reggevo
per la collottola perché non si fracassasse con il suo triciclo, per caso,
passammo davanti alla vecchia mansione di Angel.
E lui, fissando i muri sgretolati
fra i quali da decenni nessuno metteva più piede, sollevò le spalle, come per
contemplare qualcosa di ovvio, e poi parlò.
-
Non ti preoccupare. non è così dappertutto… -
Io aggrottai la fronte,
un po’ indispettita.
Mi dava sempre fastidio che
leggesse nei miei pensieri, soprattutto se erano per Angel…
-
Jonathan… - Lo rimproverai.- non si sbircia nella
testa della gente…-
-
Io non sbircio nella tua testa!- Si ribellò lui, con
una proprietà linguistica assurda per un
bambino così piccolo. - io guardo le altre strade"-
-
Si, d'accordo, come se d qui se ne vedessero molte…-
Lui mi fissò come se fossi stata
io la bambina… una bambina non troppo furba per giunta.
-
Noo… non le strade queste… le altre strade… quella
che sono questa ma negli altri mondi!-
-
Gli altri… mondi… ?- Ripetei, inginocchiandomi
accanto a lui, improvvisamente seria.
-
Si… quelli che sono a fianco a questo.- Mi spiegò .-
Io… a volte… riesco a guardarci dentro….
Sono
come.. stanze senza porte… se sei in una non sai che ce ne sono delle altre,
però ci sono…Io così vedevo sempre il mio papà… prima che cominciasse a parlarmi…
Sai… lui
non vuole che io guardi negli altri mondi…-
Io sedetti in terra, allibita.
Stanze senza porte… fiumi del
tempo, come diceva la principessa Morgan
Slieve Drighièda…
Universi paralleli… identici, ma
ognuno diverso…
Ne parlai a Giles, dopo, e lui mi
disse che si trattava di una vecchia teoria, secondo la quale ogni azione di
ogni singolo uomo, ogni minuscolo mutamento, avrebbe dato il via ad un suo
proprio futuro… a un suo universo… e tutti questi “mondi” sarebbero esistiti insieme e
contemporaneamente.
Ma non era mai stato dimostrato… e
forse non lo sarebbe mai stato…
E del resto, pensai all'inizio,
doveva esserci qualcosa di sbagliato, perché se esistevano una moltitudine di
dimensioni parallele io sarei dovuta tornare
nella mia, a quella il cui passato conoscevo… e in cui Angel viveva…
Ma io avevo cambiato il passato…
questo futuro lo avevo creato con le mie mani…
Era… il mio…
Più di qualunque altro.
Tuttavia…
Tuttavia cominciai a pensare che
dietro di me non ci fosse il vuoto, che i miei ricordi non fossero solo il
riflesso di qualcosa che non c'era.
Che esistesse un mondo in cui
Angel mi aveva stretta a se quando ero
ritornata.
E uno in cui non avevo mai
cambiato ciò che era stato.
E uno in cui non ero tornata
affatto, e lui mi aspettava invano da sempre.
E uno in cui avevamo entrambi
vinto il nostro orgoglio… ed eravamo… felici…
Piansi tanto quella notte. Ma da
allora, lentamente, cominciai a guarire.
*****
Fu in quel periodo che
Cordelia mi chiamò da Los Angeles, chiedendomi se suo figlio ne avesse
combinata qualcuna delle sue.
Io dovetti pensarci un po’.
Non avevo mai avuto troppa
pazienza con i bambini, per cui Jonathan era rimasto quasi sempre con Ana, Down
o Willow… soprattutto con Willow.
La mia amica lo aveva portato al
cinema, in giro per tutta la città, e persino al nostro vecchio liceo, dove
sperava un giorno di poter insegnare. E
nessuno mi aveva mai riferito di qualcosa di strano.
-
Ma… - Sbottò Cordelia all'altro capo del telefono. -
tremo di paura quando fa così.
Si guarda
intorno e sorride da solo, come se avesse appena salvato il mondo… e io aspetto
solo che precipiti un razzo sulle nostre teste.-
Io non potei fare a meno di
ridere, e cercai di rincuorarla.
Dopotutto, il suo era un bambino
speciale, ma era pur sempre un bambino…
E a tutti i bambini piaceva
organizzare degli scherzetti innocenti.
-
E proprio questo a terrorizzarmi! - Esclamò lei. Ma
io , presa dalla mia vita, non ci pensai più.
Il presente
Dopo due anni, a volte, mi pareva
che tutto fosse normale. Che le cose fossero esattamente come avrebbero dovuto
essere, e i ricordi nella mia mente solo
un … sogno… molto reale, ma sempre
più lontano.
Sempre più sfocato…
Studiavo al College, con gli alti
e bassi dovuti un po’ alla mia scarsa propensione, un po’ al mio impegnativo
mestiere di cacciatrice.
Uccidevo vampiri, e, quando mi
capitava, amichevoli creature dello stesso genere, seguita a vista da Giles,
che nemmeno il matrimonio con Ana e l'apertura di una libreria "
Tradizionale e informatica" riusciva a distrarre dai suoi doveri di
Osservatore .
La solita vita.
Non dovevo neanche preoccuparmi di
rivelare qualcosa del mio precedente passato,
perché tutti sembravano essere giunti alla comoda che, oltre che di amnesia,
dovevo aver sofferto anche di una specie di complessa allucinazione, e le mie
frasi tronche e all'apparenza assurde erano diventata il bersaglio prediletto
di Xander.
Già… in assenza di Angel…
Willow era un po’ in rotta con
Giles.
Era ormai giunta ad un livello
tale di preparazione che avrebbe voluto insegnare la magia ad altri, ma il mio
Osservatore non era sicuro che fosse ancora in grado non tanto di trasmettere
il suo sapere, quanto di giudicare oggettivamente i buoni propositi dei suoi
studenti. E di non farsi ingannare.
Per qualche tempo, era andata in
Canada, da certi parenti.
E al ritorno, in autobus, aveva
conosciuto un ragazzo.
Un normalissimo ragazzo che studiava
zoologia e suonava in una band.
Oz.
Per ora erano solo amici , ma
guardandoli insieme avevo ben pochi dubbi circa il loto futuro.
Con gran rabbia di Xander.
Ecco, la normale, noiosa routine
di una cacciatrice.
Che per giusta, a differenza di
quanto mi era accaduto in passato, si ostinava a rimanere sentimentalmente
libera.
Forse perché, con la liberazione
del Maestro sempre più incombente, c'era moltissimo da fare, o perché non
volevo altere complicazioni, o magari perché non c' erano più ripicca e senso
di rivalsa a guidare le mie scelte…
Dopotutto, stavo bene da sola.
Nonostante il caos generato dal
mio breve viaggio, la mia vita non era mais tata così semplice.
Mia sorella amava dire che avevo
il cuore " sotto aldeide" , e si arrampicava sugli specchi per
trovarmi un fidanzato.
Un po’ per dispetto, un po’ per
affetto.
Fra i miei amici il suo costante
impegno umanitario era diventato una specie di leggenda metropolitana, e ogni
volta che la vedevano avvicinarsi con un 'espressione strana sul viso si
lanciavano in scatenate illazioni sui quel liceale brufoloso, bidello contorto
o negoziante petulante mi avrebbe presentato il giorno dopo.
Xander accettava scommesse che
pagava dieci a uno.
E, sinceramente, la cosa avrebbe divertito
anche me, se non mi avesse procurato tutta una serie di situazioni
imbarazzanti.
Il peggio era che Down era
instancabile, e non si sapeva mai quando poteva colpire.
Così quel giorno, quando trovai
nella mia stanza la ricerca di scienze su cui aveva lavorato la sera prima, mi
suonò immediatamente in testa un campanello d'allarme.
Guarda caso, doveva averla
dimenticata quando era venuta a trovarmi all’università, e guarda caso gli
esami di fine trimestre erano troppo vicini perché potessi mandarla a farsi
friggere come tanto avrei voluto.
Certe volte le geniali trovare di
Down mi facevano letteralmente andare in bestia, soprattutto quando avevo
trascorso la notte precedente a pattugliare le strade di Sunnydale!
L'ultima cosa che volevo era
trovarmi nei corridoi sovraffollati del liceo, con ragazzini galvanizzati dagli
ormoni che correvano ovunque, fingendo di cadere per sbirciarmi oltre la gonna.
Mentre guardavo la porta dell'aula
di informatica mi chiedevo se anche io, un tempo, ero stata come loro.
E non avevo alcuna voglia di
rispondermi.
In quella scuola tutto sembrava
identico a come era una volta, e pareva che nessun atto istintivo avesse mai
cambiato il passato.
Nella bacheca dei trofei, la
statua della mamma di Amy era sempre al suo posto, e c'era persino il segno del
mio pugno su un o degli armadietti di metallo.
Avrei dovuto sentirmi a mio agio,
e invece provavo un misto di inquietudine e imbarazzo.
Non vedevo l'ora di andarmene…
Di sbattere la ricerca in testa a
Down e lasciare quel posto che mi sembrava abitato dai fantasmi.
Mia sorella mi venne incontro con
un 'espressione serafica sul volto, uscendo dall'aula in cui Jenny Calendar non
aveva mai insegnato.
-
Buffy, ma che bello! Mi hai portato la ricerca?!-
-
Già, che sorpresa, vero?
Saresti
capace di incastrare chiunque Down… sarà per questo che prendi voti così alti?-
Lei fece una smorfia.
-
Tutta invidia! Ai tuoi tempi eri una completa frana!-
-
Ai miei tempi ero già impegnata a salvare il mondo.-
-
Scuse… soltanto patetiche scuse…-
-
Non ce la fai, Down.- la sfidai. - Non mi terrai qui
finchè non scatta la tua trappola.
Prenditi
la ricerca e ci vediamo a casa!-
-
Aspetta, aspetta, aspetta!- Esclamò lei,
scoprendosi.- Solo due minuti! Voglio farti vedere il nuovo insegnate di
storia!-
Io alzai gli occhi al cielo.
-
Down! Non ne hai ancora abbastanza di questo stupido
gioco?!-
-
Buffy, Buffy, Buffy, almeno guardalo! E' l' uomo più
eccitante che io abbia mai incontrato!-
-
Il che è rassicurante detto ha qualcuno che trova
Leonardo di Caprio il massimo del sex appeal…-
-
Di Caprio?! Ma quella è preistoria! Niente a che
vedere con il professor Glyn!-
-
Si, si, certo. Adesso, se vuoi scusarmi…-
-
No, no, ti prego! Deve passare per forza di qui per
andare in classe!-
-
Ma chi sei, Ken Follett?!
Lo vuoi
capire che non me ne importa assolutamente niente ne del tuo professore, né dei
cinquanta altri derelitti che tirerai fuori dopo!-
-
No, no, no!-
-
Si, si, si!-
-
Sei odiosa, e io ti detesto!-
-
Summers!- Esclamò una voce alle mie spalle.- ti si
sente dalla sala professori!-
Io mi voltai di scatto, ed il
cuore, per un attimo, mi si fermò nel petto.
-
Allora- Mi sussurrò Down all'orecchio.- hai mai visto
un uomo così bello?-
Io non riuscii a dir nulla, ma la
mia risposta non sarebbe stata quella che lei si aspettava.
Si.
Avevo già visto un uomo così
bello.
Una notte… una notte molto fredda,
in un vicolo vicino al Bronze.
Lo avevo atterrato saltandogli
addosso da un palo.
E lo ridevo nei miei sogni. Anche
in quelli che non ricordavo.
Si. Avevo già visto un uomo così
bello.
Perché avevo già visto quell'uomo.
Avevo amato quell'uomo.
Lo avevo spedito all'inferno, lo
avevo odiato, e lo avevo cancellato dal tempo.
Avevo già visto un uomo così
bello, perché quell'uomo era Angel.
Il mio Angel.
Rimasi a fissarlo, senza
respirare, senza crederci.
I suoi occhi, il suo volto, i suoi
capelli…
Dio…
Sorrideva. Come non lo avevo mai
visto sorridere. Con una mano a reggere un gruppo di libri e l'altra in una
tasca del suo completo chiaro.
Non c'era un 'ombra nel suo
sguardo, ma un 'espressione così allegra e serena che sembrava trasformare in
oro il suo sorriso.
Si, avevo già visto un uomo così
bello.
E non credevo che lo avrei più
rivisto.
-
Professor Glyn ! - esclamò Down, saltando letteralmente
per la gioia.- che sorpresa! –
Lui sollevò un sopracciglio,
continuando a sorridere.
-
Ci lavoro qui dentro, Summers, te lo ricordi? Siamo a
scuola… non ad un mercato rionale!-
-
A Sunnydale non ci sono mercati rionali!- Rispose
Down, tanto contenta dal suo successo da diventare impertinente.- Qui siamo
negli Stati Uniti, non in Irlanda.-
-
Allora sarò un mio errore di fuso, ma mi pare che la
seconda ora sia iniziataa da un pezzo! –
-
Cavoli… è
vero!- Esclamò Down, afferrando la sua ricerca. - grazie Buffy!-
Fece per andarsene, ma dopo un
istante si voltò di nuovo.
-
Oh, questa è mia sorella Buffy… Buffy, il professor
Glyn!-
E scappò via come il vento.
Io deglutii, cercando di riportare i miei occhi a una dimensione
umana.
-
Sembra proprio che ci abbia incastrati- Ruppe il
ghiaccio lui, sorridendomi di nuovo.
-
Cosa?-
-
Bè, non so che abbia fatto con te, ma era da una
settimana che in ogni intervento in classe inseriva la sua straordinaria, e
bellissima sorella... e devo dire- Continuò, guardandomi negli occhi.- che non
esagerava…-
Io mi sentivo una perfetta idiota.
Continuavo a fissarlo, allibita,
con il cuore che mi andava a mille.
Era Angel… eppure non sembrava
affatto lui… in tutto il tempo che lo avevo conosciuto non l'avevo mai sentito parlare
tanto, né visto sorridere così a lungo…
-
A me- Riuscii a mormorare. - ha teso un 'agguato a
sorpresa!-
-
La cosa migliore è che almeno ora la smetterà di
affermare che il soprannome di Elisabetta d' Austria era Buffy!-
Io risi nervosamente, continuando
a tormentarmi fra le mani la borsetta di rete.
- Io non ci giurerei… ora che ci
ha visti parlare continuerà ad oltranza!-
E nel dirlo strattonai
troppo forte la borsa, che evidentemente non era stata rodata per una
cacciatrice in piena crisi isterica, e che nel giro di un secondo finì in
terra, spandendo ovunque la mia roba.
Imbarazzatissima, mi chinai sul
pavimento, e lui fece lo stesso, appoggiandosi acanto i libri.
Non si accorse che mi ero fermata.
Che lo fissavo muovere rapidamente
quelle mani che conoscevo così bene, e che il mio cuore mi provocava una strana
sensazione nel vedere il sole che gli danzava sul volto, quasi che dovesse
trasformarsi in cenere da un momento all’altro.
-
Per fortuna che non avevi spiccioli!- Esclamò, ma io
non lo ascoltai nemmeno, incantata dalla linea del suo naso.
-
-
Angel… -Mormorai, completamente assente.
Lui sollevò gli occhi.
-
Si ?-
-
Si… cosa?- esclamai io.
-
Angel- Rispose,
tendendomi la borsa.- è il mio nome…-
Io l’afferrai, strappandogliela quasi
e stringendola a me.
Mie sembrava di essere sull’orlo
di un precipizio, con un vento terribile che mi spingeva oltre il bordo.
-
Io… io devo
andare!- Mormorai.- Scusa…-
Non vidi l’espressione del suo
volto quando letteralmente corsi via, perché non mi voltai nemmeno per un
istante …
Ero sconvolta.
Al punto che cominciai a
singhiozzare e a piangere, come una bambina disperata.
Eppure ero felice. Tanto felice.
Dopo aver accettato di non
rivederlo mai più.
Dopo aver ricominciato a vivere,
lui mi ricompariva davanti come un fantasma del passato, per
torcere la mia anima fra le sue
mani.
Tornai diritta a casa.
Non al campus.
A casa.
Cercavo un rifugio, un luogo in
cui potessi nascondermi e pensare.
Una volta, darei andata da Angel…
*****
Down tornò a pomeriggio inoltrato,
lasciandomi a macinare rannicchiata sul letto, e quando sentii la sua voce e mi
precipitai al piano di sotto, dovetti letteralmente mordermi le labbra per non
saltarle addosso, trovandola sul divano a chiacchierare con mia madre.
Le feci dei gestacci osceni dalla
porta per indurla ad uscire, ma lei fece finta di niente, fino a che il suono
del campanello ci permise di restare sole.
-
Allora…- Esclamai, approfittandone immediatamente. –
chi è?-
Down sorrise, senza neanche degnarsi
di fingere.
-
Allora non è vero che non ti importa né di lui né dei
cinquanta derelitti che tirerò fuori dopo…-
-
Down!- Esplosi.- Ti avverto che mi trovi in un
momento molto, molto brutto, e non ho…-
-
Shhh- Mi fermò lei, mettendomi una mano sulla bocca.
Nell’ingresso, mia madre stava
aprendo la porta.
Ero sul punto di mandare a qual
paese la curiosità di mia sorella e i restanti scrupoli che mi trattenevano dal
torcerle il collo, quando il mio cervello percepì il suono di una voce,
bloccandomi all’istante.
-
Mi perdoni l’ora, signora Summers. Mi chiamo Angel Glyn, e insegno storia nella
classe di sua figlia Down…-
-
Oh- Esclamò mia madre.- che cosa le hanno fatto?-
Attimo di silenzio,
durante il quale Down si prese la testa fra le mani mentre io non sapevo se
ridere, piangere o gridare per il dolore delle mie budella che si torcevano
disperate.
-
Niente, signora Summers- Rispose Angel … il nuovo Angel,
con un tono imbarazzato che mi ricordò tanto il mio. - Down è un ‘ottima
studentessa.
In realtà
io sono venuto per via dell’altra sua figlia…-
-
Buffy!- Esclamò lei.- che bello! Hm… voglio dire… che
cosa ha combinato stavolta ?!-
Giles sarebbe stato orgoglioso di
me, perché coprii la distanza fra il soggiorno e l’ingresso in meno di cinque
secondi. Così come sarebbe stato fiero del modo in cui seppi dominare le mie
emozioni, dando di me un ‘immagine calma e disinvolta che poco aveva a che fare
con la realtà del mio stato d’animo.
In parole povere, finsi
spudoratamente!
-
Mamma!- Esclamai sorridendo.- Posso sapere perché se
riguarda Down è qualcosa che le hanno fatto, mentre se riguarda mi è qualcosa
che ho combinato io!-
-
Perché ti conosco!- Sbottò lei, ma non appena la vidi
in faccia compresi che era completamente presa dal suo ospite inaspettato.
Angel era appena fuori dalla porta, in piena luce, e quando mi
vide mi sorrise con calore.
Una volta, sarebbe rimasto più
indietro, nell’ombra, e i suoi occhi mi avrebbero passato da parte a parte.
Eppure sembrava proprio lui, dai
capelli al lungo cappotto che gli arrivava ai piedi.
Angel… il mio Angel…
-
Buonasera…- Mi salutò. Sono venuto a riportarti
questo …-
Io strabuzzai gli occhi, fissando
stupita il mio portafoglio stretto fra le sue lunghe, bellissime dita.
-
Era finito in classe…- Spiegò, porgendomelo.
Io lo presi, sorridendo a mia
volta.
-
Grazie…-
-
Ma, non vuole entrare un attimo? . Lo invitò mia
madre, indicando la casa con la mano.
-
La ringrazio, - Fece lui.- ma non vorrei
disturbarla…-
-
Nessun disturbo- Esclamò mia madre, in completa
adorazione.- Ho appena sfornato un dolce!-
Angel mi lanciò uno sguardo.
-
D’accordo… non sono mai riuscito a dire di no a
qualcosa di dolce… o a una signora così gentile –
Come… come mi parve strano vederlo
portare alle labbra la torta di mia madre, o scambiare amichevoli convenevoli
con lei.
Mamma aveva sempre detestato
Angel.
Detestava il fatto che non fosse
umano. E che io lo amassi nonostante tutto.
Era stata lei a chiedergli di andarsene,
come avevo appreso molto, molto dopo che era già accaduto.
E una parte di me non glielo aveva
mai perdonato.
E ora era lì, seduta sul divano
accanto a lui, conquistata dal suo fascino e dai suoi modi, senza staccare per
un attimo gli occhi dal suo volto.
Avevo una gran voglia di scoppiare
a ridere…
-
Mamma, lascialo respirare!- Esclamai, impietosita
dall’espressione di lui di fronte al fuoco di fila delle sue domande.
Lei mi vedeva già con un anello al
dito, e questo mi riempiva di amarezza e ilarità insieme.
-
Buffy ha ragione!- Rincarò Down.- Così appena uscito
s’imbarca direttamente per l’Europa!-
-
Oh…- fece mia madre.- Lei è Inglese?-
Angel per poco non si strozzo con la torta.
-
No, non direi proprio! – Esclamò.- Sono Irlandese. Di
Limerick.-
- Famosa per l’assedio di
Guglielmo d’Orange del… 1691!-
Angel sorrise a Down.
-
Ottimo. Summers, sono fiero di te!-
-
Mi vale per il test di lunedì?-
-
Non pensarci neanche !-
Scoppiammo tutti a ridere, ma
quando i suoi occhi scuri tornarono a posarsi su di me , il sorriso mi si
spense sulle labbra, bruciato da una fiamma che pensavo non avrei più provato.
-
E come mai si ritrova a Sunnydale?- Chiese mia madre,
incuriosita.
Angel posò sul tavolo il piattino vuoto.
Dopo il primo momento di imbarazzo
sembrava perfettamente a suo agio, e sorrideva a tutti come se ci conoscesse da
sempre.
-
A essere sincero, non lo o nemmeno io!
Il mio
sogno è sempre stato viaggiare, ma non ho mai avuto la possibilità di farlo.
Così ho inserito il mio curriculum in Internet, come quasi tutti i miei
compagni di corso, e, contemporaneamente, ho cominciato a insegnare a Limerick.
Era una
bela scuola, pensavo che ci sarei rimasto, quando sei mesi fa, all’improvviso,
ho ricevuto la proposta del liceo di Sunnydale…
Non
riuscivo neanche a crederci.
All’inizio
ero sicuro che ci fosse un errore.-
-
In effetti è strambo…-Mormorò Down.
-
Troppo…- Rincarai io, parlando con me stessa.
-
Oh, andiamo, e perché mai!- Sbuffò mia madre,
sfoderando un sorriso a trentadue denti.- sembra quasi che vi dispiaccia!-
-
Scherzi!- Esclamò mia sorella.- Ma te lo ricordi il
professor Doson ? Era così vecchio che ogni volta che si arrabbiava temevo gli
venisse un infarto!-
Risero di nuovo, ma stavolta io
non li seguii.
Era facile per loro.
Perché non conoscevano Angel.
Non lo avevano mai conosciuto.
E il cuore non poteva battergli a
mille come faceva nel mio petto.
E non dovevano chiedersi come
fosse possibile che, fra tutti gli insegnanti al mondo, il liceo di Sunnydale
avesse chiamato, fin dall’Irlanda, proprio lui…
Io mi sentivo come una bambola di
pezza, che le onde del mare sbattevano da una parte all’altra.
Non sapevo cosa pensare…
Non sapevo cosa provare…
Ne cosa dire o fare.
Quando il professor Glyn uscì dalla
porta salutando cortesemente mia madre e mia sorella, mentre teneva per un
secondo la mia mano nella sua, mi sembrò che i sogni su cui avevo versato tante
lacrime si fossero avverati.
E in qual momento la felicità
superò la diffidenza.
Ma quando una macchina di corsa
gli passò vicino, schizzandolo di fango dalla testa ai piedi, quando gli vidi
sollevare le mani e il volto verso l’alto e scoppiare in una risata
irrefrenabile, all’improvviso, un pensiero mi attraversò la mente, spiegandomi
in parte il mio stesso disagio.
Poteva avere i suoi occhi e il suo
volto.
Poteva avere il suo corpo.
Ma quello non era Angel.
*****
Pensai molto al professor Glyn nei
giorni seguenti.
E tornai a pensare ad Angel.
Quante volte, passando davanti al
liceo di Sunnydale, desiderai di entrare, con una scusa qualunque, o rimasi ad
aspettare minuti interi, nella speranza che uscisse.
Solo per vederlo… per guardare
ancora il volto del mio unico amore.
E quando alla fine la ragione aveva
la meglio non riuscivo mai a camminare diritta per quella strada che tante
volte avevo già fatto.
Senza voltarmi… senza sperare…
Desideravo vederlo, e, insieme, ne
avevo paura.
Perché quello che veramente volevo
era un passato che non saprebbe mai potuto tornare.
Fu per caso, poi, che lo rividi,
in una tarda mattinata d’autunno.
Avevo passato la notte di sabato a
inseguire un gruppo sospettosamente grosso di vampiri, che Giles temeva
stessero organizzando l’ennesimo tentativo per tirar fuori il Maestro,
polverizzandone il bastante per conservare la mia medie mensile. E tornavo a
casa di umore così nero che non riuscivo nemmeno ad apprezzare la bellezza di
qual giorno così limpido.
Non avevo chiuso occhio, avevo
saltato l’appuntamento al cinema con Willow, che probabilmente ora mi stava
cercando per tutta la città, ed ero coperta di fango dalla testa ai piedi, dal
momento che i miei amici non si erano dimostrati troppo entusiasti all’idea di
essere impalati e ridotti in cenere.
Avevo solo voglia di immergermi in
un ‘ enorme vasca di acqua bollente, e ripassare ad uno ad uno i motivi che mi
avevano fatta rassegnare al mio ruolo di Cacciatrice.
In questo o in un altro presente.
Ricordo che stavo praticamente
correndo, con un’ espressione sulla faccia che avrebbe scoraggiato il criminale
più incallito.
Fu allora che lo sentii ridere.
Strano.
Avevo sentito così di rado la
risata di Angel, eppure mi squillò nel cuore come un campanello.
Come una musica , mi ipnotizzò
immediatamente l’anima.
Non mi ero sbagliata. Non avrei
mai potuto.
Angel era lì, a pochi passi da me, oltre la staccionata di legno
di una villetta come tante, qui a Sunnydale.
Era a piedi nudi, con una tuta
addosso, e giocava a basket con un terranova enorme, che gli levava la palla dalle
mani e gli saltava addosso, atterrandolo, per poi correre a riprenderla ancora.
Io mi avvicinai incantata,
improvvisamente dimentica di tutto. Come se fossi stata invisibile, con il
potere di guardarlo senza essere vista.
Mentre il cuore mi batteva forte.
Come la prima volta che lo avevo
incontrato.
Come la prima volta che lo avevo
lasciato.
Angel… Angel e non lui…
Me lo ripetevo, ripetevo, e
ripetevo.
Lui non era Angel, ritornato per
me.
Lui era un altro uomo, che per un
assurdo caso, o per destino, o per piano Divino aveva il suo stesso volto, il
suo nome, il sangue della sua terra nelle vene…
Ma non era Angel .
Lo avevo capito quella sera,
quando l ‘automobile lo aveva schizzato, e anche ora lo capivo.
Lui era un uomo nato secoli dopo
Angel, da genitori diversi da quelli di Angel.
Di Angel non aveva la vita, ne le
esperienze, né il carattere.
La sua non era la preziosissima
anima di Angel.
Eppure era così facile scordarlo,
guardandolo giocare con il suo cane. E osservando quel viso che avevo amato
tanto, che avevo sognato tanto.
Come era facile scordare che non
ero davvero invisibile. Che lui poteva vedermi.
Come infatti mi vide…
Fissandomi per un attimo con uno
sguardo di stupore negli occhi nocciola.
Magari non si ricordava nemmeno chi
ero… o non mi aveva riconosciuta, ridotta in quello stato…
-
Buffy! – Esclamò, sollevandosi in un attimo.- che
cosa ti è successo?-
Io scrollai le spalle.
-
Quello che è successo a te l’altra sera, una strada
fangosa e auto troppo veloci…-
Banale, ma suonava meglio di :
“Nulla, sai, ho polverizzato quattro vampiri con idee molto diverse dalle mie
circa il loro futuro!”
-
Dai, entra- Mi sorrise.- ti ripulisci un po’… no,
Leo, - Continuò poi, indicando il Terranova con un dito.- tu no, neanche per
sogno!-
Il cane uggiolò, scodinzolando e
guardandolo con aria un po’ afflitta, ma obbedì e si accucciò davanti alla
porta.
Anche la casa non somigliava
affatto a quella di Angel.
Era piena di luce, e molto meno
ordinata , con cuscini colorati sparsi sul divano e in terra, davanti al
caminetto, moltissimi libri e foto incorniciate ovunque, a riempire mensole e
tavolini.
C’era una vita in quelle immagini.
Più di quanto non avessi mai
potuto sapere sul passato del mio Angel.
-
Chi sono queste?- Domandai, prendendone una.
-
Mia madre e le
mie sorelle...- Rispose lui, tendendomi un asciugamano pulito.
-
Quattro?-
-
Quattro- Confermò, guardando la foto da sopra la mia
spalla.– Virginia, Catlin, Banny e la mia piccolina, Anna. Io sono giusto nel
mezzo…-
-
Quattro…- Ripetei, rimettendo a posto la cornice.
-
Nella mia famiglia è normale. Siamo un esercito… ah,
tieni, lì c’è il bagno … credo che ci sia tutto quello che potrebbe servirti.-
Io lo ringraziai, ma quando mi guardai
allo specchio pensai che la sua, più che cortesia, doveva essere stata paura!
Ero ridotta peggio di un Golem di creta!
E anche quando uscii dal bagno non
dovevo essere in condizioni molto migliori.
Ma, proprio come avrebbe fatto il
mio Angel, lui non ci fece caso, e mi accolse con un sorriso e due porzioni
fumanti di uova, pancetta e pomodori alla griglia, insieme ad una specie di
focaccia di patate che non avevo mai assaggiato.
-
Con quattro
sorelle cucini tu?! – Esclamai, inspirando il profumo del mio piatto.
-
Con quattro sorelle negate direi proprio di si!
E poi,
all’università c’era da scegliere tra la cucina e l’ulcera!-
-
Allora io sono votata all’ulcera! –
Lui sorrise, portando a tavola il
succo d’arancia.
-
Dai- Mi incitò, scambiando per imbarazzo quelli che
invece erano confusione e sbalordimento – prometto che non ti mordo!|-
Io trattenni per un attimo il
respiro, e poi lo lasciai andare, rilassandomi.
-
Davvero? Bè, lo spero proprio per te …-
Lui mi sorrise ancora.
Poi, tutto accadde da solo.
*****
Questo Angel era la persona più luminosa, allegra e piena di vita che io
avessi mai conosciuto, in entrambe le dimensioni.
Nessuno avrebbe potuto essere
contemporaneamente così simile e così diverso dal mio Angel, e ogni minuto che
passavo insieme con lui mi riempiva di allegria e di stupore insieme.
All’inizio mi ripetevo che l’unico
morivo per cui continuavo a frequentarlo era comprendere come potesse lui avere
tanto a che fare con il mio grande amore.
Inventavo ogni volta una scusa
diversa, fino a che, dopo averlo finalmente scoperto, ammisi come me stesa che
mi ero innamorata.
Veramente innamorata.
Per la seconda volta nella mia
vita.
Di un uomo che aveva il volto del
mio primo amore.
Del mio Angel.
Ma che non era Angel.
Pur avendo nelle vene il suo
stesso sangue.
Mi innamorai follemente di lui.
Eppure, prima di capirlo, rischiai di fargli del male infinite volte.
Ricordo come fosse ieri il nostro
primo bacio, e la sua voce che mi scherniva con quel garbo tutto suo, all’uscita
di un caffè.
-
Dev’esserci qualcosa di terribilmente buffo nella mia
faccia. Ogni volta che ci vediamo continui a fissarmi come se fossi un fenomeno
raro!-
-
No…- Esclamai io, immediatamente sulla difensiva.- è
che tu somigli tanto…-
A chi?
A un vampiro che non era mai
diventato tale?
All’amore dei miei sedici anni?
All’uomo che avevo spedito
all’infermo e mi aveva perdonata? E che io non ero stata in grado di perdonare
a mia volta?
Al mio Angel?
-
A un vecchio fidanzato scomparso nel nulla…- Terminò
per me, con un sorriso velato di malinconia.
-
Perché dici così? –Mormorai io, stupefatta.
Lui si strinse nelle spalle, e,
per un attimo, guardò verso il cielo.
-
Non lo so.
Forse per mettere le mani avanti ed evitare di farmi troppo male…- Di nuovo, mi
sorrise.- sono sempre stato bravo a parlare con la gente, ma quando si tratta
di me stesso sono un vero impiastro!-
Si… anche lui era così…
Io gli ficcai una mano sotto il
braccio, stringendolo a me.
-No…- Mormorai. E
contemporaneamente pensai a tutte le bugie che avevo detto fino ad allora, alle
decine, centinaia di bugie…
Però lui non meritava di sapere…
di capire che era un altro che cercavo nei suoi occhi.
“ A volte è necessario mentire…
per non far soffrire chi si ama”
Me lo aveva detto Angel, tanti
anni prima. Ma io non gli avevo creduto.
-
Lo so che pare assurdo,- Continuai.- ma mi ricordi tanto un … un ritratto, che ho
visto sul giornale!
Un uomo
vissuto forse due secoli fa…Non ne capisco niente di queste cose, però mi aveva
colpita, e così quando ti ho visto mi è preso quasi un colpo!-
Sentii la sua mano stringere la
mia, mentre i suoi occhi si illuminavano di gioia.
-
Un ritratto…-Sorrise.- vuol dire che io mi sono
esposto tanto senza alcun motivo?-
Io sollevai il volto.
-
Si, e ora non puoi più tirarti indietro.-
-
Ma io non voglio tirarmi indietro…- Mormorò,
avvicinando la sua bocca alla mia.
Dio, com ‘era strano il suo
respiro sulla pelle…
*****
Baciare Angel era come ricevere una scarica elettrica.
Amarlo, come lasciarsi travolgere
da un fiume, o da una luce intensa.
Per me, che ricordavo sulla pelle
la carezza languida della notte, e la passione di un fuoco che consumava e
lasciava senza forze, era un ‘esperienza nuova, esaltante.
Era come vivere con un Angel senza
ombre e senza tormenti . Come amare il sole.
Assurdamente, ora ero io quella
chiusa e misteriosa.
Quella oscura.
-
Che cosa avrai, poi, da mugugnare sempre?- Mi
rimproverò lui un giorno… quel giorno… portandomi il caffè a letto. Aveva un
braccio dietro la schiena, e io tesi il collo per sbirciare cosa nascondesse,
terribilmente incuriosita.
-
Senti chi parla !- Esclamai, sovrappensiero, e lui
aggrottò le sopracciglia, senza capire. Ma si era già abituato a tutte le mie
stranezze, e infatti non disse niente, ma tirò fuori un libro patinato,
piuttosto vecchio, che teneva aperto con l’indice.
-
E’ questo?- Mi chiese, appoggiandomelo in grembo.- il
famoso ritratto che ti ha tanto colpita?-
Io abbassai gli occhi, e
istintivamente, come spinta da una forza che non aveva nome, accarezzai con un
dito la pagina aperta, da cui gli occhi di Angel mi fissavano malinconici.
No… sbagliavo ancora… nemmeno
quello era Angel… quello era Liam…
Il mio Angel non era mai esistito
-
Si…- Mormorai.- la somiglianza è veramente
impressionante…-
Angel sedette sul bordo del letto, passandosi una mano fra i
capelli.
-
Già… me lo dicono da quando ero bambino… ma non è
raro nella mia famiglia… abbiamo dei geni molto forti, pare.-
Io chiusi per un attimo il libro,
fissando la copertina.
-
E’ una guida di Galway- Mi spiegò Angel.- di una casa editrice locale… la
mia famiglia è originaria di lì.-
Lentamente, sfogliai le pagine,
cercando di riordinare le idee, e, infine, ritornai al ritratto di Liam.
-
E lui faceva parte della tua famiglia?- Chiesi, anche
se conoscevo già la risposta.
Angel annuì, mettendosi più comodo sul letto e circondandomi la
vita con un braccio.
-
Si. Nel diciottesimo secolo, e in un certo senso fu
una delle cause scatenanti del più grave tumulto popolare che Galway ricordi…-
-
Urrà per il professore di storia!- Esclamai, cercando
di dissimulare nel riso il mio disperato bisogno di sapere.- continua…-
-
Guarda, la sua storia è scritta qui, fra le leggende
locali, e in effetti non si sa quanto ci sia di vero…
Pare che
Liam Malahide fosse un poco di buono, un arrabbiato con il mondo che passava il
tempo dissipando il suo denaro e la sua vita. Poi accadde qualcosa, e lui
cambiò.
La
leggenda della caccia alle streghe di Galway racconta che un demone in forma di
donna lo assalì mentre usciva da una locanda, e che una strega dell’antico
culto intervenne in suo aiuto, riducendolo in cenere.
Molti
abitanti della città giurarono di avere visto la strega agirarsi per le strade,
gettando ai passanti terribili sortilegi
per farli cadere ai suoi piedi.
E come
spesso accade, l’immaginazione si fuse presto con la realtà, e alla fine si
trasformò in psicosi.
La gente
di Galway cominciò a cercare la strega, e quando si seppe che Lima Malahide
aveva accompagnato una ragazza all’isola di Inishmore fu organizzata una vera
caccia .-
Io deglutii, con il cuore in gola.
-
E dopo?-
-
Bè, c’era sul serio una ragazza che viveva da sola
sulla costa di Inishmore, una contadina forse, che non parlava nemmeno Inglese.
Gli uomini
di Galway la scambiarono per la strega, ma non si sa come riuscì a scappare
oltre il mare e a raggiungere la città.
Si rifugiò
in una chiesa, e il parroco, credendo davvero che quella fosse la giovane
scortata da Liam qualche giorno prima, lo mandò a chiamare.
Nessuno sa
come si siano svolte le cose, ma Liam le offrì la sua protezione, e la portò
nella sua casa.
Forse si
sentiva in colpa perché era intorno a lui che erano sorte tutte quella storie,
o magari fu un altro il motivo.
Non c’e
nulla di certo in ciò che ti ho raccontando.
Pare che
dopo il misterioso incidente Liam Malahide cambiò moltissimo, ma è anche vero
che allo stesso periodo risale la morte di suo padre, per cui potrebbe anche
essere questa la causa della sua improvvisa maturazione.
Fu sempre
molto schivo su certi argomenti, e in famiglia è rimasto neanche un rigo
scritto, o una testimonianza attendibile.
Ciò che si
sa di lui è solo che si occupò per tutta la sua vita della sua famiglia, fece
prosperare i commerci di suo padre e che viaggiò per tutto il mondo.
Realizzò
dei meravigliosi schizzi dei suoi
viaggi.
Sai, era molto bravo a disegnare…
Io,
invece, sono negato…-
-
E si è mai… sposato?-
Angel sorrise.
-
Verità o leggenda’-
-
Tutt’ e due.-
-
Bè, la verità e che sposò una donna di nome Morgan
Slieve Droghièra. Il problema , anche qui, è che nessuno ha idea di chi fosse.
Il nome è celtico,
ma tutto ciò che è rimasto di lei sono i ritratti che le fece Liam.
Ricordo
che da bambino, durante le gite a Galway, mi fermavo spesso a guardarli.
Quella
donna aveva un che di innocente, infantile, però i suoi occhi erano quelli di
una persona molto saggia, ed arano sempre velati di tristezza…-
-
La leggenda? – Lo incalzai io.
-
La leggenda ha
identificato Morgan con la contadina fuggita dall’isola di Inishmore durante la
caccia alle streghe, e racconta che Liam la sposò per sottrarla all’ira furiosa
della gente, e alle leggi inglesi, che perseguitavano chi continuava a
coltivare le antiche usanze …-
Angel si stirò, tendendo le braccia all’indietro e lasciandosi
cadere sul letto.
-
E’… finita?- Sussurrai, con un filo di voce,
ricordando con amarezza quando a Inishmore mi ero sentita inspiegabilmente
gelosa della piccola Morgan. Mi era sembrato così assurdo allora, e invece…
invece lei lo aveva sposato, e io lo avevo perso.
-
Non credevo che la storia potesse appassionarti
tanto!- Sorrise lui, guardandomi.
Io gli resi il sorriso, e dissi
una delle bugie più vergognose di tutta la mia vita.
-
E’ che vorrei sapere tutto della tua famiglia…-
Vidi i suoi occhi scuri
illuminarsi, rischiarando il mio senso di colpa. Una stella che mi esplose
dentro quando lui allungò una mano per sfiorami il volto.
-
Amore mio… se davvero ti fa piacere potrei continuare
per giorni interi… la mia famiglia ha sempre avuto il senso del passato.
Devi solo
scegliere fra storie allegre, tragiche, buffe o malinconiche come questa…-
-
Non mi sembrava tanto malinconica…-
Lui mi carezzò la guancia con un
dito.
-
Perché non è tutto… Vedi, la leggenda dice che Morgan
si innamorò perdutamente di Liam, ma che lui non riuscì mia dimenticare la strega che gli aveva salvato
la vita.
Amò la sua
famiglia, e amò anche la sua sposa, ma mai quanto continuò ad amare lei.
Tanto che
diede il suo nome alla sua unica figlia, e da allora in ogni generazione uno o
più bambini vengono battezzati con il suo nome. Angel.
Io e i
miei cugini eravamo i più sfottiti della regione per questo nome troppo
femminile!
Però, se
si lascia da parte la verità storica, è una bella tradizione.
Il pegno
di un grande amore…-
Io non risposi, e senza parlare
scivolai su di lui, appoggiandogli la testa sul petto.
Era caldo, e forte, e sotto
l’orecchio potevo percepire il battito regolare del suo cuore.
Sentii le sue braccia che si
chiudevano attorno alle mie spalle e rimasi così.
Immobile.
Pensando a quanto fosse stata
strana la vita.
E a come tutto, ora, sembrasse più
chiaro.
Il nome che Angel portava, e che
assurdamente era stato il mio pegno
d’amore, per qualcuno che non era mai nato… e anche la somiglianza con il primo
Angel.
Non mi avrebbe stupito sapere che
la principessa Droghiera lo aveva amato così tanto da usare le sue arti magiche
per legare i suoi tratti al suo sangue, e poter rivedere il suo volto nei
figlio che sperava di avere da lui, e nei figli dei suoi figli.
Forse era solo un ‘idea.
La supposizione di una mante che
cercava risposte.
Ma io, se avessi potuto, lo avrei
fatto.
Io lo avevo amato così tanto…
Eppure, in entrambi i tempi in cui
lo avevo conosciuto, anche quando avevo lottato disperatamente per salvare la
sua vita e la sua anima, era riuscita, alla fine, a fargli del male.
*****
Sapere ciò che era successo ad
Angel , dopo averlo cercato, dopo aver pianto tanto perché aveva lasciato
dentro di me un vuoto che niente riusciva a colmare, mi fece nascere dentro un
sentimento di rassegnazione.
E, finalmente, di pace.
Finalmente, smisi di cercarlo, e
il suo ricordo divenne un dolce tormento nella parte più profonda del mio
cuore.
Continuavo a pensare a lui, ma con
la tristezza di chi ha perso da tanto la persona che amava, e non riesce a
trattenere una lacrima o un sorriso al ricordo dei momenti belli trascorsi
insieme.
Non lo avrei più rivisto, ma
almeno sapevo che era salvo.
In qualche modo, era di nuovo
diventato Angel. E il suo ultimo dono per me non era stato solo un nome o un
ricordo, ma un parte di se.
Il suo sangue, i suoi occhi, il
suo volto.
Angel.
L’uomo più meraviglioso che avessi
mai incontrato.
Che adesso, finalmente, riuscivo
ad amare per quello che era.
Per se stesso. Per le differenze
dal mio Angel e non solo per le somiglianze.
Angel era il mio amore perfetto, anche se sapevo che il mio cuore
non avrebbe mai scordato quell’altro… così poco perfetto, a cui doveva il suo
nome.
*****
Tutti adoravano Angel.
Quelle stesse persone che avevano
odiato il suo volto, quegli stessi a cui Angelus aveva fatto del male, si
fecero conquistare dalla sua allegria, dalla sua voglia di vivere e dalla sua
intelligenza.
Mia madre, che aveva avuto paura
dei suoi occhi; Xander, con cui ora faceva delle estenuanti partite a basket,
battendolo regolarmente; Ana, che aveva ucciso quando era Jenny; e Giles, a cui
aveva distrutto la vita.
Benché sapessi che non si trattava
della stessa persona, avvertivo sempre una strana sensazione quando li vedevo
insieme, impegnati in una delle loro complicatissime discussioni “ Inghilterra
contro Irlanda”, o talmente persi in una conversazione da scordarsi di
qualunque altra cosa, con Giles che appoggiava la fronte alle dita e Angel che gesticolava quietamente. O si
tormentava le mani in quel gesto che, ancora, mi faceva più male di qualunque
altra cosa.
Potevano continuare per ore, e di
solito era Ana a fermarli, andando a sedersi sul bracciolo della poltrona di
Giles e tappando con un risata la bocca del marito.
Angel passava moltissimo tempo
nella loro libreria, e di solito era lì che ci davamo appuntamento. Anche
perché così aveva qualcosa da fare, e qualcuno che lo distraesse dai miei
frequentissimi ritardi, per cui inventavo le scuse più assurde, e che, invece,
erano sempre dovuti a motivi molto poco umani.
Era capace di far dimenticare agli
altri di essere “ solamente” un uomo, di non far parte del nostro mondo e di
non esserne al corrente.Riusciva a sciogliere la diffidenza che circondava
La normalità.
Quando Angel rideva o limitava le voci dei suoi colleghi del liceo di
Sunnydale, tornavamo ad essere solo un gruppo di amici con tanta voglia di
godersi insieme qualche ora di quiete.
E anche io tornavo ad essere
solamente Buffy Summers.
Una ragazza innamorata che
riusciva anche a scordare la sua missione di salvare il mondo.
Da quando Angel mi aveva lasciata
non avevo più pensato di poter amare tanto…
E invece eccomi… completamente
andata…
Nemmeno le trame del Maestro
riuscivano a turbare la gioia che Angel
mi dava, e l’unica nube sulla nostra storia, a parte le bugie con cui avevo nascosto
il mio precedente passato, era la mia identità di cacciatrice.
Come sempre, in qualunque tempo,
Giles era molto rigoroso su questo punto, e nonostante si fosse molto
affezionato ad Angel mi aveva
impedito di dirgli la verità.
Io, più docile del solito, avevo
obbedito.
Precedenti esperienze mi avevano
ormai insegnato che qualunque cosa lui potesse dire o fare, prima o poi, lo
avrebbe scoperto lo stesso.
E infatti, con la puntualità di un
orologio svizzero, successe.
Durante le vacanze di Natale.
Nella stessa circostanza che
finalmente spiegò il mistero dell’arrivo di Angel
a Sunnydale.
Eravamo d’accordo di vederci la
sera, per cenare con la mia famiglia, e invece, quando tornai dal centro
commerciale, lo trovai già in casa.
Cordelia, che era ospite di
Willow, era venuta con me, e insieme ci eravamo caricate di così tante buste e
pacchetti che facevamo fatica a portarli, per non parlare di quanto resero
difficile suonare il campanello, opera in cui , alla fine, riuscii solo in
virtù delle mie abilità di Cacciatrice.
Quando la porta si aprì
spalancammo entrambe gli occhi, e per poco non facemmo cadere tutto.
-
Jonathan!- Esclamò Cordelia, guardando suo figlio,
comodamente inerpicato sulle spalle di Angel
. Con l’espressione di chi non ha la benché minima intenzione di scendere. –
Che cosa stai facendo?-
-
Angel mi ha
fatto mettere il puntale sull’albero!- Cinguettò il bambino, picchiando con le
mani sulla testa del suo cavallo.
-
Si- Esclamò mia madre dietro di loro.- almeno un ‘ora
fa!-
-
Bè, ora vieni giù!- Ordinò Cordelia, scaricando in
terra i suoi duemila pacchetti.
-
No!- La sfidò il bambino.- E’ qui per me e io non
voglio scendere!-
-
Ma così non puoi guardare il tuo regalo…- Lo blandì
lei.
-
Dammelo qua…-
-
Tu sei… sei… non so proprio da chi puoi aver preso!-
-
Lascialo…- Si intromise Angel.- non mi da fastidio…-
-
Ma scusa, tu non dovevi venire stasera?- Mi intromisi
io, sollevandomi per baciarlo sulla bocca.
-
Ho finito prima…-
-
E noi lo abbiamo subito rimesso al lavoro.- Sorrise
mia madre.
-
Abbiamo fatto tutto l’albero!- Esclamò Jhonatan.-
Vieni a vedere, mamma!-
-
Capirai che lavoro!- Sbuffò Cordelia.- appendere due
palle di vetro! Noi si che abbiamo faticato! Con tutta quella gente per gli
acquisti natalizi abbaiamo quasi rischiato la vita!-
-
Prova tu a strotolare lucette con venti chili da non
far cadere sul collo.- Le sorrise Angel,
tornando in salotto.
Il loro albero era veramente
bello…
Tutto era bello… ed anche il mio
cuore lo era …
E, ovviamente, non feci nemmeno in
tempo a sistemate i pacchetti che Giles mi chiamò al telefono.
Scema io a non prevederlo…
Soliti movimenti sospetti, solita
urgenza, soliti rimbrotti da parte mia che tanto non portavano mai a niente.
Finivo sempre per rimettermi il
cappotto e correre da lui.
-
Ti accompagno?- Chiese subito Angel.
Io gli sorrisi.
-
No, no, non preoccuparti. Sarà solo una sciocchezza…-
Non mi sembrò tanto convinto, ma
mi lasciò andare, limitandosi a guardarmi dalla porta.
Fui invece Jonathan a corrermi
dietro, dopo aver ingiunto ad Angel
di metterlo a terra.
-
Cos’è, sei sceso di sella?- Gli chiesi io,
abbassandomi per parlare con lui.
Dopotutto, Giles non mi avrebbe
certo rinfacciato il minuto perso a salutare un bambino…
Lui si voltò verso Angel, quasi ad accertarsi che non potesse
sentire, e poi mi rivolse uno dei suoi famosi sorrisi.
-
Adesso sei contenta?- Mi chiese, con lo sguardo di
Cordelia negli occhi.
Io aggrottai la fronte, senza
capire.
-
Certo che sono contenta…-
-
Noo! Sei contenta che ho fatto tornare Angel da te?-
Se non fossi stata la cacciatrice,
probabilmente avrei perso l’equilibrio e sarei caduta.
Sapevo che Jhonatan aveva
formidabili capacità telepatiche, e che poteva aver letto di Angel nella mia
mente… ma lui non mi aveva chiesto se ero contenta che fosse qui… mi aveva
chiesto se ero contenta che l’avesse fatto tornare!
Lo presi per le spalle,
terribilmente seria.
-
Jhonatan, che cosa hai fatto?-
Lui mi guardò, mettendo il
broncio.
-
L’ho fatto tornare…
Tu eri
così triste dentro, anche quando ridevi, e avevi la sua faccia nella mente…
pure a non volerlo dovevo vederla per forza!-
Io sospirai, accarezzandogli il
viso.
-
Non ti sto sgridando, tesoro, lo so che non lo fai
apposta .
Vorrei
solo che mi dicessi che cosa hai fatto, perché a me è sempre sembrato così strano
che Angel fosse capitato proprio
qui…-
Lui tirò su con il naso.
-
Non ho fatto niente di male…
Soltanto….
Quando ti ho vista così giù ho pensato di mettere il suo viso nella testa delle
persone, e fargli venire voglia di cercarlo…-
Mi passai la mani sul viso.
Certo… Willow l’aveva portato al
liceo… se Jhonatan aveva incrociato il preside e lo aveva condizionato con
l’impulso di cercare Angel… l’altro Angel, quello che non c’era mai stato… e il
suo volto era su Internet… nel curriculum di un giovane insegnate di storia…
Allora non era più così assurdo…
Non era stato un caso se un
discendente di Angel , in tutto e per tutto simile a lui nel fisico, era
capitato a Sunnydale.
Semplicemente un bambino dotato di
poteri che nessuno riusciva nemmeno a immaginate , figlio di un essere umano e
di un mezzo demone bianco, aveva influenzato la mente giusta perché lo portasse
qui…
No… non era così assurdo… lo era
molto, molto di più…
*****
Chissà da quante ore, calato il
sole, gli scagnozzi del Maestro aspettavano l’occasione giusta per agire.
E, soprattutto, aspettavano che
Jhonatan uscisse da una casa in cui non potevano e non gli conveniva entrare.
Ci furono addosso in un secondo,
approfittando della mia sorpresa.
E io compresi che era il bambino
che volevano quando uno di loro lo afferrò dalle spalle, sollevandolo, mentre
lui strillava e scalciava impaurito.
Il pensiero di quel che Jonathan
mi aveva appena detto aveva occupato per un attimo tutta la mia mente.L’attimo
in cui avevo abbassato la guardia.
Troppo, per una cacciatrice.
Erano sei. Cinque senza quello che
reggeva Jonathan.
Pochi per il mio standard, ma
abbastanza dal momento che mi venivano addosso tutti insieme, e che la mia
borsa con i paletti era volta via dopo il primo attacco.
Mi ringhiarono contro mentre io mi
difendevo, colpendoli con pugni e calci resi più forti dalla rabbia.
Non solo rompevano le scatole, non
solo lo facevano quasi alla vigilia di Natale, ma se la prendevano pure con un
bambino!
Spaccai la mascella a una specie
di scimmia con un collo enorme, nello stesso istante in cui un altro mi
afferrava dalle spalle, fornendomi uno splendido appiglio da scavalcare per poi
prendere a calci uno dei suoi fratellini.
Probabilmente me ne sarei liberata
prima se la mia attenzione non fosse stata divisa fra il vampiro che teneva
Jonathan , quelli che attaccavano me e Angel…
che era scomparso dalla porta aperta.
Il che non mi avrebbe spaventata
più di tanto … se fosse stato il mio vecchio Angel…
Ma il mio vecchio Angel non sarebbe
mai stato tanto lento da farsi prendere in faccia dal vampiro che avevo appena spinto di lato!
-
Sta lontano!- Gli gridai, ma lui non mi sentì
nemmeno, tornando a infilarsi nella mischia nel tentativo di aiutarmi.
Pensai che non avesse la minima possibilità
di uscirne vivo, e invece si difese bene, sfoderando conoscenze di arti
marziali che io ignoravo totalmente, e distraendo i miei avversari il tempo
sufficiente a consentirmi di afferrate la mai borsa.
Pochi minuti dopo era tutto
finito, e io stavo correndo verso l’ultimo vampiro, che ancora stringeva a se
il piccolo Jonathan.
Ma non feci in tempo a
raggiungerlo che il vigliacco rimase letteralmente fulminato da una freccia che
gli spaccò il cranio .
Sulla porta, Cordelia abbassò la
sua balestra.
Mentre io fissai negli occhi Angel.
*****
Jonathan non versò una lacrima,
Cordelia si mise ad imprecare contro chi non rispettava nemmeno le feste
comandate e Giles, che aveva chiamato per conoscere il motivo del mio ritardo, suppose
che il Maestro volesse sfruttare i poteri ancora sconosciuti del bambino per
riacquistare la sua libertà.
Discosto, mentre la verità gli
veniva improvvisamente rovesciata addosso, Angel
ascoltava in silenzio.
Dal momento in cui mi aveva vista
sembrava quasi che una diga di fosse spaccata.
Nessuno si curava più di
nascondere nulla.
Parlavamo come se lui fosse sempre
stato uno di noi.
O come se non ci fosse.
Ma lui c’era.
E se ne rimase seduto tutto il
tempo sul divano, con le mani strette una nell' altra e Jhonatan che si era
addormentato con la testa sulle sua ginocchia.
Cupo in volto come non lo avevo
mai visto.
Non lui.
Mentre parlavamo di cospirazioni e
vampiri, di piani diabolici e misterioso pericoli, eletti e doveri della
Cacciatrice. Mentre discutevamo di quanto i tentativi del Maestro stessero
diventando sempre più insistenti e pericolosi e del se Jonathan sarebbe stato
più al sicuro a Sunnydale o a Los Angeles.Mentre tutti i miei segreti, o quasi
tutti, venivano alla lue, Angel rimase
ad ascoltare.
E non disse una parola.
E anche dopo che tutti furono
usciti, chi per dovere e chi sotto la spinta di un imbarazzo un po’ tardivo,
lui rimase in silenzio.
Si alzò, mise le mani in tasca e
si avvicinò all’albero di Natale.
Sempre in silenzio.
Se assomigliava anche solo un po’
al suo antenato avrebbe potuto rimanerci per ore in silenzio, e questo era un
aspetto di lui che mi era ancora sconosciuto.
-
Vuoi… strangolarmi?- Chiesi alla fine, solamente per
spezzare quello strazio.
Lui si voltò.
-
E rischiare di farmi staccare un braccio? No, grazie,
vorrei solo andare a casa, guardarmi in uno specchio e sputarmi negli occhi per
quanto sono idiota!-
-
L’hai presa bene…-
-
L’avrei presa meglio se fossi stata tu a raccontarmi
tutto.- Si passò una mano fra i capelli.- no… magari non è neanche vero…-
-
Angel…-
-
Io credevo che ci fosse qualcosa di importante fra
noi…- M’interruppe, allungando le mani per impedirmi di toccarlo.
Io non sapevo cosa dire, e così,
assurdamente, istintivamente, ripetei ancora quelle stese parole che tanto mi
avevano ferita.
-
A volte mentire è necessario… per proteggere le
persone che ami…-
Lui mi fissò intensamente.
- Quello che te l’ha detto doveva
avere una gran paura della verità.-
Si. E ora finalmente riuscivo
acapirlo.
Riuscivo a capire quello che Angel
aveva provato quella sera, messo di fronte a uno dei suoi segreti più oscuri.
Proprio come me adesso.
Adesso che lo avevo perso. Adesso che amavo un altro e rischiavo di
perdere anche lui.
Solo ora riuscivo ad intuire quanto
profondamente lo avevo ferito.
Avrei dovuto dire che era meglio
così. E intimare a Angel di stare lontano da me. Dal pericolo che potevo essere per
lui.
Agire come l’altro Angel aveva
fatto con me.
Ma ero così… piccola… Nonostante tutto
quel che era successo.
E a volte penso che quella specie
di… immaturità, che possedevo e possiedo ancora , fosse una sorta di difesa.
Per vivere.
Per non impazzire.
In quel momento, l’unica cosa che
sapevo era che lo amavo, e volevo che restasse con me.
-
Cosa ne sarà di noi, adesso?- Mormorai, con gli occhi
pieni di lacrime.
Lui chiuse i suoi, scuotendo
lentamente il capo.
-
No lo so… io… devo pensarci…-
Mi superò lentamente, e io fui
certa che sarebbe uscito.
Dalla posta, e dalla mia vita.
E invece si fermò, proprio sulla
soglia, alzò il capo e rimase per un attimo immobile. Poi si voltò di nuovo, e
con un sospiro ritornò verso di me.
-
Ci ho… pensato…- Mormorò, e un sorriso imbarazzato
gli affiorò sulle labbra.
-
D’accordo… la città è infestata dai vampiri, la mia
ragazza ha il compito di farli fuori e picchia molto più forte di me…- Sollevò
le spalle. – Poteva andare peggio.
E io ti
amo tanto…-
Gli gettai le braccia al collo,
mentre un singhiozzo mi sfuggiva dalle labbra.
-
Anche io ti amo, Angel.
Sei la cosa più bella della mia vita…-
Lui mi strinse a se, baciandomi i
capelli e cullandomi come una bambina.
-
Adesso, però, niente più segreti…- Mormorò sulle mie
guance.
Io aprii gli occhi, lentamente.
E seppi che se non gli avessi detto
allora la verità, se non gli avessi raccontato del mio passato, e di Angel, e
di Liam, e se non avessi sperato allora che mi credesse, che credesse che amavo
lui, e non l’ombra di qualcuno che non avevo più, e se non avessi affrontato
allora il rischio che lui non lo facesse, non avrei più fatto.
Mai più.
-
No…- mormorai-
E dentro di me, come tante volte
aveva fatto lui, chiesi perdono ad Angel.
Al mio antico, infelice,
tormentato amore.
E seppi che lui sarebbe stato con
me molto più comprensivo di quanto non lo ero mai stata io.
*****
Natale passò.
Cominciò un nuovo anno.
E Sunnydale continuò a essere
quella che era sempre stata.
Jonathan continuava a ripetere che
a Los Angeles viveva colui che doveva incontrare, e cosi Cordelia tornò a casa,
sotto la scorta eccezionale di Willow e Mike, una delle mie " ali".
Ricominciò la scuola, e Angel chiese di essere rimosso dalla
classe di Down.
Ufficialmente, per correttezza
professionale, non voleva avere fra le sue allieve la sorella della sua
ragazza.In realtà , aveva bisogno di più temo.
Appresa e accettata la verità con
una rapidità che ci stupì tutti, chiese a Giles gli insegnargli a combattere.
Di insegnargli ad aiutarmi, o
almeno a provarci.
Il mio Osservatore era stato un po’
titubante, all'inizio. Nonostante le innovazioni apportate da " William il
riformatore", le regole del Consesso, come quelle del Concilio prima di
lui, continuavano ad essere molto rigide, e per diventare una delle mie Ali", o anche solo un semplice "
aiutante”, sarebbe stata necessaria tutta una serie severissima di esami.
Ma, come già il suo antenato, Angel era molto testardo, e messo di
fronte alla scelta fra istruirlo e lasciare che mi stesse accanto senza alcuna
preparazione, persino Giles finì con il capitolare.
Senza troppo pentimento, poi,
perché Angel si dimostrò da subito un
allievo molto più diligente di me, e in brevissimo tempo divenne uno di noi,
aiutato in questo da una innata capacità di adattamento, probabilmente
ereditata da lontano. Con in più l'impagabile abilità di turare su il morale a
tutti e in qualsiasi occasione.
Tornare da una notte di baruffe
con una spala slogata e tanti lividi da non poterli contare, e poi mettersi a
giocare con Leo, o a cucinare un 'enorme padellata di uova all'irlandese era
una cosa assolutamente normale per lui.
Pareva quasi che la sua energia
non si esaurisse mai.
Tutti gli volevano bene, e io lo
amavo da impazzire.
Avrei fatto qualunque cosa per
lui.
L’unico motivo di sofferenza, per
me, era sapere che, benché amassi questo Angel
solo ed esclusivamente per com'era, se il mio vecchio Angel me ne avesse dato
la possibilità e io fossi stata solo un po’ più adulta, forse, saremmo stati
ugualmente felici.
Era come… amare uno dopo l'altro
due fratelli gemelli, identici eppure diversissimi .
E questo, a volte, mi creava un
po’ di confusione.
Speravo sempre che Angel si comportasse in modo diverso dal
mio antico amore, e ogni volta che un suo gesto me ne riportava alla mente un
altro, identico e lontano, provavo un profondo imbarazzo. Come se stessi
tradendo un fratello con l'altro.
Quando il giorno del mio
compleanno scartai il suo regalo e
trovai un piccolo astuccio di velluto rosso un brivido mi passò lungo la
schiena.
Avevo paura.
Provavo il terrore che fosse
ancora un anello Claddagh.
E, in effetti, un anello c'era.
Un bellissimo, preziosissimo anelo
antico, con un piccolo diamante incastonato in tralci di platino.
L'anello di una sposa.
-
Ti sfido a trovare un altro che accetti di vederti
uscire tutte le notti senza dire una parola…- Mi sorrise lui., mentre guardavo
l'anello con gli occhi spalancati.- o che ti ami di più…-
-
Oh, Angel…
- Mormorai io.- non … non avevo mai pensato realmente di sposarmi… -
Non in quel presente almeno.
-
E io non avevo mai pensato di vedere un vampiro
trasformarsi in cenere. La vita è piena di sorprese…-
-
E poi, tu hai diritto ad una…-
Cosa ?
Com 'era possibile che la
situazione di fosse tanto capovolta?
-
… vita normale?- Finì lui per me.- Io ho diritto a
scegliere , Buffy, a decidere quello che voglio per me e per il mio futuro.
E quello
che voglio non è una vita normale. Quello che voglio sei tu.
Guardala
dal lato migliore… - Continuò sorridendo.- potrò aiutarti con gli esami di
storia a letteratura inglese!-
Io feci una piccola risata
nervosa.
-
Allora è un ricatto?-
-
Si… ma sono preparato anche sul convincimento
razionale e la preghiera senza dignità né ritegno…-
-
Io… se me lo avessi chiesto solo qualche anno fa… ti
avrei detto di no…-
-
Sempre avuto un tempismo perfetto.-
-
Oh, Angel,
si…-
Lui trattenne il fiato e mi fissò.
-
Si, cosa?-
-
Si, si! Si, ti amo! Si, ti poso!-
-
Oh, Dio, Buffy!- Esclamò, prendendomi dalla vita e
facendomi girare in aria come se fossi senza peso.- Stavo morendo di paura!-
Io risi.
E piansi.
E risi ancora.
Come non mi accadeva più da anni.
Da quando Angel era scomparso
oltre una nuvola di vapore, in una strada buia di Sunnydale.
In un altro mondo.
E in un altro tempo.
*****
Come mi ero immaginata, fu Giles
quello più perplesso all'idea che mi sposassi con Angel.
Pensava che niente dovesse
distrarre una Cacciatrice dal suo compito.
Certe cose, davvero, non sarebbero
mai cambiate.
-
Fosse per te non dovrei nemmeno studiare!- Esclamai
spazientita.- Dovrei essere perennemente ai nastri di partenza ad aspettare un
attacco di vampiri!-
-
Non voglio distrarla dai suoi compiti.- Rincarò Angel .- voglio solo starle vicino…-
-
Già!- Sparai io.- che differenza potrà mai esserci se
abito con lui o con i miei.-
-
Ma pensate alle conseguenze- Si oppose il mio
Osservatore.- Angel, hai considerato
quanto sarebbe pericoloso per te viverle accanto?-
Lui scosse le spalle,
assolutamente tranquillo.
-
Giles, io la amo. E cercherei comunque di stare con
lei.
Anche se
dovesse lasciarmi, anche se dovesse allontanarsi da me per il mio stesso bene,
io la seguirei comunque, anche contro la sua volontà.
Ormai, non
c'è più scelta per me.-
-
Ma le cacciatrici non si sposano!- Sbottò lui
disperato.
E io:
-
Tanya Nimikova lo era! E aveva persino una bambina!-
-
Tanya Nimikova era sposata con “William il
riformatore”!-
-
Non ci è mica nato come “William il riformatore”, e
ti assicuro che se le cose non fossero andate in quel modo lui sarebbe stato
una persona molto, molto diversa!-
Mi avvicinai, cercando di
calmarmi, e gli presi una mano.
-
Giles, ti prego, ascoltami. Quante possibilità ho io
di essere felice?
Quante
possibilità ho io di… vivere a lungo?-
Accanto a me, Angel mi mise una
mano sul colo, protettivo.
-
Sii oggettivo.
Mi
potrebbero uccidere domani.
E forse è
anche per questo che sono sempre stata così capricciosa, che ho cercato di
godere di ogni istante.
Io… non pretendo
più di vivere una vita normale… vorrei solo essere un po’ felice.
E non
potrei mai esserlo senza di lui.-
Abbassai
gli occhi, e le parole che seguirono furono soltanto per me.
- La vita
mi ha dato un 'altra possibilità , e io non voglio buttarla via.
Voglio
godere il mio amore, prima di perderlo di nuovo.-
Giles mi fissò, teso in volto. Non
sapevo nemmeno se
-
Oh, Giles, se tu non avessi Ana… saresti così triste
e… vuoto… mentre ora sei così felice…-
Era un colpo basso, ma per una
volta sapevo quello di cui stavo parlando.
Oh, se lo sapevo…
Vidi il mio Osservatore voltarsi,
come se si aspettasse di vedere sua moglie comparirgli alle spalle.
-
Tanto non cambieresti idea nemmeno se te lo
ordinassi!-
Io sorrisi.
Avevo vinto.
*****
La prima reazione della famiglia
di Angel quando lui comunico che si
sarebbe sposato fu mandare una delegazione a Sunnydale per conoscermi.
Vennero sua madre e sua sorella
Anna, " la sua piccolina", una ragazzina di quattordici anni che lui
adorava e non smetteva un istante di coccolare. E che non somigliava affatto a
Kathie, l’amatissima sorellina di Liam.
Erano due persone adorabili,
allegre come lui, e l'unico problema che ebbi con loro fu sempre il solito,
ossia nascondere la mia vera attività.
Mi portarono un regalo dall
'Irlanda. Un regalo prezioso.
L'unico ricordo del ceppo
principale della loro famiglia.
Senza nemmeno avere idea di ciò
che avrebbe significato per me.
Era un ritratto.
Un ritratto a carboncino eseguito
da Liam Malahide nel 1786, e che rappresentava la sua unica figlia, una
bellissima bambina che sorrideva felicemente, con gli occhi e le labbra di suo
padre.
In basso, la firma e il titolo,
" La mia piccola Angel".
Quante volte, quante, ho guardato
quel ritratto, con il cuore che mi trasmetteva una strana sensazione, in un
misto di tenerezza e… gelosia?
Si, gelosia forse.
E forse ero pazza.
Non sarebbe stato tanto strano…
La sorella di Angel mi fece decine di fotografie da riportare a casa, in Irlanda
, e insieme con Willow, Ana, Down e mia madre andammo a scegliere l'abito da
sposa.
Ci mettemmo giorni, stordendo
negli intervalli tutti gli uomini presenti con le nostre chiacchiere
entusiaste.
Avevo sempre visto il matrimonio
come una cosa lontanissima, eppure non ero masi stata così eccitata.
Guardavo il mio vestito bianco,
con il mazzolino di fiori scintillanti alla vita e la gonna vaporosa e non
riuscivo a credere che lo avrei indossato io.
Proprio io…
Buffy Summers…
Mi sembrava così assurdo…
Mi ritrovato a ridere da sola,
come una scema, e quando andai ad accompagnare Anna e sua madre all’aeroporto
mi scoprii a piangere come se fossero davvero parenti mie.
Nemmeno i solito "
problemini" di tipo paranormale riuscirono a smorzare il mio entusiasmo.E
anzi, la gioia e l'eccitazione si trasformavano in certi momenti in
energia e forza.
Non ero mai stata tanto veloce e
polverizzare pipistrelli.
Il che fu un gran bene, dal
momento che i tentativi per liberare il Maestro crescevano ormai in maniera
esponenziale.
Pareva che fosse riuscito a
procurasi l’alleanza di un demone catalizzatore, che riusciva a trasmettergli
l'energia vitale che i vampiri rubavano alle loro vittime… un po’ come aveva
cercato di fare al mio precedente arrivo a Sunnydale con l'aiuto del caro Luke,
che in questa realtà io avevo già polverizzato da più di due anni…. per cui la
notte si scatenava una specie di duplice caccia.
Loro cercavano chiunque
commettesse l'imprudenza di uscire di notte.
Noi cercavamo loro.
Ne facemmo fuori a decine,
dopodiché sembrarono calmarsi.
Dandomi così modo di concentrare
le mie energie sui preparativi per il grande evento.
Avevamo finito quasi tutto,
compreso il rimodernamento della villetta di Angel.
Non avevo mai creduto che qualcosa
di così quotidiano… banale, qualcosa che visto fare agli altri mi aveva sempre
fatta sbuffare, avrebbe potuto rendermi così felice.
Non avevo mai creduto che un uomo
potesse rendermi così felice.
Non dopo che il mio primo Angel
era … cambiato…
Ma in quei giorni lo ero tanto…
così tanto che pensavo a lui sempre di meno.
*****
Era da una settimana che non c'era
più un attacco.
Giles era in apprensione, poiché dai
suoi calcoli non doveva mancare molta energia al Maestro per riuscire a
liberarsi, ma io non gli davo gran che retta.
Ero troppo presa da me stessa.
E dalla mia gioia.
Tuttavia, avevo accettato lo
stesso un giro extra di vigilanza, subito dopo il tramonto, e cosi arrivai al
negozio di abiti da sposa poco prima che chiudesse, e quando Angel venne a prendermi con Down ero
ancora agli inizi.
-
Allora la porto a casa e torno. - Propose lui,
rigorosamente fuori dalla stanza delle prove.
-
Okay.- Risposi io, sistemandomi il velo con le mani
mentre la sarta me lo appuntava con le forcine.
-
Ti amo…-
Io sorrisi, senza rispondere,
piroettando davanti allo specchio.
Il vestito e il velo mi si
attorcigliarono attorno al corpo e io scoppiai a ridere, cercando di liberarmi.
La seta e il tulle erano fresche e
soffici, e frusciavano a ogni mio movimento, mentre il mio cuore non smetteva
un attimo di correre per la gioia.
Mi sentivo così eccitata quella
sera che avrei potuto saltare, e ballare come una pazza, e cantare, e
gridare... gridare... gridare...
E invece fu Down a gridare.
Urlava il mio nome, fuori dalla
porta del negozio.
Urlava forte.
Disperata.
Mentre il cuore mi si fermava nel
petto, saltai giù dalla passerella, e quasi mi scontrai con lei.
Era pallida, spaventata, il volto
devastato dalle lacrime.
Mai, in vita mi, l'avevo vista in
quello stato.
-
Che è successo?- Le gridai, afferrandola per le
braccia, contagiata dalla sua paura.
Come un verme freddo su tutta la
mia pelle.- Per l'amor di Dio, Down, cosa è successo?-
Lei singhiozzava freneticamente,
le parole quasi incomprensibili per il pianto.
-
In River Street…- Balbettò.- ci aspettavano…-
-
Chi?- Gridai io.- chi vi aspettava?-
-
Vampiri… tre… quattro… Angel è… rimasto là… mi ha spinto.,.. mi ha gridato di scappare…-
-
No…- Mormorai , mentre i singhiozzi la soffocavano. -
NO… -
Corsi via.
Fuori dalla stanza, fuori dal
negozio, fino alla strada, mentre il vestito da sposa mi si allargava attorno
come un fioto di sangue bianco.
Corsi con tutta la forza che
avevo, con tutta la mia disperazione e la mia paura.
Per le vie bagnate di pioggia di
quella città che mi teneva legata, e che a volte odiavo con tutta me stessa.
Come anni prima avevo corso per le strade di Galway.
Fino a River Street.
Un budello come tanti, stretto fra
due fila di palazzi, con la luna che si rifletteva sui vetri e versava le sue lacrime d'argento sul corpo
straziato di Angel.
Mai, per tutta la mia vita, potrò
scordare quell'unico momento.
L'attimo in cui lo vidi.
E capii che era morto.
Era girato su un fianco, con la
testa appoggiata a terra e gli occhi chiusi, come se dormisse.
O come se fosse solamente caduto.
Il cappotto scuro gli copriva il
corpo, poggiando dolcemente in terra, e solo la posizione delle braccia,
suggeriva che qualcosa non andava. Uno era piegato, appoggiato contro il petto,
e l' atro era allungato in terra, con la mano aperta e il palmo verso l'alto.
Nell'urto, forse, l'astuccio di
seta che teneva in tasca era caduto, aprendosi e rovesciandosi al suolo, e ora
due cerchi d'oro scintillavano sull'asfalto bagnato, accanto alle sue dita,
come se gli fossero sfuggiti di mano.
Potei sentire distintamente il
rumore del mio cuore che si spezzava.
E lo riconobbi.
E lo sentii gridare, come gridai
io, correndo verso di lui e inginocchiandomi al suo fianco.
Urlai e piansi, prendendogli la
testa fra le mani e posandomela in grembo.
Il sangue che gli copriva la gola
e il petto scivolò sulle mie dita, e sul
vestito, macchiando la stoffa candida e il lungo velo sporco di fango.
Non riuscivo a dire niente,
neanche a chiamare il suo nome.
Potevo solo piangere e
singhiozzare, premendo la mia fronte sulla sua, come una bambina disparata.
Una bambina a cui avevano appena
tolto tutto.
A cui avevano infilato una mano
nel petto e strappato via l'anima, brandello dopo brandello.
Senza fiato, soffocata dai miei
stessi singhiozzi, continuavo a gridare.
Cercando una ragione. O anche una
bugia.
Ma la notte, crudele, non mi
rispose mai.
*****
Il futuro
Giles e Xander mi ritrovarono dopo
parecchi minuti, avvertiti e guidati da Down, ma io non conobbi mai
l'espressione dei loro volti quando mi scorsero, inginocchiata in terra, con il
corpo senza vita di Angel fra le
braccia, in quella strada buia, proprio come io avevo visto Liam sorreggere suo
padre, due secoli prima.
Non seppi mai quale fu la loro
reazione né quanto i loro occhi si riempirono di dolore.
Perché non li vidi.
Perché non vedevo nessuno.
E non sentivo nessuno.
Persa nel mio universo di dolore,
nulla che provenisse dal mondo esterno riusciva a toccarmi.
Angel era morto.
Il mondo intero non esisteva più.
Quando Giles provò a togliermelo
dalle braccia gridai, e lo colpii, graffiandolo, stringendo a me quel volto che
amavo come se ne andasse della mia stessa vita.
O come se in questo modo potessi
riportarlo indietro.
Avevo già perso Angel tante volte…
Ma quello era un altro Angel… era
forte, e aveva dato anche a me un po’ della sua forza…
Questo… questo era un ragazzo….
Ed era così allegro, così pieno di
vita… aveva amato la luce, e il sole…
Era la mia gioia.
La mia speranza di una vita
felice.
Accanto a me, Xander lo esaminava
in silenzio, quasi senza osare toccarlo, scostando appena i lembi del suo lungo
cappotto.
-
Non vedo altre ferite… - Mormorò.- solo i morsi sul
collo…-
-
Lo hanno dissanguato fino a ucciderlo…- Annuì Giles
cupo.- Gli serviva energia per il Maestro e lui… lui ne aveva molta…-
Lentamente, sollevai gli occhi,
mentre qualcosa di quelle parole mi penetrava nel cervello.
Non le frasi, solo un .. senso… un
campanello nella mia mente distrutta.
Tornai a fissare Angel… il suo volto pallido, le mie mani
coperte di sangue… le fila orrende di fori su entrambi i lato della gola…
Ansimai, mentre il cervello quasi
mi faceva male nel rimettersi in moto.
E tornai a quella strada di
Galway.
Ai palazzi scuri, all'aria calda,
a Darla… alla notte in cui erano nati Angelus… e Angel…
-
Reggilo!- Ordinai a Xander. Con un tono così
perentorio che lui sgranò gli occhi, ma obbedì immediatamente, sedendo accanto
a me e prendendo dalle mie braccia il corpo esanime di Angel.- Portalo a casa tua, non lasciare che lo prendano… E
aspettami… io arrivo subito!-
-
Buffy!- Mi gridò dietro Giles.- Aspetta! Dove stai
andando?!-
Ma era troppo tardi.
Io ero già corsa via, strappandomi
il velo dalla testa e lasciandolo lì, in terra, accanto alla mano protesa di Angel e ai nostri anelli finiti nel
fango.
Di nuovo, corsi nella notte.
Senza più cuore, senza cervello,
con l'unica consapevolezza che non volevo perderlo.
E che avrei fatto qualsiasi cosa
per averlo di nuovo con me.
Come un cerchio che si chiudeva,
come era accaduto il giorno in cui ero tornata e la mia vita era mutata per
sempre, bussai forsennatamente alla porta di Giles, così forse che ondeggiò sui
cardini e le mie mani si spellarono e di ferirono a forza di battere.
Chiamando disperatamente.
Quando Ana mi aprì era già
spaventata dalle mie grida, me non appena l’afferrai per le spalle mi guardò
con gli occhi sbarrati, trattenendo il fiato, come se temesse per la sua vita.
Così doveva aver guardato Angelus…
Prima che lui la uccidesse.
E ora io ero venuta a chiederle di
risvegliarlo ancora.
-
Dammi la formula per rendere l'anima a un vampiro!-
Gridai, squotendola dalle braccia.
Lei era più alta, e più robusta di
me.
Ma io ero
E piena di paura.
-
Dimmi… dimmi che ce l'hai!- L'investii, senza
riuscire a fermarmi.- Dimmi che non è andata persa! Dimmi che l'hai tradotta come ha fatto
Jenny!-
Lei mi guardò senza capire.
-
Buffy…- Mormorò.- io non so di cosa parli… chi… chi è
Jenny?-
Io la lasciai andare, mentre le
forze mi abbandonavano di colpo.
Di nuovo… lo stavo perdendo di
nuovo…
Lui si sarebbe risvegliato, e io avrei
dovuto colpirlo con un paletto al cuore.
Avrei dovuto ucciderlo.
Ridurre il suo corpo in cenere.
Una volta ero stata pronta a
farlo.
Ma quello era Angelus…
Quello aveva ucciso Jenny, e
Teresa, e aveva rapito e torturato Giles…
Questo era solo un ragazzo
entusiasta della vita che aveva avuto la sfortuna di incontrare sulla sua
strada una Cacciatrice.
Una ragazza troppo egoista e
stupida per allontanarlo da se, fin troppo felice di ascoltare le sue ragioni.
Lentamente, scivolai in terra,
appiattendomi contro un muro e premendomi la testa sulle ginocchia.
Non riuscivo neanche più a
comprendere quale fosse la ragione del mio dolore.
Non riuscivo neanche più a
piangere.
Sconvolta dal mio stato, Ana
continuava a fissarmi.
Fissava il mio abito da sposa
macchiato di sangue e fango, fissava la creatura patetica che ero diventata.
Forse era davvero la vendetta di
Jenny.
Perché non uccidendo Angelus, quel
giorno, al centro commerciale, gli avevo permesso di uccidere lei.
O forse, alla fine, stavo
diventando pazza.
Immersa nel mio tormento, con gli
occhi premuti contro le mie ginocchia, non la vidi chinarsi verso di me, ma
sentii la sua mano sulla mia fronte.
Dolce, rassicurante, come la
carezza di una madre.
-
Buffy…- Mormorò al mio orecchio.- le formule
dell'antica arte sono state tramandate dalla mia stessa tribù.
E' stato
questo il loro scopo nei secoli passati.
Non sono
mai andate perse.
E sono più
di cento anni, ormai che sono state tradotte…-
Io alzai il viso, senza osare
credere alle mie orecchia.
Senza osare sperare.
-
Anche quella per…-
Ana mi accarezzò di nuovo.
-
Tesoro, ma che cosa ti succede?
Abbiamo
già usato quella formula… com'è possibile che non te ne ricordi?
Anche se è
contrario alle leggi del mio popolo… perché molti di coloro che sono stati
portati indietro sono cambiati, e hanno usato per il male il potere che avevano
acquistato…
Anche
Darja lo ha fatto, non te lo ricordi? E
ci ha quasi uccisi tutti…-
-
Ma lui non lo farà! - Esclamai.- Io lo so, lui non lo
farà!-
- Lui chi, Buffy, chi è che è stato morso'-
-
Angel… -
Mormorai.
Davanti a me, Ana impallidì di
nuovo.
*****
Se non si fosse trattato di Angel, probabilmente Ana non ce lo
avrebbe lasciato fare.
Dotare un uomo dei poteri di un
vampiro poteva essere, ed era stato, molto, molto pericoloso…
Dare a una mente umana, con la
crudeltà umana e l'irrazionalità umana delle capacità così straordinarie…
Nel passato erano astati molto
maggiori gli esisti negativi di quelli positivi…
Ma lui era Angel.
Ancora una volta, l'assurdità
della situazione mi colpì, stordendomi, aggiungendo confusione alla confusione.
Ed al dolore.
Erano stati tutti pronti ad
uccidere Angel una volta… ad abbandonarlo… lo avevano odiato…
E ora erano pronti a trasgredire
le regole per lui.
Persino Giles lo era.
Lessi chiaramente la
disapprovazione nei sui occhi, ma non lo udii dire nulla.
In silenzio, come ad una veglia funebre,
ci riunimmo tutti nella casa di Xander.. con il libro di Ana che nessuno,
fuorché Willow, aveva osato aprire, appoggiato su un tavolo scuro, e il globo
di Thesulah che scintillava al suo fianco, con la luce fredda e inanimata che
si muoveva al suo interno come un vortice.
Aspettando.
Attendendo che tornasse la notte.
E che la notte portasse il demone
di Angel.
-
Ci sono due formule, come ricorderete… - Mormorò
Willow, passandosi la lingua sulle labbra.- e una è in forma di maledizione…-
-
Lo so…- Mormorai piano. E nessuno fece caso alle mie
parole.
Ero sconvolta e questo avrebbe
giustificato qualunque cosa.
Persino che continuassi a
stringere fra le mani il mio povero vestito da sposa.
-
La maledizione è la più forte- Continuò.- perché
obbliga l'anima a riprendere possesso del corpo… e la vincola a una clausola.
Può essere
eseguita in qualsiasi momento, mentre la semplice formula per rendere l'anima
ad un vampiro è efficace solo se viene recitata nelle prime ore dal morso. Ed è
vincolata alla volontà della vittima.
Non è un
obbligo, è un regalo.
E dipende
dalla sua voglia di rientrare in possesso del corpo…
Se la
volontà della vittima non è abbastanza forte, se non è guidata da un grande
desiderio di tornare, la sua anima non può farlo… e quindi…-
-
Quindi - Terminò Giles per lei.- se l'anima di Angel non è abbastanza forte dovrai
essere pronta ad ucciderlo.-
Io strinsi gli occhi, e le dita
attorno al mio vestito bianco.
-
Se la sua anima non è abbastanza forte- Ringhiai.-
non sarà più Angel che dovrò
uccidere…-
Lentamente, in contrasto con il
mio tono feroce, una lacrima mi scivolò sulla guancia.
Tutti la videro, ma nessuno parlò.
Non c'era nulla da dire.
L'unica cosa che potevamo fare era
aspettare… solamente aspettare.
*****
Dopo il tramonto portammo Angel in cantina, e lo chiudemmo dentro.
Poi, cominciammo con i soliti
turni di ronda.
Io per prima.
Con tutta la rabbia che mi tenevo
dentro avrei potuto spaccare la testa a chiunque mi sembrasse anche solo
sospetto.
E invece, non incontrai nessuno.
E quando tornai a casa di Xander
trovai tutto immutato.
Pio toccò a Willow.
Ma lei non finì mai il suo giro…
Non era uscita nemmeno da un 'ora
che una violentissima esplosione squassò l'anima di Sunnydale, fermando a tutti
il cuore nel petto.
Dopo pochi secondi, Willow irruppe
dentro casa.
-
Il Maestro!- Gridò, pallidissima.- Si è liberato!-
Ecco perché non c’era stato nessun
altro attacco.
Il sangue di Angel gli era stato sufficiente.
*****
Sarebbe inutile descrivere la nostra
lotta di quella notte.
Quel primo scontro con un mostro
tornato ad essere libero con tutta la rabbia covata negli anni di
prigionia.
Avrebbe potuto essere l’ultima
notte di Sunnydale.
E non lo fu.
L’ultima notte di ciascuno di
quegli sciocchi esseri umani che avevano deciso di lottare contro qualcosa di
tanto più grande di loro.
Come la luce delle lampade lottava
contro il buio di Galway.
E non fu nemmeno questo.
Ne uscimmo feriti, chi più e chi
meno, esausti, ma per quella volta riuscimmo a ricacciare indietro il Maestro.
E mentre l’alba tingeva l’orizzonte, camminammo insieme per le strade di
Sunnydale, con la consapevolezza che da allora in poi ogni giorno sarebbe stato
per noi un giorno d’attesa.
L’attesa del prossimo attacco di
un nemico terribile.
Io gli ero arrivata così vicina…
Non era più forte di Jishmen,
forse avrei anche potuto ucciderlo.
Se non avessi pensato ad Angel.
Se insieme alla rabbia e al dolore
non ci fosse stata anche la paura per quello che in quel momento gli stava accadendo.
Mentre combattevo, mentre
difendevo me stessa, i miei amici e il mio mondo, mentre tornavo verso la casa
di Xander, una parte della mia mente era costantemente rivolta a lui.
E ogni passo che facevo, e che mi
avvicinava, la mia paura cresceva.
Stringevo fra le dita l’ultimo
paletto che mi era rimasto, mentre Willow correva davanti a me, superandomi,
gettandosi oltre la porta, e sul libro di magia.
Anche Ana stringeva al seno un
paletto.
Appiattita contro la parete di
fronte alle scale per la cantina, pallidissima.
Al nostro entrare ,la guardiana
designata di Angel si voltò di scatto
verso di noi, e con un gemito si lanciò fra le braccia di Giles.
Terrorizzata.
Impaurita dalle urla che
attraversavano la porta al piano di sotto, facendo vibrare il ferro con la loro
violenza.
Così terribili che spaventarono
tutti, nonostante ciò che avevo appena vissuto.
Bloccandoci letteralmente sulla
porta.
E persino Willow tornò verso di
noi, stringendo fra le mani il libro di magia.
Erano grida, e ringhi, che non
avevano nulla di umano.
Un delirio di rabbia bestiale, di
energia distruttiva scandita da violentissimi colpi alla porta di metallo, che
si torceva e strideva come una creatura viva.
-
E’ così da ore…- Ansimò Ana.- non smette mai… sembra…
una bestia…-
-
E’ una bestia…- Mormorai io, avvicinandomi di qualche
passo.
Una bestia che si era risvegliata
con una sete terribile di sangue e si era trovata prigioniera.
Se avesse potuto, avrebbe raso al
suolo l’intera casa dalle fondamenta.
E ci avrebbe uccisi tutti…
Guardai la porta.
La vidi tremare, e piegarsi verso
l’esterno, mentre le grida anziché diminuire aumentavano sempre di più.
Non sapevo se fosse proprio
Angelus, ma di certo ciò che aveva mutato Angel
era qualcosa di veramente terribile.
-
Willow- Mormorai decisa.- leggi la formula.
Sbrigati,
o riuscirà venire fuori…-
Avevo imposto alla mia voce di
suonare ferma, decisa. Eppure io non ero nessuna delle due cose.
Rimasi lì.
Davanti alla porta.
Col mio paletto in mano.
Pronta. Nel caso che il metallo
avesse ceduto.
Mentre Willow preparava con
pazienza l’incantesimo e cominciava a recitare la formula.
Consapevole che se l’uomo che
amavo fosse venuto fuori da quella cantina io lo avrei colpito.
E lo avrei ridotto in polvere.
Di sotto, la rabbia del vampiro
continuava a crescere, come se sapesse che si voleva distruggerlo.
Poi, Willow terminò di recitare.
Il globo di Thesulah scomparve, e
le grida cessarono di colpo.
In un momento.
Come un interruttore che fosse
stato spento.
Per alcuno istanti, forse un
intero minuto, nessuno si mosse.
Come impietriti, paralizzato da
tutto ciò che era accaduto, rimanemmo immobili, fermi come statue di sale.
Ascoltando.
Forse senza nemmeno pensare.
Tesi come corde di violino verso
quella porta chiusa. Attendendoci tutti di udire all’improvviso un nuovo grido,
e di vedere il metallo cedere sotto un colpo più forte degli altri.
E invece non accadde nulla.
E ci fu solo silenzio.
E poi… poi il battito terribile
del mio cuore.
Quando infime la tensione divenne
insostenibile, decisi di rischiare.
E scesi.
-
Buffy…- Mormorò Giles s alle mie spalle.
Ma non avrebbe potuto fermarmi
nemmeno se mi avesse afferrata.
L’interno della cantina era immerso
nel buio, e la luce che proveniva dal piano di sopra illuminava i frammenti
sparsi delle lampadine distrutte.
Tutto era distrutto.
Gli scaffali.
Gli imballi, le casse di legno… il
loro contenuto sparso ovunque.
E in mezzo, Angel.
Sapevo che non era vivo, ma dopo
averlo visto così esanime, inanimato, come una cosa, il mio cuore ebbe un
guizzo di gioia, anche di fronte alla sua pena.
Era accoccolato a terra, come un
bambino appena nato, con le ginocchia piegate e le mani strette a pugno accanto
al petto.
Coperto di sudore, tremava di un
tremito violento, innaturale, come quello provocato dalla febbre.
Ed era pallido, una maschera di
dolore ed angoscia.
Io lo guardai. E in quel momento
lui aprì gli occhi e mi vide, e cercò di dire qualcosa, senza riuscirci.
Come la notte prima, un gemito
disperato mi uscì dalle labbra, mentre correvo verso di lui.
Chiedendomi per la prima volta che
cosa gli avevo fatto.
Eppure, senza riuscire a pentirmi.
Senza riuscire a reprimere una
gioia morbosa.
Perché lui era diventato una
creatura della notte, me il suo corpo tremava contro il mio, quando lo
abbracciai, e quando poggiai la sua testa sulle mie ginocchia potei sentire il
sudore della sua pelle gelida, e il suo petto scosso dai singhiozzi, e vedere i
suoi occhi guardarmi.
Angel era con me.
Era di nuovo con me.
E se era tornato voleva dire che
la sua anima lo aveva voluto.
Non lo avevano costretto a farlo,
lo aveva scelto.
Aveva deciso di restare con me.
E io non riuscivo a non esserne felice,
anche se sapevo, con una terribile sicurezza, che non sarebbe mai più stato lo
stesso.
*****
Quando il suo tremito convulso si
fu calmato, Xander e Giles aiutarono Angel ad alzarsi, e a salire le scale.
Sopra, tutte le tende erano state
tirate, eppure la luce indiretta del sole ferì lo stesso i suoi occhi di
vampiro, mentre lo portavamo lentamente fino al divano, avvolgendogli una
coperta pesante attorno alle spalle.
-
Tutto bene, amico?- Gli chiese Xander, e lui annuì
debolmente, mentre io mi sedevo al suo fianco, e cercavo di circondandogli con
il braccio le spalle enormi.
Stava ancora tremando, e
continuava a guardasi intorno, fissando ogni cosa come se la vedesse per la
prima volta.
Sapeva ciò che gli era successo.
Lo aveva visto attraverso gli
occhi della bestia che era diventato.
L’Altro Angel me lo aveva rivelato
molti anni prima.
Lo sapeva, ne era sconvolto e
confuso, e ne aveva paura.
E non c’era nulla che noi
potessimo dire per riuscire a confortarlo.
*****
Fu difficile per Angel.
Come lo sarebbe stato per tutti.
Ma lui era più forte di
ognuno di noi, e forse persino più forte di quanto lo era stato Liam subito
dopo aver riacquistato la sua anima.
Perché era diverso da Liam, ed era
diverso dal mio tormentato Angel.
Non aveva la sua oscurità, e non
aveva alle spalle i peccati che l’avevano causata.
Angel era un vampiro senza colpe, senza sangue sulle mani.
Poco più tardi, diventato il
terrore delle creature del buio, sarebbe stato semplicemente conosciuto come “
Anima”.
Il vampiro che ride.
L’unico tra i suoi simili a non
aver mai ucciso un uomo per bere il suo sangue.
La creature della notte di cui i
miei amici si fidavano, come una volta si erano fidati di un altro Angel. Prima
che Angelus distruggesse ogni cosa, e lo condannasse alla solitudine.
Ma ora Angelus non poteva più
fargli del male.
Ora non c’era nessuna clausola.
E non c’era più nemmeno il mio Angel.
Nonostante tutto, lo avevo perso
di nuovo.
Perché il vampiro con l’anima era
insieme il ragazzo di una volta e una creatura nuova.
Una via di mezzo fra la luce e
l’ombra.
E sebbene la sua forza di volontà,
la sua allegria ed il suo amore, quell’amore che lo aveva riportato indietro,
gli avessero fatto superare il trauma di ciò che gli era accaduto, qualcosa in
lui era mutato per sempre.
E quando non si allenava con
Giles, quando non pattugliava le strade e non era occupato a tirare su di
morale ai suoi amici, sconvolti da quel che era successo, quando era solo e pensava
che nessuno lo osservasse, il peso del cambiamento gli cadeva sulle spalle come
un macigno.
E doveva essere tremendo.
Non poter più vedere la luce del
sole, né la propria immagine riflessa in uno specchio, e sentite un demone
dentro di se che si agitava e combatteva per imporsi su di lui.
Regalandogli una rabbia e una
furia animale che non erano sue.
Cambiando il suo volto in quello
di un mostro.
Di solito, durante questi brevi
momenti, che si ripetono ancor oggi, io gli vado vicino, e lui alza gli occhi
verso di me, e mi sorride.
E dice qualcosa , qualcosa del
tipo:
-L’importante è che stiamo ancora
insieme- o- Non ti preoccupare, è meno peggio di quello che sembra.-
Però, riportò indietro gli anelli.
Fu la prima cosa che fece quando
si fu ripreso e cominciò a uscire di casa.
Mi disse che non aveva cambiato
idea, che voleva solo abituarsi alla sua nuova vita, alle nuove regole che gli
erano imposte.
Ma io sapevo che non era vero.
Come essere umano era stato
disposto a rischiare tutto, a rinunciare a una vita normale pur di starmi
vicina.
A suo dire, per lui, quella era
l’unica scelta possibile.
E alla fine, aveva dato la sua
vita per salvare mia sorella.
Da vampiro, però, non poteva
accettare che io facessi lo stesso.
Anche se non odiava ciò che era
diventato come lo aveva odiato Angel, non voleva che mi sentissi legata a una
creatura come lui,.
A un mostro.
Litigammo per questo.
E io gli gridai contro, furiosa.
Lo accusai di avere sempre mentito
quando mi diceva che le nostre vite potevano essere solo insieme.
In realtà, ciò che non sopportavo
era che per la seconda volta un uomo si sentisse in grado di sapere e decidere
ciò che era meglio per me.
Sfogai con lui tutta la rabbia e
la frustrazione che avevo covato per anni contro l’altro Angel, che aveva
scelto di uscire dalla mia vita per il mio bene, spezzandomi il cuore.
Andai via sbattendo la porta,
augurandogli di finire incenerito, e imprecando contro me stessa e la mia
stupidità, per aver tanto sofferto per lui,.
Arrivai a casa, spaccai qualcosa,
e risposi male a mio padre, ma non riuscii a calmarmi.
Poi, all’improvviso, come sempre
era accaduto in passato nei momenti di rabbia, o paura, o tristezza, un
pensiero mi sfiorò la mente.
Un pensiero caro e malinconico.
Pensai ad Angel.
L’ Angel che non avrei più
rivisto.
Ai suoi occhi tristi mentre se ne
andava via.
A quel modo tutto suo di guardami
mentre io gli vomitavo addosso la mia rabbia, come se sapesse qualcosa che io
non potevo sapere.
Angel che per me era venuto allo
scoperto dopo un secolo di segregazione piena di angoscia e rimpianti.
Angel che aveva salvato la mia
vita e quella di tutti coloro che amavo.
Angel che per colpa mia aveva
perso la sua anima.
Che avevo condannato alle sofferenze
più atroci.
Angel che correva da Los Angeles
tutte le volte che avevo bisogno di lui.
Solo per sentirsi sommerso dalle
mie accuse ingiuste.
Angel a terra, con le gambe
spezzate, che cercava disperatamente di raggiungermi, e tendeva la sua mano
verso di me. Implorandomi con gli occhi di non andare…
Pensai a lui, e mi domandai cosa
avessi fatto per meritarmi un amore così grande.
Per due volte di seguito.
Come la sciocca che ero, tornai
indietro, e trovai Angel seduto in
terra, nel buio del suo soggiorno schermato dalla luce del sole, con la schiena
appoggiata alla parete.
-Ti amo…- Mormorai, chiudendomi la
porta alle spalle.
Lui mi tese la mano, e io mi
rifugiai nel cerchio delle sue braccia.
Non mi ero mai sentita così al
sicuro come fra le braccia di Angel.
Di questo come dell’altro.
E quel giorno, mentre accarezzavo
il suo volto, mentre guardavo i suoi occhi
pieni di paura e incertezza per il futuro, accusando la mia
insensibilità e il modo in cui avevo lasciato che la sua sicurezza mi ingannasse,
diedi l’ultimo addio all’uomo che avevo amato tanti anni prima.
Il suo pensiero mi aveva riportata
lì, ma non poteva più continuare .
Questo Angel non meritava che un ‘ombra di cui nemmeno conosceva
l’esistenza si mettesse fra di noi.
E l’altro non meritava di
diventare un fantasma…
*****
Andammo insieme a restituire gli
anelli.
E quando il gioielliere cominciò a
fare storie per rendergli il denaro, Angel
rispose che preferiva li regalasse a qualcuno che non avrebbe potuto
permetterseli.
E gli consigliò caldamente di
farlo.
Con uno sguardo che non ammetteva
repliche.
Quando uscimmo sollevò gli occhi
al cielo, e alle stelle su di noi.
Non aveva ancora parlato con sua
madre… né aveva deciso quello che le avrebbe detto.
Era una cosa da fare…
Ma non quella sera.
*****
Oggi Angel è per tutti “ Anima”. Il vampiro che sorride e vive in mezzo
agli uomini.
Il vampiro che ama
E che la cacciatrice ama. Come non
ha mai amato nessun altro.
Perché è diverso da chiunque altro
abbia mai conosciuto.
E’ la mia ombra.
E mi protegge. Come io proteggo
lui.
A volte, dopo i primi mesi, mi ha
detto di essere quasi contento di ciò che gli è successo,
perché ora può aiutarmi . Aiutarmi
davvero.
Mi fa arrabbiare quando lo dice.
Ma poi mi abbraccia e mi bacia sul
collo come sa fare solo lui. E la mia rabbia si scioglie come ghiaccio sotto il
sole.
La vita ha mischiato le carte e
ora la partita ricomincia.
La cacciatrice, il Maestro ,
l’Osservatore e i suoi amici.
E il vampiro che veglia su di
loro.
Sembra una foto di molti anni fa…
dell’anno in cui sono giunta a Sunnydale. Intenzionatissima a non accettare il
mio compito.
E invece, tutto è diverso.
Angel, Giles, Willow, Cordelia e il suo bambino straordinario…
ognuno di loro è diverso.
La loro storia lo è.
Persino io sono diversa… pur
essendo la stessa.
Pur avendo conservato i ricordi di
un mondo che non è mai esistito.
Ma chi non cambierebbe, se non
potesse mai aprirsi con nessuno… se dovesse costantemente trincerarsi dietro un
mondo di bugie?
E stare attendo a ogni sua parola,
a ogni sua reazione…
Certe volte, mi pare di essermi
completamente abituata.
Altre, mi sembra ancora di
impazzire.
E mi chiedo come abbia fatto Angel
a vivere in questo modo per così tanto tempo.
Ho cominciato questo diario per
parlare con qualcuno.
Perché dentro di me so che non
sarebbe giusto farlo con i miei amici.
Le storie che avrei da raccontare
li riempirebbero di dubbi e di paure… e io non voglio turbare gli equilibri che
vivono intorno a me.
Non ora che ci attendono battaglie
tanto dure, e che la lotta contro il Maestro richiede tutte le nostre forze e
la nostra fiducia gli uni negli altri.
Cosa accadrebbe se sapessero di
Angelus?
Se conoscessero cose di loro
stessi che non avrebbero mai voluto
sapere?
E perché?
Perché la cacciatrice di sente
sola?
Nonostante i suoi amici il vampiro che l’adora?
Forse solo Jonathan potrebbe
capirmi, ma io non sono certa di riuscire ad arrivare al momento in cui la sua
età gli consentirà di comprendere e dare un senso alle cose che vede.
Sono
Forse, questo diario è solo per
me.
Pr aiutarmi a capire, e a
lasciarmi davvero il passato alle spalle.
Forse, nessun altro lo leggerà
mai.
Forse, l’ho scritto per non
ammattire…
Ma a volte, quando sono
tranquilla, nelle sere che sono finite senza sangue, o mentre mi sveglio da un
sogno strano fra le braccia di Angel,
o la pioggia, cadendo suoi vetri di una finestra, si porta via le angosce e
l’energia… allora penso che sia un altro il motivo.
Come una sciocca, o una bambina, o
una pazza, penso che un giorno, in qualche modo, queste pagine senza una logica
saranno aperte da qualcuno, e daranno alla sua anima tutte le risposte.
So che è impossibile, ma il mio
cuore, testardo, finge di ignorarlo…
Forse, questo diario è per
salutare lui, e per dirgli che sto bene, e che ho deciso di andare avanti,
anche se non potrò mai dimenticarlo. Anche se non sono mai riuscita a capirlo
come ora.
Per me, e per chi mi sta attorno.
Addio, Angel.
E dovunque tu sia, in qualunque
tempo o dimensione tu stia fissando il cielo, con il vento che accarezza la tua
espressione stanca, ti auguro di trovare più gioia di quanta non sono mai
riuscita a dartene io.