STORIE
Scritto
da: Maria- fioredargento@hotmail.com
Spoiler per: Becoming, Prodigal,
Darla, Fool for love.
Pairing: Angst.
Rating: Nessuna.
Timeline: Dal 1754 ai giorni nostri.
Summary: le storie di Angel e Spike
brevemente messe a confronto.
Disclaimer: i
personaggi delle serie “Buffy the vampire Stayer “ e
“Angel” appartengono a Joss Whedon,
David Greenwolt
“Ad Anna, che si è fatta conquistare da Doyle e ha pianto per lui…
a
Sabrina… se non ci fossi i gatti si rifiuterebbero di fare “miao”…
a
Sonia, la tessitrice di sogni…
ad
Hal, credo che se un vampiro ti incontrasse per
strada scapperebbe lui…
e
per Sonia, l’ultima entrata nel mio cuore… temo che tu ti sia barricata dentro
e abbia buttato la chiave!
Spero
solo che ti trovi bene con le altre che già lo abitano…”
Storie
Era
un bambino. In una casa al limitare di un bosco.
Nella
terra delle fate.
Occhi
nocciola. E un sorriso istintivo, che gli riempiva il cuore.
Solo
un bambino… un bambino incatenato dalla volontà del padre.
Che
nelle notti d’Irlanda, fra le coltri del suo letto, piangeva.
Perché
era solo un bambino, ma, per chi lo aveva generato, aveva già fallito.
Era
un bambino. In una casa in una grande strada.
Nella
città più importante del mondo.
Occhi
azzurri per un volto timido, che aveva quasi paura di sorridere.
Solo
un bambino… un bambino che era il cuore di sua madre.
Che
nelle nebbiose notti li Londra, fra le sue braccia,
poggiava il volto sul cuscino, e sognava.
Mentre
lei lo vegliava in silenzio.
Un
cuore chiuso, infranto, pieno di livore.
Sanguinante
per le ferite di milioni di spilli.
Una
vita nera sotto un sole che brillava.
E
urla. Urla nella testa e nelle orecchia.
Liti.
Aspettative deluse.
Ordini
e disobbedienze.
Un
cervello che reagiva.
Al
disprezzo, all’odio, alla violenza.
Con
disprezzo, con odio, con autodistruzione.
Un
ragazzo.
Che
a ventisei anni voleva
solo ferire.
Voleva
solo fuggire. E non ne aveva la forza.
Un
cuore vivo, pieno di poesia.
Dolce
per l’amore di chi lo amava.
Una
vita tranquilla sotto un sole incerto.
E
baci. Leggeri sulle tempie, e carezze fra i capelli.
Parole
sussurrate fra i sorrisi.
Un
pianoforte che suonava mentre lui lo ascoltava.
Un
ragazzo.
Poco
più di vent’anni, e l’anima piena di progetti.
Con
il coraggio di affrontare il mondo.
Credeva
di non avere niente, tranne sua sorella.
Occhi
nocciola e piccole braccia calde attorno al collo.
Raccontava
bugie, alle ragazze, di notte.
Perché
si portassero l’angoscia ed il dolore.
Tante.
Senza mai amare.
Ogni
volta più arrabbiato per quanto allegro era stato.
Continuando
ad amare solo sua sorella.
E
un padre che non avrebbe mai potuto deludere abbastanza.
Amava
il mondo e la sua gente.
E
sua madre, occhi azzurri illuminati da lui.
Amava
parlare alle persone, nonostante il suo imbarazzo.
E
al quaderno rilegato di pelle a cui confidava i suoi pensieri.
Amava
una donna. Una. Ed era il mondo.
E
la gioia nel suo petto quando la vedeva.
Giorno
dopo giorno, senza dirle nulla.
Senza
neanche volerle parlare.
Pago
solo di osservarla, e di nutrirsi della sua bellezza.
Uscì
di casa pieno d’ira.
Come
sempre.
Ferito.
Lacrime nel cuore che non giungevano agli occhi.
Con
il pianto di sua sorella nelle orecchia. E le urla di
suo padre. Mentre gridando lo scacciava. E gli ingiungeva di non fare ritorno.
Lo
pensava. Lo sapeva.
E
lui… non era più tornato.
Era
felice quella sera.
Perché
l’avrebbe vista.
Nella
tasca del cappotto i suoi fogli di poesie.
Sorrideva.
Anche
se forse non le avrebbe detto niente.
Baciò
sua madre prima di lasciarla.
E
sulla porta lei sospirò piano.
Fu
ingannato quella notte.
E
rise.
E
il suo compagno fu il vino.
E
un amico che non era nessuno.
Fu
ingannato da una donna e dai suoi sensi.
E
da quello che non era, e che avrebbe sognato…
Lo
ferirono. Con le parole e il loro riso.
Ma
non pianse. Non per loro.
Solo
lei aveva il potere di colpirlo veramente.
Lei
che teneva il suo cuore nella mano.
E,
quando cercò di consolarla e le aprì la sua anima, lei decise.
E
lo distrusse.
A
casa, nessuno lo aspettava.
Alle
finestre nessun fuoco acceso.
Solo
un sospiro di fanciulla tendeva l’orecchio,
sapendo
che attendeva invano.
Era
stato cacciato, e, così, non sarebbe tornato.
Sua
madre, alla finestra, lo attese a lungo.
Per
tutte le ore che portarono all’alba.
Tremando,
con le lacrime agli occhi.
Finché
la luce del sole non le trafisse il cuore.
Morì
in un vicolo buio.
Ucciso
da una prostituta bionda.
Un
demone. Che aveva visto
un ragazzo solo darsi arie da uomo.
Lui
la seguì, e lei gli offrì il mondo.
E,
per una volta, si sentì voluto.
Ubriaco,
arrabbiato, il cuore arso da uno stillicidio infinito, lei gli chiese di
chiudere gli occhi.
E
Liam li chiuse.
Dopo,
non emise alcun lamento.
Morì
per gioco.
Per
lo scherzo di tre demoni.
Ucciso
dalla bocca di una pura fanciulla.
Non
la seguì. Fu lei a trovarlo.
Con
il cuore spezzato e le lacrime agli occhi.
Gli
parlò della sua anima, e ci ciò che era.
E
fu come se gli leggesse dentro.
Gridò, William, mentre i suoi denti colpivano.
Gridò.
Però non servì a niente.
Lo
ritrovò una prostituta che tornava a casa.
Come
quella che lo aveva ucciso.
Pensò
solo che fosse ubriaco… perché quel ragazzo, ubriaco, lo era sempre.
E
poi… gridò.
Sua madre seguì le tracce delle sue poesie.
Strappate
e sparse per la strada scura.
Lo
prese fra le braccia, e pianse, e Londra si piegò sui suoi lamenti.
Finché
non ebbe più lacrime da spargere invano.
Li
uccise tutti.
Il
vampiro dagli occhi nocciola.
Coloro
che lui amava. Coloro che lui odiava.
Senza
sentire nulla.
Demone
atroce dietro il volto di un uomo.
Lasciando
suo padre straziato contro un muro, e sua sorella accasciata sulla porta.
Non
la tradì.
Il
vampiro dagli occhi azzurri.
E
lei non pagò mai perché era sua madre.
Sentì
la gola ardere di sangue.
E
diventò ogni giorno più feroce.
Per
la bocca di chi lo aveva ucciso, e per un demone dietro due occhi nocciola.
Andò
via.
Dalla
sua città e dal suo passato.
E
dalle lacrime amare di chi lo aveva amato.
Gli
ridiedero un ‘anima. La sua.
Dopo
più di cento anni.
L’anima
di un ragazzo che, solo, aveva distrutto se stesso.
Gli
ridiedero cento anni di sangue.
Cento
anni di dolore.
Lo
invecchiarono. In un secondo… Di cento lunghi anni.
E
ora nessuno, sulla terra, conosce meglio il tormento della colpa.
Gli
ridiedero, per vendetta, ciò che nessuno poteva portare.
Il
sangue di sua sorella sulle dita.
Nessun
rimorso.
Per
cento anni.
Nessuna
pena per coloro che uccideva.
Solo
il grido di un demone. Solo esaltazione.
Solamente
la sua Regina nera.
Ogni
cosa per lei. Ogni delitto per lei.
Ogni
stilla di sangue versato. Per lei.
Per
cambiare per lei.
Per
essere degno di lei.
Di
Drusilla.
E
soffocare quel ragazzo che era stato.
Nessun
amore. Mai.
Per
duecentocinquant’anni.
Solamente
dolore e tormento.
E
rimpianto che non lasciava sonno.
Finché
felicità divenne un attimo di quiete, o un colpo così forte da tramortirlo al
suolo.
Nessun
amore. Per duecentocinquant’ anni.
E
poi, all’improvviso, un volto.
Nessun
amore, per duecentocinquant’anni .
E
poi, in un istante, fu perso.
Credeva
che fosse eterno.
Come
le stelle del cielo e le acque del mare.
Credeva
che fosse abbastanza.
Per
lei e per il suo cuore nero.
Credeva
di averle dato tutto ciò che voleva…
E
credeva… credeva che lo amasse…
Credeva
che il cuore di un demone non potesse più piangere.
Se
avesse scommesso, quel giorno avrebbe perso.
L’amò
tanto finché divenne amore.
E
per amore dimenticò se stesso.
Per
amore sentì le sue carni straziate e il suo corpo fatto a pezzi, e, quando fu
finita, seppe solo che lei esisteva ancora.
La
lasciò. Per amore.
E
per amore rinunciò al suo sogno.
Eppure,
il suo cuore era ancora sano.
E
con la sua ombra scolpita per sempre.
Lui
che mai era stato innamorato.
Una
vita distrutta per amore.
Un
demone forgiato per amore.
E
poi la solitudine, fredda come ghiaccio.
Per
chi mai era stato da solo.
Pensava
che non avrebbe mai più amato.
E
invece, ancora, l’amore rise alle sue spalle.
Ricomponendo
i pezzi del suo cuore freddo, per poi riuscire a frantumarlo ancora.
Vive
lontano da lei.
E
lei lo ama.
Come
si ama chi non si può capire.
Guarda
la notte, e sente freddo al cuore.
E
sempre, spera solo in un secondo di pace.
C’è
un ‘ombra sulla sua anima affranta.
E
porta un nome che sa di lacrime amare.
Le vive accanto.
E
lei lo odia.
Come
si odia un nemico mortale.
Sente
il suo cuore mutare. Cammina sui suoi piccoli frammenti.
E
si ripete che potrà cambiare.
Perché
non si arrende allo scherno dell’ amore.
Portavano
lo stesso nome quando il sole li baciava.
Eppure
niente li rendeva uguali.
Legati,
e separati come un satellite e una stella.
Come
due lati di un fiume vorticoso.
Amina
e demone.
Ombre
in cui scintilla luce, e luce in cui cova l’ombra.
Nemici.
Nati dallo stesso sangue.
Eppure,
non si sono mai
odiati.
Occhi
nocciola e occhi azzurri, e cuori senza vita.
Due
scelte… e due rive che convergono.
Un
satellite che si avvicina alla stella.
Quando
il sole li baciava, allora, portavano lo stesso nome.
Eppure
niente li rende ancora uguali…
Fuorché
l’amore disperato per la stessa donna.
E
la sofferenza che lei procura loro.
Fine