LASCIA CHE TI RACCONTI ….


PROLOGO



DISCLAIMER: I personaggi di Buffy the Vampire Slayer ed Angel: the Series appartengono a Joss Whedon, la ME, la WB e la Fox. Tanya e tutti gli altri personaggi che non avete mai visto nella serie sono creazione delle autrici.

Non scriviamo a scopo di lucro e non intendiamo violare alcun copyright.

AUTHOR: Mary & Sue.

PAIRING: Accennato Angel/Kate e Spike/lo scoprirete leggendo i prossimi capitoli

RATING: A, AU

SPOILERS: Le due serie…distorte per l’economia di questa storia, e quando diciamo distorte, intendiamo *veramente* distorte…rivoltate in alcuni casi come un calzino.

TIMELINE: 1900, Cina, Rivolta dei Boxer, secondo gli eventi di "Fool for love" e "Darla" e Los Angeles 2001 subito dopo gli eventi di "Ephifany".

SUMMARY: Spike inizia a raccontare a Kate come una sola decisione presa contro il suo volere abbia cambiato il corso della sua vita.

DISTRIBUTION: Il nostro sito: Due Uomini e Una Gatta, chiunque altro…basta che chieda.

NOTE. Sue’s notes: questa fan-fiction, è nata, come al solito al telefono. Era una notte buia e tempestosa, ed io stavo facendo I complimenti alla gatta Mary per la sua fan-fiction: "EROE PER FORZA" , in precedenza avevamo immaginato un seguito per quella fan-fiction, nel quale Angel e Spike placcavano Joss Whedon esordendo in questo modo: "Insomma, qual è il tuo trauma infantile?" di lì siamo partite con un ragionamento un po’ più serio, ovvero cosa sarebbe accaduto se Spike non avesse ammazzato la prima cacciatrice, se Angel fosse intervenuto per fermarlo? Come spesso, anzi, come sempre ci accade, l’idea si è ingrandita, fino a diventare una fan-fiction in piena regola. È un progetto abbastanza ambizioso, ce ne rendiamo conto, ma ehi! Amiamo entrambe una bella sfida. Gli eventi della serie vengono distorti partendo da un singolo istante, una singola decisione presa. Gli Spike ed Angel di questa fan-fiction sono in parte diversi da quelli della serie, e la nostra è una cosa voluta. Buona Lettura!

FEEDBACK:


A Sabrina, che ci ha fatte incontrare, che ci regala ogni giorno il dono inestimabile della sua magia, e che ha riempito una fetta dei nostri cuori con qualcosa di inestimabile e prezioso... lei stessa.


Da Mary a Sue.

Non esistono parole per esprimere quello che sei diventata per me.

E, forse, non devo neanche cercarne perché tu comprenda.

Solo… apri il tuo cuore…


A David e James, due attori meravigliosi, per aver dato un sogno a due ragazze, e, follia per follia, a Angel e Spike, che a questo sogno hanno dato un nome.

Grazie.


Prologo

Los Angeles, 2001

Angel.

Si, Angel.

Kate non sapeva nemmeno se desiderare di più che fosse lui, alla porta, o che non lo fosse.

Forse, desiderava entrambe le cose.

E, come sempre, non poteva averle.

Come non aveva potuto salvare sue madre.

Come non aveva potuto ottenere la stima di suo padre.

Come non aveva potuto diventare una brava poliziotta.

Come non aveva potuto combattere il male, finendo col lasciarsi manipolare da esso.

Come non aveva potuto capire.

Come non aveva potuto avere degli amici, o una famiglia.

Come non aveva potuto impedirsi di distruggere la sua stessa vita, e come ora non poteva più riaverla indietro.

Come non poteva riavere indietro Kate.

La Kate che era stata.

Quella che aveva creduto di fare qualcosa.

Prima di un caso come gli altri, prima di due occhi intensi.

Prima di Angel.

La Kate che di notte riusciva a dormire, la Kate che aveva tutte le risposte.

La Kate che avrebbe riso in faccia a chiunque le avesse detto che un giorno sarebbe stata talmente disperata da vuotare un flacone intero di sonnifero, innaffiandolo d’alcool…

O talmente debole…

O talmente vigliacca…

O talmente stupida…

O talmente sola…

O talmente spaventata…

O talmente stanca…

La Kate che ingoiava le sue emozioni, che soggezionava i colleghi più giovani e le reclute, e non questa… creatura patetica, riflessa impietosamente dallo specchio.

Pallida, tirata, le occhiaie scure e l’espressione spenta che parevano smentire il fatto che fosse già passato quasi un giorno da quando lui era venuto .

Da quando l’aveva salvata.

E lei gli aveva chiesto di andarsene.

Perché non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi.

Perché si vergognava troppo di se stessa.

E ora il campanello suonava, e lei non sapeva se desiderare più che fosse lui o che non lo fosse.

Fissò le iridi chiare di quella donna allo specchio, e si chiese cosa gli avrebbe detto se fosse stato davvero Angel…

Si chiese se lo avrebbe solo ringraziato, oppure avrebbe lasciato che quel macigno che le opprimeva il cuore si sciogliesse… e gli avrebbe spiegato perché…

Se c’era un perché… un altro che non fosse la sua triste debolezza…

E si chiese se magari non le sarebbe bastato voltarsi… di nuovo…

Si chiese se magari lui non era già dietro di lei… e la osservava, come poche ore prima…

Ma non era così, naturalmente.

Sarebbe stato troppo facile…

E nella sua esistenza nulla era mai stato facile… tranne sbagliarsi…

Era lei a diversi muovere.

Lei a dover accendere il fuoco per bruciare la sua anima.

Come aveva fatto quando aveva deciso di credere in lui, e aveva continuato a farlo, nonostante tutto, nonostante fosse la sua stessa mente a non volerlo.

O quando gli aveva puntato addosso una pistola.

Lei doveva aprire le porta della sua vita.

Per cui, poteva aprire anche quella di casa.

Non era lui.

Non era Angel.

Ma era un Vampiro.

Come lui.

Più giovane di lui.

Magro, nervoso, con corti capelli ossigenati, zigomi affilati e penetranti occhi grigio-blu.

Kate lo conosceva.

E aveva già visito l’espressione cupa del suo volto.

Kate sapeva il suo nome.

E sapeva chi era.

Per un secondo, rimase a guardarlo, la mano ferma sulla maniglia. Poi si voltò, lasciando aperta la porta.

"Entra." Mormorò.

E Spike entrò.

Entrò dietro di lei, chiudendosi la porta alle spalle.

Isolandola dal mondo.

Kate Lockley, ex detective della omicidi, ex prima allieva all’accademia, ex signorina sicurezza in se stessa e nelle proprie capacità, ex tentativo di suicidio, e William il sanguinario.

Lo specchio di un perfetto tentativo di finire ciò che aveva cominciato.

Si lasciò cadere sul divano, abbandonando la testa all’indietro, senza guardarlo, improvvisamente così esausta che le pareva di non riuscire nemmeno a muovere un muscolo.

"Ti ha mandata per me?" Chiese in un soffio.

Il vampiro le passò di fianco, e volgendole le spalle scostò leggermente le tende di una finestra, e guardò oltre, in strada.

O, almeno, sembrò farlo.

Trascorse quasi un minuto prima che si voltasse, un ‘espressione indecifrabile sul volto serio. Più serio che nella maggior parte delle volte in cui Kate lo aveva visito… ma non in tutte.

"Non è stata certo un ‘idea mia!" Dichiarò, con la sua voce bassa e forte. "Ero occupato in qualcosa di molto più piacevole che venire qui e guardare la tua bella faccia!

Ma sai com’è fatto Angel!

Si preoccupa del mondo intero, anche se stavolta" Continuò, fissandola ." pare proprio che non avesse tutti i torti… "

Kate fissò gli occhi nel vuoto, senza rispondergli.

Chiedendosi perché mai le sue parole, e l’insolenza con cui le aveva pronunciate non suscitassero in lei nessuna rabbia e nessuna umiliazione.

E rispondendosi che, forse, era arrivata troppo al limite anche per quello.

O magari, semplicemente, perché era la verità.

"Digli che sto bene.. " Mormorò piano.

"Oh, si, si vede!" Esclamò lui, prendendo un pacchetto di sigarette dalla tasca del suo lungo spolverino di pelle nera. "Hai un aspetto favoloso, il ritratto della salute… dopo che è passata per un frullatore elettrico!"

"Ti spiacerebbe non fumare! Mi appesterai la casa!"

Lui mugugnò, accendendosi la sigaretta fra le labbra.

" Come no! Dovessi mai affievolire questo meraviglioso afflato di alcool!

Non dirmelo, Angel mi ha buttato giù dal letto perché l’orgoglio del distretto di polizia si è messo a bere per dimenticare e ha perso il conto dei bicchierini?!

Carino… la prossima volta, ricordatemi di spaccargli il muso… o almeno di provarci!"

"Non sono più un poliziotta… " Soffiò Kate, sollevando le gambe sul divano. " e non volevo dimenticare… volevo uccidermi…"

Lo fissò, cercando una reazione nei suoi occhi chiari. Ma non ne vide.

Non vide assolutamente nulla.

Avrebbe dovuto pensare che fosse normale… dopotutto, lui era un demone, cosa poteva importargli di un essere umano…

Ma Kate sapeva che non era così.

Lei lo aveva visto…

Lo aveva visto preoccuparsi per un essere umano.

Lo aveva visto amare un essere umano.

Eppure, i suoi occhi erano pozze azzurre mentre prendeva una boccata di fumo e aggirava la poltrona davanti a lei, sedendosi poi lentamente.

"E le due cose… " Mormorò, spegnendo la sigaretta nel suo piattino di vetro verde." Erano conseguenti o soltanto contestuali?"

Kate aggrottò la fronte.

"Parli come uno scrittore…"

"Oh, davvero?!" Fece lui, inarcando le sopracciglia.

"Si…"

"Sei molto intuitiva… è una cosa che ho sempre pensato …"

"E allora perché mi sembra che tu pronunci intuitiva ma voglia dire idiota?"

Spike si tese in avanti, appoggiandosi ai braccioli della poltrona.

"Sei giovane, sei forte, non stai morendo di fame… " Scosse le spalle. " Idiota è il minimo!"

Kate distolse lo sguardo.

Un ‘idiota… quante volte se lo era ripetuto negli ultimi giorni, nelle ultime ore?

Un ‘idiota…

Una patetica idiota…

"Vorrei che non avessi ragione…"

"Un ‘idiota onesta…"

"E vorrei che te ne andassi…"

Spine fece una smorfia, e un attimo dopo si alzò, allargando le braccia.

"Non c’è problema!" Esclamò, ma cambiò idea subito dopo, e sul suo volto si dipinse un ‘espressione che era uno strano miscuglio di delusione e divertimento. " Anche se, a pensarci bene, non mi piacerebbe finire fra le mani di Angel se tornasse da Sunnydale e trovasse che non ho fatto la brava baby sitter!"

Si tolse lo spolverino, gettandolo sullo schienale della poltrona, e tornò a sedersi, mettendosi comodo e fissandola come se dovesse spuntarle da un momento all’altro una seconda testa.

Con uno sguardo da " centenario pieno di risposte" che, finalmente, ebbe il potere di penetrare attraverso il muro di apatia che la circondava… o fu l’insolenza dei suoi occhi a farlo?

Strinse le labbra, sentendosi vitale per la prima volta dacchè Angel l’aveva lasciata.

" Che cose vuoi da me, Spike?" Scattò." Perché continui a provocarmi?"

Di nuovo, lui sollevò le sopracciglia, e di nuovo parve stupito del suo intuito.

"Forse" Mormorò piano, sfiorando il bracciolo con la punta delle unghie, vistosamente dipinte di nero." perché non mi piace trattare con un’ameba?!"

"Ah, piantala !" Gridò quasi Kate, scattando in piedi. " Che cosa vuoi che faccia?

Che urli, che strepiti, che mi strappi i capelli dalla testa?!

Che pianga?"

Spike sembrò pensaci sopra.

" Preferirei le grida, ma se a te vanno meglio le lacrime…"

"Perché ?" Esclamò Kate. " non cambierebbe nulla…"

Tornò a cadere sul divano, prendendosi la testa fra le mani.

" non cambierebbe quello che ho fatto… non cambierebbe quello che sono…"

" Un ‘isterica?"

Lai alzò gli occhi.

"Una cosa."Mormorò, e si disse che quello cera proprio il momento giusto per mandarlo via… o per scoppiare a piangere.

E invece non fece nessuna delle sue cose.

" Sono solamente una cosa…" Ripeté. "Un oggetto… che fino a poco fa non sapeva neanche di esserlo …

La squallida imitazione di un essere umano…"

Scoppiò a ridere, senza guardarlo, gli occhi fissi su ciò che era accaduto nei giorni precedenti, e di cui non aveva mai parlato con nessuno…

"Non è assurdo?!

Ero così sicura!

Così fiera di quello che facevo!

Mi vedevo come un’ amazzone salvatrice di innocenti… e chiunque avrebbe dovuto passare sotto le forche del mio giudizio…

E invece mi hanno sempre usata…

Come un burattino, come una bambola senza ragione.

Inseguivo Angel, cercavo un motivo per odiarlo, mi ripetevo che era un mostro, e invece erano loro ad usarmi contro di lui…"

"Angel!" Esclamò Spike,." Dovevo immaginarlo che la colpa era sua, in un modo o nell’altro!"

La sua voce era bassa, piena di ironia tagliante, e fu sorpreso quando Kate gli si rivoltò contro, raddrizzandosi a sedere e sfidandolo con i propri occhi chiari.

"Sua!" Gridò. " No!

Non sua, mia!

Mia, lo capisci!

Mia!

Mi sono fatta usare!

Mi sono fatta trasformare in un oggetto e non ho mai capito niente!

Mai!

Dal momento stesso in cui ho conosciuto Angel mi hanno usata come un ‘arma contro di lui!

Hanno ucciso mio padre, mi hanno buttato sotto gli occhi tonnellate di prove, documenti, false soffiate… hanno fatto in modo che mi affidassero i casi giusti, mi hanno messo costantemente sulla sua strada perché lo danneggiassi! Perché gli impedissi di fare il suo lavoro!

Perché diventassi un ostacolo che non si poteva limitare a impalettare e via!

Hanno… costruito tutto!

Mi hanno fatto lavorare agli omicidi di Penn, chiudendo la bocca al mio capo quando le mie " teorie" su Angel erano diventate troppo assurde, e poi, quando nemmeno questo è bastato per farmelo odiare, quando ho continuato a … chiudere un occhio su quello che lui faceva… quando non sono state un … cucciolo abbastanza bravo a mordere, hanno pensato di uccidere mio padre… di coinvolgerlo in uno dei loro giri schifosi e poi farlo ammazzare da due vampiri!

E io ho scaricato su Angel tutto il mio senso di colpa!

Tutta la mia frustrazione e la mia impotenza per non essere riuscita a salvarlo!

Perché ero troppo debole per accettare che fosse successo, e che fosse stata colpa mia… perché avevo bisogno di qualcuno da incolpare!

Lui era l’unica persona che avevo… e non l’avevo salvata…

E l’assurdità è che è colpa mia molto più di così! Perché lui è stato ucciso sono perché io potessi odiare Angel!

Solo… perché era mio padre…"

Boccheggiò, senza fiato per la violenza del suo sfogo, mentre davanti a lei Spike continuava guardarla, con la schiena appoggiata alla poltrona.

E non c’era scherno nei suoi occhi, ne disprezzo

Non c’era niente di tutto ciò che le aveva reso la propria immagine riflessa nello specchio.

Quello che Kate lesse in quegli occhi era qualcosa di incoerente, quasi impossibile da accettare sul volto di un demone.

"Guardami…" Continuò. "Mi dico che avrei dovuto essere davvero un bravo poliziotto… che non avrei dovuto lasciar perdere tante volte, che avrei dovuto indagare davvero su Angel, fermarlo davvero, arrestarlo davvero tutte le volte che ne ho avuto una ragione, perché così ora mio padre sarebbe vivo… ma io sarei disperata perché mi sarei fatta usare per distruggerlo… non l’ho fatto e invece mi tormente perché questo ha portato all’omicidio di mio padre!

Sono sempre stata senza scampo!

E il risultato è che mio padre è morto, mentre Angel ha dovuto vedersela anche con la mia assurda acrimonia!

Ho fallito!" Gridò." Ho sempre fallito!

Ho distrutto la mia vita con la mia stupidità e adesso non c’è più niente…

Credevo di essere una brava poliziotta, credevo di essere almeno stimata per questo, e invece non ero nulla!

Mi hanno buttata fuori enumerandomi uno a uno ogni mio errore, e poi sono stata rapita, e quella dannata donna ha riso mentre mi elencava tutte le volte in cui ogni mia mossa è stata pilotata, e mi ha minacciata , e le sue parole mi sono entrate nel cervello…

E quando sono tornata a casa avevo paura… paura della mia stessa ombra…"

"Darla…" Sussurrò Spike, ma Kate non lo sentì nemmeno.

Si alzò di nuovo dal divano, di scatto, e raggiunta la consolle vicina al muro afferro la scatola di cartone rosso che ci aveva posato sopra il giorno prima , allungandola verso di lui, mostrandogleila.

"Ecco!" Esclamò. " guarda!

Questa è tutta la mia vita!

Il mio lavoro, i miei progetti, il mio… delirio di grandezza… niente!"

La gettò a terra, e gli oggetti che una volta erano stati sulla sua scrivania sobbalzarono all’interno.

"… niente…"

Tornò a sedersi, fissando le sue mani vuote, mentre la rabbia, lentamente, scemava, trasformandosi nuovamente in angoscia.

" Avrei potuto vivere con la paura… con le minacce... ma questo… la consapevolezza di non essere più neanche un persona… di avere fatto del male a Angel…e così ingiustamente…"

Sollevò gli occhi, incontrando nuovamente quello chiari di Spike.

"E tu credevi che volessi dare la colpa a lui… di nuovo…

Lui mi ha salvata… e io non ho avuto nemmeno il coraggio di guardarlo… non ho avuto il coraggio di fissarlo negli occhi e chiedergli scusa…

Sono stata troppo vigliacca… tanto vigliacca da credere di poter scappare con… con una scatola di pastiglie!

La conclusione patetica di un ‘esistenza patetica!"

Abbassò la testa, e senza che nemmeno se ne rendesse conto la mano le scivolò al lato del collo, fino a sfiorare distrattamente il segno sulla sua pelle, il segno di Angel, cominciando ad accarezzarlo, come infinite volte le era già accaduto dacché l’aveva morsa.

" Come ci si può tirare fuori da questo…" Mormorò. " Mio Dio, ho commesso errori troppo gravi…

Non riesco neanche a … pensare di potermi alzare, domani, e sapere quello che mi hanno fatto e quello che ho fatto io…"

Strinse le mani, e aspettò che Spike parlasse, ma lui non lo fece.

E, del resto, perché mai avrebbe dovuto?

Lei… lei non sapeva nemmeno perché gli avesse detto quelle parole… perché gli avesse aperto una porta nella sua anima che non aveva mai fatto sbirciare a nessuno… nemmeno ad Angel.

Forse, perché , in quel momento, Spike era lì, mentre Angel non c’era… o perché non c’era nessun altro… in tutta la sua vita…

O solo perché l’aveva provocata, distruggendo un muro che Kate non sapeva più riparare.

Era assurdo.. ma cosa non lo era nella sua esistenza?

" Che bello… " La voce di Spike la scosse, facendola trasalire. " si prospetta proprio una serata interessante…"

Lei sospirò, abbandonandosi nuovamente sui cuscini.

" Perché non te ne vai a casa…

Di a Angel che sto bene… che non ci riproverò se è di questo che ha paura…

Una follia di commette una volta, non due di seguito…"

"Sottovaluti il genere umano… Kate…. "

Aveva esitato prima di pronunciare il suo nome, come se non sapesse se farlo o meno, ma fu un attimo, così rapido che Kate pensò di averlo solo immaginato.

" O forse sopravvaluto me stessa…" Ingoiò."Oh, Dio…mi sembra di affondare nel fango, e che non riuscirò mai più respirare liberamente…"

Inaspettatamente, sul volto di Spike si disegnò un sorriso , e lui scosse la testa, strizzandosi gli occhi con le dita.

All’anulare della mano sinistra, l’anello che portava sempre, e che Kate gli aveva notato fin dalla prima volta che lo aveva visto, scintillò leggermente in un balugino d’argento.

Si era sempre chiesta perché lo portasse.

Era un anello particolare, a cui di solito si attribuiva un significato speciale.

Un anello identico a quello di Angel.

Una Claddagh.

Una contraddizione in termini, al dito di un Inglese.

"Già… " Mormorò il vampiro, senza smettere di sorridere. " conosco la sensazione…"

" Davvero?" Kate sollevò il volto.

Lui non le rispose.

Senza girarsi, affondò la mano nella testa dello spolverino e tirò fuori il pacchetto delle sigarette. Poi ne prese una e l’accese, portandosela pigramente alle labbra.

" credi di essere caduta in basso… " Disse, appoggiandosi allo schienale della poltrona, con una sottile voluta di fumo che gli sfuggiva dalle labbra pallide, e i suoi capelli che sembravano quasi bianchi in contrasto con la pelle nera dello spolverino. " Bè, lascia che ti racconti una storia…"

Kate lo guardò, stupita.

"Una … storia? " Ripeté.

" Già. Una storia… ma non il genere di storia che si racconterebbe ad un bambino. "

Prese un ‘altra boccata, e Kate si stupì a non desiderare nemmeno più che la spegnesse.

" Una storia… come potrei definirla…" Un altro sorriso gli salì alle labbra. " una storia di cadute e risalite…"

" Chissà perché…" Mormorò lei. " ho l’impressione che sia anche una storia vera…"

"Già… e si tratta di una strana… strana storia…"



Pechino, 1900

Il tempio era cremisi.

Come inondato di sangue.

Illuminato dalle fiamme tenui delle candele e dal fuoco che devastava le strade, come un mostro richiamato alla vita che chiede nutrimento per placare la sua fame.

Urlando, contorcendosi, riversandosi, attraverso le finestre, nella grande stanza fatta per pregare.

Portando come tributo l’odore acre del legno bruciato, e del fumo che copriva la città.

Confondendosi nelle onde inarrestabili del dolore, nelle grida terrorizzate delle vittime, nelle urla di guerra dei carnefici, nello scorrere del sangue che innaffiava quella come innumerevoli altre notti.

Pechino stava bruciando, fuori dal tempio, e si divincolava disperatamente nell’ inutile tentativo di sottrarsi alla follia degli uomini.

Cinesi contro Occidentali, tradizione contro innovazione, impero contro imperialismo.

Follia, come "lui" aveva visto centinaia di volte.

Follia umana, con migliaia di motivi e nessuna ragione.

Solo uomini contro uomini.

Sangue che si mischiava a sangue.

Uguale.

Quello dei Cristiani scannati dai Boxer per le strade illuminate dal fuoco e quello dei Cinesi trapassati dalle pallottole inglesi e dalle baionette tedesche.

Con lo stesso odore.

E lo stesso sapore…

Ambizione contro ambizione.

E dolore che pagava l’odio.

Follia… sempre uguale…

Che si odorava, mischiata alla paura, e alla rabbia, e al sangue, e spaccava i timpani, e penetrava nel cervello con le grida dei feriti e il fischio delle pallottole, e il crepitio del fuoco.

E l’urlo dei cannoni che sembravano squotere il tempio dalle fondamenta, facendolo tremare, come se anche l’edificio stesse implorando gli uomini di porre fine a quel massacro.

Eppure, nessuno dei due combattenti poteva udire la sua richiesta, come non udiva i cannoni, o le grida straziate dei senza scampo.

Come non udiva il torcersi del fuoco, o la paura che gli vibrava intorno.

Come non sentivano la sua presenza nell’ombra.

Sentire… udire… voleva dire distrarsi.

Distrarsi voleva dire morire.

Perché ognuno dei due sapeva che da quello scontro dipendeva la propria esistenza.

Eppure, essi non combattevano per sopravvivere.

Essi combattevano per uccidere.

Perché uccidere era in loro.

Era il loro istinto.

La loro natura.

Riflesso nei loro occhi e in ognuno dei loro gesti.

Il demone e la fanciulla.

Il mostro e l’uomo.

Il vampiro e la Cacciatrice.

Come da sempre era stato. Fin dall’inizio della storia.

Com ‘era nell’ordine naturale delle cose.

Ma quello non era uno scontro normale, il ripetersi identico e sempre diverso del gioco eterno fra due nemici naturali.

Un altro, ennesimo duello di sangue da cui uno solo dei due sarebbe uscito.

Non per la creatura che l’ombra sottraeva ai loro occhi.

Per colui il cui cuore senza vita seguiva da minuti eterni ogni passo di quella danza mortale.

Non per colui che li spiava.

Occhi nell’ombra che viaggiavano insieme al fuoco, frugando fra i riflessi di sangue che gli incendi regalavano ai guerrieri.

Attendendo un momento che non aveva volto, ma che avrebbe riconosciuto al suo stesso apparire.

Mentre davanti a lui i nemici combattevano, ignari della sua presenza e della tragedia, più grande di loro, che straziava l’anima stessa della terra.

Erano diversi, il vampiro e la Cacciatrice, come si conveniva a due nemici.

Ed erano letali, come armi affilate per combattere su due opposti schieramenti.

Solo una bambina, lei, il volto poco più che infantile incorniciato da lunghi capelli scuri raccolti in una treccia. Il corpo minutissimo, sottile, agile come un filo d’erba, come il vento.

E la sua spada un fulmine, una saetta impugnata da mani minuscole.

Un mostro, lui, creste ossute che gli deformavano la fronte e un viso che conservava appena il ricordo di armonia della sua maschera umana.

Nervoso, scattante, vestito come un ragazzo, perché di un ragazzo aveva il corpo, e ad un ragazzo doveva assomigliare.

Per ingannare gli uomini.

Per arrivare più vicino al collo pulsante delle sue prede.

Il fuoco dipingeva pennellate liquide di sangue sul suo viso, incendiando le iridi gialle e trasformando in un ghigno feroce il sorriso sul suo volto.

La Cacciatrice e il vampiro.

Come sempre era stato.

Come sempre sarebbe rimasto.

E come sempre gli uomini avrebbero ignorato.

In uno scontro che innumerevoli volte, esattamente come allora, fino all'ultimo era rimasto senza alcun vincitore.

E "lui" lo sapeva.

Nonostante ciò che i suoi occhi vedevano.

Nonostante l'evidente superiorità della prescelta.

Nonostante il modo in cui incalzava il vampiro, e lo colpiva, in una successione di movimenti rapidissimi e precisi.

Nonostante la sua spada vibrasse, e gridasse nell'aria.

Come luce fredda.

Come gli occhi del vampiro.

Colpì, e il sangue del mostro schizzò fuori dalla sua carne, facendolo ringhiare e ridere.

Quasi fosse già certo della sua vittoria.

O come se non gli importasse.

Attaccò, tendersi di nervi agile e mortale, mani nude e ferocia contro una spada e una missione.

Ombre di fiamma nera sulle pareti del tempio.

Così rapide che nessun essere umano avrebbe potuto seguirle.

Ma "lui" poteva.

Perché "lui" non era umano.

"Lui" vide la Cacciatrice affondare, e la sua spada stridere contro la roccia verde di un idolo.

E vide la ruota della vita volgersi, e il vampiro sfiorare con la dita la vittoria, e poi farlo ancora, spinta dalla passione di una bambina.

Dalla sua missione.

Dal suo desiderio di distruggere il proprio nemico.

Lo inchiodò contro il muro, il piede sollevato fino alla sua gola., e nella mano della prescelta roteò un paletto.

Allora, "egli" si mosse, uscendo dalle ombre, tendendosi verso ciò che anche i suoi occhi antichi vedevano, ormai, come la fine.

Ma non esiste mai fine al duello di una Cacciatrice, fino a che il suo cuore non cessi di pompare, o la sua arma antica come la terra non ritrovi il suo fodero di cenere.

"Egli" lo aveva dimenticato per un solo istante, ma dovette ricordarlo, quando la città si contorse di nuovo, e gridò, e il suo grido fu il boato di uno scoppio violento, e il calore del fuoco.

E la ruota, ancora, mutò il suo corso.

Stridette, e tornò indietro, e questa volta furono le fiamme a darle il moto, quando penetrarono nel tempio varcando una finestra, vicinissime al volto dei nemici.

E la terra tremò.

Distraendo la Cacciatrice.

Turbando il suo equilibrio.

Condannandola.

Perché distrarsi, nel duello di una Cacciatrice, significava tendere troppo il filo della vita.

Un attimo, l'ondeggiare di una candela, e gli occhi della creatura videro il vampiro attaccare, e afferrare una gamba della ragazza, parando il suo colpo.

E poi le fu alle spalle, il braccio attorno alla sua minuscola gola.

E tutto era accaduto così in fretta che ancora non c'era trionfo sul suo viso, né lei aveva ancora smesso di lottare.

Ma più in fretta di come era accaduto, sarebbe finito.

Si mosse allora.

Più veloce di un 'ombra.

Chiamato dal momento che aveva atteso, e che portava il suo nome.

E mentre le zanne del vampiro si abbattevano sulla fanciulla fu dietro di lui.

E lo colpì.

Quando già i suoi denti sfioravano il collo di lei.

Cadde immediatamente.

Come aveva voluto.

Come aveva sperato.

E subito la Cacciatrice fu libera, e con una capriola si allontanò dal suo nemico, afferrando nuovamente il suo paletto prima di balzare in piedi e voltarsi.

Verso di loro.

Verso colui che l'aveva salvata, e verso il vampiro svenuto ai suoi piedi.

E fu a quest'ultimo che volse il suo pensiero, lanciandosi immediatamente su di lui, il paletto che tremava nella sua mano chiusa.

Ma, di nuovo, "lui" fu più veloce degli eventi.

Più veloce del desiderio di uccidere.

Si mise fra di loro.

Fra il paletto e il vampiro inerme.

Fra la Cacciatrice e il suo nemico.

E la mano dell’eletta si fermò. Dinanzi al suo cuore.

"No!" Esclamò, e la sua voce si perse nel crepitio delle fiamme.

"No?" Ripeté lei, gli occhi da bambina sgranati per la sorpresa, il paletto che si abbassava col suo braccio.

"Lui" scosse la testa, lentamente.

" No." Ripeté piano." Io ho salvato la tua vita.

Ora tu mi lascerai la sua."

Si voltò, chinandosi sul vampiro svenuto, i capelli biondi legati in una piccola treccia che si allargavano intorno al volto chiaro, e senza una parola lo sollevò, caricandoselo su una spalla.

" Ma non capisco… " Esclamò la ragazza dietro di lui. " è un vampiro.

Un mostro.

Perché vuoi salvarlo?

Tutto questo non ha senso!"

Per un attimo, "egli" guardò la parete. Ipnotizzato, quasi, dalla danza delle fiamme .

Poi si volse, lentamente, affrontando gli occhi scuri dell'eletta.

"Ne ha, per me…"

Allora, lei capì.

E balzò all'indietro, come un minuscolo predatore pronto a battagliare contro un nemico cinque volte più grande.

"Chi sei tu?" Sibilò, gli occhi stretti come due fessure." Dimmelo immediatamente, o ucciderò te, prima del tuo protetto!"

"Non voglio combattere…" Mormorò "lui" piano.

Ma la ragazza non gli diede scampo.

Non avrebbe potuto dargliene.

Non lei.

Non la Cacciatrice.

"Il tuo nome!" Lo incalzò.

"Angelus." Rispose lui.

E fu come se un altro colpo di cannone fosse appena esploso.

Come se non altro fuoco avesse consumato l'aria.


Bruciando negli occhi della Cacciatrice.

Togliendole il fiato.

Balzò ancora all'indietro e afferrò l'elsa della sua spada, strappandola dalla pietra come pochi minuti prima non aveva potuto e brandendola davanti a se, di taglio, mentre osservava l'uomo che le stava innanzi.

E il cui nome da cento anni terrorizzava le stesse creature della notte.

Sfidando la guerra che bruciava Pechino quando al dolore che portava con se.

Vide la Cacciatrice tendere i nervi, la vide prepararsi all'attacco, e seppe di avere una sola possibilità.

" Non voglio combatterti," Ripeté, con una sicurezza che da anni non provava più.

Da quando un altro fuoco gli aveva bruciato gli occhi, accendendo in lui fiamme che avevano seccato la sua gola.

Il fuoco campestre di una accampamento di zingari.

" Non sono qui per questo.."

"Taci, mostro!" Lo zittì lei, le iridi scure inondate da un odio molto più profondo di quello che vi aveva albergato minuti prima, quando aveva combattuto con colui che, realmente, voleva la sua vita. " Tu sei l'abominio della terra!"

Angelus deglutì, mentre le parole, nella lingua antica di quel popolo fiero, gli penetravano nel cervello, e in qualcosa che da troppo poco aveva ripreso a vivere dentro di lui.

"Si" Disse piano.

Guardandola.

Sfidandola.

Un coraggio nuovo che gli sollevava il capo. E che era il peso del vampiro sulla sua spalla a dargli.

"Io sono l'abominio della terra. Ma non voglio alzare un dito su di te.

Avrei potuto ucciderti, o lasciare che fosse lui a farlo…"

"Inganni! Io so che cosa hai fatto!"

"Voglio solo il ragazzo, non la tua vita.

Non quella di nessun altro." Strinse leggermente gli occhi." E quando uscirò di qui non sentirai mai più parlare di Angelus."

La ragazza lo fissò, il corpo sempre teso nella posizione di difesa, la lama che sembrava attendere solo di bere il suo sangue.

" Menti…"Sibilò.

"No.

Non sto mentendo.

Lascerò questo luogo, e la tua vita… e tu potrai tornare a casa, sa chi ti sta aspettando.

Ma mi difenderò se cercherai di fermarmi… e anche questa è una promessa.

C'è una cosa che devo fare… o almeno cercare di fare… e non permetterò a nessuno di impedirmi di tentare…"

Si voltò.

Lentamente.

Portando con se l'immagine degli occhi della Cacciatrice, il suo sguardo che gli bruciava la schiena come una freccia di fuoco.

Come odio.

Come l'incertezza che vi aveva letto dentro.

Come la lotta che si consumava nel cuore di lei.

Fra ragione e intuito.

Eterna ed immutabile come quella fra vampiro e Cacciatrice.

Un passo dopo l' altro, raggiunse la porta, mentre i suoi sensi sembravano spaccargli il corpo a pezzi per quanto erano tesi, volti a cogliere ogni movimento alle sue spalle.

Ogni presagio di un attacco improvviso.

Sperando.

Augurandosi che la sincerità nella sua voce avesse pesato più della fama dei suoi atroci delitti.

Quando la voce di lei risuonò alle sue spalle, lo fece insieme ad un nuovo scoppio, ad un nuovo boato improvviso di fiamme. Eppure, lui udì ogni singola parola.

"Io ti troverò…"Sibilò la bambina." Se ciò che devi fare è uccidere qualcuno."

Angelus si fermò per un attimo.

Un solo attimo sulla soglia della stanza.

"Non è uccidere qualcuno…"Rispose piano." È cercare di salvarlo."

Attraversò la porta, e un 'altra stanza ancora, prima che la guerra inghiottisse il suo corpo.

Col suo odore di sangue e le sue grida di odio e disperazione.

Nutrimento meraviglioso per le creature delle tenebre.

Che inebriava i sensi.

Che nutriva i demoni.

Ma che non poté raggiungere la mente di Angelus.

Mentre percorreva lentamente le strade dipinte di fuoco e sangue, egli sapeva colo che ancora una volta era stato al centro di qualcosa che mai, prima di allora, era avvenuto.

Perché mai, prima di allora, si era conservata memoria di una Cacciatrice che avesse volontariamente lasciato andare un vampiro.

Ne che un vampiro avesse affrontato il suo nemico naturale per salvare qualcosa che, forse, era già andata persa.

Ma lui non era come gli altri vampiri.

E nel momento in cui più che mai ne era stato consapevole, nel bruciare disperato di quella città antica, aveva fatto una scelta.

Aveva deciso di affondare la mano nel fuoco e trarvi ciò che era andato perduto.

Di tentare ciò che sembrava impossibile.

Perché la sua stessa esistenza sembrava impossibile.

Ciò che lui era.

Ciò che lui aveva.

Naturale per gli esseri che in quella città distruggevano senza neanche pensarci un bene così inestimabile.

E che lui stesso, quando il so cuore aveva pompato nel suo petto, aveva dato per scontato.

Impossibile per le creature come egli era.

Lui… aveva un 'anima.

*****


Che diavolo ci faceva in quella casa, con quella donna? Pensò Spike, interrompendo per qualche istante il suo racconto.


Quello non era il suo posto, soprattutto quella sera.


Avrebbe dovuto dire di no ad Angel, quella era la verità…ma non era mai riuscito a farlo… figurarsi ora, dopo quanto era appena avvenuto, dopo il dolore delle ultime settimane….al diavolo, dopo il dolore degli ultimi anni… anche se ciò che Angel gli aveva chiesto era stato di badare a Kate mentre lui andava a Sunnydale…proprio in una serata che sarebbe dovuta essere speciale…una celebrazione.


La verità comunque, continuava ad essere che quello non era il suo posto.


Angel avrebbe dovuto stare lì con lei, era evidente che Kate avrebbe avuto bisogno di lui.


La donna pensava di non poter risalire dal baratro nel quale era sprofondata. Era stato quasi tentato di ridere a quelle parole, come gli capitava generalmente di fare quando le sentiva pronunciare da altre persone… persone che si avvilivano per la prima sconfitta, il primo dolore che si abbatteva su di loro.


Conosceva persone che avevano toccato con la propria mano l’inferno, letteralmente e figuratamente, e ne erano uscite…


Ecco perché aveva cominciato a parlare.


Kate credeva che quello fosse il fondo? Che non si potesse risalire una volta toccatolo?


Si sbagliava…era una verità, quella, che aveva appreso sulla propria pelle.


Senza contare il fatto che aveva più di un debito di gratitudine nei confronti di Kate.


Era stato grazie a quella donna, che ora sedeva sul divano, abbracciandosi le gambe, se non aveva perso la donna che amava l’anno prima, ed era stato un gesto, quello, che Spike non aveva dimenticato.


Spense la sua sigaretta nel piattino di vetro e domandò: "Vuoi che continui, Kate?"


"Voglio sapere perché mi stai raccontando tutto questo…" Disse la donna.


Spike sorrise. "Non avevo pensato ad un approccio sullo stile di Dickens…" Si strinse nelle spalle. "ma credevo che per capire realmente il concetto di caduta e risalita, fosse imperativo che cominciassi dall’inizio…"


"E il fatto che Angel ti abbia colpito per impedirti di uccidere come entra nel concetto di caduta e risalita?"


Spike strinse le labbra. "Quella era una risalita, Kate…" Esitò per un’istante prima di aggiungere "Anche se a tutt’oggi non sono sicuro per chi dei due valga di più il concetto…Angel …oppure me…"


"Da quanto ho visto di te, mi sembra che sia riuscito a convincerti…" Azzardò Kate.


Spike rise.

"Oh, no…" Di nuovo scosse la testa, "mi fece infuriare…ero una persona diversa all’epoca…"


*****


Mar della Cina, 1900


Sembrava gli fosse esplosa una bomba nel cranio.


Il dolore era stato improvviso, accecante. Il mondo era diventato improvvisamente buio e l’unico pensiero che gli aveva riempito la mente in quel momento era stato che Drusilla, la sua adorata regina nera, sarebbe stata delusa da quanto era accaduto.


Le aveva promesso il cuore della Cacciatrice, le aveva promesso il suo sangue.


Glielo aveva promesso poco dopo il ritorno di Angelus, quando la sua regina aveva ricominciato a pendere dalle sue labbra, ritornando ad ignorarlo.


Provò a muoversi, rendendosi conto solo in quel momento di essere legato saldamente a qualcosa, con nodi tanto stretti che nemmeno la sua forza avrebbe potuto allentare.


Cominciò a notare altre cose mentre ancora teneva gli occhi chiusi.


Innanzitutto non era più sulla terra ferma, ma quasi sicuramente nella stiva di una nave.


Ne riconosceva l’odore.

Sentiva lo squittio dei topi ed il lezzo di pesce marcio.


Vi era anche un altro odore però, un odore che sembrava permeare l’angusto spazio nel quale era stato rinchiuso.


Aveva già sentito quell’odore, lo aveva sentito negli ultimi tempi e non era riuscito a capirne l’origine.


E se aprissi gli occhi magari riusciresti anche a capirlo, idiota! Pensò.


Aprì piano gli occhi.


Il dolore sembrava essersi impiantato nella sua testa, pulsando dietro le sue orbite.


Ricordava vagamente il fatto che la Cacciatrice lo avesse ferito con la spada ad una tempia, ricordava ancora come il sangue avesse cominciato a scorrergli lungo un lato del volto, poco prima che il mondo diventasse nero, poco prima di essere colpito alle spalle.


"So che sei sveglio, Spike"


Angelus.


Ma certo, Angelus.

Chi altri?


Voltò la testa in direzione della voce del vampiro, e non poté trattenere il ringhio di rabbia che gli salì alle labbra.


Angelus era seduto a terra, la schiena appoggiata contro una parete, una gamba allungata sul pavimento e l’altra piegata, tanto che il ginocchio quasi sfiorava il torace, il suo lungo cappotto che si allargava sullo sporco pavimento, senza che lui sembrasse farci caso.


Lo guardava, Angelus, vi era una strana espressione nei suoi occhi scuri.


"Dove siamo?" domandò Spike.


"Nella stiva di una nave…" Spiegò Angelus.


Che diavolo stava accadendo?


"Dove sono Darla e Drusilla?" Domandò, cercando di contenere la sua rabbia.


Conosceva troppo bene Angelus, ricordava quanto la sua rabbia in passato lo avesse divertito e quanto egli l’avesse usata per ferirlo o umiliarlo.


"A Pechino, probabilmente" Disse lui.


"Perché siamo su questa nave?" Domandò. "E perché loro non sono con noi?"


Angelus non rispose all’inizio, si limitò a fissarlo, e Spike si ritrovò a sostenere lo sguardo del vampiro, come altre volte gli era capitato negli ultimi vent’anni.


"Sono stato io a colpirti" Disse Angelus, quasi come se quelle parole fornissero una risposta ai suoi precedenti interrogativi.


"Davvero?" Domandò Spike. "Ed intendi dirmi anche il perché?"


Inclinò la testa e sogghignò. "Oh, no…a questo forse posso rispondere io: il piccolo Spike stava per ammazzare una Cacciatrice ed il grande Angelus si è sentito…"


"Chiudi quella bocca, Spike. Tu non sai niente!" Disse Angelus.


"So che sono legato ad un pilone nella stiva di una nave diretta…dove diavolo stiamo andando a proposito?"


"Non lo so" Disse Angelus, stringendosi nelle spalle. "Ho preso la prima nave in partenza." Tacque per un istante prima di aggiungere. "Quando Darla e Drusilla si accorgeranno della nostra assenza saremo già lontani."


"Tu sei pazzo!" Urlò Spike, strattonando le corde, per liberarsi.


Era stufo di quella storia, si domandava cosa avesse in mente Angelus per lui, questa volta.


"No…" Disse Angelus. "ho un’anima…"


Spike ammiccò. Tra tutte le cose che Angelus avrebbe potuto dirgli, quella non era sicuramente in cima alla lista delle sue ipotesi.


Angelus…il terrore d’Europa, il vampiro più crudele che avesse mai conosciuto, il childe di Darla…aveva un’anima?


Chiuse gli occhi e scosse la testa. "Molto divertente, Angelus…davvero" Sorrise. "e ti aspetti che io ti creda?"


"E’ la verità…" Disse il vampiro più anziano, con calma. "Non riesci a sentirlo?"


Spike aprì gli occhi, concentrando i suoi sensi in direzione del vampiro bruno.


Dischiuse le labbra.


Era impossibile che stesse dicendo la verità.

Non poteva avere un'anima, se ne sarebbe accorto.

Nessuno poteva nascondere una cosa del genere ad un vampiro.


Angelus si mise in piedi, avvicinandosi lentamente a lui, e l'odore, quello strano aroma che per giorni aveva sentito, che aveva accompagnato i suoi movimenti...sembrava essere più forte, più intenso.


Angelus lo guardava, il suo sguardo sembrava bruciargli la pelle.


Lo stava osservando, Angelus, e lo stesso demone di Spike intuì che era sincero, che doveva davvero essergli cresciuta un'anima, improvvisamente.


"E' la verità, Spike..." Disse lentamente Angelus.


Spike scosse la testa, sorridendo.

"Ecco che cos'era quella puzza..." Mormorò. "la tua anima!" Strinse gli occhi mentre seguiva i movimenti del vampiro. "Cosa vuoi da me?"


"Non voglio niente da te..." Disse Angelus.


Si inginocchiò di fronte a lui e continuò. "Voglio solo salvarti"


Spike rise.


Aveva di fronte lo stesso vampiro che lo aveva torturato per ore, una volta, che lo aveva umiliato di fronte il suo sire, che lo aveva trattato come fosse una specie di ragazzino idiota, ed ora voleva salvarlo?


"Non c'è niente da ridere..." Disse Angelus.


"Ne sei così sicuro, amico? Oh, già...tu non sei mio amico..." Spike inclinò la testa di un lato, "Da cosa vorresti salvarmi esattamente? Le cose andavano benissimo prima che tu tornassi..."


"Voglio salvarti da te stesso... "


"Commovente...ma no, grazie, non voglio essere salvato...non ho bisogno di essere salvato, e sicuramente non da te.


Quindi ora mi slegherai...e mi lascerai tornare dalla mia famiglia..."


Angelus scosse la testa.

"Non contarci, Spike...non ti lascerò tornare da loro" Esitò per un istante prima di aggiungere. "tu...non sei perduto...c'è ancora umanità in te...c'è ancora William"


Spike sollevò gli occhi al cielo.

"No, amico...William è morto, ricordi? E' stato il tuo childe ad ucciderlo..." Sorrise crudelmente e disse. "ricordi il tuo childe, Angelus? La ragazza pura, alla quale hai ucciso l'intera famiglia, la ragazza pura che hai fatto impazzire, che hai violentato...e poi vampirizzato?"


Angelus deglutì ed annuì. "Tu non sei come loro...non sei come me."


"Io sono *esattamente* come loro!" Ringhiò Spike. "Ti sei svegliato stanotte pensando di poter redimere un vampiro?


Ho una notizia per te: io non voglio essere redento!

Non ho bisogno della redenzione...soprattutto da te...perché su una cosa hai ragione, io non sono come te..."


Angelus inclinò la testa di un lato.

"Non credo tu abbia molta scelta Spike. Non sono io legato al pilone di una nave..." Lo guardò per un istante e Spike si ritrovò a deglutire. "Perché volevi uccidere quella Cacciatrice, Spike?"


"L'anima ti ha annacquato il cervello, Angelus? Che razza di domanda è questa?"


"Una alla quale ti pregherei di rispondere: perché volevi uccidere quella cacciatrice?


Ti ho visto combattere...non c'era odio in te..."


"Stronzate..." Ringhiò Spike.


"Può darsi, ma ancora non mi hai risposto: perché volevi uccidere quella cacciatrice?" Il suo volto divenne incredibilmente serio quando continuò, "lascia che ti risponda io...posso?"


"Vai a farti fottere..." Sibilò Spike.


Angelus lo ignorò, e Spike non poté fare a meno di aggrottare la fronte.


In una situazione normale quel linguaggio e quella mancanza di rispetto lo avrebbero probabilmente reso intimo con un pugno. Angelus però sembrava ignorare le sue parole, mentre diceva: "Io credo che tu lo abbia fatto per Drusilla.


Credi che io non sappia quanto la ami? Credi che non mi sia reso conto dei tuoi sguardi?

L'ho fatto...e sai cosa credo?"


"Credo che tu sia impazzito, Angelus..." Sputò Spike.


"Credo che una persona pronta a tutto per amore...un vampiro pronto a tutto per amore, non sia perduto..."


"Tu non sai niente, non sei mai stato in grado di amare..." Spike sorrise, "non sai nemmeno cosa sia l'amore...potrà esserti cresciuta un'anima, Angelus...ma non sei cambiato...non lo potrai mai fare...perché vuoi salvarmi? Vuoi fare di me il tuo primo capolavoro con l'anima?"


"No..." Angelus scosse la testa. "hai ancora umanità in te...l'ho sempre sentita, l'ho sempre disprezzata...prima hai detto di non essere come me… hai ragione...e questa potrebbe essere la tua più grande fortuna.

Non posso cancellare quello che ho fatto, ma posso..."


"Ma ti stai ascoltando?" Domandò Spike interrompendolo. "da quant'è che ti è cresciuta un'anima, Angelus? Un anno, due...tre? Credi che questo possa cambiare il passato? Ù


Credi che la tua bella anima possa cancellare tutto il sangue che hai versato...che abbiamo versato insieme?


Quante persone abbiamo ammazzato insieme, Angelus? Dieci, venti...trenta...cento, mille?

Quante persone hai torturato....incluso il sottoscritto?


Te lo ricordi Angelus? Ricordi i ferri roventi...i coltelli...le frustate?


Vedi umanità in me? Beh, ti sbagli..."


"Non posso cancellare ..."


"No, ma vuoi farlo...non è vero?" Domandò Spike, lo guardò divertito.


Vide Angelus abbassare la testa, pieno di vergogna.


Riusciva a sentire il dolore che gli scaturiva dall'anima diventare quasi fisico e ne era deliziato.


"Vorresti cancellare tutto...ma non puoi...non sei stato tu a dirmelo, dopo le mie prime uccisioni?


E' un bruciore, un prurito dentro di te...che passerà...


Segui il tuo stesso consiglio, Angelus, non scaricare i tuoi sensi di colpa su di me...perché io sono felice di quello che sono..."


"Non conosci un'altra alternativa...non hai potuto scegliere..."


"Beh, lo sto facendo ora, figlio di puttana!


Devi lasciarmi andare...non ho intenzione di farti giocare a fare Dio con me, mi hai sentito?

Io. Sono. Un. Vampiro.


Sono un demone...amo uccidere, affondare i miei canini nel collo delle mie vittime e dissanguarle...rubare loro della vita..." Rise. "lo vedi questo volto? E' una maschera!"


Il suo voltò mutò mentre diceva: "Questo è il mio vero volto...


Ora, perché non ti trovi un cucciolo e lo inchiodi ad una porta?


Io non sarò il tuo cucciolo, non sarò la tua fottuta cavia, mi hai sentito?"


Angelus si strinse nelle spalle, mentre si alzava.


Si allontanò piano da lui, dirigendosi verso la porta della stiva.


Non si voltò nemmeno mentre gli diceva: "Mi dispiace Spike, ma non hai altra scelta...non ti permetterò di distruggere te stesso..."


"Lo vedremo, gran bastardo" Urlò Spike, abbassò la testa mentre sibilava. "Lo vedremo...."