LASCIA CHE TI RACCONTI ….


SONO SOLO IO




DISCLAIMER: I personaggi di Buffy the Vampire Slayer ed Angel: the Series appartengono a Joss Whedon, la ME, la WB e la Fox. Tanya e Eleonor sono creazione delle autrici.

Non scriviamo a scopo di lucro e non intendiamo violare alcun copyright.

AUTHOR: Mary & Sue.

PAIRING: Spike/ Tanya

RATING:

SPOILERS: Nessuno

TIMELINE: San Pietroburgo, 1911

SUMMARY: In Russia, durante una delle loro passeggiate notturne, Angel e Spike incontrano una creatura bellissima e tormentata, destinata a cambiare le loro intere esistenze.

DISTRIBUTION: Il nostro sito: Due Uomini e Una Gatta, chiunque altro…basta che chieda.

MARY’S NOTE: Innanzitutto teniamo a sottolineare che tutti i riferimenti storici e geografici, di questo come dei capitoli precedenti e successivi, sono assolutamente accurati, e frutto di seri studi di storia, di cui la gatta Mary è modestamente appassionata.

Per addentrarci poi in un argomento particolarmente importante per entrambe, vogliamo avvertire tutti coloro che avranno l’ardire di leggere questa Fan Fiction che Tanya, la nostra Tanya, è buona!

Assolutamente, totalmente buona!

Tanya è pura, Tanya è combattuta, Tanya è appassionata e luminosa, Tanya non ha lati oscuri.

E’ piena di amore, di fede, di dolcezza e calore.

E nelle intenzioni della gatta Mary dovrebbe rappresentare lo spirito della Russia stessa.

Tanya piange, piange sempre!

Per cui si ritengono avvertiti tutti coloro che trovano questo tipo di personaggio noioso o privo di interesse.

Che, a loro piacimento, potranno tranquillamente saltare questa e le quattro Fan Fiction che verranno.

I commenti, comunque, sono sempre graditi.

FEEDBACK:

A Sabrina, che ci ha fatte incontrare, che ci regala ogni giorno il dono inestimabile della sua magia, e che ha riempito una fetta dei nostri cuori con qualcosa di inestimabile e prezioso... lei stessa.


Da Mary a Sue.

Non esistono parole per esprimere quello che sei diventata per me.

E, forse, non devo neanche cercarne perché tu comprenda.

Solo… apri il tuo cuore…


A David e James, due attori meravigliosi, per aver dato un sogno a due ragazze, e, follia per follia, a Angel e Spike, che a questo sogno hanno dato un nome.

Grazie.



Sono solo io


Los Angeles, 2001


"Era lì… " Mormorò Kate, fissando un punto imprecisato nel nulla. " e io non l'ho neanche mai saputo…"


Spike inclinò la testa, guardandola.

"Avrebbe fatto qualche differenza?"

"Forse."

"E forse, se fosse venuto da te, lo avresti preso a insulti…

I rapporti fra voi si sono fatti… tesi… dopo quel giorno.…"


"Si… lo avrei preso a insulti… è probabile…"

"E lui se li sarebbe tenuti… perché è così…"


Alzò il viso, un lento sospiro che le sfuggiva dalle labbra.

"O forse non lo avrei fatto… ma è inutile discuterne, ormai…"


Si alzò, strofinandosi il volto fra le mani, così scossa, dal suo stesso racconto e da quello di Spike da sentirsi stordita.


"Io ho bisogno di fermarmi … vuoi qualcosa da bere?"


Il vampiro alzò un sopracciglio, in un’espressione ironica e divertita che ormai cominciava a conoscere.

"Pensavo che ieri avessi fatto il pieno di alcool!"

"Infatti" Rispose Kate, andando in cucina.


Aprì il frigorifero, sbirciando il contenuto.


Era dal giorno prima che non toccava cibo, e adesso che le parole di Spike avevano in parte alleggerito l’angoscia e la tensione scopriva di avere molta fame.


"Però, se tu ne vuoi, c'è della birra…"


"Mm…" Mugugnò lui. " non si dice mai di no ad un bel sorso di birra!

Specialmente se è tedesca!

Sono le migliori!"


"Spiacente" Rispose lei, tendendogli davanti agli occhi la bottiglia aperta ed un bicchiere." Troppo costosa per lo stipendio di una poliziotta! "


Spike afferrò la bottiglia, ignorando ostentatamente il bicchiere.

"Bè… meglio di nulla!" Esclamò." Salute!"


Per se, Kate aveva preso quel che restava della frittata della sera prima, e, dopo essersi nuovamente seduta, prese piano a mangiarla.


"Non è disgustosa, fredda?" Domandò Spike dopo un attimo.


Kate scosse le spalle.

"Considerato quel che vomitato poche ore fa, spero almeno di trattenere questa… e poi non mi andava di cucinare."


Fissò il piatto, mentre un sorriso malinconico le saliva alla bocca .

"Sai, non ho più fatto frittate da quando ho cominciato a vivere da sola.

Solo vederle mi faceva arrabbiare… poi ho ripreso dopo che mio padre è morto…" Mise la forchetta in bocca, costringendosi a masticare. "Francamente, non so nemmeno perché sto raccontandoti queste cose…


Non ne ho mai parlato a nessuno …

Della mia infanzia… di quello che provavo… mai…"


Tornò ad abbassare gli occhi, e per alcuni lunghi istanti nessuno dei due parlò.


Probabilmente continuavano a chiedersi entrambi la stessa cosa.


Perché…

Perché stavano raccontandosi particolari così intimi della propria vita.


Loro, che neanche si conoscevano, che neanche erano amici!?


Perché ne avevano bisogno o perché c'era qualcosa, ogni volta, nelle parole dell'altro, nei suoi sentimenti, nella parte di cuore che, forse neanche senza volerlo, esponeva, che li spingeva a continuare, a mostrare ogni volta una porzione più grande di se stessi?


"Allora…"Disse alla fine, costringendosi a distogliere i pensieri da quella che, lo sapeva, era una via senza uscita.


Non c'era una risposta alle sue domande.


Tutto stava accadendo, e basta…

Non c'era un perché… o, forse, ce n'erano troppi…


"… che accadde dopo?"


Spike si riscosse a sua volta dalle sue riflessioni, e assunse un 'espressione casuale.

"Nulla!" Esclamò, prendendo un altro sorso di birra. "Nulla di eccezionale!


Non mi andava di rimanere a Londra.


Non mi sentivo più a mio agio in quella città.

Non la sentivo mia…


Era stata la città di William e quasi mi faceva rabbia incrociare le cose che erano passate nella sua vita, e guardarle con i suoi occhi.


Checché potesse dirne Angel, continuava a non piacermi quel che ero stato… e ora che il mio amico rimuginatore mi aveva sbattuto il grugno sul fatto che non ero nemmeno un normale, pacifico vampiro dedito all'assassinio, che si sarebbe divertito ancor di più ad ammazzare nella sua città proprio perché era la sua città, non sapevo nemmeno più chi fossi…


E poi c'era mia madre…


Non sopportavo il pensiero di poterla incrociare per strada, di guardare il suo viso triste e non potermi avvicinare, di venire a sapere, un giorno, che era malata, o aveva dei problemi…


Così, il giorno che la vidi trasferire a casa nostra le cose di quel bambino, James, e spalancare la finestra della mia vecchia stanza, e ridere, le dissi addio definitivamente , e annunciai ad Angel che volevo andarmene da Londra."


"E lui?"


Ghignò.

"Non fece una piega.

Mi disse di scegliere dove andare e ci saremmo andati.


Purché non si trattasse dell'Irlanda!


Oh, questo non lo disse, ma era implicito!"

"Come mai?"


"Perché Angel non si considerava, e non si considera più degno di essere Irlandese.

E questo tanto quanto è orgoglioso di quella terra che da vivo voleva lasciare.


Perse ogni traccia di accento, anche la più piccola inflessione.

E quasi non ne parlò mai.


Figurati che solo cinquanta anni più tardi cominciò a raccontarmi della sua vita.

Ed era così doloroso che farlo gli costava sempre uno sforzo enorme.


Eppure, era così legato a quella terra da cercare qualcosa che per il suo cuore rappresentava un vincolo inscindibile con essa."


"La Claddagh…" Mormorò piano Kate.

"Già…" Fece Spike. "la Claddagh…


Gliene dissi tante quando tornò con quell'anello…

Lo chiamai ipocrita, e incoerente… e sono i termini più puliti che usai…


Fu il giorno dopo l'incontro con mia madre.

Il giorno dopo che aveva deciso di abbandonare per sempre il nome Angelus.


E per Angel comprarla fu una svolta, il passaggio da una fase a un 'altra della sua esistenza, e, come ti ho detto, un modo per rimanere legato alla terra su cui si era ripromesso di non mettere più piede…


Mi fece sbraitare per cinque minuti buoni, e poi mi disse che se mi avesse tirato un bel pugno in faccia con quell'anello al dito mi avrebbe fatto infinitamente più male!"

Rise, con una malinconia negli occhi che le ispirò una grande tenerezza.

"Mi manca quel vecchio anello…"


Kate aggrottò la fronte, senza capire.

Quell'anello era stata una delle prime cose che aveva notato in Angel… insieme, naturalmente, alla mano che lo indossava…


"Perché ti manca?" Chiese. " Lo portava al dito, fino a poche ore fa …"


"Tanto per sottolineare che tu non lo guardi, eh…"


Kate boccheggiò, imbarazzata.

"Notare i dettagli…" Cominciò.

"Si, si, faceva parte del tuo lavoro, come no!

Ripetilo un altro migliaio di volte e forse ci credo!


E comunque quello che porta ora non è l'anello che ha comprato a Londra.

È un altro.


Quello… quello è andato perso tre anni fa…"


Sospirò.

Una cosa che Kate non gli aveva mai sentito fare.


E fu un lungo, intenso sospiro pieno di sottintesi.

Di tristezza e di malinconia.


Ma Spike non era fatto per la tristezza e la malinconia… lo aveva capito.. e infatti si riprese subito, chinando la testa con aria casuale.

"Dov'eravamo rimasti?


Ah, si.

Mia madre adottò quel bambino e noi lasciammo Londra.


Dopodiché, per circa dieci anni, la nostra fu l'amena esistenza di due vampiri un po’ particolari e molto schizzati.


Imparammo a conoscerci, litigammo fino a scoppiare, e ogni volta io ripetevo che era pazzo, che voleva cambiare la mia natura, che quello che era successo a Londra non voleva dire nulla, finchè me ne andavo sbattendo la porta, e Angel mi seguiva, per impedirmi, più che altro, di combinare guai.


Fino al giorno in cui, assurdamente, mi accorsi che non volevo più uccidere…


Non che non ne sentissi più l'impulso, chiariamo… certe volte mi sembrava quasi di impazzire… però…" Abbassò gli occhi, e sembrò quasi imbarazzato. "Non volevo per Angel… non volevo che fosse scontento di me…


Mi dicevo che non era nessuno, né mio padre né realmente il mio sire, che tutt'al più potevo temere la sua reazione, ma la verità era che non sopportavo il pensiero di deluderlo…


E così, avevo l'occasione di mordere, lì, a due passi… e non lo facevo… ed era solo per Angel…


E più o meno nello stesso periodo mi accorsi che non mi seguiva più dopo le nostre discussioni,… non veniva più a controllare che non uccidessi… che si fidava…


Di me…

Dell'umanità che mi aveva tirata fuori…"


Di nuovo, sorrise.

"Era una bella sensazione.

Una sensazione nuova…

E il desiderio di non deluderlo crebbe ancora di più… anche… se non lo avrei mai ammesso…


Tornavo a casa e gli dicevo che non avevo incontrato nessuno, che non avevo avuto opportunità… ma non era vero.

E lo sapevamo entrambi.


Non so cose ci fosse fra noi allora…

Non eravamo una famiglia, ma stavo bene con lui, molto più di quanto non ero mai stato con Angelus…"


"Aspetta, Spike…" Lo interruppe Kate." Spiegami una cosa…"


Lui sollevò un sopracciglio, attendendo.


"Tu parli di Angelus e di Angel come se fossero due entità diverse…"

"E lo sono" Rispose Spike. "Totalmente diverse.

Come il parassita e il corpo che lo ospita."


"Eppure Angel ti disse che William era ancora in te, ed era vero…


Allora non capisco… come puoi essere tu… contemporaneamente… William e Spike, mentre Angel e Angelus sono due cose diverse?!


Lo so che potrà sembrare stupido che lo chieda, però…"

"No!" La contraddisse Spie." Non è stupido, tutt' altro!"


Le sembrò che vi fosse addirittura ammirazione in lui, una profonda ammirazione, prima che continuasse.

"Vedi, quando un vampiro morde la sua vittima e poi le fa bere il suo sangue, attira dentro di lei un demone, che prende il suo corpo, ma non solo.


Il demone di impossessa della sua memoria, e delle sue abilità, e a volte di alcune sue caratteristiche, e questo perché l’anima della persona vampirizzata continua a vivere nel corpo, ma è spossessata del suo controllo.


Ora, ci sono demoni e demoni.

Alcuni, come il mio, sono più… bè, diciamolo, annacquati… e, quando si insediano, è possibile che creino una simbiosi con lo spirito dell'uomo … da cui l'odio per ciò che egli odiava, l'amore per ciò che amava, o il disprezzo per ciò che era…


Poi, man mano che il tempo passa, l’anima si piega al demone, finché essa dimentica l’umanità che conserva… anche se ci sono modi per smascherarlo ancora.


C'era un simpatico tipo, per esempio, "Il giudice", con l’ancor più simpatico potere di risucchiare l'umanità delle creature…


Bè, molti vampiri che toccò furono immediatamente ridotti in cenere.

Toccò Angelus, e lui si mise a ridere.


Perché il suo è un demone del secondo tipo.

Assoluto.


Si insedia e relega l’anima in un anfratto da cui può solo vedere ciò che accade, ma non può agire.

Non può neanche lottare.


Non c'è nulla di umano in lui, neanche la più minuscola stilla.


Pr questo parlo di Angelus e Angel come di due entità diverse.


Perché lo sono.


Nello stesso corpo, ma assolutamente divise.


Sorrise.

"Angelus non ha mai sopportato di dividere il potere…bè, adesso può urlare quanto vuole là dentro…"


Di nuovo, Kate aggrottò la fronte.

Non comprendeva cosa significasse quell'ultima frase, e avrebbe fatto delle domande se Spike non l'avesse prevenuta.


"Sono stato chiaro?" Chiese, e quando lei annuì sorrise di nuovo. "Vorrei che Angel fosse altrettanto convinto…


Continua ad accusarsi, e accusarsi, e accusarsi, e accusarsi per ciò che ha fatto il bastardo in pantaloni di pelle, quando le uniche cose di cui lui è colpevole sono le idiozie di un ragazzino irlandese infelice e senza alcuna fiducia in se stesso…"


"Credo… che sia difficile fare una netta distinzione… quando si hanno nella mente certe cose… certi ricordi…"


"Già." Concesse Spike. "Soprattutto con un carattere come il suo!


Sai, spessissimo è utile e gratificante avere un demone dentro che ti libera da certi fastidi!"

"Sempre che non sia come il suo!"


Spike storse la bocca.

"Bleah!" Esclamò. " Che schifo!"


"Sai… su nessuno dei libri che ho letto si parla di queste cose…

della differenza fra demoni e demoni, fra vampiri e vampiri…


Certo, capisco che quando si è attaccati da un mostro con la faccia da topo non venga naturale interrogarsi sull'intima natura del suo essere, ma…

Se si dovesse dare retta a quel che ho letto se ne dedurrebbe che tutto ciò che non è umano è automaticamente cattivo…

E ti confesso che anche io… all'inizio… la pensavo così… prima che Angel mi spiegasse… prima di conoscere te, e Doyle…"


"Bè!" Sbottò Spike." Non farne un dramma.

E' quasi sempre così.

Persino coloro che dovrebbero conoscere a fondo il regno dell'occulto in realtà molto spesso non si pongono alcun problema.


Probabilmente perché così è più facile … sai… ammazzare un demone…

Non hai rimorsi se ti dici: non può essere buono.

Lo fai fuori e non ci pensi più.


Sono poche le persone che …" S'interruppe, all'improvviso, e i suoi occhi si persero nel vuoto, le labbra dischiuse, come se le parole gli fossero state appena strappate di bocca.


Mentre Kate aveva la netta sensazione che non fosse più con lei.


"Spike?" Lo chiamò piano, ma dovette ripetere una seconda volta il suo nome, prima di riuscire a scuoterlo dai suoi pensieri.


"Scusa!" Mormorò. " Stavo solo…


mi è tornata in mente una cosa che una certa persona ripeteva sempre …"


"Cosa?"


Sorrise ancora, ma era un sorriso completamente diverso dai soliti.


Era un sorriso pieno di dolcezza… pieno di… amore?


"Che non ci sono uomini," Rispose. "o vampiri, o demoni… ma solo buoni, o cattivi…"


"Era una persona molto saggia."


Spike annuì piano.

"Lei era … unica…" Mormorò. " Non ce ne sarà mai più una così…"


"Allora sei stato fortunato" Bisbigliò lei, convinta."A conoscerla."


"Si…"


Di nuovo si fermò.

Di nuovo scesero su di loro attimi eterni di silenzio.


E, di nuovo, fu Kate a parlare.

Spinta dall'impulso assurdo e irrazionale di aiutare l'uomo che aveva davanti.


Di farlo uscire dal suo stato di malinconia, come lui, con le sue parole, con la sua voce sferzante e con la sua ironia, l'aveva tratta dalla disperazione.


Lui.

Un vampiro.

Una cosa cattiva.


Che tuttavia era lì, con lei.

A parlare con Kate da più tempo di quanto non avesse speso con qualcuno da anni… se escludeva Angel, il giorno della festa di suo padre…


"Mi stavi dicendo che girovagaste per un po’…"


"Uh… si… un bel po’…


Francia, Spagna… paese impossibile, c'è sempre il sole… Austria, Svizzera, Ungheria, Cecoslovacchia… Romania no che ad Angel dava il voltastomaco… Tirolo, Polonia…"

"Dio, un sacco di posti!"

"Direi di si!

In dieci anni facemmo sembrare l'allegra famiglia di Angelus un noioso gruppo di vecchi sedentari!"


Kate sorrise, lieta di essere riuscita nel suo intento.

"E non pensavate mai di fermavi in un posto?"


Spike fece una smorfia.

"Fermarci, dici?

Del tipo ‘casa e pantofole’?


Uhm… non sono il tipo, o almeno non lo ero allora.


Angel si, lui, sai, sarebbe stato anche il tipo da volere un posto tutto suo, un giardino, una famiglia, qualcuno con lui passare la vita, e … la pace…


Oh, non che non gli piacesse vedere posti nuovi.

Dopo due giorni in una città poteva farti da guida turistica.


Però, per lui, quella non era … la vita… anche perché per un vampiro sarebbe stato impossibile… per lui era solo un' eterna ricerca.


Del perdono.

Dell’ espiazione per ciò che aveva fatto Angelus.


Prima della Russia non credo che abbia mai considerato un posto casa… e dopo…bè, dopo lo ha pensato solo qui…


Io no.

Io dopo uno o due anni al massimo cominciavo ad annoiarmi alla follia!


Voglio dire: sei a Vienna, ti sei visto ogni minuscolo anfratto, hai fatto il filo alle cameriere dei caffè, ti sei trasformato le meningi in pappa a furia di vedere scannare demoni, se non puoi ammazzare gente che cosa ci stai più a fare?!"


Kate sollevò le sopracciglia.

"Se lo dici tu…"


"Per Angel era diverso.

Lui andava in giro, faceva ondeggiare il cappotto, salvava gente, uccideva demoni…

Non voleva divertirsi, voleva espiare, e, lasciatelo dire, Kate, l'espiazione è di una noia soporifera!


Si, si combatteva spesso, e questo era divertente, ma dopo un po’ bruciavo dalla voglia di cambiare aria!"

"Anche tu aiutavi Angel a…"

"Ripulire le strade della cara, vecchia Europa?

Si, ma te l'ho detto, per noia. Non certo per espiare qualcosa.


Sono un demone, io, non avevo rimorsi per il mio passato… il che ti sconvolge?"


Kate sbatté gli occhi.

"Non lo so.

Non posso immaginare come sia…"

"Semplice: è… come non avere rimorsi!

Come non pensare di aver fatto nulla di innaturale!


I rimorsi per me non esistevano… furono un bel regalo incartato e consegnato da Angel!


E, comunque, te l'ho detto: non trasformarmi in un eroe.


Se aiutavo Angel era per noia, e, bè, si, per sfogare la mia voglia di distruggere.

Se non uccidevo per non deluderlo.


Tutto qui.


Poi mi annoiavo, glielo dicevo, minacciavo di andarmene da solo e si cambiava.

Verso nuove eccitanti avventure.


Prima della Russia neanche io avevo più considerato un posto ‘casa’."


"E' la seconda volta che lo dici."

"Cosa?"

"Prima della Russia."


Spike sorrise, guardandola di sbieco.

"Vero, eh?" Si voltò leggermente, recuperando le sigarette. "Bè, Kate, la tua sagacia comincia proprio ad irritarmi!"


"Sagacia?"

"Bel termine, eh, complimentati!"

Kate rise.

"Si, è perfetto con quell'accento!"

"Guarda che non hai idea dell'effetto che ha sulle donne questo accento!"

"Lo immagino!"


Si guardò attorno, nella casa immacolata, con i mobili chiari, i ninnoli ed i particolari curati negli anni.

Uno a uno.


La sua casa.


Eppure, entrare in quella casa vuota, il giorno prima, l'aveva gettata in uno sgomento senza fine.


"Per me…" Mormorò piano. "casa era il posto in cui stavamo… quando c'era mia madre.


Credo… che fosse lei a darmi il senso di casa…


Sentire la sua voce nell'altra stanza quando mi svegliavo, e le sue braccia attorno a me quando mi stringeva, io… lo amavo tanto… adoravo essere presa in braccio…


Dopo… quella sensazione se n'è andata… e non è più tornata…


Non so… se riesco a spiegarmi bene…"


Lo guardò, imbarazzata, e lo vide prendere una lunga boccata dalla sua sigaretta.

"Oh, si… " Le rispose. "ti spieghi bene… molto bene…"


*****


San Pietroburgo, 1911


"Ma che cosa te ne frega se qualche demone cerca di procurarsi onestamente il proprio pane!

Che sei dell'opera russa di derattizzazione - creature occulte?


Non ti basta non uccidere più?

Non ti basta non far uccidere più me?

Perché diavolo tutte le notti te le devi passare per le strade!


Capirei se andassi a donne!

Capirei persino se visitassi, che so, un museo di straforo dalle guardie!

Se bevessi!

Se giocassi d'azzardo!


Almeno ci si divertirebbe!

Si passerebbe il tempo in maniera costruttiva!


No!


Tu devi fare l'eroico castigatore di demoni, che, fra le altre cose, sono pure tuoi parenti!

Non te lo ha insegnato la mamma il rispetto per la famiglia?


Ehi, ma mi stai ascoltando?!"


"Si, Spike." Rispose Angel, continuando a camminare, le mani immerse nelle tasche del suo lungo cappotto scuro.


"Non ci credo!

Ripeti quello che ti ho appena detto!

"Si, Spike…"

"Ecco, lo vedi! Lo sapevo!"


Angel sospirò, passandosi una mano fra i capelli.

"Ti informavi su mia madre…"

"Si, quella grandissima…"

"Spike!"

"Irlandese!

Figlia di un cocciuto Irlandese, madre di un cocciuto Irlandese!"

"Hai dimenticato di citare i bisnonni…"

"Cocciuti Irlandesi fino alla quarta generazione!


Io mi sono rotto di camminare da solo per una strada dove non c'è niente da vedere e niente da fare!

Venti giorni a San Pietroburgo, venti notti la stessa storia!"

"Torna a casa."

"Mi annoio!

O vengo con te o vado ad ammazzare gente! "

"D' accordo.

Va ad ammazzare gente."


Spike si fermò, sbattendo un piede in terra.

"Mi stai sfottendo?!"


Con un ennesimo, sonoro sospiro, Angel si fermò, voltandosi verso di lui. In quella che era la ripetizione quasi identica non della ventesima notte a San Pietroburgo, ma dell' ennesima notte degli ultimi undici anni.


"Finiamo questo giro" Si arrese." E poi andiamo dove vuoi."


"A teatro!" Sputò lui.


Angel sgranò gli occhi, improvvisamente prossimo al panico.


Spike sapeva benissimo che detestava luoghi affollati e confusione, e, naturalmente, lo aveva fatto apposta.


"A… teatro?" Ripeté.

"Te lo sillabo?"

"Ma è tardi… i teatri non sono chiusi a quest' ora?"

"Non quello dove voglio andare io!"

"Oh, Dio…" Mormorò piano, mentre sul volto di Spike si dipingeva un ghigno da perfetto predatore.


"Dove volevo…" Lo sfidò. " Lo hai detto tu!"


Angel deglutì.

"D'accordo" Concesse, voltandosi." Ma ora finiamo il giro."


Tanto avrebbero sicuramente incontrato qualche demone prima della fine della ronda… dovevano incontrare qualche demone!

Uno… due… trecento, che li tenessero impegnati fino all'alba!


Era impossibile che non ne incontrassero, in una città come San Pietroburgo!

Una città così intensamente mistica e occulta insieme.

Dove fede, magia e follia umana si mescolavano insieme in un conglobamento che, il più delle volte, si dimostrava terribilmente pericoloso.


Come Liam, Angel non aveva mai varcato gli angusti confini di Galway.

Come Angelus aveva terrorizzato l'Europa, spargendo ovunque sangue e distruzione.


Come Angel aveva viaggiato in lungo e in largo, cercando di rimediare al dolore di cui aveva inondato le nazioni.


Aveva visto più luoghi e conosciuto più gente di quanta mai avrebbe potuto la maggior parte degli esseri umani e dei demoni.


Aveva sorriso di fronte alla loro quotidianità e si era ritirato, pieno di orrore, di fronte alla loro follia.


Ma nulla, nulla di quanto avesse mai visto prima lo aveva preparato alla Russia.


Perché nessun luogo era come la Russia, e nessuno popolo era come quello russo.


Una contraddizione.

Sempre e comunque.


Bianco e nero che non si scontravano.

Che convivevano come si supponeva non avrebbero mai potuto fare.


Tutto senza limiti.

Senza mezzi termini.

Tutto estremo.


Negli animi, nella vita, nella città, nella nazione.


In maniera così violenta che persino per lui, che ormai da troppo tempo conviveva con un demone, era difficile comprenderlo.

Capire come potessero fragili cuori, corpi e menti umane sopportare una tale complessità. Una tale duplicità.


Si guardava intorno, e ciò che vedeva erano alti, bellissimi palazzi colorati che si riflettevano nelle acque ghiacciate della Neva, dando l'illusione di due identiche città che si baciavano con dolcezza, e bianche architetture bordate di stucchi dorati con meravigliosi balconi di ferro battuto.

Strade lussuose, tram che attraversavano la capitale da parte a parte, la prospettiva Niewsky che era più larga delle via di Londra e di Parigi. E vetrine inondate d'oro. E più automobili di quante mai ne avesse viste.


Ma nel cielo terso di quella notte russa volute di fumo raggiungevano le nubi che avevano appena portato la neve. Ed era il fumo di immense fabbriche nere, in cui uomini, donne e bambini distruggevano le loro mani e le loro vite giorno dopo giorno, condannandosi alla fame, per più ore di quanto le leggi stesse dello zar avessero stabilito.


Senza che a nessuno importasse.


In cui masse di disperati che fuggivano dalle campagne e dalle carestie correvano, sognando non tanto una nuova vita, quanto, per lo meno… una vita… e, dopo anni o mesi, coloro che sopravvivevano allargavano le fila degli scioperati, dei furiosi, e, di nuovo, dei disperati…


Inspirava, e nei suoi inutili polmoni si fermava il profumo delle signore, afflati penetranti che avevano varcato l'Europa per giungere da Parigi.

Ma se chiudeva gli occhi e lasciava che fosse il suo demone a percepire, poteva sentire le malattie vibrare in quella stessa aria.


Tubercolosi, colera, infezioni, che il vento portava dalle periferie.

Dalle baracche, dagli ospedali, dagli ospizi.

Mischiato al dolore, e alla rabbia.

E alla fame.


Contraddizioni.

Che in Russia smettevano di essere tali.

E diventavano la norma.

E diventavano la Russia.


E diventavano un popolo che chinava la testa al passaggio di uno zar considerato unto da Dio, e faceva circolare osceni volantini su di lui e la sua famiglia.

Fedele fino al massacro al suo "piccolo padre" e insieme un popolo di anarchici che attentava alla vita di tutti coloro che lo rappresentavano.


Un popolo di asceti e di passionali, di credenti fino all'eccesso, di penitenti, di estremisti, di riti interminabili e complessi, di quaresime rigorose fino a vietare ogni manifestazione di gioia, e di lussuriosi, di viziosi, di consumatori di oppio, di giocatori , di balli frenetici, di orge ogni umana perversione, di feste campagnole fatte di riti e tradizioni.


Spesso nella stessa persona.


Contraddizioni.

Sempre.

In una terra di geli e primavere splendide.

Di fame e abbondanza.


Con più industrie e ricchezza di ogni altra in Europa e una miseria che si attaccava alla pelle.

In cui la gioia scorreva nelle vene e si mischiava con la rabbia.


In una terra che era una delle più religiose e mistiche e che, pure, non temeva confronti quanto a passione per l'occulto.


Angel era nato nella terra del fantastico.

Nella terra delle fate.


Ora, viveva nella terra dell'occultismo, dello spiritismo esasperato.


Che vibrava, che permeava ogni strato della società

Che impastava il palazzo dello zar e le più umili baracche.


I Russi impazzivano per le scienze occulte.

Ad ogni livello.

Dai ridicoli riti dei ciarlatani che leggevano la mano nei salotti bene, alle sette tanto pericolose da spaventare persino lui.


Angel non aveva mai aspirato un 'aria così pregna di incantesimi e di energie occulte.

Un 'aria così densa che sembrava risvegliare le sue viscere e bruciare il suo demone.


E sapeva di magia, e sangue, e rabbia, e allegria, e sesso, e innocenza, e intrighi, e passione.

E che era miele per i demoni e le creature della notte che, naturalmente, venivano attirati in Russia, e nella sua capitale, più che in ogni altro luogo al mondo.

E in quegli anni più che in qualunque altro.


Angel sentiva chiaramente la tragedia addensarsi per le strade di quella città antica. E sapeva che, molto probabilmente, gli uomini che avrebbero potuto farlo non l'avrebbero evitata.


Non ne sarebbero stati capaci.

O si sarebbero resi conto della tempesta troppo tardi per mettersi in salvo.


Ogni giorno si udiva parlare di nuovi attentati, e di gente sparita, portata via nel mezzo della notte dalla' Ockrana, la terribile polizia zarista.


E ogni giorno di più la paura cresceva per le strade di San Pietroburgo.


Eppure, i suoi cittadini non smettevano di gioire, di soffrire, e amare, e odiare, e pregare, e ricorrere alla magia, e combattere e oziare, e lavorare e perdere il proprio tempo in intrighi.

Spesso contemporaneamente.


Perché erano Russi.

E dubitava che fossero molti coloro che sarebbero mai riusciti a capire i Russi.

Tranne i Russi.


Persino… persino i demoni russi e i vampiri russi erano diversi dagli altri.


Più complessi, e, per certi versi, più pericolosi…


Comunque fosse, quella sera non gli importava di imbattersi in un demone russo o emigrato, o venuto fuori da chissà dove…


Ora gli importava solo impegnare se stesso e Spike in una battaglia così lunga ed estenuante da bloccarli fino al sorgere del sole, o sfinirli tanto da togliere al ragazzo ogni velleità di cercare ancora altro divertimento…


Anche se… bè, dubitava che a San Pietroburgo ci fossero abbastanza demoni da tenere Spike lontano dall'idea di trascinarlo non voleva pensare in quale genere di … teatro!


Certo qualcosa che a Liam sarebbe molto piaciuto!


Sospirò. Voltando l'ennesimo angolo, e ritrovandosi di fronte una strada ampia, illuminata da due fila di lampioni.

Vuota, se non per una coppia di giovani che camminavano su un marciapiede.


Pasto potenziale per vampiri.


"Ma fammi capire," Esclamò Spike dietro di lui, con tono estremamente divertito. "tu per giro intendevi tutta la circumnavigazione della San Pietroburgo by night?!"


"Sono solo…accurato!" Rispose lui , senza guardarlo.

"Sei solo… atterrito!


Ammettilo, Angel, non è la tua serata.

Non si sente puzza di demone neanche a un miglio di distanza!"

"Il che… " Angel scandì le parole, elaborando il pensiero mentre le pronunciava. "È… assurdo, non ti pare?

Una città come San Pietroburgo, con tutto il suo brulicare di depravazione e occultismo… il luogo ideale per le creature dell'oscurità…"

"Staranno svernando in Costa Azzurra!"

"O sarà una trappola!"

"O tu provi ad arrampicarti sugli specchi…"


Angel strinse le labbra.


A essere totalmente, assolutamente, cristallinamente onesto con se stesso… si, si stava arrampicando sugli specchi!

Però… era veramente strana quell'assenza di attività per le strade.


Lo aveva notato altre volte, e altre volte lo aveva stupito.


Sapeva che quella città era una calamita per le creature delle tenebre… sapeva che c'erano… però non si facevano vedere…


"A destra, Angel" Disse Spike dietro di lui. "Che si arriva diritti, diritti dove voglio… ehi, ho detto a destra!"


Senza fare una piega, Angel girò a sinistra.

"Mi è sembrato di sentire un rumore…"

"Io non ho sentito nulla!" Si lamentò l'altro, facendo per sbarrargli la strada.

"Il suono di una battaglia…" Insistette, passandogli di fianco.


"Balle!" Urlò quasi Spike, affrettando il passo per seguire il suo. "io continuo a non sentire nulla!"Ringhiò. "Angel, fermati!


Angel, qui non c'è nessuna, dannatissima… ahu!"

Balzò all'indietro, appena in tempo per non essere preso in pieno da una … testa, che passò vicinissima alla sua, prima di finire in cenere.


" Che cosa ti avevo detto?"Esclamò Angel, che francamente non riusciva a credere ai suoi occhi.


Una battaglia.

Una vera battaglia.


In una strada laterale un po’ più stretta di quella in cui erano loro, contornata di palazzi chiari.


E non una qualunque rissa fra demoni.


No.


La madre di tutti gli scontri.

Lo scontro di una Cacciatrice.


Lo capì all'istante.


Gli passò nelle vene, sotto la pelle, nel palato.

E nell'anima.


E negli occhi, che non avevano scordato l’ultima eletta che avevano visto.


Davanti a loro.

Al centro della strada.

Ora.

La Cacciatrice.


Alta, molto alta, avvolta in uno spesso cappotto di lana che le arrivava ai piedi, la testa e parte del viso ricoperti da una sciarpa che ben poco lasciava intravedere dei suoi tratti.


Ma anche se non ci fosse stato, anche se il suo volto fosse stato completamente sgombro, Angel aveva qualche dubbio che sarebbe ugualmente riuscito a distinguerli.


Perché ella si muoveva così velocemente che nemmeno per i suoi occhi da vampiro era facile seguirla.


Combatteva con la spada.

Una lunga spada dalla lama sottile e la semplice impugnatura che catturava la luce delle lampade Vibrando nell'aria per intessere una trama di lampi.


Volando quando lei saltava, gridando quando si voltava.


In quella che, più che una lotta, era armonia in movimento.


Angel ne rimase impressionato.


In tutta la sua esistenza non aveva mai visto una cosa del genere.


Quella donna non combatteva.

Quella donna danzava.


Quella donna volava, quella donna era vento, e luce che cantavano una canzone.


Era una pura sinfonia di passione.


E un'altra cosa lo colpì.

Profondamente.


Quella donna, la Cacciatrice, combatteva in silenzio.


C'erano tre vampiri attorno a lei, che la attaccavano, e nell'aria vibravano i rumori delle loro grida e dei loro ringhi feroci.


Ma lei, la Cacciatrice, non emetteva un suono.


Schivava i colpi sollevandosi nell'aria, e poi ricadendo leggera, rotolando in terra, arretrando, così rapida che il più delle volte i vampiri finivano per scontrarsi fra loro. E poi colpiva.


Colpiva.

Non picchiava.


La sua non era una rissa,

Era un 'esecuzione.


Angel le vide schivare i colpi del più grosso dei vampiri senza mai toccarlo, e poi attaccare una volta sola.

E quella volta fu letale.


La sua spada tracciò nell'aria un cerchio di luce e la testa della creatura fu spiccata di netto, esplodendo in polvere.


Subito dopo, la Cacciarice si abbassò, per evitare il vampiro che le arrivava alle spalle, e, di nuovo, danzò, e, di nuovo, si volse, e di nuovo, in silenzio, colpì.


Incredibilmente agile.

Come se addosso non avesse avuto niente e non un pesante cappotto adatto alle notti russe.


Pochi secondi, ed era quasi finita.


Il vampiro rimasto si guardò attorno, atterrito, e lei fissò lui.


Senza attaccare.

Senza muoversi.


E Angel sentì attorno a lei qualcosa che lo colpì e lo sorprese.

Qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di sentire.


La pena.

La pena della Cacciatrice.


Il suo dolore.


Strinse le labbra, cercando di capire.

Ma di nuovo l'azione si scatenò davanti a lui, troppo veloce.


La creatura, spaventata, decise di tentare il tutto per tutto.


Si lanciò su di lei, in quello che aveva l'aria di un attacco suicida.

E la Cacciatrice rispose.


Con un unico movimento del polso.


L'altro cadde in terra, e poi scomparve.

Lasciandola sola al centro della strada.

Mentre il vento le correva accanto.


Per tutto il tempo, non un grido le era uscito dalle labbra.

Non una parola.


Sollevò la spada davanti a lei, e, tenendola con entrambe le mani, portò lentamente la lama alle labbra, coperte dalla sciarpa, deponendovi sopra un casto bacio pieno di devozione, prima di rimetterla al suo posto, in un fodero fissato sul fianco, e nascosto dal cappotto.


"Perché la bacia?" Domandò Spike, così piano che solo lui avrebbe potuto udirlo.


"E' benedetta …"Rispose," come l'arma che ti ha ferito in Cina…"


Davanti a loro, la Cacciatrice chiuse gli occhi.


Immobile, al centro della strada. E sembrò ondeggiare. E ad Angel giunse chiaro il suono del suo cuore.


Rapido.

Veloce.


Troppo veloce.


Stava male.


Quella ragazza precisa e mortale.

La Cacciatrice.

Stava male.


La sentì ansare, e poi, quasi, correre via, passando loro accanto senza neanche vederli.


"Ora ho capito perché non ci sono demoni in giro per le strade …" Sussurrò Spike . "quella ragazza è… terribile!"


Angel non rispose.

Il suo cervello che in quel momento andava in una direzione completamente opposta a quella di Spike.


"Che fai!?"Lo chiamò lui." Non vieni?!"


Di nuovo, non ripose.


Semplicemente, si limitò a camminare.

Seguendo la Cacciatrice.


"Ma che cosa te ne importa dove va!" Sbottò Spike, che, naturalmente, gli venne dietro, sforzandosi di tenere la voce abbastanza bassa da impedire alla Cacciatrice di sentirlo. " Non li puoi passare cinque minuti senza impicciarti di fattacci che non sono tuoi?!"


Angel sospirò, continuando a muoversi nell’ombra che i grandi palazzi colorati di San Pietroburgo gettavano sullo spesso strato di neve che ricopriva le strade.


Aveva camminato in traiettoria ellittica, per riuscire ad affiancare la ragazza, e ora le era quasi di fianco, e la seguiva con gli occhi, perdendola e poi ritrovandola quando scompariva al di là di una parete bordata di stucchi dorati.


"E’ una Cacciatrice, Spike…" Rispose piano, attento a non perderla di vista. "e noi due vampiri. Nella stessa città.

Il che vuol dire che sono anche affari nostri."


"Balle!" Ripeté Spike. "Tu la segui perché ti preocupi per lei!"


" Credi quello che vuoi."

" Io non ci vengo!"


Si voltò per un attimo, fissandolo negli occhi.

" Va bene."


" Me ne torno a casa."

"Vai dove vuoi."

"Vado a mordere un innocente!"

"Coscienza tua!"

"Non ce l’ho la coscienza!"


"Spike!" Esclamò Angel. " Vuoi fare più piano?

Ci sentirà!"

"Non mi interessa!


Sei l’essere più noioso sulla faccia della terra, e io mi sono rotto le scatole di te e delle tue paranoie!

Me ne torno a casa!"

"Ciao."

"Non ti interessa niente che me ne vada in giro, da solo, di notte, in una città straniera?!"

"Non hai tre anni."

" E tu sei un …"

"Shhh…" Angel lo interruppe con la mano, bloccandosi, e , incredibile a dirsi, Spike gli obbedì immediatamente, fermandosi di scatto subito dopo di lui.


Al suo fianco, la ragazza, la Cacciatrice, era immobile, al centro di una piccola piazza.


Angel avanzò, avvicinandosi, protetto dall’ombra di due palazzi, mentre i suoi occhi da vampiro scrutavano la figura di lei stagliarsi contro la neve, resa luminosa e quasi accecante dalla luce della luna.


Era così alta e snella che persino nel lungo e spesso cappotto somigliava ad una canna sottile, che il vento avrebbe potuto strappar via da un momento all’altro.


Si era fermata davanti ad una chiesa, una tipica chiesa russa bianca e maestosa, con tre grandi cupole dorate che si stagliavano contro il cielo incomparabile di San Pietroburgo, e nel momento stesso in cui Angel si fermò di nuovo, con la mano appoggiata alla parete alla sua sinistra, tirò indietro la spessa sciarpa ocra che le copriva la testa, mostrando il suo volto agli occhi del vampiro.


Un volto che, anche se le cose fossero andate diversamente, Angel non avrebbe mai più potuto scordare.


Una volto che, forse per il riflesso della neve, o forse per quello della luna, sembrava fatto di luce pura.


Era sottile, magro, quasi affilato, con zigomi pronunciati che avrebbero potuto renderlo aspro, e invece gli conferivano una intensità rara in una ragazza così giovane.


Il volto di qualcuno che aveva molto sofferto, e che soffriva ancora, in quel momento, e la sofferenza si leggeva sulle sue labbra eleganti, così rosse che sembravano dipinte, e che tremavano, leggermente dischiuse, mentre il gelo condensava in leggere volute bianche il fiato caldo che le sfuggiva dalla bocca.


Si leggeva sulla sua fronte aggrottata, tesa, nelle sue sopracciglia diritte, sottili, e nei suoi occhi.


Oh, si, nei suoi occhi…


Occhi grandi, incredibilmente grandi, troppo per quel volto leggermente emaciato, e grigi.


Di una tonalità scura, profonda, come gli abissi di un lago ghiacciato, che Angel non aveva mai visto prima, e che non sarebbe mai riuscito a riprodurre sulla tela.


Occhi pieni di tormento… e di lacrime.


Era sollevato, quel viso, rivolto verso l’alto, e incorniciato da una nuvola di capelli biondi cosi chiari da sembrare quasi bianchi, legati in un morbido nodo a metà della nuca.


Come se stesse cercando qualcosa, o qualcuno… là, altre il cielo incomparabile di San Pietroburgo.


Ed era bello, di una bellezza particolare e inspiegabile, di una bellezza che rifletteva una vivida luce interiore.


Una luce che avrebbe potuto accecare, e bruciare, e ridurre in cenere una creatura della notte come lui.


Angel vide una lacrima discendere su quel viso, cadendo dal mare grigio dei suoi occhi, e un attimo dopo la ragazza crollò in ginocchio, con tanta violenza che le lunghe ciocche di capelli che sfuggivano alla sua acconciatura si sollevarono in aria come nastri d ‘argento e poi le percorsero, leggeri, le spalle.


Le mani giunte, il volto sollevato verso la chiesa, la Cacciatrice, che solo pochi minuti prima aveva polverizzato tre violentissimi vampiri , ora tremava, convulsamente, mentre il pianto le inondava le guance e le labbra dischiuse. Le dita serrate così forte che, nonostante i guanti, Angel era certo che facesse del male a se stessa, bloccando la corsa del suo sangue.


Disperata.


"Ti prego…" Gridò quasi, con una voce forte, chiara come acqua, che vibrava di pena a stento trattenuta. " Ti supplico…"


Angel deglutì, e si vergognò di essere lì, a spiarla, ad ascoltare la preghiera disperata della Cacciatrice.

La preghiera che era la rivelazione della sua stessa anima.


" …io non sono degna di entrare nella Tua casa…

non sono altro che una creatura sporca di sangue…

ma se Tu mi hai scelta…

se Tu hai voluto che fosse la mia mano a combattere l’oscurità…

Ti supplico, Padre mio, dammi la forza che non ho…

dammi la determinazione per andare avanti… per combattere…

per servirTi fino a che ci sarà vita nelle mie vene.


Ti prego, dammi la forza di non indietreggiare!


Rendi duro il mio cuore, mio Dio, perché non esiti di fronte al dolore di coloro che devo distruggere…

perché non mi lasci fermare dai loro volti umani…

perché il loro sangue non mi soffochi ogni giorno ed ogni notte…


Allontanali dalla mia mente, perché io non riveda tutti i giorni ogni viso, ogni sguardo, ogni afflato di esistenza che ho spento.


Perché non risenta ogni grida, e ogni soffio di paura…


loro paura per me…

perché io uccido… e, chiunque siano le vittime, io sarò sempre il carnefice…


Ti prego, dammi la forza per compiere la mia missione…

Aiutami ad aiutare…


è l’unica… cosa… che io voglio al mondo…

e l’unica cosa per cui posso servire…"


Scoppiò a piangere convulsamente, ma non cambiò posizione, e continuò a guardare la chiesa, mentre i singhiozzi le scuotevano il petto.


" … aiutami ad allontanare il dolore… Ti supplico…

aiutami ad essere come dovrei essere…

anche se non sono degna del mio ruolo…

se sono solo io…"


Finalmente, si prese il volto fra le mani, continuando a piangere, e persino Angel faticò a comprendere le sue parole.


"Oh, mio Dio, mio Dio, sono solo io… sono solamente io…"


Si piegò sulle ginocchia, raccogliendosi in se stessa, e continuando a piangere.


Sola.


In quella piccola piazza coperta di neve.


Mentre dal cielo, lentamente, fiocchi leggeri cominciavano a danzare nell’aria, confondendosi con il chiarore dei suoi capelli.


Gli occhi fissi su quella figura piegata in terra, e le orecchia colme dei suoi singhiozzi, Angel sentì una lacrima, gentile, solcargli una guancia.


*****


Lacrime.


Ne sentiva l'odore, poteva vederle.


Lacrime.

Attorno a lui.


Le stava versando Angel, colpito da quanto stavano vedendo, lui che riusciva a comprendere le parole che quella Cacciatrice stava pronunciando meglio di chiunque altro.


Sicuramente meglio di lui.


Anche lei piangeva, ed il dolore sembrava riempirla, tanto che solo le lacrime che versava dovevano darle un po' di sollievo.


Aveva sentito le sue parole, e l'intensità nella voce di lei, così chiara, gli aveva fatto venire la pelle d'oca.


Piangeva, quella ragazza, lacrime rigavano quel volto perfetto, dai tratti affilati, che pure trasmettevano una dolcezza, una purezza d'animo, che mai aveva visto fino a quel momento.


Si era definita un carnefice, mentre I suoi occhi grigi, espressivi, continuavano a riempirsi di lacrime.


Lacrime per creature della notte, come lui, lacrime per mostri che derubavano di vita persone innocenti...


...avrebbe trovato la cosa ridicola, forse, eppure il dolore di quella ragazza era sincero, sembrava percorrere la distanza che lo separava da lei e colpirlo, ripetutamente.


Vedeva quella ragazza magra inginocchiata di fronte ad una chiesa, vedeva come l'oro dei suoi capelli, l'oro più puro che avesse mai visto, le incorniciasse il volto, vedeva come le mani di lei, coperte da pesanti guanti di lana, stessero affondando nei lembi del suo cappotto, mentre continuava a ripetere quella frase.


"Sono solo io..." Diceva, mentre la sua voce era rotta di dolore.


Chi era quella ragazza?


Era la Cacciatrice, ma era sicuramente diversa da quelle di cui aveva sentito parlare o dalla bambina che aveva quasi ucciso in Cina.


Sembrava non appartenere a quella Terra, a quel tempo, era una figura angelica, piegata su se stessa...me era proprio lei la stessa ragazza che, poco prima, aveva combattuto in silenzio contro alcuni vampiri,?


Vederla combattere era stato come ammirare poesia in movimento, grazia felina senza nome, passione che sembrava riempire l'aria con movimenti veloci, precisi.


Aveva osservato ogni suo gesto, trovandosi a tendere I sensi per ogni respiro, ogni battito del cuore, come incantato ...


Era davvero la stessa ragazza?


Dolore e passione convivevano evidentemente in lei, sul suo volto, nella sua voce, e in quelle lacrime, il cui odore Spike riusciva a sentire anche da lì.


Lacrime e sangue...grazia felina e dolore lacerante, contraddizioni racchiuse in un volto, un corpo di una bellezza abbagliante, che lo stava stordendo, ed una purezza che sembrava irradiare da lei, tanto forte che Spike fu sicuro che avrebbe potuto rimanerne bruciato...


...abbacinato.


Eppure, non riusciva a smettere di guardarla, di ascoltare le sue parole, mentre le mani gli affondavano nelle tasche del cappotto, e, più di tutto, desiderava aver lasciato Angel da solo, quando aveva cominciato a seguirla.


Perché forse, se lo avesse fatto, avrebbe conservato solo il ricordo di una guerriera, una guerriera silenziosa, che aveva riempito la notte con la sua passione.


Perché forse, se lo avesse fatto, le parole di quella ragazza, i suoi singhiozzi, non gli starebbero rimbombando nelle orecchie ora...


...e lui non avrebbe desiderato avvicinarsi, parlarle.


Lacrime.


Quando si erano riempiti i suoi occhi di lacrime? Non se ne era nemmeno reso conto.


Angel gli aveva detto che William viveva ancora in lui, e Spike era pronto a scommettere che il vecchio Will, stava consumandosi gli occhi in quel momento, nei recessi del suo essere...ma non lui, non Spike.


I demoni non piangevano, i demoni non si lasciavano commuovere da una ragazzina che singhiozzava disperata di fronte ad una chiesa.


Chiuse gli occhi, e imprecò silenziosamente quando sentì alcune lacrime solcargli il viso in una scia fredda… come il suo corpo, come il suo cuore, che da troppo tempo aveva smesso di battere.


"Andiamocene di qui" Disse con voce roca, sperando che Angel non se ne rendesse conto, e sapendo che l'eventualità che ciò avvenisse davvero era pressoché nulla.


Spike vide Angel annuire senza guardarlo, i suoi occhi ancora fissi su quella ragazza, che, nonostante avesse placato i suoi singhiozzi, era ancora avvolta, imprigionata, nel proprio dolore.


Diede le spalle al vampiro più anziano, mentre si allontanavano da quella piccola piazza, resistendo a stento all'impulso di stringersi nelle spalle.


Non voleva che Angel capisse.


Non voleva che capisse quanto quella ragazza lo aveva turbato.

Non voleva che si rendesse conto del fatto che Spike, il vampiro ossessionato dalle Cacciatrici, si era lasciato commuovere da una di loro.


Non voleva che si rendesse conto di quello che il suo intero essere stava ostinandosi a negare: che si era innamorato di una Cacciatrice.


...una Cacciatrice che sicuramente non avrebbe mai più rivisto.


*****


Los Angeles, 2001


"Innamorato?!" Esclamò Kate, saltando letteralmente sul divano e sporgendosi in avanti.


Spike sospirò.


"Cotto come una pera!


Abbrustolito, bruciato, bollito nel mio stesso sangue!


Totalmente, assolutamente fregato!


Il più grosso, fottuto idiota sulla faccia della terra!


Innamorato a prima vista di una Cacciatrice!"


"Il che…" S'intromise Kate, sorpresa e divertita dal modo esponenziale in cui il tono di voce e l'eccitazione di Spike erano cresciuti, insieme con le sue parole. "era molto grave?"


"Grave!" Gridò quasi lui." Era una catastrofe!"


Balzò in piedi, e Kate comprese che in quel momento, davvero, non era più con lei, ma in Russia, a San Pietroburgo, novant'anni prima. "Un disastro!

La cosa peggiore che potesse accadermi…


Innamorato!

Di una Cacciatrice!


Io!

William il sanguinario!


Un vampiro!


Okay, la fogna di tutti i vampiri, ma pur sempre un vampiro!


E quella donna in cinque minuti mi aveva ridotto a un coniglietto rosa che piangeva in mezzo alla strada!


Almeno mi avesse picchiato!


e invece mi aveva fatto sentire… come non mi ero mai sentito in vita mia!


Dio," Esclamò." quanto la odiavo!

Ero una pera ebete in amore, ma la odiavo!


E quanto odiavo me stesso…"


*****


San Pietroburgo, 1911


"No, no, no, no, no, no, no, no, no… "

Cuscinata, cuscinata, cuscinata, cuscinata, cuscinata, cuscinata, cuscinata, cuscinata, cuscinata…


Una ad ogni no.


Ed avrebbe voluto che non ci fosse quel cuscino.

Né il materasso.


Avrebbe voluto sbattere la testa contro il pavimento, o contro il muro, fino a che non si fosse spaccato… se ci fosse stato un modo per farlo senza farsi male!


"No! " Urlò, affondando ancora la testa nel cuscino." Non voglio!


Non voglio! Non voglio!


Voglio essere cattivo!

Voglio essere un demone!


L'amava.

"No!"

L' amava!

"No!"

Come un idiota.

"No!"

Come un umano.

"Noo!"

Come William.

"No! No! No!"


Gli sfuggì qualcosa di molto simile ad un singhiozzo, mentre, per l'ennesima volta, sbatteva contro il letto.


"Vuoi stare calmo!" Tuonò Angel dalla sua stanza. "Sveglierai i vicini!"


"Me ne sbatto!" Gracchiò lui, senza alzare la testa.


"E non fai dormire me."


Stavolta lo alzò, il capo, ringhiando ferocemente.

"Impiccati!" Gridò." Così finalmente mi lascerai libero!"


Si rigettò in avanti, tentato di mordere la stoffa sotto la sua bocca.


"Tu non dormi mai…" Borbottò, irritato e stanco." Non fai che rimuginare… e rimuginare… e avere incubi e poi ancora… rimuginare!

Proprio stamattina vuoi dormire!"


Un suono strozzato gli uscì dalla gola.


"Lasciami libero!" Ripeté, ma sapeva benissimo di non rivolgersi ad Angel.


*****


Los Angeles, 2001


"Giunsi all'idea di essere ammattito!" Soffiò Spike, camminando avanti e indietro nella stanza.

"Che Angel dovesse avermi infettato chissà quale terribile infezione sentimental-rimuginatrice.

E pensai che se avessi evitato come la peste quella ragazza l'infezione sarebbe guarita, magari

con l’aiuto di un bel po’ di sana violenza… e una bella spremuta di sangue umano.


Risvegliare il mio demone, insomma.


Ma tutto ciò che riuscii a fere nei due giorni successivi fu rimanermene a casa a chiedermi perché fra tutti gli esseri della terra la terribile sensazione di essere innamorato dovesse essere capitata proprio a me…"


"Ma tu… "Lo interruppe Kate. "Non eri già stato innamorato…? "

"Si!" Esclamò Spike. "Ma di una vampira!


Sesso, sangue, dolore, odio!

Cose che il mio demone riconosceva!


Questo sentimento… delicato… struggente…non l'avevo mai provato, non sapevo come chiamarlo…

E mi spaventava…


Hai idea di come possa essere per un vampiro sentire all'improvviso del calore… qui…" Si batté con due dita il petto. "dove non dovrebbe esserci nulla…


Ero… confuso.

E arrabbiato.


L'unica cosa chiara era che non volevo rivedere mai più quella terribile ragazza.


Solo…" Lasciò ricadere le braccia. "Che mi annoiavo!"


Kate non riuscì a trattenere una risata, e allo sguardo torvo di Spike si premette una mano sulla bocca.

"Scusa!" Esclamò.


Lui emise un basso mugugno gutturale.


"Comunque sia" Continuò. "mi dissi che San Pietroburgo era una grande città, con abbastanza demoni per tutt'e due, e che se avessi voluto avrei potuto di certo evitarla… dopotutto, nei primi venti giorni non avevo neanche sentito parlare di lei… probabilmente perché quelli che l'avevano incontrata non erano tornati a raccontarlo…


Ed era vero!

Uscivo con Angel, trovavamo demoni, menavamo le mani come pazzi… io… come un rimuginatore lui… e della Cacciatrice neanche l'ombra.


Il mio morale saliva alle stelle!


Niente più capocciate al cuscino!

Niente sensazione di essere in trappola!


La mia non- vita mi sorrideva!


Ma secondo te" Esclamò, con tanta foga che Kate sobbalzò. "poteva continuare così?


Potevo io, povera vittima del caso e del DNA di William Appleton godermi il soggiorno russo nella beata pace della mia rissa quotidiana?!


Uscire, sentirmi libero, dare appena una sbirciatina prima di voltar l'angolo per controllare che non ci fosse lei?

E sentirmi un re e un genio quando non c'era?


Potevo continuare a starmene in pace?


No!

Assolutamente no!

Perché Angel non si faceva mai i c**** suoi!".


*****

S. Pietroburgo 1911


"Perché Angel? Spiegami solo il perché!" Domandò Spike, esasperato.


"Sento odore di polvere da sparo" Disse Angel, come se le sue parole spiegassero tutto


"E allora?" sbuffò Spike. "I demoni non sono abbastanza? Dobbiamo intervenire anche nelle beghe degli umani?"


"Voglio solo assicurarmi che non stiano preparando..."


"Ed anche se fosse?" Domandò Spike."Cosa t'importa?

E' nella loro natura distruggere! Sei in giro da un po', credevo te ne fossi reso conto, ormai!"


"Puoi tornare a casa, se vuoi... " Replicò Angel, incamminandosi verso il retro del Mariinskij , al seguito di quell’odore di polvere da sparo che, a dir la verità, anche Spike aveva sentito, ma al quale non aveva prestato la minima attenzione.


"Sì, come no...casa, dove la cosa più interessante da fare è guardar scendere la neve..."


"Sei stato tu ad insistere per uscire" Sibilò Angel

"Uscire Angel, non mettermi a fare il paladino di San Pietroburgo..."

"Spike, le cose in questa città potrebbero precipitare"


Spike sollevò gli occhi al cielo, e stava per parlare, ma tacque quando, voltato un angolo, vide quattro uomini, accalcati attorno all'ingresso posteriore del teatro.


Spike aveva letto della prima che avrebbe avuto luogo il giorno dopo al Mariinskij, alla quale avrebbero assistito politici, aristocratici e industriali.


L'occasione perfetta per una strage.


....e non sarebbe stata la prima, a San Pietroburgo.


Uno degli uomini armeggiava con la serratura della porta, mentre gli altri lo circondavano, armati di fucili e con delle grosse sacche sulle spalle.


Sbuffò.


A quanto pareva Angel si sarebbe presto divertito… tanto valeva cominciare le danze.


"No, amico..." Esclamò improvvisamente, parlando in russo. "Prima devi sollevare il meccanismo"

Avanzò di un passo verso gli uomini. "Poi devi far saltare lo scrocco" Ignorò lo sguardo sorpreso di Angel e continuò, "E' fisica, questa...." Inclinò la testa, osservando gli uomini. "Certo che di questo passo ci metterete una vita..." Annusò l'aria per un istante e domandò. "Dinamite o esplosivo?"


"Chi diavolo sei?" Domandò uno degli uomini, stringendo l'impugnatura del fucile.


"Un passante...." Si voltò verso Angel, che nel frattempo aveva fatto qualche passo ed era ora accanto a lui. "Non sono convincente come passante, vero?"


"Non molto" Replicò Angel.

Il vampiro più anziano si voltò verso gli uomini. "Ma su una cosa avevi ragione, così ci metteranno una vita...."


"Beh, " Bofonchiò Spike. "io posso aspettare"


"Io no" Disse Angel, quando uno degli uomini si avventò contro di loro.


Angel lo disarmò in un istante ed il suo pugno lo fece volare di qualche metro.


"E ti pareva..." Sbuffò Spike, mentre con un manrovescio ne colpiva un altro.


L'uomo balzò in piedi e di nuovo lo caricò.

"Ma per favore!" Sbottò Spike, disarmandolo e colpendolo con un pugno che lo mandò riverso in terra.


Gettato il fucile poco lontano da loro, Spike si voltò per parlare, quando, alle sue spalle, udì partire un colpo.


Nell'aria pungente di quella notte piena di stelle, si diffuse immediatamente l'odore di polvere da sparo… e di sangue.


Il sangue di Angel.


Il suo volto mutò, senza che nemmeno se ne rendesse conto, e lui si voltò di scatto, stringendo gli occhi, e fissando istintivamente l’uomo che aveva appena sparato ad Angel.


Gli fu addosso in un istante, inchiodandolo contro una parete tanto velocemente che l'altro non ebbe nemmeno il tempo di muoversi.


La paura dell'uomo gli riempì le narici, e lui gettò un'occhiata distratta ad Angel che era ancora in piedi, e, stringendosi la ferita alla spalla destra con una mano, digrignava i denti.


"Ti sta bene, razza di testardo irlandese!" Ringhiò, mentre le sue mani affondavano nel collo dell'uomo. "Imparare a badare ai cazzi propri, mai eh?"


Si voltò verso la sua vittima, e sorrise crudelmente attraverso I canini.

"Quanto a te, non mordo qualcuno da molto tempo....ho idea che ci vorrà un po'"


Il suo sorriso si allargò e quasi cominciò a ridere, quando sentì il cuore dell'uomo quasi scoppiargli in petto dalla paura.

"Ma non temere" disse

"Non sarà più doloroso di un proiettile...."


Los Angeles, 2001


"Lo mordesti?" Domandò improvvisamente Kate.

La donna scosse la testa e poi mormorò: "Scusa, non volevo interromperti"


Spike sorrise, giocherellando con l'anello col pollice della mano destra per qualche secondo prima di dire: "Nah, non volevo morderlo sul serio" .

Aggrottò la fronte allo sguardo scettico che Kate gli rivolse.

"Non mi credi neanche tu, vero?" Sorrise. "Non mi stupisce....beh, stavo ancora decidendo se morderlo o meno, il che, per inciso, è una decisione strana per un vampiro....quando, dal nulla, comparve lei..."


"La Cacciatrice?"


Spike annuì debolmente.

"Silenziosa, veloce....e bellissima"


San Pietroburgo, 1911


Non è possibile! Pensò Spike, allontanandosi di scatto dall'uomo, che si afflosciò sul pavimento.


Aveva fatto i salti mortali, pur di evitare di incrociare quella ragazza, per paura di quei sentimenti improvvisi, diversi da tutto quanto aveva provato nella sua vita....


....ed ora era lei che sbucava dal nulla, avvolta nel suo lungo cappotto, e con pochi agili movimenti metteva al tappeto i due uomini ancora in piedi.


Sembrava non essersi nemmeno accorta di loro.


Spike sperava che non si fosse nemmeno accorta di loro, anche se, considerato che sia Angel che lui avevano mutato volto durante lo scontro, dubitava ciò fosse possibile.


Angel fece per muoversi, ma non poté fare che qualche passo prima che la Cacciatrice roteasse su se stessa, e lo scalciasse, mandandolo a terra.


Per l'inferno, no! Pensò Spike, mentre il suo intero essere ruggiva di una rabbia che gli coprì la ragione, e annientò i sentimenti che si era scoperto a provare per quella misteriosa ragazza.


E, all’improvviso, lei ritornò ad essere la Cacciatrice, la nemica.


L'assassina.

La carnefice.


Colei che avrebbe potuto uccidere il suo Sire.

Colei che avrebbe potuto uccidere Angel....


Non vide quando la Cacciatrice, che era ora a cavalcioni di Angel, arrestò il paletto a distanza ravvicinatissima dal suo cuore.


Dalla sua posizione, non vide gli occhi grigi della ragazza sgranarsi per la sorpresa, per poi stringersi in un'espressione di curiosità e sbigottimento.


Ne razionalizzò che stava alzandosi lentamente in piedi, lo sguardo era ancora fisso su Angel.


Il suo intero essere era stato riempito da una tale preoccupazione che non la udì nemmeno chiedere: "Perché hai un'anima?"


Le fu addosso in un istante, ed un istante dopo il gomito di lei lo colpì al volto, con tanta forza da mandarlo fuori combattimento.


"Perché hai un'anima?" Ripeté la ragazza.


Si voltò poi verso di lui, e Spike deglutì quando lo sguardo grigio di lei gli si posò addosso.

"E perché tu tieni a lui più di quanto non tenga a te stesso?"


Spike rimase immobile, a terra, mentre ancora la ragazza spostava lo sguardo alternativamente da Angel a lui.


Sembrava essere incuriosita, ma non c'era ferocia sul suo volto, e nemmeno la disperazione lacerante di qualche notte prima.


Il suo era il volto di una ragazza estremamente intelligente, che stava decidendo cosa fare, stava ascoltando il suo cuore.


Infine, nascose il paletto nella manica del suo cappotto e mormorò: "Non posso uccidervi...."


Li guardò un'ultima volta, e quando gli occhi di lei si posarono su Spike, egli abbassò la testa, certo che se l'avesse guardata ancora non sarebbe più stato in grado di farla andare via.


Chiuse gli occhi, mentre sentiva i passi leggeri di lei allontanarsi, domandandosi perché il fatto che quella ragazza non fosse più lì gli provocasse un malessere quasi fisico.


Deglutì, rimettendosi in piedi, ed evitando lo sguardo di Angel si voltò verso l'uscita del vicolo.


Se tendeva le orecchie, riusciva ancora a sentire i passi felpati di lei sulla neve, ed il suo cuore.


Avrebbe voluto illudersi, pensando che quello che udiva era il battito di uno di quegli uomini, riversi a terra...ma sapeva che non era quella la verità.


Lo aveva riconosciuto, aveva riconosciuto la sua melodia, la sua forza.


Digrignò i denti, pensando a quanto era appena accaduto, registrando le parole che la Cacciatrice aveva pronunciato, e mormorò: "Incredibile...mi sono innamorato di un'oppiomane!"


Si voltò verso Angel.

Anche lui era in piedi, e lo osservava incuriosito, e decidendo di ignorare completamente quanto era appena avvenuto, Spike disse, "Spero che questo ti serva da lezione, Angel!"


Angel osservò per un istante l'uscita del vicolo, poi tornò a guardarlo, e nei suoi occhi vi era uno sguardo pregno di sorpresa e sbigottimento.

"Ti rendi conto di cosa ha detto?"


Spike si strinse nelle spalle, raccogliendo nel frattempo le sacche che erano sparse alla rinfusa sulla neve.

"Il fatto che hai un'anima? Capirai la novità...."


Angel scosse la testa, mentre gli prendeva le sacche dalle mani, ignorando l'occhiata esasperata che Spike gli rivolse, e disse: "Non mi ha chiesto se avevo un'anima...quella ragazza voleva sapere il perché!"


Spike sbuffò.


Cosa poteva dirgli?

Erano appena sopravvissuti allo scontro con una Cacciatrice che aveva impiegato meno di un minuto a mettere al tappeto entrambi....Spike aveva avuto abbastanza sorprese per una notte.


"In tutta la mia vita non ho mai conosciuto una persona come lei...."


A chi lo dici, pensò Spike, che strinse le labbra in direzione del suo sire, prima di dire, "Possiamo tornare a casa ora? Mi si sta congelando il sedere....e quella pallottola credo ti sia arrivata nel duodeno a questo punto...."


Angel annuì e Spike si voltò, incamminandosi verso l'uscita del vicolo.

La voce di Angel però lo fermò quando disse: "Ah, Spike? Grazie!"


Spike sbatté gli occhi, si voltò in direzione di Angel, e tacque per un'istante.


Perché diavolo lo ringraziava? Cosa si aspettava che facesse, che rimanesse immobile mentre veniva impalettato?


Una volta lo avresti fatto Gli ricordò una vocina nella sua mente, che Spike scacciò con un gesto della mano, mentre diceva: "Non ringraziarmi, tanto non ti avrebbe impalettato, l'hai vista."


Angel lo raggiunse lentamente, e quando gli fu accanto disse, guardandolo: "Non importa che non lo abbia fatto.

Hai rischiato la vita per salvare la mia...mi hai salvato"


Spike si sistemò una sacca contro le spalle, e sbuffò:

"Non farla tanto lunga, "


Perché diavolo essere ringraziato da Angel, lo imbarazzava tanto, poi?

Dov'era finita la sua superbia?

"Tanto, " Continuò. "non ci ho nemmeno pensato...."


Non gli lasciò il tempo di rispondere, ed uscì dal vicolo, senza scorgere il sorriso che, a quelle parole, si dipinse sul volto del suo sire.


Los Angeles, 2001


"Ti rendi conto di cosa gli hai detto quella sera?" Domandò Kate, quando Spike interruppe il suo racconto per sorseggiare un po' di birra.


Spike la guardò, aggrottando le sopracciglia, posò la bottiglia a terra, e domandò: "Dovrei?"


"Avevi appena ammesso di amre quella Cacciatrice, eppure, d'istinto, avevi pensato solo a salvargli la vita...."


Spike considerò per un'istante le parole della donna, si appoggiò contro lo schienale della poltrona ed ammiccò.


Non aveva ripensato a quella notte da anni, e non si era mai fermato a pensare alle sue azioni....

alla rabbia che le aveva accompagnate.


"No...non ci avevo mai pensato " Disse infine. "La mia mente...si era concentrata solo su di lei...e su come dimenticarla..." Sogghignò. "inutile dire che fallii miseramente..."


*****


"Tanyuska…" Esclamò Eleanor. " Ma che cos'hai?"


Tanya abbassò la testa, permettendo alla sua Osservatrice, di parecchio più bassa di lei, di baciarle la fronte, e poi si abbandonò fra le sue braccia, chiudendo gli occhi e lasciandosi cullare come una bambina.


"Perdonami…" Mormorò. "non ho il controllo del mio cuore, oggi…"


Dolcemente, Eleanor l'allontanò da se, scavando nella sua anima con i suoi penetranti occhi verdi, e sollevò una mano ad accarezzarle una guancia.


Come una madre.

Non come un’Osservatrice.


Anche se questo, lei, poteva solo supporlo.


Tanya non sapeva come dovesse essere un’Osservatrice.


Nei quattro anni dacché era stata attivata, aveva conosciuto solo lei.


E non sapeva nemmeno come dovesse essere una madre.

Perché nei suoi diciassette anni aveva conosciuto solo lei.


Era stata Eleanor a trovarla, nel minuscolo istituto nel cuore della Siberia dov'era cresciuta.


Lei l'aveva presa tra le braccia.

Lei l'aveva consolata, spiegandole che quella forza straordinaria che all'improvviso si era manifestata in lei, quel potere che era sfuggito al suo controllo quando per difendere una sua compagna aveva scaraventato un uomo contro un cancello di ferro, uccidendolo quasi, e gettandola nella disperazione più nera, non era un abominio.

Non era qualcosa contro natura, di infimo e malefico.


Ma, al contrario, era un dono.


Un dono meraviglioso che le permetteva di aiutare le persone.


Di soccorrerli.

Di salvarli.

Di combattere il male.


Un dono che la illuminava, e di cui mai, mai sarebbe stata degna.


Per la sua debolezza.

Per la confusione che spesso sentiva dentro.

Perché nonostante sapesse che la sua era una missione sacra, nonostante sapesse che era il piano di Dio per lei, nonostante si sentisse onorata si essere stata scelta, non riusciva ad essere felice quando la adempiva.


Quando uccideva.


Non riusciva a non sentire dentro di se il dolore delle sue vittime…


Essere la Cacciatrice era la cosa più importante della sua vita, la più bella della sua vita.

E il suo più grande tormento.


Ed era sempre stata lei, Eleanor, ad ascoltarla quando il dolore sgorgava dai suoi occhi.


Era stata lei ad amarla.

Lei ad istruirla.

Lei a portarla a San Pietroburgo.


Lei a nutrirla.

Lei ad insegnarle ciò che doveva sapere sulla sua missione.


L'unico affetto della sua vita.

L'unico amore.

L'unica madre.


E Tanya desiderava disperatamente di non deluderla.

Anche se spesso sapeva di non poterci riuscire.


"Bambina mia… " Mormorò la giovane Osservatrice, continuando ad accarezzarla.


Non le chiese nulla, ma lo fecero i suoi occhi per lei.


E Tanya non era mai riuscita a mentirle.

Ne a nasconderle qualcosa.


"E'… accaduto un fatto… " Mormorò, abbassando gli occhi. "Che mi ha molto turbata…"


"Si?" La incitò lei.


Tanya si allontanò, sottraendo la mano alla sua.


Sperando che Eleanor capisse.

Che le permettesse di spiegare.


"Ho… Lasciato andare due vampiri…" Soffiò alla fine.


Eleanor sgranò gli occhi, prendendola per le spalle.

"Sei ferita?" Esclamò, preoccupata.

"Ti hanno… presa di sorpresa?"


Scosse la testa.

"No… no…"

"Allora come hanno fatto a batterti?"


Tanya strinse leggermente le labbra.


Non voleva deludere Eleanor… non lo voleva così tanto…


"Non mi hanno battuta…"

"Cosa?!" Eleanor aggrottò la fronte, senza capire, e Tanya si affrettò a continuare.


"Per favore, Eleanor, lascia che ti spieghi…


Loro…non mi avrebbero fatto del male… non erano… pericolosi……"


"Come potevano non essere pericolosi?" Esclamò lei, un lampo improvviso, di preoccupazione e rabbia insieme, nelle sue iridi verdi." Oh, Tanya, che cosa ti hanno detto, o fatto, per convincerti a lasciarli andare?


Mia piccola, dolce creatura…

I vampiri sono degli esseri infidi… velenosi…"


"Lo so… lo so bene…"

"E allora?

Ti ha dato di volta il cervello?!


Tu non puoi fidarti di quello che dicono!

Non devi.

Mai!


Se permetterai loro di far leva sul tuo tormento troveranno il modo di distruggerti…"


Allungò una mano, e l'espressione sul suo viso si addolcì.

"Tanya… tu sei… la creatura più straordinaria che abbia mai incontrato… così sensibile che puoi… sentire e vedere cosa che per gli altri sono inesistenti, o oscure… ma sei anche così vulnerabile… a volte penso che tu…" Non terminò la frase, abbassando gli occhi. Ma Tanya sapeva ciò che voleva dire. E ne soffriva.

Come ne soffriva Eleanor.


La sua sofferenza era così concreta e dolorosa per lei…


"Che non sia adatta…"

"Oh, no, Tanya, no!" Esclamò l'altra. "Sei un'incredibile Cacciatrice, la migliore che le cronache riportino, però… lasciare andare due vampiri…"

"Uno di loro aveva un'anima!" La interruppe Tanya, stringendo disperatamente le mani una nell'altra.


"Che cosa?!" Gridò quasi Eleanor." Ma è impossibile!

I vampiri sono demoni!"

"Era lì!" Insistette, e un sorriso, senza volerlo, le salì alle labbra. "Te lo giuro!

L'ho sentita!


Era come… come se mi toccasse attraverso i suoi occhi!


Non ho mai provato una sensazione così intensa in tutta la mia vita!"


Eleanor cercò di distogliere gli occhi, ma Tanya non glielo permise.

"Ti prego, Eleanor, credimi! Aveva un 'anima!


Hai parlato delle mie sensazioni… di ciò che riesco ad avvertire… bè… fidati di me…

Aveva un’anima!

Un'anima umana, e l’altro…"

"… l'altro…"


Sospirò.

"L'altro gli voleva bene…"

"Oh, Tanya…"

" Teneva alla sua vita più che alla propria.


Mi ha afferrata, e sapeva che avrei potuto vincerlo, ma non gli è importato…

Si sarebbe fatto uccidere per lui…"


"Tanyuska… " Eleanor scosse stancamente il capo. "Non so cosa pensare…

Il cuore mi dice di crederti, ma … un vampiro con l'anima…e un vampiro che prova amore…"

"Ma loro possono amare!" Esclamò Tanya. "Io lo so!

Loro possono amare tanto!


Lo so, lo sento!

Lo vedo nei loro occhi, con la sofferenza atroce che gli scoppia dentro quando uccido la creatura che amano!


Mi invade.

Mi soffoca.

Ed è un amore oscuro, mentre questo…


Questo no, Eleanor, te lo giuro!

Avrei voluto piangere per la purezza di questo amore…"


Eleanor sospirò, lasciandosi cadere sul divano.

E Tanya, istintivamente, si inginocchiò davanti a lei, cingendole le gambe con le braccia, e posando la testa sulle sue ginocchia.


"Non voglio deluderti, Eleanor…" Mormorò. "dimmi quello che devo fare e lo farò…"


L’altra allungò le mani, e dolcemente le accarezzò i capelli.

" Ciò… che mi dice il mio cervello… è che si tratta di un inganno… che dovresti ucciderli."


Voltò la testa, guardandola negli occhi, e grandi lacrime le annebbiavano la vista.


"Non posso…" Mormorò.


Eleanor strinse le labbra, e poi le afferrò il volto fra le mani, impulsivamente.

"E allora trovali, Tanya!" Esclamò. "Trovali e portali da me!


Perché se ti hanno ingannata, se stanno facendo… qualcosa perché tu creda in loro… per farti del male, troverò il modo di scoprirlo.


E gli strapperò il cuore dal petto.


*****


Era una bella sera, tersa e senza nubi, e loro camminavano fianco a fianco per la Galernaja Utitsa.


Parlando.


Non discutendo.

Non litigando.

Non polemizzando.


Solo parlando.


Non era veramente raro, se doveva essere sincero… bastava che Spike dimenticasse per una mezz’ora che era un demone spietato e crudele, o, meglio, che avrebbe dovuto esserlo.


E se riusciva a scordarsi di polemizzare per partito preso su ogni mosca che volava nell’aria di San Pietroburgo riusciva a diventare l’ascoltatore e il commentatore più straordinario che avesse mai incontrato.


Come Angel ormai aveva compreso da molto, molto tempo.


Dopo l’Inghilterra.

E durante gli anni spesi insieme.


Quando aveva capito che l’atteggiamento superficiale e irritante di Spike non era che una maschera per nascondere quello che non voleva essere… e, contemporaneamente, per salvarsi da pelle da lui…


Perché Spike aveva capito immediatamente che ciò che lui aveva odiato più al mondo, durante gli anni in cui non aveva avuto anima, era stato avere un rivale.


Assordato e accecato dal proprio enorme egocentrismo, non sopportava che potesse esistere qualcosa, o qualcuno, capace di fargli ombra, anche solo minimamente.

Al punto che era certo che se quel giorno, in Cina, la sua anima non fosse stata nel suo corpo, e Spike fosse riuscito a sconfiggere la Cacciatrice, lui, poi, lo avrebbe impalettato soltanto per questo.


Perché era qualcosa di più di un ragazzetto rissoso e sciocco.


Un’ ombra, forse, sul suo dominio assoluto.


Spike, tutto questo, lo aveva compreso.


Aveva compreso che l’unico modo per cavarsela era dargli esattamente ciò che lui voleva: un vampirotto che pensava solo a menare le mani, con il quoziente intellettivo di una pecora.


E così, per vent’anni, era andato in giro con qualcuno, e ora, da dieci, viveva insieme a una persona completamente diversa.


E non solo per l’umanità che si portava dentro.


Una persona arguta e intelligente, e un’incredibile ascoltatore.

Capace di apprezzare anche qualcosa che non avesse nulla a che fare con il sangue.

E di capirla.


Con cui parlare poteva essere rilassante e stimolante insieme.


Sempre che Spike scordasse per qualche minuto quant’era cattivo…


Come in quel momento.


"No." Esclamò il vampiro più giovane, le mani affondate nelle tasche del cappotto e un’espressione ispirata sul volto. "Chiariamo. Il balletto mi fa accapponare la pelle, ma la musica… wow… Wagner è grande!


Il teatro sembrava letteralmente tremare!"


"Anche Nijinskj era bravo…" Sorrise Angel. "dicono che la sua Sharazade abbia sconvolto Parigi, tre anni fa…"


"Sarà pure bravo, ma come fai a guardare sul palcoscenico quando c’è qual crescendo che ti assorda!

Puoi solo chiudere gli occhi, e lasciare che la musica ti entri nel corpo…"


"Anche perché" Lo provocò lui. "Non credo che avresti potuto goderti gran che dello spettacolo… appeso a testa in giù come un’enorme pipistrello!"


Spike fece una smorfia.

"Bè, chi diceva che dalle travi di sostegno del palcoscenico si sarebbe avuta una visuale migliore del teatro per controllare la presenza di eventuali attentatori…" Finse di pensarci su. " ah, si, lo stesso che è entrato dalla porta posteriore e si è annusato le quinte come un setter da caccia…"

"I setter sono inglesi…"

"… o l’equivalente irlandese… per assicurarsi che non ci fosse in giro un altro po’ di dinamite.


Tanto perché tu non potevi solo menare i terroristi che volevano piazzarla!

No!

Tu ti dovevi arruolare, e gratis, pure, nel servizio di sicurezza!"


"Di che ti lamenti?!" Chiese Angel divertito. "Non volevi andare a teatro?"


"Sorvolando sul fatto che era un altro il genere di spettacolo che intendevo allora… ti dirò che…potrà sembrarti incomprensibile…avrei preferito una poltrona in galleria… se non un palco… a delle scomode travi di legno che scricchiolavano sotto il peso di… indovina chi di noi due?!"


"Con quel partere in sala?

Siamo stati fortunati a trovare posto sulle travi!

C’erano tanti gioielli al collo delle donne presenti che si sarebbe potuto sfamare tutto l’impero!

L’imperatrice madre e le granduchesse ne erano ripiene!"


"E chi le ha guardate?

Te l’ho detto, amico mio, occhi chiusi e Wagner, Wagner, Wagner…


L’unica cosa che mi infastidiva erano tutti quei passi sotto di me…"


Angel lasciò che un lento sorriso gli salisse al volto, e allungò leggermente il passo, per impedire a Spike di vederlo.


Amico mio…


C’erano state persone, si, che lo avevano chiamato in quel modo, ma nessuna di loro era stata veramente sua amica.

Mentre Spike…


Già… Spike era suo amico?


Fino a pochi gionri prima non avrebbe saputo rispondere…

Fino a pochi giorni prima avrebbe detto che Spike era la persona con cui viveva da dieci anni.

Di cui si era assunto il compito di prendersi cura, di salvare… a cui da dieci anni stava facendo da padre…


Fino a qualche girono prima avrebbe detto di essersi affezionato a Spike.

Di volergli bene.


Di essere pronto ad uccidere ed essere ucciso per lui.

Di conoscerlo.


Di credere in lui...


Non più nella sua capacità di cambiare, ma in come lo aveva già fatto…


Ma non aveva mai pensato che Spike potesse sentire qualcosa per lui.

Qualcosa di diverso dal rispetto per una guida, per una figura stabile, da parte di qualcuno che, come Spike, evidentemente non era fatto per vivere da solo.


O dal piacere della sua compagnia.


Poi, era arrivata la Cacciatrice, con le sue parole.

E Spike si era gettato su di lei, senza aspettare.


Senza pensare.


Nonostante ne fosse rimasto affascinato fin dal primo istante.

Nonostante, forse, ne fosse innamorato.


Nonostante sapesse benissimo che era molto più forte.


Per lui.

Per Angel.

Per salvare la sua esistenza.



E lei aveva detto che teneva a lui più di quanto non tenesse a se stesso.


Aveva cercato di minimizzare, Spike, di gettare tutto sull’ovvio.


Non sapeva quanto quelle parole, e il suo gesto, lo avessero colpito.


Non sapeva che mai nessuno aveva tenuto a lui più che a se stesso.


Tranne, forse, un’adorabile bambina, tanti anni prima.

Che era stata il suo cuore.

E che lui aveva ucciso.


Se adesso avesse dovuto rispondere a quella domanda, se avesse dovuto dire se Spike era suo amico, molto probabilmente, avrebbe detto di no.


Perché, lentamente, senza che nemmeno se ne rendesse conto, era diventato di più, molto di più.


Allora, a Londra, aveva capito di comportarsi, con lui, come un padre.

Ora, aveva compreso che davvero Spike era diventato suo figlio.


"Sai, ho idea che Nijinskj non l’avrebbe presa bene se fossi sceso a dirgli di smettere di ballare perché ti impediva di sentire la musica!" Esclamò, casualmente.


"Tu che facevi tante storie… non mi pare che nessuno ti sia saltato addosso!"

"Eravamo su una trave!"

"E la prossima volta saremo in platea!"

"Spike…"

"Ehi…" Esclamò lui, sollevando le mani, in un gesto di difesa. "Un vero teatro, okay ?!

Una tragedia classica, magari!

Mi piace il teatro…"


Abbassò gli occhi, come se lo avesse imbarazzato fare quella rivelazione.


Angel fece per dirgli qualcosa, ma le parole gli si bloccarono sulle labbra, quando qualcosa di velocissimo e sottile piombò loro davanti.

Saltando, probabilmente, dal tetto del palazzo al loro fianco.


Saltarono entrambi, contemporaneamente, all’indietro, i loro sensi da vampiro immediatamente allertati, e nella mente di Angel l’inquietante consapevolezza che, se avesse voluto, il loro nemico avrebbe potuto non solo prenderli di sorpresa, ma attaccarli prima ancora che loro avessero avuto modo di reagire.


E fulminarli… con l’intensità dei suoi occhi grigi.


"Buonasera!" Esclamò la Cacciatrice, rimettendosi con grazia diritta. "Perdonatemi se vi ho presi di sorpresa."


Era vestita con il solito, lungo cappotto di lana e i guanti, ma questa volta la sua sciarpa era stretta attorno al collo, lasciandole scoperto il volto e i bellissimi capelli color del grano.


Sorrise.

Un sorriso bellissimo, di una dolcezza infinita.

Che faceva sembrare il suo volto ancor più luminoso.


"Figurati!" sbottò Spike al suo fianco. "Puoi farlo quando vuoi, tesoro, purché tu sia pronta a sopportarne le conseguenze!"


La ragazza sollevò le sopracciglia.

"Naturalmente…" Mormorò piano. Sembrava… sembrava in imbarazzo…


"Ci cercavi?" Chiese Angel. E la sua non era una domanda.


"Oh, si…" Mormorò lei, interrompendosi subito. "dovete… perdonarmi, se non parlo bene la vostra lingua, ma io… non sono una persona molto istruita…


Angel, dolcemente, rispose al suo sorriso. A vederli dall’esterno sarebbero sembrati più dei vecchi amici occupati in una conversazione che due vampiri e una Cacciatrice

"Parli perfettamente la nostra lingua." La rassicurò.

"Siamo noi a non avere ancora avuto tempo per approfondire la tua… "


"Volete che vi porti un tavolino e vi prepari del te?!" Scoppiò Spike, che pareva sul punto di eruttare fumo dalle orecchia. "O preferite andare in un caffè?!"


"Ho detto qualcosa che non va?" Chiese la Cacciatrice, accigliandosi ed aggrottando la fronte.


"Qualcosa che non va?!"

Spike di inclinò verso di lei, indicandosi le labbra con le dita.

"Segui il labiale, zucchero!

Tu- Cacciatrice- , noi- vampiri!

Insieme, a chiacchierare, sotto le stelle!"

"Ebbene?!"


Spike spalancò la bocca.


"Cerca di calmarti…" La rassicurò Angel.

Con il solo risultato di farlo scoppiate con ancor più foga.


"Ma ditemi chi vi rifornisce d’Oppio, che ne voglio anch’io!" Urlò.


La Cacciatrice si premette una mano sulla bocca, soffocando una risata.

"Mi sembra di sentire Eleanor!" Esclamò.


"Scusalo" Mormorò Angel.


Anche se non lo avesse conosciuto come invece lo conosceva avrebbe capito che il nervosismo di Spike non era dovuto solo al fatto di trovarsi faccia a faccia con cuna Cacciatrice.


Se fosse stata chiunque altro, e non lei, non sarebbe stato così su di giri.


"… è un po’ nervoso…

"Sono un po’… razionale!" Sbottò lui." Adesso passerete anche alle presentazioni!"


"Oh, si certo!" Esclamò la ragazza, allungando prontamente una mano. "Io sono Tanya … Tanya Nimikova…"


Passò gli occhi dall’uno all’altro, concentrandoli su Angel quando lui le prese gentilmente la mano.

"Io sono Angel e … " Spike sbuffò, girando su se stesso. "la ciminiera, lì, si chiama Spike…"


"Se dice che è lieta di conoscerci mi impaletto con uno dei tuoi pennelli!"


"Sono lieta…" Scandì lentamente la ragazza. "che il nostro secondo incontro sia più tranquillo del primo, e… " Continuò. "vorrei chiedervi, per cortesia, di seguirmi dalla mia Osservatrice."


" Ma che siamo matti?!" Esclamò Spike.


Angel gli lanciò un’occhiata.

"Perché vuole vederci?"


"Che te ne frega del perché?

Dille di no!"


"E’ rimasta molto colpita da ciò che le ho detto di voi… " Rispose Tanya quietamente, quasi fosse la cosa più normale del mondo. "e così vi vorrebbe incontrare…"

"Per capire…" Finì Angel per lei. "se possiamo costituire un pericolo…"

"Si."


"Bè.." S’intromise nuovamente Spike. "Problema risolto.

Noi non siamo pericolosi, siamo pericolosissimi!

E non siamo scemi!


Certo, come no, seguirti dalla tua Osservatrice, niente di più ovvio!


Per trovarci cosa?

Il Concilio al gran completo?

Una bella gabbia per studiare il vampiro con l’anima?

Croci, paletti e aglio?


Devi averci presi per due grandissimi idioti se pensi che…"

"Fai strada."


Se Spike avesse avuto un paletto al posto degli occhi, a quell’ora Angel sarebbe stato polvere.


Non ebbe il coraggio di guardarlo quando la Cacciatrice annuì, e si voltò, cominciando a camminare.


Conosceva benissimo l’espressione che aveva sulla faccia in quel momento.

E, del resto, anche se non l’avesse conosciuta, sarebbe bastato il tono della sua voce a dipingergliela in testa.


Più che arrabbiata, o irritata, sembrava addirittura… scandalizzata.


"Tu sei…sei il più grosso idiota sulla faccia della terra!" Sputò. "Così teso verso l’espiazione che metti il collo sotto l’ascia del carnefice!"


Davanti a loro, la Cacciatrice… Tanya… non si voltò, ma Angel era certo che li stesse ascoltando.


"Non sei costretto a venire…" Mormorò.

"E infatti non ci vengo!


Una cosa è essere idiota una volta e mettersi fra te e un paletto, ma questo… no!

Tu sei folle e io non ti seguo nella tua follia!"


"Va a casa, allora…" Gli rispose, voltando il capo per godere del meraviglioso spettacolo della Neva che, ghiacciata e illuminata dai lampioni, scendeva loro accanto. "Ci vediamo più tardi…"


"Non darmi ordini!" Scattò Spike. "Non sei il mio sire e non sei mio padre!"


Angel incassò, continuando a camminare.


Conosceva troppo bene Spike perché le sue parole potessero ferirlo.

Ormai sapeva quando erano dettate dall’ira o dalla foga del momento, e quando dal suo cuore.


Sembrarono colpire Spike, però, che ammutolì, scurendosi in volto e continuando a camminargli di fianco, in silenzio.


Per un secondo, Tanya si voltò verso di loro, la fronte aggrottata, e subito dopo fu la volta di Angel di guardare Spike.


Chinò la testa, e un sorriso gli salì alle labbra nel notare l’espressione corruciata del vampiro più giovane.

"A Londra non avete palazzi così…" Mormorò, sorridendo, mentre passavano di fianco al Palazzo d’inverno.


Spike guardò lui, e non la residenza imperiale, e sembrò immediatamente rilassarsi.


"Tutto fumo e niente arrosto!" Commentò. "E poi… detto da uno che abitava in mezzo ai pesci!"


"Già…"Angel rise, scuotendo la testa. Ma un attimo dopo si fermò, al seguito di Tanya, davanti a un grande palazzo che faceva angolo sulla Gorokhovaja Ul.


"Però…" Commentò Spike. "Si tratta bene, l’Osservatrice."


Tanya li guidò lungo le scale, in silenzio, fino al terzo piano, per poi trarre dalla tasca un piccolo mazzo di chiavi ed aprire la porta di un appartamento che si preannunciava molto elegante.


E, infatti, l’ingresso, che doveva fungere anche da soggiorno, era molto ampio, e arredato con estremo buon gusto.


"Eleanor…" Mormorò la Cacciatrice, entrando. "Ti ho portato le persone di cui ti ho parlato… "


Naturalmente, Angel e Spike rimasero fuori, bloccati dalla barriera invisibile che era una delle sole difese degli esseri umani contro quelli della loro genia, ma erano abbastanza vicini per vedere la donna che, all’ingresso di Tanya, si era voltata verso di loro, lasciando andare il lungo tendaggio verde che teneva fra le dita.


Non sembrava un’Osservatrice…o almeno non corrispondeva alla tipica immagine dell’Osservatrice.


Era giovane, sui trent’anni, con una morbida figura avvolta in un aderente abito di seta blu cupo e un volto da bambola di porcellana, con occhi vedi leggermente a mandorla, labbra perfettamente disegnate e un incarnato bianco e rosato, incorniciato da una massa di capelli neri, corti ed arricciati ai lato del collo.


Eppure, c’era qualcosa di estremamente forte in quel volto.

Quasi duro.

Qualcosa che tradiva una personalità molto complessa.

E che si specchiava in quegli occhi verdi che, Angel ne era certo, potevano essere dolci e gentili, ma che in quel momento li scrutavano da capo a piedi, freddi come ghiaccio.


In totale contrasto con l’espressione dolce della Cacciatrice.


Le andò incontro, prendendole le mani, e, ancora, quella donna continuò a guardare loro, e solo quando Tanya si volse, e quasi allegramente disse: "Prego, entrate." Si girò verso di lei, e, di scatto, ritrasse le mani dalle sue.


"Tanya !" Gridò. "hai invitato in casa nostra due vampiri!

Ma ti fai di oppio?!"


"Oh!" Esclamò Spike, avanzando con disinvoltura. "Finalmente! Qualcuno che è d’accordo con me!


Bella casa, complimenti!"


Angel scambiò una rapida occhiata con Tanya, prendendosi la fronte con la mano.


"Eleanor, per favore…" Mormorò tranquilla la Cacciatrice. " Non ti preoccupare.

Non ti faranno del male.

Non ne hanno nessuna intenzione e non ne hanno…" Aggrottò la fronte. " non sono pericolosi…"


"Di nuovo!" Scattò Spike, raddrizzandosi dalla vetrinetta che stava esaminando. "Io sono molto pericoloso!"


"Bè, ti conviene andare a fare il pericoloso fuori da qui!" Sputò la donna. "Io non vedo che un vampiro come tutti gli altri!"


"Voi ci avete fatto chiamare. " Disse finalmente Angel, entrando.


Tanya ne approfittò, avvicinandosi.

"E’ lui, Eleanor…" Disse. "lui ha un’anima…"


Spike mugugnò sonoramente e si accostò a sua volta, come per proteggerlo dallo sguardo pungente dell’Osservatrice.


"Non riesco a crederci…" Mormorò la donna.

"Annusalo!" Sputò il vampiro più giovane. "E’ così semplice!"


"Si, " Confermò Angel. "ho un’anima."


Deglutì.

Perché quella domanda gli dava quasi l’impressione di doversi scusare?

Di dover chiedere perdono perché stava sconvolgendo degli schemi che avevano millenni.


"Chiedi scusa!" Soffiò al suo fianco Spike, e Angel rimase quasi sconvolto da come sapeva leggergli dentro. "Caso mai la tua anima disturbasse troppo!"


"Spike" Mormorò lui. " per favore. Così non arriveremo da nessun parte…"

"E’ vero…" Rincarò Tanya ."credevo che volessi parlargli…"


Eleanor sospirò, scuotendo la testa.

"Hai ragione." Indicò con la mano una stanza al suo fianco." Andiamo di là."


Tanya si schiarì la gola, e la donna sospirò sonoramente.

"Che c’è?" Esclamò esasperata.

"Non… vi presentate?"


Spike ringhiò.

Eleanor sospirò di nuovo.

Angel aveva voglia di scoppiare a ridere.

Mentre Tanya fissava tutti con quegli occhi grigi che sembravano mettere a nudo i loro spiriti.


"Allora?" Ripeté.


Assurdamente, fu Spike a rompere l’empasse.

"Spike!" Sputò. "E non ho nessuna intenzione di dare la mano!"


Tanya gli lanciò un sorriso raggiante, e Angel vide un lampo attraversare gli occhi azzurri di lui.


Dopo di che, fu la volta dell’Osservatrice.

"Eleonor Arkwright Giles." Disse, molto controvoglia, sollevando orgogliosamente il mento.


"Angel…"Mormorò infine lui.

E gli occhi di Eleanor si dilatarono per la sorpresa.


Come aveva temuto.

Come sapeva benissimo avrebbero fatto.

Come sempre.


"… Angel…" Mormorò. "oh, mio Dio…Angelus!"


"No!" Scattò Spike, quasi con violenza. " Non Angelus!

Angel!

Angel!

Se fosse Angelus non saresti qui a quest’ ora!"


Angel si aspettò una reazione da parte dell’Osservatrice, e invece la donna si limitò a tacere per qualche istante, e a scambiare un lungo sguardo con la sua Cacciatrice..

Infine, tornò a voltarsi verso l’altra stanza.


"Seguitemi…" Mormorò. "per cortesia."


Lo studio della signora Arkwright Giles era una stanza ariosa e di un ‘eleganza sobria e, in un certo senso, tipicamente inglese, con mobili di legno scuro e lucido, una scrivania enorme, librerie su tre delle pareti e un divano con il sedile e lo schienale foderati di verde.


Parlava di serietà, di rigore e cultura, addolciti da un enorme mazzo di fiori in un vaso trasparente, su un tavolino accanto al divano.

Fiori rarissimi in Russia, in quella stagione, che parlavano a gran voce di Tanya.


"Dunque…" Esordì Eleanor, voltandosi a braccia conserte e affrontandolo. "un’anima!

Mi comprenderete se sono un po’ scettica!"


Angel rispose al suo sguardo.

"Spike ha ragione." Rispose. "Non devo scusarmi perché ho un ‘anima.

E non vedo come potrei provarvelo, se voi non volete crederci."

"Ne io" replicò la donna. "Vedo perché dovrei credervi ad occhi chiusi, esponendo il mio collo alle vostre zanne!"


"Se avessimo voluto," S’intromise Spike, ma lei non lo lasciò finire.

"Se aveste voluto" Scattò." Non avreste fatto in tempo nemmeno ad allungare una mano!

La mia Tanya vi avrebbe ridotti in polvere in meno di un minuto!"


Angel lanciò un’occhiata alla ragazza, che si era tolta il cappotto, e sedeva compostamente sul divano.


"Il punto è…" Disse. "Che non vogliamo.


Che voi ci crediate o no, Mrs. Giles, sono più di dieci anni che ne io ne Spike ci nutriamo del sangue di un essere umano . Ed è stata una libera scelta…" Sperò che Spike non contestasse, e, per fortuna, non lo fece. "Io ho un’anima.

Ed è la cosa più dolorosa che di possa immaginare per un vampiro.


Non uccido.

Non combatto gli esseri umani.

E non rappresento alcun pericolo per voi."


"Niente stragi.

Niente sangue.

Una vita piuttosto monotona, temo."


"Cerco di rendermi utile.

E anche di questo non credo di dovermi scusare."


Eleanor strinse leggermente le labbra.

"E lui?" Chiese, indicando Spike. "Niente sangue nemmeno lui?


Eppure Tanya non ha parlato di un‘anima…"


"Lui" Scandì piano Angel. "Sceglie di essere com’è giorno per giorno, ora per ora, e, si, lo fa senza avere un’anima.


Tiene a bada un demone, Mrs. Giles, e, credetemi, non è una cosa facile.

Ma c’è tanta umanità e volontà in lui che ci riesce.

Non tutti i vampiri, sapete, sono uguali."


La donna aprì le labbra, come per dire qualcosa, ma si bloccò, e gli occhi le corsero al divano, e, di nuovo, alla sua Cacciatrice.


La ragazza era là, seduta, con le mani strette l’una sull’altra, e li fissava con il volto percorso da un’espressione corrucciata, quasi stesse… pregando di qualcosa la sua Osservatrice.


Ala fine, quest’ultima sospirò.

"E va bene" Concesse. "non voglio dire di credervi ne tantomeno di fidarmi di voi, ma ammetto che possiate dire la verità.


Sarà tuttavia comprensibile" Fissò di nuovo Tanya. " se vi domanderò… com’è che vi ritrovate un’anima?!"


*****


Tanya incontrò gli occhi del vampiro biondo, e immediatamente abbassò i suoi, tornando per l’ennesima volta a fissarsi le mani.


Era strano… non aveva mai avuto esitazioni ad affrontare a testa alta i suoi nemici, e guardarli negli occhi mentre li combatteva, le era sempre sembrato quasi un obbligo per lei.


Una sorta di rispetto dovuto anche all’essere più sordido.


Tanya non avrebbe mai potuto uccidere qualcuno senza guardarlo negli occhi.

Senza accettare ciò che i suoi occhi esprimevano per lei.


Senza pagare il prezzo di odio, di dolore, e disprezzo, e disperazione che le trasmettevano.


Guardare in faccia il suo nemico… mentre lo combatteva, mentre lo uccideva… era la cosa più dolorosa e difficile della sua missione, ma era pure l’unica che non avesse mai neanche voluto riconsiderare…


Glielo doveva.

Lo doveva a qualunque mostro o creatura delle tenebre.


Gli doveva lealtà.

Gli doveva l’onestà di uno sguardo diretto.


E la consapevolezza, ben misera cosa in realtà, che sapeva ciò che stava facendo. Che non sarebbe scappata, che avrebbe accettato ogni minima conseguenza delle proprie azioni.


Tanya non aveva mai colpito qualcuno che non la stesse guardando, e non lo avrebbe mai fatto.


Anche se le avesse straziato il cuore, avrebbe affrontato i suoi occhi.

Come aveva affrontato quelli scuri di Angel.


Quelle pozze nocciola profonde come il tempo che le avevano rivelato in un solo istante la verità su di lui.

La verità sulla sua anima.


Eppure proprio lei non riusciva a tenere lo sguardo in quello dell’altro vampiro.


Era la seconda volta che lo scopriva a fissarla, e per la seconda volta aveva sottratto gli occhi ai suoi.


Evidentemente, la discussione che si stava svolgendo fra Eleanor e Angel, in bilico fra tensione e civiltà quasi forzata, era di una noia insopportabile per lui… e così non aveva niente di meglio da fare che guardare… Tanya!


E, del resto, era ovvio…


La storia del modo in cui Angel aveva riavuto la sua anima, la sua decisione di riscattarsi dal passato aiutando gli altri… e i racconti di ciò che facevano insieme… tutto ciò che per lei era così affascinante per Spike doveva solo essere l’ennesima ripetizione di qualcosa che sapeva già.


E mentre Tanya tratteneva a stento le lacrime al pensiero dell’atroce sofferenza che doveva aver rappresentato svegliarsi con i ricordi e le sensazioni di un sanguinario assassino, il vampiro più giovane non faceva che spostare gli occhi da loro due a lei… e Tanya non riusciva a guardarlo.


I suoi occhi la riempivano di inquietudine e di soggezione.


Per com’erano, e per ciò che volevano.


Perché erano chiari, taglienti come lame, acuti, e perché volevano lei.


Perché erano incuriositi da lei.


Volevano scrutarle dentro.

Volevano capirla.

Scrutarla


E c’era… ammirazione in quegli occhi, e questo la metteva a disagio.


Non che nessuno l’avesse mai trovata bella… ma gli sguardi con cui aveva avuto a che fare fino ad allora erano sempre stati diversi.

Erano stato sguardi pieni di vuota concupiscenza, e lei aveva saputo come reagire.

Aveva saputo come difendersi.


Anche se la ferivano.

Sempre.


Ma gli occhi di quell’uomo… le scavavano dentro.


In parte le ricordavano quelli di Eleanor… la prima volta che li aveva visti.


Sollevò gli occhi e lo trovò che fissava Angel, un’espressione spazientita sul volto.


Era come… se stesse annoiandosi terribilmente, ma non volesse lasciare il suo fianco.

Come se avesse paura che se lo avesse fatto Eleanor avrebbe potuto ferire il suo amico.


Era commovente.

Il legame fra quei due era molto più intenso di quanto loro stessi, probabilmente, non comprendessero ancora…

Era una forza, un’energia che li univa, così potente che Tanya riusciva quasi a toccarla… che la sentiva vibrare, fortissima, fra loro.


E che era esplosa, quasi, quando Spike, in uno scatto, si era lanciato su di lei.


E non c’era stato odio in lui, ne il desiderio di distruggere tipico in un demone, ma solo l’impulso primordiale di difendere qualcuno a cui voleva bene…


Si… non aveva mentito a Eleanor, né aveva esagerato.


C’era affetto fra quei due vampiri.

E non c’era nulla di oscuro in esso.


Era qualcosa che rischiarava il suo cuore e la faceva sorridere, anche in qual momento.


Lo sentì avvicinarsi, e sollevò istintivamente il volto.

Incontrando i suoi occhi.


Spike mostrava un’espressione insieme annoiata e divertita sul volto da ragazzo, reso irregolare dagli zigomi prominenti e da due sopracciglia diritte, perfettamente disegnate.


Un bel volto… e Tanya si chiese come dovesse essere quando era rilassato, quando dormiva, magari… e non c’era più quell’espressione predatoria a scolpirgli i lineamenti.


Abbassò nuovamente lo sguardo, imbarazzata dai suoi stessi pensieri, e si accorse di aver perso il filo di ciò che Angel ed Eleanor stavano dicendo.


Non … non le era mai successo in vita sua…


"Allora…" Esordì Spike, appoggiando una mano alla parete al suo fianco. "Tu sei Tanya…"


Lei alzò gli occhi solo per educazione.

"Si." Rispose.

"Solo Tanya? Niente … assurdi patronimici russi o cose del genere?"

"No.

Solo Tanya." Suo malgrado, sorrise. "Non si può avere un patronimico se non si sa chi è il proprio padre…"


Se le sue parole lo colpirono, non lo diede a vedere. Si limitò a sollevare le sopracciglia, e a inclinare leggermente il capo.

"Non si può avere neanche un cognome" Commentò. "se è per questo…"

"E’ vero.

Ma quello me lo hanno dato in… I-s-t-itu-to… si dice così?"


Lui sorrise, e a Tanya parve che il cuore le mancasse un battito.


Aveva uno splendido sorriso … e sarebbe stato ancora più bello se la sua purezza non fosse stata alterata da quell’espressione tanto costruita.


"Si, si dice così.

Angel aveva ragione. La tua pronuncia è ineccepibile…"


Voleva fare colpo su di lei.

Affascinarla.


Non sapeva perché, ma la cosa la deluse.


Non la irritò, né la fece arrabbiare, né la riempì di orrore, perché lui era un vampiro… ma solo… di una malinconica tristezza.


"Grazie." Mormorò piano.


Per qualche istante nessuno dei due parlò, e lei si chiese se Spike avesse notato la sua chiusura.


Ma evidentemente non doveva essere così, dal momento che, dopo qualche istante, lui ci riprovò di nuovo.

"E non hai mai pensato a chi possano essere i tuoi genitori?" Le chiese. "Non hai mai sognato, da bambina…


Voglio dire: i tuoi colori non sono tipicamente russi… non ti è mai capitato di pensare che potresti essere… una principessa… o il frutto dell’amore di un ufficiale dello zar e di una donna tedesca, o Ungherese…

Dopotutto…" Scandì piano le parole, e Tanya, sol malgrado, non riuscì a non guardarlo di nuovo, incuriosita. " ne hai l’aspetto…"

"Di una…Ungherese?" Domandò, esitante.


Il sorriso di Spike si accentuò.

"Della figlia dell’amore…"


Lo vide stupirsi quando lei strinse gli occhi.

Evidentemente era un ‘altra la reazione che si era aspettato.


Ma a Tanya non interessava ricevere complimenti pensati e studiati per sedurre.


I complimenti di una maschera.


"Le persone che venivano in Istituto." Mormorò fredda. "Usavano altri termini per definirci, e non faceva differenza che potessimo essere figli di re o di miseri contadini.


Quando sei nata e cresciuta in un orfanotrofio al centro della Siberia sei solo carne per chi ha un cognome che lo mette al di sopra di te!"


Stavolta fu lui ad adombrarsi, e per un attimo abbassò la maschera, quando mormorò: "Scusa.

Non volevo risvegliare dei brutti ricordi…"


Lei gi sorrise, rilassandosi un po’.

"Non sono brutti.

Non tutti.


C’erano sempre moltissime stelle, di notte, nel cielo… e di giorno…bè, non si può dire di aver visto la luce fino a che non si è in Siberia, con il sole che si riflette sulla neve.


Ti acceca, ti circonda… sembra di nuotare nella luce…"


Sorrise ancora, e per un attimo fu di nuovo lì… sulla strada che dall’Istituto portava in paese, quando allargava le braccia e respirava a fondo, lasciandosi circondare dalla luce.

Fino a che la voce di Spike non la strappò ai suoi ricordi.

"Sembra quasi che ti manchi…"


Lei lo fissò.

"E sembra che tu ne sia stupito."

"Che qualcuno possa sentire la mancanza di un buco al centro del nulla?!

Bè, francamente lo sono… "


Ma perché… perché una voce bella come la sua, così profonda ed intensa, doveva essere rovinata da un’inflessione così ironica?


"Col tuo potere potresti avere il mondo ai tuoi piedi… e non parlo…" Allungò una mano e le sfiorò la manica della camicetta. "Della tua forza…"


Tanya sollevò il mento, mentre il suo cuore, istintivamente, si chiudeva.

"Non mi interessa il mondo…" Rispose. "Io sono Russa.

Amo il mio paese.

E la mia missione."

"La tua missione…" Rincarò lui. "Potrebbe portarti molto lontano, un giorno…"


Tanya distolse gli occhi.

Faceva male anche solo pensarci.

"No…" Sussurrò." Io non lascerò mai la Russia…"


Si riscosse, e tornò a fissarlo.

"Perché stai parlando con me?" Chiese all’improvviso.


Spike parve stupito.

"Perché quei due sono di una noia soporifera?"

"Ma se Angel è così noioso perché vivi con lui?"


Si raddrizzò, Spike, e all’improvviso parve non essere più così interessato ad affascinarla.

"Non sono affari tuoi."

"E perché gli vuoi così bene?"

"Vuoi stare zitta?!" Lanciò uno sguardo ad Angel, ma quello sembrava ancora intento a parlare con Eleanor. "Io non gli" Abbassò la voce, finché non fu che un sussurro. "voglio bene…"

"Menti." Disse solo Tanya.


"E chi credi di essere per dirlo?"

Lei scosse le spalle.

"Soltanto io…"

"Oh!" Scosse una mano, allontanandosi di un passo. "Sei più noiosa di loro!"

"Sei tu che ti sei avvicinato…"

"Solo perché so già come finirà là, fra i due generali!"

"Ossia?"


Di nuovo, lui scosse le spalle.

"La tua Eleanor- non- toccatemi- che- mi- rompo- Giles ci farà la concessione di non aizzarci contro te per il solo fatto di esistere con la promessa di un paletto nel cuore al primo passo falso.


Angel la onorerà di uno dei suoi magnetici sguardi da orgoglio ferito- me- lo- merito- per- i- miei- peccati- però- mi- fa- arrabbiare- lo- stesso- e le proporrà il nostro aiuto contro le forze della notte.


Lei dirà che deve pensarci su, ma dopo qualche giorno, alla ventesima o trentesima volta che vi leviamo le castagne dal fuoco, deciderà che, forse, vale la pena di tentare…"


Suo malgrado, Tanya si ritrovò a sorridere.

"Sembri sicuro."

"Conosco i miei polli!" Lanciò un’occhiata critica ad Eleanor ed Angel. "Guardali là… Inghilterra contro Irlanda… non se ne verrà mai a capo!"

"Loro non devono combattere… e poi anche tu sei Inglese…"

"Io sono un demone, bellezza…"


Di nuovo quel tono… di nuovo il desiderio di ammaliarla.

"Non mi piacciono i complimenti…"Mormorò Tanya.

Lui sorrise.

"Non saresti una donna, se fosse vero…"


"Non sono una donna " Rispose lei, guardandolo, mentre stringeva febbrilmente le mani una nell’altra." Sono solo Tanya…"


Lui dilatò per un attimo gli occhi, ma prima che potesse aggiungere qualsiasi cosa furono raggiunti da Eleanor ed Angel, che sembravano studiarsi ancora a vicenda.


Immediatamente, Tanya si alzò, guardandoli.


"Devo riflettere sulla vostra proposta."Disse Eleanor, gelida. Ma Tanya la conosceva troppo bene per non capire che le parole del vampiro bruno l’avevano profondamente impressionata. "Nel frattempo non vi conviene darmi un motivo per dubitare di voi…"


Davanti a lei, Spike sollevò le sopracciglia, in una tipica espressione da te lo avevo detto… e Tanya non poté fare altro che distogliere gli occhi, per impedirgli di notare il suo divertimento.


"Ci vedremo in strada, dunque." Mormorò Angel calmo. "Fino ad allora…"


Eleanor chinò la testa, rispondendo al suo saluto.

E un attimo dopo Tanya li accompagnò alla porta.


E non le sembrava assurdo.

Non le era mai sembrato assurdo.


Si sentiva sollevata.

Quasi che il suo cuore fosse improvvisamente stato liberato da un peso enorme.


Eleanor era molto più esperta di lei, se… se aveva accettato una tregua con i due vampiri voleva dire che non si era sbagliata…che le sue sensazioni erano state giuste…

E che nessuno sarebbe stato ucciso per colpa sua…


Lasciò andare un sospiro, ed era così concentrata nel suo sollievo che non si accorse quasi che Spike si era voltato, e quando le prese una mano e si portò il suo polso alle labbra era già troppo tardi.


Vide i suoi occhi scintillare, e seppe che era ancora una tattica.

Eppure, non riuscì ad impedire al suo cuore di battere più forte, mentre ritraeva la mano, appoggiandosela al petto.


Spike fece un passo fuori dalla porta, sul pianerottolo, continuando a guardarla, mentre Angel sembrava avere la ferma intenzione di abbrustolirlo con i suoi occhi scuri.


"Arrivederci…" Mormorò. E dopo un attimo un sospiro seguì alle sue parole. "Io… non so che cosa dire!"


Tanya gli sorrise.

"A presto." Rispose semplicemente.


Li vide voltarsi quasi insieme, e ancora insieme scendere le scale, mentre lei li osservava, appoggiata allo stipite .

Sospirando a sua volta.


Stava quasi per rientrare in casa quando sentì un rumore secco risuonare dalla tromba delle scale…

Qualcosa che somigliava molto ad uno… scappellotto!


"Ohu!" Esclamò Spike dal piano di sotto. "Ma ti sei ammattito?!"

"Sta zitto!" Ringhiò Angel. "O giuro che stavolta me la paghi!"

"Ma che ho fatto?!"


"Che hai fatto? Io mi sgolo per convincere la… signora… Giles, che la città è abbastanza grande per lei e per noi, e tu che fai?

Corteggi la Cacciatrice!"

"Non sembravi fare molto caso a noi!

Che hai, due paia di occhi?!"

"Ti ho detto di stare zitto!"

"E poi non la corteggiavo!"

"Zitto!"

"Facevamo solo quattro chiacchiere!"

"Zitto!"

"Mi annoiavo!"

"Zitto!"

"Angel…"

"Ho detto zitto!"

"non mi ha neanche guardato!"

"Fuori, avanti, sbrigati!"


Sentì la porta sbattere, e non riuscì a trattenere un piccolo sorriso.


Era così felice di non essersi sbagliata…


Era così felice di essersi fermata, qualche giorno prima.

Di aver seguito il suo cuore…

Quello stesso cuore che era stato immediatamente colpito… trafitto… dai due uomini, dal mistero che gli vibrava attorno.


E dal loro affetto.


Quello stesso cuore che in quel momento le stava dicendo che la sua vita, da quell’incontro, sarebbe stata irrimediabilmente sconvolta.


*****


Los Angeles, 2001


"Ero un'idiota Kate" Sbottò Spike.


La donna inarcò le sopracciglia, e lui si strinse nelle spalle.

"Lo ero davvero... credevo che lei fosse come tutte le altre...credevo che bastasse sfoderare il mio fascino..." Rise, e per quanto ci provasse non riuscì a nascondere la malinconia, la tenerezza... l'amore che quei ricordi evocavano in lu. Era sicuro che persino Kate, che lo guardava incuriosita, se ne stesse rendendo conto.


"Mi sbagliavo..." Disse dopo qualche istante, "Clamorosamente..."


Appoggiò la schiena contro la spalliera della poltrona, ed il suo sguardo si fissò per qualche istante sulla finestra, sulla luce della luna che filtrava attraverso le tende.

Strinse gli occhi, mentre parlava lentamente, rivivendo ogni parola, ogni immagine, quasi come se il tempo non fosse passato.

"Tanya pensava che quello fosse solo l'inizio" Sorrise dolcemente. "Come al solito aveva ragione.


L'incontro con lei ci cambiò la vita..." Si voltò a guardarla, e continuò. "Lei ci cambiò la vita".