CONVERSATIONS
WITH A COMA PEOPLE
Di PrincesOfTheUnivers
Autrice: Princes_of_the_Univers
Titolo: Conversation
with a Coma People
Rating:
Per tutti
Discalimer: E' tutto di Joss Whendon
e della Fox e della Mutant Enemy.
La scrittrice non scrive a fini di lucro.
Pairing:
Wes/Faith
Sommario:
Piccola conversazione di Wesley ad una Faith in coma
dopo i fatti di “Graduetion Day”.
Feedback:
sempre gradito o sui forum di postaggio o
all'indirizzo monica_placebo@libero.it
CONVERSATION
WITH A COMA PEOPLE
Era
stanco e dolorante. La battaglia contro il Sindaco era terminata per il meglio,
ma per Wesley era stato necessario passare un paio di giorni in ospedale. Si
era slogato una spalla ed, in più, era stato ferito all'addome. Per fortuna
tutto era facilmente curabile anche a casa.
Certo,
ad averla una casa: aveva chiamato il Consiglio appena era riuscito a tenere in
mano il telefono e si era sentito dire che erano piuttosto delusi dal suo
comportamento. Non solo Buffy non aveva voluto
seguire gli ordini, cioè non salvare Angel, ma aveva messo a serio rischio la
protezione del mondo. Se lei fosse morta donando il proprio sangue, chi avrebbe
combattuto per il bene? Faith? Non scherziamo, lei
era in combutta con Wilkins, di sicuro non avrebbe cambiato sponda.
Wesley
finì di mettersi una lente a contatto: purtroppo i suoi amati occhiali erano
andati in frantumi durante la lotta e se voleva uscire di lì senza spalmarsi su
qualche lettino o carrello, doveva premunirsi di altro, le lenti, quindi. In
ospedale gliene avevano dato una piccola scorta. Le infermiere si erano
impietosite di quel ragazzo completamente solo, che non riceveva visite, fiori
o telefonate da chicchessia. Era come se fosse solo al mondo e così Wesley si
sentiva in realtà, Solo e disperato: suo padre si era talmente vergognato di
lui, da evitarlo perfino al cellullare. Buffy non si era degnata di mandargli un saluto, troppo presa dalla fine del liceo e del suo amore per pensare che
qualcuno potesse stare male. E neppure Giles sembrava volergli far visita.
Sperava che almeno lui, ex osservatore ed in fondo buon uomo, si interessasse
un po' delle sue sorti. Invece no...solo.
Uscì
dal piccolo bagno finalmente pronto. Le infermiere gli avevano dato un paio di
Jeans ed una camicia e, nonostante non si sentisse perfettamente a suo
agio in quei panni, dovette ammettere a se stesso che stava piuttosto bene. Si
modellò i capelli neri all'indietro sperando di tenerli fermi, poi prese una
piccola valigetta e iniziò a camminare per i corridoi.
Ciò
che non aveva ancora detto al Consiglio, era la sorte di Faith.
Oh, sapeva che di sicuro Giles li aveva avvertiti, ma lui non si era sentito di
parlarne. Non essere riuscito a trattenere Buffy non
gli fregava poi molto. Non era la sua Cacciatrice, era quella di Giles e se a
lui andava bene così, non era certo lui a dire qualcosa in merito. Ma Faith Lehane sì che era la sua
Cacciatrice. Dopo
Arrivò
davanti ad una piccola tenda tirata: una parte di se aveva paura di vederla,
paura di rendersi conto fino in fondo cosa era stato della sua ragazza, della
sua Cacciatrice. Poi con un gesto lento, tirò la tenda e la vide.
Faith
era distesa su un letto candido e faceva concorrenza alle lenzuola per quanto
pallida era. Spiccavano ancora alcuni lividi bluastri dovuti alla lotta contro Buffy. Dal braccio partivano una serie di canule per le flebo e
l'elettroencefalogramma dava qualche segnale ogni tanto. Era in coma. Quella
parola continuò ad aleggiare nel cervello di Wesley anche mentre si sedeva
vicino a lei su una sedia.
Entrò
una infermiera piuttosto stupita di trovarlo lì: non
l'aveva mai vista, ma in fondo lui era stato ricoverato in tutto un altro
reparto.
“Oh,
non mi aspettavo una visita.” disse lei.
“Spero
di non disturbare.”
“E'
il suo ragazzo?”
“Oh
no...diciamo che sono un conoscente.” La donna prese a
controllare i vari sacchi delle flebo e sorrise a
Wesley.
“Sa, lei è il primo che viene a salutarla. Poverina, è tutta sola.”
Wesley evitò di dire alla giovane ragazza che Faith
si era fatta tabula rasa attorno a se per il carattere così poco amabile. In
fondo sarebbe stata una discussione troppo lunga e lui non aveva voglia di
parlarne e di rivangare tutto. Annuì semplicemente guardando Faith che non muoveva un solo muscolo. Il cuore
dell'Osservatore si strinse a vederla così: sembrava sul serio indifesa. Era
così piccolina che non arrivava in fondo al letto, sembrava una piccola bambola
di porcellana, terribilmente bella e fragile.
L'infermiera
uscì dalla stanza lasciandoli finalmente soli. Con un leggero timore, lui prese
la mano di Faith tra le sue. Si sorprese a sentirla
calda.
“Ciao
Faith.” Iniziò leggermente titubante. Sapeva che lei
forse non poteva sentirla, ma voleva comunque provare. “Come
stai? Umph, domanda decisamente sciocca...sei
in coma, di sicuro bene non starai.” Sospirò
pesantemente perdendosi un attimo seguendo la linea dell'elettrocardiogramma...Il suo cuore batteva forte e senza esitazioni. “Sto per andarmene da Sunnydale.
Non ho più nulla che mi leghi a questo posto e sinceramente ne sono sollevato.
Non è una città che mi piace, Sunnydale. Ci saresti
tu, ma il Consiglio mi ha...licenziato. Eh sì, fa
ridere vero? Ho cercato di essere il miglior osservatore che potessero trovare,
fallendo miseramente. Comunque, non parliamo del consiglio, quelli sono fatti
miei e a te non credo interessino.
Sono
venuto qui per scusarmi con te, Fatih.
E' tutta colpa mia se sei distesa su questo letto senza sentirmi. Se io fossi
stato un uomo migliore e non solo un osservatore migliore, avrei potuto capirti
meglio e avrei potuto salvarti dalle grinfie di Wilkins. Tu volevi solo
qualcuno che si prendesse cura di te, qualcuno che ti trovasse unica e non una
ruota di scorta di Buffy. Nessuno di noi ha capito
questo: Buffy prima di tutto e tu hai fatto l'unica
cosa che lei non avrebbe fatto mai, uccidere un innocente. Oh Faith, che errore non è stato questo? Tu sei speciale anche
senza l'omicidio sulle tue piccole spalle.” Sospirò
per l'ennesima volta. “Tu non sai quanto sei bella e forte, quanto ti invidio
per la tua libertà, eppure non ti sei mai sentita veramente unica...perchè?”
Accarezzò
con le dita la pallida mano della ragazza continuando a guardarla con i suoi
occhi azzurro cielo.
“Alla
fine sono riuscito a capirti, a capire la tua solitudine, il tuo essere
diverso. Scusa se ci ho messo così tanto per farlo, ma ora so che cosa hai
provato e perchè ti sei fatta guidare dai tuoi
sentimenti oscuri.” Sospirò di nuovo, per poi prendere
una grossa boccata d'aria. “Diventerò un uomo migliore, Faith, un uomo di cui tu potrai essere orgoglioso. E
quando ti risveglierai, e lo so che ti risveglierai, ci vedremo ancora e sarà tutto
diverso, te lo prometto.”
Vide
che i suoi battiti avevano accelerato la corsa, la macchina non mentiva, e
quindi Wes sperò con tutto il cuore che lei avesse
sentito le sue parole. Prese dalla sua piccola valigetta un sacchetto di pelle
nera, lo aprì e fece uscire una piccola collana di argento antico, con un
rubino come pendente.
“Questo era di mia nonna, Faith. Me lo sono sempre portato dietro in suo ricordo, un
po' come portafortuna. Credo che ora serva più a te che a me. Me lo ritornerai quando ci rivedremo.” Gliela legò al polso,
facendoci parecchi giri, visto quanto esile fosse e, prima di uscire
definitivamente, le lasciò un piccolo bacio sulla fronte.
Wesley
uscì dall'ospedale senza guardarsi indietro. Uscì nello spiazzo delle
autoambulanze stando attento di non intralciare i movimenti dei paramedici e
prese a pensare su cosa fare nel suo futuro. Infine sorrise.
“Mi
sa che mi prenderò una moto.”
FINE