MONICA

Di PrincesOfTheUnivers

 

 

 

AUTRICE: Princes_of_the_Univers

TITOLO: Monica

DISCLAIMER: Non è tutto di Joss Whendon. Suoi sono solo i personaggi tratti dalle serie BTVS e ATS, tutto il resto è di mia proprietà.

RATING: NC-17 per andare sul sicuro

PAIRING: Wesley/Monica, Deborah/Demian

SOMMARIO: Tutto parte da una sola domanda: e se non si fosse Attivata Faith dopo Kendra?

 

NOTE: Questa storia è nata dalla mia mente bacata per tre grossi motivi.

1- Amo scrivere di Wesley e me assieme.

2- Amo scrivere delle mie zone d'origine e delle persone che fanno parte della mia vita.

3- La scorsa primavera a Trieste è successo che la Piazza principale si rompesse. Proprio al centro si formò una grossa crepa lunga una decina di metri. Siccome successe di notte e lasciò tutti i cittadini sorpresi, per scherzare io e le mie amiche dicevamo che si era aperta una nuova Bocca dell'Inferno. All'epoca pensai di scriverci qualcosa, ma non sapevo come fare. Ora lo so e lo faccio.

 

Per commenti: monica_placebo@libero.it

 

Dedicato a Deborah, che con il suo romanticismo mi fa vedere il mondo un po' più rosa.

A Ruby76, nella speranza di conoscerla al più presto e sperando che le piaccia leggere della sua città.

A Chiara, perchè mi ha reso felice.

 

PROLOGO

 

Da "Il Piccolo", quotidiano di Trieste.

 

Preoccupante escaletion di omicidi in città. La popolazione presa dal panico non sa a chi rivolgersi. Si teme la presenza di un serial Killer. Inquietante la presenza di numerosi fori sul collo delle vittime.

 

Da "Il Messaggero Veneto"

 

Trovato stamane un nuovo corpo senza vita nel rione di Sant' Anna, nei pressi del cimitero cittadino. La vittima era una delle guardie del campo santo. Si avverte la gente che è meglio evitare di uscire dopo il tramonto.

 

Da "Il Piccolo"

 

Questa notte, in Piazza Unità, è successo un fatto deplorevole. La pavimentazione, recentemente risistemata, si è alzata nel centro, provocando una rottura della suddetta piazza. Ancora non si sa se il problema sia da adibirsi ad una fuga di gas e da una errata posatura delle mattonelle. Di certo, non si può dire che i soldi dell'amministrazione pubblica siano stati ben spesi.

 

 

CAPITOLO 1

 

Nella sede del Consiglio degli Osservatori, il lavoro fermentava: Quentin Travers era sommerso dai fogli di allarme che continuavano a giungere da Sunnydale. Angelus era risorto e la cacciatrice in carica aveva qualche problema a sopraffarlo. Proprio per quel motivo era stata mandata in California Kendra, la seconda cacciatrice. Speravano che questo aiutasse a risolvere i guai, purtroppo il Consiglio dovette inghiottire un boccone amaro. Kendra era stata uccisa da una vampira, Drusilla, la childe di Angelus.

E ora la nuova attivazione. Avevano sperato che la ragazza in questione fosse una delle Potenziali rintracciate e già istruite al loro sacro dovere, invece tra le giovani residenti a Londra, nessuna aveva manifestato i nuovi poteri che le sarebbero toccati se fosse diventata una cacciatrice. Tutto questo significava che la Cacciatrice in questione era una sconosciuta.

“Qualche notizia dai nostri mistici?” chiese un uomo sulla sessantina apparso davanti alla porta di Travers.

“Non ancora Roger, ma credo che sia questione di poco tempo. Quando la Summers fu attivata ci misero un giorno a sentirla... colpa della lontananza di sicuro. Speriamo che la nuova non sia problematica come Buffy, altrimenti avremo una bella gatta da pelare.” Travers si passò una mano sugli occhi stanchi. Da quando le notizie di Sunnydale avevano iniziato ad arrivare, due giorni prima, quindi, lui non aveva praticamente chiuso occhio. Si sentiva ancora più vecchio di quanto non fosse. “Tuo figlio è pronto?”

“Certo che lo è. Lo ho addestrato personalmente. Non c'è nessuno bravo come lui in tutto il Consiglio.” rispose Roger estremamente fiero del risultato ottenuto.

“Lo spero... avrà un ruolo estremamente importante.” nell'ufficio entrò una giovane donna vestita sobriamente, capelli biondi corti e tirati accuratamente indietro. Gli occhi, coperti da un paio di occhiali spessi, erano luccicanti di felicità.

“Abbiamo trovato la ragazza.” disse soddisfatta e Travers sospirò.

“Finalmente una buona notizia. Dove si trova?”

“E' stata Localizzata a Trieste.” prese a controllare una specie di cartina “Estremo nord est dell'Italia.” I due uomini annuirono: sapevano che nella cittadina stavano avvenendo parecchi fatti insoliti.

“Il nome, Susan, mi serve un nome.”

“Monica Malaroda.”

 

Il piccolo aereo proveniente da Milano, atterrò senza fatica sulla pista dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari, unico scalo per il Friuli Venezia-Giulia. L'aria era fredda e pungente, le nuvole candide lanciavano un chiaro messaggio di neve imminente. Nulla di cui allarmarsi, in fondo era inverno inoltrato e qualche fiocco cadeva spesso anche in quella zone d'Italia.

Un uomo sulla trentina prese a guardare l'ambiente che lo circondava dal piccolo finestrino: nulla di tutto ciò che vedeva poteva essere minimamente paragonato a Londra. Aveva notato durante la discesa, un'enorme presenza di campi da coltivare, ordinatamente arati in attesa che cominciasse la stagione buona. Dolci colline salivano verso est e in lontananza non viste, le Alpi Carniche cariche di fredda neve perfetta per gli sciatori. Lui sapeva che c'era anche il mare li vicino, ma dall'aereo non era riuscito a vederlo. Non che gli importasse poi molto, non aveva mai avuto un grande amore per le spiagge, visto che l'Inghilterra non era certo famosa per le stazioni balneari.

Sospirò pesantemente dando un'occhiata al piccolo fascicolo che gli era stato dato da suo padre sulla nuova Cacciatrice: non che ci fosse scritto molto, solo un nome ed un indirizzo dove si presumeva lei vivesse. La cosa era parecchio strana: di solito si riusciva ad avere foto o almeno qualche schizzo a matita fatto dai vari mistici, giusto per avere una vaga idea di chi ci si sarebbe trovati davanti, invece, questa volta, la nebbia era fitta, come se questa ragazza non avesse un volto.

Scese dalla scaletta sorridendo all'hostes che gentilmente lo salutava e si strinse maggiormente il cappotto a sé. Come se il freddo non fosse abbastanza per accoglierlo in Italia, ci si metteva pure un terribile vento. Aveva studiato prima di partire, la zona in cui andava a lavorare e sapeva che la Bora era uno degli elementi naturali di quei luoghi, però sperava di poter aspettare un po' per farne conoscenza.

Recuperò le sue valigie e salì su uno dei taxi fermi davanti alle porte dell'aeroporto.

“Trieste, per favore.” disse con educato accento inglese e il tassista mise in moto.

“Lei non è di qui, mi pare.”

“No, vengo da Londra.”

“Capisco... e si ferma qui per lavoro o per vacanza?”

“Direi per lavoro.” si sbottonò lo straniero.

“Bhe, lo parla bene l'italiano, devo dire.”

“Grazie.”

Il resto del viaggio si svolse in religioso silenzio, solo la musica riempiva l'abitacolo e qualche sparuta esclamazione di stizza del tassista. Il ragazzo continuava a leggere quello che c'era nel fascicolo. Sulla Cacciatrice non c'era nulla, ma c'erano appunti di suo padre su come trattare la ragazza. Di sicuro si sarebbe trovato davanti ad una poveretta piena di paura e timori, magari con una famiglia terribilmente pressante che avrebbe potuto darle qualche guaio. Doveva trovare il modo giusto per presentarsi. Era ancora lì a rimuginare su questo, che il tassista lo chiamò.

“Siamo a Trieste... ha un posto fisso dove deve andare, o uno vale l'altro?”

“Hotel Jolly. E' Lontano?”

“Assolutamente no. Qui siamo alla stazione dei treni, poco avanti c'è il suo albergo.” Infatti non fecero più di duecento metri che si fermarono davanti ad un bel palazzo dalla foggia moderna su cui spiccava il nome dell'hotel.

Pagò il tassista che ritornò felice indietro, prese le sue valigie ed entrò nella hall accogliente. Una bella ragazza in tailleur e sorriso lo accolse.

“Ho una prenotazione a nome Travers.” la ragazza batté velocemente sulla tastiera del computer e sorrise.

“Sì signore. Basta un suo documento di identità.” lui glielo diede senza battere ciglio e la ragazza sbrigò le faccende burocratiche in un attimo. Prese una chiave lucida dal muro dietro di lei e gliela porse affabile.

“Benvenuto al Jolly hotel Signore. Camera 307, terzo piano. L'ascensore è in fondo al corridoio. La cena viene servita ogni giorno dalle sette alle nove e mezza. Spero che si trovi bene qui da noi.”

“Grazie mille.”                                                                                                     

Arrivò alla sua stanza e si buttò direttamente sul letto, tutto vestito. Era piuttosto stanco dal viaggio. A Londra era partito in ritardo, aveva dovuto cambiare tre aerei per poter giungere a Trieste proprio in quel giorno. A Parigi, aveva dovuto aspettare tre ore il suo volo per Milano e giunto qui, altre due ore prima del volo per Trieste. Alla fine aveva perso più tempo in attesa negli aeroporti, che a volare. Si guardò attorno: la stanza era una classica stanza di albergo, le pareti erano dipinte di un color giallino beige che stimolavano parecchio il riposo. Erano appese alcune stampe raffiguranti la città, c'era un televisore, un piccolo frigo bar e la porta che conduceva al bagno. La finestra dava direttamente sulla strada sottostante, ma il rumore era attutito dalle finestre a doppio strato di vetro che isolavano la stanza. Aprì le tende per guardare fuori: davanti a lui si stagliava l'Adriatico. In realtà prima vedeva il tetto di quello che sembrava essere un vecchio magazzino portuale, ma dietro c'era il mare. Era decisamente mosso, increspato dal vento forte, di un colore grigio metallico che non prospettava nulla di buono. Non si riusciva a vedere bene all'orizzonte quello che c'era, il tempo non lo permetteva proprio. Rabbrividì quando vide volare un via un cappello a causa di una raffica violenta. Di sotto i passanti si chiudevano meglio che potevano i pesanti giacconi. Le macchine scorrevano lente per la larga strada. Vide che poco lontano venivano fatti dei lavori di risistemazione stradale. Si domandò se erano già in preventivo da molto o se erano dovuti all'apertura della Bocca dell'Inferno.

Guardò l'ora e decise che era il momento giusto per farsi una doccia e lavarsi via la stanchezza.

Aprì una valigia e prese un completo pulito: pantaloni in tweed, giacca coordinata, una camicia bianca e una cravatta. Sì, pensò, poteva andare bene.

Il bagno era lindo come la stanza da letto: piastrelle bianche asettiche. Si spogliò rivelando allo specchio davanti a lui un bel corpo tonico e muscoloso. Evidentemente gli allenamenti del padre gli avevano fatto bene. Aveva qualche cicatrice dovuta ai combattimenti con la spada a cui era stato sottoposto, ma niente di grave. Posò gli occhiali dalla leggera montatura metallica sul lavandino. Gli intensi occhi azzurri erano arrossati e una leggera barba gli incorniciava il mento. Si infilò sotto il getto caldo della doccia e prese a rilassarsi... oh, adesso andava decisamente meglio. I muscoli presero lentamente a sciogliersi, mentre passava sul suo corpo la spugna carica di sapone. La stanza si ritrovò immediatamente piena di vapore, sembrava essere in una sauna. 

Per la centesima volta si ritrovò a pensare alla Cacciatrice. Era buffo, ma il suo nome  rifletteva esattamente il destino di ogni cacciatrice: Monica, dal greco Solitaria. Sarebbe riuscito ad alleviarle almeno un po' questa solitudine?

Uscì dalla doccia rinato, si asciugò e tornò in stanza a cambiarsi. Fece un po' di zapping con il telecomando sperando di trovare qualcosa che lo facesse sentire meno solo. Dopo un giro di canali decise che la cosa migliore era ascoltare un po' di musica, quindi lasciò acceso l'apparecchio su MTV.

Svuotò la valigia mettendo nei cassetti i vari vestiti. L'altra la lasciò chiusa. Le armi potevano aspettare ad uscire. Grazie ad un incantesimo potente era riuscito a passare indenne i metal detector dei vari scali, non voleva che lo scoprissero a causa di una cameriera invadente. Chiuse a doppia mandata un lucchetto pesante, proprio perchè si capisse che lì dentro non si doveva curiosare.

Mise la sveglia di lì a poche ore, giusto per poter riposare un po' prima del lavoro che intendeva fare quella sera. Doveva essere perfetto e lui lo sapeva, sarebbe stato un grande smacco per la famiglia se il Consiglio avesse avuto qualcosa da ridire. Chiuse gli occhi per pensare meglio.

Sì, Wesley Wyndham-Pryce sarebbe diventato il miglior Osservatore della storia.

 

La sera scese presto. Wesley aveva cenato al ristorante dell'albergo con una buona porzione di pesce di scoglio fritto.

Ora vagava per le strade semi deserte della città: poche macchine sparute gli illuminavano il cammino. Seguì le indicazioni di una fedele cartina geografica fino ad arrivare in Piazza Unità: per quanto potesse trovarsi sulla Bocca dell'Inferno proprio in quell'istante, Wesley non riuscì a reprimere un sospiro. Quella piazza era stupenda. I palazzi attorno a lui erano di stile settecentesco. Quello davanti a lui era bellissimo, pieno di guglie a punta che slanciavano l’edificio, c’erano molte finestre ad intervalli regolari di circa un metro, con ognuna un vaso di gerani rossi  sfidavano  il freddo gelido dell'inverno. Un orologio faceva bella mostra di sé, sovrastando la piazza, come a controllare che tutto andasse bene. Svettava perchè era centrale e maggiormente illuminato da fari appositi che creavano un interessante gioco di chiaro-scuro. Wes si prese un po' di tempo per poterlo assaporare al meglio.

Poco dopo vide la grossa crepa: era lunga circa dieci metri, esattamente centrale, come se fosse stata tirata con una riga da disegno. Era tutta transennata in modo che la gente incuriosita non ci cascasse dentro o non si facesse male. Prese ad osservarla: non gli sembrava potesse dare molti problemi, in realtà non sentiva potenti emanazioni demoniache provenire da sotto i suoi piedi. No, si disse, non era questa l'entrata giusta, forse era una specie di sbocco secondario, ma di certo non era la Bocca dell'Inferno.
In realtà Wesley aveva iniziato fin da subito a sentire che la città era sotto assedio demoniaco, era come un ronzio continuo nel suo cervello allenato da anni di lezioni di magia. Per l'ennesima volta si chiese se la Cacciatrice lo aveva sentito come lui. Si guardò attorno e vide una coppia che camminava verso di lui.

“Scusate.” li chiamò educatamente. Quelli si fermarono con un'espressione di terrore dipinta sul volto. “Vorrei chiedervi se sapete dove si trova questa via.” Mostrò loro il foglio che teneva in mano e quelli sospirarono tranquillizzati.

“Non è lontano da qui. Deve continuare sempre dritto seguendo questa strada grande. Deve raggiungere quel faro che vede laggiù. Ma troverà solo magazzini abbandonati mi sa.”

“Grazie.” Wesley se ne andò lasciando i due alle spalle. Seguì le indicazioni che gli erano state date, lasciando dietro di sé bei palazzi e piazze, addentrandosi in una zona stravolta dai lavori in corso.

“Ma in questa città c'è una strada ancora intera?” mormorò tra se vedendo l'ennesima escavatrice ferma. In quella zona senza palazzi a coprirlo, il vento soffiava ancora con più violenza. Cominciò a pentirsi della scelta fatta, poteva starsene in albergo e farlo domani, invece... Pazienza, ormai che era lì, di certo non sarebbe tornato indietro. Alla sua destra c'era il porticciolo con centinaia di barche ormeggiate che facevano un rumore infernale a causa del vento che faceva sbattere cime e sartie contro i pennoni metallici. Era una cacofonia di suoni diversi che dava parecchio fastidio all'inglese. Si allontanò di lì in fretta, trovando finalmente la via che cercava.

Effettivamente, come aveva detto la coppia in piazza, Wesley vedeva solo capannoni industriali che avevano pure l'aria di essere abbandonati da tempo. Possibile che la Cacciatrice fosse una specie di senzatetto? Questo poteva essere problematico.

La zona era completamente deserta, oscura e poco raccomandabile... seguì i numeri civici dei magazzini, fino ad arrivare all'ultimo, quello giusto. Si ritrovò improvvisamente con la salivazione azzerata e il cuore che batteva più veloce. Al di là di quella porta poteva esserci il suo destino, un'arma umana perfettamente funzionante... La sua Cacciatrice. Il fatto che vivesse in un capannone industriale, non sembrava tra le priorità principali di Wes.

Una musica leggera proveniva dal suo interno, qualcosa di remoto sembrava: si domandò che cosa doveva fare. L'orologio segnava le nove, ora piuttosto abbordabile per una ragazza, ma magari non molto per una famiglia. Poteva provare... O forse sarebbe stato meglio passare il giorno dopo? Era ancora lì a pensarci che la porta si aprì lasciandolo davanti ad una visione agghiacciante: una ragazza lo stava guardando sorpresa.

Era bassa, non più di un metro e sessantacinque di sicuro, misurò Wes, completamente infagottata in un giubbotto nero con il cappuccio, un berretto color giallo canarino con, sulla sommità, un pon pon nero, il tutto di lana pesante. Portava una specie di collare in pile rosso che le proteggeva la gola e alle mani un paio di guanti blu elettrico. I jeans blu scuro le slanciavano leggermente la gambe, aveva un paio di scarpe di ginnastica ed istintivamente Wesley si chiese se lei non avesse freddo con solo quelle ai piedi. La osservò in viso: portava degli occhiali con una montatura in plastica blu scura,  aveva gli occhi grandi e magnetici nei quali si sentì leggermente perso per un attimo. Il naso piccolino era arrossato, forse per il freddo e la bocca aperta in una espressione di sorpresa. Di certo non riusciva a capire cosa ci facesse un uomo sconosciuto davanti alla sua porta alle nove si sera.

“Che vuole?” La sua voce gli vibrò dentro.

“Cercavo una persona in realtà.” rispose lui quando si fu ripreso.

“E chi sarebbe il fortunato?” chiese lei con tono decisamente sarcastico.

“Si chiama Monica...” controllò sul suo foglio “Ah sì, Monica Malaroda. La conosce?”

La ragazza lo guardò con sguardo divertito.

“Quindi lei cerca Monica... e perchè?”

“Affari personali.” Lei si appoggiò allo stipite della porta.

“Non è una risposta soddisfacente.” rispose soltanto. Wesley sospirò pesantemente... iniziava proprio bene la sua avventura a Trieste.

“Senta signora...”

“Signorina.” mise subito in chiaro lei. In effetti Wesley pensò che lei non potesse avere più di venticinque anni su per giù.

“Senta signorina, è una questione urgente e di vitale importanza. Posso parlare con lei?” Non ricevette risposta, ma venne spinto a lato.  La ragazza si era messa a fare a pugni con un vampiro già in assetto da caccia, con il volto tramutato in quello del demone.

“Ancora? Ma non vi stufate a morire?” chiese al suo assalitore. Indossava dei jeans sdruciti e portava una orribile cresta punk di colore verde fosforescente.

Monica lo atterrò con due pugni ben assestati allo stomaco.

“Debby!” urlò. Alla porta si materializzò una bella ragazza alta, sinuosa nei suoi pantaloni di velluto a costa  bordeaux e nel suo maglione viola di lana. Aveva i capelli rossi lisci che le cadevano sulle spalle, con una frangetta che la rendeva più sbarazzina. Wesley vide che lanciava qualcosa a Monica: era un coltello dalla lama ricurva che permise alla ragazza di decapitare il vampiro facendolo diventare polvere.

Tornò l'arma alla ragazza sorridendole poi si voltò verso l'Osservatore ancora seduto a terra.

“Vuoi entrare?” gli chiese sorridendo cortesemente. “Non cercavi Monica?”

“Sei tu?” domanda stupida, solo una Cacciatrice si poteva muovere in quella maniera.

“Sì, sono io.”

 

Da "Il Piccolo di Trieste"

Terribile sparizione di una coppia di ragazzi: i genitori sono in pena, non sanno più dove cercarli. Fatti del genere continuano ad accadere senza che nessuno riesca a fermarli. La polizia brancola nel buio.

 

CAPITOLO DUE

 

Wesley, ancora rintronato per quello che era successo fuori poco prima, entrò nel capannone. Si ritrovò davanti ad una strana costruzione: il piano terra sembrava un garage, c'era un macchina rossa in attesa e una bicicletta appoggiata ad un muro. Le pareti erano tappezzate di poster di concerti e film di tutti i tipi. Dal centro partiva una scala che portava ad un piano superiore. Si chiese se fosse quella la casa vera e propria. Improvvisamente si ritrovò un piccolo cane color marrone che gli abbaiava furiosamente. Muoveva la coda velocissima e lo guardava curioso.

"Cucciola, basta dai." disse la ragazza dai capelli rossi. "Vieni qui cane!"  ma lei non sembrava ascoltarla.

Wes osservò meglio Monica: si stava togliendo il giubbotto e il cappello. Una cascata di capelli castani le scese sulla spalle. Erano lunghi fin oltre le spalle, ondulati, e gonfi. Wes ebbe una folle immagine di lui che glieli accarezzava. Doveva assolutamente calmarsi. La ragazza indossava anche un maglione di lana nera a collo alto e una piccola collanina d'oro con un cuoricino come pendente. Lo stava osservando con curiosità crescente, quello lo notava anche lui.

"Che ne dite di salire su al caldo?" fece la ragazza dai capelli rossi e Monica annuì cominciando a salire le scale. Wesley le andò dietro. Aprirono una pesante porta in legno e si ritrovarono in una stanza bella grande, con un divano rosso carminio che troneggiava davanti ad un televisore con DVD e stereo e un tappeto di lana grezza soffice. I muri erano tappezzati di murales colorati raffiguranti geki, simboli tribali e greche che percorrevano tutto il contorno della stanza. Una serie di finestre scorrevoli davano all'esterno  ed erano coperte da eteree tendine di seta azzurra. Su uno dei cuscini del divano sonnecchiava un gatto nero, assolutamente disinteressato di quello che accadeva intorno a lui.

"Prego, accomodati pure, vuoi darci la giacca?"

Wesley prese a guardarsi attorno mentre si sedeva sul divano vicino al gatto. La musica andava avanti a tutto spiano ad un volume decisamente alto per lui, però gli fece piacere riconoscere una canzone che gli piaceva.

"Dunque, adesso ci dici chi sei? Dato che tu sai chi sono io, sarebbe almeno giusto, ti pare?" fece Monica guardandolo negli occhi.

"Io mi chiamo Wesley Wyndham-Pryce."

"Piacere Wesley. Io sono Deborah." e la ragazza con i capelli rossi gli porse la mano.

"Ok, abbiamo fatto le dovute presentazioni...mi puoi dire perchè ti sei presentato alle nove di sera alla mia porta nonostante tutti i divieti e le raccomandazioni?"

Ecco, pensò Wes, in effetti questo è il punto focale di tutto. In realtà non sapeva bene come iniziare il discorso, infatti si mise a balbettare

"Veramente...sarebbe un discorso privato." riuscì a dire guardando Deborah.

"Non c'è nulla che non direi a lei dopo, quindi mi eviti la fatica di rispiegarlo se lo dici ad entrambe." Lui prese un respiro profondo e chiese:

"Tu sai che cosa era quella creatura che ti ha aggredito fuori casa?" Le due si guardarono come a decidere una strada comune da percorrere.

"Noi pensiamo che siano vampiri...anche se è difficile da credere." rispose Monica leggermente tesa.

"Non è difficile da credere, anzi, al mondo esistono migliaia di specie di demoni diversi, i vampiri sono tra i più comuni." Vide che le due ragazze lo stavano guardando perplesse. "Voi come sapete che sono vampiri, cioè da cosa lo avete capito."

"Dracula...letteratura, cose di queste genere e poi..." si bloccò Monica indecisa se continuare ad andare avanti.

"Poi cosa?" domandò Wes interessato.

"Poi li sento." capitolò lei guardandolo negli occhi. "Sento qualcosa di poco chiaro quando sono nei paraggi...una sensazione stile nausea."

"E' il tuo potere."

"Prego?"

"Non è un caso che tu senta la demonicità presente in questa città... te ne sarai accorta anche solo leggendo i giornali, che le cose non vanno come devono andare, giusto?" Le due annuirono. Avevano letto allarmate gli articoli dei quotidiani della zona e si erano preoccupate.

"Esistono dei punti caldi nel mondo,  punti dove la malignità è più elevata." spiegò Wes.

"E fammi indovinare, Trieste è uno di questi." concluse Deborah.

"Sì, è uno. Il termine tecnico è Bocca dell'Inferno." Monica si stropicciò gli occhi.

"Tecnico per chi? Insomma, immagino che non ci sarà una lega demoni o anti demoni...vero?"

"In realtà sì. Io faccio parte di quello che si chiama Consiglio degli Osservatori. Noi studiamo i demoni, le apocalissi, e il modo per fermarle. Ma il nostro braccio armato sei tu." Monica e Debby lo guardarono ad occhi spalancati incredule delle sue parole.

"EH?" urlarono in coro. "Io?"

"Sì, Monica, tu. Per ogni generazione esiste una ragazza che si erge contro le forze del male per proteggere l'umanita. Lei è la Cacciatrice." declamò Wes. "Tu sei la Cacciatrice."

"No, no... io non sono questa cacciatrice di cui tu parli, non sia mai..." rise nervosamente Monica guardando la sua amica che aveva il volto tirato.

"E come pensi di essere riuscita ad abbattere quel vampiro là fuori?"

"Fortuna?" Wesley scosse il capo.

"No, i tuoi poteri ti hanno guidato. La fortuna che hai avuto è solo il fatto che quello era un pivellino probabilmente fresco di tomba."

"Mi stai dicendo che tutte le volte che ho polverizzato uno di quei cosi, erano i miei poteri a guidarmi."

"Tutte le volte? Da quando lo fai?" Lei si mise a pensare aggrottando la fronte.

"Saranno quattro...tre giorni forse. Come mi muovo di notte o di sera, me ne ritrovo alcuni alle calcagna. Non mi era mai successo prima."

Wesley fece un paio di conti: i tempi combaciavano abbastanza, ma non credeva che lei sarebbe riuscita a combattere da subito, senza un minimo di preparazione. Forse la scelta non era stata poi così pessima, nonostante l'attivazione non fosse avvenuta in una delle Potenziali già addestrate.

"Bhe, ora sai quello che sei..."

"No caro, non lo so per niente. Che cosa vuol dire essere una Cacciatrice? Vuol dire che ogni volta che varcherò quella porta verrò assalita? E' questo che mi stai dicendo?" Wes capì all'istante che la ragazza, per quanto volesse fare la dura e forte, aveva paura...ma tanta.

"No, non ti dico questo."

"Ah bene, mi rincuora."

"Vuol dire che devi allenarti per poter combattere al meglio, che tu sei l'unica ad avere la forza necessaria per evitare che il male si espanda in città e nel mondo."

"Credo che sto per vomitare." Esclamò Monica alzandosi e avviandosi verso il bagno. Wesley ne provò pena: non piaceva neppure quella situazione, ma era un dovere che andava fatto. Si accorse che Deborah lo guardava ancora con sguardo preoccupato.

"Perchè lei?" chiese.

"Nessuno lo sa. Sono le forze dell'essere che decide chi diventerà una Cacciatrice ed hanno scelto lei." rispose tranquillo lui.

"Allora dì a queste benedette forze che se ne trovino un'altra. A me non interessa la cosa!" Avevo lo sguardo duro e gli occhi lucidi. Debby la abbracciò per infonderle coraggio.

"Non...non è possibile, mi spiace."

"Come sarebbe a dire? L'avete attivata...disattivatela! Togliete la spina adatta e lei tornerà ad essere una donna normale!" sbottò Deborah che stava iniziando a scocciarsi di quei discorsi.

"Non si può. Una volta scelta la Cacciatrice non può essere cambiata." fece Wes risoluto.

"Non c'è maniera per smettere di essere questa cosa?"

"Sì, un modo c'è, ma non ti piacerebbe." Monica sbuffò.

"Me ne fotto se mi piace o meno, lo farò e basta. Dimmelo." Wes la guardò dritta negli occhi: gli sembrava li avesse ancora più grandi rispetto a quando li aveva fissati prima.

"Dovresti morire." Un silenzio di piombo scese nella stanza, anche il cd era terminato. Si sentiva solo camminare Cucciola ignara di tutto quello che stava succedendo lì.

Monica portò le mani all'altezza dello stomaco: sentiva che le continuavano i conati di vomito e voleva resistere il più possibile.

"Mi stai dicendo che la ragazza che era Cacciatrice prima di me, è morta?" domandò con voce terribilmente bassa.

"Sì." Monica scosse il capo.

"Di vecchiaia, presumo..." A Wesley si strinse il cuore...

"No, in realtà una vampira l'ha..."lasciò a metà la frase quando vide che Deborah si era messa a tremare come una foglia.

"Cosa ha fatto la vampira? Voglio saperlo." disse risoluta Monica.

"Le ha tagliato la gola." Monica vomitò. A quella notizia non era riuscita a trattenersi. Non che l'idea di un cadavere lontano la facesse stare male, ma l'idea che quel cadavere di lì a poco poteva essere il suo...quello si che faceva male.

"Monica!" Debby si fiondò ad aiutarla, mentre Wesley le si avvicinò, senza però sapere che cosa fare.

"Sto bene..." sussurrò Monica. Si rialzò, bianca come un cencio e guardò Wesley fisso con una rabbia incredibile. Andò in cucina seguita dalla sua amica, prese uno straccio e si mise a pulire il pavimento assimilando secondo dopo secondo, le notizie che quel tipo le aveva dato.

"Quanti anni aveva lei?" chiese a Wesley "Sai, per completezza di informazione."

"Diciassette." annuì e tornò a pulire ancora scioccata.

"Non possiamo permettere che accada a lei!" urlò Debby a Wesley. "Dobbiamo salvarla."

"Concordo. Per questo sono qui." Le due ragazze lo guardarono scettiche. "Sono stato designato come tuo Osservatore. Devo aiutarti ad imparare ad usare i tuoi poteri, allenarti alla lotta, affinare i tuoi sensi...cose di questo genere."

"No! Monica deve andarsene via da qui. Così rimarrà viva."disse Deborah convinta, ma non vide la sua amica che scuoteva sconsolata la testa.

"Io credo che il damerino qui mi abbia voluto dire che ovunque andrò rischierò la vita, quindi, tanto vale rimanere qui a casa mia."

Mise un pentolino a scaldare sul fornello e poi tirò fuori due tazze con delle bustine di the. Si ricordò solo un attimo dopo dell'ospite inatteso.

"Vuoi un po' di the?"

"Sì grazie." Mise una tazza anche per lui sul tavolo della cucina e si sedette su una delle sedie.

"Debby...puoi lasciarci dieci minuti da soli?" chiese Monica alla sua amica, che annuì.

"Se hai bisogno di me sono di là, ok?" quando la porta fu chiusa, Monica osservò meglio Wesley: stile ottocento, sarebbe stato presentabile ad un ballo di gala di Sissi, pensò malgrado tutto lei. Aria di uno che le cose le sa, anche troppo forse, aria di uno senza una gran vita sociale. Osservatore...quella parole eccheggiò nel suo cervello leggermente più sgombro di pensieri. Dopo lo shock iniziale una sorta di quiete si era impadronita di lei.

"Da dove vieni?" gli chiese curiosa.

"Da Londra."

"E' la prima volta che vieni qui?"

Wesley era sorpreso: dopo la scena in soggiorno si era aspettato una gran rabbia da parte sua, rabbia che sarebbe esplosa contro di lui, invece erano tranquillamente seduti uno di fronte all'altra a conversare come due persone normali.

"Sì, non ho mai viaggiato molto." lei annuì e versò l'acqua calda nelle tre tazze. Tirò fuori dall'armadio un pacco di biscotti al cioccolato e ne prese uno. Lo guardò come se quel dolce fosse qualcosa di nuovo ed inusuale. In effetti a Monica ogni cosa sembrava diversa in quel istante.

"Quando morirò?" chiese con voce misurata e Wes sospirò.

"Spero il più tardi possibile. Io farò di tutto per evitarlo."

"Ma un giorno accadrà."

"Tutti muoiono Monica." lei sorrise tristemente.

"Ma non tutti muoiono con i denti di un vampiro piantati nel collo, giusto? Perchè tutto questo è capitato a me? Io non sono una tipa forte, non lo sono mai stata."

"Lo sei ora. Non posso darti queste risposte, non sono io che faccio le regole, Monica. Io vorrei solo che tra noi si stabilisse un buon rapporto di collaborazione." le disse, ma lei non sembrava farci caso sul serio. Guardava un punto fisso sul muro.

"E cosa fa un Osservatore?"

"Ti aiuterò a fare le ricerche, caccierò con te."

"Cacciare? che cosa vuol dire?"

"Andremo a stanare i vampiri e li elimineremo prima che uccidano degli innocenti." Monica cercò di immagazzinare tutte quelle cose, ma il suo cervello lavorava a rilento.

"Insomma, mi aiuterai, sarai la mia spalla destra?"

"Sì."

"Questa è la prima buona notizia della serata." Uscì dalla cucina portando la tazza a Deborah e poi ritornò a sedersi davanti a lui fissandolo seriamente.

"Accetto il tuo aiuto, ma sappi fin da ora, che io ti odio." Una lama di ghiaccio trapassò il cuore di Wesley, non era così che si era immaginato le cose. "Ti odio perchè rappresenti ciò che mi ha gettato in questo mare di problemi. Ti odio perchè sei colui che mi guiderà verso una morte certa. Ti odio perchè per colpa tua e dei tuoi capi, io non potrò mai conoscere mio figlio, mio marito e perchè no, i miei nipoti. Ti odio, perchè mi hai rubato il futuro."

Monica aveva gli occhi duri come due pietre, una rabbia incredibile le circolava nel sangue, si stava trattenendo per non prenderlo a pugni.

"Da dove si comincia?" Wesley si era perso al secondo ti odio della serata, gli pareva di affogare in un mare gelido e non gli sembrava neppure giusto che gli accadesse, ma cercò di riprendersi.

"Allenamenti...dobbiamo capire com'è la tua preparazione." lei annuì piano.

"Finisco di lavorare alle sette e mezza. Puoi venire domani sera alle nove."

Wesley voleva dire qualcosa, ma si trattenne, non gli sembrava il caso di sindacare le sue scelte, non in quel momento almeno. Forse l'indomani sarebbe stata più calma e avrebbero potuto parlare della questione lavoro.

Si alzò ed uscì dalla cucina, seguita da lei che continuava a guardarlo con occhi gelidi.

"Dove dormi?" domandò Deborah porgendogli il giubbotto.

"Al Jolly. Vi lascio il mio numero di cellulare." Prese una penna ed un pezzo di carta e lo porse a Monica che non lo prese: teneva le mani incrociate al petto e lo fissava con rabbia. Lo diede a Deborah. "Se vi succede qualcosa prima di domani sera, chiamatemi, correrò da voi."

Scese le scale seguito da Debby che gli indicava la strada: sentiva che Monica non aveva smesso neppure per un istante di fissarlo con quei suoi occhi nocciola e temette che un giorno all'altro lei si sarebbe vendicata. Doveva stare molto attento.

 

"Come stai?" domandò Deborah. Monica era andata nella sua stanza e si era buttata a letto per cercare di capire in che palude era finita. Cacciatrice, lei, non violenta nell'animo e desiderosa di pace e di vita normale...certo che chi prendeva le decisioni era decisamente senza senso dell'umorismo.

"Bene...credo." rispose poco convinta.

"Come puoi stare bene dopo tutto quello che hai sentito questa sera? Io sono qui ancora che tremo." Monica sorrise all'amica che la guardava preoccupata.

"Credo che la parte razionale del mio cervello abbia già elaborato la cosa. Da quello che il tipo ha detto, non c'è modo per evitare questa cosa, a meno che io non muoia e questa non mi sembra la scelta adatta per me. Dovrò conviverci, credo." Si passò le mani sul volto tirato fissando un punto qualsiasi della sua stanza. "Io non voglio morire, Debby."

"E non accadrà! Ti aiuterò io..." disse risoluta lei.

"Come?"

"Posso cercarti le armi che ti servono...affilarti i paletti!"

"La mia armatrice...Bhe, mi piace come piano. E appena diventiamo completamente indipendenti, rispediamo il damerino a calci in culo in Inghilterra."

"Poverino, ci è rimasto malissimo..." sospirò Deb e Monica rimase a bocca aperta.

"Poverino? Poverino?!? Poverino???" urlò "Mi sta mandando a morte quasi certa e tu dici, poverino?"

"Ma sì, mica è colpa sua..." Monica scosse il capo alzandosi di scatto. Guardò fuori dalla finestra e vide che Wesley era ancora lì. Teneva in mano una balestra con la freccia già posizionata e stava osservando ogni più piccolo anfratto tra le mura decadenti dei magazzini, sembrava come se stesse cercando qualcosa. Notò che, ad un certo punto, una strana luce azzurrina si irradiò intorno al ragazzo, per poi spegnersi lentamente. 

"Può essere anche che non sia colpa sua, lo ammetto, ma se lui non fosse venuto qui, io avrei potuto continuare la mia vita normalmente."

"Che accadrà ora?" chiese Deborah accarezzando la testa della sua cagnolina. Monica fece spallucce continuando a guardare Wes che lavorava.

"Non lo so. Credo che con il mio favoloso Osservatore" cominciò in tono sarcastico "dovrò capire in che situazione si trova la città e poi fare pulizia di demoni e affini. Magari, invece, non succederà nulla." Peccato che non ci credesse neanche lei.

 

Le fiamme crepitavano basse nell'angusta grotta carsica. Lì vicino un fiumiciattolo continuava la sua creazione millenaria portando sedimenti calcari per poter creare al meglio stalattiti e stalagmiti che nessun essere vivente sarebbe riuscito a vedere crescere.

Un uomo alto e possente, con i capelli neri come la notte, guardava con interesse un bacile di pietra antica contente sangue di essere umano.

"Il rito è stato eseguito al meglio?" chiese con voce bassa e profonda ad un piccolo essere informe, con le scaglie al posto della pelle ed un unico corno centrale. Non aveva occhi e la bocca sembrava provviste di cuciture epiteliali che gli davano l'apparenza di avere una maschera.

"Sì mio Signore. Demian non potrà toccarvi dal momento in cui voi aggiungerete al sangue davanti a voi, il suo." Il primo uomo prese da una tasca della sua lunga tunica nera una fialetta. All'interno faceva bella mostra di se un pezzo di lino bianco macchiato da sangue ormai rappreso. Tolse il tappo alla fiala e lasciò cadere la preziosa reliquia nel recipiente, che immediatamente si illuminò di una minacciosa luce nera.

"La città sarà nostra..." mormorò più a se stesso che all'indirizzo del demone dietro di lui.

In quel mentre apparve una donna: era scarmigliata, i capelli biondi in disordine, come se avesse corso a perdifiato fino a lì. Indossava ancora il volto della caccia e sembrava preoccupata.

"Che succede Emma?" domandò il primo uomo infastidito dall'interruzione "Lo sai che ho detto che non volevo essere disturbato!"

"Lo so, mio signore, ma porto una notizia importante."

"Spero lo sia..." minacciò lui.

"La Cacciatrice...è qui." Gli occhi dell'uomo virarono dal nero al giallo e il demone fece capolino sul suo volto. Sputò in direzione del fiumiciattolo.

"Bene, bene... quindi oltre al mio caro fratellino ci sarà un'altra persona che ci metterà i bastoni tra le ruote...o almeno ci proverà." Rispose con voce apparentemente calma. Non era uno stupido, sapeva bene che quello era un contrattempo piuttosto seccante, ma sapeva anche che il suo potere stava aumentando grazie alla demonicità della Bocca dell'Inferno, quindi una ragazina brufolosa e occhialuta di certo non lo avrebbe piegato.

Sorrise al fuoco.

 

Da "Il Piccolo di Trieste"

Strani andirivieni si sono notati nelle zone delle doline del Carso: si teme che siano in aumento le sette adoranti il diavolo. Si raccomanda massima attenzione.

 

CAPITOLO TRE

 

Monica si ritrovò per l'ennesima volta con il sedere per terra. Wesley troneggiava sopra di lei con un  lungo bastone di quelli tipici del medioevo, quelli che lei aveva sempre associato a Robin Hood e affini: Lei non li sapeva decisamente usare.

"Rialzati..." Da ore si allenavano senza sprecarsi troppo. Wesley aveva capito dopo i primi due pugni allo stomaco che lei non ci sarebbe andata leggera, solo perchè lui non aveva la forza della Cacciatrice in sè, una vendetta. Quindi lui si era adeguato nei punti in cui lei era ancora debole, cioè la lotta corpo a corpo con delle armi. Deborah li aveva osservati per tutta la sera seduta sugli scalini delle scale, con Cucciola e Spike, la gatta nera di Monica, che ogni tanto facevano capolino per capire che cosa fossero quei rumori così atipici.

Monica si alzò dal pavimento senza prendere neppure in considerazione la mano che le veniva offerta dal ragazzo e si rimise in posizione di difesa.

"Non sei abbastanza veloce...Non sai gestire al meglio la tua forza." disse Wesley. Oddio, la forza l'aveva, questo era poco ma sicuro, i suoi lividi lo potevano testimoniare, era ancora indolenzito.

"Dimmi che fare per gestirla meglio, lo so anche io che sono una chiavica in queste cose." Rispose Monica con rabbia.

"Innanzi tutto dovresti smettere di usare la tua forza per incrementare la rabbia." Monica lo fulminò. "Facciamo così... poggia il bastone a terra e poi chiudi gli occhi." vide che lei lo fece senza protestare. "Ora rilassati...espandi la tua coscienza...senti il rumore del vento, ingloba in te tutte le sensazioni che ci sono in questa stanza...Dovresti riuscire a sentire non solo la mia voce, ma anche il mio cuore, le venature del pavimento, tutto quello che c'è qui." Wesley si muoveva lento guardandola: indossava una maglietta a maniche corte bianca piena di disegni di strani uccelli colorati, i jeans blu della sera prima e le scarpe da ginnastica. Aveva tirato su i capelli in una coda stretta da cui non usciva neppure una ciocca. Si avvicinò a lei prendendo da terra il suo bastone. "Ti darò il bastone ora." le sussurrò all'orecchio "Continuando a rimanere così concentrata, dovrai cercare di parare il mio colpo." Lei annuì leggermente mentre lui si allontanava silenziosamente. Le girò attorno per qualche secondo, poi attaccò. Un colpo laterale, non le avrebbe fatto male nel caso lei non lo avesse parato, cosa che non avvenne. I due bastoni cozzarono uno contro l'altro e Wesley sorrise vedendo che lei lo fissava con occhi spalancati. Con una mossa veloce lui tolse dall'intreccio le due armi e puntò la sua verso la gambe di lei per farle perdere l'aquilibrio, ma lei parò anche quello, come parò i colpi sucessivi. Sembrava un'altra persona rispetto a prima.

"Ottimo!" esclamò soddisfatto lui quando si allontanò mettendo fine al duello. "Sei brava."

"Ha un buon maestro." disse Deborah dal suo trespolo, mentre Monica le lanciava un'occhiataccia. "E lei impara molto in fretta. Cioccolata?" Lanciò una tavoletta alla sua amica che prese a mangiarla da subito. Quegli allenamenti le avevano fatto venire un sacco di fame. In quei giorni si era stupita di un sacco di cose, non solo riguardo all'esistenza di mostri e demoni dalle forme più orrende, ma anche riguardo a le cose più stupide: Ci vedeva benissimo ora, sia che portasse o meno gli occhiali; stava perdendo peso alla velocità della luce, tutti i vestiti le stavano larghi. Wesley le aveva spiegato che il suo corpo si stava adattando al suo stato di Cacciatrice. Forse quello era l'unico beneficio decente per lei, pensò Monica.

"Se continuiamo con questo ritmo entro una settimana potremmo già andare a pattugliare. Bene!" Wes era contento dei progressi della sua Cacciatrice. Continuava a mandare missive al consiglio e loro sembravano soddisfatti a questo riguardo. Però erano preoccupati: Avevano sentito, come lui e Monica d'altronde, che la malignità della zona era aumentata esponenzialmente. Temevano che una dura lotta stava per iniziare a Trieste. Wesley ne era perfettamente consapevole.

Guardò di nuovo Monica mentre accarezzava la sua gatta con un sorriso dolcissimo dipinto sulle labbra e si chiese se mai un giorno ne avrebbe concesso uno uguale a lui.

Un'altra cosa che lo tormentava dalla prima sera in cui aveva fatto la sua conoscenza era l'età: di norma le Cacciatrici erano giovani. Buffy Summers era stata attivata che aveva sedici anni, Kendra solo uno in più...come mai Monica ne aveva venticinque? Cioè, era ovvio perchè avesse quell'età, ciò che lui veramente non capiva era come mai l'avessero attivata visto la decina di anni che separavano lei e le altre ragazze.

"Posso andare a dormire?" La voce cristallina di Monica lo interruppe dai suoi pensieri. Annuì deciso, in fondo era già passata da un pezzo la mezzanotte. Sapeva che il giorno dopo lei sarebbe dovuta andare a lavorare: da quando avevano iniziato ad allenarsi, lui voleva parlarle proprio di quello, però...Qualcosa lo bloccava.

"Monica!" la chiamò mentre lei stava salendo le scale, facendola voltare verso di lui.

"Sì?" Lui voleva dirle che il doveva smetterla di lavorare, che forse avrebbero dovuto iniziare delle lunghe ronde cittadine, che ormai lei doveva pensare solo alla sua missione di cacciatrice, ma non ce la fece, non riuscì ad infrangere ancora di più quella sua parvenza di vita normale che ancora si affannava a trattenere a se, quindi scosse la testa e le sorrise.

"Buonanotte." disse soltanto.

"Notte." rispose lei tornando a salire le scale.

Deborah lo accompagnò alla porta come ogni sera. Il povero Osservatore le faceva leggermente pena: capiva Monica ed il suo astio per la piega a dir poco inusuale che aveva preso la sua vita, ma non capiva perchè dovesse trattare quel ragazzo in quella maniera. Lei lo trovava relativamente simpatico. Certo, c'erano dei momenti in cui smaniava per strozzarlo, ma era dovuto più che altro alla sua maniacalità nello studio demoniaco e alla puntigliosità. Ammetteva, però, che era un bravo maestro, si sapeva muovere bene e sapeva far migliorare Monica in tutti gli aspetti di Cacciatrice...intimamente sperò solo che Monica non usasse quelle sue capacità contro di lui, non sarebbe stato giusto.

"Stai tranquillo, vedrai che con il tempo le cose miglioreranno di sicuro. Lei non è cattiva, non riesce a coltivare cattiveria per troppo tempo." Sperò di rincuorare Wesley così. Ogni tanto l'aveva visto guardare Monica come se lei fosse una piccola prelibatezza da mangiare, immaginava che a lui, lei piacesse e pure tanto, anche se in certi momenti, anche nei suoi occhi passavano lampi di rabbia contro la sua amica.

"Sinceramente lo dubito. Più cerco di avvicinarmi per aiutarla, per capirla, e più lei scappa lontano. Vorrei farle capire che non sono qui a combattere contro di lei, ma con lei." sospirò mettendosi la giacca e gli occhiali. Prese in mano la sua fedele balestra: non gli serviva tanto per i dintorni della casa di Monica, quanto per la strada del ritorno. La prima sera che era andato a trovarla, aveva fatto un incantesimo di protezione piuttosto potente, incantesimo che non permetteva agli esseri demoniaci di varcare un certo confine, come se l'incantesimo naturale che hanno le case, si fosse esteso e non solo per i vampiri. Questo metteva al sicuro Monica e Deborah un po' di più e a lui solo questo importava, che loro fossero al sicuro.

Debby gli diede due piccoli baci sulle guance e Wes sorrise: almeno una delle due non lo odiava. Si salutarono e lui sparì nella notte.

 

Deborah abbassò la serranda della panetteria dove lavorava e si avviò in Piazza Goldoni per prendere il bus che l'avrebbe portata a casa. Faceva già buio, ma la ragazza era rassicurata dalle mille luci della città che illuminavano tutto a giorno. Una sua aggressione lì sarebbe stata decisamente notata. Si avvolse per bene la sciarpa al collo e controllò che nella borsetta ci fosse un paletto da usare per ogni eventualità: Monica le aveva praticamente ordinato di non andare mai in giro senza quella protezione e lei aveva deciso di non farla arrabbiare ulteriormente facendola preoccupare. In quel periodo la sua amica si arrabbiava spesso, anche se mai contro di lei, per le cose più stupide: per l'acqua calda la mattina, perchè finiva il caffè nel vaso, perchè un paio di mutande erano diventate rosa invece che bianche. Si arrabbiava per tutto. Gli allenamenti le facevano bene, perchè per lo meno si sfogava su un ragazzo consenziente, ma ogni tanto Debby pensava che esagerassero entrambi.

Salì sull'autobus già stracarico di persone, come sempre e prese a guardarsi in giro: le solite facce di lavoratori stanchi e desiderosi di tornare a casa, ma anche persone che portavano scritto negli occhi la paura rispetto a quelle cose inspiegabili che accadevano ogni giorno nella loro città. Riflettè che probabilmente lei avrebbe avuto la stessa espressione se non avesse saputo che chi poteva fermare tutto questo era la sua migliore amica. Sorrise alla sua immagine sul finestrino, poi tornò a voltarsi verso gli altri passeggeri e fu così che lo vide.

Alto almeno un metro ed ottanta, calcolò, forse di più, la sua figura era sottile, eppure non sembrava uno deboluccio. I capelli erano pettinati con cura, facevano bella mostra di se dei riccioli biondo scuro. Il volto era regolare, con una leggera barba incolta di fine giornata che gli incorniciava il mento. Gli occhi verdi intensi la stavano fissando talmente ardentemente che Debby arrossì. La bocca carnosa dello sconosciuto si incurvo in un sorriso decisamente sensuale. Indossava un completo giacca e pantalone sportivo nero, con la camicia bianca e una cravatta nera leggermente molla.
Deborah tolse immediatamente lo sguardo da lui stupita di aver trovato un ragazzo così carino su un autobus cittadino a quell'ora.

Dopo due fermate scese e si ritrovò lo sconosciuto davanti che la guardava sorridendo. Lei fece per andarsene, ma lui la bloccò.

"Ciao." Le disse. Aveva una voce dal timbro basso ed ammaliante, qualcosa che toccò Deborah nel profondo del suo essere. Lo guardò, dubbiosa. "Tranquilla, non voglio farti nulla, solo che mi hai colpito su quell'autobus e mi sarebbe piaciuto poter conoscerti, ma forse è meglio se me ne vado, giusto?"

"No, scusa...E che sai.. con quello che accade in giro..."  tentò di scusarsi lei.

"Giuro che farò il bravo." fece lui e le porse la mano coperta da un paio di guanti di pelle nera. "Io sono Demian."

"Deborah." rispose lei

"E' un piacere per me conoscere una bella donna come te. Posso offrirti un aperitivo?" Debby rimase un po' bloccata a quell'invito così repentino.

"Veramente mi aspettano a casa."

"Scusa, immagino che i tuoi vorranno rivedere la loro bambina. Sono proprio uno sciocco." Lei rise.

"No, io vivo con una mia cara amica, ma lei mi aspetta sempre per cenare assieme." Lui sembrava dispiaciuto dal suo diniego, ma non demorse.

"Allora facciamo domani, ti va? Ci troviamo in Piazza Goldoni e poi andiamo a bere qualcosa assieme, magari ci buttiamo da Marino. Ti prego, dimmi di sì, sono un bravo ragazzo sai?" le fece gli occhi imploranti e lei sorrise.

"E va bene. A domani, allora." disse lei e si voltò per andare a casa, senza vedere che il sorriso dolce di Demian si stava trasformando in uno decisamente più malizioso. La sua personale caccia sarebbe iniziata l'indomani.

Debby invece felice come una pasqua saltellava verso casa: dietro di se aveva lasciato veramente un bel ragazzo. Chissà che non scoprise che era quello giusto.

"Ciao!" Urlò appena mise piedi in soggiorno e la scena che le si presentò davanti la fece rimanere a bocca aperta. Wesley e Monica urlavano come dei pazzi uno contro l'altra.

"Tu non puoi volere veramente questo no? Non sei così stronzo Wesley!"

"Mi spiace, ma questa cosa si deve fare..."

"Ehm...ciao..." ritentò la rossa con scarsi risultati, infatti i due non la degnarono di uno sguardo. Almeno Cucciola stava scodinzolando a tutto spiano. "Ho conosciuto un ragazzo bellissimo!" urlò poi, attirando almeno l'interessa della sua amica che la guardò sorridendo contenta.

"Racconta ogni cosa. Ehy, con te non è finita qui Pryce!" Wes la detestava quando lei lo chiamava per cognome, gli sembrava che fosse ancora più fredda del solito.

"Era sull'autobus e mi ha invitato per un aperitivo...non sono riuscita a dirgli di no, ha due occhi Monica...Uhmmmm Verdi come due gemme. Splendidi." era tutta esaltata e Monica fece il classico segno di vittoria con le mani. "Ma di che discutevate prima?" Monica si rabbuiò all'istante e scoccò un'occhiataccia a Wesley che non le aveva perse di vista un secondo.

"Il signorino qui non vuole che vada a cena da mia madre domani sera."

"Non è vero, non è questo il problema!" rispose lui "Devi solo evitare di raccontare loro del tuo...secondo lavoro."

"Loro devono sapere. Che cosa gli darai quando un demone mi avrà staccato la testa dal corpo? Che un novello Highlander passava di lì? Sono loro figlia, hanno il diritto di saperlo."

"Li metterai tutti in pericolo, credimi, lo so. Ho studiato e..."

"Pryce, io glielo dirò e prova a fermarmi... voglio vedere se ci riesci." Concluse Monica incrociando le mani al petto. Wesley inghiottì il boccone amaro, prese la giacca e senza dire una parola uscì, lasciandole sole.

"Bene, Debby...ora parlami di lui." continuò la Cacciatrice con un sorriso.

"Sei troppo cattiva con Wes...lui non ti ha fatto nulla e lo sai anche tu." cercò di prendere le difese di Wesley, Deborah.

"Gli chiederò scusa...forse, ma non svincolare. Allora, come si chiama?"

"Demian. Deve essere straniero, ha una cadenza strana...però è affascinante. Non lo avevo notato mentre salivo sul bus...tutto ad un tratto mi giro ed eccolo lì che mi fissa in maniera addirittura sfacciata. Si può definire un ragazzo affascinante in maniera fastidiosa? Più ci penso e più è così."

"Così come?"

"Credo che sia una di quelle persone che conoscono il proprio fascino e fanno di tutto per sottolinearlo, ma mentre la maggior parte di questi tipi risultano ridicoli ed eccessivi, lui usa questo fascino in maniera elegante, perfetta...sarà anche perchè si è presentato in giacca e cravatta...elegante, ma non troppo, una cosa che mi fa impazzire." finì Debby con una espressione estatica sul volto. "E la sua voce...un timbro basso e sensuale."

"Ti voleva proprio conquistare." riflettè Monica pensierosa.

"Vedremo domani. Dopo il lavoro vado a bermi l'aperitivo con lui." Era raggiante e felice e Monica pensò che almeno una delle due dovesse esserlo e visto che lei era tutto tranne che felice, toccava alla sua amica. Seguì Deborah nella sua stanza, mentre, nel frattempo, chiacchieravano di come fosse andata la giornata, poi prese il telefono e digitò il numero della casa di sua mamma.

"Ciao Nicola...sì, amore, sono Monica, passami la mamma." Attese che suo fratello chiamasse la  madre pensando un modo a come dirle che era una cacciatrice... Impossibile, aveva un gran bel vuoto. "Ciao Mamma, come va? Sì, qui tutto ok....nella norma direi" Se la norma è scoprire che sei una specie di arma ambulante contro i demoni, ma questo evitò di dirlo al genitore. "Domani sera posso autoinvitarmi a cena da voi? Perfetto, allora alle sette. Ciao, a domani." Interruppe la conversazione preoccupata: forse Wesley aveva ragione, non era facile parlare di questo a qualcuno, Deborah era un'eccezione, perchè come lei aveva un gran bell'animo oscuro e letterario, quindi non si era sconvolta più di tanto quando il primo vampiro aveva tentato di mangiarle. E non si era neppure sconvolta a vedere Monica prenderlo a pungi come se fosse Tayson e polverizzarlo. Lei stessa si era poi guardata le mani come per capire come era potuto accadere una cosa simile, a lei poi, che fino a quel momento non aveva mai picchiato nessuno e che per anni aveva praticato la pallacanestro, non la boxe. Si riscosse dai suoi pensieri quando si ritrovò in cucina a decidere che cosa mangiare. Deborah arrivò poco dopo in tuta e vestagliona di lana con cui stava comoda e si prese dal congelatore una vaschetta di gelato da aprire.

"Non ho voglia di cucinare...che ne dici, scaldiamo un po' di Nutella e ci strafoghiamo?" le chiese speranzosa e Monica sorrise annuendo.

"Sì dai, una bella bomba calorica non può che tirarmi su di morale." metterono la Nutella nel microonde per farla sciogliere, poi Debby fece una domanda epocale.

"Come spiegherai ai tuoi il tuo cambio di forma?"

"Good question tesoro...non ne ho la più pallida idea. La cosa peggiore è che sono andata là non più di tre settimane fa? Come posso ingannarli dicendo che ho trovato una dieta miracolosa? In tre settimane è impossibile...sono scesa di venti chili in quattro giorni." sospirò mentre metteva in bocca il primo cucchiaino della serata. "Avrei dato non so che cosa perchè mi accadesse prima, ma ora non so dove sbattere la testa. Credo che mi imbottirò i vestiti per sembrare più morbidosa."

Le due si misero a guardare la Tv senza, in realtà, seguirla. Continuarono a parlare di ragazzi e soprattutto dell'incontro di Deborah. Non voleva ammetterlo nè con se stessa, nè con l'amica, ma Monica era invidiosa un po' della palese felicità della rossa, avrebbe voluto anche lei parlare di un possibile spasimante, invece l'unico nome di ragazzo che le balenava nel cervello quel giorno, era di Wesley. Ripensando al giovane Osservatore sentì una punta di senso di colpa. Giustamente lui non aveva colpa del suo nuovo stato, eppure quando lo guardava, le assaliva una rabbia dentro a stento contenuta. Ogni tanto sognava ad occhi aperti di mollargli un bel cazzotto sui denti, così da smettere di sentirlo parlare di demoni, apocalissi e fine del mondo. Era tanto avere una vita normale come una ragazza qualsiasi?

Entrambe sussultarono quando sentitono la porta d'entrata del magazzino aprirsi: Monica prese un pugnale che troneggiava nel salotto di casa e si avviò.

"Ehy, Monica..." la chiamò Deborah sussurrando.

"Che c'è?"

"Trattalo bene quel pugnale, è il mio preferito." Monica alzò gli occhi al cielo: come non ricordarsi che per quel pugnale Debby aveva folleggiato per una settimana? E poi erano andate assieme a comprarlo. Annuì senza rispondere e lentamente scese le scale. Vide un'ombra vicino alla sua macchina. Come un gatto cercò di non farsi scorgere: l'ombra ora si era appoggiata alla 600 rossa e sembrava corrucciata. Monica decise di dare bando agli indugi e caricò arma spianata. Ringraziò il cielo di essersi fermata in tempo, o avrebbe rischiato di infilzare in mezzo alla fronte un Wesley che in quell'istante aveva perso almeno dieci anni di vita.

"Ma sei impazzito?"

"Io? Adesso il pazzo sarei io? Mica sono IO quello che mi ha assalito al buio con un coltello."

"Pugnale... e comunque potevi urlare che eri entrato, io ti credevo al Jolly." Urlò Monica.

"Dobbiamo andare fuori a fare la ronda. Ero uscito solo per sfogarmi un po'." Debby sospirò quando capì che il pericolo era passato.

"Hai un posto dove andare a dormire, Wes? Non puoi restere al Jolly per sempre...sono un sacco di soldi." chiese Deborah, mentre Monica si vestiva per uscire.

"Devo cercare una casa, ma è difficile trovarne una così su due piedi."

"Perchè non ti fermi da noi? Qui di posto ce n'è in abbondanza." quelle parole fermarono il tempo. Monica stava guardando la sua amica come se fosse del tutto impazzita a causa dello shock, quale non lo sapeva neppure lei. Wesley sembrava favorevolmente colpito dalla premura della rossa e Deborah sorrideva. Era sempre contenta quando trovava delle buone soluzioni per tutti.

"No! Lui non vivrà qui. Mi oppongo."

"Ti ringrazio Debby, sei gentilissima, ma non sono ben voluto evidentemente."

"Non ti preoccupare, faccio valere il mio stato di capo famiglia... a chi sono intestate tutte le bollette?" chiese sorridendo a Monica.

"Non ci posso credere, fai leva su questo? Le paghiamo a metà..." piagnucolò la mora facendo una smorfia.

"Monica..." La cacciatrice sbuffò e si mise in testa il suo cappellino di lana giallo. Sapeva di essere stata sconfitta...sperava solo di non perdere il controllo con un uomo sotto lo stesso tetto.

Monica e Wesley presero l'auto e si diressero verso il cimitero cittadino nel rione di Sant'Anna, mentre Deborah si preparava per una serata in compagnia del suo libro.

 

"Senti, se vuoi non mi trasferisco, ok?" In macchina non avevano spiaccicato una parola. Monica aveva guidato a velocità sostenuta dato che voleva evitare di passare troppo tempo con Wesley in un cubicolo così piccolo come quello. Ora, tra le lapidi, Monica pensava. In realtà era veramente terrorizzata: questa era la prima vera uscita contro i vampiri, quelli che aveva polverizzato in precedenza le erano arrivati addosso, invece ora era lei ad andarli a stanare. Un leggero crampo allo stomaco la attanagliò.

"Se non lo fai me le sentirò dalla mia coinquilina per sempre. Facciamo così, patti chiari ed amicizia lunga: io e te avremo solo rapporti lavorativi, non voglio contatti extra." Wesley sospirò senza rispondere: un Iceberg sarebbe stato più caldo in confronto a lei.

Si trovarono davanti ad una tomba fresca, dove ancora non era stato messo il marmo.

"Secondo i documenti del medico legale, la vittima aveva degli stani segni sul collo. In più le hanno trovato in bocca tracce di sangue. Credono si tratti di uno appartenente ad una setta." Monica annuì: nella mano guantata teneva saldo un paletto di legno affilato per l'occasione. Wes le aveva detto che era meglio iniziare ad uccidere i vampiri freschi di nascita, perchè erano quelli che meno conoscevano la propria forza e in più uscivano dalle terra ancora intontiti.

La terra si smosse e apparve una mano sporca: Monica calcolò dove più o meno dovesse trovarsi il cuore ed attese. I secondi sembravano non passare mai, le si stava accumulando un'enorme tensione in tutti i muscoli del corpo. Era in fremente attesa per quella sua prima uccisione. Nel frattempo Wesley la stava osservando: capiva il nervosismo della ragazza e gli sarebbe piaciuto sul serio poterla aiutare a calmarsi, ma aveva paura che se faceva solo un gesto verso di lei, lo avrebbe impalettato senza troppo pensarci su, quindi rimase fermo al suo posto.

Finalmente dalla terrà uscì un mezzo busto: aveva il volto già trasfigurato e si guardava in giro senza capire molto di quello che era successo. Capiì ancora meno il gesto automatico che fece Monica, perchè scoppiò in polvere senza un gemito.

"Wow...è stato...facile." disse la ragazza.

"Solo questo... buon impalettamento. Hai preso il cuore al primo colpo." Wes si voltò verso il sentiero del cimitero, mentre lei si alzava da terra. "Andiamo, c'è un'altra tomba da visitare."

Ma la seconda tomba si rivelò un falso, nessun vampiro doveva sorgere. I due tornarono tranquilli verso la macchina: a Monica faceva strano quella sensazione di pace che aveva lì. Quando ancora non era una cacciatrice ed andava in cimetero a trovare i suoi nonni, non resisteva molto nel campo santo. L'opprimeva l'incredibile tristezza che si levava da quel luogo. Invece, quella sera, una parte di se si sentiva come a casa, perchè respirava una pace che in quei giorni non aveva mai provato. Decise che erano argomenti troppo complicati per poterne parlare con alcuno, quindi li chiuse nel suo cuore a doppia mandata.

Guidò in silenzio per le strade vuote di Trieste fino a raggiungere un locale piuttosto affollato sulle Rive. Avevano deciso di fare un salto per evitare troppi morsi ad ignari clienti.

"Ora concentrati e cerca di capire chi è un vampiro e chi un essere umano normale." Monica lasciò fluire il suo potere di Cacciatrice, isolando dal contesto della sua mente la musica forte, le luci, il vociare di quella marea e ne vide distintamente tre che confabulavano nell'ocurità: le parve addirittura di vedere i loro occhi dorati. Prese un paletto e senza dire una parola a Wes, che la stava osservando senza capire, si avvicinò ai tre vampiri.

"Ciao...che ci fate tutti soli?" chiese con voce maliziosa, cercando di capire come batterli senza morire, in primis, e poi senza farsi vedere dagli altri ragazzi. Uno di loro le schioccò un'occhiata da predatore e stavolta lei lo vide chiaramente il bagliore dorato e si sentì leggermente più forte: in fondo era riuscita veramente a sentirli.

"Che ci fa una bella ragazza tutta sola, direi... vieni con noi, ti offriamo da bere." Monica sorrise sfacciata.

"E io che pensavo che sarei diventata il vostro drink." Con velocità infilò il paletto nel cuore al primo vampiro alla sua destra, che non ebbe neppure il tempo di urlare. Gli altri due fecero uscire il volto della caccia ed iniziarono a ringhiare.

"Si può sapere chi sei, cagna?" chiese uno.

"Mah, qualcuno mi ha detto che dovrei essere la Cacciatrice." Uno dei due vampiri se la diede letteralmente a gambe, senza riuscire a fare poi molti metri, visto che una freccia lo raggiunse facendolo polverizzare. Monica si voltò e vide Wesley con una balestra in mano e gli sorrise, cosa che fece sorprendere lui. Era la prima volta che lei gli sorrideva.

"Non bastava la biondina di Sunnydale...Ci voleva una cacciatrice anche qui." disse il sopravvissuto cercando di darle un pugno senza colpirla. Monica, però, sentì che questo era molto più forte del vampiro ucciso al cimitero. Doveva già avere qualche anno. Fecero a pugni per un po', mentre Wesley cercava di nasconderli dagli altri avventori, che non sembrava poi molto interessati a questa rissa. Ultimamente ne capitavano tante e si stavano facendo l'abitudine a questi scoppi di ira improvvisi. Monica sentiva che il vampiro stava borbottando qualcosa, ma non gli prestò molta attenzione. "Tre giorni di viaggio per scappare da Sunnyhell e a Trieste me ne ritrovo un'altra. Tanto valeva che mi facessi ammazzare dall'altra Cacc..." Non disse altro, si ritrovò disteso sulla schiena con Monica che troneggiava sopra di lui. Lei cominciò a prenderlo a pugni senza pietà, gliene diede tanti, una scarica che sembrava infinita. Wesley la guardava incredulo.

"Monica..." provo a dire lui, ma lei continuava ad infierire su quello che un tempo poteva essere considerato un vampiro, ma che ora era una maschera sanguinolente, oltretutto senza più i sensi. Wesley vide che dagli occhi della ragazza stavano scendendo copiose le lacrime. Finalmente si fermò, prese il paletto e lo fece scendere con forza sul torace del vampiro: in breve si ritrovò seduta dul marciapiede. Si alzò barcollante sotto lo sguardo preoccupato di Wesley. Prese a guardarsi le mani: i guanti di pile rossi, regalo di sua madre, erano tutti tinti di sangue, non sarebbe mai andata via la macchia. Monica se li tolse gettandoli a terra. Tremava come una drogata in crisi d'astinenza...se ne accorse anche lei e sorrise a questo suo pensiero. Sentì che Wes le poggiava sulle spalle la sua giacca e si sentì avvolgere dal suo profumo. Non aveva mai realizzato quando l'odore personale di Wes potesse essere gradevole, un odore che le ricordava il profumo del the, almeno a questo lei pensava.

Se ne andarono senza voltarsi.

 

da "Il Piccolo"

 

Trovati nei pressi del locale 'Beer' un paio di guanti insanguinati, guanti di grandezza medio-piccola. Si pensa possano essere di una donna. Si teme possa essere stato commesso un omocidio di cui ancora non si trova il corpo. Gli inquirenti seguono le innumerevoli tracce che portano alle cerimonie segrete che avvengono presso le doline del Carso.

 

CAPITOLO QUATTRO

 

Monica non aveva chiuso occhio quella notte: l'adrenalina della prima caccia, del primo vero combattimento non le aveva lasciato scampo, quindi aveva deciso di telefonare sul lavoro per prendersi un giorno di permesso, così da riposare.

Aveva sentito Deborah uscire la mattina presto capendo che ormai il sole era bello che sorto. Nell'oscurità della sua stanza, con la Gatta acciambellata ai piedi, pensava.

Aveva ucciso tre vampiri, uno dei quali massacrandolo di botte come una invasata. Che diavolo le stava accadendo? Sentiva che dentro di lei c'era qualcosa che non andava e non era la forza fisica. Non aveva mai provato delle sensazioni di disprezzo e odio per qualcuno, mai gli era mai passato neppure per la mente di ridurre un uomo in poltiglia a suon di pugni, invece lei, la sera prima, lo aveva fatto. Che cosa le era accaduto? Era presto detto, pensò, aveva provato una rabbia incredibile guardandolo a terra con il volto del demone addosso e si era sfogata su di lui. Poteva andare avanti in quella maniera? No, sicuramente no.

In più c'era qualcosa che le rodeva il cervello, qualcosa che il vampiro aveva detto prima di inziare a combattere, cosa a cui lei non aveva dato molto peso perchè era presa dalla sua prima lotta. Eppure ora sapeva che qualunque cosa fosse, era importante. Si sforzò per la centesima volta di ricordare almeno uno stralcio, ma nulla...Solo una parola, Sunnyhell. Chissà che significava.

Sarebbero state tutte così le sue serate? Giri nei cimiteri con Wesley, ronde nei locali e lavatrici per capi resistenti per togliere il sangue? Una bella prospettiva di certo.

Sospirò ancora alzandosi dal letto: fuori stava appena albeggiando e il cielo non prometteva nulla di buono, forse addirittura neve. Certo che l'inverno quell'anno non voleva proprio lasciarli... causa dell'apertura della Bocca dell'Inferno? Ecco un'altra incognita per lei: Wes continuava a dirle che si era aperta aumentando la demonicità della città, ma lei si chiedeva dove si era aperta. Non aveva visto nessun cartello con la scritta al neon che dava il benvenuto alla Bocca dell'inferno...Wesley tanto parlava, ma poco concludeva. Sempre bravo a riprenderla e dargli notizie inutili su demoni schifosi, ma quando gli si chiedeva di rispondere ad una banale domanda, ecco che si bloccava. Neppure lui conosceva l'esatta ubicazione della Bocca principale, le aveva solo detto che la crepa in Piazza Unità poteva essere una bocca secondaria, ma già abbandonata, probabilmente perchè la Piazza era troppo in vista. Non sembrava, ma queste creature erano timide....sorrise a quel pensiero sciocco.

"Ah miciona, tocca veramente sporca alla tua padrona, sai?" disse a Spike accarezzandola, mentre lei si perdeva in fusa rumorose.

Andò in cucina a farsi un caffè, non che ne avesse bisogno per svegliarsi, visto che si sentiva attiva come un grillo. Guardò con sdegno i biscotti che Debby aveva lasciato sul tavolo prima di uscire: incredibilmente non aveva fame, sentiva lo stomaco chiuso in una morsa. Andò al bagno e si guardò allo specchio: le sembrava di essere invecchiata di dieci anni in una notte. Aveva due occhiaie profonde e gli occhi rossi a causa della mancanza di sonno. Sperò ardentemente che non andasse avanti così per tutte le notti che le rimanevano, o non sarebbe durata molto a lungo.

Scese le scale trovandosi davanti una piccola porticina: la aprì senza esitazioni trovandosi davanti l'Adriatico che placido bagnavano il molo davanti al magazzino: al tempo avevano scelto quel particolare magazzino proprio perchè era collegato nell'immediato al mare e potevano, così, andare a fare il bagno quando volevano. Si tolse le scarpe e i calzini e mise i piedi in acqua. Qualcosa si bloccò: di certo la sua circolazione. Il gelo prese a salirle su per le gambe, facendole iniziare a battere i denti, ma a Monica non interessava proprio per nulla. Aveva bisogno di sentire qualcosa che per un momento le togliesse di mente i pensieri su uccisioni, cacciatrici e sangue. Peccato che non ebbe molta fortuna. Continuava a pensare alle parole del vampiro: che diavolo aveva detto di così importante? Decise di tornare dentro quando un refolo di vento le fece intuire che fuori faceva piuttosto freddo, visto le temperature non proprio primaverili.

Accadde tutto in un istante, un flash luminoso si incendiò tra le sue sinapsi. Il vampiro aveva parlato di una biondina ed immediatamente capì di essere molto arrabbiata.

 

"Devo parlare con il signor Pryce." disse sicura Monica alla ragazza davanti a lei che la guardava altezzosa con un sorriso di finta cortesia.

"Mi dispiace, ma il signor Pryce sta dormendo e ha richiesto appositamente di non essere disturbato."

"E' una cosa urgente signorina. Per favore, lo chiami al telefono e gli dica che sono qui. Non credo che avrà problema."

"Mi dispiace, ma non posso farlo. Arrivederci."  e le girò le spalle per tornare a lavorare al suo computer. Monica si stava infuriando sul serio, avrebbe voluto prendere quella ragazza e scuoterla fino a quando non le avesse detto quale era la stanza di Wes, ma sapeva che non poteva farlo. Diede un'occhiata alle chiavi delle stanze rimaste appese al muro e notò che non c'erano moltissimi clienti, in effetti quella non era la stagione migliore per venire a Trieste.

Fece finta di uscire, anche se in fondo non serviva, visto che la receptionist non la stava degnando di uno sguardo e prese a salire le scale lentamente e silenziosamente: tese al meglio le orecchie e la vista da cacciatrice per evitare di essere beccata da qualcuno che passava di lì. Trovò il carrello delle cameriere: evidentemente stavano facendo il giro per risistemare le camere. Monica pensò che se Wesley non voleva essere disturbato, avrebbe dovuto per forza farlo capire alle addette alla pulizia e quindi avrebbe infilato sulla maniglia il tagliandino 'Do not Disturb'. Ringalluzzita per questa intuizione prese a scandagliare il primo piano, ma alla fine della ricerca non trovò niente. Stessa sorte al secondo piano. Stava già cominciando a perdere le speranze, quando al terzo trovò qualche porta con i tagliandini. Adesso doveva solo capire in quale di quelle dormiva il suo Osservatore.

"Se sento le creature della notte, posso provare a sintonizzarmi su Wesley no?" mormorò tra sè. Chiuse gli occhi per concentrarsi al meglio, lasciando fluire in se il potere. Era una sensazione strana, le sembrava di essere completamente immersa in una vasca d'acqua che attuttiva ogni cosa che proveniva dal mondo esterno. Un enorme calore stava partendo dal suo cuore per espandersi ovunque in lei. Paradossalmente seguì proprio i consigli di Wesley, in modo da ascoltare al meglio quello che le diceva il suo istinto.

Aprì gli occhi e si ritrovò davanti ad una porta: aveva la certezza assoluta che dentro ci fosse Wesley, non sapeva come era possibile, ma lo sapeva. Con delicatezza cercò di abbassare la maniglia, ma quella era simpaticamente chiusa. Provò a scassinarla, ma fece troppo rumore e smise. Il lampo di genio le venne poco dopo. Prese a scendere le scale, ritrovando il carrello delle cameriere, lasciato incustodito. Con velocità si mise a rivoltarlo come un calzino, fino a quando non trovò il cesto delle chiavi di riserva. E c'erano anche quelle della 307. Le prese fuggendo alla velocità della luce e sentendosi un po' ladra per quello che aveva fatto, anche se ammetteva che era l'unico modo per sorprendere Wes nel sonno. Incrociò le dita sperando di aver fortuna: la chiave entrò nella serratura senza interruzioni di sorta e lei esultò dentro. La girò piano e si ritrovò all'interno della stanza immersa in una leggera oscurità: nonostante gli scuri fossero chiusi, una leggera luminescenza proveniva dall'esterno.

Monica, facendo più piano possibile, si ritrovò ad osservare Wesley che dormiva al centro di un letto matrimoniale. Lo copriva soltanto un lenzuolo di cotone bianco, perchè in quella camera si stava morendo di caldo. Evidentemente l'hotel sparava al massimo il riscaldamento. Un braccio nudo usciva da sotto il lenzuolo. Lei prese a togliersi il giubbotto e a pensare il da farsi. L'odore di Wes, improvvisamente familiare in lei, la stordì. Si impose di restare calma maledicendo i suoi ormoni che remavano contro. Si tolse anche le scarpe, per essere più silenziosa possibile. Aveva visto che intorno a lei, sparsi un po' ovunque, c'erano un sacco di libri e fogli scritti, tutti che descrivevano demoni e vampiri che potevano trovarsi nelle vicinanze di una Bocca dell'Inferno. Evidentemente aveva fatto tardi studiando. Monica prese un piccolo pugnale che aveva trafugato a Deborah per quella piccola missione. Se tutto andava al meglio, la sua amica non se ne sarebbe neppure accorta. Non aveva molto filo, però faceva la sua figura.

Salì sul letto piano e con grazia si posizionò a cavalcioni su Wesley. Chiunque li avesse visti ora, avrebbe pensato che i due stavano per prepararsi per una gloriosa cavalcata, ma lei non aveva proprio intenzione di cimentarsi in una così simpatica attività. Poggiò la punta sul collo del ragazzo e poi prese a chiamarlo.

"Wesley...Wesley, svegliati, è ora per un bravo Osservatore di rispondere ad un paio di domande." Monica vide che Wes stava iniziando ad aprire gli occhi, senza capire molto di quello che gli succedeva attorno.

"Uhm?" mugugnò lui. "Monica?"

"Sì, Pryce, sono proprio io." Wes capì immediatamente che c'era qualcosa che non andava: lei lo aveva chiamato per cognome e le stava puntando qualcosa di lucido e freddo al collo. Era decisamente nei guai.

"Che cosa succede?" Monica con una mano lo placcò al materasso, vito che lui stava cercando di alzarsi e si abbassò verso di lui.

"Sei uno stronzo lo sai?" gli disse lei in un sibilo e lui rabbrividì. Arrabbiata così non la aveva mai vista.

"E di grazia perchè?"

"Perchè mi hai mentito." e dicendo questo lo spinse con i fianchi per tenerlo fermo. Wesley, nonostante tutto, non si potè impedire di pensare a quanto questa situazione lo stimolasse.

"Non è vero...non l'ho fatto." cercò di protestare lui.

"Oh sì che lo hai fatto. Ieri sera uno di quei vampiri ha detto una cosa a cui io, stupidamente, ammetto la mia colpa, non ho badato molto. Solo che stamane me la sono ricordata e guarda un po' te, ti sbugiarda. Lui ha detto che ce ne sta un'altra di Cacciatrice, in un posto che fa Sunnydale di nome. Allora, come la metti?" Lei si abbassò ancora di più, praticamente ormai era quasi distesa su di lui, gli occhi erano a pochi centimetri gli uni dagli altri.

"Tu sei la cacciatrice." borbottò lui, perso nel seguire la linea delle sue labbra. Aveva avuto un'improvvisa immagine di se che alzava la testa per baciarla, peccato il piccolo inconveniente di quel coltello piazzato sul collo.

"Ma non sono l'unica, dì la verità, ti conviene" continuò imperterrita lei, senza accorgersi del turbamento emotivo del ragazzo.

"No, non sei l'unica. Siete in due."

"E perchè non me lo hai detto prima?" Chiese Monica inviperita?" Se avessi saputo che esisteva questa tizia, io avrei potuto dare le dimissioni.."

"Non si può fare. Tu sei la Cacciatrice, tanto e quanto, se non più, di lei!" Wesley si stava trovando in una pessima posizione e soprattutto molto imbarazzante.

"Perchè? Non ne moriva una per attivarne un'altra?" Monica era leggermente confusa.

"Infatti è così. Buffy Summers è morta per pochi secondi, quanto bastava per attivare Kendra." esalò Wes che improvvisamente aveva preso a sudare. Monica si mosse sopra di lui posizionandosi al meglio, cosa che fece gemere di intenso piacere il ragazzo.

"Ti faccio male, Wes?" domandò lei con un sorrisetto maligno, ma lui scosse il capo.

"Non proprio..." Lei lo guardò sorpresa, ancora di più quando seguì lo sguardo interessato di lui verso la sua camicia. Quella mattina aveva indossato una camicia blu elettrico di velluto che aveva un leggero difetto alle asole dei bottoni: ogni tanto non trattenevano il bottone al loro interno e la camicia si apriva. Monica si trovava seduta a livello della anche di Wesley, con i primi due bottoni slacciati, che, così facendo, riuscivano a dare una bella visuale del suo seno all'Osservatore.

"Oh...questo cambia un po' la situazione. Ti eccito io o il coltello? o forse entrambi." lo prese in giro lei, anche se dentro di se si sentiva leggermente gratificata.

"Vaffanculo." la risposta poco elegante di lui la sorprese.

"Wesley, mi meraviglio di te...Queste parole te le hanno insegnato all'accademia?" disse sarcastica, per poi riprendere il bandolo della matassa iniziale. "Dimmi un po' perchè non dovrei abbandonare il mio lavoro di Cacciatrice...in fondo c'è questa Buffy Summers che può prendere egregiamente il mio posto."

"Perchè lei deve badare all'altra Bocca dell'inferno." Monica si alzò leggermente, lasciando a Wesley il tempo di riprendersi. Non capiva più nulla, nei momenti precedenti, nonostante fosse tenuto sotto stretto controllo, non aveva potuto fare a meno di eccitarsi. Aveva una voglia incredibile che cercò di rispedire indietro, cosa non semplice da fare, visto che lei ancora stava sopra di lui a rimuginare.

"Che cosa vorresti fare ora? Uccidermi e occultare il mio cadavere?" domandò lui sperando di farle abbassare la guardia.

"No, tesoro, non è questo il mio programma. Per quanto io apprezzo l'idea di picchiarti un po', mi servi ancora. Non so se a te è arrivato chiaro il messaggio, ma io vorrei sopravvivere a tutto questo e tu mi sei necessario." Rispose lei cominciando a ondeggiare lentamente sopra di lui con un sorrisino malizioso. Monica non riusciva a capire perchè si era messa a giocare così con il suo corpo. Oh, lo sentiva bene che lui apprezzava questa cosa, era piuttosto duro là sotto, e la cosa la rendeva raggiante. Lei non aveva mai avuto un successo enorme con i ragazzi e se uno di loro palesava così il suo piacere alla vista di lei...diamine, il suo ego ne usciva rifrancato.

"Puoi smetterla?" le chiese lui leggermente ansimante e lei si bloccò.

"Parlami di questa cacciatrice."

"Non ne so molto, non l'ho mai vista. E' morta ed è stata salvata da un suo amico. Fine, stop."  Si sentiva stanco come se avesse corso la maratona di Londra a tutta birra, ma tentare di non saltarle addosso proprio in quel momento, era molto difficile. Il profumo dolce e frizzante che lei si metteva lo aveva avvolto, ricordandogli l'unica volta che si era potuto avvicinare senza rischiare il linciaggio, proprio la notte prima, quando le aveva messo la giacca addosso. Lei non aveva obbiettato e lui per pochi, brevi e gloriosi istanti, aveva assaporato il suo odore di donna fatta: in quel preciso momento aveva capito che non doveva trattarla alla stregua di una delle varie potenziali londinesi, ma che aveva a che fare con una ragazza adulta. Avrebbe dovuto capirlo prima, ma meglio tardi che mai.

Lei lasciò la mano dal petto, permettendo a lui di alzare il busto verso di lei. Monica lo guardava fisso negli occhi azzurri e sembrava....pensierosa, più che arrabbiata, ma lui non si fece illusioni, dentro di se lei ribolliva come un vulcano.

In realtà, il buonsenso di Monica stava iniziando a prendere il sopravvento sull'istinto e cominciava a sentirsi leggermente imbarazzata. Insomma, aveva molta voglia di divertirsi, ma non poteva farlo con un uomo a cui fino al giorno prima, aveva giurato odio eterno. Eppure la sua eccitazione premeva dura e prepotente tra le sue gambe ancora fasciate con dei bei pantaloni neri di cotone e lei ne era assurdamente fiera e soprattutto aveva una voglia incredibile anche lei di portare il tutto a termine. Insoddisfatta di sè, Monica si alzò e lasciò libero Wesley che, finalmente, riusciva a tornare a ragionare, nonostante la sua erezione premesse dolorosamente sui boxer.

"Non dirmi più bugie sulla missione, Wesley. Dimmi sempre la verità, per quanto cruda e difficile da accettare, dimmela sempre." Lui rimase sorpreso dal tono usato da lei: era come se lo pregasse con il cuore in mano.

La vide uscire tranquilla, come se quel breve intermezzo tra loro non fosse mai accaduto. Non ce la faceva più: si passò le mani sul volto e decise che ora serviva una doccia calda. Sotto l'acqua non riuscì a non pensare a quanto bello era stato sentirla sopra di sè.

Venne gemendo il suo nome.

 

Monica si era feramata davanti a Piazza Unità: si era seduta sul Monumento dell'entrata a Trieste che delimitava il molo. Era un posto che l'aiutava a stare meglio con il mondo circostante. Quel giorno, poi, il vento freddo di bora le stava schiaffeggiando il volto e lei sentì di meritarselo davvero quello schiaffo. Ma che diavolo le era preso? Trattare un povero cristiano a quel modo non era proprio nelle sue corde, ma quando aveva visto Wesley disteso su quel letto, non aveva capito più niente. Si era lasciata guidare dal suo istinto e dalla sua rabbia. Qualcosa di oscuro e primitivo la stava avvolgendo e lei aveva paura, paura di non riuscire ad uscirne.

Un pallido sole fece capolino tra le nubi che correvano via veloci e la riscaldò per pochi attimi. Monica si tolse una fuggevole lacrima dalla guancia.

 

Da "La Repubblica"

 

Inquietanti omicidi a Trieste fanno preoccupare la Procura Generale. Il presidente della Repubblica ha chiesto di poter mobilitare più forze dell'ordine per mantenere la calma.

 

CAPITOLO CINQUE

 

Il primo periodo di convivenza tra Wesley e Monica scivolò via tranquillo. Tra i due si era instaurato un certo senso di imbarazzo. Monica aveva capito di aver calcato la mano più del necessario con lui e quel senso di tranquillità che cercava di dare all'Osservatore, era il suo modo per chiedergli scusa. Nessuno dei due aveva mai menzionato la cosa, nè tra loro, nè con Deborah, che, però, non era una stupida e aveva capito che qualcosa ora c'era che li legava. Per la ragazza questo era un grande passo avanti per i suoi due amici, ma evitò di dirlo onde evitare che a Monica la cosa non piacesse e tornasse a trattare Wes come una mezza pezza di piedi.

Wesley, invece, si trovava nella spinosissima situazione di non riuscire a guardare ancora negli occhi la sua protetta: quando cercava di farlo, gli ritornava in mente cosa aveva provato ad averla sopra di lui e partiva con dei piccoli film mentali in cui immaginava il seguito di quello che poteva essere una gloriosa cavalcata a due. Ringraziò il cielo che avessero preso un tacito accordo di collaborazione e, quindi, che i loro rapporti fossero rimasti lavorativi.

Alla fine della festa, Monica non era riuscita a dire a sua madre della nuova vita: come era entrata in casa si era trovata tutta la famiglia ad accoglierla, completa di zii che non la vedevano da un po'. Sua mamma aveva fatto in modo che Monica potesse riunirsi a loro almeno qualche volta e lei non si era sentita di rovinare a tutti la serata annunciando la sua probabile morte. Cazzo, pensò, quel maledetto di Wesley aveva totalmente ragione. Si gustò fino ad un certo punto la bella orata al forno con le patatine che aveva cucinato sua madre e si godette le chiacchiere della sua famiglia. Tutti, però, le fecero i complimenti per la ritrovata linea e Monica in quei momenti si era sentita veramente imbarazzata. Sparò qualche cazzata su nuove diete ipocaloriche e lunghe corse sul molo con Deborah, ma non seppe se gli altri ci avevano veramente creduto.

Era tornata al lavoro senza troppi problemi, anche se in ogni istante si sentiva spiata, come se la gente sapesse chi lei fosse in realtà. Era così preoccupata che si era portata un paletto di scorta, nel caso uno dei clienti si fosse rivelato un vampiro in mentite spoglie. Aveva obbligato Deborah ad allenarsi con lei, in modo da poter almeno sgusciare via durante un attacco, fino a quando non fosse arrivata lei a darle man forte. Wesley aveva ordinato decine di armi: gli occhi della Rossa si erano allargati per lo stupore e l'attesa quando la pesante cassa di legno era arrivata tramite UPS. I due, con Monica appollaiata sulla scala, l'avevano aperta e la Cacciatrice pensò di non aver mai visto la sua amica così felice, neppure quando era ritornata dalla prima cena con Demian. Scartava ogni arma, specie i pugnali, con somma deferenza, trattandoli come bambini piccoli desiderosi di cure. Monica provò una punta di fastidio nel vedere Wes e Debby così affiatati, ma la scacciò immediatamente senza troppi complimenti. Se stavano così bene assieme, che si sposassero, pensò sbuffando.

Debby da un po' di tempo a quella parte pareva galleggiasse su una nuvola per quanto era contenta: la prima uscita con Demian si era rivelata una sorpresa bella e buona. Lui l'attendeva in piazza Goldoni davanti alla fermata dell'autobus con un bellissimo giglio bianco, spiegandole che le rose rosse gli sembravano troppo ovvie. Quel giorno si era presentato con un normale paio di jeans blu, una camicia rossa ed una giacca: faceva una bellissima figura. Avevano percorso assieme Corso Italia fino a giungere in Piazza della Borsa, ridendo e scherzando e Debby si era sentita decisamente bene. Erano entrati da Marino e avevano mangiato assieme del formaggio con un buon bicchiere di spritz. Lei aveva scoperto che lui lavorava con degli amici come agente di commercio e che, quindi, girava parecchio durante il giorno per essere finalmente libero la sera. Si era dimostrato una persona piuttosto informata sul mondo e la storia e Debby si sentì veramente bene. Si ritrovava spesso a guardare i suoi occhi verdi: le sembrava che la chiamassero. La portavano in mondi sconosciuti. Ogni tanto, le sembrava pure che brillassero dorati e lei lo trovava estremamente seducente.

Monica la invidiava e glielo aveva anche detto: nelle sere in cui lei e Wesley solcavano il cimitero e i locali demoniaci, Deborah si divertiva uscendo con il suo nuovo spasimante...o almeno amico.

"E' un'ingiustizia... Tu torni a casa svolazzante di felicità, con gli occhi a forma di cuore, mentre io, se tutto va bene, torno con una maglia strappata o sporca. Voglio anche io uscire una sera per divertirmi!" ma sembrava che quella opzione non fosse tra le scelte di Wesley, che la faceva girare come una trottola impazzita per tutta la città a cercare covi di demoni.

Oltretutto Monica aveva notato come Wesley passasse molto tempo al telefono: parlava per ore in inglese e ogni volta sembrava più crucciato di prima. Non gli aveva mai chiesto nulla, ma non nascondeva a se stessa di essere curiosa come una bertuccia! Di solito durante le cacce parlavano poco, lo stretto necessario rispetto a quello che dovevano uccidere, ma quella sera Monica decise di togliersi alcuni dei suoi dubbi riguardanti l'Osservatore.

"Allora, guai in paradiso?" chiese lei, mentre controllavano una vecchia cripta fortunatamente disabitata.

"Uh? Che intendi, scusa?"

"Ma sì, le lunghe telefonate inglesi...la tua ragazza ha deciso di lasciarti? Vivi troppo lontano per lei?" Wesley si stupì. Era la prima volta che lei gli faceva qualche domanda e soprattutto di argomento così privato. Sperò che potesse essere segno di una sorta di apertura nei suoi confronti.

"Veramente io non ho la ragazza." fu la prima cosa che gli venne in mente di dirle.

"Ah..." A Wes giravano velocemente le rotelline del cervello, cercando di capire cosa volesse dire lei con quella esclamazione, ma rinunciò all'impresa.

"In realtà mi chiama sempre mio padre. Vuole sapere come vanno le cose qui."

"Con me, cioè?"

"Sì, vuole sapere come te la cavi, come sta funzionando la bocca dell'Inferno, le specie demoniache... Sono molto interessati." sospirò lui appoggiandosi ad una tomba.

"E poi vorrà sapere se il suo figliolo sta bene, no?"

"Non credo. Non abbiamo mai parlato di me. Io e mio padre...diciamo che siamo molto inglesi nelle nostre manifestazioni d'affetto." Monica capì che tra i due Pryce c'erano parecchie incomprensioni, lo aveva intuito dall'intonazione della voce di Wesley. Lo capiva benissimo, anche lei con suo padre non andava d'accordo, anzi saranno stati mesi almeno che non si vedevano. Forse si saranno sentiti per telefono qualche volta, ma nulla più che i soliti convenienti. Doveva ammetterlo, per lei suo padre era un estraneo.

"E che vuole sapere di me?" disse cercando di pensare ad altro che non fossero i suoi problemi con la figura paterna.

"Se sei efficente. E soprattutto se la tua età non ti limita nelle cacce." Lei lo guardò con occhi confusi e si sedette anche lei vicino a Wes. Il discorso era importante.

"Spiegati!" gli ordinò.

"Bhe, di solito le cacciatrici vengono scelte giovani: 15-16 anni, al massimo 17. Una cacciatrice che dura nel tempo, arriva ai venticinque, ventisei anni e poi i poteri la abbandonano, come a cercare un corpo più efficace per espletare la loro funzione. Di solito chi riesce a raggiungere queste età senza morire prima, poi ha una tranquilla vita umana." spiegò Wesley quieto. "Che io sappia, non ci sono mai stati casi di Cacciatrici così vecchie come te."

"Ehy, io non sono vecchia, sono nel bel mezzo della mia giovinezza." rispose lei piccata e lui non potè fare a meno di sorridere al suo sdegno.

"Scusa mi sono espresso male. Intendevo che sei vecchia per essere una cacciatrice appena attivata. Credo, ma bada bene che questa è solo una mia teoria non avvallata da prove certe, che i poteri scelgano ragazze adolescenti perchè la prima cacciatrice aveva questa età quando fu attivata. Solo che a quei tempi avere quindici anni portava ad essere adulti, nel fior fiore delle proprie forze. Forse i poteri di adesso stanno capendo che i quindicenni non sono più forti come una volta e quindi hanno spostato il loro range di azione, ma non si può mai dire. Magari la prossima avrà di nuovo sedici anni. Ripeto, sono idee mie e non ne ho la certezza assoluta." finì lui, lasciando Monica in uno stato confusionale non da poco.

"E quindi loro sono preoccupati per questo cambio?" era l'unica cosa che le fosse venuto in mente.

"Sì...Te lo dirò in completa sincerità. Vogliono venire qui a testare le tue capacità." Ora si stavano guardando dritti negli occhi e Monica notò quanto lui fosse preoccupato rispetto a questa notizia. Cominciò a scendere una leggera pioggerellina che li distolse momentaneamente dai loro discorsi. Mentre tornavano verso casa, cominciò a piovere a dirotto. Monica sperò che Debby avesse l'ombrello, visto che era nuovamente uscita con Demian, giusto per pensare a qualcosa che non fosse questo fantomatico test. Appena rientrati, con in braccio Spike che si faceva accarezzare tutta contenta, Monica riprese l'argomento.

"E sarà un test a risposta multipla o domande aperte?" Aveva cercato di essere spiritosa, ma lo sguardo di Wes le fece capire che lui non aveva apprezzato del tutto il suo humor...maledetti inglesi, non erano loro il popolo caustico per eccellenza?

"Sarà qualcosa di molto peggio, temo." Wesley prese a guardare un punto fisso del muro, come se la crepa esistente fosse un disegno particolarmente interessante. "C'è un'usanza nel consiglio degli osservatori, decisamente barbara secondo me, che viene fatta ogni volta che la Cacciatrice in questione raggiunge la maggior età. Si chiama Cruciamentum."

"Un nome pregno di fiducia." fece lei sedendosi sul cofano della sua auto.

"Questo test fa in modo che la Cacciatrice venga a trovarsi senza poteri per qualche ora. Le viene iniettata una specie di droga che paralizza ogni sua oncia di potere. In questo stato lei deve riuscire a sconfiggere un vampiro o un demone, usando, di fatto, solo la sua astuzia." A Monica lo stomaco si serrò per la paura. Sono completamente matti, pensò senza dirlo. "Una cosa orrenda, per me. Alcune di loro non ce l'hanno fatta a superarlo e sono morte..."

"Mi faranno questa cosa?" domandò seriamente preoccupata Monica.

"No, a te no." e lei sospirò rinfrancata.

"Però faranno altro..." intuì e Wesley annuì lento.

"Non so che cosa, questo è il vero dilemma. Sto cercando da giorni di far sbottonare mio padre su questo test, o Quentin Travers, il capo del Consiglio, però nessuno dei due mi vuole dire nulla. Credo che vogliano che tu sia completamente all'oscuro dei loro piani."

"Mi stanno sempre più simpatici qusti tizi..."Monica non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine di lei riversa sull'asfalto sgozzata da qualche strana creatura... di nuovo ebbe quel senso orrendo di nausea. Cominciò ad odiare Wesley anche per quel motivo: da quando lui era lì aveva già vomitato qualche volta, proprio lei che se le capitava una volta all'anno era un caso più unico che raro. Proprio lei, che odiava vomitare più di qualsiasi altra cosa. "Ma perchè non mi fanno questo Cruciamentum...almeno potri allenarmi." Wes sorrise tristemente.

"Perchè non hai diciotto anni. Vedi, il test viene condotto sulle ragazze che compiono i diciotto. Una specie di brutto regalo."

"Per questo sono così interessati alla mia età." intuì lei e Wesley annuì sorridendo. Qualsiasi fosse il test che il Consiglio voleva organizzare, avrebbero trovato pane per i loro denti: Monica non era una stupida e il suo cervello funzionava piuttosto bene. Dovevano trovare qualcosa di difficile se volevano vederla in difficoltà.

In quell'istante entrò Deborah felice.

"Ciao a tutti!! Passato una buona serata?" Chiese mentre Cucciola scendeva la scale per salutarla festante.

"Stupenda! Figurati che sono tornata qui tutta intera." Rispose acida Monica.

"Su dai...scherzi a parte, è andata bene?"

"Sì, solita routine. Credo che i veri cattivi si stiano preparando ad una offensiva piuttosto massiccia." disse Wesley e Monica scosse la testa esausta da tutte queste cose. Fosse bastato far uscire dalla sua vita quel ragazzo per poter smettere di cacciare, lo avrebbe fatto subito, senza neppure pensarci troppo, ma lei sapeva che non era così semplice. I demoni la fiutavano: le sere che camminava tranquilla per il corso, loro erano dietro di lei, pronti ad assalirla. Stupidi! Andavano praticamente incontro ad una morte certa. Guardò Wesley che parlava tranquillo con Debby e per la prima volta si chiese con interesse chi fosse lui in realtà, cioè, se oltre alla facciata di Osservatore era anche un uomo, un ragazzo normale. Non gli aveva mai chiesto nulla di sè, lo usava solo come insegnante di demonologia e lotta armata. Ovviamente la cosa era reciproca: lui non si era mai neppure degnato di chiederle qualcosa della sua vita normale, anzi, ormai di quella passata. L'unica cosa che gli premeva era di avere una Cacciatrice pronta. La famigliare sensazione di rabbia iniziò a crescerle nel petto e decise che era meglio salire in camera sua. Non aveva proprio voglia di mettersi ad urlare.

Deborah la vide salire verso le stanze del piano di sopra e sospirò pesantemente. Aveva molta paura per la sua amica, voleva aiutarla in qualcosa, ma non aveva la forza necessaria per farlo. Sentiva che Monica non era più la ragazza solare che era un tempo, quella che la tirava su nei momenti di crisi. Ora sembrava circondata da un'ombra di rabbia ed oscurità di cui lei aveva timore. Incredibilmente, proprio la sensazione che le dava a lei e che la inquietavano, risultava eccitante per altre persone, non ultimo Wesley. Debby aveva subito capito che l'Osservatore provava qualcosa per Monica, se non proprio amore, almeno tanto affetto. Si chiese se fosse l'effetto Cacciatrice e se a lui le sarebbe piaciuta anche prima.

Dall'alto inizò a sentirsi una musica pesante, leggermente heavy metal, che faceva tremare la leggera porta che separava la zona alta da quella bassa.

"Le è presa proprio brutta stasera." mormorò Debby.

"Che cos’ è?"

"Monica è una musicomane. Quando è incazzata con il mondo mette questo Cd...se non sbaglio è la colonna sonora di un film. Dice che ascoltandolo si sfoga, anche perchè questo non è proprio il suo genere preferito. Lei è più una amante del rock classico." e guardò Wes che non capiva molto bene. "Io ho tanta paura, Wesley."

"Non ti devi preoccupare, noi siamo qui per proteggerti."

"No, non hai capito. Io non ho paura per me, ho paura per lei." sospirò. "Io ho paura che tutta questa rabbia che prova, questo odio nei confronti della sua situazioni, finisca per avvelenarla rovinando di fatto la sua vita." Wes annuì, era la stessa cosa che temeva lui.

"Lo so...Io vorrei tanto che riuscisse ad incanalare tutta l'energia che ci mette per odiarmi, per poter adempiere al meglio al suo compito."

"Sai, avrei tanto voluto che tu la conoscessi prima. Lei non era così: aveva sempre un sorriso per tutto, riusciva a parlare per ore di musica, film ed affini. Eppure ha sempre trovato il tempo per ascoltare i miei vaneggiamenti e i miei problemi. Ora temo che quella Monica sia stata sostituita da una ragazza terribilmente cinica e triste e sinceramente non sono felice di questo."

Wesley pensò che fosse difficile restare quello che si era prima dell'attivazione: la vita cambiava radicalmente, si ritrovava ad avere in mano un potere enorme, però era anche un potere senza bussola. Lei poteva esercitarlo per il bene, come per il male. Nei secoli c'erano state parecchie Cacciatrici rinnegate, accecate da quello che possedevano. Anche lui aveva timore che Monica si facesse catturare dalla notte, quindi passava parecchie ore a leggere i diari dei vecchi osservatori per poter comprendere al meglio una tecnica che lo aiutasse a relazionarsi con lei. Certo, era difficile stabilire un punto di contatto con una ragazza che poche settimane prima aveva dichiarato senza mezzi termini di odiarlo, poi l'aveva quasi violentato e ora che continuava ad odiarlo. Sì, decisamente complicato.

"Farò di tutto per proteggerla." disse a Deborah, guardando istintivamente la porta che li separava.

La musica era cessata. Debby pensò che era il momento giusto per salire, mentre Wesley riponeva una spada nel baule delle armi nel sottoscala. Come la ragazza mise il piede sulla seconda pedata, scivolò, colpa dell'acqua sotto le suole, e si ritrovò con il sedere a terra ed un dolore lancinante al piede.

"Cazzo!"

"Ehy, tutto ok?" domandò Wesley che era accorso da lei.

"No, mi devo essere slogata la caviglia. Maledette scale di metallo!" Urlò in direzione. Cercò di rialzarsi, mentre Wes le porgeva galante il braccio, peccato che come  tentò di salire di nuovo, un dolore terribile la bloccò. Sparò a raffica qualche parolaccia che fece sorridere il ragazzo. Wesley non la lasciò provare una seconda volta e la prese in braccio: non pesava tantissimo, ce la poteva fare a portarla su.

"Non devi farlo, so di essere una specie di balena...così ti fai solo male."

"Non dire scemenze." Debby per tenersi meglio ferma, gli portò le braccia al collo. Proprio quando Wes doveva aprire la porta, questa si spalancò lasciando lo spazio a Monica che li guardava sorpresa, inizialmente, per poi far dardeggiare gli occhi di fastidiosa rabbia.

"Non è come pensi tu!" disse Debby appena vide l'amica.

"Io non penso a nulla." rispose lapidaria Monica scendendo come un fulmine. Prese un ombrello e uscì dal magazzino come un uragano.

"Cavoli, cavoli, Cavoli....devo andarle dietro." disse la rossa.

"Non puoi, hai il piede malato. Ci vado io."  Wes la lasciò sul divano, poi prese il suo giubbotto e si lanciò all'inseguimento della sua Cacciatrice. L'esterno era buio e freddo. Aveva momentaneamente smesso di piovere, ma Wes non si faceva troppe illusioni, sarebbe ricominciato presto. Prese a correre verso la zona popolata di Trieste e soprattutto luminosa. Solo il Cielo sapeva i pericoli che potevano esserci li fuori per lui. Iniziò a chiamarla a gran voce lì nei dintorni, ma senza troppo successo. Certo, con la sua forza e resistenza chissà fino a dove si sarebbe potuta spingere. Esausto e moralmente sconfitto, mandò un messaggio a Deborah dicendole che si sarebbe fermato a bere una birra al pub vicino a casa loro e che avrebbe pregato che a Monica non fosse successo nulla. Si preoccupava, non importava che lei fosse una Cacciatrice armata, lui era preoccupato per il suo stato d'animo. Varcando la soglia del locale si chiese perchè poi lei era scappata così veloce vedendo lui che abbracciava Deborah.

 

Da "Il Piccolo"


Ritrovati nuovi cadaveri sul Carso di giovanissimi ragazzi, tutti che presentano strani buchi circolari nella zona del collo. Alcuni di essi si sono ritrovati anche in altri punti, quali i polsi. Si indaga nel mondo delle sette sataniche

 

CAPITOLO SEI

 

Monica si era fatta una bella e lunga camminata sul molo. Aveva anche polverizzato due incauti vampiri che l'avevano creduta un facile pasto. Erano esplosi senza neppure capire chi o cosa fosse lei. Aveva cercato in tutti i modi di togliersi dal petto quella sensazione di claustrofobia dovuta alle immagini di morte imminente, al test degli Osservatori e, perchè no, al fatto che Deborah e Wesley fossero uno avvinghiato all'altra. Le aveva dato enormemente fastidio, il perchè poi, solo Dio lo sapeva.

Voleva veramente smetterla di essere così incazzosa, non le faceva bene, si stava rovinando la vita e trovava che non fosse giusto, non a soli venticinque anni. Prese un sassolino e lo lanciò lontano verso l'acqua scura. Tornando indietro provò ad immaginare che cosa il Consiglio avesse in mente per lei: Wesley le aveva detto di essere sempre all'erta, magari adesso la stavano pure spiando. In effetti era da un po' di tempo che aveva l'impressione di essere seguita, ma ogni volta che si girava non trovava nessuno. Era più possibile che fosse solo la sua mente impressionabile a farle questo scherzo. Solo che non ne era molto sicura. Sospirò per la centesima volta in quell'ultima ora e prese a tornare verso casa.

Come entrò in soggiorno vide Debby sul divano terribilmente tesa.

"Si può sapre dove diavolo sei stata?" le urlò senza mezzi termini.

"Sono uscita a prendere una boccata d'aria...Mi serviva." rispose Monica sulla difensiva.

"Oh certo, noi eravamo preoccupati per te, mentre a te serviva. Sei una disgraziata! Mi hai fatto perdere dieci anni di vita. Lo sai i pericoli che ci sono là fuori?" Monica la guardò con un'occhiata perplessa.

"Debby, sono la Cacciatrice, te lo ricordi?"

"Non mi frega un cazzo di cosa sei diventata, per me sei sempre la mia migliore amica e di sicuro non voglio perderla perchè l'è venuto un colpo di genio." Monica sorrise ed andò ad abbracciarla.

"Grazie stellina. Prometto che non lo faccio più, parola di lupetto."

"Tu non hai fatto scout..."

"E allora parola di Monica."

"Già meglio."

"Allora, raccontami la tua serata che di sicuro sarà stata migliore della mia." esordì Monica sedendosi pesantemente sul divano.

"Bhe, mi ha portato a mangiare una pizza, nulla di che. Almeno, io ho preso una pizza, lui si è fatto una bistecca al sangue...ma proprio al sangue. Però è stato gentile, mi ha chiesto se non mi dava fastidio."

"Simpatica premura."

"Ehy, adesso che ci penso, tu adesso vai al Tender e recuperi Wesley." disse perentoria Deborah.

"E perchè dovrei farlo?"

"Perchè è uscito per cercarti! Era terribilmente preoccupato per te. Quindi vai da lui e portalo a casa sano e salvo."

"Non voglio uscire di nuovo. Poteva fare a meno di seguirmi, per dirmi cosa, poi? Che fra voi non c'è niente? Sai quanto mi interessa." Sbottò Monica rabbuiata di nuovo.

"Guarda che tra me e lui non c'è veramente niente. Mi aveva solo aiutato a salire le scale, visto che mi sono slogata una caviglia. Ha fatto solo il galante...Ma Monica, sei per caso gelosa?" La diretta interessata strabuzzò gli occhi e guardò l'amica come se avesse appena detto che lei era incinta di dieci gemelli demoniaci.

"Gelosa? Gelosa?? Gelosa??? Ma sei matta? Per me lui può andare con chiunque voglia, anche con te. In fondo andate d'accordo no?"

"Sì, come amici. Comunque, ora corri e vai a prenderlo. Non voglio vederti a casa senza di lui. Muoviti!!" Monica scosse la testa: non aveva la forza di discutere anche con lei. Tornò verso il molo seguendo una piccola stradina che dava su una curva. Lì era posizionato un pub chiamato 'Tender', un locale decisamente alla mano, però facevano ottimi panini e la birra non era malaccio. Essendo un locale situato in mezzo a magazzini e capannoni abbandonati, poteva sparare musica ad alto volume senza doversi preoccupare di eventuali cittadini. Monica sbuffò entrando e quello che vide e sentì, la fece bloccare del tutto.

 

Wesley non se l'era proprio sentito di tornare a casa senza aver trovato la sua Cacciatrice: la sola idea gli dava un senso di inadeguatezza profondo. Da giorni cercava di rassicurare il Consiglio sul buon esito delle cacce e del loro lavoro assieme e l'episodio di quella sera gettava ombra sulle sue parole. Per la prima volta provò verso Monica un leggero senso di odio: se lei fosse stata una Cacciatrice normale, tutto quello non sarebbe accaduto. Se ne pentì quasi immediatamente, in fondo non era neppure colpa della ragazza se la sua vita era stata cambiata così repentinamente. Voleva distrarsi ed annegare i suoi dispiaceri nell'alcool. Ecco, pensò, magari eviterei di annegarli proprio, basterebbe dargli una leggera inumidita. Ridacchiò dentro allo stupido pensiero che gli era venuto in mente e ordinò al bancone una birra rossa.
Quel pub non gli dispiaceva: ovvio, niente a che a vedere con il suo pub preferito di Londra, ma non essendocene altri, se lo faceva bastare tranquillamente. C'era parecchia gente quella sera, anche perchè era stato allestito nell'angolo una postazione da karaoke e uomini e donne si alternavano a rovinare canzoni più o meno conosciute. Wes si lasciò trasportare dalla musica nell'intento di non pensare troppo ai suoi problemi personali, con scarsi risultati finali: il volto di Monica teso e preoccupato, le lacrime che ogni tanto intravedeva di sfuggita prima che lei se le asciugasse velocemente, gli facevano male al cuore. Non l'aveva fatto certo volendo, eppure quella ragazza gli era entrata dentro: non arrivava al punto di dire che fosse innamorato di lei, ma di sicuro le piaceva. Bevve un sorso di birra come ad esorcizzare quel pensiero, maledicendolo. 'Ti pareva se non mi piaceva l'unica persona di tutta la città che mi odia ferocemente...' pensò. Però, poi, se la ricordò estremamente fragile dentro il suo giubbotto, ricordò il suo profumo, i suoi capelli, tutto di lei e sospirò. Era proprio fregato.

"Ehy, mi senti?" Wesley si riscosse dai suoi pensieri e si ritrovò davanti una bella ragazza, non molto alta, longilinea e con il volto sorridente. I capelli neri corti erano sparati in giro con del gel e gli occhi castani lo fissavano con apparente voracità. Si chiese se la tizia non fosse una vampira alla ricerca di un pasto, ma scartò quell'idea: non era così pallida.

"Scusa?"

"Ti devo proprio essere passata inosservata..." rise lei.

"Chiedo scusa, ma stavo pensando a problemi miei."

"E che problemi potrebbe avere un bel ragazzo come te? Fammi indovinare, c'entra una donna, non è così?" Lui annuì sorridendo triste. "Che ti ha fatto? Ti ha lasciato?"

"Veramente no." Wesley stava cercando di capire dove voleva arrivare quella ragazza, che gliene importava lei dei suoi problemi? Evitò di chiederlo così spudoratamente, non gli sembrava molto elegante come scelta.

"E allora ti ha mandato in bianco!" Esclamò lei "Una stupida a mio parere..." terminò maliziosa.

"Neppure questo...solo tante incomprensioni." Fece Wes evitando accuratamente di captare l'allusione.

"Piacere, io sono Marianna." disse lei allungando una mano.

"Wesley." rispose lui stringendogliela piano.

"Non sei di qui." e via di questo passo. In tutta sincerità a Wes non interessava molto sentire la vita completa di quella ragazza: il fatto che studiasse e che si dovesse laureare a breve, gli era entrato ed uscito alla velocità della luce, ma tutto aiutava a dimenticare per poco Monica.

Monica, Monica, Monica...quel nome continuava a tambureggiargli tra le sinapsi. Finì la seconda birra della serata con una voglia potente in corpo di sfogarsi in un qualsiasi modo possibile. Certo, la tipa di fronte a lui gli avrebbe volentieri dato una mano in questo portandoselo nella sua stanza, ma Wes non era della stessa idea: a differenza di molti suoi coetanei, il sesso occasionale non lo lasciava molto soddisfatto. Invece, si alzò dal suo sgabello di legno per andare verso la piattaforma del karaoke e si mise a leggere i titoli delle canzoni che avevano nel carnet. Saltò a piedi pari tutte quelle italiane, tanto non le conosceva e si buttò su quelle in inglese. Voleva una canzone che facesse sentire a lui e agli altri, quanto ci tenesse alla sua Cacciatrice e quanto gli facesse male vederla così. Certo, non era poi molto semplice trovare qualcosa che potesse alludere a demoni, vampiri, Osservatori e quant'altro, ma lui non disperava. Prima o poi qualcosa di perfetto sarebbe saltato fuori.

Quando la trovò, un sorriso si formò sul viso. Andò dal presentatore a chiedergli se poteva perdere quel briciolo di dignità che ancora aveva in corpo, ovviamente non dicendogli proprio gli stessi termini, e il tipo non si fece problemi, gli disse che l'avrebbe inserito di lì a due persone. Wesley decise che una terza birra era d'obbligo: aveva bisogno di un leggere coraggio alcolico.

"Ti dai al canto?" chiese Marianna civettuola.

"Ci provo. Forse è il modo buono per esorcizzare tutto." rispose lui cominciando a sentirsi preoccupato di quello che sarebbe successo di lì a breve.

"Canterai per me?" gli chiese facendogli gli occhioni dolci. Wes rimase leggermente spiazzato. Il problema era: illuderla con un sorrisone o dirle l'assoluta verità, cioè che di lei a lui non interessava niente? Ci stava ancora pensando, che la sua lingua agì da sola.

"Sarei tentato, ma questa è una canzone per una persona soltanto e non sei tu. Mi spiace." Lei lo guardò offesa e se ne ritornò al suo tavolo sbuffando, mentre le sue amiche le chiedevano che era successo per farla arrabbiare in quel modo. Per un attimo Wesley ci rimase male, ma poi fece spallucce e si avvicinò al palco. Una leggera euforia si era impadronito di lui e si sentiva forte e preparato, nonostante il microfono in mano. Un leggero spiffero provenì dalla porta d'entrata che si era appena aperta, ma lui non ci badò: un nuovo spettatore per la sua performance, non poteva che dargli più carica.

"Bene, accogliamo con un bel applauso questo giovane che canterà qualcosa. A chi vuoi dedicarla?" si prese la briga di chiedergli il titolare. Wesley senza una minima esitazione, rispose:

"A Monica, nella speranza che le cose cambino."

Sentendolo Monica impallidì. Tutto si era immaginato, tranne di trovare il suo morigerato e quieto Osservatore, con un microfono nella mano pronto a cantare per lei. Cercò di trovarsi un posticino per assistere alla sua esibizione, più che altro perchè era veramente curiosa di sentirlo cantare e di sapere che scelta aveva fatto: si aspettava un 'Bella stronza' di Masini, invece rimase pietrificata quando le prime note di una musica decisamente conosciuta si spansero nel locale.

 

Talk to me softly
There's something in your eyes
Don't hang your head in sorrow
And please don't cry
I know how you feel inside I've
I've been there before
Somethin's changin' inside you
And don't you know

 

La Miseria, pensò Monica, ha azzeccato la canzone perfetta per me e per la mia situazione...
La voce bassa e leggermente roca di Wes, un po' dovuta alla sua personale rivisitazione e un po' all'alcool in circolo, stava perforando il cuore di Monica che si sentì veramente una merda per come lo aveva trattato in quel periodo.
Analizzò che era piuttosto affascinante mentre cantava, con la luce che gli piombava addosso dall'alto, in piedi ritto, con i jeans che gli fasciavano perfettamente le gambe, la camicia blu oltremare e la giacca scamosciata.
Sì, veramente un bel figliolo.

Don't you cry tonight
I still love you baby
Don't you cry tonight
Don't you cry tonight
There's a heaven above you baby
And don't you cry tonight

And please remember that I never lied
And please remember
How I felt inside now honey
You gotta make it your own way
But you'll be alright now sugar
You'll feel better tomorrow
Come the morning light now baby

(Don't cry- Guns'n'Roses)

Fu una scarica al cervello, per Monica. Non aveva mai capito o anche vagamente intuito di avergli potuto fare del male. Non era un'empatica, questo no, ma si capiva abbastanza bene che lui ci soffriva per lei, era evidente che lui, in quel momento, le stesse donando il suo cuore gratuitamente in attesa della sua sentenza. Ovvio, Wesley non sapeva che lei era nascosta nell'ombra ad osservarlo, anche perchè, lei scommetteva, non lo avrebbe mai fatto altrimenti. Immaginò che doveva cercare di cambiare le cose... solo che non sapeva come!
Wesley terminò la sua esibizione: su quel palco si era sentito un dio, non gli  interessava che avesse steccato qualche urletto, lui mica era Axel Rose che cantava in falsetto alla Farinelli, certe punte non erano nelle sue corde. Si era subito sentito meglio quando la musica era iniziata, fregandosene del giudizio degli altri, ma cantando ad occhi chiusi, senza neppure seguire le parole sullo schermo, tanto lui quella canzone la sapeva a memoria, con tutte le volte che l'aveva cantata a Londra. Gli altri avventori non esistevano, c'era solo lui e Monica che lo guardava, almeno nella sua mente era così. Ammetteva che aveva immaginato, nel finale, che lei lo perdonasse e magari lo baciasse, ma aveva scacciato immediatamente quel pensiero, ben sapendo che questo non sarebbe mai potuto accadere.
Tornò al bancone soddisfatto, mentre gli altri lo applaudivano sorpresi e ordinò una nuova birra: in fondo di lì a poco sarebbe andato a dormire.

"Mi fa un the freddo ed un piatto di patatine con la salsa rosa?" Wesley si girò sorpreso, trovandosi Monica seduta affianco a lui. "Ciao." gli disse tranquilla, facendo finta che la canzone da lui cantata non l'avesse scombussolata per bene.

"Da quanto sei qui?"

"Sono appena entrata e ti ho visto qui. Debby mi ha detto che eri preoccupato per me e che ti dovevo venire a riprendere." Rispose lei facendo spallucce. "Perchè, mi sono persa qualche cosa?" Che carogna che sono, pensò lei pentendosi immediatamente di avergli fatto la domanda. Certo che vederlo arrossire in quel modo era spassoso.
"Assolutamente nulla." tagliò corto lui. "Mangi a quest'ora?" chiese poi quando un enorme piatto di patatine fritte annegate nella salsa le venne presentato davanti al naso.
"Sono sempre stata una ragazza dai forti appetiti. In più da quando sono Cacciatrice ne ho ancora di più, in determinati momenti, si intende. Questo è uno di quelli. Se vuoi puoi favorire." Un modo anche questo per riavvicinarsi.
Wesley non fiatò, non voleva rovinare quel momento, aveva paura che fosse di una fragilità estrema quella pausa, quindi mangiò qualche patatina, perdendosi tra lei che ogni tanto lo guardava tranquilla e le esibizioni al locale.

 

Una bionda ragazza dai capelli tinti, correva a perdifiato per la piazza deserta: sperò che inoltrandosi nelle viuzze della città vecchia seminasse i suoi inseguitori. Non riusciva a capire che cosa era successo: quel ragazzo le era sembrato simpatico, leggermente stronzo, ma a lei piacevano così. Non li voleva accondiscendenti, anzi, li voleva combattivi ed un po' acidi. Poi, però, nel buio, lui si era rivelato, in cosa, poi, lei non lo aveva capito. I suoi occhi azzurri erano diventati gialli e la sua faccia, prima liscia ed affascinante, si era ricoperta di bozzi orrendi. Senza contare quei due canini che erano cresciuti a dismisura. Se non avesse saputo che era solo un libro, avrebbe pensato che Dracula avesse cambiato dimora.
Si fermò ansante: dietro di lei non c'era nessuno, forse quello strano tizio e i suoi amici si erano stufati di inseguirla. Sospirò sollevata, ma nel girarsi andò a sbattere contro qualcosa ed urlò.
"Ciao!" davanti a lei stava quel coso...Da vicino faceva ancora più schifo e soprattutto più paura. Dietro di lui venivano almeno cinque suoi simili. "E' vero che mi piacciono le prede che scappano, ma tu hai esagerato." Lei tentò di muoversi, ma venne fermata da due braccia possenti. Vide che il branco si era inginocchiato ed ebbe ancora più paura.
"Cosa state facendo?" La voce che sentì provenire da dietro di lei era bassa, irata e profonda. Capì in quel esatto istante che sarebbe morta, non sapeva perchè, ma ne era certa. Si voltò lenta e vide un uomo possente, coperto da una tunica che sembrava quella di un vecchio monaco. Dall'oscurità che si celava sotto il cappuccio, si scorgevano solo gli occhi dorati. Era uno di loro...che cosa erano poi?
"Quello che ci ha detto lei, Maestro...cercavamo nuovi childe." rispose uno degli inginocchiati con voce deferente. Il Maestro fece una smorfia non vista.
"Come ti chiami, Ragazza?"

"C-Cristiana?" Rispose tremante e balbettante lei.

"Cristiana...Non sei neppure degna di diventare una di noi." e così dicendo le spezzò il collo in un gesto secco. "E voi, cercatene di migliori. Se vogliamo uscire vincitori dalla guerra contro mio fratello, dobbiamo avere tra le nostre linee l'elite delle creature della notte e non essere come questa qui." disse indicando il corpo che giaceva ai suoi piedi
I vampiri se ne andarono intimoriti, lasciando il cadavere in bella vista, con gli occhi sbarrati dallo stupore e il collo piegato innaturalmente, mentre il loro Maestro sorrideva sprezzante alla luna sopra di lui.

 

Da "Il Messaggero Veneto"

 

Ritrovato ieri all'alba il cadavere di una giovane donna di 26 anni con il collo spezzato. A dare l'allarme uno spazzino che passava di lì per il suo turno di pulizia stradale. La città tutta si stringe attorno alla famiglia affranta.

 

CAPITOLO SETTE

Deborah adorava la domenica, lo aveva sempre fatto fin da quando era andata a vivere da sola: sveglia tardi, lunga passeggiata in Val Rosandra con sua madre e Cucciola e pranzo pantagruelico in osmizza* sul Carso. Solo dopo, forse, lei pensava a fare qualcosa di costruttivo, tipo andare a fare shopping alle Torri, il centro commerciale più grande della città.
E quella domenica non sfuggiva a questa regola, solo con una ottima postilla finale: Demian l'aveva invitata a cena, consigliandole di indossare il costume da bagno. All'inizio si era un po' sorpresa visto la temperatura rigida di quei giorni, ma poi si era fidata e se lo era messa.
Mentre lei volteggiava per la città, Monica e Wesley avevano passato la giornata assieme, allenandosi e studiando per poter passare quel benedetto test del Consiglio. Deborah non era una stupida e aveva subito capito che tra i due era successo qualcosa che li stava lentamente unendo. Certo, Monica non perdeva mai l'occasione di punzecchiarlo e di riversargli addosso cattiverie, ma attorno a lei non c'era più quella nube di rabbia che le veleggiava sopra fino ad un paio di giorni prima. Sperò ardentemente che continuasse ad andare così, un lento, ma inesorabile avvicinamento. Perfino Wesley sembrava più tranquillo e lei sorrise guardandoli, mentre discutevano sulla maniera migliore per uccidere un demone. Pensò che se qualcuno fosse passato per sbaglio fuori dalla porta di casa loro, li avrebbe presi per pazzi.
Deborah si allacciò gli stivali neri con il tacco, quelli che preferiva di più, e si rimirò allo specchio per l'ultima volta: si era messa un bel vestito corto, nero, che le lasciava le spalle scoperte. Sopra, ovviamente, si era messa una maglia di lana nera, molto elegante, con il collo a barca che le permetteva di lasciare il collo nudo e sopra una giacca elegante, sempre nera. Aveva puntato su un trucco classico, fatto con colori tendenti al rosa e un bel rossetto. I capelli le cadevano soffici sulle spalle e sorrise a se stessa soddisfatta.
"Allora, cercate di non uccidervi mentre sono via!" Disse a Monica e Wes. I due la guardarono ammirati e Monica fece partire un fischio.
"Mi sa che devo dedurre che non tornerai a dormire a casa. Vuoi stenderlo il ragazzo?" chiese all'amica.
"Secondo te, Wes, gli piacerò?"
"Dovrebbe essere cieco o stupido per non apprezzarti." Lei sorrise grata di quel complimento e trotterellò fuori facendogli un cenno con la mano.
"Sono contenta che almeno lei abbia una vita normale." Mormorò più a se stessa, Monica. Wesley le scoccò un sorriso triste, sapeva che cosa intendeva. "Ok, dove eravamo rimasti?" Si riscosse lei brandendo una spada dall'aria minacciosa e il suo Osservatore riprese ad allenarla.
Deborah, invece, era arrivata al punto dell'appuntamento. Non aveva voluto che lui la passasse a prendere a casa, anche perchè abitava in un posto un po' infognato, difficile da trovare così al primo colpo. Quindi avevano deciso che l'entrata del Tender fosse abbastanza visibile per trovarsi.
Lui arrivò puntualissimo e questa volta aveva con se un intero mazzo di rose rosse che la fece arrossire. Indossava dei pantaloni eleganti neri, una camicia bianca e la giacca coordinata. Niente cravatta, così da accentuare meglio la sua tipica eleganze sportiva.
"Buonasera." le disse con voce bassa.
Mentre lui guidava sicuro per le vie della città, Deborah si chiese in che cosa realmente si stava cacciando: Demian le piaceva, lo aveva capito dopo il secondo aperitivo che lui non era interessato ad una semplice amicizia, ma a qualcosa di più, solo che lei non sapeva se fidarsi o meno. La maggior parte del tempo lui era dolce e carino, faceva di tutto per farla stare a suo agio, ma c'erano dei momenti in cui lei temeva che qualcosa sarebbe accaduto. Ogni tanto lo trovava che la fissava come se fosse un gatto e lei un succulento canarino e in quel momento lei aveva paura. Ogni tanto il suo volto si trasformava, diventava da dolce a freddo e distante, in maniera così repentina che a lei non sembrava neppure fosse più lui. Poi gli occhi verdi tornavano ad essere i pezzi di giada che l'avevano incatenata fin dalla prima uscita e il sorriso da sprezzante e maligno- sì, la parola giusta era proprio maligno, pensò- ritornava ad essere seducente e tranquillo. Paradossalmente, lei si sentiva anche più attratta da lui, quando faceva uscire quella parte oscura: sì, aveva paura, ma al di sotto del timore, sentiva sempre una specie di scossa di eccitazione che le risaliva la schiena. Era qualcosa che lei stessa non riusciva a capacitare. Per l'ennesima volta si chiese se l'aurea della Cacciatrice che inglobava Monica, non avesse fatto un giro anche dentro di lei, poi si diede della stupida: lei da sempre apprezzava la parte oscura della vita.
"Tutto bene?" le chiese Demian quando ormai erano seduti nel locale. Aveva prenotato un tavolo da Marino, lo stesso posto del loro primo aperitivo, ma questa volta lui aveva chiesto di avere una candela sul tavolo e se era possibile stare un po' in disparte rispetto agli altri avventori, quindi ora, dal loro piccolo angolo, si respirava una quieta intimità.
"Sì, scusa, stavo solo pensando." Debby di diede della sciocca: era fuori con un ragazzo carino che palesava qualcosa per lei e lei si metteva a pensare a Cacciatrici ed oscurità. Sfoggiò un sorriso splendente e prese a chiacchierare con lui, che la ascoltava interessato. Mangiarono tranquillamente, approfittando di ogni possibilità per stare vicini. Lui le sfiorava ripetutamente la gamba, ogni tanto posava la sua mano fredda -troppo fredda, analizzò Deborah- sulla sua, le toglieva ciocche di capelli che le cadevano davanti al viso. Ad ogni tocco, ogni sfiorarsi, Deborah rabbrividiva per la bellezza del gesto.
La candela si stava inesorabilmente consumando, così come il buon vino scelto dal ragazzo. La lingua di Deborah correva sciolta e le risate si spandevano nell'aria. Lei si sentiva decisamente bene e rilegò nell'angolo quel senso di timore che l'aveva accompagnata per tutte le sue uscite con lui.
"Sei pronta per la parte migliore della serata?" Le chiese Demian malizioso, dopo che erano usciti dal locale.
"Certo!" esclamò lei.
Andarono in macchina mano nella mano e lui prese a guidare in direzione della strada Costiera.
"Dove mi vuoi portare?" Domandò lei leggermente preoccupata.
"Fidati, è un posto molto interessante." E le scoccò un'occhiata rovente. Debby si sentì improvvisamente nuda ed esposta a lui. Tentò di coprirsi meglio con la giacca, ma il senso di disagio non la abbandonò. Sì accorse che erano arrivati in periferia a Monfalcone, città portuale dell'Isontino, davanti ad una casa abbandonata ricoperta dalle sterpaglie.
"Ecco, vieni, stai attenta a non cadere." Le disse lui prendendola per mano e portandola dentro a questa costruzione. Dentro ormai l'erba aveva colonizzato tutta la corte e Demian si avviò verso una botola chiusa. La aprì senza apparente difficoltà."Aspettami qui." le ordinò e Deborah analizzò se non fosse il caso di girare i tacchi ed andarsene...sì, ma dove? Non poteva neppure pensare di rubargli l'auto, dato che lei non aveva la patente. Tornare sulla strada e fare l'autostop? No, magari ne trovava uno peggio di lui, quindi rimase inchiodata al suolo, anche per la paura ormai crescente.
Attorno a lei sentiva l'odore dell'acqua ferma, in fondo in quella zona c'erano un sacco di acquitrini. Poi dalla botola spuntò il volto di Demian sorridente.
"Vieni." Debby, lentamente, si avvicinò: vide che da dentro la botola proveniva una luce tenue e un gran calore la investì. Cercando di non cadere entrò. Quello che si trovò davanti la fece ammutolire: era una grotta di roccia viva con una passerella e degli scalini di mattoni rossi che portavano a quella che sembrava una piscina. Tutto il bordo della caverna era tappezzato di candele che davano l'aria soffusa e romantica. E poi c'era lui. Si era tolto i vestiti, visto il gran caldo che proveniva dall'acqua ed indossava solo un paio di boxer neri attillati. Il suo corpo pallido era dipinto dal colore arancione della fiamma e i suoi occhi brillavano dorati mentre la guardava. Di nuovo lei si sentì come nuda davanti a quello sguardo famelico.
"Sei molto pallido..." Fu l'unica cosa che riuscì a dire guardandolo. Si stava sforzando di non spostare lo sguardo sulle sue gambe e quello che c'era nel mezzo, ma sembra impossibile.
"Non amo molto il sole e l'estate, lo ammetto. Ti piace?" La domanda le parve stupida: come poteva non piacerle una cosa del genere? E poi lui sembrava già conoscere la risposta, visto che Deborah non lesse un minimo di apprensione sui suoi lineamenti.
"Certo. Ma dove siamo?"
"Sono le vecchie terme romane. Non si potrebbe stare qui, è vietato, ma io sono un tipo ribelle." E le sorrise maliziosa. Scese gli scalini e buttò in acqua. Debby decise che non poteva restare lì come una stocafissa, quindi prese a spogliarsi anche lei. Dava le spalle a Demian, ma lei seppe con certezza che lui la stava fissando, si sentiva bruciare da quello sguardo. Facendo finta di nulla, si ritrovò con il suo costume intero e morigerato, messo a posta e si buttò in acqua restando nelle vicinanze del bordo.
L'acqua era calda, perfetta, se si considerava l'aria fredda che c'era al di sopra. Rimase ad assaporarsi quella sensazione per un po', prima di riaprire gli occhi e vedere Demian. Lui era appoggiato su uno dei bordi delle terme, con dietro delle candele che gli illuminavano il capo. Sembrava un angelo con l'aureola dietro, un angelo decisamente peccaminoso, analizzò la ragazza guardandolo mentre lui le sorrideva sensualmente. La scioglieva quell'immagine: il petto liscio e chiaro era illuminato per metà dalla luce, che creava un elegante gioco vedo-non vedo, i capelli ricadevano in leggeri ricci da cui partivano file di goccioline che si perdevano negli anfratti di lui. Gli occhi bruciavano, Deborah non avrebbe potuto credere altro annegando in essi. Capì che quella sarebbe stata la sua cartolina della serata, qualcosa che avrebbe ricordato per tutti gli anni della sua vita.
Lui le si avvicinò piano nuotando, tenendo fuori dall'acqua soltanto gli occhi, fino ad arrivare davanti a lei.
"Piaciuta la sorpresa?" Chiese lui a voce bassa.
"Decisamente." La temperatura stava rapidamente salendo e non per l'acqua calda: i due erano a pochissimi centimetri uno dall'altra, lei poteva sentire il leggerissimo fiato di lui che le accarezzava le labbra.
"Hai ancora paura di me?" le chiese e Debby rimase sorpresa. "Non leggo la mente altrui, semplicemente lo si capisce da come mi guardi a volte. Vorrei che capissi che da me non hai nulla da temere." Demian dovette reprimere un sorriso di pura malvagità. Il suo piano stava andando esattamente come voleva lui, sperava solo che la Cacciatrice non lo mandasse a monte. Conquistare Deborah era stato un gioco interessante, portato avanti con dedizione e puntigliosità, una delle sue caratteristiche da sempre. Lo aveva affascinato, questo lo doveva ammettere, altrimenti, forse, per quello che serviva a lui, le cose sarebbero andate molto più veloci. Invece aveva voluto che lei fosse sua in tutti i modi possibili, non solo con il sangue, come progettava fin dall'inizio, ma anche con il cuore e la carne.
Le si avvicinò ulteriormente e, incurante del frastuono che faceva il cuore di lei, la baciò sulle labbra, lasciate leggermente aperte.
Debby pensò che fossero fredde, ma cancellò quel pensiero quando sentì le sue mani muoversi verso i fianchi di lui. Volva sentirlo più vicino, voleva baciarlo con tutto il corpo.
Le lingue iniziano una loro personale battaglia, mentre le mani di entrambi vagano per i corpi. Il costume di Deborah prese a navigare per la piscina naturale, permettendo a lei di sentire al meglio ogni cosa: le dita di Demian che le stuzzicavano i capezzoli, la sua lingua che le tormentava il collo, la sua erezione che premeva furiosa sulle sue gambe.
Quando lui entrò in lei con un movimento fluido e unico, Deborah pensò che mai qualcuno le aveva fatto toccare l'estasi così da vicino. Ci stava arrivando, lo sapeva, lo sentiva, ma era qualcosa di potente, mai provato in precedenza e unico nel suo genere. Il suo odore, il suo sapore così particolare, così metallico, eppure irresistibile, le ordinava di tornare a cercare le sue labbra per un bacio supplementare. Da quanto lo desiderava? Dalla prima volta che l'aveva visto sull'autobus? Oppure era stata l'atmosfera creata quella sera a farle capire che doveva lasciarsi andare? Il suo cuore non lo sapeva, le diceva soltanto che per un ragazzo così si sarebbe tranquillamente fermato.
L'orgasmo si scatenò potente come se lo aspettava e la sua mente prese a folleggiare senza senso, specie quando lui, per prolungarle il piacere, si mise a mordicchiare uno dei capezzoli duri dall'eccitazioni. Aveva provato qualcosa di selvaggio ed incredibile, ma la cosa veramente unica che sentiva era che lui era ancora duro dentro di lei. Si domandò distrattamente come era possibile.
Demian si staccò dal suo seno e la guardò intensamente negli occhi, leggermente annebbiati per l'orgasmo.
"Guardami bene..." le sussurrò mentre muoveva lentamente le dita davanti ai suoi occhi. Debby si sentì come insonnolita, completamente in balia di quel ragazzo. Non riusciva a pensare a nulla, solo alla voce calda e sensuale di lui che la chiamava. "Brava piccola, segui bene..." In lei non c'era più nulla, lo guardava con occhi vacui senza capire, perfino quando lui indossò il volto della caccia lei non ebbe un sussulto. "Con questo piccolo morso tu sarai mia...sempre."  Le prese in mano il seno sinistro, quello che proteggeva il cuore e lo morse quasi con dolcezza. Un leggero brivido partì lungo la spina dorsale della ragazza e Demian si chiese se era un brivido di paura e ribrezzo, oppure uno di piacere. Capì che si trattava della seconda ipotesi, quando sentì i muscoli vaginali di lei contrarsi sul suo membro dolorosamente duro in lei. Sempre bevendo, si mosse dandole ancora qualche spinta violenta, in modo da venire dentro di lei.
Demian la prese in braccio è la portò fuori dall'acqua. La ragazza si sarebbe ripresa  presto, ora lui doveva declamare l'incantesimo di memoria. Dalla giacca tirò fuori un foglietto su cui erano scritte a penna delle parole che lesse in velocità. Attorno a Deborah si sviluppò una veloce luce bluastra. La rivestì e poi spense le candele, tanto ci vedeva benissimo anche al buio: la portò in macchina e se ne ritornò a Trieste soddisfatto.
Lei si risvegliò che erano già in Costiera.
"Ben svegliata." Le disse lui ridendo.
"Dio che impiastro. Scusa, non volevo addormentarti, è solo che...bhe ero un po' stanca." Sussurrò diventando bordeaux.
"Bhe, ci siamo stancati parecchio la dentro, ma sarei felice di rifarlo anche subito." Perfetto, lei non ricordava nulla e Demian sorrise soddisfatto. La cacciatrice sarebbe stata in suo potere.

Monica era ancora sul divano a guardare dei DVD, quando Deborah fece la sua apparizione in salotto.
"Ciao!" Le disse facendola spaventare: non si era accorta che la sua amica non era a dormire.
"Che ci fai ancora in piedi? Non dovresti essere andata a dormire da un po'?" Monica fece spallucce, mentre metteva in pausa il suo film.
"Lo sai che soffro di insonnia ogni tanto. Oggi è una di quelle notti...sono troppo stressata, questa è la verità. Mi succede sempre quando sono sotto stress e permettermi di dirmi che mi sento piuttosto nervosa in questo periodo." Sospirò, mentre la sua amica si sedeva vicino a lei.
"Sei preoccupata per questi Osservatori che devono arrivare?"
"Tra le varie cose. L'idea di essere testata dopo che sono stata attivata da quanto...due mesi forse? Insomma, è troppo presto."
"Wesley non permetterà che ti facciano del male, tu lo sai questo." Monica la squadrò con un'occhiata profonda, sembrava volesse prendere tempo per rispondere.
"Non ne sono così sicura. In fondo lui è uno di loro." Deborah scosse il capo afflitta.
"Non è vero. Per lui ormai sei importante, io lo so, lo sento! Fidati." Monica sorrise.
”E la tua serata? racconta." Ma la sua amica scosse il capo.
"Te lo racconto domani, stanotte voglio potermela assaporare in privato."
"Ho capito, devo mettermi i tappi per non sentirti. "Deborah diventò rossa in un baleno a quella insinuazione, poi decise che, almeno per lei, era il momento di andare a letto. Stava per alzarsi che sentì la mano di Monica serrarsi sul suo polso. Si girò e la vide con il volto teso e vagamente arrabbiato.
"Ferma lì un attimo." Le alzò il maglioncino e le scostò il lembo del vestito, lasciando Deborah quanto meno imbarazzata...mica Monica ci stava provando vero? Invece no, portò alla luce il segno del suo morso.
"Che cazzo è successo?" La sua voce era stata più acuta di un quarto di riga almeno. Debby si rilassò.
"Nulla, stavo arrivando qui e un vampiro mi ha bloccato su uno dei muri. Ha tentato di bermi, ma sono stata brava a tirare fuori il paletto. I vostri allenamenti mi stanno facendo bene." Monica lasciò il polso dell'amica, vagamente sollevata, ma solo un po'. Quel morso aveva qualcosa di strano, lo sentiva. Ne avrebbe parlato il giorno dopo con Wesley, doveva.
"Come hai fatto a vedere che c'era un morso qui?" Chiese Debby incuriosita.
"L'ho sentito. Wes dice che fa parte del pacchetto Cacciatrice, insieme a sogni profetici, forza sovraumana e vita breve. Yuppie!" finì Monica con scarso entusiasmo.
La cacciatrice riprese la sua maratona CSI e Deborah si infilò a letto. Vicino a lei dormiva Cucciola.
Era felice, Demian le piaceva e già avevano preso accordo per vedersi il giorno dopo... non vedeva l'ora! Si addormentò felice, incurante che il segno del suo morso prendeva a sanguinare.

Da "Il Piccolo"

Inquietante scoperta degli inquirenti: alcune tombe sono state profanate la scorsa notte al cimitero cittadino. La polizia sta rilevando le impronte: la cosa in comune è il ritrovamento di una impronta di una scarpa da ginnastica di numero 37, sempre la stessa. Si sospetta che ci sia una donna a coordinare questi illeciti.

*L'osmizza è un tipo di locale carsico, dove si beve e si mangia piatti tipici della zona. Di solito aprono per la bella stagione, ma ci sono locali detti osmizze che lavorano tutto l'anno, anche se sono da considerarsi più osterie o ristoranti rustici. Di grande effetto sono i salumi e i formaggi da accompagnare alle uova soda, specie sotto Pasqua.

CAPITOLO OTTO

La macchina sfilava veloce tra le curve della Strada Costiera: Wesley guidava assorto verso l'aeroporto di Ronchi dei Legionari. Stava pensando di continuo a l'arrivo del branco degli Osservatori...si preoccupò per  un istante che la sua macchina potesse non contenerli tutti. Pazienza, se ne sarebbero fatti una ragione, mica poteva noleggiare un minibus per loro. Alla sua destra scintillava come un cristallo Swarowsky l'Adriatico: il tempo era improvvisamente mutato. Le nuvole erano state spazzate via da un freddo vento di bora e il sole splendeva freddo nel cielo terso. Le temperature erano crollate a picco da un giorno all'altro. Questi cambiamenti climatici così repentini miravano l'umore del ragazzo, rendendolo più scorbutico di quanto non fosse in realtà.
Maledì per la centesima volta di essere finito in quel posto incugnato tra mare e monti. Eppure, guardando fuori dal finestrino, non poteva non ammettere che la sua selvaggia bellezza lo affascinava, cercava di capire come facessero a coesistere tanti tipi di vegetazione e biomi in pochi chilometri quadrati. Deborah e Monica gli avevano raccontato che sul Carso esistevano profonde voragini, chiamate doline, in cui vi si potevano ritrovare alberi e cespugli che vivevano solo nei monti oltre i mille metri. Per le due ragazze la cosa sembrava assolutamente normale, ma a lui interessava parecchio. Stava pensando che, appena gli osservatori londinesi sarebbero ripartiti, avrebbe chiesto alle due di portarcelo, in modo da fare anche una camminata salutare. In più, leggendo i giornali locali, aveva capito che in quelle zone potevano anche venir praticati riti satanici, quindi era suo sacro dovere andare ad investigare e nel frattempo a farsi una scampagnata. 
Parcheggiò l'auto e si diresse verso la zona arrivi. Aveva chiesto a Monica se volesse accompagnarlo, ma lei, senza neppure rispondergli a parole, lo aveva guardato sdegnosamente e se ne era andata a lavorare. In effetti, pensò Wes, come darle torto: le persone che stavano arrivando l'avrebbero, con tutta probabilità, messa in serio pericolo. Non vedeva come lei potesse essere cordiale con loro, visto che pure con lui, che le voleva bene, era scostante e taciturna. Questo, ovviamente, solo con lui. Dalla sua stanza, dopo le varie ronde, sentiva distintamente il cicaleccio delle chiacchiere di Monica e Deborah. Gli faceva piacere che la sua Cacciatrice avesse questo appiglio di normalità, però non gli andava proprio giù di non essere parte integrante del tutto. Essere esiliato dalla sua vita gli faceva male.
Un passo alla volta, si disse, prima le patatine assieme, le cacce tranquille e poi forse qualche parole gentile.
Venne distratto dai suoi pensieri quando le porte scorrevoli presero ad aprirsi facendo riversare qualche famigliola felice che tornava a casa da una vacanza, il classico broker in giacca e cravatta che già parlava al cellulare e poi loro. Erano solo in due e Wesley si stupì: il Consiglio aveva deciso di fare le cose molto in grande. Quentin Travers e Roger Wyndham-Pryce, suo padre, si fermarono composti davanti a lui.
"Buongiorno Wesley." disse Travers con il suo solito modo impassibile di parlare.
"Buongiorno. Fatto buon viaggio?"
"Discreto, figliolo." Rispose il padre sorridendo.
Wesley li guidò verso l'auto. Si chiese velocemente, se altri fossero in arrivo, magari i ragazzi del reparto speciale, ma non lo chiese, sapeva bene che non gli avrebbero mai risposto. Mise nel bagagliaio le due piccole valigie e tornarono verso Trieste.
"La tua Cacciatrice perchè non è qui?"
"E' andata a lavorare." i due annuirono soddisfatti.
"Su cosa state facendo ricerche?"
"Un po' su tutto...ci sono moltissime nuove specie di demoni che girano per la città. In più stiamo cercando di capire dove sia ubicata realmente la Bocca dell'Inferno: purtroppo le massicce onde maligne correlate impediscono la formulazione esatta dell'incantesimo di ricerca." Wesley si era aspettato quella sfilza di domande e quindi si era preparato per bene, in modo da non incappare in un errore banale.
"Quindi Monica adesso è alla ricerca di...?" Chiese suo padre curioso.
"Di niente. E' a lavorare...in negozio." Le facce orripilate dei due londinesi gli fecero capire che non avevano del tutto capito l'autonomia che si era ritagliata Monica nella sua vita di cacciatrice.
"E tu permetti che lei lavori?" Urlò quasi Travers, dimenticandosi per un attimo le buone maniere.
"Diciamo che è un buon compromesso in modo tale che lavori anche di notte." rispose Wesley. Capiva la reazione scioccata dei due e quindi sospirò "Cercate di capire, signori, che non abbiamo a che fare con una ragazzina di sedici anni, quella che abbiamo davanti è una donna ben che matura. Prima che arrivassi qui, lei viveva da sola già da qualche mese, insieme alla sua amica, si intende. Lavora da molto, quindi non posso dirle di abbandonare tutto, altrimenti non saprebbe come sopravvivere."
"Questo è inaudito. La Cacciatrice dovrebbe pensare solo alla missione, tutto il resto non conta." Disse suo padre dal sedile posteriore.
Wesley non rispose: era inutile spiegargli cose che andavano contro il loro normale modo di vedere, non ci avrebbero capito un piffero. Vecchia scuola, pensò.
Arrivarono a casa che non c'era ancora nessuno: Monica e Debby rincasavano per pranzo assieme, verso l'una e mezza, quindi lui aveva un po' di tempo a disposizione per mostrare i tabulati delle cacce effettuate e delle varie ricerche in atto, le armi che tenevano al piano terra e i vari allenamenti che aveva proposto a Monica. I due sembravano stranamente sorpresi da quanto lui aveva ottenuto in quei pochi mesi di lavoro.
"Avete lavorato parecchio. Questa Cacciatrice non deve essere così male come sembra."
"Monica è molto brava." Rispose stizzito Wesley, attirandosi gli sguardi indagatori di Travers e suo padre. Arrossì suo malgrado...non gli piaceva essere al centro dell'attenzione, non importa se di due vecchi come loro.
"Wes, tu sai che ci sono delle regole all'interno del Consiglio, vero?" domandò Travers. Wesley lo sapeva bene, quella non era una semplice domanda, era una accusa bella e buona.
"Sì, lo so." Rispose sicuro, così da terminare lì quella parte di discorso.
"Bene, perchè non vorremmo dover prendere contromisure spiacevoli."

Monica e Deborah, nel frattempo, stavano sgomitando per poter salire sul bus stracolmo di gente. Ne avevano già persi due perchè non ci stavano, non volevano di certo fare il tris. Strette tra le persone e la porta, tornarono a casa.
"Come è andata oggi?" chiese Debby.
"Bene, non è venuto praticamente nessuno, ho dovuto fare solo qualche lavoretto di ufficio, poi mi sono permessa di scrivere un bel po'."
"Ottimo...così poi io leggo....Senti un po', come stai sul serio...cioè, oggi non arrivano i tipi di Londra?" Monica sospirò pesantemente, ma evitò di rispondere fino a quando non scesero alla loro fermata.
"Sono molto preoccupata. Ho paura di non essere all'altezza di quello che vorranno farmi. Ho paura che la prova a cui mi testeranno sarà così difficile che non ne uscirò viva. E, conoscendo la mia fortuna, oltre ai tipi del Consiglio, arriverà per battersi con me il più grosso bastardo di tutta Trieste." Scosse la testa calciando una lattina sformata. "Potrei morire sul serio...ci pensi? Molto spesso mi sono chiesta cosa avrei provato in quel momento, o se la mia dipartita fosse stata lenta che avrei detto e fatto...pensieri normali, credo, specie quando si ha una personalità tendente facile alla depressione come ho io. Però ora il rischio è terribilmente più reale. E' vero che tutti devono morire prima o poi, ma questo non significa che uno ci deve andare incontro alla morte a braccia aperte e mi sembra che sarà quello che farò io oggi o domani o quando cavolo questi tizi vorranno testarmi." Deborah la guardava con gli occhi lucidi e preoccupati. "Ehy, non piangere, stai tranquilla, in un modo o nell'altro cercherò di cavarmela, non è quello che faccio sempre? Vivere perennemente sulla lama di un rasoio sperando di non affettarmi. Qualcosa inventerò."
"Io non capisco come fai ad essere così calma...fossi in te starei già tremando come una foglia." Rispose l'amica.
"Aspetta che arrivi il momento...sarà già tanto se riuscirò a tenere in mano un paletto." E rise, quasi a voler esorcizzare le sue paure. Si assaporò il sole direttamente sul viso sperando di riuscire a scaldarsi almeno un po'.
Aprirono la porta sorridendo, in fondo era inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta, e mentre Deborah accoglieva tra le sue braccia una festosa Cucciola, Monica si bloccò vedendo due nuove persone vicino a Wesley.
"La Cacciatrice, suppongo." Disse il primo, un uomo dal volto tondo, con una barba bianca e una specie di chierica monacale in testa. Lo sguardo freddo la stava analizzando, come per capire se lei fosse degna di ricoprire quel ruolo. Indossava un elegante completo scuro.
L'altro uomo era ancora più basso del primo, però aveva i capelli folti ed ancora scuri, nonostante l'età. Capì immediatamente che quello era il padre di Wesley, aveva gli stessi occhi del figlio, solo molto più freddi e disinteressati nei suoi confronti.
"Sì, sono io." Rispose lei tendendo la mano, senza che le venisse ripresa.
"Sei proprio vecchia." Fece il secondo e Monica lo guardò male, mentre Wesley si metteva le mani in faccia per la vergogna.
"E' da un po' che lei non si mette in relazione con una donna, vero? Queste non sono cose molto carine da dire ad una ragazza. "
"Forse no, ma sono fondamentali per noi." Ribattè il primo. "Io sono Quentin Travers, capo degli Osservatori del Consiglio, mentre lui è Roger Wyndham-Pryce."
"Wes, è arrivato il papy!" Esclamò Monica rivolta al suo osservatore, in italiano.
"Signorina, non siamo qui per scherzare, ma per testare le sue capacità." Disse Travers serio e Monica lo fissò. Wesley già percepiva la famigliare sensazione di rabbia che lei emanava, ma volle fare un po' la carogna ed evitò di dire alcunché ai suoi due superiori: che se la sorbissero loro, per questa volta.
"Io non sto scherzando, signor Travers, io sono serissima. Qui ne va della mia vita, non della vostra." Rispose dura lei, poi prese a salire le scale.
"Dove sta andando?"
"A pranzo." E sbattè la porta violentemente, tanto che i vetri delle finestre tintinnarono pericolosamente. Deborah la seguì immediatamente sotto gli sguardi inquisitori dei due nuovi arrivati che si girarono verso Wesley piuttosto seccati.
"Quella ragazza è terribile." Disse suo padre "Non il minimo senso del dovere. Lavora, vive con una ragazza che sa e non si ferma con noi a parlare del suo futuro. Non ti ho insegnato nulla?"
"Papà, mi hai insegnato molte cose, ma non possono essere adattate a una come lei....voi non capite."
"Certo che capiamo, non ce la fai a gestirla." Concluse Travers.
"NO! Io e lei abbiamo raggiunto un buon livello di comprensione. E' una brava ragazza ed è una brava Cacciatrice, dovete solo darle un po' di fiducia." Ma i due osservatori Senior non sembravano del suo stesso parere.
"Invece, io credo che tu sia troppo accecato dall'affetto che provi per lei per accorgerti di quanto pericolosa sia." E detto questo Travers uscì "Ci vediamo questa sera, Wesley, io e tuo padre dobbiamo discutere."
Wes, salendo le scale per raggiungere le sue coinquiline, diede un forte pugno alla ringhiera facendola traballare. Dentro al secondo piano, le sentì parlare.
"Neppure mi hanno chiesto come mi chiamo. La cacciatrice, suppongo." Stava dicendo Monica cercando di imitare Travers e Wes sorrise. "Sono stata nella stessa stanza con loro per meno di due minuti e già non li sopporto!" Sbraitò buttando la pasta a cucinare. "E tu mangi con noi?" Debby rimase sorpresa, non aveva sentito entrare Wesley ed era sicura che Monica non lo avesse visto, dato che lui se ne stava in disparte apposta.
"Se ce posto, volentieri." Rispose lui per nulla stupito. Si sedette al suo posto e si mise a sbocconcellare del pane fresco portato da Deborah.
"Hai capito con chi abbiamo a che fare?" Monica si girò e lo guardò fisso negli occhi, stupendosi ancora una volta di quanto azzurri fossero.
"Vorrai dire con chi io ho a che fare." Wesley scosse il capo.
"No, noi abbiamo a che fare, Monica. Siamo una squadra io e te."
"E me!" Si intromise Debby facendo sorridere entrambi i suoi amici.
"Quello che dovrai fare tu, lo dovrò fare io. Io sono il tuo aiuto, lo capisci?" Lei annuì.
"Ma sarà con la mia vita che giocheranno, non con la tua. Tu sei uno di loro, io dovrò pensare solo a me stessa."
"Vero, ma noi ti aiuteremo, tesoro, faremo di tutto perchè tu ne possa uscire tutta intera." Concluse Deborah abbracciandola e Monica si lasciò andare rispondendo all'abbraccio.
"Lo sai che tuo padre è veramente uno stronzo? Mi ha dato della vecchia!" sbottò Monica mentre serviva in tavola. "Non è giusto, ho solo venticinque anni!!"
"Lascia stare...non ha mai avuto molto tatto con la gente." Rispose Wes mentre si metteva in bocca una forchettata di fusilli.
Tacitamente lasciarono tutti perdere il discorso, in modo da potersi gustare al meglio il pranzo.

Quella sera, alla ronda, si erano uniti anche Travers e Pryce senior. Monica aveva intimato Wesley di tenerglieli lontano il più possibile, o la sua orticaria alle mani sarebbe aumentata così tanto che non si sarebbe trattenuta a colpirli. In macchina avevano sparato giudizi lapidari sul suo comportamento, ma a lei aveva evitato di rispondere. Non riuscì a stare zitta quando, tra un impalettamento e l'altro, criticarono la presenza di Deborah nella stessa casa e il fatto che lei lavorasse. In quel momento li aveva fulminati.
"Sentite, mi pagate voi l'affitto? Le bollette? E tutte le altre belle cose? Io ho bisogno di un lavoro, ci arrivate o no? Se mi dite che da adesso in poi per fare la Cacciatrice mi pagate un onesto salario, allora mollo il negozio e mi dedico solo a questo, ma pretendo ferie e malattia pagate!" La guardarono come se avesse detto che il cielo fosse di zucchero e le nuvole di panna.
"Nessuna Cacciatrice è mai stata pagata, non cominceremo sicuramente da te." Disse Roger.
"Allora continuerò a lavorare di giorno." In quel momento era apparso un demone Fyral e lei, con poche e collaudate mosse, lo decapitò, facendo spandere liquidi paralizzanti un po' ovunque. I due avevano guardato Wesley come per chiedergli qualcosa, ma lui fece spallucce e alzò gli scoccò uno sguardo malizioso: non sapeva perchè, ma gongolava del fatto che suo padre e Travers si trovassero in apparente difficoltà contro Monica, non voleva dargli nessun aiuto o appoggio.
Continuarono a discutere fino a quando non si trovarono in uno spiazzo: lì c'erano le tombe fresche, quelle dei morti più recenti, però Monica non sembrava molto interessata a quelle, quanto a qualcosa verso la piccola cappella del cimitero. Prese lentamente ad avvicinarsi, con Wesley che la tallonava proteggendole le spalle.. Dall'ombra provenì un ringhio basso e rimbombante, come se ci fosse più di un vampiro, perchè Monica sapeva che erano vampiri quelli che si celavano là dietro.  Tirò fuori il suo fedele paletto, quello che Debby le aveva affilato poche ore prima perchè fosse più letale possibile. Wesley inforcò una freccia sulla sua fedele balestra. Quando il branco attaccò, cercando di prenderli sul lato, Cacciatrice e Osservatore, si misero uno spalle all'altra e iniziarono la battaglia. Lentamente, ma inesorabilmente, i vampiri furono polvere. Monica aveva passato al ragazzo un lungo coltello dalla lama ricurva, con cui Wesley riuscì a tagliare alcune teste, mentre lei, a suon di pugni e calci, li finiva con il paletto.
"Possiamo andare, credo." Disse Monica tirandosi via la polvere dai vestiti.
"Ottimo lavoro." La elogiò Wes e lei gli sorrise. Wes si chiese se il mondo stesse per finire, visto quello slancio di dolcezza che lei gli aveva riservato, ma non disse nulla.
Il viaggio di ritorno fu più silenzioso: i due Londinesi stavano pensando ed immagazzinando quello che avevano visto al cimitero. Lei si muoveva bene, questo era indubbio e non tutto il merito andava a Wesley, c'era qualcosa in Monica che la faceva scattare prima degli altri, qualcosa che la faceva diventare una vera Cacciatrice, almeno di questo Travers era sicuro. Come l'aveva vista puntare alla cripta, prima che i vampiri si facessero sotto, aveva intuito che la scelta non era caduta a caso, c'era stata una certa premeditazione da parte dei Poteri che Sono.. Il suo vero problema era la disciplina: Wesley era stato bravo, l'aveva allenata bene, ma non riusciva a trattenerla, lei era troppo esuberante. Sarebbe servito qualcuno che avesse più polso e, soprattutto, che fosse meno giovane di lui. C'era un motivo se gli osservatori erano sempre più vecchi delle Cacciatrici, solo che, con lei che aveva superato la ventina, questa differenza si assottigliava. Se la ragazza fosse sopravvissuta al test, sarebbe stato necessario togliere a Wesley il suo ruolo.
"Ok, io torno subito, porto loro in hotel." Disse Wesley a Monica, mentre lei scendeva dalla macchina. La ragazza annuì con un piccolo cenno del capo e camminò vero il piccolo molo lì vicino. Non si prese neppure la briga di salutare gli altri. Di solito non era una maleducata, l'educazione l'aveva imparata da tempo, ma non riusciva ad essere gentile con quei freddi inglesi.
Guardò il mare scuro, fissando un piccolo punto luminoso illuminato in mezzo all'acqua. Non si vedeva bene, ma lei sapeva che era il castello di Miramare. Sorrise e le venne un'idea: ci avrebbe portato Wesley quella domenica. Non riusciva a capire perchè, ma era una cosa che sentiva di dover fare, forse per poter avvicinarsi ancora un po' a lui. Aveva capito che ormai si era instaurata una certa complicità, grazie anche alle notti passate assieme a cacciare. Per una volta voleva fare qualcosa con lui, ma alla luce del sole.
Respirò a pieni polmoni l'aria salmastra della notte, sentendosi per un istante completamente libera come non lo era da mesi.
Poi si girò, paletto sguainato e senza neppure guardare, lo infilò nel cuore di un vampiro che, senza un solo gemito, esplose in una cascata di polvere. Il secondo che stava cercando di attaccarla, seguì la stessa sorte del primo, riuscendo, però a scambiare due colpi con lei.
"Kamikaze..." Sussurrò lei guardando quello che restava dei suoi avversari.
Un applauso dalle tenebre le fece rizzare tutti i capelli in testa. Vide apparire sotto un lampione un ragazzo, ovviamente un vampiro, sentiva la sua oscurità come se stesse urlando a pieni polmoni. Alto, slanciato, dalla muscolatura felina, capelli biondi e leggermente riccioluti e sorriso maligno dipinto sulle labbra. La stava guardando con ammirazione, pensò Monica, e, ovviamente, con odio, ma a questo ci era assai abituata dai vampiri.
"Che vuoi?" Gli chiese "Una morte rapida come i tuoi compagni?" Lui rise e l'effetto fu devastante in lei. Risata bassa, roca, fatta per sedurre di certo, eppure fredda e carica di promesse. Un brivido di paura le partì dal collo per arrivare all'alluce del piede. Quello che aveva davanti non era un novellino fresco di tomba, era uno abituato alla vita eterna, era un Master, lei se lo sentiva fin dentro alle ossa.
"Non credo che riusciresti a polverizzarmi, anche se sei sulla buona strada. Pensavo di trovarmi davanti ad una ragazzina sfigata, invece sei una tosta...bene, ho fatto la scelta giusta."
"Chi sei?" domandò Monica .
"Al momento giusto lo saprai....adesso mi servi tutta concentrata con gli Osservatori...brutta gente, vero?" Lei non potè evitare un sorriso. "Sì, ne ho visti parecchi nella mia vita...un branco di scocciatori, ma il tuo non sembra male. Te lo sei già scopato?" Che domanda piena di tatto, si disse Monica. "Non vuoi rispondere? Sei timida?" Rise di nuovo sotto lo sguardo attento di lei. "Volevo solo vederti da vicino, niente di che, ma la prossima volta parleremo meglio." Si voltò per andarsene da dove era venuto, non senza lanciarle un'ultima frecciata. "E salutami la tua amica Rossa..."
Per Monica fu come ricevere una scossa: quel tizio conosceva Deborah...Prese a correre verso casa. 'Ti prego, fa che non la trovi dissanguata. Fa che non abbia fatto entrare nessuno." Spalancò il portone del magazzino e salì le scale ignorando Spike che miagolava a tutto spiano. Entrò nel salotto e vide Deborah distesa con gli occhi chiusi davanti alla TV. Le pareva che ogni suo muscolo si fosse congelato nel vederla così...non poteva essere morta...
"Debby!" Urlò con tutta la voce che aveva in gola e la sua amica fece un salto sul divano, come se le fosse stata gettata una secchiata d'acqua.
"Che hai da urlare?" Monica riprese a respirare di nuovo.
"Niente, volevo farti uno scherzo." Tentò di dirle. Non voleva farla preoccupare. Il fatto che quel vampiro la conoscesse, non voleva dire nulla: poteva anche averle spiate mentre uscivano assieme la sera. "Vado a farmi una doccia." E si chiuse in bagno sotto lo sguardo indagatore della sua amica. Sentì Wesley rientrare e ne fu rinfrancata. Lasciò che l'acqua la scaldasse, aveva ancora freddo per la paura che si era presa poco prima.
Quando andò a buttarsi a letto, prese Spike che ancora miagolava e la strinse a se cercando conforto per la sua vita, grazie a quella piccola palla di pelo nero.
Spike le leccò via qualche lacrima silenziosa.

Da "Il Corriere della Sera"

Continuano le misteriose sparizioni nella città di Trieste. Ormai da giorni almeno una persona non rientra nella propria abitazione. Intere famiglie, impaurite, lasciano la città, che pian piano sta diventando deserta. Gravissimi i danni all'economia locale. Il Governatore della Regione chiede aiuto allo Stato.

 

CAPITOLO NOVE

Monica amava il sabato: lavorava solo di mattina e il pomeriggio lo passava a poltrire a casa facendo tutte quelle cose che durante la settimana le erano proibite. Davanti allo schermo del pc dell'ufficio, aspettava impazientemente lo scadere delle ore da passare lì. Ormai mancava meno di mezz'ora, nessun cliente all'orizzonte e il sole splendeva alto. Perfetto, il suo morale si stava alzando.
Si era aspettata il test degli osservatori da un momento all'altro, ma da quel fronte tutto taceva. Wesley sembrava piuttosto nervoso, probabilmente perchè non sapeva niente di quello che suo padre e Travers avessero in mente per lei. Monica sperava solo che non fosse troppo difficile, ma non ci faceva molto affidamento, visto i trascorsi del Consiglio.
In quel mentre la porta del negozio si aprì e Monica andò incontro ai clienti, rimanendo di sale alla loro vista:
"Che ci fate qui?" Travers la stava squadrando.
"Il tuo lavoro è una cosa a cui tieni tanto...volevamo capire che cosa facevi e il modo con cui lo integri alle cacce."
"Forse sono le cacce che integrano il mio lavoro e non il contrario, signore."
"Vendere porte e finestre ti gratifica?" Chiese Roger.
"Mi permette di sopravvivere, è diverso. Se volessi un lavoro gratificante ora starei a fare la pasticcera, tuttalpiù, la biologa. Però mi permette di vivere da sola e di essere indipendente. E poi mi piace come lavoro." Monica strappò dalle mani di Travers un pacchetto di fiammiferi che aveva preso per accendersi una pipa. "Qui è vietato fumare." Disse indicando un cartello sul muro, mettendosi in tasca i cerini.
"Volevamo dirle che questo pomeriggio inizia il suo test. Ci sembrava simpatico farglielo presente. "I due uscirono dal negozio lasciando una Monica debitamente infuriata.
"Bel modo per rovinarti la giornata." Borbottò lei rivolta alla porta. In pratica la volevano avvisare della sua morte certa.
Tornò alla scrivania e prese un foglio bianco ed iniziò a scrivere. Solo quando non ci fu più posto, lo siglò con una firma e lo mise in una busta bianca.
Vide che era ora di chiudere bottega e si avviò verso la fermata del bus, così da incontrare la sua amica. Peccato che lei avesse quella prova, Deborah aveva pure il pomeriggio libero, avevano progettato di fare una capatina in centro per del sano shopping...pazienza, se me la cavo ci andremo la prossima settimana, pensò mentre la vedeva da lontano, inconfondibile con la sua cascata di capelli rossi che brillavano al sole.
"Ciao!" Disse abbracciandola come sempre. "Andata bene oggi?"
"Sì, fino a quando non sono arrivati i due uccelli del malaugurio." E le raccontò dell'incontro con gli Osservatori.
"Che farai?"
"Aspetterò e pregherò. Strano, non ho mai creduto in Dio e adesso mi ritrovo a non sapere come e a chi pregare. Mah...Farò di testa mia." Analizzò Monica assorta. Provò una piccola fitta di nostalgia guardando il cielo azzurro. C'erano un sacco di cose che ancora non aveva fatto nella sua vita e che lei aveva progettato di fare in tempi brevi: trovarsi un ragazzo da amare, leggere il settimo Harry Potter, un viaggio in Irlanda per andare al concerto degli U2...cose di questo genere, e ora il tutto poteva terminare di lì a poche ore. Lo trovò estremamente ingiusto. Specie riguardo al concerto degli U2!
A casa non c'era nessuno ad aspettarle e la cosa era di per se piuttosto strana: di solito Wesley si premuniva di preparare un piatto di pasta e la tavola, invece di lui neppure l'ombra.
"Forse è dovuto andare con i suoi compatrioti...Dovrà istituire il test." buttò lì Monica come se la cosa non le interessasse...invece le interessava eccome: Wes conosceva tutto di lei come Cacciatrice, avrebbe potuto dire ai tizi i suoi più reconditi punti deboli. Un brivido lungo la schiena la raffreddò del tutto.
"Secondo me sta cercando di tenerli buoni...in fondo fino ad ora non è mai stato interpellato. Fidati di lui, Monica." Guardò Debby che le sorrideva e pensò che, forse, non aveva tutti i torti, Wesley meritava un minimo di fiducia, visto il lavoro enorme che stava facendo con lei.
Mangiarono ascoltando musica e chiacchierando: tacitamente avevano deciso di evitare di parlare dell'imminente prova che stava sopraggiungendo, in modo da fingere che tutto stesse andando per il meglio e che sempre sarebbe andata così.
Incapace di stare ferma e nervosa come poche volte le era successo in vita sua, Monica passò il primo pomeriggio ad allenarsi contro un sacco di sabbia che si trovava al piano terra di casa sua. Non si capacitava del fatto che Wesley non fosse ancora tornato a casa e, anzi, non rispondesse neppure al cellulare che suonava a vuoto. Quando decise che era ora di mettersi un paio di scarpe comode ed andare a farsi una bella corsa lungo il molo, fecero la loro comparsa Travers e Pryce senior che la guardavano soddisfatti.
"Già al lavoro? Bene." Monica notò subito che Wesley non era con loro. Dal piano di sotto fece capolino Deborah, seguita a ruota da Cucciola e Spike. Entrambi gli animali, come se capissero la serietà e l'antipatia che regnava nella stanza, presero a ringhiare e soffiare contro gli stranieri.
"Sono pronta. Mi date voi carta e penna siglate?" Chiese sarcastica, ma i due non colsero o fecero finta di non cogliere.
"Dov'è Wes?" domandò dalla scala Deborah, già piuttosto pallida visto quello che sarebbe successo di lì a poco. "Non era con voi?"
"Sì, era con noi. Adesso non è qui."
"Bella scoperta Hercule!" Fece Monica sprezzante. "Dove sta?"
"Dovrai scoprirlo tu." Fece Roger dal suo angolo, per poi lasciare la parola al suo capo.
"La Cacciatrice salva gli innocenti, tu questo lo dovresti sapere. Wes è un innocente e lo dovrai salvare da...una brutta situazione." Rispose enigmatico Travers. Vedeva bene che Monica stava ribollendo di rabbia...bene, quella sarebbe stata una buona forza da usare.
"Dove?"
"Devi trovarlo tu, ma, un consiglio, ti conviene trovarlo prima del tramonto. "Capì immediatamente che il suo Osservatore era stato portato in un presunto covo di vampiri. Sentì come se un fiume di ghiaccio si fosse riversato in lei.
"Siete dei bastardi." mormorò.
"No, è un buon modo per testare al meglio le tue capacità. Ti avvertiamo che non ci saranno solo creature demoniache"
"Volete dirmi che a guardi dell'ostaggio ci sono essere umani? La cosa non mi fermerà."
"Sono innocenti anche loro."
 "No, hanno solo un'anima, ma l'innocenza mi sembra che si sia persa per strada. Non sono meno colpevoli degli eventuali vampiri presenti." Monica avrebbe voluto ucciderli all'istante, ma non aveva tempo da perdere. Non si infilò neppure la giacca, prese solo le chiavi dell'auto, bloccandosi quando vide Deborah che stava per salire con lei.
"Tu resti qui, Debby." Le ordinò
"No, io e te siamo una squadra." Monica la prese in un angolo e la guardò con intensità.
"Ho bisogno di saperti al sicuro. Tieni il cellulare sotto mano e fai da ombra ai due tipi. Se scopri qualcosa, mandami un messaggio o chiamami." Poi le porse la busta bianca che aveva compilato all'ufficio, deglutendo preoccupata. "Se mi succede qualcosa di brutto, dai questa a mia madre. Saprà tutto quello che mi è successo. C'è una lista di cose che vorrei fossero spartite in caso di....bhe lo sai. Mi fido di te." Disse all'amica che ormai stava piangendo. "Debby, mi raccomando, stai molto attenta."
Andò al baule delle armi e prese una balestra, quella di Wes pensò, qualche paletto e dei pugnali affilati, infilandoli dove capitava.  Uscì dal garage sgommando, dirigendosi verso il cimitero: quello era il luogo più affollato di vampiri e covi in assoluto, le percentuali potevano essere in suo favore. Guidò come una pazza per i vicoli stretti, sperando di trovare qualche indizio della presenza di Wesley, ma nulla. Si fermò davanti al cancello del campo santo.
"Avanti Monica, pensa...come puoi trovare una persona..." Mi mise a respirare pesantemente, il pensiero di Wesley trucidato la faceva stare male. Era vero, gli aveva sputato più e più volte in faccia il suo odio, ma ora...ora lo aveva rivalutato, aveva capito che quel ragazzo era qualcosa di più di uno sterile Osservatore. Si sentì maledettamente colpevole per come lo aveva trattato in quei mesi. No, no, no, non adesso, ci avrebbe pensato più tardi, quando entrambi sarebbero stati sani e salvi spaparanzati sul divano a ridere e mangiare schifezze. Sentiva il suo cuore battere all'impazzata, i nervi tesi dallo sforzo di mantenersi calma per lui.
Guardò il sole che si stava lentamente avvicinando all'orizzonte: aveva poco più di mezz'ora di luce. Chiuse gli occhi e respirò con calma...doveva estraniarsi dal mondo, far uscire la vera Cacciatrice che c'era in lei, usare il suo istinto. In quel momento lei non era più seduta in macchina, attorno a lei non c'erano decine di auto che sfilavano veloci, non c'era nessuna vecchietta che la guardava con curiosità. No, c'era soltanto il vuoto. Si sentiva come quando era piccola e si gettava dallo scoglio più alto per tuffarsi a mare. Era come essere circondata da ettolitri d'acqua che la facevano sentire sicura... e lì sentì una flebile traccia. Come quel giorno all'hotel, ormai aveva capito dove si trovava Wes, o, almeno, la direzione giusta. Euforica aprì gli occhi ritrovandosi davanti una signora dall'aria anziana che la guardava preoccupata.
"Tuto ben putela?" le chiese e lei sorrise.
"Ora sì. Ah signora, fossi in lei non girerei da queste parti con il buio. Torni a casa in fretta." Mise in moto l'auto avviandosi verso il rione di Servola, sede della locale Ferriera. L'odore acre del fumo che si levava dall'impianto le fece capire di essere arrivata dove voleva essere. Si domandò che razza di vampiri depressi potessero vivere in quei magazzini. C'erano state molte lotte sulla ferriera, sia da parte dei lavoratori che rischiavano il licenziamento o la cassa integrazione, che da parte dei cittadini locali, che non ce la facevano a sopportare più i cattivi odori e le polveri nere che provenivano dal carbone utilizzato per la produzione del prezioso materiale. Ma Monica a tutto questo non pensava, era il momento di rimettersi a sentire la presenza di Wesley. Questa volta fu molto più facile, lo percepì quasi subito: sgommò senza paura verso il mostro d'acciaio davanti a lei. Da una ciminiera proveniva un enorme sbuffo bianco, segno che stavano usando acqua per raffreddare i congegni; un camion svuotava il suo carico nero in un magazzino apposito, e decine di rottami venivano trasportati grazie ad una funivia meccanica, verso l'altoforno.
Mise da parte il solito senso di depressione che provava ogni volta che vedeva la ferriera e puntò ad un vecchio magazzino in disuso. Da lontano poteva già vedere le finestre rotte, le erbacce alte ed un moderno furgoncino nero davanti alla porta. Appoggiati su di esso, stavano due uomini armati, vestiti completamente di nero, a fumare una sigaretta. Due temibili fucili facevano mostra di sè lì vicino. Sembravano i classici poliziotti da irruzione, ma Monica non si lasciò ingannare: erano uomini del consiglio e non si sarebbero fermati davanti a lei. Mise l'ultimo paletto in uno dei passanti dei pantaloni e, a tutta velocità, puntò verso lo spiazzo davanti al magazzino. Frenò facendo fare alla sua bella macchina rossa, mezzo giro su se stessa. Vide con soddisfazione che i due erano rimasti piuttosto sorpresi da quella sua entrata. Uscì dall'auto come una furia, stendendo il primo con un calcio diretto alle palle e il secondo tirandogli un pugno sul naso che lo fece sanguinare copiosamente. Monica non si fece il minimo scrupolo ad usare tutta la forza che aveva in corpo. Li mise a nanna con due sonori pugni e andò verso la porta. La sfondò con un calcio degno di Bruce Lee e si complimentò con se stessa per l'entrata ad effetto che era riuscita a creare.
Si trovò davanti ad un ambiente del tutto deserto, polvere era posata ovunque, pezzi di vetri erano sparsi per tutto il pavimento. Sentì che l'acqua ancora scorreva nei vecchi tubi e che faceva piuttosto caldo, segno che c'era pure il gas per il riscaldamento, idem per la luce elettrica. Però, pensò, questi vampiri si trattano bene. Poi vide Wesley: era seduto su una sedia praticamente nel mezzo del salone, legato come un salame e pesto di botte...Monica capì che non si era prestato volontariamente a quella sceneggiata, ma che lo avevano portato lì a forza. Questo la fece arrabbiare ancora di più.
Schivò il primo uomo che aveva tentato di atterrarla, poi con un calcio gli fece perdere il fucile dalle mani, gli prese le dita e senza remore gliele spezzò con un gesto secco. Le urla si sparsero per tutta la stanza. Monica vide che Wesley si era ripreso e la guardava con occhi sgranati, ematomi permettendo. Si permise di perdere un secondo per lanciargli un sorriso di rassicurazione che lui ricambiò.
Le ultime due guardie che erano rimaste, stavano soppesando l'idea di darsela a gambe, ma il loro senso del dovere li fece almeno provare ad attaccarla. Niente da fare, Monica quella sera era una furia e non si sarebbe lasciata impietosire da nessuno, men che meno dagli uomini del consiglio.
Nel frattempo, a chilometri di distanza, Travers e Pryce senior, stavano osservando la scena impassibili, grazie ad un piccolo monitor collegato a delle telecamere debitamente piazzate.
"Si muove bene." Analizzò Roger.
"Sì, ha un buon potenziale."
"Voi siete dei pazzi! Come potete lasciare che accada questo?" Urlò Deborah che continuava a spiarli, ma loro la guardarono e non le risposero. Quella ragazza non poteva capire.
Intanto Monica aveva steso anche le due guardie rimaste. Fino a quel momento era andato tutto bene e rilasciò un sospiro di sollievo. Andò da Wes e iniziò a tagliare le corde cercando di fare più veloce possibile. Gli tolse la benda che aveva nella bocca e cercò di tirarlo su.
"Non lo sapevo.." Le sussurrò lui all'orecchio.
"Shhhh stai buono, lo so, si capisce da come sei ridotto."
"Ci sono vampiri..."
"Lo so, li sento." E come a voler dare ragione alle loro parole, dall'oscurità nascente emersero decine di ringhi. Ad entrambi sembrò di essere in una ghiacciaia. Si voltarono lentamente, Wes ancora appoggiato a Monica per sostenersi. Davanti a loro un branco di vampiri già in assetto da caccia.
"L'odore del mio sangue li ha fatti svegliare prima." Disse Wes debitamente preoccupato.
"Fa nulla. Ce la fai a reggerti in piedi da solo?" Gli domandò lei, mentre contava contro quanti avversari si sarebbe dovuta battere. Erano più di venti, non si era mai trovata davanti ad una potenza di fuoco così grande...e ne venivano fuori dei nuovi. Gemette frustrata. Wes riuscì a stare in piedi, magari con un equilibrio leggermente precario, ma poteva essere utile. "Ottimo!" fece lei: gli passò la sua fedele balestra con le frecce, due paletti ed un coltello...meglio premunirsi, non si sa mai. Lei prese in mano il Debby-Paletto, quello che la sua amica puntualmente affilava e si mise in posizione di difesa, spalla a spalla con Wesley.
Il ragazzo si maledì per la facilità con cui era caduto nella trappola di Travers: suo padre lo aveva chiamato per parlargli della prova e lui si era fidato ciecamente. Scacciò quel deprecabile senso di odio verso il genitore e si concentrò solo sulla lotta.
"Guarda, guarda, la Cacciatrice è venuta a cena." Li sbeffeggiò uno, il capo, sembrava. "Sei stata molto gentile ad offrirti spontaneamente." Monica non rispose, voleva conservare fiato e forze per il dopo. Stava considerando un modo per uscire in fretta da lì, ma tra loro e la porta c'erano almeno cinque vampiri. Si prospettava una bella impresa. Adesso doveva solo pensare a come far iniziare quella bolgia mettendosi in vantaggio: non aveva neppure iniziato a farlo, che uno dei demoni davanti a lei diventò polvere, grazie ad una freccia scoccata da Wes.
"Hey, chi è il capo tra i due?" Domandò Monica guardandolo. Le fece pena: per la prima volta nello sguardo del suo osservatore c'era una durezza derivata dalla rabbia che lei conosceva molto bene. Scosse il capo e guardò quelli che restavano.
"Meno uno, stronzo! E non ho neppure iniziato."
Cominciò la lotta, dura, serrata e polverosa, dato che, nonostante fossero in molti, erano piuttosto deboli, segno che erano stati generati da poco. Monica ringraziò il cielo per almeno quella piccola misericordia. Wesley, con difficoltà, tentava di aiutare la ragazza, ma stava soccombendo nella lotta contro tre vampiri affamati: quando Monica lo vide, polverizzò in fretta i suoi due avversari e si gettò su quelli del ragazzo, liberandolo. Guardò fuori dalla finestra: ormai anche il più piccolo raggio di sole era scomparso, la notte incombeva su di loro. Anche se fossero usciti di lì, non sarebbero riusciti ad arrivare in macchina senza essere raggiunti. Doveva eliminarli lì, ma come? Nonostante molti di loro fossero diventati polvere, ce n'erano ancora tanti che li guardavano famelici: occorreva qualcosa di grosso che li eliminassero tutti assieme, ma cosa?
'Pensa, Monica, pensa..." Ma nel suo cervello c'era il vuoto. Sfiorò con le dita la mano calda di Wes che era di fianco a lei e lo guardò: il volto tirato, sanguinante e sporco lo rendevano quasi affascianante. Sorrise: non era quello il momento di pensare a quanto carino fosse il suo osservatore, ma non gli era venuto in mente niente altro. Mise la mano in tasca per prendere l'ultimo paletto, ma la trovò desolatamente vuota. Anzi...non era proprio vuoto, c'era una piccola scatolina... Un flash le passò per la mente "Qui non si può fumare." Guardò i vari tubi che scorrevano a vista sul muro e sorrise, trovando un piano adatto.
"Ti fidi di me, Wesley?" Lui si girò e la guardò: le stava donando un bel sorriso, uno di quelli che di solito lasciava a Deborah o a Spike. Gli si scaldò il cuore e annuì. "Bene. Arretra verso il muro."
"Così saremo in trappola."
"No, tranquillo." Con lentezza presero a scivolare verso il muro dietro di loro. Erano a pochi metri dalla porta, bastava una leggera corsa, pensò lui. Monica prese il pugnale preferito di Deborah, quello che avevano comprato assieme: aveva l'elsa fatta in modo che l'indice tenesse ferma la lama e il colpo fosse sferrato come se bisognasse tirare un cazzotto. La lama era affilata, solo leggermente sporca di polveri vampiriche e la passò a Wesley.
"Appena te lo dico, taglia i tubi blu." Gli sussurrò piano, mentre si passava la manica della felpa sullo zigomo, sperando di far smettere quella fastidiosa fuoriuscita di sangue e per trarre in inganno gli avversari. Lui annuì con gli occhi e attese.
Monica contò mentalmente fino a dieci, prendendo lentamente la scatolina dalla tasca.
"Che c'è? Siete preoccupati?" Li sfottè uno "Fate bene ad averne, perchè la vostra sarà una morte lenta."
Monica e Wesley non risposero, poi lei fu attratta da uno strano movimento sopra di loro: c'era una telecamera che puntava l'obiettivo su di lei:
"Il consiglio l'ha piazzata lì per vedere come te la cavavi." Le disse Wes comprendendo la sua domanda ancora prima che la facesse. Lei sorrise allo zoom e alzò una mano sfoderando un bellissimo dito medio all'attenzione dei due Osservatori che da casa sua la stavano spiando.
"Ora!" urlò a Wes, che si affrettò ad ubbidire, capendo un secondo dopo l'idea della ragazza: i tubi blu erano in gomma, di quelli che si usavano per far passare il metano. Poco costosi e  inerti ai gas in generale. Cominciò a spandersi un terribile odore per tutta la stanza e Monica prese Wes per un braccio correndo verso la porta. Pregò tutti gli dei che conosceva per poter uscire di lì senza ostacoli: quando il ragazzo fu fuori, lei si girò verso i vampiri che la stavano raggiungendo e prese dalla scatola tutti i cerini che c'erano, accendendoli con un gesto secco per poi lanciarli lontano. Chiuse la porta sprangandola con un cassonetto che c'era lì a fianco e riuscì a vedere, con la coda dell'occhio, le fiamme che alte si stavano sviluppando all'interno.  Alcuni vampiri già bruciavano, altri cercavano di arrivare alle finestre per scappare. Era ora di tagliare la corda anche per lei.
Caricò Wesley di peso sulla macchina, infischiandosene al momento, dei suoi lamenti. Non era messo molto bene, ma non poteva permettersi di rimanere lì troppo tempo: sarebbero anche arrivati i pompieri presto e lei non avrebbe saputo cosa dirgli, quindi sgommò con poca grazia allontanandosi dall'incendio che ormai divampava feroce, grazie anche alle erbe secche e alle fascine di compensato presenti. Non volle guardarsi indietro, non le interessava di vedere gli arrivi dei soccorsi o quanti vampiri fossero sopravvissuti, voleva solo respirare.
Si fermò solo quando fu davanti a casa sua. Il basculante del garage era chiuso e lei non aveva la forza di andare ad aprirlo. Si appoggiò chiudendo gli occhi respirando a pieni polmoni l'aria fredda e salmastra che proveniva dal finestrino aperto: ce l'aveva fatta, era sopravvissuta e aveva fottuto egregiamente il Consiglio. Una leggera euforia si espanse in lei, forse non era così male come si credeva.
Si girò verso Wesley, che, aveva tenuto gli occhi chiusi per tutto il tragitto. Gli prese la mano facendo intrecciare le dita con le sue: ne erano usciti assieme. Lui si riscosse gemendo: non stava per nulla bene.
"Tutto ok, Wes, siamo vivi."
"Sì. Sei stata favolosa, Monica, sul serio."
"Vuoi che andiamo in ospedale?" Lui scosse il capo lentamente.
"Credo di avere solo qualche costola incrinata...o forse rotta. Come lo spieghiamo al pronto soccorso? No, lasciami qui un attimo a riprendermi, poi cerco di entrare dentro." Sussurrò lui. Era senza forza, stremato e dolorante. Monica provò una gran pena, sostituita, subito dopo, da una rabbia incredibile. Uscì dall'auto come una furia per entrare in casa. Tre paia di occhi si girarono verso di lei e solo uno di questi la guardava con gioia e sollievo. Deborah corse ad abbracciarla piangendo: aveva avuto una paura del diavolo guardandola in quel video, ma Monica non stava guardando lei, aveva lo sguardo fisso su Travers e Pryce. Quella che prima era solo rabbia, diventò furia cieca quando fissò gli occhi azzurri di Pryce senior, così simili a quelli del figlio ferito in macchina da farle male. Si sciolse dall'abbraccio dell'amica e prese il primo coltello che trovò appeso al muro, non molto affilato, ma con una bella punta, correndo senza esitazione verso Roger che la guardava con orrore. Non riuscì neppure a spostarsi di un metro, che sentì la mano della ragazza posarsi sul suo petto e portarlo indietro, fino a colpire il muro e poi un dolore lancinante. Monica aveva infilato, con tutta la forza che aveva ancora, la lama nella spalla dell'uomo, da cui uscì immediatamente del sangue fresco.
Pryce urlò, mentre Travers rimaneva fermo a fare da spettatore alla vendetta di Monica. Quando lei girò la lama nella ferita, Debby la chiamò:
"Monica! Monica, basta, ti prego!" Fu solo quella preghiera a farla smettere.
"Come ha potuto fare questo a suo figlio? Me lo spieghi....Me lo spieghi!" Ordinò lei.
"Wesley, per quanto valente, era sacrificabile. In questi giorni abbiamo capito che a te non preme fare le cose per te stessa, ma ti attivi di più quando entrano in gioco fattori emotivi. Abbiamo fatto leva sul tuo sentimento per lui." La voce di Travers era tranquilla, come se spiegasse ad un bambino perchè il cielo fosse blu. Monica tolse il coltello dalla spalla di Pryce e si voltò verso il capo.
"Nessuna persona è sacrificabile. Non io, non Wes, non qualsiasi innocente. La vita umana è quello che bisogna preservare."
"No, la missione è ciò che conta ed è ciò che deve contare per te. Il resto non importa." Monica gli sputo in faccia centrandolo in un occhio: Bella mira, pensò.
"Me ne fotto altamente della missione, brutto stronzo. Quello che a me preme è di restare viva per vedere crescere i miei nipoti, se lo metta bene in testa. Adesso lei mi sta a sentire: si prenda quello scarto umano del suo socio e lasciate casa mia e la città. Il Consiglio non dovrà più osare ad interferire nella mia vita." Prese un grosso respiro "E se voi userete ancora qualcuno, Deborah, Wesley, la mia famiglia, o un completo estraneo, per giungere a me, io vi ammazzerò senza troppi rimorsi. Questo è un giuramento e io, i miei giuramenti, li mantengo tutti."
Travers capì immediatamente che la ragazza non scherzava per nulla e che avrebbe portato a termine la promessa a costo di seguirli per mezzo mondo.

"Noi ce ne andremo, ma a giorni arriverà il nuovo Osservatore. Wesley non lavorerà più con te."

"No. Se viene un altro lo rispedisco a Londra a calci in culo. L'unico osservatore che voglio è Wes, per il resto, non voglio vedere altri inglesi, tranne che con una macchina fotografica e il classico completino da turisti. Il consiglio ci deve lasciare stare."

Senza dire niente aiutò Roger Wyndham-Pryce ad alzarsi, mentre gemeva sommessamente per la ferita ricevuta.

Usciti, videro Wesley che soffrendo stava cercando di uscire dall'auto. I due Pryce si fissarono, occhi azzurri in occhi azzurri e Wes fece capire abilmente che ormai non si considerava più figlio di cotanto padre, non dopo tutto quello che gli era successo quella sera.
Monica e Deborah, nel frattempo, li videro uscire silenziosamente e l'unico pensiero che Monica riusciva a fare, fu che era sopravvissuta ed era ancora viva, solo questo contava ora, solo questo.

Da "Il Piccolo"

Un terribile incendio distrugge due magazzini abbandonati a Servola. I magazzini erano, per fortuna, disabitati e i danni sono stati contenuti. I periti hanno trovato alcuni tubi del gas tranciati, quindi si sospetta che l'incendio sia doloso.

 

CAPITOLO DIECI

L'acqua scivolava frenetica sulla sua pelle escoriata e ferita. Se il cielo voleva, quella dannata giornata stava per giungere a termine. Si era messa quasi a ridere quando Leila, una sua amica di Monfalcone, le aveva telefonato per avere delucidazioni sul loro sabato sera fuori. Figurarsi, pensò Monica, era già tanto se fosse riuscita a mangiare. Anzi, quello lo avrebbe fatto di sicuro: una bella pizza per asporto e il gioco era fatto.
Mentre sfregava con forza la testa per togliersi ogni più piccola molecola di polvere e sangue, ripensò a quello che aveva fatto al padre di Wes e, stranamente, non provò nessun rimorso. Se lo meritava, poco ma sicuro...eppure...Diavolo, pensandoci a mente fredda, ci era andata giù parecchio pesante, ma in quel momento aveva provato un tale disgusto per quell'uomo che non aveva capito più nulla e ci era fiondata sopra armata delle peggiori intenzioni. La ringraziasse perchè non lo aveva ucciso, altro che.
Uscì tutta bella pulita e si diede un'occhiata allo specchio: i primi ematomi, quelli leggeri, stavano già scomparendo, nell'arco di una notte non avrebbe avuto più nulla. Invece il taglio alla tempia persisteva. Forse l'acqua calda non aveva aiutato, ammorbidendo la crosticina di sangue che si era formata in precedenza. Almeno, però, non sanguinava più e questo era un bene. Si mise il pigiama: navigava nella maglia grigia, ma voleva stare più comoda possibile. Le facevano male le gambe e le mani, troppi pugni. Deborah era ancora in cucina come l'aveva lasciata: tazza, non più calda, di the e qualche lacrima sulla guancia.
"Ehy, adesso basta ok?"
"La fai facile tu...non sai quanto mi sono preoccupata per te." Monica sorrise prendendo il cellulare.
"Grazie stellina, ma sono a posto. Domani starò meglio di prima. Tu che pizza vuoi?"
"Hai anche il coraggio di cenare??"
"Certo, ho fame! Non mangio nulla da pranzo e sono quasi le dieci. E ho deciso di andare sullo strong oggi: una bella pomodorini e bocconcino di mozzarella... che te ne pare?"
"Ti ruberò un pezzo." Rispose Deborah tornando finalmente a ridere.
Monica percorse il corridoio fino ad arrivare davanti la stanza di Wes: lo avevano trasportato assieme per potergli dare più stabilità. Purtroppo lui avrebbe dovuto subire tutti i normali processi di guarigione con la solita lentezza umana e a Monica si strinse il cuore al pensiero di quanto dovesse soffrire in quel momento...e soprattutto quanto lo facesse in silenzio. Non aveva mai urlato, neppure quando lei dovette sistemargli la spalla che si era rivelata lussata. Chissà cosa provava a sapere che suo padre lo aveva dato via come carne al macello. Sospirò e bussò aspettando un 'Avanti' dal ragazzo, che puntualmente arrivò. Lo trovò disteso a letto, con solo i pantaloni addosso, ancora sporco e scarmigliato. Monica evitò coraggiosamente di guardarlo troppo a fondo, cercando di evitare di arrossire.
"Prendo una pizza, mi vuoi fare compagnia?" Gli chiese con finto disinteresse.
"No, ma vorrei fare una doccia. E' libero il bagno?" parlava piano, stanco com'era dalla lotta.
"Sì...ma ce la fai a tenerti in piedi?" In effetti era domanda intelligente, visto che Wesley stava tentando di alzarsi dal letto con scarsi risultati.
"No, ma ci arriverò strisciando se serve, non voglio restare così sporco." Sentì Monica sospirare.

"Senti, resta lì ancora un po', ok? Ti aiuto io." e se ne uscì. Lo avrebbe aiutato lei in cosa? Si domandò mentalmente lui, poi lasciò perdere. Era evidente che lui in quel momento era assolutamente incapace di badare a se.
Si rimise a pensare alla lotta contro i vampiri, alla loro incredibile sinergia. Era come se sapessero uno dell'altra, come se fossero in completa affinità. Sorrise al pensiero di quando lei aveva mostrato il dito a suo padre...e con questo si rabbuiò nuovamente. Oh, lui non aveva mai odiato nessuno, ma si decise di fare un'eccezzione per Roger, ormai non riusciva quasi più a considerarlo suo padre. Lo aveva praticamente venduto, infischiandosene di come ne sarebbe venuto fuori, ammesso che fosse sopravvissuto. Chissà che avrebbe raccontato a sua madre.
Poi il ricordo di un sorrise dolce, solo per lui, lo fece star un po' meglio. In quel magazzino, appena lei era entrata e l'aveva visto, lei gli aveva sorriso e questo era un balsamo decisamente potente per le sue ferite. Lei si era fidato di lui, lei si era battuta con lui, lei lo aveva salvato e lo aveva aiutato in tutto. Lei aveva fatto tutto quello per lui e questo lo fece sentire bene.
La vide tornare con indosso una maglietta  maniche corte blu, invece del pigiama. Non si fece domande, non ne aveva la forza materiale. Si appoggiò a lei che lo sorreggeva senza sforzo e si lasciò accompagnare verso il bagno. Alcuni tagli ripresero a sanguinare sporcandole la maglia pulita, ma lei non sembrò farci caso. In bagno Wes rimase decisamente sorpreso: la vasca era stata completamente riempita di acqua calda.
"La doccia sarà difficile che tu riesca a farla, non riesci neppure a tenerti su, ma forse il bagno andrà meglio."
"Grazie...non so che dire."
"Non dire nulla, accettalo come delle scuse dovute." Lui la guardò e lesse nei suoi occhi una buona dose di tristezza, ma tanta verità. Non gli stava mentendo per farlo stare meglio, si stava scusando sul serio. "Togliti i pantaloni, ma lasciati su i boxer per piacere." Lui eseguì meccanicamente con il cervello momentaneamente sgombro di qualsiasi pensiero, solo quando si immerse nell'acqua bollente, si accorse che lei non era uscita, anzi lo osservava critica con una specie di cassetta del pronto soccorso che aveva tirato fuori da chissà dove.
"Ne abbiamo di lavoro qui." Fece lei sedendosi sul bordo della vasca. Wesley rimase di sale, un gesto del genere da lei non se lo era neppure pensato nei suoi sogni più arditi. La vide armeggiare con un batuffolo di cotone e del disinfettante, che poi usò per tamponare un taglio che aveva in testa. Passarono in silenzio tutto il tempo della medicazione, lei piuttosto presa dal suo lavoro di crocerossina e lui godendosi quel contatto così intimo terribilmente agognato da settimane. 'Quasi quasi ringrazio papà.' Pensò sorridendo come un ebete.
"Ecco fatto, almeno queste sarebbero pulite per bene...ma magari neppure serviva visto che sei immerso in una vasca di acqua e sapone..." Monica fece una smorfia buffa che fece ridere Wes.
Deborah da dietro la porta sorrise sentendo i due ragazzi andare più d'accordo.
"Come stai?" Chiese poi Monica decidendo di andare al succo del discorso.
"Bene!" mentì lui prontamente, ricredendosi quando vide il sopracciglio di Monica alzarsi scettico. "No, non è vero...non sto bene. Ho dolori lancinanti al petto, la spalla ancora indolenzita, milioni di tagli sparsi, le gambe non mi reggono...decisamente ho vissuto momento migliori." Sospirò "Però comincio a sentirmi meglio. Ammetto che l'acqua calda aiuta molto."
"Bene, mi pareva una buona idea."
"Ottima..." calò di nuovo il silenzio, stavolta imbarazzato. Monica si alzò e decise di mettere un po' di distanza tra lei e quel corpo praticamente nudo, provando un'irrefrenabile voglia di buttarsi in vasca, ma ti trattenne.
"E tu come stai, invece?"
"Five by five (Piccola citazione d'onore). Ho notato che guarisco in fretta...in più mi sono sfogata per bene con tuo padre e quindi psicologicamente mi sento forte.”
“Che gli hai fatto?” domandò Wesley con una leggera punta di preoccupazione.

“Niente....” mentì Monica: non aveva voglia di sorbirsi una ramanzina proprio ora. “Parola di lupetto.”

“Tu non hai fatto gli scout.”

“Pazienza, accontentati.” Wes lasciò perdere il discorso, in effetti sapere quello che lei poteva o aveva fatto a suo padre era l'ultimo dei suoi pensieri in quel momento. Poi accadde qualcosa di imprevisto: lei pareva nervosa ed in procinto di dire qualcosa, solo che non trovava il coraggio per farlo.

“Hai da dire qualcosa?” Monica piantò gli occhi castani in quelli azzurri di lui e non si staccò per un bel pezzo, mettendolo anche in soggezione...si sentiva più nudo di quello che non fosse in realtà.

“Sì, ho molte cose da doverti dire.” Monica prese un profondo respiro e si mise a guardare una interessantissima mattonella del muro, onde evitare di mettersi a sbavare sul corpo di Wes: diavolo, pensò, ma quando è diventato così bello? 

"Bene, allora dille." La invitò lui non notando il lieve rossore che si era dipinto sulle gote di Monica.

"Io devo scusarmi con te." Lui la guardò sorpreso.

"Non è stata colpa tua." Lei si voltò facendo una smorfia. "Bhe, è stato mio padre a ridurmi così, o almeno, è per colpa sua che sono in questo stato." Lei fece un gesto con la mano, come se scacciasse una mosca.

"Non parlo di oggi, lo so che io non c'entro, hanno fatto tutto quei cazzoni del Consiglio. Io intendevo per tutto quello che è successo prima." Sospirò tornando a guardare le piastrelle, visto che per un attimo si era concentrata sulla zona ombelicale di Wes provando un'insensata voglia di sfiorargliela. "Non mi sono comportata molto bene con te, fin dal primo giorno. Ho sbagliato e mi scuso, so ammettere i miei errori, che pensi."

"Non ti preoccupare, è acqua passata."

"No, non lo è. Tra noi c' sempre stata una sorta di imbarazzo dovuto dalla mia fulminante chiacchierata con te al Jolly, te la ricordi?" Se se la ricordava? Miseria, era ancora una delle scene erotiche più forti in cui Wes fosse stato partecipe, ma evitò di dirlo limitandosi ad annuire. "Non avrei dovuto. Come non avrei dovuto aggredirti, sfogare su di te la mia frustrazione per lo stato in cui mi trovo. Solo che è stato tutto troppo veloce: il mio diventare Cacciatrice, dover imparare a sopravvivere, il test ed ora nuove minacce all'orizzonte. Troppo...e non riesco a gestirlo. Per questo ho bisogno di voi, di te e di Debby, ma soprattutto di te."

"Eh?"

"Tu conosci la tenebra, l'hai studiata e sai quello che ci aspetta. Quindi, io mi scuso e ti chiedo ufficilamente di aiutarmi e di provare ad essere amici." Questa volta lo guardò in faccia, doveva farlo, scusarsi guardando altro non era il miglior metodo per essere credibile.

"Non hai neppure bisogno di chiedere, Monica. Io sono qui per aiutarti fin dal primo giorno. E, in quanto essere amici, ne sarei onorato."

Si sorrisero complici, poi Monica si alzò e fece per uscire dalla stanza: la parte più difficile era stata affrontata, il resto sarebbe arrivato con il tempo.

"Lavati...penso che per quello non hai bisogno di una mano. Se poi fai difficoltà ad uscire, urla, verremmo a salvarti." Uscì tranquilla, lasciando Wesley solo a fissare il punto dove era rimasta fino allora...poi la testa di Monica fece di nuovo capolino nel bagno.

"C'è una cosa che non ti ho mai detto, ma sai, non ci avevo veramente fatto caso."

"Quale?" Domandò lui incuriosito.

"Sei proprio figo. Complimenti." E se ne andò. Wesley prese a variare di diverse sfumature rosse. Lo aveva decisamente spiazzato con quella uscita...ma era stata Monica la ragazza che era stata con lui fino a quel momento? Oppure si era aperto un varco spazio temporale ed era piombata qui la Monica di un'altra dimensione? Decise che era meglio non pensarci troppo.

Monica piuttosto soddisfatta di quello che aveva raggiunto, trovò Debby intenta a mangiare uno spicchio della pizza ordinata e si mise a farle compagnia, riuscendo finalmente a cenare. Non ce la faceva più, aveva una fame!

"Come sta Wes?" le domandò l'amica.

"Insomma, ci metterà un po' di giorni a stare meglio. Il buono è che almeno ha tutte le ossa a posto. Per il resto...guarirà, col tempo. Uhm....buona!" esclamò mentre masticava entusiasta la pizza.

"E tra voi due direi che va molto meglio." Si guardarono sorridendo maliziose.

"Era il momento giusto. Mi sono scusata, forse le cose cominceranno ad andare meglio. Sai, io lo odiavo perchè pensavo che fosse sua la colpa di quello che mi è successo, eppure dentro di me sapevo che lui era l'ultima ruota del carro in un ingranaggio molto complesso. Insomma, era un po' nella mia stessa situazione. Quando ho conosciuto Travers e Pryce senior, ho capito che non c'è mai limite al peggio e che Wesley, in realtà, è un'ottima persona." Si fermò un secondo come a pesare le parole "Da quando Wesley è così carino?"

"Uh?"

"Ma sì... non mi ero mai accorta che avesse un corpo mica male...tu lo avevi visto?"
"Certo, non sono cieca e non lo eri neanche tu. Ma che razza di domande mi fai, Monica?" Lei scosse il capo, non riuendo a credere alle parole della sua amica.

"Sì, ero in bagno e lo guardavo...una tentazione. In realtà me ne ero accorta già al magazzino...vederlo così determinato, la barba incolta, gli occhi fissi...Ma è sempre stato così?"

Deborah si mise una mano sulla fronte non capacitandosi dell'ottusitò di Monica in quel frangente.

"Forse, se non fossi stata così occupata ad odiarlo a prescindere, te ne saresti accorta. Wes è così carino dal momento in cui ha varcato la nostra soglia."

"Ah." e non disse più nulla, limitandosi a mangiare e pensare...sarebbe stato molto interessante il lavoro, d'ora in poi.

"Io esco con Leila, dovrebbe essere qui a momenti. Che le dico riguardo alla tua assenza?" chiese Debby mentre si infilava gli stivali.

"Dille che c'ho l'influenza e che non me la sento...inventa qualcosa." rispose lei alzandosi. Aveva deciso di buttarsi sul tappeto ed ascoltare musica con le cuffie, giusto per rimettersi un po'.

"Ok. Stammi bene e non saltare addosso a quel poveretto di la."

"Per chi mi hai preso? Sono una brava ragazza, casta e pura." Deborah la guardò poco convinta. "Ok, non molto casta e tanto meno pura, ma sono una brava ragazza, non mi approfitterei mai di una persona malata! E poi siamo solo amici."

"See, amici...voglio proprio vederla questa."

Deborah uscì per andare ad aspettare la sua amica e Monica scosse il capo: era stata sincera, ok Wes si era dimostrato molto più carino di quanto sospettasse, ma da qui a farci altro...il passo era bello lungo. Lo vide uscire dal bagno, con di nuovo indosso gli stessi pantaloni, ma questa volta completamente pulito e sistemato. I tagli spiccavano come luci al neon sulla sua carnagione pallida, ma almeno si muoveva con più scioltezza.

"Sicuro di farcela?" gli chiese.

"Sì. Mi butterò a letto e rimarrò là ad agonizzare in santa pace." Wes si guardò attorno accorgendosi che mancava qualcuno, mentre Cucciola lo annusava scettica. "Debby?"

"Fuori. Lei è uscita...aveva bisogno di sfogare la sua tensione. Era piuttosto preoccupata per noi. Meglio così...si diverte. Senti, io sono in soggiorno, ma faticherò a sentirti...ascolto musica con le cuffie, quindi...spero non ti serva nulla." E sorrise mettendo in fuori una puntina di lingua che lo fece sorridere.

"Non credo che mi servirà qualcosa...punto solo a dormire." Si salutarono tranquilli, ognuno diretto al proprio impegno.

Wesley si tolse pure i pantaloni e completamente nudo guardò fuori dalla finestra della sua stanza: l'Adriatico era una tavola e la luna illuminava l'acqua dandole un brillante colore argentato. Gli pareva incredibile che solo poche ore prima stava per morire. Quando il primo pugno lo aveva colpito allo stomaco, aveva capito tutto: il consiglio, in un modo o nell'altro, voleva liberarsi di lui. Aveva notato come Travers osservasse molto interessato le capacità di Monica ed aveva intuito che avrebbe voluta allenarla lui stesso. Quindi, adesso, era piuttosto in pena per il suo lavoro: non credeva che Travers lo volesse ancora come Osservatore, ma lui non voleva abbandonarla, quindi, intimamente, aveva già deciso che non si sarebbe fatto da parte comunque. In più, non aveva proprio voglia di tornare tra le fila del Consiglio, visto anche come lo avevano trattato. No, Wesley voleva starci più lontano possibile e tagliare qualsiasi legame con loro.

Esausto si buttò a letto ascoltando la voce di Monica proveniente dal salotto. Lo fece sorridere mentre cantava a squarciagola una canzone dopo l'altra. Voleva dormire, ma sentirla rilassata e tranquilla gli faceva così bene al morale che non aveva nessuna voglia di chiederle di smettere. Anzi, lo rendeva ancora più curioso di vederla. Fece una smorfia quando una costola scricchiolò e mollò qualche parolaccia degna di uno scaricatore di porto, tanto chi poteva sentirlo? Disteso stava troppo scomodo e quindi si sedette sul letto. Molto meglio, ma sicuramente non comodo per dormire.

Prese il pigiama e lo indossò, uscì dalla stanza e, seguendo le ombre, andò in cucina a bersi un po' d'acqua. Poi seguì la voce della sua Cacciatrice e la vide: era distesa sul tappeto del soggiorno, con un cuscino del divano a sollevarle la testa, le cuffie sulle orecchie e Spike acciambellata sulla sua pancia a fare le fusa. Teneva gli occhi chiusi e canticchiava senza badare a niente altro. Gli fece molta tenerezza, era uno di quei momenti in cui lei sembrava veramente solo una ragazza come tante altre. Riflettè che probabilmente, era stata unica ancora prima di diventare una cacciatrice.

Lentamente si sedette sul diveno trovando una posizione comoda e che non gli facesse dolere il costato. Piano piano si appisolò osservando Monica che dolcemente cantava, solo per lui.

Lei sapeva che lui era lì, lo aveva percepito nel momento stessa in cui aveva aperto la porta della sua stanza, ma aveva volutamente evitato qualsiasi commento e aveva finto di essere all'oscuro di tutto. Intimamente le faceva molto piacere sapere che lui era lì a guardare lei. Il fatto che lui avesse un debole per lei la gratificava molto più di tante altre cose, quindi decise di godersi gratuitamente quelle belle sensazioni. Quando il cd arrivò all'ultima nota, aprì piano gli occhi e lo vide con il capo chino sul materasso del divano, gli occhi chiusi, la bocca leggermente aperta. Stava dormendo della grossa ed a lei non sembrava giusto svegliarlo, quindi prese una piccola coperta di pile e gliela mise addosso, in modo che non prendesse freddo, poi andò a dormire sorridendo beata.

 

CAPITOLO UNDICI

 

Ci avevano messo un sacco di tempo, ma finalmente il ragazzo aveva capitolato: Monica, Deborah e Wesley avevano passato un'intera domenica lontano da libri ammuffiti, demoni puzzolenti e cacce estreme, una dovuta pausa dopo tutto il patire del Consiglio. Wesley si era rimesso al meglio, anche perchè Monica lo obbligava a passare le notti a casa mentre lei da sola si occupava della ronda. Non aveva voluto che il suo osservatore si strapazzasse troppo e poi si divertiva molto da sola e andava più veloce. Ammetteva a se stessa che la prova a cui era stata sottoposta l'aveva aiutata ad affinare certi colpi, ma non li perdonava comunque.

Ora Monica guardava un estraniato Wes, che seduto al tavolo, beveva una birra rossa: quel giorno erano stati a godersi il sole al castello di Miramare, esattamente come lei aveva programmato molte sere prima. Cucciola era stata tutta contenta di correre per l'immenso parco che delimitava il castello e le ragazze di poter prendere finalmente un briciolo di sole.

Il posto era piaciuto molto al ragazzo che non lo aveva mai visitato e si era divertito anche lui ad ascoltare la storia del castello e degli Asburgo a Trieste. Non lo aveva mai immaginato, ma Monica sapeva parecchie cose sulla città, non gli era mai sembrata una amante della storia antica.

Invece adesso, le cose erano radicalmente cambiate: il locale era pieno di gente che ballava e beveva, il pavimento era ricoperto di bucce di arachidi che facevano scivolare più di un cliente leggermente alticcio e lui si sentiva impanicato. Monica e  Deborah ballavano...anzi, ballare non rendeva loro giustizia: stavano dando uno spettacolo saffico che più di qualche ragazzo apprezzava.
Deborah aveva deciso di infilarsi un bel vestito violetto comprato di fresco dai cinesi: era tenuto su da due piccole spalline di seta che non mascheravano del tutto quelle del reggiseno porpora sottostante. Il decoltè era lasciato in bella vista solo nel momento in cui lei aveva deciso di togliersi la maglia di lana. La pelle color panna risaltava come un neon con quel vestito e ancora di più si notavano le gambe, lunghe e belle che si muovevano sinuose su un paio di sandali con il tacco. I capelli rossi scintillavano sulle spalle, rendendola ancora più eterea. Non fosse già abbastanza deleteria per Wesley questa immagine, ci si aggiungeva pure Monica vestita come mai aveva fatto prima: invece dei soliti jeans scuri, portava una gonna nera, lunga fino a metà coscia e sopra una camicetta nera di seta stretta in maniera da fasciare perfettamente il seno procace. I collant neri sembravano allungassero la sua figura e per finire, gli stivaletti bassi neri ed eleganti. Quella sera aveva deciso di lisciarsi i capelli con la piastra e di truccarsi: era riuscita a rendere i suoi penetranti occhi castani ancora più grandi del normale. All'inizio Monica si era sentita piuttosto spaesata in quegli abiti: la gonna non era sua, bensì di Debby che gliela aveva passata. Poi, quando aveva visto gli occhi di Wes allargarsi per lo stupore, aveva capito di non aver fatto una brutta scelta.

Le due ragazze erano una davanti all'altra, con le braccia intrecciate dietro il collo dell'altra, muovendosi sinuose a ritmo di qualsiasi musica vagamente adeguata mettesse su il Dj. Scherzavano tra loro ridendo, oppure facendo qualche smorfia e questo sembrava essere una cosa che gli uomini attorno a loro apprezzavano. Non ultimo Wes, che non riusciva a non pensare a loro tre assieme in un letto. Arrossì violentemente, quando si immaginò una scena più audace e scappò in bagno, incurante delle occhiate maliziose che le sue amiche gli lasciavano.

"Credi che si sia sconvolto di noi?"

"Poverino, non lo avevamo neppure avvisato." analizzò Deborah. "Sai che stai proprio bene vestita in questo modo, dovresti cambiare un po' del tuo guardaroba." Monica sbuffò staccandosi da lei per bere un goccio della sua acqua: non era una che beveva molto, preferiva gli analcolici.

"Dai, mi sento una mezza papera con questa gonna. Sono ridicola!"

"Non dire scemenze, non vedi come ti guardano tutti in questo locale?"

"Guardano te, vuoi dire."

"No, guardano anche te...pure Wesley lo fa...non riesce staccare gli occhi dalle tue gambe." Monica prese a guardarsi: le piacevano le sue gambe, specie i polpacci. Nonostante avesse giocato per una decina di anni a pallacanestro, erano riusciti a restare belli snelli, non si erano mai ingrossati troppo. Almeno questo, pensò. In più da quando anche il resto della gamba si era assottigliato per esigenze di caccia, stava ancora meglio, tanto da poter indossare i vestiti della sua amica, prima solo sognati in silenzio.

"Non è vero..." Protestò debolmente. Venne salvata in corner dal ritorno di Wes, visibilmente tirato in volto. "Ehy, osservatore, tutto ok?"
Lui la guardò: gli stava sorridendo felice, finalmente contenta di aver avuto una serata libera dalle cacce e, in fondo, se lo meritava pure.

"Tutto alla grande." le rispose accennando ad un sorriso di risposta.

"Allora ti vieni a scatenare con noi?" chiese Deborah cercando di tirare per un braccio il povero malcapitato, che strenuamente combatteva per restare seduto.

"Non ci penso neppure. Io non so ballare. Resto qui e vi guardo."

Monica e Deborah si misero a ridere e ripresero le danze, questa volta decisamente più veloci e meno sensuali: forse era meglio così, non volevano avere maschi arrapati tra i piedi. Monica, poi, ad una canzone che le piaceva particolarmente, si mise a saltare ed urlare come una forsennata, facendo sorridere Wesley. A vederla così spensierata e gioiosa non si sarebbe mai detto che su di lei gravava un peso enorme come la salvaguardia della città, anzi sembrava ringiovanita di parecchi anni. In effetti quando sorrideva o rideva era ancora più bella. Bevve l'ultimo sorso della rossa che aveva ordinato e decise di andare a prendersene una seconda. Mise la mano sulla spalla di Monica, abbassandosi per parlarle all'orecchio: Si sentì improvvisamente perso. Il suo profumo, mescolato con quello di donna fatta che lei emanava da ogni poro, lo lasciarono senza fiato.

"Che c'è?" gli domandò lei incuriosita.

"Vado a prendere da bere. Vuoi qualcosa?" Il fiato caldo di Wesley accarezzò il collo scoperto di Monica che si ritrovò a rabbrividire: ma da quando le faceva quell'effetto?

"Grazie, magari qualcosa di fresco. Un succo od un the." ordinò lei e lui annuì andando verso il bar.

Nonostante la calca infernale che regnava in quel posto, Wesley uscì trionfante con due bicchieri ed una bottiglia d'acqua in mano e si avviò verso il tavolo, rimanendo di stucco quando vide quello che stava accadendo: attorno alle due ragazze c'erano un paio di ragazzetti che ci stavano chiaramente provando. Deborah sorrideva di circostanza e Monica li stava squadrando dalla testa ai piedi.

"Dai bellezze, perchè non venite con noi? Conosciamo un locale molto carino..." disse uno con tono chiaramente lascivo.

"No, a noi piace stare qui, grazie." Rispose Monica a tono girandosi per prendere qualcosa dal giubbotto. Venne fermata da una mano che la prese per il braccio strattonandola. Non ci vide più: stava per mollare uno schiaffo al tipo, quando si accorse che non la tratteneva più. Sgranò gli occhi dallo stupore quando vide che il porco era faccia a faccia con Wes che lo guardava serio.

"Mi sembra che ti abbiano detto di no. Sarebbe più cortese se te ne andassi." Disse Wesley pericolosamente calmo. In realtà dentro ribolliva: come avevano osato quei ragazzini a tampinare la sua donna? Ok, magari Monica ancora non era sua, si disse, ma non poteva farci nulla, era geloso.

"Senti un po', damerino, togliti dai piedi, io e la signora non abbiamo ancora finito."

"Invece sì." Wesley gli lanciò un'occhiata assassina che fece rabbrividire Deborah che dalla sua posizione poteva vederlo al meglio.

"Ehy, Max, forse è meglio se lasciamo perdere, che ne dici?" Propose uno dei compari del tipo. Lui non rispose, girò sui tacchi borbottando qualcosa di poco carino all'indirizzo delle ragazze e di Wes e li lasciò in pace.

"Wow, che uomo il nostro Wesley Pryce!" Esclamò Monica maliziosamente e lui arrossì. Dopo una piccola parentesi di eroismo, era tornato il solito timido Wes.

"No, è che...non mi piacciono i ragazzi che non sanno fermarsi."

"Hai fatto bene!" Gli disse Debby. "Dai, balla con noi, ti prego." provò a fargli gli occhioni, ma con scarsi risultati. Per fortuna ci pensò Monica, che, prima che lui si sedesse al suo posto, lo prese per mano attirandolo verso di loro.

"Adesso non ci scappi." Wes cominciò ad annaspare: davanti a lui aveva Deborah che lo guardava sorridente e dietro poteva sentire distintamente muoversi Monica pericolosamente vicino a lui. Debby lo abbracciò mettendogli le braccia al collo e fece l'occhiolino a Monica che ridacchiava.

Wesley prese a pensare alle cose più turpi e sanguinolente che avesse mai visto, solo per evitare di immaginarsi in altre situazioni decisamente più erotiche. Fatica del tutto sprecata, quando sentì Monica che, presa la mano che le tendeva Deborah, si unì al ballo, appiccicandosi a lui: si sentiva come la farcia di un tramezzino. I seni della bella mora erano schiacciati sulla sua schiena ed i jeans gli diventarono troppo stretti, ma alle due ragazze sembrava non importasse molto di quello. Notò che Debby era accesa in volto, forse un po' si vergognava anche lei. Quando sentì le mani di Monica afferrarlo per la vita, si girò verso di lei e potè osservare il suo classico sguardo da cerbiatta peccaminosa. Deglutì con forza e ringraziò il cielo quando loro si staccarono per la partenza di un ballo veloce.

Ora ne aveva la certezza, quelle due lo volevano morto.

 

Incurante delle dieci ore passate alla scrivania a cercare di decifrare i rapporti scritti dai suoi colleghi, l'ispettore Alessio Marchesi, si sfregò gli occhi e si stiracchiò sulla sua sedia. Ormai aveva completamente perso l'uso del cervello. Guardò l'orologio e si diede mentalmente dello stronzo: ovvio che tua moglie ti ha lasciato, sei sempre a fare straordinari, pensò.

Spense il pc insoddisfatto, poi prese la giacca e si avviò verso casa. Non abitava lontano dalla centrale di Polizia e quindi preferiva sgranchirsi le gambe con una camminata.

La casa era l'unica cosa che gli era rimasta dopo la separazione: Sonia, la sua ex moglie, aveva impacchettato per bene tutta la sua roba ed auf Wiedersen, niente saluto, niente biglietto, solo una carta dell'avvocato con la documentazione per il divorzio. C'era rimasto di sale quel giorno. Sapeva che le cose stavano zoppicando tra loro, ma lui era nel pieno di una importantissima operazione anti droga e per parecchio tempo era stato via dalla città, addirittura. Evidentemente lei non aveva apprezzato e si era risollevata grazie ad un compiacente agente di borsa. Maledì lui e tutti quelli della sua razza: giacca e cravatta, sempre eleganti, mai un filo fuori posto e soldi a palate. Il contrario di lui: era alto, massiccio, i capelli chiari corti e due penetranti occhi grigi. In quel momento la barba lunga gli pizzicava la guancia e i suoi trentacinque anni pesavano come fossero il doppio.

Come entrò in casa, un odore di stantio lo accolse. Senza troppo attendere, si buttò sotto la doccia e riprese a pensare ai suoi casi. Lo stavano facendo ammattire. Come poteva essere che intere bare e tombe venissero scoperchiate dal di dentro? Quella era l'unica cosa certa in tutto quell'intricato rompicapo: la scientifica aveva fatto foto ed aveva esaminato tutte le scene del crimine ed erano giunti alla conclusione che l'effrazione partiva da dentro. Inizialmente aveva pensato che qualcuno, per motivi a lui ignoti, volesse farsi seppellire per poi risorgere, ma lo aveva scartato poco dopo. In fondo aveva letto tutte le cartelle del coroner che dicevano che quella gente era definitivamente morta quando si erano ritrovati a fare l'autopsia. Quindi non era quella la soluzione. 
In realtà non gli importava molto di quei casi: con tutto quello che stava accedendo in città in quegli ultimi mesi, tombe profanate non erano delle priorità. Sorrise mesto: solo per quello gli avevano dato quel caso. Non era un cattivo poliziotto, anzi, si era fatto valere in parecchie occasioni, ma l'abbandono di Sonia lo aveva portato a diventare uno straccio. Aveva subito un pesante contraccolpo psicologico che lo avevano fatto diventare un niente. Si era buttato, per un po', nell'alcool, ma si accorse ben presto che a poco gli serviva. Il suo capo, preoccupato per lui, gli aveva ordinato di prendersi tutte le ferie arretrate che aveva nel cartellino, in modo che si riposasse. Invece lui non le aveva prese e aveva continuato a lavorare instancabilmente, rovinandosi sempre di più. Subì un'ispezione dalla disciplinare, che non trovò nulla di rilevante sul comportamento al lavoro, ma gli intimò di fare qualche seduta dallo psicologo della centrale e di prendersi quei benedetti giorni di riposo. Lo aveva fatto, ma il suo malessere continuava, anche ora.
Il commissario gli aveva rifilato quel caso solo per evitare di averlo tra i piedi in qualche caso più grosso, come un omicidio o un rapimento. Solo che non avevano fatto i conti con lui: poteva anche essere uno sfigato incapace di relazionarsi con gli altri, ma era un poliziotto e pure uno di quelli bravi, avrebbe sviscerato ogni cosa pur di dimostrare di essere quello di un tempo.

Finalmente lavato, prese in mano la cartellina che si era portato dalla centrale e ricominciò a sfogliare le pagine con le foto. La cosa che lo turbava di più, guardando le immagini, non era il buco chiaramente creato dal fondo del terreno, bensì le strane orme li accanto. Il fatto che le tombe profanate fossero tutte fresche, avevano aiutato gli inquirenti a trovare cose interessanti: molte impronte confuse ed alcune, invece, molto più nitide. E quella più chiara di tutte, era un'orma di una scarpa da ginnastica della Nike modello K-Sky. Non che questo lo aiutasse: quell'anno erano state vendute solo a Trieste almeno 1000 paia di quelle scarpe. In realtà la cosa strana era il numero della scarpa: trentasette, un numero chiaramente femminile. Che ci faceva una donna in un cimitero e per di più di notte, ora certa e stabilita delle profanazioni? Lui lo odiava già con la luce, figuriamoci di notte.

Sospirò pesantemente mentre si andava a prendere qualcosa da mangiare: la dispensa era desolatamente vuota, era rimasto solo del pane del giorno prima. Aprì il frigo e trovò un po' di crudo e lo mise tra due fette. Non era la cena migliore del mondo, ma quando sei solo ti devi arrangiare con quello che trovi, pensò lui filosoficamente. Si stappò una birra e riprese a controllare i fogli del caso: un altro particolare alquanto macabro, erano i segni che le vittime portavano al collo o, in minor misura, al polso. Avesse creduto a Dracula, avrebbe già risolto il caso, ma Alessio non credeva nei vampiri, quella era solo letteratura. Era più facile che qualcuno fosse così fissato da credersi un succhiasangue e seguire le orme del Conte.

Decise che per quel giorno era l'ora giusta di andare a dormire: guardò con tristezza il letto con le lenzuola ancora sfatte dalla notte prima che lo osservavano mute con desolazione crescente.

 

Da "Il Piccolo"

 

Continua il turpe lavoro dei profanatori di tombe, che incuranti del dolore dei parenti dei defunti, continuano a scoperchiare e trafugare addirittura i corpi. La popolazione cittadina si chiede impaurita che cosa se ne facciano delle salme, ma l'ispettore Marchesi non rilascia dichiarazioni.

 

CAPITOLO DODICI

 

Monica si stiracchiò sotto le coperte: la sveglia segnava le dieci del mattino. Un sorriso le increspò le labbra: ah, benedetto lunedì, giorno in cui il negozio rimaneva chiuso la prima mezza giornata. Decise che poteva restare ancora un po' a letto a godersi il calduccio e le fusa di Spike tutta contenta che la sua padrona non si fosse alzata prima.

"Sei più pigra di me..." disse Monica all'indirizzo della sua gatta nera.

Mezz'oretta dopo, decise che il suo stomaco era abbastanza affamato per meritarsi qualche biscotto: si infilò il pigiama che la sera prima si era tolta, e così si rese presentabile al genere umano. Si passò anche la spazzola sui capelli scarmigliati. Visto il tempo da cui era sveglia, meglio di così non poteva proprio fare. Andò in cucina stupendosi di trovare Wesley intento a leggere da diversi libri polverosi.

“Ciao." Gli disse andando direttamente alla moka del caffè e la mise su fuoco, poi aprì la dispensa e si prese i biscotti.

"Ben svegliata. Dormito bene?" Monica pensò alla sua notte e ai suoi sogni incredibilmente romantici e sorrise. Non ricordava chi era il protagonista dei mille baci ricevuti, ma non importava.

"Sì, molto. Che stai facendo?" chiese guardando qualche pagina sparsa.

"Nulla, solo qualche ricerca. Dalle ultime cacce, credo che il modus operanti dei master della città siano cambiati. Non ci sono più tombe fresche, e quindi incremento di omicidi, ma sono aumentate le sparizioni e diminuiti gli impalettamenti. Hanno in mente qualche cosa."

"Favoloso....e per quando?" Wesley meditò un po', mentre faceva un paio di conti con il calendario alla mano.

"Di solito i riti magici vengono meglio durante uno dei due culmini del ciclo lunare: luna piena o luna nuova. Abbiamo appena lasciato quella piena alle spalle, quindi direi che abbiamo 13 giorni per arrivare alla nuova. Ma...potrebbero anche scegliere di passare al mese prossimo...dipende tutto da cosa hanno in mente." sospirò infine e Monica evitò di dare una rispostaccia. L'idea di dover attendere che qualcosa avvenisse, non le piaceva per nulla. Lei voleva poter agire prevenendo ogni cosa.

Finita la colazione andò verso il bagno per mettere su una lavatrice: ormai stava finendo le cose bianche. Prese a rivoltare la cesta delle cose sporche, approfittando per lavare anche cose di Deborah e Wes. Quei piccolo gesti di normalità la facevano stare stranamente bene. Guardò una canottiera della sua amica e aggrottò la fronte, vedendo che sulla parte anteriore c'erano due piccole macchioline di sangue: erano due cerchi di pochi millimetri di diametro. Che strano. Ne prese una seconda e anche lì trovò le macchie. Fece partire il lavaggio con più dubbi che risposte.

"Wesley, ti disturbo?" chiese uscendo dal bagno.

"No, dimmi tutto." Monica pensò ad un modo tranquillo per esternare i propri quesiti.

"Quanto tempo ci mette un morso di vampiro a guarire?"

"Bhe dipende...su di te poche ore di sicuro. Su una persona normale...qualche giorno. Giusto il tempo che i fori si cicatrizzino, perchè?" lei scosse il capo, indecisa se parlarne già con lui o se aspettare Deborah prima, poi fece spallucce e rispose.

"Su alcune maglie di Debby ho trovato delle macchie di sangue." Wesley si allarmò.

"Ma come è possibile?"

"Un po' di tempo fa è stata aggredita da un vampiro qui fuori, ma lei lo ha polverizzato, solo che era riuscito a morderla."

"Dove?"

"Proprio qui." Rispose lei, aprendo un bottone della maglia del pigiama e indicando il seno sinistro al ragazzo, che divenne leggermente rosso.

"Intendevo dove era stata aggredita."

"Ha detto qui fuori, ma non so di preciso. Quella sera non mi sono preoccupata molto, ma adesso è strano. Non mi risulta che abbia subito ulteriori aggressioni, non è possibile che il suo segno continui a sanguinare, neppure per lei che ha l'emoglobina a livelli bassi." I due si guardarono leggermente preoccupati.

"Come mai era fuori di sera da sola?"

"Era con Demian. Stava tornando da uno dei suoi primi appuntamenti." Lui annuì e prese a pensare a tutta la faccenda...qualcosa non gli tornava. Decisero tacitamente di aspettare Deborah e vedere se, magari, aveva subito un ulteriore attacco.

Finalmente la rossa tornò distrutta dalla mattina intensa in panetteria. Per fortuna che il pomeriggio era libero: corso di Spagnolo e poi lettuccio.

"Ciao!" esclamò sedendosi a tavola, poi rimase stordita dall'irrequietezza che leggeva nei volti degli amici "Va tutto bene?"

"Diciamo di sì...anzi no." decise di vuotare il sacco Monica. "Hai ancora il segno del morso sul seno?" Debby avvampò: erano argomenti da tirare fuori davanti a Wesley, quelli?

"Sì, non va più via. Non so bene come fare." sussurrò lei.

"Quindi non sei stata di nuovo aggredita?"

"Assolutamente no! E' successo quella volta e basta."

"Posso vederlo?" La voce di Wesley era educata e tranquilla, ma Deborah era comunque imbarazzata. Nonostante tutto si tolse la maglia e mostrò il segno all'osservatore che, per nulla interessato alle sue procaci forme, la osservava critico. Sentì immediatamente che quello era un morso fresco, possibile? Anche Monica lo guardava con faccia schifata: come la sua amica si era spogliata, aveva percepito la natura demoniaca di quel morso.

"Grazie Debby. Vedrai che prima o poi si cicatrizzerà." le disse Wes con un sorriso tranquillizzante. "Andiamo ad allenarci un po' noi." continuò poi rivolta alla sua cacciatrice e che annuì.

"C'è qualcosa che non va in quel morso." esordì Wes mentre passava a Monica un paio di guantoni da boxe. Lei aveva chiesto che, per almeno gli allenamenti, le sua mani fossero protette: non poteva andare al lavoro con ecchimosi e nocche spellate.

"Lo so, lo sento anche io. Fai qualche altra ricerca in merito." gli ordinò lei.

 

La sera era scesa inesorabile. Monica e Wesley stavano tornando verso casa dopo la ronda: in effetti, come aveva detto l'osservatore quella mattina, gli impalettamenti stavano diminuendo. Niente vampiri, quella notte, solo qualche demone dalle corna ricurve che sperava di estendere il proprio dominio sulla città. Stolti, non sapevano che nella Bocca dell'Inferno lavorava la Cacciatrice?

"Stai diventando sempre più brava." Le disse tutto ad un tratto Wesley.

"Grazie. Che posso dirti, ho voglia di imparare per evitare di morire presto. E' una scelta che se potessi, eviterei di contemplare." Arrivarono a casa, ma invece di entrare decisero di sedersi sul piccolo molo: c'era la luna calante, ma riusciva ancora ad illuminare l'area circostante come un faro. L'aria frizzante li fece rabbrividire, ma, in fondo, nessuno di loro voleva tornare dentro.

"Allora, Wes..." iniziò titubante Monica "Che mi dici di te?" Il ragazzo la guardò stranito: e da dove veniva fuori quella domanda? "Dai, ho detto che voglio che diventiamo amici...non ci riusciremo mai se non ci conosciamo per bene, giusto?" Non vista arrossì leggermente.

"Che posso dirti...bhe, sono di Londra." Monica lo guardò male.

"Che scoperta, complimenti...Io sono di Trieste. Quindi che abbiamo scoperto che non sapevamo già?" Wes ridacchiò.

"Scusa, è che non sono molto abituato a parlare di me. Ho 29 anni, di Londra, per la precisione Chelsea. Ho sempre studiato per diventare un Osservatore e, nonostante tutto quello che mi è successo, non sono poi così pentito della mia scelta."

"Hai sentito tuo padre?" Domandò Monica guardando verso il mare nero.

"No. Ho parlato con mia madre che mi ha raccontato che un teppistello lo ha accoltellato..." Disse tranquillamente guardandola in volto e Monica sorrise facendo spuntare la lingua tra le labbra. "E' evidente che lei non sa tutto quello che è successo qui...pazienza, tanto non credo che tornerò a casa molto presto. E di te che mi dici?"

"25 anni, nata a Trieste, ma vissuta in provincia di Gorizia per molti anni. Genitori divorziati e quindi due famiglie distinte, una che vedo spesso e l'altra che non vedo mai. Diciamo che capisco cosa vuol dire avere un padre rompiscatole...certo non al livello del tuo, ma sulla buona strada."

"Non credo che tuo padre ti lascerebbe in balia di decine di vampiri pronti ad ucciderti."

"No, forse no!" E risero assieme. Monica doveva ammettere che questo riavvicinamento le piaceva: chiedergli scusa era stata una grande idea. Wesley era simpatico, dolce e premuroso, ma anche carino, cosa che non guastava mai. Solo che un giorno aveva letto il regolamento comportamentale del Consiglio e aveva scoperto che era vietata l'unione carnale tra Osservatore e Cacciatrice, per questo volevano far tornare a Londra Wesley. La cosa la poteva fermare? No, pensò, in realtà avere un divieto così netto la eccitava ancora di più. Non riusciva bene a capire se quello che provava per lui era voglia di amarlo o solo di infrangere quell'ulteriore regola e prima di fare qualsiasi mossa, doveva capirlo. Non sarebbe stato giusto usare Wesley per la sua vendetta nei confronti del Consiglio. Invece, se in realtà lei provava veramente un sentimento di affetto o amore, allora nulla, tanto meno una stupida regola,  avrebbe permesso di fermarla. Era una testarda, Monica, se voleva qualcosa la seguiva fino a quando non l'aveva ottenuta.
Guardò di nuovo il ragazzo seduto affianco a lei: gli occhi azzurri brillavano scuri, grazie alla luna, poteva intuire la barba corta fare capolino dalla sua pelle. E poi i suoi capelli neri: Aveva una gran voglia di toccarglieli, le piacevano molto come gli stavano.

Tutto ad un tratto, una risata fredda e metallica, li fece girare di scatto. Con un salto repentino, Monica si alzò in piedi e prese un paletto dalla tasca della giacca.

"Che scena romantica, quasi mi secca dovervi interrompere." Monica lo aveva riconosciuto immediatamente alla risata: era il master con cui aveva già parlato prima della sua prova. Lo guardò: Era vestito piuttosto elegantemente, con la giacca nera aperta e la camicia rossa che spiccava. Le labbra turgide e piene, segno che aveva appena mangiato. "Solo che mi stavate veramente nauseando..."

"Wesley, vai dentro." sibilò Monica al suo osservatore.

"Sì Wes, vai dentro che io la signora dobbiamo fare una chiacchierata." incrementò il vampiro beffardo.

"Monica, cosa succede?"

"Vai dentro, ti prego." Monica lo guardò negli occhi e lesse tanta preoccupazione. Gli sorrise per convincerlo e lui, con lentezza, scrutando torvo l'intruso entrò nel magazzino.

"Bene, ora che nessuno può disturbarci, parliamo di affari, Cacciatrice."

"Chi sei?" Chiese Monica tesa come una corda di violino.

"Ti piacerebbe saperlo, eh? Non sono nessuno di importante, solo un vampiro preoccupato."

"E quindi sei venuto qui per porre fine ai tuoi problemi facendoti uccidere?" La risata fredda dell'uomo riempì l'aria.

"Sei spassosa...veramente. Comunque no, sono venuto qui per proporti un patto." Stavolta fu Monica a scoppiare a ridere ferocemente.

"Tu sei fuori di testa. Ti pare che io mi metta a lavorare con un vampiro? E' già tanto se questa sera riuscirai a tornare a casa intero."

Lui sorrise malizioso con una luce dorata negli occhi. Monica non potè non rabbrividire: nonostante la sua baldanza, sapeva che combattere con lui sarebbe stato difficile e probabilmente avrebbe potuto essere anche l'ultima lotta.

"Io credo che accetterai il mio lavoro, alla fine. Vuoi scommettere?" In tutta risposta Monica gli sputò sulla scarpa. "Lo prendo come un no... Eppure dovresti prendere in considerazione la mia offerta, se non altro per la posta in gioco."

"E quale sarebbe?" domandò Monica incuriosita suo malgrado.

"Deborah."

Il tempo sembrò fermarsi per un lungo attimo. Il vampiro sorrideva soddisfatto, mentre Monica era impallidita visibilmente. Che c'entrava la sua amica in tutta quella faccenda?

"Chi sei tu?" Domandò ferocemente lei.

"Mi chiamo Demian." Monica scosse incredula la testa.

"Non è possibile...tu non puoi essere lui..."

"E perchè no? Cara Cacciatrice lo sono invece. La tua amica si diverte a farsi sbattere da un non-morto. A sua discolpa possiamo dire che non lo sa, ma intanto lo fa." E rise. "E non sai quanto bene. Era da decenni che non trovavo una ragazza viva disposta a fare tutte quelle belle cose perverse... Mi domando come sarà quando diventerà una vampira."

"Questo è un motivo in più per ucciderti all'istante." Monica era frastornata: non sapeva bene che cosa fare in quel momento, poteva soltanto tirare per le lunghe quella chiacchierata improbabile. Sperò sul serio che quello fosse solo un incubo e che ben presto si sarebbe risvegliata, solo che lei sapeva che non era così.

"Direi il contrario...Vedi qui nascosto c'è uno dei miei servi. Se lui vede che tu mi uccidi, darà l'ordine a tutti gli altri di mangiarsi la tua amichetta al primo momento libero. Hai capito?" Monica annuì, ma non si diede per vinto. "Bene, quindi possiamo cominciare a parlare finalmente d'affari." Demian si avvicinò di qualche passo a lei e le sorrise freddo. "Non te lo sei ancora scopato, eh?" le chiese rivolto a Wesley, che da dietro il vetro del portoncino, osservava tutta la scena.

"Sono cazzi miei, stronzo. Ora se vuoi spiegarmi cosa cazzo vuoi sarebbe meglio." Demian rise divertito.

"Devi solo uccidere un vampiro."

"Potessi lo farei proprio ora, visto che ho un candidato perfetto davanti a me!"

"Per tua sfortuna non sono io." Prese a camminare lento, sempre con gli occhi di Monica a perforarlo, ma quello non lo disturbava per nulla. "Vedi, Trieste era una città tranquilla, prima che la Bocca dell'Inferno si aprisse. Una splendida città, a mio parere, ci vivo da quasi cinquant'anni e non mi sono ancora stufato. Però, c'è qualcuno che vuole rompere le uova nel paniere a tutti noi bravi demoni e non sei tu, cosa incredibile visto il tuo lavoro."  Fece silenzio per un attimo, come a raccogliere al meglio le idee. Monica, nel frattempo, lo osservò: aveva i capelli biondo scuro a riccioli, gli occhi verdi, quando il demone non appariva e un bel corpo. Capì il perchè Debby doveva esserne rimasta affascinata.

"Taglia corto, non ho tempo da perdere qui."

"Hai ragione, neppure io. In più ho un certo languorino." In realtà Demian si stava proprio divertendo. Inizialmente non voleva giocare in questo modo con la Cacciatrice, ma il suo modo di fare lo intrigava parecchio. Niente a che vedere con la sua amica, questo era vero, ma era piuttosto simpatica. "C'è un altro master in città, oltre a me. Si intende, uno potente e vecchio come me. Ci sono anche vampirelli che si credono Master, ma che non sono niente altro che polvere che cammina. Ma questo no: è forte, potente, usa la magia e picchia duro."

"Bel tipino."

"Umphf. Sì dai, preso a dosi omeopatiche è pure simpatico. Però ha il brutto vizio di adorare la distruzione. Ha in mente di diventare l'unico master della città e di raderla al suolo per farla diventare una specie di porto franco contro gli umani. Te ne rendi conto? Niente più Mandracchio di mercoledì, niente balli, niente spuntini, niente Barcolana...non si può fare questo. Questa città...e i suoi abitanti demoniaci, non lo meritano. Io voglio poter continuare a mangiare sangue vivo quando ho fame, non rocce e macerie perchè un pazzo con qualche serio problema mentale ha voglia di giocare al piccolo demolitore." Non fosse stata così preoccupata, Monica si sarebbe messa a ridere. "Tu devi semplicemente uccidere Kosmina. Sì, è un vampiro dalle origini slave."

"E perchè? Non puoi farlo tu?"

"Lo farei volentieri, io adoro un po' di sana violenza, ma non posso farlo. Vedi quel bastardo ha fatto un incantesimo che non mi permette di colpirlo. Capirai, quindi, che riuscire ad ucciderlo è estremamente difficile. Se non mi credi, chiedo al tuo amico Osservatore, lui conoscerà di certo quello di cui sto parlando. E qui entri in ballo tu. Lo ucciderai per me e vivremo tutti felici e contenti."

"Dimmi perchè non dovrei lasciare che questo tizio ti uccida?" lui sorrise, quasi dolcemente.

"Perchè altrimenti la tua amica farà una brutta fine." Monica deglutì pesantemente. Dunque Debby non era solo una garanzia per questo piccolo incontro, ma anche per il futuro. "Dovresti averlo sentito anche tu, ha un morso sul petto. Quel morso gliel'ho fatto io ed è un morso speciale, estremamente speciale, oserei dire." Un fiume di ghiaccio liquido stava scorrendo nelle vene della Cacciatrice ormai impietrita. "Vedi, in quel modo io ho esteso il mio possesso su di lei: nessun vampiro intelligente proverebbe a farle del male, perchè sennò io lo verrei a sapere e la comunità vampirica mi conosce come uno veramente cattivo. In un certo senso ho quasi messo al sicuro Deborah da qualsiasi aggressione." Monica si stava arrovellando il cervello: non era possibile, Debby non si ricordava di nulla, altrimenti gliene avrebbe parlato, ne era certa. "In più lei è in mio totale potere. Quando faccio valere il legame che ho creato con il morso, lei è come senza una volontà propria. Lei è mia, totalmente."

"Bastardo..."

"Sì, lo so."

"Hai messo su questa farsa solo per arrivare a me." Vide che Demian scuoteva la testa, il sorriso scomparso.

"In realtà no. All'inizio, forse, volevo che fosse così. Avrei morso Deborah velocemente e basta. Invece devo dire che mi ha incuriosito così tanto, che ho preferito conquistarla lentamente. Non che la ragazza non valesse un singolo secondo sprecato. Sai perchè la trovo così interessante? Deborah sembra tanto dolce e coccolosa, eppure dentro di lei c'è un grande interesse verso l'oscurità, sembra una vampira senza esserlo ancora. Non hai idea di quanto lei goda quando la mordo." Monica evitò di pensare troppo all'immagine della sua amica nuda con lui mentre la beveva. "Mi è piaciuta e ci ho giocato. Ma adesso tu lo sai: se non accetti, io la posso uccidere quando voglio. Allora, accetti la mia offerta?"Lui la guarda con un sorrisino di superiorità dipinto sul volto.

"Non credo di avere molta scelta, vero?"

"Direi di no..."

"Va bene, ma tu non osare ad alzare un dito contro di lei." Lo minacciò Monica, ma lui rise come al suo solito.

"Contro direi di no, su di lei sarà diverso. Sarà lei a venire da me, Cacciatrice." Si voltò, soddisfatto bel accordo preso. Capì l'errore solo quando sentì un dolore sordo alla spalla destra. Monica gli aveva lanciato contro un paletto acuminato.

"Non ho detto che non ti avrei ferito, solo che non ti avrei ucciso. Rammenta bene, quando fai dei patti con me devi essere molto chiaro." Lui sorrise e con un gesto teatrale sparì nell'oscurità, lasciando Monica sola ad osservare le ombre immobile.

La ragazza entrò in casa trascinandosi distrutta: si sentiva fisicamente uno straccio e psicologicamente a terra. Era stata sconfitta e ancora non aveva dato un solo pugno a quel bastardo. Eppure...lei sapeva che non avrebbe potuto fare nulla per impedire che mordesse Deborah. Sospirò guardando Wesley davanti a lei.

"Devi cercare più informazioni che puoi su un certo tipo di nome Kosmina. Dovrebbe essere un vampiro piuttosto vecchio e potente."

"Era lui fuori?"

"No, quello era Demian." Wesley sgranò gli occhi per la sorpresa, ma venne interrotto da Monica. "Sì, quel Demian. E adesso chi glielo dice a Debby?"

"Dirmi che cosa?" Deborah era appena apparsa sulle scale con un sorriso smagliante. Monica e Wes ammutolirono. "Allora?"

"Niente!" esclamò l'osservatore sentendosi preso dai Turchi, ma Monica scosse il capo: da tempo portava avanti una politica di assoluta verità, specie con la sua amica.

"Ho conosciuto Demian."

"Carino, vero?"

"Molto, peccato il piccolo inconveniente che sia un vampiro." Deborah rimase di sale e poi si mise a ridere.

"Cavoli, quasi ci credevo." smise di ridere quando vide la sua amica con le lacrime di rabbia negli occhi. "Non può essere vero...Wesley, dimmi che non è vero, ti prego." Ma Wes non rispose.

"Demian ti ha usato. Forse parte di lui pure ti trova interessante, ma ti ha usato come merce di scambio." Deborah sapeva che lei non mentiva, non lo aveva mai fatto. Piuttosto diceva le cose come stavano, magari facendola stare male, o dandole la scossa per attivarsi, ma mai le aveva raccontato bugie per farla stare meglio. Girò i tacchi e sparì al piano di sopra, mentre Monica iniziava quietamente a piangere.

 

Da "La Repubblica"

 

Il capo della polizia italiana decide di inviare più agenti per le indagini nel capoluogo Giuliano, infestato da omicidi e rapimenti. Il presidente della Repubblica insieme a tutte la cariche istituzionali, si dicono sgomenti rispetto a questi avvenimenti. Inutili gli appelli dei famigliari delle vittime.

 

CAPITOLO TREDICI

 

Il mattino dopo, Debby si svegliò con la testa che le faceva più male della sera prima. Aveva pensato alle parole di Monica ed era giunta alla conclusione di essersi fatta abbindolare in maniera veramente stupida. Avrebbe dovuto capire prima che Demian era un vampiro: pallido, freddo e una certa aurea di malvagità che lei sentiva a pelle. Però...era anche terribilmente affascinante. Tutte le sorprese che le aveva fatto, i posti dove portarla, il sesso a dir poco favoloso, come fare a capire che non era un ragazzo normale? Si alzò sospirando e si guardò allo specchio: le gote erano ancora rigate dalle lacrime versate durante il sonno, si sentiva tutta arruffata e sicuramente contro ogni tentazione. Si vestì ed andò in cucina, dove, con stupore, trovò Monica e Wesley ancora vestiti come il giorno prima intenti a sfogliare dieci libri diversi. Attorno a loro il caos più completo: fogli sparsi su tutti i mobili e sul pavimento, scatole vuote di biscotti e tazzine sporche di caffè in ogni angolo. Dovevano aver fatto nottolata per fare ricerche.

"Ciao Deborah." la accolse Monica sorridendo mesta.

"Non siete andati a letto?" Wes e Monica guardono l'orologio e strabuzzarono gli occhi.

"Cazzo! E io devo pure andare a lavorare. Merda!" Monica corse verso la sua camera per prendersi dei vestiti puliti, per poi fiondarsi verso il bagno per una doccia rivitalizzante.

Debby si sedette vicino all'Osservatore che la guardava con la pena nel cuore.

"Scusa, Wes. E' tutta colpa mia." Mormorò la rossa.

"Ma figurati, non ti devi scusare. Demian sarebbe arrivato a te in qualunque modo, non potevi immaginarlo."

"Avete trovato qualche cosa."

"Sì...diciamo che ora sappiamo chi Monica deve affrontare." Wes prese uno dei fogli li vicino e cominciò a leggere veloce. "Kosmina è un vampiro di almeno trecento anni, diciamo che il primo documento ufficiale che abbiamo trovato è datato 1700. E' stato vampirizzato a Belgrado, ma poi ha girato parecchio per il mondo, imparando le arti magiche e mistiche. Non è un vampiro da sottovalutare, Monica deve stare molto attenta."

Dal bagno uscì Monica veloce come una scheggia, i capelli ancora bagnati per la doccia rapida che si era fatta. Tornò in cucina saltellando mentre cercava di sistemarsi la coda di cavallo e contemporaneamente di mettersi le scarpe.  Wesley sorrise a vederla così sbarazzina.

"Perchè non ti prendi un giorno di pausa? Hai passato la notte a studiare.." provò a dire Deborah.

"Non posso! E poi lascio Wes qui a fare ricerche...è meglio, io mi stavo annoiando una cifra."

"Ehy, avevi detto che ti interessava..." Protestò il ragazzo punto sul vivo.

"Bhe, volevo essere utile...Ma non pensavo che ci fosse così tanta roba: ho capito perchè sono le Cacciatrici a combattere e non gli osservatori, chi scriverebbe poi tutte quelle scartoffie dopo una lotta?" Rise, smettendo però quando guardò Debby. "Che c'è?" la rossa scosse il capo triste.

"E' tutta colpa mia se siete a questo punto." Monica le sorrise abbracciandola da dietro.

"No, non è colpa di nessuno. Demian sarebbe arrivato a me comunque in qualche modo. Forse potevi accorgerti che era un vampiro, questo è vero, ma io, per esempio, non ho fatto caso che il tuo morso continuasse ad essere aperto. Ero talmente presa dal Consiglio, che non ci ho fatto caso. Non dobbiamo colpevolizzare nessuno, Debby, adesso dobbiamo rimboccarci le maniche e fare in modo di rendere polvere qualche brutto vampiro. Ok?" lei annuì, mentre Monica le dava un bacio sulla guancia. Sì, non doveva preoccuparsi, presto quell'incubo sarebbe finito.

Monica prese la sua tazza e ingurgitò tutto ad un fiato il caffè rimasto, poi prese la borsa che aveva lasciato vicino la sedia di Wes e si chinò. Prima di sparire lasciò anche a lui un bacio sulla guancia come quello che aveva dato prima alla sua amica e, con uno svolazzo di mani, uscì di casa per andare al lavoro.

Wesley, stupito, si teneva la gota marchiata ormai a fuoco dalle labbra della sua cacciatrice e Debby sorrise a vederlo così rosso in viso ed imbarazzato.

"Te lo avevo detto che lei è una ragazza buona."

"Bhe sì...però è la prima volta che..."

"Che ti lascia un bacio? Aspettatene pure degli altri: Monica, come me, è una che apprezza il contatto fisico." e gli sorrise cercando di essere propositiva in positivo per il resto della giornata. In realtà, fin dalla sera prima, aveva pensato di dover fare una cosa molto importante per aiutare la sua amica. Non voleva che le accadesse nulla di male e non poteva sopportare di essere usata in quella maniera indegna.

Avrebbe avuto la sua vendetta.

 

La notte era calata in fretta e la luna era sempre più piccola all'orizzonte: sarebbe diventata nuova di lì a dodici giorni. Monica correva veloce per le vie della città vecchia, zona dove, nelle ultime notti, c'erano stati più attacchi. Wesley le aveva detto che sarebbe andato a cercare informazioni in certi locali demoniaci, o, che almeno, li andava a cercare. Era decismente più tranquilla a saperlo lontano da lei: stranamente, e non riusciva a capire come mai, quando erano a caccia insieme non riusciva a concentrarsi al 100% perchè aveva almeno un po' di attenzione verso il suo osservatore.

Scese per Via San Michele, dove neppure un'anima sembrava popolarla. Arrivò velocemente a Cavana e trovò quello che cercava: un vampiro già in assetto da caccia stava mordendo un ragazzo. Monica arrivò di corsa, lo staccò dalla vittima che cadde a terra mugolante come un salame, e lo prese un po' a pugni prima di polverizzarlo.

"Stai bene?" chiese al ragazzo che la stava guardando stravolto.

"Sì...credo. Che cos'era?" Monica l'osservò di sbieco.

"Sei proprio sicuro di volerlo sapere." Quello scosse il capo in segno di diniego. "Meglio. Ora vai a casa diritto e se puoi fatti una bella bistecca..." Quello corse via senza neppure finire di ascoltare, aveva troppa paura. "...al sangue. Bah..."

Si guardò attorno, Piazza Cavana era deserta, perfino la pizzeria aveva le saracinesche abbassate. Il lampione rilasciava la sua calda luce arancione e, ombre a parte, non c'era nulla di vivo. Infatti, da un piccolo vicolo apparvero un paio di vampiri.

"Cacciatrice..." Ringhiò uno.

"Vampiro." constatò semplicemente lei. Li sentiva, non erano molto potenti, forse alcuni avevano qualche decennio, ma nulla più. Solo che, in sottofondo, percepiva una demonicità più forte, qualcosa di antico. Doveva stare molto attenta.

L'attacco avvenne velocemente, rapido e brutale, ma lei non si scompose e rispose a tutti i pugni e calci. Finì a terra, ma si risollevò immediatamente, come se nulla fosse accaduto. Non doveva mostrare debolezze davanti ai suoi nemici, specie se di quella così bassa levatura.

Poi il tempo si fermò. Tutti i vampiri si immobilizzarono e si fecero da parte, facendo entrare in scena il loro leader. Monica rabbrividì sia per la potenza che lui emanava, che per lo sguardo sprezzante che le stava rivolgendo. Non ebbe dubbi: aveva davanti Kosmina. Alto, con una lunga tunica a coprirlo e il cappuccio, che lo faceva assomigliare ad un druido più che ad un vampiro. Il volto era serio, non doveva avere più di una trentina d'anni quando era stato vampirizzato. Gli occhi neri e profondi come due pozze di pece e i capelli lunghi scuri, tipici degli slavi. La bocca non sorrideva, anzi sembrava quasi più piegata in una smorfia di disprezzo.

"Quindi sei tu la cacciatrice..." il tibro basso e freddo le arrivò al cervello sotto forma di una scarica elettrica da 220 volts. Per la prima volta da quando era stata attivata, sentì di voler scappare lontano da lì.

"E tu saresti?" Si diede mentalmente della stupida perchè le era parso di aver parlato con una voce da bambina impaurita. Tirò su le spalle per aver una posa più da eroina, ma credette di non avercela fatta.

"Non sai chi sono?" Monica esultò: la sua tattica -Faccio finta di non avere la più pallida idea di chi sei tu, stronzo.- aveva funzionato. La sua voce era rimasta immutata, ma aveva visto fiammeggiare gli occhi di disappunto, quando si era accorto che lei non lo conosceva. Un vampiro vanitoso, dovrò ricordarmelo, pensò lei.

"Decisamente no...un vampiro, questo è chiaro, ma c'è nulla in te che ti differenzia dagli altri." Voleva provocarlo e si maledì di averlo fatto dopo che lui, con un gesto della mano, la gettò a terra. Le sembrava che una forza invisibile la stesse facendo volare. Peccato che l'atterraggio si risolse ad essere più duro di quello che si era aspettata. Aveva sbattuto contro il vetro della banca della piazza. Per fortuna che non si era rotto, il vetro anti sfondamento aveva funzionato bene. "Dai, forse una piccola differenza c'è..." borbottò al'indirizzo di Kosmina.

"Direi."

"Sì, una inezia. Giochi sporco e non ti vuoi sporcare le mani in un combattimento corpo a corpo." Sogghignò alla vista di lui che si infuriava. Evidentemente questo tipo aveva un ego smisurato. I suoi servi iniziarono a ringhiare e uno di loro le andò anche contro, ma si ritrovò polvere sotto lo sguardo divertito di Monica. Il suo master lo aveva incendiato perchè non era restato al suo posto. Quel tipo quasi le poteva piacere, non fosse che avrebbe dovuto ucciderlo per restare in vita.

"Sei una sfrontata." le disse lui e Monica fece spallucce. Si rialzò dolorante e prese un paletto: di sicuro non si sarebbe arresa così facilmente.

"Cos'è? Senza magia non sai fare niente?" si gettò su di lui in una bella azione da kamikaze, ma voleva coglierlo di sorpresa. Ci era quasi arrivata vicino, che tornò a volare. Maledizione, lui la colpiva a distanza. Franò sul terreno mollando una serie di parolacce.

"Fatti uccidere. Il tuo sangue mi potrebbe essere utile." Disse lui tranquillo. Fece un gesto ai suoi childe e quelli si dilueguarono nell'ombra lasciandoli soli.

"Fottiti." rispose amabile Monica sputando un po' di sangue a terra. Le si era spaccato un labbro.

"Oh lo farò, magari con il tuo cadavere ancora caldo." La prese per il collo sbattendola contro il muro. Monica faceva un sacco di fatica a respirare, Kosmina la stava stringendo con forza proprio a livello della trachea. Sudò freddo cercando di dimenarsi, ma con scarsi risultati. Ok, pensò, devo prendere tempo.

"Allora, come ti chiami, stronzo?" chiese sfrontata rantolando.

"Io sono il master di questa città."

"Ma come? Io credevo che fosse un altro...biondo, occhi verdi, assai figo...Demian, può essere?" Il demone fece capolino in lui per la rabbia.

"Lui non è nulla, sarà solo un ricordo."

"Non credo che lo voglia." nel mentre della simpatica chiacchierata, Monica era riuscita a raggiungere la tasca della sua giacca ed esultò quando trovò quello che cercava. Tirò fuori la piccola bottiglia e lentamente tolse il tappo. "E poi Demian mi sembra molto più forte di te...non sei un gran che." Sapeva benissimo che non era vero, anzi, aveva molto più timore di lui rispetto al vampiro biondo.

"Demian è solo un fallito." Le sibilò all'orecchio. Proprio ora che era così vicino, Monica gli gettò in faccia l'acqua che c'era nella bottiglia, direttamente negli occhi dorati. Kosmina iniziò immediatamente a frigolare come della pancetta nella padella, lasciando andare Monica per il dolore. Per la prima volta Monica ringraziò la Chiesa per aver benedetto l'acqua.

"Maledetta cagna!" Le urlò dietro, ma Monica non voleva assolutamente restare a vedere il suo operato: incazzato com'era lui, non aveva dubbi che l'avrebbe fatta fuori anche con la magia, altro che spuntino notturno. E lei non era così stupida, quindi la fuga strategica poteva essere un'ottima mossa. Raggiunse l'auto in velocità senza essersi mai voltata indietro e sgommò verso casa rilasciando un sospiro di sollievo. Entrò in casa e finalmente si sentì completamente al sicuro.

Salì le scale lentamente sentendosi improvvisamente una fallita: diamine, era scappata via come una pivellina, non aveva neppure provato a lottare. Che razza di Cacciatrice poteva essere se non riusciva a battere quel vampiro? Aprì la porta che separava la casa vera e propria dal garage e cercò di andare in camera sua senza accendere la luce. Quando, finalmente, riuscì a prendere in mano la maniglia, la luce del corridoio l'accecò, rivelandole un Wesley appena rientrato dalla sua caccia di informazioni e che di sicuro stava meglio di lei.

"Monica?"

"Ciao Wes." rispose lei cercando di non farsi vedere, ma lui si avvicinò incuriosito dallo strano comportamento della ragazza.

"Dove vai?"

"A dormire. E' stata una giornata pesante." Ed entrò nella sua stanza, immediatamente seguita dal ragazzo. "Ti ha mai detto nessuno che dovresti bussare e chiedere permesso prima di entrare in camera di una ragazza?" Wesley si guardò attorno: in realtà era la prima volta che ci metteva piede. Il letto era ancora sfatto dalla notte precedente e le lenzuola dei Peanuts spiccavano simpatiche. A terra c'era uno scendiletto di lana grezza lavorato a geometrie. Una scrivania completamente ingombra di carte, libri e pennarelli, una enorme libreria che tappezzava una intera pareteappezzava una intera pareta, completamente ricolma di fumetti, libri, cd e DVD. Sulla sedia erano gettati alla rinfusa vestiti di tutti i generi: riconobbe immediatamente il vestito nero che lei aveva indossato la sera che erano andati a ballare assieme. Le tende di colore violetto erano tirate e un poster dei Muse capeggiava lì vicino.

"Toc toc, è permesso? Grazie." Fece lui e lei si mise a ridere.

"Hai fatto una battuta? Mio dio, l'apocalisse è veramente vicina." Wesley mise una mano sopra la spalla di lei e la fece girare. Con preoccupazione vide i lividi ed i tagli della sua Cacciatrice. Con un gesto lento le tolse da davanti agli occhi una ciocca di capelli che era uscita dalla coda a causa della lotta e lei fece una smorfia: al di sotto c'era una ferita ancora sanguinante. La lasciò andare per uscire dalla stanza. Monica quasi ci rimase male: possibile che fosse tutto quello il suo interesse? Prese lentamente a spogliarsi dai vestiti per vedere come era ridotta nel resto del corpo, sentì bussare alla porta e Wes tornò dentro portando una cassetta del pronto soccorso.

"Dovresti darti una lavata alla faccia, giusto per togliere lo sporco, poi disinfettiamo." Lei annuì e andò in bagno, sempre seguita dal suo Osservatore, che decise di non concentrarsi sul fatto che Monica indossasse solo una maglietta a maniche corte e gli slip, mostrandogli così tutte le gambe. Con difficoltà lei si lavò velocemente, poi si sedette sul bordo della vasca con Wesley vicino che stava preparando i primi batuffoli di cotone impregnati di tintura di iodio. In silenzio Wesley la curò: non si limitò ai tagli principali sul volto, ma anche a quelli sulle spalle, sulle braccia e sulle gambe. Dovette usare tutto il suo autocontrollo per non saltarle addosso, specie quando lei rimase solo in intimo, apparentemente indifferente di mostrarsi semi nuda a lui. E' evidente che non le interesso, pensò lui a fine lavoro.

"Grazie." Disse lei. In realtà sentire le dita leggere di lui sul suo corpo era stato devastante anche per lei: senza neppure dover controllare, sapeva che aveva le mutandine completamente umide, possibile che lui non riuscisse a sentirlo? Secondo lei la stanza odorava di sesso represso lontano un miglio.

"E' stato Demian?" Chiese Wesley per stemperare un po' la situazione.

"No. Kosmina...e credimi, è meglio se mi alleno ancora un bel po', prima di doverlo incontrare di nuovo." Fece una smorfia quando un taglio riprese a sanguinare.

"Aspetta..." Wesley prese una garza e gliela pose in testa, fermandola con un pezzo di cerotto, poi, preso da una forza insolita, le posò un piccolo bacio sulla fronte. Monica si sentì di nuovo bambina, quel gesto le ricordava suo nonno, lui la salutava sempre così.

"Grazie di nuovo." mormorò piano lei "Senti, che hai trovato?" Sì, molto meglio parlare di lavoro, meno compromettente.

"Ah sì. Ho scoperto il nome di due locali demoniaci molto in voga, uno assai pericoloso, uno, invece, dove cercare informazioni. Potremmo andarci domani."

"Ottimo lavoro. Ora scusami, ma sono distrutta, vorrei riprendermi per andare al lavoro." Wesley annuì e la vide sparire dietro la porta. Rilasciò un sospiro levandosi tutta la tensione che aveva accumulato durante la medicazione. Miseria, averla così vicino era qualcosa di sconvolgente: lei lo attirava a sè come una falena era attratta dalla luce...sperava solo di non bruciarsi.

 

Da "Il Piccolo"

 

Continuano gli atti vandalici: in Piazza Cavana è stato sfondato un vetro della sede locale della Unicredit. Le telecamere di sicurezza non hanno potuto riprendere nulla di utile agli inquirenti. Il Procuratore prega tutti i cittadini, visti i brutti momenti, di essere più accorti.

 

 

CAPITOLO QUATTORDICI

 

Camminava lenta per la città deserta mettendosi  in mostra più che poteva, ma senza risultati. Debby aveva detto a Monica e Wesley che sarebbe uscita con un suo amico dei Volontari. In realtà ora era armata del fedele paletto di legno da lei stessa affilato, un pugnale dalla lama pericolosamente ricurva e una bottiglia di acqua benedetta. Quella sera era lei ad andare a caccia, ma non di un vampiro qualunque, lei cercava il Suo vampiro. Decise di bazzicare verso il centro bene della città: Piazza Unità, Piazza della Borsa e San Antonio... Di solito erano lì che lei e lui si incontravano e Wesley le aveva detto che i vampiri erano piuttosto territoriali, sperava solo di non aver sbagliato. Se il morso che Demian le aveva lasciato era come un marchio impresso a fuoco sulla sua pelle, allora non avrebbe avuto problemi con gli altri vampiri. Quella sera si era vestita per stendere: abitino corto nero, trucco molto dark, con un braccialetto in borchie che di solito usava per Carnevale, un paio di scarpe con tacchi vertiginosi e una giacca molto corta fatta a posta per mostrare le sue lunghe e belle gambe.

Ormai era più di un'ora che faceva su e giù per le strade pedonali, ma ancora nessuno la aveva aggredita e di Demian neppure l'ombra. Stava per gettare la spugna, quando due forti braccia la arpionarono da dietro. Chiuse gli occhi sapendo a chi appartenessero.

"Vuoi che qualcuno ti faccia male?" Le sussurrò all'orecchio. Il fiato freddo le fece partire un brivido dietro la schiena.

"Tipo? Un brutto vampiro come te?"

"Amore, mi offendi, io non sono brutto." La fece girare lentamente, in modo da guardarla negli occhi. Deborah rimase senza parole, era ancora più bello di come se lo ricordava lei. Gli occhi verdi splendenti la stavano guardando con lussuria crescente, voleva poter accarezzare i morbidi ricci e perdersi di nuovo in lui, ma ricordò quello che lui le aveva fatto e si inalberò.

"Mi hai preso in giro." e lui sorrise.

"Non tanto piccolina. Fa parte della mia natura essere subdolo."

"Bastardo."

"Anche...ma voglio ricordarti che sei anche piuttosto fortunata: io, di solito, le mie amanti a questo punto le avevo già uccise. Tu mi sembri piuttosto integra e perfettamente funzionante" la fece aderire ancora più a se.

"Ti servo intera solo per poter ricattare Monica." Demian si tolse il sorriso dalle labbra e divenne improvvisamente serio. Le accarezzò la guancia con un movimento lento e calibrato.

"Non è del tutto vero. Avrei potuto farlo con mille altre persone, ma ho scelto te perchè sei un'anima affine alla mia." Debby lo guardò incapace di reagire. "L'ho capito subito da come ti muovevi, da come parlavi, o semplicemente dall'odore di notte che porti con te, mon petite. Tu ami l'oscurità, desideri perderti in essa e io sono qui proprio per questo." Con le mani, Demian scese verso il bordo del vestito, giocando con le cosce nude della ragazza, che non riuscì ad evitare di sospirare di piacere. "E in fondo, questo gioco a te piace, lo sento che ti ecciti solo a guardarmi." Lei arrossì per essere stata scoperta in maniera così palese.

"Quello che vuole il mio corpo è diverso da quello che voglio io." proruppe lei tutto in un fiato.

"Perchè? Cosa vuoi?" Le chiese lui, mentre la appoggiava al muro di un edificio per baciarle il collo. Vide le pulsazioni impazzite delle sue vene e desiderò di nuovo poter bere da lei. Voleva marchiarla ancora e ancora, non si sarebbe mai stancata di lei. Debby assaporò il tocco delle labbra fredde di Demin su di se: voleva urlargli contro tutto il suo disprezzo per quello che le aveva fatto, ma non ci riusciva, lei voleva poter averlo di nuovo. "Vedi? Neppure tu sai quello che vuoi in realtà. Il tuo corpo, la tua mente, il tuo cuore, mi vogliono, esattamente come io voglio te. Eppure tu tenti continuamente di opporti a questo, solo per quel ridicolo senso di amicizia che ti lega alla Cacciatrice."

Queste parole risvegliarono Deborah: la nebbia che stava scendendo in lei, e non solo per il potere del morso, ma proprio per l'eccitazione che lui le provocava, si diradò.

"La mia amicizia con Monica non è ridicola." Prendendolo di sorpresa lo spinse lontano, in modo da mettere tra loro un metro d'aria. "Tu non puoi capire che cosa mi lega a lei."

"Non vi lega nulla, solo il fatto che siete amiche. Ma il sangue...quello è il vero legame e tu lo hai con me, non con lei." Gli urlò lui, leggermente alterato per la piega imprevista che aveva preso la conversazione.

"Parli così solo perchè sei un vampiro. Non esiste solo il sangue, ma anche il cuore e io voglio bene a Monica e non permetto che venga messa in difficoltà a causa mia." sfoderò il paletto che aveva nella borsetta e lo puntò su di lui che sorrise sarcastico.

"E tu pensi di potermi uccidere? Sei veramente spassosa amore."

"Smettila di chiamarmi amore come se mi amassi sul serio. Io posso e devo ucciderti. Se tu morirai per mano mia, lei non dovrà uccidere questo Kosmina solo per salvare me." Disse con sicurezza Deborah ormai lanciata nella sua missione.

Lui si avvicinò a lei tranquillo e la prese per le braccia in una morsa di ferro e guidò la mano destra, quella che teneva il paletto, all'altezza del suo cuore fermo.

"Fallo se ci riesci. Vedi, io non scappo." Deborah sapeva che doveva fare la cosa giusta, voleva spingere nella carne quel pezzo di legno, ma il cervello non mandava il giusto impulso perchè le urlava contro che non doveva farlo. Nel mentre che lei pensava, Demian riprese a giocare con il suo collo, graffiandolo leggermente, giusto per assaggiare il suo sangue. Deborah non ce la fece proprio a spingere oltre e, quando lui le catturò le labbra per un bacio, lasciò cadere il paletto a terra che provocò un rumore secco nella piazza deserta. Le mani di entrambi, donna e vampiro, si mossero indipendenti per scoprire il corpo dell'altro amante, per non dimenticarlo nelle ore da passare in solitario. Nessuno dei due voleva lasciare l'altro, ma quando lui si staccò da lei, a Deborah si ruppe il cuore. Aveva capito che senza di lui si sentiva mozzata, come se una parte di lei fosse sparita.

"Tornerai da me, questo è sicuro." Disse lui a voce molto bassa, senza sorrisi maliziosi, ma serio "Cerca di capire che cosa vuoi veramente." Si girò e scomparve nell'oscurità lasciando una Deborah confusa e stravolta solo per un bacio. Respirava pesantemente e aveva le gambe che le tremavano per l'intensità dell'incontro. Si voltò anche lei e se ne tornò verso casa con un equilibrio non molto stabile.

Non si accorse che dietro di lei gli occhi verdi di Demian la seguivano costantemente. Si stava toccando le labbra, come a ricordare la splendida sensazione che aveva provato nel baciare la ragazza. Quando vide che lei era rientrata sana e salva nel suo magazzino, decise che per quella notte poteva tornare nel suo covo, in fondo lei non aveva più bisogno di lui.

 

Monica e Wesley quella sera si erano vestiti elegantemente. Il ragazzo le aveva detto che il locale dove l'avrebbe portata era per una clientela scelta e raffinata. Monica aveva deciso di indossare un paio di pantaloni neri con a lato dei simpatici anelli di metallo che si assicuravano su una fascetta di cuoio. La camicetta bianca di seta lasciava ben poco all'immaginazione visto come le fasciava il seno. Aveva optato per un paio di stivaletti neri e di lasciarsi i capelli sciolti.

Wesley, invece, aveva scelto un paio di jeans blu scuri ed una camicia rossa lasciata aperta nei primi bottoni. Niente occhiali ed una giacca di scamosciato che, quando Monica l'aveva vista, le si era azzerata la salivazione.

Davanti all'insegna del locale, Wesley la fermò un secondo.

"Allora, ricordati che dentro non si può usare la violenza. E' stato fatto un incantesimo apposito, questo locale è un Santuario, ok?" lei annuì "Il proprietario è un tipo un po' strano, ma è bravo e ti potrebbe essere di grande aiuto."

"Perchè?"

"Perchè è un Pyleiano e la loro razza ha la capacità di leggere dentro le persone, quindi...orecchie ben aperte." I due entrarono: si doveva scendere per una piccola scala, poi passarono sotto un metal detector capeggiato da una muscolosa guardia che li guardò di sbieco. Dato che il detector non suonò, li lasciò passare.

Monica pensò di essere finita all'inferno: un demone dalla folta pelliccia blu e con la coda luciferina stava massacrando "One" degli U2. Lei quasi non riuscì a fermare le lacrime. Non era possibile che qualcuno riducesse in poltiglia la sua canzone preferita. Poi si accorse dei bei tavolini rotondi tutti occupati da demoni di foggia diversa, ma anche da essere umani per nulla stupiti di trovarsi in una babele  demoniaca. Wes si sedette su uno sgabello al bancone ordinando una birra per lui e un Bacardi Brezeer per lei. Aveva imparato che le piaceva un sacco.

"Vieni e siediti."

"Un Karaoke?" chiese lei stupita e scioccata.

"Sì, cosa c'è di male? Il fatto è che il proprietario riesce a leggere meglio se uno canta, perchè si mette a nudo l'anima." Le passò la bottiglietta con il chiaro liquido rosa e lei lo guardò confusa.

"Come sai che avrei preso questo?"

"Perchè ti piace...ho sbagliato?" Domandò preoccupato lui e lei sorrise.

"No, hai fatto bene, mi hai solo stupito. Non credevo che te ne ricordassi." Lui non rispose, ma prese a guardare il palco. Non c'era nulla da dire, quel demone blu era veramente stonato. Alcuni avventori si girarono verso di loro e mugugnarono infastiditi: avevano riconosciuto la Cacciatrice. Qualcuno anche le ringhiò contro, ma lei non si scompose e li sfidò uno ad uno con lo sguardo.

"Ehy, ehy...calmate gli animi, pasticcini alla crema. Qui può entrare chiunque e la Cacciatrice è benvenuta come voi." Chi aveva parlato era uno strano demone con la pelle verde brillante, due corna rosse sulla fronte e gli occhi coordinati. Il naso adunco concludeva il volto, dove un paio di labbra sottili stavano sorridendo rivelando una bella serie di denti abbaglianti. Quello che sconcertò Monica era il completo giacca e pantalone di colore rosa salmone, con sotto una camicia gialla canarino ed una cravatta rossa. Non c'era nulla che fosse in tinta con un altro pezzo di abbigliamento. Il tipo lasciò il microfono ad una avvenente ragazza con un lungo vestito rosso a paiettes e si avvicinò a loro.

"Buonasera e benvenuti al Caritas. Spero che il locale sia di vostro gradimento." e tense la mano a Wesley per stringergliela e baciò quella di Monica da perfetto galantdemone. "Io sono Lorne."

"Piacere, Monica e lui è Wesley."  il demone ordinò al suo barista un Sea Breeze e si sedette con loro, lontano dagli altri avventori per non farsi sentire.

"Allora, immagino che siete venuti qui non tanto per la bella musica, quanto per avere informazioni, giusto?"

"Dritto al sodo...mi piace."  Disse Monica prendendo in pratica il comando dell'operazione. Si stizzì parecchio quando vide che Wesley era completamente rapito dalla ragazza che cantava: sembrava non avesse occhi che per lei.

"Non ti arrabbiare con lui, tortina, quella che canta è una Veela e fa questo effetto a tutti i maschi umani. Appena avrà finito lui smetterà di sbavare." Monica alzò gli occhi al cielo.

"Hai info su Kosmina e soci?"

"Qualcuna. Non dovrei dirtelo, perchè sennò qualcuno potrebbe volermi squoiare per farsi una giacca, ma se Kosmina riesce nel suo piano, questo locale non esisterà più e poi...bhe che divertimento ci sarebbe in questo?" Anche Wes prese ad ascoltare, la ragazza sul palco aveva finito l'esibizione.

"Oh, il nostro osservatore ha deciso di tornare tra noi." Esclamò acida Monica facendogli strabuzzare gli occhi.

"Ehm scusate. Continua Lorne."

"Sta tirando su un grande esercito di vampiri e li sta allenando per portare avanti una guerra totale contro suo fratello."

"Suo fratello?"

"Sì, un certo Demian, bella voce..." Monica immagazzinò quell'ulteriore informazione: quindi i due più forti master erano parenti...forte.

"I due si stanno facendo la guerra da un bel po' in città, ma con l'apertura della Bocca dell'Inferno...diavolo, questo posto ha decisamente più attrattive ora." Wesley annuì come se se lo aspettasse e Monica fece spallucce. A lei poco interessava di questa lotta intestina tra vampiri, aveva solo bisogno di trovare il metodo per uccidere prima uno e poi l'altro.

"Ecco perchè ci sono più sparizioni e meno omicidi...portano i corpi nel loro covo."

"Un punto all'osservatore. Più di questo non posso dirvi, comunque passate ogni tanto, magari le prossime sere potrò darvi novità fresche." Disse Lorne mentre si alzava.

"Si può fare, questo posto è carino."

"Ti ringrazio. Piccolo bignè alla crema, perchè non sali su quel palco a deliziarci con la tua voce da usignolo?" Monica sgranò gli occhi e scosse la testa velocemente in segno di diniego.

"Non ci penso neppure!!"

"Coraggio è una regola per tutti. Chi entra al Caritas deve cantare almeno una volta. Non puoi uscire altrimenti, c'è un incantesimo che non lo permette." Monica si avviò come se dovesse salire sul patibolo, non era decisamente felice. Wesley prese Lorne per una manica.

"Da quando c'è questa regola?" Gli chiese curioso.

"Da mai...ero solo molto curioso di leggere una Cacciatrice. Non l'ho mai fatto." Wesley sorrise. Povera Monica. La guardò mentre sceglieva la canzone più adatta a lei e poi mentre saliva sul palcoscenico: indubbiamente le piaceva. I pantaloni neri slanciavano la sua figura e la camicia bianca...Avrebbe volentieri strappato via tutti i bottoni per poter scoprire quello che c'era sotto. Ormai si era messo il cuore in pace: lui non le interessava e quindi si faceva l'abitudine al fatto che i pantaloni stringessero sempre più del necessario al livello del cavallo. Ormai era una consuetudine, quasi non ci faceva più caso. Però illuminata dal faro, gli occhi scintillanti di timore per l'esibizione, la sua presenza fu devastante per lui e anche per gli altri clienti, che, nonostante la odiassero per il suo lavoro, erano rimasti a bocca aperta. Lei non lo sapeva e neppure lo immaginava, ma era diventata molto più carina di un tempo.

Con voce chiara e per nulla tremante, iniziò a cantare una canzone che Wesley non conosceva, ma la cosa non gli importava più di tanto, gli bastava vederla e sentirla. Lorne, di fianco a lui, ascoltava molto interessato: ogni tanto faceva qualche smorfia, ma Wes non si arrischiò a chiedergli nulla. Quando Monica finì, scese accolta da qualche sparuto applauso e arrivò da loro.

"Questa è una cosa che non farò mai più!" Esclamò convinta. "Mi sono vergognata tantissimo."

"E' stata un'esperienza molto interessante." disse Lorne

"Ah sì? Che hai letto?"

"Davanti a te la strada è buia, Monica. Devi stare molto attenta, anche se troverai una tua piccola isola di felicità. Stai attenta: la guerra che intraprenderai non sarà solo fisica, ma soprattutto mentale. " Lei annuì senza capire molto.

"Tocca a Wesley cantare ora."

"Già. Forza inglese, vai e deliziaci." Wesley, che stava bevendo in quell'istante, quasi si strozzò. Lui non voleva di nuovo cantare in pubblico, aveva già dato e gli sembrava abbastanza, ma sotto lo sguardo impietoso di Monica e Lorne andò a fare quello che gli era stato ordinato. Però questa volta, nessuna canzone d'amore per lei.

Pochi minuti dopo la sua voce si spanse per il locale ormai deserto: i demoni avevano preferito mettere tra loro e la cacciatrice più strada possibile, ancora che lei uscendo non avesse avuto voglia di combattere. Monica non potè fare a meno di pensare alla volta precedente in cui lo aveva sentito cantare, quando, però, lui lo aveva fatto per lei, con una canzone che le calzava a pennello. Stavolta aveva optato per una classica canzone inglese come "Hey Jude" dei Beatles. Monica sorrise e Lorne scosse la testa.

"Il suo affetto per te è accecante come il primo raggio di sole del mattino." Le disse piano.

"E scalda altrettanto." si ritrovò a sussurrare lei più a se stessa, anche se pure il Pyleiano la udì.

"Possiamo andare, ora?" Chiese Wes quando tornò al bancone. Il demone annuì contento, ma prima che uscissero, tirò in disparte il ragazzo.

"Amare una Cacciatrice è difficile, ma non disperare, nulla è perduto, anzi." Wesley si imporporò leggermente. Sapeva che lui aveva letto tutto quello che provava, ma non che poi glielo facesse notare così palesemente.

"Dove andiamo, ora, Osservatore?" domandò Monica pimpante.

"Cimitero." Presero la piccola auto rossa e si avviarono al Sant'Anna in silenzio. Wes sfogliava referti medici e piantina del campo santo, Monica pensava ai fatti suoi. Le piaceva quella muta complicità che ogni notte si instaurava sempre più forte tra loro. Le permetteva di essere più calma e concentrata, senza dover pensare a quanto lei potesse odiarlo. Notti intere si era data della stupida per come aveva fatto iniziare il loro rapporto e ora voleva cercare di riannodare i fili il più possibile. Parcheggiarono e scesero. Come sempre passarono per una piccola porticina che aprivano grazie ad un doppione fatto ad hoc da Wes, solo che questa volta era già stata aperta. Curioso, che il custode se la fosse dimenticata così?

Con paletto e balestra sfoderati, presero a camminare verso la zona nuova, dove di solito c'erano i risvegli. Si fermarono alla sommità di una piccola collinetta perchè avevano visto qualcosa che non ci doveva essere: un uomo.

Era chino su una tomba fresca e guardava a terra come a cercare qualcosa di particolare.

"Vampiro?" domandò Wes incerto.

"No, essere umano." Rispose sicura lei. Che diamine ci faceva un uomo in cimitero a mezzanotte? Di sicuro non era un tombarolo, vicino a lui non c'erano pale e picconi, quindi?

"Pensi che dovremmo andare da lui ad avvertirlo?"

"Come gli spieghiamo poi che ci facciamo noi? No, Monica, dovremo stare qui." Il tipo si alzò e Monica distinguette immediatamente la pistola che teneva sotto il risvolto della giacca.

"E' un poliziotto. Starà indagando sulla profanazione. Come gli diciamo che non c'è nessun becchino da ste parti, ma solo un branco di vampiri?"

"Bella domanda, ma quello che mi preme sapere adesso è come facciamo a salvarlo da un vampiro?" in lontananza un vampiro già in assetto da caccia, stava puntanto all'uomo.

"Non ti vanti di essere un perfetto giocatore di freccette? Bhe, Wes, il cuore sono cinquanta punti." rispose Monica. Non voleva mettersi a correre per salvare l'uomo, sarebbe caduta la sua copertura e non poteva permetterselo.

"E' una sfida?"

"Ti pago da bere se lo centri da qui." Wes sorrise e imbracciò la sua fedele balestra con la freccia già nella scocca. Il vampiro si avvicinava a passi regolari e veloci. Trattenne il fiato quando stette per schiacciare il grilletto e pregò di beccarlo al primo colpo. Cosa che avvenne un secondo dopo. Videro il vampiro esplodere in una nuvola di polvere e la freccia cadere a terra con un tonfo che fece allertare il poliziotto a terra.

Alessio Marchesi prese uno spavento non da poco: doveva essere solo lì, chi cavolo poteva fare quei rumori? Si alzò da terra e puntò la pistola verso il punto in cui aveva sentito il tonfo, poi si girò e sulla collinetta lì vicino vide qualcosa che lo paralizzo: una donna. O almeno, a lui sembrava una donna, visto i lunghi capelli e le forme rotondeggianti. Possibile che fosse quella che lui seguiva da giorni?

"Fermi tutti, polizia!" Urlò, ma la figura era già scomparsa. Prese a correre per inseguirla, ma, raggiunto il cancello del cimitero, non trovò nessuno. Non poteva essere stato un miraggio. Tornò verso le tombe fresce per riprendersi il giubotto che aveva lasciato, poi decise di fare una breve perlustrazione nei dintorni.

Si ritrovò piuttosto sorpreso quando prese in mano una freccia di legno.

 

Da "La Città" giornale a distribuzione gratuita di Trieste

 

Strani ritrovamenti nel cimitero cittadino: l'ispettore Marchesi nell'ultima ricognizione ha trovato una freccia in legno, determinata come "munizione da balestra medioevale". Si segue la pista dei giocatori di ruolo, deprecando la scelta della locazione.

 

 

CAPITOLO QUINDICI

 

Non riusciva veramente a capire: la presenza in determinati luoghi del delitto di una ragazza era troppo poco casuale perchè si trattasse di una coincidenza. E quella freccia, poi...che stava a significare? C'era sopra un bello strato di polvere, che, analizzata dalla scientifica, si era dimostrata polvere di tipo carbonica, in pratica, come se un uomo si fosse incendiato davanti a lui. Questo era assolutamente impossibile. Alessio non sapeva più dove sbattere la testa: a parte quelle benedette impronte sul terreno fresco, non aveva più nulla. C'erano, ovviamente, altre connessioni, ma con casi che, apparentemente, non erano lontanamente collegabili. Un paio di guanti rossi di pile erano stati rinvenuti vicino ad un locale quasi due mesi prima e, analizzandoli, era stato decretato che fossero da donna, visto i risultati dell'esame del DNA, e che erano imbrattati di sangue umano, questa volta maschile. Ma dal Database non era stato trovato un nominativo, sia per la vittima che per l'eventuale colpevole.

E ora quell'ultima bizzarria: per l'ennesima volta si stava guardando un video dove una ragazza veniva scaraventata addosso alla vetrina della banca di Piazza Cavana. A causa della strana angolazione delle telecamere, non riuscì a vedere in volto la ragazza, anche perchè lei si alzava velocemente e poi non la si rivedeva più. Eppure aveva qualche cosa che gli ricordava la stessa figura che aveva intravisto in cimitero la sera precedente. Capelli lunghi, forme pronunciate, movimenti veloci. Lui se lo sentiva a pelle che era proprio la stessa.

"Marchesi, che fai qui? Questo non è il tuo caso." si girò e si trovò davanti un collega, Salvi, che gli stava decisamente sulle scatole.

"Nulla, ero solo curioso. Pensavo che le telecamere non avessero ripreso nulla."

"Questo è quello che abbiamo detto ai giornali. Bisognerebbe essere degli idioti per credere che quel danno al vetro sia stato fatto da un sasso. Lo hai visto?" Alessio annuì: lo aveva visto andando al lavoro in quei giorni e sì, aveva ragione Salvi, era impossibile. Il vetro era tutto crepato, lui era rimasto molto colpito.

Salutò il collega e tornò alla sua scrivania. C'erano un sacco di cose che non gli tornavano, primo fra tutte il fatto che quei profanamenti non fossero tali. Se uno dovesse profanare una tomba, lo farebbe facendo uscire la bara o il corpo dall'esterno, ovviamente. Invece qui, la cassa era rotta dall'interno, qualcuno aveva combattutto per uscire da lì.

Continò ad arrovellarsi per ore.

 

"Allora, tu adesso ti siedi e mi racconti tutto." Disse Monica davanti ad una Deborah stranita.

"Eh?"

"Non c'è Wes, quindi puoi dirmi tutto quello che hai fatto ieri sera." Debby arrossì fino alla punta dei capelli.

"Non ho fatto nulla, ero solo fuori con i ragazzi del volontariato, lo sai." L'occhiata di Monica fu più che esplicativa del fatto che lei non le credesse.

"Senti, non mi sembra di averti mai giudicato...Al volontariato non ci vai con un vestito corto nero e il trucco da vamp e questo lo sappiamo entrambe. Spara...anzi, fammi indovinare...Sei andata a cercare Demian?" Deborah sbuffò e si sedette sul divano vicino alla sua amica.

"Da cosa lo hai capito? Senti il suo potere su di me?" Monica sorrise.

"No, ti conosco. Dai, spara!"

"Non c'è nulla da dire. Mi sono armata di paletto e acqua benedetta e mi sono fatta trovare. Volevo semplicemente polverizzarlo, così tu non avresti avuto ulteriori problemi con lui."

"Deduco che non ci sei riuscita."

"Per nulla, anzi...è stato un momento terribile. Io sapevo di doverlo fare, io volevo farlo, volevo spingere quel maledetto paletto nel suo cuore e vederlo scomparire davanti a me, ma il resto di me lo impediva. Urlava dentro di me che non dovevo farlo...è stato terribile." Monica fece spallucce passandole un pezzo di cioccolata.

"Magari è stato lui ad impedirti di farlo. Il legame che ora ha stabilito è potente."

"No. Quando lui usa questo legame, io non ricordo nulla di quello che ho fatto...ero proprio io a non volerlo. Scusami, non ti sono di nessun aiuto."

"Non dire scemenze. L'importante che tu stia bene, per il resto...tutto si farà. Uccideremo Kosmina e poi passeremo al suo degno fratellino. Taglieremo la stirpe!"

"Come va con Kosmina?"

"E' difficile" sospirò Monica. "E' Forte, almeno quanto Demian, se non di più. Non credo che ami del tutto la forza bruta, che comunque possiede a sufficienza, ma adora dimostrare la sua superiorità usando la magia. Per battermi con lui Wesley sarà indispensabile."

"Tu e lui andate d'accordo ormai...insomma, le cose vanno bene." analizzò Debby.

"Sì...Ammetto che ho rivalutato l'osservatore. Ho sbagliato molto con lui e sto cercando di rimediare. E poi è bello avere un uomo che gira per casa, io lo trovo molto buffo."

"Povero Wes...addirittura buffo? Secondo me lui ti piace." Monica si fermò girandosi verso l'amica con la faccia scioccata, ma, improvvisamente, sembrò pensare meglio alle parole della ragazza. "Ci sei? Ti sei persa?"

"In effetti potresti aver ragione." disse tutto ad un tratto Monica. "Cioè, il ragazzo è ok, è molto carino ed è simpatico... Potrebbe piacermi sul serio." Debby scosse il capo sconsolata: come poteva Monica non averlo capito prima di quel momento. "Comunque per ora siamo solo amici e colleghi..." in quell'istante Wesley entrò nella stanza con gli occhi scintillanti di soddisfazione, i capelli leggermente scompigliati, la barba del giorno prima ancora da fare ed un sorriso smagliante "...o anche qualcosa di più, magari." Finì Monica guardandolo. Ammappate, quanto è da stupro ora? pensò tra se.

"Eureka ragazze, l'ho trovata!" Urlò lui completamente ignaro dell'effetto dirompente che aveva avuto sulla sua Cacciatrice.

"Trovato cosa, Wes?" domandò Debby che non aveva avuto gli stessi problemi dell'amica a riprendersi.

"La locazione esatta della Bocca dell'Inferno!"  Monica si svegliò del tutto.

"E dove sta?"

"Qui!" Le passò una cartina con dei complicati segni a cui Monica diede una rapida occhiata senza capirci nulla.

"Qui dove?"

"Non so dove, ma posso portartici. Vuoi? Anche ora se non hai da fare." Monica lo guardò: era veramente felice, essere riuscito finalmente a decodificare tutti i segnali demoniaci e le varie creature lo doveva aver portato alla soddisfazione più alta. Non si sentì di deluderlo ed annuì.

"Ok, andiamoci. Debby, vieni con noi?" ma lei scosse il capo in segno di diniego.

"Io vado al lavoro. Godetevi il vostro dolce appuntamento." I due avvamparono immediatamente e Monica augurò alla sua amica che si rompesse il tacco, così come giusta vendetta.

Scesero le scale senza degnarsi di uno sguardo e salirono in macchina in perfetto silenzio. Tra di loro c'era soltanto la radio che li separava, eppure a Monica sembrava ci fosse almeno un muro di un metro di spessore. Si diede mentalemnte della stupida, una frase così non poteva gettarli in quello stato di imbarazzo.

"Comunque questo non è assolutamente un appuntamento!" sbottò guardando fissa la strada.

"Ovvio che no! Gira a destra." gli rispose lui mentre le dava le indicazioni. Stavano veleggiando verso la parte alta della città. "Se fosse un appuntamento ti porterei tutto in un altro posto!"

"Ah sì? E dove?" domandò lei incuriosita. Già si vedeva in un bel ristorante elegante, con una candela tra di loro. Sorrise senza accorgersene.

"Bho, dovrei vedere, ma visto quello che ti piace...non lo so, un bel locale dove suonano dal vivo, oppure una partita di basket." In effetti, pensò lei, quello era sempre ciò che gli aveva mostrato di sè.

"Belle scelte."

"Siamo arrivati, è qui...ah, interessante." Monica guardò con disperazione crescente il luogo dove lui l'aveva guidata: altro che primo appuntamento, quello era un incubo. Davanti a lei si alzava una scalinata bianca, interrotta a metà da un parcheggio, per poi riprendere verso un palazzo molto grande completamente bianco. Ai lati c'erano dei fregi raffiguranti soldati a cavallo, voluti dall'architetto per dargli un'idea fascista, visto che era stata fatta negli anni venti. La piccola corte era piena di ragazzi, alcuni sorridenti, altri meno. Monica rilasciò un lungo sospiro: erano davanti all'Università.

"Interessante? Uffa...io lo odio questo posto."

"Perchè non sei riuscita a laurearti?" lei annuì e intanto parcheggiava. "Coraggio dai." Presero a salire la grande scalinata, con Monica che, scalino dopo scalino, si ritrovava con l'umore sempre più tendente al basso. Entrarono superando una porte girevole per ritrovarsi al piano terra dell'Edificio centrale. Una grande scala salive verso l'alto, mentre lì bazzicavano ragazzi di tutte le età. Monica superò in velocità la zona lasciandosi alle spalle la biblioteca e il bar annesso, superò un'ulteriore porta girevole in modo da ritrovarsi di nuovo all'aperto in un parcheggio interno. Davanti a loro un sacco di edifici diversi.

"Più o meno dove?" domandò a Wesley che si guardava in giro con interesse.

"A destra ora." Presero una piccola strada, lasciando dietro di loro una schiera di ragazzine sorridenti alla vista del ragazzo: con i jeans e la camicia rossa stava facendo strage. Monica quasi si arrabbiò per questo. "Dovrebbe essere questo qui il punto." disse lui indicando un edificio alto tre piani, con delle piastrelle rosso mattone a tapezzarne il primo. Monica si rabbuiò ancora di più: sul muro troneggiava una insegna dorata "Facoltà di Fisica".

"Avrei dovuto immaginarlo, l'inferno non può che trovarsi qui." mormorò più a lei che ad altri.

"La Bocca dovrebbe trovarsi nei sotterranei. Non credo sia questo il momento migliore per indagare. L'importante era solo scoprire dove fosse realmente. un giorno penseremo a chiuderla."

"Ciao Monica!" Una voce squillante li fece girare: davanti a loro si era materializzata una ragazza dai capelli corti biondi un volto leggermente squadrato, gli occhi castani dal guizzo veloce. Portava in mano un grosso libro sottolineato in più parti e una borsa a tracolla che sembrava pesante.

"Ciao!" rispose la diretta interessata sorridendo falsamente: Non si ricordava minimamente il suo nome. "Come va?"

"Insomma, sono decisamente preoccupata. Anche tu qui per l'orale con il Treleani, vero? Ho studiato come una matta, ma non credo di passarlo." disse la tipa con un tono leggermente isterico nella voce.

"In bocca al lupo. Farò il tifo per te. Allora ciao."

"Ma come, tu non lo fai?"

"No, veramente...ero qui per altre cose." Cercò di svincolare Monica sentendosi assurdamente fuoriluogo lì.

"Ah, ho capito. Bhe, allora ci vediamo un'altra volta."

"Certo!" Esclamò con enfasi, sapendo fin da ora che non l'avrebbe mai rivista.

Wesley e Monica si girarono camminando vicini ed in silenzio. Monica guardava perennemente a terra con lo sguardo fisso e Wes si arrischiò a passarle una mano sulle spalle, come ad abbracciarla. Aveva capito che la visita in Università non la doveva aver fatto felice e lui voleva che lei si ritirasse su. Monica si godette appieno quel timido contatto, anelando a qualcosa di più, ma non ebbe il coraggio di chiederglielo.

"Ti va un gelato da Zampolli?" domandò Wesley quando foruno di nuovo in auto. Anche questo era un modo sicuro per tirarle su il morale.

"Sicuro!"

Davanti ad un enorme cono, finalmente Wes vide di nuovo il sorriso di Monica. Tornarono a chiacchierare tranquilli, senza parlare troppo della scoperta del ragazzo. In fondo ora come ora non era quella la cosa più importante a cui dare credito.

"Hai trovato qualche modo per evitare che Kosmina mi faccia a fette?" chiese Invece lei.

"Qualcosina...Ho qualche incantesimo per tenerlo buono. Bada bene che durano molto poco, dovrai essere brava tu ad approfittarne." lei annuì. "Però credo di capire cosa vuole fare."  Si sporse verso di lei, in modo da non dover urlare troppo nel locale gremito di gente. Anche lei si abbassò, ormai i due erano estremamente vicini, ma a nessuno dei due sembrava interessare. "Tra undici giorni esatti ci sarà il secondo giorno di luna nuova. In quella precisa notte, lui tenterà di far risorgere una specie di mostro che nascerà dal sangue e porterà alla distruzione la città. La cosa più importante è fare in modo che questo non avvenga."

"Bella scoperta tesoro, ma come?" Wes la guardò stranita: lei che lo chiamava tesoro? In che Bizzarrolandia era finito? Si riscosse e continuò:

"O lo uccidi prima, oppure interrompiamo il rito. Sto cercando di scoprire il luogo in cui si nasconde, ma con tutte le grotte che ci sono sul Carso, sarà difficile. Confido in Lorne, veramente, magari lui riuscirà a leggere qualcosa nell'aurea di qualche vampiro o demone."

"Bella idea. Archiviato Kosmina, dovremo pensare a Demian. Lo voglio polvere ben presto. Non sopporto chi usa i miei amici per giungere a me. " Wesley annuì: si ricordava molto bene quello che era successo l'ultima volta che qualcuno aveva fatto questo errore. Suo padre era tornato a casa che aveva la spalla ancora sanguinante, non che gli fosse andata male, in realtà, lei avrebbe potuto tranquillamente ucciderlo, visto la rabbia che covava quel giorno. Si riscosse dai suoi pensieri sorridendo.

"Non ti preoccupare, troveremo un modo per farlo."

 

La fiamma bruciava alta come gli occhi neri di Kosmina, mentre osservava dall'alto della sua collina, la città che sotto di lui dormiva placida. Il volto, stranamente, aveva ancora impresso il marchio che gli era stato lasciato dalla Cacciatrice. La cicatrice pulsava enormemente e lui digrignava i denti per evitare di dimostrarsi debole davanti ai suoi childe. Quella sera si era lasciato fregare come un pivello: quella piccola troietta lo aveva fatto parlare con l'intento di predersi il suo tempo per riuscire a scappare. Avrebbe dovuto ucciderla prima e senza esitazioni, ma a sentire il nome del fratello si era imbizzarrito. Lo odiava a morte da anni, avesse potuto, lo avrebbe impalettato da secoli, ma non ci era riuscito a causa della maggiore forza di Demian. Ora, però, ci sarebbe finalmente riuscito e poi  Trieste sarebbe stata completamente sua.

"Mio signore, forse sappiamo perchè la ferita vi duole e non si rimargina." a parlare era un piccolo demone verde. "All'interno dell'acqua c'era una forte concentrazione di argento, che, come sapete di sicuro, non aiuta la guarigione."

"Quella brutta cagna...pagherà anche per questo. Voglio che questa notte un drappello vada a scovarla ed ucciderla. Che non tornino, altrimenti."

I vampiri scelti per quel compito, scesero verso il centro. Erano tutti molto sicuri di se stessi, in fondo erano l'elitè tra i vampiri di Kosmina ed erano in dieci. Da sola la Cacciatrice non ce l'avrebbe mai fatta a sconfiggerli tutti. Avevano già deciso che avrebbero portato il cadavere in dono al loro maestro.

La trovarono che stava uccidendo un vampiro nel cimitero cittadino.

"Ma non vi stancate mai a morire?" chiese loro Monica, come li aveva visti. In effetti si trovava in una bruttissima situazione: quei tizi erano sbucati dal nulla circondandola. Non erano appena usciti dalla tomba, questo era chiaro, infatti Wesley non le aveva dato indicazioni per più di due impalettamenti e quelli erano nettamente superiori. Polverizzò il primo lanciandogli un paletto per prenderlo in contro piede e ci era riuscita perfettamente.

"Vendicheremo il nostro padrone per quello che gli hai fatto."

"Pfui, il vostro padrone è un segaiolo, manda voi che siete dei pivelli perchè ha troppa paura per combattere contro di me. Kosmina non vale una sega!"A dispetto della situazioni non proprio rosea, Monica si stava divertendo: Vedere quelle bestie infuriarsi le dava una gran gioia. E poi sperava che così fossero meno accorti, visto che erano accecati dall'odio. I vampiri caricarono scomposti, senza una logica da seguire e questo non poteva che avvantaggiarla. Prese pugni, ma anche ne diede, facendo roteare il paletto ad alta velocità. Per fortuna pochi istanti dopo, iniziarono a piovere frecce da dietro una lapide: la cavalleria era arrivata sottoforma di Wesley.

"Io non sono come loro." Le sussurrò all'orecchio il capo dei vampiri. Prese Monica per il bavero della giacca e la fece volare lontano qualche metro, poi corse verso di lei che era ancora stranita per il colpo che aveva ricevuto. Se lo ritrovò che incombeva su di lei. Cercò di prendere il paletto con la mano, ma lui glielo proibì, placcandola a terra, solo che Monica gli sferrò un calcio negli attributi che lo fece piegare dal dolore, permettendo a lei di rialzarsi. Lo polverizzò un momento dopo.

"Direi che è andata bene stasera."

"Sì. Erano seguaci di Kosmina?"

"Già. Credo che il bastardo abbia messo una taglia sulla mia testa. Dovrò stare ancora più attenta." Fece lei spolverandosi i pantaloni.

"Non è una bella cosa."

"No, ma pazienza, non mi faccio mettere i piedi in testa da quel maledetto." E così dicendo, colpì il cuore dell'ultimo supersite che esplose.

Lasciarono il cimitero silenziosamente, senza accorgersi di un paio di occhi grigi che in lontananza li scutavano sbarrati.

"Oh cazzo."

 

Da "Il Piccolo"

 

Tragedia ieri ad una sessione d'esame: una ragazza ha pugnalato al collo il suo insegnante con una penna biro. Mentre veniva portata via dalla Polizia, continuava a ripetere che lo aveva fatto solo perchè lui non la voleva promuovere. i colleghi si stringono attorno al Professore che è stato trasportato d'urgenza all'Ospedale Cattinara.

 

CAPITOLO SEDICI

 

Era rimasto fermo a fissare il buio per un buon quarto d'ora prima di riprendersi. Alessio si ritrovò con la salivazione azzerata e il cuore che batteva ad una velocità supersonica: aveva appena visto una ragazza uccidere dieci...cosa potevano essere quelli, mostri? Sì, mostri...ecco, lei ne aveva uccisi dieci senza colpo ferire. Certo, senza dimenticare il tipo armato di balestra che era comparso dal nulla ad un certo punto. Balestra che lanciava frecce simili a quella che lui aveva raccolto la notte prima.

Alessio aveva capito che l'unico modo per scoprire chi fosse la ragazza del cimitero, fosse quello di seguirla. Peccato che lui non sapesse chi fosse lei in realtà, quindi aveva deciso di iniziare le sue indagini dal primo posto in cui l'aveva vista, ergo, il cimitero. Aveva atteso tutta la notte rannicchiato dietro ad un cespuglio vicino alla tomba dove la sera prima aveva indagato, con la speranza che lei si facesse rivedere, ma per lunghe ore non era volata una mosca. Quando, infine, stava per mollare la spugna, l'aveva vista: i capelli erano stati lasciati sciolti, indossava un paio di jeans e quelle benedette scarpe da ginnastica che tanto lo avevano fatto ammattire in quelle ultime settimane. La felpa bianca si stagliava nell'oscurità grazie ad un piccolo faro del campo santo. Finalmente era riuscito a dare un volto al suo personale fantasma. Mora, occhiali, non molto alta, curve sinuose. Decisamente meglio di come se la immaginava quando leggeva i vari rapporti della scientifica, pensando alle profanazioni delle tombe.

Però, ora, la vista di quel combattimento, l'aveva lasciato senza parole. Quegli esseri con il volto grinzoso e gli occhi gialli, erano stati polverizzati con sistematica dedizione da parte della ragazza. L'unica cosa che lampeggiava al neon tra le sinapsi del suo cervello era la parola "Vampiri"...eppure non poteva essere quello. I vampiri non esistevano, erano solo creature mitologiche create per spaventare i bambini.

Prese a correre verso la sua auto rimanendo sorpreso di trovarci la ragazza lì vicino. Evidentemente lei aveva, nel frattempo, fatto un giro nei dintorni. Vide che teneva in mano una specie di paletto di legno e la convinzione di trovarsi in un film dell'orrore, prese ancora più forma nella sua mente ottenebrata dalla paura. Lei salì su una piccola Seicento rossa seguita a ruota dal ragazzo con la balestra. Si segnò il numero di targa per poter fare qualche ricerca veloce alla Motorizzazione civile, poi, con delicatezza, prese a seguirli. Stavano scendendo verso la zona malfamata della città, situata vicino al porto. Sembrava si fossero fermati davanti alla porta di un bar da cui stava uscendo un qualcosa con le corna ricurve e una strana sostanza viscida su tutto il corpo.

"Devo smettere di lavorare così tanto." Mormorò il povero agente.

Nel frattempo Monica e Wesley stavano assistendo ad una scena a dir poco comica, almeno dal punto di vista della Cacciatrice: come era entrata nel bar, i demoni tutti si erano bloccati, come se il tempo di fosse fermato in quel istante. Come l'avevano vista, alcuni si erano dati alla macchia, altri avevano preso a ringhiarle contro.

"Sentite, non vi farò del male, ma dovrete solo rispondere ad alcune domandine." Esclamò lei con il sorriso sulle labbra, mentre Wesley caricava un fucile made in Korea che aveva trafugato al porto durante una caccia a dei vampiri extracomunitari.

"E chi ti dice che saremo ansiosi di aiutarti, Cacciatrice?" domandò un demone seduto al banco che stava tranquillamente trangugiando una birra. Monica riconobbe in lui una specie che si divertiva ad uccidere i bambini rapendoli nella culla. Si avvicino a lui con passo sicuro e, prima che chiunque capisse le sue intenzioni, gli prese la testa e la sbattè una prima volta sul balcone facendo cadere il bicchiere semipieno.

"Credo che mi darai una mano, altrimenti ti spacco il cranio a colpi." gli sussurrò lei all'orecchio. Siccome lui non rispondeva, lo sbattè di nuovo giù. Un altro demone, da dietro, cercò di avvicinarsi, ma Wes gli puntò il fucile in mezzo alla fronte senza dire una parola e quello se ne tornò al proprio posto.

"Che volete?" chiese il barista intimorito. Se andava avanti così, quella sera gli affari sarebbero andati assai male, doveva cercare di proteggere i suoi investimenti.

"Sapere dove si trova Kosmina." Rispose lei a voce abbastanza alta perchè chiunque potesse sentire. Un mormorio diffuso si alzò dai vari avventori.

"Qui di sicuro non c'è." A parlare era stato uno strano demone con la pelliccia color giallo canarino. Aveva perfino il becco intonato.

"Ma guarda, non l'avevo notato." e così dicendo sbattè di nuovo il demone sul banco. "Voglio sapere dove sta il suo covo."

"Sul Carso..." bofonchiò il demone vessato. Si era stufato di fare la parte del sacco da boxe e aveva deciso di collaborare.

"Il Carso è grande, cerca di essere un po' più specifico." Disse Wesley senza perdere di vista nulla di quello che accadeva lì dentro.

"Non so dove di preciso, non ci sono mai stato, ma c'è parecchio movimento sul Monte Valerio." Nel cervello di Monica scattò una piccola molla e lampadina si accese.

"Bravo! Hai visto che volendo si può fare tutto? Adesso potete tornare alle vostre simpatiche bevute."  Finalmente Monica lo lasciò andare e, girandosi con grazia, uscì dal locale seguita da Wesley che le controllava le spalle.

"Siamo al punto di partenza." Analizzò Wes.

"No, sappiamo che Kosmina, per fare quello che vuole fare, ha bisogno del potere della Bocca dell'Inferno. Il Monte Valerio è quella specie di collina che sovrasta l'università, vuol dire che lui è là."

Monica guidò con lentezza: ormai era piuttosto tardi e lei sperava solo di andare a letto.

Alessio, invece, era rimasto ad aspettare in macchina che uscissero i due ed ora li stava di nuovo seguendo: visto che la ragazza non stava facendo strani giri per le vie strette della città, capì che non si erano accorti di lui. Li vide dirigersi verso Marina, una zona quasi abbandonata, dove erano più che altro, ormeggiate le barche a vela dei ricconi. Lasciò la sua auto d'ordinanza vicino ad un lampione e, con la pistola in mano, seguì correndo la macchina della ragazza, che, nel frattempo, aveva girato l'angolo lentamente. La vide mentre il suo amico le strava aprendo un basculante per poter parcheggiare il mezzo. Si avvicinò piano, leggendo un piccolo pezzo di carta. Mentre i due erano andati dentro il locale malfamato, lui aveva fatto richiesta di informazioni ed era riuscito a scoprire, grazie la targa della macchina, di chi si trattava: Monica Malaroda, 25 anni residente a Trieste, impiegata. Una ragazza normalissima: mai incriminata, solo qualche multa per divieto di sosta, oltretutto risalenti a parecchi anni prima. L'idea che una persona così potesse uccidere strane creature immaginarie lo lasciava decisamente scioccato.

Decise che per qualsiasi iniziativa, fosse meglio aspettare il mattino dopo. Doveva tornare in centrale a fare alcune cose importanti.

 

Il mattino dopo Alessio si svegliò incredibilmente riposato e determinato. Avrebbe dato una svolta alla sua vita, non sapeva ancora come, ma lo avrebbe fatto.

Si vestì con cura, scegliendo un completo giacca e cravatta che aveva indossato ad un matrimonio: voleva essere elegante e risultare intimidente per poter mettere alle strette la ragazza e quel suo amico che si portava dietro un fucile, di sicuro di contrabbando. Prese la cartella con tutte le foto ed i documenti del suo caso e si mise a fischiettare: si sentiva veramente bene.

Guidò piano assaporandosi quella particolare euforia: superò Piazza Unità finalmente tornata normale, l'Hotel Savoia e Piazza Venezia con i suoi Bus. Arrivò al circolo nautico dove mille e mille pennoni svettavano alti e parcheggiò davanti alla piscina marina. Si mise gli occhiali da sole e prese un grosso respiro. Bussò alla porta e attese fremente. Il sole picchiava forte quel giorno, finalmente era giunta la primavera, anche se nuvole bianche striavano ancora il cielo di tanto in tanto. Bussò di nuovo e finalmente sentì qualche rumore provenire dall'interno. La porta si aprì di scatto rivelando una ragazza, anzi, la ragazza in questione: indossava ancora il pigiama grigio con dei gatti stampati, i capelli erano legati in una stretta coda. Lo guardava con due enormi occhi castani aperti per la curiosità.

"Non ci serve nulla, grazie." disse con voce ferma, ma lui scosse il capo e tirò fuori il distintivo dalla giacca.

"Polizia di Trieste. Vorrei farle qualche domanda." Monica perse immediatamente il sorriso, la sua mente si mise a ragionare alla velocità della luce: cha diavolo ci faceva un poliziotto lì?

"Prego." lo fece entrare, che altre possibilità aveva?

Alessio si ritrovò nel magazzino più bizzarro che avesse mai visto: C'era la macchina rossa e vicino una bicicletta, dei grossi bauli di legno che stonavano con l'ambiente e una specie di palestra con tanto di pesi e bilancieri. "Venga, si accomodi di sopra." Monica corse per le scale, sperando di riuscire a nascondere le carte sparse per il salotto e la cucina, tutte inneggianti a demoni strani e schifosi.

"Wesley, fai sparire tutto, c'è un poliziotto qui." Alessio entrò silenziosamente e vide il ragazzo del fucile che ripuliva il tavolo. Era un bel tipo, non doveva avere più di trent’anni, indossava una tuta nera e gli occhi scintillavano. Alessio capì immediatamente che lui sarebbe stato un osso duro da torchiare.

"Buongiorno. Sono l'ispettore Alessio Marchesi, vorrei parlare con la signora Malaroda."

"Signorina." Rispose piccata Monica "Sono io." Lei si sedette a tavola, con Wesley che stava in piedi dietro di lei, mentre Alessio non si era ancora mosso dallo stipite della porta della cucina. La guardava con molto interesse: lei sembrava preoccupata, ma non troppo. Gli occhi castani lo guardavano curiosi e sinceri e questo non potè che fargli piacere.

"Lei dovrebbe dirmi qualche cosa." iniziò Alessio.

"Se posso, sono qui." Il poliziotto fece uscire alcune foto: erano quelle che la scientifica aveva fatto al cimitero. Monica e Wes le guardarono, capendo immediatamente a cosa si riferissero quelle immagini. Un lampo di divertimento passò negli occhi della Cacciatrice. "Terra e impronte. Dovrebbero interessarmi?"

"Sì, perchè io credo che siano sue."

"Forse non mi è chiaro, signor Marchesi, ma sono accusata di qualcosa?"

"Formalmente ancora no, ma è indagata per profanazione, vandalismo e omicidio." La risata di Monica lo stupì.

"E chi avrei ucciso?" Alessio la squadrò per bene. Lo stava prendendo in giro, lei aveva già capito tutto, si stava solo divertendo, il perchè, lui non lo capiva. L'uomo dietro di lei era assorto in chi sa quale pensiero, ma gli occhi lo fissavano gelidi.

"Devo ancora trovare i corpi, anche se dalla polvere che lei ha lasciato al cimitero sarà difficile risalire ai proprietari." Monica tornò seria e lo scrutò con i suoi occhi profondi.

"Quindi lei mi ha visto durante la mia attività notturna, è questo che mi sta dicendo implicitamente." La voce era diventata bassa, seria e senza prese in giro.

"Sì. Io non so lei come ha fatto, ma ha ucciso delle persone. E poi non era la prima volta che andava al cimitero: queste impronte lo dimostrano. Sono sicuro che se prendo le sue scarpe coincideranno."

"Non può farlo, non ha un mandato." Wesley era scattato in avanti per difendere Monica, ma lei lo bloccò con una mano.

"Non servono mandati qui, sono ben che disposta a collaborare con la giustizia. Mi domando solo come farà a dimostrare che sono stata io a farlo." Monica aveva deciso di giocare a carte scoperte: si era lasciata beccare come una sfigata e ora doveva pagarne le conseguenze. Alessio tirò fuori altre foto, quelle fatte dalla telecamera della banca di Piazza Cavana.

"Non sei venuta al meglio, ma credo che si possa dire che sei tu questa."

"Sì, sono io." Monica si sentiva leggermente in trappola. "Ma non volevo rompere il vetro."

"Si capisce guardando il video. Solo che vorrei capire chi ti ha gettato contro la banca."

Monica e Wesley si guardarono, come a cercare di seguire una linea comune. Lui scrollò le spalle come a dirle che qualsiasi decisione lei avesse preso, lui le sarebbe stato a fianco.

"E' stato un vampiro." Disse lei tranquilla, anche se ammise a se stessa di essere rimasta alquanto sorpresa, visto che l'agente di fronte a lei non aveva fatto un solo gesto od una qualche smorfia strana, anzi, sembrava come se se lo aspettasse.

"I vampiri non esistono."

"Questo lo crede lei." A Wesley la situazione pareva paradossale

"No, questo lo credono in molti. I vampiri sono esseri mitologici, creati per spaventare la gente credulona."

"Si sbaglia." si intromise Wes "Come si spiega tutti i casi di sparizioni e di omicidi che sono avvenuti in città in questi giorni? Coincidenze? Incidenti? Sfiga cosmica?" aveva messo la meni sul tavolo in modo da avvicinarsi ad Alessio e un po' anche per proteggere Monica.

"Wesley, stai calmo..." gli disse lei poggiandogli una mano sulla sua.

"Ispettore Marchesi, lei mi ha visto in cimitero. Ha visto che con un paletto ho polverizzato una decina di mostri...che cosa vuole ancora di più? Non è colpa mia se sono quello che sono, anzi, potessi mollerei tutto proprio adesso, ma non posso. La pregherei di non mettermi i bastoni tra le ruote, perchè so essere molto vendicativa."

"E' una minaccia?"

"Se vuole che lo sia..." Alessio si chiese in che ginepraio si stava infilando. Lei sembrava seria e ben disposta a prenderlo a pugni in qualsiasi momento e il suo compare sembrava ansioso di darle una mano.

"Io voglio solo capire."

"Non c'è nulla da capire, signor Marchesi. Trieste è un punto ad alta densità di esalazioni maligne e quindi i demoni come i vampiri ci bazzicano che è una meraviglia. Voglio proprio vederla andare a dire in giro queste cose! Non la crederà nessuno." sbottò tutto ad un tratto Monica. Si era alzata per cercare di darsi maggior tono, ma davanti ad un piccolo armadio quale era l'ispettore Marchesi, le sembrava di aver fallito."Faccia quello che vuole in sua coscienza e se ancora non è convinto, venga con me questa sera, sarà in prima fila in una lotta all'ultimo sangue."

Alessio la guardò con serietà crescendo: non gli stava mentendo, gli stava veramente offrendo la possibilità di toccare con mano quello che lui aveva visto solo da lontano. Annuì preso da una forza incredibile.

"Bene, a stasera al Sant'Anna."

L'uomo uscì senza degnare di uno sguardo i due ragazzi: in realtà dentro di se ribolliva di un mix di sentimenti contrastanti. Aveva paura, ma era anche eccitato all'idea di risolvere il rebus che lo aveva attanagliato per giorni. Trovava Monica irritante per il modo tranquillo e senza esitazioni che aveva dimostrato, ma era anche attratto da lei proprio per le stesse cose. C'era stato un momento in cui lei gli aveva ricordato la moglie, anzi ex moglie, nei primi tempi della loro relazione, quando tutto andava ancora bene. Il cuore aveva provato una fitta di nostalgia e le braccia erano state pericolosamente vicine ad abbracciarla e baciarla. Certo, se lo avesse fatto probabilmente lei gli avrebbe mollato un cazzotto e il tipo lo avrebbe squartato: che i due provassero qualcosa l'uno per l'altra era evidente pure ad uno come lui che in questioni sentimentali ci navigava come un ferro da stiro in una piscina.

"Sei sicura di quello che fai, Monica?" Domandò Wes quando furono da soli.

"Non avevo altra scelta. Così magari lui capisce e ci lascia stare." Lui annuì poco convinto, ma decise di fidarsi, anche perchè, ormai, non avevano proprio altre scelte.

 

Debby camminava lenta nella notte scura. Si era fermata davanti a Piazza Unità, sedendosi sul monumento dell'entrata a Trieste. Guardava il mare nero solcato dalle barche dei pescatori. La sera era dolce, fresca e primaverile. Si era levato un leggero odore di pesce, tipico del mare Adriatico, ma la cosa non la disturbava, anzi, le piaceva.

Non aveva incontrato Demian dalla sera in cui aveva tentato di ucciderlo, eppure lei sapeva che ogni volta che usciva la sera lui era lì a tenerla d'occhio e lei si sentiva un po' più protetta. Il segno del suo morso stava lentamente scemando, visto che da giorni lui non tornava a cibarsi da lei. Eppure quando ci passava il dito sopra, lo sentiva bollente, come se fosse vivo.

Ci aveva pensato a lungo ed era giunta alla conclusione che più restava vicino a Monica e più la sua amica era nei guai. Qualche vampiro del clan Kosmina, aveva già tentato di aggredirla, in barba al fatto che Demian potesse uccidere tutti loro con uno sguardo, e Monica l'aveva sempre salvata. Questo non doveva accadere di nuovo. Deborah sapeva di non avere la forza necessaria per combattere contro un non-morto, specie uno della caratura del suo amante. E se quello era l'unico modo per aiutare Monica...bhe, lo avrebbe fatto, a costo di farsi odiare da tutti e odiare se stessa.

Camminò velocemente verso casa, anche perchè il vento era aumentato portando sopra la città nuvole pesanti cariche di pioggia. Fu davanti alla sua porta che si sentì stringere da due braccia conosciute.

"Buonasera amore mio."

 

Da "Il Piccolo"

 

Continuano i casi di violenza all'interno dell'Ateneo. Studenti e professori fomentano le continue risse che scoppiano nelle aule e nei corridoi. Il Magnifico Rettore è sgomento davanti a questo scoppio di odio improvviso.

 

CAPITOLO DICIASSETTE

 

Stava urlando a squarciagola, liberando tutta l'adrenalina che aveva accumulato nell'arco della serata. Alessio si sentiva veramente il re del mondo. Si era incontrato con Monica e Wesley, questo il nome del ragazzo con la balestra, davanti al cimitero ed erano entrati silenziosamente, sfidandosi con lo sguardo. Era evidente che lei non voleva cedere di un millimetro riguardo la sua posizione. Dopo averla vista impalettare due mostri con estrema grazia ed eleganza, capì che forse i vampiri esistevano veramente. E ora toccava a lui. Monica gli aveva passato un paletto, dopo che lui aveva cercato di difendersi sparando con la sua pistola d'ordinanza, e per Diana, lo stava usando. Il vampiro esplose davanti a lui con uno strano rumore e lui si sentì un vincitore, si sentì come se avesse battagliato in una arena, si sentì invincibile.

Monica lo guardava sorridendo: il tipo le era stato assai antipatico quando si era presentato a casa, ma in quel istante lo stava rivalutando. Certo, non era d'aiuto come Wesley, ma sembrava divertirsi. Forse sarebbe stato utile per le questioni riguardante legge e burocrazia. Avere qualcuno che le proteggesse le spalle su quel fronte poteva essere interessante.

Chi invece non lo sopportava, era Wesley: all'inglese non gli erano sfuggite le occhiate di apprezzamento che i due si lanciavano, come se cercassero di comunicare in un codice privato. Era maledettamente geloso, voleva potergli urlare in faccio di non toccare la sua donna, ma sapeva che a farlo si sarebbe reso ridicolo, anche perchè Monica non era per nulla sua. Aveva temuto che il poliziotto facesse saltare la loro copertura, ma così non era stato. Ora temeva che portasse Monica via da lui e non gli sembrava per nulla giusto, visto tutto quello che aveva patito per arrivare a quel punto di intimità con lei. No, avrebbe usato tutti i metodi, conosciuti o meno, per non perderla.

"Quasi quasi mollo tutto e mi ritiro, in fondo c'è lui a proteggere la città al posto mio." Scherzò Monica, ma Wes le lanciò un'occhiataccia e se ne andò a controllare una cripta. Lei fece spallucce e si avvicinò ad Alessio. "Come va?" L'agente si stava spolverando la giacca, anche se il vento che si stava levando da est lo aiutava.

"Bene... è come catturare un criminale, la stessa adrenalina, la stessa eccitazione. Che fine ha fatto l'Inglese?"

"Se ne è andato a fare una ricognizione. Non gli va a genio l'idea che molli l'attività per lasciarla a te. Che palle, a volte non sa riconoscere una battuta neppure se gliela sbatto davanti." e sospirò, ma Alessio credeva di aver intuito il vero motivo dell'indisposizione del ragazzo. Gelosia, primo movente in caso di omicidio, e forse era il caso, per lui, di girare con un giubbotto anti freccia, altrimenti rischiava che Wesley lo uccidesse sul serio. Lo capiva benissimo: Monica era una ragazza molto carina, sembrava intelligente ed era forte, qualità che lo avevano sempre attirato. Sonia era come lei, solo che tirava pugni meno dolorosi.

Presero a muoversi verso Wes, in modo da dargli una mano, ma Alessio non si accorse che dietro di lui veniva un vampiro che lo spintonò in avanti, facendolo franare su Monica.

"Ouch!"

Il vampiro esplose pochi secondi dopo, grazie ad una freccia scoccata da Wesley che, furente, stava guardando i due una sotto l'altro a guardarsi come se fossero in un film d'amore di quelli pure scadenti. Monica aprì gli occhi e si ritrovò quelli grigi di Alessio che la guardavano confusi. Sorrise all'immediato rossore dell'uomo.

"Non dovevi essere d'aiuto? Così mi intralci e basata."

"Scusa." Borbottò lui, mentre Wes arrivava furioso verso di loro. Averli visti in un atteggiamento così intimo lo faceva andare su tutte le furie, molto più del fatto che lei avesse rischiato di essere colpita a causa della sua disattenzione.

"E allora, ci diamo una mossa?" disse acido Wes. Alessio si alzò e Monica si mise a ridere.

"Santo cielo, era una vita che non mi trovavo un uomo disteso sopra!" I due maschi si guardarono e fece finta di nulla, avviandosi verso l'uscita del cimitero: era tempo per tutti di tornare verso casa.

"Capisci che avresti potuto essere uccisa? Devi stare sempre all'erta e non cincischiarti come hai fatto poco fa." la sgridò l'osservatore, ma Monica si fermò e lo guardò sorridendo.

"Posso permettermi di non essere del tutto concentrata."

"No, non puoi."

"Sì posso, perchè so che ci sarai sempre tu a difendermi." E così dicendo, gli passò una mano sulla guancia accarezzandolo. Wes rimase senza parole per replicare, era impossibile dopo un'affermazione e, soprattutto, un gesto del genere. Invece Alessio seppellì definitivamente qualsiasi parvenza di idea di conquista rispetto a Monica. Lei ci aveva messo così affetto in quella piccola carezza, che gli sembrava palese l'amore che c'era tra loro. Si augurò, dall'alto della sua maggiore età, che si svegliassero presto. C'era una tale tensione tra loro...

"Alessio, ti ringrazio dell'aiuto. Adesso capisci che non puoi andare in giro a raccontare quello che hai fatto oggi, anche perchè ti prenderebbero per matto e la camicia di forza non te la leverebbe nessuno così."

"Sì, me ne sono reso conto. Cercherò di trovare qualcosa da dare ai miei superiori, anche perchè non posso restare infognato su un caso che non avrà conclusione. Contate su di me in caso di bisogno." Monica e Alessio si baciarono sulla guancia per salutarsi. "Stai attenta, ok?" le sussurrò all'orecchio e lei sorrise. Poi Alessio tese la mano a Wesley che gliela prese molto di controvoglia. "Cerca di stare tranquillo, lei è già tua solo che ancora non lo sa." Gli disse a voce bassa senza farsi sentire dalla Cacciatrice che nel frattempo era salita in auto.

"Non so di cosa stai parlando, poliziotto." rispose Wes preso in fallo.

"Certo, come no. Ciao!" Alessio se ne andò tranquillo e i due tornarono verso casa in silenzio. Wes era ancora arrabbiato per come era andata la serata, mentre Monica canticchiava a bassa voce ignara di tutto, o quasi. Erano quasi giunti al loro magazzino, che Monica decise di rompere il silenzio.

"Allora, mi dici perchè sei così musone stasera?

"Io non sono musone, sto solo pensando." Rispose piccato lui.

"Oh, avanti, non dire le bugie che poi ti si allunga il naso. Quando pensi hai lo sguardo perso nel vuoto, mentre ora sei con gli occhi fissi alla strada e l'espressione cattiveriosa. Ti dà fastidio che Alessio sappia di me?"

"L'ispettore Marchesi non sarebbe dovuto venirne a conoscenza, altro che!" Monica sospirò forte uscendo dall'auto.

"Se non fossi tu, crederei che sei geloso." Wesley la guardò come ferito dell'appunto da lei lanciato. Cosa intendeva? Che lui non si poteva innamorare di lei?

"Bhe, sai che scope..."

"Debby?" Disse Monica all'oscurità interrompendo il discorso di Wes. Aveva appena visto una cosa che non voleva vedere.

 

"Sapevo che eri qui con me." Sussurrò Debby, rilassandosi immediatamente al contatto con Demian. Lui sorrise, mentre lei abbandonava l'idea di entrare.

"Non vuoi farlo sul tuo letto caldo, amor mio?" chiese beffardo il vampiro.

"Se ti invito ad entrare è la nostra fine. Cosa credi, ho ascoltato le lezioni di Monica e Wesley, so che cosa devo e non devo fare, invitarti dentro è una di queste."

"Peccato." Demian la lasciò andare  e lei si girò verso di lui, rimanendo abbagliata dal pallore dell'uomo. Demian le accarezzò la guancia con un gesto sensuale, fino ad arrivare al collo, punto debole di Deborah, che si ritrovò a rabbrividire.

"Perchè fai tutto questo?" Domandò lei guardandolo fisso negli occhi.

"Dovrò pure proteggere un investimento importante come te." rispose lui sorridendo malizioso, ma Debby lo squadrò facendogli chiaramente capire che non ci credeva neppure un po'.

"Dimmi la verità Demian." lui la lasciò andare del tutto e per un istante la ragazza rimpianse quel distacco. Averlo accanto la faceva sentire completa.

"La verità è qualcosa di molto opinabile, specie se detta da uno come me."

Si guardarono a lungo senza proferire parola, ognuno preso dalle belle sensazioni che sentivano dentro di loro. In effetti, pensava Demian, la ragazza le piaceva molto, valeva ogni singola energia spesa per poterla legare a se. Mentre Deborah ormai, era definitivamente persa per il bel vampiro.

"Allora, amor mio, che vogliamo fare? Ti piace se ti sbatto qui fuori?"

Un formicolio prese vita fra le gambe della ragazza che imporporò all'istante, ma non cedette, almeno la sua dignità meritava di essere preservata.

"Smettila di chiamarmi amore, visto che non lo sono." Sibilò lei arrabbiata e Demian subito divenne serio.

"Chi ti dice che per me tu non lo sia? Io, per esempio, non lo credo."

"Io no. Tu sei un vampiro, non hai l'anima per amare." Sbottò lei rattristandosi. Nelle notti solitarie aveva pensato spesso alla sua condizione ed aveva chiaramente capito che qualsiasi cosa lui le avesse detto sarebbero state delle colossali bugie. Non poteva fidarsi, anche se il suo cuore avrebbe tanto voluto credere alle sue dolci e tenere parole.

"Hai ragione, io non ho un'anima e non amo con essa, ma noi possiamo amare come voi, non in maniera saggia, magari, ma è fuori discussione il fatto che possiamo farlo. Se il mio demone non provasse nulla per te, ora saresti solo carne putrescente dentro una di quelle belle bare lucide. Io ti voglio, Deborah, e ti avrò per l'eternità e sarai tu a chiedermelo." Mentre diceva questo si era avvicinato alla ragazza che lo stava ascoltando rapita. La prese per la vita attirandola a se con uno scossone, poi le tolse una ciocca di capelli da davanti agli occhi e si abbassò a baciarla.

Debby odiò ammetterlo, ma non riusciva veramente a stare troppo tempo senza di lui, nonostante i sensi di colpa per Monica le stessero lacerando l'anima. Si senti fluttuare in una specie di mondo sconosciuto, un mondo dove c'era solo la perfezione di quell'unione, oscura e maledetta sicuramente, ma sempre unione di fatto. Le prime lacrime presero a scendere sulle sue gote, mentre assaporava le fredde labbra di Demian.

"Debby!" la voce sconvolta di Monica la risvegliò da quel momento da sogno. Non si staccò da Demian, ma guardò l'amica che la osservava con gli occhi sgranati dalla pena e dallo stupore. Dietro di lei, Wesley, già in posizione con la balestra a mirare il cuore del vampiro. Un parte di lei desiderò sul serio che lo polverizzasse, riuscendo nell'impresa che lei non aveva portato a termine.

"Oh, la Cacciatrice. Già di ritorno?" la sbeffeggiò Demian, ma Monica non prese neppure in considerazione il master.

"Cosa stai facendo? E non dirmi che non è come penso io, perchè qui le cose sembrano alquanto chiare."

"Mi spiace, sul serio, ma io non ci riesco." Rispose decisa la rossa. Era il momento giusto per fare quello a cui pensava da un po'.

"Non riesci a fare cosa?"

"Ad essere forte come te, a riuscire a resistergli. Mi spiace." Monica scosse il capo frenetica pensando di trovarsi dentro ad uno dei suoi incubi peggiori.

"Certo che ce la puoi fare, basta che ti stacchi e che torni dentro." Ma sapeva anche lei che non era quella la soluzione giusta. Conosceva Deborah e, da quando aveva scoperto la natura di Demian, aveva sempre temuto un suo allontanamento da lei, ma non così repentino come quello che stava accadendo ora davanti ai suoi occhi.

"Non è così semplice. Non posso far finta che quello che provo per lui non ci sia e non posso neppure permettere che tu sia in pericolo a causa mia. So che mi odierai per quello che sto per fare, ma non c'è altro modo per sistemare le cose."

"No, no, no, no...." continuava a mormorare Monica pericolosamente vicino al pianto. Wesley era l'unico che, dato la vicinanza, poteva accorgersene. In quel istante avrebbe voluto buttare via la balestra e abbracciarla, ma non poteva scordare di essere vicino ad un vampiro estremamente pericoloso.

"Io vado via con lui." Ecco, Deborah aveva sganciato la vera bomba della serata. Monica sentì distintamente il suo cuore fermarsi e perdere qualche battito e pensò pure di aver sentito un crak. Demian sembrava sorpreso quanto la Cacciatrice, ma era di sicuro più contento di lei. Wesley, infine, era rimasto senza pensieri.

"Non puoi farlo." Mormorò roca Monica quando si fu leggermente ripresa. Si sentiva la gola riarsa, quella notizia l'aveva frantumata nelle sue certezze.

"Lo posso e lo farò. Non posso più rimanere qui." Si staccò da Demian e prese a camminare verso l'oscurità, dove la sua amica non avrebbe potuto seguirla.

"Perchè!?!?" Urlò Monica con tutto il fiato che aveva in gola. Deborah si voltò un'ultima volta, e la mora potè leggere nei suoi occhi una incredibile tristezza.

"Perchè lo amo." dicendo questo prese a camminare con Demian dietro di lei. Lui aveva un piccolo sorriso di scherno rivolto alla Cacciatrice, anche se il suo cervello stava già elaborando quelle nuove informazioni: sapeva che tra le due ragazze c'era una forte amicizia e non riusciva a capire perchè Deborah l'avesse abbandonata in quella maniera e proprio nel momento più importante.

"Quindi mi ami..." Iniziò lui, quando erano abbastanza distanti da Marina.

"Sì, ma non farti troppe illusioni. Io ti odio, anche. Ti odio per il modo indegno in cui ti sei comportato con me. Solo che amore e odio sono così simili che non riesco a scinderli perfettamente." Demian scosse le spalle.

"Per ora mi basta, amore."

 

Monica guardò la sua amica andarsene. No, pensò, non può essere successo. Poi rimandò indietro il nastro nel suo cervello e rivisse la scena, capendo che era accaduto sul serio: Deborah l'aveva abbandonata, se ne era andata con il suo più grande nemico. Non poteva essere vero.

Le gambe presero a tremare incontrollate, brividi le scendevano per la schiena, nonostante non avesse per nulla freddo. Le lacrime, prima a stento trattenute, scesero copiose sulle sue gote arrossandole nell'immediato.

"Monica..." Sentì che Wes la chiamava, ma le sembrava che fosse lontano, come se attorno a lei ci fosse una imbottitura di ovatta che non le permetteva di sentire quello che le avveniva intorno. Sentiva solo il suo cuore battere all'impazzata, nonostante si fosse spezzato pochi minuti primi. Crollò a terra mentre le prime gocce di pioggia cominciarono a scendere bagnandole i vestiti. Si sentì avvolgere da due braccia sicuramente maschili e riconobbe Wesley più dal profumo che dal gesto. Lui prese a cullarla mentre lei piangeva a dirotto. Wesley  non l'aveva mai vista così disperata, non aveva avuto quella reazione neppure quando aveva scoperto che poteva morire da un momento all'altro. Neppure lui riusciva a capire il gesto di Deborah e volle sperare con tutto se stesso che ci fosse una motivazione più profonda rispetto quella data dalla rossa. Non che l'amore fosse di per se un sentimento poco nobile, ma non per un vampiro. Si riscosse dai suoi pensieri di vendetta sentendo Monica borbottare.

"...sola...sono sola..."  continuava come se recitasse una litania. Wes notò che aveva lo sguardo perso nel vuoto, come se guardasse i cerchi che lasciavano le gocce di pioggia cadendo sull'asfalto. Ormai erano completamente zuppi, eppure sembrava che nessuno dei due ci facesse poi molto caso. Lui la prese per le spalle e la scrollò leggermente, in modo che lei si riprendesse. Gli si strinse il cuore quando vide i suoi occhi colmi di disperazione e per la prima volta provò un odio per Deborah: perchè doveva far stare Monica così male?

"Sono sola ora." gli disse nuovamente.

"No che non lo sei, ci sono io qui con te." le disse convinto Wesley.

"Tu non sei lei."

"Lo so.”

“Ma io voglio lei."

"Accontentati amore mio."Monica lo guardò stranita. Da quando Wesley la chiamava amore?

"Wes?" Lui la guardò, improvvisamente conscio di quello che aveva detto. In tutta sincerità non aveva proprio pensato alle sue parole, erano uscite di getto, come se fosse una cosa naturale. Sentiva Monica sotto di se, così morbida ed invitante, con la bocca leggermente aperta per lo stupore. Quando il suo profumo lo avvolse, per lui fu la fine. Si abbassò e la baciò.

Monica rimase estremamente sorpresa di quella mossa da parte del suo Osservatore. Di solito era già tanto se lui la sfiorava pudicamente, invece ora sentiva le sue labbra bagnate dalla pioggia appoggiate delicatamente sulle sue...e non sapeva che cosa fare. Era stato tutto troppo improvviso.

Wesley si staccò imbarazzato e Monica provò un senso di ulteriore solitudine. Non sapeva se era giusto o sbagliato, ma era una sensazione che in quel momento non voleva assolutamente perdere. Wesley credette di averla offesa, visto che lei non si era mossa di un centimetro. Stava per alzarsi quando sentì una mano della ragazza appoggiarsi dietro il suo collo e si ritrovò di nuovo incollato a lei per le labbra, solo che questa volta il bacio venne approfondito.

Il loro cuore cantò di gioia.

 

Da "Il Piccolo"

 

Il commissario Alessio Marchesi ha dichiarato che le profanazioni delle tombe sono state portate avanti da un gruppo di satanisti che ha sede nel Carso. Le tracce rinvenute non potevano portare ad altra soluzione, d'altronde. Ora il brillante ispettore seguirà i suoi colleghi su per le colline.

 

CAPITOLO DICIOTTO

 

La pioggia continuava a bagnarli, ma loro, stretti in un abbraccio ormai consolidato, non se ne accorgevano neppure e se lo facevano, non gli dava di certo noia.

Monica si stava chiedendo da quanto tempo lo desiderasse: dalla notte della prova del Consiglio? Dalla sua mattana al Jolly, o da prima? Non se lo ricordava, ciò che le interessava sul serio era che finalmente lo aveva, finalmente lo stava baciando e toccando. Wesley sembrava un ragazzo timido e pudico, ma stava baciando con foga ed esperienza, come se nella vita non avesse fatto altro. Monica sorrise internamente a quel pensiero e si augurò che lui non facesse proprio altro oltre a baciare lei. Le loro lingue duellarono leggere trovandosi e ricorrendosi gioiose.

Wesley ormai era completamente perso: il profumo quasi intossicante di lei gli aveva ottenebrato il cervello portandolo ad un livello di eccitazione mai provato prima. Per poter gustare meglio quel momento, le aveva preso il volto in mano per sentirla più vicina, mentre lei lo aveva afferrato per il retro del collo e lo accarezzava di continuo, passando le mani sui capelli zuppi. Era unico, perfetto, meglio di tutto quello che aveva mai fatto in vita sua, un bacio completo, nel quale si stava donando per intero.

Fu un tuono vicino a risvegliarli da quella magia. Si staccarono leggermente ansanti e si poggiarono uno sulla fronte dell'altra per riprendersi dallo sconvolgimento che quell'azione aveva portato. Monica aprì gli occhi trovandosi ad annegare nello sguardo lucido e profondo del ragazzo. Non riuscì ad evitare di accarezzargli la guancia. Un secondo tuono gli fece capire che era meglio spostarsi da lì, anche perchè lei stava iniziando a tremare dal freddo.

"Forse è meglio se entriamo, che dici?" fece lui alzandosi e aiutando lei a fare altrettanto.

"Sì, hai ragione." tra di loro era caduto un pesante imbarazzo. Monica andò a prendere l'auto, mentre Wes apriva il portellone del garage. La Cacciatrice si sentiva decisamente confusa, perchè non aveva idea di come poteva continuare a gestire le cose con il suo Osservatore dopo che, finalmente, era riuscito ad assaggiarlo. Sarebbe riuscita a farne a meno ora? Lo trovava parecchio improbabile. Si era perduta nell'istante stesso in cui si era appoggiato a lui per avere protezione. Parcheggiò e sospirando uscì mentre Wesley asciugava le armi per riporle nel baule. Si avvicinò a Wes lentamente, sorridendo imbarazzata.

"Allora..."

"Allora..."

"Diciamo che quello che è successo fuori..."

"E' accaduto e basta!" Esclamò Wesley mentre gli si appannavano gli occhiali. Decise che era meglio toglierseli, dato che non vedeva nulla.

"Hai ragione...colpa della pioggia, i lampi, l'atmosfera...Amici come prima?" Domandò Monica un po' delusa dalla velocità con cui lui aveva chiuso l'argomento. Devo baciare da schifo, pensò lei.

"Anche di più." si affrettò a replicare. In realtà Wes non era così convinto di riuscire a gestire al meglio quella situazione, visto che aveva il continuo desiderio di farla sua. Salirono in casa, in modo da poter fare qualche ricerca su Kosmina prima di andare a dormire. Monica non voleva assolutamente pensare a Deborah, lo avrebbe fatto il giorno dopo, eppure continui flash le impedivano di portare a termine la sua idea iniziale. Rivide l'amica mentre era abbracciata a Demian, fino a quando non se ne fu andata. Cominciò a provare una rabbia sorda, una sensazione che aveva già provato e che faticosamente era riuscita a relegare nella sua mente. Poi vide Wesley mentre si preparava il classico the della notte e sorrise. Per fortuna che c'era lui. La pioggia aveva fatto appicciare tutti i loro vestiti alla pelle e a lei venne l'acquolina in bocca mentre seguiva la linea del torace del ragazzo. Ebbe la fugace visione di se stessa mentre gli strappava la camicia.

"Bzzzza" esclamò lei quando il pensiero diventò troppo bollente.

"Prego?"

"Nulla, è solo un gesto che facciamo io e Debby quando pensiamo a cose che non ci piacciono o ci piacciono troppo. Così sappiamo di dover troncare il discorso."

"Ah....e a cosa pensavi tu?" Monica sorrise mentre arrossì penosamente.

"Lascia stare e poi ho detto Bzzzza, quindi discorso chiuso."

"Bzzzza?"

"Bzzzza!" Monica se ne andò in camera sua per poter togliersi i vestiti bagnati. Quando rimase in intimo, si stupì di come la sua biancheria sembrava scomparsa a causa dell'acqua. "Mi sono proprio bagnata per bene..." Ripensò al bacio di poco prima. Le era piaciuto veramente un sacco: si era perduta in quell'abbraccio, sapeva di essere disperata quando lo aveva fatto, eppure lui le aveva alleviato in parte quella sofferenza. Guardò fuori dalla finestra, dove il temporale stava ancora sfogando la sua rabbia respressa da troppo, sul povero Adriatico ignaro di tutto. No, non poteva finire tutto in quella maniera.

Si sedette sul davanzale e decise di passare al contrattacco.

"Wesley!" Urlò per chiamarlo. Aveva il cuore che andava a mille, le mani sudate per l'impazienza e il timore che lui la rifutasse, ma sapeva di dover tentare. Lui entrò di corsa.

"Che è successo?" Domandò. Non riusciva a vederla bene, visto che la luce era spenta, ma quando stette per accenderla lei lo bloccò.

"Lasciala così com'è." Seguì la voce e vide la sua ombra appollaiata alla finestra. "Vieni qui?" Le si avvicinò aspirando il suo profumo che lo fece di nuovo volteggiare dieci centimetri da terra. Quanto gli piaceva quell'odore? Poi si bloccò: lei era nuda, anzi, coperta solo da un reggiseno ed un paio di mutandine semi trasparenti. Una scarica di eccitazione mise sull'attenti il suo amico dei paesi bassi. Rimase a bocca aperta senza sapere che cosa dire: dalla stoffa umida riusciva praticamente a scorgere i capezzoli induriti dal freddo. "Che fai, ti fermi?" abboccato, pensò lei sorridendo.

"Monica..." Rantolò lui. Che poteva fare ora? Il suo corpo stava chiaramente dandogli una o due idee di come avrebbe potuto passare la notte, ma il cervello si stava rifiutando di credere che quello potesse accadere sul serio.

"Wesley...non so se ti è arrivato il messaggio, ma il bacio di prima non mi è bastato." Aveva deciso di andare direttamente al sodo, perchè lui era capace di non arrivarci neppure se l'avesse trovata completamente nuda a letto ad aspettarlo.

"Io...noi...bhe, forse..." nulla non riusciva a mettere  una dietro l'altra due parole di senso compiuto. Monica perse il sorriso: proprio non la voleva. Si pentì di averlo messo così in imbarazzo. Scese dal davanzale per prendere la prima cosa che trovasse per coprirsi.

"Scusami, non volevo imbarazzarti. Immagino di non piacerti proprio." Sospirò "Lasciamo stare." Due rifiuti nella stessa sera le facevano veramente male, avrebbe passato una notte da schifo.

Tutto ad un tratto si sentì prendere per le spalle e venir girata. Davanti a lei troneggiava Wesley improvvisamente cambiato: non aveva più l'aria da timido ed imbarazzato, ma sembrava animiato da una grande forza che lo rendeva sicuro ed affascinante. Monica non riuscì a pensare niente altro, perchè lui la baciò nuovamente, facendola annegare nei suoi occhi azzurri come il cielo terso d'inverno.

Wesley si diede mentalmente dello scemo: come aveva potuto farle credere per così tanto tempo che lei non lo interessasse? Era da secoli che non voleva fare altro.

Continuando a baciarla la portò fino alla finestra dove prima era seduta. La spinse con delicatezza a sedersi di nuovo e lei lo abbracciò con le gambe. "Morbida e calda...mi piace." Pensò lui mentre Monica gli accarezzava i capelli. Aveva capito che era un gesto che le piaceva fare e a lui non dava per nulla fastidio. Decise di chiudere i pensieri in soffitta per quella notte e di iniziare ad amarla come si meritava.

"Sei sicura?" Non voleva che poi se ne penstisse a metà...anche se la voglia gli serpeggiava nelle vene, voleva averne la certezza.

"Certo!" Esalò lei mentre gli apriva i bottoni della camicia. Voleva solo sentirlo, pelle contro pelle, altro le importava assai poco. L'orgasmo, il sesso vero, non era quello che le interessava, in fin dei conti, lo voleva nudo accanto a se, per poter sentirsi meno sola e soprattutto completa con lui. Neppure lei riusciva veramente a connettere tutto, era troppo presa dal corpo sodo e asciutto del suo compagno. Gli passò la piccola mano sul cuore e lo sentì mentre batteva all'impazzata, un po' come stava facendo il suo. Gli sorrise e lo baciò di nuovo, leggermente, sulle labbra. Quanto le piacevano quelle asciutte e fresche labbra inglesi. Nella sua mente ottenebrata dal piacere crecente, sentì l'erezione di lui premerle sulle cosce, ancora nascosta dai pantaloni. Provò a toglierglieli, ma le sue dita incespicarono sulla cintura nera.

"Aspetta..." la bloccò lui e l'aiutò a spogliarsi. Quando fu anche lui in intimo la prese e la portò verso il letto: almeno la loro prima volta la voleva comoda ed indimenticabile. La fece stendere sotto di se, non smettendo mai di baciarla. La voleva assaporare fino all'ultimo, non voleva abbandonare quelle labbra forti e speziate. La voleva, dio come la voleva. La biancheria scivolò dai loro corpi, che annodati come fili incapaci di spezzarsi, bruciavano fra le pieghe delle lenzuola. Monica non voleva che lui si staccasse di un solo centimetro, eppure aveva una grande urgenza di sentirlo dentro di se: mandò a puttane tutti i pensieri sulla dolcezza e sulla tenerezza, averlo accanto a se non era l'unica cosa cui bramava. Wesley lasciò le sue labbra per spingersi verso il morbido seno, appoggiò la testa su lei per poter ascoltare il suo cuore, mentre le mani vagavano verso le calde spiagge del sud.

I movimenti erano sì frenetici, ma caldi, dolci e pieni di sentimento da parte di entrambi. Quando il ragazzo non ce la fece più, entrò in lei guardandola negli occhi. Le sue gemme azzurre parvero a Monica ancora più grandi e belli e lei non potè fare a meno di accarezzarlo mentre sospirava di piacere.

"Wow..." sussurrò lei mentre il suo corpo si adattava a quella dolce intrusione.

"Tutto ok?" le chiese lui cercando di trattenersi dal muoversi.

"Alla grande." E così dicendo alzò il bacino verso di lui, in modo da sentirlo meglio. Lui mugugnò qualcosa che lei non capì ed iniziarono a muoversi assieme. Per Monica era tutto così perfetto! Nelle sue notti solitarie l'aveva immaginato spesso, ma non era mai lontanamente così appagante. L'orgasmo si stava lentamente formando in lei. Lo prese di nuovo per le labbra, aveva troppo voglia di baciarlo ancora. Strinse le gambe attorno alle sue anche permettendo un'angolazione ancora più stimolante. Si sentivano completi, perfetti, uniti finalmente.

Wesley capì che il rilascio era imminente, così insinuò una mano tra di loro, in modo da andare ad accarezzare la piccola clitoride sensibile di Monica. Voleva venire assieme a lei, voleva sentirla urlare il suo nome. Prese a picchiettarlo e, così facendo, sentì che il corpo di lei reagiva, stritolandogli il membro ancora duro. Con una stimolazione del genere perse completamente il controllo e prese a muoversi ancora più veloce.

Monica venne con un gemito di piacere che divenne un rantolio vicino all'orecchio di Wes, che invece, la chiamò per nome.

"Oh Monica..."

Crollarono a letto entrambi, con Wes sopra di lei a riprendere fiato. L'esplosione che lei aveva provato, l'aveva lasciata spossata. Non sentiva più le gambe e un sordo piacere ancora si insinuava dentro di lei. Wesley non era neppure ancora uscito, ma non le dava fastidio, anzi, sarebbe rimasta così per l'eternità se avesse potuto. Lui si alzò leggermente sui gomiti, in modo da poterla guardare: lei aveva gli occhi castani lucidi e limpidi, i capelli sparsi sul cuscino, le gote arrossate e la bocca gonfia dai tanti baci scambiati. Mai gli era parsa più bella, mai.

"Ti amo così tanto..." Le disse.

Monica rimase sorpresa... lui la amava? E lei cosa provava per lui? Non ne era ancora certa, sapeva solo di volergli molto bene e che le piaceva molto, ma da qui all'amore...cavoli, il passo era veramente grande. Lo prese e lo baciò. Non voleva porsi proprio ora l'interrogativo su come rispondergli ad una affermazione del genere. Wesley sospirò internamente...aveva capito che lei voleva glissare l'argomento. In realtà lui avrebbe voluto sviscerarlo, fosse stato possibile, ma le sue labbra calde gli fecero dimenticare qualsiasi cosa.

 

Le piaceva un sacco guardare Wesley mentre dormiva. Dopo aver fatto di nuovo l'amore, avevano deciso di dormire un po', anche perchè di lì a poche ore sarebbe giunta l'alba e loro avevano bisogno di un po' di riposo, solo che Monica non ci riusciva proprio. Si erano addormentati, in un primo momento, abbracciati, con Wesley a circondarle le spalle con il braccio, come a voler far capire al mondo che lei era sua. Ma ora lui dormiva sereno, lei no. Una pallida luce entrava dalla finestra. Monica annusò l'aria della stanza e sorrise: sapeva proprio di loro due, non c'era la predominanza di uno o dell'altra, ma solo loro due, come coppia, come amanti. Il cuore le si allargò per questa piccola felicità.

Lentamente si alzò, facendo in modo da non svegliare il ragazzo: andò in bagno senza accorgersi che un paio di occhi azzurri la stavano seguendo.

Wesley si era svegliato da poco. Aveva sentito Monica che gli sfiorava la guancia ed aveva esultato, anche se la sua felicità era durata poco. Dentro di se aveva mille dubbi: le aveva detto di amarla ed era stato sincero, lui sapeva di amarla sul serio, sapeva che per lei avrebbe dato tutto, ma lei non aveva detto nulla in risposta. Wesley aveva paura che per Monica quella notte fosse stata solo qualcosa da usare come scaccia malinconia. Aveva timore che con il sorgere del sole lei non lo volesse più. Sì alzò, ormai completamente sveglio, e si vestì. Andò in cucina a mangiare qualcosa, sperando che i brutti pensieri se ne andassero presto.

Monica, di ritorno dal bagno, si sorprese a trovare il letto vuoto.

"Wes?"

"Sono in cucina."

Lo raggiunse e lo trovò che guardava fuori dalla finestra. Ad est il cielo iniziava a rischiarare, ormai era quasi mattina.

"Che fai qui?"  Lui si girò e se la ritrovò davanti completamente nuda. Arrossì nuovamente. "Ti imbarazzo?"

"Un po'." mormorò lui tornando a guardare fuori. Monica rise.

"Abbiamo fatto l'amore fino a poco tempo fa e ti vergogni di me?"

"Per te è stato fare l'amore?" Monica sospira pesantemente. Non se l'aspettava una chiacchierata post sesso così presto.

"Certo, che credevi, che fosse solo una botta e via?" sospirò di nuovo avvicinandosi a lui. "Il fatto che io non abbia risposto alla tua splendida dichiarazione, non significa che io non provi qualcosa per te. Mi è piaciuto farlo, volevo farlo e voglio farlo ancora, ma non chiedermi ora di etichettare quello che sento, non ci riuscirei, sono troppo confusa."  Wesley si voltò leggermente, giusto per scoccarle un'occhiata penetrante. "Sono successe troppe cose tutte in fretta: diventare Cacciatrice, Demian, Kosmina, Debby che mi abbandona...è tutto troppo confuso o semplicemente troppo e basta." Arrivò da lui e lo abbracciò, sentendo su di se il tessuto della sua camicia. Aspirò il suo profumo intenso facendo aderire il suo petto alla schiena forte di Wes.

"Lo so, ma non ci posso fare nulla, mi sarebbe piaciuto sentirlo." rispose lui prendendole una mano ed accarezzandola piano.

"Io non so se ti amo o meno, non l'ho ancora capito, ma di una cosa sono certa: io ti voglio bene Wesley e te ne voglio tanto. Quello che è accaduto questa notte è stato splendido e lo volevo da tanto. E' stata una specie di liberazione, quasi. Ammetto che credevo di non interessarti..."

Wesley si mise a ridere di gusto.

"Era la stessa cosa che pensavo io. Sono proprio un imbranato."

"Allora siamo in due, neppure io avevo capito nulla." Risero assieme, almeno la tensione era crollata del tutto. Wesley si girò, in modo da poterla abbracciare e guardare.

"Cosa facciamo ora?" le chiese accarezzandole la guancia. Non riusciva a fare a meno di lasciarle quei piccoli gesti delicati, quando l'aveva davanti a se era una tentazione vera e propria.

"Io avrei una mezza idea di trovare un modo per ammazzare quel bastardo di Kosmina, poi eliminare Demian e poi...bho, un po' di ferie. Credi che si possa fare?"

"Certo...ti va se le facciamo assieme?" Monica annuì felice sorridendo.

"Ti voglio bene Wes e quando capirò sul serio quello che provo e penso, sarai il primo a saperlo." Gli diede un piccolo e casto bacio sulle labbra e poi si stiracchiò come una gatta maliziosa. "Credo che andrò a farmi una doccia calda."

"Ottima idea. Io, nel frattempo, metto su la colazione."

Monica sorrise all'ingenuità che Wes ogni tanto dimostrava di avere.

"In realtà, il mio era un invito...mi piacerebbe lavarti a fondo..." Gli sussurrò all'orecchio facendo spuntare la punta della lingua in mezzo ai denti. Wesley per un attimo rimase senza parole, ma poi la prese in braccio facendola ridere come una bambina e inizò a girare come una trottola in mezzo alla cucina, proprio mentre il primo raggio di sole entrava dalla finestra.

"Sai che ti dico, Monica...ho voglia di una doccia."

 

Da "Il Piccolo"

 

Il furioso temporale che si è scatenato ieri sulla città, ha portato molti disagi. Alberi sfrondati, cassonetti spostati dalla loro locazione originale e un sacco di scantinati allagati. I Vigili del Fuoco hanno risposto a più di 500 chiamate in poche ore. Per fortuna oggi dovrebbe tornare il sole.

 

CAPITOLO DICIANNOVE

 

Il locale era buio, caldo, pieno di gente e vampiri. Monica aveva immediatamente captato i demoni, ma sembrava che loro non facessero molto caso al fatto che la Cacciatrice fosse appena entrata lì dentro.

Wesley era corso da Lorne, non appena lui li aveva chiamati: era riuscito a localizzare con certezza la dimora di Kosmina e visto che mancavano solo 4 giorni alla luna nuova, questo era un aiuto del tutto insperato. Monica si chiese se Lorne li aiutasse per bontà o se per bieco interesse personale: in fondo l'Apocalisse non era un grande incentivo al turismo. Scosse il capo: adesso doveva solo pensare alla sua caccia personale, quella che l'avrebbe messa faccia a faccia con il suo incubo.

L'individuò immediatamente: era in mezzo alla pista, vestita tutta di viola, con Demian che le ballava accanto. Sembrava stesse bene, anche se a Moncia pareva molto più fredda rispetto al solito. Le si avvicinò lentamente, aprofittando di impalettare qualche incauto vampiro che stava tentando di mordere una preda. In realtà non sembrava che lì attorno qualcuno ci stasse facendo molto caso, ma Wesley le aveva spiegato che in città c'erano alcuni locali dove gli esseri umani si facevano volontariamente mordere. Scosse il capo pensandoci, che schifo.

"Dovresti essere più cauta, Cacciatrice, qui non c'è nessuno che ti voglia bene." Demian le si era parato davanti con il suo solito sexy sorriso, anche se gli occhi dardeggiavano odio e freddezza.

"Non sono qui per parlare con te, bastardo."

"Quanta grazia e gentilezza in questa donna..." La prese in giro lui, ma Monica non replicò. Stava guardando Deborah che la osservava divertita, con un leggero sorriso dipinto sulle labbra scarlatte.

"Lasciaci sole." Che autorità in quelle due uniche parole. Demian stette per protestare, ma Deborah prese la mano dell'amica e la portò in mezzo alla pista. La musica era ad alto volume, tetra ed oscura, perfetta per le creature della notte. Diafane figure si muovevano infastidite da quella presa di posizione delle due umane, ma nessuno di loro era così stupida da andare ad interromperle: una era l'amante di uno dei master più forti della città, mentre l'altra era la Cacciatrice. Insomma, ci tenevano a rimanere non-morti ancora per qualche decennio.

Le due ragazze si fecero prendere dalla musica, toccandosi e giocando come era loro costume, senza preoccuparsi del mondo esterno. Demian le osservava inquieto: non gli andava che Monica e Debby si riavvicinassero, anche se solo per un ballo. Quando Deborah era andata a vivere nella sua dimore, aveva creduto che la sua volontà crollasse in breve, invece, al di fuori delle appassionate giornate d'amore, praticamente non le parlava. Si faceva mordere ogni volta, come a fargli capire che era sua, ma non si sbottonava su niente altro. Credeva che volesse diventare una vampira, ma lei non gliene aveva mai fatto cenno, pensava che lo aiutasse a sconfiggere i suoi nemici, ma si teneva ben lontano dall'argomento "Cacciatrice". Insomma, una amante perfetta, non fosse che Demian aspirava a qualcosa di più: la voleva fin dentro il suo intimo, la voleva sua, ma c'era una parte di Deborah che non riusciva a carpire.

"Vieni con me." Disse Deborah all'orecchio di Monica. Così vicina, la ragazza sentì immediatamente il potere dei morsi di Demian e fece una smorfia: aveva creduto che lei non si concedesse più in questa maniera così profonda, ma a quanto pareva Debby era ben felice di fare donazioni giornaliere di plasma.

Uscirono dal locale affollato. Il cielo terzo era coperto da mille e mille puntini splendenti che le osservavano fredde in silenzio. Erano una di fronte all'altra.

"Come stai?" Attaccò Deborah.

"Potrei dire alla grande, ma sarebbe una balla e sai che a me non piace raccontarne. "

"Dov'è Wesley? Di solito non fate ronda assieme?"

"E' andato da un nostro informatore. Forse ha trovato il covo di Kosmina." un lampo di preoccupazione passò negli occhi della rossa.

"Starai attenta, vero?"

"Ti importa sul serio?" Bene, pensò Monica, erano finalmente arrivate al cuore della vera discussione.

"Certo che mi importa, sei la mia migliore amica." Debby sospirò pesantemente. "Sono andata via da casa proprio per questo." Monica alzò curiosa le sopracciglia. "Con Demian sono al sicuro. Pradossale vero? Vivo con un vampiro e sono più sicura della mia vita rispetto a quando vivevo con te. I vampiri non osano più neppure a guardarmi per non incorrere nelle sue ire. In questa maniera tu non ti devi preoccupare per me, sono blindata."

"Tranne che a Demian." Analizzò Monica indicando il seno sinitro, zona dove sentiva il morso. Debby sorrise.

"Sì, lui mi ha quando vuole, ma a me va bene così." guardò il molo poco lontano da loro con una durezza che Monica non le aveva mai visto dentro.

"Mi sa che sei tu quella che deve stare attenta. Stai portando avanti una storia d'amore alquanto pericolosa." Debby annuì, poi la fissò seria.

"Non permetterò a Demian di farti del male, come non lascerò che tu ne faccia a lui. Ho bisogno di entrambi per vivere."

"Non è Demian che mi preoccupa ora."

"Giusto, abbiamo in ballo il problema Kosmina." Monica si stupì dell'uso del plurale della sua amica, come se stesse ancora facendo parte del suo piccolo gruppo. Non riusciva veramente a capirla ed era una cosa strana, visto che fino a quel giorno ci era riuscita senza troppi dubbi. "Non ho ben capito che cosa abbia in mente, i seguaci di Demian smettono di parlare appena mi fiutano. Comunque una cosa ho capito, restando con loro, tutto quello che fanno è legato al sangue." Disse con convinzione la rossa. "Non c'è nulla che facciano che non riguardino il cibo. Trova la chiave giusta e li hai fregati, incluso Kosmina." Monica la osservò scettica.

"Ecco dove sei finita." La voce di Demian le colse di sorpresa. Lui si avvicinò a Debby e la abbracciò possessivamente, scoccando alla Cacciatrice un'occhiata significativa. "Entriamo, ho voglia di stare con te." E così dicendo entrarono nel locale, non senza che Debby riuscisse a salutare Monica con un bacio leggero.

"Demian, mi stai facendo male." Disse tranquilla Deborah, mentre il vampiro le stringeva il braccio. Di solito per passare attraverso la folla di un locale, bisognava spintonare o muoversi lentamente, ma qui tutti gli avventori si aprirono per lasciar passare il master, che stringeva ancora la ragazza a se: avevano tutti capito che era assai infuriato. Arrivarono in una zona poco frequentata ed ancora più oscura del resto del locale. Demian la sbattè con poca grazia al muro.

"Mai più...non osare più dare appuntamento a quella qui dentro." Debby lo guardò con occhi fiammeggianti di odio represso.

"Io non l'ho invitata, è arrivata qui da sola." Quello che disturbava Deborah non era la violenza che lui le stava dimostrando, bensì che quella stessa violenza le piacesse un mondo. Nel momento che lui l'aveva gettata sul muro, aveva immaginato mille situazione erotiche in cui lui la prendeva per divertirsi senza sosta. Passò la lingua sulle labbra con un gesto sensuale e Demian si affrettò a coprirle famelico. Aveva annusato l'eccitazione della sua donna già da un po' e non vedeva l'ora di poterla avere di nuovo. Si appoggiò a lei, in modo che potesse cingerle le gambe alla vita e con un gesto secco le strappò i leggeri slip di pizzo che lei aveva indossato quella sera.

Un cover dei Soft Cell cantata dal Reverendo li accompagnava nei movimenti. Deborah urlava per le spinte estremamente forti e stimolanti che le lasciava il vampiro. Vennero nel momento in cui Demian morse il capezzolo di Deborah per poter bere.

Demian si fermò sentendo la sua amante ansimare forte: dimenticava, a volte, come lei fosse ancora umana e che certe cose le doveva ancora fare. Provò ad immaginare quando tutto questo sarebbe finito e le loro peripezie sarebbero potute durare estremamente di più, magari arricchite da dolci torture. Tornò immediatamente ad essere duro, ancora profondamente conficcato in lei, che la guardava sorpreso.

"Sei mia, hai capito? Solo mia come io sono tuo e pretendo che nessuno ti porti via da me, che sia un uomo, un vampiro o quella stramaledetta Cacciatrice." Sibilò con rabbia, mentre usciva dal suo canale bagnato. Debby si ritrovò con le ginocchia a terra e davanti il membro pronto di Demian. Sorrise minacciosa, ma lui non se ne accorse, sospirò soltanto quando lei lo prese in bocca.

Deborah sapeva che la vendetta era un piatto da servire freddo e la sua sarebbe stata gelata.

 

Dopo aver lasciato il locale polverizzando qualche elemento demoniaco, Monica si diresse verso Piazza Unità. Doveva incontrarsi con Wesley per poter ascoltare le novità che arrivavano da Lorne. Il demone verde aveva inviato tramite un ragazzino innoquo, un piccolo biglietto che diceva solo "trovato". Wesley aveva pensato che fosse opportuno andare da lui al più presto e Monica non aveva obiettato, scusandosi di non poter andare con lui. Wes non aveva replicato, aveva capito che la sua donna, ormai definitivamente sua, doveva fare qualcosa di importante e che non poteva rimandare.

Le luci della Piazza illuminavano tutta la zona circostante, fino ad arrivare all'acqua nera e minacciosa che si trovava sotto di lei. Monica, per saggiare i suoi riflessi, era in bilico sul finire del molo, con i talloni nel vuoto e le punte a sostenerla. Sembrava una tuffatrice in procinto di buttarsi. Vide arrivare da lontano Wesley e sorrise, abbandonando la sua posizione per corrergli incontro. Dopo la serata al  locale vampirico, vederlo la metteva di buon amore. In più ogni più piccolo passo che faceva le ricordava le notti appassionate tra le lenzuola che passavano assieme. Non era stata così indolenzita neppure all'inizio del suo allenamento come cacciatrice. Sorrise internamente mentre lo baciava famelico.

"Wow, devo allontanarmi più spesso se questo è il benvenuto che mi dai." Disse Wes ridacchiando.

"Allora, che notizie mi porti?" Monica decise di andare direttamente al sodo. Presero a camminare abbracciati lungo il molo, mentre Wesley le spiegava come era andata la serata.

"Kosmina si nasconde in una grotta sul Monte Valerio, esattamente come abbiamo teorizzato qualche giorno fa. Lorne mi ha dato una specie di piantina che ha ricavato dal canto di alcuni demoni incauti."

"Meglio per noi. Ci andiamo ora?" Aveva una gran voglia di menar le mani ed era incazzata con mezzo mondo.

"Pensavo di andarci di giorno, così li troviamo un po' scombussolati per il sonno."

Monica prese a pensarci su. In effetti aver a che fare con il master quando lui era assonnato, poteva essere decisamente meglio, magari avrebbe fatto meno resistenza.

"Ok, vada per domani, magari verso mezzogiorno, così siamo proprio sicuri che li prendiamo di sorpresa."

Presero a incamminarsi verso casa. Monica si sentiva bene. Certo, aveva ancora quella sensazione di arrabbiatura che le aveva dato vedere Debby in quel locale, sentire quel maledetto morso ancora su di lei, ma Wesley aveva l'innata capacità di farla stare bene. L'intimità che avevano raggiunto era qualcosa di incredibile e a lei piaceva. In più doveva ammettere che non era un rapporto asfissiante, erano abbastanza indipendenti, nonostante tutto, e questo era una cosa importante per lei. Sorrise guardando il mare: lo avrebbe portato a conoscere la sua famiglia.

 

Da "Il Piccolo"

 

Ritrovato un cadavere orribilmente mutilato, davanti alla Facoltà di Biologia, ai piedi del monte Valerio. L'Ispettore Marchesi, che si occupa delle indagini, non ha voluto rilasciare dichiarazioni in merito.

 

CAPITOLO VENTI

 

Aveva passato la mattinata ad allenarsi con Wesley. Voleva essere perfettamente pronta per andare a sconfiggere Kosmina, se non lo fosse stata, per lei sarebbe stata la fine e non lo voleva proprio. Corse a farsi la doccia, mentre Wesley caricava la macchina di paletti e frecce. Da quando si era svegliato quella mattina, aveva sentito di provare dei leggeri crampi allo stomaco: aveva paura. La battaglia vera non lo preoccupava più di tanto, era sempre andato a fare le ronde conoscendo i pericoli che avrebbe dovuto affrontare, ma ora aveva paura di perdere Monica. Finalmente si erano trovati, amati, finalmente erano una coppia, certo non molto convenzionale, lei Cacciatrice, lui Osservatore, ma sempre coppia erano e Wes sapeva che senza la sua piccola metà sarebbe stato da cani. Sobbalzò quando sentì qualcuno che bussava alla porta. Sperò che fosse solo il postino, così da levarselo presto dalle scatole. Aprì la porta e rimase a bocca aperta nel vedere Alessio che lo osservava con sguardo corruciato.

"Ciao Wes. C'è Monica?" Wesley assottigliò gli occhi: era ancora geloso di lui.

"Si sta preparando per uscire." rispose lapidario facendolo entrare. Il poliziotto era vestito in jeans e maglietta maniche corte, dato che il sole di primavera picchiava forte. Gli occhiali a specchio gli davano proprio l'aspetto del tipicolo cops dei telefilm americani.

"Ehylà, guarda chi si vede. Ciao!" Urlò Monica da sopra le scale. Si era cambiata anche lei. Panataloni da battaglia neri e una maglietta attillata. Non doveva distrarsi con stoffa che volteggiava intorno a lei. A Wesley venne l'acquolina in bocca, visto la maniera quasi indecente, in cui la maglia le fasciava il petto. Anche Alessio rimase sorpreso nel vederla così. Gli sembrava che fosse più donna dell'ultima volta che l'aveva vista e invidiò l'inglese, visto che sicuramente le aveva dato una bella mano per questo cambiamento. Da buon sbirrò, notò immediatamente un particolare sul collo di lei. Evidentemente il ragazzo aveva voluto lasciarle un marchio: non potè non sorridere.

"Ciao. Dove state andando?" Monica gli diede due leggeri baci sulle guance.

"Andiamo a stanare un brutto e spelacchiato coniglio dalla sua tana." Rispose lei sorridendo. Aveva paura, questo sì, ma non voleva lasciarsi dominare da essa. Meglio di così non poteva prepararsi, quindi era inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta. "Tu che fai qui?"

"Volevo mostrarvi delle foto. Volevo capire se il caso a cui sto lavorando è legato alla Bocca dell'Inferno, oppure se è una cosa slegata." Tirò fuori dalla buste alcuni fogli in bianco e nero che Wesley prese in mano ed analizzò. Non era di certo un bello spettacolo, ma lui non si scompose, mentre Monica ed Alessio chiacchieravano.

"Allora, dove siete diretti?" Alessio era curioso.

"Piccola grotta sul Carso, Monte Valerio per la precisione." Un piccolo campanello suonò in testa al poliziotto. "Sì, dove è stato trovato il tuo corpo."

"Infatti questo è un lavoro di un demone. Se non sbaglio della specie dei Deevak. Non puoi farcela contro di lui." Gli disse Wesley ridandogli le foto della scientifica.

"Ora scusaci, ma dobbiamo andare."

"Starai attenta, vero?" Monica gli sorrise e lo abbracciò forte lasciandolo sorpreso. Wesley prese a ringhiare piano.

"Certo!" Si staccò e si mise al volante della sua seicento. Alessio porse la mano a Wes che la prese svogliato.

"Proteggila più che puoi. E stai attento anche tu." I due si guardarono e Wes annuì semplicemente. Come spiegare a parole che avrebbe semplicemente dato la vita per la sua Cacciatrice?

Alessio li vide andar via e prese una decisione epocale.

 

Stranamente l'Università sembrava svuotata. Di solito i parcheggi erano tutti occupati dalle migliaia di studenti e professori che ogni giorno seguivano le varie legioni, oppure studiavano nelle varie biblioteche. Invece ora sembrava il deserto. Le poche anime che ancora erano rimaste, si aggiravano terrorizzate e spariva appena possibile. A Monica si strinse il cuore: per quanto potesse provare un forte senso di ripugnanza per quel luogo, aveva passato anche dei bei momenti e non credeva che fosse giusto quello che le era successo. Scesero dall'auto senza parlare. Prese i paletti, infilandone alcuni nei calzini, altri nei passanti dei pantaloni e nella tasca della piccola giacca che aveva deciso di portare. Wesley prese più frecce possibili per ricaricare la sua balestra. Così armati presero la salita verso il monte. Non parlavano, erano tutti e due concentrati a seguire i minimi cambiamente dell'ambiente esterno, ma nulla sembrava a presagire che qualcosa di male potesse accadere tra le fronde degli alberi e l'erba verde lussureggiante grazie alle recenti pioggie. Poco più in alto c'era uno spiazzo di sola terra nuda. Nessun albero ed una fenditura che spaccava la nuda roccia. Un fremito percorse la schiena di Monica guardandola: non poteva essere che quello il covo. Un rumore improvviso dietro di loro li fece sussultare.

"Alessio?! Che cavolo fai qui?" Sbottò Monica vedendo il poliziotto. L'uomo era con un paletto sguainato pronto a seguirli.

"Vi aiuto, ovviamente."

"Sì, ti aiuti a suicidarti. Torna a casa." Sbottò Wesley.

"Questa è anche la mia città e se con le manette non posso prenderli, allora diamoci giù di paletto." Monica fece spallucce.

"Se vuoi vieni, ma non ti prometto che riuscirai ad uscirne vivo." Una bella iniezione di speranza prima di entrare, pensò Alessio, ma non disse nulla.

I tre entrarono nel pertugio e subito si ritrovarono in una grande grotta. Le pareti erano lucide dall'acqua e in lontanaza si sentiva lo scrosciare di un piccolo ruscello sotterraneo, tipico delle zone Carsiche. Con lentezza e grazie ad una piccola torcia che Wesley aveva prudentemente portato con se, il terzetto cominciò a scendere verso il centro della collina. Ad ogni passo in avanti, Monica sentiva la malignità aumentare e la colpiva come dei pugni dello stomaco. Lentamente iniziava a temere quello che avrebbe trovato nella zona principale. Improvvisamente, in lontananza, videre un leggero bagliore dorato: evidentemente del fuoco.

Alessio si deterse la fronte: voleva porsi come grande eroe, un po' per tirare su la sua vita caduta nell'oblio in quei ultimi annio, ma ora tremava di terrore paura. Guardò Monica che teneva fissa lo sguardo verso il termine del tunnel e poi osservò Wesley: l'inglese aveva un'espressione determinata, ma gli occhi tradivano la preoccupazione. Spesso guardava Monica con amore e Alessio sperò ardentemente di uscire vivo da lì per vederli sposarsi.

Lo spettacolo che gli si parò davanti, quando arrivarono allo slargo della grotta, era raccapricciante: Sul muro pendevano i cadaveri di decine di ragazzi, tutti con la gola lacerata e lasciati a dissanguarsi sopra un lungo bacile di pietra, ormai ricolmo di liquido vermiglio. L'odore del sangue era intossicante la dentro e Alessio sentì crescere dentro un senso di nause incredibile. Attorno a loro c'erano vampiri addormentati un po' ovunque, ma di Kosmina neppure l'ombra. Il russare era assordante. A gesti i tre si divisero, ognuno prendendo un pezzo di caverna. Monica stava al centro e con sistematica dedizione presero ad uccidere un vampiro per volta. Praticamente nessuno si accorse di nulla, fino a quando un rumore proveniente dall'esterno, non mise in allarme alcuni vampiri.

"La Cacciatrice!" Urlò uno prima di esplodere grazie a Wesley. Peccato che ormai tutti i demoni si erano svegliati. Nonostante ne avessero falcidiato una buona metà, erano ancora in netta inferiorità numerica. Monica sorrise sbarazzina e in velocità polverizzò tre vampiri che le si erano minacciosamente avvicinati.

"Ragazzi, che calorosa accoglienza." Le sue parole vennero sommersa dai ringhi e le urla dei vampiri. Iniziò una lotta furiosa. Monica mollava fendenti a tutto spiano, non mancava un colpo, era più che concentrata. Non era con quei tipi che voleva combattere, lei puntava al top in assoluto. Quando attorno a lei non fu rimasta che polvere si voltò raggiante: non era neppure sudata. "Tutto qui?" Urlò.

Alessio e Wesley non erano molto contenti di questa dimostrazione di forza, si sentivano leggermente sminuiti, lei era fin troppo brava. I due si ritrovarono a combattere spalla a spalla cercando di far più caduti possibili.

"Così la Cacciatrice è venuta a trovarmi...che pensiero gentile." la voce gelida proveniente da un piccolo cunicolo, fece smettere a tutti di combattere. I vampiri silenzioni, lentamente arretrarono verso le pareti e si inchianarono. A Monica era già sceso un brivido di paura. Quell'uomo la spaventava molto più di Demian, ma fece finta di nulla e si girò a fronteggiarlo con un sorriso.

"Io sono una persona gentile."

"Sai, non pensavo fossi così stupida...addirittura gettarti ai miei piedi." Le disse sprezzante Kosmina.

"Io non mi metto ai piedi di nessuno, bastardo. Tra i due sarai tu a strisciare e a pentirti di essere venuto a Trieste."  Kosmina rise e subito dopo si gettò sulla Cacciatrice facendola volare con un pugno.

"Monica!" Wesley fece per aiutarla, ma lei lo bloccò con un gesto. Monica si alzò ancora un po' intontita dal volo fatto, ma tornò verso Kosmina cominciando ad attaccare. Si scambiarono calci, pugni ed insulti silenziosi. Lei cercava di trovare la maniera migliore per fermare il rito e pure di ucciderlo per sempre, ma sembrava che toccarlo fosse estremamente difficile. Probabilmente stava attuando degli incantesimi per fare uno scudo mistico. Lo mandò mentalmente a fanculo. Il sopracciclio  iniziò a sanguinare lentamente.

Alessio, momentaneamente libero, si diresse verso i corpi appesi, sperando di trovare ancora qualcuno vivo, ma le sue speranze svanirono, quando finì io lavoro. Erano tutti cadaveri. Una sorda rabbia si stava impadronendo di lui: quelle erano vittime giovani, ragazzi sotto i vent'anno di sicuro, l'idea che fossero stati gozzati come bestie al macello gli faceva male. Vide il bacile di pietra, dove qualcosa stava gorgogliano all'intenro. Soppresse un conato di vomito e si appoggiò al bordo.

Wesley, nel frattempo, stava tenendo a bada tutti i servi rimasti: si ritrovò ben presto con una profonda ferita al braccio che lo limitava nei movimenti. Iniziò a declamare in incantesimo e per un paio di minuti riuscì a respirare ad e riprendere le forze. Vide la sua ragazza che fronteggiava il master: la situazione era in stallo.

"Sei una stupida cagna, non uscirai viva da qui." Le disse Kosmina.

"Tu tanto parli, ma poco fai. Demian mi avrebbe già dissanguato. L'ho sempre pensato che non valevi nulla." Monica sogghignò, mentre Alessio la guardava senza capire. Perchè incitarlo in quella maniera? Invece, il piano di Moncia si risultò azzeccato. Kosmina, accecato dalla rabbia per le parole di Monica, caricò senza troppo pensarci, sbilanciandosi. Il suo incantesimo crollò come un castello di carta e Monica riuscì a colpirlo con forza nello stomaco e a farlo sanguinare grazie ad un coltellino svizzero regalatole da un amico alchimista di Monfalcone. Monica lasciò un urlo di puro trionfo.

"Bastardo, te l'ho detto che sei una chiavica." Sentì dietro di lei un vampiro esplodere e girandosi, vide Wesley con la balestra in mano puntata verso di lei. L'aveva salvata ancora: gli sorrise dolcemente e  finalmente, capì.

Tornò a guardare Kosmina che si era rialzato e riprese a dargli pugni: doveva approfittare del momento di distrazione del master.

Nel frattempo, Alessio non sapeva più che fare. I pochi childe rimasti stavano combattendo contro Wesley che abilmente si destreggiava tra paletto e balestra. Si sentì improvvisamente inutile, nonostante avesse ucciso un buon numero di vampiri. Notò che dal bacile stava uscendo qualcosa che assomigliava, in maniera fin troppo raccapricciante, ad un dito. Preso dal panico, si mise a spingere il recipiente, in modo da svuotarlo. Non sapeva quello che stava uscendo da la, ma di sicuro non era nulla di buono.

"Fermatelo!!" Urlò Kosmina ai suoi servi.

'Tutto ruota intorno al sangue' La frase di Debby prese a lampeggiare come un neon nel suo cervello.

"Wesley, aiutalo!!" Ordinò al suo Osservatore, che corse immediatamente ad aiutare il poliziotto che si era ritrovato circondato da vampiri ansiosi di ammazzarlo. "E da la che deve uscire il tuo braccio armato, vero?" sibilò Monica contro il Master, ma questo non rispose e con un un colpo potente la fece volare lontano.

"Non mi fermerai, maledetta."

I due uomini vivi, nel frattempo, erano finalmente riusciti ad inclinare il bacile... il sangue prese lentamente a versarsi nel fiumiciattolo che si inabissava verso il cuore della grotta. Il gorgoglio terminò e il dito tornò da dove era venuto, quale posto fosse, non interessava a nessuno.

Un urlo disumano riempì l'antro: Kosmina si era appena reso conto che il suo piano andava in fumo per almeno un altro mese. Con gli occhi dorati si girò verso Monica, che ancora seduta sul pavimento, stava riprendendo conoscenza.

"E' tutta colpa tua, maledetta troia!" Si ritrovò sopra di lei in meno di un secondo e la azzannò con forza.

Wesley pensò di morire in quell'istante e prese correre verso il suo amore per soccorrerla, mentre le lacrime gli appannavano la vista. Con muta incredulità, vide sparire Kosmina in una nube di polvere: era appena spuntato un paletto dal suo costato. Monica lo aveva tirato fuori da uno dei passanti della cintura ed era riuscito ad infilzarlo prima che il vampiro la bevesse troppo.  Era talmente incazzato con lei che si era lasciato fregare come un pivellino. Il lieve sorriso della Cacciatrice, rassicurò solo in parte Wesley.

"Amore?" la abbracciò portandosela al petto: aveva creduto di vederla morire e gli era scoppiato l'universo dentro, che avrebbe fatto senza di lei?

"Sto bene, Wes." Mormorò lei piano. In realtà era distrutta, era sul bilico dello svenimento.

"Dobbiamo portarla in ospedale." Fece pratico Alessio accorso da loro. "Copro io con i medici." Wesley annuì e la prese in braccio. Sembrava una bambolina.

"No...sto bene, portatemi a casa, per favore." Monica tentò di darsi un tono, ma stava troppo bene nelle braccia di Wesley, voleva solo restare per tutto il resto della sua vita così.

"Monica, sei ferita."

"No, devo solo riposare...per favore, Wes, andiamo a casa, ho sonno."  Lui le diede un piccolo bacio sulla fronte e cominciarono a correre verso l'uscita. Come videro la luce del sole, scappò a tutti loro un sospiro di sollievo.

Wesley appoggiò Monica sul sedile: ormai era completamente svenuta. Corse come un pazzo verso casa, senza neppure ascoltare quello che gli diceva Alessio...lo avrebbe chiamato più tardi. Ora, l'unica cosa che importava a Wesley, era Monica. Si accorse di star tremando dal freddo per la paura. Quando Kosmina l'aveva morsa, un iceberg gli era penetrato nelle vene, facendolo morire all'istante. Il suo corpo doveva ancora riprendersi.

Entrarono in casa, lui la portò su per le scale in braccio, sentendo che si stava svegliando.

"Tranquilla amore mio, siamo a casa, ok? Adesso riposi." lei mugugnò qualcosa che lui non capì. Evitò Cucciola e Spike, che erano corse da loro preoccupate, dato che avevano annusato l'aria impregnata dal sangue dei due, e la poggiò delicatamente nel suo letto. Notò che era molto pallida: Kosmina doveva aver bevuto parecchio da lei per ridurla in quello stato. Per fortuna che si riprendeva in fretta grazie ai suoi poteri di guarigione. Si augurò mentalmente che il master subisse le peggiori torture all'inferno.

"Wes?"

"Sono qui, resto con te, non ti lascio." Le disse premuroso prendendole una mano per baciargliela. Monica borbottò qualcosa. "Non ho capito." Lei sospirò piano cercando di riprendere un minimo di forze. Doveva dirgli una cosa così importante. "Tranquilla, mi dici tutto dopo, adesso riposati, ok?" Lei scosse il capo in segno di diniego e prese a guardarlo negli occhi con il lieve sorriso dipinto sulle labbra. Poggiò la mano sulla guancia ancora sporca di polvere e sangue.

"Ti amo, Wesley."

 

Da "Il Piccolo"

 

Trovati sul Monte Valerio, in una grotta sotteranea, sette cadaveri di ragazzi. Gli scorsi giorni erano scomparsi da casa e ora la macabra scoperta. L'Ispettore Marchesi, autore della terribile scoperta, ha tenuta una conferenza stampa in cui ha spiegato che quelli sono i tristi resti di una messa nera. La città veste a lutto.

 

CAPITOLO VENTUNO

 

La prima cosa che Monica captò al suo risveglio, fu un leggero respiro vicino a lei. Non era ancora riuscita ad aprire gli occhi, ma aveva facilmente intuito che la mano che teneva stretta la sua era quella di Wesley e che quindi con lei nella stanza c'era lui. Monica aveva ancora la mente annebbiata dal sonno e si sentiva pesante e svuotata, come se fosse appena uscita da una anestesia totale. Sentiva di non avere potere sul proprio corpo. Voleva, in tutta verità, poter stringere la mano a Wes ed accarezzarlo, ma sembrava che il segnale non arrivasse. Decise che per un po' poteva ancora restare così.

Nel buio della sua camera, prese a ricordare la sequenza di eventi accaduti nella grotta: sì, Kosmina era definitivamente polvere e lei era sopravvissuta. Un leggero senso di euforia prese vita in lei. Aveva avuto molta paura quando il vampiro l'aveva azzannata, ma era stato l'unico momento in cui poteva ucciderlo, l'unica volta in cui lui le si era avvicinato abbastanza per poter affondare il colpo...e non lo aveva mancato. Doveva congratularsi con se stessa per la mossa azzardata, almeno ne era valsa la pena. Certo, ora si sentiva come se fosse stata investita da un camion a rimorchio, ma almeno il bastardo era solo un ricordo.

Rivide Wesley che correva da lei con la paura negli occhi: dio quanto era stata cieca in quei mesi. Si era affannata a reprimere qualsiasi idea di sentimento verso di lui, quando i suoi occhi azzurri l'avevano rapita dal primo istante in cui si erano posati su di lei. Averlo così profondamente odiato per quello che rappresentava, piuttosto che per il tipo di persona che era, li aveva aiutati a superare assieme tutti i vari stadi di una conoscenza normale, ma che lentezza. Era stato uno stillicidio di dolcezza e di intimità, fino a sfociare alle notti assieme, aggrovigliati fra le lenzuola amandosi come se non ci fosse stato un domani. E ora l'aveva capito: sì, lo amava con tutto il suo piccolo cuore di Cacciatrice. Là, in quella grotta polverosa, dove il Signore si era dimenticato di portare la sua grazia, lei aveva capito che l'unica persona con cui avrebbe potuto condividere la sua vita era lui e non solo perchè essendo un Osservatore non aveva bisogno di strane spiegazioni, ma proprio perchè in lui c'era quella comprensione dell'oscurità che permeava ogni Cacciatrice. E soprattutto aveva capito lei, l'aveva aspettata fino a quando non si erano baciati quella prima indimenticabile volta. Monica sorrise: non vedeva l'ora di dire a Wesley che lo amava, chissà che faccia avrebbe fatto. Poi si ricordò che glielo aveva già detto...quando l'aveva adagiata al letto, il suo volto tirato per la preoccupazione, lei che lo accarezzava piano. Sì, si era già dichiarata ed arrossì al ricordo.

"Wes..." Mugugnò. Il ragazzo si svegliò di scatto. In realtà non era riuscito a riposare tanto: quando lei era svenuta, aveva giusto avuto la voglia di telefonare ad Alessio per chiedergli cosa ne era stato dei cadaveri della grotta e per sapere cosa aveva deciso di dire ai suoi superiori, poi si era lavato un attimo ed era tornato al capezzale di Monica nel caso le servisse qualcosa, ma lei aveva continuato a dormire per delle ore. Aveva pensato molto, con il sorriso a quaranta denti sulle labbra, alle dolci parole che lei gli aveva detto prima di addormentarsi. Lei lo amava. Monica amava proprio lui, Wesley Wyndham-Pryce. Un calore enorme gli si era diffuso nel corpo, sperava solo che lei non ritirasse tutto quello che aveva detto.

"Sono qui." Le sussurrò piano per non disturbarla troppo.

"Stai bene?" lui sorrise poggiando la mano di Monica sulle labbra.

"Certo, perfettamente."  Voleva abbracciarla, baciarla, ma lei sembrava così fragile in quel momento, che lui aveva paura di romperla se si muoveva in maniera troppo forte.

"Ci sono stati guai?" gli chiese sussurrando. Voleva sapere quello che era successo dopo la battaglia, non si ricordava molto la sequenza degli eventi, ma non aveva la forza per tenere gli occhi aperti e restare concentrata.

"Monica, ne parliamo dopo, adesso ti devi riposare ancora un pochino."  Wesley le rimboccò per la centesima volta le coperte e le diede un leggero bacio sulla fronte. "Io sono di la, ok?"

"No." Monica gli prese il braccio e lo guardò con fatica negli occhi. Wesley potè osservare nuovamente quanto grandi fossero le iridi della ragazza. "Resta con me, ti prego." Wesley tornò a sedersi sulla sedia vicino al letto, ma Monica si spostò leggermente di lato. "Intendevo qui con me." disse piano arrossendo come una bambina.

Wes non disse nulla, si tolse le scarpe e la camicia, restando con una maglietta a maniche corte bianca ed i pantaloni, si distese vicino a lei abbracciandola, in modo che Monica potesse appoggiare la testa al suo torace.

Stretti così, scivolarono piano nel sonno.

 

La porta si aprì di scatto, rivelando Deborah completamente nuda che sovrastava il suo amante. Dal seno scendevano ancora luccicanti gocce cremisi che rivelavano che Deniam l'aveva appena morsa per portarla ad un orgasmo, in una giostra di piacere ormai ben consolidata. La ragazza cercò di coprirsi, mentre uno dei servi del master entrava con il volto già trasfigurato.

"Che cosa vuoi?" gli chiese Demian disturbato per l'interruzione.

"E' morto...Kosmina è morto."esalò, come se gli mancasse il fiato, il nuovo arrivato. Gli occhi di Demian si accesero mandando  bagliori dorati e sorridendo soddisfatto. Anche Debby riuscì a fare un lieve sorriso: questo significava che Monica era sana e salva, sperava solo che non si fosse fatta troppo male e che stesse bene.

"Fantastico, questa sì che è un'ottima notizia." Demian fece scendere da sè Deborah e si alzò, mostrandosi senza pudore in tutta la sua nudità.  Avrebbe voluto festeggiare andando fuori a bere qualcuno di unico ed indimenticabile, ma il sole splendeva alto nel cielo e lui era così vecchio anche perchè non aveva istinti suicidi. Guardò la sua amante: aveva i capelli sciolti e in disordine, la bocca rossa perfettamente in tinta con la sua chioma. La pelle candida spiccava nitida fra le lenzuola nere con cui aveva foderato il letto. Il bel seno era nascosto dalle braccia, ma, per uno strano gioco di luci e lenzuola, il vampiro riusciva a scorgere il bel triangolo scuro ancora lucido per l'eccitazione ed i liquidi versati nel precedenti amplessi. Si umettò le labbra ancora sporche al pensiero delle dolci perversioni che aveva riversato su Deborah. Più la possedeva e più la voleva!

"Cosa fai ancora qui? Non vedi che disturbi?" domandò poi bruscamente al suo servo che ancora non aveva dato cenni di volerli lasciare.

"Mio signore..." iniziò quello titubante. "Che facciamo di lei?" chiese indicando una sorpresa Deborah. Demian ringhiò.

"Che cosa intendi?"

"Beh quella è l'amica più cara della Cacciatrice...se quella maledetta ha ucciso Kosmina, figurati che farà a noi che abbiamo lei nel covo."

Demian gli si avvicinò e lo prese per il collo in una stretta di ferro.

"C'è qualcosa che vorresti dirmi?" Il servo prese a tremare: possibile che avesse freddo. No, era la paura che incuteva Demian in quel momento. Gli occhi gelidi e dorati erano fissi su di lui.

"C'è chi vuole ucciderla, mia signore." Esalò tutto ad un fiato. "Si stanno riunendo, in modo da non dover avere problemi con la Cacciatrice." Demian fece diventare polvere il malcapitato.

"Vestiti." Ordinò estremamente serio. Debby prese i suoi vestiti, aveva immediatamente capito che la situazione era decisamente preoccupante, nessuno di loro avrebbe esitato a berla per salvarsi la pelle.

"Dove mi porti?"

"Fuori di qui. C'è il sole, non ti possono seguire, nel frattempo io insegnerò loro la disciplina." Anche lui si era vestito e notò che Debby era ferma in mezzo alla stanza ad osservarlo con uno sguardo strano. "Che hai?''

"Perchè lo fai?" domandò lei spiazzandolo. Che domande gli stava facendo?

"Perchè te ne esci con una cosa del genere?" Demian sentiva che i suoi stavano arrivando e sapeva anche che, nonostante fosse il master, da solo non poteva controbattere a decine di vampiri assetati di sangue e vendetta verso di loro.

"Perchè non hai più bisogno di me. Monica ha sconfitto Kosmina, il vostro patto è annullato." Demian la prese fra le braccia con un gesto secco e la portò vicino a sè.

"Non è il patto quello che mi interessa, sei tu. Tu sei mia, Debby, e io ti voglio così tanto..." si fermò come a cercare qualche parola adatta. "Io ti amo così tanto." Gli fece strano dirlo: per secoli il massimo della soddisfazione era stato disintegrare i suoi nemici ed esaltarsi per quello, eppure dire quelle semplici paroline alla donna che lo aveva stregato, gli era sembrata un'impresa da giganti. Si baciarono febbrilmente, come se volessero assaporarsi al meglio per ricordarsene in futuro.

Lui la prese per mano e la accompagnò per un lungo corridoio nascosto, in modo da guadagnare un po' di tempo. Infatti i vampiri erano già entrati nella camera padronale e, non avendo trovato nessuno, stavano ora cercando delle vie di fuga.
Il corridoio era buio e scivoloso, l'unico modo per Deborah di uscire fuori di lì integra era quello di tenere ben ferma la presa su Demian. Iniziarono a sentirsi i ringhi dietro di loro, fino a quando si ritrovarono nell'atrio del palazzo settecentesco dove abitavano. Debby riuscì ad uscire al sole, venendone letteralmente inondata, mentre Demian si appropinquava ad affrontare i suoi ex sostenitori.

"Vi state ribellando?" domandò il master sprezzante.

"No, vogliamo solo uccidere quella puttanella, poi sarà tutto più facile." ringhiò uno da dietro.

"Quindi vi ribellate. Nessuno di voi si può permettere di toccare Deborah con un dito. Lei è la mia donna."

"Ci farà ammazzare tutti!" così dicendo alcuni di loro presero ad attaccare Demian, che, però, riuscì a parare bene e difendersi. Deborah era decisamente combattuta: voleva scappare lontano e dimenticarsi di tutta quella sporca faccenda, l'altra parte di se voleva rientrare ed aiutare il suo amore, anche se era un vampiro e non meritava poi molto: alla fine rimase dov'era.

Demian era forte e di sicuro più intelligente rispetto a tutti quei childe rivoltosi, ma da solo non poteva fermarli tutti. Dopo aver fatto una buona strage, si ritrovò completamente privo di forze, i suoi nemici erano troppi, però anche loro ora andavano più cauti. Avevano visto troppi di loro diventare polvere con facilità estrema e non volevano rischiare la stessa sorte.

"Siete solo dei luridi figli di cagna." Insultò Demian. "Non meritereste neppure la vita eterna, ho sprecato del buon sangue con voi."

"Non ci darai la ragazza?"

"Mai."

I vampiri, senza dire una parole, tornarono da dove erano venuti, rinunciando a lottare. Forse non valeva la pena di crepare per una insipida umana, che poi il loro Master si fosse rammollito per lei, erano fatti suoi, non loro. Avrebbero continuato la loro non-vita lontano da quella cittadina insulsa.

Demian era rimasto alquanto sorpreso, non pensava che la lotta finisse così presto e che i suoi childe abbandonassero l'idea di uccidere Deborah. Decise che per qualche decennio sarebbe stato meglio restare da solo, senza irritanti creature, ma solo con la sua donna, ovviamente vampirizzata. Secondo lui mancava poco per farla cedere: già si immaginava loro due assieme intenti ad uccidere quella fastidiosa Cacciatrice e il suo Osservatore, sarebbe stato un delizioso banchetto per loro. Si girò verso di lei che era ancora sotto la luce del sole e le tese una mano.

"Vieni, torniamo nella nostra stanza." Ma Debby non si mosse, anzi, lo guardava con occhi più profondi, allagati dalle lacrime.

"Non posso più tornare con te..." esalò a voce bassissima, tanto che Demian non avrebbe sentito se non fosse stato un vampiro.

"Che cosa stai dicendo?"

"Io ti amo Demian, lo sai, ma sei una creatura oscura, io non posso continuare a stare con te sapendo che ogni notte uccidi dei poveri innocenti che non hanno nessuna altra colpa che quella di essere vivi."

Demian, lentamente, iniziava a capire: aveva creduto di star usando Deborah per il suo rapporto con la Cacciatrice e non si era accorto che era stata lei ad aver usato lui. Sorrise amaramente.

"E' un modo dolce e lacrimevole per dirmi che te ne vuoi andare via? Tu mi appartieni, amore, tu sei mia fino all'ultima particella del tuo essere, non puoi lasciarmi così, come se fossi un vestito vecchio." Deborah si riprese un attimo e lo guardò a lungo.

"Io sono tua, è vero e credimi, non ti dimenticherò mai, anche dopo che sarai diventato polvere." da una delle tasche del vestito fece uscire un paletto. Demian non glielo aveva mai tolto per precauzione, in caso che uno dei vampiri, dimostrati poi ribelli, non provasse a prendersi certe libertà mentre lui era a caccia.

"Ancora con questa cosa che mi vuoi uccidere? Non ce l'hai fatta una volta e non ce la farai ora."

Ormai li separava la linea d'ombra del palazzo di Demian, dieci centimetri di tensione profonda.

"Ti prego, vattene da qui...Lascia la città e dimenticati di me, ti scongiuro." supplicò Deborah guardandolo negli occhi.

"Non credo sia possibile, tu abiti qui e io voglio stare con te." le disse Demian.

"Non obbligarmi ad ucciderti." le prime lacrime presero a sgorgarle dalle palpebre. Demian la cinse con le braccia, iniziando a fumare a causa della luce del sole.

"Perchè lo vorresti fare?"

"Perchè se tu non diventi polvere io non sarò mai libera. Tu potrai chiamarmi a te quando vorrai e io lo verrei sempre, forse anche senza morso. Se la tentazione non c'è, io non sarò tentata. Ti prego, vattene."

"No." Demian la prese e la baciò dolcemente come mai aveva fatto nella sua non vita. Deborah si perse in lui, ma strinse maggiormente il paletto, trovando la forza di puntarglielo al cuore.

"Io ti amo Demian." gli sussurrò labbra su labbra "E non ti dimenticherò mai."

La ragazza spinse più a fondo iniziando a scalfire la pallida pelle del vampiro che la guardava con stupore crescente: non era possibile che lei gli stesse facendo quello.

La polvere si posò piano al suolo, mescolata alle lacrime di una ragazza innamorata, che aveva scelto il suo destino.

 

Wesley stava accarezzando leggero il braccio nudo di Monica, ancora addormentata. Si era svegliato da una buona mezz'ora e non era riuscito a far niente altro che ascoltare il suo respiro cadenzato e stringerla a se quando lei mugugnava qualcosa nel sonno di poco piacevole. Con occhio critico aveva osservato tutti i lividi e i tagli che si era procurata con la lotta e, anche se lei guariva in fretta, avrebbe voluto pulirglieli ed aiutarla. Però, stare così abbracciati assieme, in silenzio nella stanza di lei, era qualcosa che lui non voleva interrompere, specie svegliandola. La strinse a se ancora un po', non accorgendosi del leggero sorriso di lei.

Pure lei era sveglia, ma solo da poco. Si stava solo assaporando al meglio quelle splendide sensazioni: il suo lato dolce e teneroso stava gongolando, ma un po' ce ne voleva, dopo che per anni aveva coltivato il lato cinico e solitario.

"Da quanto sei sveglio?" la voce bassa di Monica ruppe il silenzio stupendo Wes che non si era accorto di nulla.

"Da un po'." gli rispose dandole un lieve bacio sulla spalla lasciata scoperta dalla maglietta. "Come stai?"

"Bene...mi sembra di aver corso dieci maratone di fila, ma, a parte questo, sto bene. Devo solo riposare ancora un po'." si stiracchiò leggermente, restando favorevolmente sorpresa di trovare il suo corpo che già rispondeva agli stimoli. In mezza giornata si sarebbe rimessa in piedi. Sentì Wesley che continuava a baciarla sul collo, dietro le orecchie, sulla guancia, come se stesse seguendo un percorso stabilito. Provò un brivido ancora più profondo quando lui poggiò le labbra sul segno del morso di Kosmina.

"Ti ha fatto tanto male?" Domandò lui piano e Monica annuì leggera.

"Ne valeva la pena." prese un forte respiro "Sai, se l'unico modo per conoscerti era diventare una Cacciatrice, beh, sono contenta di esserlo, allora." Malgrado il pallore dovuto alla mancanza di sangue, Wesley potè vedere che le sue gote erano leggermente arrossite a quella confessione. Non le disse nulla, si limitò a baciarle le labbra facendo guizzare la lingua malandrina al suo interno. "Ti amo, Wes...ti amo.." gli sussurrò Monica all'orecchio, intimidita dal dover esporre i suoi sentimenti. Si guardarono negli occhi mentre lui le accarezzava i capelli quasi con venerazione. "E tu mi ami veramente? Cioè, io sono tutta sbagliata, manesca, per dirla una, mi infurio e..." Lui le posò un dito sulla bocca per farla tacere.

"Ti amo dal primo momento che ti ho visto... anzi, questo non è vero... forse anche da prima."

Che può dire una donna ad una dichiarazione del genere? Nulla, e così fece Monica. Lo abbracciò forte, impedendosi mentalmente di cedere alle lacrime di commozione. Iniziarono a muoversi in sincronia, ognuno con la voglia che gli serpeggiava nelle vene. Monica si ritrovò senza la maglia, con i seni liberi di stare nelle mani di Wesley. La baciava, la sfiorava, facendola gemere e sospirare, a volte più forte quando lui toccava i lividi più profondi.

Non si resero minimamente conto che qualcuno era entrato in casa.

Quando Debby aprì la porta della stanza di Monica, sperando di trovarla, cacciò un urlo vedendo Wesley sopra la sua migliore amica, intento a penetrarla e baciarla.

"Debby!" Esclamò sorpresa Monica, mentre Wes cercava qualsiasi cosa per potersi coprire.

"Scusate!" Disse la rossa sparendo dietro la porta. A Monica non erano certo sfuggite le lacrime sulle sue gote, quindi prese di nuovo la sua maglia, un paio di slip e caracollante, con Wesley finalmente coperto che la teneva su, seguì la ragazza.

Trovò Deborah intenta a muoversi nervosamente per il soggiorno: senza appigli si avvicinò a lei e la abbracciò. Non voleva ammetterlo, ma la sua amica le era mancata quasi come l'aria. Presa da quelle braccia forti, Deborah si lasciò andare ad un pianto sfrenato: in parte si sentiva distrutta per il gesto che era stata costretta a fare, eppure una parte di se era sollevata che finalmente le cose si fossero messe a posto. Niente più vampiri nella sua vita, voleva trovarsi un ragazzo normale.

"Che è successo Debby?" chiese Monica preoccupata, mentre Wes le osservava da lontano.

"Non ci darà più fastidio." Monica non dovette chiedere a chi la sua amica si stava riferendo, le sue lacrime erano più che intuibili, esattamente come i marchi di Demian e l'odore di oscurità che si portava appresso. Non sapeva come, ma lei aveva uccido Demian. Voleva esserne felice, eppure avrebbe tanto voluto evitare quella sofferenza a Deborah, una ragazza buona come lei non meritava di stare male, qualsiasi fosse il motivo.

"Che è successo?" Domandò Wesley meno accorto della sua ragazza.

"E' morto, Demian è polvere..." La voce si incrinò ulteriormente, gli occhi erano ormai due dighe completamente frantumate. "Io l'ho fatto diventare polvere." Così dicendo si aggrappò ancora con più forza a Monica che sperava ardentemente di farle capire che era lì per lei, per qualsiasi cosa le volesse dire. "Non potevo lasciarlo andare, io ho bisogno di lui, ma se rimaneva qui...il morso...la mia volontà... non avremmo potuto avere un futuro." Monica le tolse dalle guance le lacrime, passando leggera con le dita.

"Va tutto bene, passerà..." Le pareva di una banalità incredibile, ma non sapeva cosa dirle. Debby scosse il capo e sorriso.

"No, non passerà mai, ma si attenuerà di sicuro. Io lo amerò per sempre, perchè lui ha fatto uscire l'oscurità che c'è in me... e io dovrò sempre farci i conti." Si soffiò il naso e la guardò "Come stai tu? Ho saputo che hai sconfitto Kosmina." il volto di Monica parve risplendere grazie al suo sorriso.

"Già, ho fatto fuori il bastardo e sono ancora viva! Meglio di così non poteva proprio andare." Il cellulare di Wesley prese a suonare e il ragazzo rispose, mentre le due amiche, ancora abbracciate dopo tanti giorni passati lontane, lo guardavano, una con affetto e una con amore.

"Era ora..." Disse Debby.

"Uh?"

"Che tu e lui vi metteste assieme. Era chiaro anche ad un cieco che vi rincorrevate." Monica ridacchiò improvvisamente più serena: avere di nuovo a casa Deborah era il coronamento della giornata, non poteva esserci fine migliore per quel capitolo della sua vita.

"Lo sai che sono molto cieca io..." Rispose Monica sempre guardando il suo uomo, suo e di nessun'altra, ormai, uomo che stava ritornando con una faccia corrucciata verso di loro.

"Era Alessio, c'è bisogno di una nostra consulenza per un corpo. Ci andiamo ora?"
La Bocca dell'Inferno non era ancora chiusa, sarebbe stato un qualcosa da fare in un futuro prossimo, così da poter almeno diminuire la malignità e i morti della città. Il suo compito di Cacciatrice non era terminato, c'era ancora chi avrebbe avuto bisogno di lei.

Si staccò da Debby, poi diede un leggero bacio a Wesley sorridendo. Andò nella sua stanza a prendere i vestiti puliti e si chiuse in bagno senza degnare nessuno di una risposta. Dieci minuti dopo, uscì dalla stanza completamente vestita, con la mano già sulla maniglia della porta per scendere verso la macchina.

"Andiamo a lavorare!"

 

Da "Fenice Immobiliare"

 

Vendesi sontuoso appartamento settecentesco in zona centrale, causa abbandono prematuro ed inaspettato del precedente acquirente. Prezzo conveniente, subito a disposizione.

 

FINE?