MONICA
Di PrincesOfTheUnivers
AUTRICE: Princes_of_the_Univers
TITOLO: Monica
DISCLAIMER: Non è tutto di Joss Whendon. Suoi sono
solo i personaggi tratti dalle serie BTVS e ATS, tutto il resto è di mia
proprietà.
RATING: NC-17 per andare sul sicuro
PAIRING: Wesley/Monica, Deborah/Demian
SOMMARIO: Tutto parte da una sola domanda: e se non
si fosse Attivata Faith dopo Kendra?
NOTE: Questa storia è nata dalla mia mente bacata per
tre grossi motivi.
1- Amo scrivere di Wesley e me assieme.
2- Amo scrivere delle mie zone d'origine e delle
persone che fanno parte della mia vita.
3- La scorsa primavera a Trieste è successo che
Per commenti: monica_placebo@libero.it
Dedicato a Deborah, che con il suo romanticismo mi fa
vedere il mondo un po' più rosa.
A Ruby76, nella speranza di conoscerla al più presto
e sperando che le piaccia leggere della sua città.
A Chiara, perchè mi ha reso felice.
PROLOGO
Da "Il Piccolo", quotidiano di Trieste.
Preoccupante escaletion di omicidi in città. La
popolazione presa dal panico non sa a chi rivolgersi. Si teme la presenza di un
serial Killer. Inquietante la presenza di numerosi fori sul collo delle
vittime.
Da "Il Messaggero Veneto"
Trovato stamane un nuovo corpo senza vita nel rione
di Sant' Anna, nei pressi del cimitero cittadino. La vittima era una delle
guardie del campo santo. Si avverte la gente che è meglio evitare di uscire
dopo il tramonto.
Da "Il Piccolo"
Questa notte, in Piazza Unità, è successo un fatto
deplorevole. La pavimentazione, recentemente risistemata, si è alzata nel
centro, provocando una rottura della suddetta piazza. Ancora non si sa se il
problema sia da adibirsi ad una fuga di gas e da una errata posatura delle
mattonelle. Di certo, non si può dire che i soldi dell'amministrazione pubblica
siano stati ben spesi.
CAPITOLO 1
Nella sede del Consiglio degli Osservatori, il lavoro
fermentava: Quentin Travers era sommerso dai fogli di allarme che continuavano a
giungere da Sunnydale. Angelus era risorto e la cacciatrice in carica aveva
qualche problema a sopraffarlo. Proprio per quel motivo era stata mandata in
California Kendra, la seconda cacciatrice. Speravano che questo aiutasse a
risolvere i guai, purtroppo il Consiglio dovette inghiottire un boccone amaro.
Kendra era stata uccisa da una vampira, Drusilla, la childe di Angelus.
E ora la nuova attivazione. Avevano sperato che la
ragazza in questione fosse una delle Potenziali rintracciate e già istruite al loro
sacro dovere, invece tra le giovani residenti a Londra, nessuna aveva
manifestato i nuovi poteri che le sarebbero toccati se fosse diventata una
cacciatrice. Tutto questo significava che
“Qualche notizia dai nostri mistici?” chiese un uomo
sulla sessantina apparso davanti alla porta di Travers.
“Non ancora Roger, ma credo che sia questione di poco
tempo. Quando
“Certo che lo è. Lo ho addestrato personalmente. Non
c'è nessuno bravo come lui in tutto il Consiglio.” rispose Roger estremamente
fiero del risultato ottenuto.
“Lo spero... avrà un ruolo estremamente importante.”
nell'ufficio entrò una giovane donna vestita sobriamente, capelli biondi corti
e tirati accuratamente indietro. Gli occhi, coperti da un paio di occhiali
spessi, erano luccicanti di felicità.
“Abbiamo trovato la ragazza.” disse soddisfatta e
Travers sospirò.
“Finalmente una buona notizia. Dove si trova?”
“E' stata Localizzata a Trieste.” prese a controllare
una specie di cartina “Estremo nord est dell'Italia.” I due uomini annuirono:
sapevano che nella cittadina stavano avvenendo parecchi fatti insoliti.
“Il nome, Susan, mi serve un nome.”
“Monica Malaroda.”
Il piccolo aereo proveniente da Milano, atterrò senza
fatica sulla pista dell'aeroporto di Ronchi dei Legionari, unico scalo per il
Friuli Venezia-Giulia. L'aria era fredda e pungente, le nuvole candide
lanciavano un chiaro messaggio di neve imminente. Nulla di cui allarmarsi, in
fondo era inverno inoltrato e qualche fiocco cadeva spesso anche in quella zone
d'Italia.
Un uomo sulla trentina prese a guardare l'ambiente
che lo circondava dal piccolo finestrino: nulla di tutto ciò che vedeva poteva
essere minimamente paragonato a Londra. Aveva notato durante la discesa,
un'enorme presenza di campi da coltivare, ordinatamente arati in attesa che
cominciasse la stagione buona. Dolci colline salivano verso est e in lontananza
non viste, le Alpi Carniche cariche di fredda neve perfetta per gli sciatori.
Lui sapeva che c'era anche il mare li vicino, ma dall'aereo non era riuscito a
vederlo. Non che gli importasse poi molto, non aveva mai avuto un grande amore
per le spiagge, visto che l'Inghilterra non era certo famosa per le stazioni
balneari.
Sospirò pesantemente dando un'occhiata al piccolo
fascicolo che gli era stato dato da suo padre sulla nuova Cacciatrice: non che
ci fosse scritto molto, solo un nome ed un indirizzo dove si presumeva lei
vivesse. La cosa era parecchio strana: di solito si riusciva ad avere foto o
almeno qualche schizzo a matita fatto dai vari mistici, giusto per avere una vaga
idea di chi ci si sarebbe trovati davanti, invece, questa volta, la nebbia era
fitta, come se questa ragazza non avesse un volto.
Scese dalla scaletta sorridendo all'hostes che
gentilmente lo salutava e si strinse maggiormente il cappotto a sé. Come se il
freddo non fosse abbastanza per accoglierlo in Italia, ci si metteva pure un
terribile vento. Aveva studiato prima di partire, la zona in cui andava a
lavorare e sapeva che
Recuperò le sue valigie e salì su uno dei taxi fermi
davanti alle porte dell'aeroporto.
“Trieste, per favore.” disse con educato accento
inglese e il tassista mise in moto.
“Lei non è di qui, mi pare.”
“No, vengo da Londra.”
“Capisco... e si ferma qui per lavoro o per vacanza?”
“Direi per lavoro.” si sbottonò lo straniero.
“Bhe, lo parla bene l'italiano, devo dire.”
“Grazie.”
Il resto del viaggio si svolse in religioso silenzio,
solo la musica riempiva l'abitacolo e qualche sparuta esclamazione di stizza
del tassista. Il ragazzo continuava a leggere quello che c'era nel fascicolo.
Sulla Cacciatrice non c'era nulla, ma c'erano appunti di suo padre su come
trattare la ragazza. Di sicuro si sarebbe trovato davanti ad una poveretta
piena di paura e timori, magari con una famiglia terribilmente pressante che
avrebbe potuto darle qualche guaio. Doveva trovare il modo giusto per
presentarsi. Era ancora lì a rimuginare su questo, che il tassista lo chiamò.
“Siamo a Trieste... ha un posto fisso dove deve
andare, o uno vale l'altro?”
“Hotel Jolly. E' Lontano?”
“Assolutamente no. Qui siamo alla stazione dei treni,
poco avanti c'è il suo albergo.” Infatti non fecero più di duecento metri che
si fermarono davanti ad un bel palazzo dalla foggia moderna su cui spiccava il
nome dell'hotel.
Pagò il tassista che ritornò felice indietro, prese
le sue valigie ed entrò nella hall accogliente. Una bella ragazza in tailleur e
sorriso lo accolse.
“Ho una prenotazione a nome Travers.” la ragazza batté
velocemente sulla tastiera del computer e sorrise.
“Sì signore. Basta un suo documento di identità.” lui
glielo diede senza battere ciglio e la ragazza sbrigò le faccende burocratiche
in un attimo. Prese una chiave lucida dal muro dietro di lei e gliela porse
affabile.
“Benvenuto al Jolly hotel Signore. Camera 307, terzo
piano. L'ascensore è in fondo al corridoio. La cena viene servita ogni giorno
dalle sette alle nove e mezza. Spero che si trovi bene qui da noi.”
“Grazie mille.”
Arrivò alla sua stanza e si buttò direttamente sul
letto, tutto vestito. Era piuttosto stanco dal viaggio. A Londra era partito in
ritardo, aveva dovuto cambiare tre aerei per poter giungere a Trieste proprio
in quel giorno. A Parigi, aveva dovuto aspettare tre ore il suo volo per Milano
e giunto qui, altre due ore prima del volo per Trieste. Alla fine aveva perso
più tempo in attesa negli aeroporti, che a volare. Si guardò attorno: la stanza
era una classica stanza di albergo, le pareti erano dipinte di un color
giallino beige che stimolavano parecchio il riposo. Erano appese alcune stampe
raffiguranti la città, c'era un televisore, un piccolo frigo bar e la porta che
conduceva al bagno. La finestra dava direttamente sulla strada sottostante, ma
il rumore era attutito dalle finestre a doppio strato di vetro che isolavano la
stanza. Aprì le tende per guardare fuori: davanti a lui si stagliava
l'Adriatico. In realtà prima vedeva il tetto di quello che sembrava essere un
vecchio magazzino portuale, ma dietro c'era il mare. Era decisamente mosso,
increspato dal vento forte, di un colore grigio metallico che non prospettava
nulla di buono. Non si riusciva a vedere bene all'orizzonte quello che c'era,
il tempo non lo permetteva proprio. Rabbrividì quando vide volare un via un
cappello a causa di una raffica violenta. Di sotto i passanti si chiudevano
meglio che potevano i pesanti giacconi. Le macchine scorrevano lente per la
larga strada. Vide che poco lontano venivano fatti dei lavori di risistemazione
stradale. Si domandò se erano già in preventivo da molto o se erano dovuti
all'apertura della Bocca dell'Inferno.
Guardò l'ora e decise che era il momento giusto per
farsi una doccia e lavarsi via la stanchezza.
Aprì una valigia e prese un completo pulito:
pantaloni in tweed, giacca coordinata, una camicia bianca e una cravatta. Sì,
pensò, poteva andare bene.
Il bagno era lindo come la stanza da letto:
piastrelle bianche asettiche. Si spogliò rivelando allo specchio davanti a lui
un bel corpo tonico e muscoloso. Evidentemente gli allenamenti del padre gli
avevano fatto bene. Aveva qualche cicatrice dovuta ai combattimenti con la
spada a cui era stato sottoposto, ma niente di grave. Posò gli occhiali dalla
leggera montatura metallica sul lavandino. Gli intensi occhi azzurri erano
arrossati e una leggera barba gli incorniciava il mento. Si infilò sotto il
getto caldo della doccia e prese a rilassarsi... oh, adesso andava decisamente
meglio. I muscoli presero lentamente a sciogliersi, mentre passava sul suo
corpo la spugna carica di sapone. La stanza si ritrovò immediatamente piena di
vapore, sembrava essere in una sauna.
Per la centesima volta si ritrovò a pensare alla
Cacciatrice. Era buffo, ma il suo nome
rifletteva esattamente il destino di ogni cacciatrice: Monica, dal greco
Solitaria. Sarebbe riuscito ad alleviarle almeno un po' questa solitudine?
Uscì dalla doccia rinato, si asciugò e tornò in
stanza a cambiarsi. Fece un po' di zapping con il telecomando sperando di
trovare qualcosa che lo facesse sentire meno solo. Dopo un giro di canali
decise che la cosa migliore era ascoltare un po' di musica, quindi lasciò
acceso l'apparecchio su MTV.
Svuotò la valigia mettendo nei cassetti i vari
vestiti. L'altra la lasciò chiusa. Le armi potevano aspettare ad uscire. Grazie
ad un incantesimo potente era riuscito a passare indenne i metal detector dei
vari scali, non voleva che lo scoprissero a causa di una cameriera invadente.
Chiuse a doppia mandata un lucchetto pesante, proprio perchè si capisse che lì
dentro non si doveva curiosare.
Mise la sveglia di lì a poche ore, giusto per poter
riposare un po' prima del lavoro che intendeva fare quella sera. Doveva essere
perfetto e lui lo sapeva, sarebbe stato un grande smacco per la famiglia se il
Consiglio avesse avuto qualcosa da ridire. Chiuse gli occhi per pensare meglio.
Sì, Wesley Wyndham-Pryce sarebbe diventato il miglior
Osservatore della storia.
La sera scese presto. Wesley aveva cenato al
ristorante dell'albergo con una buona porzione di pesce di scoglio fritto.
Ora vagava per le strade semi deserte della città:
poche macchine sparute gli illuminavano il cammino. Seguì le indicazioni di una
fedele cartina geografica fino ad arrivare in Piazza Unità: per quanto potesse
trovarsi sulla Bocca dell'Inferno proprio in quell'istante, Wesley non riuscì a
reprimere un sospiro. Quella piazza era stupenda. I palazzi attorno a lui erano
di stile settecentesco. Quello davanti a lui era bellissimo, pieno di guglie a
punta che slanciavano l’edificio, c’erano molte finestre ad intervalli regolari
di circa un metro, con ognuna un vaso di gerani rossi sfidavano
il freddo gelido dell'inverno. Un orologio faceva bella mostra di sé,
sovrastando la piazza, come a controllare che tutto andasse bene. Svettava
perchè era centrale e maggiormente illuminato da fari appositi che creavano un
interessante gioco di chiaro-scuro. Wes si prese un po' di tempo per poterlo
assaporare al meglio.
Poco dopo vide la grossa crepa: era lunga circa dieci
metri, esattamente centrale, come se fosse stata tirata con una riga da
disegno. Era tutta transennata in modo che la gente incuriosita non ci cascasse
dentro o non si facesse male. Prese ad osservarla: non gli sembrava potesse
dare molti problemi, in realtà non sentiva potenti emanazioni demoniache
provenire da sotto i suoi piedi. No, si disse, non era questa l'entrata giusta,
forse era una specie di sbocco secondario, ma di certo non era
In realtà Wesley aveva iniziato fin da subito a sentire che la città era sotto
assedio demoniaco, era come un ronzio continuo nel suo cervello allenato da
anni di lezioni di magia. Per l'ennesima volta si chiese se
“Scusate.” li chiamò educatamente. Quelli si
fermarono con un'espressione di terrore dipinta sul volto. “Vorrei chiedervi se
sapete dove si trova questa via.” Mostrò loro il foglio che teneva in mano e
quelli sospirarono tranquillizzati.
“Non è lontano da qui. Deve continuare sempre dritto
seguendo questa strada grande. Deve raggiungere quel faro che vede laggiù. Ma
troverà solo magazzini abbandonati mi sa.”
“Grazie.” Wesley se ne andò lasciando i due alle
spalle. Seguì le indicazioni che gli erano state date, lasciando dietro di sé
bei palazzi e piazze, addentrandosi in una zona stravolta dai lavori in corso.
“Ma in questa città c'è una strada ancora intera?”
mormorò tra se vedendo l'ennesima escavatrice ferma. In quella zona senza
palazzi a coprirlo, il vento soffiava ancora con più violenza. Cominciò a
pentirsi della scelta fatta, poteva starsene in albergo e farlo domani,
invece... Pazienza, ormai che era lì, di certo non sarebbe tornato indietro.
Alla sua destra c'era il porticciolo con centinaia di barche ormeggiate che
facevano un rumore infernale a causa del vento che faceva sbattere cime e
sartie contro i pennoni metallici. Era una cacofonia di suoni diversi che dava
parecchio fastidio all'inglese. Si allontanò di lì in fretta, trovando
finalmente la via che cercava.
Effettivamente, come aveva detto la coppia in piazza,
Wesley vedeva solo capannoni industriali che avevano pure l'aria di essere
abbandonati da tempo. Possibile che
La zona era completamente deserta, oscura e poco
raccomandabile... seguì i numeri civici dei magazzini, fino ad arrivare
all'ultimo, quello giusto. Si ritrovò improvvisamente con la salivazione
azzerata e il cuore che batteva più veloce. Al di là di quella porta poteva
esserci il suo destino, un'arma umana perfettamente funzionante... La sua
Cacciatrice. Il fatto che vivesse in un capannone industriale, non sembrava tra
le priorità principali di Wes.
Una musica leggera proveniva dal suo interno,
qualcosa di remoto sembrava: si domandò che cosa doveva fare. L'orologio
segnava le nove, ora piuttosto abbordabile per una ragazza, ma magari non molto
per una famiglia. Poteva provare... O forse sarebbe stato meglio passare il
giorno dopo? Era ancora lì a pensarci che la porta si aprì lasciandolo davanti
ad una visione agghiacciante: una ragazza lo stava guardando sorpresa.
Era bassa, non più di un metro e sessantacinque di
sicuro, misurò Wes, completamente infagottata in un giubbotto nero con il
cappuccio, un berretto color giallo canarino con, sulla sommità, un pon pon
nero, il tutto di lana pesante. Portava una specie di collare in pile rosso che
le proteggeva la gola e alle mani un paio di guanti blu elettrico. I jeans blu
scuro le slanciavano leggermente la gambe, aveva un paio di scarpe di
ginnastica ed istintivamente Wesley si chiese se lei non avesse freddo con solo
quelle ai piedi. La osservò in viso: portava degli occhiali con una montatura
in plastica blu scura, aveva gli occhi
grandi e magnetici nei quali si sentì leggermente perso per un attimo. Il naso
piccolino era arrossato, forse per il freddo e la bocca aperta in una
espressione di sorpresa. Di certo non riusciva a capire cosa ci facesse un uomo
sconosciuto davanti alla sua porta alle nove si sera.
“Che vuole?” La sua voce gli vibrò dentro.
“Cercavo una persona in realtà.” rispose lui quando
si fu ripreso.
“E chi sarebbe il fortunato?” chiese lei con tono
decisamente sarcastico.
“Si chiama Monica...” controllò sul suo foglio “Ah
sì, Monica Malaroda. La conosce?”
La ragazza lo guardò con sguardo divertito.
“Quindi lei cerca Monica... e perchè?”
“Affari personali.” Lei si appoggiò allo stipite
della porta.
“Non è una risposta soddisfacente.” rispose soltanto.
Wesley sospirò pesantemente... iniziava proprio bene la sua avventura a
Trieste.
“Senta signora...”
“Signorina.” mise subito in chiaro lei. In effetti
Wesley pensò che lei non potesse avere più di venticinque anni su per giù.
“Senta signorina, è una questione urgente e di vitale
importanza. Posso parlare con lei?” Non ricevette risposta, ma venne spinto a
lato. La ragazza si era messa a fare a
pugni con un vampiro già in assetto da caccia, con il volto tramutato in quello
del demone.
“Ancora? Ma non vi stufate a morire?” chiese al suo
assalitore. Indossava dei jeans sdruciti e portava una orribile cresta punk di
colore verde fosforescente.
Monica lo atterrò con due pugni ben assestati allo
stomaco.
“Debby!” urlò. Alla porta si materializzò una bella
ragazza alta, sinuosa nei suoi pantaloni di velluto a costa bordeaux e nel suo maglione viola di lana.
Aveva i capelli rossi lisci che le cadevano sulle spalle, con una frangetta che
la rendeva più sbarazzina. Wesley vide che lanciava qualcosa a Monica: era un
coltello dalla lama ricurva che permise alla ragazza di decapitare il vampiro
facendolo diventare polvere.
Tornò l'arma alla ragazza sorridendole poi si voltò
verso l'Osservatore ancora seduto a terra.
“Vuoi entrare?” gli chiese sorridendo cortesemente.
“Non cercavi Monica?”
“Sei tu?” domanda stupida, solo una Cacciatrice si
poteva muovere in quella maniera.
“Sì, sono io.”
Da "Il Piccolo di Trieste"
Terribile sparizione di una coppia di ragazzi: i
genitori sono in pena, non sanno più dove cercarli. Fatti del genere continuano
ad accadere senza che nessuno riesca a fermarli. La polizia brancola nel buio.
CAPITOLO DUE
Wesley, ancora rintronato per quello che era successo
fuori poco prima, entrò nel capannone. Si ritrovò davanti ad una strana
costruzione: il piano terra sembrava un garage, c'era un macchina rossa in
attesa e una bicicletta appoggiata ad un muro. Le pareti erano tappezzate di
poster di concerti e film di tutti i tipi. Dal centro partiva una scala che
portava ad un piano superiore. Si chiese se fosse quella la casa vera e
propria. Improvvisamente si ritrovò un piccolo cane color marrone che gli
abbaiava furiosamente. Muoveva la coda velocissima e lo guardava curioso.
"Cucciola, basta dai." disse la ragazza dai
capelli rossi. "Vieni qui cane!"
ma lei non sembrava ascoltarla.
Wes osservò meglio Monica: si stava togliendo il
giubbotto e il cappello. Una cascata di capelli castani le scese sulla spalle.
Erano lunghi fin oltre le spalle, ondulati, e gonfi. Wes ebbe una folle
immagine di lui che glieli accarezzava. Doveva assolutamente calmarsi. La ragazza
indossava anche un maglione di lana nera a collo alto e una piccola collanina
d'oro con un cuoricino come pendente. Lo stava osservando con curiosità
crescente, quello lo notava anche lui.
"Che ne dite di salire su al caldo?" fece
la ragazza dai capelli rossi e Monica annuì cominciando a salire le scale.
Wesley le andò dietro. Aprirono una pesante porta in legno e si ritrovarono in
una stanza bella grande, con un divano rosso carminio che troneggiava davanti
ad un televisore con DVD e stereo e un tappeto di lana grezza soffice. I muri
erano tappezzati di murales colorati raffiguranti geki, simboli tribali e
greche che percorrevano tutto il contorno della stanza. Una serie di finestre
scorrevoli davano all'esterno ed erano
coperte da eteree tendine di seta azzurra. Su uno dei cuscini del divano
sonnecchiava un gatto nero, assolutamente disinteressato di quello che accadeva
intorno a lui.
"Prego, accomodati pure, vuoi darci la
giacca?"
Wesley prese a guardarsi attorno mentre si sedeva sul
divano vicino al gatto. La musica andava avanti a tutto spiano ad un volume
decisamente alto per lui, però gli fece piacere riconoscere una canzone che gli
piaceva.
"Dunque, adesso ci dici chi sei? Dato che tu sai
chi sono io, sarebbe almeno giusto, ti pare?" fece Monica guardandolo
negli occhi.
"Io mi chiamo Wesley Wyndham-Pryce."
"Piacere Wesley. Io sono Deborah." e la
ragazza con i capelli rossi gli porse la mano.
"Ok, abbiamo fatto le dovute presentazioni...mi puoi
dire perchè ti sei presentato alle nove di sera alla mia porta nonostante tutti
i divieti e le raccomandazioni?"
Ecco, pensò Wes, in effetti questo è il punto focale
di tutto. In realtà non sapeva bene come iniziare il discorso, infatti si mise
a balbettare
"Veramente...sarebbe un discorso privato."
riuscì a dire guardando Deborah.
"Non c'è nulla che non direi a lei dopo, quindi
mi eviti la fatica di rispiegarlo se lo dici ad entrambe." Lui prese un
respiro profondo e chiese:
"Tu sai che cosa era quella creatura che ti ha
aggredito fuori casa?" Le due si guardarono come a decidere una strada
comune da percorrere.
"Noi pensiamo che siano vampiri...anche se è
difficile da credere." rispose Monica leggermente tesa.
"Non è difficile da credere, anzi, al mondo
esistono migliaia di specie di demoni diversi, i vampiri sono tra i più
comuni." Vide che le due ragazze lo stavano guardando perplesse. "Voi
come sapete che sono vampiri, cioè da cosa lo avete capito."
"Dracula...letteratura, cose di queste genere e
poi..." si bloccò Monica indecisa se continuare ad andare avanti.
"Poi cosa?" domandò Wes interessato.
"Poi li sento." capitolò lei guardandolo
negli occhi. "Sento qualcosa di poco chiaro quando sono nei paraggi...una
sensazione stile nausea."
"E' il tuo potere."
"Prego?"
"Non è un caso che tu senta la demonicità
presente in questa città... te ne sarai accorta anche solo leggendo i giornali,
che le cose non vanno come devono andare, giusto?" Le due annuirono.
Avevano letto allarmate gli articoli dei quotidiani della zona e si erano
preoccupate.
"Esistono dei punti caldi nel mondo, punti dove la malignità è più elevata."
spiegò Wes.
"E fammi indovinare, Trieste è uno di
questi." concluse Deborah.
"Sì, è uno. Il termine tecnico è Bocca
dell'Inferno." Monica si stropicciò gli occhi.
"Tecnico per chi? Insomma, immagino che non ci
sarà una lega demoni o anti demoni...vero?"
"In realtà sì. Io faccio parte di quello che si
chiama Consiglio degli Osservatori. Noi studiamo i demoni, le apocalissi, e il
modo per fermarle. Ma il nostro braccio armato sei tu." Monica e Debby lo
guardarono ad occhi spalancati incredule delle sue parole.
"EH?" urlarono in coro. "Io?"
"Sì, Monica, tu. Per ogni generazione esiste una
ragazza che si erge contro le forze del male per proteggere l'umanita. Lei è
"No, no... io non sono questa cacciatrice di cui
tu parli, non sia mai..." rise nervosamente Monica guardando la sua amica
che aveva il volto tirato.
"E come pensi di essere riuscita ad abbattere
quel vampiro là fuori?"
"Fortuna?" Wesley scosse il capo.
"No, i tuoi poteri ti hanno guidato. La fortuna
che hai avuto è solo il fatto che quello era un pivellino probabilmente fresco
di tomba."
"Mi stai dicendo che tutte le volte che ho
polverizzato uno di quei cosi, erano i miei poteri a guidarmi."
"Tutte le volte? Da quando lo fai?" Lei si
mise a pensare aggrottando la fronte.
"Saranno quattro...tre giorni forse. Come mi muovo
di notte o di sera, me ne ritrovo alcuni alle calcagna. Non mi era mai successo
prima."
Wesley fece un paio di conti: i tempi combaciavano
abbastanza, ma non credeva che lei sarebbe riuscita a combattere da subito,
senza un minimo di preparazione. Forse la scelta non era stata poi così
pessima, nonostante l'attivazione non fosse avvenuta in una delle Potenziali
già addestrate.
"Bhe, ora sai quello che sei..."
"No caro, non lo so per niente. Che cosa vuol
dire essere una Cacciatrice? Vuol dire che ogni volta che varcherò quella porta
verrò assalita? E' questo che mi stai dicendo?" Wes capì all'istante che
la ragazza, per quanto volesse fare la dura e forte, aveva paura...ma tanta.
"No, non ti dico questo."
"Ah bene, mi rincuora."
"Vuol dire che devi allenarti per poter
combattere al meglio, che tu sei l'unica ad avere la forza necessaria per
evitare che il male si espanda in città e nel mondo."
"Credo che sto per vomitare." Esclamò
Monica alzandosi e avviandosi verso il bagno. Wesley ne provò pena: non piaceva
neppure quella situazione, ma era un dovere che andava fatto. Si accorse che
Deborah lo guardava ancora con sguardo preoccupato.
"Perchè lei?" chiese.
"Nessuno lo sa. Sono le forze dell'essere che
decide chi diventerà una Cacciatrice ed hanno scelto lei." rispose
tranquillo lui.
"Allora dì a queste benedette forze che se ne
trovino un'altra. A me non interessa la cosa!" Avevo lo sguardo duro e gli
occhi lucidi. Debby la abbracciò per infonderle coraggio.
"Non...non è possibile, mi spiace."
"Come sarebbe a dire? L'avete
attivata...disattivatela! Togliete la spina adatta e lei tornerà ad essere una
donna normale!" sbottò Deborah che stava iniziando a scocciarsi di quei
discorsi.
"Non si può. Una volta scelta
"Non c'è maniera per smettere di essere questa
cosa?"
"Sì, un modo c'è, ma non ti piacerebbe."
Monica sbuffò.
"Me ne fotto se mi piace o meno, lo farò e
basta. Dimmelo." Wes la guardò dritta negli occhi: gli sembrava li avesse
ancora più grandi rispetto a quando li aveva fissati prima.
"Dovresti morire." Un silenzio di piombo
scese nella stanza, anche il cd era terminato. Si sentiva solo camminare
Cucciola ignara di tutto quello che stava succedendo lì.
Monica portò le mani all'altezza dello stomaco:
sentiva che le continuavano i conati di vomito e voleva resistere il più
possibile.
"Mi stai dicendo che la ragazza che era
Cacciatrice prima di me, è morta?" domandò con voce terribilmente bassa.
"Sì." Monica scosse il capo.
"Di vecchiaia, presumo..." A Wesley si
strinse il cuore...
"No, in realtà una vampira l'ha..."lasciò a
metà la frase quando vide che Deborah si era messa a tremare come una foglia.
"Cosa ha fatto la vampira? Voglio saperlo."
disse risoluta Monica.
"Le ha tagliato la gola." Monica vomitò. A
quella notizia non era riuscita a trattenersi. Non che l'idea di un cadavere
lontano la facesse stare male, ma l'idea che quel cadavere di lì a poco poteva
essere il suo...quello si che faceva male.
"Monica!" Debby si fiondò ad aiutarla, mentre
Wesley le si avvicinò, senza però sapere che cosa fare.
"Sto bene..." sussurrò Monica. Si rialzò,
bianca come un cencio e guardò Wesley fisso con una rabbia incredibile. Andò in
cucina seguita dalla sua amica, prese uno straccio e si mise a pulire il
pavimento assimilando secondo dopo secondo, le notizie che quel tipo le aveva
dato.
"Quanti anni aveva lei?" chiese a Wesley
"Sai, per completezza di informazione."
"Diciassette." annuì e tornò a pulire
ancora scioccata.
"Non possiamo permettere che accada a lei!"
urlò Debby a Wesley. "Dobbiamo salvarla."
"Concordo. Per questo sono qui." Le due
ragazze lo guardarono scettiche. "Sono stato designato come tuo
Osservatore. Devo aiutarti ad imparare ad usare i tuoi poteri, allenarti alla
lotta, affinare i tuoi sensi...cose di questo genere."
"No! Monica deve andarsene via da qui. Così
rimarrà viva."disse Deborah convinta, ma non vide la sua amica che
scuoteva sconsolata la testa.
"Io credo che il damerino qui mi abbia voluto
dire che ovunque andrò rischierò la vita, quindi, tanto vale rimanere qui a
casa mia."
Mise un pentolino a scaldare sul fornello e poi tirò
fuori due tazze con delle bustine di the. Si ricordò solo un attimo dopo dell'ospite
inatteso.
"Vuoi un po' di the?"
"Sì grazie." Mise una tazza anche per lui
sul tavolo della cucina e si sedette su una delle sedie.
"Debby...puoi lasciarci dieci minuti da
soli?" chiese Monica alla sua amica, che annuì.
"Se hai bisogno di me sono di là, ok?"
quando la porta fu chiusa, Monica osservò meglio Wesley: stile ottocento,
sarebbe stato presentabile ad un ballo di gala di Sissi, pensò malgrado tutto
lei. Aria di uno che le cose le sa, anche troppo forse, aria di uno senza una
gran vita sociale. Osservatore...quella parole eccheggiò nel suo cervello
leggermente più sgombro di pensieri. Dopo lo shock iniziale una sorta di quiete
si era impadronita di lei.
"Da dove vieni?" gli chiese curiosa.
"Da Londra."
"E' la prima volta che vieni qui?"
Wesley era sorpreso: dopo la scena in soggiorno si
era aspettato una gran rabbia da parte sua, rabbia che sarebbe esplosa contro
di lui, invece erano tranquillamente seduti uno di fronte all'altra a
conversare come due persone normali.
"Sì, non ho mai viaggiato molto." lei annuì
e versò l'acqua calda nelle tre tazze. Tirò fuori dall'armadio un pacco di
biscotti al cioccolato e ne prese uno. Lo guardò come se quel dolce fosse
qualcosa di nuovo ed inusuale. In effetti a Monica ogni cosa sembrava diversa
in quel istante.
"Quando morirò?" chiese con voce misurata e
Wes sospirò.
"Spero il più tardi possibile. Io farò di tutto
per evitarlo."
"Ma un giorno accadrà."
"Tutti muoiono Monica." lei sorrise
tristemente.
"Ma non tutti muoiono con i denti di un vampiro
piantati nel collo, giusto? Perchè tutto questo è capitato a me? Io non sono
una tipa forte, non lo sono mai stata."
"Lo sei ora. Non posso darti queste risposte,
non sono io che faccio le regole, Monica. Io vorrei solo che tra noi si
stabilisse un buon rapporto di collaborazione." le disse, ma lei non
sembrava farci caso sul serio. Guardava un punto fisso sul muro.
"E cosa fa un Osservatore?"
"Ti aiuterò a fare le ricerche, caccierò con
te."
"Cacciare? che cosa vuol dire?"
"Andremo a stanare i vampiri e li elimineremo
prima che uccidano degli innocenti." Monica cercò di immagazzinare tutte
quelle cose, ma il suo cervello lavorava a rilento.
"Insomma, mi aiuterai, sarai la mia spalla
destra?"
"Sì."
"Questa è la prima buona notizia della
serata." Uscì dalla cucina portando la tazza a Deborah e poi ritornò a
sedersi davanti a lui fissandolo seriamente.
"Accetto il tuo aiuto, ma sappi fin da ora, che
io ti odio." Una lama di ghiaccio trapassò il cuore di Wesley, non era
così che si era immaginato le cose. "Ti odio perchè rappresenti ciò che mi
ha gettato in questo mare di problemi. Ti odio perchè sei colui che mi guiderà
verso una morte certa. Ti odio perchè per colpa tua e dei tuoi capi, io non
potrò mai conoscere mio figlio, mio marito e perchè no, i miei nipoti. Ti odio,
perchè mi hai rubato il futuro."
Monica aveva gli occhi duri come due pietre, una
rabbia incredibile le circolava nel sangue, si stava trattenendo per non
prenderlo a pugni.
"Da dove si comincia?" Wesley si era perso
al secondo ti odio della serata, gli pareva di affogare in un mare gelido e non
gli sembrava neppure giusto che gli accadesse, ma cercò di riprendersi.
"Allenamenti...dobbiamo capire com'è la tua
preparazione." lei annuì piano.
"Finisco di lavorare alle sette e mezza. Puoi
venire domani sera alle nove."
Wesley voleva dire qualcosa, ma si trattenne, non gli
sembrava il caso di sindacare le sue scelte, non in quel momento almeno. Forse
l'indomani sarebbe stata più calma e avrebbero potuto parlare della questione
lavoro.
Si alzò ed uscì dalla cucina, seguita da lei che
continuava a guardarlo con occhi gelidi.
"Dove dormi?" domandò Deborah porgendogli
il giubbotto.
"Al Jolly. Vi lascio il mio numero di
cellulare." Prese una penna ed un pezzo di carta e lo porse a Monica che
non lo prese: teneva le mani incrociate al petto e lo fissava con rabbia. Lo
diede a Deborah. "Se vi succede qualcosa prima di domani sera, chiamatemi,
correrò da voi."
Scese le scale seguito da Debby che gli indicava la
strada: sentiva che Monica non aveva smesso neppure per un istante di fissarlo
con quei suoi occhi nocciola e temette che un giorno all'altro lei si sarebbe
vendicata. Doveva stare molto attento.
"Come stai?" domandò Deborah. Monica era
andata nella sua stanza e si era buttata a letto per cercare di capire in che
palude era finita. Cacciatrice, lei, non violenta nell'animo e desiderosa di
pace e di vita normale...certo che chi prendeva le decisioni era decisamente
senza senso dell'umorismo.
"Bene...credo." rispose poco convinta.
"Come puoi stare bene dopo tutto quello che hai
sentito questa sera? Io sono qui ancora che tremo." Monica sorrise
all'amica che la guardava preoccupata.
"Credo che la parte razionale del mio cervello
abbia già elaborato la cosa. Da quello che il tipo ha detto, non c'è modo per
evitare questa cosa, a meno che io non muoia e questa non mi sembra la scelta
adatta per me. Dovrò conviverci, credo." Si passò le mani sul volto tirato
fissando un punto qualsiasi della sua stanza. "Io non voglio morire,
Debby."
"E non accadrà! Ti aiuterò io..." disse
risoluta lei.
"Come?"
"Posso cercarti le armi che ti
servono...affilarti i paletti!"
"La mia armatrice...Bhe, mi piace come piano. E
appena diventiamo completamente indipendenti, rispediamo il damerino a calci in
culo in Inghilterra."
"Poverino, ci è rimasto malissimo..."
sospirò Deb e Monica rimase a bocca aperta.
"Poverino? Poverino?!? Poverino???" urlò
"Mi sta mandando a morte quasi certa e tu dici, poverino?"
"Ma sì, mica è colpa sua..." Monica scosse
il capo alzandosi di scatto. Guardò fuori dalla finestra e vide che Wesley era
ancora lì. Teneva in mano una balestra con la freccia già posizionata e stava
osservando ogni più piccolo anfratto tra le mura decadenti dei magazzini,
sembrava come se stesse cercando qualcosa. Notò che, ad un certo punto, una
strana luce azzurrina si irradiò intorno al ragazzo, per poi spegnersi
lentamente.
"Può essere anche che non sia colpa sua, lo
ammetto, ma se lui non fosse venuto qui, io avrei potuto continuare la mia vita
normalmente."
"Che accadrà ora?" chiese Deborah
accarezzando la testa della sua cagnolina. Monica fece spallucce continuando a
guardare Wes che lavorava.
"Non lo so. Credo che con il mio favoloso
Osservatore" cominciò in tono sarcastico "dovrò capire in che situazione
si trova la città e poi fare pulizia di demoni e affini. Magari, invece, non
succederà nulla." Peccato che non ci credesse neanche lei.
Le fiamme crepitavano basse nell'angusta grotta
carsica. Lì vicino un fiumiciattolo continuava la sua creazione millenaria
portando sedimenti calcari per poter creare al meglio stalattiti e stalagmiti
che nessun essere vivente sarebbe riuscito a vedere crescere.
Un uomo alto e possente, con i capelli neri come la
notte, guardava con interesse un bacile di pietra antica contente sangue di
essere umano.
"Il rito è stato eseguito al meglio?"
chiese con voce bassa e profonda ad un piccolo essere informe, con le scaglie
al posto della pelle ed un unico corno centrale. Non aveva occhi e la bocca
sembrava provviste di cuciture epiteliali che gli davano l'apparenza di avere
una maschera.
"Sì mio Signore. Demian non potrà toccarvi dal
momento in cui voi aggiungerete al sangue davanti a voi, il suo." Il primo
uomo prese da una tasca della sua lunga tunica nera una fialetta. All'interno
faceva bella mostra di se un pezzo di lino bianco macchiato da sangue ormai
rappreso. Tolse il tappo alla fiala e lasciò cadere la preziosa reliquia nel
recipiente, che immediatamente si illuminò di una minacciosa luce nera.
"La città sarà nostra..." mormorò più a se
stesso che all'indirizzo del demone dietro di lui.
In quel mentre apparve una donna: era scarmigliata, i
capelli biondi in disordine, come se avesse corso a perdifiato fino a lì.
Indossava ancora il volto della caccia e sembrava preoccupata.
"Che succede Emma?" domandò il primo uomo
infastidito dall'interruzione "Lo sai che ho detto che non volevo essere
disturbato!"
"Lo so, mio signore, ma porto una notizia
importante."
"Spero lo sia..." minacciò lui.
"
"Bene, bene... quindi oltre al mio caro
fratellino ci sarà un'altra persona che ci metterà i bastoni tra le ruote...o
almeno ci proverà." Rispose con voce apparentemente calma. Non era uno
stupido, sapeva bene che quello era un contrattempo piuttosto seccante, ma
sapeva anche che il suo potere stava aumentando grazie alla demonicità della
Bocca dell'Inferno, quindi una ragazina brufolosa e occhialuta di certo non lo
avrebbe piegato.
Sorrise al fuoco.
Da "Il Piccolo di Trieste"
Strani andirivieni si sono notati nelle zone delle
doline del Carso: si teme che siano in aumento le sette adoranti il diavolo. Si
raccomanda massima attenzione.
CAPITOLO TRE
Monica si ritrovò per l'ennesima volta con il sedere
per terra. Wesley troneggiava sopra di lei con un lungo bastone di quelli tipici del medioevo,
quelli che lei aveva sempre associato a Robin Hood e affini: Lei non li sapeva
decisamente usare.
"Rialzati..." Da ore si allenavano senza
sprecarsi troppo. Wesley aveva capito dopo i primi due pugni allo stomaco che
lei non ci sarebbe andata leggera, solo perchè lui non aveva la forza della
Cacciatrice in sè, una vendetta. Quindi lui si era adeguato nei punti in cui
lei era ancora debole, cioè la lotta corpo a corpo con delle armi. Deborah li
aveva osservati per tutta la sera seduta sugli scalini delle scale, con
Cucciola e Spike, la gatta nera di Monica, che ogni tanto facevano capolino per
capire che cosa fossero quei rumori così atipici.
Monica si alzò dal pavimento senza prendere neppure
in considerazione la mano che le veniva offerta dal ragazzo e si rimise in
posizione di difesa.
"Non sei abbastanza veloce...Non sai gestire al
meglio la tua forza." disse Wesley. Oddio, la forza l'aveva, questo era
poco ma sicuro, i suoi lividi lo potevano testimoniare, era ancora indolenzito.
"Dimmi che fare per gestirla meglio, lo so anche
io che sono una chiavica in queste cose." Rispose Monica con rabbia.
"Innanzi tutto dovresti smettere di usare la tua
forza per incrementare la rabbia." Monica lo fulminò. "Facciamo
così... poggia il bastone a terra e poi chiudi gli occhi." vide che lei lo
fece senza protestare. "Ora rilassati...espandi la tua coscienza...senti
il rumore del vento, ingloba in te tutte le sensazioni che ci sono in questa
stanza...Dovresti riuscire a sentire non solo la mia voce, ma anche il mio
cuore, le venature del pavimento, tutto quello che c'è qui." Wesley si
muoveva lento guardandola: indossava una maglietta a maniche corte bianca piena
di disegni di strani uccelli colorati, i jeans blu della sera prima e le scarpe
da ginnastica. Aveva tirato su i capelli in una coda stretta da cui non usciva
neppure una ciocca. Si avvicinò a lei prendendo da terra il suo bastone.
"Ti darò il bastone ora." le sussurrò all'orecchio "Continuando
a rimanere così concentrata, dovrai cercare di parare il mio colpo." Lei
annuì leggermente mentre lui si allontanava silenziosamente. Le girò attorno
per qualche secondo, poi attaccò. Un colpo laterale, non le avrebbe fatto male
nel caso lei non lo avesse parato, cosa che non avvenne. I due bastoni
cozzarono uno contro l'altro e Wesley sorrise vedendo che lei lo fissava con
occhi spalancati. Con una mossa veloce lui tolse dall'intreccio le due armi e
puntò la sua verso la gambe di lei per farle perdere l'aquilibrio, ma lei parò
anche quello, come parò i colpi sucessivi. Sembrava un'altra persona rispetto a
prima.
"Ottimo!" esclamò soddisfatto lui quando si
allontanò mettendo fine al duello. "Sei brava."
"Ha un buon maestro." disse Deborah dal suo
trespolo, mentre Monica le lanciava un'occhiataccia. "E lei impara molto
in fretta. Cioccolata?" Lanciò una tavoletta alla sua amica che prese a mangiarla
da subito. Quegli allenamenti le avevano fatto venire un sacco di fame. In quei
giorni si era stupita di un sacco di cose, non solo riguardo all'esistenza di
mostri e demoni dalle forme più orrende, ma anche riguardo a le cose più
stupide: Ci vedeva benissimo ora, sia che portasse o meno gli occhiali; stava
perdendo peso alla velocità della luce, tutti i vestiti le stavano larghi.
Wesley le aveva spiegato che il suo corpo si stava adattando al suo stato di
Cacciatrice. Forse quello era l'unico beneficio decente per lei, pensò Monica.
"Se continuiamo con questo ritmo entro una
settimana potremmo già andare a pattugliare. Bene!" Wes era contento dei
progressi della sua Cacciatrice. Continuava a mandare missive al consiglio e
loro sembravano soddisfatti a questo riguardo. Però erano preoccupati: Avevano
sentito, come lui e Monica d'altronde, che la malignità della zona era
aumentata esponenzialmente. Temevano che una dura lotta stava per iniziare a
Trieste. Wesley ne era perfettamente consapevole.
Guardò di nuovo Monica mentre accarezzava la sua
gatta con un sorriso dolcissimo dipinto sulle labbra e si chiese se mai un
giorno ne avrebbe concesso uno uguale a lui.
Un'altra cosa che lo tormentava dalla prima sera in
cui aveva fatto la sua conoscenza era l'età: di norma le Cacciatrici erano
giovani. Buffy Summers era stata attivata che aveva sedici anni, Kendra solo
uno in più...come
"Posso andare a dormire?" La voce
cristallina di Monica lo interruppe dai suoi pensieri. Annuì deciso, in fondo
era già passata da un pezzo la mezzanotte. Sapeva che il giorno dopo lei
sarebbe dovuta andare a lavorare: da quando avevano iniziato ad allenarsi, lui
voleva parlarle proprio di quello, però...Qualcosa lo bloccava.
"Monica!" la chiamò mentre lei stava
salendo le scale, facendola voltare verso di lui.
"Sì?" Lui voleva dirle che il doveva
smetterla di lavorare, che forse avrebbero dovuto iniziare delle lunghe ronde
cittadine, che ormai lei doveva pensare solo alla sua missione di cacciatrice,
ma non ce la fece, non riuscì ad infrangere ancora di più quella sua parvenza di
vita normale che ancora si affannava a trattenere a se, quindi scosse la testa
e le sorrise.
"Buonanotte." disse soltanto.
"Notte." rispose lei tornando a salire le
scale.
Deborah lo accompagnò alla porta come ogni sera. Il
povero Osservatore le faceva leggermente pena: capiva Monica ed il suo astio
per la piega a dir poco inusuale che aveva preso la sua vita, ma non capiva
perchè dovesse trattare quel ragazzo in quella maniera. Lei lo trovava
relativamente simpatico. Certo, c'erano dei momenti in cui smaniava per
strozzarlo, ma era dovuto più che altro alla sua maniacalità nello studio
demoniaco e alla puntigliosità. Ammetteva, però, che era un bravo maestro, si
sapeva muovere bene e sapeva far migliorare Monica in tutti gli aspetti di
Cacciatrice...intimamente sperò solo che Monica non usasse quelle sue capacità
contro di lui, non sarebbe stato giusto.
"Stai tranquillo, vedrai che con il tempo le
cose miglioreranno di sicuro. Lei non è cattiva, non riesce a coltivare
cattiveria per troppo tempo." Sperò di rincuorare Wesley così. Ogni tanto
l'aveva visto guardare Monica come se lei fosse una piccola prelibatezza da
mangiare, immaginava che a lui, lei piacesse e pure tanto, anche se in certi
momenti, anche nei suoi occhi passavano lampi di rabbia contro la sua amica.
"Sinceramente lo dubito. Più cerco di
avvicinarmi per aiutarla, per capirla, e più lei scappa lontano. Vorrei farle
capire che non sono qui a combattere contro di lei, ma con lei." sospirò
mettendosi la giacca e gli occhiali. Prese in mano la sua fedele balestra: non
gli serviva tanto per i dintorni della casa di Monica, quanto per la strada del
ritorno. La prima sera che era andato a trovarla, aveva fatto un incantesimo di
protezione piuttosto potente, incantesimo che non permetteva agli esseri
demoniaci di varcare un certo confine, come se l'incantesimo naturale che hanno
le case, si fosse esteso e non solo per i vampiri. Questo metteva al sicuro
Monica e Deborah un po' di più e a lui solo questo importava, che loro fossero
al sicuro.
Debby gli diede due piccoli baci sulle guance e Wes
sorrise: almeno una delle due non lo odiava. Si salutarono e lui sparì nella
notte.
Deborah abbassò la serranda della panetteria dove
lavorava e si avviò in Piazza Goldoni per prendere il bus che l'avrebbe portata
a casa. Faceva già buio, ma la ragazza era rassicurata dalle mille luci della
città che illuminavano tutto a giorno. Una sua aggressione lì sarebbe stata
decisamente notata. Si avvolse per bene la sciarpa al collo e controllò che
nella borsetta ci fosse un paletto da usare per ogni eventualità: Monica le
aveva praticamente ordinato di non andare mai in giro senza quella protezione e
lei aveva deciso di non farla arrabbiare ulteriormente facendola preoccupare.
In quel periodo la sua amica si arrabbiava spesso, anche se mai contro di lei,
per le cose più stupide: per l'acqua calda la mattina, perchè finiva il caffè
nel vaso, perchè un paio di mutande erano diventate rosa invece che bianche. Si
arrabbiava per tutto. Gli allenamenti le facevano bene, perchè per lo meno si
sfogava su un ragazzo consenziente, ma ogni tanto Debby pensava che
esagerassero entrambi.
Salì sull'autobus già stracarico di persone, come
sempre e prese a guardarsi in giro: le solite facce di lavoratori stanchi e
desiderosi di tornare a casa, ma anche persone che portavano scritto negli
occhi la paura rispetto a quelle cose inspiegabili che accadevano ogni giorno
nella loro città. Riflettè che probabilmente lei avrebbe avuto la stessa
espressione se non avesse saputo che chi poteva fermare tutto questo era la sua
migliore amica. Sorrise alla sua immagine sul finestrino, poi tornò a voltarsi
verso gli altri passeggeri e fu così che lo vide.
Alto almeno un metro ed ottanta, calcolò, forse di
più, la sua figura era sottile, eppure non sembrava uno deboluccio. I capelli
erano pettinati con cura, facevano bella mostra di se dei riccioli biondo
scuro. Il volto era regolare, con una leggera barba incolta di fine giornata
che gli incorniciava il mento. Gli occhi verdi intensi la stavano fissando talmente
ardentemente che Debby arrossì. La bocca carnosa dello sconosciuto si incurvo
in un sorriso decisamente sensuale. Indossava un completo giacca e pantalone
sportivo nero, con la camicia bianca e una cravatta nera leggermente molla.
Deborah tolse immediatamente lo sguardo da lui stupita di aver trovato un
ragazzo così carino su un autobus cittadino a quell'ora.
Dopo due fermate scese e si ritrovò lo sconosciuto
davanti che la guardava sorridendo. Lei fece per andarsene, ma lui la bloccò.
"Ciao." Le disse. Aveva una voce dal timbro
basso ed ammaliante, qualcosa che toccò Deborah nel profondo del suo essere. Lo
guardò, dubbiosa. "Tranquilla, non voglio farti nulla, solo che mi hai
colpito su quell'autobus e mi sarebbe piaciuto poter conoscerti, ma forse è
meglio se me ne vado, giusto?"
"No, scusa...E che sai.. con quello che accade
in giro..." tentò di scusarsi lei.
"Giuro che farò il bravo." fece lui e le
porse la mano coperta da un paio di guanti di pelle nera. "Io sono
Demian."
"Deborah." rispose lei
"E' un piacere per me conoscere una bella donna
come te. Posso offrirti un aperitivo?" Debby rimase un po' bloccata a
quell'invito così repentino.
"Veramente mi aspettano a casa."
"Scusa, immagino che i tuoi vorranno rivedere la
loro bambina. Sono proprio uno sciocco." Lei rise.
"No, io vivo con una mia cara amica, ma lei mi
aspetta sempre per cenare assieme." Lui sembrava dispiaciuto dal suo
diniego, ma non demorse.
"Allora facciamo domani, ti va? Ci troviamo in
Piazza Goldoni e poi andiamo a bere qualcosa assieme, magari ci buttiamo da
Marino. Ti prego, dimmi di sì, sono un bravo ragazzo sai?" le fece gli
occhi imploranti e lei sorrise.
"E va bene. A domani, allora." disse lei e si
voltò per andare a casa, senza vedere che il sorriso dolce di Demian si stava
trasformando in uno decisamente più malizioso. La sua personale caccia sarebbe
iniziata l'indomani.
Debby invece felice come una pasqua saltellava verso
casa: dietro di se aveva lasciato veramente un bel ragazzo. Chissà che non
scoprise che era quello giusto.
"Ciao!" Urlò appena mise piedi in soggiorno
e la scena che le si presentò davanti la fece rimanere a bocca aperta. Wesley e
Monica urlavano come dei pazzi uno contro l'altra.
"Tu non puoi volere veramente questo no? Non sei
così stronzo Wesley!"
"Mi spiace, ma questa cosa si deve fare..."
"Ehm...ciao..." ritentò la rossa con scarsi
risultati, infatti i due non la degnarono di uno sguardo. Almeno Cucciola stava
scodinzolando a tutto spiano. "Ho conosciuto un ragazzo bellissimo!"
urlò poi, attirando almeno l'interessa della sua amica che la guardò sorridendo
contenta.
"Racconta ogni cosa. Ehy, con te non è finita
qui Pryce!" Wes la detestava quando lei lo chiamava per cognome, gli
sembrava che fosse ancora più fredda del solito.
"Era sull'autobus e mi ha invitato per un
aperitivo...non sono riuscita a dirgli di no, ha due occhi Monica...Uhmmmm
Verdi come due gemme. Splendidi." era tutta esaltata e Monica fece il
classico segno di vittoria con le mani. "Ma di che discutevate
prima?" Monica si rabbuiò all'istante e scoccò un'occhiataccia a Wesley
che non le aveva perse di vista un secondo.
"Il signorino qui non vuole che vada a cena da
mia madre domani sera."
"Non è vero, non è questo il problema!"
rispose lui "Devi solo evitare di raccontare loro del tuo...secondo
lavoro."
"Loro devono sapere. Che cosa gli darai quando
un demone mi avrà staccato la testa dal corpo? Che un novello Highlander
passava di lì? Sono loro figlia, hanno il diritto di saperlo."
"Li metterai tutti in pericolo, credimi, lo so.
Ho studiato e..."
"Pryce, io glielo dirò e prova a fermarmi...
voglio vedere se ci riesci." Concluse Monica incrociando le mani al petto.
Wesley inghiottì il boccone amaro, prese la giacca e senza dire una parola
uscì, lasciandole sole.
"Bene, Debby...ora parlami di lui."
continuò
"Sei troppo cattiva con Wes...lui non ti ha
fatto nulla e lo sai anche tu." cercò di prendere le difese di Wesley,
Deborah.
"Gli chiederò scusa...forse, ma non svincolare.
Allora, come si chiama?"
"Demian. Deve essere straniero, ha una cadenza
strana...però è affascinante. Non lo avevo notato mentre salivo sul bus...tutto
ad un tratto mi giro ed eccolo lì che mi fissa in maniera addirittura
sfacciata. Si può definire un ragazzo affascinante in maniera fastidiosa? Più
ci penso e più è così."
"Così come?"
"Credo che sia una di quelle persone che
conoscono il proprio fascino e fanno di tutto per sottolinearlo, ma mentre la
maggior parte di questi tipi risultano ridicoli ed eccessivi, lui usa questo
fascino in maniera elegante, perfetta...sarà anche perchè si è presentato in
giacca e cravatta...elegante, ma non troppo, una cosa che mi fa
impazzire." finì Debby con una espressione estatica sul volto. "E la
sua voce...un timbro basso e sensuale."
"Ti voleva proprio conquistare." riflettè
Monica pensierosa.
"Vedremo domani. Dopo il lavoro vado a bermi
l'aperitivo con lui." Era raggiante e felice e Monica pensò che almeno una
delle due dovesse esserlo e visto che lei era tutto tranne che felice, toccava
alla sua amica. Seguì Deborah nella sua stanza, mentre, nel frattempo,
chiacchieravano di come fosse andata la giornata, poi prese il telefono e
digitò il numero della casa di sua mamma.
"Ciao Nicola...sì, amore, sono Monica, passami
la mamma." Attese che suo fratello chiamasse la madre pensando un modo a come dirle che era
una cacciatrice... Impossibile, aveva un gran bel vuoto. "Ciao Mamma, come
va? Sì, qui tutto ok....nella norma direi" Se la norma è scoprire che sei
una specie di arma ambulante contro i demoni, ma questo evitò di dirlo al
genitore. "Domani sera posso autoinvitarmi a cena da voi? Perfetto, allora
alle sette. Ciao, a domani." Interruppe la conversazione preoccupata:
forse Wesley aveva ragione, non era facile parlare di questo a qualcuno,
Deborah era un'eccezione, perchè come lei aveva un gran bell'animo oscuro e
letterario, quindi non si era sconvolta più di tanto quando il primo vampiro
aveva tentato di mangiarle. E non si era neppure sconvolta a vedere Monica
prenderlo a pungi come se fosse Tayson e polverizzarlo. Lei stessa si era poi
guardata le mani come per capire come era potuto accadere una cosa simile, a
lei poi, che fino a quel momento non aveva mai picchiato nessuno e che per anni
aveva praticato la pallacanestro, non la boxe. Si riscosse dai suoi pensieri
quando si ritrovò in cucina a decidere che cosa mangiare. Deborah arrivò poco
dopo in tuta e vestagliona di lana con cui stava comoda e si prese dal
congelatore una vaschetta di gelato da aprire.
"Non ho voglia di cucinare...che ne dici,
scaldiamo un po' di Nutella e ci strafoghiamo?" le chiese speranzosa e
Monica sorrise annuendo.
"Sì dai, una bella bomba calorica non può che
tirarmi su di morale." metterono
"Come spiegherai ai tuoi il tuo cambio di
forma?"
"Good question tesoro...non ne ho la più pallida
idea. La cosa peggiore è che sono andata là non più di tre settimane fa? Come posso
ingannarli dicendo che ho trovato una dieta miracolosa? In tre settimane è
impossibile...sono scesa di venti chili in quattro giorni." sospirò mentre
metteva in bocca il primo cucchiaino della serata. "Avrei dato non so che
cosa perchè mi accadesse prima, ma ora non so dove sbattere la testa. Credo che
mi imbottirò i vestiti per sembrare più morbidosa."
Le due si misero a guardare
Entrambe sussultarono quando sentitono la porta d'entrata
del magazzino aprirsi: Monica prese un pugnale che troneggiava nel salotto di
casa e si avviò.
"Ehy, Monica..." la chiamò Deborah
sussurrando.
"Che c'è?"
"Trattalo bene quel pugnale, è il mio
preferito." Monica alzò gli occhi al cielo: come non ricordarsi che per
quel pugnale Debby aveva folleggiato per una settimana? E poi erano andate
assieme a comprarlo. Annuì senza rispondere e lentamente scese le scale. Vide
un'ombra vicino alla sua macchina. Come un gatto cercò di non farsi scorgere:
l'ombra ora si era appoggiata alla 600 rossa e sembrava corrucciata. Monica
decise di dare bando agli indugi e caricò arma spianata. Ringraziò il cielo di
essersi fermata in tempo, o avrebbe rischiato di infilzare in mezzo alla fronte
un Wesley che in quell'istante aveva perso almeno dieci anni di vita.
"Ma sei impazzito?"
"Io? Adesso il pazzo sarei io? Mica sono IO
quello che mi ha assalito al buio con un coltello."
"Pugnale... e comunque potevi urlare che eri
entrato, io ti credevo al Jolly." Urlò Monica.
"Dobbiamo andare fuori a fare la ronda. Ero
uscito solo per sfogarmi un po'." Debby sospirò quando capì che il
pericolo era passato.
"Hai un posto dove andare a dormire, Wes? Non
puoi restere al Jolly per sempre...sono un sacco di soldi." chiese
Deborah, mentre Monica si vestiva per uscire.
"Devo cercare una casa, ma è difficile trovarne
una così su due piedi."
"Perchè non ti fermi da noi? Qui di posto ce n'è
in abbondanza." quelle parole fermarono il tempo. Monica stava guardando
la sua amica come se fosse del tutto impazzita a causa dello shock, quale non
lo sapeva neppure lei. Wesley sembrava favorevolmente colpito dalla premura
della rossa e Deborah sorrideva. Era sempre contenta quando trovava delle buone
soluzioni per tutti.
"No! Lui non vivrà qui. Mi oppongo."
"Ti ringrazio Debby, sei gentilissima, ma non
sono ben voluto evidentemente."
"Non ti preoccupare, faccio valere il mio stato
di capo famiglia... a chi sono intestate tutte le bollette?" chiese
sorridendo a Monica.
"Non ci posso credere, fai leva su questo? Le
paghiamo a metà..." piagnucolò la mora facendo una smorfia.
"Monica..." La cacciatrice sbuffò e si mise
in testa il suo cappellino di lana giallo. Sapeva di essere stata
sconfitta...sperava solo di non perdere il controllo con un uomo sotto lo stesso
tetto.
Monica e Wesley presero l'auto e si diressero verso
il cimitero cittadino nel rione di Sant'Anna, mentre Deborah si preparava per
una serata in compagnia del suo libro.
"Senti, se vuoi non mi trasferisco, ok?" In
macchina non avevano spiaccicato una parola. Monica aveva guidato a velocità
sostenuta dato che voleva evitare di passare troppo tempo con Wesley in un
cubicolo così piccolo come quello. Ora, tra le lapidi, Monica pensava. In
realtà era veramente terrorizzata: questa era la prima vera uscita contro i
vampiri, quelli che aveva polverizzato in precedenza le erano arrivati addosso,
invece ora era lei ad andarli a stanare. Un leggero crampo allo stomaco la
attanagliò.
"Se non lo fai me le sentirò dalla mia
coinquilina per sempre. Facciamo così, patti chiari ed amicizia lunga: io e te
avremo solo rapporti lavorativi, non voglio contatti extra." Wesley
sospirò senza rispondere: un Iceberg sarebbe stato più caldo in confronto a
lei.
Si trovarono davanti ad una tomba fresca, dove ancora
non era stato messo il marmo.
"Secondo i documenti del medico legale, la
vittima aveva degli stani segni sul collo. In più le hanno trovato in bocca
tracce di sangue. Credono si tratti di uno appartenente ad una setta."
Monica annuì: nella mano guantata teneva saldo un paletto di legno affilato per
l'occasione. Wes le aveva detto che era meglio iniziare ad uccidere i vampiri
freschi di nascita, perchè erano quelli che meno conoscevano la propria forza e
in più uscivano dalle terra ancora intontiti.
La terra si smosse e apparve una mano sporca: Monica
calcolò dove più o meno dovesse trovarsi il cuore ed attese. I secondi
sembravano non passare mai, le si stava accumulando un'enorme tensione in tutti
i muscoli del corpo. Era in fremente attesa per quella sua prima uccisione. Nel
frattempo Wesley la stava osservando: capiva il nervosismo della ragazza e gli
sarebbe piaciuto sul serio poterla aiutare a calmarsi, ma aveva paura che se
faceva solo un gesto verso di lei, lo avrebbe impalettato senza troppo pensarci
su, quindi rimase fermo al suo posto.
Finalmente dalla terrà uscì un mezzo busto: aveva il
volto già trasfigurato e si guardava in giro senza capire molto di quello che
era successo. Capiì ancora meno il gesto automatico che fece Monica, perchè
scoppiò in polvere senza un gemito.
"Wow...è stato...facile." disse la ragazza.
"Solo questo... buon impalettamento. Hai preso
il cuore al primo colpo." Wes si voltò verso il sentiero del cimitero,
mentre lei si alzava da terra. "Andiamo, c'è un'altra tomba da visitare."
Ma la seconda tomba si rivelò un falso, nessun
vampiro doveva sorgere. I due tornarono tranquilli verso la macchina: a Monica
faceva strano quella sensazione di pace che aveva lì. Quando ancora non era una
cacciatrice ed andava in cimetero a trovare i suoi nonni, non resisteva molto
nel campo santo. L'opprimeva l'incredibile tristezza che si levava da quel
luogo. Invece, quella sera, una parte di se si sentiva come a casa, perchè
respirava una pace che in quei giorni non aveva mai provato. Decise che erano
argomenti troppo complicati per poterne parlare con alcuno, quindi li chiuse
nel suo cuore a doppia mandata.
Guidò in silenzio per le strade vuote di Trieste fino
a raggiungere un locale piuttosto affollato sulle Rive. Avevano deciso di fare un
salto per evitare troppi morsi ad ignari clienti.
"Ora concentrati e cerca di capire chi è un
vampiro e chi un essere umano normale." Monica lasciò fluire il suo potere
di Cacciatrice, isolando dal contesto della sua mente la musica forte, le luci,
il vociare di quella marea e ne vide distintamente tre che confabulavano
nell'ocurità: le parve addirittura di vedere i loro occhi dorati. Prese un
paletto e senza dire una parola a Wes, che la stava osservando senza capire, si
avvicinò ai tre vampiri.
"Ciao...che ci fate tutti soli?" chiese con
voce maliziosa, cercando di capire come batterli senza morire, in primis, e poi
senza farsi vedere dagli altri ragazzi. Uno di loro le schioccò un'occhiata da
predatore e stavolta lei lo vide chiaramente il bagliore dorato e si sentì
leggermente più forte: in fondo era riuscita veramente a sentirli.
"Che ci fa una bella ragazza tutta sola,
direi... vieni con noi, ti offriamo da bere." Monica sorrise sfacciata.
"E io che pensavo che sarei diventata il vostro
drink." Con velocità infilò il paletto nel cuore al primo vampiro alla sua
destra, che non ebbe neppure il tempo di urlare. Gli altri due fecero uscire il
volto della caccia ed iniziarono a ringhiare.
"Si può sapere chi sei, cagna?" chiese uno.
"Mah, qualcuno mi ha detto che dovrei essere
"Non bastava la biondina di Sunnydale...Ci
voleva una cacciatrice anche qui." disse il sopravvissuto cercando di
darle un pugno senza colpirla. Monica, però, sentì che questo era molto più
forte del vampiro ucciso al cimitero. Doveva già avere qualche anno. Fecero a
pugni per un po', mentre Wesley cercava di nasconderli dagli altri avventori,
che non sembrava poi molto interessati a questa rissa. Ultimamente ne
capitavano tante e si stavano facendo l'abitudine a questi scoppi di ira
improvvisi. Monica sentiva che il vampiro stava borbottando qualcosa, ma non
gli prestò molta attenzione. "Tre giorni di viaggio per scappare da
Sunnyhell e a Trieste me ne ritrovo un'altra. Tanto valeva che mi facessi
ammazzare dall'altra Cacc..." Non disse altro, si ritrovò disteso sulla
schiena con Monica che troneggiava sopra di lui. Lei cominciò a prenderlo a
pugni senza pietà, gliene diede tanti, una scarica che sembrava infinita.
Wesley la guardava incredulo.
"Monica..." provo a dire lui, ma lei
continuava ad infierire su quello che un tempo poteva essere considerato un
vampiro, ma che ora era una maschera sanguinolente, oltretutto senza più i
sensi. Wesley vide che dagli occhi della ragazza stavano scendendo copiose le
lacrime. Finalmente si fermò, prese il paletto e lo fece scendere con forza sul
torace del vampiro: in breve si ritrovò seduta dul marciapiede. Si alzò
barcollante sotto lo sguardo preoccupato di Wesley. Prese a guardarsi le mani: i
guanti di pile rossi, regalo di sua madre, erano tutti tinti di sangue, non
sarebbe mai andata via la macchia. Monica se li tolse gettandoli a terra.
Tremava come una drogata in crisi d'astinenza...se ne accorse anche lei e
sorrise a questo suo pensiero. Sentì che Wes le poggiava sulle spalle la sua
giacca e si sentì avvolgere dal suo profumo. Non aveva mai realizzato quando
l'odore personale di Wes potesse essere gradevole, un odore che le ricordava il
profumo del the, almeno a questo lei pensava.
Se ne andarono senza voltarsi.
da "Il Piccolo"
Trovati nei pressi del locale 'Beer' un paio di
guanti insanguinati, guanti di grandezza medio-piccola. Si pensa possano essere
di una donna. Si teme possa essere stato commesso un omocidio di cui ancora non
si trova il corpo. Gli inquirenti seguono le innumerevoli tracce che portano
alle cerimonie segrete che avvengono presso le doline del Carso.
CAPITOLO QUATTRO
Monica non aveva chiuso occhio quella notte:
l'adrenalina della prima caccia, del primo vero combattimento non le aveva
lasciato scampo, quindi aveva deciso di telefonare sul lavoro per prendersi un
giorno di permesso, così da riposare.
Aveva sentito Deborah uscire la mattina presto
capendo che ormai il sole era bello che sorto. Nell'oscurità della sua stanza,
con
Aveva ucciso tre vampiri, uno dei quali massacrandolo
di botte come una invasata. Che diavolo le stava accadendo? Sentiva che dentro
di lei c'era qualcosa che non andava e non era la forza fisica. Non aveva mai
provato delle sensazioni di disprezzo e odio per qualcuno, mai gli era mai
passato neppure per la mente di ridurre un uomo in poltiglia a suon di pugni,
invece lei, la sera prima, lo aveva fatto. Che cosa le era accaduto? Era presto
detto, pensò, aveva provato una rabbia incredibile guardandolo a terra con il
volto del demone addosso e si era sfogata su di lui. Poteva andare avanti in
quella maniera? No, sicuramente no.
In più c'era qualcosa che le rodeva il cervello,
qualcosa che il vampiro aveva detto prima di inziare a combattere, cosa a cui
lei non aveva dato molto peso perchè era presa dalla sua prima lotta. Eppure
ora sapeva che qualunque cosa fosse, era importante. Si sforzò per la centesima
volta di ricordare almeno uno stralcio, ma nulla...Solo una parola, Sunnyhell.
Chissà che significava.
Sarebbero state tutte così le sue serate? Giri nei
cimiteri con Wesley, ronde nei locali e lavatrici per capi resistenti per
togliere il sangue? Una bella prospettiva di certo.
Sospirò ancora alzandosi dal letto: fuori stava
appena albeggiando e il cielo non prometteva nulla di buono, forse addirittura
neve. Certo che l'inverno quell'anno non voleva proprio lasciarli... causa
dell'apertura della Bocca dell'Inferno? Ecco un'altra incognita per lei: Wes continuava
a dirle che si era aperta aumentando la demonicità della città, ma lei si
chiedeva dove si era aperta. Non aveva visto nessun cartello con la scritta al
neon che dava il benvenuto alla Bocca dell'inferno...Wesley tanto parlava, ma
poco concludeva. Sempre bravo a riprenderla e dargli notizie inutili su demoni
schifosi, ma quando gli si chiedeva di rispondere ad una banale domanda, ecco
che si bloccava. Neppure lui conosceva l'esatta ubicazione della Bocca
principale, le aveva solo detto che la crepa in Piazza Unità poteva essere una
bocca secondaria, ma già abbandonata, probabilmente perchè
"Ah miciona, tocca veramente sporca alla tua padrona,
sai?" disse a Spike accarezzandola, mentre lei si perdeva in fusa
rumorose.
Andò in cucina a farsi un caffè, non che ne avesse
bisogno per svegliarsi, visto che si sentiva attiva come un grillo. Guardò con
sdegno i biscotti che Debby aveva lasciato sul tavolo prima di uscire:
incredibilmente non aveva fame, sentiva lo stomaco chiuso in una morsa. Andò al
bagno e si guardò allo specchio: le sembrava di essere invecchiata di dieci
anni in una notte. Aveva due occhiaie profonde e gli occhi rossi a causa della
mancanza di sonno. Sperò ardentemente che non andasse avanti così per tutte le
notti che le rimanevano, o non sarebbe durata molto a lungo.
Scese le scale trovandosi davanti una piccola
porticina: la aprì senza esitazioni trovandosi davanti l'Adriatico che placido
bagnavano il molo davanti al magazzino: al tempo avevano scelto quel
particolare magazzino proprio perchè era collegato nell'immediato al mare e
potevano, così, andare a fare il bagno quando volevano. Si tolse le scarpe e i
calzini e mise i piedi in acqua. Qualcosa si bloccò: di certo la sua
circolazione. Il gelo prese a salirle su per le gambe, facendole iniziare a
battere i denti, ma a Monica non interessava proprio per nulla. Aveva bisogno
di sentire qualcosa che per un momento le togliesse di mente i pensieri su
uccisioni, cacciatrici e sangue. Peccato che non ebbe molta fortuna. Continuava
a pensare alle parole del vampiro: che diavolo aveva detto di così importante?
Decise di tornare dentro quando un refolo di vento le fece intuire che fuori
faceva piuttosto freddo, visto le temperature non proprio primaverili.
Accadde tutto in un istante, un flash luminoso si
incendiò tra le sue sinapsi. Il vampiro aveva parlato di una biondina ed
immediatamente capì di essere molto arrabbiata.
"Devo parlare con il signor Pryce." disse
sicura Monica alla ragazza davanti a lei che la guardava altezzosa con un
sorriso di finta cortesia.
"Mi dispiace, ma il signor Pryce sta dormendo e
ha richiesto appositamente di non essere disturbato."
"E' una cosa urgente signorina. Per favore, lo
chiami al telefono e gli dica che sono qui. Non credo che avrà problema."
"Mi dispiace, ma non posso farlo.
Arrivederci." e le girò le spalle
per tornare a lavorare al suo computer. Monica si stava infuriando sul serio,
avrebbe voluto prendere quella ragazza e scuoterla fino a quando non le avesse
detto quale era la stanza di Wes, ma sapeva che non poteva farlo. Diede
un'occhiata alle chiavi delle stanze rimaste appese al muro e notò che non
c'erano moltissimi clienti, in effetti quella non era la stagione migliore per
venire a Trieste.
Fece finta di uscire, anche se in fondo non serviva,
visto che la receptionist non la stava degnando di uno sguardo e prese a salire
le scale lentamente e silenziosamente: tese al meglio le orecchie e la vista da
cacciatrice per evitare di essere beccata da qualcuno che passava di lì. Trovò
il carrello delle cameriere: evidentemente stavano facendo il giro per
risistemare le camere. Monica pensò che se Wesley non voleva essere disturbato,
avrebbe dovuto per forza farlo capire alle addette alla pulizia e quindi
avrebbe infilato sulla maniglia il tagliandino 'Do not Disturb'. Ringalluzzita
per questa intuizione prese a scandagliare il primo piano, ma alla fine della
ricerca non trovò niente. Stessa sorte al secondo piano. Stava già cominciando
a perdere le speranze, quando al terzo trovò qualche porta con i tagliandini.
Adesso doveva solo capire in quale di quelle dormiva il suo Osservatore.
"Se sento le creature della notte, posso provare
a sintonizzarmi su Wesley no?" mormorò tra sè. Chiuse gli occhi per
concentrarsi al meglio, lasciando fluire in se il potere. Era una sensazione
strana, le sembrava di essere completamente immersa in una vasca d'acqua che
attuttiva ogni cosa che proveniva dal mondo esterno. Un enorme calore stava
partendo dal suo cuore per espandersi ovunque in lei. Paradossalmente seguì
proprio i consigli di Wesley, in modo da ascoltare al meglio quello che le
diceva il suo istinto.
Aprì gli occhi e si ritrovò davanti ad una porta:
aveva la certezza assoluta che dentro ci fosse Wesley, non sapeva come era
possibile, ma lo sapeva. Con delicatezza cercò di abbassare la maniglia, ma
quella era simpaticamente chiusa. Provò a scassinarla, ma fece troppo rumore e
smise. Il lampo di genio le venne poco dopo. Prese a scendere le scale,
ritrovando il carrello delle cameriere, lasciato incustodito. Con velocità si
mise a rivoltarlo come un calzino, fino a quando non trovò il cesto delle
chiavi di riserva. E c'erano anche quelle della 307. Le prese fuggendo alla
velocità della luce e sentendosi un po' ladra per quello che aveva fatto, anche
se ammetteva che era l'unico modo per sorprendere Wes nel sonno. Incrociò le
dita sperando di aver fortuna: la chiave entrò nella serratura senza interruzioni
di sorta e lei esultò dentro. La girò piano e si ritrovò all'interno della
stanza immersa in una leggera oscurità: nonostante gli scuri fossero chiusi,
una leggera luminescenza proveniva dall'esterno.
Monica, facendo più piano possibile, si ritrovò ad
osservare Wesley che dormiva al centro di un letto matrimoniale. Lo copriva
soltanto un lenzuolo di cotone bianco, perchè in quella camera si stava morendo
di caldo. Evidentemente l'hotel sparava al massimo il riscaldamento. Un braccio
nudo usciva da sotto il lenzuolo. Lei prese a togliersi il giubbotto e a
pensare il da farsi. L'odore di Wes, improvvisamente familiare in lei, la
stordì. Si impose di restare calma maledicendo i suoi ormoni che remavano
contro. Si tolse anche le scarpe, per essere più silenziosa possibile. Aveva
visto che intorno a lei, sparsi un po' ovunque, c'erano un sacco di libri e
fogli scritti, tutti che descrivevano demoni e vampiri che potevano trovarsi
nelle vicinanze di una Bocca dell'Inferno. Evidentemente aveva fatto tardi
studiando. Monica prese un piccolo pugnale che aveva trafugato a Deborah per
quella piccola missione. Se tutto andava al meglio, la sua amica non se ne
sarebbe neppure accorta. Non aveva molto filo, però faceva la sua figura.
Salì sul letto piano e con grazia si posizionò a
cavalcioni su Wesley. Chiunque li avesse visti ora, avrebbe pensato che i due
stavano per prepararsi per una gloriosa cavalcata, ma lei non aveva proprio
intenzione di cimentarsi in una così simpatica attività. Poggiò la punta sul collo
del ragazzo e poi prese a chiamarlo.
"Wesley...Wesley, svegliati, è ora per un bravo
Osservatore di rispondere ad un paio di domande." Monica vide che Wes
stava iniziando ad aprire gli occhi, senza capire molto di quello che gli
succedeva attorno.
"Uhm?" mugugnò lui. "Monica?"
"Sì, Pryce, sono proprio io." Wes capì
immediatamente che c'era qualcosa che non andava: lei lo aveva chiamato per
cognome e le stava puntando qualcosa di lucido e freddo al collo. Era
decisamente nei guai.
"Che cosa succede?" Monica con una mano lo
placcò al materasso, vito che lui stava cercando di alzarsi e si abbassò verso
di lui.
"Sei uno stronzo lo sai?" gli disse lei in
un sibilo e lui rabbrividì. Arrabbiata così non la aveva mai vista.
"E di grazia perchè?"
"Perchè mi hai mentito." e dicendo questo
lo spinse con i fianchi per tenerlo fermo. Wesley, nonostante tutto, non si
potè impedire di pensare a quanto questa situazione lo stimolasse.
"Non è vero...non l'ho fatto." cercò di
protestare lui.
"Oh sì che lo hai fatto. Ieri sera uno di quei
vampiri ha detto una cosa a cui io, stupidamente, ammetto la mia colpa, non ho
badato molto. Solo che stamane me la sono ricordata e guarda un po' te, ti
sbugiarda. Lui ha detto che ce ne sta un'altra di Cacciatrice, in un posto che
fa Sunnydale di nome. Allora, come la metti?" Lei si abbassò ancora di
più, praticamente ormai era quasi distesa su di lui, gli occhi erano a pochi
centimetri gli uni dagli altri.
"Tu sei la cacciatrice." borbottò lui,
perso nel seguire la linea delle sue labbra. Aveva avuto un'improvvisa immagine
di se che alzava la testa per baciarla, peccato il piccolo inconveniente di
quel coltello piazzato sul collo.
"Ma non sono l'unica, dì la verità, ti
conviene" continuò imperterrita lei, senza accorgersi del turbamento emotivo
del ragazzo.
"No, non sei l'unica. Siete in due."
"E perchè non me lo hai detto prima?"
Chiese Monica inviperita?" Se avessi saputo che esisteva questa tizia, io
avrei potuto dare le dimissioni.."
"Non si può fare. Tu sei
"Perchè? Non ne moriva una per attivarne
un'altra?" Monica era leggermente confusa.
"Infatti è così. Buffy Summers è morta per pochi
secondi, quanto bastava per attivare Kendra." esalò Wes che
improvvisamente aveva preso a sudare. Monica si mosse sopra di lui
posizionandosi al meglio, cosa che fece gemere di intenso piacere il ragazzo.
"Ti faccio male, Wes?" domandò lei con un
sorrisetto maligno, ma lui scosse il capo.
"Non proprio..." Lei lo guardò sorpresa,
ancora di più quando seguì lo sguardo interessato di lui verso la sua camicia.
Quella mattina aveva indossato una camicia blu elettrico di velluto che aveva un
leggero difetto alle asole dei bottoni: ogni tanto non trattenevano il bottone
al loro interno e la camicia si apriva. Monica si trovava seduta a livello
della anche di Wesley, con i primi due bottoni slacciati, che, così facendo,
riuscivano a dare una bella visuale del suo seno all'Osservatore.
"Oh...questo cambia un po' la situazione. Ti
eccito io o il coltello? o forse entrambi." lo prese in giro lei, anche se
dentro di se si sentiva leggermente gratificata.
"Vaffanculo." la risposta poco elegante di
lui la sorprese.
"Wesley, mi meraviglio di te...Queste parole te
le hanno insegnato all'accademia?" disse sarcastica, per poi riprendere il
bandolo della matassa iniziale. "Dimmi un po' perchè non dovrei
abbandonare il mio lavoro di Cacciatrice...in fondo c'è questa Buffy Summers
che può prendere egregiamente il mio posto."
"Perchè lei deve badare all'altra Bocca
dell'inferno." Monica si alzò leggermente, lasciando a Wesley il tempo di
riprendersi. Non capiva più nulla, nei momenti precedenti, nonostante fosse
tenuto sotto stretto controllo, non aveva potuto fare a meno di eccitarsi.
Aveva una voglia incredibile che cercò di rispedire indietro, cosa non semplice
da fare, visto che lei ancora stava sopra di lui a rimuginare.
"Che cosa vorresti fare ora? Uccidermi e
occultare il mio cadavere?" domandò lui sperando di farle abbassare la
guardia.
"No, tesoro, non è questo il mio programma. Per
quanto io apprezzo l'idea di picchiarti un po', mi servi ancora. Non so se a te
è arrivato chiaro il messaggio, ma io vorrei sopravvivere a tutto questo e tu
mi sei necessario." Rispose lei cominciando a ondeggiare lentamente sopra
di lui con un sorrisino malizioso. Monica non riusciva a capire perchè si era
messa a giocare così con il suo corpo. Oh, lo sentiva bene che lui apprezzava
questa cosa, era piuttosto duro là sotto, e la cosa la rendeva raggiante. Lei
non aveva mai avuto un successo enorme con i ragazzi e se uno di loro palesava
così il suo piacere alla vista di lei...diamine, il suo ego ne usciva
rifrancato.
"Puoi smetterla?" le chiese lui leggermente
ansimante e lei si bloccò.
"Parlami di questa cacciatrice."
"Non ne so molto, non l'ho mai vista. E' morta
ed è stata salvata da un suo amico. Fine, stop." Si sentiva stanco come se avesse corso la
maratona di Londra a tutta birra, ma tentare di non saltarle addosso proprio in
quel momento, era molto difficile. Il profumo dolce e frizzante che lei si
metteva lo aveva avvolto, ricordandogli l'unica volta che si era potuto
avvicinare senza rischiare il linciaggio, proprio la notte prima, quando le
aveva messo la giacca addosso. Lei non aveva obbiettato e lui per pochi, brevi
e gloriosi istanti, aveva assaporato il suo odore di donna fatta: in quel
preciso momento aveva capito che non doveva trattarla alla stregua di una delle
varie potenziali londinesi, ma che aveva a che fare con una ragazza adulta.
Avrebbe dovuto capirlo prima, ma meglio tardi che mai.
Lei lasciò la mano dal petto, permettendo a lui di
alzare il busto verso di lei. Monica lo guardava fisso negli occhi azzurri e
sembrava....pensierosa, più che arrabbiata, ma lui non si fece illusioni,
dentro di se lei ribolliva come un vulcano.
In realtà, il buonsenso di Monica stava iniziando a
prendere il sopravvento sull'istinto e cominciava a sentirsi leggermente
imbarazzata. Insomma, aveva molta voglia di divertirsi, ma non poteva farlo con
un uomo a cui fino al giorno prima, aveva giurato odio eterno. Eppure la sua
eccitazione premeva dura e prepotente tra le sue gambe ancora fasciate con dei
bei pantaloni neri di cotone e lei ne era assurdamente fiera e soprattutto
aveva una voglia incredibile anche lei di portare il tutto a termine.
Insoddisfatta di sè, Monica si alzò e lasciò libero Wesley che, finalmente,
riusciva a tornare a ragionare, nonostante la sua erezione premesse
dolorosamente sui boxer.
"Non dirmi più bugie sulla missione, Wesley.
Dimmi sempre la verità, per quanto cruda e difficile da accettare, dimmela
sempre." Lui rimase sorpreso dal tono usato da lei: era come se lo
pregasse con il cuore in mano.
La vide uscire tranquilla, come se quel breve
intermezzo tra loro non fosse mai accaduto. Non ce la faceva più: si passò le
mani sul volto e decise che ora serviva una doccia calda. Sotto l'acqua non
riuscì a non pensare a quanto bello era stato sentirla sopra di sè.
Venne gemendo il suo nome.
Monica si era feramata davanti a Piazza Unità: si era
seduta sul Monumento dell'entrata a Trieste che delimitava il molo. Era un
posto che l'aiutava a stare meglio con il mondo circostante. Quel giorno, poi,
il vento freddo di bora le stava schiaffeggiando il volto e lei sentì di
meritarselo davvero quello schiaffo. Ma che diavolo le era preso? Trattare un
povero cristiano a quel modo non era proprio nelle sue corde, ma quando aveva
visto Wesley disteso su quel letto, non aveva capito più niente. Si era
lasciata guidare dal suo istinto e dalla sua rabbia. Qualcosa di oscuro e
primitivo la stava avvolgendo e lei aveva paura, paura di non riuscire ad
uscirne.
Un pallido sole fece capolino tra le nubi che
correvano via veloci e la riscaldò per pochi attimi. Monica si tolse una
fuggevole lacrima dalla guancia.
Da "
Inquietanti
omicidi a Trieste fanno preoccupare
CAPITOLO
CINQUE
Il primo
periodo di convivenza tra Wesley e Monica scivolò via tranquillo. Tra i due si
era instaurato un certo senso di imbarazzo. Monica aveva capito di aver calcato
la mano più del necessario con lui e quel senso di tranquillità che cercava di
dare all'Osservatore, era il suo modo per chiedergli scusa. Nessuno dei due
aveva mai menzionato la cosa, nè tra loro, nè con Deborah, che, però, non era
una stupida e aveva capito che qualcosa ora c'era che li legava. Per la ragazza
questo era un grande passo avanti per i suoi due amici, ma evitò di dirlo onde
evitare che a Monica la cosa non piacesse e tornasse a trattare Wes come una
mezza pezza di piedi.
Wesley,
invece, si trovava nella spinosissima situazione di non riuscire a guardare
ancora negli occhi la sua protetta: quando cercava di farlo, gli ritornava in
mente cosa aveva provato ad averla sopra di lui e partiva con dei piccoli film
mentali in cui immaginava il seguito di quello che poteva essere una gloriosa
cavalcata a due. Ringraziò il cielo che avessero preso un tacito accordo di
collaborazione e, quindi, che i loro rapporti fossero rimasti lavorativi.
Alla fine
della festa, Monica non era riuscita a dire a sua madre della nuova vita: come
era entrata in casa si era trovata tutta la famiglia ad accoglierla, completa
di zii che non la vedevano da un po'. Sua mamma aveva fatto in modo che Monica
potesse riunirsi a loro almeno qualche volta e lei non si era sentita di rovinare
a tutti la serata annunciando la sua probabile morte. Cazzo, pensò, quel
maledetto di Wesley aveva totalmente ragione. Si gustò fino ad un certo punto
la bella orata al forno con le patatine che aveva cucinato sua madre e si
godette le chiacchiere della sua famiglia. Tutti, però, le fecero i complimenti
per la ritrovata linea e Monica in quei momenti si era sentita veramente
imbarazzata. Sparò qualche cazzata su nuove diete ipocaloriche e lunghe corse
sul molo con Deborah, ma non seppe se gli altri ci avevano veramente creduto.
Era tornata
al lavoro senza troppi problemi, anche se in ogni istante si sentiva spiata,
come se la gente sapesse chi lei fosse in realtà. Era così preoccupata che si
era portata un paletto di scorta, nel caso uno dei clienti si fosse rivelato un
vampiro in mentite spoglie. Aveva obbligato Deborah ad allenarsi con lei, in
modo da poter almeno sgusciare via durante un attacco, fino a quando non fosse
arrivata lei a darle man forte. Wesley aveva ordinato decine di armi: gli occhi
della Rossa si erano allargati per lo stupore e l'attesa quando la pesante
cassa di legno era arrivata tramite UPS. I due, con Monica appollaiata sulla
scala, l'avevano aperta e
Debby da un
po' di tempo a quella parte pareva galleggiasse su una nuvola per quanto era
contenta: la prima uscita con Demian si era rivelata una sorpresa bella e
buona. Lui l'attendeva in piazza Goldoni davanti alla fermata dell'autobus con
un bellissimo giglio bianco, spiegandole che le rose rosse gli sembravano
troppo ovvie. Quel giorno si era presentato con un normale paio di jeans blu,
una camicia rossa ed una giacca: faceva una bellissima figura. Avevano percorso
assieme Corso Italia fino a giungere in Piazza della Borsa, ridendo e
scherzando e Debby si era sentita decisamente bene. Erano entrati da Marino e
avevano mangiato assieme del formaggio con un buon bicchiere di spritz. Lei
aveva scoperto che lui lavorava con degli amici come agente di commercio e che,
quindi, girava parecchio durante il giorno per essere finalmente libero la
sera. Si era dimostrato una persona piuttosto informata sul mondo e la storia e
Debby si sentì veramente bene. Si ritrovava spesso a guardare i suoi occhi
verdi: le sembrava che la chiamassero. La portavano in mondi sconosciuti. Ogni
tanto, le sembrava pure che brillassero dorati e lei lo trovava estremamente
seducente.
Monica la
invidiava e glielo aveva anche detto: nelle sere in cui lei e Wesley solcavano
il cimitero e i locali demoniaci, Deborah si divertiva uscendo con il suo nuovo
spasimante...o almeno amico.
"E'
un'ingiustizia... Tu torni a casa svolazzante di felicità, con gli occhi a
forma di cuore, mentre io, se tutto va bene, torno con una maglia strappata o
sporca. Voglio anche io uscire una sera per divertirmi!" ma sembrava che
quella opzione non fosse tra le scelte di Wesley, che la faceva girare come una
trottola impazzita per tutta la città a cercare covi di demoni.
Oltretutto
Monica aveva notato come Wesley passasse molto tempo al telefono: parlava per
ore in inglese e ogni volta sembrava più crucciato di prima. Non gli aveva mai
chiesto nulla, ma non nascondeva a se stessa di essere curiosa come una
bertuccia! Di solito durante le cacce parlavano poco, lo stretto necessario
rispetto a quello che dovevano uccidere, ma quella sera Monica decise di
togliersi alcuni dei suoi dubbi riguardanti l'Osservatore.
"Allora,
guai in paradiso?" chiese lei, mentre controllavano una vecchia cripta
fortunatamente disabitata.
"Uh? Che
intendi, scusa?"
"Ma sì,
le lunghe telefonate inglesi...la tua ragazza ha deciso di lasciarti? Vivi
troppo lontano per lei?" Wesley si stupì. Era la prima volta che lei gli
faceva qualche domanda e soprattutto di argomento così privato. Sperò che
potesse essere segno di una sorta di apertura nei suoi confronti.
"Veramente
io non ho la ragazza." fu la prima cosa che gli venne in mente di dirle.
"Ah..."
A Wes giravano velocemente le rotelline del cervello, cercando di capire cosa
volesse dire lei con quella esclamazione, ma rinunciò all'impresa.
"In
realtà mi chiama sempre mio padre. Vuole sapere come vanno le cose qui."
"Con me,
cioè?"
"Sì,
vuole sapere come te la cavi, come sta funzionando la bocca dell'Inferno, le
specie demoniache... Sono molto interessati." sospirò lui appoggiandosi ad
una tomba.
"E poi
vorrà sapere se il suo figliolo sta bene, no?"
"Non
credo. Non abbiamo mai parlato di me. Io e mio padre...diciamo che siamo molto
inglesi nelle nostre manifestazioni d'affetto." Monica capì che tra i due
Pryce c'erano parecchie incomprensioni, lo aveva intuito dall'intonazione della
voce di Wesley. Lo capiva benissimo, anche lei con suo padre non andava
d'accordo, anzi saranno stati mesi almeno che non si vedevano. Forse si saranno
sentiti per telefono qualche volta, ma nulla più che i soliti convenienti.
Doveva ammetterlo, per lei suo padre era un estraneo.
"E che
vuole sapere di me?" disse cercando di pensare ad altro che non fossero i
suoi problemi con la figura paterna.
"Se sei
efficente. E soprattutto se la tua età non ti limita nelle cacce." Lei lo
guardò con occhi confusi e si sedette anche lei vicino a Wes. Il discorso era
importante.
"Spiegati!"
gli ordinò.
"Bhe, di
solito le cacciatrici vengono scelte giovani: 15-16 anni, al massimo 17. Una
cacciatrice che dura nel tempo, arriva ai venticinque, ventisei anni e poi i
poteri la abbandonano, come a cercare un corpo più efficace per espletare la
loro funzione. Di solito chi riesce a raggiungere queste età senza morire
prima, poi ha una tranquilla vita umana." spiegò Wesley quieto. "Che
io sappia, non ci sono mai stati casi di Cacciatrici così vecchie come
te."
"Ehy, io
non sono vecchia, sono nel bel mezzo della mia giovinezza." rispose lei
piccata e lui non potè fare a meno di sorridere al suo sdegno.
"Scusa
mi sono espresso male. Intendevo che sei vecchia per essere una cacciatrice
appena attivata. Credo, ma bada bene che questa è solo una mia teoria non
avvallata da prove certe, che i poteri scelgano ragazze adolescenti perchè la
prima cacciatrice aveva questa età quando fu attivata. Solo che a quei tempi
avere quindici anni portava ad essere adulti, nel fior fiore delle proprie
forze. Forse i poteri di adesso stanno capendo che i quindicenni non sono più
forti come una volta e quindi hanno spostato il loro range di azione, ma non si
può mai dire. Magari la prossima avrà di nuovo sedici anni. Ripeto, sono idee
mie e non ne ho la certezza assoluta." finì lui, lasciando Monica in uno
stato confusionale non da poco.
"E
quindi loro sono preoccupati per questo cambio?" era l'unica cosa che le
fosse venuto in mente.
"Sì...Te
lo dirò in completa sincerità. Vogliono venire qui a testare le tue capacità."
Ora si stavano guardando dritti negli occhi e Monica notò quanto lui fosse
preoccupato rispetto a questa notizia. Cominciò a scendere una leggera
pioggerellina che li distolse momentaneamente dai loro discorsi. Mentre
tornavano verso casa, cominciò a piovere a dirotto. Monica sperò che Debby
avesse l'ombrello, visto che era nuovamente uscita con Demian, giusto per
pensare a qualcosa che non fosse questo fantomatico test. Appena rientrati, con
in braccio Spike che si faceva accarezzare tutta contenta, Monica riprese
l'argomento.
"E sarà
un test a risposta multipla o domande aperte?" Aveva cercato di essere
spiritosa, ma lo sguardo di Wes le fece capire che lui non aveva apprezzato del
tutto il suo humor...maledetti inglesi, non erano loro il popolo caustico per
eccellenza?
"Sarà
qualcosa di molto peggio, temo." Wesley prese a guardare un punto fisso
del muro, come se la crepa esistente fosse un disegno particolarmente
interessante. "C'è un'usanza nel consiglio degli osservatori, decisamente
barbara secondo me, che viene fatta ogni volta che
"Un nome
pregno di fiducia." fece lei sedendosi sul cofano della sua auto.
"Questo
test fa in modo che
"Mi
faranno questa cosa?" domandò seriamente preoccupata Monica.
"No, a
te no." e lei sospirò rinfrancata.
"Però
faranno altro..." intuì e Wesley annuì lento.
"Non so
che cosa, questo è il vero dilemma. Sto cercando da giorni di far sbottonare
mio padre su questo test, o Quentin Travers, il capo del Consiglio, però
nessuno dei due mi vuole dire nulla. Credo che vogliano che tu sia
completamente all'oscuro dei loro piani."
"Mi
stanno sempre più simpatici qusti tizi..."Monica non riusciva a togliersi
dalla mente l'immagine di lei riversa sull'asfalto sgozzata da qualche strana
creatura... di nuovo ebbe quel senso orrendo di nausea. Cominciò ad odiare
Wesley anche per quel motivo: da quando lui era lì aveva già vomitato qualche
volta, proprio lei che se le capitava una volta all'anno era un caso più unico
che raro. Proprio lei, che odiava vomitare più di qualsiasi altra cosa.
"Ma perchè non mi fanno questo Cruciamentum...almeno potri
allenarmi." Wes sorrise tristemente.
"Perchè
non hai diciotto anni. Vedi, il test viene condotto sulle ragazze che compiono i
diciotto. Una specie di brutto regalo."
"Per
questo sono così interessati alla mia età." intuì lei e Wesley annuì
sorridendo. Qualsiasi fosse il test che il Consiglio voleva organizzare,
avrebbero trovato pane per i loro denti: Monica non era una stupida e il suo
cervello funzionava piuttosto bene. Dovevano trovare qualcosa di difficile se
volevano vederla in difficoltà.
In
quell'istante entrò Deborah felice.
"Ciao a
tutti!! Passato una buona serata?" Chiese mentre Cucciola scendeva la
scale per salutarla festante.
"Stupenda!
Figurati che sono tornata qui tutta intera." Rispose acida Monica.
"Su
dai...scherzi a parte, è andata bene?"
"Sì,
solita routine. Credo che i veri cattivi si stiano preparando ad una offensiva
piuttosto massiccia." disse Wesley e Monica scosse la testa esausta da
tutte queste cose. Fosse bastato far uscire dalla sua vita quel ragazzo per
poter smettere di cacciare, lo avrebbe fatto subito, senza neppure pensarci
troppo, ma lei sapeva che non era così semplice. I demoni la fiutavano: le sere
che camminava tranquilla per il corso, loro erano dietro di lei, pronti ad
assalirla. Stupidi! Andavano praticamente incontro ad una morte certa. Guardò
Wesley che parlava tranquillo con Debby e per la prima volta si chiese con
interesse chi fosse lui in realtà, cioè, se oltre alla facciata di Osservatore
era anche un uomo, un ragazzo normale. Non gli aveva mai chiesto nulla di sè,
lo usava solo come insegnante di demonologia e lotta armata. Ovviamente la cosa
era reciproca: lui non si era mai neppure degnato di chiederle qualcosa della
sua vita normale, anzi, ormai di quella passata. L'unica cosa che gli premeva
era di avere una Cacciatrice pronta. La famigliare sensazione di rabbia iniziò
a crescerle nel petto e decise che era meglio salire in camera sua. Non aveva
proprio voglia di mettersi ad urlare.
Deborah la
vide salire verso le stanze del piano di sopra e sospirò pesantemente. Aveva
molta paura per la sua amica, voleva aiutarla in qualcosa, ma non aveva la
forza necessaria per farlo. Sentiva che Monica non era più la ragazza solare
che era un tempo, quella che la tirava su nei momenti di crisi. Ora sembrava
circondata da un'ombra di rabbia ed oscurità di cui lei aveva timore.
Incredibilmente, proprio la sensazione che le dava a lei e che la inquietavano,
risultava eccitante per altre persone, non ultimo Wesley. Debby aveva subito
capito che l'Osservatore provava qualcosa per Monica, se non proprio amore,
almeno tanto affetto. Si chiese se fosse l'effetto Cacciatrice e se a lui le
sarebbe piaciuta anche prima.
Dall'alto
inizò a sentirsi una musica pesante, leggermente heavy metal, che faceva
tremare la leggera porta che separava la zona alta da quella bassa.
"Le è
presa proprio brutta stasera." mormorò Debby.
"Che
cos’ è?"
"Monica
è una musicomane. Quando è incazzata con il mondo mette questo Cd...se non
sbaglio è la colonna sonora di un film. Dice che ascoltandolo si sfoga, anche
perchè questo non è proprio il suo genere preferito. Lei è più una amante del
rock classico." e guardò Wes che non capiva molto bene. "Io ho tanta
paura, Wesley."
"Non ti
devi preoccupare, noi siamo qui per proteggerti."
"No, non
hai capito. Io non ho paura per me, ho paura per lei." sospirò. "Io
ho paura che tutta questa rabbia che prova, questo odio nei confronti della sua
situazioni, finisca per avvelenarla rovinando di fatto la sua vita." Wes
annuì, era la stessa cosa che temeva lui.
"Lo so...Io vorrei tanto che
riuscisse ad incanalare tutta l'energia che ci mette per odiarmi, per poter
adempiere al meglio al suo compito."
"Sai,
avrei tanto voluto che tu la conoscessi prima. Lei non era così: aveva sempre
un sorriso per tutto, riusciva a parlare per ore di musica, film ed affini.
Eppure ha sempre trovato il tempo per ascoltare i miei vaneggiamenti e i miei
problemi. Ora temo che quella Monica sia stata sostituita da una ragazza
terribilmente cinica e triste e sinceramente non sono felice di questo."
Wesley pensò
che fosse difficile restare quello che si era prima dell'attivazione: la vita
cambiava radicalmente, si ritrovava ad avere in mano un potere enorme, però era
anche un potere senza bussola. Lei poteva esercitarlo per il bene, come per il
male. Nei secoli c'erano state parecchie Cacciatrici rinnegate, accecate da
quello che possedevano. Anche lui aveva timore che Monica si facesse catturare
dalla notte, quindi passava parecchie ore a leggere i diari dei vecchi
osservatori per poter comprendere al meglio una tecnica che lo aiutasse a
relazionarsi con lei. Certo, era difficile stabilire un punto di contatto con
una ragazza che poche settimane prima aveva dichiarato senza mezzi termini di
odiarlo, poi l'aveva quasi violentato e ora che continuava ad odiarlo. Sì,
decisamente complicato.
"Farò di
tutto per proteggerla." disse a Deborah, guardando istintivamente la porta
che li separava.
La musica era
cessata. Debby pensò che era il momento giusto per salire, mentre Wesley
riponeva una spada nel baule delle armi nel sottoscala. Come la ragazza mise il
piede sulla seconda pedata, scivolò, colpa dell'acqua sotto le suole, e si
ritrovò con il sedere a terra ed un dolore lancinante al piede.
"Cazzo!"
"Ehy,
tutto ok?" domandò Wesley che era accorso da lei.
"No, mi
devo essere slogata la caviglia. Maledette scale di metallo!" Urlò in
direzione. Cercò di rialzarsi, mentre Wes le porgeva galante il braccio,
peccato che come tentò di salire di
nuovo, un dolore terribile la bloccò. Sparò a raffica qualche parolaccia che
fece sorridere il ragazzo. Wesley non la lasciò provare una seconda volta e la
prese in braccio: non pesava tantissimo, ce la poteva fare a portarla su.
"Non
devi farlo, so di essere una specie di balena...così ti fai solo male."
"Non
dire scemenze." Debby per tenersi meglio ferma, gli portò le braccia al
collo. Proprio quando Wes doveva aprire la porta, questa si spalancò lasciando
lo spazio a Monica che li guardava sorpresa, inizialmente, per poi far
dardeggiare gli occhi di fastidiosa rabbia.
"Non è
come pensi tu!" disse Debby appena vide l'amica.
"Io non
penso a nulla." rispose lapidaria Monica scendendo come un fulmine. Prese
un ombrello e uscì dal magazzino come un uragano.
"Cavoli,
cavoli, Cavoli....devo andarle dietro." disse la rossa.
"Non
puoi, hai il piede malato. Ci vado io."
Wes la lasciò sul divano, poi prese il suo giubbotto e si lanciò
all'inseguimento della sua Cacciatrice. L'esterno era buio e freddo. Aveva
momentaneamente smesso di piovere, ma Wes non si faceva troppe illusioni,
sarebbe ricominciato presto. Prese a correre verso la zona popolata di Trieste
e soprattutto luminosa. Solo il Cielo sapeva i pericoli che potevano esserci li
fuori per lui. Iniziò a chiamarla a gran voce lì nei dintorni, ma senza troppo
successo. Certo, con la sua forza e resistenza chissà fino a dove si sarebbe
potuta spingere. Esausto e moralmente sconfitto, mandò un messaggio a Deborah
dicendole che si sarebbe fermato a bere una birra al pub vicino a casa loro e
che avrebbe pregato che a Monica non fosse successo nulla. Si preoccupava, non
importava che lei fosse una Cacciatrice armata, lui era preoccupato per il suo
stato d'animo. Varcando la soglia del locale si chiese perchè poi lei era
scappata così veloce vedendo lui che abbracciava Deborah.
Da
"Il Piccolo"
Ritrovati nuovi cadaveri sul Carso di giovanissimi ragazzi, tutti che
presentano strani buchi circolari nella zona del collo. Alcuni di essi si sono
ritrovati anche in altri punti, quali i polsi. Si indaga nel mondo delle sette
sataniche
CAPITOLO SEI
Monica si era
fatta una bella e lunga camminata sul molo. Aveva anche polverizzato due
incauti vampiri che l'avevano creduta un facile pasto. Erano esplosi senza
neppure capire chi o cosa fosse lei. Aveva cercato in tutti i modi di togliersi
dal petto quella sensazione di claustrofobia dovuta alle immagini di morte
imminente, al test degli Osservatori e, perchè no, al fatto che Deborah e
Wesley fossero uno avvinghiato all'altra. Le aveva dato enormemente fastidio,
il perchè poi, solo Dio lo sapeva.
Voleva
veramente smetterla di essere così incazzosa, non le faceva bene, si stava
rovinando la vita e trovava che non fosse giusto, non a soli venticinque anni.
Prese un sassolino e lo lanciò lontano verso l'acqua scura. Tornando indietro
provò ad immaginare che cosa il Consiglio avesse in mente per lei: Wesley le
aveva detto di essere sempre all'erta, magari adesso la stavano pure spiando.
In effetti era da un po' di tempo che aveva l'impressione di essere seguita, ma
ogni volta che si girava non trovava nessuno. Era più possibile che fosse solo
la sua mente impressionabile a farle questo scherzo. Solo che non ne era molto
sicura. Sospirò per la centesima volta in quell'ultima ora e prese a tornare
verso casa.
Come entrò in
soggiorno vide Debby sul divano terribilmente tesa.
"Si può
sapre dove diavolo sei stata?" le urlò senza mezzi termini.
"Sono
uscita a prendere una boccata d'aria...Mi serviva." rispose Monica sulla
difensiva.
"Oh
certo, noi eravamo preoccupati per te, mentre a te serviva. Sei una
disgraziata! Mi hai fatto perdere dieci anni di vita. Lo sai i pericoli che ci
sono là fuori?" Monica la guardò con un'occhiata perplessa.
"Debby,
sono
"Non mi
frega un cazzo di cosa sei diventata, per me sei sempre la mia migliore amica e
di sicuro non voglio perderla perchè l'è venuto un colpo di genio." Monica
sorrise ed andò ad abbracciarla.
"Grazie
stellina. Prometto che non lo faccio più, parola di lupetto."
"Tu non
hai fatto scout..."
"E
allora parola di Monica."
"Già
meglio."
"Allora,
raccontami la tua serata che di sicuro sarà stata migliore della mia."
esordì Monica sedendosi pesantemente sul divano.
"Bhe, mi
ha portato a mangiare una pizza, nulla di che. Almeno, io ho preso una pizza,
lui si è fatto una bistecca al sangue...ma proprio al sangue. Però è stato
gentile, mi ha chiesto se non mi dava fastidio."
"Simpatica
premura."
"Ehy,
adesso che ci penso, tu adesso vai al Tender e recuperi Wesley." disse
perentoria Deborah.
"E
perchè dovrei farlo?"
"Perchè
è uscito per cercarti! Era terribilmente preoccupato per te. Quindi vai da lui
e portalo a casa sano e salvo."
"Non
voglio uscire di nuovo. Poteva fare a meno di seguirmi, per dirmi cosa, poi?
Che fra voi non c'è niente? Sai quanto mi interessa." Sbottò Monica
rabbuiata di nuovo.
"Guarda
che tra me e lui non c'è veramente niente. Mi aveva solo aiutato a salire le
scale, visto che mi sono slogata una caviglia. Ha fatto solo il galante...Ma
Monica, sei per caso gelosa?" La diretta interessata strabuzzò gli occhi e
guardò l'amica come se avesse appena detto che lei era incinta di dieci gemelli
demoniaci.
"Gelosa?
Gelosa?? Gelosa??? Ma sei matta? Per me lui può andare con chiunque voglia,
anche con te. In fondo andate d'accordo no?"
"Sì,
come amici. Comunque, ora corri e vai a prenderlo. Non voglio vederti a casa
senza di lui. Muoviti!!" Monica scosse la testa: non aveva la forza di
discutere anche con lei. Tornò verso il molo seguendo una piccola stradina che
dava su una curva. Lì era posizionato un pub chiamato 'Tender', un locale decisamente
alla mano, però facevano ottimi panini e la birra non era malaccio. Essendo un
locale situato in mezzo a magazzini e capannoni abbandonati, poteva sparare
musica ad alto volume senza doversi preoccupare di eventuali cittadini. Monica
sbuffò entrando e quello che vide e sentì, la fece bloccare del tutto.
Wesley non se
l'era proprio sentito di tornare a casa senza aver trovato la sua Cacciatrice:
la sola idea gli dava un senso di inadeguatezza profondo. Da giorni cercava di
rassicurare il Consiglio sul buon esito delle cacce e del loro lavoro assieme e
l'episodio di quella sera gettava ombra sulle sue parole. Per la prima volta
provò verso Monica un leggero senso di odio: se lei fosse stata una Cacciatrice
normale, tutto quello non sarebbe accaduto. Se ne pentì quasi immediatamente,
in fondo non era neppure colpa della ragazza se la sua vita era stata cambiata
così repentinamente. Voleva distrarsi ed annegare i suoi dispiaceri
nell'alcool. Ecco, pensò, magari eviterei di annegarli proprio, basterebbe dargli
una leggera inumidita. Ridacchiò dentro allo stupido pensiero che gli era
venuto in mente e ordinò al bancone una birra rossa.
Quel pub non gli dispiaceva: ovvio, niente a che a vedere con il suo pub
preferito di Londra, ma non essendocene altri, se lo faceva bastare
tranquillamente. C'era parecchia gente quella sera, anche perchè era stato
allestito nell'angolo una postazione da karaoke e uomini e donne si alternavano
a rovinare canzoni più o meno conosciute. Wes si lasciò trasportare dalla
musica nell'intento di non pensare troppo ai suoi problemi personali, con
scarsi risultati finali: il volto di Monica teso e preoccupato, le lacrime che
ogni tanto intravedeva di sfuggita prima che lei se le asciugasse velocemente,
gli facevano male al cuore. Non l'aveva fatto certo volendo, eppure quella
ragazza gli era entrata dentro: non arrivava al punto di dire che fosse
innamorato di lei, ma di sicuro le piaceva. Bevve un sorso di birra come ad
esorcizzare quel pensiero, maledicendolo. 'Ti pareva se non mi piaceva l'unica
persona di tutta la città che mi odia ferocemente...' pensò. Però, poi, se la
ricordò estremamente fragile dentro il suo giubbotto, ricordò il suo profumo, i
suoi capelli, tutto di lei e sospirò. Era proprio fregato.
"Ehy, mi
senti?" Wesley si riscosse dai suoi pensieri e si ritrovò davanti una
bella ragazza, non molto alta, longilinea e con il volto sorridente. I capelli
neri corti erano sparati in giro con del gel e gli occhi castani lo fissavano
con apparente voracità. Si chiese se la tizia non fosse una vampira alla
ricerca di un pasto, ma scartò quell'idea: non era così pallida.
"Scusa?"
"Ti devo
proprio essere passata inosservata..." rise lei.
"Chiedo
scusa, ma stavo pensando a problemi miei."
"E che
problemi potrebbe avere un bel ragazzo come te? Fammi indovinare, c'entra una
donna, non è così?" Lui annuì sorridendo triste. "Che ti ha fatto? Ti
ha lasciato?"
"Veramente
no." Wesley stava cercando di capire dove voleva arrivare quella ragazza,
che gliene importava lei dei suoi problemi? Evitò di chiederlo così
spudoratamente, non gli sembrava molto elegante come scelta.
"E
allora ti ha mandato in bianco!" Esclamò lei "Una stupida a mio
parere..." terminò maliziosa.
"Neppure
questo...solo tante incomprensioni." Fece Wes evitando accuratamente di
captare l'allusione.
"Piacere,
io sono Marianna." disse lei allungando una mano.
"Wesley."
rispose lui stringendogliela piano.
"Non sei
di qui." e via di questo passo. In tutta sincerità a Wes non interessava
molto sentire la vita completa di quella ragazza: il fatto che studiasse e che
si dovesse laureare a breve, gli era entrato ed uscito alla velocità della
luce, ma tutto aiutava a dimenticare per poco Monica.
Monica,
Monica, Monica...quel nome continuava a tambureggiargli tra le sinapsi. Finì la
seconda birra della serata con una voglia potente in corpo di sfogarsi in un
qualsiasi modo possibile. Certo, la tipa di fronte a lui gli avrebbe volentieri
dato una mano in questo portandoselo nella sua stanza, ma Wes non era della
stessa idea: a differenza di molti suoi coetanei, il sesso occasionale non lo
lasciava molto soddisfatto. Invece, si alzò dal suo sgabello di legno per
andare verso la piattaforma del karaoke e si mise a leggere i titoli delle
canzoni che avevano nel carnet. Saltò a piedi pari tutte quelle italiane, tanto
non le conosceva e si buttò su quelle in inglese. Voleva una canzone che
facesse sentire a lui e agli altri, quanto ci tenesse alla sua Cacciatrice e
quanto gli facesse male vederla così. Certo, non era poi molto semplice trovare
qualcosa che potesse alludere a demoni, vampiri, Osservatori e quant'altro, ma
lui non disperava. Prima o poi qualcosa di perfetto sarebbe saltato fuori.
Quando la
trovò, un sorriso si formò sul viso. Andò dal presentatore a chiedergli se
poteva perdere quel briciolo di dignità che ancora aveva in corpo, ovviamente
non dicendogli proprio gli stessi termini, e il tipo non si fece problemi, gli
disse che l'avrebbe inserito di lì a due persone. Wesley decise che una terza
birra era d'obbligo: aveva bisogno di un leggere coraggio alcolico.
"Ti dai
al canto?" chiese Marianna civettuola.
"Ci
provo. Forse è il modo buono per esorcizzare tutto." rispose lui
cominciando a sentirsi preoccupato di quello che sarebbe successo di lì a
breve.
"Canterai
per me?" gli chiese facendogli gli occhioni dolci. Wes rimase leggermente
spiazzato. Il problema era: illuderla con un sorrisone o dirle l'assoluta
verità, cioè che di lei a lui non interessava niente? Ci stava ancora pensando,
che la sua lingua agì da sola.
"Sarei
tentato, ma questa è una canzone per una persona soltanto e non sei tu. Mi
spiace." Lei lo guardò offesa e se ne ritornò al suo tavolo sbuffando,
mentre le sue amiche le chiedevano che era successo per farla arrabbiare in
quel modo. Per un attimo Wesley ci rimase male, ma poi fece spallucce e si
avvicinò al palco. Una leggera euforia si era impadronito di lui e si sentiva
forte e preparato, nonostante il microfono in mano. Un leggero spiffero provenì
dalla porta d'entrata che si era appena aperta, ma lui non ci badò: un nuovo
spettatore per la sua performance, non poteva che dargli più carica.
"Bene,
accogliamo con un bel applauso questo giovane che canterà qualcosa. A chi vuoi
dedicarla?" si prese la briga di chiedergli il titolare. Wesley senza una
minima esitazione, rispose:
"A
Monica, nella speranza che le cose cambino."
Sentendolo
Monica impallidì. Tutto si era immaginato, tranne di trovare il suo morigerato
e quieto Osservatore, con un microfono nella mano pronto a cantare per lei.
Cercò di trovarsi un posticino per assistere alla sua esibizione, più che altro
perchè era veramente curiosa di sentirlo cantare e di sapere che scelta aveva
fatto: si aspettava un 'Bella stronza' di Masini, invece rimase pietrificata
quando le prime note di una musica decisamente conosciuta si spansero nel
locale.
Talk to me softly
There's something in your eyes
Don't hang your head in sorrow
And please don't cry
I know how you feel inside I've
I've been there before
Somethin's changin' inside you
And don't you know
La voce bassa e leggermente roca di Wes, un po' dovuta alla sua personale
rivisitazione e un po' all'alcool in circolo, stava perforando il cuore di
Monica che si sentì veramente una merda per come lo aveva trattato in quel
periodo.
Analizzò che era piuttosto affascinante mentre cantava, con la luce che gli
piombava addosso dall'alto, in piedi ritto, con i jeans che gli fasciavano
perfettamente le gambe, la camicia blu oltremare e la giacca scamosciata. Sì, veramente un
bel figliolo.
Don't you cry tonight
I still love you baby
Don't you cry tonight
Don't you cry tonight
There's a heaven above you baby
And don't you cry tonight
And please remember that I never lied
And please remember
How I felt inside now honey
You gotta make it your own way
But you'll be alright now sugar
You'll feel better tomorrow
Come the morning light now baby
(Don't cry- Guns'n'Roses)
Fu una scarica al cervello, per Monica. Non aveva mai
capito o anche vagamente intuito di avergli potuto fare del male. Non era
un'empatica, questo no, ma si capiva abbastanza bene che lui ci soffriva per
lei, era evidente che lui, in quel momento, le stesse donando il suo cuore
gratuitamente in attesa della sua sentenza. Ovvio, Wesley non sapeva che lei
era nascosta nell'ombra ad osservarlo, anche perchè, lei scommetteva, non lo
avrebbe mai fatto altrimenti. Immaginò che doveva cercare di cambiare le
cose... solo che non sapeva come!
Wesley terminò la sua esibizione: su quel palco si era sentito un dio, non
gli interessava che avesse steccato
qualche urletto, lui mica era Axel Rose che cantava in falsetto alla Farinelli,
certe punte non erano nelle sue corde. Si era subito sentito meglio quando la
musica era iniziata, fregandosene del giudizio degli altri, ma cantando ad
occhi chiusi, senza neppure seguire le parole sullo schermo, tanto lui quella
canzone la sapeva a memoria, con tutte le volte che l'aveva cantata a Londra.
Gli altri avventori non esistevano, c'era solo lui e Monica che lo guardava,
almeno nella sua mente era così. Ammetteva che aveva immaginato, nel finale,
che lei lo perdonasse e magari lo baciasse, ma aveva scacciato immediatamente
quel pensiero, ben sapendo che questo non sarebbe mai potuto accadere.
Tornò al bancone soddisfatto, mentre gli altri lo applaudivano sorpresi e
ordinò una nuova birra: in fondo di lì a poco sarebbe andato a dormire.
"Mi fa un the freddo ed un piatto di patatine
con la salsa rosa?" Wesley si girò sorpreso, trovandosi Monica seduta
affianco a lui. "Ciao." gli disse tranquilla, facendo finta che la
canzone da lui cantata non l'avesse scombussolata per bene.
"Da quanto sei qui?"
"Sono appena entrata e ti ho visto qui. Debby mi
ha detto che eri preoccupato per me e che ti dovevo venire a riprendere."
Rispose lei facendo spallucce. "Perchè, mi sono persa qualche cosa?"
Che carogna che sono, pensò lei pentendosi immediatamente di avergli fatto la
domanda. Certo che vederlo arrossire in quel modo era spassoso.
"Assolutamente nulla." tagliò corto lui. "Mangi a
quest'ora?" chiese poi quando un enorme piatto di patatine fritte annegate
nella salsa le venne presentato davanti al naso.
"Sono sempre stata una ragazza dai forti appetiti. In più da quando sono
Cacciatrice ne ho ancora di più, in determinati momenti, si intende. Questo è
uno di quelli. Se vuoi puoi favorire." Un modo anche questo per
riavvicinarsi.
Wesley non fiatò, non voleva rovinare quel momento, aveva paura che fosse di
una fragilità estrema quella pausa, quindi mangiò qualche patatina, perdendosi
tra lei che ogni tanto lo guardava tranquilla e le esibizioni al locale.
Una bionda ragazza dai capelli tinti, correva a
perdifiato per la piazza deserta: sperò che inoltrandosi nelle viuzze della
città vecchia seminasse i suoi inseguitori. Non riusciva a capire che cosa era
successo: quel ragazzo le era sembrato simpatico, leggermente stronzo, ma a lei
piacevano così. Non li voleva accondiscendenti, anzi, li voleva combattivi ed
un po' acidi. Poi, però, nel buio, lui si era rivelato, in cosa, poi, lei non
lo aveva capito. I suoi occhi azzurri erano diventati gialli e la sua faccia,
prima liscia ed affascinante, si era ricoperta di bozzi orrendi. Senza contare
quei due canini che erano cresciuti a dismisura. Se non avesse saputo che era
solo un libro, avrebbe pensato che Dracula avesse cambiato dimora.
Si fermò ansante: dietro di lei non c'era nessuno, forse quello strano tizio e
i suoi amici si erano stufati di inseguirla. Sospirò sollevata, ma nel girarsi
andò a sbattere contro qualcosa ed urlò.
"Ciao!" davanti a lei stava quel coso...Da vicino faceva ancora più
schifo e soprattutto più paura. Dietro di lui venivano almeno cinque suoi
simili. "E' vero che mi piacciono le prede che scappano, ma tu hai
esagerato." Lei tentò di muoversi, ma venne fermata da due braccia
possenti. Vide che il branco si era inginocchiato ed ebbe ancora più paura.
"Cosa state facendo?" La voce che sentì provenire da dietro di lei
era bassa, irata e profonda. Capì in quel esatto istante che sarebbe morta, non
sapeva perchè, ma ne era certa. Si voltò lenta e vide un uomo possente, coperto
da una tunica che sembrava quella di un vecchio monaco. Dall'oscurità che si
celava sotto il cappuccio, si scorgevano solo gli occhi dorati. Era uno di
loro...che cosa erano poi?
"Quello che ci ha detto lei, Maestro...cercavamo nuovi childe."
rispose uno degli inginocchiati con voce deferente. Il Maestro fece una smorfia
non vista.
"Come ti chiami, Ragazza?"
"C-Cristiana?" Rispose tremante e
balbettante lei.
"Cristiana...Non sei neppure degna di diventare
una di noi." e così dicendo le spezzò il collo in un gesto secco. "E
voi, cercatene di migliori. Se vogliamo uscire vincitori dalla guerra contro
mio fratello, dobbiamo avere tra le nostre linee l'elite delle creature della
notte e non essere come questa qui." disse indicando il corpo che giaceva
ai suoi piedi
I vampiri se ne andarono intimoriti, lasciando il cadavere in bella vista, con
gli occhi sbarrati dallo stupore e il collo piegato innaturalmente, mentre il
loro Maestro sorrideva sprezzante alla luna sopra di lui.
Da "Il Messaggero Veneto"
Ritrovato ieri all'alba il cadavere di una giovane
donna di 26 anni con il collo spezzato. A dare l'allarme uno spazzino che
passava di lì per il suo turno di pulizia stradale. La città tutta si stringe
attorno alla famiglia affranta.
CAPITOLO SETTE
Deborah adorava la domenica, lo aveva sempre fatto fin da quando era andata a
vivere da sola: sveglia tardi, lunga passeggiata in Val Rosandra con sua madre
e Cucciola e pranzo pantagruelico in osmizza* sul Carso. Solo dopo, forse, lei
pensava a fare qualcosa di costruttivo, tipo andare a fare shopping alle Torri,
il centro commerciale più grande della città.
E quella domenica non sfuggiva a questa regola, solo con una ottima postilla
finale: Demian l'aveva invitata a cena, consigliandole di indossare il costume
da bagno. All'inizio si era un po' sorpresa visto la temperatura rigida di quei
giorni, ma poi si era fidata e se lo era messa.
Mentre lei volteggiava per la città, Monica e Wesley avevano passato la
giornata assieme, allenandosi e studiando per poter passare quel benedetto test
del Consiglio. Deborah non era una stupida e aveva subito capito che tra i due
era successo qualcosa che li stava lentamente unendo. Certo, Monica non perdeva
mai l'occasione di punzecchiarlo e di riversargli addosso cattiverie, ma
attorno a lei non c'era più quella nube di rabbia che le veleggiava sopra fino
ad un paio di giorni prima. Sperò ardentemente che continuasse ad andare così,
un lento, ma inesorabile avvicinamento. Perfino Wesley sembrava più tranquillo
e lei sorrise guardandoli, mentre discutevano sulla maniera migliore per
uccidere un demone. Pensò che se qualcuno fosse passato per sbaglio fuori dalla
porta di casa loro, li avrebbe presi per pazzi.
Deborah si allacciò gli stivali neri con il tacco, quelli che preferiva di più,
e si rimirò allo specchio per l'ultima volta: si era messa un bel vestito
corto, nero, che le lasciava le spalle scoperte. Sopra, ovviamente, si era
messa una maglia di lana nera, molto elegante, con il collo a barca che le
permetteva di lasciare il collo nudo e sopra una giacca elegante, sempre nera.
Aveva puntato su un trucco classico, fatto con colori tendenti al rosa e un bel
rossetto. I capelli le cadevano soffici sulle spalle e sorrise a se stessa
soddisfatta.
"Allora, cercate di non uccidervi mentre sono via!" Disse a Monica e
Wes. I due la guardarono ammirati e Monica fece partire un fischio.
"Mi sa che devo dedurre che non tornerai a dormire a casa. Vuoi stenderlo
il ragazzo?" chiese all'amica.
"Secondo te, Wes, gli piacerò?"
"Dovrebbe essere cieco o stupido per non apprezzarti." Lei sorrise
grata di quel complimento e trotterellò fuori facendogli un cenno con la mano.
"Sono contenta che almeno lei abbia una vita normale." Mormorò più a
se stessa, Monica. Wesley le scoccò un sorriso triste, sapeva che cosa
intendeva. "Ok, dove eravamo rimasti?" Si riscosse lei brandendo una
spada dall'aria minacciosa e il suo Osservatore riprese ad allenarla.
Deborah, invece, era arrivata al punto dell'appuntamento. Non aveva voluto che
lui la passasse a prendere a casa, anche perchè abitava in un posto un po'
infognato, difficile da trovare così al primo colpo. Quindi avevano deciso che
l'entrata del Tender fosse abbastanza visibile per trovarsi.
Lui arrivò puntualissimo e questa volta aveva con se un intero mazzo di rose
rosse che la fece arrossire. Indossava dei pantaloni eleganti neri, una camicia
bianca e la giacca coordinata. Niente cravatta, così da accentuare meglio la
sua tipica eleganze sportiva.
"Buonasera." le disse con voce bassa.
Mentre lui guidava sicuro per le vie della città, Deborah si chiese in che cosa
realmente si stava cacciando: Demian le piaceva, lo aveva capito dopo il
secondo aperitivo che lui non era interessato ad una semplice amicizia, ma a
qualcosa di più, solo che lei non sapeva se fidarsi o meno. La maggior parte
del tempo lui era dolce e carino, faceva di tutto per farla stare a suo agio,
ma c'erano dei momenti in cui lei temeva che qualcosa sarebbe accaduto. Ogni
tanto lo trovava che la fissava come se fosse un gatto e lei un succulento
canarino e in quel momento lei aveva paura. Ogni tanto il suo volto si
trasformava, diventava da dolce a freddo e distante, in maniera così repentina
che a lei non sembrava neppure fosse più lui. Poi gli occhi verdi tornavano ad
essere i pezzi di giada che l'avevano incatenata fin dalla prima uscita e il
sorriso da sprezzante e maligno- sì, la parola giusta era proprio maligno,
pensò- ritornava ad essere seducente e tranquillo. Paradossalmente, lei si
sentiva anche più attratta da lui, quando faceva uscire quella parte oscura:
sì, aveva paura, ma al di sotto del timore, sentiva sempre una specie di scossa
di eccitazione che le risaliva la schiena. Era qualcosa che lei stessa non
riusciva a capacitare. Per l'ennesima volta si chiese se l'aurea della
Cacciatrice che inglobava Monica, non avesse fatto un giro anche dentro di lei,
poi si diede della stupida: lei da sempre apprezzava la parte oscura della vita.
"Tutto bene?" le chiese Demian quando ormai erano seduti nel locale.
Aveva prenotato un tavolo da Marino, lo stesso posto del loro primo aperitivo,
ma questa volta lui aveva chiesto di avere una candela sul tavolo e se era
possibile stare un po' in disparte rispetto agli altri avventori, quindi ora,
dal loro piccolo angolo, si respirava una quieta intimità.
"Sì, scusa, stavo solo pensando." Debby di diede della sciocca: era
fuori con un ragazzo carino che palesava qualcosa per lei e lei si metteva a pensare
a Cacciatrici ed oscurità. Sfoggiò un sorriso splendente e prese a
chiacchierare con lui, che la ascoltava interessato. Mangiarono
tranquillamente, approfittando di ogni possibilità per stare vicini. Lui le
sfiorava ripetutamente la gamba, ogni tanto posava la sua mano fredda -troppo
fredda, analizzò Deborah- sulla sua, le toglieva ciocche di capelli che le
cadevano davanti al viso. Ad ogni tocco, ogni sfiorarsi, Deborah rabbrividiva
per la bellezza del gesto.
La candela si stava inesorabilmente consumando, così come il buon vino scelto
dal ragazzo. La lingua di Deborah correva sciolta e le risate si spandevano
nell'aria. Lei si sentiva decisamente bene e rilegò nell'angolo quel senso di
timore che l'aveva accompagnata per tutte le sue uscite con lui.
"Sei pronta per la parte migliore della serata?" Le chiese Demian
malizioso, dopo che erano usciti dal locale.
"Certo!" esclamò lei.
Andarono in macchina mano nella mano e lui prese a guidare in direzione della
strada Costiera.
"Dove mi vuoi portare?" Domandò lei leggermente preoccupata.
"Fidati, è un posto molto interessante." E le scoccò un'occhiata
rovente. Debby si sentì improvvisamente nuda ed esposta a lui. Tentò di
coprirsi meglio con la giacca, ma il senso di disagio non la abbandonò. Sì
accorse che erano arrivati in periferia a Monfalcone, città portuale
dell'Isontino, davanti ad una casa abbandonata ricoperta dalle sterpaglie.
"Ecco, vieni, stai attenta a non cadere." Le disse lui prendendola
per mano e portandola dentro a questa costruzione. Dentro ormai l'erba aveva
colonizzato tutta la corte e Demian si avviò verso una botola chiusa. La aprì
senza apparente difficoltà."Aspettami qui." le ordinò e Deborah
analizzò se non fosse il caso di girare i tacchi ed andarsene...sì, ma dove? Non
poteva neppure pensare di rubargli l'auto, dato che lei non aveva la patente.
Tornare sulla strada e fare l'autostop? No, magari ne trovava uno peggio di
lui, quindi rimase inchiodata al suolo, anche per la paura ormai crescente.
Attorno a lei sentiva l'odore dell'acqua ferma, in fondo in quella zona c'erano
un sacco di acquitrini. Poi dalla botola spuntò il volto di Demian sorridente.
"Vieni." Debby, lentamente, si avvicinò: vide che da dentro la botola
proveniva una luce tenue e un gran calore la investì. Cercando di non cadere
entrò. Quello che si trovò davanti la fece ammutolire: era una grotta di roccia
viva con una passerella e degli scalini di mattoni rossi che portavano a quella
che sembrava una piscina. Tutto il bordo della caverna era tappezzato di candele
che davano l'aria soffusa e romantica. E poi c'era lui. Si era tolto i vestiti,
visto il gran caldo che proveniva dall'acqua ed indossava solo un paio di boxer
neri attillati. Il suo corpo pallido era dipinto dal colore arancione della
fiamma e i suoi occhi brillavano dorati mentre la guardava. Di nuovo lei si
sentì come nuda davanti a quello sguardo famelico.
"Sei molto pallido..." Fu l'unica cosa che riuscì a dire guardandolo.
Si stava sforzando di non spostare lo sguardo sulle sue gambe e quello che c'era
nel mezzo, ma sembra impossibile.
"Non amo molto il sole e l'estate, lo ammetto. Ti piace?" La domanda
le parve stupida: come poteva non piacerle una cosa del genere? E poi lui
sembrava già conoscere la risposta, visto che Deborah non lesse un minimo di
apprensione sui suoi lineamenti.
"Certo. Ma dove siamo?"
"Sono le vecchie terme romane. Non si potrebbe stare qui, è vietato, ma io
sono un tipo ribelle." E le sorrise maliziosa. Scese gli scalini e buttò
in acqua. Debby decise che non poteva restare lì come una stocafissa, quindi
prese a spogliarsi anche lei. Dava le spalle a Demian, ma lei seppe con
certezza che lui la stava fissando, si sentiva bruciare da quello sguardo.
Facendo finta di nulla, si ritrovò con il suo costume intero e morigerato, messo
a posta e si buttò in acqua restando nelle vicinanze del bordo.
L'acqua era calda, perfetta, se si considerava l'aria fredda che c'era al di
sopra. Rimase ad assaporarsi quella sensazione per un po', prima di riaprire
gli occhi e vedere Demian. Lui era appoggiato su uno dei bordi delle terme, con
dietro delle candele che gli illuminavano il capo. Sembrava un angelo con
l'aureola dietro, un angelo decisamente peccaminoso, analizzò la ragazza
guardandolo mentre lui le sorrideva sensualmente. La scioglieva quell'immagine:
il petto liscio e chiaro era illuminato per metà dalla luce, che creava un
elegante gioco vedo-non vedo, i capelli ricadevano in leggeri ricci da cui
partivano file di goccioline che si perdevano negli anfratti di lui. Gli occhi
bruciavano, Deborah non avrebbe potuto credere altro annegando in essi. Capì
che quella sarebbe stata la sua cartolina della serata, qualcosa che avrebbe
ricordato per tutti gli anni della sua vita.
Lui le si avvicinò piano nuotando, tenendo fuori dall'acqua soltanto gli occhi,
fino ad arrivare davanti a lei.
"Piaciuta la sorpresa?" Chiese lui a voce bassa.
"Decisamente." La temperatura stava rapidamente salendo e non per
l'acqua calda: i due erano a pochissimi centimetri uno dall'altra, lei poteva
sentire il leggerissimo fiato di lui che le accarezzava le labbra.
"Hai ancora paura di me?" le chiese e Debby rimase sorpresa.
"Non leggo la mente altrui, semplicemente lo si capisce da come mi guardi
a volte. Vorrei che capissi che da me non hai nulla da temere." Demian
dovette reprimere un sorriso di pura malvagità. Il suo piano stava andando
esattamente come voleva lui, sperava solo che
Le si avvicinò ulteriormente e, incurante del frastuono che faceva il cuore di
lei, la baciò sulle labbra, lasciate leggermente aperte.
Debby pensò che fossero fredde, ma cancellò quel pensiero quando sentì le sue
mani muoversi verso i fianchi di lui. Volva sentirlo più vicino, voleva
baciarlo con tutto il corpo.
Le lingue iniziano una loro personale battaglia, mentre le mani di entrambi
vagano per i corpi. Il costume di Deborah prese a navigare per la piscina
naturale, permettendo a lei di sentire al meglio ogni cosa: le dita di Demian
che le stuzzicavano i capezzoli, la sua lingua che le tormentava il collo, la
sua erezione che premeva furiosa sulle sue gambe.
Quando lui entrò in lei con un movimento fluido e unico, Deborah pensò che mai
qualcuno le aveva fatto toccare l'estasi così da vicino. Ci stava arrivando, lo
sapeva, lo sentiva, ma era qualcosa di potente, mai provato in precedenza e
unico nel suo genere. Il suo odore, il suo sapore così particolare, così
metallico, eppure irresistibile, le ordinava di tornare a cercare le sue labbra
per un bacio supplementare. Da quanto lo desiderava? Dalla prima volta che
l'aveva visto sull'autobus? Oppure era stata l'atmosfera creata quella sera a
farle capire che doveva lasciarsi andare? Il suo cuore non lo sapeva, le diceva
soltanto che per un ragazzo così si sarebbe tranquillamente fermato.
L'orgasmo si scatenò potente come se lo aspettava e la sua mente prese a
folleggiare senza senso, specie quando lui, per prolungarle il piacere, si mise
a mordicchiare uno dei capezzoli duri dall'eccitazioni. Aveva provato qualcosa
di selvaggio ed incredibile, ma la cosa veramente unica che sentiva era che lui
era ancora duro dentro di lei. Si domandò distrattamente come era possibile.
Demian si staccò dal suo seno e la guardò intensamente negli occhi, leggermente
annebbiati per l'orgasmo.
"Guardami bene..." le sussurrò mentre muoveva lentamente le dita
davanti ai suoi occhi. Debby si sentì come insonnolita, completamente in balia
di quel ragazzo. Non riusciva a pensare a nulla, solo alla voce calda e
sensuale di lui che la chiamava. "Brava piccola, segui bene..." In
lei non c'era più nulla, lo guardava con occhi vacui senza capire, perfino quando
lui indossò il volto della caccia lei non ebbe un sussulto. "Con questo
piccolo morso tu sarai mia...sempre."
Le prese in mano il seno sinistro, quello che proteggeva il cuore e lo
morse quasi con dolcezza. Un leggero brivido partì lungo la spina dorsale della
ragazza e Demian si chiese se era un brivido di paura e ribrezzo, oppure uno di
piacere. Capì che si trattava della seconda ipotesi, quando sentì i muscoli
vaginali di lei contrarsi sul suo membro dolorosamente duro in lei. Sempre
bevendo, si mosse dandole ancora qualche spinta violenta, in modo da venire
dentro di lei.
Demian la prese in braccio è la portò fuori dall'acqua. La ragazza si sarebbe
ripresa presto, ora lui doveva declamare
l'incantesimo di memoria. Dalla giacca tirò fuori un foglietto su cui erano
scritte a penna delle parole che lesse in velocità. Attorno a Deborah si
sviluppò una veloce luce bluastra. La rivestì e poi spense le candele, tanto ci
vedeva benissimo anche al buio: la portò in macchina e se ne ritornò a Trieste
soddisfatto.
Lei si risvegliò che erano già in Costiera.
"Ben svegliata." Le disse lui ridendo.
"Dio che impiastro. Scusa, non volevo addormentarti, è solo che...bhe ero
un po' stanca." Sussurrò diventando bordeaux.
"Bhe, ci siamo stancati parecchio la dentro, ma sarei felice di rifarlo
anche subito." Perfetto, lei non ricordava nulla e Demian sorrise
soddisfatto. La cacciatrice sarebbe stata in suo potere.
Monica era ancora sul divano a guardare dei DVD, quando Deborah fece la sua
apparizione in salotto.
"Ciao!" Le disse facendola spaventare: non si era accorta che la sua
amica non era a dormire.
"Che ci fai ancora in piedi? Non dovresti essere andata a dormire da un
po'?" Monica fece spallucce, mentre metteva in pausa il suo film.
"Lo sai che soffro di insonnia ogni tanto. Oggi è una di quelle
notti...sono troppo stressata, questa è la verità. Mi succede sempre quando
sono sotto stress e permettermi di dirmi che mi sento piuttosto nervosa in
questo periodo." Sospirò, mentre la sua amica si sedeva vicino a lei.
"Sei preoccupata per questi Osservatori che devono arrivare?"
"Tra le varie cose. L'idea di essere testata dopo che sono stata attivata
da quanto...due mesi forse? Insomma, è troppo presto."
"Wesley non permetterà che ti facciano del male, tu lo sai questo."
Monica la squadrò con un'occhiata profonda, sembrava volesse prendere tempo per
rispondere.
"Non ne sono così sicura. In fondo lui è uno di loro." Deborah scosse
il capo afflitta.
"Non è vero. Per lui ormai sei importante, io lo so, lo sento!
Fidati." Monica sorrise.
”E la tua serata? racconta." Ma la sua amica scosse il capo.
"Te lo racconto domani, stanotte voglio potermela assaporare in
privato."
"Ho capito, devo mettermi i tappi per non sentirti. "Deborah diventò
rossa in un baleno a quella insinuazione, poi decise che, almeno per lei, era
il momento di andare a letto. Stava per alzarsi che sentì la mano di Monica
serrarsi sul suo polso. Si girò e la vide con il volto teso e vagamente
arrabbiato.
"Ferma lì un attimo." Le alzò il maglioncino e le scostò il lembo del
vestito, lasciando Deborah quanto meno imbarazzata...mica Monica ci stava
provando vero? Invece no, portò alla luce il segno del suo morso.
"Che cazzo è successo?" La sua voce era stata più acuta di un quarto
di riga almeno. Debby si rilassò.
"Nulla, stavo arrivando qui e un vampiro mi ha bloccato su uno dei muri.
Ha tentato di bermi, ma sono stata brava a tirare fuori il paletto. I vostri
allenamenti mi stanno facendo bene." Monica lasciò il polso dell'amica,
vagamente sollevata, ma solo un po'. Quel morso aveva qualcosa di strano, lo
sentiva. Ne avrebbe parlato il giorno dopo con Wesley, doveva.
"Come hai fatto a vedere che c'era un morso qui?" Chiese Debby
incuriosita.
"L'ho sentito. Wes dice che fa parte del pacchetto Cacciatrice, insieme a
sogni profetici, forza sovraumana e vita breve. Yuppie!" finì Monica con
scarso entusiasmo.
La cacciatrice riprese la sua maratona CSI e Deborah si infilò a letto. Vicino
a lei dormiva Cucciola.
Era felice, Demian le piaceva e già avevano preso accordo per vedersi il giorno
dopo... non vedeva l'ora! Si addormentò felice, incurante che il segno del suo
morso prendeva a sanguinare.
Da "Il Piccolo"
Inquietante scoperta degli inquirenti: alcune tombe sono state profanate la
scorsa notte al cimitero cittadino. La polizia sta rilevando le impronte: la
cosa in comune è il ritrovamento di una impronta di una scarpa da ginnastica di
numero 37, sempre la stessa. Si sospetta che ci sia una donna a coordinare
questi illeciti.
*L'osmizza è un tipo di locale carsico, dove si beve e si mangia piatti tipici
della zona. Di solito aprono per la bella stagione, ma ci sono locali detti
osmizze che lavorano tutto l'anno, anche se sono da considerarsi più osterie o
ristoranti rustici. Di grande effetto sono i salumi e i formaggi da
accompagnare alle uova soda, specie sotto Pasqua.
CAPITOLO
OTTO
La macchina sfilava veloce tra le curve della Strada Costiera: Wesley guidava
assorto verso l'aeroporto di Ronchi dei Legionari. Stava pensando di continuo a
l'arrivo del branco degli Osservatori...si preoccupò per un istante che la sua macchina potesse non
contenerli tutti. Pazienza, se ne sarebbero fatti una ragione, mica poteva
noleggiare un minibus per loro. Alla sua destra scintillava come un cristallo
Swarowsky l'Adriatico: il tempo era improvvisamente mutato. Le nuvole erano
state spazzate via da un freddo vento di bora e il sole splendeva freddo nel
cielo terso. Le temperature erano crollate a picco da un giorno all'altro.
Questi cambiamenti climatici così repentini miravano l'umore del ragazzo,
rendendolo più scorbutico di quanto non fosse in realtà.
Maledì per la centesima volta di essere finito in quel posto incugnato tra mare
e monti. Eppure, guardando fuori dal finestrino, non poteva non ammettere che
la sua selvaggia bellezza lo affascinava, cercava di capire come facessero a
coesistere tanti tipi di vegetazione e biomi in pochi chilometri quadrati.
Deborah e Monica gli avevano raccontato che sul Carso esistevano profonde
voragini, chiamate doline, in cui vi si potevano ritrovare alberi e cespugli
che vivevano solo nei monti oltre i mille metri. Per le due ragazze la cosa
sembrava assolutamente normale, ma a lui interessava parecchio. Stava pensando
che, appena gli osservatori londinesi sarebbero ripartiti, avrebbe chiesto alle
due di portarcelo, in modo da fare anche una camminata salutare. In più,
leggendo i giornali locali, aveva capito che in quelle zone potevano anche
venir praticati riti satanici, quindi era suo sacro dovere andare ad
investigare e nel frattempo a farsi una scampagnata.
Parcheggiò l'auto e si diresse verso la zona arrivi. Aveva chiesto a Monica se
volesse accompagnarlo, ma lei, senza neppure rispondergli a parole, lo aveva
guardato sdegnosamente e se ne era andata a lavorare. In effetti, pensò Wes, come
darle torto: le persone che stavano arrivando l'avrebbero, con tutta
probabilità, messa in serio pericolo. Non vedeva come lei potesse essere
cordiale con loro, visto che pure con lui, che le voleva bene, era scostante e
taciturna. Questo, ovviamente, solo con lui. Dalla sua stanza, dopo le varie
ronde, sentiva distintamente il cicaleccio delle chiacchiere di Monica e
Deborah. Gli faceva piacere che la sua Cacciatrice avesse questo appiglio di
normalità, però non gli andava proprio giù di non essere parte integrante del
tutto. Essere esiliato dalla sua vita gli faceva male.
Un passo alla volta, si disse, prima le patatine assieme, le cacce tranquille e
poi forse qualche parole gentile.
Venne distratto dai suoi pensieri quando le porte scorrevoli presero ad aprirsi
facendo riversare qualche famigliola felice che tornava a casa da una vacanza,
il classico broker in giacca e cravatta che già parlava al cellulare e poi
loro. Erano solo in due e Wesley si stupì: il Consiglio aveva deciso di fare le
cose molto in grande. Quentin Travers e Roger Wyndham-Pryce, suo padre, si
fermarono composti davanti a lui.
"Buongiorno Wesley." disse Travers con il suo solito modo impassibile
di parlare.
"Buongiorno. Fatto buon viaggio?"
"Discreto, figliolo." Rispose il padre sorridendo.
Wesley li guidò verso l'auto. Si chiese velocemente, se altri fossero in
arrivo, magari i ragazzi del reparto speciale, ma non lo chiese, sapeva bene
che non gli avrebbero mai risposto. Mise nel bagagliaio le due piccole valigie
e tornarono verso Trieste.
"La tua Cacciatrice perchè non è qui?"
"E' andata a lavorare." i due annuirono soddisfatti.
"Su cosa state facendo ricerche?"
"Un po' su tutto...ci sono moltissime nuove specie di demoni che girano
per la città. In più stiamo cercando di capire dove sia ubicata realmente
"Quindi Monica adesso è alla ricerca di...?" Chiese suo padre
curioso.
"Di niente. E' a lavorare...in negozio." Le facce orripilate dei due
londinesi gli fecero capire che non avevano del tutto capito l'autonomia che si
era ritagliata Monica nella sua vita di cacciatrice.
"E tu permetti che lei lavori?" Urlò quasi Travers, dimenticandosi
per un attimo le buone maniere.
"Diciamo che è un buon compromesso in modo tale che lavori anche di
notte." rispose Wesley. Capiva la reazione scioccata dei due e quindi
sospirò "Cercate di capire, signori, che non abbiamo a che fare con una
ragazzina di sedici anni, quella che abbiamo davanti è una donna ben che
matura. Prima che arrivassi qui, lei viveva da sola già da qualche mese, insieme
alla sua amica, si intende. Lavora da molto, quindi non posso dirle di
abbandonare tutto, altrimenti non saprebbe come sopravvivere."
"Questo è inaudito.
Wesley non rispose: era inutile spiegargli cose che andavano contro il loro
normale modo di vedere, non ci avrebbero capito un piffero. Vecchia scuola,
pensò.
Arrivarono a casa che non c'era ancora nessuno: Monica e Debby rincasavano per
pranzo assieme, verso l'una e mezza, quindi lui aveva un po' di tempo a
disposizione per mostrare i tabulati delle cacce effettuate e delle varie
ricerche in atto, le armi che tenevano al piano terra e i vari allenamenti che
aveva proposto a Monica. I due sembravano stranamente sorpresi da quanto lui
aveva ottenuto in quei pochi mesi di lavoro.
"Avete lavorato parecchio. Questa Cacciatrice non deve essere così male
come sembra."
"Monica è molto brava." Rispose stizzito Wesley, attirandosi gli
sguardi indagatori di Travers e suo padre. Arrossì suo malgrado...non gli
piaceva essere al centro dell'attenzione, non importa se di due vecchi come
loro.
"Wes, tu sai che ci sono delle regole all'interno del Consiglio,
vero?" domandò Travers. Wesley lo sapeva bene, quella non era una semplice
domanda, era una accusa bella e buona.
"Sì, lo so." Rispose sicuro, così da terminare lì quella parte di
discorso.
"Bene, perchè non vorremmo dover prendere contromisure spiacevoli."
Monica e Deborah, nel frattempo, stavano sgomitando per poter salire sul bus
stracolmo di gente. Ne avevano già persi due perchè non ci stavano, non
volevano di certo fare il tris. Strette tra le persone e la porta, tornarono a
casa.
"Come è andata oggi?" chiese Debby.
"Bene, non è venuto praticamente nessuno, ho dovuto fare solo qualche
lavoretto di ufficio, poi mi sono permessa di scrivere un bel po'."
"Ottimo...così poi io leggo....Senti un po', come stai sul serio...cioè,
oggi non arrivano i tipi di Londra?" Monica sospirò pesantemente, ma evitò
di rispondere fino a quando non scesero alla loro fermata.
"Sono molto preoccupata. Ho paura di non essere all'altezza di quello che
vorranno farmi. Ho paura che la prova a cui mi testeranno sarà così difficile
che non ne uscirò viva. E, conoscendo la mia fortuna, oltre ai tipi del
Consiglio, arriverà per battersi con me il più grosso bastardo di tutta
Trieste." Scosse la testa calciando una lattina sformata. "Potrei
morire sul serio...ci pensi? Molto spesso mi sono chiesta cosa avrei provato in
quel momento, o se la mia dipartita fosse stata lenta che avrei detto e
fatto...pensieri normali, credo, specie quando si ha una personalità tendente
facile alla depressione come ho io. Però ora il rischio è terribilmente più
reale. E' vero che tutti devono morire prima o poi, ma questo non significa che
uno ci deve andare incontro alla morte a braccia aperte e mi sembra che sarà
quello che farò io oggi o domani o quando cavolo questi tizi vorranno
testarmi." Deborah la guardava con gli occhi lucidi e preoccupati. "Ehy,
non piangere, stai tranquilla, in un modo o nell'altro cercherò di cavarmela,
non è quello che faccio sempre? Vivere perennemente sulla lama di un rasoio
sperando di non affettarmi. Qualcosa inventerò."
"Io non capisco come fai ad essere così calma...fossi in te starei già
tremando come una foglia." Rispose l'amica.
"Aspetta che arrivi il momento...sarà già tanto se riuscirò a tenere in
mano un paletto." E rise, quasi a voler esorcizzare le sue paure. Si
assaporò il sole direttamente sul viso sperando di riuscire a scaldarsi almeno
un po'.
Aprirono la porta sorridendo, in fondo era inutile fasciarsi la testa prima di
essersela rotta, e mentre Deborah accoglieva tra le sue braccia una festosa
Cucciola, Monica si bloccò vedendo due nuove persone vicino a Wesley.
"
L'altro uomo era ancora più basso del primo, però aveva i capelli folti ed
ancora scuri, nonostante l'età. Capì immediatamente che quello era il padre di
Wesley, aveva gli stessi occhi del figlio, solo molto più freddi e disinteressati
nei suoi confronti.
"Sì, sono io." Rispose lei tendendo la mano, senza che le venisse
ripresa.
"Sei proprio vecchia." Fece il secondo e Monica lo guardò male,
mentre Wesley si metteva le mani in faccia per la vergogna.
"E' da un po' che lei non si mette in relazione con una donna, vero?
Queste non sono cose molto carine da dire ad una ragazza. "
"Forse no, ma sono fondamentali per noi." Ribattè il primo. "Io
sono Quentin Travers, capo degli Osservatori del Consiglio, mentre lui è Roger
Wyndham-Pryce."
"Wes, è arrivato il papy!" Esclamò Monica rivolta al suo osservatore,
in italiano.
"Signorina, non siamo qui per scherzare, ma per testare le sue
capacità." Disse Travers serio e Monica lo fissò. Wesley già percepiva la
famigliare sensazione di rabbia che lei emanava, ma volle fare un po' la
carogna ed evitò di dire alcunché ai suoi due superiori: che se la sorbissero
loro, per questa volta.
"Io non sto scherzando, signor Travers, io sono serissima. Qui ne va della
mia vita, non della vostra." Rispose dura lei, poi prese a salire le
scale.
"Dove sta andando?"
"A pranzo." E sbattè la porta violentemente, tanto che i vetri delle
finestre tintinnarono pericolosamente. Deborah la seguì immediatamente sotto
gli sguardi inquisitori dei due nuovi arrivati che si girarono verso Wesley
piuttosto seccati.
"Quella ragazza è terribile." Disse suo padre "Non il minimo
senso del dovere. Lavora, vive con una ragazza che sa e non si ferma con noi a
parlare del suo futuro. Non ti ho insegnato nulla?"
"Papà, mi hai insegnato molte cose, ma non possono essere adattate a una
come lei....voi non capite."
"Certo che capiamo, non ce la fai a gestirla." Concluse Travers.
"NO! Io e lei abbiamo raggiunto un buon livello di comprensione. E' una
brava ragazza ed è una brava Cacciatrice, dovete solo darle un po' di
fiducia." Ma i due osservatori Senior non sembravano del suo stesso
parere.
"Invece, io credo che tu sia troppo accecato dall'affetto che provi per
lei per accorgerti di quanto pericolosa sia." E detto questo Travers uscì
"Ci vediamo questa sera, Wesley, io e tuo padre dobbiamo discutere."
Wes, salendo le scale per raggiungere le sue coinquiline, diede un forte pugno
alla ringhiera facendola traballare. Dentro al secondo piano, le sentì parlare.
"Neppure mi hanno chiesto come mi chiamo. La cacciatrice, suppongo."
Stava dicendo Monica cercando di imitare Travers e Wes sorrise. "Sono
stata nella stessa stanza con loro per meno di due minuti e già non li
sopporto!" Sbraitò buttando la pasta a cucinare. "E tu mangi con
noi?" Debby rimase sorpresa, non aveva sentito entrare Wesley ed era
sicura che Monica non lo avesse visto, dato che lui se ne stava in disparte
apposta.
"Se ce posto, volentieri." Rispose lui per nulla stupito. Si sedette
al suo posto e si mise a sbocconcellare del pane fresco portato da Deborah.
"Hai capito con chi abbiamo a che fare?" Monica si girò e lo guardò
fisso negli occhi, stupendosi ancora una volta di quanto azzurri fossero.
"Vorrai dire con chi io ho a che fare." Wesley scosse il capo.
"No, noi abbiamo a che fare, Monica. Siamo una squadra io e te."
"E me!" Si intromise Debby facendo sorridere entrambi i suoi amici.
"Quello che dovrai fare tu, lo dovrò fare io. Io sono il tuo aiuto, lo
capisci?" Lei annuì.
"Ma sarà con la mia vita che giocheranno, non con la tua. Tu sei uno di
loro, io dovrò pensare solo a me stessa."
"Vero, ma noi ti aiuteremo, tesoro, faremo di tutto perchè tu ne possa
uscire tutta intera." Concluse Deborah abbracciandola e Monica si lasciò
andare rispondendo all'abbraccio.
"Lo sai che tuo padre è veramente uno stronzo? Mi ha dato della
vecchia!" sbottò Monica mentre serviva in tavola. "Non è giusto, ho
solo venticinque anni!!"
"Lascia stare...non ha mai avuto molto tatto con la gente." Rispose
Wes mentre si metteva in bocca una forchettata di fusilli.
Tacitamente lasciarono tutti perdere il discorso, in modo da potersi gustare al
meglio il pranzo.
Quella sera, alla ronda, si erano uniti anche Travers e Pryce senior. Monica
aveva intimato Wesley di tenerglieli lontano il più possibile, o la sua
orticaria alle mani sarebbe aumentata così tanto che non si sarebbe trattenuta
a colpirli. In macchina avevano sparato giudizi lapidari sul suo comportamento,
ma a lei aveva evitato di rispondere. Non riuscì a stare zitta quando, tra un
impalettamento e l'altro, criticarono la presenza di Deborah nella stessa casa
e il fatto che lei lavorasse. In quel momento li aveva fulminati.
"Sentite, mi pagate voi l'affitto? Le bollette? E tutte le altre belle
cose? Io ho bisogno di un lavoro, ci arrivate o no? Se mi dite che da adesso in
poi per fare
"Nessuna Cacciatrice è mai stata pagata, non cominceremo sicuramente da
te." Disse Roger.
"Allora continuerò a lavorare di giorno." In quel momento era apparso
un demone Fyral e lei, con poche e collaudate mosse, lo decapitò, facendo
spandere liquidi paralizzanti un po' ovunque. I due avevano guardato Wesley
come per chiedergli qualcosa, ma lui fece spallucce e alzò gli scoccò uno
sguardo malizioso: non sapeva perchè, ma gongolava del fatto che suo padre e
Travers si trovassero in apparente difficoltà contro Monica, non voleva dargli
nessun aiuto o appoggio.
Continuarono a discutere fino a quando non si trovarono in uno spiazzo: lì
c'erano le tombe fresche, quelle dei morti più recenti, però Monica non
sembrava molto interessata a quelle, quanto a qualcosa verso la piccola
cappella del cimitero. Prese lentamente ad avvicinarsi, con Wesley che la
tallonava proteggendole le spalle.. Dall'ombra provenì un ringhio basso e
rimbombante, come se ci fosse più di un vampiro, perchè Monica sapeva che erano
vampiri quelli che si celavano là dietro.
Tirò fuori il suo fedele paletto, quello che Debby le aveva affilato
poche ore prima perchè fosse più letale possibile. Wesley inforcò una freccia
sulla sua fedele balestra. Quando il branco attaccò, cercando di prenderli sul
lato, Cacciatrice e Osservatore, si misero uno spalle all'altra e iniziarono la
battaglia. Lentamente, ma inesorabilmente, i vampiri furono polvere. Monica
aveva passato al ragazzo un lungo coltello dalla lama ricurva, con cui Wesley
riuscì a tagliare alcune teste, mentre lei, a suon di pugni e calci, li finiva
con il paletto.
"Possiamo andare, credo." Disse Monica tirandosi via la polvere dai
vestiti.
"Ottimo lavoro." La elogiò Wes e lei gli sorrise. Wes si chiese se il
mondo stesse per finire, visto quello slancio di dolcezza che lei gli aveva
riservato, ma non disse nulla.
Il viaggio di ritorno fu più silenzioso: i due Londinesi stavano pensando ed
immagazzinando quello che avevano visto al cimitero. Lei si muoveva bene,
questo era indubbio e non tutto il merito andava a Wesley, c'era qualcosa in
Monica che la faceva scattare prima degli altri, qualcosa che la faceva
diventare una vera Cacciatrice, almeno di questo Travers era sicuro. Come
l'aveva vista puntare alla cripta, prima che i vampiri si facessero sotto,
aveva intuito che la scelta non era caduta a caso, c'era stata una certa
premeditazione da parte dei Poteri che Sono.. Il suo vero problema era la
disciplina: Wesley era stato bravo, l'aveva allenata bene, ma non riusciva a
trattenerla, lei era troppo esuberante. Sarebbe servito qualcuno che avesse più
polso e, soprattutto, che fosse meno giovane di lui. C'era un motivo se gli
osservatori erano sempre più vecchi delle Cacciatrici, solo che, con lei che
aveva superato la ventina, questa differenza si assottigliava. Se la ragazza
fosse sopravvissuta al test, sarebbe stato necessario togliere a Wesley il suo
ruolo.
"Ok, io torno subito, porto loro in hotel." Disse Wesley a Monica,
mentre lei scendeva dalla macchina. La ragazza annuì con un piccolo cenno del
capo e camminò vero il piccolo molo lì vicino. Non si prese neppure la briga di
salutare gli altri. Di solito non era una maleducata, l'educazione l'aveva
imparata da tempo, ma non riusciva ad essere gentile con quei freddi inglesi.
Guardò il mare scuro, fissando un piccolo punto luminoso illuminato in mezzo
all'acqua. Non si vedeva bene, ma lei sapeva che era il castello di Miramare.
Sorrise e le venne un'idea: ci avrebbe portato Wesley quella domenica. Non
riusciva a capire perchè, ma era una cosa che sentiva di dover fare, forse per
poter avvicinarsi ancora un po' a lui. Aveva capito che ormai si era instaurata
una certa complicità, grazie anche alle notti passate assieme a cacciare. Per
una volta voleva fare qualcosa con lui, ma alla luce del sole.
Respirò a pieni polmoni l'aria salmastra della notte, sentendosi per un istante
completamente libera come non lo era da mesi.
Poi si girò, paletto sguainato e senza neppure guardare, lo infilò nel cuore di
un vampiro che, senza un solo gemito, esplose in una cascata di polvere. Il
secondo che stava cercando di attaccarla, seguì la stessa sorte del primo,
riuscendo, però a scambiare due colpi con lei.
"Kamikaze..." Sussurrò lei guardando quello che restava dei suoi
avversari.
Un applauso dalle tenebre le fece rizzare tutti i capelli in testa. Vide
apparire sotto un lampione un ragazzo, ovviamente un vampiro, sentiva la sua
oscurità come se stesse urlando a pieni polmoni. Alto, slanciato, dalla
muscolatura felina, capelli biondi e leggermente riccioluti e sorriso maligno
dipinto sulle labbra. La stava guardando con ammirazione, pensò Monica, e,
ovviamente, con odio, ma a questo ci era assai abituata dai vampiri.
"Che vuoi?" Gli chiese "Una morte rapida come i tuoi
compagni?" Lui rise e l'effetto fu devastante in lei. Risata bassa, roca,
fatta per sedurre di certo, eppure fredda e carica di promesse. Un brivido di
paura le partì dal collo per arrivare all'alluce del piede. Quello che aveva
davanti non era un novellino fresco di tomba, era uno abituato alla vita
eterna, era un Master, lei se lo sentiva fin dentro alle ossa.
"Non credo che riusciresti a polverizzarmi, anche se sei sulla buona
strada. Pensavo di trovarmi davanti ad una ragazzina sfigata, invece sei una
tosta...bene, ho fatto la scelta giusta."
"Chi sei?" domandò Monica .
"Al momento giusto lo saprai....adesso mi servi tutta concentrata con gli
Osservatori...brutta gente, vero?" Lei non potè evitare un sorriso.
"Sì, ne ho visti parecchi nella mia vita...un branco di scocciatori, ma il
tuo non sembra male. Te lo sei già scopato?" Che domanda piena di tatto,
si disse Monica. "Non vuoi rispondere? Sei timida?" Rise di nuovo
sotto lo sguardo attento di lei. "Volevo solo vederti da vicino, niente di
che, ma la prossima volta parleremo meglio." Si voltò per andarsene da
dove era venuto, non senza lanciarle un'ultima frecciata. "E salutami la
tua amica Rossa..."
Per Monica fu come ricevere una scossa: quel tizio conosceva Deborah...Prese a
correre verso casa. 'Ti prego, fa che non la trovi dissanguata. Fa che non
abbia fatto entrare nessuno." Spalancò il portone del magazzino e salì le
scale ignorando Spike che miagolava a tutto spiano. Entrò nel salotto e vide
Deborah distesa con gli occhi chiusi davanti alla TV. Le pareva che ogni suo muscolo
si fosse congelato nel vederla così...non poteva essere morta...
"Debby!" Urlò con tutta la voce che aveva in gola e la sua amica fece
un salto sul divano, come se le fosse stata gettata una secchiata d'acqua.
"Che hai da urlare?" Monica riprese a respirare di nuovo.
"Niente, volevo farti uno scherzo." Tentò di dirle. Non voleva farla
preoccupare. Il fatto che quel vampiro la conoscesse, non voleva dire nulla:
poteva anche averle spiate mentre uscivano assieme la sera. "Vado a farmi
una doccia." E si chiuse in bagno sotto lo sguardo indagatore della sua
amica. Sentì Wesley rientrare e ne fu rinfrancata. Lasciò che l'acqua la
scaldasse, aveva ancora freddo per la paura che si era presa poco prima.
Quando andò a buttarsi a letto, prese Spike che ancora miagolava e la strinse a
se cercando conforto per la sua vita, grazie a quella piccola palla di pelo
nero.
Spike le leccò via qualche lacrima silenziosa.
Da "Il Corriere della Sera"
Continuano le misteriose sparizioni nella città di Trieste. Ormai da giorni almeno
una persona non rientra nella propria abitazione. Intere famiglie, impaurite,
lasciano la città, che pian piano sta diventando deserta. Gravissimi i danni
all'economia locale. Il Governatore della Regione chiede aiuto allo Stato.
CAPITOLO NOVE
Monica amava il sabato: lavorava solo di mattina e il pomeriggio lo passava a
poltrire a casa facendo tutte quelle cose che durante la settimana le erano
proibite. Davanti allo schermo del pc dell'ufficio, aspettava impazientemente
lo scadere delle ore da passare lì. Ormai mancava meno di mezz'ora, nessun
cliente all'orizzonte e il sole splendeva alto. Perfetto, il suo morale si
stava alzando.
Si era aspettata il test degli osservatori da un momento all'altro, ma da quel
fronte tutto taceva. Wesley sembrava piuttosto nervoso, probabilmente perchè
non sapeva niente di quello che suo padre e Travers avessero in mente per lei.
Monica sperava solo che non fosse troppo difficile, ma non ci faceva molto
affidamento, visto i trascorsi del Consiglio.
In quel mentre la porta del negozio si aprì e Monica andò incontro ai clienti,
rimanendo di sale alla loro vista:
"Che ci fate qui?" Travers la stava squadrando.
"Il tuo lavoro è una cosa a cui tieni tanto...volevamo capire che cosa
facevi e il modo con cui lo integri alle cacce."
"Forse sono le cacce che integrano il mio lavoro e non il contrario,
signore."
"Vendere porte e finestre ti gratifica?" Chiese Roger.
"Mi permette di sopravvivere, è diverso. Se volessi un lavoro gratificante
ora starei a fare la pasticcera, tuttalpiù, la biologa. Però mi permette di
vivere da sola e di essere indipendente. E poi mi piace come lavoro."
Monica strappò dalle mani di Travers un pacchetto di fiammiferi che aveva preso
per accendersi una pipa. "Qui è vietato fumare." Disse indicando un
cartello sul muro, mettendosi in tasca i cerini.
"Volevamo dirle che questo pomeriggio inizia il suo test. Ci sembrava
simpatico farglielo presente. "I due uscirono dal negozio lasciando una
Monica debitamente infuriata.
"Bel modo per rovinarti la giornata." Borbottò lei rivolta alla
porta. In pratica la volevano avvisare della sua morte certa.
Tornò alla scrivania e prese un foglio bianco ed iniziò a scrivere. Solo quando
non ci fu più posto, lo siglò con una firma e lo mise in una busta bianca.
Vide che era ora di chiudere bottega e si avviò verso la fermata del bus, così
da incontrare la sua amica. Peccato che lei avesse quella prova, Deborah aveva
pure il pomeriggio libero, avevano progettato di fare una capatina in centro
per del sano shopping...pazienza, se me la cavo ci andremo la prossima
settimana, pensò mentre la vedeva da lontano, inconfondibile con la sua cascata
di capelli rossi che brillavano al sole.
"Ciao!" Disse abbracciandola come sempre. "Andata bene
oggi?"
"Sì, fino a quando non sono arrivati i due uccelli del malaugurio." E
le raccontò dell'incontro con gli Osservatori.
"Che farai?"
"Aspetterò e pregherò. Strano, non ho mai creduto in Dio e adesso mi
ritrovo a non sapere come e a chi pregare. Mah...Farò di testa mia."
Analizzò Monica assorta. Provò una piccola fitta di nostalgia guardando il
cielo azzurro. C'erano un sacco di cose che ancora non aveva fatto nella sua
vita e che lei aveva progettato di fare in tempi brevi: trovarsi un ragazzo da
amare, leggere il settimo Harry Potter, un viaggio in Irlanda per andare al
concerto degli U2...cose di questo genere, e ora il tutto poteva terminare di
lì a poche ore. Lo trovò estremamente ingiusto. Specie riguardo al concerto
degli U2!
A casa non c'era nessuno ad aspettarle e la cosa era di per se piuttosto
strana: di solito Wesley si premuniva di preparare un piatto di pasta e la
tavola, invece di lui neppure l'ombra.
"Forse è dovuto andare con i suoi compatrioti...Dovrà istituire il
test." buttò lì Monica come se la cosa non le interessasse...invece le
interessava eccome: Wes conosceva tutto di lei come Cacciatrice, avrebbe potuto
dire ai tizi i suoi più reconditi punti deboli. Un brivido lungo la schiena la
raffreddò del tutto.
"Secondo me sta cercando di tenerli buoni...in fondo fino ad ora non è mai
stato interpellato. Fidati di lui, Monica." Guardò Debby che le sorrideva
e pensò che, forse, non aveva tutti i torti, Wesley meritava un minimo di
fiducia, visto il lavoro enorme che stava facendo con lei.
Mangiarono ascoltando musica e chiacchierando: tacitamente avevano deciso di
evitare di parlare dell'imminente prova che stava sopraggiungendo, in modo da
fingere che tutto stesse andando per il meglio e che sempre sarebbe andata
così.
Incapace di stare ferma e nervosa come poche volte le era successo in vita sua,
Monica passò il primo pomeriggio ad allenarsi contro un sacco di sabbia che si
trovava al piano terra di casa sua. Non si capacitava del fatto che Wesley non
fosse ancora tornato a casa e, anzi, non rispondesse neppure al cellulare che
suonava a vuoto. Quando decise che era ora di mettersi un paio di scarpe comode
ed andare a farsi una bella corsa lungo il molo, fecero la loro comparsa
Travers e Pryce senior che la guardavano soddisfatti.
"Già al lavoro? Bene." Monica notò subito che Wesley non era con
loro. Dal piano di sotto fece capolino Deborah, seguita a ruota da Cucciola e
Spike. Entrambi gli animali, come se capissero la serietà e l'antipatia che
regnava nella stanza, presero a ringhiare e soffiare contro gli stranieri.
"Sono pronta. Mi date voi carta e penna siglate?" Chiese sarcastica,
ma i due non colsero o fecero finta di non cogliere.
"Dov'è Wes?" domandò dalla scala Deborah, già piuttosto pallida visto
quello che sarebbe successo di lì a poco. "Non era con voi?"
"Sì, era con noi. Adesso non è qui."
"Bella scoperta Hercule!" Fece Monica sprezzante. "Dove
sta?"
"Dovrai scoprirlo tu." Fece Roger dal suo angolo, per poi lasciare la
parola al suo capo.
"
"Dove?"
"Devi trovarlo tu, ma, un consiglio, ti conviene trovarlo prima del
tramonto. "Capì immediatamente che il suo Osservatore era stato portato in
un presunto covo di vampiri. Sentì come se un fiume di ghiaccio si fosse
riversato in lei.
"Siete dei bastardi." mormorò.
"No, è un buon modo per testare al meglio le tue capacità. Ti avvertiamo
che non ci saranno solo creature demoniache"
"Volete dirmi che a guardi dell'ostaggio ci sono essere umani? La cosa non
mi fermerà."
"Sono innocenti anche loro."
"No, hanno solo un'anima, ma
l'innocenza mi sembra che si sia persa per strada. Non sono meno colpevoli
degli eventuali vampiri presenti." Monica avrebbe voluto ucciderli
all'istante, ma non aveva tempo da perdere. Non si infilò neppure la giacca,
prese solo le chiavi dell'auto, bloccandosi quando vide Deborah che stava per
salire con lei.
"Tu resti qui, Debby." Le ordinò
"No, io e te siamo una squadra." Monica la prese in un angolo e la
guardò con intensità.
"Ho bisogno di saperti al sicuro. Tieni il cellulare sotto mano e fai da
ombra ai due tipi. Se scopri qualcosa, mandami un messaggio o chiamami."
Poi le porse la busta bianca che aveva compilato all'ufficio, deglutendo
preoccupata. "Se mi succede qualcosa di brutto, dai questa a mia madre.
Saprà tutto quello che mi è successo. C'è una lista di cose che vorrei fossero
spartite in caso di....bhe lo sai. Mi fido di te." Disse all'amica che
ormai stava piangendo. "Debby, mi raccomando, stai molto attenta."
Andò al baule delle armi e prese una balestra, quella di Wes pensò, qualche
paletto e dei pugnali affilati, infilandoli dove capitava. Uscì dal garage sgommando, dirigendosi verso
il cimitero: quello era il luogo più affollato di vampiri e covi in assoluto,
le percentuali potevano essere in suo favore. Guidò come una pazza per i vicoli
stretti, sperando di trovare qualche indizio della presenza di Wesley, ma
nulla. Si fermò davanti al cancello del campo santo.
"Avanti Monica, pensa...come puoi trovare una persona..." Mi mise a
respirare pesantemente, il pensiero di Wesley trucidato la faceva stare male.
Era vero, gli aveva sputato più e più volte in faccia il suo odio, ma ora...ora
lo aveva rivalutato, aveva capito che quel ragazzo era qualcosa di più di uno
sterile Osservatore. Si sentì maledettamente colpevole per come lo aveva
trattato in quei mesi. No, no, no, non adesso, ci avrebbe pensato più tardi,
quando entrambi sarebbero stati sani e salvi spaparanzati sul divano a ridere e
mangiare schifezze. Sentiva il suo cuore battere all'impazzata, i nervi tesi
dallo sforzo di mantenersi calma per lui.
Guardò il sole che si stava lentamente avvicinando all'orizzonte: aveva poco
più di mezz'ora di luce. Chiuse gli occhi e respirò con calma...doveva
estraniarsi dal mondo, far uscire la vera Cacciatrice che c'era in lei, usare
il suo istinto. In quel momento lei non era più seduta in macchina, attorno a
lei non c'erano decine di auto che sfilavano veloci, non c'era nessuna
vecchietta che la guardava con curiosità. No, c'era soltanto il vuoto. Si
sentiva come quando era piccola e si gettava dallo scoglio più alto per
tuffarsi a mare. Era come essere circondata da ettolitri d'acqua che la
facevano sentire sicura... e lì sentì una flebile traccia. Come quel giorno
all'hotel, ormai aveva capito dove si trovava Wes, o, almeno, la direzione
giusta. Euforica aprì gli occhi ritrovandosi davanti una signora dall'aria
anziana che la guardava preoccupata.
"Tuto ben putela?" le chiese e lei sorrise.
"Ora sì. Ah signora, fossi in lei non girerei da queste parti con il buio.
Torni a casa in fretta." Mise in moto l'auto avviandosi verso il rione di
Servola, sede della locale Ferriera. L'odore acre del fumo che si levava
dall'impianto le fece capire di essere arrivata dove voleva essere. Si domandò
che razza di vampiri depressi potessero vivere in quei magazzini. C'erano state
molte lotte sulla ferriera, sia da parte dei lavoratori che rischiavano il
licenziamento o la cassa integrazione, che da parte dei cittadini locali, che
non ce la facevano a sopportare più i cattivi odori e le polveri nere che
provenivano dal carbone utilizzato per la produzione del prezioso materiale. Ma
Monica a tutto questo non pensava, era il momento di rimettersi a sentire la
presenza di Wesley. Questa volta fu molto più facile, lo percepì quasi subito:
sgommò senza paura verso il mostro d'acciaio davanti a lei. Da una ciminiera
proveniva un enorme sbuffo bianco, segno che stavano usando acqua per
raffreddare i congegni; un camion svuotava il suo carico nero in un magazzino
apposito, e decine di rottami venivano trasportati grazie ad una funivia
meccanica, verso l'altoforno.
Mise da parte il solito senso di depressione che provava ogni volta che vedeva
la ferriera e puntò ad un vecchio magazzino in disuso. Da lontano poteva già
vedere le finestre rotte, le erbacce alte ed un moderno furgoncino nero davanti
alla porta. Appoggiati su di esso, stavano due uomini armati, vestiti
completamente di nero, a fumare una sigaretta. Due temibili fucili facevano
mostra di sè lì vicino. Sembravano i classici poliziotti da irruzione, ma
Monica non si lasciò ingannare: erano uomini del consiglio e non si sarebbero
fermati davanti a lei. Mise l'ultimo paletto in uno dei passanti dei pantaloni
e, a tutta velocità, puntò verso lo spiazzo davanti al magazzino. Frenò facendo
fare alla sua bella macchina rossa, mezzo giro su se stessa. Vide con soddisfazione
che i due erano rimasti piuttosto sorpresi da quella sua entrata. Uscì
dall'auto come una furia, stendendo il primo con un calcio diretto alle palle e
il secondo tirandogli un pugno sul naso che lo fece sanguinare copiosamente.
Monica non si fece il minimo scrupolo ad usare tutta la forza che aveva in
corpo. Li mise a nanna con due sonori pugni e andò verso la porta. La sfondò
con un calcio degno di Bruce Lee e si complimentò con se stessa per l'entrata
ad effetto che era riuscita a creare.
Si trovò davanti ad un ambiente del tutto deserto, polvere era posata ovunque,
pezzi di vetri erano sparsi per tutto il pavimento. Sentì che l'acqua ancora
scorreva nei vecchi tubi e che faceva piuttosto caldo, segno che c'era pure il
gas per il riscaldamento, idem per la luce elettrica. Però, pensò, questi
vampiri si trattano bene. Poi vide Wesley: era seduto su una sedia praticamente
nel mezzo del salone, legato come un salame e pesto di botte...Monica capì che
non si era prestato volontariamente a quella sceneggiata, ma che lo avevano
portato lì a forza. Questo la fece arrabbiare ancora di più.
Schivò il primo uomo che aveva tentato di atterrarla, poi con un calcio gli
fece perdere il fucile dalle mani, gli prese le dita e senza remore gliele
spezzò con un gesto secco. Le urla si sparsero per tutta la stanza. Monica vide
che Wesley si era ripreso e la guardava con occhi sgranati, ematomi
permettendo. Si permise di perdere un secondo per lanciargli un sorriso di
rassicurazione che lui ricambiò.
Le ultime due guardie che erano rimaste, stavano soppesando l'idea di darsela a
gambe, ma il loro senso del dovere li fece almeno provare ad attaccarla. Niente
da fare, Monica quella sera era una furia e non si sarebbe lasciata impietosire
da nessuno, men che meno dagli uomini del consiglio.
Nel frattempo, a chilometri di distanza, Travers e Pryce senior, stavano
osservando la scena impassibili, grazie ad un piccolo monitor collegato a delle
telecamere debitamente piazzate.
"Si muove bene." Analizzò Roger.
"Sì, ha un buon potenziale."
"Voi siete dei pazzi! Come potete lasciare che accada questo?" Urlò
Deborah che continuava a spiarli, ma loro la guardarono e non le risposero.
Quella ragazza non poteva capire.
Intanto Monica aveva steso anche le due guardie rimaste. Fino a quel momento
era andato tutto bene e rilasciò un sospiro di sollievo. Andò da Wes e iniziò a
tagliare le corde cercando di fare più veloce possibile. Gli tolse la benda che
aveva nella bocca e cercò di tirarlo su.
"Non lo sapevo.." Le sussurrò lui all'orecchio.
"Shhhh stai buono, lo so, si capisce da come sei ridotto."
"Ci sono vampiri..."
"Lo so, li sento." E come a voler dare ragione alle loro parole,
dall'oscurità nascente emersero decine di ringhi. Ad entrambi sembrò di essere
in una ghiacciaia. Si voltarono lentamente, Wes ancora appoggiato a Monica per
sostenersi. Davanti a loro un branco di vampiri già in assetto da caccia.
"L'odore del mio sangue li ha fatti svegliare prima." Disse Wes
debitamente preoccupato.
"Fa nulla. Ce la fai a reggerti in piedi da solo?" Gli domandò lei,
mentre contava contro quanti avversari si sarebbe dovuta battere. Erano più di
venti, non si era mai trovata davanti ad una potenza di fuoco così grande...e
ne venivano fuori dei nuovi. Gemette frustrata. Wes riuscì a stare in piedi,
magari con un equilibrio leggermente precario, ma poteva essere utile.
"Ottimo!" fece lei: gli passò la sua fedele balestra con le frecce,
due paletti ed un coltello...meglio premunirsi, non si sa mai. Lei prese in
mano il Debby-Paletto, quello che la sua amica puntualmente affilava e si mise
in posizione di difesa, spalla a spalla con Wesley.
Il ragazzo si maledì per la facilità con cui era caduto nella trappola di
Travers: suo padre lo aveva chiamato per parlargli della prova e lui si era
fidato ciecamente. Scacciò quel deprecabile senso di odio verso il genitore e
si concentrò solo sulla lotta.
"Guarda, guarda,
"Hey, chi è il capo tra i due?" Domandò Monica guardandolo. Le fece
pena: per la prima volta nello sguardo del suo osservatore c'era una durezza
derivata dalla rabbia che lei conosceva molto bene. Scosse il capo e guardò
quelli che restavano.
"Meno uno, stronzo! E non ho neppure iniziato."
Cominciò la lotta, dura, serrata e polverosa, dato che, nonostante fossero in
molti, erano piuttosto deboli, segno che erano stati generati da poco. Monica
ringraziò il cielo per almeno quella piccola misericordia. Wesley, con
difficoltà, tentava di aiutare la ragazza, ma stava soccombendo nella lotta
contro tre vampiri affamati: quando Monica lo vide, polverizzò in fretta i suoi
due avversari e si gettò su quelli del ragazzo, liberandolo. Guardò fuori dalla
finestra: ormai anche il più piccolo raggio di sole era scomparso, la notte
incombeva su di loro. Anche se fossero usciti di lì, non sarebbero riusciti ad
arrivare in macchina senza essere raggiunti. Doveva eliminarli lì, ma come?
Nonostante molti di loro fossero diventati polvere, ce n'erano ancora tanti che
li guardavano famelici: occorreva qualcosa di grosso che li eliminassero tutti
assieme, ma cosa?
'Pensa, Monica, pensa..." Ma nel suo cervello c'era il vuoto. Sfiorò con
le dita la mano calda di Wes che era di fianco a lei e lo guardò: il volto
tirato, sanguinante e sporco lo rendevano quasi affascianante. Sorrise: non era
quello il momento di pensare a quanto carino fosse il suo osservatore, ma non
gli era venuto in mente niente altro. Mise la mano in tasca per prendere
l'ultimo paletto, ma la trovò desolatamente vuota. Anzi...non era proprio
vuoto, c'era una piccola scatolina... Un flash le passò per la mente "Qui
non si può fumare." Guardò i vari tubi che scorrevano a vista sul muro e
sorrise, trovando un piano adatto.
"Ti fidi di me, Wesley?" Lui si girò e la guardò: le stava donando un
bel sorriso, uno di quelli che di solito lasciava a Deborah o a Spike. Gli si
scaldò il cuore e annuì. "Bene. Arretra verso il muro."
"Così saremo in trappola."
"No, tranquillo." Con lentezza presero a scivolare verso il muro
dietro di loro. Erano a pochi metri dalla porta, bastava una leggera corsa,
pensò lui. Monica prese il pugnale preferito di Deborah, quello che avevano
comprato assieme: aveva l'elsa fatta in modo che l'indice tenesse ferma la lama
e il colpo fosse sferrato come se bisognasse tirare un cazzotto. La lama era
affilata, solo leggermente sporca di polveri vampiriche e la passò a Wesley.
"Appena te lo dico, taglia i tubi blu." Gli sussurrò piano, mentre si
passava la manica della felpa sullo zigomo, sperando di far smettere quella
fastidiosa fuoriuscita di sangue e per trarre in inganno gli avversari. Lui
annuì con gli occhi e attese.
Monica contò mentalmente fino a dieci, prendendo lentamente la scatolina dalla
tasca.
"Che c'è? Siete preoccupati?" Li sfottè uno "Fate bene ad
averne, perchè la vostra sarà una morte lenta."
Monica e Wesley non risposero, poi lei fu attratta da uno strano movimento
sopra di loro: c'era una telecamera che puntava l'obiettivo su di lei:
"Il consiglio l'ha piazzata lì per vedere come te la cavavi." Le
disse Wes comprendendo la sua domanda ancora prima che la facesse. Lei sorrise
allo zoom e alzò una mano sfoderando un bellissimo dito medio all'attenzione
dei due Osservatori che da casa sua la stavano spiando.
"Ora!" urlò a Wes, che si affrettò ad ubbidire, capendo un secondo
dopo l'idea della ragazza: i tubi blu erano in gomma, di quelli che si usavano
per far passare il metano. Poco costosi e
inerti ai gas in generale. Cominciò a spandersi un terribile odore per
tutta la stanza e Monica prese Wes per un braccio correndo verso la porta.
Pregò tutti gli dei che conosceva per poter uscire di lì senza ostacoli: quando
il ragazzo fu fuori, lei si girò verso i vampiri che la stavano raggiungendo e
prese dalla scatola tutti i cerini che c'erano, accendendoli con un gesto secco
per poi lanciarli lontano. Chiuse la porta sprangandola con un cassonetto che
c'era lì a fianco e riuscì a vedere, con la coda dell'occhio, le fiamme che
alte si stavano sviluppando all'interno.
Alcuni vampiri già bruciavano, altri cercavano di arrivare alle finestre
per scappare. Era ora di tagliare la corda anche per lei.
Caricò Wesley di peso sulla macchina, infischiandosene al momento, dei suoi
lamenti. Non era messo molto bene, ma non poteva permettersi di rimanere lì
troppo tempo: sarebbero anche arrivati i pompieri presto e lei non avrebbe
saputo cosa dirgli, quindi sgommò con poca grazia allontanandosi dall'incendio
che ormai divampava feroce, grazie anche alle erbe secche e alle fascine di
compensato presenti. Non volle guardarsi indietro, non le interessava di vedere
gli arrivi dei soccorsi o quanti vampiri fossero sopravvissuti, voleva solo
respirare.
Si fermò solo quando fu davanti a casa sua. Il basculante del garage era chiuso
e lei non aveva la forza di andare ad aprirlo. Si appoggiò chiudendo gli occhi
respirando a pieni polmoni l'aria fredda e salmastra che proveniva dal
finestrino aperto: ce l'aveva fatta, era sopravvissuta e aveva fottuto
egregiamente il Consiglio. Una leggera euforia si espanse in lei, forse non era
così male come si credeva.
Si girò verso Wesley, che, aveva tenuto gli occhi chiusi per tutto il tragitto.
Gli prese la mano facendo intrecciare le dita con le sue: ne erano usciti
assieme. Lui si riscosse gemendo: non stava per nulla bene.
"Tutto ok, Wes, siamo vivi."
"Sì. Sei stata favolosa, Monica, sul serio."
"Vuoi che andiamo in ospedale?" Lui scosse il capo lentamente.
"Credo di avere solo qualche costola incrinata...o forse rotta. Come lo
spieghiamo al pronto soccorso? No, lasciami qui un attimo a riprendermi, poi
cerco di entrare dentro." Sussurrò lui. Era senza forza, stremato e
dolorante. Monica provò una gran pena, sostituita, subito dopo, da una rabbia
incredibile. Uscì dall'auto come una furia per entrare in casa. Tre paia di
occhi si girarono verso di lei e solo uno di questi la guardava con gioia e
sollievo. Deborah corse ad abbracciarla piangendo: aveva avuto una paura del
diavolo guardandola in quel video, ma Monica non stava guardando lei, aveva lo
sguardo fisso su Travers e Pryce. Quella che prima era solo rabbia, diventò
furia cieca quando fissò gli occhi azzurri di Pryce senior, così simili a
quelli del figlio ferito in macchina da farle male. Si sciolse dall'abbraccio
dell'amica e prese il primo coltello che trovò appeso al muro, non molto
affilato, ma con una bella punta, correndo senza esitazione verso Roger che la
guardava con orrore. Non riuscì neppure a spostarsi di un metro, che sentì la
mano della ragazza posarsi sul suo petto e portarlo indietro, fino a colpire il
muro e poi un dolore lancinante. Monica aveva infilato, con tutta la forza che
aveva ancora, la lama nella spalla dell'uomo, da cui uscì immediatamente del
sangue fresco.
Pryce urlò, mentre Travers rimaneva fermo a fare da spettatore alla vendetta di
Monica. Quando lei girò la lama nella ferita, Debby la chiamò:
"Monica! Monica, basta, ti prego!" Fu solo quella preghiera a farla
smettere.
"Come ha potuto fare questo a suo figlio? Me lo spieghi....Me lo
spieghi!" Ordinò lei.
"Wesley, per quanto valente, era sacrificabile. In questi giorni abbiamo
capito che a te non preme fare le cose per te stessa, ma ti attivi di più
quando entrano in gioco fattori emotivi. Abbiamo fatto leva sul tuo sentimento
per lui." La voce di Travers era tranquilla, come se spiegasse ad un
bambino perchè il cielo fosse blu. Monica tolse il coltello dalla spalla di
Pryce e si voltò verso il capo.
"Nessuna persona è sacrificabile. Non io, non Wes, non qualsiasi
innocente. La vita umana è quello che bisogna preservare."
"No, la missione è ciò che conta ed è ciò che deve contare per te. Il
resto non importa." Monica gli sputo in faccia centrandolo in un occhio:
Bella mira, pensò.
"Me ne fotto altamente della missione, brutto stronzo. Quello che a me
preme è di restare viva per vedere crescere i miei nipoti, se lo metta bene in
testa. Adesso lei mi sta a sentire: si prenda quello scarto umano del suo socio
e lasciate casa mia e la città. Il Consiglio non dovrà più osare ad interferire
nella mia vita." Prese un grosso respiro "E se voi userete ancora
qualcuno, Deborah, Wesley, la mia famiglia, o un completo estraneo, per
giungere a me, io vi ammazzerò senza troppi rimorsi. Questo è un giuramento e
io, i miei giuramenti, li mantengo tutti."
Travers capì immediatamente che la ragazza non scherzava per nulla e che
avrebbe portato a termine la promessa a costo di seguirli per mezzo mondo.
"Noi ce ne
andremo, ma a giorni arriverà il nuovo Osservatore. Wesley non lavorerà più con
te."
"No. Se viene
un altro lo rispedisco a Londra a calci in culo. L'unico osservatore che voglio
è Wes, per il resto, non voglio vedere altri inglesi, tranne che con una
macchina fotografica e il classico completino da turisti. Il consiglio ci deve
lasciare stare."
Senza dire niente
aiutò Roger Wyndham-Pryce ad alzarsi, mentre gemeva sommessamente per la ferita
ricevuta.
Usciti, videro
Wesley che soffrendo stava cercando di uscire dall'auto. I due Pryce si
fissarono, occhi azzurri in occhi azzurri e Wes fece capire abilmente che ormai
non si considerava più figlio di cotanto padre, non dopo tutto quello che gli
era successo quella sera.
Monica e Deborah, nel frattempo, li videro uscire silenziosamente e l'unico
pensiero che Monica riusciva a fare, fu che era sopravvissuta ed era ancora
viva, solo questo contava ora, solo questo.
Da "Il Piccolo"
Un terribile incendio distrugge due magazzini abbandonati a Servola. I
magazzini erano, per fortuna, disabitati e i danni sono stati contenuti. I
periti hanno trovato alcuni tubi del gas tranciati, quindi si sospetta che
l'incendio sia doloso.
CAPITOLO DIECI
L'acqua scivolava frenetica sulla sua pelle escoriata e ferita. Se il cielo
voleva, quella dannata giornata stava per giungere a termine. Si era messa
quasi a ridere quando Leila, una sua amica di Monfalcone, le aveva telefonato
per avere delucidazioni sul loro sabato sera fuori. Figurarsi, pensò Monica,
era già tanto se fosse riuscita a mangiare. Anzi, quello lo avrebbe fatto di
sicuro: una bella pizza per asporto e il gioco era fatto.
Mentre sfregava con forza la testa per togliersi ogni più piccola molecola di
polvere e sangue, ripensò a quello che aveva fatto al padre di Wes e,
stranamente, non provò nessun rimorso. Se lo meritava, poco ma
sicuro...eppure...Diavolo, pensandoci a mente fredda, ci era andata giù
parecchio pesante, ma in quel momento aveva provato un tale disgusto per
quell'uomo che non aveva capito più nulla e ci era fiondata sopra armata delle
peggiori intenzioni. La ringraziasse perchè non lo aveva ucciso, altro che.
Uscì tutta bella pulita e si diede un'occhiata allo specchio: i primi ematomi,
quelli leggeri, stavano già scomparendo, nell'arco di una notte non avrebbe
avuto più nulla. Invece il taglio alla tempia persisteva. Forse l'acqua calda
non aveva aiutato, ammorbidendo la crosticina di sangue che si era formata in
precedenza. Almeno, però, non sanguinava più e questo era un bene. Si mise il
pigiama: navigava nella maglia grigia, ma voleva stare più comoda possibile. Le
facevano male le gambe e le mani, troppi pugni. Deborah era ancora in cucina
come l'aveva lasciata: tazza, non più calda, di the e qualche lacrima sulla
guancia.
"Ehy, adesso basta ok?"
"La fai facile tu...non sai quanto mi sono preoccupata per te."
Monica sorrise prendendo il cellulare.
"Grazie stellina, ma sono a posto. Domani starò meglio di prima. Tu che
pizza vuoi?"
"Hai anche il coraggio di cenare??"
"Certo, ho fame! Non mangio nulla da pranzo e sono quasi le dieci. E ho
deciso di andare sullo strong oggi: una bella pomodorini e bocconcino di
mozzarella... che te ne pare?"
"Ti ruberò un pezzo." Rispose Deborah tornando finalmente a ridere.
Monica percorse il corridoio fino ad arrivare davanti la stanza di Wes: lo
avevano trasportato assieme per potergli dare più stabilità. Purtroppo lui
avrebbe dovuto subire tutti i normali processi di guarigione con la solita
lentezza umana e a Monica si strinse il cuore al pensiero di quanto dovesse
soffrire in quel momento...e soprattutto quanto lo facesse in silenzio. Non
aveva mai urlato, neppure quando lei dovette sistemargli la spalla che si era
rivelata lussata. Chissà cosa provava a sapere che suo padre lo aveva dato via
come carne al macello. Sospirò e bussò aspettando un 'Avanti' dal ragazzo, che
puntualmente arrivò. Lo trovò disteso a letto, con solo i pantaloni addosso,
ancora sporco e scarmigliato. Monica evitò coraggiosamente di guardarlo troppo
a fondo, cercando di evitare di arrossire.
"Prendo una pizza, mi vuoi fare compagnia?" Gli chiese con finto
disinteresse.
"No, ma vorrei fare una doccia. E' libero il bagno?" parlava piano,
stanco com'era dalla lotta.
"Sì...ma ce la fai a tenerti in piedi?" In effetti era domanda
intelligente, visto che Wesley stava tentando di alzarsi dal letto con scarsi
risultati.
"No, ma ci arriverò strisciando se serve, non voglio restare così
sporco." Sentì Monica sospirare.
"Senti, resta
lì ancora un po', ok? Ti aiuto io." e se ne uscì. Lo avrebbe aiutato lei
in cosa? Si domandò mentalmente lui, poi lasciò perdere. Era evidente che lui
in quel momento era assolutamente incapace di badare a se.
Si rimise a pensare alla lotta contro i vampiri, alla loro incredibile
sinergia. Era come se sapessero uno dell'altra, come se fossero in completa
affinità. Sorrise al pensiero di quando lei aveva mostrato il dito a suo
padre...e con questo si rabbuiò nuovamente. Oh, lui non aveva mai odiato
nessuno, ma si decise di fare un'eccezzione per Roger, ormai non riusciva quasi
più a considerarlo suo padre. Lo aveva praticamente venduto, infischiandosene
di come ne sarebbe venuto fuori, ammesso che fosse sopravvissuto. Chissà che
avrebbe raccontato a sua madre.
Poi il ricordo di un sorrise dolce, solo per lui, lo fece star un po' meglio.
In quel magazzino, appena lei era entrata e l'aveva visto, lei gli aveva
sorriso e questo era un balsamo decisamente potente per le sue ferite. Lei si
era fidato di lui, lei si era battuta con lui, lei lo aveva salvato e lo aveva
aiutato in tutto. Lei aveva fatto tutto quello per lui e questo lo fece sentire
bene.
La vide tornare con indosso una maglietta
maniche corte blu, invece del pigiama. Non si fece domande, non ne aveva
la forza materiale. Si appoggiò a lei che lo sorreggeva senza sforzo e si
lasciò accompagnare verso il bagno. Alcuni tagli ripresero a sanguinare
sporcandole la maglia pulita, ma lei non sembrò farci caso. In bagno Wes rimase
decisamente sorpreso: la vasca era stata completamente riempita di acqua calda.
"La doccia sarà difficile che tu riesca a farla, non riesci neppure a
tenerti su, ma forse il bagno andrà meglio."
"Grazie...non so che dire."
"Non dire nulla, accettalo come delle scuse dovute." Lui la guardò e
lesse nei suoi occhi una buona dose di tristezza, ma tanta verità. Non gli
stava mentendo per farlo stare meglio, si stava scusando sul serio.
"Togliti i pantaloni, ma lasciati su i boxer per piacere." Lui eseguì
meccanicamente con il cervello momentaneamente sgombro di qualsiasi pensiero,
solo quando si immerse nell'acqua bollente, si accorse che lei non era uscita,
anzi lo osservava critica con una specie di cassetta del pronto soccorso che
aveva tirato fuori da chissà dove.
"Ne abbiamo di lavoro qui." Fece lei sedendosi sul bordo della vasca.
Wesley rimase di sale, un gesto del genere da lei non se lo era neppure pensato
nei suoi sogni più arditi. La vide armeggiare con un batuffolo di cotone e del
disinfettante, che poi usò per tamponare un taglio che aveva in testa. Passarono
in silenzio tutto il tempo della medicazione, lei piuttosto presa dal suo
lavoro di crocerossina e lui godendosi quel contatto così intimo terribilmente
agognato da settimane. 'Quasi quasi ringrazio papà.' Pensò sorridendo come un
ebete.
"Ecco fatto, almeno queste sarebbero pulite per bene...ma magari neppure
serviva visto che sei immerso in una vasca di acqua e sapone..." Monica
fece una smorfia buffa che fece ridere Wes.
Deborah da dietro la porta sorrise sentendo i due ragazzi andare più d'accordo.
"Come stai?" Chiese poi Monica decidendo di andare al succo del
discorso.
"Bene!" mentì lui prontamente, ricredendosi quando vide il
sopracciglio di Monica alzarsi scettico. "No, non è vero...non sto bene.
Ho dolori lancinanti al petto, la spalla ancora indolenzita, milioni di tagli
sparsi, le gambe non mi reggono...decisamente ho vissuto momento
migliori." Sospirò "Però comincio a sentirmi meglio. Ammetto che
l'acqua calda aiuta molto."
"Bene, mi pareva una buona idea."
"Ottima..." calò di nuovo il silenzio, stavolta imbarazzato. Monica
si alzò e decise di mettere un po' di distanza tra lei e quel corpo
praticamente nudo, provando un'irrefrenabile voglia di buttarsi in vasca, ma ti
trattenne.
"E tu come stai, invece?"
"Five by five (Piccola citazione d'onore). Ho notato che guarisco in
fretta...in più mi sono sfogata per bene con tuo padre e quindi
psicologicamente mi sento forte.”
“Che gli hai fatto?” domandò Wesley con una leggera punta di preoccupazione.
“Niente....” mentì
Monica: non aveva voglia di sorbirsi una ramanzina proprio ora. “Parola di
lupetto.”
“Tu non hai fatto
gli scout.”
“Pazienza,
accontentati.” Wes lasciò perdere il discorso, in effetti sapere quello che lei
poteva o aveva fatto a suo padre era l'ultimo dei suoi pensieri in quel momento.
Poi accadde qualcosa di imprevisto: lei pareva nervosa ed in procinto di dire
qualcosa, solo che non trovava il coraggio per farlo.
“Hai da dire
qualcosa?” Monica piantò gli occhi castani in quelli azzurri di lui e non si
staccò per un bel pezzo, mettendolo anche in soggezione...si sentiva più nudo
di quello che non fosse in realtà.
“Sì, ho molte cose
da doverti dire.” Monica prese un profondo respiro e si mise a guardare una
interessantissima mattonella del muro, onde evitare di mettersi a sbavare sul
corpo di Wes: diavolo, pensò, ma quando è diventato così bello?
"Bene, allora
dille." La invitò lui non notando il lieve rossore che si era dipinto
sulle gote di Monica.
"Io devo
scusarmi con te." Lui la guardò sorpreso.
"Non è stata
colpa tua." Lei si voltò facendo una smorfia. "Bhe, è stato mio padre
a ridurmi così, o almeno, è per colpa sua che sono in questo stato." Lei
fece un gesto con la mano, come se scacciasse una mosca.
"Non parlo di
oggi, lo so che io non c'entro, hanno fatto tutto quei cazzoni del Consiglio.
Io intendevo per tutto quello che è successo prima." Sospirò tornando a
guardare le piastrelle, visto che per un attimo si era concentrata sulla zona
ombelicale di Wes provando un'insensata voglia di sfiorargliela. "Non mi sono
comportata molto bene con te, fin dal primo giorno. Ho sbagliato e mi scuso, so
ammettere i miei errori, che pensi."
"Non ti
preoccupare, è acqua passata."
"No, non lo è.
Tra noi c' sempre stata una sorta di imbarazzo dovuto dalla mia fulminante
chiacchierata con te al Jolly, te la ricordi?" Se se la ricordava?
Miseria, era ancora una delle scene erotiche più forti in cui Wes fosse stato
partecipe, ma evitò di dirlo limitandosi ad annuire. "Non avrei dovuto.
Come non avrei dovuto aggredirti, sfogare su di te la mia frustrazione per lo
stato in cui mi trovo. Solo che è stato tutto troppo veloce: il mio diventare
Cacciatrice, dover imparare a sopravvivere, il test ed ora nuove minacce
all'orizzonte. Troppo...e non riesco a gestirlo. Per questo ho bisogno di voi,
di te e di Debby, ma soprattutto di te."
"Eh?"
"Tu conosci la
tenebra, l'hai studiata e sai quello che ci aspetta. Quindi, io mi scuso e ti
chiedo ufficilamente di aiutarmi e di provare ad essere amici." Questa
volta lo guardò in faccia, doveva farlo, scusarsi guardando altro non era il
miglior metodo per essere credibile.
"Non hai
neppure bisogno di chiedere, Monica. Io sono qui per aiutarti fin dal primo
giorno. E, in quanto essere amici, ne sarei onorato."
Si sorrisero
complici, poi Monica si alzò e fece per uscire dalla stanza: la parte più
difficile era stata affrontata, il resto sarebbe arrivato con il tempo.
"Lavati...penso
che per quello non hai bisogno di una mano. Se poi fai difficoltà ad uscire,
urla, verremmo a salvarti." Uscì tranquilla, lasciando Wesley solo a
fissare il punto dove era rimasta fino allora...poi la testa di Monica fece di
nuovo capolino nel bagno.
"C'è una cosa
che non ti ho mai detto, ma sai, non ci avevo veramente fatto caso."
"Quale?"
Domandò lui incuriosito.
"Sei proprio figo.
Complimenti." E se ne andò. Wesley prese a variare di diverse sfumature
rosse. Lo aveva decisamente spiazzato con quella uscita...ma era stata Monica
la ragazza che era stata con lui fino a quel momento? Oppure si era aperto un
varco spazio temporale ed era piombata qui
Monica piuttosto
soddisfatta di quello che aveva raggiunto, trovò Debby intenta a mangiare uno
spicchio della pizza ordinata e si mise a farle compagnia, riuscendo finalmente
a cenare. Non ce la faceva più, aveva una fame!
"Come sta
Wes?" le domandò l'amica.
"Insomma, ci
metterà un po' di giorni a stare meglio. Il buono è che almeno ha tutte le ossa
a posto. Per il resto...guarirà, col tempo. Uhm....buona!" esclamò mentre
masticava entusiasta la pizza.
"E tra voi due
direi che va molto meglio." Si guardarono sorridendo maliziose.
"Era il momento
giusto. Mi sono scusata, forse le cose cominceranno ad andare meglio. Sai, io
lo odiavo perchè pensavo che fosse sua la colpa di quello che mi è successo,
eppure dentro di me sapevo che lui era l'ultima ruota del carro in un
ingranaggio molto complesso. Insomma, era un po' nella mia stessa situazione.
Quando ho conosciuto Travers e Pryce senior, ho capito che non c'è mai limite
al peggio e che Wesley, in realtà, è un'ottima persona." Si fermò un
secondo come a pesare le parole "Da quando Wesley è così carino?"
"Uh?"
"Ma sì... non
mi ero mai accorta che avesse un corpo mica male...tu lo avevi visto?"
"Certo, non sono cieca e non lo eri neanche tu. Ma che razza di domande mi
fai, Monica?" Lei scosse il capo, non riuendo a credere alle parole della
sua amica.
"Sì, ero in
bagno e lo guardavo...una tentazione. In realtà me ne ero accorta già al
magazzino...vederlo così determinato, la barba incolta, gli occhi fissi...Ma è
sempre stato così?"
Deborah si mise una
mano sulla fronte non capacitandosi dell'ottusitò di Monica in quel frangente.
"Forse, se non
fossi stata così occupata ad odiarlo a prescindere, te ne saresti accorta. Wes
è così carino dal momento in cui ha varcato la nostra soglia."
"Ah." e
non disse più nulla, limitandosi a mangiare e pensare...sarebbe stato molto
interessante il lavoro, d'ora in poi.
"Io esco con
Leila, dovrebbe essere qui a momenti. Che le dico riguardo alla tua
assenza?" chiese Debby mentre si infilava gli stivali.
"Dille che c'ho
l'influenza e che non me la sento...inventa qualcosa." rispose lei
alzandosi. Aveva deciso di buttarsi sul tappeto ed ascoltare musica con le
cuffie, giusto per rimettersi un po'.
"Ok. Stammi
bene e non saltare addosso a quel poveretto di la."
"Per chi mi hai
preso? Sono una brava ragazza, casta e pura." Deborah la guardò poco
convinta. "Ok, non molto casta e tanto meno pura, ma sono una brava
ragazza, non mi approfitterei mai di una persona malata! E poi siamo solo
amici."
"See,
amici...voglio proprio vederla questa."
Deborah uscì per
andare ad aspettare la sua amica e Monica scosse il capo: era stata sincera, ok
Wes si era dimostrato molto più carino di quanto sospettasse, ma da qui a farci
altro...il passo era bello lungo. Lo vide uscire dal bagno, con di nuovo
indosso gli stessi pantaloni, ma questa volta completamente pulito e sistemato.
I tagli spiccavano come luci al neon sulla sua carnagione pallida, ma almeno si
muoveva con più scioltezza.
"Sicuro di
farcela?" gli chiese.
"Sì. Mi butterò
a letto e rimarrò là ad agonizzare in santa pace." Wes si guardò attorno
accorgendosi che mancava qualcuno, mentre Cucciola lo annusava scettica.
"Debby?"
"Fuori. Lei è
uscita...aveva bisogno di sfogare la sua tensione. Era piuttosto preoccupata
per noi. Meglio così...si diverte. Senti, io sono in soggiorno, ma faticherò a
sentirti...ascolto musica con le cuffie, quindi...spero non ti serva
nulla." E sorrise mettendo in fuori una puntina di lingua che lo fece
sorridere.
"Non credo che
mi servirà qualcosa...punto solo a dormire." Si salutarono tranquilli,
ognuno diretto al proprio impegno.
Wesley si tolse pure
i pantaloni e completamente nudo guardò fuori dalla finestra della sua stanza:
l'Adriatico era una tavola e la luna illuminava l'acqua dandole un brillante
colore argentato. Gli pareva incredibile che solo poche ore prima stava per
morire. Quando il primo pugno lo aveva colpito allo stomaco, aveva capito
tutto: il consiglio, in un modo o nell'altro, voleva liberarsi di lui. Aveva
notato come Travers osservasse molto interessato le capacità di Monica ed aveva
intuito che avrebbe voluta allenarla lui stesso. Quindi, adesso, era piuttosto
in pena per il suo lavoro: non credeva che Travers lo volesse ancora come
Osservatore, ma lui non voleva abbandonarla, quindi, intimamente, aveva già
deciso che non si sarebbe fatto da parte comunque. In più, non aveva proprio
voglia di tornare tra le fila del Consiglio, visto anche come lo avevano trattato.
No, Wesley voleva starci più lontano possibile e tagliare qualsiasi legame con
loro.
Esausto si buttò a
letto ascoltando la voce di Monica proveniente dal salotto. Lo fece sorridere
mentre cantava a squarciagola una canzone dopo l'altra. Voleva dormire, ma
sentirla rilassata e tranquilla gli faceva così bene al morale che non aveva
nessuna voglia di chiederle di smettere. Anzi, lo rendeva ancora più curioso di
vederla. Fece una smorfia quando una costola scricchiolò e mollò qualche
parolaccia degna di uno scaricatore di porto, tanto chi poteva sentirlo?
Disteso stava troppo scomodo e quindi si sedette sul letto. Molto meglio, ma
sicuramente non comodo per dormire.
Prese il pigiama e
lo indossò, uscì dalla stanza e, seguendo le ombre, andò in cucina a bersi un
po' d'acqua. Poi seguì la voce della sua Cacciatrice e la vide: era distesa sul
tappeto del soggiorno, con un cuscino del divano a sollevarle la testa, le
cuffie sulle orecchie e Spike acciambellata sulla sua pancia a fare le fusa.
Teneva gli occhi chiusi e canticchiava senza badare a niente altro. Gli fece
molta tenerezza, era uno di quei momenti in cui lei sembrava veramente solo una
ragazza come tante altre. Riflettè che probabilmente, era stata unica ancora
prima di diventare una cacciatrice.
Lentamente si
sedette sul diveno trovando una posizione comoda e che non gli facesse dolere
il costato. Piano piano si appisolò osservando Monica che dolcemente cantava,
solo per lui.
Lei sapeva che lui
era lì, lo aveva percepito nel momento stessa in cui aveva aperto la porta
della sua stanza, ma aveva volutamente evitato qualsiasi commento e aveva finto
di essere all'oscuro di tutto. Intimamente le faceva molto piacere sapere che
lui era lì a guardare lei. Il fatto che lui avesse un debole per lei la
gratificava molto più di tante altre cose, quindi decise di godersi
gratuitamente quelle belle sensazioni. Quando il cd arrivò all'ultima nota,
aprì piano gli occhi e lo vide con il capo chino sul materasso del divano, gli
occhi chiusi, la bocca leggermente aperta. Stava dormendo della grossa ed a lei
non sembrava giusto svegliarlo, quindi prese una piccola coperta di pile e
gliela mise addosso, in modo che non prendesse freddo, poi andò a dormire
sorridendo beata.
CAPITOLO UNDICI
Ci avevano messo un sacco
di tempo, ma finalmente il ragazzo aveva capitolato: Monica, Deborah e Wesley
avevano passato un'intera domenica lontano da libri ammuffiti, demoni
puzzolenti e cacce estreme, una dovuta pausa dopo tutto il patire del
Consiglio. Wesley si era rimesso al meglio, anche perchè Monica lo obbligava a
passare le notti a casa mentre lei da sola si occupava della ronda. Non aveva
voluto che il suo osservatore si strapazzasse troppo e poi si divertiva molto
da sola e andava più veloce. Ammetteva a se stessa che la prova a cui era stata
sottoposta l'aveva aiutata ad affinare certi colpi, ma non li perdonava
comunque.
Ora Monica guardava
un estraniato Wes, che seduto al tavolo, beveva una birra rossa: quel giorno
erano stati a godersi il sole al castello di Miramare, esattamente come lei
aveva programmato molte sere prima. Cucciola era stata tutta contenta di
correre per l'immenso parco che delimitava il castello e le ragazze di poter
prendere finalmente un briciolo di sole.
Il posto era
piaciuto molto al ragazzo che non lo aveva mai visitato e si era divertito
anche lui ad ascoltare la storia del castello e degli Asburgo a Trieste. Non lo
aveva mai immaginato, ma Monica sapeva parecchie cose sulla città, non gli era
mai sembrata una amante della storia antica.
Invece adesso, le
cose erano radicalmente cambiate: il locale era pieno di gente che ballava e
beveva, il pavimento era ricoperto di bucce di arachidi che facevano scivolare
più di un cliente leggermente alticcio e lui si sentiva impanicato. Monica e Deborah ballavano...anzi, ballare non rendeva
loro giustizia: stavano dando uno spettacolo saffico che più di qualche ragazzo
apprezzava.
Deborah aveva deciso di infilarsi un bel vestito violetto comprato di fresco
dai cinesi: era tenuto su da due piccole spalline di seta che non mascheravano
del tutto quelle del reggiseno porpora sottostante. Il decoltè era lasciato in
bella vista solo nel momento in cui lei aveva deciso di togliersi la maglia di
lana. La pelle color panna risaltava come un neon con quel vestito e ancora di
più si notavano le gambe, lunghe e belle che si muovevano sinuose su un paio di
sandali con il tacco. I capelli rossi scintillavano sulle spalle, rendendola
ancora più eterea. Non fosse già abbastanza deleteria per Wesley questa
immagine, ci si aggiungeva pure Monica vestita come mai aveva fatto prima:
invece dei soliti jeans scuri, portava una gonna nera, lunga fino a metà coscia
e sopra una camicetta nera di seta stretta in maniera da fasciare perfettamente
il seno procace. I collant neri sembravano allungassero la sua figura e per
finire, gli stivaletti bassi neri ed eleganti. Quella sera aveva deciso di
lisciarsi i capelli con la piastra e di truccarsi: era riuscita a rendere i
suoi penetranti occhi castani ancora più grandi del normale. All'inizio Monica
si era sentita piuttosto spaesata in quegli abiti: la gonna non era sua, bensì
di Debby che gliela aveva passata. Poi, quando aveva visto gli occhi di Wes
allargarsi per lo stupore, aveva capito di non aver fatto una brutta scelta.
Le due ragazze erano
una davanti all'altra, con le braccia intrecciate dietro il collo dell'altra,
muovendosi sinuose a ritmo di qualsiasi musica vagamente adeguata mettesse su
il Dj. Scherzavano tra loro ridendo, oppure facendo qualche smorfia e questo
sembrava essere una cosa che gli uomini attorno a loro apprezzavano. Non ultimo
Wes, che non riusciva a non pensare a loro tre assieme in un letto. Arrossì
violentemente, quando si immaginò una scena più audace e scappò in bagno,
incurante delle occhiate maliziose che le sue amiche gli lasciavano.
"Credi che si
sia sconvolto di noi?"
"Poverino, non
lo avevamo neppure avvisato." analizzò Deborah. "Sai che stai proprio
bene vestita in questo modo, dovresti cambiare un po' del tuo guardaroba."
Monica sbuffò staccandosi da lei per bere un goccio della sua acqua: non era
una che beveva molto, preferiva gli analcolici.
"Dai, mi sento
una mezza papera con questa gonna. Sono ridicola!"
"Non dire
scemenze, non vedi come ti guardano tutti in questo locale?"
"Guardano te,
vuoi dire."
"No, guardano
anche te...pure Wesley lo fa...non riesce staccare gli occhi dalle tue
gambe." Monica prese a guardarsi: le piacevano le sue gambe, specie i
polpacci. Nonostante avesse giocato per una decina di anni a pallacanestro,
erano riusciti a restare belli snelli, non si erano mai ingrossati troppo.
Almeno questo, pensò. In più da quando anche il resto della gamba si era
assottigliato per esigenze di caccia, stava ancora meglio, tanto da poter
indossare i vestiti della sua amica, prima solo sognati in silenzio.
"Non è
vero..." Protestò debolmente. Venne salvata in corner dal ritorno di Wes,
visibilmente tirato in volto. "Ehy, osservatore, tutto ok?"
Lui la guardò: gli stava sorridendo felice, finalmente contenta di aver avuto
una serata libera dalle cacce e, in fondo, se lo meritava pure.
"Tutto alla
grande." le rispose accennando ad un sorriso di risposta.
"Allora ti
vieni a scatenare con noi?" chiese Deborah cercando di tirare per un
braccio il povero malcapitato, che strenuamente combatteva per restare seduto.
"Non ci penso
neppure. Io non so ballare. Resto qui e vi guardo."
Monica e Deborah si
misero a ridere e ripresero le danze, questa volta decisamente più veloci e
meno sensuali: forse era meglio così, non volevano avere maschi arrapati tra i
piedi. Monica, poi, ad una canzone che le piaceva particolarmente, si mise a
saltare ed urlare come una forsennata, facendo sorridere Wesley. A vederla così
spensierata e gioiosa non si sarebbe mai detto che su di lei gravava un peso
enorme come la salvaguardia della città, anzi sembrava ringiovanita di parecchi
anni. In effetti quando sorrideva o rideva era ancora più bella. Bevve l'ultimo
sorso della rossa che aveva ordinato e decise di andare a prendersene una
seconda. Mise la mano sulla spalla di Monica, abbassandosi per parlarle
all'orecchio: Si sentì improvvisamente perso. Il suo profumo, mescolato con
quello di donna fatta che lei emanava da ogni poro, lo lasciarono senza fiato.
"Che c'è?"
gli domandò lei incuriosita.
"Vado a
prendere da bere. Vuoi qualcosa?" Il fiato caldo di Wesley accarezzò il
collo scoperto di Monica che si ritrovò a rabbrividire: ma da quando le faceva
quell'effetto?
"Grazie, magari
qualcosa di fresco. Un succo od un the." ordinò lei e lui annuì andando
verso il bar.
Nonostante la calca
infernale che regnava in quel posto, Wesley uscì trionfante con due bicchieri
ed una bottiglia d'acqua in mano e si avviò verso il tavolo, rimanendo di
stucco quando vide quello che stava accadendo: attorno alle due ragazze c'erano
un paio di ragazzetti che ci stavano chiaramente provando. Deborah sorrideva di
circostanza e Monica li stava squadrando dalla testa ai piedi.
"Dai bellezze,
perchè non venite con noi? Conosciamo un locale molto carino..." disse uno
con tono chiaramente lascivo.
"No, a noi
piace stare qui, grazie." Rispose Monica a tono girandosi per prendere
qualcosa dal giubbotto. Venne fermata da una mano che la prese per il braccio
strattonandola. Non ci vide più: stava per mollare uno schiaffo al tipo, quando
si accorse che non la tratteneva più. Sgranò gli occhi dallo stupore quando
vide che il porco era faccia a faccia con Wes che lo guardava serio.
"Mi sembra che
ti abbiano detto di no. Sarebbe più cortese se te ne andassi." Disse
Wesley pericolosamente calmo. In realtà dentro ribolliva: come avevano osato
quei ragazzini a tampinare la sua donna? Ok, magari Monica ancora non era sua,
si disse, ma non poteva farci nulla, era geloso.
"Senti un po',
damerino, togliti dai piedi, io e la signora non abbiamo ancora finito."
"Invece
sì." Wesley gli lanciò un'occhiata assassina che fece rabbrividire Deborah
che dalla sua posizione poteva vederlo al meglio.
"Ehy, Max,
forse è meglio se lasciamo perdere, che ne dici?" Propose uno dei compari
del tipo. Lui non rispose, girò sui tacchi borbottando qualcosa di poco carino
all'indirizzo delle ragazze e di Wes e li lasciò in pace.
"Wow, che uomo
il nostro Wesley Pryce!" Esclamò Monica maliziosamente e lui arrossì. Dopo
una piccola parentesi di eroismo, era tornato il solito timido Wes.
"No, è che...non
mi piacciono i ragazzi che non sanno fermarsi."
"Hai fatto
bene!" Gli disse Debby. "Dai, balla con noi, ti prego." provò a
fargli gli occhioni, ma con scarsi risultati. Per fortuna ci pensò Monica, che,
prima che lui si sedesse al suo posto, lo prese per mano attirandolo verso di
loro.
"Adesso non ci
scappi." Wes cominciò ad annaspare: davanti a lui aveva Deborah che lo
guardava sorridente e dietro poteva sentire distintamente muoversi Monica
pericolosamente vicino a lui. Debby lo abbracciò mettendogli le braccia al
collo e fece l'occhiolino a Monica che ridacchiava.
Wesley prese a
pensare alle cose più turpi e sanguinolente che avesse mai visto, solo per
evitare di immaginarsi in altre situazioni decisamente più erotiche. Fatica del
tutto sprecata, quando sentì Monica che, presa la mano che le tendeva Deborah,
si unì al ballo, appiccicandosi a lui: si sentiva come la farcia di un
tramezzino. I seni della bella mora erano schiacciati sulla sua schiena ed i
jeans gli diventarono troppo stretti, ma alle due ragazze sembrava non
importasse molto di quello. Notò che Debby era accesa in volto, forse un po' si
vergognava anche lei. Quando sentì le mani di Monica afferrarlo per la vita, si
girò verso di lei e potè osservare il suo classico sguardo da cerbiatta
peccaminosa. Deglutì con forza e ringraziò il cielo quando loro si staccarono
per la partenza di un ballo veloce.
Ora ne aveva la
certezza, quelle due lo volevano morto.
Incurante delle
dieci ore passate alla scrivania a cercare di decifrare i rapporti scritti dai
suoi colleghi, l'ispettore Alessio Marchesi, si sfregò gli occhi e si
stiracchiò sulla sua sedia. Ormai aveva completamente perso l'uso del cervello.
Guardò l'orologio e si diede mentalmente dello stronzo: ovvio che tua moglie ti
ha lasciato, sei sempre a fare straordinari, pensò.
Spense il pc
insoddisfatto, poi prese la giacca e si avviò verso casa. Non abitava lontano
dalla centrale di Polizia e quindi preferiva sgranchirsi le gambe con una
camminata.
La casa era l'unica
cosa che gli era rimasta dopo la separazione: Sonia, la sua ex moglie, aveva
impacchettato per bene tutta la sua roba ed auf Wiedersen, niente saluto,
niente biglietto, solo una carta dell'avvocato con la documentazione per il
divorzio. C'era rimasto di sale quel giorno. Sapeva che le cose stavano
zoppicando tra loro, ma lui era nel pieno di una importantissima operazione
anti droga e per parecchio tempo era stato via dalla città, addirittura.
Evidentemente lei non aveva apprezzato e si era risollevata grazie ad un
compiacente agente di borsa. Maledì lui e tutti quelli della sua razza: giacca
e cravatta, sempre eleganti, mai un filo fuori posto e soldi a palate. Il
contrario di lui: era alto, massiccio, i capelli chiari corti e due penetranti
occhi grigi. In quel momento la barba lunga gli pizzicava la guancia e i suoi
trentacinque anni pesavano come fossero il doppio.
Come entrò in casa,
un odore di stantio lo accolse. Senza troppo attendere, si buttò sotto la
doccia e riprese a pensare ai suoi casi. Lo stavano facendo ammattire. Come
poteva essere che intere bare e tombe venissero scoperchiate dal di dentro?
Quella era l'unica cosa certa in tutto quell'intricato rompicapo: la
scientifica aveva fatto foto ed aveva esaminato tutte le scene del crimine ed
erano giunti alla conclusione che l'effrazione partiva da dentro. Inizialmente
aveva pensato che qualcuno, per motivi a lui ignoti, volesse farsi seppellire
per poi risorgere, ma lo aveva scartato poco dopo. In fondo aveva letto tutte
le cartelle del coroner che dicevano che quella gente era definitivamente morta
quando si erano ritrovati a fare l'autopsia. Quindi non era quella la
soluzione.
In realtà non gli importava molto di quei casi: con tutto quello che stava
accedendo in città in quegli ultimi mesi, tombe profanate non erano delle
priorità. Sorrise mesto: solo per quello gli avevano dato quel caso. Non era un
cattivo poliziotto, anzi, si era fatto valere in parecchie occasioni, ma
l'abbandono di Sonia lo aveva portato a diventare uno straccio. Aveva subito un
pesante contraccolpo psicologico che lo avevano fatto diventare un niente. Si
era buttato, per un po', nell'alcool, ma si accorse ben presto che a poco gli
serviva. Il suo capo, preoccupato per lui, gli aveva ordinato di prendersi
tutte le ferie arretrate che aveva nel cartellino, in modo che si riposasse.
Invece lui non le aveva prese e aveva continuato a lavorare instancabilmente,
rovinandosi sempre di più. Subì un'ispezione dalla disciplinare, che non trovò
nulla di rilevante sul comportamento al lavoro, ma gli intimò di fare qualche
seduta dallo psicologo della centrale e di prendersi quei benedetti giorni di
riposo. Lo aveva fatto, ma il suo malessere continuava, anche ora.
Il commissario gli aveva rifilato quel caso solo per evitare di averlo tra i
piedi in qualche caso più grosso, come un omicidio o un rapimento. Solo che non
avevano fatto i conti con lui: poteva anche essere uno sfigato incapace di
relazionarsi con gli altri, ma era un poliziotto e pure uno di quelli bravi,
avrebbe sviscerato ogni cosa pur di dimostrare di essere quello di un tempo.
Finalmente lavato,
prese in mano la cartellina che si era portato dalla centrale e ricominciò a
sfogliare le pagine con le foto. La cosa che lo turbava di più, guardando le
immagini, non era il buco chiaramente creato dal fondo del terreno, bensì le
strane orme li accanto. Il fatto che le tombe profanate fossero tutte fresche,
avevano aiutato gli inquirenti a trovare cose interessanti: molte impronte
confuse ed alcune, invece, molto più nitide. E quella più chiara di tutte, era
un'orma di una scarpa da ginnastica della Nike modello K-Sky. Non che questo lo
aiutasse: quell'anno erano state vendute solo a Trieste almeno 1000 paia di
quelle scarpe. In realtà la cosa strana era il numero della scarpa:
trentasette, un numero chiaramente femminile. Che ci faceva una donna in un
cimitero e per di più di notte, ora certa e stabilita delle profanazioni? Lui
lo odiava già con la luce, figuriamoci di notte.
Sospirò pesantemente
mentre si andava a prendere qualcosa da mangiare: la dispensa era desolatamente
vuota, era rimasto solo del pane del giorno prima. Aprì il frigo e trovò un po'
di crudo e lo mise tra due fette. Non era la cena migliore del mondo, ma quando
sei solo ti devi arrangiare con quello che trovi, pensò lui filosoficamente. Si
stappò una birra e riprese a controllare i fogli del caso: un altro particolare
alquanto macabro, erano i segni che le vittime portavano al collo o, in minor
misura, al polso. Avesse creduto a Dracula, avrebbe già risolto il caso, ma
Alessio non credeva nei vampiri, quella era solo letteratura. Era più facile
che qualcuno fosse così fissato da credersi un succhiasangue e seguire le orme
del Conte.
Decise che per quel
giorno era l'ora giusta di andare a dormire: guardò con tristezza il letto con
le lenzuola ancora sfatte dalla notte prima che lo osservavano mute con
desolazione crescente.
Da "Il
Piccolo"
Continua il turpe
lavoro dei profanatori di tombe, che incuranti del dolore dei parenti dei
defunti, continuano a scoperchiare e trafugare addirittura i corpi. La
popolazione cittadina si chiede impaurita che cosa se ne facciano delle salme,
ma l'ispettore Marchesi non rilascia dichiarazioni.
CAPITOLO DODICI
Monica si stiracchiò
sotto le coperte: la sveglia segnava le dieci del mattino. Un sorriso le
increspò le labbra: ah, benedetto lunedì, giorno in cui il negozio rimaneva
chiuso la prima mezza giornata. Decise che poteva restare ancora un po' a letto
a godersi il calduccio e le fusa di Spike tutta contenta che la sua padrona non
si fosse alzata prima.
"Sei più pigra
di me..." disse Monica all'indirizzo della sua gatta nera.
Mezz'oretta dopo,
decise che il suo stomaco era abbastanza affamato per meritarsi qualche
biscotto: si infilò il pigiama che la sera prima si era tolta, e così si rese presentabile
al genere umano. Si passò anche la spazzola sui capelli scarmigliati. Visto il
tempo da cui era sveglia, meglio di così non poteva proprio fare. Andò in
cucina stupendosi di trovare Wesley intento a leggere da diversi libri
polverosi.
“Ciao."
Gli disse andando direttamente alla moka del caffè e la mise su fuoco, poi aprì
la dispensa e si prese i biscotti.
"Ben svegliata.
Dormito bene?" Monica pensò alla sua notte e ai suoi sogni incredibilmente
romantici e sorrise. Non ricordava chi era il protagonista dei mille baci
ricevuti, ma non importava.
"Sì, molto. Che
stai facendo?" chiese guardando qualche pagina sparsa.
"Nulla, solo
qualche ricerca. Dalle ultime cacce, credo che il modus operanti dei master
della città siano cambiati. Non ci sono più tombe fresche, e quindi incremento
di omicidi, ma sono aumentate le sparizioni e diminuiti gli impalettamenti.
Hanno in mente qualche cosa."
"Favoloso....e
per quando?" Wesley meditò un po', mentre faceva un paio di conti con il
calendario alla mano.
"Di solito i
riti magici vengono meglio durante uno dei due culmini del ciclo lunare: luna
piena o luna nuova. Abbiamo appena lasciato quella piena alle spalle, quindi
direi che abbiamo 13 giorni per arrivare alla nuova. Ma...potrebbero anche
scegliere di passare al mese prossimo...dipende tutto da cosa hanno in
mente." sospirò infine e Monica evitò di dare una rispostaccia. L'idea di
dover attendere che qualcosa avvenisse, non le piaceva per nulla. Lei voleva poter
agire prevenendo ogni cosa.
Finita la colazione
andò verso il bagno per mettere su una lavatrice: ormai stava finendo le cose
bianche. Prese a rivoltare la cesta delle cose sporche, approfittando per
lavare anche cose di Deborah e Wes. Quei piccolo gesti di normalità la facevano
stare stranamente bene. Guardò una canottiera della sua amica e aggrottò la
fronte, vedendo che sulla parte anteriore c'erano due piccole macchioline di
sangue: erano due cerchi di pochi millimetri di diametro. Che strano. Ne prese
una seconda e anche lì trovò le macchie. Fece partire il lavaggio con più dubbi
che risposte.
"Wesley, ti
disturbo?" chiese uscendo dal bagno.
"No, dimmi
tutto." Monica pensò ad un modo tranquillo per esternare i propri quesiti.
"Quanto tempo
ci mette un morso di vampiro a guarire?"
"Bhe
dipende...su di te poche ore di sicuro. Su una persona normale...qualche
giorno. Giusto il tempo che i fori si cicatrizzino, perchè?" lei scosse il
capo, indecisa se parlarne già con lui o se aspettare Deborah prima, poi fece
spallucce e rispose.
"Su alcune
maglie di Debby ho trovato delle macchie di sangue." Wesley si allarmò.
"Ma come è
possibile?"
"Un po' di
tempo fa è stata aggredita da un vampiro qui fuori, ma lei lo ha polverizzato,
solo che era riuscito a morderla."
"Dove?"
"Proprio
qui." Rispose lei, aprendo un bottone della maglia del pigiama e indicando
il seno sinistro al ragazzo, che divenne leggermente rosso.
"Intendevo dove
era stata aggredita."
"Ha detto qui
fuori, ma non so di preciso. Quella sera non mi sono preoccupata molto, ma
adesso è strano. Non mi risulta che abbia subito ulteriori aggressioni, non è
possibile che il suo segno continui a sanguinare, neppure per lei che ha
l'emoglobina a livelli bassi." I due si guardarono leggermente preoccupati.
"Come mai era
fuori di sera da sola?"
"Era con
Demian. Stava tornando da uno dei suoi primi appuntamenti." Lui annuì e
prese a pensare a tutta la faccenda...qualcosa non gli tornava. Decisero
tacitamente di aspettare Deborah e vedere se, magari, aveva subito un ulteriore
attacco.
Finalmente la rossa
tornò distrutta dalla mattina intensa in panetteria. Per fortuna che il
pomeriggio era libero: corso di Spagnolo e poi lettuccio.
"Ciao!"
esclamò sedendosi a tavola, poi rimase stordita dall'irrequietezza che leggeva
nei volti degli amici "Va tutto bene?"
"Diciamo di
sì...anzi no." decise di vuotare il sacco Monica. "Hai ancora il
segno del morso sul seno?" Debby avvampò: erano argomenti da tirare fuori
davanti a Wesley, quelli?
"Sì, non va più
via. Non so bene come fare." sussurrò lei.
"Quindi non sei
stata di nuovo aggredita?"
"Assolutamente
no! E' successo quella volta e basta."
"Posso
vederlo?" La voce di Wesley era educata e tranquilla, ma Deborah era
comunque imbarazzata. Nonostante tutto si tolse la maglia e mostrò il segno
all'osservatore che, per nulla interessato alle sue procaci forme, la osservava
critico. Sentì immediatamente che quello era un morso fresco, possibile? Anche
Monica lo guardava con faccia schifata: come la sua amica si era spogliata, aveva
percepito la natura demoniaca di quel morso.
"Grazie Debby.
Vedrai che prima o poi si cicatrizzerà." le disse Wes con un sorriso
tranquillizzante. "Andiamo ad allenarci un po' noi." continuò poi
rivolta alla sua cacciatrice e che annuì.
"C'è qualcosa che
non va in quel morso." esordì Wes mentre passava a Monica un paio di
guantoni da boxe. Lei aveva chiesto che, per almeno gli allenamenti, le sua
mani fossero protette: non poteva andare al lavoro con ecchimosi e nocche
spellate.
"Lo so, lo
sento anche io. Fai qualche altra ricerca in merito." gli ordinò lei.
La sera era scesa
inesorabile. Monica e Wesley stavano tornando verso casa dopo la ronda: in
effetti, come aveva detto l'osservatore quella mattina, gli impalettamenti
stavano diminuendo. Niente vampiri, quella notte, solo qualche demone dalle
corna ricurve che sperava di estendere il proprio dominio sulla città. Stolti,
non sapevano che nella Bocca dell'Inferno lavorava
"Stai
diventando sempre più brava." Le disse tutto ad un tratto Wesley.
"Grazie. Che
posso dirti, ho voglia di imparare per evitare di morire presto. E' una scelta
che se potessi, eviterei di contemplare." Arrivarono a casa, ma invece di
entrare decisero di sedersi sul piccolo molo: c'era la luna calante, ma riusciva
ancora ad illuminare l'area circostante come un faro. L'aria frizzante li fece
rabbrividire, ma, in fondo, nessuno di loro voleva tornare dentro.
"Allora,
Wes..." iniziò titubante Monica "Che mi dici di te?" Il ragazzo
la guardò stranito: e da dove veniva fuori quella domanda? "Dai, ho detto
che voglio che diventiamo amici...non ci riusciremo mai se non ci conosciamo
per bene, giusto?" Non vista arrossì leggermente.
"Che posso
dirti...bhe, sono di Londra." Monica lo guardò male.
"Che scoperta,
complimenti...Io sono di Trieste. Quindi che abbiamo scoperto che non sapevamo
già?" Wes ridacchiò.
"Scusa, è che
non sono molto abituato a parlare di me. Ho 29 anni, di Londra, per la
precisione Chelsea. Ho sempre studiato per diventare un Osservatore e,
nonostante tutto quello che mi è successo, non sono poi così pentito della mia
scelta."
"Hai sentito
tuo padre?" Domandò Monica guardando verso il mare nero.
"No. Ho parlato
con mia madre che mi ha raccontato che un teppistello lo ha
accoltellato..." Disse tranquillamente guardandola in volto e Monica
sorrise facendo spuntare la lingua tra le labbra. "E' evidente che lei non
sa tutto quello che è successo qui...pazienza, tanto non credo che tornerò a
casa molto presto. E di te che mi dici?"
"25 anni, nata
a Trieste, ma vissuta in provincia di Gorizia per molti anni. Genitori
divorziati e quindi due famiglie distinte, una che vedo spesso e l'altra che
non vedo mai. Diciamo che capisco cosa vuol dire avere un padre
rompiscatole...certo non al livello del tuo, ma sulla buona strada."
"Non credo che
tuo padre ti lascerebbe in balia di decine di vampiri pronti ad
ucciderti."
"No, forse
no!" E risero assieme. Monica doveva ammettere che questo riavvicinamento
le piaceva: chiedergli scusa era stata una grande idea. Wesley era simpatico,
dolce e premuroso, ma anche carino, cosa che non guastava mai. Solo che un
giorno aveva letto il regolamento comportamentale del Consiglio e aveva
scoperto che era vietata l'unione carnale tra Osservatore e Cacciatrice, per
questo volevano far tornare a Londra Wesley. La cosa la poteva fermare? No,
pensò, in realtà avere un divieto così netto la eccitava ancora di più. Non
riusciva bene a capire se quello che provava per lui era voglia di amarlo o
solo di infrangere quell'ulteriore regola e prima di fare qualsiasi mossa,
doveva capirlo. Non sarebbe stato giusto usare Wesley per la sua vendetta nei
confronti del Consiglio. Invece, se in realtà lei provava veramente un
sentimento di affetto o amore, allora nulla, tanto meno una stupida regola, avrebbe permesso di fermarla. Era una
testarda, Monica, se voleva qualcosa la seguiva fino a quando non l'aveva
ottenuta.
Guardò di nuovo il ragazzo seduto affianco a lei: gli occhi azzurri brillavano
scuri, grazie alla luna, poteva intuire la barba corta fare capolino dalla sua
pelle. E poi i suoi capelli neri: Aveva una gran voglia di toccarglieli, le
piacevano molto come gli stavano.
Tutto ad un tratto,
una risata fredda e metallica, li fece girare di scatto. Con un salto
repentino, Monica si alzò in piedi e prese un paletto dalla tasca della giacca.
"Che scena
romantica, quasi mi secca dovervi interrompere." Monica lo aveva
riconosciuto immediatamente alla risata: era il master con cui aveva già
parlato prima della sua prova. Lo guardò: Era vestito piuttosto elegantemente,
con la giacca nera aperta e la camicia rossa che spiccava. Le labbra turgide e
piene, segno che aveva appena mangiato. "Solo che mi stavate veramente
nauseando..."
"Wesley, vai
dentro." sibilò Monica al suo osservatore.
"Sì Wes, vai
dentro che io la signora dobbiamo fare una chiacchierata." incrementò il
vampiro beffardo.
"Monica, cosa
succede?"
"Vai dentro, ti
prego." Monica lo guardò negli occhi e lesse tanta preoccupazione. Gli
sorrise per convincerlo e lui, con lentezza, scrutando torvo l'intruso entrò
nel magazzino.
"Bene, ora che
nessuno può disturbarci, parliamo di affari, Cacciatrice."
"Chi sei?"
Chiese Monica tesa come una corda di violino.
"Ti piacerebbe
saperlo, eh? Non sono nessuno di importante, solo un vampiro preoccupato."
"E quindi sei
venuto qui per porre fine ai tuoi problemi facendoti uccidere?" La risata
fredda dell'uomo riempì l'aria.
"Sei
spassosa...veramente. Comunque no, sono venuto qui per proporti un patto."
Stavolta fu Monica a scoppiare a ridere ferocemente.
"Tu sei fuori
di testa. Ti pare che io mi metta a lavorare con un vampiro? E' già tanto se
questa sera riuscirai a tornare a casa intero."
Lui sorrise
malizioso con una luce dorata negli occhi. Monica non potè non rabbrividire:
nonostante la sua baldanza, sapeva che combattere con lui sarebbe stato
difficile e probabilmente avrebbe potuto essere anche l'ultima lotta.
"Io credo che
accetterai il mio lavoro, alla fine. Vuoi scommettere?" In tutta risposta
Monica gli sputò sulla scarpa. "Lo prendo come un no... Eppure dovresti
prendere in considerazione la mia offerta, se non altro per la posta in
gioco."
"E quale
sarebbe?" domandò Monica incuriosita suo malgrado.
"Deborah."
Il tempo sembrò fermarsi
per un lungo attimo. Il vampiro sorrideva soddisfatto, mentre Monica era
impallidita visibilmente. Che c'entrava la sua amica in tutta quella faccenda?
"Chi sei
tu?" Domandò ferocemente lei.
"Mi chiamo
Demian." Monica scosse incredula la testa.
"Non è
possibile...tu non puoi essere lui..."
"E perchè no?
Cara Cacciatrice lo sono invece. La tua amica si diverte a farsi sbattere da un
non-morto. A sua discolpa possiamo dire che non lo sa, ma intanto lo fa."
E rise. "E non sai quanto bene. Era da decenni che non trovavo una ragazza
viva disposta a fare tutte quelle belle cose perverse... Mi domando come sarà
quando diventerà una vampira."
"Questo è un
motivo in più per ucciderti all'istante." Monica era frastornata: non
sapeva bene che cosa fare in quel momento, poteva soltanto tirare per le lunghe
quella chiacchierata improbabile. Sperò sul serio che quello fosse solo un
incubo e che ben presto si sarebbe risvegliata, solo che lei sapeva che non era
così.
"Direi il
contrario...Vedi qui nascosto c'è uno dei miei servi. Se lui vede che tu mi
uccidi, darà l'ordine a tutti gli altri di mangiarsi la tua amichetta al primo
momento libero. Hai capito?" Monica annuì, ma non si diede per vinto.
"Bene, quindi possiamo cominciare a parlare finalmente d'affari." Demian
si avvicinò di qualche passo a lei e le sorrise freddo. "Non te lo sei
ancora scopato, eh?" le chiese rivolto a Wesley, che da dietro il vetro
del portoncino, osservava tutta la scena.
"Sono cazzi
miei, stronzo. Ora se vuoi spiegarmi cosa cazzo vuoi sarebbe meglio."
Demian rise divertito.
"Devi solo
uccidere un vampiro."
"Potessi lo
farei proprio ora, visto che ho un candidato perfetto davanti a me!"
"Per tua
sfortuna non sono io." Prese a camminare lento, sempre con gli occhi di
Monica a perforarlo, ma quello non lo disturbava per nulla. "Vedi, Trieste
era una città tranquilla, prima che
"Taglia corto,
non ho tempo da perdere qui."
"Hai ragione,
neppure io. In più ho un certo languorino." In realtà Demian si stava
proprio divertendo. Inizialmente non voleva giocare in questo modo con
"Bel
tipino."
"Umphf. Sì dai,
preso a dosi omeopatiche è pure simpatico. Però ha il brutto vizio di adorare
la distruzione. Ha in mente di diventare l'unico master della città e di
raderla al suolo per farla diventare una specie di porto franco contro gli
umani. Te ne rendi conto? Niente più Mandracchio di mercoledì, niente balli,
niente spuntini, niente Barcolana...non si può fare questo. Questa città...e i
suoi abitanti demoniaci, non lo meritano. Io voglio poter continuare a mangiare
sangue vivo quando ho fame, non rocce e macerie perchè un pazzo con qualche
serio problema mentale ha voglia di giocare al piccolo demolitore." Non
fosse stata così preoccupata, Monica si sarebbe messa a ridere. "Tu devi
semplicemente uccidere Kosmina. Sì, è un vampiro dalle origini slave."
"E perchè? Non
puoi farlo tu?"
"Lo farei
volentieri, io adoro un po' di sana violenza, ma non posso farlo. Vedi quel
bastardo ha fatto un incantesimo che non mi permette di colpirlo. Capirai,
quindi, che riuscire ad ucciderlo è estremamente difficile. Se non mi credi,
chiedo al tuo amico Osservatore, lui conoscerà di certo quello di cui sto
parlando. E qui entri in ballo tu. Lo ucciderai per me e vivremo tutti felici e
contenti."
"Dimmi perchè
non dovrei lasciare che questo tizio ti uccida?" lui sorrise, quasi
dolcemente.
"Perchè
altrimenti la tua amica farà una brutta fine." Monica deglutì
pesantemente. Dunque Debby non era solo una garanzia per questo piccolo
incontro, ma anche per il futuro. "Dovresti averlo sentito anche tu, ha un
morso sul petto. Quel morso gliel'ho fatto io ed è un morso speciale, estremamente
speciale, oserei dire." Un fiume di ghiaccio liquido stava scorrendo nelle
vene della Cacciatrice ormai impietrita. "Vedi, in quel modo io ho esteso
il mio possesso su di lei: nessun vampiro intelligente proverebbe a farle del
male, perchè sennò io lo verrei a sapere e la comunità vampirica mi conosce
come uno veramente cattivo. In un certo senso ho quasi messo al sicuro Deborah
da qualsiasi aggressione." Monica si stava arrovellando il cervello: non
era possibile, Debby non si ricordava di nulla, altrimenti gliene avrebbe
parlato, ne era certa. "In più lei è in mio totale potere. Quando faccio
valere il legame che ho creato con il morso, lei è come senza una volontà
propria. Lei è mia, totalmente."
"Bastardo..."
"Sì, lo
so."
"Hai messo su
questa farsa solo per arrivare a me." Vide che Demian scuoteva la testa,
il sorriso scomparso.
"In realtà no.
All'inizio, forse, volevo che fosse così. Avrei morso Deborah velocemente e
basta. Invece devo dire che mi ha incuriosito così tanto, che ho preferito conquistarla
lentamente. Non che la ragazza non valesse un singolo secondo sprecato. Sai
perchè la trovo così interessante? Deborah sembra tanto dolce e coccolosa,
eppure dentro di lei c'è un grande interesse verso l'oscurità, sembra una
vampira senza esserlo ancora. Non hai idea di quanto lei goda quando la
mordo." Monica evitò di pensare troppo all'immagine della sua amica nuda
con lui mentre la beveva. "Mi è piaciuta e ci ho giocato. Ma adesso tu lo
sai: se non accetti, io la posso uccidere quando voglio. Allora, accetti la mia
offerta?"Lui la guarda con un sorrisino di superiorità dipinto sul volto.
"Non credo di
avere molta scelta, vero?"
"Direi di
no..."
"Va bene, ma tu
non osare ad alzare un dito contro di lei." Lo minacciò Monica, ma lui
rise come al suo solito.
"Contro direi
di no, su di lei sarà diverso. Sarà lei a venire da me, Cacciatrice." Si
voltò, soddisfatto bel accordo preso. Capì l'errore solo quando sentì un dolore
sordo alla spalla destra. Monica gli aveva lanciato contro un paletto acuminato.
"Non ho detto
che non ti avrei ferito, solo che non ti avrei ucciso. Rammenta bene, quando
fai dei patti con me devi essere molto chiaro." Lui sorrise e con un gesto
teatrale sparì nell'oscurità, lasciando Monica sola ad osservare le ombre immobile.
La ragazza entrò in
casa trascinandosi distrutta: si sentiva fisicamente uno straccio e
psicologicamente a terra. Era stata sconfitta e ancora non aveva dato un solo
pugno a quel bastardo. Eppure...lei sapeva che non avrebbe potuto fare nulla
per impedire che mordesse Deborah. Sospirò guardando Wesley davanti a lei.
"Devi cercare
più informazioni che puoi su un certo tipo di nome Kosmina. Dovrebbe essere un
vampiro piuttosto vecchio e potente."
"Era lui
fuori?"
"No, quello era
Demian." Wesley sgranò gli occhi per la sorpresa, ma venne interrotto da
Monica. "Sì, quel Demian. E adesso chi glielo dice a Debby?"
"Dirmi che
cosa?" Deborah era appena apparsa sulle scale con un sorriso smagliante.
Monica e Wes ammutolirono. "Allora?"
"Niente!"
esclamò l'osservatore sentendosi preso dai Turchi, ma Monica scosse il capo: da
tempo portava avanti una politica di assoluta verità, specie con la sua amica.
"Ho conosciuto
Demian."
"Carino,
vero?"
"Molto, peccato
il piccolo inconveniente che sia un vampiro." Deborah rimase di sale e poi
si mise a ridere.
"Cavoli, quasi
ci credevo." smise di ridere quando vide la sua amica con le lacrime di
rabbia negli occhi. "Non può essere vero...Wesley, dimmi che non è vero,
ti prego." Ma Wes non rispose.
"Demian ti ha
usato. Forse parte di lui pure ti trova interessante, ma ti ha usato come merce
di scambio." Deborah sapeva che lei non mentiva, non lo aveva mai fatto.
Piuttosto diceva le cose come stavano, magari facendola stare male, o dandole
la scossa per attivarsi, ma mai le aveva raccontato bugie per farla stare
meglio. Girò i tacchi e sparì al piano di sopra, mentre Monica iniziava
quietamente a piangere.
Da "
Il capo della
polizia italiana decide di inviare più agenti per le indagini nel capoluogo
Giuliano, infestato da omicidi e rapimenti. Il presidente della Repubblica
insieme a tutte la cariche istituzionali, si dicono sgomenti rispetto a questi
avvenimenti. Inutili gli appelli dei famigliari delle vittime.
CAPITOLO TREDICI
Il mattino dopo,
Debby si svegliò con la testa che le faceva più male della sera prima. Aveva
pensato alle parole di Monica ed era giunta alla conclusione di essersi fatta
abbindolare in maniera veramente stupida. Avrebbe dovuto capire prima che
Demian era un vampiro: pallido, freddo e una certa aurea di malvagità che lei
sentiva a pelle. Però...era anche terribilmente affascinante. Tutte le sorprese
che le aveva fatto, i posti dove portarla, il sesso a dir poco favoloso, come
fare a capire che non era un ragazzo normale? Si alzò sospirando e si guardò
allo specchio: le gote erano ancora rigate dalle lacrime versate durante il
sonno, si sentiva tutta arruffata e sicuramente contro ogni tentazione. Si
vestì ed andò in cucina, dove, con stupore, trovò Monica e Wesley ancora
vestiti come il giorno prima intenti a sfogliare dieci libri diversi. Attorno a
loro il caos più completo: fogli sparsi su tutti i mobili e sul pavimento,
scatole vuote di biscotti e tazzine sporche di caffè in ogni angolo. Dovevano
aver fatto nottolata per fare ricerche.
"Ciao Deborah."
la accolse Monica sorridendo mesta.
"Non siete
andati a letto?" Wes e Monica guardono l'orologio e strabuzzarono gli
occhi.
"Cazzo! E io
devo pure andare a lavorare. Merda!" Monica corse verso la sua camera per
prendersi dei vestiti puliti, per poi fiondarsi verso il bagno per una doccia
rivitalizzante.
Debby si sedette
vicino all'Osservatore che la guardava con la pena nel cuore.
"Scusa, Wes. E'
tutta colpa mia." Mormorò la rossa.
"Ma figurati,
non ti devi scusare. Demian sarebbe arrivato a te in qualunque modo, non potevi
immaginarlo."
"Avete trovato
qualche cosa."
"Sì...diciamo
che ora sappiamo chi Monica deve affrontare." Wes prese uno dei fogli li
vicino e cominciò a leggere veloce. "Kosmina è un vampiro di almeno
trecento anni, diciamo che il primo documento ufficiale che abbiamo trovato è
datato 1700. E' stato vampirizzato a Belgrado, ma poi ha girato parecchio per
il mondo, imparando le arti magiche e mistiche. Non è un vampiro da
sottovalutare, Monica deve stare molto attenta."
Dal bagno uscì
Monica veloce come una scheggia, i capelli ancora bagnati per la doccia rapida
che si era fatta. Tornò in cucina saltellando mentre cercava di sistemarsi la
coda di cavallo e contemporaneamente di mettersi le scarpe. Wesley sorrise a vederla così sbarazzina.
"Perchè non ti
prendi un giorno di pausa? Hai passato la notte a studiare.." provò a dire
Deborah.
"Non posso! E
poi lascio Wes qui a fare ricerche...è meglio, io mi stavo annoiando una
cifra."
"Ehy, avevi
detto che ti interessava..." Protestò il ragazzo punto sul vivo.
"Bhe, volevo
essere utile...Ma non pensavo che ci fosse così tanta roba: ho capito perchè
sono le Cacciatrici a combattere e non gli osservatori, chi scriverebbe poi
tutte quelle scartoffie dopo una lotta?" Rise, smettendo però quando
guardò Debby. "Che c'è?" la rossa scosse il capo triste.
"E' tutta colpa
mia se siete a questo punto." Monica le sorrise abbracciandola da dietro.
"No, non è
colpa di nessuno. Demian sarebbe arrivato a me comunque in qualche modo. Forse
potevi accorgerti che era un vampiro, questo è vero, ma io, per esempio, non ho
fatto caso che il tuo morso continuasse ad essere aperto. Ero talmente presa
dal Consiglio, che non ci ho fatto caso. Non dobbiamo colpevolizzare nessuno,
Debby, adesso dobbiamo rimboccarci le maniche e fare in modo di rendere polvere
qualche brutto vampiro. Ok?" lei annuì, mentre Monica le dava un bacio
sulla guancia. Sì, non doveva preoccuparsi, presto quell'incubo sarebbe finito.
Monica prese la sua
tazza e ingurgitò tutto ad un fiato il caffè rimasto, poi prese la borsa che
aveva lasciato vicino la sedia di Wes e si chinò. Prima di sparire lasciò anche
a lui un bacio sulla guancia come quello che aveva dato prima alla sua amica e,
con uno svolazzo di mani, uscì di casa per andare al lavoro.
Wesley, stupito, si
teneva la gota marchiata ormai a fuoco dalle labbra della sua cacciatrice e
Debby sorrise a vederlo così rosso in viso ed imbarazzato.
"Te lo avevo
detto che lei è una ragazza buona."
"Bhe sì...però
è la prima volta che..."
"Che ti lascia
un bacio? Aspettatene pure degli altri: Monica, come me, è una che apprezza il
contatto fisico." e gli sorrise cercando di essere propositiva in positivo
per il resto della giornata. In realtà, fin dalla sera prima, aveva pensato di
dover fare una cosa molto importante per aiutare la sua amica. Non voleva che
le accadesse nulla di male e non poteva sopportare di essere usata in quella
maniera indegna.
Avrebbe avuto la sua
vendetta.
La notte era calata
in fretta e la luna era sempre più piccola all'orizzonte: sarebbe diventata
nuova di lì a dodici giorni. Monica correva veloce per le vie della città
vecchia, zona dove, nelle ultime notti, c'erano stati più attacchi. Wesley le
aveva detto che sarebbe andato a cercare informazioni in certi locali
demoniaci, o, che almeno, li andava a cercare. Era decismente più tranquilla a
saperlo lontano da lei: stranamente, e non riusciva a capire come mai, quando
erano a caccia insieme non riusciva a concentrarsi al 100% perchè aveva almeno
un po' di attenzione verso il suo osservatore.
Scese per Via San
Michele, dove neppure un'anima sembrava popolarla. Arrivò velocemente a Cavana
e trovò quello che cercava: un vampiro già in assetto da caccia stava mordendo
un ragazzo. Monica arrivò di corsa, lo staccò dalla vittima che cadde a terra
mugolante come un salame, e lo prese un po' a pugni prima di polverizzarlo.
"Stai
bene?" chiese al ragazzo che la stava guardando stravolto.
"Sì...credo.
Che cos'era?" Monica l'osservò di sbieco.
"Sei proprio
sicuro di volerlo sapere." Quello scosse il capo in segno di diniego.
"Meglio. Ora vai a casa diritto e se puoi fatti una bella
bistecca..." Quello corse via senza neppure finire di ascoltare, aveva
troppa paura. "...al sangue. Bah..."
Si guardò attorno,
Piazza Cavana era deserta, perfino la pizzeria aveva le saracinesche abbassate.
Il lampione rilasciava la sua calda luce arancione e, ombre a parte, non c'era
nulla di vivo. Infatti, da un piccolo vicolo apparvero un paio di vampiri.
"Cacciatrice..."
Ringhiò uno.
"Vampiro."
constatò semplicemente lei. Li sentiva, non erano molto potenti, forse alcuni
avevano qualche decennio, ma nulla più. Solo che, in sottofondo, percepiva una
demonicità più forte, qualcosa di antico. Doveva stare molto attenta.
L'attacco avvenne
velocemente, rapido e brutale, ma lei non si scompose e rispose a tutti i pugni
e calci. Finì a terra, ma si risollevò immediatamente, come se nulla fosse
accaduto. Non doveva mostrare debolezze davanti ai suoi nemici, specie se di
quella così bassa levatura.
Poi il tempo si
fermò. Tutti i vampiri si immobilizzarono e si fecero da parte, facendo entrare
in scena il loro leader. Monica rabbrividì sia per la potenza che lui emanava,
che per lo sguardo sprezzante che le stava rivolgendo. Non ebbe dubbi: aveva
davanti Kosmina. Alto, con una lunga tunica a coprirlo e il cappuccio, che lo
faceva assomigliare ad un druido più che ad un vampiro. Il volto era serio, non
doveva avere più di una trentina d'anni quando era stato vampirizzato. Gli
occhi neri e profondi come due pozze di pece e i capelli lunghi scuri, tipici
degli slavi. La bocca non sorrideva, anzi sembrava quasi più piegata in una
smorfia di disprezzo.
"Quindi sei tu
la cacciatrice..." il tibro basso e freddo le arrivò al cervello sotto
forma di una scarica elettrica da 220 volts. Per la prima volta da quando era
stata attivata, sentì di voler scappare lontano da lì.
"E tu
saresti?" Si diede mentalmente della stupida perchè le era parso di aver
parlato con una voce da bambina impaurita. Tirò su le spalle per aver una posa
più da eroina, ma credette di non avercela fatta.
"Non sai chi
sono?" Monica esultò: la sua tattica -Faccio finta di non avere la più
pallida idea di chi sei tu, stronzo.- aveva funzionato. La sua voce era rimasta
immutata, ma aveva visto fiammeggiare gli occhi di disappunto, quando si era
accorto che lei non lo conosceva. Un vampiro vanitoso, dovrò ricordarmelo,
pensò lei.
"Decisamente
no...un vampiro, questo è chiaro, ma c'è nulla in te che ti differenzia dagli
altri." Voleva provocarlo e si maledì di averlo fatto dopo che lui, con un
gesto della mano, la gettò a terra. Le sembrava che una forza invisibile la
stesse facendo volare. Peccato che l'atterraggio si risolse ad essere più duro
di quello che si era aspettata. Aveva sbattuto contro il vetro della banca
della piazza. Per fortuna che non si era rotto, il vetro anti sfondamento aveva
funzionato bene. "Dai, forse una piccola differenza c'è..." borbottò
al'indirizzo di Kosmina.
"Direi."
"Sì, una inezia.
Giochi sporco e non ti vuoi sporcare le mani in un combattimento corpo a
corpo." Sogghignò alla vista di lui che si infuriava. Evidentemente questo
tipo aveva un ego smisurato. I suoi servi iniziarono a ringhiare e uno di loro
le andò anche contro, ma si ritrovò polvere sotto lo sguardo divertito di
Monica. Il suo master lo aveva incendiato perchè non era restato al suo posto.
Quel tipo quasi le poteva piacere, non fosse che avrebbe dovuto ucciderlo per
restare in vita.
"Sei una
sfrontata." le disse lui e Monica fece spallucce. Si rialzò dolorante e
prese un paletto: di sicuro non si sarebbe arresa così facilmente.
"Cos'è? Senza
magia non sai fare niente?" si gettò su di lui in una bella azione da
kamikaze, ma voleva coglierlo di sorpresa. Ci era quasi arrivata vicino, che
tornò a volare. Maledizione, lui la colpiva a distanza. Franò sul terreno
mollando una serie di parolacce.
"Fatti
uccidere. Il tuo sangue mi potrebbe essere utile." Disse lui tranquillo.
Fece un gesto ai suoi childe e quelli si dilueguarono nell'ombra lasciandoli
soli.
"Fottiti."
rispose amabile Monica sputando un po' di sangue a terra. Le si era spaccato un
labbro.
"Oh lo farò,
magari con il tuo cadavere ancora caldo." La prese per il collo
sbattendola contro il muro. Monica faceva un sacco di fatica a respirare,
Kosmina la stava stringendo con forza proprio a livello della trachea. Sudò
freddo cercando di dimenarsi, ma con scarsi risultati. Ok, pensò, devo prendere
tempo.
"Allora, come
ti chiami, stronzo?" chiese sfrontata rantolando.
"Io sono il
master di questa città."
"Ma come? Io
credevo che fosse un altro...biondo, occhi verdi, assai figo...Demian, può
essere?" Il demone fece capolino in lui per la rabbia.
"Lui non è
nulla, sarà solo un ricordo."
"Non credo che
lo voglia." nel mentre della simpatica chiacchierata, Monica era riuscita
a raggiungere la tasca della sua giacca ed esultò quando trovò quello che
cercava. Tirò fuori la piccola bottiglia e lentamente tolse il tappo. "E
poi Demian mi sembra molto più forte di te...non sei un gran che." Sapeva
benissimo che non era vero, anzi, aveva molto più timore di lui rispetto al
vampiro biondo.
"Demian è solo
un fallito." Le sibilò all'orecchio. Proprio ora che era così vicino,
Monica gli gettò in faccia l'acqua che c'era nella bottiglia, direttamente
negli occhi dorati. Kosmina iniziò immediatamente a frigolare come della
pancetta nella padella, lasciando andare Monica per il dolore. Per la prima
volta Monica ringraziò
"Maledetta
cagna!" Le urlò dietro, ma Monica non voleva assolutamente restare a
vedere il suo operato: incazzato com'era lui, non aveva dubbi che l'avrebbe
fatta fuori anche con la magia, altro che spuntino notturno. E lei non era così
stupida, quindi la fuga strategica poteva essere un'ottima mossa. Raggiunse
l'auto in velocità senza essersi mai voltata indietro e sgommò verso casa
rilasciando un sospiro di sollievo. Entrò in casa e finalmente si sentì
completamente al sicuro.
Salì le scale
lentamente sentendosi improvvisamente una fallita: diamine, era scappata via
come una pivellina, non aveva neppure provato a lottare. Che razza di
Cacciatrice poteva essere se non riusciva a battere quel vampiro? Aprì la porta
che separava la casa vera e propria dal garage e cercò di andare in camera sua
senza accendere la luce. Quando, finalmente, riuscì a prendere in mano la
maniglia, la luce del corridoio l'accecò, rivelandole un Wesley appena
rientrato dalla sua caccia di informazioni e che di sicuro stava meglio di lei.
"Monica?"
"Ciao Wes."
rispose lei cercando di non farsi vedere, ma lui si avvicinò incuriosito dallo
strano comportamento della ragazza.
"Dove
vai?"
"A dormire. E'
stata una giornata pesante." Ed entrò nella sua stanza, immediatamente
seguita dal ragazzo. "Ti ha mai detto nessuno che dovresti bussare e
chiedere permesso prima di entrare in camera di una ragazza?" Wesley si
guardò attorno: in realtà era la prima volta che ci metteva piede. Il letto era
ancora sfatto dalla notte precedente e le lenzuola dei Peanuts spiccavano simpatiche.
A terra c'era uno scendiletto di lana grezza lavorato a geometrie. Una
scrivania completamente ingombra di carte, libri e pennarelli, una enorme
libreria che tappezzava una intera parete
"Toc toc, è
permesso? Grazie." Fece lui e lei si mise a ridere.
"Hai fatto una
battuta? Mio dio, l'apocalisse è veramente vicina." Wesley mise una mano
sopra la spalla di lei e la fece girare. Con preoccupazione vide i lividi ed i
tagli della sua Cacciatrice. Con un gesto lento le tolse da davanti agli occhi
una ciocca di capelli che era uscita dalla coda a causa della lotta e lei fece
una smorfia: al di sotto c'era una ferita ancora sanguinante. La lasciò andare
per uscire dalla stanza. Monica quasi ci rimase male: possibile che fosse tutto
quello il suo interesse? Prese lentamente a spogliarsi dai vestiti per vedere
come era ridotta nel resto del corpo, sentì bussare alla porta e Wes tornò
dentro portando una cassetta del pronto soccorso.
"Dovresti darti
una lavata alla faccia, giusto per togliere lo sporco, poi disinfettiamo."
Lei annuì e andò in bagno, sempre seguita dal suo Osservatore, che decise di
non concentrarsi sul fatto che Monica indossasse solo una maglietta a maniche
corte e gli slip, mostrandogli così tutte le gambe. Con difficoltà lei si lavò
velocemente, poi si sedette sul bordo della vasca con Wesley vicino che stava
preparando i primi batuffoli di cotone impregnati di tintura di iodio. In
silenzio Wesley la curò: non si limitò ai tagli principali sul volto, ma anche
a quelli sulle spalle, sulle braccia e sulle gambe. Dovette usare tutto il suo
autocontrollo per non saltarle addosso, specie quando lei rimase solo in
intimo, apparentemente indifferente di mostrarsi semi nuda a lui. E' evidente
che non le interesso, pensò lui a fine lavoro.
"Grazie."
Disse lei. In realtà sentire le dita leggere di lui sul suo corpo era stato
devastante anche per lei: senza neppure dover controllare, sapeva che aveva le
mutandine completamente umide, possibile che lui non riuscisse a sentirlo?
Secondo lei la stanza odorava di sesso represso lontano un miglio.
"E' stato
Demian?" Chiese Wesley per stemperare un po' la situazione.
"No.
Kosmina...e credimi, è meglio se mi alleno ancora un bel po', prima di doverlo
incontrare di nuovo." Fece una smorfia quando un taglio riprese a
sanguinare.
"Aspetta..."
Wesley prese una garza e gliela pose in testa, fermandola con un pezzo di
cerotto, poi, preso da una forza insolita, le posò un piccolo bacio sulla
fronte. Monica si sentì di nuovo bambina, quel gesto le ricordava suo nonno,
lui la salutava sempre così.
"Grazie di
nuovo." mormorò piano lei "Senti, che hai trovato?" Sì, molto
meglio parlare di lavoro, meno compromettente.
"Ah sì. Ho
scoperto il nome di due locali demoniaci molto in voga, uno assai pericoloso,
uno, invece, dove cercare informazioni. Potremmo andarci domani."
"Ottimo lavoro.
Ora scusami, ma sono distrutta, vorrei riprendermi per andare al lavoro."
Wesley annuì e la vide sparire dietro la porta. Rilasciò un sospiro levandosi
tutta la tensione che aveva accumulato durante la medicazione. Miseria, averla
così vicino era qualcosa di sconvolgente: lei lo attirava a sè come una falena
era attratta dalla luce...sperava solo di non bruciarsi.
Da "Il
Piccolo"
Continuano gli atti
vandalici: in Piazza Cavana è stato sfondato un vetro della sede locale della
Unicredit. Le telecamere di sicurezza non hanno potuto riprendere nulla di utile
agli inquirenti. Il Procuratore prega tutti i cittadini, visti i brutti
momenti, di essere più accorti.
CAPITOLO QUATTORDICI
Camminava lenta per
la città deserta mettendosi in mostra
più che poteva, ma senza risultati. Debby aveva detto a Monica e Wesley che
sarebbe uscita con un suo amico dei Volontari. In realtà ora era armata del
fedele paletto di legno da lei stessa affilato, un pugnale dalla lama
pericolosamente ricurva e una bottiglia di acqua benedetta. Quella sera era lei
ad andare a caccia, ma non di un vampiro qualunque, lei cercava il Suo vampiro.
Decise di bazzicare verso il centro bene della città: Piazza Unità, Piazza
della Borsa e San Antonio... Di solito erano lì che lei e lui si incontravano e
Wesley le aveva detto che i vampiri erano piuttosto territoriali, sperava solo
di non aver sbagliato. Se il morso che Demian le aveva lasciato era come un
marchio impresso a fuoco sulla sua pelle, allora non avrebbe avuto problemi con
gli altri vampiri. Quella sera si era vestita per stendere: abitino corto nero,
trucco molto dark, con un braccialetto in borchie che di solito usava per
Carnevale, un paio di scarpe con tacchi vertiginosi e una giacca molto corta
fatta a posta per mostrare le sue lunghe e belle gambe.
Ormai era più di
un'ora che faceva su e giù per le strade pedonali, ma ancora nessuno la aveva
aggredita e di Demian neppure l'ombra. Stava per gettare la spugna, quando due
forti braccia la arpionarono da dietro. Chiuse gli occhi sapendo a chi
appartenessero.
"Vuoi che
qualcuno ti faccia male?" Le sussurrò all'orecchio. Il fiato freddo le
fece partire un brivido dietro la schiena.
"Tipo? Un
brutto vampiro come te?"
"Amore, mi
offendi, io non sono brutto." La fece girare lentamente, in modo da
guardarla negli occhi. Deborah rimase senza parole, era ancora più bello di
come se lo ricordava lei. Gli occhi verdi splendenti la stavano guardando con
lussuria crescente, voleva poter accarezzare i morbidi ricci e perdersi di
nuovo in lui, ma ricordò quello che lui le aveva fatto e si inalberò.
"Mi hai preso
in giro." e lui sorrise.
"Non tanto
piccolina. Fa parte della mia natura essere subdolo."
"Bastardo."
"Anche...ma
voglio ricordarti che sei anche piuttosto fortunata: io, di solito, le mie
amanti a questo punto le avevo già uccise. Tu mi sembri piuttosto integra e
perfettamente funzionante" la fece aderire ancora più a se.
"Ti servo
intera solo per poter ricattare Monica." Demian si tolse il sorriso dalle
labbra e divenne improvvisamente serio. Le accarezzò la guancia con un
movimento lento e calibrato.
"Non è del
tutto vero. Avrei potuto farlo con mille altre persone, ma ho scelto te perchè
sei un'anima affine alla mia." Debby lo guardò incapace di reagire.
"L'ho capito subito da come ti muovevi, da come parlavi, o semplicemente
dall'odore di notte che porti con te, mon petite. Tu ami l'oscurità,
desideri perderti in essa e io sono qui proprio per questo." Con le mani,
Demian scese verso il bordo del vestito, giocando con le cosce nude della
ragazza, che non riuscì ad evitare di sospirare di piacere. "E in fondo,
questo gioco a te piace, lo sento che ti ecciti solo a guardarmi." Lei
arrossì per essere stata scoperta in maniera così palese.
"Quello che
vuole il mio corpo è diverso da quello che voglio io." proruppe lei tutto
in un fiato.
"Perchè? Cosa
vuoi?" Le chiese lui, mentre la appoggiava al muro di un edificio per
baciarle il collo. Vide le pulsazioni impazzite delle sue vene e desiderò di
nuovo poter bere da lei. Voleva marchiarla ancora e ancora, non si sarebbe mai
stancata di lei. Debby assaporò il tocco delle labbra fredde di Demin su di se:
voleva urlargli contro tutto il suo disprezzo per quello che le aveva fatto, ma
non ci riusciva, lei voleva poter averlo di nuovo. "Vedi? Neppure tu sai
quello che vuoi in realtà. Il tuo corpo, la tua mente, il tuo cuore, mi
vogliono, esattamente come io voglio te. Eppure tu tenti continuamente di
opporti a questo, solo per quel ridicolo senso di amicizia che ti lega alla
Cacciatrice."
Queste parole
risvegliarono Deborah: la nebbia che stava scendendo in lei, e non solo per il
potere del morso, ma proprio per l'eccitazione che lui le provocava, si diradò.
"La mia
amicizia con Monica non è ridicola." Prendendolo di sorpresa lo spinse
lontano, in modo da mettere tra loro un metro d'aria. "Tu non puoi capire
che cosa mi lega a lei."
"Non vi lega
nulla, solo il fatto che siete amiche. Ma il sangue...quello è il vero legame e
tu lo hai con me, non con lei." Gli urlò lui, leggermente alterato per la
piega imprevista che aveva preso la conversazione.
"Parli così
solo perchè sei un vampiro. Non esiste solo il sangue, ma anche il cuore e io
voglio bene a Monica e non permetto che venga messa in difficoltà a causa
mia." sfoderò il paletto che aveva nella borsetta e lo puntò su di lui che
sorrise sarcastico.
"E tu pensi di
potermi uccidere? Sei veramente spassosa amore."
"Smettila di
chiamarmi amore come se mi amassi sul serio. Io posso e devo ucciderti. Se tu
morirai per mano mia, lei non dovrà uccidere questo Kosmina solo per salvare
me." Disse con sicurezza Deborah ormai lanciata nella sua missione.
Lui si avvicinò a
lei tranquillo e la prese per le braccia in una morsa di ferro e guidò la mano
destra, quella che teneva il paletto, all'altezza del suo cuore fermo.
"Fallo se ci
riesci. Vedi, io non scappo." Deborah sapeva che doveva fare la cosa
giusta, voleva spingere nella carne quel pezzo di legno, ma il cervello non
mandava il giusto impulso perchè le urlava contro che non doveva farlo. Nel
mentre che lei pensava, Demian riprese a giocare con il suo collo, graffiandolo
leggermente, giusto per assaggiare il suo sangue. Deborah non ce la fece
proprio a spingere oltre e, quando lui le catturò le labbra per un bacio,
lasciò cadere il paletto a terra che provocò un rumore secco nella piazza
deserta. Le mani di entrambi, donna e vampiro, si mossero indipendenti per
scoprire il corpo dell'altro amante, per non dimenticarlo nelle ore da passare
in solitario. Nessuno dei due voleva lasciare l'altro, ma quando lui si staccò
da lei, a Deborah si ruppe il cuore. Aveva capito che senza di lui si sentiva
mozzata, come se una parte di lei fosse sparita.
"Tornerai da
me, questo è sicuro." Disse lui a voce molto bassa, senza sorrisi
maliziosi, ma serio "Cerca di capire che cosa vuoi veramente." Si girò
e scomparve nell'oscurità lasciando una Deborah confusa e stravolta solo per un
bacio. Respirava pesantemente e aveva le gambe che le tremavano per l'intensità
dell'incontro. Si voltò anche lei e se ne tornò verso casa con un equilibrio
non molto stabile.
Non si accorse che
dietro di lei gli occhi verdi di Demian la seguivano costantemente. Si stava
toccando le labbra, come a ricordare la splendida sensazione che aveva provato
nel baciare la ragazza. Quando vide che lei era rientrata sana e salva nel suo
magazzino, decise che per quella notte poteva tornare nel suo covo, in fondo
lei non aveva più bisogno di lui.
Monica e Wesley
quella sera si erano vestiti elegantemente. Il ragazzo le aveva detto che il
locale dove l'avrebbe portata era per una clientela scelta e raffinata. Monica
aveva deciso di indossare un paio di pantaloni neri con a lato dei simpatici
anelli di metallo che si assicuravano su una fascetta di cuoio. La camicetta
bianca di seta lasciava ben poco all'immaginazione visto come le fasciava il
seno. Aveva optato per un paio di stivaletti neri e di lasciarsi i capelli
sciolti.
Wesley, invece,
aveva scelto un paio di jeans blu scuri ed una camicia rossa lasciata aperta
nei primi bottoni. Niente occhiali ed una giacca di scamosciato che, quando
Monica l'aveva vista, le si era azzerata la salivazione.
Davanti all'insegna
del locale, Wesley la fermò un secondo.
"Allora,
ricordati che dentro non si può usare la violenza. E' stato fatto un
incantesimo apposito, questo locale è un Santuario, ok?" lei annuì
"Il proprietario è un tipo un po' strano, ma è bravo e ti potrebbe essere
di grande aiuto."
"Perchè?"
"Perchè è un
Pyleiano e la loro razza ha la capacità di leggere dentro le persone,
quindi...orecchie ben aperte." I due entrarono: si doveva scendere per una
piccola scala, poi passarono sotto un metal detector capeggiato da una
muscolosa guardia che li guardò di sbieco. Dato che il detector non suonò, li
lasciò passare.
Monica pensò di
essere finita all'inferno: un demone dalla folta pelliccia blu e con la coda
luciferina stava massacrando "One" degli U2. Lei quasi non riuscì a
fermare le lacrime. Non era possibile che qualcuno riducesse in poltiglia la
sua canzone preferita. Poi si accorse dei bei tavolini rotondi tutti occupati
da demoni di foggia diversa, ma anche da essere umani per nulla stupiti di
trovarsi in una babele demoniaca. Wes si
sedette su uno sgabello al bancone ordinando una birra per lui e un Bacardi
Brezeer per lei. Aveva imparato che le piaceva un sacco.
"Vieni e
siediti."
"Un
Karaoke?" chiese lei stupita e scioccata.
"Sì, cosa c'è
di male? Il fatto è che il proprietario riesce a leggere meglio se uno canta,
perchè si mette a nudo l'anima." Le passò la bottiglietta con il chiaro
liquido rosa e lei lo guardò confusa.
"Come sai che
avrei preso questo?"
"Perchè ti
piace...ho sbagliato?" Domandò preoccupato lui e lei sorrise.
"No, hai fatto
bene, mi hai solo stupito. Non credevo che te ne ricordassi." Lui non
rispose, ma prese a guardare il palco. Non c'era nulla da dire, quel demone blu
era veramente stonato. Alcuni avventori si girarono verso di loro e mugugnarono
infastiditi: avevano riconosciuto
"Ehy,
ehy...calmate gli animi, pasticcini alla crema. Qui può entrare chiunque e
"Buonasera e
benvenuti al Caritas. Spero che il locale sia di vostro gradimento." e tense
la mano a Wesley per stringergliela e baciò quella di Monica da perfetto
galantdemone. "Io sono Lorne."
"Piacere,
Monica e lui è Wesley." il demone
ordinò al suo barista un Sea Breeze e si sedette con loro, lontano dagli altri
avventori per non farsi sentire.
"Allora,
immagino che siete venuti qui non tanto per la bella musica, quanto per avere
informazioni, giusto?"
"Dritto al
sodo...mi piace." Disse Monica
prendendo in pratica il comando dell'operazione. Si stizzì parecchio quando
vide che Wesley era completamente rapito dalla ragazza che cantava: sembrava
non avesse occhi che per lei.
"Non ti
arrabbiare con lui, tortina, quella che canta è una Veela e fa questo effetto a
tutti i maschi umani. Appena avrà finito lui smetterà di sbavare." Monica
alzò gli occhi al cielo.
"Hai info su
Kosmina e soci?"
"Qualcuna. Non
dovrei dirtelo, perchè sennò qualcuno potrebbe volermi squoiare per farsi una
giacca, ma se Kosmina riesce nel suo piano, questo locale non esisterà più e
poi...bhe che divertimento ci sarebbe in questo?" Anche Wes prese ad
ascoltare, la ragazza sul palco aveva finito l'esibizione.
"Oh, il nostro
osservatore ha deciso di tornare tra noi." Esclamò acida Monica facendogli
strabuzzare gli occhi.
"Ehm scusate.
Continua Lorne."
"Sta tirando su
un grande esercito di vampiri e li sta allenando per portare avanti una guerra
totale contro suo fratello."
"Suo
fratello?"
"Sì, un certo
Demian, bella voce..." Monica immagazzinò quell'ulteriore informazione:
quindi i due più forti master erano parenti...forte.
"I due si
stanno facendo la guerra da un bel po' in città, ma con l'apertura della Bocca
dell'Inferno...diavolo, questo posto ha decisamente più attrattive ora."
Wesley annuì come se se lo aspettasse e Monica fece spallucce. A lei poco interessava
di questa lotta intestina tra vampiri, aveva solo bisogno di trovare il metodo
per uccidere prima uno e poi l'altro.
"Ecco perchè ci
sono più sparizioni e meno omicidi...portano i corpi nel loro covo."
"Un punto
all'osservatore. Più di questo non posso dirvi, comunque passate ogni tanto,
magari le prossime sere potrò darvi novità fresche." Disse Lorne mentre si
alzava.
"Si può fare,
questo posto è carino."
"Ti ringrazio.
Piccolo bignè alla crema, perchè non sali su quel palco a deliziarci con la tua
voce da usignolo?" Monica sgranò gli occhi e scosse la testa velocemente
in segno di diniego.
"Non ci penso
neppure!!"
"Coraggio è una
regola per tutti. Chi entra al Caritas deve cantare almeno una volta. Non puoi
uscire altrimenti, c'è un incantesimo che non lo permette." Monica si
avviò come se dovesse salire sul patibolo, non era decisamente felice. Wesley
prese Lorne per una manica.
"Da quando c'è
questa regola?" Gli chiese curioso.
"Da mai...ero
solo molto curioso di leggere una Cacciatrice. Non l'ho mai fatto." Wesley
sorrise. Povera Monica. La guardò mentre sceglieva la canzone più adatta a lei
e poi mentre saliva sul palcoscenico: indubbiamente le piaceva. I pantaloni
neri slanciavano la sua figura e la camicia bianca...Avrebbe volentieri strappato
via tutti i bottoni per poter scoprire quello che c'era sotto. Ormai si era
messo il cuore in pace: lui non le interessava e quindi si faceva l'abitudine
al fatto che i pantaloni stringessero sempre più del necessario al livello del
cavallo. Ormai era una consuetudine, quasi non ci faceva più caso. Però
illuminata dal faro, gli occhi scintillanti di timore per l'esibizione, la sua
presenza fu devastante per lui e anche per gli altri clienti, che, nonostante
la odiassero per il suo lavoro, erano rimasti a bocca aperta. Lei non lo sapeva
e neppure lo immaginava, ma era diventata molto più carina di un tempo.
Con voce chiara e
per nulla tremante, iniziò a cantare una canzone che Wesley non conosceva, ma
la cosa non gli importava più di tanto, gli bastava vederla e sentirla. Lorne,
di fianco a lui, ascoltava molto interessato: ogni tanto faceva qualche
smorfia, ma Wes non si arrischiò a chiedergli nulla. Quando Monica finì, scese
accolta da qualche sparuto applauso e arrivò da loro.
"Questa è una
cosa che non farò mai più!" Esclamò convinta. "Mi sono vergognata
tantissimo."
"E' stata
un'esperienza molto interessante." disse Lorne
"Ah sì? Che hai
letto?"
"Davanti a te
la strada è buia, Monica. Devi stare molto attenta, anche se troverai una tua
piccola isola di felicità. Stai attenta: la guerra che intraprenderai non sarà
solo fisica, ma soprattutto mentale. " Lei annuì senza capire molto.
"Tocca a Wesley
cantare ora."
"Già. Forza
inglese, vai e deliziaci." Wesley, che stava bevendo in quell'istante,
quasi si strozzò. Lui non voleva di nuovo cantare in pubblico, aveva già dato e
gli sembrava abbastanza, ma sotto lo sguardo impietoso di Monica e Lorne andò a
fare quello che gli era stato ordinato. Però questa volta, nessuna canzone
d'amore per lei.
Pochi minuti dopo la
sua voce si spanse per il locale ormai deserto: i demoni avevano preferito
mettere tra loro e la cacciatrice più strada possibile, ancora che lei uscendo
non avesse avuto voglia di combattere. Monica non potè fare a meno di pensare
alla volta precedente in cui lo aveva sentito cantare, quando, però, lui lo
aveva fatto per lei, con una canzone che le calzava a pennello. Stavolta aveva
optato per una classica canzone inglese come "Hey Jude" dei Beatles.
Monica sorrise e Lorne scosse la testa.
"Il suo affetto
per te è accecante come il primo raggio di sole del mattino." Le disse
piano.
"E scalda
altrettanto." si ritrovò a sussurrare lei più a se stessa, anche se pure
il Pyleiano la udì.
"Possiamo
andare, ora?" Chiese Wes quando tornò al bancone. Il demone annuì
contento, ma prima che uscissero, tirò in disparte il ragazzo.
"Amare una
Cacciatrice è difficile, ma non disperare, nulla è perduto, anzi." Wesley
si imporporò leggermente. Sapeva che lui aveva letto tutto quello che provava,
ma non che poi glielo facesse notare così palesemente.
"Dove andiamo,
ora, Osservatore?" domandò Monica pimpante.
"Cimitero."
Presero la piccola auto rossa e si avviarono al Sant'Anna in silenzio. Wes
sfogliava referti medici e piantina del campo santo, Monica pensava ai fatti
suoi. Le piaceva quella muta complicità che ogni notte si instaurava sempre più
forte tra loro. Le permetteva di essere più calma e concentrata, senza dover
pensare a quanto lei potesse odiarlo. Notti intere si era data della stupida
per come aveva fatto iniziare il loro rapporto e ora voleva cercare di
riannodare i fili il più possibile. Parcheggiarono e scesero. Come sempre
passarono per una piccola porticina che aprivano grazie ad un doppione fatto ad
hoc da Wes, solo che questa volta era già stata aperta. Curioso, che il custode
se la fosse dimenticata così?
Con paletto e
balestra sfoderati, presero a camminare verso la zona nuova, dove di solito
c'erano i risvegli. Si fermarono alla sommità di una piccola collinetta perchè
avevano visto qualcosa che non ci doveva essere: un uomo.
Era chino su una
tomba fresca e guardava a terra come a cercare qualcosa di particolare.
"Vampiro?"
domandò Wes incerto.
"No, essere
umano." Rispose sicura lei. Che diamine ci faceva un uomo in cimitero a
mezzanotte? Di sicuro non era un tombarolo, vicino a lui non c'erano pale e
picconi, quindi?
"Pensi che
dovremmo andare da lui ad avvertirlo?"
"Come gli
spieghiamo poi che ci facciamo noi? No, Monica, dovremo stare qui." Il
tipo si alzò e Monica distinguette immediatamente la pistola che teneva sotto
il risvolto della giacca.
"E' un
poliziotto. Starà indagando sulla profanazione. Come gli diciamo che non c'è
nessun becchino da ste parti, ma solo un branco di vampiri?"
"Bella domanda,
ma quello che mi preme sapere adesso è come facciamo a salvarlo da un
vampiro?" in lontananza un vampiro già in assetto da caccia, stava
puntanto all'uomo.
"Non ti vanti
di essere un perfetto giocatore di freccette? Bhe, Wes, il cuore sono cinquanta
punti." rispose Monica. Non voleva mettersi a correre per salvare l'uomo,
sarebbe caduta la sua copertura e non poteva permetterselo.
"E' una
sfida?"
"Ti pago da
bere se lo centri da qui." Wes sorrise e imbracciò la sua fedele balestra
con la freccia già nella scocca. Il vampiro si avvicinava a passi regolari e
veloci. Trattenne il fiato quando stette per schiacciare il grilletto e pregò
di beccarlo al primo colpo. Cosa che avvenne un secondo dopo. Videro il vampiro
esplodere in una nuvola di polvere e la freccia cadere a terra con un tonfo che
fece allertare il poliziotto a terra.
Alessio Marchesi
prese uno spavento non da poco: doveva essere solo lì, chi cavolo poteva fare
quei rumori? Si alzò da terra e puntò la pistola verso il punto in cui aveva
sentito il tonfo, poi si girò e sulla collinetta lì vicino vide qualcosa che lo
paralizzo: una donna. O almeno, a lui sembrava una donna, visto i lunghi
capelli e le forme rotondeggianti. Possibile che fosse quella che lui seguiva
da giorni?
"Fermi tutti,
polizia!" Urlò, ma la figura era già scomparsa. Prese a correre per
inseguirla, ma, raggiunto il cancello del cimitero, non trovò nessuno. Non
poteva essere stato un miraggio. Tornò verso le tombe fresce per riprendersi il
giubotto che aveva lasciato, poi decise di fare una breve perlustrazione nei
dintorni.
Si ritrovò piuttosto
sorpreso quando prese in mano una freccia di legno.
Da "
Strani ritrovamenti
nel cimitero cittadino: l'ispettore Marchesi nell'ultima ricognizione ha
trovato una freccia in legno, determinata come "munizione da balestra
medioevale". Si segue la pista dei giocatori di ruolo, deprecando la
scelta della locazione.
CAPITOLO QUINDICI
Non riusciva
veramente a capire: la presenza in determinati luoghi del delitto di una
ragazza era troppo poco casuale perchè si trattasse di una coincidenza. E
quella freccia, poi...che stava a significare? C'era sopra un bello strato di
polvere, che, analizzata dalla scientifica, si era dimostrata polvere di tipo
carbonica, in pratica, come se un uomo si fosse incendiato davanti a lui.
Questo era assolutamente impossibile. Alessio non sapeva più dove sbattere la
testa: a parte quelle benedette impronte sul terreno fresco, non aveva più
nulla. C'erano, ovviamente, altre connessioni, ma con casi che, apparentemente,
non erano lontanamente collegabili. Un paio di guanti rossi di pile erano stati
rinvenuti vicino ad un locale quasi due mesi prima e, analizzandoli, era stato
decretato che fossero da donna, visto i risultati dell'esame del DNA, e che
erano imbrattati di sangue umano, questa volta maschile. Ma dal Database non
era stato trovato un nominativo, sia per la vittima che per l'eventuale
colpevole.
E ora quell'ultima
bizzarria: per l'ennesima volta si stava guardando un video dove una ragazza
veniva scaraventata addosso alla vetrina della banca di Piazza Cavana. A causa
della strana angolazione delle telecamere, non riuscì a vedere in volto la
ragazza, anche perchè lei si alzava velocemente e poi non la si rivedeva più.
Eppure aveva qualche cosa che gli ricordava la stessa figura che aveva
intravisto in cimitero la sera precedente. Capelli lunghi, forme pronunciate,
movimenti veloci. Lui se lo sentiva a pelle che era proprio la stessa.
"Marchesi, che
fai qui? Questo non è il tuo caso." si girò e si trovò davanti un collega,
Salvi, che gli stava decisamente sulle scatole.
"Nulla, ero
solo curioso. Pensavo che le telecamere non avessero ripreso nulla."
"Questo è
quello che abbiamo detto ai giornali. Bisognerebbe essere degli idioti per
credere che quel danno al vetro sia stato fatto da un sasso. Lo hai
visto?" Alessio annuì: lo aveva visto andando al lavoro in quei giorni e
sì, aveva ragione Salvi, era impossibile. Il vetro era tutto crepato, lui era
rimasto molto colpito.
Salutò il collega e
tornò alla sua scrivania. C'erano un sacco di cose che non gli tornavano, primo
fra tutte il fatto che quei profanamenti non fossero tali. Se uno dovesse
profanare una tomba, lo farebbe facendo uscire la bara o il corpo dall'esterno,
ovviamente. Invece qui, la cassa era rotta dall'interno, qualcuno aveva
combattutto per uscire da lì.
Continò ad
arrovellarsi per ore.
"Allora, tu
adesso ti siedi e mi racconti tutto." Disse Monica davanti ad una Deborah
stranita.
"Eh?"
"Non c'è Wes,
quindi puoi dirmi tutto quello che hai fatto ieri sera." Debby arrossì
fino alla punta dei capelli.
"Non ho fatto
nulla, ero solo fuori con i ragazzi del volontariato, lo sai." L'occhiata
di Monica fu più che esplicativa del fatto che lei non le credesse.
"Senti, non mi
sembra di averti mai giudicato...Al volontariato non ci vai con un vestito
corto nero e il trucco da vamp e questo lo sappiamo entrambe. Spara...anzi,
fammi indovinare...Sei andata a cercare Demian?" Deborah sbuffò e si
sedette sul divano vicino alla sua amica.
"Da cosa lo hai
capito? Senti il suo potere su di me?" Monica sorrise.
"No, ti
conosco. Dai, spara!"
"Non c'è nulla
da dire. Mi sono armata di paletto e acqua benedetta e mi sono fatta trovare.
Volevo semplicemente polverizzarlo, così tu non avresti avuto ulteriori
problemi con lui."
"Deduco che non
ci sei riuscita."
"Per nulla,
anzi...è stato un momento terribile. Io sapevo di doverlo fare, io volevo
farlo, volevo spingere quel maledetto paletto nel suo cuore e vederlo scomparire
davanti a me, ma il resto di me lo impediva. Urlava dentro di me che non dovevo
farlo...è stato terribile." Monica fece spallucce passandole un pezzo di
cioccolata.
"Magari è stato
lui ad impedirti di farlo. Il legame che ora ha stabilito è potente."
"No. Quando lui
usa questo legame, io non ricordo nulla di quello che ho fatto...ero proprio io
a non volerlo. Scusami, non ti sono di nessun aiuto."
"Non dire
scemenze. L'importante che tu stia bene, per il resto...tutto si farà.
Uccideremo Kosmina e poi passeremo al suo degno fratellino. Taglieremo la
stirpe!"
"Come va con
Kosmina?"
"E'
difficile" sospirò Monica. "E' Forte, almeno quanto Demian, se non di
più. Non credo che ami del tutto la forza bruta, che comunque possiede a
sufficienza, ma adora dimostrare la sua superiorità usando la magia. Per
battermi con lui Wesley sarà indispensabile."
"Tu e lui
andate d'accordo ormai...insomma, le cose vanno bene." analizzò Debby.
"Sì...Ammetto
che ho rivalutato l'osservatore. Ho sbagliato molto con lui e sto cercando di
rimediare. E poi è bello avere un uomo che gira per casa, io lo trovo molto
buffo."
"Povero
Wes...addirittura buffo? Secondo me lui ti piace." Monica si fermò
girandosi verso l'amica con la faccia scioccata, ma, improvvisamente, sembrò
pensare meglio alle parole della ragazza. "Ci sei? Ti sei persa?"
"In effetti
potresti aver ragione." disse tutto ad un tratto Monica. "Cioè, il
ragazzo è ok, è molto carino ed è simpatico... Potrebbe piacermi sul
serio." Debby scosse il capo sconsolata: come poteva Monica non averlo
capito prima di quel momento. "Comunque per ora siamo solo amici e
colleghi..." in quell'istante Wesley entrò nella stanza con gli occhi
scintillanti di soddisfazione, i capelli leggermente scompigliati, la barba del
giorno prima ancora da fare ed un sorriso smagliante "...o anche qualcosa
di più, magari." Finì Monica guardandolo. Ammappate, quanto è da stupro
ora? pensò tra se.
"Eureka
ragazze, l'ho trovata!" Urlò lui completamente ignaro dell'effetto
dirompente che aveva avuto sulla sua Cacciatrice.
"Trovato cosa,
Wes?" domandò Debby che non aveva avuto gli stessi problemi dell'amica a
riprendersi.
"La locazione
esatta della Bocca dell'Inferno!"
Monica si svegliò del tutto.
"E dove
sta?"
"Qui!" Le
passò una cartina con dei complicati segni a cui Monica diede una rapida
occhiata senza capirci nulla.
"Qui
dove?"
"Non so dove,
ma posso portartici. Vuoi? Anche ora se non hai da fare." Monica lo
guardò: era veramente felice, essere riuscito finalmente a decodificare tutti i
segnali demoniaci e le varie creature lo doveva aver portato alla soddisfazione
più alta. Non si sentì di deluderlo ed annuì.
"Ok, andiamoci.
Debby, vieni con noi?" ma lei scosse il capo in segno di diniego.
"Io vado al
lavoro. Godetevi il vostro dolce appuntamento." I due avvamparono
immediatamente e Monica augurò alla sua amica che si rompesse il tacco, così
come giusta vendetta.
Scesero le scale
senza degnarsi di uno sguardo e salirono in macchina in perfetto silenzio. Tra
di loro c'era soltanto la radio che li separava, eppure a Monica sembrava ci
fosse almeno un muro di un metro di spessore. Si diede mentalemnte della
stupida, una frase così non poteva gettarli in quello stato di imbarazzo.
"Comunque
questo non è assolutamente un appuntamento!" sbottò guardando fissa la
strada.
"Ovvio che no!
Gira a destra." gli rispose lui mentre le dava le indicazioni. Stavano
veleggiando verso la parte alta della città. "Se fosse un appuntamento ti
porterei tutto in un altro posto!"
"Ah sì? E
dove?" domandò lei incuriosita. Già si vedeva in un bel ristorante
elegante, con una candela tra di loro. Sorrise senza accorgersene.
"Bho, dovrei
vedere, ma visto quello che ti piace...non lo so, un bel locale dove suonano
dal vivo, oppure una partita di basket." In effetti, pensò lei, quello era
sempre ciò che gli aveva mostrato di sè.
"Belle
scelte."
"Siamo
arrivati, è qui...ah, interessante." Monica guardò con disperazione
crescente il luogo dove lui l'aveva guidata: altro che primo appuntamento,
quello era un incubo. Davanti a lei si alzava una scalinata bianca, interrotta
a metà da un parcheggio, per poi riprendere verso un palazzo molto grande
completamente bianco. Ai lati c'erano dei fregi raffiguranti soldati a cavallo,
voluti dall'architetto per dargli un'idea fascista, visto che era stata fatta
negli anni venti. La piccola corte era piena di ragazzi, alcuni sorridenti,
altri meno. Monica rilasciò un lungo sospiro: erano davanti all'Università.
"Interessante?
Uffa...io lo odio questo posto."
"Perchè non sei
riuscita a laurearti?" lei annuì e intanto parcheggiava. "Coraggio
dai." Presero a salire la grande scalinata, con Monica che, scalino dopo
scalino, si ritrovava con l'umore sempre più tendente al basso. Entrarono
superando una porte girevole per ritrovarsi al piano terra dell'Edificio
centrale. Una grande scala salive verso l'alto, mentre lì bazzicavano ragazzi
di tutte le età. Monica superò in velocità la zona lasciandosi alle spalle la
biblioteca e il bar annesso, superò un'ulteriore porta girevole in modo da
ritrovarsi di nuovo all'aperto in un parcheggio interno. Davanti a loro un
sacco di edifici diversi.
"Più o meno
dove?" domandò a Wesley che si guardava in giro con interesse.
"A destra
ora." Presero una piccola strada, lasciando dietro di loro una schiera di
ragazzine sorridenti alla vista del ragazzo: con i jeans e la camicia rossa
stava facendo strage. Monica quasi si arrabbiò per questo. "Dovrebbe
essere questo qui il punto." disse lui indicando un edificio alto tre
piani, con delle piastrelle rosso mattone a tapezzarne il primo. Monica si
rabbuiò ancora di più: sul muro troneggiava una insegna dorata "Facoltà di
Fisica".
"Avrei dovuto
immaginarlo, l'inferno non può che trovarsi qui." mormorò più a lei che ad
altri.
"
"Ciao
Monica!" Una voce squillante li fece girare: davanti a loro si era
materializzata una ragazza dai capelli corti biondi un volto leggermente
squadrato, gli occhi castani dal guizzo veloce. Portava in mano un grosso libro
sottolineato in più parti e una borsa a tracolla che sembrava pesante.
"Ciao!"
rispose la diretta interessata sorridendo falsamente: Non si ricordava
minimamente il suo nome. "Come va?"
"Insomma, sono
decisamente preoccupata. Anche tu qui per l'orale con il Treleani, vero? Ho
studiato come una matta, ma non credo di passarlo." disse la tipa con un
tono leggermente isterico nella voce.
"In bocca al
lupo. Farò il tifo per te. Allora ciao."
"Ma come, tu
non lo fai?"
"No,
veramente...ero qui per altre cose." Cercò di svincolare Monica sentendosi
assurdamente fuoriluogo lì.
"Ah, ho capito.
Bhe, allora ci vediamo un'altra volta."
"Certo!"
Esclamò con enfasi, sapendo fin da ora che non l'avrebbe mai rivista.
Wesley e Monica si
girarono camminando vicini ed in silenzio. Monica guardava perennemente a terra
con lo sguardo fisso e Wes si arrischiò a passarle una mano sulle spalle, come
ad abbracciarla. Aveva capito che la visita in Università non la doveva aver
fatto felice e lui voleva che lei si ritirasse su. Monica si godette appieno
quel timido contatto, anelando a qualcosa di più, ma non ebbe il coraggio di
chiederglielo.
"Ti va un gelato
da Zampolli?" domandò Wesley quando foruno di nuovo in auto. Anche questo
era un modo sicuro per tirarle su il morale.
"Sicuro!"
Davanti ad un enorme
cono, finalmente Wes vide di nuovo il sorriso di Monica. Tornarono a
chiacchierare tranquilli, senza parlare troppo della scoperta del ragazzo. In
fondo ora come ora non era quella la cosa più importante a cui dare credito.
"Hai trovato
qualche modo per evitare che Kosmina mi faccia a fette?" chiese Invece
lei.
"Qualcosina...Ho
qualche incantesimo per tenerlo buono. Bada bene che durano molto poco, dovrai
essere brava tu ad approfittarne." lei annuì. "Però credo di capire
cosa vuole fare." Si sporse verso
di lei, in modo da non dover urlare troppo nel locale gremito di gente. Anche
lei si abbassò, ormai i due erano estremamente vicini, ma a nessuno dei due
sembrava interessare. "Tra undici giorni esatti ci sarà il secondo giorno
di luna nuova. In quella precisa notte, lui tenterà di far risorgere una specie
di mostro che nascerà dal sangue e porterà alla distruzione la città. La cosa
più importante è fare in modo che questo non avvenga."
"Bella scoperta
tesoro, ma come?" Wes la guardò stranita: lei che lo chiamava tesoro? In
che Bizzarrolandia era finito? Si riscosse e continuò:
"O lo uccidi
prima, oppure interrompiamo il rito. Sto cercando di scoprire il luogo in cui
si nasconde, ma con tutte le grotte che ci sono sul Carso, sarà difficile.
Confido in Lorne, veramente, magari lui riuscirà a leggere qualcosa nell'aurea
di qualche vampiro o demone."
"Bella idea.
Archiviato Kosmina, dovremo pensare a Demian. Lo voglio polvere ben presto. Non
sopporto chi usa i miei amici per giungere a me. " Wesley annuì: si
ricordava molto bene quello che era successo l'ultima volta che qualcuno aveva
fatto questo errore. Suo padre era tornato a casa che aveva la spalla ancora
sanguinante, non che gli fosse andata male, in realtà, lei avrebbe potuto
tranquillamente ucciderlo, visto la rabbia che covava quel giorno. Si riscosse
dai suoi pensieri sorridendo.
"Non ti
preoccupare, troveremo un modo per farlo."
La fiamma bruciava
alta come gli occhi neri di Kosmina, mentre osservava dall'alto della sua
collina, la città che sotto di lui dormiva placida. Il volto, stranamente, aveva
ancora impresso il marchio che gli era stato lasciato dalla Cacciatrice. La
cicatrice pulsava enormemente e lui digrignava i denti per evitare di
dimostrarsi debole davanti ai suoi childe. Quella sera si era lasciato fregare
come un pivello: quella piccola troietta lo aveva fatto parlare con l'intento
di predersi il suo tempo per riuscire a scappare. Avrebbe dovuto ucciderla
prima e senza esitazioni, ma a sentire il nome del fratello si era
imbizzarrito. Lo odiava a morte da anni, avesse potuto, lo avrebbe impalettato
da secoli, ma non ci era riuscito a causa della maggiore forza di Demian. Ora,
però, ci sarebbe finalmente riuscito e poi
Trieste sarebbe stata completamente sua.
"Mio signore,
forse sappiamo perchè la ferita vi duole e non si rimargina." a parlare
era un piccolo demone verde. "All'interno dell'acqua c'era una forte
concentrazione di argento, che, come sapete di sicuro, non aiuta la
guarigione."
"Quella brutta
cagna...pagherà anche per questo. Voglio che questa notte un drappello vada a scovarla
ed ucciderla. Che non tornino, altrimenti."
I vampiri scelti per
quel compito, scesero verso il centro. Erano tutti molto sicuri di se stessi,
in fondo erano l'elitè tra i vampiri di Kosmina ed erano in dieci. Da sola
La trovarono che
stava uccidendo un vampiro nel cimitero cittadino.
"Ma non vi
stancate mai a morire?" chiese loro Monica, come li aveva visti. In
effetti si trovava in una bruttissima situazione: quei tizi erano sbucati dal
nulla circondandola. Non erano appena usciti dalla tomba, questo era chiaro,
infatti Wesley non le aveva dato indicazioni per più di due impalettamenti e
quelli erano nettamente superiori. Polverizzò il primo lanciandogli un paletto
per prenderlo in contro piede e ci era riuscita perfettamente.
"Vendicheremo
il nostro padrone per quello che gli hai fatto."
"Pfui, il
vostro padrone è un segaiolo, manda voi che siete dei pivelli perchè ha troppa
paura per combattere contro di me. Kosmina non vale una sega!"A dispetto
della situazioni non proprio rosea, Monica si stava divertendo: Vedere quelle
bestie infuriarsi le dava una gran gioia. E poi sperava che così fossero meno accorti,
visto che erano accecati dall'odio. I vampiri caricarono scomposti, senza una
logica da seguire e questo non poteva che avvantaggiarla. Prese pugni, ma anche
ne diede, facendo roteare il paletto ad alta velocità. Per fortuna pochi
istanti dopo, iniziarono a piovere frecce da dietro una lapide: la cavalleria
era arrivata sottoforma di Wesley.
"Io non sono
come loro." Le sussurrò all'orecchio il capo dei vampiri. Prese Monica per
il bavero della giacca e la fece volare lontano qualche metro, poi corse verso
di lei che era ancora stranita per il colpo che aveva ricevuto. Se lo ritrovò
che incombeva su di lei. Cercò di prendere il paletto con la mano, ma lui
glielo proibì, placcandola a terra, solo che Monica gli sferrò un calcio negli
attributi che lo fece piegare dal dolore, permettendo a lei di rialzarsi. Lo
polverizzò un momento dopo.
"Direi che è
andata bene stasera."
"Sì. Erano
seguaci di Kosmina?"
"Già. Credo che
il bastardo abbia messo una taglia sulla mia testa. Dovrò stare ancora più
attenta." Fece lei spolverandosi i pantaloni.
"Non è una
bella cosa."
"No, ma
pazienza, non mi faccio mettere i piedi in testa da quel maledetto." E
così dicendo, colpì il cuore dell'ultimo supersite che esplose.
Lasciarono il
cimitero silenziosamente, senza accorgersi di un paio di occhi grigi che in
lontananza li scutavano sbarrati.
"Oh
cazzo."
Da "Il
Piccolo"
Tragedia ieri ad una
sessione d'esame: una ragazza ha pugnalato al collo il suo insegnante con una
penna biro. Mentre veniva portata via dalla Polizia, continuava a ripetere che
lo aveva fatto solo perchè lui non la voleva promuovere. i colleghi si
stringono attorno al Professore che è stato trasportato d'urgenza all'Ospedale
Cattinara.
CAPITOLO SEDICI
Era rimasto fermo a
fissare il buio per un buon quarto d'ora prima di riprendersi. Alessio si
ritrovò con la salivazione azzerata e il cuore che batteva ad una velocità
supersonica: aveva appena visto una ragazza uccidere dieci...cosa potevano
essere quelli, mostri? Sì, mostri...ecco, lei ne aveva uccisi dieci senza colpo
ferire. Certo, senza dimenticare il tipo armato di balestra che era comparso
dal nulla ad un certo punto. Balestra che lanciava frecce simili a quella che
lui aveva raccolto la notte prima.
Alessio aveva capito
che l'unico modo per scoprire chi fosse la ragazza del cimitero, fosse quello
di seguirla. Peccato che lui non sapesse chi fosse lei in realtà, quindi aveva
deciso di iniziare le sue indagini dal primo posto in cui l'aveva vista, ergo,
il cimitero. Aveva atteso tutta la notte rannicchiato dietro ad un cespuglio
vicino alla tomba dove la sera prima aveva indagato, con la speranza che lei si
facesse rivedere, ma per lunghe ore non era volata una mosca. Quando, infine,
stava per mollare la spugna, l'aveva vista: i capelli erano stati lasciati sciolti,
indossava un paio di jeans e quelle benedette scarpe da ginnastica che tanto lo
avevano fatto ammattire in quelle ultime settimane. La felpa bianca si
stagliava nell'oscurità grazie ad un piccolo faro del campo santo. Finalmente
era riuscito a dare un volto al suo personale fantasma. Mora, occhiali, non
molto alta, curve sinuose. Decisamente meglio di come se la immaginava quando
leggeva i vari rapporti della scientifica, pensando alle profanazioni delle
tombe.
Però, ora, la vista
di quel combattimento, l'aveva lasciato senza parole. Quegli esseri con il
volto grinzoso e gli occhi gialli, erano stati polverizzati con sistematica
dedizione da parte della ragazza. L'unica cosa che lampeggiava al neon tra le
sinapsi del suo cervello era la parola "Vampiri"...eppure non poteva
essere quello. I vampiri non esistevano, erano solo creature mitologiche create
per spaventare i bambini.
Prese a correre
verso la sua auto rimanendo sorpreso di trovarci la ragazza lì vicino. Evidentemente
lei aveva, nel frattempo, fatto un giro nei dintorni. Vide che teneva in mano
una specie di paletto di legno e la convinzione di trovarsi in un film
dell'orrore, prese ancora più forma nella sua mente ottenebrata dalla paura.
Lei salì su una piccola Seicento rossa seguita a ruota dal ragazzo con la
balestra. Si segnò il numero di targa per poter fare qualche ricerca veloce
alla Motorizzazione civile, poi, con delicatezza, prese a seguirli. Stavano
scendendo verso la zona malfamata della città, situata vicino al porto.
Sembrava si fossero fermati davanti alla porta di un bar da cui stava uscendo
un qualcosa con le corna ricurve e una strana sostanza viscida su tutto il
corpo.
"Devo smettere
di lavorare così tanto." Mormorò il povero agente.
Nel frattempo Monica
e Wesley stavano assistendo ad una scena a dir poco comica, almeno dal punto di
vista della Cacciatrice: come era entrata nel bar, i demoni tutti si erano
bloccati, come se il tempo di fosse fermato in quel istante. Come l'avevano
vista, alcuni si erano dati alla macchia, altri avevano preso a ringhiarle
contro.
"Sentite, non
vi farò del male, ma dovrete solo rispondere ad alcune domandine." Esclamò
lei con il sorriso sulle labbra, mentre Wesley caricava un fucile made in Korea
che aveva trafugato al porto durante una caccia a dei vampiri extracomunitari.
"E chi ti dice
che saremo ansiosi di aiutarti, Cacciatrice?" domandò un demone seduto al
banco che stava tranquillamente trangugiando una birra. Monica riconobbe in lui
una specie che si divertiva ad uccidere i bambini rapendoli nella culla. Si
avvicino a lui con passo sicuro e, prima che chiunque capisse le sue
intenzioni, gli prese la testa e la sbattè una prima volta sul balcone facendo
cadere il bicchiere semipieno.
"Credo che mi
darai una mano, altrimenti ti spacco il cranio a colpi." gli sussurrò lei
all'orecchio. Siccome lui non rispondeva, lo sbattè di nuovo giù. Un altro
demone, da dietro, cercò di avvicinarsi, ma Wes gli puntò il fucile in mezzo
alla fronte senza dire una parola e quello se ne tornò al proprio posto.
"Che
volete?" chiese il barista intimorito. Se andava avanti così, quella sera
gli affari sarebbero andati assai male, doveva cercare di proteggere i suoi
investimenti.
"Sapere dove si
trova Kosmina." Rispose lei a voce abbastanza alta perchè chiunque potesse
sentire. Un mormorio diffuso si alzò dai vari avventori.
"Qui di sicuro
non c'è." A parlare era stato uno strano demone con la pelliccia color
giallo canarino. Aveva perfino il becco intonato.
"Ma guarda, non
l'avevo notato." e così dicendo sbattè di nuovo il demone sul banco.
"Voglio sapere dove sta il suo covo."
"Sul
Carso..." bofonchiò il demone vessato. Si era stufato di fare la parte del
sacco da boxe e aveva deciso di collaborare.
"Il Carso è
grande, cerca di essere un po' più specifico." Disse Wesley senza perdere
di vista nulla di quello che accadeva lì dentro.
"Non so dove di
preciso, non ci sono mai stato, ma c'è parecchio movimento sul Monte
Valerio." Nel cervello di Monica scattò una piccola molla e lampadina si
accese.
"Bravo! Hai
visto che volendo si può fare tutto? Adesso potete tornare alle vostre
simpatiche bevute." Finalmente
Monica lo lasciò andare e, girandosi con grazia, uscì dal locale seguita da
Wesley che le controllava le spalle.
"Siamo al punto
di partenza." Analizzò Wes.
"No, sappiamo
che Kosmina, per fare quello che vuole fare, ha bisogno del potere della Bocca
dell'Inferno. Il Monte Valerio è quella specie di collina che sovrasta
l'università, vuol dire che lui è là."
Monica guidò con lentezza:
ormai era piuttosto tardi e lei sperava solo di andare a letto.
Alessio, invece, era
rimasto ad aspettare in macchina che uscissero i due ed ora li stava di nuovo
seguendo: visto che la ragazza non stava facendo strani giri per le vie strette
della città, capì che non si erano accorti di lui. Li vide dirigersi verso
Marina, una zona quasi abbandonata, dove erano più che altro, ormeggiate le
barche a vela dei ricconi. Lasciò la sua auto d'ordinanza vicino ad un lampione
e, con la pistola in mano, seguì correndo la macchina della ragazza, che, nel
frattempo, aveva girato l'angolo lentamente. La vide mentre il suo amico le
strava aprendo un basculante per poter parcheggiare il mezzo. Si avvicinò
piano, leggendo un piccolo pezzo di carta. Mentre i due erano andati dentro il
locale malfamato, lui aveva fatto richiesta di informazioni ed era riuscito a
scoprire, grazie la targa della macchina, di chi si trattava: Monica Malaroda,
25 anni residente a Trieste, impiegata. Una ragazza normalissima: mai incriminata,
solo qualche multa per divieto di sosta, oltretutto risalenti a parecchi anni
prima. L'idea che una persona così potesse uccidere strane creature immaginarie
lo lasciava decisamente scioccato.
Decise che per
qualsiasi iniziativa, fosse meglio aspettare il mattino dopo. Doveva tornare in
centrale a fare alcune cose importanti.
Il mattino dopo
Alessio si svegliò incredibilmente riposato e determinato. Avrebbe dato una
svolta alla sua vita, non sapeva ancora come, ma lo avrebbe fatto.
Si vestì con cura,
scegliendo un completo giacca e cravatta che aveva indossato ad un matrimonio:
voleva essere elegante e risultare intimidente per poter mettere alle strette
la ragazza e quel suo amico che si portava dietro un fucile, di sicuro di
contrabbando. Prese la cartella con tutte le foto ed i documenti del suo caso e
si mise a fischiettare: si sentiva veramente bene.
Guidò piano
assaporandosi quella particolare euforia: superò Piazza Unità finalmente
tornata normale, l'Hotel Savoia e Piazza Venezia con i suoi Bus. Arrivò al
circolo nautico dove mille e mille pennoni svettavano alti e parcheggiò davanti
alla piscina marina. Si mise gli occhiali da sole e prese un grosso respiro.
Bussò alla porta e attese fremente. Il sole picchiava forte quel giorno,
finalmente era giunta la primavera, anche se nuvole bianche striavano ancora il
cielo di tanto in tanto. Bussò di nuovo e finalmente sentì qualche rumore
provenire dall'interno. La porta si aprì di scatto rivelando una ragazza, anzi,
la ragazza in questione: indossava ancora il pigiama grigio con dei
gatti stampati, i capelli erano legati in una stretta coda. Lo guardava con due
enormi occhi castani aperti per la curiosità.
"Non ci serve
nulla, grazie." disse con voce ferma, ma lui scosse il capo e tirò fuori
il distintivo dalla giacca.
"Polizia di
Trieste. Vorrei farle qualche domanda." Monica perse immediatamente il
sorriso, la sua mente si mise a ragionare alla velocità della luce: cha diavolo
ci faceva un poliziotto lì?
"Prego."
lo fece entrare, che altre possibilità aveva?
Alessio si ritrovò
nel magazzino più bizzarro che avesse mai visto: C'era la macchina rossa e
vicino una bicicletta, dei grossi bauli di legno che stonavano con l'ambiente e
una specie di palestra con tanto di pesi e bilancieri. "Venga, si accomodi
di sopra." Monica corse per le scale, sperando di riuscire a nascondere le
carte sparse per il salotto e la cucina, tutte inneggianti a demoni strani e
schifosi.
"Wesley, fai
sparire tutto, c'è un poliziotto qui." Alessio entrò silenziosamente e
vide il ragazzo del fucile che ripuliva il tavolo. Era un bel tipo, non doveva
avere più di trent’anni, indossava una tuta nera e gli occhi scintillavano.
Alessio capì immediatamente che lui sarebbe stato un osso duro da torchiare.
"Buongiorno.
Sono l'ispettore Alessio Marchesi, vorrei parlare con la signora
Malaroda."
"Signorina."
Rispose piccata Monica "Sono io." Lei si sedette a tavola, con Wesley
che stava in piedi dietro di lei, mentre Alessio non si era ancora mosso dallo stipite
della porta della cucina. La guardava con molto interesse: lei sembrava
preoccupata, ma non troppo. Gli occhi castani lo guardavano curiosi e sinceri e
questo non potè che fargli piacere.
"Lei dovrebbe
dirmi qualche cosa." iniziò Alessio.
"Se posso, sono
qui." Il poliziotto fece uscire alcune foto: erano quelle che la
scientifica aveva fatto al cimitero. Monica e Wes le guardarono, capendo
immediatamente a cosa si riferissero quelle immagini. Un lampo di divertimento
passò negli occhi della Cacciatrice. "Terra e impronte. Dovrebbero
interessarmi?"
"Sì, perchè io
credo che siano sue."
"Forse non mi è
chiaro, signor Marchesi, ma sono accusata di qualcosa?"
"Formalmente
ancora no, ma è indagata per profanazione, vandalismo e omicidio." La
risata di Monica lo stupì.
"E chi avrei
ucciso?" Alessio la squadrò per bene. Lo stava prendendo in giro, lei
aveva già capito tutto, si stava solo divertendo, il perchè, lui non lo capiva.
L'uomo dietro di lei era assorto in chi sa quale pensiero, ma gli occhi lo fissavano
gelidi.
"Devo ancora
trovare i corpi, anche se dalla polvere che lei ha lasciato al cimitero sarà
difficile risalire ai proprietari." Monica tornò seria e lo scrutò con i
suoi occhi profondi.
"Quindi lei mi
ha visto durante la mia attività notturna, è questo che mi sta dicendo
implicitamente." La voce era diventata bassa, seria e senza prese in giro.
"Sì. Io non so
lei come ha fatto, ma ha ucciso delle persone. E poi non era la prima volta che
andava al cimitero: queste impronte lo dimostrano. Sono sicuro che se prendo le
sue scarpe coincideranno."
"Non può farlo,
non ha un mandato." Wesley era scattato in avanti per difendere Monica, ma
lei lo bloccò con una mano.
"Non servono
mandati qui, sono ben che disposta a collaborare con la giustizia. Mi domando
solo come farà a dimostrare che sono stata io a farlo." Monica aveva
deciso di giocare a carte scoperte: si era lasciata beccare come una sfigata e
ora doveva pagarne le conseguenze. Alessio tirò fuori altre foto, quelle fatte
dalla telecamera della banca di Piazza Cavana.
"Non sei venuta
al meglio, ma credo che si possa dire che sei tu questa."
"Sì, sono
io." Monica si sentiva leggermente in trappola. "Ma non volevo
rompere il vetro."
"Si capisce
guardando il video. Solo che vorrei capire chi ti ha gettato contro la
banca."
Monica e Wesley si
guardarono, come a cercare di seguire una linea comune. Lui scrollò le spalle
come a dirle che qualsiasi decisione lei avesse preso, lui le sarebbe stato a
fianco.
"E' stato un
vampiro." Disse lei tranquilla, anche se ammise a se stessa di essere
rimasta alquanto sorpresa, visto che l'agente di fronte a lei non aveva fatto
un solo gesto od una qualche smorfia strana, anzi, sembrava come se se lo
aspettasse.
"I vampiri non
esistono."
"Questo lo
crede lei." A Wesley la situazione pareva paradossale
"No, questo lo
credono in molti. I vampiri sono esseri mitologici, creati per spaventare la
gente credulona."
"Si
sbaglia." si intromise Wes "Come si spiega tutti i casi di sparizioni
e di omicidi che sono avvenuti in città in questi giorni? Coincidenze?
Incidenti? Sfiga cosmica?" aveva messo la meni sul tavolo in modo da
avvicinarsi ad Alessio e un po' anche per proteggere Monica.
"Wesley, stai
calmo..." gli disse lei poggiandogli una mano sulla sua.
"Ispettore
Marchesi, lei mi ha visto in cimitero. Ha visto che con un paletto ho
polverizzato una decina di mostri...che cosa vuole ancora di più? Non è colpa
mia se sono quello che sono, anzi, potessi mollerei tutto proprio adesso, ma
non posso. La pregherei di non mettermi i bastoni tra le ruote, perchè so
essere molto vendicativa."
"E' una
minaccia?"
"Se vuole che
lo sia..." Alessio si chiese in che ginepraio si stava infilando. Lei
sembrava seria e ben disposta a prenderlo a pugni in qualsiasi momento e il suo
compare sembrava ansioso di darle una mano.
"Io voglio solo
capire."
"Non c'è nulla
da capire, signor Marchesi. Trieste è un punto ad alta densità di esalazioni
maligne e quindi i demoni come i vampiri ci bazzicano che è una meraviglia.
Voglio proprio vederla andare a dire in giro queste cose! Non la crederà
nessuno." sbottò tutto ad un tratto Monica. Si era alzata per cercare di
darsi maggior tono, ma davanti ad un piccolo armadio quale era l'ispettore
Marchesi, le sembrava di aver fallito."Faccia quello che vuole in sua
coscienza e se ancora non è convinto, venga con me questa sera, sarà in prima
fila in una lotta all'ultimo sangue."
Alessio la guardò
con serietà crescendo: non gli stava mentendo, gli stava veramente offrendo la
possibilità di toccare con mano quello che lui aveva visto solo da lontano.
Annuì preso da una forza incredibile.
"Bene, a
stasera al Sant'Anna."
L'uomo uscì senza
degnare di uno sguardo i due ragazzi: in realtà dentro di se ribolliva di un mix
di sentimenti contrastanti. Aveva paura, ma era anche eccitato all'idea di
risolvere il rebus che lo aveva attanagliato per giorni. Trovava Monica
irritante per il modo tranquillo e senza esitazioni che aveva dimostrato, ma
era anche attratto da lei proprio per le stesse cose. C'era stato un momento in
cui lei gli aveva ricordato la moglie, anzi ex moglie, nei primi tempi della
loro relazione, quando tutto andava ancora bene. Il cuore aveva provato una
fitta di nostalgia e le braccia erano state pericolosamente vicine ad
abbracciarla e baciarla. Certo, se lo avesse fatto probabilmente lei gli
avrebbe mollato un cazzotto e il tipo lo avrebbe squartato: che i due
provassero qualcosa l'uno per l'altra era evidente pure ad uno come lui che in
questioni sentimentali ci navigava come un ferro da stiro in una piscina.
"Sei sicura di
quello che fai, Monica?" Domandò Wes quando furono da soli.
"Non avevo
altra scelta. Così magari lui capisce e ci lascia stare." Lui annuì poco
convinto, ma decise di fidarsi, anche perchè, ormai, non avevano proprio altre
scelte.
Debby camminava
lenta nella notte scura. Si era fermata davanti a Piazza Unità, sedendosi sul
monumento dell'entrata a Trieste. Guardava il mare nero solcato dalle barche
dei pescatori. La sera era dolce, fresca e primaverile. Si era levato un
leggero odore di pesce, tipico del mare Adriatico, ma la cosa non la
disturbava, anzi, le piaceva.
Non aveva incontrato
Demian dalla sera in cui aveva tentato di ucciderlo, eppure lei sapeva che ogni
volta che usciva la sera lui era lì a tenerla d'occhio e lei si sentiva un po'
più protetta. Il segno del suo morso stava lentamente scemando, visto che da
giorni lui non tornava a cibarsi da lei. Eppure quando ci passava il dito
sopra, lo sentiva bollente, come se fosse vivo.
Ci aveva pensato a
lungo ed era giunta alla conclusione che più restava vicino a Monica e più la
sua amica era nei guai. Qualche vampiro del clan Kosmina, aveva già tentato di
aggredirla, in barba al fatto che Demian potesse uccidere tutti loro con uno
sguardo, e Monica l'aveva sempre salvata. Questo non doveva accadere di nuovo.
Deborah sapeva di non avere la forza necessaria per combattere contro un
non-morto, specie uno della caratura del suo amante. E se quello era l'unico
modo per aiutare Monica...bhe, lo avrebbe fatto, a costo di farsi odiare da
tutti e odiare se stessa.
Camminò velocemente
verso casa, anche perchè il vento era aumentato portando sopra la città nuvole
pesanti cariche di pioggia. Fu davanti alla sua porta che si sentì stringere da
due braccia conosciute.
"Buonasera
amore mio."
Da "Il
Piccolo"
Continuano i casi di
violenza all'interno dell'Ateneo. Studenti e professori fomentano le continue
risse che scoppiano nelle aule e nei corridoi. Il Magnifico Rettore è sgomento
davanti a questo scoppio di odio improvviso.
CAPITOLO DICIASSETTE
Stava urlando a
squarciagola, liberando tutta l'adrenalina che aveva accumulato nell'arco della
serata. Alessio si sentiva veramente il re del mondo. Si era incontrato con
Monica e Wesley, questo il nome del ragazzo con la balestra, davanti al
cimitero ed erano entrati silenziosamente, sfidandosi con lo sguardo. Era
evidente che lei non voleva cedere di un millimetro riguardo la sua posizione.
Dopo averla vista impalettare due mostri con estrema grazia ed eleganza, capì
che forse i vampiri esistevano veramente. E ora toccava a lui. Monica gli aveva
passato un paletto, dopo che lui aveva cercato di difendersi sparando con la
sua pistola d'ordinanza, e per Diana, lo stava usando. Il vampiro esplose davanti
a lui con uno strano rumore e lui si sentì un vincitore, si sentì come se
avesse battagliato in una arena, si sentì invincibile.
Monica lo guardava
sorridendo: il tipo le era stato assai antipatico quando si era presentato a
casa, ma in quel istante lo stava rivalutando. Certo, non era d'aiuto come
Wesley, ma sembrava divertirsi. Forse sarebbe stato utile per le questioni
riguardante legge e burocrazia. Avere qualcuno che le proteggesse le spalle su
quel fronte poteva essere interessante.
Chi invece non lo
sopportava, era Wesley: all'inglese non gli erano sfuggite le occhiate di
apprezzamento che i due si lanciavano, come se cercassero di comunicare in un
codice privato. Era maledettamente geloso, voleva potergli urlare in faccio di
non toccare la sua donna, ma sapeva che a farlo si sarebbe reso ridicolo, anche
perchè Monica non era per nulla sua. Aveva temuto che il poliziotto facesse
saltare la loro copertura, ma così non era stato. Ora temeva che portasse
Monica via da lui e non gli sembrava per nulla giusto, visto tutto quello che
aveva patito per arrivare a quel punto di intimità con lei. No, avrebbe usato
tutti i metodi, conosciuti o meno, per non perderla.
"Quasi quasi
mollo tutto e mi ritiro, in fondo c'è lui a proteggere la città al posto
mio." Scherzò Monica, ma Wes le lanciò un'occhiataccia e se ne andò a
controllare una cripta. Lei fece spallucce e si avvicinò ad Alessio. "Come
va?" L'agente si stava spolverando la giacca, anche se il vento che si
stava levando da est lo aiutava.
"Bene... è come
catturare un criminale, la stessa adrenalina, la stessa eccitazione. Che fine
ha fatto l'Inglese?"
"Se ne è andato
a fare una ricognizione. Non gli va a genio l'idea che molli l'attività per
lasciarla a te. Che palle, a volte non sa riconoscere una battuta neppure se
gliela sbatto davanti." e sospirò, ma Alessio credeva di aver intuito il
vero motivo dell'indisposizione del ragazzo. Gelosia, primo movente in caso di
omicidio, e forse era il caso, per lui, di girare con un giubbotto anti
freccia, altrimenti rischiava che Wesley lo uccidesse sul serio. Lo capiva
benissimo: Monica era una ragazza molto carina, sembrava intelligente ed era
forte, qualità che lo avevano sempre attirato. Sonia era come lei, solo che
tirava pugni meno dolorosi.
Presero a muoversi
verso Wes, in modo da dargli una mano, ma Alessio non si accorse che dietro di
lui veniva un vampiro che lo spintonò in avanti, facendolo franare su Monica.
"Ouch!"
Il vampiro esplose
pochi secondi dopo, grazie ad una freccia scoccata da Wesley che, furente,
stava guardando i due una sotto l'altro a guardarsi come se fossero in un film
d'amore di quelli pure scadenti. Monica aprì gli occhi e si ritrovò quelli
grigi di Alessio che la guardavano confusi. Sorrise all'immediato rossore
dell'uomo.
"Non dovevi
essere d'aiuto? Così mi intralci e basata."
"Scusa."
Borbottò lui, mentre Wes arrivava furioso verso di loro. Averli visti in un
atteggiamento così intimo lo faceva andare su tutte le furie, molto più del fatto
che lei avesse rischiato di essere colpita a causa della sua disattenzione.
"E allora, ci
diamo una mossa?" disse acido Wes. Alessio si alzò e Monica si mise a
ridere.
"Santo cielo,
era una vita che non mi trovavo un uomo disteso sopra!" I due maschi si
guardarono e fece finta di nulla, avviandosi verso l'uscita del cimitero: era
tempo per tutti di tornare verso casa.
"Capisci che
avresti potuto essere uccisa? Devi stare sempre all'erta e non cincischiarti
come hai fatto poco fa." la sgridò l'osservatore, ma Monica si fermò e lo
guardò sorridendo.
"Posso
permettermi di non essere del tutto concentrata."
"No, non
puoi."
"Sì posso,
perchè so che ci sarai sempre tu a difendermi." E così dicendo, gli passò
una mano sulla guancia accarezzandolo. Wes rimase senza parole per replicare,
era impossibile dopo un'affermazione e, soprattutto, un gesto del genere.
Invece Alessio seppellì definitivamente qualsiasi parvenza di idea di conquista
rispetto a Monica. Lei ci aveva messo così affetto in quella piccola carezza,
che gli sembrava palese l'amore che c'era tra loro. Si augurò, dall'alto della
sua maggiore età, che si svegliassero presto. C'era una tale tensione tra
loro...
"Alessio, ti
ringrazio dell'aiuto. Adesso capisci che non puoi andare in giro a raccontare quello
che hai fatto oggi, anche perchè ti prenderebbero per matto e la camicia di
forza non te la leverebbe nessuno così."
"Sì, me ne sono
reso conto. Cercherò di trovare qualcosa da dare ai miei superiori, anche
perchè non posso restare infognato su un caso che non avrà conclusione. Contate
su di me in caso di bisogno." Monica e Alessio si baciarono sulla guancia
per salutarsi. "Stai attenta, ok?" le sussurrò all'orecchio e lei
sorrise. Poi Alessio tese la mano a Wesley che gliela prese molto di controvoglia.
"Cerca di stare tranquillo, lei è già tua solo che ancora non lo sa."
Gli disse a voce bassa senza farsi sentire dalla Cacciatrice che nel frattempo
era salita in auto.
"Non so di cosa
stai parlando, poliziotto." rispose Wes preso in fallo.
"Certo, come
no. Ciao!" Alessio se ne andò tranquillo e i due tornarono verso casa in
silenzio. Wes era ancora arrabbiato per come era andata la serata, mentre
Monica canticchiava a bassa voce ignara di tutto, o quasi. Erano quasi giunti
al loro magazzino, che Monica decise di rompere il silenzio.
"Allora, mi
dici perchè sei così musone stasera?
"Io non sono
musone, sto solo pensando." Rispose piccato lui.
"Oh, avanti,
non dire le bugie che poi ti si allunga il naso. Quando pensi hai lo sguardo
perso nel vuoto, mentre ora sei con gli occhi fissi alla strada e l'espressione
cattiveriosa. Ti dà fastidio che Alessio sappia di me?"
"L'ispettore
Marchesi non sarebbe dovuto venirne a conoscenza, altro che!" Monica
sospirò forte uscendo dall'auto.
"Se non fossi
tu, crederei che sei geloso." Wesley la guardò come ferito dell'appunto da
lei lanciato. Cosa intendeva? Che lui non si poteva innamorare di lei?
"Bhe, sai che
scope..."
"Debby?"
Disse Monica all'oscurità interrompendo il discorso di Wes. Aveva appena visto
una cosa che non voleva vedere.
"Sapevo che eri
qui con me." Sussurrò Debby, rilassandosi immediatamente al contatto con
Demian. Lui sorrise, mentre lei abbandonava l'idea di entrare.
"Non vuoi farlo
sul tuo letto caldo, amor mio?" chiese beffardo il vampiro.
"Se ti invito
ad entrare è la nostra fine. Cosa credi, ho ascoltato le lezioni di Monica e
Wesley, so che cosa devo e non devo fare, invitarti dentro è una di
queste."
"Peccato."
Demian la lasciò andare e lei si girò
verso di lui, rimanendo abbagliata dal pallore dell'uomo. Demian le accarezzò
la guancia con un gesto sensuale, fino ad arrivare al collo, punto debole di
Deborah, che si ritrovò a rabbrividire.
"Perchè fai
tutto questo?" Domandò lei guardandolo fisso negli occhi.
"Dovrò pure
proteggere un investimento importante come te." rispose lui sorridendo
malizioso, ma Debby lo squadrò facendogli chiaramente capire che non ci credeva
neppure un po'.
"Dimmi la
verità Demian." lui la lasciò andare del tutto e per un istante la ragazza
rimpianse quel distacco. Averlo accanto la faceva sentire completa.
"La verità è
qualcosa di molto opinabile, specie se detta da uno come me."
Si guardarono a
lungo senza proferire parola, ognuno preso dalle belle sensazioni che sentivano
dentro di loro. In effetti, pensava Demian, la ragazza le piaceva molto, valeva
ogni singola energia spesa per poterla legare a se. Mentre Deborah ormai, era
definitivamente persa per il bel vampiro.
"Allora, amor
mio, che vogliamo fare? Ti piace se ti sbatto qui fuori?"
Un formicolio prese vita
fra le gambe della ragazza che imporporò all'istante, ma non cedette, almeno la
sua dignità meritava di essere preservata.
"Smettila di
chiamarmi amore, visto che non lo sono." Sibilò lei arrabbiata e Demian
subito divenne serio.
"Chi ti dice
che per me tu non lo sia? Io, per esempio, non lo credo."
"Io no. Tu sei
un vampiro, non hai l'anima per amare." Sbottò lei rattristandosi. Nelle
notti solitarie aveva pensato spesso alla sua condizione ed aveva chiaramente
capito che qualsiasi cosa lui le avesse detto sarebbero state delle colossali
bugie. Non poteva fidarsi, anche se il suo cuore avrebbe tanto voluto credere
alle sue dolci e tenere parole.
"Hai ragione,
io non ho un'anima e non amo con essa, ma noi possiamo amare come voi, non in
maniera saggia, magari, ma è fuori discussione il fatto che possiamo farlo. Se
il mio demone non provasse nulla per te, ora saresti solo carne putrescente
dentro una di quelle belle bare lucide. Io ti voglio, Deborah, e ti avrò per
l'eternità e sarai tu a chiedermelo." Mentre diceva questo si era
avvicinato alla ragazza che lo stava ascoltando rapita. La prese per la vita
attirandola a se con uno scossone, poi le tolse una ciocca di capelli da
davanti agli occhi e si abbassò a baciarla.
Debby odiò
ammetterlo, ma non riusciva veramente a stare troppo tempo senza di lui,
nonostante i sensi di colpa per Monica le stessero lacerando l'anima. Si senti
fluttuare in una specie di mondo sconosciuto, un mondo dove c'era solo la
perfezione di quell'unione, oscura e maledetta sicuramente, ma sempre unione di
fatto. Le prime lacrime presero a scendere sulle sue gote, mentre assaporava le
fredde labbra di Demian.
"Debby!"
la voce sconvolta di Monica la risvegliò da quel momento da sogno. Non si
staccò da Demian, ma guardò l'amica che la osservava con gli occhi sgranati
dalla pena e dallo stupore. Dietro di lei, Wesley, già in posizione con la
balestra a mirare il cuore del vampiro. Un parte di lei desiderò sul serio che
lo polverizzasse, riuscendo nell'impresa che lei non aveva portato a termine.
"Oh,
"Cosa stai
facendo? E non dirmi che non è come penso io, perchè qui le cose sembrano
alquanto chiare."
"Mi spiace, sul
serio, ma io non ci riesco." Rispose decisa la rossa. Era il momento
giusto per fare quello a cui pensava da un po'.
"Non riesci a
fare cosa?"
"Ad essere
forte come te, a riuscire a resistergli. Mi spiace." Monica scosse il capo
frenetica pensando di trovarsi dentro ad uno dei suoi incubi peggiori.
"Certo che ce
la puoi fare, basta che ti stacchi e che torni dentro." Ma sapeva anche
lei che non era quella la soluzione giusta. Conosceva Deborah e, da quando
aveva scoperto la natura di Demian, aveva sempre temuto un suo allontanamento
da lei, ma non così repentino come quello che stava accadendo ora davanti ai
suoi occhi.
"Non è così
semplice. Non posso far finta che quello che provo per lui non ci sia e non
posso neppure permettere che tu sia in pericolo a causa mia. So che mi odierai
per quello che sto per fare, ma non c'è altro modo per sistemare le cose."
"No, no, no,
no...." continuava a mormorare Monica pericolosamente vicino al pianto.
Wesley era l'unico che, dato la vicinanza, poteva accorgersene. In quel istante
avrebbe voluto buttare via la balestra e abbracciarla, ma non poteva scordare
di essere vicino ad un vampiro estremamente pericoloso.
"Io vado via
con lui." Ecco, Deborah aveva sganciato la vera bomba della serata. Monica
sentì distintamente il suo cuore fermarsi e perdere qualche battito e pensò
pure di aver sentito un crak. Demian sembrava sorpreso quanto
"Non puoi
farlo." Mormorò roca Monica quando si fu leggermente ripresa. Si sentiva
la gola riarsa, quella notizia l'aveva frantumata nelle sue certezze.
"Lo posso e lo
farò. Non posso più rimanere qui." Si staccò da Demian e prese a camminare
verso l'oscurità, dove la sua amica non avrebbe potuto seguirla.
"Perchè!?!?"
Urlò Monica con tutto il fiato che aveva in gola. Deborah si voltò un'ultima
volta, e la mora potè leggere nei suoi occhi una incredibile tristezza.
"Perchè lo
amo." dicendo questo prese a camminare con Demian dietro di lei. Lui aveva
un piccolo sorriso di scherno rivolto alla Cacciatrice, anche se il suo
cervello stava già elaborando quelle nuove informazioni: sapeva che tra le due
ragazze c'era una forte amicizia e non riusciva a capire perchè Deborah
l'avesse abbandonata in quella maniera e proprio nel momento più importante.
"Quindi mi
ami..." Iniziò lui, quando erano abbastanza distanti da Marina.
"Sì, ma non
farti troppe illusioni. Io ti odio, anche. Ti odio per il modo indegno in cui
ti sei comportato con me. Solo che amore e odio sono così simili che non riesco
a scinderli perfettamente." Demian scosse le spalle.
"Per ora mi
basta, amore."
Monica guardò la sua
amica andarsene. No, pensò, non può essere successo. Poi rimandò indietro il
nastro nel suo cervello e rivisse la scena, capendo che era accaduto sul serio:
Deborah l'aveva abbandonata, se ne era andata con il suo più grande nemico. Non
poteva essere vero.
Le gambe presero a
tremare incontrollate, brividi le scendevano per la schiena, nonostante non
avesse per nulla freddo. Le lacrime, prima a stento trattenute, scesero copiose
sulle sue gote arrossandole nell'immediato.
"Monica..."
Sentì che Wes la chiamava, ma le sembrava che fosse lontano, come se attorno a
lei ci fosse una imbottitura di ovatta che non le permetteva di sentire quello
che le avveniva intorno. Sentiva solo il suo cuore battere all'impazzata,
nonostante si fosse spezzato pochi minuti primi. Crollò a terra mentre le prime
gocce di pioggia cominciarono a scendere bagnandole i vestiti. Si sentì
avvolgere da due braccia sicuramente maschili e riconobbe Wesley più dal
profumo che dal gesto. Lui prese a cullarla mentre lei piangeva a dirotto.
Wesley non l'aveva mai vista così
disperata, non aveva avuto quella reazione neppure quando aveva scoperto che
poteva morire da un momento all'altro. Neppure lui riusciva a capire il gesto
di Deborah e volle sperare con tutto se stesso che ci fosse una motivazione più
profonda rispetto quella data dalla rossa. Non che l'amore fosse di per se un
sentimento poco nobile, ma non per un vampiro. Si riscosse dai suoi pensieri di
vendetta sentendo Monica borbottare.
"...sola...sono
sola..." continuava come se
recitasse una litania. Wes notò che aveva lo sguardo perso nel vuoto, come se
guardasse i cerchi che lasciavano le gocce di pioggia cadendo sull'asfalto.
Ormai erano completamente zuppi, eppure sembrava che nessuno dei due ci facesse
poi molto caso. Lui la prese per le spalle e la scrollò leggermente, in modo
che lei si riprendesse. Gli si strinse il cuore quando vide i suoi occhi colmi
di disperazione e per la prima volta provò un odio per Deborah: perchè doveva
far stare Monica così male?
"Sono sola
ora." gli disse nuovamente.
"No che non lo
sei, ci sono io qui con te." le disse convinto Wesley.
"Tu non sei
lei."
"Lo so.”
“Ma io voglio
lei."
"Accontentati
amore mio."Monica lo guardò stranita. Da quando Wesley la chiamava amore?
"Wes?" Lui
la guardò, improvvisamente conscio di quello che aveva detto. In tutta
sincerità non aveva proprio pensato alle sue parole, erano uscite di getto,
come se fosse una cosa naturale. Sentiva Monica sotto di se, così morbida ed
invitante, con la bocca leggermente aperta per lo stupore. Quando il suo
profumo lo avvolse, per lui fu la fine. Si abbassò e la baciò.
Monica rimase
estremamente sorpresa di quella mossa da parte del suo Osservatore. Di solito
era già tanto se lui la sfiorava pudicamente, invece ora sentiva le sue labbra
bagnate dalla pioggia appoggiate delicatamente sulle sue...e non sapeva che
cosa fare. Era stato tutto troppo improvviso.
Wesley si staccò
imbarazzato e Monica provò un senso di ulteriore solitudine. Non sapeva se era
giusto o sbagliato, ma era una sensazione che in quel momento non voleva
assolutamente perdere. Wesley credette di averla offesa, visto che lei non si
era mossa di un centimetro. Stava per alzarsi quando sentì una mano della
ragazza appoggiarsi dietro il suo collo e si ritrovò di nuovo incollato a lei
per le labbra, solo che questa volta il bacio venne approfondito.
Il loro cuore cantò
di gioia.
Da "Il Piccolo"
Il commissario
Alessio Marchesi ha dichiarato che le profanazioni delle tombe sono state
portate avanti da un gruppo di satanisti che ha sede nel Carso. Le tracce
rinvenute non potevano portare ad altra soluzione, d'altronde. Ora il brillante
ispettore seguirà i suoi colleghi su per le colline.
CAPITOLO DICIOTTO
La pioggia
continuava a bagnarli, ma loro, stretti in un abbraccio ormai consolidato, non
se ne accorgevano neppure e se lo facevano, non gli dava di certo noia.
Monica si stava
chiedendo da quanto tempo lo desiderasse: dalla notte della prova del
Consiglio? Dalla sua mattana al Jolly, o da prima? Non se lo ricordava, ciò che
le interessava sul serio era che finalmente lo aveva, finalmente lo stava
baciando e toccando. Wesley sembrava un ragazzo timido e pudico, ma stava
baciando con foga ed esperienza, come se nella vita non avesse fatto altro.
Monica sorrise internamente a quel pensiero e si augurò che lui non facesse
proprio altro oltre a baciare lei. Le loro lingue duellarono leggere trovandosi
e ricorrendosi gioiose.
Wesley ormai era
completamente perso: il profumo quasi intossicante di lei gli aveva ottenebrato
il cervello portandolo ad un livello di eccitazione mai provato prima. Per
poter gustare meglio quel momento, le aveva preso il volto in mano per sentirla
più vicina, mentre lei lo aveva afferrato per il retro del collo e lo
accarezzava di continuo, passando le mani sui capelli zuppi. Era unico,
perfetto, meglio di tutto quello che aveva mai fatto in vita sua, un bacio
completo, nel quale si stava donando per intero.
Fu un tuono vicino a
risvegliarli da quella magia. Si staccarono leggermente ansanti e si poggiarono
uno sulla fronte dell'altra per riprendersi dallo sconvolgimento che
quell'azione aveva portato. Monica aprì gli occhi trovandosi ad annegare nello
sguardo lucido e profondo del ragazzo. Non riuscì ad evitare di accarezzargli
la guancia. Un secondo tuono gli fece capire che era meglio spostarsi da lì,
anche perchè lei stava iniziando a tremare dal freddo.
"Forse è meglio
se entriamo, che dici?" fece lui alzandosi e aiutando lei a fare
altrettanto.
"Sì, hai
ragione." tra di loro era caduto un pesante imbarazzo. Monica andò a
prendere l'auto, mentre Wes apriva il portellone del garage.
"Allora..."
"Allora..."
"Diciamo che
quello che è successo fuori..."
"E' accaduto e
basta!" Esclamò Wesley mentre gli si appannavano gli occhiali. Decise che
era meglio toglierseli, dato che non vedeva nulla.
"Hai
ragione...colpa della pioggia, i lampi, l'atmosfera...Amici come prima?" Domandò
Monica un po' delusa dalla velocità con cui lui aveva chiuso l'argomento. Devo
baciare da schifo, pensò lei.
"Anche di
più." si affrettò a replicare. In realtà Wes non era così convinto di
riuscire a gestire al meglio quella situazione, visto che aveva il continuo
desiderio di farla sua. Salirono in casa, in modo da poter fare qualche ricerca
su Kosmina prima di andare a dormire. Monica non voleva assolutamente pensare a
Deborah, lo avrebbe fatto il giorno dopo, eppure continui flash le impedivano di
portare a termine la sua idea iniziale. Rivide l'amica mentre era abbracciata a
Demian, fino a quando non se ne fu andata. Cominciò a provare una rabbia sorda,
una sensazione che aveva già provato e che faticosamente era riuscita a
relegare nella sua mente. Poi vide Wesley mentre si preparava il classico the
della notte e sorrise. Per fortuna che c'era lui. La pioggia aveva fatto
appicciare tutti i loro vestiti alla pelle e a lei venne l'acquolina in bocca
mentre seguiva la linea del torace del ragazzo. Ebbe la fugace visione di se
stessa mentre gli strappava la camicia.
"Bzzzza"
esclamò lei quando il pensiero diventò troppo bollente.
"Prego?"
"Nulla, è solo
un gesto che facciamo io e Debby quando pensiamo a cose che non ci piacciono o
ci piacciono troppo. Così sappiamo di dover troncare il discorso."
"Ah....e a cosa
pensavi tu?" Monica sorrise mentre arrossì penosamente.
"Lascia stare e
poi ho detto Bzzzza, quindi discorso chiuso."
"Bzzzza?"
"Bzzzza!"
Monica se ne andò in camera sua per poter togliersi i vestiti bagnati. Quando
rimase in intimo, si stupì di come la sua biancheria sembrava scomparsa a causa
dell'acqua. "Mi sono proprio bagnata per bene..." Ripensò al bacio di
poco prima. Le era piaciuto veramente un sacco: si era perduta in quell'abbraccio,
sapeva di essere disperata quando lo aveva fatto, eppure lui le aveva alleviato
in parte quella sofferenza. Guardò fuori dalla finestra, dove il temporale
stava ancora sfogando la sua rabbia respressa da troppo, sul povero Adriatico
ignaro di tutto. No, non poteva finire tutto in quella maniera.
Si sedette sul
davanzale e decise di passare al contrattacco.
"Wesley!"
Urlò per chiamarlo. Aveva il cuore che andava a mille, le mani sudate per
l'impazienza e il timore che lui la rifutasse, ma sapeva di dover tentare. Lui
entrò di corsa.
"Che è
successo?" Domandò. Non riusciva a vederla bene, visto che la luce era
spenta, ma quando stette per accenderla lei lo bloccò.
"Lasciala così
com'è." Seguì la voce e vide la sua ombra appollaiata alla finestra.
"Vieni qui?" Le si avvicinò aspirando il suo profumo che lo fece di
nuovo volteggiare dieci centimetri da terra. Quanto gli piaceva quell'odore?
Poi si bloccò: lei era nuda, anzi, coperta solo da un reggiseno ed un paio di
mutandine semi trasparenti. Una scarica di eccitazione mise sull'attenti il suo
amico dei paesi bassi. Rimase a bocca aperta senza sapere che cosa dire: dalla
stoffa umida riusciva praticamente a scorgere i capezzoli induriti dal freddo.
"Che fai, ti fermi?" abboccato, pensò lei sorridendo.
"Monica..."
Rantolò lui. Che poteva fare ora? Il suo corpo stava chiaramente dandogli una o
due idee di come avrebbe potuto passare la notte, ma il cervello si stava
rifiutando di credere che quello potesse accadere sul serio.
"Wesley...non
so se ti è arrivato il messaggio, ma il bacio di prima non mi è bastato."
Aveva deciso di andare direttamente al sodo, perchè lui era capace di non
arrivarci neppure se l'avesse trovata completamente nuda a letto ad aspettarlo.
"Io...noi...bhe,
forse..." nulla non riusciva a mettere
una dietro l'altra due parole di senso compiuto. Monica perse il
sorriso: proprio non la voleva. Si pentì di averlo messo così in imbarazzo.
Scese dal davanzale per prendere la prima cosa che trovasse per coprirsi.
"Scusami, non
volevo imbarazzarti. Immagino di non piacerti proprio." Sospirò
"Lasciamo stare." Due rifiuti nella stessa sera le facevano veramente
male, avrebbe passato una notte da schifo.
Tutto ad un tratto
si sentì prendere per le spalle e venir girata. Davanti a lei troneggiava Wesley
improvvisamente cambiato: non aveva più l'aria da timido ed imbarazzato, ma
sembrava animiato da una grande forza che lo rendeva sicuro ed affascinante.
Monica non riuscì a pensare niente altro, perchè lui la baciò nuovamente,
facendola annegare nei suoi occhi azzurri come il cielo terso d'inverno.
Wesley si diede
mentalmente dello scemo: come aveva potuto farle credere per così tanto tempo
che lei non lo interessasse? Era da secoli che non voleva fare altro.
Continuando a
baciarla la portò fino alla finestra dove prima era seduta. La spinse con
delicatezza a sedersi di nuovo e lei lo abbracciò con le gambe. "Morbida e
calda...mi piace." Pensò lui mentre Monica gli accarezzava i capelli.
Aveva capito che era un gesto che le piaceva fare e a lui non dava per nulla
fastidio. Decise di chiudere i pensieri in soffitta per quella notte e di
iniziare ad amarla come si meritava.
"Sei
sicura?" Non voleva che poi se ne penstisse a metà...anche se la voglia
gli serpeggiava nelle vene, voleva averne la certezza.
"Certo!"
Esalò lei mentre gli apriva i bottoni della camicia. Voleva solo sentirlo,
pelle contro pelle, altro le importava assai poco. L'orgasmo, il sesso vero,
non era quello che le interessava, in fin dei conti, lo voleva nudo accanto a
se, per poter sentirsi meno sola e soprattutto completa con lui. Neppure lei
riusciva veramente a connettere tutto, era troppo presa dal corpo sodo e
asciutto del suo compagno. Gli passò la piccola mano sul cuore e lo sentì
mentre batteva all'impazzata, un po' come stava facendo il suo. Gli sorrise e
lo baciò di nuovo, leggermente, sulle labbra. Quanto le piacevano quelle
asciutte e fresche labbra inglesi. Nella sua mente ottenebrata dal piacere
crecente, sentì l'erezione di lui premerle sulle cosce, ancora nascosta dai
pantaloni. Provò a toglierglieli, ma le sue dita incespicarono sulla cintura
nera.
"Aspetta..."
la bloccò lui e l'aiutò a spogliarsi. Quando fu anche lui in intimo la prese e
la portò verso il letto: almeno la loro prima volta la voleva comoda ed
indimenticabile. La fece stendere sotto di se, non smettendo mai di baciarla.
La voleva assaporare fino all'ultimo, non voleva abbandonare quelle labbra
forti e speziate. La voleva, dio come la voleva. La biancheria scivolò dai loro
corpi, che annodati come fili incapaci di spezzarsi, bruciavano fra le pieghe
delle lenzuola. Monica non voleva che lui si staccasse di un solo centimetro,
eppure aveva una grande urgenza di sentirlo dentro di se: mandò a puttane tutti
i pensieri sulla dolcezza e sulla tenerezza, averlo accanto a se non era
l'unica cosa cui bramava. Wesley lasciò le sue labbra per spingersi verso il
morbido seno, appoggiò la testa su lei per poter ascoltare il suo cuore, mentre
le mani vagavano verso le calde spiagge del sud.
I movimenti erano sì
frenetici, ma caldi, dolci e pieni di sentimento da parte di entrambi. Quando
il ragazzo non ce la fece più, entrò in lei guardandola negli occhi. Le sue
gemme azzurre parvero a Monica ancora più grandi e belli e lei non potè fare a
meno di accarezzarlo mentre sospirava di piacere.
"Wow..."
sussurrò lei mentre il suo corpo si adattava a quella dolce intrusione.
"Tutto
ok?" le chiese lui cercando di trattenersi dal muoversi.
"Alla
grande." E così dicendo alzò il bacino verso di lui, in modo da sentirlo
meglio. Lui mugugnò qualcosa che lei non capì ed iniziarono a muoversi assieme.
Per Monica era tutto così perfetto! Nelle sue notti solitarie l'aveva
immaginato spesso, ma non era mai lontanamente così appagante. L'orgasmo si
stava lentamente formando in lei. Lo prese di nuovo per le labbra, aveva troppo
voglia di baciarlo ancora. Strinse le gambe attorno alle sue anche permettendo
un'angolazione ancora più stimolante. Si sentivano completi, perfetti, uniti
finalmente.
Wesley capì che il
rilascio era imminente, così insinuò una mano tra di loro, in modo da andare ad
accarezzare la piccola clitoride sensibile di Monica. Voleva venire assieme a
lei, voleva sentirla urlare il suo nome. Prese a picchiettarlo e, così facendo,
sentì che il corpo di lei reagiva, stritolandogli il membro ancora duro. Con
una stimolazione del genere perse completamente il controllo e prese a muoversi
ancora più veloce.
Monica venne con un
gemito di piacere che divenne un rantolio vicino all'orecchio di Wes, che
invece, la chiamò per nome.
"Oh Monica..."
Crollarono a letto
entrambi, con Wes sopra di lei a riprendere fiato. L'esplosione che lei aveva
provato, l'aveva lasciata spossata. Non sentiva più le gambe e un sordo piacere
ancora si insinuava dentro di lei. Wesley non era neppure ancora uscito, ma non
le dava fastidio, anzi, sarebbe rimasta così per l'eternità se avesse potuto.
Lui si alzò leggermente sui gomiti, in modo da poterla guardare: lei aveva gli
occhi castani lucidi e limpidi, i capelli sparsi sul cuscino, le gote arrossate
e la bocca gonfia dai tanti baci scambiati. Mai gli era parsa più bella, mai.
"Ti amo così
tanto..." Le disse.
Monica rimase
sorpresa... lui la amava? E lei cosa provava per lui? Non ne era ancora certa,
sapeva solo di volergli molto bene e che le piaceva molto, ma da qui
all'amore...cavoli, il passo era veramente grande. Lo prese e lo baciò. Non
voleva porsi proprio ora l'interrogativo su come rispondergli ad una
affermazione del genere. Wesley sospirò internamente...aveva capito che lei
voleva glissare l'argomento. In realtà lui avrebbe voluto sviscerarlo, fosse
stato possibile, ma le sue labbra calde gli fecero dimenticare qualsiasi cosa.
Le piaceva un sacco
guardare Wesley mentre dormiva. Dopo aver fatto di nuovo l'amore, avevano
deciso di dormire un po', anche perchè di lì a poche ore sarebbe giunta l'alba
e loro avevano bisogno di un po' di riposo, solo che Monica non ci riusciva
proprio. Si erano addormentati, in un primo momento, abbracciati, con Wesley a
circondarle le spalle con il braccio, come a voler far capire al mondo che lei
era sua. Ma ora lui dormiva sereno, lei no. Una pallida luce entrava dalla
finestra. Monica annusò l'aria della stanza e sorrise: sapeva proprio di loro
due, non c'era la predominanza di uno o dell'altra, ma solo loro due, come
coppia, come amanti. Il cuore le si allargò per questa piccola felicità.
Lentamente si alzò,
facendo in modo da non svegliare il ragazzo: andò in bagno senza accorgersi che
un paio di occhi azzurri la stavano seguendo.
Wesley si era
svegliato da poco. Aveva sentito Monica che gli sfiorava la guancia ed aveva
esultato, anche se la sua felicità era durata poco. Dentro di se aveva mille
dubbi: le aveva detto di amarla ed era stato sincero, lui sapeva di amarla sul
serio, sapeva che per lei avrebbe dato tutto, ma lei non aveva detto nulla in
risposta. Wesley aveva paura che per Monica quella notte fosse stata solo
qualcosa da usare come scaccia malinconia. Aveva timore che con il sorgere del
sole lei non lo volesse più. Sì alzò, ormai completamente sveglio, e si vestì.
Andò in cucina a mangiare qualcosa, sperando che i brutti pensieri se ne
andassero presto.
Monica, di ritorno
dal bagno, si sorprese a trovare il letto vuoto.
"Wes?"
"Sono in
cucina."
Lo raggiunse e lo
trovò che guardava fuori dalla finestra. Ad est il cielo iniziava a
rischiarare, ormai era quasi mattina.
"Che fai
qui?" Lui si girò e se la ritrovò
davanti completamente nuda. Arrossì nuovamente. "Ti imbarazzo?"
"Un po'."
mormorò lui tornando a guardare fuori. Monica rise.
"Abbiamo fatto
l'amore fino a poco tempo fa e ti vergogni di me?"
"Per te è stato
fare l'amore?" Monica sospira pesantemente. Non se l'aspettava una
chiacchierata post sesso così presto.
"Certo, che
credevi, che fosse solo una botta e via?" sospirò di nuovo avvicinandosi a
lui. "Il fatto che io non abbia risposto alla tua splendida dichiarazione,
non significa che io non provi qualcosa per te. Mi è piaciuto farlo, volevo
farlo e voglio farlo ancora, ma non chiedermi ora di etichettare quello che
sento, non ci riuscirei, sono troppo confusa." Wesley si voltò leggermente, giusto per
scoccarle un'occhiata penetrante. "Sono successe troppe cose tutte in
fretta: diventare Cacciatrice, Demian, Kosmina, Debby che mi abbandona...è
tutto troppo confuso o semplicemente troppo e basta." Arrivò da lui e lo
abbracciò, sentendo su di se il tessuto della sua camicia. Aspirò il suo
profumo intenso facendo aderire il suo petto alla schiena forte di Wes.
"Lo so, ma non
ci posso fare nulla, mi sarebbe piaciuto sentirlo." rispose lui
prendendole una mano ed accarezzandola piano.
"Io non so se
ti amo o meno, non l'ho ancora capito, ma di una cosa sono certa: io ti voglio
bene Wesley e te ne voglio tanto. Quello che è accaduto questa notte è stato
splendido e lo volevo da tanto. E' stata una specie di liberazione, quasi.
Ammetto che credevo di non interessarti..."
Wesley si mise a
ridere di gusto.
"Era la stessa
cosa che pensavo io. Sono proprio un imbranato."
"Allora siamo
in due, neppure io avevo capito nulla." Risero assieme, almeno la tensione
era crollata del tutto. Wesley si girò, in modo da poterla abbracciare e
guardare.
"Cosa facciamo
ora?" le chiese accarezzandole la guancia. Non riusciva a fare a meno di
lasciarle quei piccoli gesti delicati, quando l'aveva davanti a se era una
tentazione vera e propria.
"Io avrei una
mezza idea di trovare un modo per ammazzare quel bastardo di Kosmina, poi
eliminare Demian e poi...bho, un po' di ferie. Credi che si possa fare?"
"Certo...ti va
se le facciamo assieme?" Monica annuì felice sorridendo.
"Ti voglio bene
Wes e quando capirò sul serio quello che provo e penso, sarai il primo a
saperlo." Gli diede un piccolo e casto bacio sulle labbra e poi si
stiracchiò come una gatta maliziosa. "Credo che andrò a farmi una doccia
calda."
"Ottima idea.
Io, nel frattempo, metto su la colazione."
Monica sorrise
all'ingenuità che Wes ogni tanto dimostrava di avere.
"In realtà, il
mio era un invito...mi piacerebbe lavarti a fondo..." Gli sussurrò
all'orecchio facendo spuntare la punta della lingua in mezzo ai denti. Wesley
per un attimo rimase senza parole, ma poi la prese in braccio facendola ridere
come una bambina e inizò a girare come una trottola in mezzo alla cucina,
proprio mentre il primo raggio di sole entrava dalla finestra.
"Sai che ti dico,
Monica...ho voglia di una doccia."
Da "Il
Piccolo"
Il furioso temporale
che si è scatenato ieri sulla città, ha portato molti disagi. Alberi sfrondati,
cassonetti spostati dalla loro locazione originale e un sacco di scantinati
allagati. I Vigili del Fuoco hanno risposto a più di 500 chiamate in poche ore.
Per fortuna oggi dovrebbe tornare il sole.
CAPITOLO DICIANNOVE
Il locale era buio,
caldo, pieno di gente e vampiri. Monica aveva immediatamente captato i demoni,
ma sembrava che loro non facessero molto caso al fatto che
Wesley era corso da
Lorne, non appena lui li aveva chiamati: era riuscito a localizzare con
certezza la dimora di Kosmina e visto che mancavano solo 4 giorni alla luna
nuova, questo era un aiuto del tutto insperato. Monica si chiese se Lorne li
aiutasse per bontà o se per bieco interesse personale: in fondo l'Apocalisse
non era un grande incentivo al turismo. Scosse il capo: adesso doveva solo
pensare alla sua caccia personale, quella che l'avrebbe messa faccia a faccia
con il suo incubo.
L'individuò
immediatamente: era in mezzo alla pista, vestita tutta di viola, con Demian che
le ballava accanto. Sembrava stesse bene, anche se a Moncia pareva molto più
fredda rispetto al solito. Le si avvicinò lentamente, aprofittando di
impalettare qualche incauto vampiro che stava tentando di mordere una preda. In
realtà non sembrava che lì attorno qualcuno ci stasse facendo molto caso, ma
Wesley le aveva spiegato che in città c'erano alcuni locali dove gli esseri
umani si facevano volontariamente mordere. Scosse il capo pensandoci, che
schifo.
"Dovresti
essere più cauta, Cacciatrice, qui non c'è nessuno che ti voglia bene."
Demian le si era parato davanti con il suo solito sexy sorriso, anche se gli
occhi dardeggiavano odio e freddezza.
"Non sono qui
per parlare con te, bastardo."
"Quanta grazia
e gentilezza in questa donna..." La prese in giro lui, ma Monica non
replicò. Stava guardando Deborah che la osservava divertita, con un leggero
sorriso dipinto sulle labbra scarlatte.
"Lasciaci
sole." Che autorità in quelle due uniche parole. Demian stette per
protestare, ma Deborah prese la mano dell'amica e la portò in mezzo alla pista.
La musica era ad alto volume, tetra ed oscura, perfetta per le creature della
notte. Diafane figure si muovevano infastidite da quella presa di posizione
delle due umane, ma nessuno di loro era così stupida da andare ad
interromperle: una era l'amante di uno dei master più forti della città, mentre
l'altra era
Le due ragazze si
fecero prendere dalla musica, toccandosi e giocando come era loro costume,
senza preoccuparsi del mondo esterno. Demian le osservava inquieto: non gli
andava che Monica e Debby si riavvicinassero, anche se solo per un ballo.
Quando Deborah era andata a vivere nella sua dimore, aveva creduto che la sua
volontà crollasse in breve, invece, al di fuori delle appassionate giornate
d'amore, praticamente non le parlava. Si faceva mordere ogni volta, come a
fargli capire che era sua, ma non si sbottonava su niente altro. Credeva che
volesse diventare una vampira, ma lei non gliene aveva mai fatto cenno, pensava
che lo aiutasse a sconfiggere i suoi nemici, ma si teneva ben lontano
dall'argomento "Cacciatrice". Insomma, una amante perfetta, non fosse
che Demian aspirava a qualcosa di più: la voleva fin dentro il suo intimo, la
voleva sua, ma c'era una parte di Deborah che non riusciva a carpire.
"Vieni con
me." Disse Deborah all'orecchio di Monica. Così vicina, la ragazza sentì
immediatamente il potere dei morsi di Demian e fece una smorfia: aveva creduto
che lei non si concedesse più in questa maniera così profonda, ma a quanto
pareva Debby era ben felice di fare donazioni giornaliere di plasma.
Uscirono dal locale
affollato. Il cielo terzo era coperto da mille e mille puntini splendenti che
le osservavano fredde in silenzio. Erano una di fronte all'altra.
"Come
stai?" Attaccò Deborah.
"Potrei dire
alla grande, ma sarebbe una balla e sai che a me non piace raccontarne. "
"Dov'è Wesley?
Di solito non fate ronda assieme?"
"E' andato da
un nostro informatore. Forse ha trovato il covo di Kosmina." un lampo di
preoccupazione passò negli occhi della rossa.
"Starai
attenta, vero?"
"Ti importa sul
serio?" Bene, pensò Monica, erano finalmente arrivate al cuore della vera
discussione.
"Certo che mi
importa, sei la mia migliore amica." Debby sospirò pesantemente.
"Sono andata via da casa proprio per questo." Monica alzò curiosa le
sopracciglia. "Con Demian sono al sicuro. Pradossale vero? Vivo con un
vampiro e sono più sicura della mia vita rispetto a quando vivevo con te. I
vampiri non osano più neppure a guardarmi per non incorrere nelle sue ire. In
questa maniera tu non ti devi preoccupare per me, sono blindata."
"Tranne che a
Demian." Analizzò Monica indicando il seno sinitro, zona dove sentiva il
morso. Debby sorrise.
"Sì, lui mi ha
quando vuole, ma a me va bene così." guardò il molo poco lontano da loro con
una durezza che Monica non le aveva mai visto dentro.
"Mi sa che sei
tu quella che deve stare attenta. Stai portando avanti una storia d'amore
alquanto pericolosa." Debby annuì, poi la fissò seria.
"Non permetterò
a Demian di farti del male, come non lascerò che tu ne faccia a lui. Ho bisogno
di entrambi per vivere."
"Non è Demian
che mi preoccupa ora."
"Giusto,
abbiamo in ballo il problema Kosmina." Monica si stupì dell'uso del
plurale della sua amica, come se stesse ancora facendo parte del suo piccolo
gruppo. Non riusciva veramente a capirla ed era una cosa strana, visto che fino
a quel giorno ci era riuscita senza troppi dubbi. "Non ho ben capito che
cosa abbia in mente, i seguaci di Demian smettono di parlare appena mi fiutano.
Comunque una cosa ho capito, restando con loro, tutto quello che fanno è legato
al sangue." Disse con convinzione la rossa. "Non c'è nulla che
facciano che non riguardino il cibo. Trova la chiave giusta e li hai fregati,
incluso Kosmina." Monica la osservò scettica.
"Ecco dove sei
finita." La voce di Demian le colse di sorpresa. Lui si avvicinò a Debby e
la abbracciò possessivamente, scoccando alla Cacciatrice un'occhiata
significativa. "Entriamo, ho voglia di stare con te." E così dicendo
entrarono nel locale, non senza che Debby riuscisse a salutare Monica con un
bacio leggero.
"Demian, mi
stai facendo male." Disse tranquilla Deborah, mentre il vampiro le
stringeva il braccio. Di solito per passare attraverso la folla di un locale,
bisognava spintonare o muoversi lentamente, ma qui tutti gli avventori si
aprirono per lasciar passare il master, che stringeva ancora la ragazza a se:
avevano tutti capito che era assai infuriato. Arrivarono in una zona poco
frequentata ed ancora più oscura del resto del locale. Demian la sbattè con
poca grazia al muro.
"Mai più...non
osare più dare appuntamento a quella qui dentro." Debby lo guardò con
occhi fiammeggianti di odio represso.
"Io non l'ho
invitata, è arrivata qui da sola." Quello che disturbava Deborah non era
la violenza che lui le stava dimostrando, bensì che quella stessa violenza le
piacesse un mondo. Nel momento che lui l'aveva gettata sul muro, aveva
immaginato mille situazione erotiche in cui lui la prendeva per divertirsi
senza sosta. Passò la lingua sulle labbra con un gesto sensuale e Demian si
affrettò a coprirle famelico. Aveva annusato l'eccitazione della sua donna già
da un po' e non vedeva l'ora di poterla avere di nuovo. Si appoggiò a lei, in
modo che potesse cingerle le gambe alla vita e con un gesto secco le strappò i leggeri
slip di pizzo che lei aveva indossato quella sera.
Un cover dei Soft
Cell cantata dal Reverendo li accompagnava nei movimenti. Deborah urlava per le
spinte estremamente forti e stimolanti che le lasciava il vampiro. Vennero nel
momento in cui Demian morse il capezzolo di Deborah per poter bere.
Demian si fermò
sentendo la sua amante ansimare forte: dimenticava, a volte, come lei fosse
ancora umana e che certe cose le doveva ancora fare. Provò ad immaginare quando
tutto questo sarebbe finito e le loro peripezie sarebbero potute durare
estremamente di più, magari arricchite da dolci torture. Tornò immediatamente
ad essere duro, ancora profondamente conficcato in lei, che la guardava
sorpreso.
"Sei mia, hai
capito? Solo mia come io sono tuo e pretendo che nessuno ti porti via da me,
che sia un uomo, un vampiro o quella stramaledetta Cacciatrice." Sibilò
con rabbia, mentre usciva dal suo canale bagnato. Debby si ritrovò con le
ginocchia a terra e davanti il membro pronto di Demian. Sorrise minacciosa, ma
lui non se ne accorse, sospirò soltanto quando lei lo prese in bocca.
Deborah sapeva che
la vendetta era un piatto da servire freddo e la sua sarebbe stata gelata.
Dopo aver lasciato
il locale polverizzando qualche elemento demoniaco, Monica si diresse verso
Piazza Unità. Doveva incontrarsi con Wesley per poter ascoltare le novità che
arrivavano da Lorne. Il demone verde aveva inviato tramite un ragazzino
innoquo, un piccolo biglietto che diceva solo "trovato". Wesley aveva
pensato che fosse opportuno andare da lui al più presto e Monica non aveva
obiettato, scusandosi di non poter andare con lui. Wes non aveva replicato,
aveva capito che la sua donna, ormai definitivamente sua, doveva fare qualcosa
di importante e che non poteva rimandare.
Le luci della Piazza
illuminavano tutta la zona circostante, fino ad arrivare all'acqua nera e
minacciosa che si trovava sotto di lei. Monica, per saggiare i suoi riflessi,
era in bilico sul finire del molo, con i talloni nel vuoto e le punte a
sostenerla. Sembrava una tuffatrice in procinto di buttarsi. Vide arrivare da
lontano Wesley e sorrise, abbandonando la sua posizione per corrergli incontro.
Dopo la serata al locale vampirico,
vederlo la metteva di buon amore. In più ogni più piccolo passo che faceva le
ricordava le notti appassionate tra le lenzuola che passavano assieme. Non era
stata così indolenzita neppure all'inizio del suo allenamento come cacciatrice.
Sorrise internamente mentre lo baciava famelico.
"Wow, devo
allontanarmi più spesso se questo è il benvenuto che mi dai." Disse Wes
ridacchiando.
"Allora, che
notizie mi porti?" Monica decise di andare direttamente al sodo. Presero a
camminare abbracciati lungo il molo, mentre Wesley le spiegava come era andata
la serata.
"Kosmina si
nasconde in una grotta sul Monte Valerio, esattamente come abbiamo teorizzato
qualche giorno fa. Lorne mi ha dato una specie di piantina che ha ricavato dal
canto di alcuni demoni incauti."
"Meglio per
noi. Ci andiamo ora?" Aveva una gran voglia di menar le mani ed era
incazzata con mezzo mondo.
"Pensavo di
andarci di giorno, così li troviamo un po' scombussolati per il sonno."
Monica prese a
pensarci su. In effetti aver a che fare con il master quando lui era assonnato,
poteva essere decisamente meglio, magari avrebbe fatto meno resistenza.
"Ok, vada per
domani, magari verso mezzogiorno, così siamo proprio sicuri che li prendiamo di
sorpresa."
Presero a
incamminarsi verso casa. Monica si sentiva bene. Certo, aveva ancora quella
sensazione di arrabbiatura che le aveva dato vedere Debby in quel locale,
sentire quel maledetto morso ancora su di lei, ma Wesley aveva l'innata
capacità di farla stare bene. L'intimità che avevano raggiunto era qualcosa di
incredibile e a lei piaceva. In più doveva ammettere che non era un rapporto
asfissiante, erano abbastanza indipendenti, nonostante tutto, e questo era una
cosa importante per lei. Sorrise guardando il mare: lo avrebbe portato a
conoscere la sua famiglia.
Da "Il
Piccolo"
Ritrovato un cadavere
orribilmente mutilato, davanti alla Facoltà di Biologia, ai piedi del monte
Valerio. L'Ispettore Marchesi, che si occupa delle indagini, non ha voluto
rilasciare dichiarazioni in merito.
CAPITOLO VENTI
Aveva passato la mattinata
ad allenarsi con Wesley. Voleva essere perfettamente pronta per andare a
sconfiggere Kosmina, se non lo fosse stata, per lei sarebbe stata la fine e non
lo voleva proprio. Corse a farsi la doccia, mentre Wesley caricava la macchina
di paletti e frecce. Da quando si era svegliato quella mattina, aveva sentito
di provare dei leggeri crampi allo stomaco: aveva paura. La battaglia vera non
lo preoccupava più di tanto, era sempre andato a fare le ronde conoscendo i
pericoli che avrebbe dovuto affrontare, ma ora aveva paura di perdere Monica.
Finalmente si erano trovati, amati, finalmente erano una coppia, certo non
molto convenzionale, lei Cacciatrice, lui Osservatore, ma sempre coppia erano e
Wes sapeva che senza la sua piccola metà sarebbe stato da cani. Sobbalzò quando
sentì qualcuno che bussava alla porta. Sperò che fosse solo il postino, così da
levarselo presto dalle scatole. Aprì la porta e rimase a bocca aperta nel
vedere Alessio che lo osservava con sguardo corruciato.
"Ciao Wes. C'è
Monica?" Wesley assottigliò gli occhi: era ancora geloso di lui.
"Si sta
preparando per uscire." rispose lapidario facendolo entrare. Il poliziotto
era vestito in jeans e maglietta maniche corte, dato che il sole di primavera
picchiava forte. Gli occhiali a specchio gli davano proprio l'aspetto del
tipicolo cops dei telefilm americani.
"Ehylà, guarda
chi si vede. Ciao!" Urlò Monica da sopra le scale. Si era cambiata anche
lei. Panataloni da battaglia neri e una maglietta attillata. Non doveva
distrarsi con stoffa che volteggiava intorno a lei. A Wesley venne l'acquolina
in bocca, visto la maniera quasi indecente, in cui la maglia le fasciava il
petto. Anche Alessio rimase sorpreso nel vederla così. Gli sembrava che fosse
più donna dell'ultima volta che l'aveva vista e invidiò l'inglese, visto che
sicuramente le aveva dato una bella mano per questo cambiamento. Da buon
sbirrò, notò immediatamente un particolare sul collo di lei. Evidentemente il
ragazzo aveva voluto lasciarle un marchio: non potè non sorridere.
"Ciao. Dove
state andando?" Monica gli diede due leggeri baci sulle guance.
"Andiamo a
stanare un brutto e spelacchiato coniglio dalla sua tana." Rispose lei
sorridendo. Aveva paura, questo sì, ma non voleva lasciarsi dominare da essa.
Meglio di così non poteva prepararsi, quindi era inutile fasciarsi la testa
prima di essersela rotta. "Tu che fai qui?"
"Volevo
mostrarvi delle foto. Volevo capire se il caso a cui sto lavorando è legato
alla Bocca dell'Inferno, oppure se è una cosa slegata." Tirò fuori dalla
buste alcuni fogli in bianco e nero che Wesley prese in mano ed analizzò. Non
era di certo un bello spettacolo, ma lui non si scompose, mentre Monica ed
Alessio chiacchieravano.
"Allora, dove
siete diretti?" Alessio era curioso.
"Piccola grotta
sul Carso, Monte Valerio per la precisione." Un piccolo campanello suonò
in testa al poliziotto. "Sì, dove è stato trovato il tuo corpo."
"Infatti questo
è un lavoro di un demone. Se non sbaglio della specie dei Deevak. Non puoi
farcela contro di lui." Gli disse Wesley ridandogli le foto della
scientifica.
"Ora scusaci,
ma dobbiamo andare."
"Starai
attenta, vero?" Monica gli sorrise e lo abbracciò forte lasciandolo
sorpreso. Wesley prese a ringhiare piano.
"Certo!"
Si staccò e si mise al volante della sua seicento. Alessio porse la mano a Wes
che la prese svogliato.
"Proteggila più
che puoi. E stai attento anche tu." I due si guardarono e Wes annuì
semplicemente. Come spiegare a parole che avrebbe semplicemente dato la vita
per la sua Cacciatrice?
Alessio li vide
andar via e prese una decisione epocale.
Stranamente
l'Università sembrava svuotata. Di solito i parcheggi erano tutti occupati
dalle migliaia di studenti e professori che ogni giorno seguivano le varie
legioni, oppure studiavano nelle varie biblioteche. Invece ora sembrava il
deserto. Le poche anime che ancora erano rimaste, si aggiravano terrorizzate e
spariva appena possibile. A Monica si strinse il cuore: per quanto potesse
provare un forte senso di ripugnanza per quel luogo, aveva passato anche dei
bei momenti e non credeva che fosse giusto quello che le era successo. Scesero
dall'auto senza parlare. Prese i paletti, infilandone alcuni nei calzini, altri
nei passanti dei pantaloni e nella tasca della piccola giacca che aveva deciso
di portare. Wesley prese più frecce possibili per ricaricare la sua balestra.
Così armati presero la salita verso il monte. Non parlavano, erano tutti e due
concentrati a seguire i minimi cambiamente dell'ambiente esterno, ma nulla
sembrava a presagire che qualcosa di male potesse accadere tra le fronde degli
alberi e l'erba verde lussureggiante grazie alle recenti pioggie. Poco più in
alto c'era uno spiazzo di sola terra nuda. Nessun albero ed una fenditura che
spaccava la nuda roccia. Un fremito percorse la schiena di Monica guardandola:
non poteva essere che quello il covo. Un rumore improvviso dietro di loro li
fece sussultare.
"Alessio?! Che
cavolo fai qui?" Sbottò Monica vedendo il poliziotto. L'uomo era con un
paletto sguainato pronto a seguirli.
"Vi aiuto,
ovviamente."
"Sì, ti aiuti a
suicidarti. Torna a casa." Sbottò Wesley.
"Questa è anche
la mia città e se con le manette non posso prenderli, allora diamoci giù di
paletto." Monica fece spallucce.
"Se vuoi vieni,
ma non ti prometto che riuscirai ad uscirne vivo." Una bella iniezione di
speranza prima di entrare, pensò Alessio, ma non disse nulla.
I tre entrarono nel
pertugio e subito si ritrovarono in una grande grotta. Le pareti erano lucide
dall'acqua e in lontanaza si sentiva lo scrosciare di un piccolo ruscello
sotterraneo, tipico delle zone Carsiche. Con lentezza e grazie ad una piccola
torcia che Wesley aveva prudentemente portato con se, il terzetto cominciò a
scendere verso il centro della collina. Ad ogni passo in avanti, Monica sentiva
la malignità aumentare e la colpiva come dei pugni dello stomaco. Lentamente
iniziava a temere quello che avrebbe trovato nella zona principale.
Improvvisamente, in lontananza, videre un leggero bagliore dorato:
evidentemente del fuoco.
Alessio si deterse
la fronte: voleva porsi come grande eroe, un po' per tirare su la sua vita
caduta nell'oblio in quei ultimi annio, ma ora tremava di terrore paura. Guardò
Monica che teneva fissa lo sguardo verso il termine del tunnel e poi osservò
Wesley: l'inglese aveva un'espressione determinata, ma gli occhi tradivano la
preoccupazione. Spesso guardava Monica con amore e Alessio sperò ardentemente
di uscire vivo da lì per vederli sposarsi.
Lo spettacolo che
gli si parò davanti, quando arrivarono allo slargo della grotta, era raccapricciante:
Sul muro pendevano i cadaveri di decine di ragazzi, tutti con la gola lacerata
e lasciati a dissanguarsi sopra un lungo bacile di pietra, ormai ricolmo di
liquido vermiglio. L'odore del sangue era intossicante la dentro e Alessio
sentì crescere dentro un senso di nause incredibile. Attorno a loro c'erano
vampiri addormentati un po' ovunque, ma di Kosmina neppure l'ombra. Il russare
era assordante. A gesti i tre si divisero, ognuno prendendo un pezzo di
caverna. Monica stava al centro e con sistematica dedizione presero ad uccidere
un vampiro per volta. Praticamente nessuno si accorse di nulla, fino a quando
un rumore proveniente dall'esterno, non mise in allarme alcuni vampiri.
"
"Ragazzi, che
calorosa accoglienza." Le sue parole vennero sommersa dai ringhi e le urla
dei vampiri. Iniziò una lotta furiosa. Monica mollava fendenti a tutto spiano,
non mancava un colpo, era più che concentrata. Non era con quei tipi che voleva
combattere, lei puntava al top in assoluto. Quando attorno a lei non fu rimasta
che polvere si voltò raggiante: non era neppure sudata. "Tutto qui?"
Urlò.
Alessio e Wesley non
erano molto contenti di questa dimostrazione di forza, si sentivano leggermente
sminuiti, lei era fin troppo brava. I due si ritrovarono a combattere spalla a
spalla cercando di far più caduti possibili.
"Così
"Io sono una
persona gentile."
"Sai, non
pensavo fossi così stupida...addirittura gettarti ai miei piedi." Le disse
sprezzante Kosmina.
"Io non mi
metto ai piedi di nessuno, bastardo. Tra i due sarai tu a strisciare e a
pentirti di essere venuto a Trieste."
Kosmina rise e subito dopo si gettò sulla Cacciatrice facendola volare
con un pugno.
"Monica!"
Wesley fece per aiutarla, ma lei lo bloccò con un gesto. Monica si alzò ancora
un po' intontita dal volo fatto, ma tornò verso Kosmina cominciando ad
attaccare. Si scambiarono calci, pugni ed insulti silenziosi. Lei cercava di
trovare la maniera migliore per fermare il rito e pure di ucciderlo per sempre,
ma sembrava che toccarlo fosse estremamente difficile. Probabilmente stava
attuando degli incantesimi per fare uno scudo mistico. Lo mandò mentalmente a
fanculo. Il sopracciclio iniziò a
sanguinare lentamente.
Alessio,
momentaneamente libero, si diresse verso i corpi appesi, sperando di trovare
ancora qualcuno vivo, ma le sue speranze svanirono, quando finì io lavoro. Erano
tutti cadaveri. Una sorda rabbia si stava impadronendo di lui: quelle erano
vittime giovani, ragazzi sotto i vent'anno di sicuro, l'idea che fossero stati
gozzati come bestie al macello gli faceva male. Vide il bacile di pietra, dove
qualcosa stava gorgogliano all'intenro. Soppresse un conato di vomito e si
appoggiò al bordo.
Wesley, nel
frattempo, stava tenendo a bada tutti i servi rimasti: si ritrovò ben presto
con una profonda ferita al braccio che lo limitava nei movimenti. Iniziò a
declamare in incantesimo e per un paio di minuti riuscì a respirare ad e
riprendere le forze. Vide la sua ragazza che fronteggiava il master: la
situazione era in stallo.
"Sei una
stupida cagna, non uscirai viva da qui." Le disse Kosmina.
"Tu tanto
parli, ma poco fai. Demian mi avrebbe già dissanguato. L'ho sempre pensato che
non valevi nulla." Monica sogghignò, mentre Alessio la guardava senza
capire. Perchè incitarlo in quella maniera? Invece, il piano di Moncia si
risultò azzeccato. Kosmina, accecato dalla rabbia per le parole di Monica,
caricò senza troppo pensarci, sbilanciandosi. Il suo incantesimo crollò come un
castello di carta e Monica riuscì a colpirlo con forza nello stomaco e a farlo
sanguinare grazie ad un coltellino svizzero regalatole da un amico alchimista
di Monfalcone. Monica lasciò un urlo di puro trionfo.
"Bastardo, te
l'ho detto che sei una chiavica." Sentì dietro di lei un vampiro esplodere
e girandosi, vide Wesley con la balestra in mano puntata verso di lei. L'aveva
salvata ancora: gli sorrise dolcemente e
finalmente, capì.
Tornò a guardare
Kosmina che si era rialzato e riprese a dargli pugni: doveva approfittare del
momento di distrazione del master.
Nel frattempo,
Alessio non sapeva più che fare. I pochi childe rimasti stavano combattendo
contro Wesley che abilmente si destreggiava tra paletto e balestra. Si sentì
improvvisamente inutile, nonostante avesse ucciso un buon numero di vampiri.
Notò che dal bacile stava uscendo qualcosa che assomigliava, in maniera fin
troppo raccapricciante, ad un dito. Preso dal panico, si mise a spingere il
recipiente, in modo da svuotarlo. Non sapeva quello che stava uscendo da la, ma
di sicuro non era nulla di buono.
"Fermatelo!!"
Urlò Kosmina ai suoi servi.
'Tutto ruota intorno
al sangue' La frase di Debby prese a lampeggiare come un neon nel suo cervello.
"Wesley,
aiutalo!!" Ordinò al suo Osservatore, che corse immediatamente ad aiutare
il poliziotto che si era ritrovato circondato da vampiri ansiosi di ammazzarlo.
"E da la che deve uscire il tuo braccio armato, vero?" sibilò Monica
contro il Master, ma questo non rispose e con un un colpo potente la fece
volare lontano.
"Non mi
fermerai, maledetta."
I due uomini vivi,
nel frattempo, erano finalmente riusciti ad inclinare il bacile... il sangue
prese lentamente a versarsi nel fiumiciattolo che si inabissava verso il cuore
della grotta. Il gorgoglio terminò e il dito tornò da dove era venuto, quale
posto fosse, non interessava a nessuno.
Un urlo disumano
riempì l'antro: Kosmina si era appena reso conto che il suo piano andava in
fumo per almeno un altro mese. Con gli occhi dorati si girò verso Monica, che
ancora seduta sul pavimento, stava riprendendo conoscenza.
"E' tutta colpa
tua, maledetta troia!" Si ritrovò sopra di lei in meno di un secondo e la
azzannò con forza.
Wesley pensò di
morire in quell'istante e prese correre verso il suo amore per soccorrerla,
mentre le lacrime gli appannavano la vista. Con muta incredulità, vide sparire
Kosmina in una nube di polvere: era appena spuntato un paletto dal suo costato.
Monica lo aveva tirato fuori da uno dei passanti della cintura ed era riuscito
ad infilzarlo prima che il vampiro la bevesse troppo. Era talmente incazzato con lei che si era
lasciato fregare come un pivellino. Il lieve sorriso della Cacciatrice, rassicurò
solo in parte Wesley.
"Amore?"
la abbracciò portandosela al petto: aveva creduto di vederla morire e gli era
scoppiato l'universo dentro, che avrebbe fatto senza di lei?
"Sto bene,
Wes." Mormorò lei piano. In realtà era distrutta, era sul bilico dello
svenimento.
"Dobbiamo
portarla in ospedale." Fece pratico Alessio accorso da loro. "Copro
io con i medici." Wesley annuì e la prese in braccio. Sembrava una
bambolina.
"No...sto bene,
portatemi a casa, per favore." Monica tentò di darsi un tono, ma stava troppo
bene nelle braccia di Wesley, voleva solo restare per tutto il resto della sua
vita così.
"Monica, sei
ferita."
"No, devo solo
riposare...per favore, Wes, andiamo a casa, ho sonno." Lui le diede un piccolo bacio sulla fronte e cominciarono
a correre verso l'uscita. Come videro la luce del sole, scappò a tutti loro un
sospiro di sollievo.
Wesley appoggiò
Monica sul sedile: ormai era completamente svenuta. Corse come un pazzo verso
casa, senza neppure ascoltare quello che gli diceva Alessio...lo avrebbe
chiamato più tardi. Ora, l'unica cosa che importava a Wesley, era Monica. Si
accorse di star tremando dal freddo per la paura. Quando Kosmina l'aveva morsa,
un iceberg gli era penetrato nelle vene, facendolo morire all'istante. Il suo
corpo doveva ancora riprendersi.
Entrarono in casa,
lui la portò su per le scale in braccio, sentendo che si stava svegliando.
"Tranquilla
amore mio, siamo a casa, ok? Adesso riposi." lei mugugnò qualcosa che lui
non capì. Evitò Cucciola e Spike, che erano corse da loro preoccupate, dato che
avevano annusato l'aria impregnata dal sangue dei due, e la poggiò
delicatamente nel suo letto. Notò che era molto pallida: Kosmina doveva aver
bevuto parecchio da lei per ridurla in quello stato. Per fortuna che si
riprendeva in fretta grazie ai suoi poteri di guarigione. Si augurò mentalmente
che il master subisse le peggiori torture all'inferno.
"Wes?"
"Sono qui,
resto con te, non ti lascio." Le disse premuroso prendendole una mano per
baciargliela. Monica borbottò qualcosa. "Non ho capito." Lei sospirò
piano cercando di riprendere un minimo di forze. Doveva dirgli una cosa così
importante. "Tranquilla, mi dici tutto dopo, adesso riposati, ok?"
Lei scosse il capo in segno di diniego e prese a guardarlo negli occhi con il
lieve sorriso dipinto sulle labbra. Poggiò la mano sulla guancia ancora sporca
di polvere e sangue.
"Ti amo,
Wesley."
Da "Il
Piccolo"
Trovati sul Monte
Valerio, in una grotta sotteranea, sette cadaveri di ragazzi. Gli scorsi giorni
erano scomparsi da casa e ora la macabra scoperta. L'Ispettore Marchesi, autore
della terribile scoperta, ha tenuta una conferenza stampa in cui ha spiegato
che quelli sono i tristi resti di una messa nera. La città veste a lutto.
CAPITOLO VENTUNO
La prima cosa che Monica
captò al suo risveglio, fu un leggero respiro vicino a lei. Non era ancora
riuscita ad aprire gli occhi, ma aveva facilmente intuito che la mano che
teneva stretta la sua era quella di Wesley e che quindi con lei nella stanza
c'era lui. Monica aveva ancora la mente annebbiata dal sonno e si sentiva
pesante e svuotata, come se fosse appena uscita da una anestesia totale.
Sentiva di non avere potere sul proprio corpo. Voleva, in tutta verità, poter
stringere la mano a Wes ed accarezzarlo, ma sembrava che il segnale non
arrivasse. Decise che per un po' poteva ancora restare così.
Nel buio della sua
camera, prese a ricordare la sequenza di eventi accaduti nella grotta: sì,
Kosmina era definitivamente polvere e lei era sopravvissuta. Un leggero senso
di euforia prese vita in lei. Aveva avuto molta paura quando il vampiro l'aveva
azzannata, ma era stato l'unico momento in cui poteva ucciderlo, l'unica volta
in cui lui le si era avvicinato abbastanza per poter affondare il colpo...e non
lo aveva mancato. Doveva congratularsi con se stessa per la mossa azzardata,
almeno ne era valsa la pena. Certo, ora si sentiva come se fosse stata
investita da un camion a rimorchio, ma almeno il bastardo era solo un ricordo.
Rivide Wesley che
correva da lei con la paura negli occhi: dio quanto era stata cieca in quei
mesi. Si era affannata a reprimere qualsiasi idea di sentimento verso di lui,
quando i suoi occhi azzurri l'avevano rapita dal primo istante in cui si erano
posati su di lei. Averlo così profondamente odiato per quello che
rappresentava, piuttosto che per il tipo di persona che era, li aveva aiutati a
superare assieme tutti i vari stadi di una conoscenza normale, ma che lentezza.
Era stato uno stillicidio di dolcezza e di intimità, fino a sfociare alle notti
assieme, aggrovigliati fra le lenzuola amandosi come se non ci fosse stato un
domani. E ora l'aveva capito: sì, lo amava con tutto il suo piccolo cuore di
Cacciatrice. Là, in quella grotta polverosa, dove il Signore si era dimenticato
di portare la sua grazia, lei aveva capito che l'unica persona con cui avrebbe
potuto condividere la sua vita era lui e non solo perchè essendo un Osservatore
non aveva bisogno di strane spiegazioni, ma proprio perchè in lui c'era quella
comprensione dell'oscurità che permeava ogni Cacciatrice. E soprattutto aveva
capito lei, l'aveva aspettata fino a quando non si erano baciati quella prima
indimenticabile volta. Monica sorrise: non vedeva l'ora di dire a Wesley che lo
amava, chissà che faccia avrebbe fatto. Poi si ricordò che glielo aveva già
detto...quando l'aveva adagiata al letto, il suo volto tirato per la
preoccupazione, lei che lo accarezzava piano. Sì, si era già dichiarata ed
arrossì al ricordo.
"Wes..."
Mugugnò. Il ragazzo si svegliò di scatto. In realtà non era riuscito a riposare
tanto: quando lei era svenuta, aveva giusto avuto la voglia di telefonare ad
Alessio per chiedergli cosa ne era stato dei cadaveri della grotta e per sapere
cosa aveva deciso di dire ai suoi superiori, poi si era lavato un attimo ed era
tornato al capezzale di Monica nel caso le servisse qualcosa, ma lei aveva
continuato a dormire per delle ore. Aveva pensato molto, con il sorriso a
quaranta denti sulle labbra, alle dolci parole che lei gli aveva detto prima di
addormentarsi. Lei lo amava. Monica amava proprio lui, Wesley Wyndham-Pryce. Un
calore enorme gli si era diffuso nel corpo, sperava solo che lei non ritirasse
tutto quello che aveva detto.
"Sono
qui." Le sussurrò piano per non disturbarla troppo.
"Stai
bene?" lui sorrise poggiando la mano di Monica sulle labbra.
"Certo,
perfettamente." Voleva
abbracciarla, baciarla, ma lei sembrava così fragile in quel momento, che lui
aveva paura di romperla se si muoveva in maniera troppo forte.
"Ci sono stati
guai?" gli chiese sussurrando. Voleva sapere quello che era successo dopo
la battaglia, non si ricordava molto la sequenza degli eventi, ma non aveva la
forza per tenere gli occhi aperti e restare concentrata.
"Monica, ne
parliamo dopo, adesso ti devi riposare ancora un pochino." Wesley le rimboccò per la centesima volta le
coperte e le diede un leggero bacio sulla fronte. "Io sono di la,
ok?"
"No."
Monica gli prese il braccio e lo guardò con fatica negli occhi. Wesley potè
osservare nuovamente quanto grandi fossero le iridi della ragazza. "Resta
con me, ti prego." Wesley tornò a sedersi sulla sedia vicino al letto, ma
Monica si spostò leggermente di lato. "Intendevo qui con me." disse
piano arrossendo come una bambina.
Wes non disse nulla,
si tolse le scarpe e la camicia, restando con una maglietta a maniche corte
bianca ed i pantaloni, si distese vicino a lei abbracciandola, in modo che
Monica potesse appoggiare la testa al suo torace.
Stretti così,
scivolarono piano nel sonno.
La porta si aprì di scatto,
rivelando Deborah completamente nuda che sovrastava il suo amante. Dal seno
scendevano ancora luccicanti gocce cremisi che rivelavano che Deniam l'aveva
appena morsa per portarla ad un orgasmo, in una giostra di piacere ormai ben
consolidata. La ragazza cercò di coprirsi, mentre uno dei servi del master
entrava con il volto già trasfigurato.
"Che cosa
vuoi?" gli chiese Demian disturbato per l'interruzione.
"E'
morto...Kosmina è morto."esalò, come se gli mancasse il fiato, il nuovo
arrivato. Gli occhi di Demian si accesero mandando bagliori dorati e sorridendo soddisfatto.
Anche Debby riuscì a fare un lieve sorriso: questo significava che Monica era
sana e salva, sperava solo che non si fosse fatta troppo male e che stesse
bene.
"Fantastico,
questa sì che è un'ottima notizia." Demian fece scendere da sè Deborah e
si alzò, mostrandosi senza pudore in tutta la sua nudità. Avrebbe voluto festeggiare andando fuori a
bere qualcuno di unico ed indimenticabile, ma il sole splendeva alto nel cielo
e lui era così vecchio anche perchè non aveva istinti suicidi. Guardò la sua
amante: aveva i capelli sciolti e in disordine, la bocca rossa perfettamente in
tinta con la sua chioma. La pelle candida spiccava nitida fra le lenzuola nere
con cui aveva foderato il letto. Il bel seno era nascosto dalle braccia, ma,
per uno strano gioco di luci e lenzuola, il vampiro riusciva a scorgere il bel
triangolo scuro ancora lucido per l'eccitazione ed i liquidi versati nel
precedenti amplessi. Si umettò le labbra ancora sporche al pensiero delle dolci
perversioni che aveva riversato su Deborah. Più la possedeva e più la voleva!
"Cosa fai
ancora qui? Non vedi che disturbi?" domandò poi bruscamente al suo servo
che ancora non aveva dato cenni di volerli lasciare.
"Mio
signore..." iniziò quello titubante. "Che facciamo di lei?"
chiese indicando una sorpresa Deborah. Demian ringhiò.
"Che cosa
intendi?"
"Beh quella è
l'amica più cara della Cacciatrice...se quella maledetta ha ucciso Kosmina,
figurati che farà a noi che abbiamo lei nel covo."
Demian gli si
avvicinò e lo prese per il collo in una stretta di ferro.
"C'è qualcosa
che vorresti dirmi?" Il servo prese a tremare: possibile che avesse
freddo. No, era la paura che incuteva Demian in quel momento. Gli occhi gelidi
e dorati erano fissi su di lui.
"C'è chi vuole
ucciderla, mia signore." Esalò tutto ad un fiato. "Si stanno
riunendo, in modo da non dover avere problemi con
"Vestiti."
Ordinò estremamente serio. Debby prese i suoi vestiti, aveva immediatamente
capito che la situazione era decisamente preoccupante, nessuno di loro avrebbe
esitato a berla per salvarsi la pelle.
"Dove mi
porti?"
"Fuori di qui.
C'è il sole, non ti possono seguire, nel frattempo io insegnerò loro la
disciplina." Anche lui si era vestito e notò che Debby era ferma in mezzo
alla stanza ad osservarlo con uno sguardo strano. "Che hai?''
"Perchè lo
fai?" domandò lei spiazzandolo. Che domande gli stava facendo?
"Perchè te ne
esci con una cosa del genere?" Demian sentiva che i suoi stavano arrivando
e sapeva anche che, nonostante fosse il master, da solo non poteva
controbattere a decine di vampiri assetati di sangue e vendetta verso di loro.
"Perchè non hai
più bisogno di me. Monica ha sconfitto Kosmina, il vostro patto è
annullato." Demian la prese fra le braccia con un gesto secco e la portò
vicino a sè.
"Non è il patto
quello che mi interessa, sei tu. Tu sei mia, Debby, e io ti voglio così
tanto..." si fermò come a cercare qualche parola adatta. "Io ti amo
così tanto." Gli fece strano dirlo: per secoli il massimo della
soddisfazione era stato disintegrare i suoi nemici ed esaltarsi per quello,
eppure dire quelle semplici paroline alla donna che lo aveva stregato, gli era
sembrata un'impresa da giganti. Si baciarono febbrilmente, come se volessero
assaporarsi al meglio per ricordarsene in futuro.
Lui la prese per
mano e la accompagnò per un lungo corridoio nascosto, in modo da guadagnare un
po' di tempo. Infatti i vampiri erano già entrati nella camera padronale e, non
avendo trovato nessuno, stavano ora cercando delle vie di fuga.
Il corridoio era buio e scivoloso, l'unico modo per Deborah di uscire fuori di
lì integra era quello di tenere ben ferma la presa su Demian. Iniziarono a
sentirsi i ringhi dietro di loro, fino a quando si ritrovarono nell'atrio del
palazzo settecentesco dove abitavano. Debby riuscì ad uscire al sole, venendone
letteralmente inondata, mentre Demian si appropinquava ad affrontare i suoi ex
sostenitori.
"Vi state
ribellando?" domandò il master sprezzante.
"No, vogliamo
solo uccidere quella puttanella, poi sarà tutto più facile." ringhiò uno
da dietro.
"Quindi vi
ribellate. Nessuno di voi si può permettere di toccare Deborah con un dito. Lei
è la mia donna."
"Ci farà
ammazzare tutti!" così dicendo alcuni di loro presero ad attaccare Demian,
che, però, riuscì a parare bene e difendersi. Deborah era decisamente
combattuta: voleva scappare lontano e dimenticarsi di tutta quella sporca
faccenda, l'altra parte di se voleva rientrare ed aiutare il suo amore, anche
se era un vampiro e non meritava poi molto: alla fine rimase dov'era.
Demian era forte e
di sicuro più intelligente rispetto a tutti quei childe rivoltosi, ma da solo
non poteva fermarli tutti. Dopo aver fatto una buona strage, si ritrovò
completamente privo di forze, i suoi nemici erano troppi, però anche loro ora
andavano più cauti. Avevano visto troppi di loro diventare polvere con facilità
estrema e non volevano rischiare la stessa sorte.
"Siete solo dei
luridi figli di cagna." Insultò Demian. "Non meritereste neppure la
vita eterna, ho sprecato del buon sangue con voi."
"Non ci darai
la ragazza?"
"Mai."
I vampiri, senza
dire una parole, tornarono da dove erano venuti, rinunciando a lottare. Forse
non valeva la pena di crepare per una insipida umana, che poi il loro Master si
fosse rammollito per lei, erano fatti suoi, non loro. Avrebbero continuato la
loro non-vita lontano da quella cittadina insulsa.
Demian era rimasto alquanto
sorpreso, non pensava che la lotta finisse così presto e che i suoi childe
abbandonassero l'idea di uccidere Deborah. Decise che per qualche decennio
sarebbe stato meglio restare da solo, senza irritanti creature, ma solo con la
sua donna, ovviamente vampirizzata. Secondo lui mancava poco per farla cedere:
già si immaginava loro due assieme intenti ad uccidere quella fastidiosa
Cacciatrice e il suo Osservatore, sarebbe stato un delizioso banchetto per
loro. Si girò verso di lei che era ancora sotto la luce del sole e le tese una
mano.
"Vieni,
torniamo nella nostra stanza." Ma Debby non si mosse, anzi, lo guardava
con occhi più profondi, allagati dalle lacrime.
"Non posso più
tornare con te..." esalò a voce bassissima, tanto che Demian non avrebbe
sentito se non fosse stato un vampiro.
"Che cosa stai
dicendo?"
"Io ti amo
Demian, lo sai, ma sei una creatura oscura, io non posso continuare a stare con
te sapendo che ogni notte uccidi dei poveri innocenti che non hanno nessuna
altra colpa che quella di essere vivi."
Demian, lentamente,
iniziava a capire: aveva creduto di star usando Deborah per il suo rapporto con
"E' un modo
dolce e lacrimevole per dirmi che te ne vuoi andare via? Tu mi appartieni,
amore, tu sei mia fino all'ultima particella del tuo essere, non puoi lasciarmi
così, come se fossi un vestito vecchio." Deborah si riprese un attimo e lo
guardò a lungo.
"Io sono tua, è
vero e credimi, non ti dimenticherò mai, anche dopo che sarai diventato
polvere." da una delle tasche del vestito fece uscire un paletto. Demian
non glielo aveva mai tolto per precauzione, in caso che uno dei vampiri,
dimostrati poi ribelli, non provasse a prendersi certe libertà mentre lui era a
caccia.
"Ancora con
questa cosa che mi vuoi uccidere? Non ce l'hai fatta una volta e non ce la
farai ora."
Ormai li separava la
linea d'ombra del palazzo di Demian, dieci centimetri di tensione profonda.
"Ti prego,
vattene da qui...Lascia la città e dimenticati di me, ti scongiuro."
supplicò Deborah guardandolo negli occhi.
"Non credo sia
possibile, tu abiti qui e io voglio stare con te." le disse Demian.
"Non obbligarmi
ad ucciderti." le prime lacrime presero a sgorgarle dalle palpebre. Demian
la cinse con le braccia, iniziando a fumare a causa della luce del sole.
"Perchè lo
vorresti fare?"
"Perchè se tu
non diventi polvere io non sarò mai libera. Tu potrai chiamarmi a te quando
vorrai e io lo verrei sempre, forse anche senza morso. Se la tentazione non
c'è, io non sarò tentata. Ti prego, vattene."
"No."
Demian la prese e la baciò dolcemente come mai aveva fatto nella sua non vita.
Deborah si perse in lui, ma strinse maggiormente il paletto, trovando la forza
di puntarglielo al cuore.
"Io ti amo
Demian." gli sussurrò labbra su labbra "E non ti dimenticherò
mai."
La ragazza spinse
più a fondo iniziando a scalfire la pallida pelle del vampiro che la guardava
con stupore crescente: non era possibile che lei gli stesse facendo quello.
La polvere si posò
piano al suolo, mescolata alle lacrime di una ragazza innamorata, che aveva
scelto il suo destino.
Wesley stava
accarezzando leggero il braccio nudo di Monica, ancora addormentata. Si era
svegliato da una buona mezz'ora e non era riuscito a far niente altro che
ascoltare il suo respiro cadenzato e stringerla a se quando lei mugugnava
qualcosa nel sonno di poco piacevole. Con occhio critico aveva osservato tutti
i lividi e i tagli che si era procurata con la lotta e, anche se lei guariva in
fretta, avrebbe voluto pulirglieli ed aiutarla. Però, stare così abbracciati
assieme, in silenzio nella stanza di lei, era qualcosa che lui non voleva
interrompere, specie svegliandola. La strinse a se ancora un po', non
accorgendosi del leggero sorriso di lei.
Pure lei era
sveglia, ma solo da poco. Si stava solo assaporando al meglio quelle splendide
sensazioni: il suo lato dolce e teneroso stava gongolando, ma un po' ce ne
voleva, dopo che per anni aveva coltivato il lato cinico e solitario.
"Da quanto sei
sveglio?" la voce bassa di Monica ruppe il silenzio stupendo Wes che non
si era accorto di nulla.
"Da un
po'." gli rispose dandole un lieve bacio sulla spalla lasciata scoperta
dalla maglietta. "Come stai?"
"Bene...mi
sembra di aver corso dieci maratone di fila, ma, a parte questo, sto bene. Devo
solo riposare ancora un po'." si stiracchiò leggermente, restando
favorevolmente sorpresa di trovare il suo corpo che già rispondeva agli
stimoli. In mezza giornata si sarebbe rimessa in piedi. Sentì Wesley che continuava
a baciarla sul collo, dietro le orecchie, sulla guancia, come se stesse
seguendo un percorso stabilito. Provò un brivido ancora più profondo quando lui
poggiò le labbra sul segno del morso di Kosmina.
"Ti ha fatto
tanto male?" Domandò lui piano e Monica annuì leggera.
"Ne valeva la
pena." prese un forte respiro "Sai, se l'unico modo per conoscerti
era diventare una Cacciatrice, beh, sono contenta di esserlo, allora."
Malgrado il pallore dovuto alla mancanza di sangue, Wesley potè vedere che le
sue gote erano leggermente arrossite a quella confessione. Non le disse nulla,
si limitò a baciarle le labbra facendo guizzare la lingua malandrina al suo
interno. "Ti amo, Wes...ti amo.." gli sussurrò Monica all'orecchio,
intimidita dal dover esporre i suoi sentimenti. Si guardarono negli occhi
mentre lui le accarezzava i capelli quasi con venerazione. "E tu mi ami
veramente? Cioè, io sono tutta sbagliata, manesca, per dirla una, mi infurio
e..." Lui le posò un dito sulla bocca per farla tacere.
"Ti amo dal
primo momento che ti ho visto... anzi, questo non è vero... forse anche da
prima."
Che può dire una
donna ad una dichiarazione del genere? Nulla, e così fece Monica. Lo abbracciò
forte, impedendosi mentalmente di cedere alle lacrime di commozione. Iniziarono
a muoversi in sincronia, ognuno con la voglia che gli serpeggiava nelle vene.
Monica si ritrovò senza la maglia, con i seni liberi di stare nelle mani di
Wesley. La baciava, la sfiorava, facendola gemere e sospirare, a volte più
forte quando lui toccava i lividi più profondi.
Non si resero
minimamente conto che qualcuno era entrato in casa.
Quando Debby aprì la
porta della stanza di Monica, sperando di trovarla, cacciò un urlo vedendo
Wesley sopra la sua migliore amica, intento a penetrarla e baciarla.
"Debby!" Esclamò
sorpresa Monica, mentre Wes cercava qualsiasi cosa per potersi coprire.
"Scusate!"
Disse la rossa sparendo dietro la porta. A Monica non erano certo sfuggite le
lacrime sulle sue gote, quindi prese di nuovo la sua maglia, un paio di slip e
caracollante, con Wesley finalmente coperto che la teneva su, seguì la ragazza.
Trovò Deborah
intenta a muoversi nervosamente per il soggiorno: senza appigli si avvicinò a
lei e la abbracciò. Non voleva ammetterlo, ma la sua amica le era mancata quasi
come l'aria. Presa da quelle braccia forti, Deborah si lasciò andare ad un
pianto sfrenato: in parte si sentiva distrutta per il gesto che era stata
costretta a fare, eppure una parte di se era sollevata che finalmente le cose
si fossero messe a posto. Niente più vampiri nella sua vita, voleva trovarsi un
ragazzo normale.
"Che è successo
Debby?" chiese Monica preoccupata, mentre Wes le osservava da lontano.
"Non ci darà
più fastidio." Monica non dovette chiedere a chi la sua amica si stava
riferendo, le sue lacrime erano più che intuibili, esattamente come i marchi di
Demian e l'odore di oscurità che si portava appresso. Non sapeva come, ma lei
aveva uccido Demian. Voleva esserne felice, eppure avrebbe tanto voluto evitare
quella sofferenza a Deborah, una ragazza buona come lei non meritava di stare
male, qualsiasi fosse il motivo.
"Che è
successo?" Domandò Wesley meno accorto della sua ragazza.
"E' morto,
Demian è polvere..." La voce si incrinò ulteriormente, gli occhi erano
ormai due dighe completamente frantumate. "Io l'ho fatto diventare
polvere." Così dicendo si aggrappò ancora con più forza a Monica che
sperava ardentemente di farle capire che era lì per lei, per qualsiasi cosa le
volesse dire. "Non potevo lasciarlo andare, io ho bisogno di lui, ma se rimaneva
qui...il morso...la mia volontà... non avremmo potuto avere un futuro."
Monica le tolse dalle guance le lacrime, passando leggera con le dita.
"Va tutto bene,
passerà..." Le pareva di una banalità incredibile, ma non sapeva cosa
dirle. Debby scosse il capo e sorriso.
"No, non
passerà mai, ma si attenuerà di sicuro. Io lo amerò per sempre, perchè lui ha
fatto uscire l'oscurità che c'è in me... e io dovrò sempre farci i conti."
Si soffiò il naso e la guardò "Come stai tu? Ho saputo che hai sconfitto
Kosmina." il volto di Monica parve risplendere grazie al suo sorriso.
"Già, ho fatto
fuori il bastardo e sono ancora viva! Meglio di così non poteva proprio
andare." Il cellulare di Wesley prese a suonare e il ragazzo rispose,
mentre le due amiche, ancora abbracciate dopo tanti giorni passati lontane, lo
guardavano, una con affetto e una con amore.
"Era
ora..." Disse Debby.
"Uh?"
"Che tu e lui
vi metteste assieme. Era chiaro anche ad un cieco che vi rincorrevate."
Monica ridacchiò improvvisamente più serena: avere di nuovo a casa Deborah era
il coronamento della giornata, non poteva esserci fine migliore per quel
capitolo della sua vita.
"Lo sai che
sono molto cieca io..." Rispose Monica sempre guardando il suo uomo, suo e
di nessun'altra, ormai, uomo che stava ritornando con una faccia corrucciata
verso di loro.
"Era Alessio,
c'è bisogno di una nostra consulenza per un corpo. Ci andiamo ora?"
Si staccò da Debby,
poi diede un leggero bacio a Wesley sorridendo. Andò nella sua stanza a
prendere i vestiti puliti e si chiuse in bagno senza degnare nessuno di una
risposta. Dieci minuti dopo, uscì dalla stanza completamente vestita, con la
mano già sulla maniglia della porta per scendere verso la macchina.
"Andiamo a
lavorare!"
Da "Fenice
Immobiliare"
Vendesi sontuoso
appartamento settecentesco in zona centrale, causa abbandono prematuro ed
inaspettato del precedente acquirente. Prezzo conveniente, subito a
disposizione.
FINE?