LA PROFEZIA

Di Patty

 

 

Note e Disclaimer: Ciao, sono Patty e posto questa ff perché ho bisogno di voi. Il fatto è che non sono sicura che valga la pena di continuarla e quindi vorrei avere un vostro parere in merito. Non c'è nessuna coppia in particolare (e non credo ci sarà) e per il momento ne ho scritte solo tre parti (le altre due le posterò stasera perché adesso non le ho sottomano). Ovviamente i personaggi di BTVS e ATS non sono miei, ma di proprietà di Joss Whedon, David Greenwalt, la WB e la UPN. Io li ho solo presi in prestito per dare sfogo alla mia mente malata e al massimo potrò ricavarne una sequela di insulti da parte di chi avrà il coraggio di leggerla. Non è la mia prima fanfiction, ma per favore siate indulgenti (ma sincere) ugualmente.

 

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LA PROFEZIA

 

 

 

Angel cominciò a riemergere lentamente dalle nebbie del sonno.

Era stata una nottata tranquilla: Connor non aveva pianto e i demoni del suo passato lo avevano stranamente lasciato in pace.

Un raggio di luce che aveva colpito i suoi occhi lo aveva portato in quello stato di semi-incoscienza durante il quale, pur consapevoli di non essere più addormentati, non si è neanche completamente svegli; era ancora in quello stato in cui si comincia lentamente a percepire quello che accade intorno, senza però averne una percezione esatta.

 

Angel avvertiva una piacevole sensazione di calore diffusa in tutto il corpo, e sentiva un leggero formicolio sul collo, come se qualcuno ci stesse soffiando sopra. Erano sensazioni piacevolissime, come da un pezzo non ne avvertiva più, e diventarono ancora più intense quando due labbra morbide si posarono sulle sue.

 

Angel si svegliò di colpo, spalancando gli occhi, e restò abbagliato dalla luce del mattino che filtrava dalla finestra.

 

“Buon giorno amore mio” gli disse una voce al suo fianco.

 

Angel strabuzzò ancora di più gli occhi quando si trovò sdraiato in un letto che non era il suo, stringendo fra le braccia Anya Emerson.

 

“Ehi, ti ho detto buon giorno…” ripeté Anya, con tono un po’ meno dolce.

 

L’ex demone riprese a solleticargli il collo, ma quando arrivò alle labbra, Angel non ricambiò il suo bacio.

 

“Ti sembra un bacio questo?” chiese Anya, che cominciava ad irritarsi sul serio.

 

“Sì…cioè no… Ma cosa…” balbettò Angel, al culmine della confusione.

 

“Si può sapere cosa diavolo ti prende questa mattina Xander?” lo interruppe la ragazza.

 

“Xander?!?” chiese Angel, come cadendo dalle nuvole.

 

Il vampiro non ci capiva veramente più nulla: poche ore prima, dopo una notte di caccia piuttosto fiacca se ne era andato a letto…nel suo letto…ed ora si ritrovava in quello di Xander Harris, e come se non bastasse Anya era convinta che lui fosse Xander!

Un lampo attraversò la sua mente: il calore che avvertiva in tutto il corpo, il raggio di sole che lo aveva svegliato e… (Angel si alzò e, ignorando la voce un po’ stridula di Anya, andò a piazzarsi davanti alla grande specchiera della stanza)…la sua immagine riflessa nello specchio. O meglio, l’immagine di Xander Harris...

 

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Xander si alzò ancora terribilmente assonnato. Aveva freddo e non sapeva assolutamente che ora fosse né il motivo per cui Anya fosse uscita quella mattina senza svegliarlo.

La stanza era completamente buia e il ragazzo andò a sbattere con un ginocchio contro un mobiletto: “Ahia!!! Certo che Anya è davvero stravagante: da quando si piazzano i mobili in mezzo alla stanza”.

Tastando le pareti e cercando di evitare altri ostacoli arrivò alla finestra (non ricordava che fosse in quella posizione e non ricordava neanche che ci fossero tende tanto pesanti) e la aprì, lasciando che la luce del giorno invadesse la stanza.

 

Fu un istante: la luce del sole ferì violentemente i suoi occhi ancora assonnati e la pelle cominciò a bruciargli in maniera dolorosa, come se si fosse appena scottato con dell’acqua bollente. D’istinto richiuse le tende, e quelle dolorosissime sensazioni parvero scemare un po’.

 

“Ok Xander, stai ancora sognando. Adesso ti dai un bel pizzicotto e ti svegli…” si disse per cercare di dare una spiegazione logica a quella situazione.

 

Dalla stanza accanto sentì arrivare il pianto di un bambino, e pochi istanti dopo Cordelia entrò nella sua stanza tenendo in mano un tenero frugoletto.

 

“Ecco, visto, hai svegliato anche il tuo papà con tutto questo strillare” disse la sua ex, facendo finta di sgridare il piccolo.

 

“Cordelia, che ci fai qui?” chiese Xander seriamente stupito e preoccupato. “Per favore, vai via, se Anya torna e ti trova qui siamo finiti…”.

 

“Ma ti sei rimbambito?” chiese Cordy senza mezzi termini, accendendo la luce.

 

Xander si guardò intorno spaesato: quella non era la stanza da letto di Anya. Era molto più grande, molto più spaziosa e soprattutto molto più ordinata.

 

Cordy lo fissava con aria interdetta: “Sei sicuro di stare bene?”.

 

Xander inspirò profondamente, nel tentativo di calmarsi almeno un po’, ma questo semplice gesto non fece altro che aumentare la sua confusione e la sua paura quando si rese conto che l’aria non era arrivata ai suoi polmoni.

 

L’espressione stampata sul volto del ragazzo fece preoccupare non poco Cordelia, e Xander lo notò: “Cordy, per favore chiama il signor Giles”.

 

“Il signor Giles? Non sarebbe meglio chiedere prima a Wesley? Di certo anche lui saprà come aiutarti…”.

 

“E perché dovrei far venire Wesley da Los Angeles quando il signor Giles è qui a Sunn… Noi siamo a Los Angeles o a Sunnydale?” chiese Xander, timoroso della risposta che avrebbe ottenuto dalla sua ex fidanzata.

 

“Mio Dio, Angel, stai veramente male! Siamo a Los Angeles, dove altro potremmo essere?” gli rispose Cordelia.

 

“Come mi hai chiamato?!?” chiese il ragazzo, ormai in preda al panico.

 

“Angel, adesso basta con questa messa in sena, non è per niente divertente”.

 

“Angel! Io sono Angel…!” pensò freneticamente Xander, mentre un sorrisetto gli si stampava in faccia. “Va bene Cordy” decise di stare al gioco, “messa in scena finita: volevo solo vedere se ti saresti preoccupata per me”.

 

“Deficiente!” gli rispose la ragazza, uscendo dalla stanza mentre continuava a cullare il bambino.

 

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“Senti tesoro, non so cosa ti passi per la testa questa mattina, ma, qualunque cosa sia sono sicura di riuscire a distrarti…” disse Anya, avvicinandosi con fare sensuale a quello che credeva il suo ragazzo, e cominciando ad accarezzarlo dappertutto.

 

Angel era a dir poco sconvolto: già l’idea di trovarsi nel corpo di Xander era abbastanza orripilante, ma venire anche messo al corrente di come lui ed Anya si divertissero nell’intimità era veramente troppo anche per lui.

Delicatamente, nel tentativo di non irritare troppo la ragazza, si divincolò dal suo audace abbraccio. “Anya ascolta io non…”.

 

“Tu NON…cosa?!? Non vuoi? Non puoi? Xander Harris credi che io stia con te per la tua brillante intelligenza o per il tuo senso dell’umorismo?”.

 

Suo malgrado Angel fece fatica a reprimere un sorriso che sarebbe apparso decisamente fuori luogo in quel momento, e per la prima volta da quando lo conosceva, provò una sincera pietà per il miglior amico di Buffy.

 

“E poi non mi sembrava che questa notte tu ti facessi tutti questi problemi! Non mi sembrava che mentre…”.

 

Angel le tappò la bocca con una mano: l’ultima cosa che voleva sentire era la descrizione dettagliata dell’ultima notte passata da Xander e Anya.

La ragazza si imporporò immediatamente per quel gesto, e cominciò a dimenarsi, ma dato che Angel non mollava la presa optò per una drastica soluzione: morse con violenza la mano del ragazzo.

Angel si ritrovò ad urlare come non aveva urlato nemmeno per un altro, ben più drammatico morso. Anya nel frattempo aveva ricominciato a sbraitare ed era evidente che tentare di spiegarle che lui non era Xander (anche se al momento per qualche oscuro motivo ne occupava il corpo) non sarebbe servito a nulla. In realtà Angel fece qualche tentativo di questo genere, ma dovette battere in ritirata non appena la ragazza cominciò a scagliargli addosso qualsiasi oggetto le capitasse per le mani.

Fece appena in tempo a chiudersi alle spalle la porta dell’appartamento dell’ex demone (le cui urla si sentivano probabilmente in tutta Sunnydale) per evitare che una pesante lampada da comodino gli fracassasse qualche osso.

 

“Uff…E io che pensavo che Cordelia avesse un caratteraccio…” pensò il vampiro ansimando.

 

Non era tuttavia quello il momento di perdersi in simili considerazioni: aveva un problema da affrontare, ed era un problema piuttosto grosso. Angel credeva sinceramente che non sarebbe sopravvissuto un’intera giornata nel corpo di Xander Harris. La cosa più importante era ora fare mente locale agli avvenimenti degli ultimi giorni per cercare di capire cosa fosse successo, magari con l’aiuto del signor Giles.

 

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Dopo circa un’ora Cordelia rientrò nella stanza, vestita e truccata di tutto punto…bella come Xander non ricordava di averla mai vista.

 

“Bene Angel: Fred e Gunn non so dove siano spariti...da quando stanno insieme sono più i momenti in cui si danno alla macchia che quelli che sono nel mondo dei vivi…senza offesa… Io invece esco con Lorne: dobbiamo ancora scegliere i fiori e le bomboniere per il nostro matrimonio e poi devo ancora trovare un vestito adatto. Secondo te il bianco sta veramente bene assieme al verde?”.

 

“Bene” la interruppe Xander, “Vedo che le mie…ehm…le parole di Xander non ti hanno fatto cambiare idea. Dovresti dargli un po’ più di ascolto…dice sempre cose molto sagge…”.

 

“Chi? Xander? E da quando? E comunque non farmi perdere tempo con certe stupidaggini che ti ho già detto che vado di corsa. Wesley invece è ancora chiuso nella sua stanza: perché non provi a parlargli? Mi sembra così strano in questi ultimi giorni…sempre alle prese con quella dannata profezia che non riesce a decifrare. Con me è stato molto vago ed evasivo…non vorrei che ce l’avesse ancora per quel malinteso riguardo a Fred…, prova a vedere se con te va meglio. Per ultimo, ho già dato da mangiare a Connor e gli ho già fatto il bagnetto ma tra qualche ora bisognerà cambiarlo di nuovo e dubito che io sarò già a casa quindi te lo lascio tutto per te. Adesso è di là nella sua culla che gioca con tutti i sonaglietti che gli hai comprato…se vai avanti così lo vizierai quel bimbo… Ciao ci vediamo più tardi… Ah, dimenticavo, sono arrivati i rifornimenti: quando hai fame il frigo è pieno…”.

 

Senza dargli neanche il tempo di pronunciare una sola sillaba Cordelia uscì dalla stanza.

Xander restò molto infastidito da quel monologo di Cordelia: già non gli piaceva affatto che la sua ex avesse anche solo potuto pensare di sostituirlo con un demone dalla faccia verde, ma il sapere oltretutto che non aveva tenuto minimamente in considerazione tutto quello che era venuto a dirle apposta da Sunnydale, pochi giorni prima, feriva profondamente il suo orgoglio maschile.

 

“Certo che se certe cose te le avesse dette Angel allora sarebbe stato tutto diverso…e ormai il danno è fatto…qualsiasi cosa potesse dirti “Angel” adesso non cambieresti idea ugualmente… Ma come puoi pensare di sostituirmi con uno con la faccia verde, le corna in testa e un naso a far paura…Anya almeno sembra un essere umano!!!”.

 

Le ultime parole di Cordelia però contribuirono a fargli tornare un po’ di buon umore: il frigo è pieno.

 

“Benone, ho una fame!!! E poi a stomaco pieno si ragiona meglio!”.

 

In realtà Xander non avvertiva il famigliare crampo allo stomaco, ma una sensazione sconosciuta che lui interpretò, non del tutto a torto, come un segnale di fame. Cominciò a vagabondare così per le tante, troppe stanze dell’Hyperion alla ricerca del frigorifero, maledicendo Angel per la scelta di quel labirinto come casa. Entrò anche nella stanza dove si trovava Connor e, guardandolo, per un istante pensò che non sarebbe stato un cattivo spuntino, ma preso com’era dalla sua ricerca Xander non badò a quel suo pensiero inconsciamente formulato e si allontanò dalla stanza.

 

“Chissà cosa intendeva Cordy per rifornimenti: spero che ci siano tante belle ciambelle con la glassa sopra…Anya mi proibisce sempre di mangiarle perché dice che mi fanno ingrassare…in realtà è solo perché vuole mangiarsele tutte lei…ma adesso Anya non c’è, e io non sono Xander, ma Angel, e quindi non mi devo preoccupare perché tanto i vampiri non ingrassano (altrimenti, con tutte le porcherie che ingurgita, Spike sarebbe una botte) e non muoiono certo se gli sale un po’ il colesterolo…Speriamo che ci sia anche lo sciroppo d’acero…io adoro lo sciroppo d’acero…”.

 

Quando finalmente trovò il frigorifero in questione, tuttavia, tutte le sue aspettative vennero infrante: la cella era piena solo ed esclusivamente di sacche di sangue di maiale e una tazza già piena del liquido rosso, denso e viscoso. C’era un bigliettino davanti alla tazza: “Non sapevo quando saresti sceso e quindi non l’ho scaldato. Buon appetito, Cordy”.

 

Xander quasi svenne per la nausea e il disgusto. “Passeranno secoli prima che io tocchi anche una sola di quelle sacche di sangue” pensò ripugnato. Eppure una forza dentro di lui lo spinse ad allungare la mano verso la tazza, ad accarezzarne il contorno regolare e ad avvicinarla alle labbra.

Xander provò una sensazione stranissima, come se qualcuno gli stesse stropicciando la faccia, e quando si toccò il volto capì, pur senza potersi vedere riflesso sulla superficie lucida del frigorifero, che i suoi lineamenti si erano trasformati in quelli di un demone: senza rendersi neanche conto del perché non riuscì a trattenere un sorriso. Mise la tazza per qualche secondo nel forno a microonde e quindi bevve con gusto la sua prima tazza di sangue caldo.

 

hiuso nella sua stanza Wesley fissava senza quasi più vederle le parole scritte di suo pugno su un banalissimo foglio di bloc-notes. Erano solo cinque vocaboli, ma avevano avuto il potere di sconvolgere la sua vita: “Il padre ucciderà il figlio”.

Era una cosa assolutamente assurda. Wesley sapeva benissimo che Angel sarebbe morto piuttosto che torcere un solo capello a Connor…il suo cucciolo…

Eppure la profezia parlava chiaro.

Negli ultimi quattro giorni aveva cercato altre possibili traduzioni, ma l’unica che aveva un senso era quella terribile sentenza.

Spesso le profezie erano sibilline, soggette all’interpretazione di colui che le traduce o anche solo le legge, ma non questa volta: quelle maledette parole non davano adito a possibili interpretazioni diverse.

 

“Come faccio a dirglielo?” era ormai l’unica domanda che tormentava la mente dell’uomo.

“Come posso dirgli che è destinato ad uccidere il suo stesso figlio…si ucciderebbe piuttosto. Come faccio a proteggere Connor ed Angel contemporaneamente? Come è possibile che avvenga una cosa del genere…non è possibile… La profezia non è autentica…” pensava freneticamente anche se sapeva che quest’ultima idea non era vera: alcuni dei segni che avrebbero dovuto precedere l’avverarsi della profezia stessa erano già accaduti, esattamente come erano stati descritti nell’antica pergamena.

Il gioco era iniziato ed ora che aveva scoperto come sarebbe andato a finire avrebbe voluto che tutti loro smettessero di giocare, ma ovviamente questo non era possibile: sembrava proprio che Connor fosse venuto al mondo per essere ucciso da Angel…sembrava proprio che Connor fosse nato per dannare definitivamente Angel.

Wesley non riusciva nemmeno ad immaginare quale potenza potesse esserci dietro un disegno tanto atroce.

Avrebbe avuto bisogno di confidarsi con qualcuno, di chiedere un consiglio su come comportarsi, ma non voleva opprimere anche i suoi amici con una rivelazione tanto sconvolgente. E soprattutto non voleva farlo proprio ora che erano tutti così felici: Fred e Gunn avevano appena scoperto di amarsi e stavano vivendo gli inizi della loro storia…stavano vivendo il loro momento magico…; Cordelia e Lorne, nonostante le interferenze esterne, stavano addirittura organizzando il loro matrimonio che si sarebbe tenuto tra poche settimane, e Wes non ricordava di aver mai visto Cordy tanto felice; persino Angel era sereno: dopo il difficile periodo passato con Darla l’anno precedente, dopo la morte di Buffy che lo aveva spinto sino in Tibet e dopo le migliaia di preoccupazioni dovute alla paternità, aveva finalmente trovato un periodo di equilibrio e di calma, un momento in cui sembrava non ci fossero più troppe nuvole all’orizzonte.

La consapevolezza del destino che incombeva su di loro avrebbe distrutto tutti i sogni e le gioie dei suoi amici…lui non aveva motivi di felicità che potessero essere disintegrati…decise di non dire niente a nessuno di loro, di tenersi tutto dentro e di comportarsi di conseguenza…anche se sapeva che non sarebbe stato per niente facile.

 

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Angel si allontanò quasi con timore dall’ombra del porticato della casa di Anya.

Finalmente poteva di nuovo guardare il sole e lasciarsi accarezzare dai suoi raggi. Inspirò profondamente l’aria frizzantina, non ancora riscaldata dal sole del mattino, e quasi gli vennero le lacrime agli occhi quando la sentì arrivare fino alle profondità dei suoi polmoni.

Sapeva benissimo che quel corpo non era il suo e che quelle sensazioni non sarebbero durate a lungo, e proprio per questo assaporava con ancora più avidità ognuno di quei singoli attimi.

 

Dopo qualche minuto dovette tuttavia riprendersi: aveva un problema da risolvere e non lo avrebbe risolto standosene lì impalato a prendere la tintarella…anche se gli sarebbe piaciuto…

Decise di recarsi alla sua vecchia magione, dove di certo nessuno lo avrebbe disturbato: aveva bisogno di riflettere e soprattutto non aveva voglia di incontrare nessuna delle conoscenze di Xander…o, peggio ancora, delle conoscenze di entrambi…perché non aveva voglia di inventarsi spiegazioni che non conosceva.

 

Si mise in cammino verso quella che era stata una volta la sua casa, cominciando a fare mente locale sugli avvenimenti degli ultimi giorni, quella sera poi sarebbe tornato a Los Angeles.

Non fece molti metri però che le sue riflessioni vennero interrotte da una voce che conosceva molto bene.

 

“Ciao Xander, cosa ci fai da queste parti? Il cantiere è esattamente dall’altra parte della città…” disse Willow con un sorrisetto malizioso sulle labbra.

 

“Accidenti!” fu tutto quello che Angel riuscì a pensare. Gli ci volle qualche istante per riorganizzare le idee: andare in giro urlando al mondo che lui non era Xander Harris non gli sarebbe servito a molto. Non che a Sunnydale non avessero visto cose anche ben più strane di quella, ma non gli andava di essere preso per matto da tutti, e dato che era inequivocabilmente intrappolato nel corpo di Xander, decise di fingere di essere Xander almeno fino a quando non avesse potuto fornire qualche spiegazione su quanto era successo.

 

“Ciao Willow” rispose dunque. “Lo so che il cantiere è dall’altra parte della città, ma oggi mi sono dato malato…non avevo proprio voglia di andarci…”.

“Sì questo sarebbe proprio da Xander…” pensò malignamente Angel.

 

Sul volto della ragazza di dipinse un’espressione di rassegnato rimprovero: “Ho capito…anche questa notte l’hai passata da Anya…e anche questa volta ti ha distrutto…”.

 

“Hai capito il buon vecchio Xander…!!!” si disse Angel reprimendo il sorrisetto che quel pensiero gli aveva fatto salire alle labbra.

 

“Già…adesso faccio due passi per sgranchirmi un po’ le gambe e poi me ne vado a casa a dormire un po’...”.

 

“Ok, ma non ti cacciare nei guai come al tuo solito. Io ti lascio perché Tara mi aspetta al campus per studiare insieme storia. Ci vediamo questo pomeriggio, verso le quattro, al Magic Shop…te lo ricordavi vero che avevamo appuntamento lì con tutti gli altri…?”.

 

“Sì certo!” rispose immediatamente Angel. “Se mi sveglierò in orario ci sarò di certo”.

 

Willow lo guardò un attimo con aria interrogativa: “Xander sei sicuro di star bene? Sei così strano…sembri quasi un’altra persona…”.

 

Angel per un istante valutò se non fosse il caso di dire tutto a Willow…in fondo lei era una strega e se quella situazione era il frutto di un incantesimo come lui sospettava nessuno più di lei avrebbe potuto aiutarlo. Ma quella non era una cosa da potersi spiegare in cinque minuti e la sua amica andava di fretta. Le avrebbe parlato quel pomeriggio al negozio di magia, anche se non lo entusiasmava per niente l’idea di trovarci tutta la Scooby Gang al gran completo.

 

“Mai stato meglio” le rispose dopo un attimo, e prima di darle il tempo di dire qualsiasi cosa girò sui tacchi e si allontanò diretto verso la magione.

 

Willow lo osservò allontanarsi per qualche istante con aria pensierosa, quindi scrollò le spalle e riprese la sua strada verso il college dove Tara la aspettava.

 

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Nel giardino della vecchia magione Angel rifletteva.

 

Xander era giunto a Los Angeles due giorni prima, non appena la Scooby Gang era stata ufficialmente invitata al matrimonio di Cordelia e Lorne.

Erano rimasti tutti piuttosto sorpresi da quella visita e quando scoprì il motivo per cui il ragazzo li aveva raggiunti Angel non seppe se arrabbiarsi o scoppiare a ridere: Xander era volato fino a Los Angeles per impedire a Cordelia di sposare Lorne!

Angel aveva solo qualche vago sospetto sul motivo per cui, tempo addietro, Xander e Cordelia avevano rotto, ma quello che sapeva con assoluta sicurezza era che la Cordy che era fuggita a Los Angeles aveva chiuso il mondo fuori dal suo cuore per colpa di Xander. Angel sapeva che la ragazza non aveva mai accettato l’idea di un nuovo amore…quello di Doyle…solo per paura che qualcuno la facesse soffrire di nuovo.

Angel dovette confessare a se stesso che anche lui era rimasto per un attimo interdetto quando Cordy e Lorne gli avevano annunciato i loro propositi matrimoniali, ma poi aveva visto gli occhi di Cordelia e ogni perplessità era sparita. La sua, infondo, era stata solo una reazione normale, mentre quella di Xander…

Cordelia tuttavia non aveva avuto bisogno del minimo aiuto da parte sua per rimettere al suo posto l’invadente ex.

 

“Cosa? Proprio tu viene a dirmi che non dovrei stare con un demone! Rinfrescami un po’ la memoria: quanti anni ha la tua attuale ragazza?” gli aveva chiesto furiosa.

 

“Ma cosa c’entra Anya adesso! Non è di lei che stiamo parlando, ma di te…e poi comunque Anya non è più un demone ormai!” aveva cercato di difendersi il ragazzo.

 

“Ah…immagino che questo faccia una differenza enorme… Apri bene le orecchie Xander Harris: non so perché diavolo tu ti sia precipitato qui, e non mi interessa saperlo. In compenso tu sappi che se proverai a dire anche solo un’altra parola contro colui che mi ha finalmente restituito la gioia di amare…colui che amo contro ogni logica…io raccoglierò tutte le mie umanissime forze e ti rispedirò a Sunnydale a furia di calci nel sedere…e poi farò anche una telefonatina alla tua dolce Anya per informarla di questa tua strana visita…”.

 

Xander impallidì molto di più per la seconda minaccia che per la prima.

 

“Se la cosa non ti piace” continuò Cordelia “non venire al matrimonio e questo sarà per me il migliore regalo del mondo: ti ho invitato solo per educazione, solo perché non potevo invitare gli altri ed escludere te, ma stai tranquillo che se non vieni io non piango di certo!”.

 

“Ma Cordelia…” fece per replicare Xander.

 

“Taci Xander! Taci! Sappi che niente altro al mondo potrebbe convincermi ancora di più a sposare Lorne quanto un tuo “Non devi sposarlo”! E poi fammi capire un attimo chi diavolo saresti tu per dirmi quello che devo e quello che non devo fare! Va’ al diavolo Xander, ho già sprecato abbastanza tempo della mia vita standoti dietro…non ho intenzione di buttare via anche solo un altro minuto a discutere con te…ho un matrimonio da organizzare…quindi salutami tanto Sunnydale!”.

 

Cordelia era uscita lasciando Xander impalato in mezzo alla stanza, talmente basito che Angel (che durante tutta la scena aveva dovuto lottare con tutte le sue forze per non scoppiare a ridere di fronte alle espressioni che si erano susseguite sul volto del ragazzo) provò quasi un moto di compassione per lui.

In tutta la hall dell’Hyperion sembrava non volare neanche una mosca.

 

Ciò che successe dopo avvenne talmente in fretta che in seguito Xander non riuscì neanche a ricostruire la sequenza esatta degli eventi.

Non erano passati nemmeno due minuti da quando Cordelia se ne era andata, quando tutte le finestre del pian terreno dell’albergo si infransero, spargendo ovunque minuscole schegge di vetro impazzito: l’Hyperion s riempì di botto di demoni mai visti.

Capo della truppa un demone dello stesso aspetto dei suoi scagnozzi, ma di dimensioni doppie. Dalle loro gole uscivano suoni indecifrabili, ma era evidente che il capo stava impartendo ai suoi seguaci precisi ordini, e così, dopo quell’entrata tanto teatrale, ad un preciso ordine del loro leader, cominciarono l’attacco.

Erano almeno una trentina, più il capo, mentre i membri della Angel Investigation erano solo tre (Angel, Wesley e Gunn), più Xander.

 

“Wes, hai idea di chi siano i nostri ospiti?” chiese ironicamente Gunn.

 

“Spiacente amico, non si sono presentati…oltretutto sono parecchio maleducati: avevamo appena speso un sacco di soldi per far pulire tutte quelle finestre…avrebbero dovuto informarsi prima di distruggerle in questa maniera…” gli rispose a tono l’ex-Osservatore.

 

Angel non riuscì a trattenere un sorriso mentre svuotava l’armadietto delle armi: non erano in una gran bella situazione dato che il fattore numerico era decisamente a loro svantaggio, eppure i suoi amici avevano mantenuto non solo la calma ma addirittura il senso. Persino Wesley che in quegli ultimi giorni era parso tanto cupo sembrava essersi ridestato dalle sue preoccupazioni dell’umorismo (anche se il sangue irlandese di Angel faceva ancora un po’ di fatica a volte a comprendere lo humor inglese dell’amico).

Solo Xander rimaneva ancora a bocca aperta in mezzo alla stanza, ma Angel era pronto a giurare che quello stato non era determinato dall’attacco improvviso (di quello probabilmente il ragazzo non se ne era neanche ancora reso conto) quanto dalla piazzata di Cordelia.

 

“Xander sei dei nostri?” gli urlò dietro Angel, quasi divertito.

 

Solo in quel momento il ragazzo sembrò riprendersi, rendendosi conto di quello che gli stava accadendo intorno.

 

“Sì…” rispose, facendo appena in tempo ad evitare goffamente che la spada che il vampiro gli aveva lanciato cadesse a terra, lasciandolo completamente disarmato contro l’attacco del primo demone.

 

Lo scontro si accese furioso, ma bastarono pochi minuti perché fosse chiaro il motivo per cui quei demoni attaccavano in gruppi tanto numerosi: contavano sul fattore numerico dato che in quanto ad abilità erano quasi più inetti di Xander e quanto a resistenza stavano messi anche peggio.

Dentro Angel, Angelus non riusciva neanche quasi a divertirsi da quanto impari era la lotta…e, nonostante la carneficina, nemmeno Spike si sarebbe divertito se si fosse trovato nella stessa situazione…

 

Dopo meno di dieci minuti Angel si liberò dell’ultimo dei suoi aggressori: ora restava solo il capo e questa volta il vampiro dovette impegnarsi. Nonostante le dimensioni il demone era infatti estremamente veloce, agile ed incredibilmente astuto. Scartava i colpi di Angel ed affondava i propri con precisione ed efficacia, e il tutto continuando ad impartire ordini ai pochi seguaci che ancora erano in piedi.

 

“Dov’è il bambino?” chiese in un momento in cui l lotta lo portò faccia a faccia con Angel.

 

“Cosa vuoi da lui?” chiese Angel.

 

“Voglio ucciderlo. Voglio ucciderlo e nutrirmi di lui, in modo da portare a termine ance questa fase della trasformazione” rispose laconicamente il mostro.

 

“E cosa ti fa pensare che io ti lasci fare tutto ciò?” chiese ancora Angel.

 

“Tu non hai voce in capitolo…non hai il potere di impedirmelo…” sentenziò il demone.

 

“Ne sei proprio sicuro? Sbagli a sottovalutare l’istinto di un padre…” disse Angel con fare minaccioso.

 

La lotta si riaccese più furiosa di prima, ma questa volta era Angel a condurre le danze, tanto che il demone si vide costretto ad incassare qualche colpo in più del previsto…e questo lo fece infuriare…

 

Gunn e Wesley si erano quasi liberati dei loro assalitori ed incominciarono così a dare una mano a Xander che si trovava invece in difficoltà con cinque demoni che lo accerchiavano. Al culmine della battaglia il ragazzo riuscì tuttavia ad uccidere il suo ultimo avversario, ma nel farlo rimase ferito lui stesso ad una mano, e il suo sangue colò lentamente lungo la lama affilata della spada.

Xander si voltò per guardarsi attorno e vedere se altri demoni lo stessero assalendo proprio nel momento in cui Angel portò il suo attacco finale al capo dei demoni.

Angel spinse involontariamente il demone proprio nella direzione di Xander e così, proprio nell’identico istante in cui la sua spada entrava nel petto del mostro per uscirgli dalla schiena, la spada di Xander penetrò nella schiena del demone per uscirgli dall’addome.

Il mostro non aveva messo in preventivo la possibilità di essere sconfitto e soprattutto non si era aspettato quel doppio attacco. Guardò Angel con un’espressione incredula e carica d’odio negli occhi rossi e sporgenti. Un istante dopo di lui non rimase che una melma giallastra, appiccicosa e nauseabonda che colava dalle due spade.

 

Ma se il demone era rimasto sorpreso, non diversa fu la reazione di Angel: la spada di Xander aveva trapassato anche lui da parte a parte. Il dolore non era insopportabile (già Kate una volta aveva provveduto ad infilzarlo), ma avvertì distintamente il sangue ribollirgli nelle vene al contatto con ciò che rimaneva del demone.

Di fronte a lui, Xander lo guardava di nuovo a bocca spalancata.

 

“Ti dispiacerebbe…” gli disse, stringendo i denti per non ringhiare e abbassando lo sguardo sulla lama che lo trapassava.

 

“Eh…?” chiese Xander senza capire; poi però seguì lo sguardo di Angel e si rese conto della situazione. “Ops…scusa…” disse allora, estraendo rapidamente l’arma. Questa volta Angel non riuscì a reprimere il ringhio di Angelus.

 

Dalla balconata del piano superiore si sporse Fred: “Ragazzi si può sapere perché dovete sempre fare tanta confusione? Già ho fatto una gran fatica a far addormentare Connor, se lo svegliate giuro che vi amm… Ma che è successo?”

 

“Niente tesoro… Niente…” disse Gunn sorridendo insieme ai suoi amici.

 

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“Deve essere successo qualcosa durante lo scontro…” pensò Angel seduto sul bordo della piccola fontana che adornava il giardino della vecchia magione.

 

Provò a chiamare Wesley, ma il suo cellulare era spento, e non ebbe miglior fortuna quando provò a chiamare l’agenzia.

Decise allora di andare al Magic Shop per fare quattro chiacchiere col signor Giles.

 

Xander vagava per le stanze dell’Hyperion deserto.

Era tutta la mattina che si annoiava a morte. Nella stanza di Angel non c’erano che noiosissimi libri di sonetti di gente morta chissà quanti secoli prima. Chissà, magari Angel aveva conosciuto personalmente qualcuno di quegli scrittori…

Improvvisamente aveva sentito il bambino piangere, e mentre apriva praticamente tutte le stanze in cerca di quella dove stava il neonato, pensava.

Come lo aveva chiamato Cordelia? Connor? E chi diavolo era Connor? Da dove sbucava?

Non aveva né le corna né la faccia verde e quindi escludeva che si trattasse del figlio di Lorne e Cordelia, anche se quella mattina aveva avuto la netta sensazione che, in qualche modo, Cordy stesse veramente facendo da madre a quel bimbo; avrebbe potuto essere figlio degli altri due amici di Angel… come accidenti si chiamavano… ma allora perché doveva occuparsene Cordelia…? Era giunto alla conclusione che Connor dovesse essere solo un trovatello che Angel aveva salvato da morte certa e di cui poi aveva deciso di occuparsi.

 

“Certo che sei veramente strambo Angel: non solo hai un’anima, ma anche il cuore tenero… Non c’è che dire: tu e Spike come vampiri siete dei veri fallimenti” pensò ridacchiando proprio nel momento in cui finalmente trovava la stanza in cui il povero Connor piangeva come un disperato.

 

Xander ebbe veramente il suo bel da fare per calmare il bambino e soprattutto per riuscire a cambiarlo. Connor era agitatissimo: appena lui era entrato nella stanza aveva addirittura raddoppiato l’intensità dei suoi strilli, come se non lo riconoscesse ed avesse paura di lui.

Mentre armeggiava con la chiusura del pannolino che in qualche modo gli aveva messo addosso e mentre tentava di far smettere di piangere il bambino che, dal canto suo, continuava a scalciare come un ossesso, Xander sentì crescere dentro di sé una furia cieca, come se l’unica cosa che avrebbe voluto fare per far smettere quell’impiccio di piangere fosse farlo fuori. Per un attimo pensò che affondare i denti in quella tenerissima carne e lasciarsi nutrire e rigenerare dal suo giovane sangue sarebbe stata l’apoteosi.

Fu solo un attimo, e quei pensieri svanirono così come erano venuti.

 

Quei pochi istanti bastarono tuttavia a spaventare Xander e a farlo sentire in colpa. Prese allora in braccio Connor con tutta la tenerezza che conosceva e cominciò a cullarlo dolcemente, intonando canzoncine allegre e rassicuranti.

Connor finalmente si tranquillizzò un po’ e dopo qualche minuto prese a giocare con le pieghe del maglione che Xander indossava.

 

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“Qualcuno sta piangendo…

Un bambino sta piangendo…

Un bambino sta urlando disperatamente…

Un bambino ha paura…

CONNOR HA PAURA…”

 

Wesley si svegliò all’improvviso. Dopo aver passato tutta la notte sulla profezia si era infine assopito poco più di un’ora prima sui suoi fogli di lavoro.

Da qualche minuto però sentiva qualcuno piangere: dapprima la sua mente lo aveva catalogato come un sogno, ma man mano che la sua coscienza si era fatta più vigile aveva realizzato correttamente la situazione fino a costringere i suoi occhi stanchi a spalancarsi di botto.

Sapeva che Cordelia era uscita e che Fred e Gunn non c’erano.

Sapeva che a parte lui nell’albergo c’era solo Angel, e sapeva che Connor stava piangendo disperatamente…

La paura lo attanagliò in una frazione di secondo.

 

“Non è possibile… Non è possibile che sia già accaduto… Non è possibile che Angel lo abbia già…” Wesley non riuscì neanche a finire di formulare quel pensiero. “Solo ieri gli ha comprato il completino da hockey perché potessero giocare insieme. Non è possibile che oggi…”.

 

Si scaraventò fuori dalla sua stanza, senza badare al fatto che quel movimento repentino aveva sparpagliato i suoi fogli in giro per tutto il locale, e mentre si precipitava verso la stanza del bambino il pianto di Connor cessò.

Insieme al pianto di Connor, Wesley pensò che cessasse anche il battito del suo cuore.

Enormi lacrime gli salirono agli occhi: voleva piangere per averci messo troppo tempo a tradurre quella maledetta profezia, voleva piangere per non essere riuscito ad evitare che si avverasse, voleva piangere per non essere riuscito a salvare Condor, e voleva piangere per non essere riuscito a salvare Angel.

Tuttavia Wesley non pianse: era evidente che se Angel aveva commesso una simile atrocità significava che non era in se stesso e che era pericoloso. Lo avrebbe affrontato e lo avrebbe ucciso o, molto più probabilmente, sarebbe stato ucciso. Almeno Connor non sarebbe stato da solo nel suo viaggio…

 

Era ormai a pochi passi dalla stanza del bambino, pronto ad affrontare il suo amico (nonostante tutto non riusciva a pensare ad Angel in altri termini), quando sentì il vampiro parlare e Connor rispondere con versi estasiati.

Il tumulto del suo cuore si placò in una frazione di secondo, e questa volta l’ex-Osservatore non fece nulla per trattenere le lacrime. Lacrime di sollievo. Silenziosamente si affacciò sullo stipite della porta, sperando di riuscire a non rivelare la propria presenza ad Angel (in fondo era giorno pieno e magari i suoi sensi ipersviluppati erano un po’ offuscati) almeno il tempo necessario ricomporsi un po’.

Angel era lì, in piedi in mezzo alla stanza, che faceva giocare Connor, e Wesley si ritrovò a chiedersi come avesse potuto realmente pensare che avrebbe mai potuto fargli del male.

 

Proprio in quel momento il vampiro si voltò verso di lui.

 

“Wesley!” disse Xander.

 

“Ho sentito Connor piangere e sono venuto a vedere cosa succedeva” si giustificò l’uomo, cercando di essere il più naturale e spontaneo possibile e cercando di nascondere tutte le emozioni che aveva provato nell’arco degli ultimi cinque minuti.

 

“Eh già… Il nostro ometto qui ha fatto un brutto sogno e se l’è fatta addosso dalla paura” mentì spudoratamente Xander. “Era spaventato e bagnato, ci credo che piangeva, ma adesso è tutto passato come vedi”.

 

Wesley sembrò credere a quella versione dei fatti e tornò, più tranquillo, alla sua stanza.

Xander, dal canto suo, giocò ancora un po’ col bambino quindi lo rimise nella culla e tornò a vagare per tutto l’Hyperion, come dimentico di quello che era successo.

 

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Angel sbirciò dalla vetrina del negozio l’interno del Magic Shop.

 

Lungo la strada dalla vecchia magione si era fermato a mangiare qualcosa: per secoli aveva gustato solo il sapore metallico del sangue, e gli unici confronti che aveva potuto fare riguardavano lo scegliere se fosse migliore il sangue umano o quello animale; durante quel pranzo si era invece trovato di fronte ad una tale varietà di sapori che quasi ne era rimasto stordito: dalla freschezza dell’insalata al gusto salato dell’hamburger di manzo, dal sapore frizzante di una Coca Cola alla dolcezza di una fetta di torta di mele.

Angel si ritrovò a pensare che in fondo non erano sapori nuovi per lui (Coca Cola a parte) e che c’era stato un tempo in cui quello era stato il suo cibo quotidiano; ma erano passati secoli da allora e ormai cominciava quasi a dubitare che i suoi giorni da umano fossero veramente esistiti. Solo il dolore rimaneva di quel tempo, solo la consapevolezza di ciò che aveva fatto alla sua famiglia appena tornato nel mondo come vampiro, solo il ricordo del sorriso di sua sorella…

 

Perso nei suoi pensieri, non si era accorto del passare del tempo e quando finalmente si era ripreso erano già le tre del pomeriggio.

 

“Accidenti! E’ meglio che mi sbrighi se voglio sul serio riuscire a parlare col signor Giles prima che arrivi tutto il resto della banda!” si disse e, pagato il conto, si diresse verso il negozio di magia.

 

Quello che tuttavia vide al di là della vetrina lo scoraggiò parecchio: all’interno del negozio non c’era traccia del signor Giles e, in compenso, Anya era seduta al bancone con il libro dei conti aperto di fronte a sé.

Solo l’idea di un secondo round con l’ex-demone, dopo quello della mattina, mise i brividi ad Angel, tanto che abbandonò completamente l’idea di entrare nel negozio e fece per andarsene.

 

“Eh no, signorino! Per una volta che sei addirittura in anticipo non ti lascio andar via!” disse una voce allegra alle sue spalle.

 

Angel sentì i battiti del cuore di Xander aumentare vertiginosamente per un istante. Poi, il battito ritornò regolare e lui poté voltarsi ed affrontare la Cacciatrice.

 

“Ciao Buffy” si limitò a dire, con molta più tranquillità di quanto si sarebbe aspettato nel rivederla.

 

“Te la stavi svignando, vero? Cos’è, tu e Anya avete bisticciato un’altra volta?” chiese con aria ironica la ragazza.

 

“In un certo senso…” ammise Angel ripensando a tutti gli oggetti che erano volati quella mattina nell’appartamento di Anya.

 

“E adesso pensi di scappare da lei per tutta la vita? Possibile che riesca a terrorizzarti ancora in questa maniera? Entra ed affrontala una buona volta, Tanto poi lo sappiamo tutti come va a finire…” concluse Buffy strizzandogli l’occhio con fare malizioso.

 

Per un istante Angel provò l’impulso di strozzarla: gli aveva dato fastidio quella sua aria da saputella, da essere superiore. Certo, la sua anima aveva reagito istintivamente al suono della sua voce, ma in un istante aveva realizzato che tra loro non c’era più molto. Lei sarebbe rimasta in eterno una ragazza particolare, non sarebbe mai stata una delle tante, e il ricordo di ciò che avevano passato insieme e provato l’un per l’altra se lo sarebbe portato dentro per sempre, ma ormai le loro vite si erano separate, e lui non era per niente convinto che desiderasse che tornassero ad incrociarsi. Non poteva affermare di non provare più assolutamente niente per lei, e quel battito accelerato ne era stata una testimonianza inequivocabile, ma ormai la sua vita aveva preso un’altra piega e l’ultima volta che si erano visti, dopo che lei era “tornata” da chissà dove, si erano detti addio sul serio. Le avrebbe sempre voluto bene e si sarebbe sempre preoccupato per lei, ma non c’era più molto altro.

 

In un certo senso questo gli dispiaceva e lo faceva sentir meglio allo stesso tempo.

 

“Ehi, Xander ci sei? Su che pianeta sei in questo momento?” gli chiese Buffy strattonandolo per un braccio.

 

Mentre Buffy gli passava accanto per entrare nel negozio, Angel si soffermò un istante sui riflessi che il sole del primo pomeriggio disegnava sui suoi capelli dorati. Solo un’altra volta aveva visto quel delicato gioco di luci, nel suo unico giorno da umano dopo secoli, ma allora era stato troppo accecato dal suo amore e dal suo desiderio per soffermarsi su quei dettagli… minori.

Ora invece la guardava attentamente, come forse non aveva mai fatto prima: bella era bella, su questo non c’erano dubbi, e Angel non faticava a capire il motivo per cui l’aveva tanto amata.

Ma adesso molte cose erano cambiate, e soprattutto erano cambiati loro due.

Lei aveva ormai abbandonato l’adolescenza per diventare una donna, e con essa aveva abbandonato anche tutti i sogni, la fiducia e l’ottimismo che l’avevano sempre e comunque accompagnata, nonostante i problemi e i pericoli che aveva dovuto affrontare. Quella che aveva di fronte sembrava quasi una donna morta dentro, nonostante si sforzasse di apparire allegra e solare come al solito. Veramente innocente non lo era mai stata (le Cacciatrici erano da sempre troppo simili ai demoni che combattevano, troppo simili ad implacabili macchine di morte, per poter essere considerate “innocenti”), ma ora Angel non poteva fare a meno di avvertire che, nonostante la parvenza di normalità, il suo lato oscuro si era gradualmente espanso ed ora Buffy era veramente in bilico fra il bene e il male, molto di più di quanto non lo fosse mai stato la stessa Faith.

Ma Angel voleva essere onesto con se stesso: non era per questo che i loro rapporti erano mutati.

Non erano i cambiamenti avvenuti in Buffy a portarlo a non provare per lei più che un sincero affetto. Erano i cambiamenti avvenuti in lui che avevano determinato il cambiamento.

Non si era mai soffermato seriamente a valutare l’entità di tali cambiamenti, ma di una cosa era assolutamente certo: l’Angel di Sunnydale non esisteva più e se anche un giorno fosse tornato stabilmente in quel posto e gli si fossero presentate le stesse scelte da compiere avrebbe agito diversamente da quanto aveva fatto in passato.

Questa volta non avrebbe lasciato Sunnydale solo per le parole di una madre.

Aveva riflettuto a lungo su quell’episodio della sua vita, ed era giunto alla conclusione che le parole di Joyce non avevano avuto molta importanza per lui. Se anche lei non fosse venuta a parlargli chiedendogli di lasciare Buffy, lui l’avrebbe lasciata ugualmente. E non l’avrebbe fatto per Buffy… non solo, almeno. Non era stato il desiderio di regalare a Buffy una vita normale a spingerlo a Los Angeles, ma piuttosto il desiderio di punire se stesso, il desiderio di autoinfliggersi l’ennesima punizione.

Ripensò a cosa sarebbe stato della sua vita se non avesse incontrato Doyle, se Cordelia non lo avesse raggiunto nella città degli angeli autonominandosi sua segretaria, se Wesley non avesse preso il posto del suo amico dopo la sua eroica morte, se non avesse conosciuto Kate…

Si rispose che sarebbe probabilmente finito di nuovo a vivere nelle fogne, inseguendo topi come prima che Whistler lo mettesse sulla strada della Cacciatrice, o probabilmente avrebbe finito per soccombere definitivamente alla pazzia di Darla e Drusilla. Già così ci era andato tanto vicino…

Ma lui aveva incontrato Doyle ed aveva trovato in lui il vero amico che neanche durante la sua vita da mortale aveva mai avuto, ad eccezione forse di sua sorella; Cordelia era ripiombata davvero nella sua vita, sconvolgendola a tal punto che ora nemmeno lui riusciva a ricordare un momento in cui quel ciclone non ne avesse fatto parte;Wesley lo aveva aiutato realmente e non c’era altra persona al mondo a cui avrebbe affidato più tranquillamente la sua vita e quella di coloro che amava; e Kate era entrata sul serio nella sua vita, dimostrandogli con disarmante evidenza che al mondo non c’era solo Buffy Summers e che il suo cuore, per quanto non battesse più da secoli, era ancora capace di amare.

 

Chissà cosa sarebbe successo se non avesse deciso di andarsene?

Tutto questo era successo realmente e lui, Angel, era cambiato.

Non poteva certo dimenticare tutto quello che aveva fatto (non avrebbe mai potuto dimenticarlo, maledizione o no), ma non era più l’introverso rimuginatore di un tempo. Certo, era ancora sempre molto propenso ad addossarsi tutte le colpe, ma non si faceva più annientare da esse, reagiva e combatteva, e i suoi amici, attorno a lui, gli davano la forza per continuare a farlo, quando a Sunnydale sembrava invece che tutti, Buffy compresa, fossero lì con l’unico scopo di ricordargli che non era altro che un mostro.

A Sunnydale aveva combattuto contro demoni e creature infernali, a Los Angeles i suoi nemici, i cattivi, erano umani, e questo, se da una parte lo sconvolgeva, gli aveva testimoniato, una volta di più, che la distinzione tra bene e male non era mai così netta: c’era del bene nei demoni (e non poteva non pensare a Lorne, Doyle o lo stesso Whistler) come c’era del male negli uomini, e viceversa. Aveva sempre avuto una visione dicotomica della vita. Ora non l’aveva più, e questo, in qualche modo che non riusciva a comprendere, gli arrecava un po’ di sollievo.

Aveva passato dei bei momenti a Sunnydale, era addirittura stato veramente felice dopo più di cento anni,  ma ora a Los Angeles era sereno e conscio di poter fare veramente qualcosa per gli altri e per se stesso.

Non avrebbe mai rinunciato a quella vita, nemmeno se non ci fosse stato Connor.

Non sarebbe mai più tornato a Sunnydale, nemmeno se Buffy Summers lo avesse supplicato.

La loro storia era finita: lei sarebbe sempre stata una parte importante della sua vita e quando, tra un paio di secoli, avrebbe ripensato a lei lo avrebbe senza dubbio fatto con un sorriso sulle labbra, ma no, non sarebbero mai tornati insieme.

 

“Allora Xander, ti decidi ad entrare!!!”.

 

La voce squillante di Buffy lo distolse dalle sue riflessioni, e, sebbene lo facesse mal volentieri, entrò a sua volta nel Magic Shop, proprio nel momento in cui Giles faceva la sua apparizione dal retro portando in braccio un enorme scatolone.

 

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Anya alzò solo un istante lo sguardo dai suoi libri contabili, salutò con noncuranza Buffy, fulminò con lo sguardo Angel e quindi torno ad occuparsi delle entrate del negozio.

 

Buffy si fermò un istante, per lasciare che Angel la raggiungesse, quindi gli diede una leggera gomitata in un fianco: “Caspita Xander, questa volta l’hai proprio fatta arrabbiare sul serio. Per un attimo ho temuto che la sua occhiataccia ti incenerisse come un raggio di sole incenerirebbe Spike…” gli sussurrò con fare complice e divertito al tempo stesso. Quindi salutò il signor Giles.

 

“Salve ragazzi, stavo giusto preparando il materiale che dovremo esaminare questo pomeriggio…” disse appoggiando finalmente il pesante scatolone sul bancone.

 

Buffy lo guardò con aria disperata: “Tutta quella roba!!! Xander, forse è meglio se vai a svaligiare la pasticceria qui all’angolo,mi sa che ne avremo fino a notte fonda!!! Ehi, non provare a dimenticarti le ciambelle con la glassa come l’ultima volta perché altrimenti mi dimentico che tu non sei un vampiro e faccio fuori anche te!!!”.

 

Angel avrebbe voluto ribattere che se davvero voleva le sue preziose ciambelline poteva anche andarsele a prendere da sola, ma preferì mordersi la lingua ed ignorare, per il momento la Cacciatrice.

 

“Signor Giles avrei bisogno di parlarle…” disse rivolto all’ex-Osservatore.

 

“Più tardi Xander, ora sono occupato. Anzi, visto che per una volta sei in anticipo, aiutami a portare di qui gli altri tre scatoloni che ho sul retro”.

 

“Altri tre?!?” intervenne Buffy. “Signor Giles ha deciso di uccidermi lei dato che ultimamente non ci sono mostri in giro con il solo scopo di farmi fuori?”.

 

“Buffy, ti ho già detto che questa calma non mi piace troppo… E poi quei demoni di cui ci ha parlato Xander, quelli che hanno attaccato la Angel Investigation, sono molto strani: appaiono solo in situazioni molto particolari e se quello che tempo è vero, a Los Angel potrebbero avere bisogno di una mano…”

 

Angel aggrottò le sopracciglia: non aveva dato alcun peso a quella banda di demoni male in arnese, e non ci aveva dato molto peso nemmeno Wesley, ma il quel momento il signor Giles gli sembrò abbastanza preoccupato.

 

“Uffa! Non bastavano i demoni della Bocca dell’Inferno, adesso anche quelli della città degli angeli!!! Bah… Vado ad allenarmi. Quando Spike si degnerà di arrivare mandatemelo di là: oggi ho proprio voglia di menare un po’ le mani” disse dirigendosi verso la porta della palestra. Una attimo dopo essere sparita nella grande sala si riaffacciò però alla porta: “Xander, già che ci sei prendi anche qualche ciambellina al limone…”.

 

Questa volta fu Angel ad incenerire con lo sguardo Buffy, ma la ragazza ormai era sparita in palestra e non si accorse di nulla.

 

“Signor Giles, per favore, è importante… e in un certo senso credo che c’entri con quei demoni di Los Angeles…” disse di nuovo Angel.

 

Il signor Giles lo squadrò attentamente, stupito dal tono stranamente serioso del ragazzo: “Dimmi Xander…”.

 

“No, non qui” disse facendo cenno col la testa verso Anya che, da parte sua, si limitò semplicemente a guardarlo di nuovo con aria truce.

 

“Va bene…” disse Giles sempre più incuriosito da quell’atteggiamento. “Allora andiamo di là, sul retro così prendiamo due piccioni con una fava: mi aiuti con gli scatoloni e intanto mi dici quello che mi devi dire”.

 

Non fecero tuttavia neanche in tempo ad avvicinarsi alla porta che dava al magazzino sul retro quando una coperta fece irruzione nel negozio.

 

“Solita entrata teatrale Spike?” chiese Giles con calmo sarcasmo.

 

Da sotto la coperta fumante apparvero due zigomi molto pronunciati che incorniciavano degli occhi azzurri come il cielo nei quali albergava un’espressione tra l’irritato e il divertito.

 

“Senta un po’ signor So-Tutto-Io, mi faccia il piacere di dire alla sua pupilla che se vuole davvero che l’aiuti nell’allenamento, la prossima volta sarà lei a dover venire nella mia cripta. Conciato così una vecchia per strada mi ha scambiato per un maniaco e ha cominciato a prendermi a bastonate: maledetto chip…avrei tanto voluto morderla!!!”.

 

Né Angel né il signor Giles poterono trattenere un sorriso nell’immaginarsi Spike scappare per strada rincorso da una minacciosa vecchietta armata di bastone da passeggio, ed Angel non poté proprio fare a meno di pensare che entrambi, tra chip e maledizioni, erano veramente la vergogna della famiglia dei vampiri.

 

“Mi risulta che tu abbia raggiunto la maggiore età più di un secolo fa caro Spike e dubito che tu abbia pertanto bisogno di un tutore: qualunque cosa vuoi che Buffy sappia puoi dirgliela tu stesso. E’ di là in palestra che ti aspetta perché, parole sue, oggi ha proprio voglia di menare un po’ le mani” gli rispose l’altro inglese, sparendo nel magazzino insieme ad Angel.

 

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“Allora Xander, si può sapere cos’hai? Sei così strano che non sembri neanche tu”.

 

“Bingo signor Giles!!! Vuole la storia lunga o le bastano quattro parole?” rispose Angel.

 

“Cominciamo con le quattro parole, poi vedremo…” rispose l’ex-Osservatore che cominciava ormai a temere di trovarsi di fronte ad una delle solite storie di Xander senza capo né coda.

 

Angel scandì lentamente le quattro parole richieste: “Io…non…sono…Xander…”.

 

Giles lo squadrò di nuovo, questa volta come se stesse guardando un pazzo: “Certo, tu non sei Xander Harris e io non sono Rupert Giles. Noi siamo Napoleone e la Regina Elisabetta!!! Xander, per favore, credevo fosse una cosa importante: non ho tempo da perdere!”.

 

Angel aveva previsto una reazione simile, in fondo neanche lui avrebbe creduto ad una cosa simile se gliela avessero raccontata. Solo che lui quella storia la stava vivendo di persona e aveva bisogno dell’aiuto dell’ex-Osservatore, e doveva quindi trovare un modo per dimostrargli inequivocabilmente che lui non era Xander Harris.

Cominciò a pensare a cosa avrebbe potuto dirgli, a cosa c’era stato tra loro che Xander non avrebbe mai potuto sapere. Solo una cosa gli venne in mente, e si sentì male alla sola idea di parlarne di nuovo.

 

“Una volta…” disse con un filo di voce quasi impercettibile, senza avere il coraggio di guardare l’inglese in faccia, “…le ho chiesto cosa avrei dovuto fare per risvegliare Achatla, e lei mi ha risposto che avrei dovuto recitare un complicato rituale…in tutù…”.

 

Angel si sentiva un verme: di tutte le esperienze che avevano vissuto insieme nei tre anni passati a Sunnydale quella era l’unica che solo loro due potevano conoscere; di tutte le esperienze che avevano condiviso quella era l’unica che dimostrasse che a parlare non era Xander, ma qualcun altro, dato che Xander non poteva sapere ciò che Giles ed Angelus si erano detti mentre il vampiro si divertiva a torturarlo.

 

Dal canto suo Giles a quelle parole lasciò cadere di schianto lo scatolone che aveva in mano e cominciò a rovistare freneticamente tra gli scaffali del magazzino. Quando si voltò verso Angel stringeva in una mano un crocefisso di legno con un’estremità appuntita e una boccetta di acqua santa.

 

“Vattene Angelus!” disse digrignando i denti con un’espressione di odio e paura negli occhi che fu peggio di una pugnalata per Angel.

 

“No!!!” si affrettò a rispondere Angel. “Non Angelus… Angel… Io sono Angel…” disse tentando di tranquillizzare un po’ l’uomo che gli stava di fronte ancora con i simboli sacri alzati a protezione. “Forse era meglio iniziare con la storia lunga invece che con quattro parole…” terminò sforzandosi di sorridere nel tentativo di allentare la tensione.

 

Giles abbassò la guardia, ma Angel non poté fare a meno di notare che teneva ancora crocefisso ed acqua santa a portata di mano, come se ancora non si fidasse, riflettendo però che se lui fosse stato davvero Angelus quegli attrezzi gli sarebbero serviti a ben poco dato che comunque il corpo di Xander era indubbiamente umano e quindi assolutamente immune all’acqua benedetta e al crocefisso. Decise quindi di mantenersi a distanza dall’uomo, in modo da non dargli l’impressione di tenerlo a tiro. Dopo qualche istante Giles infatti sembrò rilassarsi un po’.

 

“Sì, forse è meglio che tu mi racconti la storia lunga…” convenne infine l’ex-Osservatore.

 

Angel raccontò passo per passo tutto ciò che era accaduto due giorni prima a Los Angeles. Ben presto Giles dimenticò la paura provata poco prima e si fece più vicino a lui, come rapito a quello che gli stava dicendo.

 

“E così ieri notte sono andato a dormire nel mio letto e questa mattina mi sono svegliato in quello di Anya…” concluse Angel, e la quasi disperazione che trapelò dalla sua voce a quell’ultima affermazione fece sorridere Giles.

 

“E immagino che in questo momento Xander sia nel tuo corpo, a Los Angeles…” affermò l’inglese, come se parlasse più con se stesso che con Angel.

 

“Suppongo di sì, sempre che non l’abbia già mandato in cenere…” rispose Angel, con una certa preoccupazione: quella mattina lui ci aveva messo un po’ a realizzare ciò che era successo, e non era da escludere che Xander avesse bruciato al sole il suo corpo prima ancora di rendersi conto di essere un vampiro!!!

 

“No, non credo che sia successo niente del genere” lo tranquillizzò Giles che sembrava aver intuito la sua preoccupazione. “Di solito in queste situazioni l’incantesimo si spezza quando uno dei due corpi viene danneggiato: se al tuo corpo fosse successo qualcosa, Xander sarebbe ripiombato in se stesso e tu saresti un’anima senza un corpo da animare. Comunque dobbiamo indagare per saperne di più. Dobbiamo approfondire meglio la natura dei demoni che vi hanno attaccato: ho dei brutti presentimenti…”.

 

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“Dunque, il fiorista lo abbiamo pagato, il tuo vestito e quello delle damigelle sono pronti, il pastore e il ristorante sono stati prenotati e il menù è stato scelto. Resta da stabilire la disposizione ai tavoli, comprare le bomboniere, stilare uno straccio di lista di nozze, assumere un complessino…”

 

 

 

“Ah! A quello ci penso io” disse Lorne rientrando da una stravolgente mattinata in giro con Cordelia per organizzare il matrimonio.

 

 

 

La ragazza riprese a spuntare dalla sua agenda tutte le cose che erano già state fatte e a cerchiare con segnacci molto calcati tutte quelle che invece restavano ancora da fare.

 

Erano due settimane che ormai Cordy viveva in un mondo tutto suo, e nemmeno la visita inopportuna del suo ex avevano scalfito la sua determinazione.

 

Quando aveva saputo della visita di Xander, Lorne aveva avuto paura. Aveva temuto che il suo sogno ad occhi aperti stesse per andare in frantumi: non riusciva ancora a credere che da lì a pochi giorni avrebbe sposato Cordelia; non riusciva ancora a credere che quella principessa tanto bella da poter avere chiunque avesse desiderato avesse scelto proprio lui alla fine, un mostro con le corna e la faccia verde.

 

L’aveva sognata per tanto tempo, ma non aveva mai avuto il coraggio di dichiararsi. Sapeva che una parte del suo cuore apparteneva ancora a Doyle, poi c’erano stati Groo e forse addirittura Angel…come poteva sperare che dopo tanto ben di Dio si innamorasse proprio di lui.

 

E invece era andata proprio così: un giorno, più per scherzo che per altro, si era dichiarato e le aveva proposto di sposarlo. Il suo volto si era illuminato per un istante, poi si era fatto via via più serio.

 

 

 

“E una proposta seria Lorne, o stai scherzando?” aveva chiesto, quasi senza avere il coraggio di guardarlo in faccia.

 

 

 

Lorne non si era aspettato una reazione simile, quelle parole gli erano uscite dal cuore prima ancora che dalla bocca, senza che quasi lui se ne rendesse neanche conto. “Perché me lo domandi?” chiese imbarazzatissimo.

 

 

 

“Perché se fosse una proposta seria…se tu mi stessi davvero chiedendo di sposarti…io ti risponderei di sì…” aveva affermato, questa volta guardandolo fisso negli occhi, e, di fronte allo sguardo smarrito ed incredulo del demone, lo aveva baciato.

 

 

 

Lei lo aveva baciato.

 

Era il suo sogno che si stava avverando, ma in realtà nemmeno nei suoi sogni più rosei aveva osato sperare tanto: aveva sempre sognato di baciarla, ma invece era stata addirittura lei a baciarlo. Non era una cosa che stava subendo passivamente,era un suo preciso atto di volontà, era lei che aveva preso l’iniziativa, era lei che aveva voluto baciarlo, che aveva voluto accettare la sua proposta prima ancora che lui avesse il coraggio di formularla sul serio. Era decisamente più di quanto avesse mai potuto sognare…

 

E adesso Lorne temeva che lei cambiasse idea. Cordelia aveva cantato per lui, per permettergli di leggere nella sua anima tutto ciò che provava per lui, per rassicurarlo, ma malgrado tutto l’amore che avesse visto in quell’anima, il demone non poteva far a meno di temere di svegliarsi dal bellissimo sogno.

 

 

 

Nonostante tutto e tutti però Cordelia era ancora lì, al suo fianco, decisa più che mai a sposarlo, e Lorne non poté fare a meno di pensare che in quel momento, tutta indaffarata nei preparativi per il matrimonio, con le mani nei capelli di fronte alla lista delle cose che erano ancora da fare o di fronte ad un preventivo particolarmente salato, era ancora più bella del solito: una vera principessa.

 

 

 

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Angel stava finalmente portando in negozio l’ultimo scatolone: pieno di libri vecchi e polverosi com’era era pesantissimo e lui, nel corpo di Xander, privo della sua forza demoniaca, stava facendo veramente una fatica bestiale a portarlo, trascinandolo pesantemente, fuori dal retrobottega.

 

 

 

Proprio in quel momento arrivarono al Magic Shop anche Willow e Tara, e la strega rossa, vedendo il rivolo di sudore che colava lungo la tempia di quello che lei riteneva il suo migliore amico di sempre non seppe trattenere una piccola presa in giro: “Ma insomma signor Giles, per una volta che Xander arriva addirittura in orario lei lo fa sgobbare come un mulo. La prossima volta si guarderà bene dal non avere neanche un solo secondo di anticipo! Che dici Tara, gli do una mano?” e senza aspettare alcuna risposta da parte della sua ragazza, prese a roteare l’indice della mano destra, pronunciò un paio di parole incomprensibili, quindi indicò lo scatolone che in quello stesso istante prese a levitare nell’aria leggero come una piuma fino a posarsi sul bancone accanto agli altri.

 

 

 

“Ti sarebbe dispiaciuto davvero tanto arrivare tu con dieci minuti di anticipo, così mi evitavo il mal di schiena più colossale della storia dell’umanità?” chiese Angel, fintamente imbronciato.

 

 

 

“Willow, lo sai che non mi piace che tu…” fece per dire Giles, ma venne interrotto dalla streghetta che, pur di non sentire di nuovo la solita predica, precedette tutte le parole di quel discorso che ormai conosceva a memoria: “…prenda la magia così alla leggera…Lo so signor Giles, ma ormai non sono più alle prime armi: posso controllare un semplice incantesimo di levitazione senza alcun rischio e senza diventarne dipendente. E poi il povero Xander mi sembrava davvero in difficoltà” disse strizzando l’occhio in direzione del suo amico.

 

 

 

Angel sapeva che l’ex bibliotecario aveva perfettamente ragione, ma il candore di Willow era disarmante come sempre e così non riuscì a non sorriderle. E poi era vero che gli aveva fatto veramente un gran piacere: ormai era talmente abituato alla sua forza di vampiro che la dava per scontata e il trovarsene privo non era una sensazione esattamente piacevole.

 

 

 

“Bene, dato che ormai ci siamo tutti possiamo cominciare le ricerche: Anya per favore vai a chiamare quei due di là in palestra, prima che distruggano tutto il palazzo a furia di darsele” disse Giles.

 

 

 

“Vada a chiamarli lei: io non sono la sua schiava” rispose l’ex demone, ancora decisamente di pessimo umore per quanto era accaduto quella mattina.

 

 

 

“Ok, ci vado io…” disse Angel che si sentiva terribilmente in colpa sapendo di essere la causa dello stato d’animo della ragazza.

 

 

 

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Nella palestra sul retro del Magic Shop, quella che era cominciata come una seduta di allenamento si era presto trasformata in qualcosa d’altro.

 

Come ormai capitava praticamente ogni volta che si vedevano, Spike e Buffy erano passati dalle botte al sesso così, quasi senza neanche accorgersene: un istante si pestavano con l’unica intenzione di far male l’uno all’altra e viceversa, e l’istante dopo si baciavano divorandosi a vicenda, fino a quando Buffy era costretta a staccarsi da lui per riprendere fiato e a picchiarlo con più foga di prima.

 

La prima volta che questo era accaduto Buffy era rimasta sconcertata. Aveva giurato a se stessa non cento, ma almeno mille volte che non avrebbe mai permesso a Spike di avvicinarsi; sapeva da tempo che il vampiro la amava, o quanto meno era ossessionato da lei, e aveva sempre escluso categoricamente che tra loro avrebbe mai potuto esserci qualcosa. Eppure in quel momento, in quel vecchio edificio pericolante che loro avevano definitivamente contribuito a far crollare, l’unica cosa che aveva voluto era Spike. Non aveva voluto né potuto farne a meno. Lo aveva odiato con tutta se stessa per questo, ma al tempo stesso l’aveva stretto a sé come se temesse che da un momento all’altro potesse svanire.

 

Quella sera, rientrata a casa, nel silenzio della sua stanza, mentre Dawn dormiva tranquillamente nella camera accanto, aveva riflettuto a lungo su quanto era appena accaduto, e si era inevitabilmente ritrovata a fare dei confronti: com’era stato tutto completamente diverso da quella prima e unica volta con Angel…

 

 

 

Con Angel era stato dolcissimo; con Spike era stato brutale.

 

Con Angel era stato quasi inevitabile; con Spike era successo quasi senza che neanche lei se ne rendesse conto.

 

Con Angel era stato amore; con Spike era stato sesso…o di questo almeno provava a convincersi.

 

Con Angel era stato come andare in paradiso, mentre con Spike era stata una caduta dritta dritta all’inferno.

 

Eppure…

 

Eppure con Angel era stato tutto talmente perfetto da essere quasi irreale, la realizzazione di tutti i suoi sogni. Se non fosse stato per Angelus, ripensando a quei momenti avrebbe col tempo cominciato a chiedersi se fosse successo sul serio, se non fosse stato solo il sogno ad occhi aperti di un’adolescente, ancora troppo bambina ma già donna al tempo stesso. Col tempo avrebbe cominciato a dubitare che quella notte fosse veramente accaduta.

 

Invece con Spike era stato tutto reale in maniera disarmante: allucinante forse, ma reale come erano reali lei e il vampiro. Aveva i lividi di quell’esperienza, ma Buffy era certa che anche quando quei segni fossero scomparsi, quello che aveva provato, quella smania, quel bisogno disperato di lui, sarebbero rimasti, impressi a fuoco nel suo essere, come un marchio d’infamia. O d’amore.

 

Aveva anche la certezza, Buffy, che quello non sarebbe stato un episodio isolato; aveva la certezza che non appena se ne fosse presentata di nuovo l’occasione sarebbe successo di nuovo; sapeva che ancora una volta si sarebbe ripromessa di tenerlo alla larga, solo per poi essere la prima ad andarlo a cercare; sapeva benissimo che non lo avrebbe mai detto a nessuno dei suoi amici, e soprattutto che non lo avrebbe confessato neanche se stessa, sapeva che avrebbe sempre finto di essere vittima del caso, ma sapeva che quella non sarebbe stata l’unica volta.

 

Ne aveva già avute fin troppe di “uniche volte”, e per quanto non volesse ammetterlo, non voleva che quella andasse ad allungare la lista.

 

 

 

E, esattamente come la Cacciatrice aveva previsto, da quel momento ogni incontro con Spike era finito alla stessa maniera; non importava che si incontrassero per parlare, per allenarsi, per scontrarsi: finivano sempre a fare l’amore, nei posti e nelle situazioni più impensabili, incapaci di evitarlo.

 

 

 

Quel giorno, appena Spike era entrato in palestra si erano guardati fissi negli occhi per un lungo istante e si erano giurati che, data la vicinanza del resto della banda, quella volta sarebbe stato diverso, che si sarebbero limitati a darsele di santa ragione, ma neanche questa volta erano riusciti a controllarsi e così, tra un pugno, un calcio e un volo da una parte all’altra della palestra, si erano amati con violenta passione, appoggiati contro la spalliera, oppure rotolandosi sul pavimento del locale.

 

 

 

E proprio in un momento del genere Angel entrò in palestra.

 

 

 

Dalla porta di ingresso non poteva avere una visuale completa della stanza, e infatti in un primo momento non li vide, ma poi lo specchio che ricopriva la parete di fondo della palestra riflesse l’immagine di Buffy sdraiata a terra semisvestita. Ovviamente lo specchio non rifletteva l’immagine di Spike, ma l’atteggiamento della Cacciatrice non lasciava molto spazio all’immaginazione e anche i ringhi di piacere del vampiro erano inequivocabili: il ringhio di soddisfazione di un predatore che è finalmente riuscito a conquistare e sottomettere l’ambita preda.

 

 

 

Angel sentì il sangue ghiacciarglisi nelle vene, la gola seccarsi e gli occhi sbarrarsi. Avrebbe voluto andarsene e chiudere fuori dagli occhi e dal suo cuore quell’immagine, ma il corpo di Xander sembrava rifiutarsi di rispondere ai suoi comandi.

 

Era furioso: immaginava che Buffy si fosse rifatta una vita, come in fondo aveva fatto anche lui, ma l’immagine riflessa da quel maledettissimo specchio lo aveva impietrito. Continuava a ripetersi che era tutto normale e giusto così, eppure qualcosa dentro di lui gridava disperatamente. Qualcosa dentro di lui che Angel credeva morto e sepolto, stringendogli il cuore in una morsa dolorosa gli urlava di intervenire a mettere fine a quella scena oppure di andarsene per sempre. In una frazione di secondo Angel dovette riconoscere che per quanto tentasse di convincersi del contrario e per quanto non la vedesse più come una creatura perfetta ed immacolata, ma per la donna che in realtà era, non poteva impedirsi di amarla. Continuava ad essere assolutamente convinto che una storia finita non potesse rinascere, ma quello di cui cominciava a dubitare era che la loro di storia fosse realmente finita. Gli ripassarono alla mente tutte le sensazioni che non più tardi di un’ora prima lo avevano attraversato quando l’aveva rivista dopo tanto tempo e non riuscì più a distinguere quali fossero state veramente reali e quali si fosse invece costretto a provare: era vero che la sua vita era decisamente migliorata da quando aveva lasciato Sunnydale ed era vero che ora non avrebbe più accettato di tornare a vivere in quella maniera, nemmeno per amore di Buffy, ma era altrettanto vero che nonostante tutto non sarebbe mai riuscito ad estromettere la Cacciatrice dalla sua anima, nemmeno fra un’eternità.

 

 

 

Era ancora lì, impalato sulla porta d’ingresso della palestra quando Spike, alzando gli occhi vide la sua immagine riflessa nello stesso specchio che aveva rivelato la scena a lui.

 

 

 

“Oh cazzo!” fu tutto quello che riuscì a dire, alzandosi immediatamente e cercando di sistemarsi i pantaloni il più velocemente possibile.

 

 

 

Dal canto suo anche Buffy, non appena si accorse di Xander cercò di risistemarsi e di giustificarsi: “Xander, non è come pensi…”, ma si interruppe immediatamente rendendosi conto di quanto completamente assurda fosse quella frase. Quasi le venne da ridere: aveva sempre trovato idiota ogni volta che alla televisione o al cinema aveva visto scene come quella e sentito quella fatidica frase, eppure in quel momento era stata la prima e unica cosa che le era venuto in mente di dire. Indipendentemente da quello che Xander stesse pensando in quel momento, li aveva sorpresi a fare l’amore: il suo segreto era smascherato, e Buffy quasi tirò un sospiro di sollievo.

 

 

 

Appena si accorse di essere stato visto Angel riuscì finalmente a riprendere il controllo: abbassò immediatamente lo sguardo e si limitò ad avvisarli che gli altri li stavano aspettando in negozio per iniziare le ricerche; quindi si voltò e uscì dalla palestra, chiudendosi la porta alle spalle. Prima di raggiungere gli altri che avevano già cominciato a rovistare trai libri degli scatoloni, si appoggiò con la schiena alla porta appena chiusa, attendendo un istante di riprendere il controllo delle sue emozioni oltre che quello del corpo di Xander; quindi trasse un profondo respiro e raggiunse gli altri.

 

 

 

Passando accanto a Giles gli sussurrò ad un orecchio: “Non una sola parola per favore, almeno per il momento”.

 

 

 

L’ex Osservatore fece per replicare, ma qualcosa nel suo sguardo lo fece desistere.

 

 

 

Pochi minuti dopo vennero raggiunti da Spike e Buffy, la quale non pensò neanche per un istante di protestare per la mancanza delle sue ciambelline preferite.

 

 

 

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La banda passò il resto del pomeriggio a spulciare i libri contenuti negli scatoloni avendo come unico punto di riferimento il ritratto che Angel aveva fatto dei mostri che avevano attaccato l’Hyperion.

 

Willow si era meravigliata di quel disegno, affermando che Xander non aveva mai saputo disegnare tanto bene, ma Angel aveva abilmente sviato il discorso e poco dopo quell’osservazione era stata dimenticata da tutti.

 

Per quanto bene potesse essere fatto il disegno tuttavia la ricerca fu lunga e noiosa anche perché dopo dieci immagini di demoni quei mostri sembravano tutti uguali.

 

Giles ne aveva trovati un tipo molto somigliante alla descrizione di Xander, ma quelli erano demoni temibilissimi e Angel escluse a priori che quella mandria di sbandati talmente male in arnese che persino Xander era riuscito a farne fuori più di uno potessero essere gli stessi indicati sul libro di Giles.

 

 

 

Fu solo verso l’ora di cena che vennero pronunciate le fatidiche parole e fu Tara a pronunciarle: “Forse ho trovato” disse con il suo solito filo di voce appena udibile, e in un istante si trovò ad arrossire violentemente per le sette paia di occhi che si fissarono su di lei. “Qui dice che sono demoni di seconda categoria che attaccano sempre in gruppo perché sperano di avere la meglio sull’avversario sopraffacendolo in numero. Spesso si azzuffano addirittura fra di loro e quello che ha la meglio ingloba il perdente, aumentando in dimensioni e un poco anche in intelligenza. Non sono quindi molto pericolosi, almeno finché non ce n’è uno abbastanza grosso ed intelligente. Ma questo difficilmente succede perché quando qualcuno di loro riesce ad acquisire un certo potere per un po’ viene seguito dagli altri diventandone il capo, ma non dura molto perché in genere gli altri lo eliminano prima che lui elimini loro per diventare sempre più potente…”.

 

 

 

“An…Xander?” chiese Giles, correggendosi appena un attimo prima di smascherare il vampiro.

 

 

 

“Corrisponde tutto: credo proprio che siano loro…” rispose l’irlandese.

 

 

 

“Quindi Signor-So-Tutto-Io questo vuol dire che abbiamo passato l’intero pomeriggio a scartabellare tra pagine ingiallite e nugoli di polvere cercando i suoi terribili mostri per scoprire alla fine che si tratta dell’unica razza di demoni che è veramente più stupida persino degli esseri umani…” affermò Spike con sarcasmo.

 

 

 

Erano le prime parole che il vampiro biondo pronunciava da quando aveva lasciato la palestra, ma ogni altra protesta venne stroncata sul nascere dal commento di Angel, corredato da un’occhiataccia fulminante: “Perché William? Avevi di meglio da fare?”.

 

 

 

La frecciata colpì il bersaglio in pieno centro: Spike tornò ad azzittirsi mentre Buffy, che alla pari del vampiro non aveva aperto bocca per tutto il pomeriggio abbassò immediatamente lo sguardo con aria colpevole (neanche quando Xander aveva scoperto del ritorno di Angel si era sentita così).

 

 

 

“Dice qualcos’altro Tara?” chiese Angel, che decise di tornare ad ignorare i due amanti.

 

 

 

“No, Xander, non molto, se non che il sangue di questi demoni è veicolo di notevoli incantesimi”.

 

 

 

Angel si fece ancora più interessato: “Per esempio?”.

 

 

 

“Qui dice per esempio che se il sangue di uno di questi demoni si mischia a quello di un altro essere quest’ultimo avrà la facoltà di leggere le anime di coloro che lo circondano…”.

 

 

 

“Ah come quella volta che Buffy è rimasta contaminata dal sangue di quel demone telepatico che la stava facendo impazzire” disse Willow.

 

 

 

“Magari avessi potuto leggere le anime…. Io allora sentivo solo i pensieri degli altri, credo sia diverso…” precisò Buffy, senza quasi alzare lo sguardo. Non poté fare a meno di pensare che gli sarebbe piaciuto leggere l’anima di Angel, per capire se davvero voleva lasciarla per il suo bene o solo perché si era stufato di lei, o, peggio ancora, perché si era innamorato di Faith.

 

Tara elencò ancora altri effetti che il sangue di quei demoni potevano causare, ma Angel aggrottò la fronte: tutto quello non c’entrava nulla con quello che era successo a lui e a Xander. “Nessun altro effetto collaterale?”.

 

 

 

“No Xander, nient’altro…No aspetta…Questa nota scritta a mano dice che se un essere mischia il suo sangue a quello del demone e contemporaneamente a quello di un altro essere avviene uno scambio di anime trai due esseri…” concluse Tara.

 

 

 

“Nel senso che l’anima di uno va a finire immediatamente nel corpo dell’altro?” chiese Willow.

 

 

 

“No, non immediatamente…l’incantesimo ha bisogno di un po’ di tempo, un giorno circa, per fare effetto, ma alla fine sì: l’anima di uno va a finire nel corpo dell’altro e viceversa…” precisò la strega bionda.

 

 

 

Angel e il signor Giles si scambiarono uno sguardo d’intesa.

 

 

 

“Sempre la nota scritta a mano dice anche che tutti gli effetti del sangue di quei demoni svaniscono dopo una decina di giorni senza lasciare traccia a meno che nel frattempo uno dei due corpi non venga danneggiato: in quel caso l’incantesimo si spezza e l’anima il cui corpo è stato “ucciso” vagherà in eterno e senza pace in una non ben precisata dimensione demoniaca. Dice anche che non esiste nessun controincantesimo per annullare gli effetti del sangue di questi demoni”.

 

 

 

“Brrr…è una cosa che mi mette i brividi solo a pensarci” disse Dawn, che cominciava ad essere stanca.

 

 

 

“Va beh ragazzi, abbiamo scoperto che almeno per questa volta non si scatenerà una nuova Apocalisse…” disse Anya, guardando storto il signor Giles come a voler sottolineare il suo errore di valutazione. “Che ne dite di andare a mangiarci un boccone insieme?”.

 

 

 

“Io ci sto” affermò immediatamente Dawn che si rese conto di essere affamata oltre che stanca.

 

 

 

Willow e Tara si guardarono un istante negli occhi e poi risposero all’unisono: “Anche noi”.

 

 

 

“Io me ne torno nella mia cripta” disse Spike, come disgustato da tutto quel cameratismo.

 

 

 

“Anche io me ne torno a casa: non ho fame” disse Angel. Non era vero: lo stomaco di Xander protestava furiosamente, ma il solo ripensare alla scena a cui aveva assistito in quel pomeriggio gli faceva passare la voglia di mangiare.

 

 

 

Anya lo squadrò un’altra volta con uno sguardo gelido, e Angel pensò che in quella maniera non stava certo migliorando la situazione del povero Xander, ma in quel momento poco gli importava: almeno era sicuro che quella notte non avrebbe corso il rischio di dover dividere il letto con l’ex demone.

 

 

 

Buffy affermò che quella sera avrebbe fatto la ronda e che avrebbe mangiato un boccone più tardi; chiese anche a Tara e Willow se sua sorella poteva passare da loro la notte: voleva restare da sola per riflettere un po’. Le due streghe ovviamente acconsentirono e anche Dawn dimostrò di gradire quel diversivo.

 

 

 

“Io sistemo le ultime cose qui in negozio e poi vi raggiungo” disse Giles, e così tutti cominciarono ad abbandonare il negozio di magia.

 

 

 

L’ex Osservatore bloccò Angel prima che uscisse anche lui. “Coraggio, dieci giorni non sono un’eternità: bisognerà solo avvisare Xander di stare attento”.

 

 

 

Lo sguardo di Angel restava cupo, e Giles non riuscì a fare a meno di chiedere il motivo di quello stato d’animo: “Cos’è successo Angel? Perché non hai voluto dire niente agli altri?”.

 

 

 

Angel guardò l’inglese dritto negli occhi: era evidente che era completamente all’oscuro della nuova natura dei rapporti tra la sua Cacciatrice e Spike, e non aveva nessuna intenzione di essere lui a metterlo al corrente della situazione. Si sforzò quindi di sorridere e disse: “Non c’è nulla signor Giles, è solo che sono un po’ scosso. E’ tutto così strano, e agli altri non ho voluto dire niente perché…perché sarebbe servito solo a creare confusione…”.

 

 

 

“Beh, almeno avrebbe potuto chiarire la situazione con Anya…” disse l’ex bibliotecario maliziosamente.

 

 

 

Angel sorrise nonostante tutto: “Buona notte signor Giles…” disse uscendo dal negozio.

 

 

 

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Camminava lentamente nella sera fresca: il sole era già tramontato, ma un po’ della sua luce lottava ancora per non soccombere al buio

 

Aveva voglia di schiarirsi le idee e soprattutto aveva voglia di rimettere ordine nei suoi sentimenti.

 

Era inutile negare che quanto aveva scoperto l’aveva sconvolto: Spike non era certo il primo uomo con lui lo “tradiva”, e probabilmente non sarebbe stato neanche l’ultimo. Non era questo il problema: non aveva mai avuto la presunzione, lasciandola, che lei continuasse a struggersi per lui in eterno. D’altra parte lui aveva fatto altrettanto: aveva addirittura avuto un figlio!

 

 

 

Non aveva mai conosciuto Parker (per fortuna!) e aveva sinceramente odiato Riley Finn, ma Spike… Spike era troppo!

 

 

 

L’aveva lasciata perché avesse una vita normale e adesso la ritrovava tra le braccia di un altro vampiro. Certo le cose tra Buffy e Spike non erano complicate come lo erano state tra loro, ma lei continuava ad essere la Prescelta e lui era un vampiro. Il vampiro con all’attivo più scalpi di Cacciatrici oltretutto!

 

 

 

Avanzava distrattamente, ma questo non gli impedì di avvertire la sua presenza alle sue spalle.

 

Per un po’ decise di proseguire, ignorandola, sperando che lei desistesse da qualsiasi cosa avesse in mente, ma dato che lei continuava a seguirlo decise infine di affrontarla.

 

 

 

“Perché mi stai seguendo Buffy?” disse fermandosi, ma senza voltarsi.

 

 

 

“Non ti stavo seguendo” rispose lei sulla difensiva, “Stavo solo facendo la ronda”.

 

 

 

“Credevo che fare la ronda consistesse nel seguire i vampiri, o al massimo nel rotolarsi insieme a loro sul pavimento di una cripta…non seguire un innocuo passante che se sta tornando a casa…” rispose Angel con più astio di quello che avrebbe voluto.

 

 

 

Buffy accusò il colpo, ma cercò di far finta di nulla : “Xander, casa tua è esattamente dall’altra parte di Sunnydale. Dove stai andando?” disse allungando il passo per raggiungerlo e porsi di fronte a lui, sbarrandogli il cammino.

 

 

 

Angel aveva imboccato la strada per la vecchia magione senza neanche pensare che l’appartamento di Xander era da tutt’altra parte. Si diede mentalmente dello stupido, ma era talmente amareggiato che non aveva nessuna intenzione di risparmiare la Cacciatrice dalla sua rabbia. “Può darsi che io stia andando a cercarmi un’attraente vampira con cui divertirmi un po’. Oppure può darsi semplicemente che io stia facendo quattro passi per rimettere posto alle idee nella mia testa, perché sai Buffy, in questo momento sono un po’ confuse…”.

 

 

 

“Ok Xander, dobbiamo parlare…” disse Buffy, arrendendosi.

 

 

 

“Non abbiamo niente da dirci” rispose Angel gelidamente.

 

 

 

“Ti devo una spiegazione…” insistette Buffy.

 

 

 

“Buffy, ho passato da un pezzo l’età in cui credevo che i bambini li portasse la cicogna. Non ho bisogno di spiegazioni per capire quello che ho visto. Comunque non sono affari miei: contenta tu, contenti tutti” disse Angel, scansandola per riprendere il suo cammino.

 

 

 

Dietro di lui Buffy non si mosse, ma dopo qualche passo gli urlò dietro tra le lacrime: “Xander per favore, devi ascoltarmi…”.

 

 

 

Angel non aveva previsto una reazione del genere: tutto si sarebbe aspettato tranne che Buffy si mettesse a piangere. Nonostante non ne avesse voglia si fermò, permettendo a Buffy di raggiungerlo di nuovo.

 

 

 

“Finalmente qualcuno l’ha scoperto…” sussurrò senza neanche guardarlo in faccia, e a quell’affermazione il ragazzo non poté far a meno di guardarla come se stesse delirando. Complice il buio, Buffy non poté vedere l’espressione di Angel dipinta sul volto di Xander e così continuò: “Finalmente c’è qualcuno con cui posso parlarne…”.

 

 

 

Anche se era evidente che Buffy aveva veramente bisogno di sfogarsi, Angel stava per replicare che non aveva nessuna intenzione di starla a sentire, ma la Cacciatrice riprese a parlare, senza dargli il tempo di aprire bocca.

 

 

 

“Non so neanche come sia cominciata. Sapevo da un pezzo che era ossessionato da me, ma continuavo a ripetermi che lui era un vampiro…”.

 

 

 

“Già, perché invece Angel era un angelo caduto in terra per il troppo peso…” la interruppe Angel al quale quelle parole uscirono dalla bocca prima che riuscisse a mordersi la lingua.

 

 

 

“Ma cosa c’entra Angel adesso?” reagì Buffy indispettita. “Angel appartiene al passato ormai, e poi, per quanto tu possa odiarlo, non puoi mettere Angel e Spike sullo stesso piano: Angel ha un’anima, Spike solo un chip nel cervello che chissà per quanto ancora funzionerà. Non voglio neanche pensare a quello che accadrà quando quell’affare non lo inibirà più…”.

 

 

 

Angel scoppiò a ridere: “Sei veramente una sciocca Buffy. Il chip che Spike ha nel cervello non funziona più da un pezzo, sono pronto a scommetterci tutto quello che vuoi! E’ vero, Spike non ha un’anima, ma non ne ha bisogno. Spike non ha bisogno di un’anima per saper scegliere quello che è giusto e quello che non lo è, non ha bisogno di un’anima per voler bene alla piccola Dawn e per amare te…”.

 

 

 

Angel smise di parlare, sorpreso dalle sue stesse parole: non aveva mai pensato a Spike in quei termini, eppure sapeva di essere convinto senza ombra di dubbio di ogni singola parola che aveva pronunciato. Non sapeva quello che provava veramente la Cacciatrice, ma era certo del fatto che William il Sanguinario ne fosse innamorato. Non era una semplice ossessione la sua.

 

 

 

Anche Buffy rimase un po’ interdetta a quelle parole: non si era davvero aspettata che il suo amico che aveva scatenato un putiferio quando aveva scoperto del ritorno di Angel stesse adesso addirittura difendendo in un certo senso il vampiro con cui l’aveva sorpresa a fare sesso. “Certo Xander che a sentirti parlare si direbbe che tu conosca Spike da una vita…” disse con tono acido.

 

 

 

Questa volta Angel riuscì a mordersi la lingua prima di risponderle a tono.

 

 

 

“Comunque ti stavo dicendo che ero più che decisa a tenerlo alla larga. Poi però c’è stata tutta quella storia orribile con Glory e se non fosse stato per lui a questo punto io avrei perso anche mia sorella. Da quando sono “tornata” io mi sento strana, come se fossi tornata sbagliata. Evidentemente quella pasticciona di Willow ha commesso una piccola imprecisione e qualcosa è andato storto nell’incantesimo. E’ colpa di questo qualcosa se io non posso fare a meno di Spike. So che è una cosa completamente sbagliata, e infatti ve lo avrei tenuto nascosto ancora se tu non ci avessi scoperto, ma non è colpa mia…La prima volta che è successo ho provato a resistere, ho provato ad oppormi: un attimo lo pestavo ordinandogli di andarsene, di lasciarmi in pace, e l’attimo dopo lui mi baciava e io rispondevo al suo bacio. Un istante ci prendevamo a calci e pugni e l’istante dopo ci avvinghiavamo l’uno all’altra senza poterci allontanare neanche volendolo. E’ una sensazione che non avevo mai provato prima”.

 

 

 

Per Angel era veramente troppo: non aveva nessuna intenzione di stare a sentire la descrizione del loro primo rapporto, anche perché la scena che aveva visto quel pomeriggio era già più che autoesplicativa. “Senti Buffy, non mi interessa dove, quando e come tu e Spike vi siete divertiti o vi divertirete in futuro, ma lascia che ti dica una cosa: è troppo facile dare la colpa a Willow. E’ troppo facile pulirsi la coscienza attribuendo ad altri colpe che non hanno. Colpe che sono solo tue. Se proprio vuoi saperlo io penso che Willow non abbia commesso proprio nessun errore: tu non sei tornata sbagliata, tu sei tornata morta dentro. Tu non volevi tornare. Tu stavi bene dove ti trovavi e quando ti sei trovata di nuovo in questo mondo, di nuovo con enormi responsabilità addosso, ti sei rinchiusa in te stessa, hai lasciato che la tua parte oscura, quella parte oscura che c’è in tutti noi, prendesse il sopravvento. Non ti biasimo se non volevi tornare, non ti incolpo per il fatto che volevi finalmente goderti la pace, ma non dare la colpa ad altri per quello che sei diventata. La colpa è solo tua: sei tu che hai permesso alla tua natura di Cacciatrice di manifestarsi in tutte le sue sfaccettature. Quando ho visto quello che ho visto questo pomeriggio, mi sono detto che in fondo forse ti eri semplicemente innamorata di Spike, ed ero forse addirittura pronto ad accettarlo, col tempo. Ma ora mi rendo conto che hai usato anche Spike: ti sei servita di lui per fare confronti, per illuderti che tu sia migliore di lui. Sai cosa ti dico: provo pena per lui, perché a differenza della tua meschinità, i suoi sentimenti sono sinceri. Mi dispiace dirti queste cose Buffy, ma è tutto quello che io vedo davanti ai miei occhi. Non c’è più nessuna traccia della ragazza che mi ha dato la forza per non arrendermi e tornare in questo mondo dall’inferno con ancora una qualche parvenza di umanità…”.

 

 

 

“Tornare dall’inferno? Xander, ma cosa diavolo stai dicendo? Sei impazzito?” chiese Buffy agitatissima: anche se non ancora del tutto consapevolmente cominciava ad intuire qualcosa, e quel qualcosa la spaventava a morte.

 

 

 

Ancora una volta Angel si diede dell’idiota, ma ormai il danno era fatto, ormai si era tradito. Tentare di mentire di nuovo non sarebbe servito a nulla, e così lasciò andare i freni che si era autoimposto: “Sì Buffy, il corpo è quello di Xander, ma io sono Angel. Angel, hai capito!?!”.

 

 

 

“Xander, per favore finiscila, non sei per niente divertente. Ho capito che sei arrabbiato con me, ma tirare in ballo Angel è scorretto ogni altro limite. Lo sai che lo odio per quello che mi ha fatto… lo sai che non voglio più sentir parlare di lui… Finiscila di fare l’idiota…” disse, urlando e piangendo istericamente.

 

 

 

“Tutto quello che ti ho fatto è stato cercare di renderti una vita normale. Posso aver sbagliato forse, ma non l’ho certo fatto con lo scopo di ferirti” adesso anche Angel stava alzando il tono di voce.

 

 

 

“Ah, certo, l’hai fatto per il mio bene: e dimmi un po’, credi davvero che se tu non mi avessi abbandonata io avrei desiderato di restare là dov’ero andata dopo essere morta? Credi che se avessi saputo che tornando ti avrei trovato ad aspettarmi io non sarei stata felice di farlo? Tu dici che non c’è niente di sbagliato in me, che è colpa mia se sono cambiata, ma non è vero! Non è vero mio caro Angel: la colpa è tua! E’ tutta e sola colpa tua: mi hai rovinato la vita, e ogni tanto ci ripiombi in mezzo per ricordarmelo e poi sparire di nuovo. Ti odio Angel!” concluse, quasi soffocata dalle lacrime. Quindi si voltò e scappò via.

 

 

 

Angel non la seguì, se non con lo sguardo. La vide correre via urtando contro gli specchietti delle auto parcheggiate, incapace di mantenere una traiettoria rettilinea.

 

 

 

“Ho davvero sbagliato tutto con te Buffy. Non avrei mai dovuto uscire dall’ombra; non avrei mai dovuto entrare nella tua vita… Sarebbe stato meglio per tutti” pensò amaramente.

 

 

 

Non aveva voglia di seguirla; non aveva voglia di sentirsi di nuovo sputare addosso tutte quelle parole che, per quanto di comodo, non erano del tutto prive di verità; non aveva voglia di affrontarla di nuovo. Eppure si costrinse a farlo, consapevole del fatto che, ridotta in quello stato, Buffy sarebbe stata una ghiotta preda per troppe creature della notte.

 

 

 

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Finalmente il tramonto.

 

Finalmente non c’era più l’odiata luce del sole a ferirgli gli occhi e bruciargli la pelle.

 

Finalmente era libero; libero e onnipotente.

 

 

 

Xander si sentiva molto strano: sentiva il richiamo dell’oscurità in maniera quasi morbosa. Sentiva solo due desideri pulsagli nella testa: quello di fondersi nel buio della città degli angeli e quello di nutrirsi. Sapeva benissimo che nel frigo c’erano ancora abbondanti scorte di sangue di maiale, ma la sola idea di servirsene lo nauseava: voleva sangue fresco, e soprattutto voleva sangue umano.

 

 

 

Si aggirava ancora nel grande atrio dell’Hyperion, valutando quale dei suoi amici gli avrebbe potuto regalare il pasto migliore: certo il sangue del bambino sarebbe stato il migliore, ma non sarebbe servito che da antipasto; gli sarebbe piaciuto affondare i denti nella giugulare di quello schifosissimo demone dalla faccia verde, ma si ritrovò chiedersi se per caso anche il suo sangue fosse verde. La sola idea gli fece venire il voltastomaco: lo avrebbe ucciso, senza dubbio, ma non se ne sarebbe nutrito per nulla al mondo; c’erano i due piccioncini che neanche si ricordava come si chiamassero, ma erano talmente vomitevolmente innamorati che probabilmente il loro sangue sarebbe stato altrettanto sdolcinato dei loro atteggiamenti, e a lui non erano mai piaciute le cose troppo dolci; c’era anche l’ex-Osservatore inglese, e l’idea di assaporare di nuovo il gusto del sangue di un suddito di Sua Maestà lo stuzzicava parecchio; però c’era anche Cordelia…lei sì che sarebbe stata un primo piatto perfetto…Non avrebbe neanche dovuto fare la fatica di combattere: quell’idiota del suo coinquilino di corpo le aveva insegnato qualcosa, ma nulla che potesse permetterle di opporsi a lui. E anche se fosse stata in grado di difendersi non avrebbe avuto il tempo di farlo: si sarebbe avvicinato a lei e lei glielo avrebbe fatto fare, e prima ancora di rendersene conto si sarebbe trovata con un paio di canini affondati nel collo. Sarebbe stato molto divertente vedere la sua espressione quando si fosse resa conto che il suo più fidato amico (come se si potesse essere semplicemente amici di una così!!!) la stava lentamente dissanguando… Sì, sarebbe stata veramente un’opera d’arte: certo, non paragonabile ad alcuni capolavori del suo glorioso passato, ma comunque un’opera d’arte…

 

 

 

“Angel presto, corri!” urlò proprio Cordelia, reggendosi fra le mani la testa dolorante. “C’è bisogno del tuo aiuto, dalle parti del Caritas. Corri o sarà una carneficina…”.

 

 

 

Quelle urla destarono Xander dai suoi pensieri. Non sapeva cosa fare, non sapeva cosa Cordelia si aspettava che facesse, e soprattutto non sapeva neanche cosa o dove fosse il Caritas. Si guardò intorno con aria spaesata sperando di poter scaricare su qualcun altro quell’incombenza che non sapeva come affrontare, ma all’ennesima sollecitazione della ragazza uscì di corsa dall’albergo, tuffandosi senza meta nella notte rischiarata da migliaia di luci di Los Angeles.

 

 

 

Non aveva la più pallida idea di dove stesse andando (in fondo non era stato a Los Angeles che un paio di volte in tutta la sua vita), e alla fine decise di fermarsi. Chiuse gli occhi e lasciò che i sensi ipersviluppati di Angel, i suoi sensi, lo guidassero. Fu solo seguendo lentamente, quasi ad occhi chiusi, l’odore del sangue e soprattutto quello della paura che riuscì a giungere sul luogo dello scontro. Una decina di vampiri aveva attaccato un gruppo di cinque giovani ballerine di un night poco prima che queste riuscissero a mettersi al sicuro nel locale in cui lavoravano. Quando arrivò due giacevano già a terra: una era già morta con il collo spezzato, nell’altra si sentiva ancora piuttosto distintamente il puzzo della vita che combatteva un’inutile guerra dentro di lei per non soccombere. Le ferite che le avevano inferto erano troppo gravi e Xander si disse che d lì a qualche istante sarebbe mota anche lei.

 

Le altre tre ragazze urlavano disperate. Avevano chiamato a gran voce il proprietario del night, ma quando questo era uscito e aveva visto tutti quei vampiri si era immediatamente messo al riparo all’interno del locale sprangando ogni porta per impedire ai demoni di accedere all’interno, precludendo però così qualsiasi via di fuga a quelle che considerava ormai sue ex-dipendenti.

 

Non appena lo videro arrivare cominciarono ad urlare ancora di più, pregandolo di dar loro una mano. Quelli strilli resi tanto acuti dal terrore ferivano le orecchie di Xander e non facevano altro che istigare ancora di più i loro aggressori.

 

Xander li attaccò istintivamente, meravigliandosi ed esaltandosi al tempo stesso per l’assoluta facilità con cui si sbarazzava di loro uno dopo l’altro, sopraffacendoli di gran lunga in forza e in astuzia, divertendosi un mondo a pizzicarli con battutine sagaci e cattive. Sentiva la furia del combattimento scorrergli nelle vene come fuoco liquido: per quando scarsi potessero essere i suoi avversari erano pur sempre dei vampiri, degli esseri superiori, e quindi il combattimento non era frustrante come quando si attaccava un essere umano che, per quanto attrezzato, non avrebbe potuto resistergli che per pochi minuti.

 

La sua era una sequenza micidiale di colpi perfetti, come se il suo corpo eseguisse tutti i movimenti autonomamente, senza bisogno di alcuno stimolo da parte del cervello. Xander si trovò a compiere acrobazie incredibili che mai si sarebbe sognato di poter eseguire con la stessa naturalezza con cui avrebbe normalmente bevuto un bicchiere d’acqua e tutto questo lo entusiasmava oltre ogni limite.

 

 

 

“L’ho sempre detto che essere un vampiro non doveva essere poi così male” pensò quasi selvaggiamente il ragazzo.

 

 

 

Al culmine del combattimento però Xander provò un’altra volta una strana sensazione, come se stesse lentamente soccombendo alla su stessa furia. Ormai non riusciva più a distinguere gli avversari che gi si paravano di fronte, tutta la sua attenzione concentrata sul premio finale: le tre ragazze che si erano strette ormai una contro l’altra ma che almeno avevano smesso di gridare.

 

 

 

Lo scontro durò poco più di una decina di minuti, dopo di che degli aggressori non restavano che qualche mucchietto di cenere che il vento o gli addetti alla pulizia delle strade avrebbero prima o poi disperso. Su di lui qualche graffio e uno strappo nella manica del lungo cappotto nero erano i soli segni della lotta.

 

 

 

“Grazie mille” disse una voce alle sue spalle.

 

 

 

Xander si voltò e si trovò di fronte ad una ragazza minuta e molto giovane, con l’acconciatura rovinata e i trucco sciolto dalle lacrime.

 

 

 

“Io sono Lara e loro sono Cindy e Corinne” disse indicando con un cenno della mano le sue due compagne sopravvissute, altre due ragazze altrettanto giovani e spaventate.

 

 

 

“Mi dispiace per le tue amiche” disse con tono sommesso il vampiro.

 

 

 

“Anche a me dispiace, ma se tu non fossi intervenuto noi avremmo fatto la stessa fine. Non sappiamo veramente come ringraziarti…Ma tu sei ferito!” disse notando solo in quell’istante lo squarcio nella stoffa del cappotto.

 

 

 

“No, solo qualche graffio” si schernì Xander. “Certo, mi scoccia un po’ per il cappotto. Non che fosse nuovo, anzi, ma ci ero affezionato”.

 

 

 

La ragazza sorrise a quella battuta, un sorriso che le illuminò il volto rivelando in pieno l’età che il trucco pesante doveva cercare di mascherare.

 

 

 

“Forse è meglio che voi adesso andiate a casa, non è prudente che giriate da sole per la città dopo il tramonto. Anzi, ho un’idea migliore, se me lo consentite vi accompagnerò io stesso, prima che qualcun altro, demone o uomo che sia, si senta libero di aggredirvi di nuovo” continuò Xander.

 

 

 

Questa volta furono i visi di tutte e tre le ragazze ad illuminarsi di gratitudine per quella proposta.

 

 

 

“Te ne saremmo veramente molto grate, non abitiamo molto distante da qui” disse la ragazza mora che si chiamava Cindy.

 

 

 

Si avviarono così per i vicoli della città californiana: le tre ragazze davanti e Xander dietro di loro.

 

 

 

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Il mattino seguente Cordelia sentì il sangue ghiacciarglisi nelle vene nel leggere il titolo di prima pagina del giornale:

 

 

 

“CINQUE DELITTI IN UNA SOLA NOTTE”

 

La polizia di Los Angeles ritrova i cadaveri di cinque giovani ballerine di night, tutte minorenni ed incensurate; tre di loro sono morte dissanguate. Nessuna traccia dell’assassino.

 

 

 

Xander apparve silenziosamente alle sue spalle, lesse il quotidiano, ed esclamò sconvolto: “Non è possibile: sono le ragazze che ho salvato ieri sera! Due di loro erano purtroppo già morte quando sono arrivato, ma le altre tre le ho persino riaccompagnate fino a casa! Si vede che nonostante la brutta esperienza e i miei consigli non hanno imparato a lezione e sono uscite di nuovo dopo che le ho lasciate. Perché gli umani devono essere così stupidi a volte? Io me ne torno a letto, mi ero alzato solo per uno spuntino, ma mi è passata la fame”.

 

 

Cordelia non disse una parola, limitandosi a fissare l’amico per qualche istante.