Di
Patty
Capitolo
I
“Buffy…è
successo qualcosa a Buffy…qualcosa di serio, di dannatamente serio…qualcosa che
nemmeno Cordelia, intrappolata con tutti noi nella dimensione di Lorne, ha potuto
prevedere. HO FALLITO…mi ero assunto il dolce compito di proteggerla anche a
costo della mia stessa vita…e invece nel momento in cui lei ha avuto bisogno
del mio aiuto io ero altrove…LEI AVEVA BISOGNO DI ME E IO NON C’ERO…”.
Questi
erano i pensieri che affollarono in pochissimi istanti la mente, il cuore e
l’anima di Angel quando appena tornato nel mondo reale si ritrovò di fronte ad
una Willow che non aveva più neanche la forza di parlare ma il cui sguardo
valeva più di mille parole.
“Buffy
è morta…
“Angel,
Angel !!!” Cordelia al suo fianco lo chiamava cercando di richiamare la sua
attenzione. “Non è colpa tua”.
A
quelle parole Angel si riebbe per un attimo e guardò Cordelia con sorpresa:
aveva parlato ad alta voce senza neanche rendersene conto oppure Cordelia gli
aveva letto nel pensiero? Era forse questo un aspetto ignoto del potere che la
stava lentamente logorando? No, probabilmente aveva solo intuito quello che lui
stava pensando, ormai lo conosceva abbastanza bene…
Ma
fu solo un istante prima che l’angoscia per la perdita dell’unica donna che
avesse veramente mai amato in 240 anni di vita, l’unica che fosse stata in
grado di regalargli quella tanto temuta felicità pura ed assoluta,
riattanagliasse la sua mente sconvolta. Non si accorse neanche quando Westley
lo sorresse e lo mise a sedere giusto un istante prima che crollasse a terra
come colpito da un fulmine; non si accorse neanche di quello che gli disse
Willow a proposito del funerale prima di andarsene…non riusciva neanche a
piangere!!!
In
cento anni di sofferenze procurategli da quell’anima che gli avevano reso non
si era mai sentito così…vuoto. All’angoscia per le atrocità commesse si era
sempre accompagnata la determinazione a porvi un rimedio, al dolore la speranza
(soprattutto da quando Buffy era entrata nella sua vita): ora invece c’erano
solo disperazione e un terribile senso di incompletezza, come se gli fosse
stata strappata dal petto ben più della sua misera anima…
Cordelia
e Westley non stavano poi tanto meglio di Angel.
Cordelia
ricordava fin troppo bene quello che era successo quando aveva espresso il
desiderio che Buffy non fosse mai apparsa a Sunnydale: ora la cacciatrice era
morta, morta per salvare, per l’ennesima volta, il mondo. Cosa sarebbe successo
ora? Glory era stata sconfitta dall’estremo sacrificio di Buffy, ma chi
assicurava che presto una minaccia ancora peggiore non sarebbe tornata per
distruggere il mondo? E chi ci sarebbe stato allora a proteggere tutti quanti
loro? Probabilmente la sua morte avrebbe attivato un’altra cacciatrice, ma chi
assicurava che non sarebbe stata un’altra Faith invece che un’altra Buffy? E
soprattutto chi le assicurava che in questa nuova cacciatrice lei, Cordelia,
avrebbe trovato quell’amica un po’ strana che aveva trovato in Buffy Summers?
Westley
ricordò il momento in cui era inorridito venendo a sapere che la cacciatrice di
cui doveva occuparsi era alleata CON UN VAMPIRO (quello stesso vampiro per cui
lui ora avrebbe dato la vita e che sicuramente avrebbe fatto altrettanto per
lui)…anzi, peggio ancora, ne era addirittura innamorata…
Gli
venne in mente di quanto male lo avesse accolto al suo arrivo…ma lo aveva fatto
solo perché troppo grande era il suo affetto per il signor Giles.
Gli
venne in mente di come quella ragazza così sfrontata, quella cacciatrice così
poco ortodossa lo avesse cambiato profondamente: lo aveva trasformato da un
burattino nelle mani del Consiglio degli Osservatori in quello che era
adesso…non sapeva esattamente cosa fosse adesso, ma qualunque cosa fosse gli
piaceva molto di più di ciò che era prima, su questo non c’erano dubbi.
No,
non aveva passato tantissimo tempo a fianco di Buffy (e comunque in quel poco
tempo avevano impedito un’Ascensione…anche se lui non si illudeva troppo
riguardo al ruolo che lui aveva ricoperto in questa impresa), ma certo le
doveva moltissimo…come tutto il resto del mondo d’altronde…
Gunn
non conosceva bene Buffy, non l’aveva vista che un paio di volte, ma gli
bastava guardare il dolore dipinto sui volti dei suoi amici per provare
anch’egli una grande tristezza.
Ma
doveva agire, non poteva permettere che Angel si abbandonasse al suo dolore o
si lasciasse sconvolgere dalla rabbia …era troppo pericoloso…non poteva
permettere che Angel perdesse il controllo su se stesso lasciando spazio al
demone che covava in lui e che non attendeva altro che un attimo di debolezza e
di smarrimento dell’anima che lo imprigionava per tornare a prendere il
sopravvento… Non poteva rischiare che Angelus approfittasse della situazione
per ritornare… soprattutto non ora che una cacciatrice era morta e che un’altra
era ancora rinchiusa nel carcere di Los Angeles. Scosse allora Angel con tutta
la forza che aveva per risvegliarlo dall’apatia in cui era piombato e lo
costrinse ad un massacrante allenamento perché sfogasse la rabbia che aveva in
corpo, in modo che questa rabbia, non restasse repressa nell’anima del vampiro
diventandone una debolezza.
Al
termine dell’allenamento Angel era completamente svuotato, troppo stanco
persino per pensare (e questo lo faceva sentire stranamente meglio) e piombò in
un sonno privo di qualsiasi sogno.
Un
paio di settimane più tardi
“Angel”
sentenziò Xander. “Signor Giles sa benissimo la natura dei miei rapporti con
Angel, e quindi sa anche benissimo che non proporrei di richiamarlo a Sunnydale
se non fossi certo che è la nostra unica speranza in questo momento. Ma noi non
siamo cacciatori: abbiamo sempre aiutato Buffy, ma alla fine quella che
polverizzava i vampiri ed uccideva i demoni era sempre e solo lei…”.
“Beh,
qualche vampiro lo abbiamo polverizzato anche noi, in fondo” replicò una Willow
un po’ risentita.
“Già
qualche vampiro appena uscito dalla tomba che ancora non aveva capito bene dove
fosse e soprattutto COSA fosse…questa volta ci troviamo di fronte a qualcosa
LEGGERMENTE più pericolosa di un vampiro alle prime armi…Ci serve l’aiuto di
Angel, anche se mi pesa terribilmente doverlo ammettere…” concluse infine
Xander.
“Sì,
Xander ha ragione” convenne il signor Giles, che, dal giorno della morte di
Buffy, sembrava invecchiato di dieci anni. “E’ meglio telefonare ad Angel”.
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Contemporaneamente
a Los Angeles.
“Ragazzi
io sono preoccupata. Lo so che sparire è una cosa che ogni tanto Angel fa, ma
questa volta la sua assenza è un po’ troppo prolungata: è da più di due
settimane che non si fa vedere: non vorrei che gli fosse successo qualcosa…”.
“Io
non vorrei che fosse successo qualcosa alla sua anima…” disse Gunn,
interrompendo bruscamente Cordelia.
“No
Gunn, di questo non mi preoccuperei” intervenne Westley. “Angel non è uno
stupido. Per quanto sconvolto possa ancora essere, non permetterebbe mai ad
Angelus di riaffiorare… E poi se questo fosse successo, non credi che ce ne
saremmo già accorti? Non credi che avrebbe già compiuto stragi di cui saremmo
stati i primi ad essere informati…soprattutto visto che probabilmente noi
saremmo state le sue prime vittime?”. Quindi rivolgendosi a Cordelia disse: “E
non credo neanche che gli sia accaduto qualcosa: sono sicuro che in questo caso
tu Cordy ne avresti avuto una visione. Mi è sembrato che ultimamente il vostro rapporto
si sia fatto un po’ più stretto di quanto non lo fosse prima…”
“Che
cosa vorresti insinuare?” chiese Cordelia sulla difensiva.
“Assolutamente
nulla Cordy. Volevo solo dire che ultimamente mi sembra che tu capisca Angel al
volo…ma forse è solo una mia impressione… Comunque vedrete che Angel avrà solo
voluto passare un po’ di tempo da solo, probabilmente è ancora a Sunnydale…in
fondo è dalla sera del funerale che non lo vediamo. Se proprio volete mettervi
il cuore in pace possiamo chiamare il signor Giles e farci dire se sa qualcosa
di …”.
Westley
non fece in tempo a finire di parlare che il telefono squillò.
“Salve
signor Giles” rispose Cordelia “stavamo proprio per chiamarla per sapere come
sta Angel”.
Dall’altra
parte del telefono la voce dell’Osservatore suonò sorpresa: “Perché dovrei
sapere come sta Angel? Anzi, avevo proprio chiamato per chiedergli di venire a
darci una mano contro un demone che è UN TANTINO al di sopra delle nostre
forze! Volete dirmi che non sapete dove sia?”.
“E’
dalla sera del funerale che non lo vediamo. Credevamo che fosse rimasto un po’
a Sunnydale” affermò Cordelia, nella cui voce cominciava a farsi strada
l’ansia.
“L’unica
cosa che posso dirvi con certezza è che Angel ha lasciato Sunnydale la sera del
funerale: l’ho visto io stesso andare via e tendo ad escludere che dopo di
allora sia tornato qui…se così fosse stato ci avrebbe già dato una mano con
questo demone che ci sta creando non pochi problemi…non credi?”.
“Ma
accidentaccio signor Giles: non era esattamente questo quello che volevo
sentirmi dire da lei !!!” la voce di Cordelia era sempre più concitata, mentre
anche sul volto di Westley cominciava ad apparire un ombra di preoccupazione.
“Comunque se ha qualche notizia ce la comunichi immediatamente; noi faremo
altrettanto. Per quel che riguarda il vostro demone non so veramente cosa
dirvi: potrei dirle che le mando Westley e Gunn, ma…” e qui la ragazza abbassò
la voce sperando che i suoi amici fossero troppo assorti nei loro pensieri per
prestare orecchio alle sue parole “…credo che potrebbero darvi ben poco
dell’aiuto di cui avete bisogno…è sempre Angel che alla fine fa il “lavoro
sporco”…però se siete proprio così disperati…”.
CAPITOLO ii
La
sera del funerale di Buffy
“Angel
andiamo, torniamo a casa”.
Cordelia
cercava gentilmente di schiodare da davanti alla fredda lapide lo sconsolato
vampiro.
Sapeva
benissimo quello che Angel stava provando: anche lei aveva amato qualcuno che
era morto, che era morto per permettere ad altri di salvarsi…se solo non le
avesse lasciato quelle maledette visioni…era un dono che non aveva desiderato
allora come non lo desiderava adesso, soprattutto da quando questo potere aveva
cominciato a sopraffarla.
“Voi
andate. Io voglio restare ancora un po’ qui…e voglio restarci da solo. Ci
vediamo in ufficio tra un paio di giorni al massimo”.
Tutti
se ne erano ormai andati. Era rimasto da solo a leggere e rileggere quel
terribile epitaffio:
Buffy Anne Summers
1981 – 2001
Beloved sister,
devoted friend
SHE SAVED THE WORLD,
A
LOT
E
finalmente riuscì a piangere. Piangere lo fece sentire un pochino meglio…lo
fece sentire un po’ più umano. E proprio mentre le lacrime gli rigavano il viso
capì quello che doveva fare: forse c’era ancora una speranza, forse Buffy non
era completamente morta. C’era solo un posto dove poteva sperare di trovare
delle risposte: le Alte Sfere. Ormai i guardiani non esistevano più, ma nei
loro secolari libri avrebbe forse trovato il modo di riportare Buffy in vita.
Se anche c’era una sola possibilità su un milione non poteva lasciarla
intentata. Non aveva tempo da perdere.
Si
diresse in fretta e furia verso la sua auto (non si accorse nemmeno che neanche
Giles aveva in realtà ancora lasciato il cimitero) e guidò come un pazzo fino a
Los Angeles, dove arrivò prima di Westley e Cordelia, che pure erano partiti
quasi un’ora prima di lui.
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Aprì
il portale delle Alte Sfere ed entrò in quel luogo senza tempo. Cercò
disperatamente in quei libri non sapeva neanche lui cosa... qualcosa che
riaccendesse in lui la speranza.
Non
era stata la caduta da cento piani che aveva ucciso Buffy (i ragazzi giuravano
che era già morta prima di toccare il suolo)...non era stata una morte naturale
la sua...era stata la magia, la magia di quella strega di Glory...quindi c'era
forse una speranza che Buffy non fosse proprio morta...e se questa speranza
c'era lui, Angel, doveva assolutamente trovarla.
La
sua ricerca durò quasi tre settimane, ma Angel non se ne rese neanche conto.
Pensava
solamente al suo amore perduto e a come recuperarlo.
Non
pensava certo che a Los Angeles qualcuno potesse preoccuparsi per la sua assenza...e
anche se ci avesse pensato non avrebbe potuto far nulla per tranquillizzare i
suoi amici...nulla che non lo avrebbe distolto dalla sua ricerca.
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"Lo
sapevo! Lo sentivo che non poteva essere finito tutto così!!! Il prezzo da
pagare è alto, ma non mi spaventa. E poi glielo devo! Ma devo sbrigarmi, non
c'è tempo da perdere: più Buffy rimane intrappolata in quel limbo e meno sono
le possibilità di riportarla indietro...sana".
Buffy
non era morta, ma non era neanche viva...era una sensazione che lui conosceva
molto bene. Odiava quando Xander lo chiamava "ragazzo non-morto", ma
in realtà era proprio ciò che lui era. Lui era abituato a quella situazione,
non avrebbe sofferto troppo, ma Buffy no, e per questo doveva sbrigarsi. La sua
vita per quella di lei...se ci fosse riuscito lei forse l'avrebbe odiato, ma
lui l'avrebbe saputa viva, e questo gli bastava.
"Io
ho già vissuto 248 anni, e senza di Buffy non ho intenzione di viverne uno di
più; lei ne ha solo 20: decisamente troppo pochi per morire e soprattutto
troppo pochi per non-vivere. Senza contare poi che lei salva il mondo, mentre
io sono un potenziale pericolo per l'umanità...per quanto ancora la mia anima
sarà capace di contrastare il demone che sono?... Sì, la vita di Buffy vale
decisamente di più della mia...e se fallissi nel mio tentativo di riportarla
indietro io... io... No, non lo farei: uccidermi non servirebbe alla causa di
Buffy e non sarebbe ciò che lei vorrebbe... Ma non voglio neanche prendere in
considerazione l'ipotesi di fallire... l'eternità senza Buffy sarebbe peggio
dell'inferno in cui lei stessa mi spedì ai tempi di Achatla... NON POSSO
FALLIRE!!!".
Questi
erano i pensieri che agitavano la mente di Angel mentre guidava verso Sunnydale
per mettere in atto il suo piano.
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A
Willow faceva uno strano effetto tornare in quella stanza del dormitorio del
college che aveva diviso per quasi un anno con la sua migliore amica.
Ricordava
le ore passate in quel luogo a consolarsi a vicenda per gli abbandoni di Oz, di
Angel o di Parker. Ripensando a Parker un triste sorriso le affiorò sulle
labbra: era un cretino, un idiota, un porco...insomma era un normalissimo
ragazzo...forse proprio quello di cui Buffy avrebbe avuto bisogno.
Il
signor Giles aveva fatto di tutto perché loro ragazzi ricominciassero a vivere;
era riuscito a convincere lei, Xander e anche la piccola Dawn che le loro vite
dovevano andare avanti lo stesso, che questo era quello che Buffy avrebbe
voluto per loro...e ci era riuscito. Peccato che non fosse riuscito a
convincere se stesso...nemmeno i suoi preziosissimi libri sembravano
interessarlo più...e quante volte aveva fatto lunghe prediche alla sua
cacciatrice sull'importanza dei libri e della conoscenza !...
Lo
aveva visto proprio quel pomeriggio, al Magic Shop, e per la prima volta il
signor Giles le era apparso veramente...vecchio.
E
poi adesso c'era anche questa storia della scomparsa di Angel...
Cordelia
aveva mandato Westley e Gunn ad aiutarli e alla fine, unendo le forze di
tutti...come ai bei vecchi tempi...erano anche riusciti ad eliminare il demone,
ma avevano rischiato grosso...
A
pensarci bene era furiosa con Angel: “Ci ha lasciati in balìa di quel demone,
come se di noi non gliene fregasse assolutamente nulla”. Poi però pensò al
dolore del vampiro e la rabbia passò...in fondo anche lei, proprio come Buffy,
non era mai riuscita ad odiare veramente Angel, neanche quando era stato
Angelus...
Dei
secchi colpi alla porta la destarono dal mondo dei ricordi. Andò ad aprire ed
un macigno le si levò dal cuore quando si trovò di fronte Angel (solo in quel
momento si rese conto di quanto avesse temuto che il vampiro compiesse qualche
gesto disperato...quanto avesse temuto di non rivedere più neanche lui dopo
Buffy...).
"Angel!!!
Sei proprio tu!!!" urlò, gettando le braccia intorno a quelle del ragazzo.
Si ricompose in fretta, ma nonostante la gioia non riuscì ad evitare di fargli
una ramanzina: "Ma dove diavolo ti eri cacciato? Avevamo bisogno di te, ma
tu non c'eri!!! Per non parlare poi dell'isterismo di Cordelia: era come
se..."
"Willow,
non c'è tempo adesso per le spiegazioni" la interruppe bruscamente Angel,
ferito dalle parole della ragazza che gli rimbombavano ancora nella mente: “
Avevamo bisogno di te, ma tu non c'eri!!!”.
Era,
se possibile, ancora più pallido del solito, ma nei suoi occhi brillava una
strana luce. Willow non poté fare a meno di chiedersi se fosse la luce della
speranza...o della follia?
Angel
riprese a parlare, con molta più gentilezza questa volta: "Willow ho
bisogno del tuo aiuto, della tua magia. Ti prego, aiutami, senza chiedermi
spiegazioni che non posso e non voglio darti. Posso solo dirti che Buffy non è
veramente morta...".
"No,
non é speranza quella luce nei suoi occhi: Angel è impazzito" pensò Willow
a quelle parole.
"...e
che forse è ancora possibile riportarla fra noi...".
Con
tutta la gentilezza di cui era capace Willow cercò di interromperlo, di fargli
capire che Buffy se ne era già andata da un mese ormai e che lui questo doveva
accettarlo come avevano dovuto accettarlo tutti loro; ma Angel non sentiva
ragioni e alla fine urlò con tutta la voce che aveva in gola: "Non sono
impazzito, Willow! Ho passato le ultime settimane a cercare un modo per
riportarla qui e forse l'ho trovato. Ora ho solo bisogno di sapere se tu e la
tua amica Tara siete disposte ad aiutarmi o se devo perdere altro tempo prezioso
a cercare un altra strega che lo faccia al posto vostro. Allora sei dalla mia
parte sì o no?".
La
ragazza era senza parole: non aveva mai visto Angel alterarsi in quella
maniera...di solito era sempre così...calmo...persino quando era Angelus...
"Sì"
sussurrò "non posso parlare anche per Tara, ma io ti aiuterò...e credo che
lo farà anche lei. Dimmi cosa devo fare".
Angel
le spiegò il tipo di incantesimo che avrebbe dovuto fare: non era
semplicissimo, ma neanche ridare l'anima a quel vampiro era stato semplice,
eppure, in un modo o nell'altro, ce l'aveva fatta...e poi probabilmente questa
volta Tara sarebbe stata al suo fianco.
"Quando?"
chiese.
"Al
più presto, anche domani notte se in una sola giornata riesci a procurarti
tutto il necessario".
"Sì,
al Magic Shop dovrebbe esserci tutto l'occorrente".
"Benissimo,
allora facciamo così: ti procuri gli ingredienti e prepari tutto nella mia
vecchia dimora. Ti ricordi dov'è vero?" la giovane strega annuì "e
domani, a mezzanotte in punto comincerai l'incantesimo".
"Tu
dove sarai?" chiese preoccupata.
"Se
tutto funziona, io sarò con lei. Non posso dirti di più, mi dispiace. Ora devo
andare, ho anche io il mio compito dal svolgere".
Detto
questo si girò e si avviò verso la porta. Quando fu sull'uscio disse ancora:
"Willow, per favore, non dire nulla di questa storia ad altri che alla tua
amica..." aveva paura infatti che il signor Giles o Westley potessero
capire i suoi intenti e cercare di impedirgli di attuarli "...e grazie.
Scusa se prima ho alzato la voce, non era mia intenzione, ma... Ah, un'ultima
cosa: quando tutto sarà pronto, chiama Cordelia e dille che sto bene, che va
tutto bene e soprattutto che tutto continuerà ad andare bene anche dopo".
"Dopo
cosa, Angel?" chiese Willow, ma ormai il ragazzo era già uscito dalla
stanza.
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Come
previsto Tara l'avrebbe aiutata.
Procurarsi
l'occorrente non fu difficile: nonostante tutto, il Magic Shop continuava ad
essere ben rifornito...doveva riconoscere che Anya stava facendo proprio un
buon lavoro.
La
cosa più difficile fu non coinvolgere il resto della banda...soprattutto Xander
che, dalla morte di Buffy, era diventato molto più protettivo nei confronti
della rossa amica di sempre.
"Sei
sicura che non sia pericoloso, vero?": aveva perso il conto di quante
volte glielo aveva chiesto durante il pomeriggio, dopo che aveva saputo che lei
e Tara si apprestavano a fare un incantesimo. Se non fosse stata certa che la
assillava in quel modo solo perché si preoccupava per lei alla fine lo avrebbe
mandato al diavolo.
Ancora
una volta fu assalita dai ricordi: "Possibile che siano passati solo tre
anni, o poco più, da quando confidavo a Buffy le pene del mio amore non
corrisposto? Eppure mi sembra passata un'eternità... Quanto eravamo diversi
allora: il signor Giles era un autentico topo da biblioteca, Xander un
adorabile sfigato, Anya era un demone, per non parlare di Cordelia...per non
parlare di me... No, basta! Non posso farmi sopraffare dai ricordi, soprattutto
adesso che ho del lavoro da svolgere!".
Non
aveva la più pallida idea di quelli che erano i piani di Angel, ma qualcosa
nella determinazione del vampiro l'aveva convinta ad aiutarlo. Adesso era tutto
pronto nella vecchia dimora di Angel: quella sera, a mezzanotte, lei e Tara
avrebbero eseguito l'incantesimo portato loro dal vampiro...senza sapere
minimamente cosa sarebbe successo poi...
D'un
tratto fu assalita da un terribile dubbio e decise di parlarne con Tara:
"E se mi avesse ingannata? E se quello che si è presentato ieri sera nella
mia stanza non era Angel ma Angelus? E se in questo momento noi lo stessimo
aiutando a scaraventare il mondo all'inferno? Perché non ha voluto darmi
nessuna spiegazione? Perché è stato così evasivo?".
Con
uno dei suoi soliti, dolcissimi e rassicuranti sorrisi Tara la interruppe:
"Willow, cosa ti dice il tuo cuore? Io non conosco bene Angel, e, per
fortuna, non conosco assolutamente Angelus: non sono quindi in grado di sciogliere
i tuoi dubbi. Ma il tuo cuore può farlo, quel tuo cuore che è stato quasi
ucciso dal demone e più volte salvato dall'uomo che convivono in lui. Cosa ti
dice il tuo cuore?".
"Il
mio cuore mi dice di fidarmi di lui; il mio cuore vuole disperatamente fidarsi
di lui: perché se lui avesse ragione questa sera tutti noi potremmo
riabbracciare la nostra Buffy" rispose Willow.
"Benissimo:
se questo è quello che ti dice il tuo cuore allora vuol dire che questa è la
cosa giusta da fare!!! E poi chiama Cordelia per dirle che il suo capo è
riapparso: quando è preoccupata diventa ancora più…strana del solito...
L'ultima volta che li ho visti insieme a lei, il signor Giles e Westley avevano
le mani nei capelli!!!".
Quella
scherzosa affermazione fece ridere di gusto Willow, come ormai non rideva da
parecchio tempo.
"Tara.
Che meravigliosa compagna mi sono trovata" e pensando questo la baciò
dolcemente, stupendosi ancora una volta delle sensazioni che provava.
Quindi
telefonò a Cordelia.
CAPITOLO
III
Quella
sera era stranamente ansiosa, e non ne capiva il motivo. Sarebbe stato più
logico essere arrabbiata: in fondo Angel era sparito per tre settimane, e
quando era tornato non si era neanche degnato di avvisarli di persona del suo
ritorno. Sì, avrebbe avuto tutti i diritti di essere furiosa con il suo capo;
eppure non era rabbia quella che provava…era ansia…
“Ma
si può sapere adesso cosa c’è, Cordelia?” le aveva chiesto Westley, spazientito
dal suo andirivieni per la stanza. “Adesso sai che Angel sta bene: smettila di
preoccuparti!!! O c’è qualcosa che non mi hai detto? Hai avuto una visione?”.
“Nessuna
visione Westley, te lo assicuro. E non chiedermi, per favore, perché sono così
preoccupata, perché ti giuro che non lo so…è come se quest’ansia non fosse
mia…è come se appartenesse a qualcun altro…”.
Quelle
ultime osservazioni della ragazza lasciarono il giovane ex-osservatore alquanto
perplesso. Cordelia continuava a negare e si arrabbiava se solo lui accennava
al discorso, ma lui si era sempre più convinto che ormai Cordelia avesse
acquisito la capacità di sentire Angel: più di una volta, negli ultimi tempi,
l’aveva vista anticiparne i gesti, i desideri, capirne i silenzi…una sorta di
empatia…e se le sue supposizioni erano giuste l’ansia che in questo momento attanagliava
Cordelia, quell’ansia che lei stesa aveva definito non sua , non poteva che
essere di Angel. Il suo amico aveva in mente qualcosa…qualcosa di cui non aveva
voluto parlare neanche a loro…e questo non era buon segno. Doveva scoprire cosa
c’era dietro…doveva trovare Angel prima che potesse fare qualcosa di molto
stupido…
Quando
Westley parlò dei suoi timori al signor Giles, questi restò un po’ turbato.
Sapeva che Willow e Tara avevano fatto strani acquisti al Magic Shop: “Che
quelle due c’entrino qualcosa con tutta questa storia di Angel?” pensò tra sé e
sé. Era meglio indagare…avrebbe chiesto a Xander ed Anya, magari loro avrebbero
saputo dirgli qualcosa.
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Finalmente
aveva finito. Era stato un lavoro lungo e dolorosissimo, ma alla fine era
riuscito a recuperare il corpo di Buffy. Per un attimo, quando aveva aperto con
delicatezza la bara, gli era come parso che il suo cuore avesse ricominciato a
battere: il viso e il corpo della sua amata erano rimasti perfettamente
intatti, a testimonianza del fatto che una speranza c’era ancora.
Pallida
no, ma più che neve bianca
che
senza venti in un bel colle fiocchi,
parea
posar come persona stanca.
Quasi
un dolce dormir ne’ suo’ belli occhi,
sendo
lo spirto già da lei diviso,
era
quel che morir chiaman li sciocchi:
morte
bella parea nel suo bel viso.
Aveva
studiato quei versi più di duecentocinquant’anni prima, eppure erano state le
prime parole che gli erano affiorate alla mente quando aveva visto il volto di
Buffy…
“Sembra
veramente che stia solo dormendo, e il pallore dei suoi lineamenti è ben
diverso da quello che tinge i miei…è così bella…Non posso lasciarla morire, non
prima che questo volto sia solcato dalle rughe della vecchiaia…anche se quelle
rughe io non le vedrò mai…”.
Non
aveva tempo di perdersi ad immaginare un futuro insieme che non avrebbero mai
avuto: erano già le 23:30 e di lì a poco Willow e Tara avrebbero dato inizio
all’incantesimo. Avvolse il corpo di Buffy nel suo lungo cappotto…quasi per
impedire che sentisse freddo… e si diresse a casa sua, entrando da una porta
secondaria. Quindi stese Buffy sul suo letto, scrisse due righe su un pezzo di
carta, si sdraiò accanto a lei stringendola fra le braccia…e aspettò…
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Niente.
Non era successo niente. Willow e Tara si guardarono in faccia con un’aria
stupita, e francamente un po’ delusa. “Abbiamo forse sbagliato qualcosa? Forse
le indicazioni di Angel non erano corrette! Abbiamo dimenticato qualche
particolare? Qualche ingrediente fondamentale? Qualche…”.
“Willow”,
la interruppe Tara, “perché credi che l’incantesimo non abbia funzionato?
Magari non sta succedendo niente per il semplice motivo che non deve accadere
niente…niente di spettacolare almeno… In fondo Angel non ha minimamente
accennato a quello che avrebbe dovuto accadere e quindi come puoi sapere con
così tanta certezza che abbiamo fallito?”.
“Tara,
per favore, non dire così: mi fai tornare un sacco di dubbi su quello che
abbiamo fatto…e se Angel ci avesse ingannato… Una cosa è certa: non farò
“COSA…!!!
Cosa avete fatto?”. La perentoria domanda/accusa del signor Giles fece
sobbalzare le due giovani streghe: concentrate com’erano sul loro incantesimo e
sull’analisi dei mancati effetti di quest’ultimo, non avevano proprio sentito
entrare i due ex-osservatori, Xander, Anya, Dawn, Spike e Cordelia, giunti al
vecchio rifugio di Angel proprio in tempo per sentire l’ultima promessa di
Willow.
“Avete
fatto un incantesimo senza neanche sapere a cosa servisse? Ma dico, siete
completamente impazzite?”. Willow non aveva mai visto il signor Giles così
furente.
“Ma
signor Giles…”, tentò invano di difendersi Willow.
“MA
un corno”, intervenne veementemente Xander, apparentemente per dar man forte al
signor Giles. “Io lo sapevo che ne stavate combinando una delle vostre…POTEVATE
ALMENO COINVOLGERE ANCHE ME, CHE DIAVOLO…”, ma un’occhiataccia del
bibliotecario lo zittì prima che potesse andare avanti.
“Ma
si può sapere cosa vi è saltato in testa”, questa volta fu chiaro a tutti che il
tono del signor Giles non era più dettato dalla rabbia, ma solo una grande
preoccupazione. “Quante volte vi ho detto che con la magia non si scherza…E voi
per risposta cosa fate: fate incantesimi che non conoscete, che non sapete
neanche a cosa servono…”.
“Signor
Giles, Angel…” tentò nuovamente di spiegare Willow, ma anche questa volta venne
interrotta da Xander:
“Angel,
Angel, sempre Angel: possibile che quando succede un disastro quel maledetto
vampiro ci sia sempre di mezzo…e ciò nonostante voi continuate a guardarmi
storto tutte le volte che dico che starebbe meglio all’inferno. L’ho già detto
una volta e lo ripeto di nuovo: VE L’AVEVO DETTO IO”.
“Ma
stai zitto tu: non sai neanche di cosa parli!!!” Cordelia era letteralmente
stravolta e piangeva, senza neanche sapere perché. “Devo forse ricordarti che
se Angel fosse all’inferno, come tu vorresti, tu, anzi TUTTI NOI, saremmo
probabilmente a fargli compagnia…”.
“Adesso
basta, tutti e due”, intervenne Westley, e quindi rivolto a Willow chiese:
“Cosa c’entra Angel con il vostro incantesimo, e soprattutto dov’è adesso
Angel?”.
“Non
so dove sia ora Angel: l’unica cosa che mi ha detto quando mi ha parlato
dell’incantesimo è che, se tutto fosse andato bene, lui sarebbe stato con
lei…con Buffy…e che l’avrebbe riportata indietro…Signor Giles, so benissimo che
quello che abbiamo fatto è stato un azzardo, soprattutto conoscendo i trascorsi
di Angel, ma io, proprio come Angel, ero disposta a qualsiasi cosa pur di
riavere Buffy…e quindi…Temo però che l’incantesimo non abbia funz…”.
“no!
No! NO! NOOO!!!”: un grido disperato giunse dalla camera da letto di Angel, un
grido che ammutolì tutti i presenti che certo non si aspettavano che in casa ci
fosse qualcun altro. Ma non era la voce di Angel quella che gridava…era una
voce femminile. Tutti si guardarono in faccia increduli…quella che avevano
appena udito era una voce che conoscevano fin troppo bene, una voce che non
potevano confondere…
“Buffy!!!”
urlò con tutto il fiato che aveva in gola la piccola Dawn, che dal giorno del
funerale della sorella non aveva praticamente più parlato. La ragazzina si
precipitò nella camera, seguita a ruota da tutti gli altri.
Quando
entrarono nella stanza trovarono
“Perché
glielo avete lasciato fare? Perché? Perché? PERCHE’?” stava chiedendo loro con
aria stravolta. “Perché gli avete permesso di fare una simile stupidaggine?
Perché non lo avete fermato? Perché?”.
Sulle
prime pensarono che Buffy stesse vaneggiando, che la sua mente fosse
completamente sconvolta dall’esperienza appena passata, ma poi, una volta che i
loro occhi si furono abituati alla semioscurità della stanza si resero conto
che Buffy non era da sola in quella stanza: sdraiato accanto a lei, fra le sue
braccia, c’era qualcun altro; c’era Angel…immobile…morto…
“Perché
gli avete permesso di dare la sua vita in cambio della mia?” chiese ora Buffy
con un filo di voce. “Perché?”.
Mentre
Buffy piangeva disperata, e nessuno dei presenti aveva il coraggio di dire una
sola parola, una luce prima quasi impercettibile, poi sempre più forte, fino a
diventare accecante, avvolse il corpo di Angel. Quando la luce passò e i loro
occhi tornarono a vedere Angel non c’era più…ma non c’era neanche la minima
traccia d cenere…
********************************************************************************
Erano
passate ormai due settimane dalla sua “resurrezione”, e ormai poteva dire di
essersi ripresa quasi completamente…almeno dal punto di vista fisico.
La
sua anima invece non voleva saperne di smettere di sanguinare: “Questa volta
non tornerà nel momento del bisogno. Questa volta non basteranno un paio d’ore
di pullman per raggiungerlo a Los Angeles. Questa volta…questa volta è finita
per sempre”.
Westley
e il signor Giles avevano passato tutto il tempo a cercare in centinaia di
libri una spiegazione di quello che era successo quando la luce ci aveva
accecati, ma tutto inutilmente: una cosa del genere non era riportata in alcun
volume…non era mai successa…e, probabilmente, non sarebbe mai più avvenuta.
Buffy
aveva invece passato la sua degenza a letto, leggendo e rileggendo fino a
consumarsi gli occhi quelle poche righe che aveva trovato al suo risveglio
vicino al corpo di Angel:
"Scusami,
amore mio.
Scusami,
ma l’ho fatto un’altra volta: ho di nuovo deciso io per tutti e due.
Proprio
come due anni fa decisi di lasciare Sunnydale per permetterti di vivere una
vita che fosse il più normale possibile…salvo poi dover reprimere a fatica
tutti i miei più demoniaci istinti per non uccidere Riley Finn… Solo ora
capisco che in realtà non ce l’avevo con Riley: certo, non mi piaceva affatto,
ma se fosse stato un altro ragazzo non mi sarebbe piaciuto lo stesso…come non
mi sarebbe piaciuto affatto nessun ragazzo che avesse potuto darti ciò che io
non potevo. Fosse anche stato il miglior ragazzo sulla faccia della terra (e questo,
concedimelo, Riley non lo era di certo) non mi sarebbe piaciuto, non sarebbe
stato alla tua altezza…così come non lo sono mai stato io.
Non
mi pento di quella scelta, ma non credere che io abbia sofferto meno di quanto
hai sofferto tu. Lasciando Sunnydale non ho solo perso nuovamente la mia anima,
ma anche il mio cuore (che al solo starti vicino sembrava rianimarsi un po’),
la mia mente e la mia capacità di amare: queste quattro cose le avevo lasciate
lì, con te, amore mio.
Ed
è proprio a causa di questo mio amore che probabilmente ora mi stai maledicendo
(deve proprio essere il mio destino quello di essere maledetto!!!), perché è
stato proprio questo mio sentimento a portarmi a scegliere ancora una volta…per
l’ultima volta… per entrambi.
Io
non potevo neanche pensare di vivere senza di te, ma uccidermi non sarebbe
servito a molto, se non a dare un altro dolore a coloro che, nonostante tutto,
mi vogliono bene.
E
così ho cercato l’incantesimo.
Per
favore, Buffy: se proprio non riesci a non essere furiosa, scarica su di me
tutta la tua rabbia, non prendertela con Willow e Tara. Loro non sapevano…e non
sapevano perché IO avevo fatto in modo che non sapessero. Come vedi, loro sono
completamente innocenti: non avercela con loro!!!
E
che non ti salti nemmeno in mente di ripetere l’incantesimo per venirmi a
ripescare chissà dove: non funzionerebbe più…anche perché ormai il mio corpo
sarà ridotto ad un misero mucchietto di cenere…
Ti
prego Buffy: smetti di piangere e ritorna a vivere…sii convinta di vivere…e non
credere alle storie che ti racconta Spike riguardo alle cacciatrici che cercano
la morte: questo a te non succederà mai perché, io lo so, tu ami troppo la
vita…
Col
tempo, se puoi, perdonami e sii felice per tutti e due.
Sappi
che ovunque sarò nel momento in cui leggerai questa lettera, io starò vegliando
su di te, su tutti voi…sì, anche su Xander…!!!
Con
tutto l’amore possibile,
tuo
per sempre, Angel.
PS:
Signor Giles, non sia troppo duro neanche lei con Willow e Tara. E‘ vero, hanno
sbagliato, sono state imprudenti…ma sono contento che lo siano state.
Cordelia,
Westley, Gunn: voi avete tutti mezzi per cavarvela da soli, ma state attenti,
non esagerate e, per favore, non dimenticatevi di Faith…anche lei ha solo
bisogno di una seconda possibilità…come quella che ho avuto io.
A
te Dawn affido quello che di più prezioso ho avuto nella vita: tua sorella.
Stalle vicino e, se puoi, non farla disperare troppo…mi raccomando.
A
te, Xander, forse è meglio che non dica niente, se non che sei veramente un grandissimo
rompiscatole…ma anche il migliore amico che Buffy potesse sperare di avere. Un
consiglio spassionato però voglio dartelo: io non farei arrabbiare troppo
Anya…le donne, a volte, sanno essere più tremende dei demoni…
Willow,
Tara: a voi non riesco che a dire grazie…
Grazie
a tutti quanti voi, e perdonatemi per tutto quello che il mostro che era in me
(e che è morto con me) vi ha fatto passare. Addio."
Questo
e l’anello Claddagh che portava sempre legato al collo insieme alla croce che
le aveva regalato al loro primo incontro, erano tutto ciò che le era rimasto di
Angel, e sapeva benissimo che, prima o poi, avrebbe dovuto accettarlo. Non
sarebbe stato facile, ma avrebbe dovuto farlo…glielo doveva.
CAPITOLO
IV
Tre
anni dopo, al Magic Shop.
“…e
quindi alziamo i calici per brindare al conseguimento della laurea da parte di
Willow, Tara e Buffy. Brave ragazze: ce l’avete fatta” esclamò il Signor Giles.
“Alle
laureate” risposero in coro tutti i presenti alzando i bicchieri pieni.
Il
Signor Giles provava un misto di orgoglio e di commozione che non potevano
essere spiegati a parole. Non aveva mai avuto alcun dubbio che Willow e Tara si
sarebbero laureate con il massimo dei voti, ma Buffy… E invece ce l’aveva fatta
anche lei, e con una votazione più che discreta! A differenza dalla sua amica,
lei non aveva una particolare vocazione per lo studio…anzi…ma nonostante
questo, nonostante la sua missione di cacciatrice, nonostante le responsabilità
che le erano piombate addosso alla morte della madre e nonostante tutto quello
che aveva passato in quegli ultimi anni…nonostante tutto ce l’aveva fatta. Solo
in quel momento si rese conto che in realtà non ci aveva mai creduto troppo.
“Un giorno dovrò scusarmi con lei per questa mia mancanza di fiducia. Ma non oggi:
oggi bisogna solo festeggiare” pensò l’ex-osservatore.
Le
festeggiate erano ancora emozionantissime.
Buffy
ancora non ci credeva: aveva salvato il mondo tre o quattro volte, ma non
credeva proprio che sarebbe riuscita anche in quell’impresa. Insieme a Willow e
Tara era sommersa dai regali e dall’affetto dei loro amici e lei, finalmente,
si sentiva tranquilla, serena, in pace con il mondo e con se stessa…e la
consapevolezza che se sua madre ed Angel fossero stati lì in quel momento non
sarebbero stati meno orgogliosi di lei di quanto non lo fosse il Signor Giles
rendeva tutto ancora più dolce.
“Ah,
Signor Giles, quasi me ne dimenticavo: qualche giorno fa è arrivata per lei
questa lettera dall’Inghilterra” disse Anya porgendo una busta al suo
principale.
Giles
osservò un attimo la missiva e quindi disse. “Beh Anya, a giudicare dalla data
del timbro postale te ne eri già dimenticata: questa lettera risale a più di
una settimana fa!!!”.
“Uffa,
Signor Giles, non faccia troppo il pignolo!!! E poi vorrei ricordarle che io
lavoro al Magic Shop, non sono mica la sua segretaria!!! Se lei si degnasse di
comunicare all’ufficio postale il suo nuovo indirizzo potrebbero recapitarle la
posta direttamente a casa invece di reindirizzarla qui al negozio. Quindi, come
vede, è tutta e solo colpa sua” affermò Anya con aria risentita.
“E
poi non viene dall’Inghilterra, ma dall’Irlanda” concluse il bibliotecario
ignorando le proteste della ragazza.
“Signor
Giles, Anya le ha già detto di non essere pignolo” intervenne Xander
“Inghilterra, Irlanda… che differenza vuole che faccia…sempre inglesi sono…”.
In
un angolo della stanza Spike quasi si strozzò con uno de biscotti con cui si
stava strafocando: “Xander, ti consiglio di studiare un po’ meglio la
geografia: prova ad andare in Irlanda e a dire ad un irlandese che è
inglese…vediamo come ti risponde!!! Se Angel ti avesse sentito, anima o non
anima, ti avrebbe sbranato!!!”. Poi riflettendo un attimo: “Scusa Buffy, non
era mia intenzione…”.
“Non
ti preoccupare Spike” lo interruppe la ragazza “va tutto bene. Anzi, se qualche
volta capita di parlare un po’ di lui a me fa piacere”.
Ci
fu un attimo di silenzio, come se tutti cercassero di capire quanto vere
fossero le parole che Buffy aveva appena detto.
Alla
fine il silenzio fu rotto da Anya: “Comunque, Signor Giles, quando ha finito
con quella lettera mi dia il francobollo”.
Il
Signor Giles guardò l’ex-demone con sorpresa. “Anya non sapevo che avessi
deciso di dedicarti alla filatelia”.
“Alla
fila… CHE?!?” chiese la ragazza.
“Alla
collezione di francobolli” spiegò Westley.
“E
chi ha detto che perdo il mio tempo a raccogliere banali pezzettini di carta
appiccicosa! Ho cose ben più importanti e divertenti da fare io…vero Xander…”
disse, rivolgendo uno sguardo malizioso al suo ragazzo.
“Ma
allora perché ti interessa tanto questo ‘banale pezzo di carta appiccicosa’?”
chiese Giles, cominciando a temere la risposta che la ragazza avrebbe potuto
dargli.
“Beh,
che domande: il timbro è stato messo male, non ha toccato il francobollo…se mai
mi capitasse di passare dall’Irlanda potrei riutilizzarlo. Gli affari sono
affari!!!”.
“Anya!!!”
esclamarono all’unisono i presenti, incerti se scandalizzarsi o mettersi a
ridere.
“Ma
che c’è? Cosa ho detto?” protestò la ragazza.
“Niente,
tesoro. Niente” la imbonì Xander, e tutti scoppiarono in una fragorosa risata.
Quando
il signor Giles terminò di leggere la lettera chiamò in disparte Westley. “Sicuro
di non aver ricevuto anche tu una lettera del genere?” chiese.
“Sì,
certo che ne sono sicuro. Se fosse arrivata Cordelia me l’avrebbe dat…
CORDELIA!!!”. Non fece in tempo a girarsi che la ragazza era già lì pronta che
gli porgeva una busta che aveva in borsa da parecchio tempo.
“Non
dire una parola Westley o mi licenzio” minacciò la ragazza. “E poi io ero la
segretaria di Angel, non la tua: lui almeno sapeva che non poteva fare grande
affidamento su di me”.
Westley
era senza parole; si limitò quindi a prendere la busta mentre, alzando gli
occhi al cielo sussurrava. “Lei ha Anya, io ho Cordelia…”.
“…ognuno
ha la propria croce…” terminò Giles.
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Una
mezz’oretta più tardi, ancora durante la festa, Westley e il Signor Giles
richiamarono l’attenzione di tutti. Fu il più anziano a prendere la parola.
“Ragazzi,
scusate se interrompo i festeggiamenti, ma visto il ritardo con cui io e
Westley abbiamo ricevuto queste lettere…” e mentre diceva ciò guardò di
traverso Anya e Cordelia che, dal canto loro, facevano finta di nulla.
“…dobbiamo ora prendere una decisione di notevole importanza”.
“Signor
Giles, se è davvero tanto importante non si perda in chiacchiere: venga al
nocciolo. Di che si tratta?” chiese Xander.
“Le
lettere vengono dal Consiglio degli Osservatori” riprese Giles.
“Ma
se dopo la storia di Glory il Consiglio era stato sciolto per inettitudine”
scattò immediatamente Buffy.
“Lo
so, lo so, Buffy. Ma queste lettere ci informano appunto che il Consiglio,
seppur profondamente modificato, è stato rifondato. E a dimostrazione di tale
cambiamento vorrebbe richiamare sia me che Westley” concluse Giles.
“Bene!
Allora le decisione è presto presa: gli dica di no punto e basta. Negli ultimi
tre anni, senza un Consiglio che rompesse le scatole e mi mettesse i bastoni
fra le ruote, ce la siamo cavata benissimo: non abbiamo alcun bisogno di loro
per fare quello che facciamo. Adesso possiamo tornare a festeggiare” disse
laconicamente Buffy.
“Ma
Buffy…” cercò di dire il Signor Giles.
“Buffy,
mi dispiace, ma il Signor Giles ed io abbiamo intenzione di andare almeno a
sentire quello che hanno da dirci” affermò altrettanto laconicamente Westley.
“Certo, tu non sei obbligata a venire con noi, anche se sarebbe meglio, ma non
appena possibile noi ci recheremo a Galway dove si è installata la nuova sede
del Consiglio…se qualcuno ha voglia di venire a fare una gita in Irlanda…”.
“Hai
detto a Galway…” sussurrò Buffy.
“Io
vengo senz’altro, così potrò usare il mio francobollo riciclato!!!” affermò
Anya, sciogliendo, involontariamente, la tensione che per un attimo si era
creata.
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Due
giorni dopo partirono tutti, ad eccezione di Spike, dato che in aereo non c’era
modo di evitare la luce del sole.
“Dai,
non fare così. Ti prometto che ti porto un regalino quando torno” disse Dawn
schioccando un grosso bacio sulla guancia del vampiro.
“Sai
Briciola, quando tornerò ad essere il terribile vampiro di una volta, farò
fuori tutti loro, ma a te non torcerò mai neanche un capello” rispose Spike,
senza tuttavia ricambiare il bacio di quella che incominciava a non essere più
una ragazzina. “In fondo ha ormai 17 anni…la stessa età che aveva Buffy quando
lei ed Angel hanno… Ma cosa diavolo stai pensando Spike, quella è Briciola e lo
sarà sempre…”.
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Il
viaggio era lungo e parecchio noioso, soprattutto per Buffy. Il signor Giles e
Westley discutevano per tutto il tempo di cosa li aspettasse…e d’altronde,
anche se avessero tentato di coinvolgere la cacciatrice nei loro discorsi lei
non avrebbe prestato loro la minima attenzione…era arrabbiata con quei due;
Tara era talmente terrorizzata dal fatto di star volando che Willow doveva
passare tutto il tempo a cercare di tranquillizzarla e rassicurarla; Anya, come
al solito, monopolizzava Xander mentre Cordelia catechizzava Dawn su cosa fosse
in e cosa fosse out in fatto di abiti, trucco e acconciatura. Così a Buffy non
rimaneva che guardarsi i film che trasmettevano per far passare il tempo ai
passeggeri, ascoltare un po’ di musica e pensare…pensare al doloroso passato,
al momentaneamente sereno presente e all’incerto futuro.
“Sto
andando a Galway…sto andando a casa sua…” era un pensiero che le si ripresentò
spesso alla mente durante quelle ore di volo, suscitando ogni volta in lei
sentimenti diversi e contrastanti.
Quando
finalmente riuscì ad appisolarsi sullo scomodo sedile della classe economica,
un unico volto popolò i suoi sogni: il volto di colui che era stato prima il
suo angelo custode, poi un tenero amante, quindi il suo più acerrimo nemico, la
sua spina nel cuore e infine la sua salvezza…il volto di Angel.
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Quando
arrivarono a Galway era già buio, ma, a causa del fuso orario, nessuno di loro
aveva sonno. Trovarono ad attenderli all’aeroporto una limousine mandata dal
Consiglio che li trasportò all’hotel dove erano state prenotate le loro stanze.
Con grande sorpresa scoprirono che si trattava dell’albergo più bello della
città.
“Limousine
e albergo di lusso: a me questo nuovo Consiglio piace già tantissimo” sentenziò
Cordelia, e Xander ed Anya furono subito d’accordo con lei.
Terminato
di sistemarsi nelle loro stanze, trovarono nella hall un inviato del Consiglio
che informò Westley e il signor Giles riguardo ai programmi dell’indomani,
elencò loro i migliori ristoranti della città (anche la cena era a spese del
Consiglio: Cordelia era ormai conquistata) e li informò anche del fatto che
l’indomani, mentre i due osservatori sarebbero stati ricevuti dal Consiglio,
era in programma, per tutti gli altri, una visita guidata della città. Detto
ciò, salutò tutti in maniera molto cordiale e si congedò.
Dato
che uno dei ristoranti segnalati non era distante dall’hotel e dato che tutti, dopo
tante ore seduti in aereo, avevano voglia di sgranchirsi un po’ le gambe,
decisero di raggiungerlo a piedi.
Nonostante
fossero in estate l’aria serale era decisamente frizzantina, del tutto diversa
dalla cappa di caldo e di afa opprimenti che, in quello stesso periodo,
rendevano pressoché impossibile vivere a Sunnydale.
Durante
la loro camminata passarono di fianco ad un imponente e bellissimo palazzo, ma
quando Willow fece per avvicinarsi per scoprire di cosa si trattasse, Xander la
bloccò dicendo che quel posto avrebbe sicuramente fatto parte dell’itinerario
del giro turistico e che quindi era perfettamente inutile cercare di scoprire
in quel momento cosa fosse. Per una volta tutti furono d’accordo con lui.
Quella
sera mangiarono a sazietà e bevvero altrettanta birra (solo Buffy non bevve:
aveva ancora un brutto ricordo della birra, da quando questa l’aveva fatta
regredire a donna delle caverne) e quando ebbero terminato decisero di fare
ancora quattro passi per schiarirsi la mente dai fumi dell’alcool. Si diressero
così verso la zona del porto che, soprattutto la sera, era senza dubbio la
parte più viva della città.
Era
davvero una bella serata. Persino Buffy, che non avrebbe voluto partire, si
stava divertendo. Ma ritornando verso l’albergo successe qualcosa che turbò un
po’ la cacciatrice: passando in una delle stradine del porto aveva visto, in
uno dei viottoli perpendicolari, dei loschi individui attorniare un ragazzo. Il
suo sesto senso le aveva immediatamente suggerito che non lo avevano attorniato
per chiedergli un’indicazione e, benché il viottolo fosse scarsamente
illuminato, i grugniti che vi provenivano non lasciavano molti dubbi sulla
natura di quegli aggressori: si trattava di vampiri…tre vampiri contro un
essere umano…decisamente del lavoro per una Cacciatrice. Tuttavia quello che
successe dopo la lasciò letteralmente senza parole: non ebbe neanche il tempo
di estrarre dalla borsa il suo paletto che il ragazzo li aveva già fatti fuori
tutti e tre e, complice il buio, era sparito.
Dopo
un attimo di silenzio fu Giles a parlare: “Ecco Buffy, hai appena avuto
un’illuminante dimostrazione di come si uccidono i vampiri senza sprecare tempo
ed energie preziose. Hai preso appunti? Vorrei solo sapere come abbia fatto
quel tizio a dileguarsi tanto velocemente”.
“E’
stato talmente veloce che secondo me non se ne è andato affatto: probabilmente
era un vampiro anche lui ed è rimasto polverizzato insieme agli altri tre nello
scontro” ipotizzò Xander.
“Vampiri
che girano con paletti di legno in tasca per uccidere altri vampiri?” chiese
scettica Buffy.
“Beh,
scusa, non esistono uomini che girano armati di pistola per uccidere altri
uomini, e senza neanche la scusante di essere dei demoni!?! E poi non
dimenticarti che Angel non usciva mai di casa senza avere un paletto a portata
di mano, e di certo non lo usava come stuzzicadenti!!!” replicò convinto
Xander.
A
quel punto Buffy non seppe cosa rispondere: anche se la cosa non la convinceva
del tutto, il ragionamento di Xander non faceva una piega, ed era anche la
spiegazione più plausibile per quella repentina sparizione.
“Domani
chiederemo al Consiglio se sanno di fazioni opposte di vampiri che si fanno la
guerra qui in città. Se così fosse si spiegherebbe tutto. Adesso andiamocene a
dormire: domani per noi sarà una giornata importante, mentre per voi sarà
piuttosto stancante visto che il giro turistico è a piedi” disse Westley.
“A
piedi!?!” esclamò quasi piangendo Cordelia, e fu immediatamente chiare che il
Consiglio aveva perso qualche punto nella sua considerazione.
“Perché
volevi farlo in limousine?” chiese sarcastico Xander.
“Perché
no!!!” risposero all’unisono Cordelia, Anya e Dawn.
“Dawn,
ti proibisco letteralmente di passare troppo tempo con Anya e Cordy: hanno una
pessima influenza su di te!!!” disse Buffy fra il serio e il faceto, e ridendo
tornarono in albergo.
Quella
sera Buffy si addormentò ascoltando il respiro regolare della sorella che
dormiva accanto a lei e ripensando al giovane del viottolo…no, la storia di Xander
non la convinceva affatto e inoltre, benché fosse buio, quel giovane le aveva
trasmesso una sensazione familiare…ma ci avrebbe pensato l’indomani, a mente
fresca.
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“Lui
è qui. Trovatelo, ma badate di non farvi scorgere da lui e di non torcergli un
capello…o sarà peggio per voi” ordinò la donna, mentre un ghigno malefico
distorceva i suoi aristocratici lineamenti. “L’ho ritrovato finalmente ed è
tempo che la storia ricominci da capo!!!”.
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Il
mattino seguente, dopo un’abbondante colazione a base di uova fritte, bacon e
succo d’arancia, prese il via il loro giro turistico.
La
guida era una tipica ragazza irlandese: i bellissimi occhi verdi si perdevano
in un mare di lentiggini, mentre tutto il volto era incorniciato da una cascata
di riccioli rossi, imbrigliata a stento da un grosso fermaglio. Si presentò
come Linda Keane e tutti dovettero ammettere che sprizzava vitalità ed allegria
da tutti i pori.
Xander
aveva passato la mattinata lamentandosi del fatto che avrebbe di gran lunga
preferito restarsene a letto piuttosto che massacrarsi i piedi in una visita
che non desiderava fare, ma non appena aveva visto la bellissima guida aveva,
con grande disappunto della sua ragazza, immediatamente cambiato idea; forse fu
per questo che Anya fu l’unica a non rimanere contagiata dalla simpatia della
ragazza.
Ma
per quanto la guida potesse essere brava e simpatica, per quanto la giornata
fosse bellissima e per quanto l’atmosfera fosse veramente serena, il giro della
città si rivelò veramente massacrante, e così quando Linda annunciò che
avrebbero ora visitato l’ultima tappa del loro giro, nessuno riuscì a reprimere
un sospiro di sollievo, anche perché il programma prevedeva che prima avrebbero
pranzato.
“L’ultima
tappa è palazzo O’Donnell, uno dei palazzi secenteschi meglio conservato di
tutta l’Irlanda. Sicuramente l’avrete già notato, visto che si trova in centro,
vicino al vostro albergo. Gli O’Donnell erano una delle famiglie più ricche ed
in vista di tutta Galway, anzi, di tutta l’Irlanda. Non erano nobili di
nascita, ma mercanti che, grazie alla loro attività, avevano fatto prosperare
tutta la zona, tanto che il re (a quell’epoca l’Irlanda era ancora sotto la
corona d’Inghilterra) li rese duchi già a metà del
Quando
entrarono nel palazzo rimasero letteralmente e bocca aperta. I saloni enormi,
luminosissimi, i caminetti raffinatamente decorati, lo scalone di marmo che
conduceva al piano di sopra dove si trovavano le camere di letto: tutto era
estremamente raffinato, ma assolutamente non volgare. Gli O’Donnell erano
nobili per ricchezza, ma nulla nella casa poteva essere interpretato come
quella nauseante ostentazione di grandezza, tipica invece della gente come
loro. Il mobilio, seppur di ottima fattura, era estremamente semplice,
classico, così come gli ornamenti e i quadri che abbellivano la casa.
“Ecco
Xander, potrei anche accontentarmi di una casetta così” affermò Anya e in
risposta il ragazzo la guardò come se venisse da Marte.
Quando
poi vennero mostrati alcuni abiti della signora O’Donnell, ancora perfettamente
conservati, Cordelia non resistette più: “Questi O’Donnell mi piacciono
veramente tantissimo. Senti Linda, non è che c’è qualche giovane e bellissimo
discendente di questa meravigliosa famiglia? Sai, io ormai sono in età da
marito e , esattamente come Anya, potrei anche accontentarmi di tutto ciò!!!”.
La
giovane guida scoppiò a ridere: “No, mi dispiace Cordelia: nessun rampollo da
sposare. E poi non hai ancora sentito tutta la storia di questa famiglia;
probabilmente quando avrò terminato il mio racconto tu avrai già cambiato
opinione. Il motivo per cui non ci sono discendenti è che gli O’Donnell vennero
atrocemente sterminati…” la ragazza fece una breve pausa per dare maggiore
enfasi a quell’affermazione e per valutare le reazioni dei suoi ascoltatori.
“Successe nel 1753, ma cosa sia realmente accaduto quella maledetta notte del
16 maggio nessuno lo sa per certo. Molte leggende sono fiorite attorno a questa
storia: alcuni dicono che siano stati dei ladri che, sorpresi durante la notte
a rubare, li abbiano poi uccisi tutti. Non che la cosa non sia possibile, ma un
furto non giustificherebbe la crudeltà con cui sono stati massacrati: morirono
tutti dissanguati. E’ proprio quest’ultimo particolare dà origine alla leggenda
più interessante e diffusa: questa leggenda vuole che gli O’Donnell siano stati
uccisi da un vampiro… Ma adesso andiamo, terminerò il mio racconto nella più
spettacolare delle stanze di questo palazzo, dove, in un certo senso, potrete
anche conoscere Edwin O’Donnell, sua moglie Isabel e i loro due figli, Liam e
Katie”.
Così
dicendo li condusse al piano di sopra, in un’immensa biblioteca.
“Il
regno del signor Giles” esclamò Xander, senza tuttavia riuscire a non provare
un minimo di ammirazione per quel luogo.
“Meglio
non parlargli di questo posto se vogliamo che torni con noi a Sunnydale” disse
Dawn sorridendo e guardandosi intorno affascinata.
La
sala era inondata dalla luce pomeridiana che entrava dalle enormi finestre per
illuminare un’infinità di scaffali di nero legno d’ebano, pieni di libri
elegantemente rilegati. Willow si guardava intorno estasiata, correndo da uno
scaffale all’altro e trattenendo a stento gridolini di eccitazione ogni qual
volta trovasse qualche particolare libro.
“Sai,
Dawn” disse Tara “credo che faremo fatica a portar fuori di qui anche
Willow!!!” e tutti scoppiarono a ridere.
In
un angolo un po’ più buio, a distanza di sicurezza da tutti quei preziosissimi
volumi, c’era un caminetto, ed era proprio verso quello che Linda richiamò la
loro attenzione. Sopra il caminetto c’era un pesante tendaggio di velluto
rosso, che era stato evidentemente aggiunto in un secondo momento a protezione,
probabilmente, di un quadro o di un affresco.
“Linda,
per favore continua il tuo racconto” chiese Dawn che, da quando a
raccontargliele era stato anni prima Spike, era diventata una vera appassionata
di storie di demoni e vampiri.
La
guida non si fece pregare due volte e riprese il suo racconto da dove lo aveva
interrotto. “Le cronache dell’epoca riportano che il massacro avvenne in una
giornata già molto triste per gli O’Donnell: quella stessa mattina avevano
infatti seppellito il loro primogenito, trovato morto in una stradina di Galway
il giorno prima. E qui arriva il bello della storia perché pare che il vampiro
che uccise la famiglia fosse proprio questo sciagurato figlio, Liam. Questa
storia era considerata una semplice leggenda fino a meno di tre anni fa, ma poi
successe una cosa che fece nascere parecchi dubbi sulla veridicità di ciò che
racconta. Meno di tre anni fa è infatti stato trovato in un vicoletto del porto
un ragazzo decisamente malconcio i cui lineamenti ricalcavano alla perfezione
quelli di Liam O’Donnell…due autentiche gocce d’acqua…e così in poco tempo si
sparse la voce che il terribile vampiro della leggenda non solo non era
un’invenzione, ma era addirittura tornato! Io e mia nonna, che ci siamo prese
cura di lui, abbiamo avuto il nostro bel daffare a convincere tutti che quel
povero ragazzo, che adesso tutti amano e chiamano Brian Keane (gli abbiamo
prestato il nostro nome, visto che lui non ricorda assolutamente il suo), non
aveva nulla a che fare con il vampiro della leggenda: non bastava che lo
vedessero camminare alla luce del sole e bere Coca Cola come qualunque altro
mortale…loro volevano che lui fosse il vampiro perché questo avrebbe attirato
un sacco di turisti”.
“Tu,
personalmente, credi a questa storia del vampiro?” chiese Dawn a Linda.
“No,
io onestamente non ci credo, e ti dirò di più, onestamente non credo neanche ai
vampiri: sono solo storielle che le nonne raccontano alle nipotine discole come
me per farle stare buone. Francamente mi veniva da ridere tutte le volte che
mia nonna mi diceva che Angelus sarebbe tornato a prendermi se non fossi stata
brava…Angelus: ma vi sembra un nome da vampiro!!!”. Linda fece quell’ultima
affermazione ridendo, e contemporaneamente tirò la nappa di seta che alzò il
drappo di velluto rosso, rivelando un bellissimo quadro su cui erano
rappresentati i ritratti dell’ultima famiglia O’Donnell. “L’unica cosa di cui
sono certa è che le cronache di quel tempo, questa casa e questo ritratto sono
tutto ciò che resta di questa sfortunata famiglia”.
Buffy
non aveva prestato grande attenzione al racconto della ragazza: a differenza
della sorella lei non smaniava per le storie di demoni e vampiri…ne viveva già
abbastanza tutti i giorni da non desiderare di sentirne parlare anche quando si
concedeva una breve vacanza. Ma la sua attenzione era stata immediatamente
catturata quando Linda aveva nominato Angelus, e il suo cuore si era fermato un
attimo quando il drappo rosso si era alzato, lasciandola a rimirare i volti di
Edwin, Isabel, Katie e Liam O’Donnell.
“Ma
come diavolo ho fatto a non capirlo prima” pensò Buffy mentre lottava contro se
stessa per trattenere le lacrime: il volto ritratto nel quadro, il volto di
Liam O’Donnell era inequivocabilmente l’amato volto di Angel. “Avrei dovuto
capirlo subito. Tutto combaciava. Tutto coincideva. Eppure io mi rifiutavo di
ammetterlo. Liam…Angel…dunque è in questa casa che hai vissuto, amore
mio…Angel…Liam”.
La
reazione degli altri, trovandosi di fronte al volto di Angel, non fu molto
diversa da quella di Buffy. Dopo un lungo e, allo stesso tempo, brevissimo
attimo di silenzio fu Xander il primo che riuscì a parlare: “Sai Linda, sarebbe
troppo lungo spiegarti perché, ma credo che quella che tu chiami leggenda non
sia altro che la verità; ora la riconosco: quella che ci hai appena raccontato
è la storia di Angelus…e non riderei troppo se fossi in te, perché non è una
gran bella storia”:
Linda
li guardava stupefatta: non si era attesa una simile reazione da parte loro.
Raccontava praticamente tutti i giorni quella storia da quasi tre anni ormai e
di solito i turisti ridevano e convenivano con lei sul fatto che Angelus non fosse
esattamente un nome da vampiro. Ma non questa volta, non questi turisti: loro
erano quasi sobbalzati quando aveva nominato Angelus, e quando aveva scoperto
il dipinto erano rimasti a fissarlo con occhi spalancati, quasi avessero visto
un fantasma. E poi quell’affermazione di Xander… “Mah, forse è meglio che li
porti fuori di qui prima che qualcuno venga folgorato da un’improvvisa
illuminazione!!!”, pensò facendo scendere nuovamente il drappo a coprire il
quadro. “Adesso però dobbiamo andare, anche perché è quasi ora di chiusura”
disse, riacquistando l’attenzione di tutti.
“Potrei
solo tornare un attimo nella stanza di Liam, per favore” chiese Buffy con un
filo di voce.
“Certo,
ma non più di cinque minuti, come ho detto il museo sta per chiudere. Noi ti
aspettiamo giù nel salone d’ingresso. Non toccare nulla, mi raccomando” rispose
la giovane guida.
I
suoi amici avevano capito benissimo il suo stato d’animo e così nessuno si era
offerto di accompagnarla…e di questo fu loro molto grata.
Quando
entrò nella camera fu sommersa dalle emozioni e dai ricordi. La stanza era
d’angolo ed enormi finestre si aprivano sulla parete rivolta ad est e su quella
rivolta a sud, in modo che l’interno fosse illuminato praticamente per tutta la
giornata. “Quando ero mortale amavo la luce del sole” le aveva detto con
malinconia una volta Angel quando lei gli aveva chiesto di parlarle un po’
della sua vita da mortale, e quella stanza, scelta da Liam sebbene non fosse
una delle più belle della casa, testimoniava la veridicità di quelle parole.
Buffy osservò attentamente ogni dettaglio di quella stanza, cercando di
immaginare la vita della persona che l’aveva abitata…cercando di immaginarsi la
vita da essere umano di Angel… E non riuscì a non piangere.
CAPITOLO
V
Quella
notte Buffy sognò e risognò gli eventi di quella giornata: non aveva prestato
molta attenzione alle parole di Linda eppure il suo cervello doveva averle
registrate, tanto che nei suoi sogni continuava a sentirle e risentirle…come se
le sfuggisse qualcosa di importante e qualcuno cercasse di rimetterla sulla
strada giusta…
Nel
cuore della notte, Buffy si svegliò di soprassalto, tanto da spaventare Dawn.
“Cosa
succede Buffy? Ti senti male? Vado a chiamare il signor Giles?” chiese
spaventata la ragazza.
“Un
ragazzo!!!” esclamò Buffy, con gli occhi spalancati, senza prestare la minima
attenzione alle parole della sorella.
“Sì
Buffy, un ragazzo lo vorremmo tutte quante, ma non mi sembra un buon motivo per
svegliarsi nel cuore della notte e farmi prendere un accidente” la canzonò la
sorella, ora più tranquilla.
Buffy
la guardò come se si accorgesse di lei solo in quel momento: “Un ragazzo, Dawn,
ti rendi conto? Linda ha parlato di un ragazzo identico a Liam O’Donnell…”.
“Un
ragazzo identico ad Angel…” terminò per lei Dawn, ora pensierosa.
“Devo
vedere quel ragazzo! Devo conoscerlo assolutamente!” disse Buffy agitatissima,
guardando la sorella più piccola con aria supplichevole, come se la ragazza
avesse potuto esaudire il suo desiderio.
“Adesso
calmati, Buffy” cercò di tranquillizzarla Dawn. “Ti prometto che domani ti
aiuterò a cercare Linda: ha detto che quel ragazzo ha vissuto con lei e sua
nonna…magari è ancora così…o magari potrà dirci qualcosa di più. Ma domani, ora
torna a dormire: non vorrai conoscere quel tizio con delle occhiaie da fargli
paura?!?”.
Quest’ultima
osservazione sembrò convincere Buffy, che si ridistese e, seppure con un po’ di
fatica, si riaddormentò e dormì fino al mattino seguente.
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La
mattina dopo, a colazione.
“Il
Consiglio ha escluso la presenza di bande di vampiri rivali, e quindi il
mistero della scorsa sera resta ancora tale” disse Westley. “Ma adesso
raccontatemi con un po’ più di calma e lucidità cos’è questa storia del quadro,
di Liam e di Angel…ieri sera non ho capito veramente nulla”.
Cordelia
prese a raccontare di nuovo tutto quanto, ma dopo meno di trenta secondi il
signor Giles la interruppe: “Cordelia, Westley ha detto con calma e lucidità!
Forse è meglio che ce lo racconti qualcun altro: tu mi sembri ancora molto
sconvolta. Willow?”.
La
strega raccontò con dovizia di particolari (senza tralasciare la descrizione
della meravigliosa biblioteca che fece brillare gli occhi dell’osservatore più
anziano) quanto era successo il giorno prima.
“Scusatemi
ragazzi” chiese al termine del racconto Westley “la guida vi ha parlato di un
ragazzo identico ad Angel e voi non le avete domandato nulla a riguardo?”.
“Hai
perfettamente ragione Westley” affermò Buffy, raggiungendo i suoi amici al
tavolo del lussuoso ristorante dell’albergo. “Ma cerca di capire: siamo rimasti
letteralmente sconvolti di fronte a quel quadro. E infatti io rinuncio allo
shopping previsto per oggi e vado a cercare Linda: devo sapere qualcosa di più
di questo misterioso Brian. Qualcuno viene con me?”.
“Io”
disse senza un attimo di esitazione Cordelia, lasciando tutti letteralmente a
bocca aperta.
“Le
parole rinunciare allo shopping sono arrivate al tuo cervello, Cordy?” chiese
Xander con sarcasmo.
“Se
pensi che io sia una ragazza che pensa ai vestiti per 24 ore al giorno, pensi
benissimo; ma se mi credi una stupida senza cuore, allora ti sbagli di grosso:
ho passato due anni a stretto contatto con Angel, e in questi due anni ho
imparato a volergli un bene dell’anima…e se qualcuno prova a fraintendere le
mie parole giuro che me lo mangio vivo… Voglio vederci chiaro anche io in
questa storia…allo shopping ci penserò domani…anche perché è solo domani che iniziano
i saldi di fine stagione…” rispose seccamente Cordelia. “E per tua
informazione, Xander, il mio cervello, a differenza del tuo, funziona
benissimo”.
“Ehi,
come ti permetti di parlare così al mio ragazzo!!!” intervenne con aria
stizzita Anya.
“Certo
che sei veramente penoso Xander, proprio come al liceo: allora ti facevi
difendere da Buffy, adesso da Anya…” rincarò Cordelia.
“Beh,
a quanto pare neanche tu sei cambiata molto, Cordelia: sempre acida come una
vipera che si è morsicata la lingua” rispose Xander.
“Adesso
basta. Sopportavo a stento i vostri battibecchi quando eravate al liceo, ma
adesso… Sarebbe ora che cresceste: TUTTI E DUE!!!” li interruppe un seccato
signor Giles; quindi rivolto a Buffy disse: “Purtroppo Westley ed io questa
mattina non potremo aiutarvi, dato che la riunione con il Consiglio si è
rivelata più lunga del previsto; ma se questo pomeriggio ne avrete ancora
bisogno, vi aiuterò molto volentieri”.
“Vi
aiuteremo” lo corresse Westley.
“E’
inutile che ti dica che io sono con te, vero?” chiese Willow.
“Conta
anche su di me!” sorrise Tara.
“Beh,
visto che né io né Xander smaniamo per ritrovare Angel, penso che ce ne
resteremo in albergo a fare un po’ di sano sesso. Vero tesoro?” disse Anya, e fu
evidente per tutti che Xander non aveva scelta: seppur mascherato da una
domanda quello dell’ex-demone era un ordine.
“Però
se scoprite qualcosa fatecelo sapere” fu tutto quello che riuscì a dire il
ragazzo.
Mezz’ora
dopo il signor Giles e Westley erano di nuovo a colloquio con il Consiglio,
Anya appendeva alla maniglia della porta della sua camera il cartello Non
Disturbare e Buffy, Cordelia, Dawn, Willow e Tara cominciavano a cercare per
tutta Galway Linda Keane.
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A
mezzogiorno passato le ragazze si lasciarono prendere dallo sconforto: avevano
girato quasi tutta Galway, ma di Linda e Brian Keane nessuna traccia. Tutti in
città li conoscevano, ma erano molto restii a fornire informazioni su dove
trovarli…probabilmente era una trovata del turismo locale per alimentare il
mistero del vampiro ritornato in città.
“Ragazze,
per favore, cerchiamo un posto in cui mangiare, bere e sederci a riposare un
attimo” supplicò Dawn. “Ricominceremo le ricerche quando ci raggiungeranno il
signor Giles e Westley. In una mattina non abbiamo cavato un ragno dal buco”.
Dato
che erano tutte quante stanche ed affamate, furono tutte perfettamente
d’accordo con la proposta della più giovane del gruppo; girarono ancora un po’
alla ricerca di un ristorante che le ispirasse e scelsero infine una piccola
locanda chiamata La vecchia Irlanda.
L’interno
del locale era piacevolmente fresco rispetto alla calura del primo pomeriggio,
e non era molto affollato.
Prima
ancora che i loro occhi si abituassero al cambiamento di luce, una cameriera le
accolse dicendo loro: “Salve ragazze, a quanto pare ci si rivede di nuovo.
Venite, accomodatevi e vi assicuro che non vi pentirete di aver scelto il
nostro ristorante”.
Le
cinque ragazze guardarono la cameriera come avrebbero guardato un
extraterrestre, poi si guardarono fra di loro e scoppiarono a ridere: quella
cameriera era Linda Keane.
“Scusaci
Linda” si affrettò a dire Tara, che aveva notato l’espressione leggermente
offesa della bellissima irlandese. “Non stiamo assolutamente ridendo di te, ma
della sorte: ti abbiamo cercato invano per tutta la mattinata e ti abbiamo
trovata proprio quando avevamo rinunciato a proseguire”.
“Benissimo”
disse Linda, i cui occhi erano tornati a sorridere “allora accomodatevi : io vi
porto da mangiare e poi mi spiegherete il motivo per cui mi avete cercata per
tutta la mattina” e sparì verso la cucina, per tornare pochi minuti dopo
portando ogni sorta di ben di Dio.
Dopo
il lauto pranzo Willow disse: “Meno male che volevamo fare solo uno spuntino!!!
Comunque avevi ragione, Linda: non mi sono assolutamente pentita di aver scelto
il vostro ristorante. Era tutto delizioso, ma adesso voglio qualche ricetta”.
“Spiacente
cara Willow, ma i segreti delle ricette di mia nonna sono ancora tali anche per
me! Ma adesso piuttosto ditemi perché mi cercavate” disse la ragazza.
“Ecco,
ti sembrerà strano, ma vorremmo conoscere il tuo amico Brian, e speravamo che tu
potessi dirci dove trovarlo” spiegò Buffy, cercando di mascherare il tumulto
del suo cuore al solo pensiero del volto di Angel.
“Ti
sbagli, Buffy, la cosa non mi sembra affatto strana: la metà della gente che
ascolta la storia degli O’Donnell poi vuole conoscere Brian…e tu capirai che
questo non è veramente possibile. Quel ragazzo ha diritto ad una vita normale,
non di essere trattato come un fenomeno da baraccone in mostra per i turisti
curiosi”. Il tono della ragazza era dolce come al solito, ma estremamente
risoluto.
“No,
aspetta, lascia che ti spieghi: noi avevamo un amico…un carissimo amico…che è
scomparso in circostanze alquanto misteriose. Credo che tu abbia notato il
nostro sbigottimento quando ci hai mostrato il quadro degli O’Donnell…”.
“Certo
che l’ho notato: pareva aveste visto un fantasma” la interruppe con aria
divertita Linda.
“Beh,
in un certo senso era proprio così” continuò Buffy. “Vedi anche il nostro amico
era identico a Liam…e quindi identico a Brian, a quanto tu mi dici… La nostra
non è solo curiosità, e soprattutto non abbiamo alcuna intenzione di dare
fastidio al tuo amico…ma se esiste anche solo una possibilità che il tuo amico
Brian e il nostro amico Angel siano la stessa persona…beh, allora dobbiamo
scoprirlo!!!”.
Buffy
aveva terminato quella spiegazione senza neanche accorgersi che una lacrima le
stava rigando la guancia sinistra. Linda la guardava attentamente, come se la
stesse valutando, e Buffy non si sottrasse a quello sguardo. Alla fine
l’irlandese disse: “Questo Angel doveva essere qualcosa di più di un amico…” e
poi, dopo una breve pausa, trasse un profondo sospiro: “E va bene, lui me ne
dirà di tutti i colori, ma vi aiuterò: potrete trovare Brian questa sera, verso
il tramonto, sulla più piccola banchina del porto, l’ultima, oppure sulla
collinetta del parco. Ci va a disegnare; è molto bravo: quei disegni sulla
parete là in fondo li ha fatti lui e li ha regalati alla nonna…”.
“Anche
Angel sapeva disegnare benissimo…o forse era solo Angelus che sapeva farlo?
Effettivamente io non ho mai visto disegni di Angel, ma solo quelli bellissimi
e terribili nello stesso tempo del suo demone. Chissà se anche l’uomo sapeva
disegnare altrettanto bene?” pensava freneticamente Buffy, senza prestare più
molta attenzione alle parole della ragazza irlandese.
“Grazie
mille, Linda” disse Dawn. “E’ vero: per mia sorella Angel era molto di più di
un amico, ma noi altre non desideriamo trovarlo meno di quanto lo desideri lei;
comunque ritengo anch’io che sia altamente improbabile che Brian e Angel siano
la stessa persona, ma un tentativo dobbiamo farlo, non trovi?”.
“Certo…ma
non provate a fagli del male…” disse Linda, quasi senza volerlo, e a quel punto
per Buffy fu molto chiaro che anche per la ragazza Brian era qualcosa di più di
un semplice amico. Non poté dunque fare a meno di provare un attimo di
antipatia nei suoi confronti, ma al tempo stesso l’ammirò: nonostante tutto
aveva deciso di aiutarle.
Uscite
dal ristorante decisero di tornare in albergo, dove Giles e Westley le
aspettavano, e di riposare un po’ prima delle emozioni che quella sera
prometteva.
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Le
ore che la separavano dal tramonto del sole sembravano non passare mai.
“Neanche
quando aspettavo che il sole calasse per correre da Angel, l’attesa mi snervava
così tanto” pensava Buffy.
“Che
tipo di persona credi che incontreremo?” chiese improvvisamente Dawn. “Voglio
dire: pensi veramente che ci troveremo di fronte ad Angel?”.
“Non
lo so Dawn, e non so neanche se spero che sia così oppure no. Non so che cosa
intenda Linda per identico, ma se questo Brian fosse davvero uguale ad
Angel…beh, non so proprio immaginarmi quale potrebbe essere la mia reazione…”
confessò candidamente Buffy, “…e comunque non dovremo aspettare molto per
saperlo visto che, finalmente, è quasi il tramonto”.
Una
mezzora dopo si trovarono tutti nella hall dell’hotel e decisero di dividersi
in due gruppi per controllare entrambe le zone indicate da Linda: il signor
Giles, Buffy, Dawn, Willow e Tara andarono al parco, mentre Westley, Cordelia,
Anya e Xander si recarono al porto.
“Teniamoci
comunque in contatto con il telefonino: chiunque trovi Ang…Brian avvisi gli
altri” disse Westley, e tutti furono d’accordo con lui.
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“Dunque
lo avete trovato, finalmente! Benissimo, per una volta avete fatto un buon
lavoro. Adesso a noi due, mio adorato: è ora che io ti ridoni l’immortalità”
disse Darla, preparandosi ad uscire per mettere in atto il suo piano.
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Il
gruppetto guidato da Westley procedeva speditamente verso il porto: nessuno di
loro parlava, anche perché sapevano che se solo avessero aperto bocca sarebbe
probabilmente nato un battibecco, e nessuno, in quel momento, aveva voglia di
discutere.
Erano
quasi arrivati al porto, quando improvvisamente Cordelia si arrestò gemendo e
portandosi le mani sulle tempie. Xander, che camminava dietro di lei, quasi le
andò addosso, ma quando fece per protestare si rese conto che qualcosa nella
sua ex non andava la sorresse prima che questa potesse cadere.
“Al
parco! Al parco! Un innocente…in pericolo…Darla…vuole renderlo un vampiro!” fu
tutto quello che riuscì a pronunciare Cordelia. Quella visione l’aveva colta
assolutamente impreparata: erano anni che non ne aveva più avute…era da quando
Angel era…morto…che non aveva più visto nulla. E adesso?
Westley,
che aveva immediatamente capito cosa stesse succedendo alla ragazza, si
affrettò a raggiungerla: “Cerca di essere un po’ più chiara Cordy: cosa c’entra
Darla e soprattutto chi è che vuole rendere un vampiro?” chiese incalzando la
ragazza.
“Non
lo so, non lo so, non riesco a vedere il suo volto, ma Darla è di nuovo qui a
Galway e, tanto per cambiare, non ha buone intenzioni…” e dopo un attimo, in
cui la ragazza sembrò quasi venir sopraffatta dalla visione “…o mio Dio, è
Angel…è Angel che Darla vuole vampirizzare. Dobbiamo fare qualcosa Westley,
dobbiamo aiutarlo!!!” urlò Cordelia guardando l’osservatore con occhi
spalancati.
Xander
e Anya guardavano Cordelia a bocca aperta, mentre Westley non si lasciò
sfuggire la situazione di mano: che quel ragazzo fosse davvero Angel o solo
qualcuno che gli assomigliava maledettamente…tanto da ingannare anche
Cordelia…non meritava il trattamento che Darla aveva in serbo per lui. Chiamò
immediatamente il cellulare del signor Giles e li avvertì del pericolo, quindi
si caricò una distrutta Cordelia sulle spalle e si diresse velocemente verso il
parco.
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Quando
il gruppo del signor Giles ricevette la telefonata di Westley era già al parco,
a poca distanza dalla collinetta che si trovava al suo centro ed ormai il sole
era già calato da una decina di minuti.
Erano
ancora ai piedi della collinetta quando, contro la luce di un lampione, videro
la sagoma di una donna avvicinarsi ad un ragazzo che stava raccogliendo i suoi
fogli da disegno e le sue matite. Poi la donna si avvicinò molto al ragazzo,
quasi a sussurrargli qualcosa nell’orecchio…o quasi a morderlo sul collo…
“NOOOO”
urlò Buffy con tutto il fiato che aveva in gola, e prese a correre verso la
cima della collina.
Il
giovane, come ridestato dall’urlo di Buffy, si discostò rabbiosamente dalla
donna che aveva ormai svelato il suo volto di demonio, e la spinse lontano da
sé. In pochissimi istanti altri dieci vampiri spuntarono dall’ombra, in difesa
del loro sire e la battaglia ebbe inizio.
Il
ragazzo era disarmato, ma si difendeva molto bene: era anzi riuscito a far
fuori due vampiri usando le sue matite da disegno. Quando Buffy raggiunse la
cima cominciò a battersi con una furia che lei stessa non conosceva: i suoi colpi
erano micidiali; i suoi movimenti, fluidi ed eleganti, sembravano sincronizzati
a quelli del ragazzo, tanto che più tardi Tara affermò che la loro, più che una
lotta, era sembrata una danza. Nel giro di una decina di minuti dei dieci
vampiri non restavano che altrettanto mucchietti di polvere e così Buffy si
scagliò contro Darla, restata imprudentemente ad assistere alla lotta.
“Ancora
tu, maledetta cacciatrice” ringhiò la donna.
“Già:
mi viene quasi da dire che chi non muore si rivede…ma non si addice molto al
tuo caso, visto che tu sei già morta da qualche secolo” rispose con
impertinenza Buffy.
“Sei
veramente folle se pensi di poter intralciare un’altra volta i miei piani: lui
è mio, te ne vuoi rendere conto sì o no?” ribatté con sempre più rabbia Darla.
“Io
non penso affatto di poter intralciare i tuoi piani…io sono sicura di riuscire
ad impedire che tu li attui. Quanto a lui non so veramente di chi parli”.
“Vorresti
farmi credere che non conosci l’identità di colui che hai appena salvato, anche
se per poco?” chiese la vampira sinceramente stupita. “Vorresti farmi credere
che non sai che si tratta di Angel?”.
“No,
tesoro, non mi incanti: i tuoi trucchetti con me non funzionano. Non abbasserò
la guardia pensando ad Angel” rispose Buffy che, ormai stanca di parlare, si
scagliò contro la vampira con tutta la forza che possedeva.
Lo
scontro fu tremendo: una serie di colpi dati ed incassati talmente velocemente
che il signor Giles dal basso della collina non riuscì neanche a distinguerli.
Durante la lotta le due donne erano finite in una zona d’ombra, il che metteva
Darla in una situazione di leggero vantaggio, ma proprio nel momento in cui
sembrava che la vampira potesse avere la meglio sulla cacciatrice, venne
colpita alle spalle da un paletto scagliato con estrema precisione dal ragazzo
che aveva attaccato. Darla ebbe appena il tempo di voltarsi verso l’uomo ed
esclamare: “Perché? Perché ancora una volta hai scelto lei, Angel?”; dopodiché
il suo corpo si ridusse in cenere.
Buffy
chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro: anche questa volta Darla era
giunta paurosamente vicina al suo collo, e per un attimo aveva temuto che tutto
fosse finito...di nuovo…
Quando
riaprì gli occhi una mano era tesa a pochi centimetri dal suo volto, mentre una
voce le chiedeva: “Sei ferita?”.
Erano
ancora nella zona d’ombra e quindi non riusciva a vedere il volto da cui
proveniva quella voce, ma non aveva dubbi sull’identità del suo padrone:
avrebbe riconosciuto quella voce fra migliaia; era l’unica voce che era in grado
di accelerarle il battito cardiaco; era l’unica voce da cui avrebbe voluto
farsi avvolgere giorno e notte; era l’unica voce che più di una volta non aveva
sentito, perché tanto lei ed Angel si capivano anche solo con uno sguardo…
Non
aveva ancora visto Brian Keane, ma già non aveva più dubbi: lui era Angel e
persino Darla glielo aveva confermato.
Dato
che Buffy non aveva risposto, Brian chiese nuovamente: “Sei ancora viva?”.
Questa
volta Buffy rispose: “Sì, grazie a te. Ti devo la vita”. Nel frattempo aveva
afferrato la mano che il giovane le tendeva per rimettersi in piedi, e quel
semplice contatto riempì il suo corpo di brividi.
“Bene,
allora siamo pari visto che tu hai salvato la mia. Sai, normalmente sto molto
attento, non mi lascio fregare così dai vampiri. Ma quell’essere mi aveva
praticamente stregato e se tu non avessi urlato in quella maniera adesso sarei
morto…o, peggio ancora, sarei uno di loro…”. Buffy lo sentì rabbrividire.
“Sarebbe stato terribile…peggio che morire…” aggiunse in un sussurro, come se
parlasse a se stesso. “Comunque da come ti muovi e da come combatti devo
dedurre che non sei proprio una ragazza normale. Sei
“Già…a
quanto pare…” rispose Buffy sorridendo imbarazzata. “Certo che è buffo: la mia
identità dovrebbe essere segreta, eppure credo che mezzo mondo sappia chi
sono…” pensò.
Ancora
tenendosi inconsciamente per mano, i due rientrarono nel cono di luce del
lampione, e sotto quella luce Buffy poté vedere il volto di Brian Keane.
Nonostante
sapesse cosa attendersi, restò letteralmente senza fiato; sapeva che si sarebbe
trovata di fronte il volto di Angel, ma si aspettava che ci fosse qualche
differenza: magari i capelli un po’ più lunghi o pettinati diversamente, oppure
un pizzetto a circondargli le labbra… E invece no: quello che aveva di fronte
era esattamente il viso di Angel, proprio come lei ricordava di averlo visto la
sera del funerale di sua madre, o quando, appena tornata dal limbo in cui Glory
l’aveva spedita, se lo era trovato morto fra le braccia… Le uniche differenze
erano che il volto di Brian Keane era abbronzato e la sua mano piacevolmente
calda…
“Io
sono Brian” disse il ragazzo, non potendo assolutamente immaginare che Buffy
conoscesse già la sua identità persino meglio di quanto non la conoscesse lui
stesso.
“Io
sono Buffy Summers” rispose Buffy, e solo quando fecero per stringersi la mano
si resero conto che il realtà non avevano mai rotto quel loro primo contatto,
al che Brian ritirò imbarazzato la sua.
Il
resto della banda, che era rimasto a debita distanza per esplicito ordine di
Buffy e che si era riunito con l’altro gruppetto, li raggiunse in cima alla
collinetta proprio in quel momento. Nessuno di loro riuscì a mascherare del
tutto la propria sorpresa nel trovarsi di fronte ad un sosia di Angel, tanto
che Brian incominciò a sentirsi a disagio con otto paia di occhi che lo
fissavano stupefatti.
“Sì,
sono identico a Liam O’Donnell” disse, mal interpretando il loro stupore “ma vi
posso assicurare che, se anche lui lo era, io non sono un vampiro…e questo
grazie anche alla vostra amica” continuò rivolgendo lo sguardo verso Buffy.
“Scusami…Brian.
Sono veramente una maleducata: questi sono mia sorella Dawn, il mio
Osservatore, il signor Giles, e i miei più cari amici: Willow, Tara, Xander,
Anya, Cordelia e Westley” disse Buffy indicandoli uno per uno man mano che li
nominava. “Ragazzi, vi presento Brian” concluse così le presentazioni.
“Mi
rendo conto di essere un po’ indiscreto, ma vorrei farti una domanda” disse
dopo un attimo il signor Giles.
“Se
non intende chiedermi se sono cattolico o protestante, può farmi tutte le
domande che vuole” rispose sorridendo l’irlandese.
“No,
no, non intendo conoscere le tue idee politco-religiose. Volevo solo sapere se
ti è capitato spesso di essere attaccato da dei vampiri?”.
“Beh,
veramente negli ultimi tempi mi è già capitato un paio di volte. L’altra sera,
per esempio, tornavo a casa dal porto quando tre vampiri mi hanno accerchiato:
per fortuna non valevano gran che e me ne sono liberato abbastanza presto, non
prima che mi dicessero che una certa Darla mi cercava. Chi però sia questa
Darla io veramente non lo so. Anzi, credo proprio che si tratti di uno scambio
di persona: quando ho ucciso quella donna, questa sera, lei mi ha guardato come
se mi conoscesse da una vita e poi mi ha chiesto perché avessi scelto UN’ALTRA
VOLTA Buffy, il che è assurdo dato che ho visto oggi Buffy per la prima volta.
Probabilmente mi hanno scambiato con un certo Angel, visto che è così che mi ha
chiamato” rispose Brian.
“Certo,
dev’essere andata proprio così” finse di annuire il signor Giles. “Comunque, per
tua informazione, Darla era il vampiro che ti ha attaccato questa sera”.
“Allora
questa storia è finita, meno male!!!” esclamò Brian.
“Non
ne sarei tanto convinta: già un’altra volta un…nostro amico…l’aveva
polverizzata, ma a quanto pare non è bastato. Speriamo che questa sia la volta
buona” disse trucemente Cordelia che cominciava solo in quel momento a
riprendersi dalla visione che aveva salvato Brian.
“Bene,
visto che abbiamo ritrovato anche Ang…pardon, Brian, che ne direste di
andarcene tutti a mangiare un boccone? Sapete, con tutta l’attività fisica che
ho fatto oggi mi è venuta una fame da lupo” disse Anya, e dallo sguardo che
rivolse a Xander, persino Brian comprese di che natura fosse stata l’attività
fisica svolta dalla ragazza, così come altrettanto evidente era il fatto che,
in quel momento, Xander avrebbe voluto sprofondare in un pozzo senza fondo.
“Mi
sembra un’ottima idea” affermò Brian, tentando di non scoppiare a ridere.
“Conosco una piccola locanda che vi piacerà senz’altro”.
“Se
ti riferisci al ristorante di tua nonna, io ci sto” affermò Willow.
“Ah,
ma allora il nostro non è stato un incontro casuale: voi volevate vedere Liam
O’Donnell e quella linguaccia di Linda vi ha detto dove trovarmi…questa sera mi
sente!!!” disse Brian, fingendo di essere profondamente offeso.
Quindi
ridendo e scherzando si avviarono tutti verso il ristorante; solo Cordelia era
insolitamente taciturna.
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Appena
entrarono nel locale Linda esclamò: “Brian, ma ti sembra questa l’ora di
arrivare?!? E senza neanche avvertire!!!”. Il tono di Linda era arrabbiato, ma
i suoi occhi esprimevano ben altri sentimenti; quindi si avvicinò al ragazzo e
lo baciò velocemente sulle labbra, assicurandosi che Buffy potesse assistere
alla scena.
“Scusa
MAMMA…” la canzonò Brian “…ma ho avuto un piccolo imprevisto”.
Linda
lo squadrò ancora con occhio inquisitore e gli disse: “Fila di sopra a
cambiarti e a darti una ripulita: se la nonna ti vede conciato in questa
maniera le piglia un infarto! Ma cosa hai fatto, la lotta?” chiese infine
ridendo, anche se il suo sorriso si smorzò visibilmente quando si rese conto
che anche Buffy era ridotta più o meno nelle stesse condizioni.
“Credo
di non essere l’unico ad aver bisogno di una doccia”. E quindi rivolto a Buffy:
“Vieni su, abbiamo giusto una camera con bagno libera, non è vero?”.
Linda
annuì, ma non le piaceva affatto che Buffy stesse troppo vicina al suo Brian.
“Ma non posso far nulla per evitarlo, e non posso certo salire con loro!!!
Maledizione, non la sopporto…soprattutto perché sembra che a Brian stia
simpatica…o gli piace?… Ma dovevo proprio dirle dove trovarlo, accidenti a
me!!! Ma no, le mie sono tutte paranoie: Brian mi vuole bene, e questa sciocca
americana non cambierà le cose fra noi due” pensava freneticamente la ragazza,
ma non sembrava del tutto convinta.
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Quando
Buffy uscì dalla stanza in cui si era risistemata, Brian era in corridoio,
appoggiato alla balaustra, che chiedeva a Linda dove avesse messo le sue
camicie pulite. Era a torso nudo e, dato che le voltava le spalle, non si
accorse della presenza di Buffy dietro di lui. Buffy, invece, ebbe tutto il
tempo di notare, sulla schiena del ragazzo una grande A tatuata: l’ennesima
conferma che Brian era veramente Angel. Dovette lottare contro se stessa per
non piangere dalla gioia e soprattutto per non gettargli le braccia al collo e
baciarlo fino a consumarsi le labbra.
Da
sotto Linda rispose che le camice erano nel secondo cassetto e quindi Brian si
voltò per rientrare nella sua stanza; rimase sorpreso ed imbarazzato nel
trovarsi Buffy alle spalle e, dopo un momento in cui i loro occhi si
incontrarono, per sciogliere la tensione disse: “La odio quando decide di far
ordine in camera mia: lei sposta tutto ed io non trovo più niente!!!”. Buffy
sorrise e lui si chiuse la porta della stanza alle spalle.
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Pochi
minuti dopo erano di nuovo tutti a tavola a gustare con buon appetito le
prelibatezze di quella che era ormai stata battezzata “la mitica nonna Keane”.
Verso
la fine della cena Buffy, mentendo spudoratamente, chiese: “Brian, prima non ho
potuto fare a meno di notare il tatuaggio che hai sulla schiena, e mi sono
chiesta per cosa stesse quella A”.
“Spiacente,
ma non so proprio cosa risponderti. Forse è l’iniziale del mio vero nome, o forse
solo quella del nome di qualche ragazza…” disse, cercando Linda per vedere se
quella sua ultima allusione avesse colto nel segno.
“Come
il tuo vero nome?” chiese Xander incuriosito.
“Purtroppo
io non ricordo assolutamente nulla del mio passato: i miei primi ricordi
risalgono a poco meno di tre anni fa, quando Linda e la nonna mi hanno trovato
mezzo morto e curato. Ma non ricordo il motivo per cui io mi trovassi in quello
stato, così come non ricordo il mio nome, la data e il luogo della mia nascita,
i volti di mia madre e mio padre…nulla…nella mia testa c’è il vuoto più
assoluto”.
“Insomma,
hai preso una botta in testa e hai perso la memoria” riassunse sbrigativamente
Anya.
“Sì,
suppongo di sì” scherzò Brian.
“Ma
non ricordi proprio niente di niente?” chiese Dawn.
“No,
assolutamente niente. Qualche volta, come con quella Darla, ho delle strane
sensazioni, ma quando ne cerco conferma nella mia memoria tutto quello che
trovo è buio pesto”. In realtà Brian aveva provato una di quelle strane
sensazioni anche quando aveva stretto la mano di Buffy, o quando i loro sguardi
si erano incrociati poco prima nel corridoio al piano di sopra, ma in quel
momento non disse nulla: erano sensazioni che non capiva, e non voleva mettere
in imbarazzo l’ospite.
“E
questo non ti pesa? Voglio dire: non desideri recuperare il tuo passato?”
chiese questa volta Tara.
“Inizialmente
sì. Inizialmente ho cercato disperatamente di rintracciare qualcosa nella mia
testa, ma ogni sforzo era vano e decisamente frustrante. Poi, col tempo, mi
sono reso conto che la vita di Brian Keane non mi dispiaceva affatto ed ho
cominciato a chiedermi se valesse veramente la pena di torturarsi per cercare
di ricordare: e se quello che avessi ricordato, magari dopo anni di sforzi, non
mi fosse piaciuto per niente. Mi rendo conto che la mia è stata la scelta di un
vigliacco; mi rendo conto che magari, in questo momento, da qualche parte, c’è
qualcuno che sta ancora aspettando il mio ritorno…magari una madre…una moglie…o
addirittura dei figli… Mi rendo conto che non è una scelta giusta quella che ho
preso, ma era la scelta giusta per me: ora vivo la vita come Brian Keane, e
sono felice…anche se non posso evitare di chiedermi ogni tanto quale sia il mio
vero nome…” concluse Brian abbassando gli occhi come se si vergognasse.
“Beh,
potremmo sempre darti un’altra botta in testa, così recupereresti la memoria:
nei film funziona sempre!” disse Anya, e Brian, sorridendo rispose: “Non metto
in dubbio che sia una buona idea, ma preferirei evitare!!!”.
“Bene,
se avete finito il terzo grado a questo povero ragazzo io direi di andarcene: è
tardi ormai e io ho bisogno di riposo…sono distrutta” disse bruscamente
Cordelia. Buffy sarebbe rimasta volentieri ancora un po’, ma qualcosa in
Cordelia la spinse a non replicare. Così pagarono l’irrisorio conto, salutarono
tutti, nonna compresa, e si avviarono verso l’hotel.
CAPITOLO
VI
“Signor
Giles, perché non vuole accettare l’evidenza? Non so come questo sia possibile,
ma quel ragazzo è Angel!!!” disse Buffy, mentre tornavano in albergo.
Era
rimasta scioccata quando il suo osservatore aveva messo in dubbio l’identità
dell’irlandese.
“Buffy,
piacerebbe tanto a tutti noi aver ritrovato Angel…” cominciò a cercare di farla
ragionare il signor Giles.
“Parli
per lei signor Giles: io sto benissimo senza di lui…senza offesa, Buffy” lo
interruppe Xander, che venne letteralmente fulminato da un’occhiataccia di
Buffy.
“Come
ti stavo dicendo” riprese Giles, guardando a sua volta di sbieco Xander “a
molti di noi farebbe piacere scoprire che in realtà Angel non è morto,
ma…bisogna usare la ragione: hai stretto tu stessa il suo corpo senza vita tra
le tue braccia…”.
“Beh,
a voler essere pignoli, il corpo di Angel era senza vita da almeno 240 anni!!!”
lo interruppe di nuovo Xander.
“Xander
piantala!!! Sappiamo tutti come la pensi riguardo ad Angel, non c’è bisogno che
tu ribadisca il concetto ogni volta che ti si presenta l’opportunità. E poi noi
stiamo facendo un discorso serio e non abbiamo bisogno che le tue continue
frecciatine nei suoi confronti ci interrompano ogni istante. Quindi se vuoi
rimanere taci, altrimenti vai a farti un giro con Anya. Sono stata chiara?”.
Era incredibile come il buon vecchio, caro Xander riuscisse, a volte, a fare
uscire dai gangheri la cacciatrice. Il ragazzo accusò il colpo e borbottando
contro il suo eterno rivale si allontanò da Buffy e dal signor Giles.
“E
comunque” continuò Buffy, rivolta questa volta al suo osservatore “sa benissimo
anche lei che se anche è vero che Angel è morto per riportarmi indietro, è
altrettanto vero che né lei né Westley siete riusciti a spiegare il mistero
della sparizione del suo corpo: quella luce abbagliante, l’assenza di
cenere…tutti dettagli che in questi anni abbiamo trascurato, ma che forse
potrebbero voler dire qualcosa. E poi, mi scusi, ma lei ragiona con la testa,
che qualche volta può sbagliare: ma mia madre mi ha insegnato che, oltre alla
testa, bisogna saper ascoltare anche il proprio cuore perché quello raramente
sbaglia. E a dirmi che quello è Angel è il mio cuore, signor Giles, non le pur
numerosissime coincidenze. Io ancora non avevo visto il suo volto su quella
collina, eppure sapevo già che era lui. No, non posso sbagliarmi: glielo
ripeto, non ho la più pallida idea di come tutto ciò possa essere successo…lo
so anche io che non si è mai sentito parlare di un vampiro che sia tornato
umano…ma per quanto assurda possa essere vedrà che una spiegazione c’è. E
magari al Consiglio sanno qualcosa di più…visto che, a quanto pare, siete
intenzionati a tornare a farne parte, che almeno ci aiutino”.
Ma
Buffy e il signor Giles non erano gli unici che discutevano tornando in
albergo.
“Cosa
ne pensi?” chiese Westley.
“Che
quello è Angel” rispose Cordelia, senza tradire la minima emozione. “E per la
cronaca, non lo penso soltanto: ne sono sicura”.
“Sì,
la somiglianza è impressionante, ma…”
“Non
è certo sulla somiglianza che baso le mie affermazioni, Westley. Purtroppo non
so cosa mi dia questa certezza, ma ti ripeto che sono assolutamente sicura che
quello sia Angel”.
“Beh,
se tu ne sei così certa, ti credo. In fondo la cosa è anche possibile…” affermò
l’inglese, cercando di valutare la reazione della ragazza a quella sua ultima
affermazione.
Cordelia
lo guardò dapprima con aria interrogativa, poi improvvisamente sembrò capire:
“Vuoi dire che, secondo te, ce l’ha fatta?” e questa volta nel suo tono di voce
erano riscontrabili speranza, gioia e incredulità.
“Non
lo so Cordelia, ma è una possibilità…non trovi? Proverò a parlarne con il
signor Giles”.
“Forse
non ci sarà bisogno di scomodare il Consiglio”. Westley aveva raggiunto Buffy e
il signor Giles proprio nel momento in cui la ragazza aveva chiesto
all’osservatore di chiedere l’aiuto del Consiglio. “C’è una cosa che forse non
sapete, ed è ora che voi ne veniate a conoscenza”. I suoi interlocutori lo
guardarono incuriositi e Westley cominciò a raccontare: “Credo sappiate che il
più grande desiderio di Angel era quello di tornare umano…” qui l’osservatore
più giovane si interruppe un attimo, guardò Buffy, e quindi riprese: “Beh…forse
era il suo secondo desiderio più grande… Comunque… Le Alte Sfere gli dissero
che, se veramente era ciò che desiderava, un giorno forse il suo desiderio si
sarebbe avverato: ma avrebbe dovuto meritarselo; avrebbe dovuto lottare contro
il male che era fuori e dentro di lui per dimostrare di essere degno di tornare
a camminare sotto la luce del sole. Certo per Angel non era un grande sforzo…in
fondo, anche senza sapere che forse avrebbe ottenuto qualcosa in cambio, stava
già lottando da parecchio tempo. Quello che non gli rivelarono era per quanto
tempo ancora avrebbe dovuto lottare: gli dissero soltanto che un gesto di puro,
incondizionato e perfetto amore avrebbe potuto accorciare di molto i tempi. Un
semplice e puro gesto d’amore come…”
“Come
dare la propria vita per qualcun altro…” concluse il signor Giles.
Buffy
aveva le lacrime agli occhi. “Non mi aveva mai parlato di questo” sussurrò.
“Beh
Buffy, devi ammettere che i vostri ultimi incontri sono stati tutti alquanto
burrascosi” osservò Westley.
“No
Westley, non parlare di ciò che non conosci” disse Buffy, ripensando alla sera
del funerale di sua madre. “Non parlare di ciò che non conosci” ripeté in un
impercettibile sussurro.
“Io
ovviamente non posso essere certo che questo sia proprio quello che è successo,
ma credo che lui ce l’abbia fatta; credo che lui sia riuscito a coronare il suo
sogno. Certo probabilmente lui non pensava che sarebbe tornato a vivere come un
uomo senza ricordi; probabilmente lui credeva che sarebbe rimasto lo stesso
Angel di sempre, con la sola differenza di poter prendere la tintarella durante
l’estate, di poter mangiare pizza bevendo Coca Cola e di poter…beh, ci siamo
capiti… Ma è possibile che le cose siano andate diversamente da quanto lui
credesse e sperasse…e quindi Brian Keane potrebbe essere effettivamente Angel…
In fondo la luce che avvolse il corpo di Angel sembrava qualcosa di celestiale
piuttosto che di demoniaco…non trovate?” concluse Westley.
“Visto
signor Giles: lei voleva una spiegazione che fosse razionale oltre che emotiva,
ed ora l’ha avuta. Io le dico che Brian e Angel sono la stessa persona…è solo
tempo che lui ricordi” disse, ancora fra le lacrime, Buffy.
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Quella
notte Brian non riuscì a chiudere occhio. Linda riposava poggiandogli il capo
sul petto…diceva che il ritmo del suo cuore la faceva dormire tranquilla…e solo
ogni tanto traeva qualche respiro più profondo del solito. Lui la guardava
dormire e sentiva di volerle un gran bene, eppure… Eppure quella sera, mentre
facevano l’amore, lui per un istante, per una piccola frazione di secondo, si
era immaginato fra le braccia della bella americana che gli aveva salvato la
vita. Linda per fortuna non si era accorta di niente, ma lui, Brian, ne era
rimasto sconvolto, ed era questo pensiero che gli impediva ancora di prendere
sonno.
Che
quella ragazza lo avesse colpito era fuori di dubbio: aveva sentito come una scossa
per tutto il corpo quando lei gli aveva preso la mano per rialzarsi, e tutte le
volte che i loro sguardi si erano incrociati lui aveva avuto la netta
sensazione di aver ripreso un discorso interrotto tempo prima. E adesso anche
queste visioni: Brian era sicuro che non si trattasse di una semplice fantasia
erotica; era qualcosa di molto simile ad un ricordo… “Ma un ricordo di cosa!!!”
si chiedeva frustrato, tentando di ripescare brandelli di memoria nella sua
testa. Alla fine si addormentò mentre era ancora intento nella sua ricerca.
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Le
sue mani sul corpo della ragazza; la dolcezza delle sue labbra e il gusto
leggermente salato della sua pelle; la paura e la timidezza che le irrigidivano
il corpo prima, la sua sorpresa e la sua emozione poi. La gioia, la felicità
pura e perfetta che provava nel dividere con lei quanto di più dolce ed intimo
possano condividere due esseri umani…la sensazione di essere veramente un
essere umano… E poi il dolore: un dolore prima appena accennato, poi sempre più
forte fino ad essere straziante. Come se qualcosa si fosse rotto, come se
qualcuno tentasse di strappargli qualcosa…e poi il buio e il vuoto…il vedere il
proprio corpo dall’esterno, ormai in balia di qualcun altro. E vedere questo
qualcun altro distruggere tutto ciò che gli capitava sotto tiro, giusto per il
gusto di veder soffrire coloro che lui aveva amato. E gridare…gridare
follemente per cercare di impedire quegli scempi…gridare follemente per cercare
di farsi sentire, per cercare di mettere in guardia quelle persone…gridare
inutilmente perché tanto non potevano sentirlo…
Brian
si svegliò di colpo, sudato fradicio, col respiro corto, portandosi le mani al
petto, come per assicurarsi che il suo cuore fosse ancora al suo posto.
Linda,
svegliata anche lei, cercò di rassicurarlo: “E’ stato solo un incubo, amore
mio. Non è il primo che fai, e di certo non sarà l’ultimo, ma non è nulla di
più di un semplice incubo”.
“No”,
avrebbe voluto gridare, “questo non è stato un semplice incubo. Non so cosa
fosse, e questo mi fa paura, ma non era un semplice incubo. Quel dolore
era…vero; è un dolore che ho riconosciuto, come se lo avessi provato io stesso.
Ma cosa vuol dire tutto questo? Sto forse impazzendo? O forse quella americana
e i suoi amici c’entrano qualcosa? Perché continuo a sognarla? Perché continua
a tormentarmi? Perché?”. Brian non riusciva a calmarsi e soprattutto non
riusciva a togliersi dagli occhi e dalla mente l’immagine di Buffy. Poi gli
venne un’idea: “Che loro facciano parte del mio passato? Che loro sappiano chi
sono io in realtà? Che loro mi conoscano…?”. Questa conclusione, insieme alla
determinazione di parlarne con qualcuno di loro, sembrò convincerlo, e così si
ridistese, cercando di dare ascolto alla ragazza che, vedendolo tanto teso,
tentava di rilassarlo massaggiandogli delicatamente le spalle prima e le tempie
poi. Effettivamente alla fine riuscì a calmarsi un po’, ma per quella notte non
chiuse più occhio.
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Ma
Brian non fu l’unico che quella notte non riuscì a dormire.
Nella
sua lussuosa stanza d’albergo Buffy cercava un modo per risvegliare la memoria
del ragazzo.
“Sei
sicura che sia la cosa giusta da fare?” chiese un’assonnata Dawn.
“Certo
che ne sono sicura: il destino ci ha dato una nuova chance, una nuova
possibilità di stare insieme ed essere felici…e senza neanche dover temere la
luce del sole o stramaledette maledizioni…e io non me la lascerò scappare, non
questa volta…non un’altra volta” rispose senza incertezze Buffy.
“Sì,
sarebbe bellissimo, ma ti dimentichi di un piccolo particolare: Linda. Per
tutta la serata non ha fatto altro che mandarti messaggi, anche fin troppo
espliciti per la verità, del tipo “Giù le mani, proprietà privata”. Non credo
che se ne starebbe buona buona a guardare mentre le porti via il ragazzo. E un
altro piccolo particolare è che lui mi sembra innamorato di lei…” le fece
presente la sorella.
“Ma
si può sapere da che parte stai tu…? Sono perfettamente consapevole del
problema-Linda, ma non mi importa, in qualche modo lo risolverò: io ho
ritrovato Angel, l’uomo della mia vita, l’altra metà della mia anima e questa è
l’unica cosa importante. Quanto al fatto che lui sia innamorato di lei, beh,
non ci credo: non metto in dubbio che lui le voglia bene, ma sono certa che il
suo sentimento è più vicino alla gratitudine, al fatto che lei gli sia stata
vicina in un momento certo molto difficile della sua vita… ma l’amore, Dawn, è
un’altra cosa… e credo che lui abbia già iniziato a rendersene conto…”
“Ed
ecco a voi, signore e signori, Miss Modestia 2004: Buffy Summers da Sunnydale”
la prese in giro la ragazzina.
“La
modestia non c’entra nulla. Dico queste cose perché so che è così, lo sento e
presto sarò di nuovo felice nelle braccia di Angel” sognò ad occhi aperti la
cacciatrice.
“E
come pensi di fargli recuperare la memoria, nei due giorni o poco più che ci restano
prima di tornare a Sunnydale?” chiese ancora Dawn.
“Questo
ancora non lo so, ma stai tranquilla che un modo lo troverò. Una cosa è certa:
non tornerò a casa senza di lui” e detto questo lasciò riposare la sorella,
senza tuttavia essere capace di fare altrettanto.
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“No
Gunn, non sono impazzita: ti dico che abbiamo ritrovato Angel…in un certo
senso” disse Cordelia, allontanando la cornetta dal telefono per evitare che la
sorpresa del suo amico, che era rimasto a Los Angeles per mandare avanti
l’agenzia insieme a Faith, le sfondasse un timpano. “Piuttosto, dimmi: come
vanno lì le cose? Cosa combina Faith?”.
“Qui
va tutto abbastanza bene: pochi vampiri e pochi demoni e tutti di ordinaria
amministrazione. Sai che ancora non fido del tutto di Faith, ma devo ammettere
che il suo mestiere lo conosce ancora piuttosto bene e devo ammettere anche che
non è più la smania di uccidere che guida la sua mano quando va a caccia. Angel
ha fatto veramente un ottimo lavoro con lei, anche se la maggior parte del
merito non è certamente suo” rispose Gunn. Poi ritornando all’argomento
principale di quella telefonata, chiese ancora piuttosto ansiosamente: “Non mi
stai prendendo in giro, vero? Non è uno scherzo di pessimo gusto? E cosa vuol
dire che lo avete ritrovato “in un certo senso”? Non è che avete ritrovato
Angelus, vero Cordelia?”.
“No,
non ti preoccupare…niente Angelus. Ormai non c’è più nessun pericolo che
Angelus torni, perché Angelus ormai non esiste davvero più” lo rassicurò
Cordelia.
“Ma
allora cosa intendi?”.
“Vedi,
noi abbiamo ritrovato Angel, ma in realtà non è lo abbiamo ritrovato affatto…”.
Cordelia spiegò tutta la situazione all’amico, dovendo ripetere più volte le
cose dato che la confusione che aveva nella testa aveva reso incomprensibile il
suo racconto in più punti.
“Ma
scusa Cordelia, come diavolo fate ad essere sicuri che si tratti proprio di
Angel…di un Angel ritornato umano…e non solo di un ragazzo che gli assomiglia
in maniera impressionante?” chiese alla fine Gunn.
“No,
ti prego Gunn: non farmi anche tu questa domanda. Io non so come faccio, in
tutta questa storia così confusa che è persino difficile spiegarla, ad avere
una simile certezza, ma fatto sta che questa certezza io ce l’ho: Brian e Angel
sono la stessa persona…lo sento…” rispose la ragazza. Poi, dopo in breve attimo
di riflessione, continuò: “Ricordi quando poco prima che lui…morisse…tu e
Westley vi eravate messi in testa che il mio potere mi consentisse di capire
Angel? Io allora negavo, e mi arrabbiavo, ma ora mi rendo conto che forse
avevate ragione. Allora mi capitava di avere nella mente pensieri che non erano
miei, di provare sensazioni e sentimenti inspiegabili…a volte mi prendeva una
gran voglia di ridere in situazioni che di comico non avevano proprio nulla, e
non capivo perché, salvo poi scoprire che Angel aveva riso nello stesso istante
in cui io avevo voluto ridere… Allora mi rifiutavo di ammetterlo, ma c’era un
filo che mi legava a lui. E in fondo, se ci pensi bene, la cosa non è neanche
poi così assurda: il mio potere mi veniva da Doyle e Doyle era stato mandato a
Los Angeles con il principale scopo di aiutare Angel…erano grandi amici, e
anche lui sembrava capire Angel al volo, senza il bisogno che lui parlasse. Io
devo aver ereditato anche questo aspetto del suo “dono”… Comunque sia quel filo
si era spezzato quella maledettissima sera in cui Angel ci ha lasciati: da
allora non avevo più provato nulla di simile, ma questa sera, quando ho avuto la
visione del pericolo rappresentato da Darla, quel filo si è riannodato. In
questo preciso momento io sento di nuovo di non essere più da sola: sento la
confusione, la frustrazione, la voglia di capire, la…paura, ma anche la
semplice serenità e la speranza di qualcun altro… e credo che questo qualcun
altro sia Liam Keane…credo che questo qualcun altro sia Angel. Non mi chiedere
di più, perché è l’unica spiegazione che so dare alla mia certezza” concluse
Cordelia, quasi sussurrando.
“Ne
hai già parlato con Westley?” chiese allora Gunn.
“No,
perché è solo in questo momento che ho realizzato tutto quello che ti ho detto”
rispose “ma credo che lo farò al più presto. Lui forse saprà darmi qualche
spiegazione. Tu però devi farmi un favore: non dire nulla di tutto ciò a Faith,
almeno per il momento. Se sapesse che Angel è ancora vivo si precipiterebbe qui
e, oltre a lasciare Los Angeles i balìa di vari mostri, creerebbe ancora più
scompiglio qui a Galway…e quel povero ragazzo davvero non se lo merita: Buffy
basta e avanza a sconvolgergli la vita… Se sentissi il suo turbamento in questo
momento, come lo sento io, mi capiresti e saresti d’accordo con me. Quindi per
favore acqua in bocca. Noi torneremo fra due o tre giorni”.
“Lo
riporterete a casa?” chiese con voce incerta Gunn.
Cordelia
non rispose subito: rifletté un attimo cercando di capire cosa fosse la cosa
giusta da farsi, e quindi sospirando rispose: “Se avrò il potere di evitarlo,
no: la sua vita ora è qui in Irlanda non a Los Angeles…ma credo proprio che qualcuno
la pensi diversamente da me. Ciao Gunn, e salutami Faith” e ricevuto il saluto
di ritorno riagganciò la cornetta e si stese sul letto, cercando di riposare un
po’.
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La
mattina dopo, durante la colazione concertarono i programmi per la giornata: il
signor Giles si recò a palazzo O’Donnell (ufficialmente per vederci più chiaro
nella storia di Angel, ma era evidente che quello che desiderava vedere era la
biblioteca di cui gli avevano parlato) e Westley, seppur con meno entusiasmo,
lo seguì; Willow e Tara decisero di recarsi in un negozio di magia che avevano
intravisto il giorno prima mentre cercavano Linda; Xander, distrutto dopo
l’ennesima notte di fuoco, se ne tornò in camera a riposare e con grande
sorpresa di tutti Anya non lo seguì; l’ex-demone si unì infatti al gruppetto
formato da Buffy, Dawn e Cordelia che si sarebbe dedicato allo shopping.
“Buffy,
io ho promesso a Spike che gli avrei portato un regalino dall’Irlanda, ma non
so proprio cosa potrei regalare ad un vampiro. Mi aiuti a trovare qualcosa?”
chiese Dawn alla sorella.
“Tesoro,
io di solito i vampiri li ammazzo, non gli faccio regali!!!” rispose la
cacciatrice.
“Vuoi
dire che in due anni che siete stati insieme non hai mai fatto un regalo ad
Angel?” chiese con tono accusatorio Anya.
“Beh…veramente…Certo…”
balbettò Buffy, abbassando lo sguardo. “No, non gli ho mai fatto un regalo…però
gli ho salvato la vita un paio di volte…” aggiunse come per scusarsi, ma era
lei la prima a non essere molto convinta.
“Sfido
che ti ha mollata!!!” sentenziò sarcasticamente Anya.
“Beh,
sentiamo: tu quanti regali hai mai fatto a Xander?” ribatté a quel punto Buffy,
alquanto seccata.
“Dunque…
Vediamo…” adesso era Anya ad essere in imbarazzo. “Uffa, non vale…hai rigirato
la frittata…non era di me e di Xander che stavamo parlando e…”.
“E
non stavamo parlando neanche di Buffy ed Angel…” intervenne ad interromperle
Dawn, “…ma di Spike e di cosa potrei regalargli. Insomma c’è qualcuno che mi
aiuta?”.
“E
va bene, ma non ti aspettare chissà quali idee da me” rispose rassegnata Buffy.
“Ti
aiuterò anche io: qualche idea su quello che piace ai demoni ce l’ho” disse
Anya.
“Bene!
Dato che io invece non ho nessuna voglia di passare la giornata nelle fogne a
cercare un topo da regalare al vostro amico, me ne andrò per i fatti miei a
cercare qualcosa per me. Ci vediamo” disse Cordelia e si staccò dal gruppo.
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Uscì
dall’ennesimo negozio con l’ennesimo pacchettino in mano: dando fondo a tutti i
suoi risparmi aveva comprato abiti, trucchi, profumi e persino un cappellino
che sapeva non avrebbe mai indossato, ma che costava decisamente troppo poco
per lasciarlo esposto nella vetrina del negozio.
“Vedo
che hai fatto spese, Cordelia” disse la voce di Brian alle sue spalle.
Cordelia
non se l’aspettava e quindi si spaventò lasciando cadere tutti i pacchi che
aveva in mano.
“Mi
dispiace! Non volevo spaventarti” si scusò Brian, chinandosi per aiutarla a
raccogliere i pacchetti.
“Comparire
alle spalle della gente senza il minimo rumore: tipico di Angel. Sarà anche
umano ora, ma certi vizi da vampiro non li ha ancora persi” pensò la ragazza,
che tuttavia si limitò a dire: “Non ti preoccupare, tanto non si è rotto
niente”.
“Comunque
devo farmi perdonare. Che ne diresti se ti offrissi il pranzo: ho due ore
libere prima di tornare a lavorare e vorrei anche scambiare quattro chiacchiere
con te” le propose l’irlandese.
“Direi
che un invito da parte di un bel ragazzo non si rifiuta mai, e quindi accetto
molto volentieri, a condizione che mi aiuti a portare alcuni di questi pacchi”
rispose Cordelia, scaricando fra le braccia di Brian praticamente tutte le
borse che aveva in mano.
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“E
quindi lavori in una palestra” disse Cordelia mentre un cameriere le serviva
un’invitantissima fetta di torta di mele.
“Già,
insegno arti marziali” rispose Brian.
“Sì,
ieri sera ho notato che te la cavavi piuttosto bene” continuò Cordelia
alludendo alla lotta della sera prima con i vampiri di Darla. “Comunque
invitandomi mi hai detto che volevi parlarmi: di che si tratta?”.
Brian
si fece di colpo serio e leggermente imbarazzato. “Probabilmente è una
sciocchezza, un frutto della mia immaginazione, ma ieri sera ho avuto la netta
sensazione di … conoscervi; anzi meglio: ho avuto la netta sensazione che voi
conosceste me!!! Mi sbaglio?”.
A
Cordelia andò di traverso il boccone di torta che stava mangiando, e nel breve
tempo in cui fu impegnata a tossire cercò di capire come fosse meglio
rispondere. “No” disse ancora tra un colpo di tosse e l’altro. “Cioè…sì, ti
sbagli”, decise di mentire. “Non posso dirgli la verità… Ha detto lui stesso di
essere felice adesso, ed io non ho nessuna intenzione di rovinargli questa
serenità…se l’è meritata…e certo la perderebbe se gli rivelassi che lui è stato
per più di due secoli un vampiro… Non posso neanche limitarmi a dirgli solo una
parte della verità: non è uno stupido e prima o poi scoprirebbe tutto…”.
Nel
frattempo però sentì crescere in se stessa la delusione e comprese che quello
era il sentimento che stava prendendo il sopravvento nella testa del ragazzo:
era evidente che sperava in una risposta opposta…era evidente che, per quanto
affermasse il contrario, desiderava recuperare il suo passato.
Sentendosi
terribilmente in colpa, Cordelia gli chiese: “Cosa ti ha fatto pensare una cosa
simile?”.
“Non
lo so” rispose Brian senza riuscire a mascherare la sua frustrazione. “E’ stato
il modo in cui tutti voi mi avete guardato; sono state alcune sensazioni che ho
provato; sono state le parole di quel demonio di Darla; sono stati dei sogni…”.
“Sogni?”
chiese Cordelia.
“Già,
sogni talmente reali da sembrare veri…da sembrare ricordi…”.
“E
che cosa hai sognato?” domandò ancora Cordelia, che aveva deciso di verificare
se avvero Brian cominciasse a ricordare qualcosa.
“Beh,
a dire il vero si tratta di sogni abbastanza imbarazzanti” rispose Brian,
arrossendo come Angel non avrebbe mai potuto fare. “…sogni riguardanti la tua
amica Buffy…”.
Cordelia
lo osservava ora attentamente, mordendosi la lingua per non dirgli tutta la
verità.
“Beh,
Buffy è carina…” disse Cordelia con finta malizia, cercando di sdrammatizzare.
“Senz’altro,
ma non è solo questo…è come se la conoscessi da tanto tempo… E poi…”. Brian si
interruppe un istante, poi, guardando Cordelia dritta negli occhi, le chiese:
“E poi chi è Angel?”.
“E
adesso cosa faccio?” si chiese freneticamente Cordelia. “Cosa mi invento?”.
“Angel era un nostro carissimo amico…un amico un po’ particolare per dire la
verità…e ti assomigliava molto”. “Bene, così non gli ho detto nulla, ma non gli
ho neanche mentito”.
Brian
tuttavia non sembrava troppo convinto: “Comincio ad avere un po’ troppi sosia,
non credi? Prima Liam adesso questo Angel…”.
“Vero,
ma resta il fatto che vi assomigliate tanto che persino Darla ti ha scambiato
per Angel”.
“E
cosa c’entra quel mostro con il vostro amico?” chiese Brian senza riuscire a
mascherare una smorfia di disgusto.
“Ti
ho detto che era un amico un po’ particolare…Angel era un vampiro…”. “Ma perché
diavolo gliel’ho detto!!!” si disse Cordelia, mentre ora Brian guardava lei con
un’espressione di disgusto. E fu proprio quella reazione da parte del ragazzo
che abbatté la ritrosia di Cordelia a rivelargli troppi dettagli. “Buono!!!
Angel era una vampiro buono…”.
“Questa
è bella: un vampiro è una creatura delle tenebre…una creatura demoniaca… E tu
mi vieni a parlare di un vampiro BUONO!!! E’ una contraddizione in termini!!! I
vampiri mi fanno schifo e l’unico posto adatto a loro e fra le fiamme e i
tormenti dell’inferno” disse Brian accalorandosi.
A
quelle parole Cordelia non riuscì proprio più a trattenersi. “Basta Brian! Ti
ricordo che è di un mio carissimo amico che stai parlando e non ti permetto di
insultarlo senza neanche avere la minima idea di chi fosse…”.
“Di
COSA fosse, se mai. I vampiri non sono persone: sono esseri immondi e basta” la
interruppe il ragazzo.
“Angel
non era un esser immondo e giuro che se provi a dire ancora solo una parola sul
suo conto io mi alzo e me ne vado” minacciò Cordelia, e Brian parve calmarsi un
attimo.
Persa
qualsiasi cautela, Cordelia continuò a raccontare: “Comunque in parte hai
ragione: per secoli Angel, anzi Angelus…”.
“Angelus!!!”
esclamò Brian con occhi spalancati.
“Già,
proprio il vostro Angelus, proprio il vostro Liam O’Donnell… Comunque, ti stavo
dicendo che per secoli Angelus non è stato diverso dagli altri vampiri: lui,
Darla e un paio di loro amichetti seminarono il terrore un po’ in tutta Europa.
Ma poi lui venne maledetto per aver ucciso la preferita di un popolo di gitani:
venne maledetto a riavere la sua anima, in modo che questa potesse tormentarlo
per l’eternità per le atrocità commesse. Da allora Angel non ha più ucciso
nessun essere umano…” e qui Cordelia fece una brevissima pausa, ripensando alla
signorina Calendar e alle altre persone che erano morte alla rottura della
maledizione, ma non era il caso di parlarne a Brian. “…e anzi si è dedicato
anima e corpo a combattere il male, prima al fianco della Cacciatrice e poi per
conto suo a Los Angeles. E io lo aiutavo; io e Westley lavoravamo insieme a
lui. E se proprio credi ancora che fosse un mostro, ti basti sapere che se
quella Buffy che tanto ti ha colpito è ancora viva è solo grazie a lui e al suo
sacrificio: ha dato la sua vita per lei… Proprio un mostro, vero?” concluse
Cordelia, nella cui voce c’era ancora qualche traccia di risentimento.
Brian
tacque per un attimo, riflettendo sulle parole della ragazza che in qualche
modo le suonavano familiari…come se conoscesse già quella storia… Alla fine
tuttavia disse: “Beh, anima o non anima questo Angel era un vampiro e, mi
dispiace, ma io odio i vampiri” concluse, quasi scusandosi.
A
quell’affermazione Cordelia sentì stringersi il cuore nel petto: “Lo so Angel…
lo so che li odi… lo so che hai sempre odiato quello che eri… Beh, almeno
questa conversazione è servita a qualcosa: almeno adesso so che non rivelarti
la verità, per quanto mi risulti difficile, è la cosa giusta da fare… l’unica
cosa giusta… diversamente ti uccideremmo”. La ragazza, di nuovo sorridente, si limitò
a dire: “Mi dispiace Brian. Mi rendo conto che forse avresti preferito che ti
dicessi che ti conosciamo, che facevamo parte del tuo passato, ma purtroppo non
è così: è vero, somigli molto ad Angel, e quando ti abbiamo visto abbiamo tutti
creduto, per un attimo, che lui fosse tornato…ed evidentemente lo credeva anche
Darla… ma mi sembra evidente che non è così… mi sembra evidente che tu non sia
un vampiro…”.
“Grazie
a Dio, no!!! E se mai un giorno mi capitasse la disgrazia di diventarlo, prego
il Signore di mettermi al più presto sulla strada della cacciatrice…” e
rabbrividì al solo pensiero.
Poi
Brian guardò l’orologio e notò che cominciava a farsi tardi; chiese quindi il
conto e non ci fu verso per Cordelia di pagare la sua parte: “Ma figurati! Ti ho
invitata io a pranzo! E poi devo farmi perdonare in qualche modo: mi dispiace
di aver insultato te e Angel, al quale eri evidentemente molto affezionata,
anche se ancora non riesco a capire come sia possibile una cosa del genere… Ora
purtroppo devo proprio scappare, altrimenti faccio tardi alla lezione. Spero di
rivedervi tutti prima che partiate: magari questa sera fate un salto alla
locanda, ok?”.
“Va
bene” rispose Cordelia.
Brian
la baciò sulla guancia e se ne andò, non prima però di aver chiamato e pagato
un taxi che riportasse in albergo Cordelia e i suoi innumerevoli pacchetti.
E
proprio durante il breve tragitto in taxi, Cordelia si rese conto che aveva
detto a Brian molto di più di quanto intendesse fare. “Adesso dovrò stare molto
attenta…soprattutto a Buffy”.
********************************************************************************
Quando
Cordelia arrivò in albergo ci trovò solo Xander.
“Vedo
che hai dato fondo alla tua carta di credito” la canzonò bonariamente il ragazzo,
ma Cordelia, immersa nei suoi pensieri, non si rese conto del suo tono
scherzoso e quindi rispose con voce seccata.
“Come
spendo i miei soldi non sono affari tuoi, Xander Harris!!!”.
“Ehi,
ehi, calmati. Per una volta che stavo solo scherzando! Ok, ti lascio in pace e
scusami tanto” disse, più dispiaciuto che risentito. “Ma come diavolo ho fatto
ad innamorarmi di una serpe del genere”.
“Scusa,
hai ragione, ma ero sovrappensiero ed ho dato per scontato che tu mi avessi
attaccato per l’ennesima volta” gli disse Cordelia, rendendosi conto che lo
aveva frainteso.
“Incredibile:
Cordelia Chase che chiede scusa a qualcuno…addirittura a me… In fondo in fondo
devo ammettere che un po’ è cambiata”. “Scuse accettate” sorrise Xander. “Ma
dimmi, cos’è che ti preoccupa così tanto?”.
“Buffy
e i suoi piani riguardo a Brian: credo che voglia dirgli tutta la verità; credo
che lei voglia che lui ricordi; e io devo impedirglielo” rispose Cordelia più
per se stessa che per Xander, e quindi gli raccontò della sua chiacchierata con
il ragazzo irlandese.
Xander
ascoltò l’amica con attenzione, senza mai interromperla.
“Beh,
a quanto pare non sono più l’unico ad odiare Angel…” disse ripensando alla
reazione di Brian quando aveva saputo che il loro amico era un vampiro. “E
comunque, per la cronaca, io non lo odio più da un sacco di tempo. Che resti
tra noi, Cordelia, anche perché tanto negherei di aver detto ciò che sto per
dirti fino alla morte, ma quando lo abbiamo trovato morto fra le braccia di
Buffy è dispiaciuto da morire anche a me…in fondo non era poi così male…se non
fosse stato che Buffy gli sbavava dietro mentre io sbavavo dietro a lei e per
il fatto che aveva il vizietto, ogni tanto, di perdere quella sua anima, mi
sarebbe quasi stato persino simpatico…forse… E comunque quello che è stato
capace di fare per Buffy gli ha fatto guadagnare molta stima da parte mia”.
“Ma
allora perché, ancora oggi, non perdi occasione per sputargli veleno addosso?”
chiese Cordelia.
“Insomma
Cordy: ho anche io una reputazione da difendere” le rispose Xander, cercando di
darsi un tono, il che fece sorridere la ragazza.
“Cos’è
che devi difendere, Xander?” chiese Buffy, che proprio in quel momento era
rientrato in albergo insieme ad Anya e Dawn.
Anya
era stranamente silenziosa e se il suo sguardo avesse potuto incenerire sia
Xander che Cordelia si sarebbero trasformati in miseri mucchietti di cenere:
era chiaro che l’aver visto il suo ragazzo parlare, sorridere e scherzare con
la sua ex aveva risvegliato in lei gli istinti più demoniaci. Non potendo
tuttavia mettere in atto i suoi propositi di vendetta si limitò a tenere il
broncio per tutto il resto della giornata.
“Acqua
in bocca” fece appena in tempo a sussurrare Cordelia all’orecchio di Xander,
prima che Buffy fosse troppo vicina per sentirla.
“Nulla
Buffy, solo uno dei nostri soliti battibecchi” disse allora il ragazzo.
“Allora,
avete trovato il regalo per Spike?” chiese Cordelia, per sviare il discorso, ed
un desolato no fu la risposta che ottenne da Dawn, mentre la sorella e Anya
alzavano sconsolate gli occhi al cielo.
“Ho
capito: domani ti aiuterò io a cercare qualcosa” disse Cordelia che venne
ricompensata da un radioso sorriso della ragazza più giovane.
“Piuttosto,
cosa facciamo questo pomeriggio?” chiese Xander.
“Cordy,
perché non possiamo cominciare a cercarlo fin da oggi?” chiese con tono
supplichevole Dawn, ignorando completamente Xander.
La
ragazza ci pensò un attimo su: era stanca, aveva passato tutta la giornata in
giro… Poi però ci ripensò: “Non sia mai detto che Cordelia Chase sia troppo
stanca per fare shopping!!!”, e quindi lei e Dawn uscirono a braccetto.
Buffy
le osservò uscire e quindi commentò sarcasticamente: “Credo che il povero Spike
resterà senza il suo regalo e in compenso Dawn scialacquerà tutti i risparmi
degli ultimi mesi”.
Pochi
minuti dopo rientrarono sia Willow e Tara che avevano praticamente svaligiato
il negozio di magia (con grande disappunto di Anya che ruppe il suo silenzio
per accusarle di finanziare la concorrenza) che Westley e il signor Giles, la
cui espressione era ancora a metà strada tra l’inebetito e l’estatico sognante:
era evidente che Westley aveva dovuto faticare per portarlo fuori dalla
biblioteca di palazzo O’Donnell.
“Bene,
visto che prima neanche un’anima si è degnata di rispondermi, provo a
riformulare la domanda: magari questa volta sono più fortunato. Cosa facciamo
questo pomeriggio?” disse Xander.
“Beh,
potremmo cominciare con…” iniziò a dire Buffy, ma venne interrotta dal signor
Giles che, tutto d’un botto, si era ripreso dal suo stato estatico.
“Alt
signorina. Se stavi dicendo che potremmo cominciare con un sano allenamento
sono perfettamente d’accordo con te, altrimenti credo che dovrai rivedere i
tuoi piani” quello che era ormai nuovamente, e a tutti gli effetti, l’Osservatore
della Cacciatrice.
“Io
veramente avevo pensato ad un mega-gelato o ad una passeggiata nel parco, o
meglio ancora alla spiaggia” disse Buffy con aria supplichevole, ma notando
l’espressione seria e risoluta del signor Giles provò a protestare: “Ma sono in
vacanza…”.
“Buffy,
non essere sciocca: quello della Cacciatrice non è un lavoro per il quale
percepisci uno stipendio ed hai diritto a delle ferie…quello è il lavoro
dell’Osservatore… Quindi tu non puoi andare in vacanza e soprattutto non puoi farti
cogliere impreparata da un eventuale attacco: l’allenamento è importante, serve
a…”
“Ok,
ok, ok: ho capito l’antifona. Comunque sappia signor Giles che la preferivo
quando non era il mio Osservatore…ufficiale… Questo ruolo la rende veramente
pedante ed insopportabile. E comunque dov’è che dovrei allenarmi?” chiese
infine rassegnata Buffy. “Non posso certo farlo qui nella hall dell’albergo, e
neanche nella palestra: è ben attrezzata, ma è molto piccola, ed io ho bisogno
di spazio…” disse
“Certo
che non ti allenerai qui in albergo: rientrando ho già prenotato una sala in
una palestra poco distante, e avrai anche un istruttore a tua disposizione”
disse Giles, e a quella sua ultima affermazione l’espressione di Buffy passò
dalla rassegnazione, allo stupore fino ad una leggera offesa.
“Non
crederà che io sia talmente fuori forma da aver bisogno di un istruttore,
vero?” chiese la ragazza quasi scandalizzata.
“No,
certo” si giustificò l’ex-bibliotecario. “Quello fuori forma sono io e quindi
ho preferito che tu picchiassi un istruttore esperto piuttosto che me… Mi
raccomando Buffy, non esagerare con quel poveretto…”.
“Però
sai una cosa Buffy” disse Willow in tono canzonatorio. “La tua era veramente
un’ottima idea e credo che noi altri la metteremo in atto: io il gelato lo
voglio alla vaniglia e alla fragola, con un mare di panna montata. E tu Tara?”.
“Per
me tutto cioccolato” rispose la strega bionda mentre insieme alla sua ragazza,
Anya e Xander usciva dall’albergo.
Un
istante dopo Willow si riaffacciò e disse: “Mi raccomando Buffy: abbi pietà di
quel povero malcapitato. Quando poi hai finito ti racconto se il gelato era buono,
ottimo o semplicemente divino…” e se ne andò prima che Buffy decidesse di far
seguire alla boccaccia che le indirizzò il lancio di qualche oggetto.
Quando,
dopo una decina di minuti, Buffy si fu, almeno apparentemente, calmata, il
signor Giles la incalzò: “Bene Buffy, sono le 15:00 e io ho prenotato sala e
istruttore dalle 15:30 alle 18:30…”.
“Tre
ore!!! Ma lei mi vuole vedere morta!!!” piagnucolò Buffy.
“Ed
è quindi ora di andare” terminò l’osservatore, ignorando le proteste della sua
cacciatrice. “Tu vieni con noi?” chiese rivolto a Westley.
“No,
devo chiamare Los Angeles: anche io ho una cacciatrice da recuperare” rispose
l’osservatore più giovane.
“Faith!!!
Ci mancava solo lei a rovinarmi del tutto la giornata” pensò Buffy che, dopo
più di cinque anni, ancora non riusciva a perdonare l’ex-rivale.
********************************************************************************
Durante
tragitto verso la palestra, Buffy continuò a pensare a Faith,
Faith
l’aveva prima circuita, cercando di renderla simile a lei, poi l’aveva tradita,
l’aveva quasi ammazzata, aveva rubato il suo corpo, si era divertita con Riley
e poi era scappata a farsi consolare tra le braccia di Angel dopo aver tentato
più volte di uccidere anche lui. Angel…ecco qual era il vero motivo del suo
rancore: Faith aveva cercato di portarle via Angel e aveva gettato un’ombra sul
loro già difficile rapporto.
A
quel pensiero Buffy sentì rimontare dentro di sé la rabbia che aveva provato
durante quella terribile messa in scena che lei stessa aveva architettato per
smascherarne il tradimento; sentì rinascere l’odio e la gelosia al solo ricordo
delle braccia di Angel intorno al corpo della ragazza…e quei loro baci…
Buffy
si fermò di colpo, quasi ansimando: aveva provato ancora quelle sensazioni…la
sera prima, quando Linda aveva baciato Brian.
Quella
consapevolezza le fece salire le lacrime agli occhi, ma le ricacciò giù con
rabbia, vergognandosi dei sentimenti che provava.
Capì
che se Faith non avesse tentato di portarle via Angel lei sarebbe stata la
prima a tenderle la mano quando aveva mostrato di volersi pentire.
Capì
che tutta la simpatia che aveva provato in un primo momento per Linda era
immediatamente sparita quando aveva intuito che tra lei e Brian c’era qualcosa
di più di una semplice amicizia.
Capì
che aveva veramente desiderato di uccidere Faith, un essere umano, quando
questa aveva avvelenato Angel.
Capì
che quando si trattava di Angel riemergevano tutti i suoi istinti primordiali
di difesa e di possesso: Angel era suo. Punto e basta. E chiunque cercasse di
avvicinarsi a lui era suo nemico. Darla, Drusilla, Faith, Kate, Linda…sentiva
che avrebbe potuto odiarle tutte…a volte era stata gelosa persino di
Cordelia!!!
Buffy,
ovviamente, si rendeva conto di quanto fossero sbagliati, nella maggior parte dei
casi, quei sentimenti, ma non riusciva a non provarli, e di questo si
vergognava come una ladra.
L’unica
scusante che riusciva a fornire ai suoi sentimenti era il suo amore per Angel:
un amore che aveva sfidato tutto e tutti e che, sebbene fosse stato più volte
sul punto di soffocare e di spegnersi, non era in realtà mai morto, anzi… Un
amore che adesso aveva inaspettatamente ritrovato: stava a lei ora
riaccenderlo, a fare in modo che Brian ricordasse…anche se non sapeva ancora
bene come fare.
********************************************************************************
Dopo
poco più di mezz’ora il suo istruttore, un ragazzo scozzese di nome Connor,
alzò bandiera bianca. Era un tipo grande e grosso, ma alla terza volta che
Buffy lo fece volare da una parte all’altra della sala esclamò: “Ok, basta. Mi
sembra che lei non abbia alcun bisogno di un istruttore: quello che le serve è
un pungiball!!! Mi dispiace, ma non posso permettermi di farmi male sul serio:
ho bisogno di quei due spiccioli che mi danno come stipendio, e se non lavoro
perché ho le ossa rotte non mi pagano. Le verranno rimborsati i soldi che ha
pagato per la lezione e per l’affitto della sala, sempre che il mio collega,
che è decisamente più pazzo di me, non voglia sostituirmi”. Sembrava davvero
mortificato: certo, vedendo una ragazza piccola e minuta non si era aspettato
un trattamento simile.
“Pazienza,
non imp…” fece per dire Buffy, ma venne interrotta dal signor Giles che chiese
a Connor: “Dove posso trovare questo suo collega?”.
“Adesso
sta facendo lezione, ma tra un quarto d’ora dovrebbe terminare. In teoria il
suo turno è finito, ma si sa che un extra giornaliero fa sempre gola a tutti:
magari accetta. Comunque si rivolga alla reception: lì sapranno essere più
precisi”. Salutò Buffy scusandosi ancora e facendole mille complimenti e quindi
uscì dalla sala, seguito dal signor Giles.
Quando
quest’ultimo si rivolse alla reception, una ragazzina entrò in una delle sale
più grandi e ne uscì poco dopo dicendo che l’istruttore aveva accettato e che
si sarebbe occupato di Buffy non appena, alle 16:30, avesse terminato la
lezione.
Nel
ritornare vero la sala il cellulare di Giles squillò: era Willow che gli
chiedeva di tornare in albergo dato che Xander si era sentito male a causa di
una congestione e dato che Westley era irreperibile. Così l’osservatore,
sbuffando, andò ad avvisare Buffy.
“L’istruttore
sarà da te tra meno di un quarto d’ora. Per favore evita di distruggere anche
questo”.
“Signor
Giles o mi alleno seriamente o tanto vale che non mi alleni proprio” rispose
seccata la ragazza che ancora pensava al suo cono gelato.
“Io
devo tornare in albergo perché Xander si è preso una bella congestione” disse
l’osservatore e, ignorando l’espressione di trionfale vendetta negli occhi di
Buffy, continuò: “Mi raccomando, mi fido di te: sii la seria cacciatrice che
ogni tanto, per sbaglio, ti capita di essere”.
“Sì,
ma se faccio fuori anche questo in meno di mezz’ora giuro che prendo e me ne
vado” promise Buffy e il signor Giles, alzando gli occhi al cielo, lasciò la
palestra.
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Capitolo
7
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2002, 2:00 AM
CAPITOLO
VII
Nell’attesa
del nuovo istruttore Buffy continuò a fare semplici esercizi, per evitare che i
suoi muscoli si raffreddassero.
“Ma
perché diavolo sono stata scelta io per essere
Erano
ormai più di otto anni che ricopriva quel ruolo, ma ancora adesso, ogni tanto,
si chiedeva perché fosse capitato proprio a lei.
“Non
avevo nulla di diverso rispetto alle mie amiche del liceo di Los Angeles: avevo
quindici anni come loro, e, come loro, le mie uniche preoccupazioni
riguardavano le interrogazioni di trigonometria e geometria, la lunghezza della
mia gonna, il colore di ombretto e rossetto e il nome del ragazzo che mi
avrebbe accompagnata al ballo scolastico. E allora perché hanno scelto me e non
quella odiosa di Marissa Brown? Perché io?”.
A
questi pensieri la violenza e l’intensità dei colpi scagliati contro l’aria
crebbe. Poi però a Buffy vennero in mente tutte le persone che non avrebbe mai
conosciuto se non fosse stata
“Angel
non si sarebbe mai accorto della mia esistenza se non fossi stata
“Adesso
si spiega tutto!!!” disse, ridendo, una voce alle sue spalle.
Buffy
si girò con il cuore in gola, dato che aveva già riconosciuto quella voce, e
quando il suo sguardo incontrò Brian lui continuò: “Sai, credo che un giorno
dovrò spiegare a Connor che non sei esattamente quello che sembri, altrimenti
il suo orgoglio scozzese rimarrà ferito per anni. Temo che dovrò dirgli che sei
Brian
rideva ancora e Buffy, contagiata, rise di gusto insieme a lui.
“Quando
lo rivedi, digli che mi dispiace moltissimo” disse.
Pian
piano la risata andò morendo e Brian, pur continuando a sorridere, si fece
serio: “Bene signorina Summers abbiamo già perso abbastanza tempo in
chiacchiere. E’ tempo di cominciare: attacca”.
Buffy
fu presa dal terrore: “Non voglio combattere con lui. Non è più un vampiro. Non
voglio fargli del male”.
“Coraggio
attacca, signorina. So cosa aspettarmi e ti ho vista combattere: non riuscirai a
sbattermi da una parte all’altra della sala come hai fatto con il povero
Connor. Quindi niente indugi e attacca. E fallo sul serio, altrimenti nelle
prossime due ore mi spezzerai le ossa senza trarne alcun giovamento. Forza” la
spronò Brian che sembrava averle letto nel pensiero. Notando che Buffy ancora
esitava, decise di provocarla: “Hai forse paura di me, Cacciatrice?”.
Era
lì, che la invitava ad attaccarlo. Indossava dei pantaloni neri e una
canottiera bianca che metteva in evidenza la muscolatura ben proporzionata del
torace, della schiena e delle braccia. Vestito così era veramente come Angel:
anche lui si vestiva sempre in quella identica maniera quando si allenava,
salvo poi liberarsi della canottiera dopo pochi minuti.
“Sì
Buffy, sembra Angel, ma non lo è… Cioè sì, è Angel, ma non è più un vampiro e
non ne ha più la forza… Ma se non lo attacco, o se faccio finta lui se ne
accorgerà e deciderà di interrompere l’allenamento, e allora addio due ore da
sogno…”.
Quell’ultimo
pensiero la terrorizzò ancora di più del timore di fargli male. Voleva
disperatamente che quell’allenamento avesse luogo, dato che, più o meno
inconsciamente, sperava che il riproporsi di una situazione famigliare
l’avrebbe aiutato a ricordare qualcosa. Cominciò dunque a muoversi lentamente,
studiando l’avversario e menando alcuni leggeri colpi per saggiarne la
resistenza e i riflessi.
Al
primo affondo di una certa intensità Buffy rimase a bocca aperta: non solo
Brian parò il suo attacco senza colpo ferire, ma gli rispose e la stese a
terra. Certo, non si era trattato di un colpo definitivo (non sarebbe bastato
per uccidere un vampiro), ma colpi molto meno intensi erano bastati per mettere
k.o. Connor o Riley, che pure erano entrambi soggetti forti e allenati. Invece
Brian lo aveva schivato con la stessa facilità con cui avrebbe schivato una
mosca, e ora la guardava con aria severa.
“Buffy
o fai sul serio oppure la piantiamo qui: mi sembra di averti già detto che è
stupido rischiare di farsi male per niente!” esclamò, e questa volta senza
sorridere. Quindi gli tese la mano e la rimise in piedi. “Forza. Fa finta che
io sia un vampiro…e lotta per salvarti la pelle… Coraggio”. Questa volta fu lui
ad attaccarla e ancora una volta Buffy si trovò stesa prima ancora che potesse
rendersene conto.
Ormai
era senza parole: quel ragazzo picchiava come un vampiro. Brian non era più un
vampiro, ma aveva inequivocabilmente mantenuto la forza e la destrezza di
Angel.
“Ma
certo, avrei dovuto aspettarmelo: ieri sera ha fatto fuori quattro vampiri più
Darla usando solo delle semplici matite da disegno!!!”.
Nel
momento stesso in cui quella consapevolezza pervase la sua mente, il corpo di
Buffy si trasformò in una perfetta macchina da combattimento: non temendo più
di fargli male, lasciava che i suoi colpi fluissero con forza e precisione e,
nonostante tutto, Brian incassava bene e rispondeva anche meglio.
A
Buffy parve di essere tornata indietro nel tempo, a quando si allenava
praticamente tutti i giorni con Angel, nella sua spaziosa abitazione. Era l’unico
con cui avesse mai potuto allenarsi seriamente. Più recentemente aveva provato
ad allenarsi con Spike, ma non era mai stata la stessa cosa: d’altronde se in
cento e rotti anni il vampiro ossigenato aveva sempre temuto il sire del suo
sire ed aveva evitato di affrontarlo direttamente, un motivo doveva pur
esserci!!!
Immagini
di quel passato felice, quando lui ancora viveva a Sunnydale e loro stavano
insieme, riempirono la mente di Buffy, ma non la distrassero minimamente, anzi,
le diedero ancora maggior carica. Solo in un’occasione la sua concentrazione si
ruppe per un istante, e Brian ne approfittò immediatamente per stenderla per la
terza volta: ricordò di una volta che Angel l’aveva stesa e l’aveva poi
immobilizzata con il peso del suo corpo…quella volta era finita con un dolce ma
appassionatissimo bacio…
********************************************************************************
Ormai
combattevano senza interruzioni da quasi un’ora e mezza. Entrambi cominciavano
ad essere stanchi, ma nessuno dei due aveva intenzione di alzare bandiera
bianca per primo.
Brian
si meravigliava di se stesso: aveva fatto lo sbruffone, l’aveva istigata ad
attaccarlo, ma non aveva certo creduto di riuscire, in un modo o nell’altro, a tenerle
testa. Certo sapeva che il suo fisico era ben allenato, ma non credeva che
avrebbe retto così bene ai colpi della Cacciatrice…non così a lungo. Eppure
qualcosa gli diceva che era normale e giusto così, che allenamenti di quel
genere, con quella stessa ragazza, ne aveva già sostenuti parecchi in passato…
Cordelia aveva escluso che i due potessero già conoscersi… Eppure…
Con
il sopraggiungere della stanchezza e i primi cedimenti nella concentrazione,
Brian cominciò lentamente a soccombere alle sensazioni che il suo corpo gli
trasmetteva: cominciava ad avvertire distintamente il dolore dei lividi che
quella lotta gli stava procurando un po’ dappertutto; sentiva l’indolenzimento
delle braccia e delle gambe; sentiva i rivoli di sudore che gli scendevano sulle
tempie e sulla schiena; e soprattutto cominciava ad avvertire, con ogni cellula
del suo corpo, la presenza di Buffy.
Sentiva
l’odore del suo sudore che si mescolava al suo e sentì il sapore della sua
pelle quando, per convincerla a crederlo un vampiro, l’aveva morsicata su un
braccio: era salata, proprio come aveva sentito nel suo sogno; era consapevole
della morbida sericità dei suoi capelli ogni volta che sfioravano la pelle;
sentiva la pienezza e la solidità del suo giovane corpo ogni volta che la
colpiva o che ne veniva colpito; sentiva la sua tenacia, la sua forza di
volontà e la sua determinazione, ma era perfettamente conscio, anche se magari
non poteva vederlo, del suo sorriso trionfante ogni volta che riusciva ad
atterrarlo oppure delle sue smorfie quando era invece lui a metterla k.o.; si
sentiva i suoi occhi addosso, e gli pareva di venir delicatamente e
deliziosamente bruciato da quello sguardo…
Sentiva
che l’unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento era stringerla fra le
braccia e baciarla…baciarla prima appassionatamente, poi con dolcezza fino a
perdersi in lei… Sentiva chiaramente che quella ragazza possedeva l’altra metà
della sua anima…
Brian
si scosse bruscamente da quei pensieri: non doveva neanche pensarle certe cose.
“Io voglio bene a Linda, e Buffy è solo un’amica, anzi una cliente, che per di
più domani sera prenderà un aereo che la riporterà in America, dall’altra parte
del mondo. E’ assurdo che io possa anche solo pensarle certe cose!!!” si urlò
nella testa e, dando fondo alle ultimissime riserve di energia che possedeva,
aumentò l’intensità e la forza dei suoi colpi, come se l’aumento dell’attività
fisica potesse cancellare certi pensieri dalla sua testa, o almeno distogliere
da essi la sua attenzione.
Fu
proprio all’apice di questo nuovo assalto che Brian riuscì a stendere
nuovamente Buffy, ma a causa della stanchezza e di una repentina ed astuta
mossa della Cacciatrice, venne atterrato anche lui e cadde letteralmente
addosso alla ragazza.
Restarono
l’uno sopra l’altra per qualche istante: sapevano entrambi che se quella
situazione si fosse prolungata anche solo per un attimo ancora avrebbero
rischiato di non essere più padroni dei loro corpi, ma Brian non aveva la forza
di ordinare al suo corpo di alzarsi immediatamente e Buffy non voleva
assolutamente che lui si muovesse.
La
ragazza sentiva il fiato caldo di Brian sul suo collo e sentì il suo cuore
battere; le sembrò assolutamente strano, ma anche a lei sembrò di aver già
vissuto una scena molto simile: si vide per un istante nella camera da letto
dell’appartamento di Angel a Los Angeles; lei ed Angel erano a letto insieme e
gli teneva la testa appoggiata sul petto, mentre con una mano batteva colpi
leggeri sul suo braccio al ritmo del cuore che sentiva battere in lui; sparsi
intorno a loro, insieme ai loro abiti erano due barattoli di gelato al
cioccolato, mentre sembrava che sul tavolo della cucina fosse passato un
tornado. Buffy si chiese per un attimo il perché di quella immagine che certo
non poteva aver vissuto, ma era un pensiero che si perse immediatamente nelle
profondità della sua mente: in superficie, che catturava totalmente la sua
attenzione, c’era solo Brian.
Brian
dal canto suo era quasi tramortito dal groviglio di emozioni, sensazioni e
desideri che sentiva agitarsi in lui: non gli sembrava di aver mai provato
nulla di simile, ma sentiva che in realtà non era così.
Poi
un piccolo particolare attirò la sua attenzione sul petto di Buffy: il piccolo
Claddagh che portava appeso al collo accanto ad una piccola croce. Che
quell’anello gli fosse famigliare era comprensibile, in fondo si trattava di
artigianato irlandese e lui stesso ne portava alla mano sinistra uno identico,
ma anche quella piccola ed anonima croce gli dava sensazioni strane. Si ritrovò
per un istante in un piccolo vicolo chissà dove e Buffy lo aveva appena
atterrato e gli chiedeva cosa volesse da lei… Poi, così come era venuta, quella
visione sparì e lui si ritrovò a fissare i due piccoli oggetti appesi al collo
della ragazza.
Con
un enorme sforzo si staccò da lei e le si sedette vicino, mentre Buffy,
maledicendo silenziosamente quel distacco, si mise a sedere anche lei.
“Vedo
che hai comprato un anello Claddagh. Mi chiedo se tu sappia cosa significhi”
disse Brian.
Buffy,
rispondendo automaticamente più a se stessa che a Brian cominciò a ripetere le
parole che Angel le aveva detto quella notte al porto, quando le aveva donato
l’anello, segno di una promessa eterna: “Le mani rappresentano l’amicizia, la
corona rappresenta la fedeltà e il cuore rappresenta l’amore eterno. Se indossi
l’anello con la punta del cuore rivolta verso di te significa che la tua anima
appartiene a qualcuno”.
“Beh,
non avrei saputo dirlo meglio io. Evidentemente chi te l’ha venduto sapeva il
fatto suo” disse Brian.
“Non
l’ho comprato. E’ un dono: un dono di una persona molto speciale” rispose Buffy
che, avendo intuito che il ragazzo aveva frainteso le sue parole, si affrettò
ad aggiungere: “Una persona molto speciale che, in un certo senso, non esiste
più. Ma vedo che anche tu ne porti uno identico: Linda?”.
“No”
rispose si getto Brian e con molta più foga di quella che avrebbe voluto
metterci. “Quando mi sono risvegliato portavo già questo anello al dito. Linda non
c’entra nulla” aggiunse come a giustificarsi. Poi, come se gli fosse balenata
un’idea in testa, disse: “Sai, una volta questi anelli erano creati in coppia,
ed ogni coppia era diversa dall’altra, in modo che riunendoli si incastrassero
alla perfezione solo ed esclusivamente con il loro ‘compagno’. Non so se oggi,
che sono ormai venduti anche sulle bancarelle di tutta l’Irlanda come souvenir
per turisti innamorati li facciano ancora così…anzi, ne dubito proprio…ma
adesso che lo guardo meglio, il tuo mi sembra piuttosto ben fatto”.
Buffy
decise allora di prendere la palla al balzo e di rischiare: se quella storia
degli anelli gemelli era vera, probabilmente l’anello gemello del suo era
quello che portava al dito Angel e quindi quello di Brian. Si rese conto che
quello che voleva fare significava forzare la mano al ragazzo, ma decise di
provare ugualmente e disse: “Non ci credo a questa storia degli anelli che
combaciano: scommetto che il mio si incastra alla perfezione nel tuo”.
“Buffy,
anche il mio anello è piuttosto antico e quindi sicuramente ben fatto: se i
nostri due anelli dovessero completarsi a vicenda potrebbe solo voler dire che
sono stato io a donarti quell’anello oppure che uno di noi due lo ha ‘rubato’ a
qualcun altro. Entrambe le ipotesi mi sembrano da scartare” mentì
spudoratamente dato che non era affatto propenso a scartare la prima. Anzi,
nonostante le parole che quella mattina le aveva detto Cordelia, era sempre più
convinto che tra loro ci fosse un legame di cui non ricordava nulla, ma che
sentiva ancora molto forte.
“Beh,
allora non ci resta che provare ad incastrarli: se non combaciano vuol dire che
hai ragione tu, mentre se combaciano…” disse, fingendo un’allegria che in
realtà non provava e togliendosi la catenina dal collo per poter porre a Brian
il piccolo anello.
Con
fare riluttante Brian prese l’anello dalla mano di Buffy e si sfilò il suo: li
tenne entrambi per un attimo sul palmo della mano e quindi provò ad unirli…
Perfetti:
quei due anelli erano inequivocabilmente le due metà di un unico, splendido,
gioiello, e quello che rappresentavano erano le due metà di un’unica anima.
Brian
era sconvolto: quella era la conferma più evidente di tutte le sue teorie. Lui
conosceva quegli americani e soprattutto conosceva Buffy…la conosceva talmente
bene che le aveva donato il più grande simbolo d’amore irlandese. E adesso
Buffy era lì, con il volto a pochi centimetri dal suo: era sudata e spettinata,
ma lui sentì che quelle sensazioni che aveva tenute imprigionate nel suo cuore
fino a quel momento ora si liberavano impetuosamente ed assumevano una
fisionomia via via più distinta: non erano più vaghe emozioni, erano amore,
amore puro, incontrastato e devastante…
In
quel momento nulla più interessava a Brian: non ricordava ancora nulla, ma sapeva
con tutto se stesso di amare quella ragazza: le prese il viso fra le mani e la
baciò con tutta la dolcezza e la passione di cui era capace, assaporando ogni
istante di quel tenero bacio a cui Buffy rispondeva con non meno amore. Sentiva
che si stava completamente perdendo in lei, ma la cosa non gli interessava,
anzi voleva che accadesse: perdeva se stesso, ma trovava qualcosa di più
prezioso e completo.
Buffy,
dal canto suo, non era mai stata così completamente felice da quella sera del
suo diciassettesimo compleanno. Ma allora era finita in tragedia, questa volta
sarebbe stato diverso: questa volta non c’era nessuna maledizione da non
rompere, e nessuna spada di Damocle pendeva sulle loro teste. Non c’era nessun
Giudice, nessun Sindaco, nessun Maestro, nessun Riley e nessuna Linda a
minacciarli: c’erano solo lei e Brian…lei ed Angel…e nessun altro.
Sentì
le lacrime rigarle le guance mentre Brian ancora la baciava, ed evidentemente
se ne accorse anche lui perché si staccò da lei e con una dolcezza infinita
gliele asciugò con le sue dita.
“Perché
piangi, Buffy?” chiese in un sussurro.
“Perché
finalmente ti ho ritrovato. Perché finalmente sono felice…e completa” rispose
la ragazza, senza neanche cercare più di trattenere quelle lacrime.
“Questo
vuol dire che mi conoscevi già, vero?” chiese ancora Brian.
Buffy
si limitò ad annuire perché sapeva che la sua voce avrebbe tremato.
“Allora
puoi dirmi qual era il mio vero nome?” domandò, senza riuscire a trattenere quella
domanda per la quale cercava una risposta da anni.
“Angel.
Il tuo nome era Angel” rispose Buffy.
Quella
rivelazione fu per Brian peggio di un pugno a tradimento in pieno stomaco:
spalancò gli occhi per la sorpresa e il terrore, guardò Buffy quasi con odio,
sentì il suo respiro accelerato, così come i battiti del suo cuore.
Prima
ancora che Buffy potesse rendersi conto della sua reazione, Brian si era già
alzato e se ne stava andando come se di colpo si fosse trovato di fronte ad un
mostro.
“Cosa
ho detto di male. Ti prego, amore mio dove vai? Perché reagisci così?
Angel…!!!” gridò disperata Buffy che non riusciva proprio a spiegarsi la
reazione del ragazzo.
“No,
non chiamarmi in quel modo!!!” urlò Brian sempre più sconvolto, quindi uscì
dalla sala, lasciando Buffy allibita.
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“Angel!!!
Ma Cordelia aveva detto che Angel era un… NO, non è possibile, non può essere
vero: io non sono un vampiro!!! Cordelia mi ha mentito: in fondo mi ha anche
detto che non ci conoscevamo… Ma quando ho insultato quell’essere si è
arrabbiata troppo perché potesse essersi inventata tutto. Che mi abbia mentito
Buffy? Ma perché dovrebbe farlo? Io la amo e lei mi ama: perché dovrebbe
mentirmi? Aspetta Brian, lei amava Angel…forse è disposta a tutto pur di
conservare almeno l’illusione che lui sia ancora vivo… Già, è certamente così:
Cordelia mi ha detto che Angel è morto per salvarla…e quindi non posso essere
io Angel… Oppure è solo un caso di omonimia…”, la mente del ragazzo era in
subbuglio, nel più totale caos, mentre correva fuori dalla palestra senza
neanche essersi fatto una doccia e cambiato. L’aria fresca della sera sulla
pelle accaldata lo fece rabbrividire, ma contribuì a schiarirgli le idee, e con
quello schiarimento venne anche la consapevolezza che nessuno gli aveva
mentito, o per lo meno, nessuno gli aveva mentito del tutto. Non sapeva
spiegarsi da dove veniva quella consapevolezza, ma sapeva che non si trattava
né di bugie né di semplice omonimia. L’Angel di cui gli aveva parlato Cordelia,
il mostro, il vampiro, era lo stesso Angel di cui gli aveva parlato Buffy: quel
mostro, per quanto assurdo ed inaccettabile potesse sembrare, era proprio lui…o
per lo meno lo era stato…
Quando
arrivò alla locanda al rifiuto si era sostituita la disperazione; quando Linda,
ignara di tutto, gli si fece incontro lui evitò il suo sguardo e il suo
abbraccio: si vergognava troppo per quello che aveva appena fatto, l’aveva
tradita, e soprattutto per quello che era. Salì al piano di sopra e si chiuse
nella sua stanza, si spogliò, si fece una doccia nella speranza che sotto
l’acqua, insieme al sudore e alla stanchezza, potesse scivolare via anche
quell’odiosa idea che ormai gli frullava e martoriava il cervello. Fu
ovviamente tutto inutile, e alla fine, distrutto, si gettò sul suo letto e
rimase lì, immobile, incapace di qualsiasi reazione. Non rispose alle suppliche
di Linda che gli chiedeva cosa fosse successo e di aprire quella dannata porta.
Alla fine si addormentò del sonno più orribile che avesse mai fatto.
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Buffy
era ancora lì, seduta al centro della sala, dove fino a pochi minuti prima
c’era stato anche Brian. Si erano ritrovati, si erano baciati e Buffy, dopo
tanti anni si era sentita nuovamente viva. Poi lui le aveva chiesto di
rivelargli il suo vero nome e lei aveva esaudito il suo desiderio. Tutto quello
che era successo dopo sfuggiva ad ogni logica.
“Perché
ha reagito così? Perché mi ha guardata come se lo avessi pugnalato alle spalle?
Perché?”: erano tutte domande che frullavano nella testa della ragazza e alle
quali, per quanto si sforzasse non riusciva a dare una spiegazione logica…e
neanche una irrazionale…
Guardò
l’orologio e si meravigliò nel vedere che le lancette puntavano quasi sulle
otto: avrebbe dovuto terminare l’allenamento verso le sei e mezza, ma
evidentemente il tempo che aveva passato insieme a Brian era volato molto più
velocemente di quanto non si aspettasse…proprio come quando stavo con Angel: le
giornate sembravano non passare mai, mentre le notti finivano in un batter di
ciglio.
Ancora
stanca e frastornata si tirò in piedi. “Il signor Giles sarà in pensiero per il
mio ritardo”.
Non
fece in tempo a finire di formulare quel pensiero nella sua testa che
l’Osservatore apparse sulla porta della sala.
“Buffy,
sei qui!!!” sospirò di sollievo, ma avendo notato la totale confusione sul volto
della ragazza, la preoccupazione si ripresentò nel suo sguardo. “Ma cosa è
successo? Ti senti male? Buffy!!!”.
La
ragazza lo guardò per un istante, poi si buttò fra le sue braccia e incominciò
a piangere.
Era
incredibile come si sentisse al sicuro fra le braccia di quell’uomo: il signor
Giles era ormai molto di più di un padre per lei.
Il
signor Giles, dal canto suo, smise di parlare e di fare domande e si limitò a
stringerla forte, sperando, con quel solo contatto fisico, di riuscire a
calmarla e consolarla.
Dopo
qualche minuto tuttavia le sussurrò ad un orecchio: “Adesso è meglio che tu ti
faccia una bella doccia calda e ti cambi, altrimenti, così sudata, ti prenderai
un accidente. Poi se ne hai voglia mi racconti quello che è successo”.
Buffy
annuì e seguì i consigli del suo migliore amico (fu quella la prima volta che
Buffy pensò a Giles in quei termini), mentre lui aspettava pazientemente che
lei fosse pronta. Quindi si incamminarono verso l’albergo. Buffy non aveva
ancora voglia di parlare, non era ancora riuscita a schiarirsi le idee, e Giles
non le forzò la mano: sapeva benissimo che quando la ragazza fosse stata
pronta, l’avrebbe cercato lei stessa…o almeno avrebbe cercato Willow.
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Cordelia
era ancora in giro con Dawn e, esattamente come Buffy aveva previsto, non
avevano trovato nulla per Spike, ma erano riuscite ugualmente a dar fondo ai
risparmi della ragazzina.
Erano
ancora in un negozio, più o meno all’ora di chiusura, quando Cordelia sentì
nascere in lei sorpresa, incredulità, rabbia, rifiuto, dolore e disperazione,
tutto nell’arco di poco tempo. Lei non aveva nessun motivo di provare quel
groviglio disordinato di sentimenti e quindi concluse che quei sentimenti erano
di Angel. Era successo qualcosa… Qualcosa che aveva letteralmente stravolto
quel ragazzo…
Tutto
d’un tratto decise quindi che era tempo di rientrare in albergo: era sicura che
Buffy c’entrasse qualcosa con tutto quel trambusto. Pagò quindi in fretta e
furia quello che già avevano deciso di acquistare e poi trascinò fuori dal
negozio Dawn che protestò malamente per quel brusco cambiamento di programma.
Maledisse tutti i taxi di Galway, dato che non ne passò neanche uno, e quindi
decise di tornare a piedi: camminava talmente velocemente che un paio di volte
Dawn dovette fermarla perché era rimasta indietro. Cordelia sembrava
un’autentica furia.
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Cordelia
e Dawn arrivarono in albergo proprio mentre Buffy, ancora evidentemente
frastornata, stava finendo di raccontare a tutti quanti quello che era successo
quel pomeriggio.
“…poi
lui mi ha chiesto se ci conoscevamo e io, felice come mai negli ultimi anni,
gli ho risposto di sì…” stava dicendo
“Cosa
hai fatto?” chiese Cordelia con il volto stravolto dall’ansia. “Gli hai detto
che noi lo conoscevamo? Ma sei impazzita? Complimenti Buffy: sei un vero
fenomeno di egoismo e menefreghismo!!!”.
“Cordelia
adesso calmati: Buffy è già abbastanza sconvolta, senza bisogno che tu la
attacchi ulteriormente e senza motivo” intervenne Willow in difesa della sua
migliore amica.
“Senza
motivo!?! Io la starei attaccando senza motivo!?! Ha probabilmente appena
distrutto la vita di una persona e tu mi vieni a dire che la sto attaccando
senza alcun motivo!?!”. Nella voce, nel tono e nell’espressione di Cordelia
c’era qualcosa di spaventoso: nessuno l’aveva mai vista così, nemmeno Westley.
“Vuoi
riprendertelo? Vuoi averlo di nuovo tutto per te? Benissimo, non ho nulla in
contrario, ma fallo usando le tue doti femminili. Vuoi riconquistarlo? E allora
seducilo, ma non cercare di fargli ricordare!!! Non puoi essere tanto egoista
da condannarlo alla sofferenza solo perché così potrai avere di nuovo il suo
amore!!!”.
“Non
ti capisco Cordelia: perché se si ricordasse di noi sarebbe condannato?” chiese
Buffy.
“Ma
come fai a non capire, Buffy: non sei una stupida!!! Ragiona un attimo: è
evidente che la stessa forza che lo ha reso nuovamente umano ha provveduto
anche a cancellare i suoi ricordi: se non lo avesse fatto questa non sarebbe
stata una ricompensa, ma una nuova, tremenda, maledizione”.
“Ma
perché dici così, Cordy?” chiese ancora Buffy, la cui mente era ancora troppo
sottosopra per comprendere quello che l’amica voleva dirle.
“Perché
se Angel ricordasse non ricorderebbe solo di quanto ti amava…RICORDEREBBE
TUTTO. Tutto Buffy: ti rendi conto di cosa questo voglia dire? TUTTO. Rispondi
alla mia domanda: in cosa consisteva la maledizione di Angel?” le domandò quasi
con sarcasmo Cordelia.
Buffy
rifletté un attimo, poi, tutto d’un tratto, sembrò capire quello che Cordelia
voleva dire: “Angel fu maledetto a riavere la sua anima perché questa potesse
tormentarlo a causa delle atrocità commesse quando era Angelus…”.
“Centro!!!
Se quel povero disgraziato ritrovasse i suoi ricordi ricorderebbe anche di
essere stato un vampiro e il ricordo di tutte le atrocità che ha commesso
tornerebbe a farlo soffrire. Certo, questa volta la sua sofferenza non sarebbe
eterna, ma cinquanta sessant’anni di rimorso sarebbero comunque una tortura
allucinante, soprattutto visto che Angel ha già ampiamente pagato per i suoi
crimini. E inoltre non c’è essere sulla terra che Brian detesti di più dei vampiri.
Se Brian ricordasse di essere stato un vampiro quella consapevolezza lo
ucciderebbe, Buffy: è questo quello che vuoi?”.
“No,
certo che non è questo quello che voglio!” rispose Buffy fra le lacrime.
Cordelia
sembrò calmarsi un attimo. Nessuno degli altri sembrava in grado di dire una
sola parola.
“Coraggio,
Buffy: non piangere… Mi dispiace di averti attaccata così duramente, ma… Forse
non è ancora tutto perduto: forse non c’è nulla di compromesso”, ma nel momento
stesso in cui pronunciava quelle parole Cordelia si rese conto che non poteva
essere così: la semplice rivelazione del fatto che già si conoscevano non
avrebbe causato in Brian tutte quelle terribili sensazioni. Buffy doveva
avergli detto qualcos’altro. “Cosa gli hai detto oltre al fatto che facevamo
parte del suo passato?” chiese il più gentilmente possibile, ma temendo la
risposta di Buffy.
“Solo
il suo nome. Lui mi ha chiesto quale fosse il suo vero nome e io gliel’ho
detto” rispose tra un singhiozzo e l’altro
“Liam
o Angel?” chiese Cordelia, anche lei con le lacrime agli occhi.
“Angel…
Per noi lui è sempre stato Angel…” rispose Buffy, sperando di aver fatto la
scelta giusta.
Cordelia
impallidì e si lasciò sprofondare sulla poltrona dietro di lei: non aveva
neanche più la forza di parlare. Fu Xander allora a raccontare del colloquio
che la ragazza e Brian avevano avuto quel giorno a pranzo. Una volta che ebbe
terminato il suo racconto nessuno osò parlare. Buffy si teneva la testa fra le
mani, realizzando poco a poco la situazione che si era venuta a creare.
“Ma
perché diavolo non ci ho pensato prima? Perché sono stata così egoista?
Cordelia ha ragione: volevo che Brian ricordasse solo perché sapesse di noi e
della nostra storia…non ho pensato alle conseguenze di quello che stavo
facendo…e adesso gli ho fatto del male, l’ho maledetto un’altra volta e
probabilmente l’ho perso di nuovo… Perché sono così stupida? Ecco il perché di
quella sua reazione: gli ho praticamente detto che era un vampiro… Ecco il
perché dell’odio in quell’ultimo sguardo…”.
Vedendo
la sua disperazione, Willow le si avvicinò, le mise un braccio intorno alle
spalle e quindi la strinse in un abbraccio forte forte.
A
quel punto fu Westley che ruppe il silenzio: “Aspettate ragazzi, magari la
situazione non è così drammatica come sembra: magari, nonostante la prima
reazione, avrà pensato ad uno scherzo. In fondo se qualcuno mi venisse a dire,
di punto in bianco, che sono un vampiro non gli crederei ciecamente… Oppure
magari ha preso la cosa meglio di quanto pensiamo…” cercò di sdrammatizzare.
“No,
Westley: purtroppo non è così. Ho SENTITO chiaramente la sua disperazione…il
suo dolore” disse Cordelia, sicura che il suo collega avrebbe capito quello che
intendeva dire.
“Beh,
se è davvero così non ci resta che andare da lui e spiegargli tutto con calma:
glielo dobbiamo” disse Westley, e tutti quanti decisero di andare con lui alla
locanda dove viveva Brian Keane.
EPILOGO
“Andate
via per favore. Non so cosa sia successo, ma so che non ho mai visto Brian così
sconvolto. Si è chiuso in camera sua e non è ancora sceso…e non credo che lo
farà tanto presto. Lasciatelo stare: vi avevo solo chiesto di non fargli del
male e questo è stato il risultato. Maledizione a me quando vi ho detto dove
trovarlo”. Il tono di Linda non era apertamente ostile, ma le sue parole non
lasciavano molto scampo.
“Per
favore Linda, dobbiamo parlargli. Ha bisogno di spiegazioni e noi siamo gli
unici a potergliele fornire. E’ vero, gli abbiamo fatto del male, ma lo abbiamo
fatto del tutto involontariamente, ed ora vorremmo rimediare, almeno in parte,
alle nostre colpe” cercò di parlamentare Westley.
“Forse
non sono stata abbastanza chiara: qui non siete più i benvenuti. Dovete lasciar
stare Brian, me e mia nonna. Gli porgerò senz’altro i vostri saluti QUANDO
RIUSCIRO’ A PARLARGLI!!! Per quel che mi riguarda non posso far altro che
augurarvi buon viaggio di ritorno a casa” e questa volta era evidente che la
ragazza non avrebbe ascoltato nessun altra argomentazione, e quindi il gruppo
lasciò il locale.
Tornando
in albergo nessuno aveva voglia di parlare.
“Avremmo
dovuto aspettarcelo: fin dall’inizio Linda è stata molto protettiva nei
confronti di Brian” disse infine Dawn.
“Io
direi piuttosto gelosa che protettiva” disse Xander.
“Beh,
non puoi biasimarla: è innamorata di lui” replicò Tara.
“Io
domani non parto”. Erano le prime parole che Buffy diceva da quando avevano
lasciato l’albergo. “Io non torno a Sunnydale se prima non mi sono chiarita con
Angel”.
“Buffy,
cerca di essere ragionevole: non possiamo restare qui in eterno” disse Anya.
“Non
ho assolutamente intenzione di stare qui in eterno: solo fino a quando non
riuscirò a parlargli” disse Buffy senza tradire nessunissima emozione.
“Buffy
ha ragione: non possiamo andarcene. Io resto qui con lei” la sostenne il signor
Giles.
“Faith
e Gunn possono cavarsela da soli per qualche giorno in più, vero Wes?” chiese
Cordelia.
“Certo:
restiamo anche noi con te, Buffy” confermò l’Osservatore più giovane e fu
ricompensato da un tirato sorriso da parte della ragazza.
Stabilirono
che sarebbero rimasti tutti quanti (solo Anya avrebbe preferito rientrare per
riaprire il Magic Shop) e dopo una triste cena in albergo (Buffy non toccò
cibo) se ne andarono tutti a letto, anche se nessuno di loro riuscì a prendere
sonno troppo facilmente.
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Ma
se la notte del gruppo non fu serena, quella di Brian fu un vero incubo.
INIZIO
SOGNO:
Era
a Galway, la riconosceva, ma c’era qualcosa di diverso. Era appena uscito da
una locanda abbracciato ad un amico ed era ubriaco fradicio. Il suo compagno di
bevute stramazzò al suolo pochi passi dopo e lui lo lasciò per andare a cercare
birra e donne in un altro locale; fu allora che la vide: in un vicolo c’era la
creatura più bella che avesse mai visto. Era bionda, riccamente vestita e il
suo atteggiamento era il quadro della nobiltà...era Darla, la vampira che lo
aveva attaccato la sera prima. La avvicinò dicendole che non era prudente per
una dama andare in giro da sola la notte e si offrì di accompagnarla a casa. La
sconosciuta gli disse che lei poteva offrirgli molto di più: l’avrebbe fatto
viaggiare, gli avrebbe fatto vedere il mondo, l’avrebbe liberato dalla schiavitù
di quel suo padre tiranno, lo avrebbe reso libero, potente e temuto. Era tutto
ciò che aveva sempre desiderato e si lasciò affascinare da quella misteriosa
donna. Prima ancora che potesse rendersene conto era fra le sue braccia e la
baciava appassionatamente. Poi la donna staccò le sue labbra dalle sue e si
strinse ancora di più a lui, in modo che il suo mento poggiasse sulla sua
spalla; cominciò a baciarlo sul collo, lungo la giugulare, ma presto quel bacio
si trasformò in un morso. Sentì i denti della vampira penetrargli nella carne;
sentì il sangue che gli veniva sottratto insieme alla vita; sentì il gelo
penetrargli nelle ossa e non sentì più i battiti del suo cuore o il rumore del
suo respiro. Avrebbe voluto reagire, scappare, ma era troppo debole e la presa
di quel mostro era troppo forte per potersene liberare. La donna si staccò dal
suo collo: non era ancora morto, ma sentiva che non sarebbe sopravvissuto.
Allora la donna si ferì il petto e lo costrinse a bere il suo sangue. Ancora
una volta non riuscì ad opporsi: morì così, con il volto appoggiato sul quel
florido petto, con in bocca il sapore metallico del sangue.
Brian
si svegliò di colpo, sudato e tremante. Sapeva benissimo che quello non era
solo un incubo: aveva appena rivissuto il giorno della sua morte…il giorno in
cui era stato trasformato in un mostro.
La
sua mente cominciava ormai a ricordare, ma erano tutte immagini confuse e
sconclusionate, e solo in sogno riusciva a riordinarle. Aveva il terrore di
riaddormentarsi; aveva il terrore di vedere il suo passato sfilargli in sogno.
Ma non poteva fare a meno di dormire: il suo corpo era stravolto e la sua mente
richiedeva il sonno per rimettere tutto in ordine. Quei frammenti di ricordi
erano troppo dolorosi per essere riordinati a mente sveglia e quindi, pur
lottando perché ciò non accadesse, i suoi occhi tornarono a chiudersi e i sogni
si ripresentarono puntuali.
Sognò
di come aveva reso Drusilla un mostro proprio quando aveva deciso di consacrare
la sua vita al servizio del Signore, e di tutto il terrore che insieme a lei,
Darla e Spike avevano seminato in Europa e nel mondo.
Il
sogno gli mostrò poi, uno per uno, tutti i volti delle persone che aveva
barbaramente ucciso e torturato e Brian, pur senza riuscire a svegliarsi,
pianse amaramente nel sonno per quei poveri malcapitati che erano finiti sulla
sua strada.
Ora
erano in Romania e lui aveva di fronte a sé una bimba di poco più di dieci
anni: era dolce e graziosa e soprattutto era terrorizzata. Poteva addirittura sentire
l’odore della sua paura e questo, come sempre, non faceva che amplificare i
suoi istinti demoniaci. Non poteva limitarsi a morderla, nutrirsi di lei ed
ucciderla: aveva in serbo per lei qualcosa di speciale. Non voleva farne una
vampira…non sapeva che farsene di una compagna bambina…ma voleva compiere con
lei il suo capolavoro. Tenne la bimba con sé per più di dieci giorni,
alimentando in lei l’illusione che non le avrebbe fatto alcun male. Finse
addirittura di volerle essere amico, fece in modo che quella piccola creatura
si fidasse di lui, che perfino si affezionasse a lui… Fu solo quando fu
evidente che la bimba si fidava di lui che la attaccò e la uccise, non senza
gustarsi tutta la gamma di emozioni che investirono la piccola gitana: dal
sorriso affettuoso e fiducioso, alla sorpresa; dalle risa che aveva emesso
credendo che si trattasse solo dell’ennesimo gioco, alle urla strazianti che,
nonostante il morso sul collo, riusciva a far sgorgare dalla sua gola; e poi il
dolore fisico e morale per essere stata tradita da una persona della quale
ormai si fidava; e infine la consapevolezza, nonostante la giovanissima età,
della morte che incombeva su di lei. E fu allora che quella bimba gli rovinò
tutto il gusto per quel capolavoro: quando infatti si rese conto del tradimento
e della morte che la aspettava smise di gridare e morì con una dignità che
nessun’altra delle sue vittime aveva mai dimostrato. Era furioso: il suo
divertimento era stato rovinato e quindi decise di oltraggiare ulteriormente la
piccola e il suo orgogliosissimo popolo facendo ritrovare il corpo martoriato
della loro preferita proprio di fronte alla tenda del capo tribù.
FINE
SOGNO
Questa
volta Brian riuscì a vincere sul sonno e si svegliò urlando come un pazzo: gli
occhi di quella gitana erano ancora fissi nella sua mente e il suo sguardo un
attimo prima di morire erano un tormento senza pari.
Linda,
svegliata nel cuore della notte dalle sue urla, bussava alla sua porta
supplicandolo di aprirle, ma tutto quello che la mente allucinata di Brian
riuscì a dirle era di andarsene, che non meritava la sua preoccupazione. “Va
via e dimenticami. Io non ti merito” fu tutto quello che riuscì a dirle. La
ragazza tuttavia non volle sentire ragioni, e continuò a bussare alla porta per
tutto il resto della notte, ma questo non impedì a Brian di riaddormentarsi e
di sognare ancora.
INIZIO
SOGNO
Era
ancora in Romania, ancora nei pressi del villaggio dei nomadi e stava ancora
cercando il modo di vendicarsi per il suo mancato divertimento. Poi improvvisamente
un dolore atroce e qualcosa che pervadeva il suo corpo, imprigionando il mostro
che era in lui. E fu di nuovo un essere umano…o almeno così gli parve in un
primo momento. Si rese ben presto conto che non era così: era ancora un
vampiro, ma un vampiro con dei sentimenti umani…un vampiro con un’anima, come
gli spiegò il capo tribù gitano: “Sei stato maledetto: maledetto a riavere la
tua anima in modo che questa ti tormenti per l’eternità. Adesso vattene, misera
larva, e patisci fino alla consumazione dei secoli per il dolore che hai
arrecato a me e alla mia gente”. In quel momento un profondo ribrezzo per ciò
che era ed un rimorso senza fine per tutto ciò che aveva commesso si
impadronirono della mente del vampiro. Si vide per le strade di mezza Europa
prima e per quelle di Los Angeles poi a dare la caccia a piccoli topi per
nutrirsi, sentendosi in colpa anche per quei miseri esseri. Rinnegato da i suoi
simili e rifiutato dagli uomini non era più né carne né pesce, e viveva
un’esistenza ai margini di tutto, struggendosi nel rimorso e nel disprezzo per
se stesso. Passò così più di cento anni fino a che non gli venne data una
possibilità: gli venne mostrata una ragazzina di nemmeno quindici anni e gli
venne detto che lei era la prescelta…quella sarebbe stata la nuova Cacciatrice.
Gli chiesero di aiutarla restando nell’ombra e di proteggerla dai mille
pericoli che l’attendevano. Fu così che conobbe Buffy Summers, e fu così che se
innamorò perdutamente.
FINE
SOGNO
Alla
comparsa di Buffy nel suo sogno Brian si sentì meglio: il suo respirò rallentò
e i battiti del suo cuore si fecero più regolari.
Continuò
a sognare di tutte le avventure che avevano affrontato insieme e di tutti i
nemici che avevano sconfitto.
Si
ripresentò anche lo stesso identico sogno della notte prima, ma adesso
comprendeva quel sogno: si vide regalare a Buffy l’anello Claddagh e riassaporò
le sensazioni di quella prima volta nella sua vecchia casa. Ma questa volta il
sogno non si interruppe come la sera prima e Brian fu immediatamente consapevole
della rottura della maledizione e di tutto quello che questo comportava.
Rivisse
la notte in cui, nella scuola, aveva ucciso la signorina Calendar che,
discendente di quella stessa antica tribù di gitani che lo aveva maledetto,
aveva recuperato il rituale per maledirlo un’altra volta.
Sognò
del risveglio di Achatla, della lotta con Buffy, della nuova maledizione e
della sua discesa all’inferno.
Il
solo fumoso ricordo dei tormenti patiti in quel luogo rischiò di fare impazzire
Brian; tuttavia non successe nulla di tutto ciò: se non era impazzito allora
non sarebbe certo impazzito adesso.
Il
film della sua vita scorse nei sogni di Brian ininterrottamente, e senza
tralasciare il minimo particolare: vide il suo ritorno nel mondo e la sua lotta
per tornare ad essere vagamente umano; vide gli sforzi che compì insieme a
Buffy per non soccombere al loro sentimento; rivide i volti di Faith e del
Sindaco e la diffidenza e l’ostilità aperta del signor Giles e di Xander;
ricordò della promessa fatta alla madre di Buffy e del ballo scolastico;
rivisse il giorno dell’Ascensione e il successivo, dolorosissimo, addio a Buffy
in una sera di fumo e nebbia.
Rivide
e riconobbe i volti di Doyle, di Kate, di Gunn e persino quello di Riley Finn.
Ricordò anche di quel dolcissimo e meraviglioso giorno da essere umano che
aveva vissuto insieme a Buffy e seppe che la ragazza non ricordava nulla. Sognò
del bacio che lui e Buffy si erano scambiati seduti sotto un albero al funerale
della madre di lei e ricordò anche della morte della Cacciatrice per salvare
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A
quel punto Brian si svegliò definitivamente.
Era
ormai mattina e la sua mente era finalmente lucida: là, dove fino al giorno
prima c’era stata una nebbia impenetrabile, c’erano ora i suoi ricordi,
precisi, ordinati, completi…ed inesorabili.
Si
sentiva completamente svuotato, privo di qualsiasi energia: si meravigliò
addirittura che il suo cuore avesse ancora la forza di battere.
Già,
il suo cuore…e proprio lì stava la più grossa contraddizione di tutta quella
faccenda.
“Io
ero un vampiro, e su questo, che mi piaccia o no, non ci sono dubbi. Eppure
adesso il mio cuore batte, mi posso abbronzare e svengo alla sola vista del
sangue. Come è possibile tutto ciò? Cordelia ha detto che sono riuscito a
salvare Buffy, e anche questo è un dato di fatto, ma allora perché non ricordo
nulla a riguardo? Cordelia ha anche detto che sono morto per salvare Buffy, ma
allora come si spiega il fatto che io ora, invece che morto, sono molto più
vivo di prima?”.
C’erano
ancora molte domande a cui doveva trovare una risposta, e sapeva benissimo a
che rivolgersi per ottenere quello che cercava, ma non se la sentiva di
affrontare Buffy e la sua banda.
In
un certo senso era in collera con loro: erano piombati nella sua vita senza il
minimo preavviso, e in meno di due giorni l’avevano completamente sconvolta.
Prima del loro arrivo lui era un semplice ragazzo che aveva subito qualche
trauma che aveva cancellato il suo passato; ma si era costruito una nuova vita,
con una nuova compagna che lo adorava al suo fianco, un lavoro che gli piaceva
e degli amici con cui divertirsi la sera e nei week-end. Ora invece era un
sanguinario vampiro che per secoli aveva seminato terrore e morte in tutta
Europa; era la leggenda vivente di quella piccola cittadina in cui viveva e che
Linda raccontava a tutti i turisti che visitavano palazzo O’Donnell: lui era
veramente Liam O’Donnell, non gli somigliava soltanto!!! In meno di due giorni
aveva completamente dimenticato il suo amore per Linda e l’aveva tradita con
una ragazza che quasi neanche conosceva. Si era trasformato in tutto quello che
più aveva sempre odiato e deprecato: e tutto questo a causa di quel gruppo di
americani!!!
No,
non era ancora pronto ad affrontarli, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto
farlo; si rese anche conto che quel momento sarebbe arrivato molto prima di
quanto si aspettasse: dato che quella sera stessa sarebbero partiti doveva
incontrarli quel giorno stesso oppure non avrebbe mai trovato le risposte che
cercava.
Facendo
violenza a se stesso si alzò dal letto, si fece una doccia che questa volta lo
aiutò a sentirsi un po’ meglio, chiamo alla palestra per dire che si sarebbe
preso una giornata di ferie ed uscì dalla sua stanza.
Quando
aprì la porta trovò Linda addormentata con la schiena appoggiata allo stipite:
era rimasta lì tutta la notte pregandolo di farla entrare per aiutarlo fino a
che non era crollata. A quella visione sentì un affetto enorme rinascergli nel
cuore, ma capì anche che quel sentimento, per quanto sincero e profondo, non
avrebbe mai potuto competere con l’amore totale che lo legava a Buffy.
Quell’amore era talmente potente che, pur non ricordando nulla del loro passato
insieme, lui l’aveva riconosciuta…aveva riconosciuto in lei la sua anima, e
anche adesso che era arrabbiato con quella ragazza non riusciva a smettere di
amarla con tutto se stesso.
Si
chinò e prese delicatamente in braccio Linda, cercando di non svegliarla; la
portò nel suo letto, le sistemò le lenzuola, le diede un tenero bacio sulla
fronte e uscì diretto all’albergo in cui alloggiavano Buffy e gli altri.
Quando
Brian arrivò all’albergo la receptionist gli disse che Buffy e il suo gruppo
erano usciti molto presto quella mattina, ma l’irlandese non si scoraggiò:
aveva preso la decisione di affrontarli e non ci avrebbe rinunciato per un
inconveniente. Si sedette dunque su una poltroncina della hall dell’albergo ed
aspettò pazientemente che tornassero per più di un ora.
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Quella
mattina Buffy aveva deciso di cercare nuovamente di parlare con Brian e tutti
gli altri l’avevano seguita.
Dato
che tornare alla locanda sarebbe solo servito a farsi sbattere fuori un’altra
volta da Linda, decisero di cercarlo alla palestra dove lavorava: le
probabilità che il ragazzo andasse a lavorare il giorno dopo le terribili rivelazioni
sul suo passato, come se nulla fosse accaduto, erano decisamente molto basse,
ma provare non costava nulla, ed era sempre meglio che starsene con le mani in
mano.
Tuttavia,
come avevano previsto, alla palestra gli riferirono che Brian aveva preso qualche
giorno di ferie e che quindi, se proprio avevano urgenza di parlargli,
avrebbero potuto trovarlo alla locanda La vecchia Irlanda, dove viveva. A Buffy
quasi venne da ridere…
Tornarono,
sconsolati, in albergo. Non sapevano proprio i quale altro posto cercarlo. Dato
che comunque ormai la partenza era stata rinviata a data da determinarsi,
decisero che quella sera si sarebbero nuovamente divisi e lo avrebbero cercato
al porto e nel parco…anche questo tanto per provare…
Quando
Buffy entrò nella hall questa era apparentemente vuota, ma lei sentì subito un
balzo al cuore. Non lo aveva visto…non poteva averlo visto, dato che Brian era
sprofondato in una poltrona che dava le spalle all’entrata…ma sapeva con ogni
fibra del suo corpo che lui era lì.
“Angel!!!”
esclamò ad alta voce.
Brian,
distrutto dopo una notte tormentata, si era quasi addormentato su quella
poltrona e quindi non li aveva sentiti entrare, ma al solo sentir pronunciare
quel nome…il SUO nome…si sentì accartocciare lo stomaco; le lacrime gli
salirono agli occhi, ma si ordinò di ricacciarle da dove erano venute, e quando
ripose la sua voce suonò alle sue orecchie stranamente calma e distaccata.
“Il
mio nome è Brian” disse, alzandosi e mostrandosi a tutto il gruppo.
Nell’istante
stesso in cui lo vide, le parole di Cordelia caddero addosso a Buffy come
autentici macigni: la verità lo distruggerà. Era vero… Era dannatamente vero:
l’uomo che avevano di fronte era ridotto ad uno straccio. Nei suoi occhi, là
dove c’erano state allegria, cordialità e voglia di vivere, c’erano ora solo
dolore, disperazione e disprezzo. Disprezzo per quello che era stato e, forse,
disprezzo anche per chi gli aveva causato tutto questo, costringendolo a
ricordare. Ciò che doveva aver patito durante quella notte era scolpito in ogni
solco del suo viso, nelle occhiaie scure che circondavano quei suoi bellissimi
occhi nocciola, nel pallore del volto e nell’assenza di quel sorriso che mai
aveva abbandonato le sue labbra da quando, due sere prima, lo aveva ritrovato.
“Ora
non ci sono più dubbi. Ora lo riconosco. Ora so con certezza che quello è
veramente Angel” pensò Xander, che solo in quel momento si rese conto che non
aveva mai creduto fino in fondo che quel ragazzo così allegro e spensierato
potesse essere la stessa anima tormentata che aveva mal sopportato per tanto
tempo.
Di
fronte a quella dolorosa trasformazione Buffy si sentì un verme; si sentiva
responsabile perché, al di là delle sue reali colpe, lei aveva veramente
desiderato che Brian ricordasse…voleva che ricordasse per tornare ad essere al
centro del suo cuore…voleva che ricordasse senza preoccuparsi delle conseguenze
che ciò avrebbe avuto. E adesso quelle conseguenze le venivano sbattute in
faccia come un guanto di sfida, e lei si sentiva sconfitta in partenza.
“Ti
stavamo cercando. Dobbiamo parlarti: ti dobbiamo delle spiegazioni” disse
Giles, e Brian annuì debolmente.
“Sì,
ho bisogno di farvi alcune domande”.
Cordelia
era muta: sentiva la sua confusione, la sua paura e sapeva benissimo quello che
pensava dei vampiri e quindi di se stesso. Si sentiva schiacciata da tutte
queste emozioni e s chiedeva come invece Angel riuscisse a sopportarle. “Io
sarei impazzita, non avrei neanche superato una notte come quella che deve aver
passato. Forse l’ho sottovalutato: è molto più forte di quanto lo credessi; è
molto più forte ora di quando ci ha lasciati…”.
“Io
sono un vampiro?” chiese a bruciapelo, e quella domanda così indiretta
interruppe il filo dei pensieri di Buffy, Cordelia e tutti gli altri.
Solo
Westley e Giles mantennero l’imperturbabilità necessaria per rispondere al
ragazzo: “Lo sei stato” disse l’Osservatore più anziano.
“Cosa
diavolo vuole dire Lo sei stato? O lo sono o non lo sono; o sono umano o sono un
vampiro: non ci sono vie di mezzo. E io sono umano adesso, vero?” chiese di
nuovo, ma questa volta la sua voce risultava leggermente incrinata dalla
tensione e dalla paura.
“Certo
che tu sei umano ora: su questo non ci sono dubbi” rispose con calma e gentilezza
Westley. “Ma fino a tre anni fa tu eri un vampiro. Tu eri Angel, o Angelus se
preferisci…”.
“Non
preferisco proprio un bel niente!” disse ora con rabbia l’irlandese, ma Westley
continuò, ignorando quel comprensibile sfogo.
“Tu
eri Angel e noi lavoravamo insieme” disse, indicando se stesso e Cordelia.
“E
poi cosa è successo: una mattina, ho deciso di prendere un po’ di tintarella e
mi sono accorto che a luce del sole non mi mandava più a fuoco?” fece una pausa
per riprendere fiato. “Voi affermate che io ero un vampiro, ma mi chiedo se vi
rendiate minimamente conto delle assurdità che sostenete. Ho fato stranissimi e
terribili sogni questa notte…sogni talmente reali da sembrare veri…sogni che se
non fossero completamente folli avrei catalogato come ricordi…ma… Ma non è
possibile! Un uomo può, ahimè, diventare un vampiro, ma un vampiro, anche se ha
un’anima, non può ritornare un uomo. Quindi tutta questa storia del vostro
amico Angel è una pazzia e la dimostrazione di questo e che, lo hai detto tu stesso
Westley, io sono indubbiamente umano”. Ormai Brian non riusciva più a
trattenere le lacrime e la rabbia che sentiva erompere dentro di sé.
“Mi
rendo conto che tu sia sconvolto e che tutta questa storia ti appaia come
un’immensa follia, ma ti posso assicurare che una spiegazione plausibile
esiste” intervenne Giles, cercando di calmarlo. “Tu hai appena affermato che un
vampiro non può tornare un essere umano e, fino a due giorni fa, io non avrei
avuto niente da dire in contrario. Ma, come in tutte le cose, c’è sempre una
prima volta: e tu, Brian, sei quella prima volta. Sei stato il primo vampiro ad
avere un’anima; sei stato il primo vampiro a decidere di lottare contro il
male…e sei stato il primo vampiro a tornare uomo. Il primo e probabilmente anche
l’unico…ma è proprio così che è andata”. Giles e Westley presero allora a
raccontargli delle Alte Sfere e della ricompensa che attendeva Angel, e, mentre
li ascoltava parlare, senza aver più nemmeno la forza di parlare a sua volta,
Brian i rendeva conto che lui sapeva benissimo già tutto quello che i due
stavano dicendo… Brian si rese conto che quella spiegazione era effettivamente
plausibile…e questa consapevolezza lo gettò in uno stato di angoscia ancora più
profondo.
“Angel,
ti prego, dì qualcosa?” lo supplicò Buffy in un sussurro.
“Mi
sembra di averti già detto che il mio nome è Brian! Ed ora aggiungo che me ne
infischio delle vostre spiegazioni assurde…” disse, mentendo prima a se stesso
che agli altri. “Io non vi credo: non vi credo ora e non vi crederò mai, e voi
non riuscirete a convincermi che quel mostro che ha ucciso migliaia di persone
solo per il gusto di vederle morire terrorizzate ero io. Io non sono certo un
santo, ma nemmeno un demonio…”.
“Certo
che non lo eri. Era Angelus ad essere un demone: Angelus, non tu. Viveva nel
tuo corpo, ma non eri tu! Sono state le tue mani e i tuoi denti a commettere
tanti omicidi, ma non il tuo cuore, non la tua mente…non la tua anima: era
lui…non tu” cercò di calmarlo Buffy, ma fu tutto inutile.
Brian
ormai non era più disposto ad ascoltarli: sapeva benissimo che stavano dicendo
la verità, ma la sua mente rifiutava categoricamente di accettarlo. Voleva solo
andarsene, voleva allontanarsi dalla sofferenza e da coloro che gliela
procuravano. Voleva che lo lasciassero in pace; voleva tornare alla locanda,
abbracciare Linda, dare un bacio alla nonna e continuare a vivere la sua nuova
vita. Voleva che quei ricordi che per tanto tempo aveva cercato, svanissero di
nuovo: non riusciva a sopportare l’immagine dei volti di sua sorella, di suo
padre, della bambina gitana e di tutte le vittime di quello che era stato. Non
voleva più ricordare il loro dolore e il suo piacere nel procurarglielo. Non
poteva sopportare tutto questo: doveva dimenticare di nuovo, e non avrebbe potuto
farlo fino a che quelle persone fossero rimaste nella sua vita.
Il
suo cuore urlava al solo pensiero, ma la sua testa gli diceva che Buffy doveva
andarsene: la ragazza che solo poche ore prima aveva stretto fra le braccia, la
ragazza che aveva saputo di amare prima ancora di ricordare di averla già
amata, l’altra metà della sua anima che possedeva l’altra metà del suo anello…
Willow
vide la disperazione crescere nei suoi occhi fino all’inverosimile, e provando
una grande pena per lui gli chiese: “Possiamo fare qualcosa per aiutarti?”.
“Sì,
una cosa potete farla: andate via” fu tutto quello che riuscì a dire.
“Tornatevene in America, alla vostra cittadina piena di mostri e vampiri, e
lasciatemi in pace a vivere la mia vita. Prendete il primo volo e non tornate
mai più a Galway: io non vi voglio più vedere…io… IO VI ODIO” e con il volto
stravolto dalle lacrime uscì correndo dall’albergo, lasciandoli tutti
ammutoliti e angosciati.
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Brian
vagò senza meta per le strade di Galway per più di due ore, perso in una marea
soffocante di emozioni, pensieri, immagini, suoni e dolore. Quando la sua mente
riacquistò quel minimo di lucidità necessaria per formulare dei pensieri
compiuti si rese conto di essere giunto alla cima della collina del parco dove,
solo due sere prima, tutto era cominciato.
“Possibile
che siano passati meno di due giorni?” si chiese. “Io mi sento invecchiato di vent’anni…
e invece non sono neanche passati due giorni…”.
Man
mano che la sua mente si chiariva, Brian prese a riesaminare gli avvenimenti di
quella mattinata. “Perché mi sono comportato in quel modo? Io non voglio che se
ne vadano…io non voglio che LEI se ne vada!!! Eppure gli ho detto di farlo: gli
ho detto di sparire per sempre dalla mia vita. Perché l’ho fatto? Io so che
loro hanno ragione e so anche che non volevano procurarmi questo strazio…eppure
li ho cacciati lo stesso… Me la sono presa con loro, ho maledetto il giorno del
loro arrivo (dimenticandomi che se non fossero mai venuti a Galway io ora sarei
DI NUOVO un vampiro) e li ho trattati come se fossero dei nemici… Perché l’ho
fatto?”.
La
risposta a quelle domande era, nella mente di Brian, sin troppo chiara.
Al
risveglio, quella mattina, Brian, pur consapevole dell’autenticità dei suoi
ricordi, si era aggrappato all’apparentemente inspiegabile fatto che ora era un
essere umano, per rifiutare l’idea di essere stato un vampiro: non potendo i
vampiri tornare degli uomini, ed essendo lui un uomo, questo stava a
significare che non poteva essere mai stato un vampiro.
Li
aveva cercati per avere la conferma che essi non sapevano come Angel avesse
potuto trasformarsi in Brian...li aveva cercati per avere la conferma che
quella trasformazione era impossibile… E invece loro avevano una spiegazione,
ed era più che plausibile: ora ricordava benissimo quel colloquio con le Alte
Sfere.
E
con quella spiegazione tute le sue speranze erano andate a rotoli: doveva ormai
accettare l’odiosa ed insopportabile realtà: lui, Brian Keane, il cui più
grande odio era rivolto verso vampiri, era stato un vampiro lui stesso, e della
peggior specie.
Aveva
odiato e scacciato Buffy e i suoi amici perché avevano ucciso in lui anche
l’ultima speranza, perché avevano distrutto anche l’ultimo baluardo che ancora
gli permetteva i non accettare quella straziante verità; lo avevano gettato in
pasto alla cruda realtà completamente nudo e disarmato e lui era stato
annientato in pochi istanti da quella realtà.
“Ma
non è certo stata colpa loro” urlava il suo cuore, e la sua mente si rendeva
finalmente conto che non aveva torto: loro non c’entravano, loro avevano solo
cercato di aiutarlo.
Avrebbe
voluto tornare all’albergo; avrebbe voluto chiedere loro scusa per il suo
comportamento; avrebbe voluto chiedere a Buffy di non lasciarlo solo proprio in
quel momento; avrebbe voluto abbracciarla, baciarla e piangere, lasciando che
il dolore fuoriuscisse da lui tramite quelle lacrime versate su una spalla
amica…
Avrebbe
voluto fare molte cose, ma, tutto ad un tratto, si sentiva terribilmente
stanco, completamente vuotato da qualsiasi energia.
Non
provava più nulla, non vedeva né sentiva più nulla… Era solo drammaticamente
conscio che non sarebbe più riuscito a vivere con la consapevolezza delle vite
che aveva stroncato; non riusciva nemmeno a comprendere come per più di cento
anni fosse riuscito a convivere con quei rimorsi. Evidentemente qualcosa lo
aveva sostenuto, e non si trattava solo dell’amore di Buffy, ma adesso non
riusciva davvero ad immaginare cosa avesse potuto farlo…
Le
gambe non lo reggevano più; appoggiò una mano al tronco dell’albero sulla cima
della collina, ma non avvertì al tatto la superficie rugosa della sua
corteccia. Gli sembrava di essere piombato nel bel mezzo del nulla, i suoi
sensi erano azzerati e le sue palpebre erano terribilmente pesanti.
Senza
neanche rendersene conto si sedette, appoggiando la schiena al tronco
dell’albero e si addormentò profondamente, distrutto, senza neanche la forza di
muovere un dito.
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“Ciao
Spike” disse al telefono Dawn senza alcun entusiasmo.
“Ehi,
Briciola, se chiamarmi ti procura tutto questo entusiasmo potevi anche evitare
di farlo” rispose da Sunnydale il vampiro ossigenato, ferito più di quanto lui
stesso avrebbe mai ammesso dal tono di voce della ragazza.
“Scusami,
hai ragione, ma non fraintendermi: non ce l’ho con te e sentirti non mi
dispiace affatto, anzi, è che qui le cose non vanno molto bene; anzi, per dirla
tutta abbiamo combinato un autentico disastro” si scusò sconsolata Dawn.
“Su
piccola, che cosa avrete mai potuto combinare di tanto grave da meritarsi l’appellativo
di disastro?” cercò di scherzare Spike, anche se dal tono della sua amica aveva
capito che qualcosa di importante doveva essere successo durante quella gita
irlandese.
“Abbiamo
prima ritrovato Angel, e poi lo abbiamo perso di nuovo. Per sempre, temo”.
“Avete
ritrovato chi?!?” urlò nella cornetta un incredulo Spike.
Dawn
raccontò al vampiro, per filo e per segno, senza omettere un solo particolare,
tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni, compresa la brusca conversazione di
quella mattina che l’aveva scioccata in modo particolare.
Spike
ascoltò senza dire una parola, senza mai interrompere la ragazza, sentendo che
l’incredulità iniziale lasciava poco a poco il passo allo stupore prima e alla
tristezza poi. Quando Dawn terminò il suo racconto tutto quello che riuscì a
chiedere fu: “Buffy come sta?”.
“Come
vuoi che stia? E’ letteralmente a pezzi. E da questa mattina che non dice una
sola parola: è sdraiata sul letto che fissa, immobile, il soffitto da quasi
quattro ore. Non ha mosso un muscolo, non ha nemmeno versato una lacrima. Dopo
la lite di questa mattina è tornata in camera, ha preparato le valige come e
fosse un automa e poi si è stesa sul letto…e adesso è ancora lì. Avresti dovuto
vedere come era eccitata e felice solo due sere fa: aveva ritrovato Angel,
aveva ritrovato il suo amore, e io avevo visto riaccendersi nei suoi occhi una
scintilla che non vedevo più da tempo. Io credevo che quella luce nei suoi
occhi si fosse spenta a causa della sua permanenza in quel maledetto limbo, ma l’altra
sera ho capito che in realtà si era spenta alla morte di Angel. Avresti dovuto
vederla con i tuoi occhi Spike: io non riesco a spiegarti a parole quanto fosse
felice…”. Un singhiozzo ribelle ruppe la voce di Dawn. “Non sopporto di vederla
così com’è in questo momento. So che si sente colpevole per quello che è
successo, e vorrei poterla aiutare, ma non so assolutamente come farlo, e,
anche se lo sapessi, non credo che lei si lascerebbe aiutare. Ma io non posso
vederla in questo stato…non posso…”. A questo punto Dawn non cercò neanche più
di trattenere le lacrime, e ruppe in un pianto sconsolato. “E in più sono
preoccupata per Angel…”.
“Su,
coraggio Briciola. Almeno per Angel non ti preoccupare: lo conosco bene e ti
assicuro che non è un debole, uno che si arrende alla prima difficoltà.
Piuttosto prenditi cura di tua sorella, anche solo standole vicino e
stringendole la mano: anche se apparentemente non si accorgerà neanche della
tua presenza vedrai che le sarai di grande aiuto, e quando si riprenderà dal
trauma sarà la prima a ringraziarti per esserle stata vicina” le consigliò il
vampiro.
“Grazie
Spike. Farò come dici: speriamo che tu abbia ragione sia per quello che
riguarda Buffy che per quello che riguarda Angel” mormorò Dawn, sinceramente
grata a quel vampiro che sapeva sempre cosa dire per farla sentire meglio…o
anche semplicemente meno peggio.
“Solo
una cosa, Briciola: quando tornate?” chiese ancora Spike.
“Non
volevamo partire fino a che non avessimo chiarito con Angel: ora lo abbiamo
fatto e lui è stato estremamente esplicito a proposito. Lui non vuole più
vederci e così noi prendiamo il primo volo di domani mattina per Los Angeles:
partiamo alle 10:30. Avremmo voluto partire questa sera stessa, com’era
previsto, ma ormai i posti in aereo erano già stati venduti e quindi non ci
resta che restare qui anche questa notte”.
“Allora
ci vediamo presto. Coraggio, devi essere forte anche per tua sorella in questo
momento. Devi essere abbastanza forte per tutte e due e io so che ce la puoi
fare. Salutami tutti”.
“Certo
Spike, e grazie ancora” disse Dawn e riagganciò il telefono.
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Brian
vagava in una nebbia inconsistente. Il suo corpo era ancora seduto ai piedi
dell’albero sulla collina, apparentemente addormentato, ma il ragazzo era
perfettamente conscio del fatto che lui non stava affatto dormendo e che quella
nebbia non era un sogno.
Intorno
a lui non c’era assolutamente nulla…solo nebbia…nebbia in tutte le direzioni…all’infinito.
Tuttavia Brian non provava paura…era troppo stanco persino per avere paura…
Poi,
all’improvviso, sentì una risata alle sue spalle, e una voce infantile che
gridava allegra: “Un angelo, un angelo: Liam è tornato ed un angelo…”. Ricordava
di nuovo benissimo quelle parole e quella tenera voce. Si voltò lentamente, e
di fronte a sé vide la sua sorellina, la sua adorata Katie che gli sorrideva
come sempre aveva fatto. Era bellissima e sul suo volto e sul suo collo non
c’era nessuna traccia della terribile morte che l’aveva strappata, troppo
giovane, al mondo.
“Finalmente
sei tornato: ti aspettavo da così tanto tempo… Ma avevi un compito da svolgere
e non potevi certo pensare alla tua piccola sorellina… Ma ora sono contenta che
tu sia qui, anche perché se sei qui vuol dire che sei riuscito a portare a
termine ciò che ti era stato assegnato…e non era cosa da poco… Mi dispiace solo
che presto te ne andrai di nuovo, e questa volta per sempre, ma è giusto così,
ed io non posso che essere felice per te” disse la bimba.
Brian
non capiva fino in fondo quello di cui stava parlando sua sorella; l’unica cosa
che frullava nella sua testa era che lui l’aveva uccisa…quella bimba era stata
la sua prima vittima.
“Ma
come puoi essere contenta di vedermi? Io, che ti amavo più di ogni altra
persona al mondo, ti ho barbaramente uccisa, proprio mentre tu tendevi le
braccia per abbracciarmi!!! Tu dovresti odiarmi, dovresti provare ribrezzo per
quello che ho fatto a te, ai nostri genitori, ai nostri amici e ad un sacco di
altre persone la cui unica colpa era stata quella di essere nel posto sbagliato
al momento sbagliato!!! Io sono un mostro!!!” singhiozzò Brian senza ritegno.
“Perché
mai dovrei odiarti o provare disprezzo per te, Liam? Tu sei mio fratello, il mio
adorato fratello, che mi ha consolata e difesa mille volte in pochissimi anni…”
disse incredula Katie.
“Ma
io ti ho uccisa!!!” urlò Brian.
“No,
Liam. Il demone che si era impossessato del tuo corpo mi ha uccisa: non sei
stato tu. Mentre quell’essere mi mordeva, dentro di lui io sentivo la tua voce
che urlava di lasciarmi stare, ti sentivo piangere e lottare contro qualcosa
che era mille volte più forte di te… Non potevi vincere contro di lui…almeno,
non potevi farlo in quel momento…e io non ti serbo alcun rancore per questo,
Liam”.
La
bimba allungò verso il suo volto la sua mano incorporea. Brian credeva che
neanche si sarebbe accorto di quel tocco, che l’avrebbe trapassato come un
fantasma. Si stupì quindi nel sentire il calore di quella piccola mano che gli
asciugava una delle tante lacrime che gli rigavano il volto.
“So
benissimo che tu non mi avresti mai fatto del male…so benissimo che non avresti
mai fatto del male a nessuno… Ma se è il mio perdono che ti serve per vivere
serenamente, allora io ti perdono. Non ho motivo di doverti perdonare, ma se
questo ti può servire, allora sì, allora ti perdono…” disse ancora Katie, e
questa volta fu la sua guancia a essere bagnata da una lacrima.
A
quelle parole Brian si sentì sollevato: il perdono delle vittime del suo demone
era quello di cui aveva bisogno per non impazzire. Era stata la speranza di un
perdono che lo aveva aiutato a sopravvivere alla sua coscienza. Tutti gli anni
che aveva passato a combattere contro il male fuori e dentro di lui erano stati
un tentativo di ottenere quel perdono…solo ora se ne rendeva conto…solo ora che
aveva ottenuto il perdono di almeno una delle vite che aveva spezzato.
“Ma
io non sono sola!!!” esclamò Katie, che aveva seguito il filo dei pensieri del
fratello come se lui li avesse pronunciati ad alta voce. “Ci sono nostro padre
e nostra madre qui con me, e tu non hai idea di quanto lui sia orgoglioso di te
in questo momento…” e mentre Katie nominava i loro genitori ecco che anche loro
apparivano al suo fianco: Edwin O’Donnell aveva ancora un’espressione seria ed
austera nei suoi occhi, ma la disapprovazione e il disgusto che avevano sempre
albergato in quegli stessi occhi ogni volta che il suo sguardo si era posato,
in vita, sul suo figlio maggiore, non esistevano più; non ce n’era più traccia
e, anzi, proprio come aveva detto Katie, ora traboccavano di orgoglio e di
felicità per quell’erede ritrovato. Nessuna traccia i dolore e di risentimento
era presente sui volti dei suoi genitori, e quando il padre allargò le braccia per
invitarlo ad abbracciarlo Brian realizzò uno dei sogni di tutta la sua vita di
mortale: finalmente aveva l’approvazione di suo padre, e, anche se ancora non
riuscisse a capire cosa avesse fatto per meritarsela, si sentì felice come un
bambino che ritrova qualcosa di prezioso che credeva di aver perso
irrimediabilmente.
“Poi
ci sono anche la mia amica Maira…”, e Brian vide apparire la piccola bambina
gitana per la cui morte era stato maledetto, “e la mia amica Iana, anche se
probabilmente tu ti ricordi di lei con il nome di Jenny”, e a queste parole
apparve anche la signorina Calendar. Tutte e due le nuove arrivate sorridevano
all’indirizzo di Brian e i loro occhi esprimevano una gratitudine immensa.
Poi
Katie andò avanti a nominare, una per una, tutte le vittime della ferocia di
Angelus, e man mano che la sorella le nominava queste apparivano alla vista di
Brian. L’irlandese si stupì di come nessuna di quelle persone, persone che i
suoi denti avevano ucciso, si mostrò meno che grata nei suoi confronti e felice
di vederlo in quel luogo.
Al
termine di quell’elenco lungo in modo straziante Brian fu preso dalla
confusione.
“Io
non capisco… Io vi chiedo perdono…” balbettò.
“Tu
hai già il nostro perdono, Angel” e questa volta fu la signorina Calendar a parlare.
“Non solo hai il perdono di tutti noi, ma hai anche la nostra eterna
gratitudine. Tu ci ha salvati…Tu ci hai liberati…”.
“Io
vi ho uccisi…” disse Brian, sempre più confuso.
“No,
ti sbagli. Tu hai trovato dentro di te la forza per combattere contro il demone
che abitava il tuo corpo. Tu hai lottato contro di lui per più di cento anni:
non è stato facile, e ci sono stati momenti in cui abbiamo temuto che tu
soccombessi definitivamente; ma tu non lo hai fatto: sei caduto,ma ti sei
sempre rialzato, non ti sei mai arreso e non hai mai cessato di combattere…e
alla fine hai vinto” continuò
“Se
anche è vero che ho vinto, la vittoria non è merito mio: è stato il tuo popolo
prima e Willow poi, grazie alla maledizione, a sconfiggere Angelus” ammise
tristemente Brian.
“Anche
questa volta ti sbagli, Angel: se è vero che un istante di pura felicità ha
rotto la maledizione è altrettanto vero che questa non avrebbe avuto nessun
effetto se la tua anima non fosse stata abbastanza forte e determinata. Se la
tua fosse stata l’anima di un debole, di un malvagio, non ci sarebbe stata
maledizione che avrebbe potuto intralciare la furia di Angelus. La maledizione
ti ha forse aiutato, ma la guerra l’hai vinta tu, tu e tu solo, Angel. Sei tu
che ci hai liberato, non la maledizione del mio popolo”.
“Cosa
vuol dire che vi ho liberato? Liberato da cosa?” chiese ancora il ragazzo.
“La
morte violenta a cui ci ha destinato Angelus ci ha relegati in questo limbo
infernale dove, anche da morti, eravamo suoi schiavi. Anche quando ti
apparivamo in sogno, per tormentarti, lo facevamo solo perché era lui ad
obbligarci: lui voleva farti impazzire dal dolore, voleva indebolirti per poter
infine riemergere, e per farlo si serviva di noi. Ma in realtà nessuno di noi
ce l’ha mai avuta con te Angel, nessuno…a nessuno di noi dovevi chiedere
perdono, perché la tua unica colpa era stata quella di essere un ragazzo
infelice in un’epoca infelice. Ma tu ora hai definitivamente sconfitto il tuo
demone. Il tuo gesto d’amore, il tuo donare la vita per salvare quella di Buffy
ha annientato Angelus e ha liberato noi: ora possiamo godere in pace e per
l’eternità di questo paradiso”.
Brian
avrebbe voluto ridere: “Un paradiso questa distesa di nebbie a perdita
d’occhio?”. Ma quando alzò lo sguardo per guardarsi intorno si ritrovò in un
dolcissimo giardino in cui piante e fiori crescevano rigogliosi mentre uccelli
e innocui insetti erano intenti a costruire nidi e a succhiare nettare dai
fiori.
Davanti
a quell’ennesima trasformazione una sola domanda sorse in Brian: “Perché solo
ora? A quanto mi avete detto Angelus è stato sconfitto più di tre anni fa:
perché solo ora voi siete liberi?”.
“Perché
ti aspettavamo, Liam” disse questa volta la piccola zingara. “Perché sapevamo
che avresti avuto bisogno di noi per poter vivere serenamente, e dopo tutto
quello che tu avevi fatto per noi, non potevamo essere tanto ingrati da
andarcene senza averti aiutato. Ora il tuo animo è sereno, e noi abbiamo la
certezza che tu continuerai a vivere senza angosciarti più: la maledizione è
rotta per sempre e mai più nessuno potrà condannarti all’infelicità eterna”.
“Il
tuo compito tuttavia non è finito” intervenne per la prima volta suo padre. “Il
male dentro di te è stato sconfitto, ma non ancora quello che vive fuori. Devi
continuare la tua lotta, figlio mio, per impedire che altre persone, come noi,
vivano questo incubo. Non dico che sarà facile, ma non sarai da solo: ci sarà
sempre
“Solo
un’ultima domanda” disse Brian. “E se io non avessi mai ricordato? E se io non
fossi giunto qui?”.
“Non
era previsto che tu non ricordassi, è impossibile sfuggire al destino…”.
Quelle
ultime parole della signorina Calendar si persero nell’aria.
Brian
i risvegliò, ed era ancora nel parco: era il tramonto e il ragazzo si sentiva
veramente bene.
L’unico
rammarico che provava era legato al modo in cui aveva cacciato Buffy e i suoi
amici, ma ormai era troppo tardi per porvi rimedio: proprio in quell’istante un
aereo passò sopra la sua testa e Brian si disse che probabilmente era lo stesso
aereo che stava riportando il suo amore al di là dell’oceano. Brian non provò
tristezza a quel pensiero, tanto presto l’avrebbe raggiunta. E’ impossibile
sfuggire dal destino: quelle ultime parole continuava a sentirsele nella testa,
e non c’era alcun dubbio che il suo destino si chiamasse Buffy Summers.
Prima
di raggiungere
Lo
fece quella sera stessa, e non fu per niente facile soprattutto quando dovette
confessarle la natura del suo rapporto con Buffy. Linda pianse, urlò, lo
insultò come non aveva mai fatto: non riusciva a credere ad un sola parola di
quelle che Brian gli diceva. Non poteva credere che lui fosse stato un vampiro;
non poteva credere che lui fosse altri che Brian Keane. Lo accusò di essersi
inventato tutta quella storia assurda solo per avere la scusa per correre
dietro alla quella maledettissima americana, dimenticandosi in un colpo solo di
tutto quello che lei aveva fatto per lui e di quanto lo aveva amato.
“No
Linda, io non dimenticherò mai nulla di te, e soprattutto non dimenticherò mai
di averti amata anche io. Io vi devo tutto e con voi ho passato tre anni
meravigliosi, ma…”
“…ma
è impossibile sfuggire al destino” disse la nonna che aveva ascoltato tutto
senza mai fiatare. “Vai Brian, e che il Signore ti benedica. Sappi che se mai
un giorno dovessi tornare da queste parti la porta per te e per i tuoi amici
sarà sempre aperta, vero Linda?” terminò rivolgendosi alla nipote.
La
ragazza si limitò ad annuire, e sebbene non avesse la forza di guardarlo in
faccia, Brian seppe che lo aveva già perdonato e capito. Avrebbe voluto
abbracciarla, ma si disse che forse era meglio evitare. Quindi tutti se ne
andarono a letto e Brian riuscì nuovamente a dormire serenamente.
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Il
mattino dopo fu svegliato da dei forti ed urgenti colpi sulla porta.
Temendo
che fosse successo qualcosa si precipitò ad aprire, ma trovò semplicemente
Linda con le sue valige in mano.
“Sbrigati
se non vuoi che partano senza di te”: era di nuovo la solita allegra Linda, o
almeno fingeva di esserlo.
“Ma
loro sono già partiti” disse Brian tra uno sbadiglio e l’altro.
“No,
crapone: non sono partiti. Questa mattina andando a fare la spesa sono passata
davanti all’hotel e loro erano ancora lì che stavano caricando i bagagli sul
taxi. Mi sono informata e c’è un aereo che parte per Los Angeles alle 10:30.
Ora sono le 9:00 e quindi se ti sbrighi a cambiarti e salti la colazione riesci
ancora a raggiungerli all’aeroporto. Se vuoi ti ci accompagno io. Qui c’è il
tuo biglietto” disse la ragazza parlando in fretta sia per non perdere tempo
sia per non permettere alla sua voce di tremare. “E vedi di muoverti, perché la
tua Buffy era ridotta veramente ad uno straccio”.
Ancora
una volta Brian provò l’irrefrenabile impulso di abbracciare quella ragazza, ma
questa volta non lo represse. Linda si abbandonò per un istante in
quell’abbraccio, ma poi si divincolò esortandolo ancora a fare presto.
In
meno di un quarto d’ora Brian si lavò, si vestì, salutò l’anziana donna che si era
presa cura di lui tanto amorevolmente e salì in macchina con Linda:
destinazione aeroporto. Come fecero ad arrivare in tempo per l’ultima chiamata
Brian se lo chiese per il resto della sua vita senza mai riuscire a darsi una
risposta.
Appena
salito sull’aereo si guardò intorno alla ricerca del suo posto, ma la hostess
gli fece chiaramente capire che, dato che l’aereo era mezzo vuoto, avrebbe
potuto sedersi dove gli pareva. Brian cercò allora la testa bionda di Buffy e
tirò un grande sospiro di sollievo quando notò che il sedile accanto al suo era
libero.
“E’
libero questo posto?” le chiese dopo essersi avvicinato senza fare rumore.
Buffy
gli rispose meccanicamente di sì con un cenno della testa, ma dopo una frazione
di secondo si voltò di scatto verso di lui urlando: “Brian!!!”.
Linda
aveva avuto ragione a definire uno straccio Buffy, ma il sorriso che fece in
quell’istante e gli occhi che le presero a luccicare di lacrime la resero in un
batter di ciglia la donna più bella che lui avesse mai visto.
A
quell’urlo tutti i passeggeri dell’aereo si voltarono verso di loro ed entrambi
arrossirono dalla punta dei capelli a quella dei piedi. Persino la hostess,
divertita, invito il Signor Brian ad accomodarsi e ad allacciare le cinture di
sicurezza dato che stavano per aver inizio le manovre di decollo.
Il
signor Giles e Cordelia, che occupavano il sedile davanti al loro si girarono e
gli sorrisero caldamente, anche se era evidente che l’Osservatore si stava
chiedendo che cosa fosse successo per giustificare un simile cambiamento.
“Non
si preoccupi, signor Giles, appena siamo a Los Angeles vi spiego ogni cosa”
disse Brian indovinando quali fossero i pensieri dell’altro. Quindi rivolto a
Buffy le disse: “Se preferisci, puoi anche chiamarmi Angel ora”.
Buffy
lo guardò sorpresa, poi ci pensò su un attimo, e alla fine rispose: “Qualcuno
una volta ha detto che una rosa è una rosa anche se la si chiama con un altro
nome…” al che il suo Osservatore si girò a guardarla con occhi sbarrati per lo
stupore: ancora una volta aveva sottovalutato quella ragazza. “…e Brian Keane
va benissimo, se anche per te va bene”. La risposta di Brian fu un dolcissimo
bacio che cancellò nella cacciatrice ogni traccia di tristezza e di sensi di
colpa.
Quell’idillio
fu tuttavia spezzato da un’esclamazione disperata di Anya: “Oh no!!!”.
“Cosa
succede amore?” chiese preoccupatissimo Xander, che le sedeva accanto.
“Con
tutto il trambusto di questi giorni ho dimenticato di spedire la cartolina con
il mio francobollo riciclato!!! Adesso dovrò aspettare per chissà quanto tempo
di tornare in Irlanda per poterlo utilizzare!!!” rispose sconsolata la ragazza,
suscitando in tutti quanti una fragorosa risata.
“Già,
e io non ho preso nulla per Spike…” disse fra sé e sé Dawn.
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Buffy
e Brian vissero tutto il resto della loro vita insieme, e tutto sommato fu una
vita normale, per quanto lo permettessero demoni e vampiri che essi combattevano
tra Sunnydale e Los Angeles, aiutati dal resto della Scooby Band e dai membri
della Angel Investigation.
Vista
inoltre l’efficacia della coppia, il nuovo Consiglio degli Osservatori, che
persino Buffy dovette ammettere essere piuttosto efficiente, si adoperò in modo
da fare in modo che fosse così per sempre: Brian Keane fu infatti il primo di
una lunga serie di Cacciatori di Vampiri che da quel momento in poi
affiancarono
FINE