LA RICOMPENSA

Di Patty

 

 

 

Capitolo I

 

“Buffy…è successo qualcosa a Buffy…qualcosa di serio, di dannatamente serio…qualcosa che nemmeno Cordelia, intrappolata con tutti noi nella dimensione di Lorne, ha potuto prevedere. HO FALLITO…mi ero assunto il dolce compito di proteggerla anche a costo della mia stessa vita…e invece nel momento in cui lei ha avuto bisogno del mio aiuto io ero altrove…LEI AVEVA BISOGNO DI ME E IO NON C’ERO…”.

 

Questi erano i pensieri che affollarono in pochissimi istanti la mente, il cuore e l’anima di Angel quando appena tornato nel mondo reale si ritrovò di fronte ad una Willow che non aveva più neanche la forza di parlare ma il cui sguardo valeva più di mille parole.

 

“Buffy è morta…la MIA Buffy è morta…no, non è possibile: ho sempre saputo quando lei si trovava in difficoltà…come ho potuto DIMENTICARMI di lei proprio nel momento cruciale, proprio nel momento in cui si è trovata di fronte non ad un semplice demone, ma addirittura ad una divinità incarnata…MA COME HO POTUTO…l’ho fatto di nuovo: ho ucciso di nuovo un essere umano…HO UCCISO BUFFY…”.

 

“Angel, Angel !!!” Cordelia al suo fianco lo chiamava cercando di richiamare la sua attenzione. “Non è colpa tua”.

 

A quelle parole Angel si riebbe per un attimo e guardò Cordelia con sorpresa: aveva parlato ad alta voce senza neanche rendersene conto oppure Cordelia gli aveva letto nel pensiero? Era forse questo un aspetto ignoto del potere che la stava lentamente logorando? No, probabilmente aveva solo intuito quello che lui stava pensando, ormai lo conosceva abbastanza bene…

Ma fu solo un istante prima che l’angoscia per la perdita dell’unica donna che avesse veramente mai amato in 240 anni di vita, l’unica che fosse stata in grado di regalargli quella tanto temuta felicità pura ed assoluta, riattanagliasse la sua mente sconvolta. Non si accorse neanche quando Westley lo sorresse e lo mise a sedere giusto un istante prima che crollasse a terra come colpito da un fulmine; non si accorse neanche di quello che gli disse Willow a proposito del funerale prima di andarsene…non riusciva neanche a piangere!!!

In cento anni di sofferenze procurategli da quell’anima che gli avevano reso non si era mai sentito così…vuoto. All’angoscia per le atrocità commesse si era sempre accompagnata la determinazione a porvi un rimedio, al dolore la speranza (soprattutto da quando Buffy era entrata nella sua vita): ora invece c’erano solo disperazione e un terribile senso di incompletezza, come se gli fosse stata strappata dal petto ben più della sua misera anima…

 

Cordelia e Westley non stavano poi tanto meglio di Angel.

 

Cordelia ricordava fin troppo bene quello che era successo quando aveva espresso il desiderio che Buffy non fosse mai apparsa a Sunnydale: ora la cacciatrice era morta, morta per salvare, per l’ennesima volta, il mondo. Cosa sarebbe successo ora? Glory era stata sconfitta dall’estremo sacrificio di Buffy, ma chi assicurava che presto una minaccia ancora peggiore non sarebbe tornata per distruggere il mondo? E chi ci sarebbe stato allora a proteggere tutti quanti loro? Probabilmente la sua morte avrebbe attivato un’altra cacciatrice, ma chi assicurava che non sarebbe stata un’altra Faith invece che un’altra Buffy? E soprattutto chi le assicurava che in questa nuova cacciatrice lei, Cordelia, avrebbe trovato quell’amica un po’ strana che aveva trovato in Buffy Summers?

 

Westley ricordò il momento in cui era inorridito venendo a sapere che la cacciatrice di cui doveva occuparsi era alleata CON UN VAMPIRO (quello stesso vampiro per cui lui ora avrebbe dato la vita e che sicuramente avrebbe fatto altrettanto per lui)…anzi, peggio ancora, ne era addirittura innamorata…

Gli venne in mente di quanto male lo avesse accolto al suo arrivo…ma lo aveva fatto solo perché troppo grande era il suo affetto per il signor Giles.

Gli venne in mente di come quella ragazza così sfrontata, quella cacciatrice così poco ortodossa lo avesse cambiato profondamente: lo aveva trasformato da un burattino nelle mani del Consiglio degli Osservatori in quello che era adesso…non sapeva esattamente cosa fosse adesso, ma qualunque cosa fosse gli piaceva molto di più di ciò che era prima, su questo non c’erano dubbi.

No, non aveva passato tantissimo tempo a fianco di Buffy (e comunque in quel poco tempo avevano impedito un’Ascensione…anche se lui non si illudeva troppo riguardo al ruolo che lui aveva ricoperto in questa impresa), ma certo le doveva moltissimo…come tutto il resto del mondo d’altronde…

 

Gunn non conosceva bene Buffy, non l’aveva vista che un paio di volte, ma gli bastava guardare il dolore dipinto sui volti dei suoi amici per provare anch’egli una grande tristezza.

Ma doveva agire, non poteva permettere che Angel si abbandonasse al suo dolore o si lasciasse sconvolgere dalla rabbia …era troppo pericoloso…non poteva permettere che Angel perdesse il controllo su se stesso lasciando spazio al demone che covava in lui e che non attendeva altro che un attimo di debolezza e di smarrimento dell’anima che lo imprigionava per tornare a prendere il sopravvento… Non poteva rischiare che Angelus approfittasse della situazione per ritornare… soprattutto non ora che una cacciatrice era morta e che un’altra era ancora rinchiusa nel carcere di Los Angeles. Scosse allora Angel con tutta la forza che aveva per risvegliarlo dall’apatia in cui era piombato e lo costrinse ad un massacrante allenamento perché sfogasse la rabbia che aveva in corpo, in modo che questa rabbia, non restasse repressa nell’anima del vampiro diventandone una debolezza.

 

Al termine dell’allenamento Angel era completamente svuotato, troppo stanco persino per pensare (e questo lo faceva sentire stranamente meglio) e piombò in un sonno privo di qualsiasi sogno.

 

 

Un paio di settimane più tardi

 

“Angel” sentenziò Xander. “Signor Giles sa benissimo la natura dei miei rapporti con Angel, e quindi sa anche benissimo che non proporrei di richiamarlo a Sunnydale se non fossi certo che è la nostra unica speranza in questo momento. Ma noi non siamo cacciatori: abbiamo sempre aiutato Buffy, ma alla fine quella che polverizzava i vampiri ed uccideva i demoni era sempre e solo lei…”.

 

“Beh, qualche vampiro lo abbiamo polverizzato anche noi, in fondo” replicò una Willow un po’ risentita.

 

“Già qualche vampiro appena uscito dalla tomba che ancora non aveva capito bene dove fosse e soprattutto COSA fosse…questa volta ci troviamo di fronte a qualcosa LEGGERMENTE più pericolosa di un vampiro alle prime armi…Ci serve l’aiuto di Angel, anche se mi pesa terribilmente doverlo ammettere…” concluse infine Xander.

 

“Sì, Xander ha ragione” convenne il signor Giles, che, dal giorno della morte di Buffy, sembrava invecchiato di dieci anni. “E’ meglio telefonare ad Angel”.

 

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Contemporaneamente a Los Angeles.

 

“Ragazzi io sono preoccupata. Lo so che sparire è una cosa che ogni tanto Angel fa, ma questa volta la sua assenza è un po’ troppo prolungata: è da più di due settimane che non si fa vedere: non vorrei che gli fosse successo qualcosa…”.

 

“Io non vorrei che fosse successo qualcosa alla sua anima…” disse Gunn, interrompendo bruscamente Cordelia.

 

“No Gunn, di questo non mi preoccuperei” intervenne Westley. “Angel non è uno stupido. Per quanto sconvolto possa ancora essere, non permetterebbe mai ad Angelus di riaffiorare… E poi se questo fosse successo, non credi che ce ne saremmo già accorti? Non credi che avrebbe già compiuto stragi di cui saremmo stati i primi ad essere informati…soprattutto visto che probabilmente noi saremmo state le sue prime vittime?”. Quindi rivolgendosi a Cordelia disse: “E non credo neanche che gli sia accaduto qualcosa: sono sicuro che in questo caso tu Cordy ne avresti avuto una visione. Mi è sembrato che ultimamente il vostro rapporto si sia fatto un po’ più stretto di quanto non lo fosse prima…”

 

“Che cosa vorresti insinuare?” chiese Cordelia sulla difensiva.

 

“Assolutamente nulla Cordy. Volevo solo dire che ultimamente mi sembra che tu capisca Angel al volo…ma forse è solo una mia impressione… Comunque vedrete che Angel avrà solo voluto passare un po’ di tempo da solo, probabilmente è ancora a Sunnydale…in fondo è dalla sera del funerale che non lo vediamo. Se proprio volete mettervi il cuore in pace possiamo chiamare il signor Giles e farci dire se sa qualcosa di …”.

 

Westley non fece in tempo a finire di parlare che il telefono squillò.

 

“Salve signor Giles” rispose Cordelia “stavamo proprio per chiamarla per sapere come sta Angel”.

 

Dall’altra parte del telefono la voce dell’Osservatore suonò sorpresa: “Perché dovrei sapere come sta Angel? Anzi, avevo proprio chiamato per chiedergli di venire a darci una mano contro un demone che è UN TANTINO al di sopra delle nostre forze! Volete dirmi che non sapete dove sia?”.

 

“E’ dalla sera del funerale che non lo vediamo. Credevamo che fosse rimasto un po’ a Sunnydale” affermò Cordelia, nella cui voce cominciava a farsi strada l’ansia.

 

“L’unica cosa che posso dirvi con certezza è che Angel ha lasciato Sunnydale la sera del funerale: l’ho visto io stesso andare via e tendo ad escludere che dopo di allora sia tornato qui…se così fosse stato ci avrebbe già dato una mano con questo demone che ci sta creando non pochi problemi…non credi?”.

 

“Ma accidentaccio signor Giles: non era esattamente questo quello che volevo sentirmi dire da lei !!!” la voce di Cordelia era sempre più concitata, mentre anche sul volto di Westley cominciava ad apparire un ombra di preoccupazione. “Comunque se ha qualche notizia ce la comunichi immediatamente; noi faremo altrettanto. Per quel che riguarda il vostro demone non so veramente cosa dirvi: potrei dirle che le mando Westley e Gunn, ma…” e qui la ragazza abbassò la voce sperando che i suoi amici fossero troppo assorti nei loro pensieri per prestare orecchio alle sue parole “…credo che potrebbero darvi ben poco dell’aiuto di cui avete bisogno…è sempre Angel che alla fine fa il “lavoro sporco”…però se siete proprio così disperati…”.

 

 CAPITOLO ii

 

La sera del funerale di Buffy

 

“Angel andiamo, torniamo a casa”.

 

Cordelia cercava gentilmente di schiodare da davanti alla fredda lapide lo sconsolato vampiro.

Sapeva benissimo quello che Angel stava provando: anche lei aveva amato qualcuno che era morto, che era morto per permettere ad altri di salvarsi…se solo non le avesse lasciato quelle maledette visioni…era un dono che non aveva desiderato allora come non lo desiderava adesso, soprattutto da quando questo potere aveva cominciato a sopraffarla.

 

“Voi andate. Io voglio restare ancora un po’ qui…e voglio restarci da solo. Ci vediamo in ufficio tra un paio di giorni al massimo”.

 

Tutti se ne erano ormai andati. Era rimasto da solo a leggere e rileggere quel terribile epitaffio:

 

Buffy Anne Summers

1981 – 2001

Beloved sister,

devoted friend

SHE SAVED THE WORLD,

A LOT

 

E finalmente riuscì a piangere. Piangere lo fece sentire un pochino meglio…lo fece sentire un po’ più umano. E proprio mentre le lacrime gli rigavano il viso capì quello che doveva fare: forse c’era ancora una speranza, forse Buffy non era completamente morta. C’era solo un posto dove poteva sperare di trovare delle risposte: le Alte Sfere. Ormai i guardiani non esistevano più, ma nei loro secolari libri avrebbe forse trovato il modo di riportare Buffy in vita. Se anche c’era una sola possibilità su un milione non poteva lasciarla intentata. Non aveva tempo da perdere.

 

Si diresse in fretta e furia verso la sua auto (non si accorse nemmeno che neanche Giles aveva in realtà ancora lasciato il cimitero) e guidò come un pazzo fino a Los Angeles, dove arrivò prima di Westley e Cordelia, che pure erano partiti quasi un’ora prima di lui.

 

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Aprì il portale delle Alte Sfere ed entrò in quel luogo senza tempo. Cercò disperatamente in quei libri non sapeva neanche lui cosa... qualcosa che riaccendesse in lui la speranza.

Non era stata la caduta da cento piani che aveva ucciso Buffy (i ragazzi giuravano che era già morta prima di toccare il suolo)...non era stata una morte naturale la sua...era stata la magia, la magia di quella strega di Glory...quindi c'era forse una speranza che Buffy non fosse proprio morta...e se questa speranza c'era lui, Angel, doveva assolutamente trovarla.

La sua ricerca durò quasi tre settimane, ma Angel non se ne rese neanche conto.

Pensava solamente al suo amore perduto e a come recuperarlo.

Non pensava certo che a Los Angeles qualcuno potesse preoccuparsi per la sua assenza...e anche se ci avesse pensato non avrebbe potuto far nulla per tranquillizzare i suoi amici...nulla che non lo avrebbe distolto dalla sua ricerca.

 

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"Lo sapevo! Lo sentivo che non poteva essere finito tutto così!!! Il prezzo da pagare è alto, ma non mi spaventa. E poi glielo devo! Ma devo sbrigarmi, non c'è tempo da perdere: più Buffy rimane intrappolata in quel limbo e meno sono le possibilità di riportarla indietro...sana".

 

Buffy non era morta, ma non era neanche viva...era una sensazione che lui conosceva molto bene. Odiava quando Xander lo chiamava "ragazzo non-morto", ma in realtà era proprio ciò che lui era. Lui era abituato a quella situazione, non avrebbe sofferto troppo, ma Buffy no, e per questo doveva sbrigarsi. La sua vita per quella di lei...se ci fosse riuscito lei forse l'avrebbe odiato, ma lui l'avrebbe saputa viva, e questo gli bastava.

 

"Io ho già vissuto 248 anni, e senza di Buffy non ho intenzione di viverne uno di più; lei ne ha solo 20: decisamente troppo pochi per morire e soprattutto troppo pochi per non-vivere. Senza contare poi che lei salva il mondo, mentre io sono un potenziale pericolo per l'umanità...per quanto ancora la mia anima sarà capace di contrastare il demone che sono?... Sì, la vita di Buffy vale decisamente di più della mia...e se fallissi nel mio tentativo di riportarla indietro io... io... No, non lo farei: uccidermi non servirebbe alla causa di Buffy e non sarebbe ciò che lei vorrebbe... Ma non voglio neanche prendere in considerazione l'ipotesi di fallire... l'eternità senza Buffy sarebbe peggio dell'inferno in cui lei stessa mi spedì ai tempi di Achatla... NON POSSO FALLIRE!!!".

 

Questi erano i pensieri che agitavano la mente di Angel mentre guidava verso Sunnydale per mettere in atto il suo piano.

 

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A Willow faceva uno strano effetto tornare in quella stanza del dormitorio del college che aveva diviso per quasi un anno con la sua migliore amica.

 

Ricordava le ore passate in quel luogo a consolarsi a vicenda per gli abbandoni di Oz, di Angel o di Parker. Ripensando a Parker un triste sorriso le affiorò sulle labbra: era un cretino, un idiota, un porco...insomma era un normalissimo ragazzo...forse proprio quello di cui Buffy avrebbe avuto bisogno.

 

Il signor Giles aveva fatto di tutto perché loro ragazzi ricominciassero a vivere; era riuscito a convincere lei, Xander e anche la piccola Dawn che le loro vite dovevano andare avanti lo stesso, che questo era quello che Buffy avrebbe voluto per loro...e ci era riuscito. Peccato che non fosse riuscito a convincere se stesso...nemmeno i suoi preziosissimi libri sembravano interessarlo più...e quante volte aveva fatto lunghe prediche alla sua cacciatrice sull'importanza dei libri e della conoscenza !...

Lo aveva visto proprio quel pomeriggio, al Magic Shop, e per la prima volta il signor Giles le era apparso veramente...vecchio.

 

E poi adesso c'era anche questa storia della scomparsa di Angel...

Cordelia aveva mandato Westley e Gunn ad aiutarli e alla fine, unendo le forze di tutti...come ai bei vecchi tempi...erano anche riusciti ad eliminare il demone, ma avevano rischiato grosso...

A pensarci bene era furiosa con Angel: “Ci ha lasciati in balìa di quel demone, come se di noi non gliene fregasse assolutamente nulla”. Poi però pensò al dolore del vampiro e la rabbia passò...in fondo anche lei, proprio come Buffy, non era mai riuscita ad odiare veramente Angel, neanche quando era stato Angelus...

 

Dei secchi colpi alla porta la destarono dal mondo dei ricordi. Andò ad aprire ed un macigno le si levò dal cuore quando si trovò di fronte Angel (solo in quel momento si rese conto di quanto avesse temuto che il vampiro compiesse qualche gesto disperato...quanto avesse temuto di non rivedere più neanche lui dopo Buffy...).

"Angel!!! Sei proprio tu!!!" urlò, gettando le braccia intorno a quelle del ragazzo. Si ricompose in fretta, ma nonostante la gioia non riuscì ad evitare di fargli una ramanzina: "Ma dove diavolo ti eri cacciato? Avevamo bisogno di te, ma tu non c'eri!!! Per non parlare poi dell'isterismo di Cordelia: era come se..."

 

"Willow, non c'è tempo adesso per le spiegazioni" la interruppe bruscamente Angel, ferito dalle parole della ragazza che gli rimbombavano ancora nella mente: “ Avevamo bisogno di te, ma tu non c'eri!!!”.

 

Era, se possibile, ancora più pallido del solito, ma nei suoi occhi brillava una strana luce. Willow non poté fare a meno di chiedersi se fosse la luce della speranza...o della follia?

 

Angel riprese a parlare, con molta più gentilezza questa volta: "Willow ho bisogno del tuo aiuto, della tua magia. Ti prego, aiutami, senza chiedermi spiegazioni che non posso e non voglio darti. Posso solo dirti che Buffy non è veramente morta...".

 

"No, non é speranza quella luce nei suoi occhi: Angel è impazzito" pensò Willow a quelle parole.

 

"...e che forse è ancora possibile riportarla fra noi...".

 

Con tutta la gentilezza di cui era capace Willow cercò di interromperlo, di fargli capire che Buffy se ne era già andata da un mese ormai e che lui questo doveva accettarlo come avevano dovuto accettarlo tutti loro; ma Angel non sentiva ragioni e alla fine urlò con tutta la voce che aveva in gola: "Non sono impazzito, Willow! Ho passato le ultime settimane a cercare un modo per riportarla qui e forse l'ho trovato. Ora ho solo bisogno di sapere se tu e la tua amica Tara siete disposte ad aiutarmi o se devo perdere altro tempo prezioso a cercare un altra strega che lo faccia al posto vostro. Allora sei dalla mia parte sì o no?".

 

La ragazza era senza parole: non aveva mai visto Angel alterarsi in quella maniera...di solito era sempre così...calmo...persino quando era Angelus...

 

"Sì" sussurrò "non posso parlare anche per Tara, ma io ti aiuterò...e credo che lo farà anche lei. Dimmi cosa devo fare".

 

Angel le spiegò il tipo di incantesimo che avrebbe dovuto fare: non era semplicissimo, ma neanche ridare l'anima a quel vampiro era stato semplice, eppure, in un modo o nell'altro, ce l'aveva fatta...e poi probabilmente questa volta Tara sarebbe stata al suo fianco.

 

"Quando?" chiese.

 

"Al più presto, anche domani notte se in una sola giornata riesci a procurarti tutto il necessario".

 

"Sì, al Magic Shop dovrebbe esserci tutto l'occorrente".

 

"Benissimo, allora facciamo così: ti procuri gli ingredienti e prepari tutto nella mia vecchia dimora. Ti ricordi dov'è vero?" la giovane strega annuì "e domani, a mezzanotte in punto comincerai l'incantesimo".

 

"Tu dove sarai?" chiese preoccupata.

 

"Se tutto funziona, io sarò con lei. Non posso dirti di più, mi dispiace. Ora devo andare, ho anche io il mio compito dal svolgere".

 

Detto questo si girò e si avviò verso la porta. Quando fu sull'uscio disse ancora: "Willow, per favore, non dire nulla di questa storia ad altri che alla tua amica..." aveva paura infatti che il signor Giles o Westley potessero capire i suoi intenti e cercare di impedirgli di attuarli "...e grazie. Scusa se prima ho alzato la voce, non era mia intenzione, ma... Ah, un'ultima cosa: quando tutto sarà pronto, chiama Cordelia e dille che sto bene, che va tutto bene e soprattutto che tutto continuerà ad andare bene anche dopo".

 

"Dopo cosa, Angel?" chiese Willow, ma ormai il ragazzo era già uscito dalla stanza.

 

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Come previsto Tara l'avrebbe aiutata.

 

Procurarsi l'occorrente non fu difficile: nonostante tutto, il Magic Shop continuava ad essere ben rifornito...doveva riconoscere che Anya stava facendo proprio un buon lavoro.

 

La cosa più difficile fu non coinvolgere il resto della banda...soprattutto Xander che, dalla morte di Buffy, era diventato molto più protettivo nei confronti della rossa amica di sempre.

 

"Sei sicura che non sia pericoloso, vero?": aveva perso il conto di quante volte glielo aveva chiesto durante il pomeriggio, dopo che aveva saputo che lei e Tara si apprestavano a fare un incantesimo. Se non fosse stata certa che la assillava in quel modo solo perché si preoccupava per lei alla fine lo avrebbe mandato al diavolo.

 

Ancora una volta fu assalita dai ricordi: "Possibile che siano passati solo tre anni, o poco più, da quando confidavo a Buffy le pene del mio amore non corrisposto? Eppure mi sembra passata un'eternità... Quanto eravamo diversi allora: il signor Giles era un autentico topo da biblioteca, Xander un adorabile sfigato, Anya era un demone, per non parlare di Cordelia...per non parlare di me... No, basta! Non posso farmi sopraffare dai ricordi, soprattutto adesso che ho del lavoro da svolgere!".

 

Non aveva la più pallida idea di quelli che erano i piani di Angel, ma qualcosa nella determinazione del vampiro l'aveva convinta ad aiutarlo. Adesso era tutto pronto nella vecchia dimora di Angel: quella sera, a mezzanotte, lei e Tara avrebbero eseguito l'incantesimo portato loro dal vampiro...senza sapere minimamente cosa sarebbe successo poi...

 

D'un tratto fu assalita da un terribile dubbio e decise di parlarne con Tara: "E se mi avesse ingannata? E se quello che si è presentato ieri sera nella mia stanza non era Angel ma Angelus? E se in questo momento noi lo stessimo aiutando a scaraventare il mondo all'inferno? Perché non ha voluto darmi nessuna spiegazione? Perché è stato così evasivo?".

 

Con uno dei suoi soliti, dolcissimi e rassicuranti sorrisi Tara la interruppe: "Willow, cosa ti dice il tuo cuore? Io non conosco bene Angel, e, per fortuna, non conosco assolutamente Angelus: non sono quindi in grado di sciogliere i tuoi dubbi. Ma il tuo cuore può farlo, quel tuo cuore che è stato quasi ucciso dal demone e più volte salvato dall'uomo che convivono in lui. Cosa ti dice il tuo cuore?".

 

"Il mio cuore mi dice di fidarmi di lui; il mio cuore vuole disperatamente fidarsi di lui: perché se lui avesse ragione questa sera tutti noi potremmo riabbracciare la nostra Buffy" rispose Willow.

 

"Benissimo: se questo è quello che ti dice il tuo cuore allora vuol dire che questa è la cosa giusta da fare!!! E poi chiama Cordelia per dirle che il suo capo è riapparso: quando è preoccupata diventa ancora più…strana del solito... L'ultima volta che li ho visti insieme a lei, il signor Giles e Westley avevano le mani nei capelli!!!".

 

Quella scherzosa affermazione fece ridere di gusto Willow, come ormai non rideva da parecchio tempo.

 

"Tara. Che meravigliosa compagna mi sono trovata" e pensando questo la baciò dolcemente, stupendosi ancora una volta delle sensazioni che provava.

 

Quindi telefonò a Cordelia.

 

CAPITOLO III

 

Quella sera era stranamente ansiosa, e non ne capiva il motivo. Sarebbe stato più logico essere arrabbiata: in fondo Angel era sparito per tre settimane, e quando era tornato non si era neanche degnato di avvisarli di persona del suo ritorno. Sì, avrebbe avuto tutti i diritti di essere furiosa con il suo capo; eppure non era rabbia quella che provava…era ansia…

 

“Ma si può sapere adesso cosa c’è, Cordelia?” le aveva chiesto Westley, spazientito dal suo andirivieni per la stanza. “Adesso sai che Angel sta bene: smettila di preoccuparti!!! O c’è qualcosa che non mi hai detto? Hai avuto una visione?”.

 

“Nessuna visione Westley, te lo assicuro. E non chiedermi, per favore, perché sono così preoccupata, perché ti giuro che non lo so…è come se quest’ansia non fosse mia…è come se appartenesse a qualcun altro…”.

 

Quelle ultime osservazioni della ragazza lasciarono il giovane ex-osservatore alquanto perplesso. Cordelia continuava a negare e si arrabbiava se solo lui accennava al discorso, ma lui si era sempre più convinto che ormai Cordelia avesse acquisito la capacità di sentire Angel: più di una volta, negli ultimi tempi, l’aveva vista anticiparne i gesti, i desideri, capirne i silenzi…una sorta di empatia…e se le sue supposizioni erano giuste l’ansia che in questo momento attanagliava Cordelia, quell’ansia che lei stesa aveva definito non sua , non poteva che essere di Angel. Il suo amico aveva in mente qualcosa…qualcosa di cui non aveva voluto parlare neanche a loro…e questo non era buon segno. Doveva scoprire cosa c’era dietro…doveva trovare Angel prima che potesse fare qualcosa di molto stupido…

 

Quando Westley parlò dei suoi timori al signor Giles, questi restò un po’ turbato. Sapeva che Willow e Tara avevano fatto strani acquisti al Magic Shop: “Che quelle due c’entrino qualcosa con tutta questa storia di Angel?” pensò tra sé e sé. Era meglio indagare…avrebbe chiesto a Xander ed Anya, magari loro avrebbero saputo dirgli qualcosa.

 

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Finalmente aveva finito. Era stato un lavoro lungo e dolorosissimo, ma alla fine era riuscito a recuperare il corpo di Buffy. Per un attimo, quando aveva aperto con delicatezza la bara, gli era come parso che il suo cuore avesse ricominciato a battere: il viso e il corpo della sua amata erano rimasti perfettamente intatti, a testimonianza del fatto che una speranza c’era ancora.

 

Pallida no, ma più che neve bianca

che senza venti in un bel colle fiocchi,

parea posar come persona stanca.

Quasi un dolce dormir ne’ suo’ belli occhi,

sendo lo spirto già da lei diviso,

era quel che morir chiaman li sciocchi:

morte bella parea nel suo bel viso.

 

Aveva studiato quei versi più di duecentocinquant’anni prima, eppure erano state le prime parole che gli erano affiorate alla mente quando aveva visto il volto di Buffy…

 

“Sembra veramente che stia solo dormendo, e il pallore dei suoi lineamenti è ben diverso da quello che tinge i miei…è così bella…Non posso lasciarla morire, non prima che questo volto sia solcato dalle rughe della vecchiaia…anche se quelle rughe io non le vedrò mai…”.

 

Non aveva tempo di perdersi ad immaginare un futuro insieme che non avrebbero mai avuto: erano già le 23:30 e di lì a poco Willow e Tara avrebbero dato inizio all’incantesimo. Avvolse il corpo di Buffy nel suo lungo cappotto…quasi per impedire che sentisse freddo… e si diresse a casa sua, entrando da una porta secondaria. Quindi stese Buffy sul suo letto, scrisse due righe su un pezzo di carta, si sdraiò accanto a lei stringendola fra le braccia…e aspettò…

 

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Niente. Non era successo niente. Willow e Tara si guardarono in faccia con un’aria stupita, e francamente un po’ delusa. “Abbiamo forse sbagliato qualcosa? Forse le indicazioni di Angel non erano corrette! Abbiamo dimenticato qualche particolare? Qualche ingrediente fondamentale? Qualche…”.

 

“Willow”, la interruppe Tara, “perché credi che l’incantesimo non abbia funzionato? Magari non sta succedendo niente per il semplice motivo che non deve accadere niente…niente di spettacolare almeno… In fondo Angel non ha minimamente accennato a quello che avrebbe dovuto accadere e quindi come puoi sapere con così tanta certezza che abbiamo fallito?”.

 

“Tara, per favore, non dire così: mi fai tornare un sacco di dubbi su quello che abbiamo fatto…e se Angel ci avesse ingannato… Una cosa è certa: non farò MAI PIU’ un incantesimo senza essere a conoscenza di tutti i minimi particolari…”.

 

“COSA…!!! Cosa avete fatto?”. La perentoria domanda/accusa del signor Giles fece sobbalzare le due giovani streghe: concentrate com’erano sul loro incantesimo e sull’analisi dei mancati effetti di quest’ultimo, non avevano proprio sentito entrare i due ex-osservatori, Xander, Anya, Dawn, Spike e Cordelia, giunti al vecchio rifugio di Angel proprio in tempo per sentire l’ultima promessa di Willow.

 

“Avete fatto un incantesimo senza neanche sapere a cosa servisse? Ma dico, siete completamente impazzite?”. Willow non aveva mai visto il signor Giles così furente.

 

“Ma signor Giles…”, tentò invano di difendersi Willow.

 

“MA un corno”, intervenne veementemente Xander, apparentemente per dar man forte al signor Giles. “Io lo sapevo che ne stavate combinando una delle vostre…POTEVATE ALMENO COINVOLGERE ANCHE ME, CHE DIAVOLO…”, ma un’occhiataccia del bibliotecario lo zittì prima che potesse andare avanti.

 

“Ma si può sapere cosa vi è saltato in testa”, questa volta fu chiaro a tutti che il tono del signor Giles non era più dettato dalla rabbia, ma solo una grande preoccupazione. “Quante volte vi ho detto che con la magia non si scherza…E voi per risposta cosa fate: fate incantesimi che non conoscete, che non sapete neanche a cosa servono…”.

 

“Signor Giles, Angel…” tentò nuovamente di spiegare Willow, ma anche questa volta venne interrotta da Xander:

 

“Angel, Angel, sempre Angel: possibile che quando succede un disastro quel maledetto vampiro ci sia sempre di mezzo…e ciò nonostante voi continuate a guardarmi storto tutte le volte che dico che starebbe meglio all’inferno. L’ho già detto una volta e lo ripeto di nuovo: VE L’AVEVO DETTO IO”.

 

“Ma stai zitto tu: non sai neanche di cosa parli!!!” Cordelia era letteralmente stravolta e piangeva, senza neanche sapere perché. “Devo forse ricordarti che se Angel fosse all’inferno, come tu vorresti, tu, anzi TUTTI NOI, saremmo probabilmente a fargli compagnia…”.

 

“Adesso basta, tutti e due”, intervenne Westley, e quindi rivolto a Willow chiese: “Cosa c’entra Angel con il vostro incantesimo, e soprattutto dov’è adesso Angel?”.

 

“Non so dove sia ora Angel: l’unica cosa che mi ha detto quando mi ha parlato dell’incantesimo è che, se tutto fosse andato bene, lui sarebbe stato con lei…con Buffy…e che l’avrebbe riportata indietro…Signor Giles, so benissimo che quello che abbiamo fatto è stato un azzardo, soprattutto conoscendo i trascorsi di Angel, ma io, proprio come Angel, ero disposta a qualsiasi cosa pur di riavere Buffy…e quindi…Temo però che l’incantesimo non abbia funz…”.

 

“no! No! NO! NOOO!!!”: un grido disperato giunse dalla camera da letto di Angel, un grido che ammutolì tutti i presenti che certo non si aspettavano che in casa ci fosse qualcun altro. Ma non era la voce di Angel quella che gridava…era una voce femminile. Tutti si guardarono in faccia increduli…quella che avevano appena udito era una voce che conoscevano fin troppo bene, una voce che non potevano confondere…

 

“Buffy!!!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola la piccola Dawn, che dal giorno del funerale della sorella non aveva praticamente più parlato. La ragazzina si precipitò nella camera, seguita a ruota da tutti gli altri.

 

Quando entrarono nella stanza trovarono la Cacciatrice seduta sul letto stringendo qualcosa al petto…VIVA, e tutto sommato in buona salute… Ma l’espressione dei suoi occhi gelò su nascere la loro gioia.

 

“Perché glielo avete lasciato fare? Perché? Perché? PERCHE’?” stava chiedendo loro con aria stravolta. “Perché gli avete permesso di fare una simile stupidaggine? Perché non lo avete fermato? Perché?”.

 

Sulle prime pensarono che Buffy stesse vaneggiando, che la sua mente fosse completamente sconvolta dall’esperienza appena passata, ma poi, una volta che i loro occhi si furono abituati alla semioscurità della stanza si resero conto che Buffy non era da sola in quella stanza: sdraiato accanto a lei, fra le sue braccia, c’era qualcun altro; c’era Angel…immobile…morto…

 

“Perché gli avete permesso di dare la sua vita in cambio della mia?” chiese ora Buffy con un filo di voce. “Perché?”.

 

Mentre Buffy piangeva disperata, e nessuno dei presenti aveva il coraggio di dire una sola parola, una luce prima quasi impercettibile, poi sempre più forte, fino a diventare accecante, avvolse il corpo di Angel. Quando la luce passò e i loro occhi tornarono a vedere Angel non c’era più…ma non c’era neanche la minima traccia d cenere…

 

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Erano passate ormai due settimane dalla sua “resurrezione”, e ormai poteva dire di essersi ripresa quasi completamente…almeno dal punto di vista fisico.

 

La sua anima invece non voleva saperne di smettere di sanguinare: “Questa volta non tornerà nel momento del bisogno. Questa volta non basteranno un paio d’ore di pullman per raggiungerlo a Los Angeles. Questa volta…questa volta è finita per sempre”.

 

Westley e il signor Giles avevano passato tutto il tempo a cercare in centinaia di libri una spiegazione di quello che era successo quando la luce ci aveva accecati, ma tutto inutilmente: una cosa del genere non era riportata in alcun volume…non era mai successa…e, probabilmente, non sarebbe mai più avvenuta.

 

Buffy aveva invece passato la sua degenza a letto, leggendo e rileggendo fino a consumarsi gli occhi quelle poche righe che aveva trovato al suo risveglio vicino al corpo di Angel:

 

"Scusami, amore mio.

Scusami, ma l’ho fatto un’altra volta: ho di nuovo deciso io per tutti e due.

Proprio come due anni fa decisi di lasciare Sunnydale per permetterti di vivere una vita che fosse il più normale possibile…salvo poi dover reprimere a fatica tutti i miei più demoniaci istinti per non uccidere Riley Finn… Solo ora capisco che in realtà non ce l’avevo con Riley: certo, non mi piaceva affatto, ma se fosse stato un altro ragazzo non mi sarebbe piaciuto lo stesso…come non mi sarebbe piaciuto affatto nessun ragazzo che avesse potuto darti ciò che io non potevo. Fosse anche stato il miglior ragazzo sulla faccia della terra (e questo, concedimelo, Riley non lo era di certo) non mi sarebbe piaciuto, non sarebbe stato alla tua altezza…così come non lo sono mai stato io.

Non mi pento di quella scelta, ma non credere che io abbia sofferto meno di quanto hai sofferto tu. Lasciando Sunnydale non ho solo perso nuovamente la mia anima, ma anche il mio cuore (che al solo starti vicino sembrava rianimarsi un po’), la mia mente e la mia capacità di amare: queste quattro cose le avevo lasciate lì, con te, amore mio.

Ed è proprio a causa di questo mio amore che probabilmente ora mi stai maledicendo (deve proprio essere il mio destino quello di essere maledetto!!!), perché è stato proprio questo mio sentimento a portarmi a scegliere ancora una volta…per l’ultima volta… per entrambi.

Io non potevo neanche pensare di vivere senza di te, ma uccidermi non sarebbe servito a molto, se non a dare un altro dolore a coloro che, nonostante tutto, mi vogliono bene.

E così ho cercato l’incantesimo.

Per favore, Buffy: se proprio non riesci a non essere furiosa, scarica su di me tutta la tua rabbia, non prendertela con Willow e Tara. Loro non sapevano…e non sapevano perché IO avevo fatto in modo che non sapessero. Come vedi, loro sono completamente innocenti: non avercela con loro!!!

E che non ti salti nemmeno in mente di ripetere l’incantesimo per venirmi a ripescare chissà dove: non funzionerebbe più…anche perché ormai il mio corpo sarà ridotto ad un misero mucchietto di cenere…

Ti prego Buffy: smetti di piangere e ritorna a vivere…sii convinta di vivere…e non credere alle storie che ti racconta Spike riguardo alle cacciatrici che cercano la morte: questo a te non succederà mai perché, io lo so, tu ami troppo la vita…

Col tempo, se puoi, perdonami e sii felice per tutti e due.

Sappi che ovunque sarò nel momento in cui leggerai questa lettera, io starò vegliando su di te, su tutti voi…sì, anche su Xander…!!!

 

Con tutto l’amore possibile,

tuo per sempre, Angel.

 

PS: Signor Giles, non sia troppo duro neanche lei con Willow e Tara. E‘ vero, hanno sbagliato, sono state imprudenti…ma sono contento che lo siano state.

 

Cordelia, Westley, Gunn: voi avete tutti mezzi per cavarvela da soli, ma state attenti, non esagerate e, per favore, non dimenticatevi di Faith…anche lei ha solo bisogno di una seconda possibilità…come quella che ho avuto io.

 

A te Dawn affido quello che di più prezioso ho avuto nella vita: tua sorella. Stalle vicino e, se puoi, non farla disperare troppo…mi raccomando.

 

A te, Xander, forse è meglio che non dica niente, se non che sei veramente un grandissimo rompiscatole…ma anche il migliore amico che Buffy potesse sperare di avere. Un consiglio spassionato però voglio dartelo: io non farei arrabbiare troppo Anya…le donne, a volte, sanno essere più tremende dei demoni…

 

Willow, Tara: a voi non riesco che a dire grazie…

 

Grazie a tutti quanti voi, e perdonatemi per tutto quello che il mostro che era in me (e che è morto con me) vi ha fatto passare. Addio."

 

Questo e l’anello Claddagh che portava sempre legato al collo insieme alla croce che le aveva regalato al loro primo incontro, erano tutto ciò che le era rimasto di Angel, e sapeva benissimo che, prima o poi, avrebbe dovuto accettarlo. Non sarebbe stato facile, ma avrebbe dovuto farlo…glielo doveva.

 

CAPITOLO IV

 

Tre anni dopo, al Magic Shop.

 

“…e quindi alziamo i calici per brindare al conseguimento della laurea da parte di Willow, Tara e Buffy. Brave ragazze: ce l’avete fatta” esclamò il Signor Giles.

 

“Alle laureate” risposero in coro tutti i presenti alzando i bicchieri pieni.

 

Il Signor Giles provava un misto di orgoglio e di commozione che non potevano essere spiegati a parole. Non aveva mai avuto alcun dubbio che Willow e Tara si sarebbero laureate con il massimo dei voti, ma Buffy… E invece ce l’aveva fatta anche lei, e con una votazione più che discreta! A differenza dalla sua amica, lei non aveva una particolare vocazione per lo studio…anzi…ma nonostante questo, nonostante la sua missione di cacciatrice, nonostante le responsabilità che le erano piombate addosso alla morte della madre e nonostante tutto quello che aveva passato in quegli ultimi anni…nonostante tutto ce l’aveva fatta. Solo in quel momento si rese conto che in realtà non ci aveva mai creduto troppo. “Un giorno dovrò scusarmi con lei per questa mia mancanza di fiducia. Ma non oggi: oggi bisogna solo festeggiare” pensò l’ex-osservatore.

 

Le festeggiate erano ancora emozionantissime.

 

Buffy ancora non ci credeva: aveva salvato il mondo tre o quattro volte, ma non credeva proprio che sarebbe riuscita anche in quell’impresa. Insieme a Willow e Tara era sommersa dai regali e dall’affetto dei loro amici e lei, finalmente, si sentiva tranquilla, serena, in pace con il mondo e con se stessa…e la consapevolezza che se sua madre ed Angel fossero stati lì in quel momento non sarebbero stati meno orgogliosi di lei di quanto non lo fosse il Signor Giles rendeva tutto ancora più dolce.

 

“Ah, Signor Giles, quasi me ne dimenticavo: qualche giorno fa è arrivata per lei questa lettera dall’Inghilterra” disse Anya porgendo una busta al suo principale.

 

Giles osservò un attimo la missiva e quindi disse. “Beh Anya, a giudicare dalla data del timbro postale te ne eri già dimenticata: questa lettera risale a più di una settimana fa!!!”.

 

“Uffa, Signor Giles, non faccia troppo il pignolo!!! E poi vorrei ricordarle che io lavoro al Magic Shop, non sono mica la sua segretaria!!! Se lei si degnasse di comunicare all’ufficio postale il suo nuovo indirizzo potrebbero recapitarle la posta direttamente a casa invece di reindirizzarla qui al negozio. Quindi, come vede, è tutta e solo colpa sua” affermò Anya con aria risentita.

 

“E poi non viene dall’Inghilterra, ma dall’Irlanda” concluse il bibliotecario ignorando le proteste della ragazza.

 

“Signor Giles, Anya le ha già detto di non essere pignolo” intervenne Xander “Inghilterra, Irlanda… che differenza vuole che faccia…sempre inglesi sono…”.

 

In un angolo della stanza Spike quasi si strozzò con uno de biscotti con cui si stava strafocando: “Xander, ti consiglio di studiare un po’ meglio la geografia: prova ad andare in Irlanda e a dire ad un irlandese che è inglese…vediamo come ti risponde!!! Se Angel ti avesse sentito, anima o non anima, ti avrebbe sbranato!!!”. Poi riflettendo un attimo: “Scusa Buffy, non era mia intenzione…”.

 

“Non ti preoccupare Spike” lo interruppe la ragazza “va tutto bene. Anzi, se qualche volta capita di parlare un po’ di lui a me fa piacere”.

 

Ci fu un attimo di silenzio, come se tutti cercassero di capire quanto vere fossero le parole che Buffy aveva appena detto.

 

Alla fine il silenzio fu rotto da Anya: “Comunque, Signor Giles, quando ha finito con quella lettera mi dia il francobollo”.

 

Il Signor Giles guardò l’ex-demone con sorpresa. “Anya non sapevo che avessi deciso di dedicarti alla filatelia”.

 

“Alla fila… CHE?!?” chiese la ragazza.

 

“Alla collezione di francobolli” spiegò Westley.

 

“E chi ha detto che perdo il mio tempo a raccogliere banali pezzettini di carta appiccicosa! Ho cose ben più importanti e divertenti da fare io…vero Xander…” disse, rivolgendo uno sguardo malizioso al suo ragazzo.

 

“Ma allora perché ti interessa tanto questo ‘banale pezzo di carta appiccicosa’?” chiese Giles, cominciando a temere la risposta che la ragazza avrebbe potuto dargli.

 

“Beh, che domande: il timbro è stato messo male, non ha toccato il francobollo…se mai mi capitasse di passare dall’Irlanda potrei riutilizzarlo. Gli affari sono affari!!!”.

 

“Anya!!!” esclamarono all’unisono i presenti, incerti se scandalizzarsi o mettersi a ridere.

 

“Ma che c’è? Cosa ho detto?” protestò la ragazza.

 

“Niente, tesoro. Niente” la imbonì Xander, e tutti scoppiarono in una fragorosa risata.

 

Quando il signor Giles terminò di leggere la lettera chiamò in disparte Westley. “Sicuro di non aver ricevuto anche tu una lettera del genere?” chiese.

 

“Sì, certo che ne sono sicuro. Se fosse arrivata Cordelia me l’avrebbe dat… CORDELIA!!!”. Non fece in tempo a girarsi che la ragazza era già lì pronta che gli porgeva una busta che aveva in borsa da parecchio tempo.

 

“Non dire una parola Westley o mi licenzio” minacciò la ragazza. “E poi io ero la segretaria di Angel, non la tua: lui almeno sapeva che non poteva fare grande affidamento su di me”.

Westley era senza parole; si limitò quindi a prendere la busta mentre, alzando gli occhi al cielo sussurrava. “Lei ha Anya, io ho Cordelia…”.

 

“…ognuno ha la propria croce…” terminò Giles.

 

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Una mezz’oretta più tardi, ancora durante la festa, Westley e il Signor Giles richiamarono l’attenzione di tutti. Fu il più anziano a prendere la parola.

 

“Ragazzi, scusate se interrompo i festeggiamenti, ma visto il ritardo con cui io e Westley abbiamo ricevuto queste lettere…” e mentre diceva ciò guardò di traverso Anya e Cordelia che, dal canto loro, facevano finta di nulla. “…dobbiamo ora prendere una decisione di notevole importanza”.

 

“Signor Giles, se è davvero tanto importante non si perda in chiacchiere: venga al nocciolo. Di che si tratta?” chiese Xander.

 

“Le lettere vengono dal Consiglio degli Osservatori” riprese Giles.

 

“Ma se dopo la storia di Glory il Consiglio era stato sciolto per inettitudine” scattò immediatamente Buffy.

 

“Lo so, lo so, Buffy. Ma queste lettere ci informano appunto che il Consiglio, seppur profondamente modificato, è stato rifondato. E a dimostrazione di tale cambiamento vorrebbe richiamare sia me che Westley” concluse Giles.

 

“Bene! Allora le decisione è presto presa: gli dica di no punto e basta. Negli ultimi tre anni, senza un Consiglio che rompesse le scatole e mi mettesse i bastoni fra le ruote, ce la siamo cavata benissimo: non abbiamo alcun bisogno di loro per fare quello che facciamo. Adesso possiamo tornare a festeggiare” disse laconicamente Buffy.

 

“Ma Buffy…” cercò di dire il Signor Giles.

 

“Buffy, mi dispiace, ma il Signor Giles ed io abbiamo intenzione di andare almeno a sentire quello che hanno da dirci” affermò altrettanto laconicamente Westley. “Certo, tu non sei obbligata a venire con noi, anche se sarebbe meglio, ma non appena possibile noi ci recheremo a Galway dove si è installata la nuova sede del Consiglio…se qualcuno ha voglia di venire a fare una gita in Irlanda…”.

 

“Hai detto a Galway…” sussurrò Buffy.

 

“Io vengo senz’altro, così potrò usare il mio francobollo riciclato!!!” affermò Anya, sciogliendo, involontariamente, la tensione che per un attimo si era creata.

 

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Due giorni dopo partirono tutti, ad eccezione di Spike, dato che in aereo non c’era modo di evitare la luce del sole.

 

“Dai, non fare così. Ti prometto che ti porto un regalino quando torno” disse Dawn schioccando un grosso bacio sulla guancia del vampiro.

 

“Sai Briciola, quando tornerò ad essere il terribile vampiro di una volta, farò fuori tutti loro, ma a te non torcerò mai neanche un capello” rispose Spike, senza tuttavia ricambiare il bacio di quella che incominciava a non essere più una ragazzina. “In fondo ha ormai 17 anni…la stessa età che aveva Buffy quando lei ed Angel hanno… Ma cosa diavolo stai pensando Spike, quella è Briciola e lo sarà sempre…”.

 

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Il viaggio era lungo e parecchio noioso, soprattutto per Buffy. Il signor Giles e Westley discutevano per tutto il tempo di cosa li aspettasse…e d’altronde, anche se avessero tentato di coinvolgere la cacciatrice nei loro discorsi lei non avrebbe prestato loro la minima attenzione…era arrabbiata con quei due; Tara era talmente terrorizzata dal fatto di star volando che Willow doveva passare tutto il tempo a cercare di tranquillizzarla e rassicurarla; Anya, come al solito, monopolizzava Xander mentre Cordelia catechizzava Dawn su cosa fosse in e cosa fosse out in fatto di abiti, trucco e acconciatura. Così a Buffy non rimaneva che guardarsi i film che trasmettevano per far passare il tempo ai passeggeri, ascoltare un po’ di musica e pensare…pensare al doloroso passato, al momentaneamente sereno presente e all’incerto futuro.

 

“Sto andando a Galway…sto andando a casa sua…” era un pensiero che le si ripresentò spesso alla mente durante quelle ore di volo, suscitando ogni volta in lei sentimenti diversi e contrastanti.

 

Quando finalmente riuscì ad appisolarsi sullo scomodo sedile della classe economica, un unico volto popolò i suoi sogni: il volto di colui che era stato prima il suo angelo custode, poi un tenero amante, quindi il suo più acerrimo nemico, la sua spina nel cuore e infine la sua salvezza…il volto di Angel.

 

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Quando arrivarono a Galway era già buio, ma, a causa del fuso orario, nessuno di loro aveva sonno. Trovarono ad attenderli all’aeroporto una limousine mandata dal Consiglio che li trasportò all’hotel dove erano state prenotate le loro stanze. Con grande sorpresa scoprirono che si trattava dell’albergo più bello della città.

 

“Limousine e albergo di lusso: a me questo nuovo Consiglio piace già tantissimo” sentenziò Cordelia, e Xander ed Anya furono subito d’accordo con lei.

 

Terminato di sistemarsi nelle loro stanze, trovarono nella hall un inviato del Consiglio che informò Westley e il signor Giles riguardo ai programmi dell’indomani, elencò loro i migliori ristoranti della città (anche la cena era a spese del Consiglio: Cordelia era ormai conquistata) e li informò anche del fatto che l’indomani, mentre i due osservatori sarebbero stati ricevuti dal Consiglio, era in programma, per tutti gli altri, una visita guidata della città. Detto ciò, salutò tutti in maniera molto cordiale e si congedò.

 

Dato che uno dei ristoranti segnalati non era distante dall’hotel e dato che tutti, dopo tante ore seduti in aereo, avevano voglia di sgranchirsi un po’ le gambe, decisero di raggiungerlo a piedi.

Nonostante fossero in estate l’aria serale era decisamente frizzantina, del tutto diversa dalla cappa di caldo e di afa opprimenti che, in quello stesso periodo, rendevano pressoché impossibile vivere a Sunnydale.

 

Durante la loro camminata passarono di fianco ad un imponente e bellissimo palazzo, ma quando Willow fece per avvicinarsi per scoprire di cosa si trattasse, Xander la bloccò dicendo che quel posto avrebbe sicuramente fatto parte dell’itinerario del giro turistico e che quindi era perfettamente inutile cercare di scoprire in quel momento cosa fosse. Per una volta tutti furono d’accordo con lui.

 

Quella sera mangiarono a sazietà e bevvero altrettanta birra (solo Buffy non bevve: aveva ancora un brutto ricordo della birra, da quando questa l’aveva fatta regredire a donna delle caverne) e quando ebbero terminato decisero di fare ancora quattro passi per schiarirsi la mente dai fumi dell’alcool. Si diressero così verso la zona del porto che, soprattutto la sera, era senza dubbio la parte più viva della città.

 

Era davvero una bella serata. Persino Buffy, che non avrebbe voluto partire, si stava divertendo. Ma ritornando verso l’albergo successe qualcosa che turbò un po’ la cacciatrice: passando in una delle stradine del porto aveva visto, in uno dei viottoli perpendicolari, dei loschi individui attorniare un ragazzo. Il suo sesto senso le aveva immediatamente suggerito che non lo avevano attorniato per chiedergli un’indicazione e, benché il viottolo fosse scarsamente illuminato, i grugniti che vi provenivano non lasciavano molti dubbi sulla natura di quegli aggressori: si trattava di vampiri…tre vampiri contro un essere umano…decisamente del lavoro per una Cacciatrice. Tuttavia quello che successe dopo la lasciò letteralmente senza parole: non ebbe neanche il tempo di estrarre dalla borsa il suo paletto che il ragazzo li aveva già fatti fuori tutti e tre e, complice il buio, era sparito.

 

Dopo un attimo di silenzio fu Giles a parlare: “Ecco Buffy, hai appena avuto un’illuminante dimostrazione di come si uccidono i vampiri senza sprecare tempo ed energie preziose. Hai preso appunti? Vorrei solo sapere come abbia fatto quel tizio a dileguarsi tanto velocemente”.

 

“E’ stato talmente veloce che secondo me non se ne è andato affatto: probabilmente era un vampiro anche lui ed è rimasto polverizzato insieme agli altri tre nello scontro” ipotizzò Xander.

 

“Vampiri che girano con paletti di legno in tasca per uccidere altri vampiri?” chiese scettica Buffy.

 

“Beh, scusa, non esistono uomini che girano armati di pistola per uccidere altri uomini, e senza neanche la scusante di essere dei demoni!?! E poi non dimenticarti che Angel non usciva mai di casa senza avere un paletto a portata di mano, e di certo non lo usava come stuzzicadenti!!!” replicò convinto Xander.

 

A quel punto Buffy non seppe cosa rispondere: anche se la cosa non la convinceva del tutto, il ragionamento di Xander non faceva una piega, ed era anche la spiegazione più plausibile per quella repentina sparizione.

 

“Domani chiederemo al Consiglio se sanno di fazioni opposte di vampiri che si fanno la guerra qui in città. Se così fosse si spiegherebbe tutto. Adesso andiamocene a dormire: domani per noi sarà una giornata importante, mentre per voi sarà piuttosto stancante visto che il giro turistico è a piedi” disse Westley.

 

“A piedi!?!” esclamò quasi piangendo Cordelia, e fu immediatamente chiare che il Consiglio aveva perso qualche punto nella sua considerazione.

 

“Perché volevi farlo in limousine?” chiese sarcastico Xander.

 

“Perché no!!!” risposero all’unisono Cordelia, Anya e Dawn.

 

“Dawn, ti proibisco letteralmente di passare troppo tempo con Anya e Cordy: hanno una pessima influenza su di te!!!” disse Buffy fra il serio e il faceto, e ridendo tornarono in albergo.

 

Quella sera Buffy si addormentò ascoltando il respiro regolare della sorella che dormiva accanto a lei e ripensando al giovane del viottolo…no, la storia di Xander non la convinceva affatto e inoltre, benché fosse buio, quel giovane le aveva trasmesso una sensazione familiare…ma ci avrebbe pensato l’indomani, a mente fresca.

 

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“Lui è qui. Trovatelo, ma badate di non farvi scorgere da lui e di non torcergli un capello…o sarà peggio per voi” ordinò la donna, mentre un ghigno malefico distorceva i suoi aristocratici lineamenti. “L’ho ritrovato finalmente ed è tempo che la storia ricominci da capo!!!”.

 

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Il mattino seguente, dopo un’abbondante colazione a base di uova fritte, bacon e succo d’arancia, prese il via il loro giro turistico.

 

La guida era una tipica ragazza irlandese: i bellissimi occhi verdi si perdevano in un mare di lentiggini, mentre tutto il volto era incorniciato da una cascata di riccioli rossi, imbrigliata a stento da un grosso fermaglio. Si presentò come Linda Keane e tutti dovettero ammettere che sprizzava vitalità ed allegria da tutti i pori.

 

Xander aveva passato la mattinata lamentandosi del fatto che avrebbe di gran lunga preferito restarsene a letto piuttosto che massacrarsi i piedi in una visita che non desiderava fare, ma non appena aveva visto la bellissima guida aveva, con grande disappunto della sua ragazza, immediatamente cambiato idea; forse fu per questo che Anya fu l’unica a non rimanere contagiata dalla simpatia della ragazza.

 

Ma per quanto la guida potesse essere brava e simpatica, per quanto la giornata fosse bellissima e per quanto l’atmosfera fosse veramente serena, il giro della città si rivelò veramente massacrante, e così quando Linda annunciò che avrebbero ora visitato l’ultima tappa del loro giro, nessuno riuscì a reprimere un sospiro di sollievo, anche perché il programma prevedeva che prima avrebbero pranzato.

 

“L’ultima tappa è palazzo O’Donnell, uno dei palazzi secenteschi meglio conservato di tutta l’Irlanda. Sicuramente l’avrete già notato, visto che si trova in centro, vicino al vostro albergo. Gli O’Donnell erano una delle famiglie più ricche ed in vista di tutta Galway, anzi, di tutta l’Irlanda. Non erano nobili di nascita, ma mercanti che, grazie alla loro attività, avevano fatto prosperare tutta la zona, tanto che il re (a quell’epoca l’Irlanda era ancora sotto la corona d’Inghilterra) li rese duchi già a metà del 1600” così dicendo erano giunti al palazzo che aveva colpito la loro attenzione la sera prima.

 

Quando entrarono nel palazzo rimasero letteralmente e bocca aperta. I saloni enormi, luminosissimi, i caminetti raffinatamente decorati, lo scalone di marmo che conduceva al piano di sopra dove si trovavano le camere di letto: tutto era estremamente raffinato, ma assolutamente non volgare. Gli O’Donnell erano nobili per ricchezza, ma nulla nella casa poteva essere interpretato come quella nauseante ostentazione di grandezza, tipica invece della gente come loro. Il mobilio, seppur di ottima fattura, era estremamente semplice, classico, così come gli ornamenti e i quadri che abbellivano la casa.

 

“Ecco Xander, potrei anche accontentarmi di una casetta così” affermò Anya e in risposta il ragazzo la guardò come se venisse da Marte.

 

Quando poi vennero mostrati alcuni abiti della signora O’Donnell, ancora perfettamente conservati, Cordelia non resistette più: “Questi O’Donnell mi piacciono veramente tantissimo. Senti Linda, non è che c’è qualche giovane e bellissimo discendente di questa meravigliosa famiglia? Sai, io ormai sono in età da marito e , esattamente come Anya, potrei anche accontentarmi di tutto ciò!!!”.

 

La giovane guida scoppiò a ridere: “No, mi dispiace Cordelia: nessun rampollo da sposare. E poi non hai ancora sentito tutta la storia di questa famiglia; probabilmente quando avrò terminato il mio racconto tu avrai già cambiato opinione. Il motivo per cui non ci sono discendenti è che gli O’Donnell vennero atrocemente sterminati…” la ragazza fece una breve pausa per dare maggiore enfasi a quell’affermazione e per valutare le reazioni dei suoi ascoltatori. “Successe nel 1753, ma cosa sia realmente accaduto quella maledetta notte del 16 maggio nessuno lo sa per certo. Molte leggende sono fiorite attorno a questa storia: alcuni dicono che siano stati dei ladri che, sorpresi durante la notte a rubare, li abbiano poi uccisi tutti. Non che la cosa non sia possibile, ma un furto non giustificherebbe la crudeltà con cui sono stati massacrati: morirono tutti dissanguati. E’ proprio quest’ultimo particolare dà origine alla leggenda più interessante e diffusa: questa leggenda vuole che gli O’Donnell siano stati uccisi da un vampiro… Ma adesso andiamo, terminerò il mio racconto nella più spettacolare delle stanze di questo palazzo, dove, in un certo senso, potrete anche conoscere Edwin O’Donnell, sua moglie Isabel e i loro due figli, Liam e Katie”.

 

Così dicendo li condusse al piano di sopra, in un’immensa biblioteca.

 

“Il regno del signor Giles” esclamò Xander, senza tuttavia riuscire a non provare un minimo di ammirazione per quel luogo.

 

“Meglio non parlargli di questo posto se vogliamo che torni con noi a Sunnydale” disse Dawn sorridendo e guardandosi intorno affascinata.

 

La sala era inondata dalla luce pomeridiana che entrava dalle enormi finestre per illuminare un’infinità di scaffali di nero legno d’ebano, pieni di libri elegantemente rilegati. Willow si guardava intorno estasiata, correndo da uno scaffale all’altro e trattenendo a stento gridolini di eccitazione ogni qual volta trovasse qualche particolare libro.

 

“Sai, Dawn” disse Tara “credo che faremo fatica a portar fuori di qui anche Willow!!!” e tutti scoppiarono a ridere.

 

In un angolo un po’ più buio, a distanza di sicurezza da tutti quei preziosissimi volumi, c’era un caminetto, ed era proprio verso quello che Linda richiamò la loro attenzione. Sopra il caminetto c’era un pesante tendaggio di velluto rosso, che era stato evidentemente aggiunto in un secondo momento a protezione, probabilmente, di un quadro o di un affresco.

 

“Linda, per favore continua il tuo racconto” chiese Dawn che, da quando a raccontargliele era stato anni prima Spike, era diventata una vera appassionata di storie di demoni e vampiri.

 

La guida non si fece pregare due volte e riprese il suo racconto da dove lo aveva interrotto. “Le cronache dell’epoca riportano che il massacro avvenne in una giornata già molto triste per gli O’Donnell: quella stessa mattina avevano infatti seppellito il loro primogenito, trovato morto in una stradina di Galway il giorno prima. E qui arriva il bello della storia perché pare che il vampiro che uccise la famiglia fosse proprio questo sciagurato figlio, Liam. Questa storia era considerata una semplice leggenda fino a meno di tre anni fa, ma poi successe una cosa che fece nascere parecchi dubbi sulla veridicità di ciò che racconta. Meno di tre anni fa è infatti stato trovato in un vicoletto del porto un ragazzo decisamente malconcio i cui lineamenti ricalcavano alla perfezione quelli di Liam O’Donnell…due autentiche gocce d’acqua…e così in poco tempo si sparse la voce che il terribile vampiro della leggenda non solo non era un’invenzione, ma era addirittura tornato! Io e mia nonna, che ci siamo prese cura di lui, abbiamo avuto il nostro bel daffare a convincere tutti che quel povero ragazzo, che adesso tutti amano e chiamano Brian Keane (gli abbiamo prestato il nostro nome, visto che lui non ricorda assolutamente il suo), non aveva nulla a che fare con il vampiro della leggenda: non bastava che lo vedessero camminare alla luce del sole e bere Coca Cola come qualunque altro mortale…loro volevano che lui fosse il vampiro perché questo avrebbe attirato un sacco di turisti”.

 

“Tu, personalmente, credi a questa storia del vampiro?” chiese Dawn a Linda.

 

“No, io onestamente non ci credo, e ti dirò di più, onestamente non credo neanche ai vampiri: sono solo storielle che le nonne raccontano alle nipotine discole come me per farle stare buone. Francamente mi veniva da ridere tutte le volte che mia nonna mi diceva che Angelus sarebbe tornato a prendermi se non fossi stata brava…Angelus: ma vi sembra un nome da vampiro!!!”. Linda fece quell’ultima affermazione ridendo, e contemporaneamente tirò la nappa di seta che alzò il drappo di velluto rosso, rivelando un bellissimo quadro su cui erano rappresentati i ritratti dell’ultima famiglia O’Donnell. “L’unica cosa di cui sono certa è che le cronache di quel tempo, questa casa e questo ritratto sono tutto ciò che resta di questa sfortunata famiglia”.

 

Buffy non aveva prestato grande attenzione al racconto della ragazza: a differenza della sorella lei non smaniava per le storie di demoni e vampiri…ne viveva già abbastanza tutti i giorni da non desiderare di sentirne parlare anche quando si concedeva una breve vacanza. Ma la sua attenzione era stata immediatamente catturata quando Linda aveva nominato Angelus, e il suo cuore si era fermato un attimo quando il drappo rosso si era alzato, lasciandola a rimirare i volti di Edwin, Isabel, Katie e Liam O’Donnell.

 

“Ma come diavolo ho fatto a non capirlo prima” pensò Buffy mentre lottava contro se stessa per trattenere le lacrime: il volto ritratto nel quadro, il volto di Liam O’Donnell era inequivocabilmente l’amato volto di Angel. “Avrei dovuto capirlo subito. Tutto combaciava. Tutto coincideva. Eppure io mi rifiutavo di ammetterlo. Liam…Angel…dunque è in questa casa che hai vissuto, amore mio…Angel…Liam”.

 

La reazione degli altri, trovandosi di fronte al volto di Angel, non fu molto diversa da quella di Buffy. Dopo un lungo e, allo stesso tempo, brevissimo attimo di silenzio fu Xander il primo che riuscì a parlare: “Sai Linda, sarebbe troppo lungo spiegarti perché, ma credo che quella che tu chiami leggenda non sia altro che la verità; ora la riconosco: quella che ci hai appena raccontato è la storia di Angelus…e non riderei troppo se fossi in te, perché non è una gran bella storia”:

 

Linda li guardava stupefatta: non si era attesa una simile reazione da parte loro. Raccontava praticamente tutti i giorni quella storia da quasi tre anni ormai e di solito i turisti ridevano e convenivano con lei sul fatto che Angelus non fosse esattamente un nome da vampiro. Ma non questa volta, non questi turisti: loro erano quasi sobbalzati quando aveva nominato Angelus, e quando aveva scoperto il dipinto erano rimasti a fissarlo con occhi spalancati, quasi avessero visto un fantasma. E poi quell’affermazione di Xander… “Mah, forse è meglio che li porti fuori di qui prima che qualcuno venga folgorato da un’improvvisa illuminazione!!!”, pensò facendo scendere nuovamente il drappo a coprire il quadro. “Adesso però dobbiamo andare, anche perché è quasi ora di chiusura” disse, riacquistando l’attenzione di tutti.

 

“Potrei solo tornare un attimo nella stanza di Liam, per favore” chiese Buffy con un filo di voce.

 

“Certo, ma non più di cinque minuti, come ho detto il museo sta per chiudere. Noi ti aspettiamo giù nel salone d’ingresso. Non toccare nulla, mi raccomando” rispose la giovane guida.

 

I suoi amici avevano capito benissimo il suo stato d’animo e così nessuno si era offerto di accompagnarla…e di questo fu loro molto grata.

 

Quando entrò nella camera fu sommersa dalle emozioni e dai ricordi. La stanza era d’angolo ed enormi finestre si aprivano sulla parete rivolta ad est e su quella rivolta a sud, in modo che l’interno fosse illuminato praticamente per tutta la giornata. “Quando ero mortale amavo la luce del sole” le aveva detto con malinconia una volta Angel quando lei gli aveva chiesto di parlarle un po’ della sua vita da mortale, e quella stanza, scelta da Liam sebbene non fosse una delle più belle della casa, testimoniava la veridicità di quelle parole. Buffy osservò attentamente ogni dettaglio di quella stanza, cercando di immaginare la vita della persona che l’aveva abitata…cercando di immaginarsi la vita da essere umano di Angel… E non riuscì a non piangere.

 

CAPITOLO V

 

Quella notte Buffy sognò e risognò gli eventi di quella giornata: non aveva prestato molta attenzione alle parole di Linda eppure il suo cervello doveva averle registrate, tanto che nei suoi sogni continuava a sentirle e risentirle…come se le sfuggisse qualcosa di importante e qualcuno cercasse di rimetterla sulla strada giusta…

 

Nel cuore della notte, Buffy si svegliò di soprassalto, tanto da spaventare Dawn.

 

“Cosa succede Buffy? Ti senti male? Vado a chiamare il signor Giles?” chiese spaventata la ragazza.

 

“Un ragazzo!!!” esclamò Buffy, con gli occhi spalancati, senza prestare la minima attenzione alle parole della sorella.

 

“Sì Buffy, un ragazzo lo vorremmo tutte quante, ma non mi sembra un buon motivo per svegliarsi nel cuore della notte e farmi prendere un accidente” la canzonò la sorella, ora più tranquilla.

 

Buffy la guardò come se si accorgesse di lei solo in quel momento: “Un ragazzo, Dawn, ti rendi conto? Linda ha parlato di un ragazzo identico a Liam O’Donnell…”.

 

“Un ragazzo identico ad Angel…” terminò per lei Dawn, ora pensierosa.

 

“Devo vedere quel ragazzo! Devo conoscerlo assolutamente!” disse Buffy agitatissima, guardando la sorella più piccola con aria supplichevole, come se la ragazza avesse potuto esaudire il suo desiderio.

 

“Adesso calmati, Buffy” cercò di tranquillizzarla Dawn. “Ti prometto che domani ti aiuterò a cercare Linda: ha detto che quel ragazzo ha vissuto con lei e sua nonna…magari è ancora così…o magari potrà dirci qualcosa di più. Ma domani, ora torna a dormire: non vorrai conoscere quel tizio con delle occhiaie da fargli paura?!?”.

 

Quest’ultima osservazione sembrò convincere Buffy, che si ridistese e, seppure con un po’ di fatica, si riaddormentò e dormì fino al mattino seguente.

 

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La mattina dopo, a colazione.

 

“Il Consiglio ha escluso la presenza di bande di vampiri rivali, e quindi il mistero della scorsa sera resta ancora tale” disse Westley. “Ma adesso raccontatemi con un po’ più di calma e lucidità cos’è questa storia del quadro, di Liam e di Angel…ieri sera non ho capito veramente nulla”.

 

Cordelia prese a raccontare di nuovo tutto quanto, ma dopo meno di trenta secondi il signor Giles la interruppe: “Cordelia, Westley ha detto con calma e lucidità! Forse è meglio che ce lo racconti qualcun altro: tu mi sembri ancora molto sconvolta. Willow?”.

 

La strega raccontò con dovizia di particolari (senza tralasciare la descrizione della meravigliosa biblioteca che fece brillare gli occhi dell’osservatore più anziano) quanto era successo il giorno prima.

 

“Scusatemi ragazzi” chiese al termine del racconto Westley “la guida vi ha parlato di un ragazzo identico ad Angel e voi non le avete domandato nulla a riguardo?”.

 

“Hai perfettamente ragione Westley” affermò Buffy, raggiungendo i suoi amici al tavolo del lussuoso ristorante dell’albergo. “Ma cerca di capire: siamo rimasti letteralmente sconvolti di fronte a quel quadro. E infatti io rinuncio allo shopping previsto per oggi e vado a cercare Linda: devo sapere qualcosa di più di questo misterioso Brian. Qualcuno viene con me?”.

 

“Io” disse senza un attimo di esitazione Cordelia, lasciando tutti letteralmente a bocca aperta.

 

“Le parole rinunciare allo shopping sono arrivate al tuo cervello, Cordy?” chiese Xander con sarcasmo.

 

“Se pensi che io sia una ragazza che pensa ai vestiti per 24 ore al giorno, pensi benissimo; ma se mi credi una stupida senza cuore, allora ti sbagli di grosso: ho passato due anni a stretto contatto con Angel, e in questi due anni ho imparato a volergli un bene dell’anima…e se qualcuno prova a fraintendere le mie parole giuro che me lo mangio vivo… Voglio vederci chiaro anche io in questa storia…allo shopping ci penserò domani…anche perché è solo domani che iniziano i saldi di fine stagione…” rispose seccamente Cordelia. “E per tua informazione, Xander, il mio cervello, a differenza del tuo, funziona benissimo”.

 

“Ehi, come ti permetti di parlare così al mio ragazzo!!!” intervenne con aria stizzita Anya.

 

“Certo che sei veramente penoso Xander, proprio come al liceo: allora ti facevi difendere da Buffy, adesso da Anya…” rincarò Cordelia.

 

“Beh, a quanto pare neanche tu sei cambiata molto, Cordelia: sempre acida come una vipera che si è morsicata la lingua” rispose Xander.

 

“Adesso basta. Sopportavo a stento i vostri battibecchi quando eravate al liceo, ma adesso… Sarebbe ora che cresceste: TUTTI E DUE!!!” li interruppe un seccato signor Giles; quindi rivolto a Buffy disse: “Purtroppo Westley ed io questa mattina non potremo aiutarvi, dato che la riunione con il Consiglio si è rivelata più lunga del previsto; ma se questo pomeriggio ne avrete ancora bisogno, vi aiuterò molto volentieri”.

 

“Vi aiuteremo” lo corresse Westley.

 

“E’ inutile che ti dica che io sono con te, vero?” chiese Willow.

 

“Conta anche su di me!” sorrise Tara.

 

“Beh, visto che né io né Xander smaniamo per ritrovare Angel, penso che ce ne resteremo in albergo a fare un po’ di sano sesso. Vero tesoro?” disse Anya, e fu evidente per tutti che Xander non aveva scelta: seppur mascherato da una domanda quello dell’ex-demone era un ordine.

 

“Però se scoprite qualcosa fatecelo sapere” fu tutto quello che riuscì a dire il ragazzo.

 

Mezz’ora dopo il signor Giles e Westley erano di nuovo a colloquio con il Consiglio, Anya appendeva alla maniglia della porta della sua camera il cartello Non Disturbare e Buffy, Cordelia, Dawn, Willow e Tara cominciavano a cercare per tutta Galway Linda Keane.

 

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A mezzogiorno passato le ragazze si lasciarono prendere dallo sconforto: avevano girato quasi tutta Galway, ma di Linda e Brian Keane nessuna traccia. Tutti in città li conoscevano, ma erano molto restii a fornire informazioni su dove trovarli…probabilmente era una trovata del turismo locale per alimentare il mistero del vampiro ritornato in città.

 

“Ragazze, per favore, cerchiamo un posto in cui mangiare, bere e sederci a riposare un attimo” supplicò Dawn. “Ricominceremo le ricerche quando ci raggiungeranno il signor Giles e Westley. In una mattina non abbiamo cavato un ragno dal buco”.

 

Dato che erano tutte quante stanche ed affamate, furono tutte perfettamente d’accordo con la proposta della più giovane del gruppo; girarono ancora un po’ alla ricerca di un ristorante che le ispirasse e scelsero infine una piccola locanda chiamata La vecchia Irlanda.

 

L’interno del locale era piacevolmente fresco rispetto alla calura del primo pomeriggio, e non era molto affollato.

 

Prima ancora che i loro occhi si abituassero al cambiamento di luce, una cameriera le accolse dicendo loro: “Salve ragazze, a quanto pare ci si rivede di nuovo. Venite, accomodatevi e vi assicuro che non vi pentirete di aver scelto il nostro ristorante”.

 

Le cinque ragazze guardarono la cameriera come avrebbero guardato un extraterrestre, poi si guardarono fra di loro e scoppiarono a ridere: quella cameriera era Linda Keane.

 

“Scusaci Linda” si affrettò a dire Tara, che aveva notato l’espressione leggermente offesa della bellissima irlandese. “Non stiamo assolutamente ridendo di te, ma della sorte: ti abbiamo cercato invano per tutta la mattinata e ti abbiamo trovata proprio quando avevamo rinunciato a proseguire”.

 

“Benissimo” disse Linda, i cui occhi erano tornati a sorridere “allora accomodatevi : io vi porto da mangiare e poi mi spiegherete il motivo per cui mi avete cercata per tutta la mattina” e sparì verso la cucina, per tornare pochi minuti dopo portando ogni sorta di ben di Dio.

 

Dopo il lauto pranzo Willow disse: “Meno male che volevamo fare solo uno spuntino!!! Comunque avevi ragione, Linda: non mi sono assolutamente pentita di aver scelto il vostro ristorante. Era tutto delizioso, ma adesso voglio qualche ricetta”.

 

“Spiacente cara Willow, ma i segreti delle ricette di mia nonna sono ancora tali anche per me! Ma adesso piuttosto ditemi perché mi cercavate” disse la ragazza.

 

“Ecco, ti sembrerà strano, ma vorremmo conoscere il tuo amico Brian, e speravamo che tu potessi dirci dove trovarlo” spiegò Buffy, cercando di mascherare il tumulto del suo cuore al solo pensiero del volto di Angel.

 

“Ti sbagli, Buffy, la cosa non mi sembra affatto strana: la metà della gente che ascolta la storia degli O’Donnell poi vuole conoscere Brian…e tu capirai che questo non è veramente possibile. Quel ragazzo ha diritto ad una vita normale, non di essere trattato come un fenomeno da baraccone in mostra per i turisti curiosi”. Il tono della ragazza era dolce come al solito, ma estremamente risoluto.

 

“No, aspetta, lascia che ti spieghi: noi avevamo un amico…un carissimo amico…che è scomparso in circostanze alquanto misteriose. Credo che tu abbia notato il nostro sbigottimento quando ci hai mostrato il quadro degli O’Donnell…”.

 

“Certo che l’ho notato: pareva aveste visto un fantasma” la interruppe con aria divertita Linda.

 

“Beh, in un certo senso era proprio così” continuò Buffy. “Vedi anche il nostro amico era identico a Liam…e quindi identico a Brian, a quanto tu mi dici… La nostra non è solo curiosità, e soprattutto non abbiamo alcuna intenzione di dare fastidio al tuo amico…ma se esiste anche solo una possibilità che il tuo amico Brian e il nostro amico Angel siano la stessa persona…beh, allora dobbiamo scoprirlo!!!”.

 

Buffy aveva terminato quella spiegazione senza neanche accorgersi che una lacrima le stava rigando la guancia sinistra. Linda la guardava attentamente, come se la stesse valutando, e Buffy non si sottrasse a quello sguardo. Alla fine l’irlandese disse: “Questo Angel doveva essere qualcosa di più di un amico…” e poi, dopo una breve pausa, trasse un profondo sospiro: “E va bene, lui me ne dirà di tutti i colori, ma vi aiuterò: potrete trovare Brian questa sera, verso il tramonto, sulla più piccola banchina del porto, l’ultima, oppure sulla collinetta del parco. Ci va a disegnare; è molto bravo: quei disegni sulla parete là in fondo li ha fatti lui e li ha regalati alla nonna…”.

 

“Anche Angel sapeva disegnare benissimo…o forse era solo Angelus che sapeva farlo? Effettivamente io non ho mai visto disegni di Angel, ma solo quelli bellissimi e terribili nello stesso tempo del suo demone. Chissà se anche l’uomo sapeva disegnare altrettanto bene?” pensava freneticamente Buffy, senza prestare più molta attenzione alle parole della ragazza irlandese.

 

“Grazie mille, Linda” disse Dawn. “E’ vero: per mia sorella Angel era molto di più di un amico, ma noi altre non desideriamo trovarlo meno di quanto lo desideri lei; comunque ritengo anch’io che sia altamente improbabile che Brian e Angel siano la stessa persona, ma un tentativo dobbiamo farlo, non trovi?”.

 

“Certo…ma non provate a fagli del male…” disse Linda, quasi senza volerlo, e a quel punto per Buffy fu molto chiaro che anche per la ragazza Brian era qualcosa di più di un semplice amico. Non poté dunque fare a meno di provare un attimo di antipatia nei suoi confronti, ma al tempo stesso l’ammirò: nonostante tutto aveva deciso di aiutarle.

 

Uscite dal ristorante decisero di tornare in albergo, dove Giles e Westley le aspettavano, e di riposare un po’ prima delle emozioni che quella sera prometteva.

 

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Le ore che la separavano dal tramonto del sole sembravano non passare mai.

 

“Neanche quando aspettavo che il sole calasse per correre da Angel, l’attesa mi snervava così tanto” pensava Buffy.

 

“Che tipo di persona credi che incontreremo?” chiese improvvisamente Dawn. “Voglio dire: pensi veramente che ci troveremo di fronte ad Angel?”.

 

“Non lo so Dawn, e non so neanche se spero che sia così oppure no. Non so che cosa intenda Linda per identico, ma se questo Brian fosse davvero uguale ad Angel…beh, non so proprio immaginarmi quale potrebbe essere la mia reazione…” confessò candidamente Buffy, “…e comunque non dovremo aspettare molto per saperlo visto che, finalmente, è quasi il tramonto”.

 

Una mezzora dopo si trovarono tutti nella hall dell’hotel e decisero di dividersi in due gruppi per controllare entrambe le zone indicate da Linda: il signor Giles, Buffy, Dawn, Willow e Tara andarono al parco, mentre Westley, Cordelia, Anya e Xander si recarono al porto.

 

“Teniamoci comunque in contatto con il telefonino: chiunque trovi Ang…Brian avvisi gli altri” disse Westley, e tutti furono d’accordo con lui.

 

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“Dunque lo avete trovato, finalmente! Benissimo, per una volta avete fatto un buon lavoro. Adesso a noi due, mio adorato: è ora che io ti ridoni l’immortalità” disse Darla, preparandosi ad uscire per mettere in atto il suo piano.

 

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Il gruppetto guidato da Westley procedeva speditamente verso il porto: nessuno di loro parlava, anche perché sapevano che se solo avessero aperto bocca sarebbe probabilmente nato un battibecco, e nessuno, in quel momento, aveva voglia di discutere.

 

Erano quasi arrivati al porto, quando improvvisamente Cordelia si arrestò gemendo e portandosi le mani sulle tempie. Xander, che camminava dietro di lei, quasi le andò addosso, ma quando fece per protestare si rese conto che qualcosa nella sua ex non andava la sorresse prima che questa potesse cadere.

 

“Al parco! Al parco! Un innocente…in pericolo…Darla…vuole renderlo un vampiro!” fu tutto quello che riuscì a pronunciare Cordelia. Quella visione l’aveva colta assolutamente impreparata: erano anni che non ne aveva più avute…era da quando Angel era…morto…che non aveva più visto nulla. E adesso?

 

Westley, che aveva immediatamente capito cosa stesse succedendo alla ragazza, si affrettò a raggiungerla: “Cerca di essere un po’ più chiara Cordy: cosa c’entra Darla e soprattutto chi è che vuole rendere un vampiro?” chiese incalzando la ragazza.

 

“Non lo so, non lo so, non riesco a vedere il suo volto, ma Darla è di nuovo qui a Galway e, tanto per cambiare, non ha buone intenzioni…” e dopo un attimo, in cui la ragazza sembrò quasi venir sopraffatta dalla visione “…o mio Dio, è Angel…è Angel che Darla vuole vampirizzare. Dobbiamo fare qualcosa Westley, dobbiamo aiutarlo!!!” urlò Cordelia guardando l’osservatore con occhi spalancati.

 

Xander e Anya guardavano Cordelia a bocca aperta, mentre Westley non si lasciò sfuggire la situazione di mano: che quel ragazzo fosse davvero Angel o solo qualcuno che gli assomigliava maledettamente…tanto da ingannare anche Cordelia…non meritava il trattamento che Darla aveva in serbo per lui. Chiamò immediatamente il cellulare del signor Giles e li avvertì del pericolo, quindi si caricò una distrutta Cordelia sulle spalle e si diresse velocemente verso il parco.

 

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Quando il gruppo del signor Giles ricevette la telefonata di Westley era già al parco, a poca distanza dalla collinetta che si trovava al suo centro ed ormai il sole era già calato da una decina di minuti.

 

Erano ancora ai piedi della collinetta quando, contro la luce di un lampione, videro la sagoma di una donna avvicinarsi ad un ragazzo che stava raccogliendo i suoi fogli da disegno e le sue matite. Poi la donna si avvicinò molto al ragazzo, quasi a sussurrargli qualcosa nell’orecchio…o quasi a morderlo sul collo…

 

“NOOOO” urlò Buffy con tutto il fiato che aveva in gola, e prese a correre verso la cima della collina.

 

Il giovane, come ridestato dall’urlo di Buffy, si discostò rabbiosamente dalla donna che aveva ormai svelato il suo volto di demonio, e la spinse lontano da sé. In pochissimi istanti altri dieci vampiri spuntarono dall’ombra, in difesa del loro sire e la battaglia ebbe inizio.

 

Il ragazzo era disarmato, ma si difendeva molto bene: era anzi riuscito a far fuori due vampiri usando le sue matite da disegno. Quando Buffy raggiunse la cima cominciò a battersi con una furia che lei stessa non conosceva: i suoi colpi erano micidiali; i suoi movimenti, fluidi ed eleganti, sembravano sincronizzati a quelli del ragazzo, tanto che più tardi Tara affermò che la loro, più che una lotta, era sembrata una danza. Nel giro di una decina di minuti dei dieci vampiri non restavano che altrettanto mucchietti di polvere e così Buffy si scagliò contro Darla, restata imprudentemente ad assistere alla lotta.

 

“Ancora tu, maledetta cacciatrice” ringhiò la donna.

 

“Già: mi viene quasi da dire che chi non muore si rivede…ma non si addice molto al tuo caso, visto che tu sei già morta da qualche secolo” rispose con impertinenza Buffy.

 

“Sei veramente folle se pensi di poter intralciare un’altra volta i miei piani: lui è mio, te ne vuoi rendere conto sì o no?” ribatté con sempre più rabbia Darla.

 

“Io non penso affatto di poter intralciare i tuoi piani…io sono sicura di riuscire ad impedire che tu li attui. Quanto a lui non so veramente di chi parli”.

 

“Vorresti farmi credere che non conosci l’identità di colui che hai appena salvato, anche se per poco?” chiese la vampira sinceramente stupita. “Vorresti farmi credere che non sai che si tratta di Angel?”.

 

“No, tesoro, non mi incanti: i tuoi trucchetti con me non funzionano. Non abbasserò la guardia pensando ad Angel” rispose Buffy che, ormai stanca di parlare, si scagliò contro la vampira con tutta la forza che possedeva.

 

Lo scontro fu tremendo: una serie di colpi dati ed incassati talmente velocemente che il signor Giles dal basso della collina non riuscì neanche a distinguerli. Durante la lotta le due donne erano finite in una zona d’ombra, il che metteva Darla in una situazione di leggero vantaggio, ma proprio nel momento in cui sembrava che la vampira potesse avere la meglio sulla cacciatrice, venne colpita alle spalle da un paletto scagliato con estrema precisione dal ragazzo che aveva attaccato. Darla ebbe appena il tempo di voltarsi verso l’uomo ed esclamare: “Perché? Perché ancora una volta hai scelto lei, Angel?”; dopodiché il suo corpo si ridusse in cenere.

 

Buffy chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro: anche questa volta Darla era giunta paurosamente vicina al suo collo, e per un attimo aveva temuto che tutto fosse finito...di nuovo…

 

Quando riaprì gli occhi una mano era tesa a pochi centimetri dal suo volto, mentre una voce le chiedeva: “Sei ferita?”.

 

Erano ancora nella zona d’ombra e quindi non riusciva a vedere il volto da cui proveniva quella voce, ma non aveva dubbi sull’identità del suo padrone: avrebbe riconosciuto quella voce fra migliaia; era l’unica voce che era in grado di accelerarle il battito cardiaco; era l’unica voce da cui avrebbe voluto farsi avvolgere giorno e notte; era l’unica voce che più di una volta non aveva sentito, perché tanto lei ed Angel si capivano anche solo con uno sguardo…

Non aveva ancora visto Brian Keane, ma già non aveva più dubbi: lui era Angel e persino Darla glielo aveva confermato.

 

Dato che Buffy non aveva risposto, Brian chiese nuovamente: “Sei ancora viva?”.

 

Questa volta Buffy rispose: “Sì, grazie a te. Ti devo la vita”. Nel frattempo aveva afferrato la mano che il giovane le tendeva per rimettersi in piedi, e quel semplice contatto riempì il suo corpo di brividi.

 

“Bene, allora siamo pari visto che tu hai salvato la mia. Sai, normalmente sto molto attento, non mi lascio fregare così dai vampiri. Ma quell’essere mi aveva praticamente stregato e se tu non avessi urlato in quella maniera adesso sarei morto…o, peggio ancora, sarei uno di loro…”. Buffy lo sentì rabbrividire. “Sarebbe stato terribile…peggio che morire…” aggiunse in un sussurro, come se parlasse a se stesso. “Comunque da come ti muovi e da come combatti devo dedurre che non sei proprio una ragazza normale. Sei la Cacciatrice, vero?” chiese, nuovamente allegro.

 

“Già…a quanto pare…” rispose Buffy sorridendo imbarazzata. “Certo che è buffo: la mia identità dovrebbe essere segreta, eppure credo che mezzo mondo sappia chi sono…” pensò.

 

Ancora tenendosi inconsciamente per mano, i due rientrarono nel cono di luce del lampione, e sotto quella luce Buffy poté vedere il volto di Brian Keane.

 

Nonostante sapesse cosa attendersi, restò letteralmente senza fiato; sapeva che si sarebbe trovata di fronte il volto di Angel, ma si aspettava che ci fosse qualche differenza: magari i capelli un po’ più lunghi o pettinati diversamente, oppure un pizzetto a circondargli le labbra… E invece no: quello che aveva di fronte era esattamente il viso di Angel, proprio come lei ricordava di averlo visto la sera del funerale di sua madre, o quando, appena tornata dal limbo in cui Glory l’aveva spedita, se lo era trovato morto fra le braccia… Le uniche differenze erano che il volto di Brian Keane era abbronzato e la sua mano piacevolmente calda…

 

“Io sono Brian” disse il ragazzo, non potendo assolutamente immaginare che Buffy conoscesse già la sua identità persino meglio di quanto non la conoscesse lui stesso.

 

“Io sono Buffy Summers” rispose Buffy, e solo quando fecero per stringersi la mano si resero conto che il realtà non avevano mai rotto quel loro primo contatto, al che Brian ritirò imbarazzato la sua.

 

Il resto della banda, che era rimasto a debita distanza per esplicito ordine di Buffy e che si era riunito con l’altro gruppetto, li raggiunse in cima alla collinetta proprio in quel momento. Nessuno di loro riuscì a mascherare del tutto la propria sorpresa nel trovarsi di fronte ad un sosia di Angel, tanto che Brian incominciò a sentirsi a disagio con otto paia di occhi che lo fissavano stupefatti.

 

“Sì, sono identico a Liam O’Donnell” disse, mal interpretando il loro stupore “ma vi posso assicurare che, se anche lui lo era, io non sono un vampiro…e questo grazie anche alla vostra amica” continuò rivolgendo lo sguardo verso Buffy.

 

“Scusami…Brian. Sono veramente una maleducata: questi sono mia sorella Dawn, il mio Osservatore, il signor Giles, e i miei più cari amici: Willow, Tara, Xander, Anya, Cordelia e Westley” disse Buffy indicandoli uno per uno man mano che li nominava. “Ragazzi, vi presento Brian” concluse così le presentazioni.

 

“Mi rendo conto di essere un po’ indiscreto, ma vorrei farti una domanda” disse dopo un attimo il signor Giles.

 

“Se non intende chiedermi se sono cattolico o protestante, può farmi tutte le domande che vuole” rispose sorridendo l’irlandese.

 

“No, no, non intendo conoscere le tue idee politco-religiose. Volevo solo sapere se ti è capitato spesso di essere attaccato da dei vampiri?”.

 

“Beh, veramente negli ultimi tempi mi è già capitato un paio di volte. L’altra sera, per esempio, tornavo a casa dal porto quando tre vampiri mi hanno accerchiato: per fortuna non valevano gran che e me ne sono liberato abbastanza presto, non prima che mi dicessero che una certa Darla mi cercava. Chi però sia questa Darla io veramente non lo so. Anzi, credo proprio che si tratti di uno scambio di persona: quando ho ucciso quella donna, questa sera, lei mi ha guardato come se mi conoscesse da una vita e poi mi ha chiesto perché avessi scelto UN’ALTRA VOLTA Buffy, il che è assurdo dato che ho visto oggi Buffy per la prima volta. Probabilmente mi hanno scambiato con un certo Angel, visto che è così che mi ha chiamato” rispose Brian.

 

“Certo, dev’essere andata proprio così” finse di annuire il signor Giles. “Comunque, per tua informazione, Darla era il vampiro che ti ha attaccato questa sera”.

 

“Allora questa storia è finita, meno male!!!” esclamò Brian.

 

“Non ne sarei tanto convinta: già un’altra volta un…nostro amico…l’aveva polverizzata, ma a quanto pare non è bastato. Speriamo che questa sia la volta buona” disse trucemente Cordelia che cominciava solo in quel momento a riprendersi dalla visione che aveva salvato Brian.

 

“Bene, visto che abbiamo ritrovato anche Ang…pardon, Brian, che ne direste di andarcene tutti a mangiare un boccone? Sapete, con tutta l’attività fisica che ho fatto oggi mi è venuta una fame da lupo” disse Anya, e dallo sguardo che rivolse a Xander, persino Brian comprese di che natura fosse stata l’attività fisica svolta dalla ragazza, così come altrettanto evidente era il fatto che, in quel momento, Xander avrebbe voluto sprofondare in un pozzo senza fondo.

 

“Mi sembra un’ottima idea” affermò Brian, tentando di non scoppiare a ridere. “Conosco una piccola locanda che vi piacerà senz’altro”.

 

“Se ti riferisci al ristorante di tua nonna, io ci sto” affermò Willow.

 

“Ah, ma allora il nostro non è stato un incontro casuale: voi volevate vedere Liam O’Donnell e quella linguaccia di Linda vi ha detto dove trovarmi…questa sera mi sente!!!” disse Brian, fingendo di essere profondamente offeso.

 

Quindi ridendo e scherzando si avviarono tutti verso il ristorante; solo Cordelia era insolitamente taciturna.

 

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Appena entrarono nel locale Linda esclamò: “Brian, ma ti sembra questa l’ora di arrivare?!? E senza neanche avvertire!!!”. Il tono di Linda era arrabbiato, ma i suoi occhi esprimevano ben altri sentimenti; quindi si avvicinò al ragazzo e lo baciò velocemente sulle labbra, assicurandosi che Buffy potesse assistere alla scena.

 

“Scusa MAMMA…” la canzonò Brian “…ma ho avuto un piccolo imprevisto”.

 

Linda lo squadrò ancora con occhio inquisitore e gli disse: “Fila di sopra a cambiarti e a darti una ripulita: se la nonna ti vede conciato in questa maniera le piglia un infarto! Ma cosa hai fatto, la lotta?” chiese infine ridendo, anche se il suo sorriso si smorzò visibilmente quando si rese conto che anche Buffy era ridotta più o meno nelle stesse condizioni.

 

“Credo di non essere l’unico ad aver bisogno di una doccia”. E quindi rivolto a Buffy: “Vieni su, abbiamo giusto una camera con bagno libera, non è vero?”.

 

Linda annuì, ma non le piaceva affatto che Buffy stesse troppo vicina al suo Brian. “Ma non posso far nulla per evitarlo, e non posso certo salire con loro!!! Maledizione, non la sopporto…soprattutto perché sembra che a Brian stia simpatica…o gli piace?… Ma dovevo proprio dirle dove trovarlo, accidenti a me!!! Ma no, le mie sono tutte paranoie: Brian mi vuole bene, e questa sciocca americana non cambierà le cose fra noi due” pensava freneticamente la ragazza, ma non sembrava del tutto convinta.

 

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Quando Buffy uscì dalla stanza in cui si era risistemata, Brian era in corridoio, appoggiato alla balaustra, che chiedeva a Linda dove avesse messo le sue camicie pulite. Era a torso nudo e, dato che le voltava le spalle, non si accorse della presenza di Buffy dietro di lui. Buffy, invece, ebbe tutto il tempo di notare, sulla schiena del ragazzo una grande A tatuata: l’ennesima conferma che Brian era veramente Angel. Dovette lottare contro se stessa per non piangere dalla gioia e soprattutto per non gettargli le braccia al collo e baciarlo fino a consumarsi le labbra.

 

Da sotto Linda rispose che le camice erano nel secondo cassetto e quindi Brian si voltò per rientrare nella sua stanza; rimase sorpreso ed imbarazzato nel trovarsi Buffy alle spalle e, dopo un momento in cui i loro occhi si incontrarono, per sciogliere la tensione disse: “La odio quando decide di far ordine in camera mia: lei sposta tutto ed io non trovo più niente!!!”. Buffy sorrise e lui si chiuse la porta della stanza alle spalle.

 

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Pochi minuti dopo erano di nuovo tutti a tavola a gustare con buon appetito le prelibatezze di quella che era ormai stata battezzata “la mitica nonna Keane”.

 

Verso la fine della cena Buffy, mentendo spudoratamente, chiese: “Brian, prima non ho potuto fare a meno di notare il tatuaggio che hai sulla schiena, e mi sono chiesta per cosa stesse quella A”.

 

“Spiacente, ma non so proprio cosa risponderti. Forse è l’iniziale del mio vero nome, o forse solo quella del nome di qualche ragazza…” disse, cercando Linda per vedere se quella sua ultima allusione avesse colto nel segno.

 

“Come il tuo vero nome?” chiese Xander incuriosito.

 

“Purtroppo io non ricordo assolutamente nulla del mio passato: i miei primi ricordi risalgono a poco meno di tre anni fa, quando Linda e la nonna mi hanno trovato mezzo morto e curato. Ma non ricordo il motivo per cui io mi trovassi in quello stato, così come non ricordo il mio nome, la data e il luogo della mia nascita, i volti di mia madre e mio padre…nulla…nella mia testa c’è il vuoto più assoluto”.

 

“Insomma, hai preso una botta in testa e hai perso la memoria” riassunse sbrigativamente Anya.

 

“Sì, suppongo di sì” scherzò Brian.

 

“Ma non ricordi proprio niente di niente?” chiese Dawn.

 

“No, assolutamente niente. Qualche volta, come con quella Darla, ho delle strane sensazioni, ma quando ne cerco conferma nella mia memoria tutto quello che trovo è buio pesto”. In realtà Brian aveva provato una di quelle strane sensazioni anche quando aveva stretto la mano di Buffy, o quando i loro sguardi si erano incrociati poco prima nel corridoio al piano di sopra, ma in quel momento non disse nulla: erano sensazioni che non capiva, e non voleva mettere in imbarazzo l’ospite.

 

“E questo non ti pesa? Voglio dire: non desideri recuperare il tuo passato?” chiese questa volta Tara.

 

“Inizialmente sì. Inizialmente ho cercato disperatamente di rintracciare qualcosa nella mia testa, ma ogni sforzo era vano e decisamente frustrante. Poi, col tempo, mi sono reso conto che la vita di Brian Keane non mi dispiaceva affatto ed ho cominciato a chiedermi se valesse veramente la pena di torturarsi per cercare di ricordare: e se quello che avessi ricordato, magari dopo anni di sforzi, non mi fosse piaciuto per niente. Mi rendo conto che la mia è stata la scelta di un vigliacco; mi rendo conto che magari, in questo momento, da qualche parte, c’è qualcuno che sta ancora aspettando il mio ritorno…magari una madre…una moglie…o addirittura dei figli… Mi rendo conto che non è una scelta giusta quella che ho preso, ma era la scelta giusta per me: ora vivo la vita come Brian Keane, e sono felice…anche se non posso evitare di chiedermi ogni tanto quale sia il mio vero nome…” concluse Brian abbassando gli occhi come se si vergognasse.

 

“Beh, potremmo sempre darti un’altra botta in testa, così recupereresti la memoria: nei film funziona sempre!” disse Anya, e Brian, sorridendo rispose: “Non metto in dubbio che sia una buona idea, ma preferirei evitare!!!”.

 

“Bene, se avete finito il terzo grado a questo povero ragazzo io direi di andarcene: è tardi ormai e io ho bisogno di riposo…sono distrutta” disse bruscamente Cordelia. Buffy sarebbe rimasta volentieri ancora un po’, ma qualcosa in Cordelia la spinse a non replicare. Così pagarono l’irrisorio conto, salutarono tutti, nonna compresa, e si avviarono verso l’hotel.

 

CAPITOLO VI

 

“Signor Giles, perché non vuole accettare l’evidenza? Non so come questo sia possibile, ma quel ragazzo è Angel!!!” disse Buffy, mentre tornavano in albergo.

 

Era rimasta scioccata quando il suo osservatore aveva messo in dubbio l’identità dell’irlandese.

 

“Buffy, piacerebbe tanto a tutti noi aver ritrovato Angel…” cominciò a cercare di farla ragionare il signor Giles.

 

“Parli per lei signor Giles: io sto benissimo senza di lui…senza offesa, Buffy” lo interruppe Xander, che venne letteralmente fulminato da un’occhiataccia di Buffy.

 

“Come ti stavo dicendo” riprese Giles, guardando a sua volta di sbieco Xander “a molti di noi farebbe piacere scoprire che in realtà Angel non è morto, ma…bisogna usare la ragione: hai stretto tu stessa il suo corpo senza vita tra le tue braccia…”.

 

“Beh, a voler essere pignoli, il corpo di Angel era senza vita da almeno 240 anni!!!” lo interruppe di nuovo Xander.

 

“Xander piantala!!! Sappiamo tutti come la pensi riguardo ad Angel, non c’è bisogno che tu ribadisca il concetto ogni volta che ti si presenta l’opportunità. E poi noi stiamo facendo un discorso serio e non abbiamo bisogno che le tue continue frecciatine nei suoi confronti ci interrompano ogni istante. Quindi se vuoi rimanere taci, altrimenti vai a farti un giro con Anya. Sono stata chiara?”. Era incredibile come il buon vecchio, caro Xander riuscisse, a volte, a fare uscire dai gangheri la cacciatrice. Il ragazzo accusò il colpo e borbottando contro il suo eterno rivale si allontanò da Buffy e dal signor Giles.

 

“E comunque” continuò Buffy, rivolta questa volta al suo osservatore “sa benissimo anche lei che se anche è vero che Angel è morto per riportarmi indietro, è altrettanto vero che né lei né Westley siete riusciti a spiegare il mistero della sparizione del suo corpo: quella luce abbagliante, l’assenza di cenere…tutti dettagli che in questi anni abbiamo trascurato, ma che forse potrebbero voler dire qualcosa. E poi, mi scusi, ma lei ragiona con la testa, che qualche volta può sbagliare: ma mia madre mi ha insegnato che, oltre alla testa, bisogna saper ascoltare anche il proprio cuore perché quello raramente sbaglia. E a dirmi che quello è Angel è il mio cuore, signor Giles, non le pur numerosissime coincidenze. Io ancora non avevo visto il suo volto su quella collina, eppure sapevo già che era lui. No, non posso sbagliarmi: glielo ripeto, non ho la più pallida idea di come tutto ciò possa essere successo…lo so anche io che non si è mai sentito parlare di un vampiro che sia tornato umano…ma per quanto assurda possa essere vedrà che una spiegazione c’è. E magari al Consiglio sanno qualcosa di più…visto che, a quanto pare, siete intenzionati a tornare a farne parte, che almeno ci aiutino”.

 

Ma Buffy e il signor Giles non erano gli unici che discutevano tornando in albergo.

 

“Cosa ne pensi?” chiese Westley.

 

“Che quello è Angel” rispose Cordelia, senza tradire la minima emozione. “E per la cronaca, non lo penso soltanto: ne sono sicura”.

 

“Sì, la somiglianza è impressionante, ma…”

 

“Non è certo sulla somiglianza che baso le mie affermazioni, Westley. Purtroppo non so cosa mi dia questa certezza, ma ti ripeto che sono assolutamente sicura che quello sia Angel”.

 

“Beh, se tu ne sei così certa, ti credo. In fondo la cosa è anche possibile…” affermò l’inglese, cercando di valutare la reazione della ragazza a quella sua ultima affermazione.

 

Cordelia lo guardò dapprima con aria interrogativa, poi improvvisamente sembrò capire: “Vuoi dire che, secondo te, ce l’ha fatta?” e questa volta nel suo tono di voce erano riscontrabili speranza, gioia e incredulità.

 

“Non lo so Cordelia, ma è una possibilità…non trovi? Proverò a parlarne con il signor Giles”.

 

 

 

“Forse non ci sarà bisogno di scomodare il Consiglio”. Westley aveva raggiunto Buffy e il signor Giles proprio nel momento in cui la ragazza aveva chiesto all’osservatore di chiedere l’aiuto del Consiglio. “C’è una cosa che forse non sapete, ed è ora che voi ne veniate a conoscenza”. I suoi interlocutori lo guardarono incuriositi e Westley cominciò a raccontare: “Credo sappiate che il più grande desiderio di Angel era quello di tornare umano…” qui l’osservatore più giovane si interruppe un attimo, guardò Buffy, e quindi riprese: “Beh…forse era il suo secondo desiderio più grande… Comunque… Le Alte Sfere gli dissero che, se veramente era ciò che desiderava, un giorno forse il suo desiderio si sarebbe avverato: ma avrebbe dovuto meritarselo; avrebbe dovuto lottare contro il male che era fuori e dentro di lui per dimostrare di essere degno di tornare a camminare sotto la luce del sole. Certo per Angel non era un grande sforzo…in fondo, anche senza sapere che forse avrebbe ottenuto qualcosa in cambio, stava già lottando da parecchio tempo. Quello che non gli rivelarono era per quanto tempo ancora avrebbe dovuto lottare: gli dissero soltanto che un gesto di puro, incondizionato e perfetto amore avrebbe potuto accorciare di molto i tempi. Un semplice e puro gesto d’amore come…”

 

“Come dare la propria vita per qualcun altro…” concluse il signor Giles.

 

Buffy aveva le lacrime agli occhi. “Non mi aveva mai parlato di questo” sussurrò.

 

“Beh Buffy, devi ammettere che i vostri ultimi incontri sono stati tutti alquanto burrascosi” osservò Westley.

 

“No Westley, non parlare di ciò che non conosci” disse Buffy, ripensando alla sera del funerale di sua madre. “Non parlare di ciò che non conosci” ripeté in un impercettibile sussurro.

 

“Io ovviamente non posso essere certo che questo sia proprio quello che è successo, ma credo che lui ce l’abbia fatta; credo che lui sia riuscito a coronare il suo sogno. Certo probabilmente lui non pensava che sarebbe tornato a vivere come un uomo senza ricordi; probabilmente lui credeva che sarebbe rimasto lo stesso Angel di sempre, con la sola differenza di poter prendere la tintarella durante l’estate, di poter mangiare pizza bevendo Coca Cola e di poter…beh, ci siamo capiti… Ma è possibile che le cose siano andate diversamente da quanto lui credesse e sperasse…e quindi Brian Keane potrebbe essere effettivamente Angel… In fondo la luce che avvolse il corpo di Angel sembrava qualcosa di celestiale piuttosto che di demoniaco…non trovate?” concluse Westley.

 

“Visto signor Giles: lei voleva una spiegazione che fosse razionale oltre che emotiva, ed ora l’ha avuta. Io le dico che Brian e Angel sono la stessa persona…è solo tempo che lui ricordi” disse, ancora fra le lacrime, Buffy.

 

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Quella notte Brian non riuscì a chiudere occhio. Linda riposava poggiandogli il capo sul petto…diceva che il ritmo del suo cuore la faceva dormire tranquilla…e solo ogni tanto traeva qualche respiro più profondo del solito. Lui la guardava dormire e sentiva di volerle un gran bene, eppure… Eppure quella sera, mentre facevano l’amore, lui per un istante, per una piccola frazione di secondo, si era immaginato fra le braccia della bella americana che gli aveva salvato la vita. Linda per fortuna non si era accorta di niente, ma lui, Brian, ne era rimasto sconvolto, ed era questo pensiero che gli impediva ancora di prendere sonno.

 

Che quella ragazza lo avesse colpito era fuori di dubbio: aveva sentito come una scossa per tutto il corpo quando lei gli aveva preso la mano per rialzarsi, e tutte le volte che i loro sguardi si erano incrociati lui aveva avuto la netta sensazione di aver ripreso un discorso interrotto tempo prima. E adesso anche queste visioni: Brian era sicuro che non si trattasse di una semplice fantasia erotica; era qualcosa di molto simile ad un ricordo… “Ma un ricordo di cosa!!!” si chiedeva frustrato, tentando di ripescare brandelli di memoria nella sua testa. Alla fine si addormentò mentre era ancora intento nella sua ricerca.

 

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Le sue mani sul corpo della ragazza; la dolcezza delle sue labbra e il gusto leggermente salato della sua pelle; la paura e la timidezza che le irrigidivano il corpo prima, la sua sorpresa e la sua emozione poi. La gioia, la felicità pura e perfetta che provava nel dividere con lei quanto di più dolce ed intimo possano condividere due esseri umani…la sensazione di essere veramente un essere umano… E poi il dolore: un dolore prima appena accennato, poi sempre più forte fino ad essere straziante. Come se qualcosa si fosse rotto, come se qualcuno tentasse di strappargli qualcosa…e poi il buio e il vuoto…il vedere il proprio corpo dall’esterno, ormai in balia di qualcun altro. E vedere questo qualcun altro distruggere tutto ciò che gli capitava sotto tiro, giusto per il gusto di veder soffrire coloro che lui aveva amato. E gridare…gridare follemente per cercare di impedire quegli scempi…gridare follemente per cercare di farsi sentire, per cercare di mettere in guardia quelle persone…gridare inutilmente perché tanto non potevano sentirlo…

 

Brian si svegliò di colpo, sudato fradicio, col respiro corto, portandosi le mani al petto, come per assicurarsi che il suo cuore fosse ancora al suo posto.

 

Linda, svegliata anche lei, cercò di rassicurarlo: “E’ stato solo un incubo, amore mio. Non è il primo che fai, e di certo non sarà l’ultimo, ma non è nulla di più di un semplice incubo”.

 

“No”, avrebbe voluto gridare, “questo non è stato un semplice incubo. Non so cosa fosse, e questo mi fa paura, ma non era un semplice incubo. Quel dolore era…vero; è un dolore che ho riconosciuto, come se lo avessi provato io stesso. Ma cosa vuol dire tutto questo? Sto forse impazzendo? O forse quella americana e i suoi amici c’entrano qualcosa? Perché continuo a sognarla? Perché continua a tormentarmi? Perché?”. Brian non riusciva a calmarsi e soprattutto non riusciva a togliersi dagli occhi e dalla mente l’immagine di Buffy. Poi gli venne un’idea: “Che loro facciano parte del mio passato? Che loro sappiano chi sono io in realtà? Che loro mi conoscano…?”. Questa conclusione, insieme alla determinazione di parlarne con qualcuno di loro, sembrò convincerlo, e così si ridistese, cercando di dare ascolto alla ragazza che, vedendolo tanto teso, tentava di rilassarlo massaggiandogli delicatamente le spalle prima e le tempie poi. Effettivamente alla fine riuscì a calmarsi un po’, ma per quella notte non chiuse più occhio.

 

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Ma Brian non fu l’unico che quella notte non riuscì a dormire.

 

Nella sua lussuosa stanza d’albergo Buffy cercava un modo per risvegliare la memoria del ragazzo.

 

“Sei sicura che sia la cosa giusta da fare?” chiese un’assonnata Dawn.

 

“Certo che ne sono sicura: il destino ci ha dato una nuova chance, una nuova possibilità di stare insieme ed essere felici…e senza neanche dover temere la luce del sole o stramaledette maledizioni…e io non me la lascerò scappare, non questa volta…non un’altra volta” rispose senza incertezze Buffy.

 

“Sì, sarebbe bellissimo, ma ti dimentichi di un piccolo particolare: Linda. Per tutta la serata non ha fatto altro che mandarti messaggi, anche fin troppo espliciti per la verità, del tipo “Giù le mani, proprietà privata”. Non credo che se ne starebbe buona buona a guardare mentre le porti via il ragazzo. E un altro piccolo particolare è che lui mi sembra innamorato di lei…” le fece presente la sorella.

 

“Ma si può sapere da che parte stai tu…? Sono perfettamente consapevole del problema-Linda, ma non mi importa, in qualche modo lo risolverò: io ho ritrovato Angel, l’uomo della mia vita, l’altra metà della mia anima e questa è l’unica cosa importante. Quanto al fatto che lui sia innamorato di lei, beh, non ci credo: non metto in dubbio che lui le voglia bene, ma sono certa che il suo sentimento è più vicino alla gratitudine, al fatto che lei gli sia stata vicina in un momento certo molto difficile della sua vita… ma l’amore, Dawn, è un’altra cosa… e credo che lui abbia già iniziato a rendersene conto…”

 

“Ed ecco a voi, signore e signori, Miss Modestia 2004: Buffy Summers da Sunnydale” la prese in giro la ragazzina.

 

“La modestia non c’entra nulla. Dico queste cose perché so che è così, lo sento e presto sarò di nuovo felice nelle braccia di Angel” sognò ad occhi aperti la cacciatrice.

 

“E come pensi di fargli recuperare la memoria, nei due giorni o poco più che ci restano prima di tornare a Sunnydale?” chiese ancora Dawn.

 

“Questo ancora non lo so, ma stai tranquilla che un modo lo troverò. Una cosa è certa: non tornerò a casa senza di lui” e detto questo lasciò riposare la sorella, senza tuttavia essere capace di fare altrettanto.

 

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“No Gunn, non sono impazzita: ti dico che abbiamo ritrovato Angel…in un certo senso” disse Cordelia, allontanando la cornetta dal telefono per evitare che la sorpresa del suo amico, che era rimasto a Los Angeles per mandare avanti l’agenzia insieme a Faith, le sfondasse un timpano. “Piuttosto, dimmi: come vanno lì le cose? Cosa combina Faith?”.

 

“Qui va tutto abbastanza bene: pochi vampiri e pochi demoni e tutti di ordinaria amministrazione. Sai che ancora non fido del tutto di Faith, ma devo ammettere che il suo mestiere lo conosce ancora piuttosto bene e devo ammettere anche che non è più la smania di uccidere che guida la sua mano quando va a caccia. Angel ha fatto veramente un ottimo lavoro con lei, anche se la maggior parte del merito non è certamente suo” rispose Gunn. Poi ritornando all’argomento principale di quella telefonata, chiese ancora piuttosto ansiosamente: “Non mi stai prendendo in giro, vero? Non è uno scherzo di pessimo gusto? E cosa vuol dire che lo avete ritrovato “in un certo senso”? Non è che avete ritrovato Angelus, vero Cordelia?”.

 

“No, non ti preoccupare…niente Angelus. Ormai non c’è più nessun pericolo che Angelus torni, perché Angelus ormai non esiste davvero più” lo rassicurò Cordelia.

 

“Ma allora cosa intendi?”.

 

“Vedi, noi abbiamo ritrovato Angel, ma in realtà non è lo abbiamo ritrovato affatto…”. Cordelia spiegò tutta la situazione all’amico, dovendo ripetere più volte le cose dato che la confusione che aveva nella testa aveva reso incomprensibile il suo racconto in più punti.

 

“Ma scusa Cordelia, come diavolo fate ad essere sicuri che si tratti proprio di Angel…di un Angel ritornato umano…e non solo di un ragazzo che gli assomiglia in maniera impressionante?” chiese alla fine Gunn.

 

“No, ti prego Gunn: non farmi anche tu questa domanda. Io non so come faccio, in tutta questa storia così confusa che è persino difficile spiegarla, ad avere una simile certezza, ma fatto sta che questa certezza io ce l’ho: Brian e Angel sono la stessa persona…lo sento…” rispose la ragazza. Poi, dopo in breve attimo di riflessione, continuò: “Ricordi quando poco prima che lui…morisse…tu e Westley vi eravate messi in testa che il mio potere mi consentisse di capire Angel? Io allora negavo, e mi arrabbiavo, ma ora mi rendo conto che forse avevate ragione. Allora mi capitava di avere nella mente pensieri che non erano miei, di provare sensazioni e sentimenti inspiegabili…a volte mi prendeva una gran voglia di ridere in situazioni che di comico non avevano proprio nulla, e non capivo perché, salvo poi scoprire che Angel aveva riso nello stesso istante in cui io avevo voluto ridere… Allora mi rifiutavo di ammetterlo, ma c’era un filo che mi legava a lui. E in fondo, se ci pensi bene, la cosa non è neanche poi così assurda: il mio potere mi veniva da Doyle e Doyle era stato mandato a Los Angeles con il principale scopo di aiutare Angel…erano grandi amici, e anche lui sembrava capire Angel al volo, senza il bisogno che lui parlasse. Io devo aver ereditato anche questo aspetto del suo “dono”… Comunque sia quel filo si era spezzato quella maledettissima sera in cui Angel ci ha lasciati: da allora non avevo più provato nulla di simile, ma questa sera, quando ho avuto la visione del pericolo rappresentato da Darla, quel filo si è riannodato. In questo preciso momento io sento di nuovo di non essere più da sola: sento la confusione, la frustrazione, la voglia di capire, la…paura, ma anche la semplice serenità e la speranza di qualcun altro… e credo che questo qualcun altro sia Liam Keane…credo che questo qualcun altro sia Angel. Non mi chiedere di più, perché è l’unica spiegazione che so dare alla mia certezza” concluse Cordelia, quasi sussurrando.

 

“Ne hai già parlato con Westley?” chiese allora Gunn.

 

“No, perché è solo in questo momento che ho realizzato tutto quello che ti ho detto” rispose “ma credo che lo farò al più presto. Lui forse saprà darmi qualche spiegazione. Tu però devi farmi un favore: non dire nulla di tutto ciò a Faith, almeno per il momento. Se sapesse che Angel è ancora vivo si precipiterebbe qui e, oltre a lasciare Los Angeles i balìa di vari mostri, creerebbe ancora più scompiglio qui a Galway…e quel povero ragazzo davvero non se lo merita: Buffy basta e avanza a sconvolgergli la vita… Se sentissi il suo turbamento in questo momento, come lo sento io, mi capiresti e saresti d’accordo con me. Quindi per favore acqua in bocca. Noi torneremo fra due o tre giorni”.

 

“Lo riporterete a casa?” chiese con voce incerta Gunn.

 

Cordelia non rispose subito: rifletté un attimo cercando di capire cosa fosse la cosa giusta da farsi, e quindi sospirando rispose: “Se avrò il potere di evitarlo, no: la sua vita ora è qui in Irlanda non a Los Angeles…ma credo proprio che qualcuno la pensi diversamente da me. Ciao Gunn, e salutami Faith” e ricevuto il saluto di ritorno riagganciò la cornetta e si stese sul letto, cercando di riposare un po’.

 

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La mattina dopo, durante la colazione concertarono i programmi per la giornata: il signor Giles si recò a palazzo O’Donnell (ufficialmente per vederci più chiaro nella storia di Angel, ma era evidente che quello che desiderava vedere era la biblioteca di cui gli avevano parlato) e Westley, seppur con meno entusiasmo, lo seguì; Willow e Tara decisero di recarsi in un negozio di magia che avevano intravisto il giorno prima mentre cercavano Linda; Xander, distrutto dopo l’ennesima notte di fuoco, se ne tornò in camera a riposare e con grande sorpresa di tutti Anya non lo seguì; l’ex-demone si unì infatti al gruppetto formato da Buffy, Dawn e Cordelia che si sarebbe dedicato allo shopping.

 

“Buffy, io ho promesso a Spike che gli avrei portato un regalino dall’Irlanda, ma non so proprio cosa potrei regalare ad un vampiro. Mi aiuti a trovare qualcosa?” chiese Dawn alla sorella.

 

“Tesoro, io di solito i vampiri li ammazzo, non gli faccio regali!!!” rispose la cacciatrice.

 

“Vuoi dire che in due anni che siete stati insieme non hai mai fatto un regalo ad Angel?” chiese con tono accusatorio Anya.

 

“Beh…veramente…Certo…” balbettò Buffy, abbassando lo sguardo. “No, non gli ho mai fatto un regalo…però gli ho salvato la vita un paio di volte…” aggiunse come per scusarsi, ma era lei la prima a non essere molto convinta.

 

“Sfido che ti ha mollata!!!” sentenziò sarcasticamente Anya.

 

“Beh, sentiamo: tu quanti regali hai mai fatto a Xander?” ribatté a quel punto Buffy, alquanto seccata.

 

“Dunque… Vediamo…” adesso era Anya ad essere in imbarazzo. “Uffa, non vale…hai rigirato la frittata…non era di me e di Xander che stavamo parlando e…”.

 

“E non stavamo parlando neanche di Buffy ed Angel…” intervenne ad interromperle Dawn, “…ma di Spike e di cosa potrei regalargli. Insomma c’è qualcuno che mi aiuta?”.

 

“E va bene, ma non ti aspettare chissà quali idee da me” rispose rassegnata Buffy.

 

“Ti aiuterò anche io: qualche idea su quello che piace ai demoni ce l’ho” disse Anya.

 

“Bene! Dato che io invece non ho nessuna voglia di passare la giornata nelle fogne a cercare un topo da regalare al vostro amico, me ne andrò per i fatti miei a cercare qualcosa per me. Ci vediamo” disse Cordelia e si staccò dal gruppo.

 

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Uscì dall’ennesimo negozio con l’ennesimo pacchettino in mano: dando fondo a tutti i suoi risparmi aveva comprato abiti, trucchi, profumi e persino un cappellino che sapeva non avrebbe mai indossato, ma che costava decisamente troppo poco per lasciarlo esposto nella vetrina del negozio.

 

“Vedo che hai fatto spese, Cordelia” disse la voce di Brian alle sue spalle.

 

Cordelia non se l’aspettava e quindi si spaventò lasciando cadere tutti i pacchi che aveva in mano.

 

“Mi dispiace! Non volevo spaventarti” si scusò Brian, chinandosi per aiutarla a raccogliere i pacchetti.

 

“Comparire alle spalle della gente senza il minimo rumore: tipico di Angel. Sarà anche umano ora, ma certi vizi da vampiro non li ha ancora persi” pensò la ragazza, che tuttavia si limitò a dire: “Non ti preoccupare, tanto non si è rotto niente”.

 

“Comunque devo farmi perdonare. Che ne diresti se ti offrissi il pranzo: ho due ore libere prima di tornare a lavorare e vorrei anche scambiare quattro chiacchiere con te” le propose l’irlandese.

 

“Direi che un invito da parte di un bel ragazzo non si rifiuta mai, e quindi accetto molto volentieri, a condizione che mi aiuti a portare alcuni di questi pacchi” rispose Cordelia, scaricando fra le braccia di Brian praticamente tutte le borse che aveva in mano.

 

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“E quindi lavori in una palestra” disse Cordelia mentre un cameriere le serviva un’invitantissima fetta di torta di mele.

 

“Già, insegno arti marziali” rispose Brian.

 

“Sì, ieri sera ho notato che te la cavavi piuttosto bene” continuò Cordelia alludendo alla lotta della sera prima con i vampiri di Darla. “Comunque invitandomi mi hai detto che volevi parlarmi: di che si tratta?”.

 

Brian si fece di colpo serio e leggermente imbarazzato. “Probabilmente è una sciocchezza, un frutto della mia immaginazione, ma ieri sera ho avuto la netta sensazione di … conoscervi; anzi meglio: ho avuto la netta sensazione che voi conosceste me!!! Mi sbaglio?”.

 

A Cordelia andò di traverso il boccone di torta che stava mangiando, e nel breve tempo in cui fu impegnata a tossire cercò di capire come fosse meglio rispondere. “No” disse ancora tra un colpo di tosse e l’altro. “Cioè…sì, ti sbagli”, decise di mentire. “Non posso dirgli la verità… Ha detto lui stesso di essere felice adesso, ed io non ho nessuna intenzione di rovinargli questa serenità…se l’è meritata…e certo la perderebbe se gli rivelassi che lui è stato per più di due secoli un vampiro… Non posso neanche limitarmi a dirgli solo una parte della verità: non è uno stupido e prima o poi scoprirebbe tutto…”.

 

Nel frattempo però sentì crescere in se stessa la delusione e comprese che quello era il sentimento che stava prendendo il sopravvento nella testa del ragazzo: era evidente che sperava in una risposta opposta…era evidente che, per quanto affermasse il contrario, desiderava recuperare il suo passato.

 

Sentendosi terribilmente in colpa, Cordelia gli chiese: “Cosa ti ha fatto pensare una cosa simile?”.

 

“Non lo so” rispose Brian senza riuscire a mascherare la sua frustrazione. “E’ stato il modo in cui tutti voi mi avete guardato; sono state alcune sensazioni che ho provato; sono state le parole di quel demonio di Darla; sono stati dei sogni…”.

 

“Sogni?” chiese Cordelia.

 

“Già, sogni talmente reali da sembrare veri…da sembrare ricordi…”.

 

“E che cosa hai sognato?” domandò ancora Cordelia, che aveva deciso di verificare se avvero Brian cominciasse a ricordare qualcosa.

 

“Beh, a dire il vero si tratta di sogni abbastanza imbarazzanti” rispose Brian, arrossendo come Angel non avrebbe mai potuto fare. “…sogni riguardanti la tua amica Buffy…”.

 

Cordelia lo osservava ora attentamente, mordendosi la lingua per non dirgli tutta la verità.

 

“Beh, Buffy è carina…” disse Cordelia con finta malizia, cercando di sdrammatizzare.

 

“Senz’altro, ma non è solo questo…è come se la conoscessi da tanto tempo… E poi…”. Brian si interruppe un istante, poi, guardando Cordelia dritta negli occhi, le chiese: “E poi chi è Angel?”.

 

“E adesso cosa faccio?” si chiese freneticamente Cordelia. “Cosa mi invento?”. “Angel era un nostro carissimo amico…un amico un po’ particolare per dire la verità…e ti assomigliava molto”. “Bene, così non gli ho detto nulla, ma non gli ho neanche mentito”.

 

Brian tuttavia non sembrava troppo convinto: “Comincio ad avere un po’ troppi sosia, non credi? Prima Liam adesso questo Angel…”.

 

“Vero, ma resta il fatto che vi assomigliate tanto che persino Darla ti ha scambiato per Angel”.

 

“E cosa c’entra quel mostro con il vostro amico?” chiese Brian senza riuscire a mascherare una smorfia di disgusto.

 

“Ti ho detto che era un amico un po’ particolare…Angel era un vampiro…”. “Ma perché diavolo gliel’ho detto!!!” si disse Cordelia, mentre ora Brian guardava lei con un’espressione di disgusto. E fu proprio quella reazione da parte del ragazzo che abbatté la ritrosia di Cordelia a rivelargli troppi dettagli. “Buono!!! Angel era una vampiro buono…”.

 

“Questa è bella: un vampiro è una creatura delle tenebre…una creatura demoniaca… E tu mi vieni a parlare di un vampiro BUONO!!! E’ una contraddizione in termini!!! I vampiri mi fanno schifo e l’unico posto adatto a loro e fra le fiamme e i tormenti dell’inferno” disse Brian accalorandosi.

 

A quelle parole Cordelia non riuscì proprio più a trattenersi. “Basta Brian! Ti ricordo che è di un mio carissimo amico che stai parlando e non ti permetto di insultarlo senza neanche avere la minima idea di chi fosse…”.

 

“Di COSA fosse, se mai. I vampiri non sono persone: sono esseri immondi e basta” la interruppe il ragazzo.

 

“Angel non era un esser immondo e giuro che se provi a dire ancora solo una parola sul suo conto io mi alzo e me ne vado” minacciò Cordelia, e Brian parve calmarsi un attimo.

 

Persa qualsiasi cautela, Cordelia continuò a raccontare: “Comunque in parte hai ragione: per secoli Angel, anzi Angelus…”.

 

“Angelus!!!” esclamò Brian con occhi spalancati.

 

“Già, proprio il vostro Angelus, proprio il vostro Liam O’Donnell… Comunque, ti stavo dicendo che per secoli Angelus non è stato diverso dagli altri vampiri: lui, Darla e un paio di loro amichetti seminarono il terrore un po’ in tutta Europa. Ma poi lui venne maledetto per aver ucciso la preferita di un popolo di gitani: venne maledetto a riavere la sua anima, in modo che questa potesse tormentarlo per l’eternità per le atrocità commesse. Da allora Angel non ha più ucciso nessun essere umano…” e qui Cordelia fece una brevissima pausa, ripensando alla signorina Calendar e alle altre persone che erano morte alla rottura della maledizione, ma non era il caso di parlarne a Brian. “…e anzi si è dedicato anima e corpo a combattere il male, prima al fianco della Cacciatrice e poi per conto suo a Los Angeles. E io lo aiutavo; io e Westley lavoravamo insieme a lui. E se proprio credi ancora che fosse un mostro, ti basti sapere che se quella Buffy che tanto ti ha colpito è ancora viva è solo grazie a lui e al suo sacrificio: ha dato la sua vita per lei… Proprio un mostro, vero?” concluse Cordelia, nella cui voce c’era ancora qualche traccia di risentimento.

 

Brian tacque per un attimo, riflettendo sulle parole della ragazza che in qualche modo le suonavano familiari…come se conoscesse già quella storia… Alla fine tuttavia disse: “Beh, anima o non anima questo Angel era un vampiro e, mi dispiace, ma io odio i vampiri” concluse, quasi scusandosi.

 

A quell’affermazione Cordelia sentì stringersi il cuore nel petto: “Lo so Angel… lo so che li odi… lo so che hai sempre odiato quello che eri… Beh, almeno questa conversazione è servita a qualcosa: almeno adesso so che non rivelarti la verità, per quanto mi risulti difficile, è la cosa giusta da fare… l’unica cosa giusta… diversamente ti uccideremmo”. La ragazza, di nuovo sorridente, si limitò a dire: “Mi dispiace Brian. Mi rendo conto che forse avresti preferito che ti dicessi che ti conosciamo, che facevamo parte del tuo passato, ma purtroppo non è così: è vero, somigli molto ad Angel, e quando ti abbiamo visto abbiamo tutti creduto, per un attimo, che lui fosse tornato…ed evidentemente lo credeva anche Darla… ma mi sembra evidente che non è così… mi sembra evidente che tu non sia un vampiro…”.

 

“Grazie a Dio, no!!! E se mai un giorno mi capitasse la disgrazia di diventarlo, prego il Signore di mettermi al più presto sulla strada della cacciatrice…” e rabbrividì al solo pensiero.

 

Poi Brian guardò l’orologio e notò che cominciava a farsi tardi; chiese quindi il conto e non ci fu verso per Cordelia di pagare la sua parte: “Ma figurati! Ti ho invitata io a pranzo! E poi devo farmi perdonare in qualche modo: mi dispiace di aver insultato te e Angel, al quale eri evidentemente molto affezionata, anche se ancora non riesco a capire come sia possibile una cosa del genere… Ora purtroppo devo proprio scappare, altrimenti faccio tardi alla lezione. Spero di rivedervi tutti prima che partiate: magari questa sera fate un salto alla locanda, ok?”.

 

“Va bene” rispose Cordelia.

 

Brian la baciò sulla guancia e se ne andò, non prima però di aver chiamato e pagato un taxi che riportasse in albergo Cordelia e i suoi innumerevoli pacchetti.

 

E proprio durante il breve tragitto in taxi, Cordelia si rese conto che aveva detto a Brian molto di più di quanto intendesse fare. “Adesso dovrò stare molto attenta…soprattutto a Buffy”.

 

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Quando Cordelia arrivò in albergo ci trovò solo Xander.

 

“Vedo che hai dato fondo alla tua carta di credito” la canzonò bonariamente il ragazzo, ma Cordelia, immersa nei suoi pensieri, non si rese conto del suo tono scherzoso e quindi rispose con voce seccata.

 

“Come spendo i miei soldi non sono affari tuoi, Xander Harris!!!”.

 

“Ehi, ehi, calmati. Per una volta che stavo solo scherzando! Ok, ti lascio in pace e scusami tanto” disse, più dispiaciuto che risentito. “Ma come diavolo ho fatto ad innamorarmi di una serpe del genere”.

 

“Scusa, hai ragione, ma ero sovrappensiero ed ho dato per scontato che tu mi avessi attaccato per l’ennesima volta” gli disse Cordelia, rendendosi conto che lo aveva frainteso.

 

“Incredibile: Cordelia Chase che chiede scusa a qualcuno…addirittura a me… In fondo in fondo devo ammettere che un po’ è cambiata”. “Scuse accettate” sorrise Xander. “Ma dimmi, cos’è che ti preoccupa così tanto?”.

 

“Buffy e i suoi piani riguardo a Brian: credo che voglia dirgli tutta la verità; credo che lei voglia che lui ricordi; e io devo impedirglielo” rispose Cordelia più per se stessa che per Xander, e quindi gli raccontò della sua chiacchierata con il ragazzo irlandese.

 

Xander ascoltò l’amica con attenzione, senza mai interromperla.

 

“Beh, a quanto pare non sono più l’unico ad odiare Angel…” disse ripensando alla reazione di Brian quando aveva saputo che il loro amico era un vampiro. “E comunque, per la cronaca, io non lo odio più da un sacco di tempo. Che resti tra noi, Cordelia, anche perché tanto negherei di aver detto ciò che sto per dirti fino alla morte, ma quando lo abbiamo trovato morto fra le braccia di Buffy è dispiaciuto da morire anche a me…in fondo non era poi così male…se non fosse stato che Buffy gli sbavava dietro mentre io sbavavo dietro a lei e per il fatto che aveva il vizietto, ogni tanto, di perdere quella sua anima, mi sarebbe quasi stato persino simpatico…forse… E comunque quello che è stato capace di fare per Buffy gli ha fatto guadagnare molta stima da parte mia”.

 

“Ma allora perché, ancora oggi, non perdi occasione per sputargli veleno addosso?” chiese Cordelia.

 

“Insomma Cordy: ho anche io una reputazione da difendere” le rispose Xander, cercando di darsi un tono, il che fece sorridere la ragazza.

 

“Cos’è che devi difendere, Xander?” chiese Buffy, che proprio in quel momento era rientrato in albergo insieme ad Anya e Dawn.

 

Anya era stranamente silenziosa e se il suo sguardo avesse potuto incenerire sia Xander che Cordelia si sarebbero trasformati in miseri mucchietti di cenere: era chiaro che l’aver visto il suo ragazzo parlare, sorridere e scherzare con la sua ex aveva risvegliato in lei gli istinti più demoniaci. Non potendo tuttavia mettere in atto i suoi propositi di vendetta si limitò a tenere il broncio per tutto il resto della giornata.

 

“Acqua in bocca” fece appena in tempo a sussurrare Cordelia all’orecchio di Xander, prima che Buffy fosse troppo vicina per sentirla.

 

“Nulla Buffy, solo uno dei nostri soliti battibecchi” disse allora il ragazzo.

 

“Allora, avete trovato il regalo per Spike?” chiese Cordelia, per sviare il discorso, ed un desolato no fu la risposta che ottenne da Dawn, mentre la sorella e Anya alzavano sconsolate gli occhi al cielo.

 

“Ho capito: domani ti aiuterò io a cercare qualcosa” disse Cordelia che venne ricompensata da un radioso sorriso della ragazza più giovane.

 

“Piuttosto, cosa facciamo questo pomeriggio?” chiese Xander.

 

“Cordy, perché non possiamo cominciare a cercarlo fin da oggi?” chiese con tono supplichevole Dawn, ignorando completamente Xander.

 

La ragazza ci pensò un attimo su: era stanca, aveva passato tutta la giornata in giro… Poi però ci ripensò: “Non sia mai detto che Cordelia Chase sia troppo stanca per fare shopping!!!”, e quindi lei e Dawn uscirono a braccetto.

 

Buffy le osservò uscire e quindi commentò sarcasticamente: “Credo che il povero Spike resterà senza il suo regalo e in compenso Dawn scialacquerà tutti i risparmi degli ultimi mesi”.

 

Pochi minuti dopo rientrarono sia Willow e Tara che avevano praticamente svaligiato il negozio di magia (con grande disappunto di Anya che ruppe il suo silenzio per accusarle di finanziare la concorrenza) che Westley e il signor Giles, la cui espressione era ancora a metà strada tra l’inebetito e l’estatico sognante: era evidente che Westley aveva dovuto faticare per portarlo fuori dalla biblioteca di palazzo O’Donnell.

 

“Bene, visto che prima neanche un’anima si è degnata di rispondermi, provo a riformulare la domanda: magari questa volta sono più fortunato. Cosa facciamo questo pomeriggio?” disse Xander.

 

“Beh, potremmo cominciare con…” iniziò a dire Buffy, ma venne interrotta dal signor Giles che, tutto d’un botto, si era ripreso dal suo stato estatico.

 

“Alt signorina. Se stavi dicendo che potremmo cominciare con un sano allenamento sono perfettamente d’accordo con te, altrimenti credo che dovrai rivedere i tuoi piani” quello che era ormai nuovamente, e a tutti gli effetti, l’Osservatore della Cacciatrice.

 

“Io veramente avevo pensato ad un mega-gelato o ad una passeggiata nel parco, o meglio ancora alla spiaggia” disse Buffy con aria supplichevole, ma notando l’espressione seria e risoluta del signor Giles provò a protestare: “Ma sono in vacanza…”.

 

“Buffy, non essere sciocca: quello della Cacciatrice non è un lavoro per il quale percepisci uno stipendio ed hai diritto a delle ferie…quello è il lavoro dell’Osservatore… Quindi tu non puoi andare in vacanza e soprattutto non puoi farti cogliere impreparata da un eventuale attacco: l’allenamento è importante, serve a…”

 

“Ok, ok, ok: ho capito l’antifona. Comunque sappia signor Giles che la preferivo quando non era il mio Osservatore…ufficiale… Questo ruolo la rende veramente pedante ed insopportabile. E comunque dov’è che dovrei allenarmi?” chiese infine rassegnata Buffy. “Non posso certo farlo qui nella hall dell’albergo, e neanche nella palestra: è ben attrezzata, ma è molto piccola, ed io ho bisogno di spazio…” disse la Cacciatrice in un ultimo, disperato, tentativo di evitare l’allenamento. Ma anche questa volta le sue speranze andarono in frantumi.

 

“Certo che non ti allenerai qui in albergo: rientrando ho già prenotato una sala in una palestra poco distante, e avrai anche un istruttore a tua disposizione” disse Giles, e a quella sua ultima affermazione l’espressione di Buffy passò dalla rassegnazione, allo stupore fino ad una leggera offesa.

 

“Non crederà che io sia talmente fuori forma da aver bisogno di un istruttore, vero?” chiese la ragazza quasi scandalizzata.

 

“No, certo” si giustificò l’ex-bibliotecario. “Quello fuori forma sono io e quindi ho preferito che tu picchiassi un istruttore esperto piuttosto che me… Mi raccomando Buffy, non esagerare con quel poveretto…”.

 

“Però sai una cosa Buffy” disse Willow in tono canzonatorio. “La tua era veramente un’ottima idea e credo che noi altri la metteremo in atto: io il gelato lo voglio alla vaniglia e alla fragola, con un mare di panna montata. E tu Tara?”.

 

“Per me tutto cioccolato” rispose la strega bionda mentre insieme alla sua ragazza, Anya e Xander usciva dall’albergo.

 

Un istante dopo Willow si riaffacciò e disse: “Mi raccomando Buffy: abbi pietà di quel povero malcapitato. Quando poi hai finito ti racconto se il gelato era buono, ottimo o semplicemente divino…” e se ne andò prima che Buffy decidesse di far seguire alla boccaccia che le indirizzò il lancio di qualche oggetto.

 

Quando, dopo una decina di minuti, Buffy si fu, almeno apparentemente, calmata, il signor Giles la incalzò: “Bene Buffy, sono le 15:00 e io ho prenotato sala e istruttore dalle 15:30 alle 18:30…”.

 

“Tre ore!!! Ma lei mi vuole vedere morta!!!” piagnucolò Buffy.

 

“Ed è quindi ora di andare” terminò l’osservatore, ignorando le proteste della sua cacciatrice. “Tu vieni con noi?” chiese rivolto a Westley.

 

“No, devo chiamare Los Angeles: anche io ho una cacciatrice da recuperare” rispose l’osservatore più giovane.

 

“Faith!!! Ci mancava solo lei a rovinarmi del tutto la giornata” pensò Buffy che, dopo più di cinque anni, ancora non riusciva a perdonare l’ex-rivale.

 

********************************************************************************

 

Durante tragitto verso la palestra, Buffy continuò a pensare a Faith, la Cacciatrice rinnegata che, grazie ad Angel, sembrava essersi redenta. Cercò di analizzare soprattutto i motivi per cui ancora adesso, sebbene non la odiasse più, non riusciva proprio a perdonarla.

Faith l’aveva prima circuita, cercando di renderla simile a lei, poi l’aveva tradita, l’aveva quasi ammazzata, aveva rubato il suo corpo, si era divertita con Riley e poi era scappata a farsi consolare tra le braccia di Angel dopo aver tentato più volte di uccidere anche lui. Angel…ecco qual era il vero motivo del suo rancore: Faith aveva cercato di portarle via Angel e aveva gettato un’ombra sul loro già difficile rapporto.

A quel pensiero Buffy sentì rimontare dentro di sé la rabbia che aveva provato durante quella terribile messa in scena che lei stessa aveva architettato per smascherarne il tradimento; sentì rinascere l’odio e la gelosia al solo ricordo delle braccia di Angel intorno al corpo della ragazza…e quei loro baci…

 

Buffy si fermò di colpo, quasi ansimando: aveva provato ancora quelle sensazioni…la sera prima, quando Linda aveva baciato Brian.

 

Quella consapevolezza le fece salire le lacrime agli occhi, ma le ricacciò giù con rabbia, vergognandosi dei sentimenti che provava.

 

Capì che se Faith non avesse tentato di portarle via Angel lei sarebbe stata la prima a tenderle la mano quando aveva mostrato di volersi pentire.

Capì che tutta la simpatia che aveva provato in un primo momento per Linda era immediatamente sparita quando aveva intuito che tra lei e Brian c’era qualcosa di più di una semplice amicizia.

Capì che aveva veramente desiderato di uccidere Faith, un essere umano, quando questa aveva avvelenato Angel.

 

Capì che quando si trattava di Angel riemergevano tutti i suoi istinti primordiali di difesa e di possesso: Angel era suo. Punto e basta. E chiunque cercasse di avvicinarsi a lui era suo nemico. Darla, Drusilla, Faith, Kate, Linda…sentiva che avrebbe potuto odiarle tutte…a volte era stata gelosa persino di Cordelia!!!

 

Buffy, ovviamente, si rendeva conto di quanto fossero sbagliati, nella maggior parte dei casi, quei sentimenti, ma non riusciva a non provarli, e di questo si vergognava come una ladra.

L’unica scusante che riusciva a fornire ai suoi sentimenti era il suo amore per Angel: un amore che aveva sfidato tutto e tutti e che, sebbene fosse stato più volte sul punto di soffocare e di spegnersi, non era in realtà mai morto, anzi… Un amore che adesso aveva inaspettatamente ritrovato: stava a lei ora riaccenderlo, a fare in modo che Brian ricordasse…anche se non sapeva ancora bene come fare.

 

********************************************************************************

 

Dopo poco più di mezz’ora il suo istruttore, un ragazzo scozzese di nome Connor, alzò bandiera bianca. Era un tipo grande e grosso, ma alla terza volta che Buffy lo fece volare da una parte all’altra della sala esclamò: “Ok, basta. Mi sembra che lei non abbia alcun bisogno di un istruttore: quello che le serve è un pungiball!!! Mi dispiace, ma non posso permettermi di farmi male sul serio: ho bisogno di quei due spiccioli che mi danno come stipendio, e se non lavoro perché ho le ossa rotte non mi pagano. Le verranno rimborsati i soldi che ha pagato per la lezione e per l’affitto della sala, sempre che il mio collega, che è decisamente più pazzo di me, non voglia sostituirmi”. Sembrava davvero mortificato: certo, vedendo una ragazza piccola e minuta non si era aspettato un trattamento simile.

 

“Pazienza, non imp…” fece per dire Buffy, ma venne interrotta dal signor Giles che chiese a Connor: “Dove posso trovare questo suo collega?”.

 

“Adesso sta facendo lezione, ma tra un quarto d’ora dovrebbe terminare. In teoria il suo turno è finito, ma si sa che un extra giornaliero fa sempre gola a tutti: magari accetta. Comunque si rivolga alla reception: lì sapranno essere più precisi”. Salutò Buffy scusandosi ancora e facendole mille complimenti e quindi uscì dalla sala, seguito dal signor Giles.

 

Quando quest’ultimo si rivolse alla reception, una ragazzina entrò in una delle sale più grandi e ne uscì poco dopo dicendo che l’istruttore aveva accettato e che si sarebbe occupato di Buffy non appena, alle 16:30, avesse terminato la lezione.

 

Nel ritornare vero la sala il cellulare di Giles squillò: era Willow che gli chiedeva di tornare in albergo dato che Xander si era sentito male a causa di una congestione e dato che Westley era irreperibile. Così l’osservatore, sbuffando, andò ad avvisare Buffy.

 

“L’istruttore sarà da te tra meno di un quarto d’ora. Per favore evita di distruggere anche questo”.

 

“Signor Giles o mi alleno seriamente o tanto vale che non mi alleni proprio” rispose seccata la ragazza che ancora pensava al suo cono gelato.

 

“Io devo tornare in albergo perché Xander si è preso una bella congestione” disse l’osservatore e, ignorando l’espressione di trionfale vendetta negli occhi di Buffy, continuò: “Mi raccomando, mi fido di te: sii la seria cacciatrice che ogni tanto, per sbaglio, ti capita di essere”.

 

“Sì, ma se faccio fuori anche questo in meno di mezz’ora giuro che prendo e me ne vado” promise Buffy e il signor Giles, alzando gli occhi al cielo, lasciò la palestra.

 

 

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Patty

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Capitolo 7

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CAPITOLO VII

 

Nell’attesa del nuovo istruttore Buffy continuò a fare semplici esercizi, per evitare che i suoi muscoli si raffreddassero.

 

“Ma perché diavolo sono stata scelta io per essere la Cacciatrice!!!”.

 

Erano ormai più di otto anni che ricopriva quel ruolo, ma ancora adesso, ogni tanto, si chiedeva perché fosse capitato proprio a lei.

 

“Non avevo nulla di diverso rispetto alle mie amiche del liceo di Los Angeles: avevo quindici anni come loro, e, come loro, le mie uniche preoccupazioni riguardavano le interrogazioni di trigonometria e geometria, la lunghezza della mia gonna, il colore di ombretto e rossetto e il nome del ragazzo che mi avrebbe accompagnata al ballo scolastico. E allora perché hanno scelto me e non quella odiosa di Marissa Brown? Perché io?”.

 

A questi pensieri la violenza e l’intensità dei colpi scagliati contro l’aria crebbe. Poi però a Buffy vennero in mente tutte le persone che non avrebbe mai conosciuto se non fosse stata la Cacciatrice e che invece ora erano i cardini della sua vita: il signor Giles, Willow, Xander, la stessa Dawn che non sarebbe mai apparsa nella sua vita se lei non avesse avuto la facoltà di difenderla. E poi, ovviamente, Angel…

 

“Angel non si sarebbe mai accorto della mia esistenza se non fossi stata la Cacciatrice”, ma qualcosa nel suo cuore le diceva che quell’ultimo pensiero non era vero. Una volta Angel le aveva detto che si era innamorato di lei fin dalla prima volta che l’aveva vista, quando lei era ancora semplicemente Buffy Summers, studentessa del liceo di Los Angeles. “Certo, mi avevano mostrato a lui dicendogli che ero la prescelta, ma lui si innamorò di me subito… Angel amava me, non la Cacciatrice” e quel pensiero la calmò notevolmente.

 

“Adesso si spiega tutto!!!” disse, ridendo, una voce alle sue spalle.

 

Buffy si girò con il cuore in gola, dato che aveva già riconosciuto quella voce, e quando il suo sguardo incontrò Brian lui continuò: “Sai, credo che un giorno dovrò spiegare a Connor che non sei esattamente quello che sembri, altrimenti il suo orgoglio scozzese rimarrà ferito per anni. Temo che dovrò dirgli che sei la Cacciatrice: lui tanto non ci crederà, dato che non crede a demoni e vampiri, ma almeno avrà una scusa da propinare agli amici che inevitabilmente lo prenderanno in giro”.

 

Brian rideva ancora e Buffy, contagiata, rise di gusto insieme a lui.

 

“Quando lo rivedi, digli che mi dispiace moltissimo” disse.

 

Pian piano la risata andò morendo e Brian, pur continuando a sorridere, si fece serio: “Bene signorina Summers abbiamo già perso abbastanza tempo in chiacchiere. E’ tempo di cominciare: attacca”.

 

Buffy fu presa dal terrore: “Non voglio combattere con lui. Non è più un vampiro. Non voglio fargli del male”.

 

“Coraggio attacca, signorina. So cosa aspettarmi e ti ho vista combattere: non riuscirai a sbattermi da una parte all’altra della sala come hai fatto con il povero Connor. Quindi niente indugi e attacca. E fallo sul serio, altrimenti nelle prossime due ore mi spezzerai le ossa senza trarne alcun giovamento. Forza” la spronò Brian che sembrava averle letto nel pensiero. Notando che Buffy ancora esitava, decise di provocarla: “Hai forse paura di me, Cacciatrice?”.

 

Era lì, che la invitava ad attaccarlo. Indossava dei pantaloni neri e una canottiera bianca che metteva in evidenza la muscolatura ben proporzionata del torace, della schiena e delle braccia. Vestito così era veramente come Angel: anche lui si vestiva sempre in quella identica maniera quando si allenava, salvo poi liberarsi della canottiera dopo pochi minuti.

 

“Sì Buffy, sembra Angel, ma non lo è… Cioè sì, è Angel, ma non è più un vampiro e non ne ha più la forza… Ma se non lo attacco, o se faccio finta lui se ne accorgerà e deciderà di interrompere l’allenamento, e allora addio due ore da sogno…”.

 

Quell’ultimo pensiero la terrorizzò ancora di più del timore di fargli male. Voleva disperatamente che quell’allenamento avesse luogo, dato che, più o meno inconsciamente, sperava che il riproporsi di una situazione famigliare l’avrebbe aiutato a ricordare qualcosa. Cominciò dunque a muoversi lentamente, studiando l’avversario e menando alcuni leggeri colpi per saggiarne la resistenza e i riflessi.

 

Al primo affondo di una certa intensità Buffy rimase a bocca aperta: non solo Brian parò il suo attacco senza colpo ferire, ma gli rispose e la stese a terra. Certo, non si era trattato di un colpo definitivo (non sarebbe bastato per uccidere un vampiro), ma colpi molto meno intensi erano bastati per mettere k.o. Connor o Riley, che pure erano entrambi soggetti forti e allenati. Invece Brian lo aveva schivato con la stessa facilità con cui avrebbe schivato una mosca, e ora la guardava con aria severa.

 

“Buffy o fai sul serio oppure la piantiamo qui: mi sembra di averti già detto che è stupido rischiare di farsi male per niente!” esclamò, e questa volta senza sorridere. Quindi gli tese la mano e la rimise in piedi. “Forza. Fa finta che io sia un vampiro…e lotta per salvarti la pelle… Coraggio”. Questa volta fu lui ad attaccarla e ancora una volta Buffy si trovò stesa prima ancora che potesse rendersene conto.

 

Ormai era senza parole: quel ragazzo picchiava come un vampiro. Brian non era più un vampiro, ma aveva inequivocabilmente mantenuto la forza e la destrezza di Angel.

 

“Ma certo, avrei dovuto aspettarmelo: ieri sera ha fatto fuori quattro vampiri più Darla usando solo delle semplici matite da disegno!!!”.

 

Nel momento stesso in cui quella consapevolezza pervase la sua mente, il corpo di Buffy si trasformò in una perfetta macchina da combattimento: non temendo più di fargli male, lasciava che i suoi colpi fluissero con forza e precisione e, nonostante tutto, Brian incassava bene e rispondeva anche meglio.

 

A Buffy parve di essere tornata indietro nel tempo, a quando si allenava praticamente tutti i giorni con Angel, nella sua spaziosa abitazione. Era l’unico con cui avesse mai potuto allenarsi seriamente. Più recentemente aveva provato ad allenarsi con Spike, ma non era mai stata la stessa cosa: d’altronde se in cento e rotti anni il vampiro ossigenato aveva sempre temuto il sire del suo sire ed aveva evitato di affrontarlo direttamente, un motivo doveva pur esserci!!!

 

Immagini di quel passato felice, quando lui ancora viveva a Sunnydale e loro stavano insieme, riempirono la mente di Buffy, ma non la distrassero minimamente, anzi, le diedero ancora maggior carica. Solo in un’occasione la sua concentrazione si ruppe per un istante, e Brian ne approfittò immediatamente per stenderla per la terza volta: ricordò di una volta che Angel l’aveva stesa e l’aveva poi immobilizzata con il peso del suo corpo…quella volta era finita con un dolce ma appassionatissimo bacio…

 

********************************************************************************

 

Ormai combattevano senza interruzioni da quasi un’ora e mezza. Entrambi cominciavano ad essere stanchi, ma nessuno dei due aveva intenzione di alzare bandiera bianca per primo.

 

Brian si meravigliava di se stesso: aveva fatto lo sbruffone, l’aveva istigata ad attaccarlo, ma non aveva certo creduto di riuscire, in un modo o nell’altro, a tenerle testa. Certo sapeva che il suo fisico era ben allenato, ma non credeva che avrebbe retto così bene ai colpi della Cacciatrice…non così a lungo. Eppure qualcosa gli diceva che era normale e giusto così, che allenamenti di quel genere, con quella stessa ragazza, ne aveva già sostenuti parecchi in passato… Cordelia aveva escluso che i due potessero già conoscersi… Eppure…

 

Con il sopraggiungere della stanchezza e i primi cedimenti nella concentrazione, Brian cominciò lentamente a soccombere alle sensazioni che il suo corpo gli trasmetteva: cominciava ad avvertire distintamente il dolore dei lividi che quella lotta gli stava procurando un po’ dappertutto; sentiva l’indolenzimento delle braccia e delle gambe; sentiva i rivoli di sudore che gli scendevano sulle tempie e sulla schiena; e soprattutto cominciava ad avvertire, con ogni cellula del suo corpo, la presenza di Buffy.

 

Sentiva l’odore del suo sudore che si mescolava al suo e sentì il sapore della sua pelle quando, per convincerla a crederlo un vampiro, l’aveva morsicata su un braccio: era salata, proprio come aveva sentito nel suo sogno; era consapevole della morbida sericità dei suoi capelli ogni volta che sfioravano la pelle; sentiva la pienezza e la solidità del suo giovane corpo ogni volta che la colpiva o che ne veniva colpito; sentiva la sua tenacia, la sua forza di volontà e la sua determinazione, ma era perfettamente conscio, anche se magari non poteva vederlo, del suo sorriso trionfante ogni volta che riusciva ad atterrarlo oppure delle sue smorfie quando era invece lui a metterla k.o.; si sentiva i suoi occhi addosso, e gli pareva di venir delicatamente e deliziosamente bruciato da quello sguardo…

 

Sentiva che l’unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento era stringerla fra le braccia e baciarla…baciarla prima appassionatamente, poi con dolcezza fino a perdersi in lei… Sentiva chiaramente che quella ragazza possedeva l’altra metà della sua anima…

 

Brian si scosse bruscamente da quei pensieri: non doveva neanche pensarle certe cose. “Io voglio bene a Linda, e Buffy è solo un’amica, anzi una cliente, che per di più domani sera prenderà un aereo che la riporterà in America, dall’altra parte del mondo. E’ assurdo che io possa anche solo pensarle certe cose!!!” si urlò nella testa e, dando fondo alle ultimissime riserve di energia che possedeva, aumentò l’intensità e la forza dei suoi colpi, come se l’aumento dell’attività fisica potesse cancellare certi pensieri dalla sua testa, o almeno distogliere da essi la sua attenzione.

 

Fu proprio all’apice di questo nuovo assalto che Brian riuscì a stendere nuovamente Buffy, ma a causa della stanchezza e di una repentina ed astuta mossa della Cacciatrice, venne atterrato anche lui e cadde letteralmente addosso alla ragazza.

 

Restarono l’uno sopra l’altra per qualche istante: sapevano entrambi che se quella situazione si fosse prolungata anche solo per un attimo ancora avrebbero rischiato di non essere più padroni dei loro corpi, ma Brian non aveva la forza di ordinare al suo corpo di alzarsi immediatamente e Buffy non voleva assolutamente che lui si muovesse.

 

La ragazza sentiva il fiato caldo di Brian sul suo collo e sentì il suo cuore battere; le sembrò assolutamente strano, ma anche a lei sembrò di aver già vissuto una scena molto simile: si vide per un istante nella camera da letto dell’appartamento di Angel a Los Angeles; lei ed Angel erano a letto insieme e gli teneva la testa appoggiata sul petto, mentre con una mano batteva colpi leggeri sul suo braccio al ritmo del cuore che sentiva battere in lui; sparsi intorno a loro, insieme ai loro abiti erano due barattoli di gelato al cioccolato, mentre sembrava che sul tavolo della cucina fosse passato un tornado. Buffy si chiese per un attimo il perché di quella immagine che certo non poteva aver vissuto, ma era un pensiero che si perse immediatamente nelle profondità della sua mente: in superficie, che catturava totalmente la sua attenzione, c’era solo Brian.

 

Brian dal canto suo era quasi tramortito dal groviglio di emozioni, sensazioni e desideri che sentiva agitarsi in lui: non gli sembrava di aver mai provato nulla di simile, ma sentiva che in realtà non era così.

 

Poi un piccolo particolare attirò la sua attenzione sul petto di Buffy: il piccolo Claddagh che portava appeso al collo accanto ad una piccola croce. Che quell’anello gli fosse famigliare era comprensibile, in fondo si trattava di artigianato irlandese e lui stesso ne portava alla mano sinistra uno identico, ma anche quella piccola ed anonima croce gli dava sensazioni strane. Si ritrovò per un istante in un piccolo vicolo chissà dove e Buffy lo aveva appena atterrato e gli chiedeva cosa volesse da lei… Poi, così come era venuta, quella visione sparì e lui si ritrovò a fissare i due piccoli oggetti appesi al collo della ragazza.

 

Con un enorme sforzo si staccò da lei e le si sedette vicino, mentre Buffy, maledicendo silenziosamente quel distacco, si mise a sedere anche lei.

 

“Vedo che hai comprato un anello Claddagh. Mi chiedo se tu sappia cosa significhi” disse Brian.

 

Buffy, rispondendo automaticamente più a se stessa che a Brian cominciò a ripetere le parole che Angel le aveva detto quella notte al porto, quando le aveva donato l’anello, segno di una promessa eterna: “Le mani rappresentano l’amicizia, la corona rappresenta la fedeltà e il cuore rappresenta l’amore eterno. Se indossi l’anello con la punta del cuore rivolta verso di te significa che la tua anima appartiene a qualcuno”.

 

“Beh, non avrei saputo dirlo meglio io. Evidentemente chi te l’ha venduto sapeva il fatto suo” disse Brian.

 

“Non l’ho comprato. E’ un dono: un dono di una persona molto speciale” rispose Buffy che, avendo intuito che il ragazzo aveva frainteso le sue parole, si affrettò ad aggiungere: “Una persona molto speciale che, in un certo senso, non esiste più. Ma vedo che anche tu ne porti uno identico: Linda?”.

 

“No” rispose si getto Brian e con molta più foga di quella che avrebbe voluto metterci. “Quando mi sono risvegliato portavo già questo anello al dito. Linda non c’entra nulla” aggiunse come a giustificarsi. Poi, come se gli fosse balenata un’idea in testa, disse: “Sai, una volta questi anelli erano creati in coppia, ed ogni coppia era diversa dall’altra, in modo che riunendoli si incastrassero alla perfezione solo ed esclusivamente con il loro ‘compagno’. Non so se oggi, che sono ormai venduti anche sulle bancarelle di tutta l’Irlanda come souvenir per turisti innamorati li facciano ancora così…anzi, ne dubito proprio…ma adesso che lo guardo meglio, il tuo mi sembra piuttosto ben fatto”.

 

Buffy decise allora di prendere la palla al balzo e di rischiare: se quella storia degli anelli gemelli era vera, probabilmente l’anello gemello del suo era quello che portava al dito Angel e quindi quello di Brian. Si rese conto che quello che voleva fare significava forzare la mano al ragazzo, ma decise di provare ugualmente e disse: “Non ci credo a questa storia degli anelli che combaciano: scommetto che il mio si incastra alla perfezione nel tuo”.

 

“Buffy, anche il mio anello è piuttosto antico e quindi sicuramente ben fatto: se i nostri due anelli dovessero completarsi a vicenda potrebbe solo voler dire che sono stato io a donarti quell’anello oppure che uno di noi due lo ha ‘rubato’ a qualcun altro. Entrambe le ipotesi mi sembrano da scartare” mentì spudoratamente dato che non era affatto propenso a scartare la prima. Anzi, nonostante le parole che quella mattina le aveva detto Cordelia, era sempre più convinto che tra loro ci fosse un legame di cui non ricordava nulla, ma che sentiva ancora molto forte.

 

“Beh, allora non ci resta che provare ad incastrarli: se non combaciano vuol dire che hai ragione tu, mentre se combaciano…” disse, fingendo un’allegria che in realtà non provava e togliendosi la catenina dal collo per poter porre a Brian il piccolo anello.

 

Con fare riluttante Brian prese l’anello dalla mano di Buffy e si sfilò il suo: li tenne entrambi per un attimo sul palmo della mano e quindi provò ad unirli…

 

Perfetti: quei due anelli erano inequivocabilmente le due metà di un unico, splendido, gioiello, e quello che rappresentavano erano le due metà di un’unica anima.

 

Brian era sconvolto: quella era la conferma più evidente di tutte le sue teorie. Lui conosceva quegli americani e soprattutto conosceva Buffy…la conosceva talmente bene che le aveva donato il più grande simbolo d’amore irlandese. E adesso Buffy era lì, con il volto a pochi centimetri dal suo: era sudata e spettinata, ma lui sentì che quelle sensazioni che aveva tenute imprigionate nel suo cuore fino a quel momento ora si liberavano impetuosamente ed assumevano una fisionomia via via più distinta: non erano più vaghe emozioni, erano amore, amore puro, incontrastato e devastante…

 

In quel momento nulla più interessava a Brian: non ricordava ancora nulla, ma sapeva con tutto se stesso di amare quella ragazza: le prese il viso fra le mani e la baciò con tutta la dolcezza e la passione di cui era capace, assaporando ogni istante di quel tenero bacio a cui Buffy rispondeva con non meno amore. Sentiva che si stava completamente perdendo in lei, ma la cosa non gli interessava, anzi voleva che accadesse: perdeva se stesso, ma trovava qualcosa di più prezioso e completo.

 

Buffy, dal canto suo, non era mai stata così completamente felice da quella sera del suo diciassettesimo compleanno. Ma allora era finita in tragedia, questa volta sarebbe stato diverso: questa volta non c’era nessuna maledizione da non rompere, e nessuna spada di Damocle pendeva sulle loro teste. Non c’era nessun Giudice, nessun Sindaco, nessun Maestro, nessun Riley e nessuna Linda a minacciarli: c’erano solo lei e Brian…lei ed Angel…e nessun altro.

 

Sentì le lacrime rigarle le guance mentre Brian ancora la baciava, ed evidentemente se ne accorse anche lui perché si staccò da lei e con una dolcezza infinita gliele asciugò con le sue dita.

 

“Perché piangi, Buffy?” chiese in un sussurro.

 

“Perché finalmente ti ho ritrovato. Perché finalmente sono felice…e completa” rispose la ragazza, senza neanche cercare più di trattenere quelle lacrime.

 

“Questo vuol dire che mi conoscevi già, vero?” chiese ancora Brian.

 

Buffy si limitò ad annuire perché sapeva che la sua voce avrebbe tremato.

 

“Allora puoi dirmi qual era il mio vero nome?” domandò, senza riuscire a trattenere quella domanda per la quale cercava una risposta da anni.

 

“Angel. Il tuo nome era Angel” rispose Buffy.

 

Quella rivelazione fu per Brian peggio di un pugno a tradimento in pieno stomaco: spalancò gli occhi per la sorpresa e il terrore, guardò Buffy quasi con odio, sentì il suo respiro accelerato, così come i battiti del suo cuore.

 

Prima ancora che Buffy potesse rendersi conto della sua reazione, Brian si era già alzato e se ne stava andando come se di colpo si fosse trovato di fronte ad un mostro.

 

“Cosa ho detto di male. Ti prego, amore mio dove vai? Perché reagisci così? Angel…!!!” gridò disperata Buffy che non riusciva proprio a spiegarsi la reazione del ragazzo.

 

“No, non chiamarmi in quel modo!!!” urlò Brian sempre più sconvolto, quindi uscì dalla sala, lasciando Buffy allibita.

 

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“Angel!!! Ma Cordelia aveva detto che Angel era un… NO, non è possibile, non può essere vero: io non sono un vampiro!!! Cordelia mi ha mentito: in fondo mi ha anche detto che non ci conoscevamo… Ma quando ho insultato quell’essere si è arrabbiata troppo perché potesse essersi inventata tutto. Che mi abbia mentito Buffy? Ma perché dovrebbe farlo? Io la amo e lei mi ama: perché dovrebbe mentirmi? Aspetta Brian, lei amava Angel…forse è disposta a tutto pur di conservare almeno l’illusione che lui sia ancora vivo… Già, è certamente così: Cordelia mi ha detto che Angel è morto per salvarla…e quindi non posso essere io Angel… Oppure è solo un caso di omonimia…”, la mente del ragazzo era in subbuglio, nel più totale caos, mentre correva fuori dalla palestra senza neanche essersi fatto una doccia e cambiato. L’aria fresca della sera sulla pelle accaldata lo fece rabbrividire, ma contribuì a schiarirgli le idee, e con quello schiarimento venne anche la consapevolezza che nessuno gli aveva mentito, o per lo meno, nessuno gli aveva mentito del tutto. Non sapeva spiegarsi da dove veniva quella consapevolezza, ma sapeva che non si trattava né di bugie né di semplice omonimia. L’Angel di cui gli aveva parlato Cordelia, il mostro, il vampiro, era lo stesso Angel di cui gli aveva parlato Buffy: quel mostro, per quanto assurdo ed inaccettabile potesse sembrare, era proprio lui…o per lo meno lo era stato…

 

Quando arrivò alla locanda al rifiuto si era sostituita la disperazione; quando Linda, ignara di tutto, gli si fece incontro lui evitò il suo sguardo e il suo abbraccio: si vergognava troppo per quello che aveva appena fatto, l’aveva tradita, e soprattutto per quello che era. Salì al piano di sopra e si chiuse nella sua stanza, si spogliò, si fece una doccia nella speranza che sotto l’acqua, insieme al sudore e alla stanchezza, potesse scivolare via anche quell’odiosa idea che ormai gli frullava e martoriava il cervello. Fu ovviamente tutto inutile, e alla fine, distrutto, si gettò sul suo letto e rimase lì, immobile, incapace di qualsiasi reazione. Non rispose alle suppliche di Linda che gli chiedeva cosa fosse successo e di aprire quella dannata porta. Alla fine si addormentò del sonno più orribile che avesse mai fatto.

 

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Buffy era ancora lì, seduta al centro della sala, dove fino a pochi minuti prima c’era stato anche Brian. Si erano ritrovati, si erano baciati e Buffy, dopo tanti anni si era sentita nuovamente viva. Poi lui le aveva chiesto di rivelargli il suo vero nome e lei aveva esaudito il suo desiderio. Tutto quello che era successo dopo sfuggiva ad ogni logica.

 

“Perché ha reagito così? Perché mi ha guardata come se lo avessi pugnalato alle spalle? Perché?”: erano tutte domande che frullavano nella testa della ragazza e alle quali, per quanto si sforzasse non riusciva a dare una spiegazione logica…e neanche una irrazionale…

 

Guardò l’orologio e si meravigliò nel vedere che le lancette puntavano quasi sulle otto: avrebbe dovuto terminare l’allenamento verso le sei e mezza, ma evidentemente il tempo che aveva passato insieme a Brian era volato molto più velocemente di quanto non si aspettasse…proprio come quando stavo con Angel: le giornate sembravano non passare mai, mentre le notti finivano in un batter di ciglio.

 

Ancora stanca e frastornata si tirò in piedi. “Il signor Giles sarà in pensiero per il mio ritardo”.

 

Non fece in tempo a finire di formulare quel pensiero nella sua testa che l’Osservatore apparse sulla porta della sala.

 

“Buffy, sei qui!!!” sospirò di sollievo, ma avendo notato la totale confusione sul volto della ragazza, la preoccupazione si ripresentò nel suo sguardo. “Ma cosa è successo? Ti senti male? Buffy!!!”.

 

La ragazza lo guardò per un istante, poi si buttò fra le sue braccia e incominciò a piangere.

 

Era incredibile come si sentisse al sicuro fra le braccia di quell’uomo: il signor Giles era ormai molto di più di un padre per lei.

 

Il signor Giles, dal canto suo, smise di parlare e di fare domande e si limitò a stringerla forte, sperando, con quel solo contatto fisico, di riuscire a calmarla e consolarla.

 

Dopo qualche minuto tuttavia le sussurrò ad un orecchio: “Adesso è meglio che tu ti faccia una bella doccia calda e ti cambi, altrimenti, così sudata, ti prenderai un accidente. Poi se ne hai voglia mi racconti quello che è successo”.

 

Buffy annuì e seguì i consigli del suo migliore amico (fu quella la prima volta che Buffy pensò a Giles in quei termini), mentre lui aspettava pazientemente che lei fosse pronta. Quindi si incamminarono verso l’albergo. Buffy non aveva ancora voglia di parlare, non era ancora riuscita a schiarirsi le idee, e Giles non le forzò la mano: sapeva benissimo che quando la ragazza fosse stata pronta, l’avrebbe cercato lei stessa…o almeno avrebbe cercato Willow.

 

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Cordelia era ancora in giro con Dawn e, esattamente come Buffy aveva previsto, non avevano trovato nulla per Spike, ma erano riuscite ugualmente a dar fondo ai risparmi della ragazzina.

 

Erano ancora in un negozio, più o meno all’ora di chiusura, quando Cordelia sentì nascere in lei sorpresa, incredulità, rabbia, rifiuto, dolore e disperazione, tutto nell’arco di poco tempo. Lei non aveva nessun motivo di provare quel groviglio disordinato di sentimenti e quindi concluse che quei sentimenti erano di Angel. Era successo qualcosa… Qualcosa che aveva letteralmente stravolto quel ragazzo…

 

Tutto d’un tratto decise quindi che era tempo di rientrare in albergo: era sicura che Buffy c’entrasse qualcosa con tutto quel trambusto. Pagò quindi in fretta e furia quello che già avevano deciso di acquistare e poi trascinò fuori dal negozio Dawn che protestò malamente per quel brusco cambiamento di programma. Maledisse tutti i taxi di Galway, dato che non ne passò neanche uno, e quindi decise di tornare a piedi: camminava talmente velocemente che un paio di volte Dawn dovette fermarla perché era rimasta indietro. Cordelia sembrava un’autentica furia.

 

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Cordelia e Dawn arrivarono in albergo proprio mentre Buffy, ancora evidentemente frastornata, stava finendo di raccontare a tutti quanti quello che era successo quel pomeriggio.

 

“…poi lui mi ha chiesto se ci conoscevamo e io, felice come mai negli ultimi anni, gli ho risposto di sì…” stava dicendo la Cacciatrice.

 

“Cosa hai fatto?” chiese Cordelia con il volto stravolto dall’ansia. “Gli hai detto che noi lo conoscevamo? Ma sei impazzita? Complimenti Buffy: sei un vero fenomeno di egoismo e menefreghismo!!!”.

 

“Cordelia adesso calmati: Buffy è già abbastanza sconvolta, senza bisogno che tu la attacchi ulteriormente e senza motivo” intervenne Willow in difesa della sua migliore amica.

 

“Senza motivo!?! Io la starei attaccando senza motivo!?! Ha probabilmente appena distrutto la vita di una persona e tu mi vieni a dire che la sto attaccando senza alcun motivo!?!”. Nella voce, nel tono e nell’espressione di Cordelia c’era qualcosa di spaventoso: nessuno l’aveva mai vista così, nemmeno Westley.

 

“Vuoi riprendertelo? Vuoi averlo di nuovo tutto per te? Benissimo, non ho nulla in contrario, ma fallo usando le tue doti femminili. Vuoi riconquistarlo? E allora seducilo, ma non cercare di fargli ricordare!!! Non puoi essere tanto egoista da condannarlo alla sofferenza solo perché così potrai avere di nuovo il suo amore!!!”.

 

“Non ti capisco Cordelia: perché se si ricordasse di noi sarebbe condannato?” chiese Buffy.

 

“Ma come fai a non capire, Buffy: non sei una stupida!!! Ragiona un attimo: è evidente che la stessa forza che lo ha reso nuovamente umano ha provveduto anche a cancellare i suoi ricordi: se non lo avesse fatto questa non sarebbe stata una ricompensa, ma una nuova, tremenda, maledizione”.

 

“Ma perché dici così, Cordy?” chiese ancora Buffy, la cui mente era ancora troppo sottosopra per comprendere quello che l’amica voleva dirle.

 

“Perché se Angel ricordasse non ricorderebbe solo di quanto ti amava…RICORDEREBBE TUTTO. Tutto Buffy: ti rendi conto di cosa questo voglia dire? TUTTO. Rispondi alla mia domanda: in cosa consisteva la maledizione di Angel?” le domandò quasi con sarcasmo Cordelia.

 

Buffy rifletté un attimo, poi, tutto d’un tratto, sembrò capire quello che Cordelia voleva dire: “Angel fu maledetto a riavere la sua anima perché questa potesse tormentarlo a causa delle atrocità commesse quando era Angelus…”.

 

“Centro!!! Se quel povero disgraziato ritrovasse i suoi ricordi ricorderebbe anche di essere stato un vampiro e il ricordo di tutte le atrocità che ha commesso tornerebbe a farlo soffrire. Certo, questa volta la sua sofferenza non sarebbe eterna, ma cinquanta sessant’anni di rimorso sarebbero comunque una tortura allucinante, soprattutto visto che Angel ha già ampiamente pagato per i suoi crimini. E inoltre non c’è essere sulla terra che Brian detesti di più dei vampiri. Se Brian ricordasse di essere stato un vampiro quella consapevolezza lo ucciderebbe, Buffy: è questo quello che vuoi?”.

 

“No, certo che non è questo quello che voglio!” rispose Buffy fra le lacrime.

 

Cordelia sembrò calmarsi un attimo. Nessuno degli altri sembrava in grado di dire una sola parola.

 

“Coraggio, Buffy: non piangere… Mi dispiace di averti attaccata così duramente, ma… Forse non è ancora tutto perduto: forse non c’è nulla di compromesso”, ma nel momento stesso in cui pronunciava quelle parole Cordelia si rese conto che non poteva essere così: la semplice rivelazione del fatto che già si conoscevano non avrebbe causato in Brian tutte quelle terribili sensazioni. Buffy doveva avergli detto qualcos’altro. “Cosa gli hai detto oltre al fatto che facevamo parte del suo passato?” chiese il più gentilmente possibile, ma temendo la risposta di Buffy.

 

“Solo il suo nome. Lui mi ha chiesto quale fosse il suo vero nome e io gliel’ho detto” rispose tra un singhiozzo e l’altro la Cacciatrice.

 

“Liam o Angel?” chiese Cordelia, anche lei con le lacrime agli occhi.

 

“Angel… Per noi lui è sempre stato Angel…” rispose Buffy, sperando di aver fatto la scelta giusta.

 

Cordelia impallidì e si lasciò sprofondare sulla poltrona dietro di lei: non aveva neanche più la forza di parlare. Fu Xander allora a raccontare del colloquio che la ragazza e Brian avevano avuto quel giorno a pranzo. Una volta che ebbe terminato il suo racconto nessuno osò parlare. Buffy si teneva la testa fra le mani, realizzando poco a poco la situazione che si era venuta a creare.

 

“Ma perché diavolo non ci ho pensato prima? Perché sono stata così egoista? Cordelia ha ragione: volevo che Brian ricordasse solo perché sapesse di noi e della nostra storia…non ho pensato alle conseguenze di quello che stavo facendo…e adesso gli ho fatto del male, l’ho maledetto un’altra volta e probabilmente l’ho perso di nuovo… Perché sono così stupida? Ecco il perché di quella sua reazione: gli ho praticamente detto che era un vampiro… Ecco il perché dell’odio in quell’ultimo sguardo…”.

 

Vedendo la sua disperazione, Willow le si avvicinò, le mise un braccio intorno alle spalle e quindi la strinse in un abbraccio forte forte.

 

A quel punto fu Westley che ruppe il silenzio: “Aspettate ragazzi, magari la situazione non è così drammatica come sembra: magari, nonostante la prima reazione, avrà pensato ad uno scherzo. In fondo se qualcuno mi venisse a dire, di punto in bianco, che sono un vampiro non gli crederei ciecamente… Oppure magari ha preso la cosa meglio di quanto pensiamo…” cercò di sdrammatizzare.

 

“No, Westley: purtroppo non è così. Ho SENTITO chiaramente la sua disperazione…il suo dolore” disse Cordelia, sicura che il suo collega avrebbe capito quello che intendeva dire.

 

“Beh, se è davvero così non ci resta che andare da lui e spiegargli tutto con calma: glielo dobbiamo” disse Westley, e tutti quanti decisero di andare con lui alla locanda dove viveva Brian Keane.

 

EPILOGO

 

“Andate via per favore. Non so cosa sia successo, ma so che non ho mai visto Brian così sconvolto. Si è chiuso in camera sua e non è ancora sceso…e non credo che lo farà tanto presto. Lasciatelo stare: vi avevo solo chiesto di non fargli del male e questo è stato il risultato. Maledizione a me quando vi ho detto dove trovarlo”. Il tono di Linda non era apertamente ostile, ma le sue parole non lasciavano molto scampo.

 

“Per favore Linda, dobbiamo parlargli. Ha bisogno di spiegazioni e noi siamo gli unici a potergliele fornire. E’ vero, gli abbiamo fatto del male, ma lo abbiamo fatto del tutto involontariamente, ed ora vorremmo rimediare, almeno in parte, alle nostre colpe” cercò di parlamentare Westley.

 

“Forse non sono stata abbastanza chiara: qui non siete più i benvenuti. Dovete lasciar stare Brian, me e mia nonna. Gli porgerò senz’altro i vostri saluti QUANDO RIUSCIRO’ A PARLARGLI!!! Per quel che mi riguarda non posso far altro che augurarvi buon viaggio di ritorno a casa” e questa volta era evidente che la ragazza non avrebbe ascoltato nessun altra argomentazione, e quindi il gruppo lasciò il locale.

 

Tornando in albergo nessuno aveva voglia di parlare.

 

“Avremmo dovuto aspettarcelo: fin dall’inizio Linda è stata molto protettiva nei confronti di Brian” disse infine Dawn.

 

“Io direi piuttosto gelosa che protettiva” disse Xander.

 

“Beh, non puoi biasimarla: è innamorata di lui” replicò Tara.

 

“Io domani non parto”. Erano le prime parole che Buffy diceva da quando avevano lasciato l’albergo. “Io non torno a Sunnydale se prima non mi sono chiarita con Angel”.

 

“Buffy, cerca di essere ragionevole: non possiamo restare qui in eterno” disse Anya.

 

“Non ho assolutamente intenzione di stare qui in eterno: solo fino a quando non riuscirò a parlargli” disse Buffy senza tradire nessunissima emozione.

 

“Buffy ha ragione: non possiamo andarcene. Io resto qui con lei” la sostenne il signor Giles.

 

“Faith e Gunn possono cavarsela da soli per qualche giorno in più, vero Wes?” chiese Cordelia.

 

“Certo: restiamo anche noi con te, Buffy” confermò l’Osservatore più giovane e fu ricompensato da un tirato sorriso da parte della ragazza.

 

Stabilirono che sarebbero rimasti tutti quanti (solo Anya avrebbe preferito rientrare per riaprire il Magic Shop) e dopo una triste cena in albergo (Buffy non toccò cibo) se ne andarono tutti a letto, anche se nessuno di loro riuscì a prendere sonno troppo facilmente.

 

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Ma se la notte del gruppo non fu serena, quella di Brian fu un vero incubo.

 

INIZIO SOGNO:

 

Era a Galway, la riconosceva, ma c’era qualcosa di diverso. Era appena uscito da una locanda abbracciato ad un amico ed era ubriaco fradicio. Il suo compagno di bevute stramazzò al suolo pochi passi dopo e lui lo lasciò per andare a cercare birra e donne in un altro locale; fu allora che la vide: in un vicolo c’era la creatura più bella che avesse mai visto. Era bionda, riccamente vestita e il suo atteggiamento era il quadro della nobiltà...era Darla, la vampira che lo aveva attaccato la sera prima. La avvicinò dicendole che non era prudente per una dama andare in giro da sola la notte e si offrì di accompagnarla a casa. La sconosciuta gli disse che lei poteva offrirgli molto di più: l’avrebbe fatto viaggiare, gli avrebbe fatto vedere il mondo, l’avrebbe liberato dalla schiavitù di quel suo padre tiranno, lo avrebbe reso libero, potente e temuto. Era tutto ciò che aveva sempre desiderato e si lasciò affascinare da quella misteriosa donna. Prima ancora che potesse rendersene conto era fra le sue braccia e la baciava appassionatamente. Poi la donna staccò le sue labbra dalle sue e si strinse ancora di più a lui, in modo che il suo mento poggiasse sulla sua spalla; cominciò a baciarlo sul collo, lungo la giugulare, ma presto quel bacio si trasformò in un morso. Sentì i denti della vampira penetrargli nella carne; sentì il sangue che gli veniva sottratto insieme alla vita; sentì il gelo penetrargli nelle ossa e non sentì più i battiti del suo cuore o il rumore del suo respiro. Avrebbe voluto reagire, scappare, ma era troppo debole e la presa di quel mostro era troppo forte per potersene liberare. La donna si staccò dal suo collo: non era ancora morto, ma sentiva che non sarebbe sopravvissuto. Allora la donna si ferì il petto e lo costrinse a bere il suo sangue. Ancora una volta non riuscì ad opporsi: morì così, con il volto appoggiato sul quel florido petto, con in bocca il sapore metallico del sangue.

 

Brian si svegliò di colpo, sudato e tremante. Sapeva benissimo che quello non era solo un incubo: aveva appena rivissuto il giorno della sua morte…il giorno in cui era stato trasformato in un mostro.

 

La sua mente cominciava ormai a ricordare, ma erano tutte immagini confuse e sconclusionate, e solo in sogno riusciva a riordinarle. Aveva il terrore di riaddormentarsi; aveva il terrore di vedere il suo passato sfilargli in sogno. Ma non poteva fare a meno di dormire: il suo corpo era stravolto e la sua mente richiedeva il sonno per rimettere tutto in ordine. Quei frammenti di ricordi erano troppo dolorosi per essere riordinati a mente sveglia e quindi, pur lottando perché ciò non accadesse, i suoi occhi tornarono a chiudersi e i sogni si ripresentarono puntuali.

 

Sognò di come aveva reso Drusilla un mostro proprio quando aveva deciso di consacrare la sua vita al servizio del Signore, e di tutto il terrore che insieme a lei, Darla e Spike avevano seminato in Europa e nel mondo.

 

Il sogno gli mostrò poi, uno per uno, tutti i volti delle persone che aveva barbaramente ucciso e torturato e Brian, pur senza riuscire a svegliarsi, pianse amaramente nel sonno per quei poveri malcapitati che erano finiti sulla sua strada.

 

Ora erano in Romania e lui aveva di fronte a sé una bimba di poco più di dieci anni: era dolce e graziosa e soprattutto era terrorizzata. Poteva addirittura sentire l’odore della sua paura e questo, come sempre, non faceva che amplificare i suoi istinti demoniaci. Non poteva limitarsi a morderla, nutrirsi di lei ed ucciderla: aveva in serbo per lei qualcosa di speciale. Non voleva farne una vampira…non sapeva che farsene di una compagna bambina…ma voleva compiere con lei il suo capolavoro. Tenne la bimba con sé per più di dieci giorni, alimentando in lei l’illusione che non le avrebbe fatto alcun male. Finse addirittura di volerle essere amico, fece in modo che quella piccola creatura si fidasse di lui, che perfino si affezionasse a lui… Fu solo quando fu evidente che la bimba si fidava di lui che la attaccò e la uccise, non senza gustarsi tutta la gamma di emozioni che investirono la piccola gitana: dal sorriso affettuoso e fiducioso, alla sorpresa; dalle risa che aveva emesso credendo che si trattasse solo dell’ennesimo gioco, alle urla strazianti che, nonostante il morso sul collo, riusciva a far sgorgare dalla sua gola; e poi il dolore fisico e morale per essere stata tradita da una persona della quale ormai si fidava; e infine la consapevolezza, nonostante la giovanissima età, della morte che incombeva su di lei. E fu allora che quella bimba gli rovinò tutto il gusto per quel capolavoro: quando infatti si rese conto del tradimento e della morte che la aspettava smise di gridare e morì con una dignità che nessun’altra delle sue vittime aveva mai dimostrato. Era furioso: il suo divertimento era stato rovinato e quindi decise di oltraggiare ulteriormente la piccola e il suo orgogliosissimo popolo facendo ritrovare il corpo martoriato della loro preferita proprio di fronte alla tenda del capo tribù.

 

FINE SOGNO

 

Questa volta Brian riuscì a vincere sul sonno e si svegliò urlando come un pazzo: gli occhi di quella gitana erano ancora fissi nella sua mente e il suo sguardo un attimo prima di morire erano un tormento senza pari.

 

Linda, svegliata nel cuore della notte dalle sue urla, bussava alla sua porta supplicandolo di aprirle, ma tutto quello che la mente allucinata di Brian riuscì a dirle era di andarsene, che non meritava la sua preoccupazione. “Va via e dimenticami. Io non ti merito” fu tutto quello che riuscì a dirle. La ragazza tuttavia non volle sentire ragioni, e continuò a bussare alla porta per tutto il resto della notte, ma questo non impedì a Brian di riaddormentarsi e di sognare ancora.

 

INIZIO SOGNO

 

Era ancora in Romania, ancora nei pressi del villaggio dei nomadi e stava ancora cercando il modo di vendicarsi per il suo mancato divertimento. Poi improvvisamente un dolore atroce e qualcosa che pervadeva il suo corpo, imprigionando il mostro che era in lui. E fu di nuovo un essere umano…o almeno così gli parve in un primo momento. Si rese ben presto conto che non era così: era ancora un vampiro, ma un vampiro con dei sentimenti umani…un vampiro con un’anima, come gli spiegò il capo tribù gitano: “Sei stato maledetto: maledetto a riavere la tua anima in modo che questa ti tormenti per l’eternità. Adesso vattene, misera larva, e patisci fino alla consumazione dei secoli per il dolore che hai arrecato a me e alla mia gente”. In quel momento un profondo ribrezzo per ciò che era ed un rimorso senza fine per tutto ciò che aveva commesso si impadronirono della mente del vampiro. Si vide per le strade di mezza Europa prima e per quelle di Los Angeles poi a dare la caccia a piccoli topi per nutrirsi, sentendosi in colpa anche per quei miseri esseri. Rinnegato da i suoi simili e rifiutato dagli uomini non era più né carne né pesce, e viveva un’esistenza ai margini di tutto, struggendosi nel rimorso e nel disprezzo per se stesso. Passò così più di cento anni fino a che non gli venne data una possibilità: gli venne mostrata una ragazzina di nemmeno quindici anni e gli venne detto che lei era la prescelta…quella sarebbe stata la nuova Cacciatrice. Gli chiesero di aiutarla restando nell’ombra e di proteggerla dai mille pericoli che l’attendevano. Fu così che conobbe Buffy Summers, e fu così che se innamorò perdutamente.

 

FINE SOGNO

 

Alla comparsa di Buffy nel suo sogno Brian si sentì meglio: il suo respirò rallentò e i battiti del suo cuore si fecero più regolari.

 

Continuò a sognare di tutte le avventure che avevano affrontato insieme e di tutti i nemici che avevano sconfitto.

Si ripresentò anche lo stesso identico sogno della notte prima, ma adesso comprendeva quel sogno: si vide regalare a Buffy l’anello Claddagh e riassaporò le sensazioni di quella prima volta nella sua vecchia casa. Ma questa volta il sogno non si interruppe come la sera prima e Brian fu immediatamente consapevole della rottura della maledizione e di tutto quello che questo comportava.

Rivisse la notte in cui, nella scuola, aveva ucciso la signorina Calendar che, discendente di quella stessa antica tribù di gitani che lo aveva maledetto, aveva recuperato il rituale per maledirlo un’altra volta.

Sognò del risveglio di Achatla, della lotta con Buffy, della nuova maledizione e della sua discesa all’inferno.

 

Il solo fumoso ricordo dei tormenti patiti in quel luogo rischiò di fare impazzire Brian; tuttavia non successe nulla di tutto ciò: se non era impazzito allora non sarebbe certo impazzito adesso.

 

Il film della sua vita scorse nei sogni di Brian ininterrottamente, e senza tralasciare il minimo particolare: vide il suo ritorno nel mondo e la sua lotta per tornare ad essere vagamente umano; vide gli sforzi che compì insieme a Buffy per non soccombere al loro sentimento; rivide i volti di Faith e del Sindaco e la diffidenza e l’ostilità aperta del signor Giles e di Xander; ricordò della promessa fatta alla madre di Buffy e del ballo scolastico; rivisse il giorno dell’Ascensione e il successivo, dolorosissimo, addio a Buffy in una sera di fumo e nebbia.

Rivide e riconobbe i volti di Doyle, di Kate, di Gunn e persino quello di Riley Finn. Ricordò anche di quel dolcissimo e meraviglioso giorno da essere umano che aveva vissuto insieme a Buffy e seppe che la ragazza non ricordava nulla. Sognò del bacio che lui e Buffy si erano scambiati seduti sotto un albero al funerale della madre di lei e ricordò anche della morte della Cacciatrice per salvare la Chiave e di tutti i suoi sforzi per riportarla in vita.

 

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A quel punto Brian si svegliò definitivamente.

 

Era ormai mattina e la sua mente era finalmente lucida: là, dove fino al giorno prima c’era stata una nebbia impenetrabile, c’erano ora i suoi ricordi, precisi, ordinati, completi…ed inesorabili.

 

Si sentiva completamente svuotato, privo di qualsiasi energia: si meravigliò addirittura che il suo cuore avesse ancora la forza di battere.

 

Già, il suo cuore…e proprio lì stava la più grossa contraddizione di tutta quella faccenda.

 

“Io ero un vampiro, e su questo, che mi piaccia o no, non ci sono dubbi. Eppure adesso il mio cuore batte, mi posso abbronzare e svengo alla sola vista del sangue. Come è possibile tutto ciò? Cordelia ha detto che sono riuscito a salvare Buffy, e anche questo è un dato di fatto, ma allora perché non ricordo nulla a riguardo? Cordelia ha anche detto che sono morto per salvare Buffy, ma allora come si spiega il fatto che io ora, invece che morto, sono molto più vivo di prima?”.

 

C’erano ancora molte domande a cui doveva trovare una risposta, e sapeva benissimo a che rivolgersi per ottenere quello che cercava, ma non se la sentiva di affrontare Buffy e la sua banda.

 

In un certo senso era in collera con loro: erano piombati nella sua vita senza il minimo preavviso, e in meno di due giorni l’avevano completamente sconvolta. Prima del loro arrivo lui era un semplice ragazzo che aveva subito qualche trauma che aveva cancellato il suo passato; ma si era costruito una nuova vita, con una nuova compagna che lo adorava al suo fianco, un lavoro che gli piaceva e degli amici con cui divertirsi la sera e nei week-end. Ora invece era un sanguinario vampiro che per secoli aveva seminato terrore e morte in tutta Europa; era la leggenda vivente di quella piccola cittadina in cui viveva e che Linda raccontava a tutti i turisti che visitavano palazzo O’Donnell: lui era veramente Liam O’Donnell, non gli somigliava soltanto!!! In meno di due giorni aveva completamente dimenticato il suo amore per Linda e l’aveva tradita con una ragazza che quasi neanche conosceva. Si era trasformato in tutto quello che più aveva sempre odiato e deprecato: e tutto questo a causa di quel gruppo di americani!!!

 

No, non era ancora pronto ad affrontarli, ma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farlo; si rese anche conto che quel momento sarebbe arrivato molto prima di quanto si aspettasse: dato che quella sera stessa sarebbero partiti doveva incontrarli quel giorno stesso oppure non avrebbe mai trovato le risposte che cercava.

 

Facendo violenza a se stesso si alzò dal letto, si fece una doccia che questa volta lo aiutò a sentirsi un po’ meglio, chiamo alla palestra per dire che si sarebbe preso una giornata di ferie ed uscì dalla sua stanza.

 

Quando aprì la porta trovò Linda addormentata con la schiena appoggiata allo stipite: era rimasta lì tutta la notte pregandolo di farla entrare per aiutarlo fino a che non era crollata. A quella visione sentì un affetto enorme rinascergli nel cuore, ma capì anche che quel sentimento, per quanto sincero e profondo, non avrebbe mai potuto competere con l’amore totale che lo legava a Buffy. Quell’amore era talmente potente che, pur non ricordando nulla del loro passato insieme, lui l’aveva riconosciuta…aveva riconosciuto in lei la sua anima, e anche adesso che era arrabbiato con quella ragazza non riusciva a smettere di amarla con tutto se stesso.

 

Si chinò e prese delicatamente in braccio Linda, cercando di non svegliarla; la portò nel suo letto, le sistemò le lenzuola, le diede un tenero bacio sulla fronte e uscì diretto all’albergo in cui alloggiavano Buffy e gli altri.

 

Quando Brian arrivò all’albergo la receptionist gli disse che Buffy e il suo gruppo erano usciti molto presto quella mattina, ma l’irlandese non si scoraggiò: aveva preso la decisione di affrontarli e non ci avrebbe rinunciato per un inconveniente. Si sedette dunque su una poltroncina della hall dell’albergo ed aspettò pazientemente che tornassero per più di un ora.

 

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Quella mattina Buffy aveva deciso di cercare nuovamente di parlare con Brian e tutti gli altri l’avevano seguita.

 

Dato che tornare alla locanda sarebbe solo servito a farsi sbattere fuori un’altra volta da Linda, decisero di cercarlo alla palestra dove lavorava: le probabilità che il ragazzo andasse a lavorare il giorno dopo le terribili rivelazioni sul suo passato, come se nulla fosse accaduto, erano decisamente molto basse, ma provare non costava nulla, ed era sempre meglio che starsene con le mani in mano.

 

Tuttavia, come avevano previsto, alla palestra gli riferirono che Brian aveva preso qualche giorno di ferie e che quindi, se proprio avevano urgenza di parlargli, avrebbero potuto trovarlo alla locanda La vecchia Irlanda, dove viveva. A Buffy quasi venne da ridere…

 

Tornarono, sconsolati, in albergo. Non sapevano proprio i quale altro posto cercarlo. Dato che comunque ormai la partenza era stata rinviata a data da determinarsi, decisero che quella sera si sarebbero nuovamente divisi e lo avrebbero cercato al porto e nel parco…anche questo tanto per provare…

 

Quando Buffy entrò nella hall questa era apparentemente vuota, ma lei sentì subito un balzo al cuore. Non lo aveva visto…non poteva averlo visto, dato che Brian era sprofondato in una poltrona che dava le spalle all’entrata…ma sapeva con ogni fibra del suo corpo che lui era lì.

 

“Angel!!!” esclamò ad alta voce.

 

Brian, distrutto dopo una notte tormentata, si era quasi addormentato su quella poltrona e quindi non li aveva sentiti entrare, ma al solo sentir pronunciare quel nome…il SUO nome…si sentì accartocciare lo stomaco; le lacrime gli salirono agli occhi, ma si ordinò di ricacciarle da dove erano venute, e quando ripose la sua voce suonò alle sue orecchie stranamente calma e distaccata.

 

“Il mio nome è Brian” disse, alzandosi e mostrandosi a tutto il gruppo.

 

Nell’istante stesso in cui lo vide, le parole di Cordelia caddero addosso a Buffy come autentici macigni: la verità lo distruggerà. Era vero… Era dannatamente vero: l’uomo che avevano di fronte era ridotto ad uno straccio. Nei suoi occhi, là dove c’erano state allegria, cordialità e voglia di vivere, c’erano ora solo dolore, disperazione e disprezzo. Disprezzo per quello che era stato e, forse, disprezzo anche per chi gli aveva causato tutto questo, costringendolo a ricordare. Ciò che doveva aver patito durante quella notte era scolpito in ogni solco del suo viso, nelle occhiaie scure che circondavano quei suoi bellissimi occhi nocciola, nel pallore del volto e nell’assenza di quel sorriso che mai aveva abbandonato le sue labbra da quando, due sere prima, lo aveva ritrovato.

 

“Ora non ci sono più dubbi. Ora lo riconosco. Ora so con certezza che quello è veramente Angel” pensò Xander, che solo in quel momento si rese conto che non aveva mai creduto fino in fondo che quel ragazzo così allegro e spensierato potesse essere la stessa anima tormentata che aveva mal sopportato per tanto tempo.

 

Di fronte a quella dolorosa trasformazione Buffy si sentì un verme; si sentiva responsabile perché, al di là delle sue reali colpe, lei aveva veramente desiderato che Brian ricordasse…voleva che ricordasse per tornare ad essere al centro del suo cuore…voleva che ricordasse senza preoccuparsi delle conseguenze che ciò avrebbe avuto. E adesso quelle conseguenze le venivano sbattute in faccia come un guanto di sfida, e lei si sentiva sconfitta in partenza.

 

“Ti stavamo cercando. Dobbiamo parlarti: ti dobbiamo delle spiegazioni” disse Giles, e Brian annuì debolmente.

 

“Sì, ho bisogno di farvi alcune domande”.

 

Cordelia era muta: sentiva la sua confusione, la sua paura e sapeva benissimo quello che pensava dei vampiri e quindi di se stesso. Si sentiva schiacciata da tutte queste emozioni e s chiedeva come invece Angel riuscisse a sopportarle. “Io sarei impazzita, non avrei neanche superato una notte come quella che deve aver passato. Forse l’ho sottovalutato: è molto più forte di quanto lo credessi; è molto più forte ora di quando ci ha lasciati…”.

 

“Io sono un vampiro?” chiese a bruciapelo, e quella domanda così indiretta interruppe il filo dei pensieri di Buffy, Cordelia e tutti gli altri.

 

Solo Westley e Giles mantennero l’imperturbabilità necessaria per rispondere al ragazzo: “Lo sei stato” disse l’Osservatore più anziano.

 

“Cosa diavolo vuole dire Lo sei stato? O lo sono o non lo sono; o sono umano o sono un vampiro: non ci sono vie di mezzo. E io sono umano adesso, vero?” chiese di nuovo, ma questa volta la sua voce risultava leggermente incrinata dalla tensione e dalla paura.

 

“Certo che tu sei umano ora: su questo non ci sono dubbi” rispose con calma e gentilezza Westley. “Ma fino a tre anni fa tu eri un vampiro. Tu eri Angel, o Angelus se preferisci…”.

 

“Non preferisco proprio un bel niente!” disse ora con rabbia l’irlandese, ma Westley continuò, ignorando quel comprensibile sfogo.

 

“Tu eri Angel e noi lavoravamo insieme” disse, indicando se stesso e Cordelia.

 

“E poi cosa è successo: una mattina, ho deciso di prendere un po’ di tintarella e mi sono accorto che a luce del sole non mi mandava più a fuoco?” fece una pausa per riprendere fiato. “Voi affermate che io ero un vampiro, ma mi chiedo se vi rendiate minimamente conto delle assurdità che sostenete. Ho fato stranissimi e terribili sogni questa notte…sogni talmente reali da sembrare veri…sogni che se non fossero completamente folli avrei catalogato come ricordi…ma… Ma non è possibile! Un uomo può, ahimè, diventare un vampiro, ma un vampiro, anche se ha un’anima, non può ritornare un uomo. Quindi tutta questa storia del vostro amico Angel è una pazzia e la dimostrazione di questo e che, lo hai detto tu stesso Westley, io sono indubbiamente umano”. Ormai Brian non riusciva più a trattenere le lacrime e la rabbia che sentiva erompere dentro di sé.

 

“Mi rendo conto che tu sia sconvolto e che tutta questa storia ti appaia come un’immensa follia, ma ti posso assicurare che una spiegazione plausibile esiste” intervenne Giles, cercando di calmarlo. “Tu hai appena affermato che un vampiro non può tornare un essere umano e, fino a due giorni fa, io non avrei avuto niente da dire in contrario. Ma, come in tutte le cose, c’è sempre una prima volta: e tu, Brian, sei quella prima volta. Sei stato il primo vampiro ad avere un’anima; sei stato il primo vampiro a decidere di lottare contro il male…e sei stato il primo vampiro a tornare uomo. Il primo e probabilmente anche l’unico…ma è proprio così che è andata”. Giles e Westley presero allora a raccontargli delle Alte Sfere e della ricompensa che attendeva Angel, e, mentre li ascoltava parlare, senza aver più nemmeno la forza di parlare a sua volta, Brian i rendeva conto che lui sapeva benissimo già tutto quello che i due stavano dicendo… Brian si rese conto che quella spiegazione era effettivamente plausibile…e questa consapevolezza lo gettò in uno stato di angoscia ancora più profondo.

 

“Angel, ti prego, dì qualcosa?” lo supplicò Buffy in un sussurro.

 

“Mi sembra di averti già detto che il mio nome è Brian! Ed ora aggiungo che me ne infischio delle vostre spiegazioni assurde…” disse, mentendo prima a se stesso che agli altri. “Io non vi credo: non vi credo ora e non vi crederò mai, e voi non riuscirete a convincermi che quel mostro che ha ucciso migliaia di persone solo per il gusto di vederle morire terrorizzate ero io. Io non sono certo un santo, ma nemmeno un demonio…”.

 

“Certo che non lo eri. Era Angelus ad essere un demone: Angelus, non tu. Viveva nel tuo corpo, ma non eri tu! Sono state le tue mani e i tuoi denti a commettere tanti omicidi, ma non il tuo cuore, non la tua mente…non la tua anima: era lui…non tu” cercò di calmarlo Buffy, ma fu tutto inutile.

 

Brian ormai non era più disposto ad ascoltarli: sapeva benissimo che stavano dicendo la verità, ma la sua mente rifiutava categoricamente di accettarlo. Voleva solo andarsene, voleva allontanarsi dalla sofferenza e da coloro che gliela procuravano. Voleva che lo lasciassero in pace; voleva tornare alla locanda, abbracciare Linda, dare un bacio alla nonna e continuare a vivere la sua nuova vita. Voleva che quei ricordi che per tanto tempo aveva cercato, svanissero di nuovo: non riusciva a sopportare l’immagine dei volti di sua sorella, di suo padre, della bambina gitana e di tutte le vittime di quello che era stato. Non voleva più ricordare il loro dolore e il suo piacere nel procurarglielo. Non poteva sopportare tutto questo: doveva dimenticare di nuovo, e non avrebbe potuto farlo fino a che quelle persone fossero rimaste nella sua vita.

Il suo cuore urlava al solo pensiero, ma la sua testa gli diceva che Buffy doveva andarsene: la ragazza che solo poche ore prima aveva stretto fra le braccia, la ragazza che aveva saputo di amare prima ancora di ricordare di averla già amata, l’altra metà della sua anima che possedeva l’altra metà del suo anello…

 

Willow vide la disperazione crescere nei suoi occhi fino all’inverosimile, e provando una grande pena per lui gli chiese: “Possiamo fare qualcosa per aiutarti?”.

 

“Sì, una cosa potete farla: andate via” fu tutto quello che riuscì a dire. “Tornatevene in America, alla vostra cittadina piena di mostri e vampiri, e lasciatemi in pace a vivere la mia vita. Prendete il primo volo e non tornate mai più a Galway: io non vi voglio più vedere…io… IO VI ODIO” e con il volto stravolto dalle lacrime uscì correndo dall’albergo, lasciandoli tutti ammutoliti e angosciati.

 

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Brian vagò senza meta per le strade di Galway per più di due ore, perso in una marea soffocante di emozioni, pensieri, immagini, suoni e dolore. Quando la sua mente riacquistò quel minimo di lucidità necessaria per formulare dei pensieri compiuti si rese conto di essere giunto alla cima della collina del parco dove, solo due sere prima, tutto era cominciato.

 

“Possibile che siano passati meno di due giorni?” si chiese. “Io mi sento invecchiato di vent’anni… e invece non sono neanche passati due giorni…”.

 

Man mano che la sua mente si chiariva, Brian prese a riesaminare gli avvenimenti di quella mattinata. “Perché mi sono comportato in quel modo? Io non voglio che se ne vadano…io non voglio che LEI se ne vada!!! Eppure gli ho detto di farlo: gli ho detto di sparire per sempre dalla mia vita. Perché l’ho fatto? Io so che loro hanno ragione e so anche che non volevano procurarmi questo strazio…eppure li ho cacciati lo stesso… Me la sono presa con loro, ho maledetto il giorno del loro arrivo (dimenticandomi che se non fossero mai venuti a Galway io ora sarei DI NUOVO un vampiro) e li ho trattati come se fossero dei nemici… Perché l’ho fatto?”.

 

La risposta a quelle domande era, nella mente di Brian, sin troppo chiara.

Al risveglio, quella mattina, Brian, pur consapevole dell’autenticità dei suoi ricordi, si era aggrappato all’apparentemente inspiegabile fatto che ora era un essere umano, per rifiutare l’idea di essere stato un vampiro: non potendo i vampiri tornare degli uomini, ed essendo lui un uomo, questo stava a significare che non poteva essere mai stato un vampiro.

Li aveva cercati per avere la conferma che essi non sapevano come Angel avesse potuto trasformarsi in Brian...li aveva cercati per avere la conferma che quella trasformazione era impossibile… E invece loro avevano una spiegazione, ed era più che plausibile: ora ricordava benissimo quel colloquio con le Alte Sfere.

E con quella spiegazione tute le sue speranze erano andate a rotoli: doveva ormai accettare l’odiosa ed insopportabile realtà: lui, Brian Keane, il cui più grande odio era rivolto verso vampiri, era stato un vampiro lui stesso, e della peggior specie.

 

Aveva odiato e scacciato Buffy e i suoi amici perché avevano ucciso in lui anche l’ultima speranza, perché avevano distrutto anche l’ultimo baluardo che ancora gli permetteva i non accettare quella straziante verità; lo avevano gettato in pasto alla cruda realtà completamente nudo e disarmato e lui era stato annientato in pochi istanti da quella realtà.

 

“Ma non è certo stata colpa loro” urlava il suo cuore, e la sua mente si rendeva finalmente conto che non aveva torto: loro non c’entravano, loro avevano solo cercato di aiutarlo.

 

Avrebbe voluto tornare all’albergo; avrebbe voluto chiedere loro scusa per il suo comportamento; avrebbe voluto chiedere a Buffy di non lasciarlo solo proprio in quel momento; avrebbe voluto abbracciarla, baciarla e piangere, lasciando che il dolore fuoriuscisse da lui tramite quelle lacrime versate su una spalla amica…

 

Avrebbe voluto fare molte cose, ma, tutto ad un tratto, si sentiva terribilmente stanco, completamente vuotato da qualsiasi energia.

Non provava più nulla, non vedeva né sentiva più nulla… Era solo drammaticamente conscio che non sarebbe più riuscito a vivere con la consapevolezza delle vite che aveva stroncato; non riusciva nemmeno a comprendere come per più di cento anni fosse riuscito a convivere con quei rimorsi. Evidentemente qualcosa lo aveva sostenuto, e non si trattava solo dell’amore di Buffy, ma adesso non riusciva davvero ad immaginare cosa avesse potuto farlo…

 

Le gambe non lo reggevano più; appoggiò una mano al tronco dell’albero sulla cima della collina, ma non avvertì al tatto la superficie rugosa della sua corteccia. Gli sembrava di essere piombato nel bel mezzo del nulla, i suoi sensi erano azzerati e le sue palpebre erano terribilmente pesanti.

 

Senza neanche rendersene conto si sedette, appoggiando la schiena al tronco dell’albero e si addormentò profondamente, distrutto, senza neanche la forza di muovere un dito.

 

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“Ciao Spike” disse al telefono Dawn senza alcun entusiasmo.

 

“Ehi, Briciola, se chiamarmi ti procura tutto questo entusiasmo potevi anche evitare di farlo” rispose da Sunnydale il vampiro ossigenato, ferito più di quanto lui stesso avrebbe mai ammesso dal tono di voce della ragazza.

 

“Scusami, hai ragione, ma non fraintendermi: non ce l’ho con te e sentirti non mi dispiace affatto, anzi, è che qui le cose non vanno molto bene; anzi, per dirla tutta abbiamo combinato un autentico disastro” si scusò sconsolata Dawn.

 

“Su piccola, che cosa avrete mai potuto combinare di tanto grave da meritarsi l’appellativo di disastro?” cercò di scherzare Spike, anche se dal tono della sua amica aveva capito che qualcosa di importante doveva essere successo durante quella gita irlandese.

 

“Abbiamo prima ritrovato Angel, e poi lo abbiamo perso di nuovo. Per sempre, temo”.

 

“Avete ritrovato chi?!?” urlò nella cornetta un incredulo Spike.

 

Dawn raccontò al vampiro, per filo e per segno, senza omettere un solo particolare, tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni, compresa la brusca conversazione di quella mattina che l’aveva scioccata in modo particolare.

 

Spike ascoltò senza dire una parola, senza mai interrompere la ragazza, sentendo che l’incredulità iniziale lasciava poco a poco il passo allo stupore prima e alla tristezza poi. Quando Dawn terminò il suo racconto tutto quello che riuscì a chiedere fu: “Buffy come sta?”.

 

“Come vuoi che stia? E’ letteralmente a pezzi. E da questa mattina che non dice una sola parola: è sdraiata sul letto che fissa, immobile, il soffitto da quasi quattro ore. Non ha mosso un muscolo, non ha nemmeno versato una lacrima. Dopo la lite di questa mattina è tornata in camera, ha preparato le valige come e fosse un automa e poi si è stesa sul letto…e adesso è ancora lì. Avresti dovuto vedere come era eccitata e felice solo due sere fa: aveva ritrovato Angel, aveva ritrovato il suo amore, e io avevo visto riaccendersi nei suoi occhi una scintilla che non vedevo più da tempo. Io credevo che quella luce nei suoi occhi si fosse spenta a causa della sua permanenza in quel maledetto limbo, ma l’altra sera ho capito che in realtà si era spenta alla morte di Angel. Avresti dovuto vederla con i tuoi occhi Spike: io non riesco a spiegarti a parole quanto fosse felice…”. Un singhiozzo ribelle ruppe la voce di Dawn. “Non sopporto di vederla così com’è in questo momento. So che si sente colpevole per quello che è successo, e vorrei poterla aiutare, ma non so assolutamente come farlo, e, anche se lo sapessi, non credo che lei si lascerebbe aiutare. Ma io non posso vederla in questo stato…non posso…”. A questo punto Dawn non cercò neanche più di trattenere le lacrime, e ruppe in un pianto sconsolato. “E in più sono preoccupata per Angel…”.

 

“Su, coraggio Briciola. Almeno per Angel non ti preoccupare: lo conosco bene e ti assicuro che non è un debole, uno che si arrende alla prima difficoltà. Piuttosto prenditi cura di tua sorella, anche solo standole vicino e stringendole la mano: anche se apparentemente non si accorgerà neanche della tua presenza vedrai che le sarai di grande aiuto, e quando si riprenderà dal trauma sarà la prima a ringraziarti per esserle stata vicina” le consigliò il vampiro.

 

“Grazie Spike. Farò come dici: speriamo che tu abbia ragione sia per quello che riguarda Buffy che per quello che riguarda Angel” mormorò Dawn, sinceramente grata a quel vampiro che sapeva sempre cosa dire per farla sentire meglio…o anche semplicemente meno peggio.

 

“Solo una cosa, Briciola: quando tornate?” chiese ancora Spike.

 

“Non volevamo partire fino a che non avessimo chiarito con Angel: ora lo abbiamo fatto e lui è stato estremamente esplicito a proposito. Lui non vuole più vederci e così noi prendiamo il primo volo di domani mattina per Los Angeles: partiamo alle 10:30. Avremmo voluto partire questa sera stessa, com’era previsto, ma ormai i posti in aereo erano già stati venduti e quindi non ci resta che restare qui anche questa notte”.

 

“Allora ci vediamo presto. Coraggio, devi essere forte anche per tua sorella in questo momento. Devi essere abbastanza forte per tutte e due e io so che ce la puoi fare. Salutami tutti”.

 

“Certo Spike, e grazie ancora” disse Dawn e riagganciò il telefono.

 

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Brian vagava in una nebbia inconsistente. Il suo corpo era ancora seduto ai piedi dell’albero sulla collina, apparentemente addormentato, ma il ragazzo era perfettamente conscio del fatto che lui non stava affatto dormendo e che quella nebbia non era un sogno.

 

Intorno a lui non c’era assolutamente nulla…solo nebbia…nebbia in tutte le direzioni…all’infinito. Tuttavia Brian non provava paura…era troppo stanco persino per avere paura…

 

Poi, all’improvviso, sentì una risata alle sue spalle, e una voce infantile che gridava allegra: “Un angelo, un angelo: Liam è tornato ed un angelo…”. Ricordava di nuovo benissimo quelle parole e quella tenera voce. Si voltò lentamente, e di fronte a sé vide la sua sorellina, la sua adorata Katie che gli sorrideva come sempre aveva fatto. Era bellissima e sul suo volto e sul suo collo non c’era nessuna traccia della terribile morte che l’aveva strappata, troppo giovane, al mondo.

 

“Finalmente sei tornato: ti aspettavo da così tanto tempo… Ma avevi un compito da svolgere e non potevi certo pensare alla tua piccola sorellina… Ma ora sono contenta che tu sia qui, anche perché se sei qui vuol dire che sei riuscito a portare a termine ciò che ti era stato assegnato…e non era cosa da poco… Mi dispiace solo che presto te ne andrai di nuovo, e questa volta per sempre, ma è giusto così, ed io non posso che essere felice per te” disse la bimba.

 

Brian non capiva fino in fondo quello di cui stava parlando sua sorella; l’unica cosa che frullava nella sua testa era che lui l’aveva uccisa…quella bimba era stata la sua prima vittima.

 

“Ma come puoi essere contenta di vedermi? Io, che ti amavo più di ogni altra persona al mondo, ti ho barbaramente uccisa, proprio mentre tu tendevi le braccia per abbracciarmi!!! Tu dovresti odiarmi, dovresti provare ribrezzo per quello che ho fatto a te, ai nostri genitori, ai nostri amici e ad un sacco di altre persone la cui unica colpa era stata quella di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato!!! Io sono un mostro!!!” singhiozzò Brian senza ritegno.

 

“Perché mai dovrei odiarti o provare disprezzo per te, Liam? Tu sei mio fratello, il mio adorato fratello, che mi ha consolata e difesa mille volte in pochissimi anni…” disse incredula Katie.

 

“Ma io ti ho uccisa!!!” urlò Brian.

 

“No, Liam. Il demone che si era impossessato del tuo corpo mi ha uccisa: non sei stato tu. Mentre quell’essere mi mordeva, dentro di lui io sentivo la tua voce che urlava di lasciarmi stare, ti sentivo piangere e lottare contro qualcosa che era mille volte più forte di te… Non potevi vincere contro di lui…almeno, non potevi farlo in quel momento…e io non ti serbo alcun rancore per questo, Liam”.

 

La bimba allungò verso il suo volto la sua mano incorporea. Brian credeva che neanche si sarebbe accorto di quel tocco, che l’avrebbe trapassato come un fantasma. Si stupì quindi nel sentire il calore di quella piccola mano che gli asciugava una delle tante lacrime che gli rigavano il volto.

 

“So benissimo che tu non mi avresti mai fatto del male…so benissimo che non avresti mai fatto del male a nessuno… Ma se è il mio perdono che ti serve per vivere serenamente, allora io ti perdono. Non ho motivo di doverti perdonare, ma se questo ti può servire, allora sì, allora ti perdono…” disse ancora Katie, e questa volta fu la sua guancia a essere bagnata da una lacrima.

 

A quelle parole Brian si sentì sollevato: il perdono delle vittime del suo demone era quello di cui aveva bisogno per non impazzire. Era stata la speranza di un perdono che lo aveva aiutato a sopravvivere alla sua coscienza. Tutti gli anni che aveva passato a combattere contro il male fuori e dentro di lui erano stati un tentativo di ottenere quel perdono…solo ora se ne rendeva conto…solo ora che aveva ottenuto il perdono di almeno una delle vite che aveva spezzato.

 

“Ma io non sono sola!!!” esclamò Katie, che aveva seguito il filo dei pensieri del fratello come se lui li avesse pronunciati ad alta voce. “Ci sono nostro padre e nostra madre qui con me, e tu non hai idea di quanto lui sia orgoglioso di te in questo momento…” e mentre Katie nominava i loro genitori ecco che anche loro apparivano al suo fianco: Edwin O’Donnell aveva ancora un’espressione seria ed austera nei suoi occhi, ma la disapprovazione e il disgusto che avevano sempre albergato in quegli stessi occhi ogni volta che il suo sguardo si era posato, in vita, sul suo figlio maggiore, non esistevano più; non ce n’era più traccia e, anzi, proprio come aveva detto Katie, ora traboccavano di orgoglio e di felicità per quell’erede ritrovato. Nessuna traccia i dolore e di risentimento era presente sui volti dei suoi genitori, e quando il padre allargò le braccia per invitarlo ad abbracciarlo Brian realizzò uno dei sogni di tutta la sua vita di mortale: finalmente aveva l’approvazione di suo padre, e, anche se ancora non riuscisse a capire cosa avesse fatto per meritarsela, si sentì felice come un bambino che ritrova qualcosa di prezioso che credeva di aver perso irrimediabilmente.

 

“Poi ci sono anche la mia amica Maira…”, e Brian vide apparire la piccola bambina gitana per la cui morte era stato maledetto, “e la mia amica Iana, anche se probabilmente tu ti ricordi di lei con il nome di Jenny”, e a queste parole apparve anche la signorina Calendar. Tutte e due le nuove arrivate sorridevano all’indirizzo di Brian e i loro occhi esprimevano una gratitudine immensa.

 

Poi Katie andò avanti a nominare, una per una, tutte le vittime della ferocia di Angelus, e man mano che la sorella le nominava queste apparivano alla vista di Brian. L’irlandese si stupì di come nessuna di quelle persone, persone che i suoi denti avevano ucciso, si mostrò meno che grata nei suoi confronti e felice di vederlo in quel luogo.

 

Al termine di quell’elenco lungo in modo straziante Brian fu preso dalla confusione.

 

“Io non capisco… Io vi chiedo perdono…” balbettò.

 

“Tu hai già il nostro perdono, Angel” e questa volta fu la signorina Calendar a parlare. “Non solo hai il perdono di tutti noi, ma hai anche la nostra eterna gratitudine. Tu ci ha salvati…Tu ci hai liberati…”.

 

“Io vi ho uccisi…” disse Brian, sempre più confuso.

 

“No, ti sbagli. Tu hai trovato dentro di te la forza per combattere contro il demone che abitava il tuo corpo. Tu hai lottato contro di lui per più di cento anni: non è stato facile, e ci sono stati momenti in cui abbiamo temuto che tu soccombessi definitivamente; ma tu non lo hai fatto: sei caduto,ma ti sei sempre rialzato, non ti sei mai arreso e non hai mai cessato di combattere…e alla fine hai vinto” continuò la Calendar.

 

“Se anche è vero che ho vinto, la vittoria non è merito mio: è stato il tuo popolo prima e Willow poi, grazie alla maledizione, a sconfiggere Angelus” ammise tristemente Brian.

 

“Anche questa volta ti sbagli, Angel: se è vero che un istante di pura felicità ha rotto la maledizione è altrettanto vero che questa non avrebbe avuto nessun effetto se la tua anima non fosse stata abbastanza forte e determinata. Se la tua fosse stata l’anima di un debole, di un malvagio, non ci sarebbe stata maledizione che avrebbe potuto intralciare la furia di Angelus. La maledizione ti ha forse aiutato, ma la guerra l’hai vinta tu, tu e tu solo, Angel. Sei tu che ci hai liberato, non la maledizione del mio popolo”.

 

“Cosa vuol dire che vi ho liberato? Liberato da cosa?” chiese ancora il ragazzo.

 

“La morte violenta a cui ci ha destinato Angelus ci ha relegati in questo limbo infernale dove, anche da morti, eravamo suoi schiavi. Anche quando ti apparivamo in sogno, per tormentarti, lo facevamo solo perché era lui ad obbligarci: lui voleva farti impazzire dal dolore, voleva indebolirti per poter infine riemergere, e per farlo si serviva di noi. Ma in realtà nessuno di noi ce l’ha mai avuta con te Angel, nessuno…a nessuno di noi dovevi chiedere perdono, perché la tua unica colpa era stata quella di essere un ragazzo infelice in un’epoca infelice. Ma tu ora hai definitivamente sconfitto il tuo demone. Il tuo gesto d’amore, il tuo donare la vita per salvare quella di Buffy ha annientato Angelus e ha liberato noi: ora possiamo godere in pace e per l’eternità di questo paradiso”.

 

Brian avrebbe voluto ridere: “Un paradiso questa distesa di nebbie a perdita d’occhio?”. Ma quando alzò lo sguardo per guardarsi intorno si ritrovò in un dolcissimo giardino in cui piante e fiori crescevano rigogliosi mentre uccelli e innocui insetti erano intenti a costruire nidi e a succhiare nettare dai fiori.

 

Davanti a quell’ennesima trasformazione una sola domanda sorse in Brian: “Perché solo ora? A quanto mi avete detto Angelus è stato sconfitto più di tre anni fa: perché solo ora voi siete liberi?”.

 

“Perché ti aspettavamo, Liam” disse questa volta la piccola zingara. “Perché sapevamo che avresti avuto bisogno di noi per poter vivere serenamente, e dopo tutto quello che tu avevi fatto per noi, non potevamo essere tanto ingrati da andarcene senza averti aiutato. Ora il tuo animo è sereno, e noi abbiamo la certezza che tu continuerai a vivere senza angosciarti più: la maledizione è rotta per sempre e mai più nessuno potrà condannarti all’infelicità eterna”.

 

“Il tuo compito tuttavia non è finito” intervenne per la prima volta suo padre. “Il male dentro di te è stato sconfitto, ma non ancora quello che vive fuori. Devi continuare la tua lotta, figlio mio, per impedire che altre persone, come noi, vivano questo incubo. Non dico che sarà facile, ma non sarai da solo: ci sarà sempre la Cacciatrice al tuo fianco…” e poi, con un sorriso complice che mai aveva visto sul volto di suo padre, aggiunse: “…e senza restrizioni, questa volta…”.

 

“Solo un’ultima domanda” disse Brian. “E se io non avessi mai ricordato? E se io non fossi giunto qui?”.

 

“Non era previsto che tu non ricordassi, è impossibile sfuggire al destino…”.

 

Quelle ultime parole della signorina Calendar si persero nell’aria.

 

Brian i risvegliò, ed era ancora nel parco: era il tramonto e il ragazzo si sentiva veramente bene.

 

L’unico rammarico che provava era legato al modo in cui aveva cacciato Buffy e i suoi amici, ma ormai era troppo tardi per porvi rimedio: proprio in quell’istante un aereo passò sopra la sua testa e Brian si disse che probabilmente era lo stesso aereo che stava riportando il suo amore al di là dell’oceano. Brian non provò tristezza a quel pensiero, tanto presto l’avrebbe raggiunta. E’ impossibile sfuggire dal destino: quelle ultime parole continuava a sentirsele nella testa, e non c’era alcun dubbio che il suo destino si chiamasse Buffy Summers.

 

Prima di raggiungere la Cacciatrice a Sunnydale aveva però un altro problema da affrontare e non voleva liquidarlo con poche parole: doveva parlare con Linda…doveva dirle tutta la verità e doveva sperare che capisse e non lo odiasse.

 

Lo fece quella sera stessa, e non fu per niente facile soprattutto quando dovette confessarle la natura del suo rapporto con Buffy. Linda pianse, urlò, lo insultò come non aveva mai fatto: non riusciva a credere ad un sola parola di quelle che Brian gli diceva. Non poteva credere che lui fosse stato un vampiro; non poteva credere che lui fosse altri che Brian Keane. Lo accusò di essersi inventato tutta quella storia assurda solo per avere la scusa per correre dietro alla quella maledettissima americana, dimenticandosi in un colpo solo di tutto quello che lei aveva fatto per lui e di quanto lo aveva amato.

 

“No Linda, io non dimenticherò mai nulla di te, e soprattutto non dimenticherò mai di averti amata anche io. Io vi devo tutto e con voi ho passato tre anni meravigliosi, ma…”

 

“…ma è impossibile sfuggire al destino” disse la nonna che aveva ascoltato tutto senza mai fiatare. “Vai Brian, e che il Signore ti benedica. Sappi che se mai un giorno dovessi tornare da queste parti la porta per te e per i tuoi amici sarà sempre aperta, vero Linda?” terminò rivolgendosi alla nipote.

 

La ragazza si limitò ad annuire, e sebbene non avesse la forza di guardarlo in faccia, Brian seppe che lo aveva già perdonato e capito. Avrebbe voluto abbracciarla, ma si disse che forse era meglio evitare. Quindi tutti se ne andarono a letto e Brian riuscì nuovamente a dormire serenamente.

 

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Il mattino dopo fu svegliato da dei forti ed urgenti colpi sulla porta.

 

Temendo che fosse successo qualcosa si precipitò ad aprire, ma trovò semplicemente Linda con le sue valige in mano.

 

“Sbrigati se non vuoi che partano senza di te”: era di nuovo la solita allegra Linda, o almeno fingeva di esserlo.

 

“Ma loro sono già partiti” disse Brian tra uno sbadiglio e l’altro.

 

“No, crapone: non sono partiti. Questa mattina andando a fare la spesa sono passata davanti all’hotel e loro erano ancora lì che stavano caricando i bagagli sul taxi. Mi sono informata e c’è un aereo che parte per Los Angeles alle 10:30. Ora sono le 9:00 e quindi se ti sbrighi a cambiarti e salti la colazione riesci ancora a raggiungerli all’aeroporto. Se vuoi ti ci accompagno io. Qui c’è il tuo biglietto” disse la ragazza parlando in fretta sia per non perdere tempo sia per non permettere alla sua voce di tremare. “E vedi di muoverti, perché la tua Buffy era ridotta veramente ad uno straccio”.

 

Ancora una volta Brian provò l’irrefrenabile impulso di abbracciare quella ragazza, ma questa volta non lo represse. Linda si abbandonò per un istante in quell’abbraccio, ma poi si divincolò esortandolo ancora a fare presto.

 

In meno di un quarto d’ora Brian si lavò, si vestì, salutò l’anziana donna che si era presa cura di lui tanto amorevolmente e salì in macchina con Linda: destinazione aeroporto. Come fecero ad arrivare in tempo per l’ultima chiamata Brian se lo chiese per il resto della sua vita senza mai riuscire a darsi una risposta.

 

Appena salito sull’aereo si guardò intorno alla ricerca del suo posto, ma la hostess gli fece chiaramente capire che, dato che l’aereo era mezzo vuoto, avrebbe potuto sedersi dove gli pareva. Brian cercò allora la testa bionda di Buffy e tirò un grande sospiro di sollievo quando notò che il sedile accanto al suo era libero.

 

“E’ libero questo posto?” le chiese dopo essersi avvicinato senza fare rumore.

 

Buffy gli rispose meccanicamente di sì con un cenno della testa, ma dopo una frazione di secondo si voltò di scatto verso di lui urlando: “Brian!!!”.

 

Linda aveva avuto ragione a definire uno straccio Buffy, ma il sorriso che fece in quell’istante e gli occhi che le presero a luccicare di lacrime la resero in un batter di ciglia la donna più bella che lui avesse mai visto.

 

A quell’urlo tutti i passeggeri dell’aereo si voltarono verso di loro ed entrambi arrossirono dalla punta dei capelli a quella dei piedi. Persino la hostess, divertita, invito il Signor Brian ad accomodarsi e ad allacciare le cinture di sicurezza dato che stavano per aver inizio le manovre di decollo.

 

Il signor Giles e Cordelia, che occupavano il sedile davanti al loro si girarono e gli sorrisero caldamente, anche se era evidente che l’Osservatore si stava chiedendo che cosa fosse successo per giustificare un simile cambiamento.

 

“Non si preoccupi, signor Giles, appena siamo a Los Angeles vi spiego ogni cosa” disse Brian indovinando quali fossero i pensieri dell’altro. Quindi rivolto a Buffy le disse: “Se preferisci, puoi anche chiamarmi Angel ora”.

 

Buffy lo guardò sorpresa, poi ci pensò su un attimo, e alla fine rispose: “Qualcuno una volta ha detto che una rosa è una rosa anche se la si chiama con un altro nome…” al che il suo Osservatore si girò a guardarla con occhi sbarrati per lo stupore: ancora una volta aveva sottovalutato quella ragazza. “…e Brian Keane va benissimo, se anche per te va bene”. La risposta di Brian fu un dolcissimo bacio che cancellò nella cacciatrice ogni traccia di tristezza e di sensi di colpa.

 

Quell’idillio fu tuttavia spezzato da un’esclamazione disperata di Anya: “Oh no!!!”.

 

“Cosa succede amore?” chiese preoccupatissimo Xander, che le sedeva accanto.

 

“Con tutto il trambusto di questi giorni ho dimenticato di spedire la cartolina con il mio francobollo riciclato!!! Adesso dovrò aspettare per chissà quanto tempo di tornare in Irlanda per poterlo utilizzare!!!” rispose sconsolata la ragazza, suscitando in tutti quanti una fragorosa risata.

 

“Già, e io non ho preso nulla per Spike…” disse fra sé e sé Dawn.

 

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Buffy e Brian vissero tutto il resto della loro vita insieme, e tutto sommato fu una vita normale, per quanto lo permettessero demoni e vampiri che essi combattevano tra Sunnydale e Los Angeles, aiutati dal resto della Scooby Band e dai membri della Angel Investigation.

 

Vista inoltre l’efficacia della coppia, il nuovo Consiglio degli Osservatori, che persino Buffy dovette ammettere essere piuttosto efficiente, si adoperò in modo da fare in modo che fosse così per sempre: Brian Keane fu infatti il primo di una lunga serie di Cacciatori di Vampiri che da quel momento in poi affiancarono la Prescelta nel suo difficile compito.

 

FINE