Autore:
Rogiari2001, of course.
Shipper:
Leggere per credere...
Disclaimer:
Tutto di Joss Whedon, ME, e quant’altri lo possiedono e NON lo trasmettono in
Italia…
Feed
– back: sempre super gradito a rogiari@inwind.it, o pubblicamente sulle liste
dove la fanfic è pubblicata
Sommario:
questa storia è basata sugli spoiler di William the Poet e The Partyman nella
mail list “The stakehouse” sugli sviluppi della settima stagione di Buffy e
della quarta di Angel. Questi spoiler non sono accreditati, ma sono serviti da
spunto per scrivere, e pertanto ringrazio chi li ha forniti. E’ quindi un cross
– over tra le serie “Buffy the vampire slayer” e “Angel the series”.
All’avvicinarsi
dell’apocalisse finale, tutti raccolgono le loro forze. Angel è disposto a fare
emergere il suo lato più oscuro pur di combattere la “Bestia”, Buffy deve fare
i conti con il proprio io più profondo, stramente sopito, e Spike deve lottare
contro la sua stessa follia…
Rating:
vietato ai minori di anni quattordici.
PROLOGO.
Sunnydale,
novembre 2002.
Los
Angeles era impazzita, ed a Sunnydale non si stava meglio. “From beneath it
devours”, da sotto ti divora, e strani fenomeni disturbavano le caldi notti
della California, propagandosi dalla bocca dell’inferno fino alle strade ed ai
vicoli oscuri della metropoli.
Buffy
pattugliava fino all’alba, a volte accompagnata da Spike, più spesso da sola,
mentre i suoi amici dormivano nei loro comodi letti, turbati dalla
consapevolezza di non essere comunque più in grado di fare fronte a questo tipo
di gioco. Qui non si stava combattendo la lotta quotidiana per il bene, pensò
Buffy, qui si combatteva la guerra.
Forse,
quella finale.
Nelle
notti in cui Spike era con lei, Buffy doveva trattenersi a stento dall’istinto
di schiaffeggiarlo per farlo ritornare in sé, per farlo ritornare l’irritante,
arrogante, figlio di buona vampira che l’aveva tenuta viva quando ancora il
fuoco bruciava in lei.
Ma
lui era andato via, per riconquistarsi un’anima, ed ora quell’anima lo
marchiava a fuoco, e lo teneva lontano da lei, che il suo fuoco, in qualche
modo, l’aveva perso per strada, smarrito, dimenticato.
Forse
per sempre.
Buffy
poteva ingannare il mondo, ma non se stessa, o Spike, per quanto strano potesse
sembrare.
Era
tornata dall’aldilà, era caduta in un vortice nero di depressione, ne era
uscita.
Non
troppo.
Oh,
ora non soffriva più. Non desiderava più bruciare la sua carne al fuoco di una
passione senza sentimento, come aveva fatto l’anno scorso, non sognava più di
impossibili mondi paralleli dove lei era la figlia malata ed accudita di Joyce
ed Hank Summers, e Dawn, Spike, i suoi amici, erano solo frammenti impazziti di
una mente schizofrenica.
Ora,
era quasi peggio.
Buffy
stava bene, mangiava, aveva persino messo su un paio di chili, sorrideva,
guardava la tv, fissava con occhi stellati i giovani che a scuola le chiedevano
aiuto.
E
nel profondo del cuore era fredda e sola e immota come la stella polare, ed
ogni suo sentimento si era avvizzito e spento, in silenzio, come un fiore che muore.
Provare
compassione per Spike? Come poteva, se non ne provava più nemmeno per se
stessa?
Quella
notte, Buffy aveva accompagnato Spike a casa di Xander, dove ora il vampiro
abitava, e l’aveva salutato brevemente, facendo finta di non notare il suo sguardo
ferito per la sua cordiale freddezza.
Eravamo
amanti, sembravano dirle quei brucianti occhi blu, ed ora per te sono solo un
estraneo.
“Anch’io
sono un’estranea” si disse Buffy, ritornando lentamente verso casa. “Non so più
chi sono. Né triste, né infelice, solo senza sentimenti.”
Immersa
in questi pensieri, quasi non si accorse di quando una voragine si aprì ai suoi
piedi.
Poco
ci mancò che vi cadde dentro.
From beneath, it devours.
Los Angeles.
L’immagine
era di quelle che facevano male. La Bestia era un immenso ammasso di muscoli e
scaglie e spuntoni di roccia, e stava affrontando Angel su uno delle miriadi di
tetti della città. Cordelia, poco distante di lì, era caduta a terra,
atterrita, e poi si era ripresa, per correre tra le forti braccia del suo
amore.
Solo
che il suo amore non era più Angel.
Gli
occhi scuri del vampiro la seguirono, senza l’ombra di una lacrima, mentre lei
si rifugiava accanto a Connor. Gli occhi azzurri del ragazzo, quegli occhi così
simili a quelli di Darla da fargli male solo al vederli, si fissarono
trionfanti su di lui.
Cordelia
aveva scelto.
Angel
si concentrò nella lotta. Nulla aveva più senso, se non riusciva a sconfiggere
la bestia. Né lui, ed il suo patetico dolore, né la scelta di Cordelia, né la
soddisfazione di suo figlio – suo figlio! – nel rendersi conto di essere
finalmente riuscito a ferirlo.
La
Bestia rise.
“Non
potrai sconfiggermi” disse “Né ora né mai. Non sei abbastanza impregnato dal
male per riuscirci. From beneath, it devours”
“Beh,
mai arrendersi” commentò Angel, e sferrò un colpo con la alabarda affilata che
teneva in mano.
La
bestia si sollevò da terra, evitando il colpo, fluttuò un istante a mezz’aria,
e poi sparì beffarda ed improvvisa come era giunta.
Disorientato,
Angel accorse da Cordelia.
“Stai
bene?” le chiese, preoccupato.
Lei
non rispose. Strinse la mano di Connor e lo fissò negli occhi.
“Connor…andiamo
a casa”
Ed
Angel rimase di nuovo solo sul tetto.
I
PARTE
ASSASSINII
A SUNNYDALE
“C’è
una voragine in Morgan Street” disse Buffy, con calma, mentre preparava la
colazione per Xander, che come ogni mattina era passato per portare lei e Dawn
a scuola. “Mi si è aperta davanti ai piedi, mentre tornavo dalla pattuglia.
Tubature scoppiate? O qualcosa di demoniaco?”
Xander
la fissò. “Beh, non lo sapremo finché non lo vedremo. Prendo con me un paio dei
miei uomini, e vado ad investigare, dopo. Che ne dici?”
“Che
voragine?” indagò Dawn, imburrando due fette di pane per poi ripensarci e
lasciarne una. “Altro vermone gigante?”
“Non
so. Spike dorme?” chiese Buffy.
“Sì,
ma non per molto. Parlava di trovarsi un altro appartamento. Non che la cosa mi
disturbi, anzi”
“Ah”
replicò solo Buffy. “La vostra convivenza è già finita?”
“Direi
che è durata anche abbastanza” commentò Xander. “Non che abbia di recente sentito
il bisogno di convivere con un vampiro psicotico, ma un po’ mi mancherà. Non ci
crederai, ma mi preparava da mangiare, la sera. Ed era anche bravo, con i
fornelli”
“Lo
so” disse Buffy. “Ancora ciambelle?”
E
così, anche il discorso sul futuro di Spike cadde nel vuoto della generale
disattenzione buffiana.
La
ragazza era carina, sorridente, bionda. E si chiamava Stacey, come gli aveva
detto quando erano usciti insieme dall’agenzia immobiliare.
Simile
a Buffy, senonché il suo sorriso aveva calore, mentre lo stava studiando con
interesse: i suoi jeans Levi’s, la sua camicia scura, il semplice giubbotto di
denim, la sua classe innata nonostante i capelli platinati da punk. Un bel
ragazzo.
“Vivrai
da solo, qui?” gli chiese, mentre gli faceva strada sulla scaletta che
conduceva al monolocale con bagno ed angolo cottura che lui aveva scelto sul
catalogo.
“Credo
proprio di sì” sorrise Spike, mentre il sole splendeva sui suoi capelli chiari.
“Non
hai la ragazza?”
“Non
ancora” rispose lui, con un sorriso ancora più largo. “Ho molto…sofferto, in
amore. Mi sto riprendendo”
“Beh,
se qualche volta…insomma…potremmo vederci, non credi?”
“Perché
no?” sorrise lui. E poi, sempre sorridendo, si chinò su di lei ad affondò le
sue zanne nel collo bianco.
Stacey
si accasciò senza nemmeno un gemito.
Quella
sera il Bronze era affollato. Xander stava chiacchierando in uno dei divanetti
con una ragazza conosciuta al centro commerciale dove con i suoi uomini andava
nella pausa pranzo, e Buffy non si vedeva da nessuna parte. Probabilmente, era
andata di pattuglia con Dawn.
Spike
sedeva sconsolato in uno dei separé, sulla galleria. Da lì poteva vedere il
punto in cui l’anno prima, con Buffy…a che scopo, pensarci?
Stava
meglio, e questo era già qualcosa. Le voci nella sua mente non erano più così
invasive, intrusive, ed era quasi sempre lucido.
Era
quel quasi sempre che lo turbava.
Quella
mattina, per esempio. Aveva telefonato all’agenzia per chiedere la lista dei
monolocali disponibili, ed aveva fissato un appuntamento con una ragazza gentile
di nome Stacey, che gli aveva detto che sarebbe passata a prenderlo per
condurlo sul posto quella sera.
Ma
l’aveva attesa invano. Stacey non era venuta, e lui – alla fine – era andato
con Xander al Bronze.
La
cosa strana era che gli sembrava di ricordare un motivo, un motivo plausibile,
per l’assenza della ragazza, solo che non avrebbe mai saputo dire qual’era.
A
volte, perdeva brevemente la memoria di sé, e di ciò che aveva fatto. Si
risvegliava da questi momenti di torpore confuso, incerto.
“Balli?”
gli chiese una ragazza vestita di bianco, i capelli scuri e lunghi in morbidi
riccioli attorno al viso minuto.
“Scusami,
dolcezza, ma non sono dell’umore”.
Si
avvide di averla ferita. La ragazza sorrise. “Forse possiamo parlarne, allora”
Lui
sospirò. Non voleva essere scortese, ma avrebbe preferito restare solo.
Comunque, le fece gesto di accomodarsi.
“Mi
chiamo Lisa” disse lei. “Lavoro al centro commerciale. Sono un’amica di Nora,
la ragazza che sta ballando con il tuo amico.”
“Non
è mio amico” replicò Spike, senza asprezza. “Solo il mio coinquilino”
“Ma
voi non siete...voglio dire...”
“No,
non in quel senso” la rassicurò Spike, brevemente. “E poi, sto cercando una
nuova casa”.
“Ah.
Forse potrei aiutarti. Nel centro commerciale c’è un’agenzia immobiliare, e la
ragazza che ci lavora è mia amica. Si chiama Stacey”
“Stacey?
Aveva fissato un appuntamento con me per farmi vedere una casa, ma poi non si è
presentata. Pensi che abbia trovato un altro inquilino?”
“Non
è da lei. E’ sempre molto corretta. Vedrai, ci sarà un altra spiegazione”
La
ragazza sorrideva. “C’è troppo rumore, qui. Perché non andiamo...da qualche
altra parte? Se il tuo coinquilino è qui con Nora, ne avrà ancora per un
po’...”
“Non
ho fretta di andarmene” replicò Spike, lasciando cadere l’avance della ragazza
nel vuoto. “Magari un’altra volta”
“Magari
quando mi sarò messa addosso qualcosa di più confortevole” ironizzò lei, per
niente ferita dal suo rifiuto.
La
luce delle stroboscopiche illuminò per un istante, un solo istante, il suo viso
demoniaco.
Spike
balzò in piedi, disgustato. Un vampiro! Era un altro vampiro.
Una
cosa immonda e disgustosa. Esattamente come lui.
“Quella
balla del supermercato...”le disse, alcuni passi distante, come se non
sopportasse la sua vista e tutte le memorie che gli riportava.
“Andiamo,
so cosa hai fatto” replicò la ragazza. “Stacey. E’ fredda e immota in un
obitorio. Forse, aspetta di risvegliarsi. Stamattina qualcuno le ha bevuto fino
all’ultima goccia di sangue. Qualcuno a cui lei aveva mostrato un appartamento
da single”
“Chi
diavolo sei?!” le urlò Spike, allontanandosi, ed urtando gli avventori.
“From
beneath, it devours” replicò lei, avventandoglisi contro con le zanne
sguainate.
Con
un agile salto, Spike scavalcò la scalinata e si tuffò tra la folla che
ballava, per poi sparire nella notte.
Buffy
sollevò il capo dal giornale di annunci. “Appartamenti monolocali con angolo
cottura e servizi. Telefonare a Stacey Moore”. Era tutto iniziato da qui. La
ragazza aveva fissato un appuntamento con il suo assassino, l’ultimo
appuntamento della sua vita.
Un
serial killer a Sunnydale? Risposta errata. La povera Stacey era stata trovata
senza una sola goccia di sangue indosso, e quella notte lei e Xander si
sarebbero introdotti nell’obitorio comunale per il solito rito a base di
paletti appuntiti.
Ma
c’era ancora tempo per qualche indagine vecchio stile. Come ai vecchi tempi,
Willow aveva saccheggiato il data base del coroner, e quello della polizia. Ed
ora Buffy Summers, detective extraordinaire, era sulle tracce dell’assassino.
“Vampiri,
mio caro Watson” avrebbe detto, se fosse stata Sherlock Holmes.
Si
chinò sulla scaletta. Era qui che il corpo della ragazza era stato trovato.
“Almeno, ora starai bene” si disse. Altra emozione quella morte non le
procurava, a parte il maniacale desiderio di fare bene il suo lavoro di
cacciatrice e – per l’appunto – di cacciare.
“Non
lo troverete più” disse una voce alle sue spalle.
Buffy
si girò. Una vecchia signora con i capelli azzurri si stagliava da una porta
vicino.
“Chi?”
indagò Buffy. “L’assassino?”
“Io
l’ho visto bene, era in piena luce” commentò la donna. “Statura media, vestito
di nero, capelli platinati. Bel ragazzo, per chi segue MTV”
Buffy
impietrì. A parte il dettaglio della “piena luce”, si sarebbe detto il ritratto
di Spike. A parte che lui mai avrebbe potuto...
Un
momento! Cosa sapeva lei, Buffy, dell’estensione dei mutamenti subiti da Spike
in Africa? A parte il dolorosissimo (ed imbarazzante) intermezzo nella chiesa,
lei ed il vampiro non si erano nemmeno parlati dal suo ritorno, e le rare volte
in cui si erano incontrati era stato sempre per ragioni di lavoro.
Lei
aveva dedotto che lui fosse, come sempre, disponibile ad aiutarla, ma non si
era posta il problema di sapere cosa avesse davvero guadagnato dalla sua
avventura africana, oltre l’anima.
E
se fosse divenuto resistente alla luce del sole? L’equazione Spike = vampiro =
assassino di Stacey prese forma nella sua mente.
Come
sempre, la pochezza della sua reazione emotiva la sorprese.
Anche
perché se così fosse stato, si imponeva una nuova equazione: [Assassino = Spike
= polvere]. Amen.
“Dov’è?”
chiese a Xander, che si stava divertendo al Bronze. “Spike, intendo”
“E’
andato via. Sarà a casa. L’ho visto scappar via cinque minuti fa”
Buffy
salutò l’amico e si slanciò alla caccia di Spike. Riuscì ad intravedere la
lontano la sua testa ossigenata, e lo seguì di nascosto, sperando che i sensi
del vampiro, sempre così sintonizzati su di lei, fossero per una volta sopiti
dall’alcool o dalla disperazione.
Come
lo conosceva bene, ormai, suo malgrado.
Perché
era così che Spike si sentiva, inebetito e disperato. Non aveva ucciso. Dio,
non poteva aver ucciso ancora. Non ci credeva. Era un errore. E poi, di
giorno...
Quella
vampira mentiva!
Sconvolto,
si avvide di essere in un vicolo cieco, come gli era successo la notte che
Sweet aveva fatto cantare e ballare tutti in città, e lui era corso al Bronze
per salvare Buffy. Dio, l’ironia ...
Ancora
una volta, con più sentimento.
Si
voltò di scatto.
Buffy
era davanti a lui, le braccia conserte e lo sguardo determinato.
“Chi
diavolo sei?” le chiese, incerto se credere o meno ai suoi occhi.
Lei
lo fissò stupita. “Sei di nuovo impazzito? Sono Buffy. Con chi altro credi di
avere a che fare?”
“Non
sempre sei tu” le disse lui, sconcertandola.
“Cosa
intendi?”
Spike
ansimò, per la corsa e la disperazione. “A volte le voci che ho nella testa
assumono la tua forma, tra le altre...e mi tormentano”
“Con
cattive parole? Con insulti?”
Lui
scoppiò a ridere, ma la sua risata, per quanto disperata, suonava sana, per una
volta, non allucinata.
“Con
inaudite tenerezze. Con gentilezze. Con cura”
“Ah”
commentò Buffy. “Ora capisco cosa intendi”
“Quindi
tu sei la vera Buffy”
“In
tutta la mia malvagità” ammise lei, sorridendo suo malgrado. “Spike, cos’altro
ti tormenta? Perché sei corso via dal Bronze?”
“C’era
una vampira”
“Sai
che novità” fece spallucce Buffy. “L’hai polverizzata? O devo tornarci io?”
“No...no.
Mi ha detto...”
“Cosa?”
indagò pazientemente Buffy.
“Che
ho ucciso una ragazza. Stamattina. Che c’è del sangue sulle mie mani”
Buffy
impallidì. “Ed è vero? Hai ucciso Stacey?”
“Io
non l’ho nemmeno vista!” replicò Spike, a denti stretti. “E’ vero, ci eravamo
dati un appuntamento per vedere un alloggio, ma lei non è venuta. E, come puoi
intuire, non vado in giro di mattina sotto il sole. Non sarei più qui a
raccontartelo”
Buffy
non rispose. La sua mano accarezzava il paletto che teneva alla cintura.
“Uccidimi”
disse lui, avvicinandosi a lei. “E facciamola finita una buona volta per tutte.
Forse non ho ucciso Stacey, sicuramente non lo ricordo, ma ho ucciso mille, ed
altre mille volte. Bambini, vecchi, uomini, donne, suore, cacciatrici.
Uccidimi, e chiudiamo questo circo. Per sempre. Tiriamo giù il tendone”
Con
un solo gesto, Spike aprì la sua camicia, facendo saltare i bottoni. Poi, prese
la mano di Buffy, e premette la punta del suo paletto sul cuore.
Spike
chiuse gli occhi, attendendo il colpo finale che avrebbe messo fine alla sua
esistenza.
Li
riaprì alcuni istanti dopo.
Era
solo nel vicolo.
Era
stata tutta una fantasia.
Quando
si accorse che Buffy, con una giacca di pelle che non le aveva mai visto prima,
lo attendeva dall’altro lato del vicolo si rese conto che la cosa misteriosa
che abitava la sua mente ed il seminterrato aveva di nuovo giocato con lui.
Dannazione!
“Spike!”
esclamò lei, infuriata. “A che gioco stai giocando? E’ mezz’ora che ti chiamo!”
“Scusami…ero
occupato con un’altra signora” rispose lui con un sorriso ironico. “Non posso
essere tutto e soltanto tuo”
Buffy
sollevò gli occhi al cielo per la milionesima volta da che lo conosceva. “Ti ho
inseguito per tutta la sera. Vorrei una buona volta una spiegazione. Sei sempre
stato onesto con me, questo te lo devo…beh, tranne quella volta di Adam, e
quella volta che mi dicesti che non saresti mai più tornato a
Sunnydale…insomma, a volte sei stato onesto. Qualcuno con le tue sembianze ha
ucciso una ragazza, stamattina. Un’agente immobiliare. Sei stato tu?”
“Come
sei adorabilmente diretta, a volte” replicò Spike, scoppiando suo malgrado a
ridere. La finta Buffy, quella di prima, riusciva come sempre ad essere più
piacevole. “Se fossi stato io…mi polverizzeresti, finalmente?”
Ma
Buffy non aveva voglia di ridere.
“Ero
pronta a trapassare Anya con una spada, pochi giorni fa. Cosa ti fa credere che
ti risparmierei, se fossi convinta che hai di nuovo ucciso?”
“Ti
ringrazio per il “di nuovo”, amore.” le rispose Spike, tornando serio. “Vuoi
onestà? Beh, non so più che diavolo sta succedendo. Avevo un appuntamento con
questa Stacey, ma lei non si è presentata e no, non ricordo di averla uccisa.
Ma puoi fidarti della parola di un pazzo? Non te lo consiglierei”
Buffy
tacque. Dopo un istante, si avvicinò a lui.
“Io
non uccido se non sono certa” replicò. “Non è la prima volta che accadono
strane cose a Sunnydale. Investigheremo. E se sarai stato davvero tu, adieu mon
amour”
“Sai
il francese?” rise di nuovo Spike “Ma che sorpresa!”
Buffy
girò sui tacchi.
“Dove
stai andando?”
“A
casa” replicò lei. “Indagherò domani. Ti consiglio di fare altrettanto”.
Spike
la fissò allontanarsi. Lei non aveva più emozioni. Qualcosa in lei si era
definitivamente spento. Quasi non riusciva più nemmeno ad amarla.
Quasi.
Willow
fissò Buffy sorpresa. Una Buffy che le stava dicendo che, forse, Spike aveva
ucciso di nuovo.
Non
era questa la grande novità, quanto il modo il cui lo diceva.
Parlava
del suo ex amante come avrebbe parlato del suo verduriere.
“Dobbiamo
trovare un modo per scoprire se Spike dice o meno la verità” commentò Buffy,
pacatamente. “Un incantesimo, magari. Non posso ucciderlo se non ha commesso il
fatto. Sono la legge, non un dannato giustiziere”.
Quanto
Buffy andava dicendo era maledettamente sensato, umano perfino. Sì, lei non era
un giustiziere. Non dormiva su un letto d’ossa. Ma stavano arrivando le
inondazioni, e lei non aveva più nessun maledetto fuoco da spegnere. Solo
ceneri.
“Non
hai paura a chiedermi di usare la magia di nuovo?” le sussurrò Willow. “Tu sai
quello che io…”
Buffy
la fissò con i suoi occhi chiari. “La magia fa parte di te, ormai” le replicò
con calma. “L’hai detto tu stessa. Usala per la giustizia, anziché per la
vendetta”
Willow
si richiuse in se stessa. Buffy riusciva ancora a ferirla, a volte, pur senza
averne l’aria.
Rimasta
sola, Willow aprì il cassetto dove teneva i suoi vecchi libri di magia, i più fidati,
i più potenti.
Li
aveva lasciati a Tara, dopo la notte in cui la sua follia aveva causato un
incidente a Dawn. Da allora, non li aveva più toccati. Quando Tara era morta,
si era diretta immediatamente verso gli ancora più antichi e potenti testi conservati
al Magic Box.
Rovistando
nel cassetto, si accorse che conteneva altri due volumi. Uno era il quaderno
degli incantesimi della madre di Tara, che il suo amore tante volte le aveva
mostrato. Lo accarezzò in punta di dita, aspirandone quel lieve profumo di
malva che tanto gliela ricordava…il secondo era un nuovo quaderno.
Si
accorse aprendolo che era il suo diario.
Con
dita tremanti, se lo strinse al petto. Tara aveva ancora qualcosa da lasciarle
di sé…ma lei aveva il diritto di appropriarsene?
Dimenticato
l’incantesimo per Spike, lo aprì e cominciò piano a leggerlo.
Los
Angeles.
Angel
bussò alla porta, sforzandosi di resistere al suo impulso e di sfondarla.
L’effetto fu quasi il medesimo, perché di lì a pochi istanti, e dopo un po’ di
trambusto, Lilah ne uscì fuori con i capelli in disordine, le labbra gonfie e
l’aria furiosa.
“Wes?”
le chiese solo, disgustato.
“E’
dentro.” replicò lei.
Angel
la strinse forte per il braccio, facendole male. “Stai lontana da Connor come
mi hai promesso?” la minacciò a bassa voce. Lilah si divincolò dalla sua
stretta con uno sguardo di ghiaccio. “Non tanto quanto la tua ragazza gli sta
vicino” gli sibilò prima di andarsene.
Angel
la lasciò andare, ed entrò nel piccolo appartamento. C’era ancora l’odore
dell’amore, o di quella insensata passione che legava due persone che non
avevano null’altro in comune, se non il risentimento nei suoi confronti. Wes
era a torso nudo, e si stava preparando un tè. Aveva la barba lunga, e gli
occhiali erano ancora sul comodino accanto al letto sfatto.
“A
cosa devo l’onore della tua visita?” chiese ad Angel con un briciolo di
sarcasmo.
“Ho
bisogno del tuo aiuto” gli disse Angel, pacatamente. “Il tuo risentimento, per
giustificato che sia, ti consente ancora di aiutarmi a sventare…l’Apocalisse”?
“2
Febbraio 2002
Buffy
mi ha rivelato qualcosa di sconvolgente. Spike è in grado di colpirla, di farle
del male. Il suo chip, attivo nei confronti di ogni altro essere umano non
demoniaco, con lei non si aziona. Devo scoprirne la ragione. Che lei sia
tornata sbagliata”?
Willow
sollevò lo sguardo dalla lettura del diario. Era stata una dolce, amara
sofferenza leggere del dolore di Tara nel lasciarla, e della sua preoccupazione
per lei, Willow. Ma adesso c’era una qualche novità. In qualche modo, Buffy aveva
scoperto che Spike poteva colpirla (era avvenuto prima o dopo che erano
diventati amanti?, si chiese Willow), ed aveva pregato Tara di indagare. Il
perché era ovvio: Willow, in quel momento, non utilizzava più la magia, e
nessun altro avrebbe potuto aiutarla.
Ora,
se si concentrava, ricordava un incontro con Tara e Xander fuori dal Magic Box,
con Tara che teneva tra le mani il volume che riguardava l’incantesimo di
resurrezione utilizzato ad ottobre per Buffy. Adesso ne capiva la ragione. Andò
avanti veloce con le pagine.
“13
febbraio 2002.
Sono
ancora sconvolta per quel che è successo. Buffy ha pianto sino a pochi minuti
fa, era disperata. Le ho detto che la sua resurrezione non ha comportato in lei
nessun significativo mutamento, solo una lieve alterazione cellulare,
sufficiente per non fare attivare il chip di Spike, ma per il resto
insignificante.
Purtroppo,
ho mentito.”
Willow
ansimò, sollevando il capo dal diario di Tara. Ora cominciava a capire. Se solo
l’avesse saputo allora, se solo Buffy – o Tara – si fossero confidate con lei,
se solo lei fosse stata in grado di aiutarle….riprese a leggere, ben intuendo
di cosa si trattasse. Ora, tutto si spiegava.
Il
problema era: come trovare una soluzione?
Sola
nel suo letto, Buffy pensava agli avvenimenti della serata. Nella sua mente
stanca si alternavano il desiderio quasi animale di piantare finalmente un
paletto nel petto liscio di Spike, e quello di seguire la sua ormai quasi
inumana bussola di giudizio, che le imponeva di “fare la cosa giusta”.
Si
addormentò di schianto, immersa da subito in un sogno familiare. Spike che si
infilava nel suo letto, nudo, tenero, comprensivo. “Shh, sarà il nostro
segreto” le sussurrava.
E
lei che gli piantava un paletto nel cuore.
Si
svegliò di scatto, ansimante.
E
non credette ai suoi occhi quando Spike si materializzò davanti a lei.
“Cosa?”
gli disse, ma lui le ingiunse il silenzio. La prese per i polsi, e la costrinse
a stendersi sotto di sé, il suo corpo a coprirla dolcemente, minacciosamente.
Buffy si tese sotto i suoi baci, e quando la bocca di lui fu sul suo collo,
pronto ad affondare i denti…
Era
sparito.
Buffy
si tirò su di scatto. Era sparito. La finestra era chiusa.
Eppure,
lei era certa di non avere sognato. Non la seconda parte, almeno. Era
assolutamente certa di non avere sognato!
L’incavo
della sua spalla era ancora umido, come se un amante appassionato vi avesse
appena affondato le labbra.
Cosa
diavolo stava succedendo?
“Willow?”
chiamò fuori dalla sua vecchia camera da letto, quella che ora occupava la sua
amica. “Dormi?”
La
luce filtrava da sotto la porta. Dopo un istante, Willow le aprì.
“Buffy!”
si stupì. “Qualcosa non va?”
“Non
riesco a dormire” si giustificò la cacciatrice. “Mi sono appena svegliata, e ho
fatto un sogno talmente…strano. Talmente…reale. Non posso credere di averlo
sognato. Eppure, non ci sono altre spiegazioni”
“C’è
qualcosa di cui vorrei parlarti, con l’occasione” le disse Willow, gli occhi
circondati di occhiaie scure e l’aria grave.
“D’accordo”
annuì Buffy, sedendosi a gambe incrociate sul suo antico letto. Willow sedette
di fronte a lei. “Tanto, non riuscirei a dormire per un bel po’”
“Tara,
lo scorso anno, fece una ricerca per te…sull’incantesimo della tua
resurrezione. Ricordi?”
Buffy
ansimò. Com’era possibile? Willow la stava riportando con la memoria al giorno
terribile in cui aveva creduto di aver ucciso la povera Katrina, ed in cui
Spike….Spike aveva ricevuto tutta la sua furia, tutta la sua frustrazione, la
notte in cui lei l’aveva lasciato pesto e sanguinante ad aspettare l’alba,
senza alcuna pietà…il sogno! Era allora che aveva fatto per la prima volta quel
sogno di Spike che infilava nel suo letto! Come stanotte!
“Parla,
ti prego”
“Tara
non ti disse tutto”
Buffy
gelò fin nel profondo. Bastava il tono di Willow, così serio, così pieno di
rimorso, a suggerirle che l’informazione non le sarebbe piaciuta.
“L’incantesimo
venne interrotto dai motociclisti demoniaci, gli Hellions. Una delle loro
motociclette infranse l’urna di Osiris. Il vino della madre si sparse al suolo,
prima che l’incantesimo si completasse. Quel vino, sangue di innocente
opportunamente preparato, serviva per ancorare l’anima dall’etere…al piano
corporeo.”
“E
…quindi…”
“La
tua anima è rimasta là, a fluttuare. Buffy, sei tornata sana e salva. Ma,
purtroppo, nel processo hai perso la tua anima”.
PARTE
SECONDA.
An
- gélus1
“Allora,
puoi aiutarmi?” ripeté Angel.
Wesley
si rimise la camicia, e fissò il suo vecchio amico. “Sai bene che non è
questione di potere, ma di dovere. Ho fatto degli sbagli, Angel, tutti ne abbiamo
fatti, ma la lotta per il bene è sempre stata la mia unica priorità, e tu lo
sai”
“Quella,
ed il portarsi a letto Lilah Morgan”
“Questo
è un colpo basso”
“Non
dirmi che la ami”
“Non
è sempre e solo questione di amore, Mister Ossessione.” replicò Wes. “Prima
Buffy, poi Darla, ora Cordelia. Se tu non puoi vivere una liberatoria storia di
sesso, non è detto che altri non possano farlo”
“Hai
messo a rischio le vite di Lorne e di Cordelia, con il tuo sesso liberatorio”
insistette Angel.
“E
me ne dispiace, sarò più attento. Ma ciò che faccio della mia vita privata non
è affare della Angel Investigations. Non più” Wes era duro, più duro di quanto
Angel ricordasse. Probabilmente, c’entrava il fatto che avesse tentato di
ucciderlo mentre era in ospedale.
“Vuoi
ancora il mio aiuto?” lo sfidò l’inglese. “Cerca però di ricordare i confini
tra dovere, ed amicizia. Perché stavolta sono ben netti”
“D’accordo.
Ho portato la profezia dello Shansu. Partiremo da lì”
Wes
annuì. Prese gli occhiali e si accinse a lavorare.
“Non
puoi dirmi che ora non ho un’anima” mormorò Buffy, e la sua voce era incrinata.
Non era possibile. Non era nemmeno probabile.
Era
certo. Solo così si spiegava la sua strana apatia morale, l’insensibilità, la
sua sorridente disumanità.
Aveva
perso la sua anima, nel passaggio da un piano dimensionale all’altro. E quello
che a Spike era riuscito magnificamente, amare senz’anima, beh, per lei si era
rivelato impossibile.
Non
amava Spike. Ma non amava nemmeno più Dawn, o Willow, o Xander. Od Anya. O
Giles. Nel suo cuore, da più di un anno, si agitavano i fantasmi di sentimenti
non più attuali. Il suo corpo aveva richiesto il calore di un freddo amante, ma
il suo cuore era rimasto lontano. Forse non ho perso solo l’anima, Will, pensò.
Forse non ho più nemmeno un cuore.
Buffy
pianse. Era dalla notte in cui Spike si era buttato sul crocefisso che non
piangeva più, ma anche allora non aveva saputo bene cosa piangeva.
Ora
lo sapeva. Stava piangendo la perdita di se stessa.
“Buffy…”
la implorò Willow, sentendosi crollare addosso per l’ennesima volta il mondo.
Era tutta colpa sua. Colpa della sua protervia, della sua ubris. Aveva osato
l’inosabile, l’aveva riportata in vita dall’aldilà.
Ma
il prezzo pagato da Buffy, e da tutti loro, era stato semplicemente troppo alto.
Tara, Anya, Xander, Dawn, Spike…solo dolore. E per Buffy, la punizione
peggiore, l’inumanità.
“Willow”
le disse Buffy, gli occhi ora tersi. “Anche se non lo desidero dal profondo del
cuore, so che devo riavere la mia anima. Solo così potrò finalmente piangere in
pace. Lo capisci, vero?”
Willow
annuì.
“Se
Spike c’è riuscito, possiamo farcela anche noi”
“Forse
no, Buffy. Dobbiamo prepararci all’ipotesi di un fallimento”
Buffy
scosse il capo, incredula. “Perché no? Cosa mi impedisce di andare in Africa, e
di provare a passare le prove che ha sostenuto lui? Non sono meno forte, e di
sicuro non sono meno determinata”
“Non
credo che basti. L’anima di Spike era in Paradiso, dove avrebbe dovuto essere.
La tua è rimasta intrappolata da qualche parte, tra piano e piano. E’ andata
perduta, lo capisci?”
“Willow,
per l’amor di Dio…”
“Non
puoi riacquistare la tua anima, ora” le disse Willow, gli occhi improvvisamente
distanti. “Non lo capisci. Dopo, forse…ma non ora”
“Perché?”
le chiese Buffy, conscia che la sua amica stava precipitando in uno stato di
tranche.
“From
beneath, it devours” ripeté Willow. E poi, ricomponendosi, sussurrò. “Perché
sta arrivando, lo capisci? L’apocalisse”
“Voglio
parlare con Spike”
Erano
le tre di notte, e Xander si era svegliato a fatica da un sonno reso più
profondo dai tre martini che aveva bevuto quella sera al Bronze. Buffy era
davanti a lui, sulla soglia del suo appartamento, piccola e immota.
“E’
tutto tuo” le disse Xander, facendo cenno verso il balcone, e ritornandosene a
letto. Spike era fuori, fumava. Di notte, faceva ancora fatica a dormire. Non
come quando lei era stata con lui.
Buffy
si strinse indosso la giacca di pelle, e si avvicinò al vampiro, come
intirizzita. Spike sollevò il volto verso la luna, e poi la fissò con i suoi intensi
occhi blu.
“Sei
venuta a finire il lavoro, cacciatrice?” Spike prese il mozzicone, e lo spense
in un vaso di gerani. “Sono sicuro che sei convinta che ho ucciso. Non vedo
come darti torto. Io, al contrario, non sono più sicuro di niente”.
“Spike…c’è
qualcosa di cui ti devo parlare”
“Spara”
“Noi
due…l’anno scorso…ora…la mia freddezza…”
“Che
Buffy sei?” le chiese lui divertito. “Credo quella finta. Sei troppo gentile”
“Quella
finta?” chiese Buffy. “Di che diavolo stai parlando?”
Spike
sospirò. Gli sembrava di averla già avuta, questa conversazione. Possibile che
AlluciBuffy lo tormentasse così, prendendolo spietatamente in giro di volta in
volta, e costringendolo a ripetere, sempre, la stessa assurda storiella?
Ma
non merito un po’ di pace?, si chiese il vampiro.
“Spesso
ricevo visita da una Buffy gentile ed accomodante. Non sei tu, è evidente. Ma
qualche manifestazione della bocca dell’inferno. Non sono così matto da non
capirlo”
“Un
momento” replicò Buffy, sorprendendolo. “Stanotte tu sei venuto nella mia
stanza. Ti sei infilato nel mio letto, e…”
“Nei
tuoi sogni, baby!” la interruppe Spike, ridendo.
“Non
stavo sognando!” replicò Buffy, irritata. “Era reale.”
“Non
ero io. Chiedi a Xander. Non mi sono allontanato da casa da quando ci siamo
visti nel vicolo…quella eri tu, vero? Quella che ha detto che avrebbe
indagato?”
“Sì,
quella ero io.” confermò Buffy. “Ma qui sta succedendo qualcosa di strano”
“Elementare,
Watson” la prese in giro lui.
“Tu
vedi me …ed io vedo te…e non siamo reali!”
“Provami
che sei la vera Buffy”
Lei
lo colpì. Massaggiandosi la mascella, Spike sorrise. “Mi hai convinto”
“Sono
venuta per un altro motivo, comunque” gli disse lei. “C’è una spiegazione che
ti devo. Non interrompermi.”
“Sono
tutto orecchi”
“Bene.
Il mio comportamento? Ti dissi che ti stavo usando, e che ciò mi stava
uccidendo. Era vero, ma la causa di ciò non era semplicemente la mia
depressione. Forse, non ero nemmeno depressa. Semplicemente, l’incantesimo che
mi ha riportato in vita non è stato completato, e oplà, Willow si è persa un
pezzo”
“Eh?”
“L’anima.
La mia anima. Sono resuscitata, ma ho perso l’anima”
Spike
scoppiò a ridere. Oh, la deliziosa ironia di tutto ciò. Lei che per anni
l’aveva chiamato “una cosa disgustosa e senz’anima!”
Lei,
ora non era peggio di lui.
Anzi,
ripensandoci, sì.
Perché
lui, un’anima ce l’aveva.
“Sono
lieta che la cosa ti diverta tanto” sibilò Buffy. “Cos’altro aspettarmi da te?
Comprensione?”
“Come
dice quella vecchia canzone?” la interruppe Spike “Bisogna saper perdere,. C’è
qualcosa di poetico in tutto ciò. Mi hai usato e disprezzato per mesi perché
ero una cosa senz’anima, ed ora viene fuori che tu non eri migliore di me. Ma
sai qual è l’aspetto più divertente? E’ che io ti amo comunque, e ti avrei
amato anche così, anche incompleta, come sei tornata dall’aldilà in quella sera
orribile e meravigliosa che non potrei mai dimenticare, neppure vivessi altri
mille anni…e quello che per me era emozione pura, per te era niente, cenere e
niente…”
“Cenere
e niente” ripeté Buffy, come in trance. “E’ proprio così che mi sento”
Spike
la prese per le spalle. “Si può vivere senz’anima, Buffy. Io l’ho fatto per
centoventi anni. Ma non si può vivere senza cuore. Uccidi, devasta, distruggi,
se ti fa sentire meglio, ma non lasciare che la combinazione tra la tua
assurda, rigorosa morale da cacciatrice e la mancanza d’anima di riduca…ad un
niente. Vivi con tutte le tue forze, soffri con tutte le tue forze: è su questa
strada che ritroverai la tua anima…”
Buffy
si staccò da lui, incapace come sempre di assorbire le verità che solo lui
sapeva distillare. Spike la guardò con infinita pena. La conosceva abbastanza
da sapere quanto la scoperta appena fatta sul suo conto la atterrisse.
Ma
doveva darle il tempo di scendere a patti con la verità, ancora una volta.
Nemmeno
per un istante si sentì sollevato di aver scoperto la reale ragione dietro la
freddezza di lei, dietro il suo inossidabile egoismo.
L’amava
abbastanza per averla già perdonata.
“Due
cavalieri senz’anima…ed uno che sacrificherà l’immortalità…che significa?”
“La
traduzione potrebbe essere sbagliata” lo avvisò Wes. “Come ti ho già detto, è
una lingua antica, più antica dell’ungherese arcaico su cui mi sto basando per
tradurlo. Per esempio, non capisco perché faccia riferimento alla cacciatrice.
La cacciatrice non è sicuramente senz’anima, e nemmeno immortale…”
“Lasciamo
Buffy fuori da questa storia” lo implorò Angel. “Dio sa che ha già abbastanza
sofferto”
“Potrebbe
trattarsi di Faith” suggerì Wes. “In fondo, la linea dinastica delle
cacciatrici passa ora da lei”.
“Faith
ha ancora molti anni di prigione davanti a sé”
“Non
necessariamente” li interruppe una voce inglese, ben curata.
Angel
e Wes si voltarono. Giles li fissava con attenzione dall’entrata
dell’appartamento. “Angel, Wesley…sono lieto di trovarvi bene. E’ stato il
vostro amico…ehm, verde, ad indirizzarmi qui“
Wesley
parve ricadere per un istante nella sua vecchia persona di osservatore inglese,
perché si raddrizzò e tese rigidamente una mano al suo connazionale, che la
strinse. “Giles, è un grande piacere vederti. Come stai?”
“Bene.
Appena atterrato dopo un lungo volo da Heathrow e da New York”. spiegò
l’osservatore. “Il consiglio mi ha rimandato negli States perché sa che tu,
Angel, possiedi la profezia dello Shansu, ed intende darci un’occhiata. Soprattutto
considerando che sta per sorgere…la Bestia”
“E’
già sorta” lo corresse Angel pacatamente. “E ci siamo già scontrati. Con
esito…insufficiente, oserei dire”
“Non
credo che ciò con cui ti sei scontrato in passato sia la vera Bestia.” lo
corresse Giles. “Ciò che sta arrivando è qualcosa di ben più grande e potente”
“Parlavamo
di Faith” suggerì Wes. “Dici che potrebbe presto uscire di galera?”
“Sì.
Sembra che ci sia un posticino anche per lei nelle profezie che riguardano la
fine. E’ inutile dirvi che il Consiglio sta muovendo tutti i propri fili per
ottenerne una pronta…scarcerazione”
“Credi
che sarà…pronta?” chiese Angel, preoccupato.
“Lo
dovremmo essere tutti….pronti, non credi?” ribatté dolcemente Giles. “E’ Buffy
che mi preoccupa, piuttosto. Ho insistito per venire soprattutto per lei”
“Buffy?”
interloquì Angel. “Che succede? Non sta bene?”
Giles
scosse il capo. “Ieri ho ricevuto una telefonata di Willow che mi ha a dir poco
sconcertato. Desidero parlarne perché la cosa mi sembra importante…oltre al fatto
che so che le volete bene.”
“Giles,
parla, ti prego” insistette Angel, divorato dalla preoccupazione.
“Sembra
che l’incantesimo usato da Willow per riportarla in vita non fosse completo, e
che Buffy…Buffy abbia smarrito la propria anima nel passaggio da un piano
dimensionale all’altro.”
Angel
si sedette, di schianto.
Non
poteva crederci.
Come
aveva detto Darla? “Quando l’anima va via, lascia dietro come un’amarezza…un
sapore marcio”.
Era
così che Buffy aveva dovuto sentirsi in tutti quei mesi. E quell’amarezza, che
in Darla si era sfogata nel massacro, lei l’aveva dovuta sublimare altrimenti,
in lotta con la sua coscienza di cacciatrice che la spingeva, come
un’inesorabile bussola, verso il bene.
Scopando
Spike.
Solo
che questo Angel, misericordiosamente, ancora lo ignorava.
Giles,
che non ignorava più nulla, capiva benissimo.
“Deve
ritrovarla” disse solo Angel. “Fosse l’ultima mia impresa, dovessi morire per
questo, Buffy deve ritrovare la sua anima. Ero pronto a tanto per Darla, mille
volte e più lo farei per Buffy”
“Ritrovare
l’anima per riperderti?” commentò amaramente Wes. “Non hai proprio nessuna
pietà per le tue donne”
Angel
non rispose. Sapeva che, ancora una volta, Wes aveva ragione.
“Per
quanto sia ansioso quanto voi di risolvere questo problema, cose più gravi ed
imminenti ci attendono” li corresse Giles. “Signori, all’ordine del giorno
abbiamo l’Apocalisse”
“Buffy?”
La
cacciatrice non risollevò nemmeno il capo. Stava fissando la piccola piscina di
plastica che Dawn, a dieci anni, aveva voluto in giardino per fare il bagno a
Barbie e Ken, e che da allora, di tanto in tanto, le sorelle avevano tirato
fuori per raccogliere l’acqua piovana e bagnarci i fiori.
Solo
che Dawn, sette anni prima, non esisteva, ed allora anche la piscina era una
finzione, come tutto il resto, tutto il resto…
“Io
ti amo comunque” aveva detto Spike.
Spike
che non sapeva nemmeno se uccideva ancora. Poteva essere lui il suo nocciolo di
verità in un mondo di bugie?
“Qual
è la realtà?” si chiedeva Buffy, osservando una foglia secca galleggiare sul
fondo di plastica azzurra. “E chi sono io? Un corpo senz’anima, un cadavere con
una vita fittizia, che non appartiene a niente ed a nessuno, scaraventato per
cattiva magia sulle spiagge del vivere, senza nessuna prospettiva che quella di
tornare nell’oblio?”
“Buffy?”
ripeté la voce, paziente.
Si
voltò lentamente. Angel era in piedi sul portico, protetto dalla luce diretta
del sole. Per una volta, vestiva di chiaro: aveva un giubbotto color panna che
lei gli aveva già visto indosso la notte in cui avevano cercato di tagliare la
testa a Cordelia per renderla la mostruosa sposa di Frankenstein…doveva essere
la sua mancanza d’anima, ma ora il ricordo la faceva soprattutto sorridere.
“Angel”
disse piano, credendo ad un miraggio. Un altro dei miraggi di cui le aveva
parlato Spike. Un’altra illusione, una delle tante.
Angel
aspettò che lei si avvicinasse, e poi la prese tra le braccia. Buffy mise la
testa sulla sua spalla, stranamente confortata…e spenta.
“So
tutto” le disse Angel. “So della tua anima. Non aver paura, amore mio. La
ritroveremo insieme. Non ti abbandonerò. Farò di tutto per starti vicino. Di
tutto. Mi avvicinerò a te come mai prima. Vedrai”
Lei
annuì.
Ed
un istante dopo, Angel era sparito. Era solo un’altra, crudele, illusione.
“Questo
non posso farlo” disse solo Angel.
Era
notte inoltrata, e da due giorni ormai lavoravano alla profezia. Lui, Wes e
Giles, senza tregua, come api operose, sfogliando libri antichi e dizionari,
mentre Lorne solcava i bar karaoke della città come una portaerei, alla ricerca
di qualcuno che cantasse della fine.
“Non
c’è altra scelta” gli ricordò Wes. “Solo ciò che è impuro può combattere la
bestia. Due entità senz’anima, il vampiro e la cacciatrice”
“Dovrei
perdere…dovrei perdere la mia anima?” chiese Angel, e pensando a Buffy, sola e
smarrita a Sunnydale, venne preso da un desiderio intensissimo di rivederla, di
dirle che non l’avrebbe mai abbandonata. Ma c’era una lotta da combattere, a
tenerli separati. Ancora una volta.
“A
meno che il vampiro non sia un altro” intervenne Wes. “Quel tipo strano, che
dici aiutava sempre te e Buffy…Spike…non potrebbe essere lui il vampiro
senz’anima che scongiurerà l’apocalisse?”
Giles
tossì, imbarazzato.
“Che
c’è?” intervenne Angel. “Intuisco che stai per dirmi qualcosa che non mi
piacerà”
Giles
ora portava le lenti a contatto, e non aveva quindi più occhiali da pulire.
Soffocò quindi il suo imbarazzo in un nuovo colpo di tosse.
“Spike
ha riconquistato la sua anima. Questa estate”
“Stai
scherzando, vero?” gridò Angel. “Spike è l’epitome del male! E’ un demone nato
per distruggere, per creare il caos…e dici che ha voluto riavere la sua anima,
e c’è riuscito? E perché diavolo l’avrebbe fatto?!”
Nessuno
degli altri due uomini rispose, anche se – improvvisamente, stranamente – la
risposta era ovvia per tutti.
“L’ha
fatto per lei” mormorò Angel, a bassissima voce. “Non so come, non so perché,
ma c’è stato qualcosa tra di loro, e lui l’ha fatto per lei. Per Buffy”
“Sì”
ammise Giles, pacatamente. “E’ andata così”
“Sono…sono
insieme, ora?”
“No”
disse Giles. “Non più”
“Ma
lui…lui ha rivoluto la sua anima…e le è ancora accanto…”
“Sì.
Ma Buffy non lo ama”
“Però
se lo è portato a letto, vero?!”
Giles
annuì.
“Vado
a Sunnydale.” annunciò Angel. “E la porto via di là, con me. Combatteremo
questa cosa insieme…e lei starà lontana da…”
“Angel.
Se farai così, l’umanità perderà. Tu hai ancora l’anima, e la profezia su
questo punto è chiara. Un vampiro ed una cacciatrice senz’anima”
“La
perderò, allora. Sarò come Buffy. Combatteremo insieme e vinceremo”
“E
come intendi perderla, se mi è consentito?” chiese Wes, sollevando il capo dal
volume che stava consultando.
“In
un momento di felicità” rise amaramente Angel.
Spike
pattugliava il cimitero, come faceva di tanto in tanto, per distrarsi, quando
non era con lei. Poca attività quella notte: la bocca dell’inferno era
tranquilla, ingannevolmente tranquilla. Era la calma prima della tempesta.
Si
sedette su di una panchina, e fumò una sigaretta. Cercava di non pensare a
nulla, per soffrire di meno…ma rivedeva in continuazione di fronte a sé il
volto smarrito di Buffy, i suoi occhi atterriti.
Ed
il cuore gli si stringeva.
Lei
gli arrivò alle spalle. La sentì, come la sentiva sempre, e sorrise.
“Provami
che sei quella vera” le disse, senza voltarsi.
“Non
voglio colpirti, Spike” rispose lei, sedendoglisi accanto. “Voglio parlare”
“Di
cosa? La vita senz’anima? Dovremmo farne un best – seller, io e te. Sicuramente
sapremmo di cosa parlare…”
“Già”
sorrise lei. “Non posso darti torto, per una volta”
“Pensavo
che fosse la tua missione nella vita darmi sempre torto” sorrise Spike.
“Quello…e
riconoscere poi, in privato, che hai quasi sempre ragione” ammise lei,
stupendolo.
“Forse
è meglio così” disse quindi Spike, dopo un lungo istante di silenzio.
“Senz’anima, sarai più forte per lottare contro questa cosa. E non mi riferisco
solo al mutante che si diverte ad assumere le nostre fattezze per rovinarci
l’esistenza ed uccidere. Questo è solo l’inizio, Buffy. Il peggio deve ancora
arrivare. Lo sento”
“Lo
sento anch’io” ammise Buffy. “In che modo pensi che la mia mancanza di umanità
possa aiutarmi?”
“Ti
renderà più implacabile. Questa cosa non merita pietà”
“E
tu?” disse dolcemente Buffy. “Tu non meriteresti un po’ di pietà? Insegnami,
Spike”
Spike
la fissò. Poi, con una mano, dolcemente, le accarezzò il volto.
“Io
ti aspetterò, Buffy. Aspetterò che tu finisca la tua lotta, e poi ritroveremo
la tua anima. Te lo prometto”
“E
dopo?” chiese lei, disperata. “Dopo che l’avrò riavuta?”
“Tornerò
nell’ombra. Quella a cui appartengo” le disse Spike. “Perché, con anima o meno,
tu sei migliore di me….Buffy”
Lei
non rispose. Rimasero a lungo nella notte, vicini, in silenzio.
Oramai,
non c’era più altro da dire.
Faith
si concentrò nella lotta. Per una volta, si rese conto che le cose stavano
cambiando. Jay non era più la debole ragazzina che aveva scoperto nel
refettorio, capace di menare i pugni in modo sorprendentemente efficace, ma
incapace di controllarsi.
Ormai
Jay, dentro per spaccio dall’età di diciassette anni, era una combattente.
Come
lei.
“Tiene
la guardia più alta. Sei troppo scoperta” le disse Faith, mentre la
giovanissima afro – americana le saltellava intorno con la grazia di una
gazzella…e la letale potenza di una leonessa. “Sembri una femminuccia. Siamo
femminucce, noi?”
Jay
rise. “Diavolo, no!” le rispose Jay, menandole un fendente al volto che colse
Faith di sorpresa.
“Dov’è
il tuo paletto, allora?” le chiese la cacciatrice bruna, asciugandosi il sangue
dal labbro con la mano.
“Qui,
sempre vicino a me” ancheggiò Jay, sfiorandosi la cintura dei jeans. Faith le
aveva insegnato a farsi i paletti da sola, e ad usarli contro i vampiri.
All’inizio, Jay aveva creduto che fosse matta. Poi, si era ricreduta. Faith era
troppo forte per essere matta. E dannazione, lei stessa, Jay di Philadelphia,
era troppo forte per essere una ragazza normale.
Aveva
solo fatto fino alla terza elementare, e non ci capiva molto delle questioni di
cacciatrici, osservatori, e linee dinastiche, ma credeva a quello che le diceva
Faith, e sapeva che era quasi ora e doveva tenersi pronta.
Anche
se la sua eventuale attivazione come cacciatrice avrebbe significato la morte
di Faith, di questo era conscia.
“Mors
tua, vita mea” le ricordò Faith, con un detto latino che ricordava dalle labbra
dell’odiato Wesley…quando ancora, per l’appunto, l’odiava.
“Che
hai detto, sorella?” le chiese Jay, fissandola con i suoi grandi, luminosi
occhi scuri.
“Niente,
combattiamo”
Jay
le sorrise, e si slanciò in avanti.
“Brown!”
la chiamò la guardia. “Il tuo avvocato ti aspetta! Nel parlatorio!”
Jay
si asciugò le mani con uno straccio, e lo tese a Faith, che si asciugò il
labbro. “E’ la tua libertà condizionata in arrivo, baby” le disse Faith, con un
sorriso. “Non sei contenta?”
Jay
scosse il capo. “Cosa mi attende sulle strade, Faith? Qui, almeno, c’eri tu…ed
io mi sentivo…insomma…importante”
Faith
le sorrise di nuovo. “Tu sei importante, Jay. Non dimenticarlo mai. E poi,
porta con te le cose che ti ho insegnato…ed i paletti…e datti da fare. Ma solo
quando sarà il momento”
“Quando
sarà il momento?” si intristì Jay. “Quando tu…non ci sarai più?”
Faith
scosse il capo. “Non pensarci, adesso. Io so qual è il mio destino. Morirò
combattendo, o non morirò affatto…e lo stesso vale per te, Jay”
Jay
annuì. Avvolse Faith in un ultimo sguardo pieno di gratitudine e affetto: la
cacciatrice bruna, dentro per omicidio, era stata l’unica a dimostrarle, in
tutta la sua vita, un po’ di affetto, di considerazione. E le cose che le aveva
insegnato sarebbero rimaste dentro di lei per tutta la vita.
Per
sempre.
Faith
la guardò andare via. Jay era molto promettente: sarebbe stata una cacciatrice
con i fiocchi, se e quando il suo momento sarebbe venuto. Era stata una
fortuna, o forse solo il destino, a metterla sulla sua strada, in quella
prigione senza speranza. Era stato un nuovo inizio per tutte e due.
Decise
di allenarsi ancora un po’ da sola. Si trovava in un cortile, tutto recintato,
confinante con un altro cortile, anch’esso recintato, ed irraggiungibile da
dove lei era, ed attrezzato con una rete di pallavolo per le detenute.
Il
parlatorio era dall’altro lato dell’edificio, e così Faith si stupì quando vide
Jay avanzare da sola nel cortile vicino.
Non
fece però in tempo a chiederle il perché.
Sette
uomini incappucciati, in lunghe tonache color granata, la inseguivano con
scimitarre sguainate.
Jay
combatté. Con tutte le sue forze. Come le aveva insegnato.
Ma
era sola contro sette uomini armati, e Faith non poté fare nulla, nulla per
lei. Cominciò a gridare come un’ossessa, richiamando le guardie, implorando il
loro aiuto, ma nessuno venne, e nessuno fece nulla per Jay, che cadde infine
come una cacciatrice, combattendo.
Faith,
disperata, piangeva contro la rete, le mani sanguinanti per lo sforzo di
sfondarla.
Prima
di sferrare il colpo finale, uno degli uomini si volse verso di lei, e la
guardò da sotto il cappuccio che gli copriva completamente il volto.
“From
beneath, it devours” le sussurrò, e poi sparì con i suoi compagni, lasciando il
corpo straziato e senza vita di Jay Brown, diciassette anni, un futuro appena
iniziato e già finito, sul selciato del campo da pallavolo.
Faith
si accasciò contro la rete, il sangue delle sue mani che si confondeva con le
lacrime.
La
guerra era iniziata.
A
Sunnydale, l’altra cacciatrice, quella bionda, stava vivendo un momento non
meno amaro.
Nello
scantinato del Bronze, proprio come le aveva detto Willy l’informatore,
qualcosa di grosso stava succedendo.
“Dicono
che sia il tuo bello, cacciatrice” aveva ghignato il lurido barista. “Capelli
ossigenati e tutto vestito di nero. E’ tornato alle sue vecchie abitudini…”
Buffy
aveva ingoiato l’informazione, soffocando quell’ultimo pezzettino di cuore che
ancora ne poteva soffrire, e si era precipitata al Bronze, nello stesso
scantinato dove, in un altro tempo, ed in un altro mondo, Vamp Willow teneva
Angel segregato…
Batté
il pugno contro uno strato di malta troppo recente per essere originale, e
quello si ruppe.
Corpi.
Corpi dappertutto. Uomini e donne. Giovani.
Il
fetore avrebbe dovuto assalirla.
Ma
non c’era alcun fetore.
Questo,
se possibile, affondava il coltello ancora un po’ di più dentro la piaga.
“Buffy”
sussurrò Spike, ma lei non lo vide, nascosto come era dietro una catasta di
bibite pronte per la distribuzione, e così la cacciatrice cominciò ad
affrontare e distruggere i neo – vampiri man mano che si risvegliavano…e si
risvegliavano, uno ad uno, e le dicevano “Saluti da Spike”, come nella
riedizione di un vecchio, spaventoso incubo.
E
nemmeno questo ormai riusciva a toccarla più di tanto.
“Io
sono la legge” si disse Buffy, quasi lieta di essere finalmente senz’anima. E
uccise, uccise, uccise, l’esercito di Spike…che aveva detto “se sono stato io,
non lo ricordo”. Troppo poco, troppo tardi. Doveva essere stato lui. E finita
la pulizia qui, lei l’avrebbe cercato ed eliminato, e stop, il suo cuore, tutto
quello che le era rimasto almeno, non avrebbe più né vissuto né sofferto, e lei
finalmente avrebbe conosciuto…il niente.
“Buffy…distruggili”
disse Spike, la sua anima in rivolta contro il demone che aveva dentro, e quello
che stava fuori, riempiendo la sua mente di voci e sogni oscuri, e comandi a
cui non si poteva resistere.
“Patetico
essere!” gridò il Primo male nelle sue orecchie. “Sono i tuoi figli, li hai
creati tu, per me, e lasci che lei li distrugga così?”
“Buffy”
urlò Spike, tanto forte che Buffy si interruppe con la spada alzata, salvando
dalla decapitazione una giovane vampira che ne approfittò per scappare.
La
cacciatrice lo trovò così, piegato, tremante, l’ombra dell’essere magnifico ed
oscuro che era stato. E di cui lei si era suo malgrado, contro ogni sua
volontà, innamorata…come una donna che, per la prima volta nella vita, scopre
l’amore vero, quello senza stelle negli occhi, eppure tenace, quello che
perdona, quello che accetta, quello che forgia catene che durano una vita ed
anche oltre.
Lui
stendeva le mani davanti a sé, e vi vedeva del sangue, anche se intorno c’era
solo polvere.
“Buffy…”
le sussurrò. “Aiutami.”
Lei
alzò la spada. Sapeva che sarebbe stato semplice. Bastava recidere la sua
testa, la sua bella testa, dal corpo, e tutto sarebbe finito.
Finito
per entrambi.
“Già
visto, già fatto” si disse Buffy, spassionatamente, e si avvicinò a lui per
sferrare il colpo finale.
“Wo
– Pang, io ti evoco”
In
un flash di luce giallastra, sotto gli occhi smarriti di Cordy, Wes e Gunn, il
mistico cinese apparve.
“Vampiro!”
lo sgridò. “Hai osato interrompere la mia meditazione! Spero almeno che ne
valga la pena”
Angel
ebbe la sua solita espressione di scusa, quella che di solito scioglieva il
cuore dei suoi amici.
“Presto
tornerai alle tue montagne, Wo – Pang” cercò di rabbonirlo. “Ma ho bisogno di
te. Avevi detto che quando sarebbe arrivato il momento…”
Il
mistico radunò le mani, pronto a riattivare il teletrasporto fino al suo
convento della Cina Meridionale. Angel lo bloccò. “Questo è il momento”.
“Ne
sei sicuro?” sorrise il cinese. “E’ un passo grave quello che stai per
compiere.”
“Ne
vale la pena. Ne deve valere la pena” rispose Angel, gli occhi turbati. Aveva
esitato nell’utilizzare il suo coté demoniaco a Pylea, ed ora gli riusciva
quasi impossibile abdicare alla sua ultima scintilla di umanità. Ma era per il
bene superiore…per l’avverarsi della profezia dello Shansu.
Doveva
farlo.
“Poi
non dire che non ti avevo avvertito” sussurrò il cinese. Con un gesto elegante
della mano, creò dall’aria uno snello calice di vetro ricoperto di gemme.
“Questo è il Damat. Raccoglierà la tua anima fintanto che tu combatterai la
Bestia come Angelus. Credo sia superfluo avvisarti che vada conservato in un
posto sicuro…e mai infranto. Nessuno tranne te potrà berne il contenuto”
Angel
annuì.
“No…”
sussurrò Cordelia. Quello che ormai conosceva di Angel era sufficiente a farle
temere questo passo, per quanto necessario. Ma sia lei che gli altri
conoscevano il tormento che il vampiro provava nel mettere a nudo il suo
demone. Wes la fissò, scuotendo il capo: purtroppo, non c’era altro da fare.
Wo
– Pang mise la mano sul petto di Angel, e cantò un antichissimo rituale.
L’anima del vampiro fluì lentamente fuori dalla sua bocca, aperta in un urlo
disumano, e fin dentro il calice.
Quando
finì, il vampiro cadde a terra, sulle sue ginocchia, la testa tra le mani.
“Bene.
E’ stato più facile del previsto” commentò Wo – Pang, soddisfatto. “Adesso, se
non vi dispiace…”
Il
calice in mano, si preparò al teletrasporto.
“Ehy,
amico” lo fermò Gunn. “Quello sarebbe nostro…da conservare fino alla fine della
lotta”
“Ma
come? Non lo sapete? non ci sarà più nulla e nessuno alla fine della lotta.”
rise il cinese. “Tutto ciò che se lo sarà guadagnato sarà diventato
demoniaco…ed è proprio quello che io, ed il mio padrone, il Risvegliato,
intendiamo fare…”
“Ehy,
ma allora tu non sei uno dei buoni”
“Buoni,
cattivi” rise il cinese. “Queste distinzioni non avranno più alcun senso. Ciò
che conta è il potere…adios, miei cari”
Il
teletrasporto non riuscì bene.
Anzi,
non riuscì affatto.
Angelus,
le zanne sguainate, teneva Wo – Pang per la giugulare e stava facendo uno
spuntino.
PARTE
TERZA
“NON
LASCIARMI MAI”
Qualcosa
fermò Buffy.
Lo
sguardo di Spike, così disperato, così solo, implorava il colpo di sciabola che
avrebbe posto fine alle loro sofferenze.
Bastò
questo a farla desistere.
“Andiamo”
gli disse, con voce calma, e trasse dalla sua borsa un paio di manette che
rinchiuse intorno ai suoi polsi. Spike trasalì: di tutti gli sviluppi
possibili, questo era sicuramente il meno atteso.
Tra
l’altro, le manette erano le sue.
“Per
una volta, la ragione arriverà dove evidentemente la mancanza di anima non
arriva” commentò Buffy, traendolo con sé verso casa. “Basta con il “Prima
uccido, poi discuto”. Ora, Spike, andremo a fondo di questa faccenda, che tu lo
voglia o no”
Spike
era troppo inebetito per reagire. Possibile che dovesse soffrire ancora? Non
riusciva a credere di aver ucciso e vampirizzato di nuovo. Eppure, era accaduto.
Ed ora, la sua anima non conosceva se non bieca sofferenza.
E
Buffy non gli offriva nemmeno più il conforto di una fine rapida.
Forse,
la Buffy immaginaria che qualche giorno prima era stata sul punto di
immergergli un paletto sul cuore, sarebbe stata più misericordiosa.
“Xander!”
chiamò Buffy. “Nello scantinato!”
Xander
lasciò Dawn in salotto e seguì Buffy e Spike giù per le scale che portavano al
piano cantina. “Chiama Willow. C’è del lavoro da fare”
“Ehy,
amico” sussurrò Xander, gli occhi stretti per la rabbia. “Stavolta l’hai fatta
davvero grossa. Forza. Dammi una scusa per non polverizzarti. L’anima? Non pare
che funzioni”
“Non
vorrai togliere questo privilegio a Buffy, vero” ironizzò Spike, con un guizzo
di vitalità.
“No
davvero” ne convenne Xander, stringendo una delle manette di Spike ad uno dei
tubi del riscaldamento. “Me ne vorrebbe, ne sono sicuro”
“Forse
le cose sono un tantino più complicate di quel che tu immagini, Harris”
“E’
proprio quello che credo” intervenne Buffy, con Willow che le trotterellava
dietro. “Willow. All’opera”
“Non
è con il dolore che otterrai una verità che non conosco nemmeno io” aggiunse
Spike, tristemente.
“Dici?
Ho sempre pensato che il dolore fosse un’ottima motivazione per vuotare il
sacco”
“Buffy”
interruppe Willow. “Sei sicura che…è questo che…”
“Procedi”
“Va
bene” Willow si concentrò. Il dolore si radunò prima negli arti inferiori di
Spike, come un lieve, quasi piacevole formicolio. Poi, divenne più intenso,
sempre più intenso, e salì, lentamente ma sicuramente, come un fuoco, fin verso
gli arti superiori, il busto, il collo, il capo…e lì esplose.
Buffy
non batté ciglio. Imbarazzato, Xander si volse. Non voleva vedere questo.
Nonostante tutto, non voleva vedere Buffy dura come una roccia, e Willow
ricorrere alla magia più nera per arrecare dolore. Erano le sue amiche. Cosa
era accaduto loro per cambiarle così?
Spike
strinse le mascelle per non urlare. Loro non sapevano, ma questa punizione era
quasi un sollievo. Sapeva di dover essere punito, e da ben prima che gli omicidi
cominciassero a Sunnydale.
D’un
tratto, il dolore fu così intenso che il suo demone si ritirò in un angolino
del suo essere, troppo spaventato per uscire di nuovo allo scoperto.
E
Spike svenne.
“Buffy…”
mormorò Willow. “Non serve a nulla. Solo a degradarci ulteriormente”
“No”
disse Buffy, le braccia conserte, senza espressione. “Aumenta l’intensità”
Willow
eseguì.
Ed
allora successe qualcosa di imprevisto.
Qualcosa
fuoriuscì da Spike, dalla sua forma prona, come una nuvola intrisa di
malvagità.
Una
nuvola che assunse l’immagine di Tara.
“Non
smettere!” insistette Buffy. “Will, aumenta l’intensità!”
Il
colpo di Spike, nell’incoscienza, tremava. Tara spalancò gli occhi.
“Will…non
posso credere che sia tu a farmi questo!”
“Will,
non è Tara! Aumenta!”
Il
bel volto della strega bionda si contorse per il dolore. Spike era ormai una
forma ai suoi piedi, dimentico e dimenticato. “Maledetta cacciatrice!” urlò
Tara. “Sempre ad ostacolare i miei piani! Tu ed i tuoi patetici amichetti. Come
questo insulso vampiro sempre pronto a sospirare sui tuoi passi, ed a
ribellarsi al mio volere…ma presto non sarete altro che cenere, tu e lui,
cenere e niente più, come meritate. Non sono nemmeno riuscita a fargli finire
il lavoro, al maledetto. Ed ora questo! Ma presto tutto ciò non conterà più
nulla. Perché ‘from beneath, it devours’.”
Willow,
tra le lacrime, aumentò l’intensità al punto che l’immagine di Tara si
infranse, scivolando quindi, di nuovo come nuvola, verso i piani superiori
della casa.
Immobile,
Buffy fissò Spike. Dopo un lungo istante, si chinò su di lui.
“Si
riprenderà” disse, come in un lungo sorriso. “Lui si riprende sempre. E mi
perdonerà. Perché abbiamo sconfitto quella cosa, finalmente. L’abbiamo
scacciata da lui. Era lei a fargli fare…quello che ha fatto. Ora lo so”
“No,
Buffy” pianse Willow. “E’ quella cosa che ha sconfitto noi. Riducendoci a
questo…a torturare le persone a cui vogliamo bene”
Impietrita,
Buffy non rispose. Prese il corpo tremante di Spike tra le braccia, impossibile
Pietà.
“Ed
ora, che facciamo?”
Gunn
si voltò verso Fred, accarezzando il volto impaurito della sua amata. Fred
aveva già visto Angel al suo peggio, a Pylea, ma questa sua incarnazione in
Angelus, vampiro senz’anima e senza cuore, era ancora più spaventosa.
“Aspettiamo”.
Disse il ragazzo, voltandosi verso Wesley per una conferma. Wesley stava
consolando Cordelia, in lacrime.
“Come
siamo stati sciocchi” rise Cordelia, amara. “Pensavamo che Angelus sarebbe
stato disposto ad aiutarci. Ma questo non è Angel. Non impareremo mai la lezione?”
“No,
a quanto pare” commentò Wes. “Dobbiamo trovare il modo per costringerlo a bersi
la sua anima da quel calice..."
“…che
tu hai messo dove, esattamente?” indagò Gunn.
“In
casa mia, nella mia cassaforte. Al sicuro”
“Non
proprio” intervenne una voce sicura, dall’ingresso. “Mi hai lasciata sola, non
mi hai più cercato, non hai più risposto alle mie telefonate” sorrise Lilah.
“Una ragazza se la prende quando l’uomo che le piace si comporta così. Ed
allora, ho deciso di prendermi un souvenir come liquidazione di fine rapporto.
Ho ancora le chiavi della tua casa, Wes…ricordi? Ed aprire la cassaforte è
stato ridicolmente semplice”
“Dov’è
l’hai messo, puttana!” reagì Cordelia. “Nei sotterranei della Wolfram &
Hart, immagino”
“Può
darsi. Ah, Angelus…quando ti liberi, fammi un favore personale. Mangiateli
tutti. E comincia da Wes e Cordy”
Al
di là della gabbia, Angelus sorrise.
Questo
nuovo mondo gli piaceva da Dio.
“Starai
meglio” sussurrò Buffy, la mano sulla fronte di Spike, ancora tremante, ben
coperto dalle coperte e dalle fresche lenzuola di cotone della sua camera da
letto, la camera che era stata di sua madre.
E
così, Spike era finalmente nel suo letto. Ah, l’ironia.
“Guarirai.
Era dolore magico…non reale. Presto ti riprenderai.”
Spike
non rispose. Grazie a Dio, quella cosa malvagia era uscita da lui. Ora, tutto
taceva, nella sua testa. Non c’erano più urla, non c’era più rumore.
C’era
solo l’anima. E quella bruciava sempre, e sempre di più.
“Mi
dispiace, Spike. Ma sapevo che c’era qualcosa sotto, letteralmente. Non era da
te. Lo Spike che conosco non avrebbe mai negato degli omicidi commessi. Lo
Spike che conosco è sempre stato onesto, se non altro. Dovevo portare alla luce
il male che ti possedeva…e ci sono riuscita.”
“Distruggendo
Willow, nel mentre” sussurrò Spike.
“Mi
spiace. E’ una lotta dura. Non c’è altro modo”
“Com’è
semplice la vita in bianco e nero, Buffy”
Lei
scosse il capo. “E’ vero. Anche se manca il fuoco.”
Spike
annuì, ridendo suo malgrado. “Io invece ne ho fin troppo. Se vuoi, te ne presto
un po’ del mio”
“Spike”
disse lei, fissandolo negli occhi. “Non lasciarmi mai”.
Tutti
dormivano.
Angelus
non aspettava altro. Aveva le idee chiare, al riguardo: la lista delle sue
priorità era già stesa.
Primo,
scappare.
Secondo,
abbracciare a piene mani l’oscurità che stava divampando sulla Terra,
diventarne un nuovo Messia, come aveva inutilmente tentato di fare con Acatla,
prima che quell’odiosa ragazzina lo fermasse…
Spiacente,
ma Buffy Summers non era più tra le sue priorità. Il ricordo dolciastro del
loro giorno perfetto bastava a stomacarlo per il resto della sua non –
esistenza.
C’erano
altri ad interessarlo di più.
Come
quella bellezza bruna che gli aveva sventolato le sue beltà sotto il naso per
secoli ed ora osava vivere con suo figlio! Quell’inutile escremento, frutto di
un incontro di reni senza significato con la sua Darla…
Sì,
Cordelia…
Lei
si parò davanti alla sua gabbia. La solita Cordelia: forte, determinata, senza
paura.
“Tu
non mi fai paura” gli disse, infatti. “Io so che Angel è ancora lì dentro”
“Ti
sbagli, tesoro. Qui c’è tutto quello che posso offrirti. E non è poco, credimi”
rise Angelus. “Qualcosa che tu non hai mai avuto, prima”
“Questo
è vero. Qualcosa che, ne sono certa, non ho mai potuto avere prima” ammise
tristemente Cordelia, pensando alla forzata castità di Angel, che li aveva
tenuti lontani anche quando, forse, qualcosa sarebbe potuto nascere tra di
loro.
“Lascia
il mio insipido figliolo, e vieni con me. Potrei vampirizzarti, e staremo
insieme…” Angelus rise di nuovo. “Almeno per qualche ora, credo”
Cordelia
si allontanò. La crudeltà del suo sguardo la feriva terribilmente.
Ma
lo fece troppo lentamente. Angelus allungò un braccio tra le sbarre e la trasse
a sé, facendola sbattere violentemente contro l’acciaio. Cordelia ansimò,
quando lui forzò la sua bocca su quello di lei. Il bacio, iniziato quasi
teneramente, continuò duro, violento, fino a che il vampiro affondò le zanne
nelle sue labbra morbide, vulnerabili, traendone il sangue. Le urla di Cordelia
vennero soffocate dalla sua bocca.
“Cielo,
ma sei de_li_zio_sa” chiosò il vampiro.
Wes
e Gunn si svegliarono al suono di quella voce sarcastica, e cercarono di
strapparla dalle sue braccia, facendo penetrare i denti di Angelus ancora più
profondamente nella sua bocca.
Angelus
approfittò della confusione per stringere un braccio intorno alla gola della
ragazza.
“Aprite
la gabbia, o è il suo ultimo respiro”
Impietriti,
Wes e Gunn osservarono il volto mortalmente pallido di Cordelia, il suo
ansimare, la sua bocca grottescamente macchiata di sangue, brutalizzata.
“Sei
solo un demonio” sussurrò Angelus a Cordelia “Non vali niente. Non sei niente
di buono. Ma puoi morire anche tu…esattamente come ogni demone o umano”
Wes
tese le chiavi.
“Aprila!”
gli ingiunse Angelus, strattonando di più la ragazza.
Wes
si affrettò ad obbedire.
Angelus,
non appena libero, lo afferrò per un braccio e lo sbatté al di là dei divani.
Poi, lasciò cadere Cordelia a terra come se fosse un fantoccio, e si avventò su
Gunn.
E
qui si fermò.
Fred
teneva una balestra puntata su di lui, dritta al cuore.
“Guarda,
guarda cosa ho trovato” canticchiò Xander, acchiappando per il bavero dello
spolverino di pelle nera uno stralunato Andrew, con capelli ossigenati alla
Spike e la solita aria da perdente.
Buffy
scese dalle scale, dalla stanza da letto in cui era stata a controllare le
condizioni di salute del vampiro, ed osservò freddamente la nuova preda.
“Mini
Spike di Spikonia” osservò, senza vero calore. “E da quando in qua le
imitazioni sono meglio dell’originale?”
“Lasciami!”
sbottò Andrew, lottando per ritrovare un minimo di dignità.
“Dov’è
Jonathan?” chiese Buffy. “E perché siete tornati, quando vi avevo ingiunto di
non farvi mai più rivedere a Sunnydale, a meno che non fosse per…consegnarvi
alla polizia?”
“Non
sono affari tuoi, cacciatrice. Non ti piace il mio nuovo look? Strano, sembrava
avessi un debole per questo tipo di maschi…”
Non
fece in tempo a finire la frase. Buffy lo sollevò per il collo e lo sbatté
contro il muro del suo salotto.
“Frena
la tua lurida lingua un istante ed ascolta” disse, fredda come il ghiaccio,
fissandolo con occhi senz’anima. “Non ti ho ancora perdonato i pasticci che mi
hai combinato con i tuoi degni compari. E soprattutto non ti ho ancora
perdonato le schifose risate che vi sarete fatti alle nostre spalle quando ci
osservavate con le vostre telecamere. Per non parlare della povera Katrina.
Dammi un solo motivo per non ucciderti.”
La
paura passò per gli occhi del ragazzo.
“Uc-uccidermi?
Nessuno parla di uccidere! Tu sei dei buoni, non uccidi umani innocenti!”
“Su
cosa sia io, non giocarci i tuoi ultimi risparmi” lo avvisò Buffy. “Ed ora
sputa il rospo”
“Fossi
in te non lo farei” rise Angelus, mentre Fred, tremando, lo teneva sotto tiro.
“Non
prendere alla leggera la mia minaccia” mormorò lei, impaurita a morte ma
determinata a finirlo se solo lui avesse toccato di nuovo i suoi amici.
“No.
Soprattutto perché ho altro da fare.” rise Angelus, e si slanciò fuori
dall’Hyperion, nella notte profumata.
Wes
raccolse Cordelia tra le braccia. Gli amici si fissarono. Avevano rilasciato
una nuova piaga sull’umanità. Complimenti, un tempismo perfetto.
“C’è
solo una soluzione” disse Wes, esprimendo il pensiero di tutti. “C’è solo una
persona che può fermarlo ora”
Cordy
annuì, asciugandosi il sangue dalle labbra ferite.
“La
cacciatrice”
Buffy
fece legare Andrew allo stesso tubo del riscaldamento a cui aveva legato Spike,
e invitò Willow a procedere.
La
strega era pallidissima. La prova appena sostenuta, la vista di Tara piangente,
era stata troppo per lei, per la sua fragile personalità già solcata dai sensi
di colpa. Ed ora…ora …poteva di nuovo sperimentare una simile bassezza?
Buffy
la fissò con durezza.
“Questa
è una guerra, Willow. Una guerra senza confini. Lasciare liberi questi tre ha
causato la morte di Tara. Vuoi correre di nuovo un simile rischio?”
Willow
scosse il capo, le lacrime che rigavano il suo bel volto.
“Temo
che finirlo a pugni possa non bastare, se la Cosa che abitava Spike è anche in
lui”
Xander
non credeva alle sue orecchie. Buffy che parlava di “finire a pugni” un umano
innocente fino a prova contraria? Ma cosa diavolo stava succedendo?
Anya
scese dalle scale. “Mi ha chiamato Dawn” spiegò. “Dice che avete fatto una
specie di esorcismo su …Spike? E questo chi è? Il suo fratellino minore?
Chachi?”
“Andrew…ricordi?
Le telecamere?”
Anya
si irrigidì. Il ricordo delle parole volate tra le e Xander in quell’occasione
era ancora bruciante.
“Finiscilo”
disse a Willow, e tornò velocemente al piano di sopra.
“Lasciatemi
andare! Sono innocente! E’ un sacrilegio!” urlò Andrew.
Buffy
lo fece tacere con un pugno. “Parla ancora e potrei rivedere le mie
intenzioni…e fare l’upgrade dalla tortura all’assassinio!”
Gli
occhi di Willow si scurirono. In un istante, rivide il volto pallido di Tara,
il sangue sul suo pullover, la sua ultima parola sussurrata.
Andrew
cominciò ad urlare.
“In
parlatorio!”
Faith
si sollevò dalla sua branda. Ultimamente, non riusciva a dormire bene. Da
quanto Jay era stata uccisa sotto i suoi occhi, per l’esattezza.
Si
chiese se stavolta erano venuti per lei.
Non
c’era stata nessuna inchiesta per la sua morte. Lei aveva pianto, urlato, e
nessuno le aveva dato retta. Jay era felice con la sua famiglia, a
Philadelphia. Jay aveva scritto al carcere.
Ma
Faith sapeva che Jay non aveva una famiglia, e soprattutto sapeva che lei era
morta.
C’era
in atto una congiura, qualcosa di più grosso, qualcosa di più potente del
Sindaco Wilkins.
E,
chiunque fosse stato a metterla in atto, si stava prendendo gioco anche di lei,
perché l’aveva lasciata quale impotente testimone ad assistere alla morte della
ragazza.
Si
sentiva malissimo. Era come se l’avesse consegnata lei stessa ai suoi
carnefici, addestrandola ad essere una cacciatrice. Si guardò nello specchio,
gli occhi pesti per il pianto, i capelli scuri e lunghi in disordine sul bel
viso innaturalmente pallido.
“Sono
una cacciatrice” si disse Faith. “E morirò con dignità. Combattendo”
Uscì
dalla cella senza rimpianti per quell’oasi di intima redenzione. Seguì la
guardia femminile fino al parlatorio. Si aspettava Angel, era l’unico che
ancora veniva a trovarla, di tanto in tanto.
Era
Wesley.
“Mio
Dio, stai bene?” le chiese il suo antico osservatore.
“Five
by five” rispose lei, scostandosi i capelli dagli occhi.
“Abbiamo
bisogno di te” le chiese Wes, scandendo le parole.
“Non
posso far molto, qui, a parte pregare per voi” rise amaramente la ragazza.
“Ho
qui la tua libertà condizionata” le spiegò l’uomo. “Il consiglio ha mosso i
suoi fili. Sei libera, Faith”
Lei
non reagì come si era atteso. Era dura, decisa…e per niente felice.
“Mi
volete per combattere una battaglia?”
“Ti
vogliamo per combattere la guerra” corresse lui.
“Sono
dei vostri” rispose semplicemente Faith, preparandosi in cuor suo a lasciare il
fragile porto in cui aveva combattuto per ritrovare, in quegli anni, la sua
umanità.
La
Cosa sorse da Andrew con infinità facilità. A quanto pareva, la resistenza che
Spike aveva opposto alla tortura era stata enormemente superiore.
E,
non molto sorprendentemente, assunse le sembianze di Warren.
“Strega,
ci rivediamo. Quante volte ancora dovrai farmi del male?” si lamentò l’ombra,
petulante.
“Mai
abbastanza, se serve almeno in parte a ripagare quello che hai fatto a Tara”
“Tara
è qui con me, e si lamenta che i vermi stanno mangiando il suo corpo. Le porterò
i tuoi saluti.” Willow impallidì, ma la forza da lei emanata aumentò. La Cosa
continuò la sua malevole dissertazione.
“Siete
degli stolti. Siete una fragile cosa, tutti quanti. Quel vampiro al piano di
sopra con la sua strana, insopportabile anima, quell’ammasso di energia
trascurato da tutto e da tutti da quando ha fallito la sua unica missione, che
era quella di morire miserevolmente, aprendo quello stramaledetto portale e
facendo discendere l’inferno in terra, e tu, strega fallita, incapace di abbracciare
fino in fondo la tua oscurità. Ma vince questo round la nostra cacciatrice
preferita, senz’anima come un demonio, incapace di far altro che uccidere,
uccidere, uccidere…”
Buffy
prese una sciabola, e decapitò Warren.
L’immagine
risorse in un istante. Era Jonathan.
“Ah,
l’ironia, Buffy!” gridò il suo antico compagno di scuola. “Salvarmi sulla torre
del liceo di Sunnydale, solo per farmi uccidere così, da questo pusillanime di
Andrew, posseduto da Warren, che non è altro che…”
Mille
voci, sorte dal nulla, gridarono insieme.
“Il
male!”
Tutte
le finestre della casa di Revello Drive implosero insieme.
Quando
il rumore, lento, insopportabile, dei cristalli in frantumi si fu chetato,
Spike si sollevò dal letto.
Buffy!
E
Dawn!
E
Xander, Willow, Anya!
Anche
se non stava ancora bene, si scagliò fuori dalla stanza, i piedi nudi feriti a
contatto dei vetri in frantumi, e si precipitò in salotto. Dawn e Anya erano in
stato di choc. Le spinse in bagno, la stanza più protetta della casa, e mise
tra le mani di Anya del disinfettante e del cotone.
Grazie
a Dio, gli altri erano nello scantinato, e quindi non dovevano aver avuto
particolari problemi.
Si
precipitò giù per le scale, sussultando al contatto con il cemento grezzo degli
scalini, e rimase impietrito. Il corpo di Andrew giaceva in un mucchietto a
terra, mentre qualcosa di innominabile, di immondo, si era materializzato. A
nulla valeva la magia di Willow, atterrita, o le sciabolate di Buffy,
infuriata. La cosa diventava sempre più grossa, sempre più oscura, senza
confini, e stava inghiottendo la stanza.
Buffy,
d’un tratto, capì.
Presa
la sciabola, sollevò Andrew e gli tagliò la gola.
Il
grido di Spike risuonò a lungo, quasi tanto a lungo quanto era risuonato il
frantumare dei cristalli.
Buffy
aveva ucciso.
Un
essere umano, in parte, forse, non ancora del tutto corrotto.
Ma
la cosa era sparita.
Buffy
guardava il sangue sulle sue mani. La sua intuizione era stata giusta:
uccidendo il nuovo portatore del male, aveva – almeno per il momento – messo in
fuga il male stesso, ma a che prezzo?
E
se si fosse sbagliata? E se uccidere Andrew non fosse servito a nulla?
Allora,
sarebbe morto anche lui, inghiottito come lei, come tutti loro, da quella
macchia immonda.
Ma
la Buffy di un tempo, quella con l’anima, avrebbe ucciso?
Si
voltò, come disorientata. L’enormità di quanto aveva fatto la colpiva
intellettivamente, ma non ancora emotivamente. Forse, questo non sarebbe
successo mai. Incontrò gli occhi grandi, sbarrati di Spike. E si rifugiò tra le
sue braccia.
“Ho
fatto bene, vero? Quella cosa ci avrebbe uccisi tutti”
Spike
ebbe pietà di lei, e non rispose. Non c’era niente da dire.
Faith
respirò l’aria della notte. Era come un elisir, dopo mille e più notti
trascorse in gabbia, in prigione, nel chiuso di una cella. Sentiva tutti i
sensi in ebollizione, e la voglia di uccidere, cacciare, ferire era più forte
che mai.
C’era
un vecchio conto da regolare.
Mise
da parte la pietà, l’amicizia, il conforto che Angel aveva provato per lei,
diventando la sua guida quando la notte più buia l’aveva avvolta.
E
tirò fuori la rabbia, quella che le si era accumulata dentro quando lui aveva
fatto finta di essere divenuto Angelus per costringerla a tradire il Sindaco,
quella che aveva provato quando avevano massacrato la giovane Jay davanti a suoi
stessi occhi.
“Micio,
micio” disse, tirando fuori il paletto. “La tua padrona è arrivata per
rimetterti in gabbia”
PARTE
QUARTA
APOCALYPSE,
NOW
“Ragazzi!
Venite subito su! Qualcosa di orribile sta radunandosi sul prato!”
La
voce di Anya li scosse. Xander prese per un braccio Willow, ancora impietrita,
e Spike spinse dolcemente Buffy su per le scale.
Dawn,
inorridita, fissava il prato al di là del telaio in frantumi delle finestre del
salotto.
Una
specie di nube incombeva sul sole, oscurandone la luce. Nel cielo
progressivamente sempre più buio, si addensavano uccelli da preda nera, dai
becchi ricurvi, come fuoriusciti da un orribile incubo.
Uccelli
di un altro mondo, un mondo perduto, demoniache presenze, come resuscitate da
un passato così remoto da essere stato scordato dall’umanità.
Quasi.
Figure
minacciose, dai confini incerti, aspettavano sull’orlo di un impossibile
orizzonte di rovesciarsi sulla casa dei Summers.
Quando
la terra cominciò a tremare, dal profondo, Buffy voltò lo sguardo intorno a sé.
E
non per la prima volta si chiese se non fosse il caso di uccidere subito le
persone a lei care, per evitare loro l’inevitabile sofferenza che stava per
avvolgerli tutti.
Cominciando
da Spike.
Anche
a Los Angeles il cielo si era oscurato, e così a Mosca, a Berlino, a Pechino, a
Riad.
In
tutto il mondo. Dove era notte, la notte era diventata ancora più cupa. Dove
era giorno, era stata improvvisamente la tenebra.
Faith
colse Angelus in attesa, sul tetto di un edificio di Rodeo Drive, i sensi
rivolti al male puro che si stava destando.
“Sei
mio” gli disse, il sorriso curvato dalla soddisfazione per averlo trovato dopo
una così breve caccia. “Finalmente”
Angelus
si volse.
“Oh,
Faith! Sei qui in prima fila, a goderti lo spettacolo?”
Lei
sorrise di nuovo.
“Non
ci sarà nessun spettacolo per te. Sarai mio. Dovesse finire il mondo in un
istante, ciò che davvero conta per me è eliminarti”
“Oh,
cara, ma il mondo finirà, è sicuro” rise Angelus. “Non vedo l’ora”
Faith
si slanciò contro di lui, pronta a combattere. Pronta a morire, ma non prima di
avergli immerso un paletto nel cuore.
Stretti
nella lotta, come in una parodia di un impossibile abbraccio, quasi non si
accorsero dell’edificio che tremava violentemente sotto i loro piedi.
Rodeo
Drive era diventata una voragine.
Angelus
la prese tra le braccia, e saltò con lei sul palazzo dall’altro lato della
strada, e poi a quello dopo. Tutto intorno a loro stava crollando.
La
terra ingoiava uno ad uno i simboli dell’umanità.
La
Cacciatrice continuava a riflettere sul da farsi.
Cosa
avrebbe potuto fare, a parte combattere fino all’ultimo respiro? (E sperare che
non esistesse poi qualcosa di così maligno da resuscitarla nuovamente, e per la
terza volta…) Uccidere i suoi. Erano rimasti tutti in casa, atterriti, tranne
Spike, che ora era al suo fianco. Non lo sentiva come qualcosa di difficile da
fare, quanto qualcosa di necessario.
Altre
chances non ne aveva. Sarebbero morti comunque, ed orribilmente.
O,
peggio, sarebbero sopravvissuti.
Lei
non voleva più sopravvivere. Era così stanca.
Sollevò
la sciabola. La testa di Spike sarebbe stata la prima a cadere, lo sapevano
entrambi. Lui si volse di scatto, con occhi saggi, occhi che avevano visto
molte cose, forse troppe.
“No,
Buffy” scosse il capo. “Io sono un guerriero, come te. Voglio morire
combattendo.”
“Allora,
uccidi Xander” disse lei. “Preferisco se lo fai tu. Io penserò alle ragazze”
replicò lei, con una calma che gli raggelò il sangue nelle vene.
“No”
replicò di nuovo Spike. “Questo io non posso farlo, Buffy”
“Non
capisci che siamo soli?” gli chiese lei, quasi urlando. “Il male si è
risvegliato, e noi siamo in due! Cosa diavolo ci resta da fare se non
soccombere?!”
“Non
credo proprio” ribatté una voce, dall’altra parte del prato.
Buffy
e Spike si voltarono.
Giles
era in piedi, e li sfidava con la sua sola presenza a contraddirlo.
Dietro
di lui, stavano altre tre ragazze.
Tre
cacciatrici.
Qui,
Quo e Qua, pensò Buffy. Come se queste tre ragazzine imberbi potessero fare
qualcosa di più che farsi ammazzare. “Giles…hai pensato spesso di poter
cambiare la situazione. Ma, stavolta, dovrai arrenderti. Nulla può cambiare la
situazione”
“Sì,
se conosci ciò che stai combattendo”
“Cosa
c’è da conoscere?” ribatté sarcastica Buffy. “E’ semplicemente l’ennesima
manifestazione del male. Null’altro che questo. Male, male, male. Il male non
si può conoscere, si può solo evitare…e quando è troppo tardi per questo,
combattere”
“Una
sola anima può fare la differenza, Buffy. E stavolta non è la tua”
Buffy
non si offese nemmeno. Nulla di quello che Giles, stavolta, poteva dirle
cambiava la situazione.
“State
dietro di me” disse alle ragazze. “Ci sarà da combattere. Per un po’, potrete
proteggere i civili”
Giles
si avvicinò a Spike. “Mio Dio, stando lontano non mi ero reso veramente conto
di quanto fosse cambiata”
“Buffy
è morta, cadendo da una torre, due anni fa” disse semplicemente Spike. “E non è
più tornata da noi…come succede con i morti.”
“Spike…non
è ancora finita. Lei non intende ascoltarmi, ma tu devi”
“Io…ascoltarti?”
Spike osservò l’osservatore con i suoi grandi occhi. “Perché? Hai fiducia in
me? Mi hai detto un giorno che non avresti mai preso in considerazione la mia
opinione”
“Questo
era prima…dell’anima” replicò semplicemente Giles.
“Ti
ascolto, Giles”
“Questo
non è ‘male’, o ‘Satana’. Questo è qualcosa di più potente”
“Non
mi dirai che è il bene?”
“Qualcosa
del genere. Hai mai sentito parlare dei “poteri che sono”?
“No.
Sono solo un povero vampiro”
“I
poteri che sono da millenni, dall’inizio del tempo, assicurano il bilanciamento
tra male e bene. Dirigono il gioco, per così dire. Per esempio, hanno
consentito a te di ottenere la tua anima…ed usano Angel e le visioni di
Cordelia come loro strumenti per tenere a bada il male.”
“Ed
ora…si sono stufati di stare a guardare?”
“Qualcosa
del genere. E vogliono prendersi tutto il potere. Avrebbero dovuto impedire a
Willow di fare l’incantesimo per riportare in vita Buffy: il suo ruolo nel
gioco era già esaurito quando incontrò il Maestro. Ma la lasciarono fare, e
l’incantesimo venne interrotto, e Buffy perse la sua anima. Ed ora, loro sanno
che una cacciatrice senz’anima è di per sé in grado di alterare l’equilibrio.
Allora, hanno dato l’anima a te…ma, con tutto il rispetto, non è la stessa
cosa”
“E
le altre cacciatrici? Faith? Le ragazze che hai portato?”
“Moriranno.
Le hanno fatte inseguire dai loro seguaci per ucciderle, per riportare
l’equilibrio in svantaggio a Buffy…una sola cacciatrice, senz’anima”
“Non
abbiamo alleati, allora”
Giles
lo fissò. “Ci sono poteri persino più potenti dei poteri che sono. Ci sono le
forze del bene, quelle vere. Quelle che non intervengono che una volta per
millennio, a volte più raramente. I poteri che sono sono semplicemente un loro
strumento, come Satana. Se l’equilibrio salta, le forze del bene,
interverranno. Diavolo, devono intervenire”
“E’
vero” disse una voce maschile, gioviale, alle loro spalle. “Le forze del bene
scelgono attentamente quando intervenire. E direi che questo è il momento”
Giles
e Spike si voltarono.
Il
Preside della scuola, Robin Wood, li fissava tranquillo, con la sua solita aria
serena e pragmatica.
“Non
credevo che la cosa sarebbe arrivata a questo punto” commentò il giovane nero.
“Si erano avuti sintomi dell’insofferenza dei poteri che sono…quella ragazza
non avrebbe mai dovuto essere rianimata. Il suo tempo era finito, e lei aveva
trovato la pace che meritava. Quando poi il vampiro ha riavuto la sua
anima…andiamo, avevano veramente esagerato!”
“Lei…chi
è?” chiese Giles.
“Il
mio nome è Gabriel” rispose dolcemente l’uomo. “Di tanto in tanto, devo
intervenire quando Satana, o i poteri che sono, esagerano. Come ora, per
esempio”
“Gabriel….l’arcangelo?”
Robin
Wood non rispose, si limitò a sorridere.
Dietro
di lui, si stagliò una giovane donna dai capelli scuri. “Ed io sono Michael”
disse la donna, che Giles riconobbe vagamente come l’antica segretaria della
scuola, ai tempi di Snyder. Quindi, loro erano sempre stati lì…al loro fianco.
In tutti quegli anni. In tutte quelle apocalissi. Sopra la bocca dell’inferno.
Il
Preside e la segretaria si fissarono sorridendo. Poi, Robin Wood osservò Spike.
“A
cosa sei pronto a rinunciare per riportare l’equilibrio?”
Spike
impietrì. Possibile che proprio lui, il killer, il demonio, potesse far
qualcosa per il bene?
“Avanti,
non temere. Parla”
Spike
deglutì.
“A
tutto” rispose, semplicemente. “Alla vita. Alla mia anima. Ad ogni cosa. Vi
prego, prendete quello che dovete, ma fate presto”
“C’è
tutto il tempo del mondo” rispose Michael, con eterna saggezza.
“Grazie
dell’offerta. Prenderemo la tua vita” disse dolcemente Gabriel.
“Prendete
anche la mia anima” supplicò Spike. “E datela a Buffy. Lei non può vivere
senza. Io non posso morire con lei…in quello stato…vi prego”
Gabriel
non rispose.
Michael,
accanto a lui, fece un cenno con la mano.
Il
tempo si fermò.
Faith
ed Angelus, stretti in un abbraccio di morte, si sporsero da un cornicione,
mentre il mondo attendeva.
Buffy
attese con la sciabola alzata, pronta, pur senza provarne alcuna emozione,
all’ultima difesa, all’ultima battaglia.
Spike
fissò gli occhi delle due entità angeliche. Sapeva che era il suo ultimo
istante. Avevano fermato il tempo per consentirgli di gustarlo meglio.
Voltò
dolcemente il capo, in un istante di immensa serenità, come non ne aveva mai
provata da secoli, letteralmente.
Per
ritrovare tanta serenità, doveva riandare con la mente ad una domenica
trascorsa in campagna, con sua madre, suo padre, i suoi libri di poesia.
Nemmeno
nel profondo del grembo di Buffy, quella Buffy senz’anima, aveva conosciuto una
simile serenità.
La
fissò. Era bellissima. Era sua, senza saperlo, come è nostro tutto ciò che
amiamo.
E
non sarebbe stata più sola. Anche se per consentire questo doveva lasciarla.
Per sempre.
Il
gesto di Michael si alzò nel cielo azzurro, divenne una fiamma che lo avvolse.
Faceva
male.
Ma
stava finendo. Grazie a Dio, stava finendo.
Buffy
fissò esterrefatta la pira che avvolgeva e consumava il corpo di Spike. Tra le
fiamme, intravide il suo volto, i suoi indimenticabili occhi.
E
cominciò ad urlare.
Il
dolore era insopportabile.
Il
dolore era anche fisico.
E
la stava consumando dall’interno, come la fiamma consumava Spike.
E
quando di lui non ci furono più che ceneri, Buffy smise di urlare.
E,
mettendo a fuoco il mondo che era intorno a lei, si accorse che erano tornati i
colori.
Il
fuoco bruciava di nuovo.
Faith
ed Angel si accorsero che stavano cadendo.
Angel
la fermò, facendo presa con il braccio sul cornicione del palazzo. Con uno
sforzo sovraumano, la prese e la sollevò al sicuro.
Faith,
a sua volta, allungò una mano, e lo tirò su.
Le
bastò uno sguardo per capire che era di nuovo lui. Il Damat, il cristallo che
conteneva la sua anima, poteva essere nascosto da qualche parte nei sotterranei
della Wolfram & Hart, l’agente di Satana, ma l’anima era tornata in lui.
Era
di nuovo Angel, il suo amico. Il suo conforto.
Angel
la prese tra le braccia, e la confortò, accarezzandole i capelli. Il suo
orgoglio soffriva: alla fine, non era stato lui il vampiro con l’anima a
cambiare le carte in tavola.
Ma
non importava. Qualcuno era intervenuto, ed il Bene aveva di nuovo trionfato
sul potere.
Perché
il potere di per sé non è né buono né cattivo. Conta l’uso che se ne fa, e
questo Angel l’aveva sempre saputo, fin da quando si chiamava Liam ed era un
buono a nulla.
La
notte si ritirò dalla Terra, ed i poteri che sono ritirarono le loro forze nel
nulla da cui provenivano, ricucendo lo strappo dimensionale che le aveva fatte
intervenire in massa su questo piano.
E
la battaglia quotidiana per l’equilibrio tra bene e male ricominciò,
impercettibile
Buffy,
sul prato di casa sua, una casa quasi distrutta, da ricostruire fin dalle
fondamenta, sentì l’amore rifluire in lei, come un fiume.
E
con l’amore, il dolore.
Riabbracciò
Dawn, e quindi i suoi amici. Lei e Willow piansero insieme. E poi strinse Giles
tra le braccia, sentendo che erano anni che non lo faceva più… da quando era
caduta dalla torre di Glory.
Buffy
Summers aveva finalmente riavuto la sua anima.
Solo
che non era la sua. Ma quella di Spike.
Buffy
pianse lacrime amare, stretta a Giles.
“Non
dovevi permetterglierlo” gli disse, mentre – indisturbati, ed ignorati da tutti
– Gabriel e Michael svanivano. “Non dovevi. Come farò senza di lui? Come avrei
potuto sopportare tutto ciò senza di lui?”
“Non
c’era semplicemente scelta” osservò Giles. “Lo diceva la profezia dello Shansu.
Il vampiro con l’anima avrebbe determinato le sorti del mondo nell’Apocalisse.
Ed in cambio…”.
“Doveva
essere Angel” replicò Buffy, senza davvero ascoltarlo. “E’ per questo che mi ha
lasciata. Ma Spike era mio. Lui doveva stare con me. Sempre.”
“A
quanto pare, non era così. Devi accettarlo, Buffy. Lui ti ha ridato un’anima.
Sei davvero tornata da noi, adesso. Non abbandonarci di nuovo”
Lei,
finalmente, capì.
No,
nonostante il suo immenso dolore, non poteva abbandonarli di nuovo. Aveva
finalmente delle responsabilità, aveva dell’amore da dare ai suoi cari. La sua
anima le consentiva finalmente di capire cosa provava per Spike.
E
l’amore per lui non sarebbe mai stato dimenticato, mai svanito.
Ma
era proprio il suo sacrificio che ora le imponeva di vivere appieno.
Asciugandosi
le lacrime, Buffy andò incontro al nuovo giorno.
EPILOGO
Il
battito del mondo era ricominciato.
Xander
stava ricostruendo Casa Summers, e Willow stava ritornando ai suoi studi,
coltivando una nuova amicizia. Era Donna, una delle tre aspiranti cacciatrici.
Lei e Willow avevano scoperto di avere molto in comune, ed ora il loro rapporto
si stava approfondendo.
Dawn
era ritornata a scuola. Giles pensava di tornare in Inghilterra, dove era stato
incaricato di ricostruire dalle fondamenta il Consiglio degli Osservatori.
E
la Bocca dell’inferno continuava a sfornare minacce.
Tutto
come sempre.
A
Los Angeles, Cordelia aveva lasciato l’appartamento di Connor ed era tornata
all’hotel Hyperion. Angel non aveva avuto bisogno di spiegarle: Cordelia lo
aveva accolto tra le sue braccia, e tutto era stato capito e perdonato.
Faith,
nonostante i continui battibecchi con Wesley, si era stabilita a Los Angeles e
pattugliava le strade, di notte, con la Gang, più serena di un tempo, ed aveva
preso sotto le sue ali protettrici la più giovane delle tre aspiranti
cacciatrici, una ragazza russa di nome Oxana che a malapena parlava inglese ma
che la fissava con lo stesso affetto che per lei aveva provato la povera Jay.
L’altra
aspirante cacciatrice era tornata a Detroit, da i suoi genitori, ed ora
conduceva una vita serena, in attesa dell’eventuale chiamata.
E
Buffy pattugliava i cimiteri.
Da
sola, lo spolverino di pelle nere indosso, in tasca ancora il suo accendino e
le sue Marlboro, attraversava la notte, e per lei il fuoco di nuovo ardeva.
Aveva
ricevuto una lettera di Riley, in cui lui le raccontava di essere stato
trasferito in Medio Oriente, per combattere una nuova misteriosa entità. Le
cose con sua moglie andavano bene, ma non mancavano gli screzi. Ma quello,
francamente, non era affare di Buffy.
Angel
aveva Cordelia a cui pensare, Riley doveva far funzionare il suo matrimonio, e
Buffy stava bene da sola.
Almeno,
quando piangeva, nessuno le chiedeva il perché.
“Ho
più rimorsi che rimpianti…ed in fondo, non è meglio così?” si chiedeva.
No,
non lo era.
Soprattutto
quando pensava a come l’aveva trattato. A come lui aveva accettato tutto quello
che lei poteva dargli, ed era stato così poco, Dio, così poco…
“Basta,
sennò piango di nuovo” si disse Buffy, e si diresse verso casa. Al Wal – Mart
avevano aperto un nuovo Blockbuster. Voleva affittare un film commovente,
almeno non avrebbe dovuto spiegare a Dawn il perché delle sue lacrime. Indecisa
tra “Fiori d’acciaio” e “A time for dancing”, scelse quest’ultimo, che non
aveva ancora visto. Così, un bel pianto di un paio d’ore era assicurato e
giustificato. La cosa quasi quasi la faceva ridere. A quel che pareva, l’anima
di Spike non aveva perso il suo senso dell’umorismo.
Alcuni
pensionati giocavano a domino all’angolo del supermercato, nella notte tiepida.
Lei passò veloce, senza fermarsi, fino a che – alla luce dei lampioni – non
scorse un profilo netto, elegante, che conosceva meglio di qualunque altro al
mondo.
Non
credeva ai suoi occhi.
L’uomo
giocava a domino, e la luce giallastra del lampione illuminava il suo volto
dagli zigomi alti, e la bocca piena, e gli occhi profondi, a volte chiari come
un lago di montagna, a volte scuriti dalla passione.
I
morbidi capelli ondulati, di un caldo color brunito, gli incorniciavano la
fronte alta, elegante. Le sue belle mani fini maneggiavano le tesserine
colorate.
Lui
sollevò il capo e sorrise.
Anche
Buffy sorrise. Avrebbe riconosciuto il suo profilo anche tra mille anni.
“Vuol
giocare, signorina?” le chiese, con la sua bella voce profonda, dall’accento
inglese.
“Mi
spiace, ma non conosco le regole” replicò Buffy. “Non le ho mai conosciute.”
“Se
permette, le insegno io” replicò lui, con un sospiro soddisfatto “Sono arrivato
dall’Inghilterra solo da pochi giorni, per una borsa di studio come docente a
contratto all’università di Sunnydale. Letteratura dell’ottocento inglese: è la
mia materia. Ho imparato questo gioco da questi gentili signori…e mi distraggo
così, dopo il lavoro. Ma forse la sto annoiando…” timidamente, il giovane la
fissò. Lei era incantevole.
Buffy
sorrise, e si sedette accanto a lui, prendendo la sedia che uno dei pensionati
gentilmente le porse.
“Affatto.
Adoro anch’io la letteratura inglese. Soprattutto la poesia. Crede che potrò
iscrivermi al suo corso, questo semestre?”
“Per
quel che ne so, le iscrizioni sono ancora aperte.”
“Bene.”
rispose Buffy. “Allora, William, giochiamo”
Lui
la fissò, sorpreso. “Come fa a sapere che mi chiamo William?”
Ma
Buffy sorrise, scosse il capo, e cominciò a posizionare le sue tessere sul
tavolo, ringraziando in cuor suo Gabriel, Michael e persino i poteri che sono.
FINE