L’APOCALISSE ADESSO

 

 

Autore: Rogiari2001, of course.

 

 

Shipper: Leggere per credere...

Disclaimer: Tutto di Joss Whedon, ME, e quant’altri lo possiedono e NON lo trasmettono in Italia…

Feed – back: sempre super gradito a rogiari@inwind.it, o pubblicamente sulle liste dove la fanfic è pubblicata

Sommario: questa storia è basata sugli spoiler di William the Poet e The Partyman nella mail list “The stakehouse” sugli sviluppi della settima stagione di Buffy e della quarta di Angel. Questi spoiler non sono accreditati, ma sono serviti da spunto per scrivere, e pertanto ringrazio chi li ha forniti. E’ quindi un cross – over tra le serie “Buffy the vampire slayer” e “Angel the series”.

All’avvicinarsi dell’apocalisse finale, tutti raccolgono le loro forze. Angel è disposto a fare emergere il suo lato più oscuro pur di combattere la “Bestia”, Buffy deve fare i conti con il proprio io più profondo, stramente sopito, e Spike deve lottare contro la sua stessa follia…

Rating: vietato ai minori di anni quattordici.

 

PROLOGO.

 

Sunnydale, novembre 2002.

 

Los Angeles era impazzita, ed a Sunnydale non si stava meglio. “From beneath it devours”, da sotto ti divora, e strani fenomeni disturbavano le caldi notti della California, propagandosi dalla bocca dell’inferno fino alle strade ed ai vicoli oscuri della metropoli.

Buffy pattugliava fino all’alba, a volte accompagnata da Spike, più spesso da sola, mentre i suoi amici dormivano nei loro comodi letti, turbati dalla consapevolezza di non essere comunque più in grado di fare fronte a questo tipo di gioco. Qui non si stava combattendo la lotta quotidiana per il bene, pensò Buffy, qui si combatteva la guerra.

Forse, quella finale.

Nelle notti in cui Spike era con lei, Buffy doveva trattenersi a stento dall’istinto di schiaffeggiarlo per farlo ritornare in sé, per farlo ritornare l’irritante, arrogante, figlio di buona vampira che l’aveva tenuta viva quando ancora il fuoco bruciava in lei.

Ma lui era andato via, per riconquistarsi un’anima, ed ora quell’anima lo marchiava a fuoco, e lo teneva lontano da lei, che il suo fuoco, in qualche modo, l’aveva perso per strada, smarrito, dimenticato.

Forse per sempre.

Buffy poteva ingannare il mondo, ma non se stessa, o Spike, per quanto strano potesse sembrare.

Era tornata dall’aldilà, era caduta in un vortice nero di depressione, ne era uscita.

Non troppo.

Oh, ora non soffriva più. Non desiderava più bruciare la sua carne al fuoco di una passione senza sentimento, come aveva fatto l’anno scorso, non sognava più di impossibili mondi paralleli dove lei era la figlia malata ed accudita di Joyce ed Hank Summers, e Dawn, Spike, i suoi amici, erano solo frammenti impazziti di una mente schizofrenica.

Ora, era quasi peggio.

Buffy stava bene, mangiava, aveva persino messo su un paio di chili, sorrideva, guardava la tv, fissava con occhi stellati i giovani che a scuola le chiedevano aiuto.

E nel profondo del cuore era fredda e sola e immota come la stella polare, ed ogni suo sentimento si era avvizzito e spento, in silenzio, come un fiore che muore.

Provare compassione per Spike? Come poteva, se non ne provava più nemmeno per se stessa?

Quella notte, Buffy aveva accompagnato Spike a casa di Xander, dove ora il vampiro abitava, e l’aveva salutato brevemente, facendo finta di non notare il suo sguardo ferito per la sua cordiale freddezza.

Eravamo amanti, sembravano dirle quei brucianti occhi blu, ed ora per te sono solo un estraneo.

“Anch’io sono un’estranea” si disse Buffy, ritornando lentamente verso casa. “Non so più chi sono. Né triste, né infelice, solo senza sentimenti.”

Immersa in questi pensieri, quasi non si accorse di quando una voragine si aprì ai suoi piedi.

Poco ci mancò che vi cadde dentro.

From beneath, it devours.

 

 

Los Angeles.

 

L’immagine era di quelle che facevano male. La Bestia era un immenso ammasso di muscoli e scaglie e spuntoni di roccia, e stava affrontando Angel su uno delle miriadi di tetti della città. Cordelia, poco distante di lì, era caduta a terra, atterrita, e poi si era ripresa, per correre tra le forti braccia del suo amore.

Solo che il suo amore non era più Angel.

Gli occhi scuri del vampiro la seguirono, senza l’ombra di una lacrima, mentre lei si rifugiava accanto a Connor. Gli occhi azzurri del ragazzo, quegli occhi così simili a quelli di Darla da fargli male solo al vederli, si fissarono trionfanti su di lui.

Cordelia aveva scelto.

Angel si concentrò nella lotta. Nulla aveva più senso, se non riusciva a sconfiggere la bestia. Né lui, ed il suo patetico dolore, né la scelta di Cordelia, né la soddisfazione di suo figlio – suo figlio! – nel rendersi conto di essere finalmente riuscito a ferirlo.

La Bestia rise.

“Non potrai sconfiggermi” disse “Né ora né mai. Non sei abbastanza impregnato dal male per riuscirci. From beneath, it devours”

“Beh, mai arrendersi” commentò Angel, e sferrò un colpo con la alabarda affilata che teneva in mano.

La bestia si sollevò da terra, evitando il colpo, fluttuò un istante a mezz’aria, e poi sparì beffarda ed improvvisa come era giunta.

Disorientato, Angel accorse da Cordelia.

“Stai bene?” le chiese, preoccupato.

Lei non rispose. Strinse la mano di Connor e lo fissò negli occhi.

“Connor…andiamo a casa”

Ed Angel rimase di nuovo solo sul tetto.

 

I PARTE

ASSASSINII A SUNNYDALE

 

 

“C’è una voragine in Morgan Street” disse Buffy, con calma, mentre preparava la colazione per Xander, che come ogni mattina era passato per portare lei e Dawn a scuola. “Mi si è aperta davanti ai piedi, mentre tornavo dalla pattuglia. Tubature scoppiate? O qualcosa di demoniaco?”

Xander la fissò. “Beh, non lo sapremo finché non lo vedremo. Prendo con me un paio dei miei uomini, e vado ad investigare, dopo. Che ne dici?”

“Che voragine?” indagò Dawn, imburrando due fette di pane per poi ripensarci e lasciarne una. “Altro vermone gigante?”

“Non so. Spike dorme?” chiese Buffy.

“Sì, ma non per molto. Parlava di trovarsi un altro appartamento. Non che la cosa mi disturbi, anzi”

“Ah” replicò solo Buffy. “La vostra convivenza è già finita?”

“Direi che è durata anche abbastanza” commentò Xander. “Non che abbia di recente sentito il bisogno di convivere con un vampiro psicotico, ma un po’ mi mancherà. Non ci crederai, ma mi preparava da mangiare, la sera. Ed era anche bravo, con i fornelli”

“Lo so” disse Buffy. “Ancora ciambelle?”

E così, anche il discorso sul futuro di Spike cadde nel vuoto della generale disattenzione buffiana.

 

La ragazza era carina, sorridente, bionda. E si chiamava Stacey, come gli aveva detto quando erano usciti insieme dall’agenzia immobiliare.

Simile a Buffy, senonché il suo sorriso aveva calore, mentre lo stava studiando con interesse: i suoi jeans Levi’s, la sua camicia scura, il semplice giubbotto di denim, la sua classe innata nonostante i capelli platinati da punk. Un bel ragazzo.

“Vivrai da solo, qui?” gli chiese, mentre gli faceva strada sulla scaletta che conduceva al monolocale con bagno ed angolo cottura che lui aveva scelto sul catalogo.

“Credo proprio di sì” sorrise Spike, mentre il sole splendeva sui suoi capelli chiari.

“Non hai la ragazza?”

“Non ancora” rispose lui, con un sorriso ancora più largo. “Ho molto…sofferto, in amore. Mi sto riprendendo”

“Beh, se qualche volta…insomma…potremmo vederci, non credi?”

“Perché no?” sorrise lui. E poi, sempre sorridendo, si chinò su di lei ad affondò le sue zanne nel collo bianco.

Stacey si accasciò senza nemmeno un gemito.

 

 

Quella sera il Bronze era affollato. Xander stava chiacchierando in uno dei divanetti con una ragazza conosciuta al centro commerciale dove con i suoi uomini andava nella pausa pranzo, e Buffy non si vedeva da nessuna parte. Probabilmente, era andata di pattuglia con Dawn.

Spike sedeva sconsolato in uno dei separé, sulla galleria. Da lì poteva vedere il punto in cui l’anno prima, con Buffy…a che scopo, pensarci?

Stava meglio, e questo era già qualcosa. Le voci nella sua mente non erano più così invasive, intrusive, ed era quasi sempre lucido.

Era quel quasi sempre che lo turbava.

Quella mattina, per esempio. Aveva telefonato all’agenzia per chiedere la lista dei monolocali disponibili, ed aveva fissato un appuntamento con una ragazza gentile di nome Stacey, che gli aveva detto che sarebbe passata a prenderlo per condurlo sul posto quella sera.

Ma l’aveva attesa invano. Stacey non era venuta, e lui – alla fine – era andato con Xander al Bronze.

La cosa strana era che gli sembrava di ricordare un motivo, un motivo plausibile, per l’assenza della ragazza, solo che non avrebbe mai saputo dire qual’era.

A volte, perdeva brevemente la memoria di sé, e di ciò che aveva fatto. Si risvegliava da questi momenti di torpore confuso, incerto.

“Balli?” gli chiese una ragazza vestita di bianco, i capelli scuri e lunghi in morbidi riccioli attorno al viso minuto.

“Scusami, dolcezza, ma non sono dell’umore”.

Si avvide di averla ferita. La ragazza sorrise. “Forse possiamo parlarne, allora”

Lui sospirò. Non voleva essere scortese, ma avrebbe preferito restare solo. Comunque, le fece gesto di accomodarsi.

“Mi chiamo Lisa” disse lei. “Lavoro al centro commerciale. Sono un’amica di Nora, la ragazza che sta ballando con il tuo amico.”

“Non è mio amico” replicò Spike, senza asprezza. “Solo il mio coinquilino”

“Ma voi non siete...voglio dire...”

“No, non in quel senso” la rassicurò Spike, brevemente. “E poi, sto cercando una nuova casa”.

“Ah. Forse potrei aiutarti. Nel centro commerciale c’è un’agenzia immobiliare, e la ragazza che ci lavora è mia amica. Si chiama Stacey”

“Stacey? Aveva fissato un appuntamento con me per farmi vedere una casa, ma poi non si è presentata. Pensi che abbia trovato un altro inquilino?”

“Non è da lei. E’ sempre molto corretta. Vedrai, ci sarà un altra spiegazione”

La ragazza sorrideva. “C’è troppo rumore, qui. Perché non andiamo...da qualche altra parte? Se il tuo coinquilino è qui con Nora, ne avrà ancora per un po’...”

“Non ho fretta di andarmene” replicò Spike, lasciando cadere l’avance della ragazza nel vuoto. “Magari un’altra volta”

“Magari quando mi sarò messa addosso qualcosa di più confortevole” ironizzò lei, per niente ferita dal suo rifiuto.

La luce delle stroboscopiche illuminò per un istante, un solo istante, il suo viso demoniaco.

Spike balzò in piedi, disgustato. Un vampiro! Era un altro vampiro.

Una cosa immonda e disgustosa. Esattamente come lui.

“Quella balla del supermercato...”le disse, alcuni passi distante, come se non sopportasse la sua vista e tutte le memorie che gli riportava.

“Andiamo, so cosa hai fatto” replicò la ragazza. “Stacey. E’ fredda e immota in un obitorio. Forse, aspetta di risvegliarsi. Stamattina qualcuno le ha bevuto fino all’ultima goccia di sangue. Qualcuno a cui lei aveva mostrato un appartamento da single”

“Chi diavolo sei?!” le urlò Spike, allontanandosi, ed urtando gli avventori.

“From beneath, it devours” replicò lei, avventandoglisi contro con le zanne sguainate.

Con un agile salto, Spike scavalcò la scalinata e si tuffò tra la folla che ballava, per poi sparire nella notte.

 

Buffy sollevò il capo dal giornale di annunci. “Appartamenti monolocali con angolo cottura e servizi. Telefonare a Stacey Moore”. Era tutto iniziato da qui. La ragazza aveva fissato un appuntamento con il suo assassino, l’ultimo appuntamento della sua vita.

Un serial killer a Sunnydale? Risposta errata. La povera Stacey era stata trovata senza una sola goccia di sangue indosso, e quella notte lei e Xander si sarebbero introdotti nell’obitorio comunale per il solito rito a base di paletti appuntiti.

Ma c’era ancora tempo per qualche indagine vecchio stile. Come ai vecchi tempi, Willow aveva saccheggiato il data base del coroner, e quello della polizia. Ed ora Buffy Summers, detective extraordinaire, era sulle tracce dell’assassino.

“Vampiri, mio caro Watson” avrebbe detto, se fosse stata Sherlock Holmes.

Si chinò sulla scaletta. Era qui che il corpo della ragazza era stato trovato. “Almeno, ora starai bene” si disse. Altra emozione quella morte non le procurava, a parte il maniacale desiderio di fare bene il suo lavoro di cacciatrice e – per l’appunto – di cacciare.

“Non lo troverete più” disse una voce alle sue spalle.

Buffy si girò. Una vecchia signora con i capelli azzurri si stagliava da una porta vicino.

“Chi?” indagò Buffy. “L’assassino?”

“Io l’ho visto bene, era in piena luce” commentò la donna. “Statura media, vestito di nero, capelli platinati. Bel ragazzo, per chi segue MTV”

Buffy impietrì. A parte il dettaglio della “piena luce”, si sarebbe detto il ritratto di Spike. A parte che lui mai avrebbe potuto...

Un momento! Cosa sapeva lei, Buffy, dell’estensione dei mutamenti subiti da Spike in Africa? A parte il dolorosissimo (ed imbarazzante) intermezzo nella chiesa, lei ed il vampiro non si erano nemmeno parlati dal suo ritorno, e le rare volte in cui si erano incontrati era stato sempre per ragioni di lavoro.

Lei aveva dedotto che lui fosse, come sempre, disponibile ad aiutarla, ma non si era posta il problema di sapere cosa avesse davvero guadagnato dalla sua avventura africana, oltre l’anima.

E se fosse divenuto resistente alla luce del sole? L’equazione Spike = vampiro = assassino di Stacey prese forma nella sua mente.

Come sempre, la pochezza della sua reazione emotiva la sorprese.

Anche perché se così fosse stato, si imponeva una nuova equazione: [Assassino = Spike = polvere]. Amen.

 

 

“Dov’è?” chiese a Xander, che si stava divertendo al Bronze. “Spike, intendo”

“E’ andato via. Sarà a casa. L’ho visto scappar via cinque minuti fa”

Buffy salutò l’amico e si slanciò alla caccia di Spike. Riuscì ad intravedere la lontano la sua testa ossigenata, e lo seguì di nascosto, sperando che i sensi del vampiro, sempre così sintonizzati su di lei, fossero per una volta sopiti dall’alcool o dalla disperazione.

Come lo conosceva bene, ormai, suo malgrado.

Perché era così che Spike si sentiva, inebetito e disperato. Non aveva ucciso. Dio, non poteva aver ucciso ancora. Non ci credeva. Era un errore. E poi, di giorno...

Quella vampira mentiva!

Sconvolto, si avvide di essere in un vicolo cieco, come gli era successo la notte che Sweet aveva fatto cantare e ballare tutti in città, e lui era corso al Bronze per salvare Buffy. Dio, l’ironia ...

Ancora una volta, con più sentimento.

Si voltò di scatto.

Buffy era davanti a lui, le braccia conserte e lo sguardo determinato.

 

 

“Chi diavolo sei?” le chiese, incerto se credere o meno ai suoi occhi.

Lei lo fissò stupita. “Sei di nuovo impazzito? Sono Buffy. Con chi altro credi di avere a che fare?”

“Non sempre sei tu” le disse lui, sconcertandola.

“Cosa intendi?”

Spike ansimò, per la corsa e la disperazione. “A volte le voci che ho nella testa assumono la tua forma, tra le altre...e mi tormentano”

“Con cattive parole? Con insulti?”

Lui scoppiò a ridere, ma la sua risata, per quanto disperata, suonava sana, per una volta, non allucinata.

“Con inaudite tenerezze. Con gentilezze. Con cura”

“Ah” commentò Buffy. “Ora capisco cosa intendi”

“Quindi tu sei la vera Buffy”

“In tutta la mia malvagità” ammise lei, sorridendo suo malgrado. “Spike, cos’altro ti tormenta? Perché sei corso via dal Bronze?”

“C’era una vampira”

“Sai che novità” fece spallucce Buffy. “L’hai polverizzata? O devo tornarci io?”

“No...no. Mi ha detto...”

“Cosa?” indagò pazientemente Buffy.

“Che ho ucciso una ragazza. Stamattina. Che c’è del sangue sulle mie mani”

Buffy impallidì. “Ed è vero? Hai ucciso Stacey?”

“Io non l’ho nemmeno vista!” replicò Spike, a denti stretti. “E’ vero, ci eravamo dati un appuntamento per vedere un alloggio, ma lei non è venuta. E, come puoi intuire, non vado in giro di mattina sotto il sole. Non sarei più qui a raccontartelo”

Buffy non rispose. La sua mano accarezzava il paletto che teneva alla cintura.

“Uccidimi” disse lui, avvicinandosi a lei. “E facciamola finita una buona volta per tutte. Forse non ho ucciso Stacey, sicuramente non lo ricordo, ma ho ucciso mille, ed altre mille volte. Bambini, vecchi, uomini, donne, suore, cacciatrici. Uccidimi, e chiudiamo questo circo. Per sempre. Tiriamo giù il tendone”

Con un solo gesto, Spike aprì la sua camicia, facendo saltare i bottoni. Poi, prese la mano di Buffy, e premette la punta del suo paletto sul cuore.

 

 

 

Spike chiuse gli occhi, attendendo il colpo finale che avrebbe messo fine alla sua esistenza.

Li riaprì alcuni istanti dopo.

Era solo nel vicolo.

Era stata tutta una fantasia.

Quando si accorse che Buffy, con una giacca di pelle che non le aveva mai visto prima, lo attendeva dall’altro lato del vicolo si rese conto che la cosa misteriosa che abitava la sua mente ed il seminterrato aveva di nuovo giocato con lui. Dannazione!

“Spike!” esclamò lei, infuriata. “A che gioco stai giocando? E’ mezz’ora che ti chiamo!”

“Scusami…ero occupato con un’altra signora” rispose lui con un sorriso ironico. “Non posso essere tutto e soltanto tuo”

Buffy sollevò gli occhi al cielo per la milionesima volta da che lo conosceva. “Ti ho inseguito per tutta la sera. Vorrei una buona volta una spiegazione. Sei sempre stato onesto con me, questo te lo devo…beh, tranne quella volta di Adam, e quella volta che mi dicesti che non saresti mai più tornato a Sunnydale…insomma, a volte sei stato onesto. Qualcuno con le tue sembianze ha ucciso una ragazza, stamattina. Un’agente immobiliare. Sei stato tu?”

“Come sei adorabilmente diretta, a volte” replicò Spike, scoppiando suo malgrado a ridere. La finta Buffy, quella di prima, riusciva come sempre ad essere più piacevole. “Se fossi stato io…mi polverizzeresti, finalmente?”

Ma Buffy non aveva voglia di ridere.

“Ero pronta a trapassare Anya con una spada, pochi giorni fa. Cosa ti fa credere che ti risparmierei, se fossi convinta che hai di nuovo ucciso?”

“Ti ringrazio per il “di nuovo”, amore.” le rispose Spike, tornando serio. “Vuoi onestà? Beh, non so più che diavolo sta succedendo. Avevo un appuntamento con questa Stacey, ma lei non si è presentata e no, non ricordo di averla uccisa. Ma puoi fidarti della parola di un pazzo? Non te lo consiglierei”

Buffy tacque. Dopo un istante, si avvicinò a lui.

“Io non uccido se non sono certa” replicò. “Non è la prima volta che accadono strane cose a Sunnydale. Investigheremo. E se sarai stato davvero tu, adieu mon amour”

“Sai il francese?” rise di nuovo Spike “Ma che sorpresa!”

Buffy girò sui tacchi.

“Dove stai andando?”

“A casa” replicò lei. “Indagherò domani. Ti consiglio di fare altrettanto”.

Spike la fissò allontanarsi. Lei non aveva più emozioni. Qualcosa in lei si era definitivamente spento. Quasi non riusciva più nemmeno ad amarla.

Quasi.

 

 

Willow fissò Buffy sorpresa. Una Buffy che le stava dicendo che, forse, Spike aveva ucciso di nuovo.

Non era questa la grande novità, quanto il modo il cui lo diceva.

Parlava del suo ex amante come avrebbe parlato del suo verduriere.

“Dobbiamo trovare un modo per scoprire se Spike dice o meno la verità” commentò Buffy, pacatamente. “Un incantesimo, magari. Non posso ucciderlo se non ha commesso il fatto. Sono la legge, non un dannato giustiziere”.

Quanto Buffy andava dicendo era maledettamente sensato, umano perfino. Sì, lei non era un giustiziere. Non dormiva su un letto d’ossa. Ma stavano arrivando le inondazioni, e lei non aveva più nessun maledetto fuoco da spegnere. Solo ceneri.

“Non hai paura a chiedermi di usare la magia di nuovo?” le sussurrò Willow. “Tu sai quello che io…”

Buffy la fissò con i suoi occhi chiari. “La magia fa parte di te, ormai” le replicò con calma. “L’hai detto tu stessa. Usala per la giustizia, anziché per la vendetta”

Willow si richiuse in se stessa. Buffy riusciva ancora a ferirla, a volte, pur senza averne l’aria.

Rimasta sola, Willow aprì il cassetto dove teneva i suoi vecchi libri di magia, i più fidati, i più potenti.

Li aveva lasciati a Tara, dopo la notte in cui la sua follia aveva causato un incidente a Dawn. Da allora, non li aveva più toccati. Quando Tara era morta, si era diretta immediatamente verso gli ancora più antichi e potenti testi conservati al Magic Box.

Rovistando nel cassetto, si accorse che conteneva altri due volumi. Uno era il quaderno degli incantesimi della madre di Tara, che il suo amore tante volte le aveva mostrato. Lo accarezzò in punta di dita, aspirandone quel lieve profumo di malva che tanto gliela ricordava…il secondo era un nuovo quaderno.

Si accorse aprendolo che era il suo diario.

Con dita tremanti, se lo strinse al petto. Tara aveva ancora qualcosa da lasciarle di sé…ma lei aveva il diritto di appropriarsene?

Dimenticato l’incantesimo per Spike, lo aprì e cominciò piano a leggerlo.

 

Los Angeles.

 

 

Angel bussò alla porta, sforzandosi di resistere al suo impulso e di sfondarla. L’effetto fu quasi il medesimo, perché di lì a pochi istanti, e dopo un po’ di trambusto, Lilah ne uscì fuori con i capelli in disordine, le labbra gonfie e l’aria furiosa.

“Wes?” le chiese solo, disgustato.

“E’ dentro.” replicò lei.

Angel la strinse forte per il braccio, facendole male. “Stai lontana da Connor come mi hai promesso?” la minacciò a bassa voce. Lilah si divincolò dalla sua stretta con uno sguardo di ghiaccio. “Non tanto quanto la tua ragazza gli sta vicino” gli sibilò prima di andarsene.

Angel la lasciò andare, ed entrò nel piccolo appartamento. C’era ancora l’odore dell’amore, o di quella insensata passione che legava due persone che non avevano null’altro in comune, se non il risentimento nei suoi confronti. Wes era a torso nudo, e si stava preparando un tè. Aveva la barba lunga, e gli occhiali erano ancora sul comodino accanto al letto sfatto.

“A cosa devo l’onore della tua visita?” chiese ad Angel con un briciolo di sarcasmo.

“Ho bisogno del tuo aiuto” gli disse Angel, pacatamente. “Il tuo risentimento, per giustificato che sia, ti consente ancora di aiutarmi a sventare…l’Apocalisse”?

 

“2 Febbraio 2002

Buffy mi ha rivelato qualcosa di sconvolgente. Spike è in grado di colpirla, di farle del male. Il suo chip, attivo nei confronti di ogni altro essere umano non demoniaco, con lei non si aziona. Devo scoprirne la ragione. Che lei sia tornata sbagliata”?

Willow sollevò lo sguardo dalla lettura del diario. Era stata una dolce, amara sofferenza leggere del dolore di Tara nel lasciarla, e della sua preoccupazione per lei, Willow. Ma adesso c’era una qualche novità. In qualche modo, Buffy aveva scoperto che Spike poteva colpirla (era avvenuto prima o dopo che erano diventati amanti?, si chiese Willow), ed aveva pregato Tara di indagare. Il perché era ovvio: Willow, in quel momento, non utilizzava più la magia, e nessun altro avrebbe potuto aiutarla.

Ora, se si concentrava, ricordava un incontro con Tara e Xander fuori dal Magic Box, con Tara che teneva tra le mani il volume che riguardava l’incantesimo di resurrezione utilizzato ad ottobre per Buffy. Adesso ne capiva la ragione. Andò avanti veloce con le pagine.

“13 febbraio 2002.

Sono ancora sconvolta per quel che è successo. Buffy ha pianto sino a pochi minuti fa, era disperata. Le ho detto che la sua resurrezione non ha comportato in lei nessun significativo mutamento, solo una lieve alterazione cellulare, sufficiente per non fare attivare il chip di Spike, ma per il resto insignificante.

Purtroppo, ho mentito.”

Willow ansimò, sollevando il capo dal diario di Tara. Ora cominciava a capire. Se solo l’avesse saputo allora, se solo Buffy – o Tara – si fossero confidate con lei, se solo lei fosse stata in grado di aiutarle….riprese a leggere, ben intuendo di cosa si trattasse. Ora, tutto si spiegava.

Il problema era: come trovare una soluzione?

 

Sola nel suo letto, Buffy pensava agli avvenimenti della serata. Nella sua mente stanca si alternavano il desiderio quasi animale di piantare finalmente un paletto nel petto liscio di Spike, e quello di seguire la sua ormai quasi inumana bussola di giudizio, che le imponeva di “fare la cosa giusta”.

Si addormentò di schianto, immersa da subito in un sogno familiare. Spike che si infilava nel suo letto, nudo, tenero, comprensivo. “Shh, sarà il nostro segreto” le sussurrava.

E lei che gli piantava un paletto nel cuore.

Si svegliò di scatto, ansimante.

E non credette ai suoi occhi quando Spike si materializzò davanti a lei.

“Cosa?” gli disse, ma lui le ingiunse il silenzio. La prese per i polsi, e la costrinse a stendersi sotto di sé, il suo corpo a coprirla dolcemente, minacciosamente. Buffy si tese sotto i suoi baci, e quando la bocca di lui fu sul suo collo, pronto ad affondare i denti…

Era sparito.

Buffy si tirò su di scatto. Era sparito. La finestra era chiusa.

Eppure, lei era certa di non avere sognato. Non la seconda parte, almeno. Era assolutamente certa di non avere sognato!

L’incavo della sua spalla era ancora umido, come se un amante appassionato vi avesse appena affondato le labbra.

Cosa diavolo stava succedendo?

 

“Willow?” chiamò fuori dalla sua vecchia camera da letto, quella che ora occupava la sua amica. “Dormi?”

La luce filtrava da sotto la porta. Dopo un istante, Willow le aprì.

“Buffy!” si stupì. “Qualcosa non va?”

“Non riesco a dormire” si giustificò la cacciatrice. “Mi sono appena svegliata, e ho fatto un sogno talmente…strano. Talmente…reale. Non posso credere di averlo sognato. Eppure, non ci sono altre spiegazioni”

“C’è qualcosa di cui vorrei parlarti, con l’occasione” le disse Willow, gli occhi circondati di occhiaie scure e l’aria grave.

“D’accordo” annuì Buffy, sedendosi a gambe incrociate sul suo antico letto. Willow sedette di fronte a lei. “Tanto, non riuscirei a dormire per un bel po’”

“Tara, lo scorso anno, fece una ricerca per te…sull’incantesimo della tua resurrezione. Ricordi?”

Buffy ansimò. Com’era possibile? Willow la stava riportando con la memoria al giorno terribile in cui aveva creduto di aver ucciso la povera Katrina, ed in cui Spike….Spike aveva ricevuto tutta la sua furia, tutta la sua frustrazione, la notte in cui lei l’aveva lasciato pesto e sanguinante ad aspettare l’alba, senza alcuna pietà…il sogno! Era allora che aveva fatto per la prima volta quel sogno di Spike che infilava nel suo letto! Come stanotte!

“Parla, ti prego”

“Tara non ti disse tutto”

Buffy gelò fin nel profondo. Bastava il tono di Willow, così serio, così pieno di rimorso, a suggerirle che l’informazione non le sarebbe piaciuta.

“L’incantesimo venne interrotto dai motociclisti demoniaci, gli Hellions. Una delle loro motociclette infranse l’urna di Osiris. Il vino della madre si sparse al suolo, prima che l’incantesimo si completasse. Quel vino, sangue di innocente opportunamente preparato, serviva per ancorare l’anima dall’etere…al piano corporeo.”

“E …quindi…”

“La tua anima è rimasta là, a fluttuare. Buffy, sei tornata sana e salva. Ma, purtroppo, nel processo hai perso la tua anima”.

 

PARTE SECONDA.

An - gélus1

 

 

“Allora, puoi aiutarmi?” ripeté Angel.

Wesley si rimise la camicia, e fissò il suo vecchio amico. “Sai bene che non è questione di potere, ma di dovere. Ho fatto degli sbagli, Angel, tutti ne abbiamo fatti, ma la lotta per il bene è sempre stata la mia unica priorità, e tu lo sai”

“Quella, ed il portarsi a letto Lilah Morgan”

“Questo è un colpo basso”

“Non dirmi che la ami”

“Non è sempre e solo questione di amore, Mister Ossessione.” replicò Wes. “Prima Buffy, poi Darla, ora Cordelia. Se tu non puoi vivere una liberatoria storia di sesso, non è detto che altri non possano farlo”

“Hai messo a rischio le vite di Lorne e di Cordelia, con il tuo sesso liberatorio” insistette Angel.

“E me ne dispiace, sarò più attento. Ma ciò che faccio della mia vita privata non è affare della Angel Investigations. Non più” Wes era duro, più duro di quanto Angel ricordasse. Probabilmente, c’entrava il fatto che avesse tentato di ucciderlo mentre era in ospedale.

“Vuoi ancora il mio aiuto?” lo sfidò l’inglese. “Cerca però di ricordare i confini tra dovere, ed amicizia. Perché stavolta sono ben netti”

“D’accordo. Ho portato la profezia dello Shansu. Partiremo da lì”

Wes annuì. Prese gli occhiali e si accinse a lavorare.

 

“Non puoi dirmi che ora non ho un’anima” mormorò Buffy, e la sua voce era incrinata. Non era possibile. Non era nemmeno probabile.

Era certo. Solo così si spiegava la sua strana apatia morale, l’insensibilità, la sua sorridente disumanità.

Aveva perso la sua anima, nel passaggio da un piano dimensionale all’altro. E quello che a Spike era riuscito magnificamente, amare senz’anima, beh, per lei si era rivelato impossibile.

Non amava Spike. Ma non amava nemmeno più Dawn, o Willow, o Xander. Od Anya. O Giles. Nel suo cuore, da più di un anno, si agitavano i fantasmi di sentimenti non più attuali. Il suo corpo aveva richiesto il calore di un freddo amante, ma il suo cuore era rimasto lontano. Forse non ho perso solo l’anima, Will, pensò. Forse non ho più nemmeno un cuore.

Buffy pianse. Era dalla notte in cui Spike si era buttato sul crocefisso che non piangeva più, ma anche allora non aveva saputo bene cosa piangeva.

Ora lo sapeva. Stava piangendo la perdita di se stessa.

“Buffy…” la implorò Willow, sentendosi crollare addosso per l’ennesima volta il mondo. Era tutta colpa sua. Colpa della sua protervia, della sua ubris. Aveva osato l’inosabile, l’aveva riportata in vita dall’aldilà.

Ma il prezzo pagato da Buffy, e da tutti loro, era stato semplicemente troppo alto. Tara, Anya, Xander, Dawn, Spike…solo dolore. E per Buffy, la punizione peggiore, l’inumanità.

“Willow” le disse Buffy, gli occhi ora tersi. “Anche se non lo desidero dal profondo del cuore, so che devo riavere la mia anima. Solo così potrò finalmente piangere in pace. Lo capisci, vero?”

Willow annuì.

“Se Spike c’è riuscito, possiamo farcela anche noi”

“Forse no, Buffy. Dobbiamo prepararci all’ipotesi di un fallimento”

Buffy scosse il capo, incredula. “Perché no? Cosa mi impedisce di andare in Africa, e di provare a passare le prove che ha sostenuto lui? Non sono meno forte, e di sicuro non sono meno determinata”

“Non credo che basti. L’anima di Spike era in Paradiso, dove avrebbe dovuto essere. La tua è rimasta intrappolata da qualche parte, tra piano e piano. E’ andata perduta, lo capisci?”

“Willow, per l’amor di Dio…”

“Non puoi riacquistare la tua anima, ora” le disse Willow, gli occhi improvvisamente distanti. “Non lo capisci. Dopo, forse…ma non ora”

“Perché?” le chiese Buffy, conscia che la sua amica stava precipitando in uno stato di tranche.

“From beneath, it devours” ripeté Willow. E poi, ricomponendosi, sussurrò. “Perché sta arrivando, lo capisci? L’apocalisse”

 

“Voglio parlare con Spike”

Erano le tre di notte, e Xander si era svegliato a fatica da un sonno reso più profondo dai tre martini che aveva bevuto quella sera al Bronze. Buffy era davanti a lui, sulla soglia del suo appartamento, piccola e immota.

“E’ tutto tuo” le disse Xander, facendo cenno verso il balcone, e ritornandosene a letto. Spike era fuori, fumava. Di notte, faceva ancora fatica a dormire. Non come quando lei era stata con lui.

Buffy si strinse indosso la giacca di pelle, e si avvicinò al vampiro, come intirizzita. Spike sollevò il volto verso la luna, e poi la fissò con i suoi intensi occhi blu.

“Sei venuta a finire il lavoro, cacciatrice?” Spike prese il mozzicone, e lo spense in un vaso di gerani. “Sono sicuro che sei convinta che ho ucciso. Non vedo come darti torto. Io, al contrario, non sono più sicuro di niente”.

“Spike…c’è qualcosa di cui ti devo parlare”

“Spara”

“Noi due…l’anno scorso…ora…la mia freddezza…”

“Che Buffy sei?” le chiese lui divertito. “Credo quella finta. Sei troppo gentile”

“Quella finta?” chiese Buffy. “Di che diavolo stai parlando?”

Spike sospirò. Gli sembrava di averla già avuta, questa conversazione. Possibile che AlluciBuffy lo tormentasse così, prendendolo spietatamente in giro di volta in volta, e costringendolo a ripetere, sempre, la stessa assurda storiella?

Ma non merito un po’ di pace?, si chiese il vampiro.

“Spesso ricevo visita da una Buffy gentile ed accomodante. Non sei tu, è evidente. Ma qualche manifestazione della bocca dell’inferno. Non sono così matto da non capirlo”

“Un momento” replicò Buffy, sorprendendolo. “Stanotte tu sei venuto nella mia stanza. Ti sei infilato nel mio letto, e…”

“Nei tuoi sogni, baby!” la interruppe Spike, ridendo.

“Non stavo sognando!” replicò Buffy, irritata. “Era reale.”

“Non ero io. Chiedi a Xander. Non mi sono allontanato da casa da quando ci siamo visti nel vicolo…quella eri tu, vero? Quella che ha detto che avrebbe indagato?”

“Sì, quella ero io.” confermò Buffy. “Ma qui sta succedendo qualcosa di strano”

“Elementare, Watson” la prese in giro lui.

“Tu vedi me …ed io vedo te…e non siamo reali!”

“Provami che sei la vera Buffy”

Lei lo colpì. Massaggiandosi la mascella, Spike sorrise. “Mi hai convinto”

“Sono venuta per un altro motivo, comunque” gli disse lei. “C’è una spiegazione che ti devo. Non interrompermi.”

“Sono tutto orecchi”

“Bene. Il mio comportamento? Ti dissi che ti stavo usando, e che ciò mi stava uccidendo. Era vero, ma la causa di ciò non era semplicemente la mia depressione. Forse, non ero nemmeno depressa. Semplicemente, l’incantesimo che mi ha riportato in vita non è stato completato, e oplà, Willow si è persa un pezzo”

“Eh?”

“L’anima. La mia anima. Sono resuscitata, ma ho perso l’anima”

Spike scoppiò a ridere. Oh, la deliziosa ironia di tutto ciò. Lei che per anni l’aveva chiamato “una cosa disgustosa e senz’anima!”

Lei, ora non era peggio di lui.

Anzi, ripensandoci, sì.

Perché lui, un’anima ce l’aveva.

 

“Sono lieta che la cosa ti diverta tanto” sibilò Buffy. “Cos’altro aspettarmi da te? Comprensione?”

“Come dice quella vecchia canzone?” la interruppe Spike “Bisogna saper perdere,. C’è qualcosa di poetico in tutto ciò. Mi hai usato e disprezzato per mesi perché ero una cosa senz’anima, ed ora viene fuori che tu non eri migliore di me. Ma sai qual è l’aspetto più divertente? E’ che io ti amo comunque, e ti avrei amato anche così, anche incompleta, come sei tornata dall’aldilà in quella sera orribile e meravigliosa che non potrei mai dimenticare, neppure vivessi altri mille anni…e quello che per me era emozione pura, per te era niente, cenere e niente…”

“Cenere e niente” ripeté Buffy, come in trance. “E’ proprio così che mi sento”

Spike la prese per le spalle. “Si può vivere senz’anima, Buffy. Io l’ho fatto per centoventi anni. Ma non si può vivere senza cuore. Uccidi, devasta, distruggi, se ti fa sentire meglio, ma non lasciare che la combinazione tra la tua assurda, rigorosa morale da cacciatrice e la mancanza d’anima di riduca…ad un niente. Vivi con tutte le tue forze, soffri con tutte le tue forze: è su questa strada che ritroverai la tua anima…”

Buffy si staccò da lui, incapace come sempre di assorbire le verità che solo lui sapeva distillare. Spike la guardò con infinita pena. La conosceva abbastanza da sapere quanto la scoperta appena fatta sul suo conto la atterrisse.

Ma doveva darle il tempo di scendere a patti con la verità, ancora una volta.

Nemmeno per un istante si sentì sollevato di aver scoperto la reale ragione dietro la freddezza di lei, dietro il suo inossidabile egoismo.

L’amava abbastanza per averla già perdonata.

 

“Due cavalieri senz’anima…ed uno che sacrificherà l’immortalità…che significa?”

“La traduzione potrebbe essere sbagliata” lo avvisò Wes. “Come ti ho già detto, è una lingua antica, più antica dell’ungherese arcaico su cui mi sto basando per tradurlo. Per esempio, non capisco perché faccia riferimento alla cacciatrice. La cacciatrice non è sicuramente senz’anima, e nemmeno immortale…”

“Lasciamo Buffy fuori da questa storia” lo implorò Angel. “Dio sa che ha già abbastanza sofferto”

“Potrebbe trattarsi di Faith” suggerì Wes. “In fondo, la linea dinastica delle cacciatrici passa ora da lei”.

“Faith ha ancora molti anni di prigione davanti a sé”

“Non necessariamente” li interruppe una voce inglese, ben curata.

Angel e Wes si voltarono. Giles li fissava con attenzione dall’entrata dell’appartamento. “Angel, Wesley…sono lieto di trovarvi bene. E’ stato il vostro amico…ehm, verde, ad indirizzarmi qui“

Wesley parve ricadere per un istante nella sua vecchia persona di osservatore inglese, perché si raddrizzò e tese rigidamente una mano al suo connazionale, che la strinse. “Giles, è un grande piacere vederti. Come stai?”

“Bene. Appena atterrato dopo un lungo volo da Heathrow e da New York”. spiegò l’osservatore. “Il consiglio mi ha rimandato negli States perché sa che tu, Angel, possiedi la profezia dello Shansu, ed intende darci un’occhiata. Soprattutto considerando che sta per sorgere…la Bestia”

“E’ già sorta” lo corresse Angel pacatamente. “E ci siamo già scontrati. Con esito…insufficiente, oserei dire”

“Non credo che ciò con cui ti sei scontrato in passato sia la vera Bestia.” lo corresse Giles. “Ciò che sta arrivando è qualcosa di ben più grande e potente”

“Parlavamo di Faith” suggerì Wes. “Dici che potrebbe presto uscire di galera?”

“Sì. Sembra che ci sia un posticino anche per lei nelle profezie che riguardano la fine. E’ inutile dirvi che il Consiglio sta muovendo tutti i propri fili per ottenerne una pronta…scarcerazione”

“Credi che sarà…pronta?” chiese Angel, preoccupato.

“Lo dovremmo essere tutti….pronti, non credi?” ribatté dolcemente Giles. “E’ Buffy che mi preoccupa, piuttosto. Ho insistito per venire soprattutto per lei”

“Buffy?” interloquì Angel. “Che succede? Non sta bene?”

Giles scosse il capo. “Ieri ho ricevuto una telefonata di Willow che mi ha a dir poco sconcertato. Desidero parlarne perché la cosa mi sembra importante…oltre al fatto che so che le volete bene.”

“Giles, parla, ti prego” insistette Angel, divorato dalla preoccupazione.

“Sembra che l’incantesimo usato da Willow per riportarla in vita non fosse completo, e che Buffy…Buffy abbia smarrito la propria anima nel passaggio da un piano dimensionale all’altro.”

Angel si sedette, di schianto.

Non poteva crederci.

Come aveva detto Darla? “Quando l’anima va via, lascia dietro come un’amarezza…un sapore marcio”.

Era così che Buffy aveva dovuto sentirsi in tutti quei mesi. E quell’amarezza, che in Darla si era sfogata nel massacro, lei l’aveva dovuta sublimare altrimenti, in lotta con la sua coscienza di cacciatrice che la spingeva, come un’inesorabile bussola, verso il bene.

Scopando Spike.

Solo che questo Angel, misericordiosamente, ancora lo ignorava.

Giles, che non ignorava più nulla, capiva benissimo.

“Deve ritrovarla” disse solo Angel. “Fosse l’ultima mia impresa, dovessi morire per questo, Buffy deve ritrovare la sua anima. Ero pronto a tanto per Darla, mille volte e più lo farei per Buffy”

“Ritrovare l’anima per riperderti?” commentò amaramente Wes. “Non hai proprio nessuna pietà per le tue donne”

Angel non rispose. Sapeva che, ancora una volta, Wes aveva ragione.

“Per quanto sia ansioso quanto voi di risolvere questo problema, cose più gravi ed imminenti ci attendono” li corresse Giles. “Signori, all’ordine del giorno abbiamo l’Apocalisse”

 

 

“Buffy?”

La cacciatrice non risollevò nemmeno il capo. Stava fissando la piccola piscina di plastica che Dawn, a dieci anni, aveva voluto in giardino per fare il bagno a Barbie e Ken, e che da allora, di tanto in tanto, le sorelle avevano tirato fuori per raccogliere l’acqua piovana e bagnarci i fiori.

Solo che Dawn, sette anni prima, non esisteva, ed allora anche la piscina era una finzione, come tutto il resto, tutto il resto…

“Io ti amo comunque” aveva detto Spike.

Spike che non sapeva nemmeno se uccideva ancora. Poteva essere lui il suo nocciolo di verità in un mondo di bugie?

“Qual è la realtà?” si chiedeva Buffy, osservando una foglia secca galleggiare sul fondo di plastica azzurra. “E chi sono io? Un corpo senz’anima, un cadavere con una vita fittizia, che non appartiene a niente ed a nessuno, scaraventato per cattiva magia sulle spiagge del vivere, senza nessuna prospettiva che quella di tornare nell’oblio?”

“Buffy?” ripeté la voce, paziente.

Si voltò lentamente. Angel era in piedi sul portico, protetto dalla luce diretta del sole. Per una volta, vestiva di chiaro: aveva un giubbotto color panna che lei gli aveva già visto indosso la notte in cui avevano cercato di tagliare la testa a Cordelia per renderla la mostruosa sposa di Frankenstein…doveva essere la sua mancanza d’anima, ma ora il ricordo la faceva soprattutto sorridere.

“Angel” disse piano, credendo ad un miraggio. Un altro dei miraggi di cui le aveva parlato Spike. Un’altra illusione, una delle tante.

Angel aspettò che lei si avvicinasse, e poi la prese tra le braccia. Buffy mise la testa sulla sua spalla, stranamente confortata…e spenta.

“So tutto” le disse Angel. “So della tua anima. Non aver paura, amore mio. La ritroveremo insieme. Non ti abbandonerò. Farò di tutto per starti vicino. Di tutto. Mi avvicinerò a te come mai prima. Vedrai”

Lei annuì.

Ed un istante dopo, Angel era sparito. Era solo un’altra, crudele, illusione.

 

“Questo non posso farlo” disse solo Angel.

Era notte inoltrata, e da due giorni ormai lavoravano alla profezia. Lui, Wes e Giles, senza tregua, come api operose, sfogliando libri antichi e dizionari, mentre Lorne solcava i bar karaoke della città come una portaerei, alla ricerca di qualcuno che cantasse della fine.

“Non c’è altra scelta” gli ricordò Wes. “Solo ciò che è impuro può combattere la bestia. Due entità senz’anima, il vampiro e la cacciatrice”

“Dovrei perdere…dovrei perdere la mia anima?” chiese Angel, e pensando a Buffy, sola e smarrita a Sunnydale, venne preso da un desiderio intensissimo di rivederla, di dirle che non l’avrebbe mai abbandonata. Ma c’era una lotta da combattere, a tenerli separati. Ancora una volta.

“A meno che il vampiro non sia un altro” intervenne Wes. “Quel tipo strano, che dici aiutava sempre te e Buffy…Spike…non potrebbe essere lui il vampiro senz’anima che scongiurerà l’apocalisse?”

Giles tossì, imbarazzato.

“Che c’è?” intervenne Angel. “Intuisco che stai per dirmi qualcosa che non mi piacerà”

Giles ora portava le lenti a contatto, e non aveva quindi più occhiali da pulire. Soffocò quindi il suo imbarazzo in un nuovo colpo di tosse.

“Spike ha riconquistato la sua anima. Questa estate”

“Stai scherzando, vero?” gridò Angel. “Spike è l’epitome del male! E’ un demone nato per distruggere, per creare il caos…e dici che ha voluto riavere la sua anima, e c’è riuscito? E perché diavolo l’avrebbe fatto?!”

Nessuno degli altri due uomini rispose, anche se – improvvisamente, stranamente – la risposta era ovvia per tutti.

“L’ha fatto per lei” mormorò Angel, a bassissima voce. “Non so come, non so perché, ma c’è stato qualcosa tra di loro, e lui l’ha fatto per lei. Per Buffy”

“Sì” ammise Giles, pacatamente. “E’ andata così”

“Sono…sono insieme, ora?”

“No” disse Giles. “Non più”

“Ma lui…lui ha rivoluto la sua anima…e le è ancora accanto…”

“Sì. Ma Buffy non lo ama”

“Però se lo è portato a letto, vero?!”

Giles annuì.

“Vado a Sunnydale.” annunciò Angel. “E la porto via di là, con me. Combatteremo questa cosa insieme…e lei starà lontana da…”

“Angel. Se farai così, l’umanità perderà. Tu hai ancora l’anima, e la profezia su questo punto è chiara. Un vampiro ed una cacciatrice senz’anima”

“La perderò, allora. Sarò come Buffy. Combatteremo insieme e vinceremo”

“E come intendi perderla, se mi è consentito?” chiese Wes, sollevando il capo dal volume che stava consultando.

“In un momento di felicità” rise amaramente Angel.

 

Spike pattugliava il cimitero, come faceva di tanto in tanto, per distrarsi, quando non era con lei. Poca attività quella notte: la bocca dell’inferno era tranquilla, ingannevolmente tranquilla. Era la calma prima della tempesta.

Si sedette su di una panchina, e fumò una sigaretta. Cercava di non pensare a nulla, per soffrire di meno…ma rivedeva in continuazione di fronte a sé il volto smarrito di Buffy, i suoi occhi atterriti.

Ed il cuore gli si stringeva.

Lei gli arrivò alle spalle. La sentì, come la sentiva sempre, e sorrise.

“Provami che sei quella vera” le disse, senza voltarsi.

“Non voglio colpirti, Spike” rispose lei, sedendoglisi accanto. “Voglio parlare”

“Di cosa? La vita senz’anima? Dovremmo farne un best – seller, io e te. Sicuramente sapremmo di cosa parlare…”

“Già” sorrise lei. “Non posso darti torto, per una volta”

“Pensavo che fosse la tua missione nella vita darmi sempre torto” sorrise Spike.

“Quello…e riconoscere poi, in privato, che hai quasi sempre ragione” ammise lei, stupendolo.

“Forse è meglio così” disse quindi Spike, dopo un lungo istante di silenzio. “Senz’anima, sarai più forte per lottare contro questa cosa. E non mi riferisco solo al mutante che si diverte ad assumere le nostre fattezze per rovinarci l’esistenza ed uccidere. Questo è solo l’inizio, Buffy. Il peggio deve ancora arrivare. Lo sento”

“Lo sento anch’io” ammise Buffy. “In che modo pensi che la mia mancanza di umanità possa aiutarmi?”

“Ti renderà più implacabile. Questa cosa non merita pietà”

“E tu?” disse dolcemente Buffy. “Tu non meriteresti un po’ di pietà? Insegnami, Spike”

Spike la fissò. Poi, con una mano, dolcemente, le accarezzò il volto.

“Io ti aspetterò, Buffy. Aspetterò che tu finisca la tua lotta, e poi ritroveremo la tua anima. Te lo prometto”

“E dopo?” chiese lei, disperata. “Dopo che l’avrò riavuta?”

“Tornerò nell’ombra. Quella a cui appartengo” le disse Spike. “Perché, con anima o meno, tu sei migliore di me….Buffy”

Lei non rispose. Rimasero a lungo nella notte, vicini, in silenzio.

Oramai, non c’era più altro da dire.

 

Faith si concentrò nella lotta. Per una volta, si rese conto che le cose stavano cambiando. Jay non era più la debole ragazzina che aveva scoperto nel refettorio, capace di menare i pugni in modo sorprendentemente efficace, ma incapace di controllarsi.

Ormai Jay, dentro per spaccio dall’età di diciassette anni, era una combattente.

Come lei.

“Tiene la guardia più alta. Sei troppo scoperta” le disse Faith, mentre la giovanissima afro – americana le saltellava intorno con la grazia di una gazzella…e la letale potenza di una leonessa. “Sembri una femminuccia. Siamo femminucce, noi?”

Jay rise. “Diavolo, no!” le rispose Jay, menandole un fendente al volto che colse Faith di sorpresa.

“Dov’è il tuo paletto, allora?” le chiese la cacciatrice bruna, asciugandosi il sangue dal labbro con la mano.

“Qui, sempre vicino a me” ancheggiò Jay, sfiorandosi la cintura dei jeans. Faith le aveva insegnato a farsi i paletti da sola, e ad usarli contro i vampiri. All’inizio, Jay aveva creduto che fosse matta. Poi, si era ricreduta. Faith era troppo forte per essere matta. E dannazione, lei stessa, Jay di Philadelphia, era troppo forte per essere una ragazza normale.

Aveva solo fatto fino alla terza elementare, e non ci capiva molto delle questioni di cacciatrici, osservatori, e linee dinastiche, ma credeva a quello che le diceva Faith, e sapeva che era quasi ora e doveva tenersi pronta.

Anche se la sua eventuale attivazione come cacciatrice avrebbe significato la morte di Faith, di questo era conscia.

“Mors tua, vita mea” le ricordò Faith, con un detto latino che ricordava dalle labbra dell’odiato Wesley…quando ancora, per l’appunto, l’odiava.

“Che hai detto, sorella?” le chiese Jay, fissandola con i suoi grandi, luminosi occhi scuri.

“Niente, combattiamo”

Jay le sorrise, e si slanciò in avanti.

“Brown!” la chiamò la guardia. “Il tuo avvocato ti aspetta! Nel parlatorio!”

Jay si asciugò le mani con uno straccio, e lo tese a Faith, che si asciugò il labbro. “E’ la tua libertà condizionata in arrivo, baby” le disse Faith, con un sorriso. “Non sei contenta?”

Jay scosse il capo. “Cosa mi attende sulle strade, Faith? Qui, almeno, c’eri tu…ed io mi sentivo…insomma…importante”

Faith le sorrise di nuovo. “Tu sei importante, Jay. Non dimenticarlo mai. E poi, porta con te le cose che ti ho insegnato…ed i paletti…e datti da fare. Ma solo quando sarà il momento”

“Quando sarà il momento?” si intristì Jay. “Quando tu…non ci sarai più?”

Faith scosse il capo. “Non pensarci, adesso. Io so qual è il mio destino. Morirò combattendo, o non morirò affatto…e lo stesso vale per te, Jay”

Jay annuì. Avvolse Faith in un ultimo sguardo pieno di gratitudine e affetto: la cacciatrice bruna, dentro per omicidio, era stata l’unica a dimostrarle, in tutta la sua vita, un po’ di affetto, di considerazione. E le cose che le aveva insegnato sarebbero rimaste dentro di lei per tutta la vita.

Per sempre.

Faith la guardò andare via. Jay era molto promettente: sarebbe stata una cacciatrice con i fiocchi, se e quando il suo momento sarebbe venuto. Era stata una fortuna, o forse solo il destino, a metterla sulla sua strada, in quella prigione senza speranza. Era stato un nuovo inizio per tutte e due.

Decise di allenarsi ancora un po’ da sola. Si trovava in un cortile, tutto recintato, confinante con un altro cortile, anch’esso recintato, ed irraggiungibile da dove lei era, ed attrezzato con una rete di pallavolo per le detenute.

Il parlatorio era dall’altro lato dell’edificio, e così Faith si stupì quando vide Jay avanzare da sola nel cortile vicino.

Non fece però in tempo a chiederle il perché.

Sette uomini incappucciati, in lunghe tonache color granata, la inseguivano con scimitarre sguainate.

 

 

Jay combatté. Con tutte le sue forze. Come le aveva insegnato.

Ma era sola contro sette uomini armati, e Faith non poté fare nulla, nulla per lei. Cominciò a gridare come un’ossessa, richiamando le guardie, implorando il loro aiuto, ma nessuno venne, e nessuno fece nulla per Jay, che cadde infine come una cacciatrice, combattendo.

Faith, disperata, piangeva contro la rete, le mani sanguinanti per lo sforzo di sfondarla.

Prima di sferrare il colpo finale, uno degli uomini si volse verso di lei, e la guardò da sotto il cappuccio che gli copriva completamente il volto.

“From beneath, it devours” le sussurrò, e poi sparì con i suoi compagni, lasciando il corpo straziato e senza vita di Jay Brown, diciassette anni, un futuro appena iniziato e già finito, sul selciato del campo da pallavolo.

Faith si accasciò contro la rete, il sangue delle sue mani che si confondeva con le lacrime.

La guerra era iniziata.

 

A Sunnydale, l’altra cacciatrice, quella bionda, stava vivendo un momento non meno amaro.

Nello scantinato del Bronze, proprio come le aveva detto Willy l’informatore, qualcosa di grosso stava succedendo.

“Dicono che sia il tuo bello, cacciatrice” aveva ghignato il lurido barista. “Capelli ossigenati e tutto vestito di nero. E’ tornato alle sue vecchie abitudini…”

Buffy aveva ingoiato l’informazione, soffocando quell’ultimo pezzettino di cuore che ancora ne poteva soffrire, e si era precipitata al Bronze, nello stesso scantinato dove, in un altro tempo, ed in un altro mondo, Vamp Willow teneva Angel segregato…

Batté il pugno contro uno strato di malta troppo recente per essere originale, e quello si ruppe.

Corpi. Corpi dappertutto. Uomini e donne. Giovani.

Il fetore avrebbe dovuto assalirla.

Ma non c’era alcun fetore.

Questo, se possibile, affondava il coltello ancora un po’ di più dentro la piaga.

“Buffy” sussurrò Spike, ma lei non lo vide, nascosto come era dietro una catasta di bibite pronte per la distribuzione, e così la cacciatrice cominciò ad affrontare e distruggere i neo – vampiri man mano che si risvegliavano…e si risvegliavano, uno ad uno, e le dicevano “Saluti da Spike”, come nella riedizione di un vecchio, spaventoso incubo.

E nemmeno questo ormai riusciva a toccarla più di tanto.

“Io sono la legge” si disse Buffy, quasi lieta di essere finalmente senz’anima. E uccise, uccise, uccise, l’esercito di Spike…che aveva detto “se sono stato io, non lo ricordo”. Troppo poco, troppo tardi. Doveva essere stato lui. E finita la pulizia qui, lei l’avrebbe cercato ed eliminato, e stop, il suo cuore, tutto quello che le era rimasto almeno, non avrebbe più né vissuto né sofferto, e lei finalmente avrebbe conosciuto…il niente.

“Buffy…distruggili” disse Spike, la sua anima in rivolta contro il demone che aveva dentro, e quello che stava fuori, riempiendo la sua mente di voci e sogni oscuri, e comandi a cui non si poteva resistere.

“Patetico essere!” gridò il Primo male nelle sue orecchie. “Sono i tuoi figli, li hai creati tu, per me, e lasci che lei li distrugga così?”

“Buffy” urlò Spike, tanto forte che Buffy si interruppe con la spada alzata, salvando dalla decapitazione una giovane vampira che ne approfittò per scappare.

La cacciatrice lo trovò così, piegato, tremante, l’ombra dell’essere magnifico ed oscuro che era stato. E di cui lei si era suo malgrado, contro ogni sua volontà, innamorata…come una donna che, per la prima volta nella vita, scopre l’amore vero, quello senza stelle negli occhi, eppure tenace, quello che perdona, quello che accetta, quello che forgia catene che durano una vita ed anche oltre.

Lui stendeva le mani davanti a sé, e vi vedeva del sangue, anche se intorno c’era solo polvere.

“Buffy…” le sussurrò. “Aiutami.”

Lei alzò la spada. Sapeva che sarebbe stato semplice. Bastava recidere la sua testa, la sua bella testa, dal corpo, e tutto sarebbe finito.

Finito per entrambi.

“Già visto, già fatto” si disse Buffy, spassionatamente, e si avvicinò a lui per sferrare il colpo finale.

 

“Wo – Pang, io ti evoco”

In un flash di luce giallastra, sotto gli occhi smarriti di Cordy, Wes e Gunn, il mistico cinese apparve.

“Vampiro!” lo sgridò. “Hai osato interrompere la mia meditazione! Spero almeno che ne valga la pena”

Angel ebbe la sua solita espressione di scusa, quella che di solito scioglieva il cuore dei suoi amici.

“Presto tornerai alle tue montagne, Wo – Pang” cercò di rabbonirlo. “Ma ho bisogno di te. Avevi detto che quando sarebbe arrivato il momento…”

Il mistico radunò le mani, pronto a riattivare il teletrasporto fino al suo convento della Cina Meridionale. Angel lo bloccò. “Questo è il momento”.

“Ne sei sicuro?” sorrise il cinese. “E’ un passo grave quello che stai per compiere.”

“Ne vale la pena. Ne deve valere la pena” rispose Angel, gli occhi turbati. Aveva esitato nell’utilizzare il suo coté demoniaco a Pylea, ed ora gli riusciva quasi impossibile abdicare alla sua ultima scintilla di umanità. Ma era per il bene superiore…per l’avverarsi della profezia dello Shansu.

Doveva farlo.

“Poi non dire che non ti avevo avvertito” sussurrò il cinese. Con un gesto elegante della mano, creò dall’aria uno snello calice di vetro ricoperto di gemme. “Questo è il Damat. Raccoglierà la tua anima fintanto che tu combatterai la Bestia come Angelus. Credo sia superfluo avvisarti che vada conservato in un posto sicuro…e mai infranto. Nessuno tranne te potrà berne il contenuto”

Angel annuì.

“No…” sussurrò Cordelia. Quello che ormai conosceva di Angel era sufficiente a farle temere questo passo, per quanto necessario. Ma sia lei che gli altri conoscevano il tormento che il vampiro provava nel mettere a nudo il suo demone. Wes la fissò, scuotendo il capo: purtroppo, non c’era altro da fare.

Wo – Pang mise la mano sul petto di Angel, e cantò un antichissimo rituale. L’anima del vampiro fluì lentamente fuori dalla sua bocca, aperta in un urlo disumano, e fin dentro il calice.

Quando finì, il vampiro cadde a terra, sulle sue ginocchia, la testa tra le mani.

“Bene. E’ stato più facile del previsto” commentò Wo – Pang, soddisfatto. “Adesso, se non vi dispiace…”

Il calice in mano, si preparò al teletrasporto.

“Ehy, amico” lo fermò Gunn. “Quello sarebbe nostro…da conservare fino alla fine della lotta”

“Ma come? Non lo sapete? non ci sarà più nulla e nessuno alla fine della lotta.” rise il cinese. “Tutto ciò che se lo sarà guadagnato sarà diventato demoniaco…ed è proprio quello che io, ed il mio padrone, il Risvegliato, intendiamo fare…”

“Ehy, ma allora tu non sei uno dei buoni”

“Buoni, cattivi” rise il cinese. “Queste distinzioni non avranno più alcun senso. Ciò che conta è il potere…adios, miei cari”

Il teletrasporto non riuscì bene.

Anzi, non riuscì affatto.

Angelus, le zanne sguainate, teneva Wo – Pang per la giugulare e stava facendo uno spuntino.

 

PARTE TERZA

“NON LASCIARMI MAI”

 

 

Qualcosa fermò Buffy.

Lo sguardo di Spike, così disperato, così solo, implorava il colpo di sciabola che avrebbe posto fine alle loro sofferenze.

Bastò questo a farla desistere.

“Andiamo” gli disse, con voce calma, e trasse dalla sua borsa un paio di manette che rinchiuse intorno ai suoi polsi. Spike trasalì: di tutti gli sviluppi possibili, questo era sicuramente il meno atteso.

Tra l’altro, le manette erano le sue.

“Per una volta, la ragione arriverà dove evidentemente la mancanza di anima non arriva” commentò Buffy, traendolo con sé verso casa. “Basta con il “Prima uccido, poi discuto”. Ora, Spike, andremo a fondo di questa faccenda, che tu lo voglia o no”

Spike era troppo inebetito per reagire. Possibile che dovesse soffrire ancora? Non riusciva a credere di aver ucciso e vampirizzato di nuovo. Eppure, era accaduto. Ed ora, la sua anima non conosceva se non bieca sofferenza.

E Buffy non gli offriva nemmeno più il conforto di una fine rapida.

Forse, la Buffy immaginaria che qualche giorno prima era stata sul punto di immergergli un paletto sul cuore, sarebbe stata più misericordiosa.

“Xander!” chiamò Buffy. “Nello scantinato!”

Xander lasciò Dawn in salotto e seguì Buffy e Spike giù per le scale che portavano al piano cantina. “Chiama Willow. C’è del lavoro da fare”

“Ehy, amico” sussurrò Xander, gli occhi stretti per la rabbia. “Stavolta l’hai fatta davvero grossa. Forza. Dammi una scusa per non polverizzarti. L’anima? Non pare che funzioni”

“Non vorrai togliere questo privilegio a Buffy, vero” ironizzò Spike, con un guizzo di vitalità.

“No davvero” ne convenne Xander, stringendo una delle manette di Spike ad uno dei tubi del riscaldamento. “Me ne vorrebbe, ne sono sicuro”

“Forse le cose sono un tantino più complicate di quel che tu immagini, Harris”

“E’ proprio quello che credo” intervenne Buffy, con Willow che le trotterellava dietro. “Willow. All’opera”

“Non è con il dolore che otterrai una verità che non conosco nemmeno io” aggiunse Spike, tristemente.

“Dici? Ho sempre pensato che il dolore fosse un’ottima motivazione per vuotare il sacco”

“Buffy” interruppe Willow. “Sei sicura che…è questo che…”

“Procedi”

“Va bene” Willow si concentrò. Il dolore si radunò prima negli arti inferiori di Spike, come un lieve, quasi piacevole formicolio. Poi, divenne più intenso, sempre più intenso, e salì, lentamente ma sicuramente, come un fuoco, fin verso gli arti superiori, il busto, il collo, il capo…e lì esplose.

Buffy non batté ciglio. Imbarazzato, Xander si volse. Non voleva vedere questo. Nonostante tutto, non voleva vedere Buffy dura come una roccia, e Willow ricorrere alla magia più nera per arrecare dolore. Erano le sue amiche. Cosa era accaduto loro per cambiarle così?

Spike strinse le mascelle per non urlare. Loro non sapevano, ma questa punizione era quasi un sollievo. Sapeva di dover essere punito, e da ben prima che gli omicidi cominciassero a Sunnydale.

D’un tratto, il dolore fu così intenso che il suo demone si ritirò in un angolino del suo essere, troppo spaventato per uscire di nuovo allo scoperto.

E Spike svenne.

“Buffy…” mormorò Willow. “Non serve a nulla. Solo a degradarci ulteriormente”

“No” disse Buffy, le braccia conserte, senza espressione. “Aumenta l’intensità”

Willow eseguì.

Ed allora successe qualcosa di imprevisto.

Qualcosa fuoriuscì da Spike, dalla sua forma prona, come una nuvola intrisa di malvagità.

Una nuvola che assunse l’immagine di Tara.

 

“Non smettere!” insistette Buffy. “Will, aumenta l’intensità!”

Il colpo di Spike, nell’incoscienza, tremava. Tara spalancò gli occhi.

“Will…non posso credere che sia tu a farmi questo!”

“Will, non è Tara! Aumenta!”

Il bel volto della strega bionda si contorse per il dolore. Spike era ormai una forma ai suoi piedi, dimentico e dimenticato. “Maledetta cacciatrice!” urlò Tara. “Sempre ad ostacolare i miei piani! Tu ed i tuoi patetici amichetti. Come questo insulso vampiro sempre pronto a sospirare sui tuoi passi, ed a ribellarsi al mio volere…ma presto non sarete altro che cenere, tu e lui, cenere e niente più, come meritate. Non sono nemmeno riuscita a fargli finire il lavoro, al maledetto. Ed ora questo! Ma presto tutto ciò non conterà più nulla. Perché ‘from beneath, it devours’.”

Willow, tra le lacrime, aumentò l’intensità al punto che l’immagine di Tara si infranse, scivolando quindi, di nuovo come nuvola, verso i piani superiori della casa.

Immobile, Buffy fissò Spike. Dopo un lungo istante, si chinò su di lui.

“Si riprenderà” disse, come in un lungo sorriso. “Lui si riprende sempre. E mi perdonerà. Perché abbiamo sconfitto quella cosa, finalmente. L’abbiamo scacciata da lui. Era lei a fargli fare…quello che ha fatto. Ora lo so”

“No, Buffy” pianse Willow. “E’ quella cosa che ha sconfitto noi. Riducendoci a questo…a torturare le persone a cui vogliamo bene”

Impietrita, Buffy non rispose. Prese il corpo tremante di Spike tra le braccia, impossibile Pietà.

 

 

“Ed ora, che facciamo?”

Gunn si voltò verso Fred, accarezzando il volto impaurito della sua amata. Fred aveva già visto Angel al suo peggio, a Pylea, ma questa sua incarnazione in Angelus, vampiro senz’anima e senza cuore, era ancora più spaventosa.

“Aspettiamo”. Disse il ragazzo, voltandosi verso Wesley per una conferma. Wesley stava consolando Cordelia, in lacrime.

“Come siamo stati sciocchi” rise Cordelia, amara. “Pensavamo che Angelus sarebbe stato disposto ad aiutarci. Ma questo non è Angel. Non impareremo mai la lezione?”

“No, a quanto pare” commentò Wes. “Dobbiamo trovare il modo per costringerlo a bersi la sua anima da quel calice..."

“…che tu hai messo dove, esattamente?” indagò Gunn.

“In casa mia, nella mia cassaforte. Al sicuro”

“Non proprio” intervenne una voce sicura, dall’ingresso. “Mi hai lasciata sola, non mi hai più cercato, non hai più risposto alle mie telefonate” sorrise Lilah. “Una ragazza se la prende quando l’uomo che le piace si comporta così. Ed allora, ho deciso di prendermi un souvenir come liquidazione di fine rapporto. Ho ancora le chiavi della tua casa, Wes…ricordi? Ed aprire la cassaforte è stato ridicolmente semplice”

“Dov’è l’hai messo, puttana!” reagì Cordelia. “Nei sotterranei della Wolfram & Hart, immagino”

“Può darsi. Ah, Angelus…quando ti liberi, fammi un favore personale. Mangiateli tutti. E comincia da Wes e Cordy”

Al di là della gabbia, Angelus sorrise.

Questo nuovo mondo gli piaceva da Dio.

 

 

“Starai meglio” sussurrò Buffy, la mano sulla fronte di Spike, ancora tremante, ben coperto dalle coperte e dalle fresche lenzuola di cotone della sua camera da letto, la camera che era stata di sua madre.

E così, Spike era finalmente nel suo letto. Ah, l’ironia.

“Guarirai. Era dolore magico…non reale. Presto ti riprenderai.”

Spike non rispose. Grazie a Dio, quella cosa malvagia era uscita da lui. Ora, tutto taceva, nella sua testa. Non c’erano più urla, non c’era più rumore.

C’era solo l’anima. E quella bruciava sempre, e sempre di più.

“Mi dispiace, Spike. Ma sapevo che c’era qualcosa sotto, letteralmente. Non era da te. Lo Spike che conosco non avrebbe mai negato degli omicidi commessi. Lo Spike che conosco è sempre stato onesto, se non altro. Dovevo portare alla luce il male che ti possedeva…e ci sono riuscita.”

“Distruggendo Willow, nel mentre” sussurrò Spike.

“Mi spiace. E’ una lotta dura. Non c’è altro modo”

“Com’è semplice la vita in bianco e nero, Buffy”

Lei scosse il capo. “E’ vero. Anche se manca il fuoco.”

Spike annuì, ridendo suo malgrado. “Io invece ne ho fin troppo. Se vuoi, te ne presto un po’ del mio”

“Spike” disse lei, fissandolo negli occhi. “Non lasciarmi mai”.

 

Tutti dormivano.

Angelus non aspettava altro. Aveva le idee chiare, al riguardo: la lista delle sue priorità era già stesa.

Primo, scappare.

Secondo, abbracciare a piene mani l’oscurità che stava divampando sulla Terra, diventarne un nuovo Messia, come aveva inutilmente tentato di fare con Acatla, prima che quell’odiosa ragazzina lo fermasse…

Spiacente, ma Buffy Summers non era più tra le sue priorità. Il ricordo dolciastro del loro giorno perfetto bastava a stomacarlo per il resto della sua non – esistenza.

C’erano altri ad interessarlo di più.

Come quella bellezza bruna che gli aveva sventolato le sue beltà sotto il naso per secoli ed ora osava vivere con suo figlio! Quell’inutile escremento, frutto di un incontro di reni senza significato con la sua Darla…

Sì, Cordelia…

Lei si parò davanti alla sua gabbia. La solita Cordelia: forte, determinata, senza paura.

“Tu non mi fai paura” gli disse, infatti. “Io so che Angel è ancora lì dentro”

“Ti sbagli, tesoro. Qui c’è tutto quello che posso offrirti. E non è poco, credimi” rise Angelus. “Qualcosa che tu non hai mai avuto, prima”

“Questo è vero. Qualcosa che, ne sono certa, non ho mai potuto avere prima” ammise tristemente Cordelia, pensando alla forzata castità di Angel, che li aveva tenuti lontani anche quando, forse, qualcosa sarebbe potuto nascere tra di loro.

“Lascia il mio insipido figliolo, e vieni con me. Potrei vampirizzarti, e staremo insieme…” Angelus rise di nuovo. “Almeno per qualche ora, credo”

Cordelia si allontanò. La crudeltà del suo sguardo la feriva terribilmente.

Ma lo fece troppo lentamente. Angelus allungò un braccio tra le sbarre e la trasse a sé, facendola sbattere violentemente contro l’acciaio. Cordelia ansimò, quando lui forzò la sua bocca su quello di lei. Il bacio, iniziato quasi teneramente, continuò duro, violento, fino a che il vampiro affondò le zanne nelle sue labbra morbide, vulnerabili, traendone il sangue. Le urla di Cordelia vennero soffocate dalla sua bocca.

“Cielo, ma sei de_li_zio_sa” chiosò il vampiro.

Wes e Gunn si svegliarono al suono di quella voce sarcastica, e cercarono di strapparla dalle sue braccia, facendo penetrare i denti di Angelus ancora più profondamente nella sua bocca.

Angelus approfittò della confusione per stringere un braccio intorno alla gola della ragazza.

“Aprite la gabbia, o è il suo ultimo respiro”

Impietriti, Wes e Gunn osservarono il volto mortalmente pallido di Cordelia, il suo ansimare, la sua bocca grottescamente macchiata di sangue, brutalizzata.

“Sei solo un demonio” sussurrò Angelus a Cordelia “Non vali niente. Non sei niente di buono. Ma puoi morire anche tu…esattamente come ogni demone o umano”

Wes tese le chiavi.

“Aprila!” gli ingiunse Angelus, strattonando di più la ragazza.

Wes si affrettò ad obbedire.

Angelus, non appena libero, lo afferrò per un braccio e lo sbatté al di là dei divani. Poi, lasciò cadere Cordelia a terra come se fosse un fantoccio, e si avventò su Gunn.

E qui si fermò.

Fred teneva una balestra puntata su di lui, dritta al cuore.

 

“Guarda, guarda cosa ho trovato” canticchiò Xander, acchiappando per il bavero dello spolverino di pelle nera uno stralunato Andrew, con capelli ossigenati alla Spike e la solita aria da perdente.

Buffy scese dalle scale, dalla stanza da letto in cui era stata a controllare le condizioni di salute del vampiro, ed osservò freddamente la nuova preda.

“Mini Spike di Spikonia” osservò, senza vero calore. “E da quando in qua le imitazioni sono meglio dell’originale?”

“Lasciami!” sbottò Andrew, lottando per ritrovare un minimo di dignità.

“Dov’è Jonathan?” chiese Buffy. “E perché siete tornati, quando vi avevo ingiunto di non farvi mai più rivedere a Sunnydale, a meno che non fosse per…consegnarvi alla polizia?”

“Non sono affari tuoi, cacciatrice. Non ti piace il mio nuovo look? Strano, sembrava avessi un debole per questo tipo di maschi…”

Non fece in tempo a finire la frase. Buffy lo sollevò per il collo e lo sbatté contro il muro del suo salotto.

“Frena la tua lurida lingua un istante ed ascolta” disse, fredda come il ghiaccio, fissandolo con occhi senz’anima. “Non ti ho ancora perdonato i pasticci che mi hai combinato con i tuoi degni compari. E soprattutto non ti ho ancora perdonato le schifose risate che vi sarete fatti alle nostre spalle quando ci osservavate con le vostre telecamere. Per non parlare della povera Katrina. Dammi un solo motivo per non ucciderti.”

La paura passò per gli occhi del ragazzo.

“Uc-uccidermi? Nessuno parla di uccidere! Tu sei dei buoni, non uccidi umani innocenti!”

“Su cosa sia io, non giocarci i tuoi ultimi risparmi” lo avvisò Buffy. “Ed ora sputa il rospo”

 

 

“Fossi in te non lo farei” rise Angelus, mentre Fred, tremando, lo teneva sotto tiro.

“Non prendere alla leggera la mia minaccia” mormorò lei, impaurita a morte ma determinata a finirlo se solo lui avesse toccato di nuovo i suoi amici.

“No. Soprattutto perché ho altro da fare.” rise Angelus, e si slanciò fuori dall’Hyperion, nella notte profumata.

Wes raccolse Cordelia tra le braccia. Gli amici si fissarono. Avevano rilasciato una nuova piaga sull’umanità. Complimenti, un tempismo perfetto.

“C’è solo una soluzione” disse Wes, esprimendo il pensiero di tutti. “C’è solo una persona che può fermarlo ora”

Cordy annuì, asciugandosi il sangue dalle labbra ferite.

“La cacciatrice”

 

 

Buffy fece legare Andrew allo stesso tubo del riscaldamento a cui aveva legato Spike, e invitò Willow a procedere.

La strega era pallidissima. La prova appena sostenuta, la vista di Tara piangente, era stata troppo per lei, per la sua fragile personalità già solcata dai sensi di colpa. Ed ora…ora …poteva di nuovo sperimentare una simile bassezza?

Buffy la fissò con durezza.

“Questa è una guerra, Willow. Una guerra senza confini. Lasciare liberi questi tre ha causato la morte di Tara. Vuoi correre di nuovo un simile rischio?”

Willow scosse il capo, le lacrime che rigavano il suo bel volto.

“Temo che finirlo a pugni possa non bastare, se la Cosa che abitava Spike è anche in lui”

Xander non credeva alle sue orecchie. Buffy che parlava di “finire a pugni” un umano innocente fino a prova contraria? Ma cosa diavolo stava succedendo?

Anya scese dalle scale. “Mi ha chiamato Dawn” spiegò. “Dice che avete fatto una specie di esorcismo su …Spike? E questo chi è? Il suo fratellino minore? Chachi?”

“Andrew…ricordi? Le telecamere?”

Anya si irrigidì. Il ricordo delle parole volate tra le e Xander in quell’occasione era ancora bruciante.

“Finiscilo” disse a Willow, e tornò velocemente al piano di sopra.

“Lasciatemi andare! Sono innocente! E’ un sacrilegio!” urlò Andrew.

Buffy lo fece tacere con un pugno. “Parla ancora e potrei rivedere le mie intenzioni…e fare l’upgrade dalla tortura all’assassinio!”

Gli occhi di Willow si scurirono. In un istante, rivide il volto pallido di Tara, il sangue sul suo pullover, la sua ultima parola sussurrata.

Andrew cominciò ad urlare.

 

 

“In parlatorio!”

Faith si sollevò dalla sua branda. Ultimamente, non riusciva a dormire bene. Da quanto Jay era stata uccisa sotto i suoi occhi, per l’esattezza.

Si chiese se stavolta erano venuti per lei.

Non c’era stata nessuna inchiesta per la sua morte. Lei aveva pianto, urlato, e nessuno le aveva dato retta. Jay era felice con la sua famiglia, a Philadelphia. Jay aveva scritto al carcere.

Ma Faith sapeva che Jay non aveva una famiglia, e soprattutto sapeva che lei era morta.

C’era in atto una congiura, qualcosa di più grosso, qualcosa di più potente del Sindaco Wilkins.

E, chiunque fosse stato a metterla in atto, si stava prendendo gioco anche di lei, perché l’aveva lasciata quale impotente testimone ad assistere alla morte della ragazza.

Si sentiva malissimo. Era come se l’avesse consegnata lei stessa ai suoi carnefici, addestrandola ad essere una cacciatrice. Si guardò nello specchio, gli occhi pesti per il pianto, i capelli scuri e lunghi in disordine sul bel viso innaturalmente pallido.

“Sono una cacciatrice” si disse Faith. “E morirò con dignità. Combattendo”

Uscì dalla cella senza rimpianti per quell’oasi di intima redenzione. Seguì la guardia femminile fino al parlatorio. Si aspettava Angel, era l’unico che ancora veniva a trovarla, di tanto in tanto.

Era Wesley.

“Mio Dio, stai bene?” le chiese il suo antico osservatore.

“Five by five” rispose lei, scostandosi i capelli dagli occhi.

“Abbiamo bisogno di te” le chiese Wes, scandendo le parole.

“Non posso far molto, qui, a parte pregare per voi” rise amaramente la ragazza.

“Ho qui la tua libertà condizionata” le spiegò l’uomo. “Il consiglio ha mosso i suoi fili. Sei libera, Faith”

Lei non reagì come si era atteso. Era dura, decisa…e per niente felice.

“Mi volete per combattere una battaglia?”

“Ti vogliamo per combattere la guerra” corresse lui.

“Sono dei vostri” rispose semplicemente Faith, preparandosi in cuor suo a lasciare il fragile porto in cui aveva combattuto per ritrovare, in quegli anni, la sua umanità.

 

 

La Cosa sorse da Andrew con infinità facilità. A quanto pareva, la resistenza che Spike aveva opposto alla tortura era stata enormemente superiore.

E, non molto sorprendentemente, assunse le sembianze di Warren.

“Strega, ci rivediamo. Quante volte ancora dovrai farmi del male?” si lamentò l’ombra, petulante.

“Mai abbastanza, se serve almeno in parte a ripagare quello che hai fatto a Tara”

“Tara è qui con me, e si lamenta che i vermi stanno mangiando il suo corpo. Le porterò i tuoi saluti.” Willow impallidì, ma la forza da lei emanata aumentò. La Cosa continuò la sua malevole dissertazione.

“Siete degli stolti. Siete una fragile cosa, tutti quanti. Quel vampiro al piano di sopra con la sua strana, insopportabile anima, quell’ammasso di energia trascurato da tutto e da tutti da quando ha fallito la sua unica missione, che era quella di morire miserevolmente, aprendo quello stramaledetto portale e facendo discendere l’inferno in terra, e tu, strega fallita, incapace di abbracciare fino in fondo la tua oscurità. Ma vince questo round la nostra cacciatrice preferita, senz’anima come un demonio, incapace di far altro che uccidere, uccidere, uccidere…”

Buffy prese una sciabola, e decapitò Warren.

L’immagine risorse in un istante. Era Jonathan.

“Ah, l’ironia, Buffy!” gridò il suo antico compagno di scuola. “Salvarmi sulla torre del liceo di Sunnydale, solo per farmi uccidere così, da questo pusillanime di Andrew, posseduto da Warren, che non è altro che…”

Mille voci, sorte dal nulla, gridarono insieme.

“Il male!”

Tutte le finestre della casa di Revello Drive implosero insieme.

 

Quando il rumore, lento, insopportabile, dei cristalli in frantumi si fu chetato, Spike si sollevò dal letto.

Buffy!

E Dawn!

E Xander, Willow, Anya!

Anche se non stava ancora bene, si scagliò fuori dalla stanza, i piedi nudi feriti a contatto dei vetri in frantumi, e si precipitò in salotto. Dawn e Anya erano in stato di choc. Le spinse in bagno, la stanza più protetta della casa, e mise tra le mani di Anya del disinfettante e del cotone.

Grazie a Dio, gli altri erano nello scantinato, e quindi non dovevano aver avuto particolari problemi.

Si precipitò giù per le scale, sussultando al contatto con il cemento grezzo degli scalini, e rimase impietrito. Il corpo di Andrew giaceva in un mucchietto a terra, mentre qualcosa di innominabile, di immondo, si era materializzato. A nulla valeva la magia di Willow, atterrita, o le sciabolate di Buffy, infuriata. La cosa diventava sempre più grossa, sempre più oscura, senza confini, e stava inghiottendo la stanza.

Buffy, d’un tratto, capì.

Presa la sciabola, sollevò Andrew e gli tagliò la gola.

 

 

Il grido di Spike risuonò a lungo, quasi tanto a lungo quanto era risuonato il frantumare dei cristalli.

Buffy aveva ucciso.

Un essere umano, in parte, forse, non ancora del tutto corrotto.

Ma la cosa era sparita.

Buffy guardava il sangue sulle sue mani. La sua intuizione era stata giusta: uccidendo il nuovo portatore del male, aveva – almeno per il momento – messo in fuga il male stesso, ma a che prezzo?

E se si fosse sbagliata? E se uccidere Andrew non fosse servito a nulla?

Allora, sarebbe morto anche lui, inghiottito come lei, come tutti loro, da quella macchia immonda.

Ma la Buffy di un tempo, quella con l’anima, avrebbe ucciso?

Si voltò, come disorientata. L’enormità di quanto aveva fatto la colpiva intellettivamente, ma non ancora emotivamente. Forse, questo non sarebbe successo mai. Incontrò gli occhi grandi, sbarrati di Spike. E si rifugiò tra le sue braccia.

“Ho fatto bene, vero? Quella cosa ci avrebbe uccisi tutti”

Spike ebbe pietà di lei, e non rispose. Non c’era niente da dire.

 

 

Faith respirò l’aria della notte. Era come un elisir, dopo mille e più notti trascorse in gabbia, in prigione, nel chiuso di una cella. Sentiva tutti i sensi in ebollizione, e la voglia di uccidere, cacciare, ferire era più forte che mai.

C’era un vecchio conto da regolare.

Mise da parte la pietà, l’amicizia, il conforto che Angel aveva provato per lei, diventando la sua guida quando la notte più buia l’aveva avvolta.

E tirò fuori la rabbia, quella che le si era accumulata dentro quando lui aveva fatto finta di essere divenuto Angelus per costringerla a tradire il Sindaco, quella che aveva provato quando avevano massacrato la giovane Jay davanti a suoi stessi occhi.

“Micio, micio” disse, tirando fuori il paletto. “La tua padrona è arrivata per rimetterti in gabbia”

 

PARTE QUARTA

APOCALYPSE, NOW

 

“Ragazzi! Venite subito su! Qualcosa di orribile sta radunandosi sul prato!”

La voce di Anya li scosse. Xander prese per un braccio Willow, ancora impietrita, e Spike spinse dolcemente Buffy su per le scale.

Dawn, inorridita, fissava il prato al di là del telaio in frantumi delle finestre del salotto.

Una specie di nube incombeva sul sole, oscurandone la luce. Nel cielo progressivamente sempre più buio, si addensavano uccelli da preda nera, dai becchi ricurvi, come fuoriusciti da un orribile incubo.

Uccelli di un altro mondo, un mondo perduto, demoniache presenze, come resuscitate da un passato così remoto da essere stato scordato dall’umanità.

Quasi.

Figure minacciose, dai confini incerti, aspettavano sull’orlo di un impossibile orizzonte di rovesciarsi sulla casa dei Summers.

Quando la terra cominciò a tremare, dal profondo, Buffy voltò lo sguardo intorno a sé.

E non per la prima volta si chiese se non fosse il caso di uccidere subito le persone a lei care, per evitare loro l’inevitabile sofferenza che stava per avvolgerli tutti.

Cominciando da Spike.

 

 

Anche a Los Angeles il cielo si era oscurato, e così a Mosca, a Berlino, a Pechino, a Riad.

In tutto il mondo. Dove era notte, la notte era diventata ancora più cupa. Dove era giorno, era stata improvvisamente la tenebra.

Faith colse Angelus in attesa, sul tetto di un edificio di Rodeo Drive, i sensi rivolti al male puro che si stava destando.

“Sei mio” gli disse, il sorriso curvato dalla soddisfazione per averlo trovato dopo una così breve caccia. “Finalmente”

Angelus si volse.

“Oh, Faith! Sei qui in prima fila, a goderti lo spettacolo?”

Lei sorrise di nuovo.

“Non ci sarà nessun spettacolo per te. Sarai mio. Dovesse finire il mondo in un istante, ciò che davvero conta per me è eliminarti”

“Oh, cara, ma il mondo finirà, è sicuro” rise Angelus. “Non vedo l’ora”

Faith si slanciò contro di lui, pronta a combattere. Pronta a morire, ma non prima di avergli immerso un paletto nel cuore.

Stretti nella lotta, come in una parodia di un impossibile abbraccio, quasi non si accorsero dell’edificio che tremava violentemente sotto i loro piedi.

Rodeo Drive era diventata una voragine.

Angelus la prese tra le braccia, e saltò con lei sul palazzo dall’altro lato della strada, e poi a quello dopo. Tutto intorno a loro stava crollando.

La terra ingoiava uno ad uno i simboli dell’umanità.

 

La Cacciatrice continuava a riflettere sul da farsi.

Cosa avrebbe potuto fare, a parte combattere fino all’ultimo respiro? (E sperare che non esistesse poi qualcosa di così maligno da resuscitarla nuovamente, e per la terza volta…) Uccidere i suoi. Erano rimasti tutti in casa, atterriti, tranne Spike, che ora era al suo fianco. Non lo sentiva come qualcosa di difficile da fare, quanto qualcosa di necessario.

Altre chances non ne aveva. Sarebbero morti comunque, ed orribilmente.

O, peggio, sarebbero sopravvissuti.

Lei non voleva più sopravvivere. Era così stanca.

Sollevò la sciabola. La testa di Spike sarebbe stata la prima a cadere, lo sapevano entrambi. Lui si volse di scatto, con occhi saggi, occhi che avevano visto molte cose, forse troppe.

“No, Buffy” scosse il capo. “Io sono un guerriero, come te. Voglio morire combattendo.”

“Allora, uccidi Xander” disse lei. “Preferisco se lo fai tu. Io penserò alle ragazze” replicò lei, con una calma che gli raggelò il sangue nelle vene.

“No” replicò di nuovo Spike. “Questo io non posso farlo, Buffy”

“Non capisci che siamo soli?” gli chiese lei, quasi urlando. “Il male si è risvegliato, e noi siamo in due! Cosa diavolo ci resta da fare se non soccombere?!”

“Non credo proprio” ribatté una voce, dall’altra parte del prato.

Buffy e Spike si voltarono.

Giles era in piedi, e li sfidava con la sua sola presenza a contraddirlo.

Dietro di lui, stavano altre tre ragazze.

Tre cacciatrici.

 

 

 

Qui, Quo e Qua, pensò Buffy. Come se queste tre ragazzine imberbi potessero fare qualcosa di più che farsi ammazzare. “Giles…hai pensato spesso di poter cambiare la situazione. Ma, stavolta, dovrai arrenderti. Nulla può cambiare la situazione”

“Sì, se conosci ciò che stai combattendo”

“Cosa c’è da conoscere?” ribatté sarcastica Buffy. “E’ semplicemente l’ennesima manifestazione del male. Null’altro che questo. Male, male, male. Il male non si può conoscere, si può solo evitare…e quando è troppo tardi per questo, combattere”

“Una sola anima può fare la differenza, Buffy. E stavolta non è la tua”

Buffy non si offese nemmeno. Nulla di quello che Giles, stavolta, poteva dirle cambiava la situazione.

“State dietro di me” disse alle ragazze. “Ci sarà da combattere. Per un po’, potrete proteggere i civili”

Giles si avvicinò a Spike. “Mio Dio, stando lontano non mi ero reso veramente conto di quanto fosse cambiata”

“Buffy è morta, cadendo da una torre, due anni fa” disse semplicemente Spike. “E non è più tornata da noi…come succede con i morti.”

“Spike…non è ancora finita. Lei non intende ascoltarmi, ma tu devi”

“Io…ascoltarti?” Spike osservò l’osservatore con i suoi grandi occhi. “Perché? Hai fiducia in me? Mi hai detto un giorno che non avresti mai preso in considerazione la mia opinione”

“Questo era prima…dell’anima” replicò semplicemente Giles.

“Ti ascolto, Giles”

“Questo non è ‘male’, o ‘Satana’. Questo è qualcosa di più potente”

“Non mi dirai che è il bene?”

“Qualcosa del genere. Hai mai sentito parlare dei “poteri che sono”?

“No. Sono solo un povero vampiro”

“I poteri che sono da millenni, dall’inizio del tempo, assicurano il bilanciamento tra male e bene. Dirigono il gioco, per così dire. Per esempio, hanno consentito a te di ottenere la tua anima…ed usano Angel e le visioni di Cordelia come loro strumenti per tenere a bada il male.”

“Ed ora…si sono stufati di stare a guardare?”

“Qualcosa del genere. E vogliono prendersi tutto il potere. Avrebbero dovuto impedire a Willow di fare l’incantesimo per riportare in vita Buffy: il suo ruolo nel gioco era già esaurito quando incontrò il Maestro. Ma la lasciarono fare, e l’incantesimo venne interrotto, e Buffy perse la sua anima. Ed ora, loro sanno che una cacciatrice senz’anima è di per sé in grado di alterare l’equilibrio. Allora, hanno dato l’anima a te…ma, con tutto il rispetto, non è la stessa cosa”

“E le altre cacciatrici? Faith? Le ragazze che hai portato?”

“Moriranno. Le hanno fatte inseguire dai loro seguaci per ucciderle, per riportare l’equilibrio in svantaggio a Buffy…una sola cacciatrice, senz’anima”

“Non abbiamo alleati, allora”

Giles lo fissò. “Ci sono poteri persino più potenti dei poteri che sono. Ci sono le forze del bene, quelle vere. Quelle che non intervengono che una volta per millennio, a volte più raramente. I poteri che sono sono semplicemente un loro strumento, come Satana. Se l’equilibrio salta, le forze del bene, interverranno. Diavolo, devono intervenire”

“E’ vero” disse una voce maschile, gioviale, alle loro spalle. “Le forze del bene scelgono attentamente quando intervenire. E direi che questo è il momento”

Giles e Spike si voltarono.

Il Preside della scuola, Robin Wood, li fissava tranquillo, con la sua solita aria serena e pragmatica.

 

“Non credevo che la cosa sarebbe arrivata a questo punto” commentò il giovane nero. “Si erano avuti sintomi dell’insofferenza dei poteri che sono…quella ragazza non avrebbe mai dovuto essere rianimata. Il suo tempo era finito, e lei aveva trovato la pace che meritava. Quando poi il vampiro ha riavuto la sua anima…andiamo, avevano veramente esagerato!”

“Lei…chi è?” chiese Giles.

“Il mio nome è Gabriel” rispose dolcemente l’uomo. “Di tanto in tanto, devo intervenire quando Satana, o i poteri che sono, esagerano. Come ora, per esempio”

“Gabriel….l’arcangelo?”

Robin Wood non rispose, si limitò a sorridere.

Dietro di lui, si stagliò una giovane donna dai capelli scuri. “Ed io sono Michael” disse la donna, che Giles riconobbe vagamente come l’antica segretaria della scuola, ai tempi di Snyder. Quindi, loro erano sempre stati lì…al loro fianco. In tutti quegli anni. In tutte quelle apocalissi. Sopra la bocca dell’inferno.

Il Preside e la segretaria si fissarono sorridendo. Poi, Robin Wood osservò Spike.

“A cosa sei pronto a rinunciare per riportare l’equilibrio?”

Spike impietrì. Possibile che proprio lui, il killer, il demonio, potesse far qualcosa per il bene?

“Avanti, non temere. Parla”

Spike deglutì.

“A tutto” rispose, semplicemente. “Alla vita. Alla mia anima. Ad ogni cosa. Vi prego, prendete quello che dovete, ma fate presto”

“C’è tutto il tempo del mondo” rispose Michael, con eterna saggezza.

“Grazie dell’offerta. Prenderemo la tua vita” disse dolcemente Gabriel.

“Prendete anche la mia anima” supplicò Spike. “E datela a Buffy. Lei non può vivere senza. Io non posso morire con lei…in quello stato…vi prego”

Gabriel non rispose.

Michael, accanto a lui, fece un cenno con la mano.

 

 

Il tempo si fermò.

Faith ed Angelus, stretti in un abbraccio di morte, si sporsero da un cornicione, mentre il mondo attendeva.

Buffy attese con la sciabola alzata, pronta, pur senza provarne alcuna emozione, all’ultima difesa, all’ultima battaglia.

Spike fissò gli occhi delle due entità angeliche. Sapeva che era il suo ultimo istante. Avevano fermato il tempo per consentirgli di gustarlo meglio.

Voltò dolcemente il capo, in un istante di immensa serenità, come non ne aveva mai provata da secoli, letteralmente.

Per ritrovare tanta serenità, doveva riandare con la mente ad una domenica trascorsa in campagna, con sua madre, suo padre, i suoi libri di poesia.

Nemmeno nel profondo del grembo di Buffy, quella Buffy senz’anima, aveva conosciuto una simile serenità.

La fissò. Era bellissima. Era sua, senza saperlo, come è nostro tutto ciò che amiamo.

E non sarebbe stata più sola. Anche se per consentire questo doveva lasciarla. Per sempre.

Il gesto di Michael si alzò nel cielo azzurro, divenne una fiamma che lo avvolse.

Faceva male.

Ma stava finendo. Grazie a Dio, stava finendo.

 

Buffy fissò esterrefatta la pira che avvolgeva e consumava il corpo di Spike. Tra le fiamme, intravide il suo volto, i suoi indimenticabili occhi.

E cominciò ad urlare.

Il dolore era insopportabile.

Il dolore era anche fisico.

E la stava consumando dall’interno, come la fiamma consumava Spike.

E quando di lui non ci furono più che ceneri, Buffy smise di urlare.

E, mettendo a fuoco il mondo che era intorno a lei, si accorse che erano tornati i colori.

Il fuoco bruciava di nuovo.

 

Faith ed Angel si accorsero che stavano cadendo.

Angel la fermò, facendo presa con il braccio sul cornicione del palazzo. Con uno sforzo sovraumano, la prese e la sollevò al sicuro.

Faith, a sua volta, allungò una mano, e lo tirò su.

Le bastò uno sguardo per capire che era di nuovo lui. Il Damat, il cristallo che conteneva la sua anima, poteva essere nascosto da qualche parte nei sotterranei della Wolfram & Hart, l’agente di Satana, ma l’anima era tornata in lui.

Era di nuovo Angel, il suo amico. Il suo conforto.

Angel la prese tra le braccia, e la confortò, accarezzandole i capelli. Il suo orgoglio soffriva: alla fine, non era stato lui il vampiro con l’anima a cambiare le carte in tavola.

Ma non importava. Qualcuno era intervenuto, ed il Bene aveva di nuovo trionfato sul potere.

Perché il potere di per sé non è né buono né cattivo. Conta l’uso che se ne fa, e questo Angel l’aveva sempre saputo, fin da quando si chiamava Liam ed era un buono a nulla.

 

La notte si ritirò dalla Terra, ed i poteri che sono ritirarono le loro forze nel nulla da cui provenivano, ricucendo lo strappo dimensionale che le aveva fatte intervenire in massa su questo piano.

E la battaglia quotidiana per l’equilibrio tra bene e male ricominciò, impercettibile

Buffy, sul prato di casa sua, una casa quasi distrutta, da ricostruire fin dalle fondamenta, sentì l’amore rifluire in lei, come un fiume.

E con l’amore, il dolore.

Riabbracciò Dawn, e quindi i suoi amici. Lei e Willow piansero insieme. E poi strinse Giles tra le braccia, sentendo che erano anni che non lo faceva più… da quando era caduta dalla torre di Glory.

Buffy Summers aveva finalmente riavuto la sua anima.

Solo che non era la sua. Ma quella di Spike.

Buffy pianse lacrime amare, stretta a Giles.

“Non dovevi permetterglierlo” gli disse, mentre – indisturbati, ed ignorati da tutti – Gabriel e Michael svanivano. “Non dovevi. Come farò senza di lui? Come avrei potuto sopportare tutto ciò senza di lui?”

“Non c’era semplicemente scelta” osservò Giles. “Lo diceva la profezia dello Shansu. Il vampiro con l’anima avrebbe determinato le sorti del mondo nell’Apocalisse. Ed in cambio…”.

“Doveva essere Angel” replicò Buffy, senza davvero ascoltarlo. “E’ per questo che mi ha lasciata. Ma Spike era mio. Lui doveva stare con me. Sempre.”

“A quanto pare, non era così. Devi accettarlo, Buffy. Lui ti ha ridato un’anima. Sei davvero tornata da noi, adesso. Non abbandonarci di nuovo”

Lei, finalmente, capì.

No, nonostante il suo immenso dolore, non poteva abbandonarli di nuovo. Aveva finalmente delle responsabilità, aveva dell’amore da dare ai suoi cari. La sua anima le consentiva finalmente di capire cosa provava per Spike.

E l’amore per lui non sarebbe mai stato dimenticato, mai svanito.

Ma era proprio il suo sacrificio che ora le imponeva di vivere appieno.

Asciugandosi le lacrime, Buffy andò incontro al nuovo giorno.

 

 

EPILOGO

 

Il battito del mondo era ricominciato.

Xander stava ricostruendo Casa Summers, e Willow stava ritornando ai suoi studi, coltivando una nuova amicizia. Era Donna, una delle tre aspiranti cacciatrici. Lei e Willow avevano scoperto di avere molto in comune, ed ora il loro rapporto si stava approfondendo.

Dawn era ritornata a scuola. Giles pensava di tornare in Inghilterra, dove era stato incaricato di ricostruire dalle fondamenta il Consiglio degli Osservatori.

E la Bocca dell’inferno continuava a sfornare minacce.

Tutto come sempre.

A Los Angeles, Cordelia aveva lasciato l’appartamento di Connor ed era tornata all’hotel Hyperion. Angel non aveva avuto bisogno di spiegarle: Cordelia lo aveva accolto tra le sue braccia, e tutto era stato capito e perdonato.

Faith, nonostante i continui battibecchi con Wesley, si era stabilita a Los Angeles e pattugliava le strade, di notte, con la Gang, più serena di un tempo, ed aveva preso sotto le sue ali protettrici la più giovane delle tre aspiranti cacciatrici, una ragazza russa di nome Oxana che a malapena parlava inglese ma che la fissava con lo stesso affetto che per lei aveva provato la povera Jay.

L’altra aspirante cacciatrice era tornata a Detroit, da i suoi genitori, ed ora conduceva una vita serena, in attesa dell’eventuale chiamata.

E Buffy pattugliava i cimiteri.

Da sola, lo spolverino di pelle nere indosso, in tasca ancora il suo accendino e le sue Marlboro, attraversava la notte, e per lei il fuoco di nuovo ardeva.

Aveva ricevuto una lettera di Riley, in cui lui le raccontava di essere stato trasferito in Medio Oriente, per combattere una nuova misteriosa entità. Le cose con sua moglie andavano bene, ma non mancavano gli screzi. Ma quello, francamente, non era affare di Buffy.

Angel aveva Cordelia a cui pensare, Riley doveva far funzionare il suo matrimonio, e Buffy stava bene da sola.

Almeno, quando piangeva, nessuno le chiedeva il perché.

“Ho più rimorsi che rimpianti…ed in fondo, non è meglio così?” si chiedeva.

No, non lo era.

Soprattutto quando pensava a come l’aveva trattato. A come lui aveva accettato tutto quello che lei poteva dargli, ed era stato così poco, Dio, così poco…

“Basta, sennò piango di nuovo” si disse Buffy, e si diresse verso casa. Al Wal – Mart avevano aperto un nuovo Blockbuster. Voleva affittare un film commovente, almeno non avrebbe dovuto spiegare a Dawn il perché delle sue lacrime. Indecisa tra “Fiori d’acciaio” e “A time for dancing”, scelse quest’ultimo, che non aveva ancora visto. Così, un bel pianto di un paio d’ore era assicurato e giustificato. La cosa quasi quasi la faceva ridere. A quel che pareva, l’anima di Spike non aveva perso il suo senso dell’umorismo.

Alcuni pensionati giocavano a domino all’angolo del supermercato, nella notte tiepida. Lei passò veloce, senza fermarsi, fino a che – alla luce dei lampioni – non scorse un profilo netto, elegante, che conosceva meglio di qualunque altro al mondo.

Non credeva ai suoi occhi.

L’uomo giocava a domino, e la luce giallastra del lampione illuminava il suo volto dagli zigomi alti, e la bocca piena, e gli occhi profondi, a volte chiari come un lago di montagna, a volte scuriti dalla passione.

I morbidi capelli ondulati, di un caldo color brunito, gli incorniciavano la fronte alta, elegante. Le sue belle mani fini maneggiavano le tesserine colorate.

Lui sollevò il capo e sorrise.

Anche Buffy sorrise. Avrebbe riconosciuto il suo profilo anche tra mille anni.

“Vuol giocare, signorina?” le chiese, con la sua bella voce profonda, dall’accento inglese.

“Mi spiace, ma non conosco le regole” replicò Buffy. “Non le ho mai conosciute.”

“Se permette, le insegno io” replicò lui, con un sospiro soddisfatto “Sono arrivato dall’Inghilterra solo da pochi giorni, per una borsa di studio come docente a contratto all’università di Sunnydale. Letteratura dell’ottocento inglese: è la mia materia. Ho imparato questo gioco da questi gentili signori…e mi distraggo così, dopo il lavoro. Ma forse la sto annoiando…” timidamente, il giovane la fissò. Lei era incantevole.

Buffy sorrise, e si sedette accanto a lui, prendendo la sedia che uno dei pensionati gentilmente le porse.

“Affatto. Adoro anch’io la letteratura inglese. Soprattutto la poesia. Crede che potrò iscrivermi al suo corso, questo semestre?”

“Per quel che ne so, le iscrizioni sono ancora aperte.”

“Bene.” rispose Buffy. “Allora, William, giochiamo”

Lui la fissò, sorpreso. “Come fa a sapere che mi chiamo William?”

Ma Buffy sorrise, scosse il capo, e cominciò a posizionare le sue tessere sul tavolo, ringraziando in cuor suo Gabriel, Michael e persino i poteri che sono.

 

 

FINE