LA BAMBINA GIOCA CON LE SUE MONETINE

Di Sallybrown

 

 

La bambina gioca con le sue monetine sul bordo del porticato.

William: Che cosa stai facendo?

bambina: Preparo le mie armi.

William: Cosa te ne fai?

bambina: Devo scacciare i demoni.

 

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La ricerca delle povere anime tormentate era sempre una caccia piacevole e fruttuosa. I suoi sensi acuti e sensibili la guidavano nella folla di quel frenetico venerdì mattina sulla scia di una traccia ben precisa. La sua prossima preda era vicino a lei, talmente vicina che ne sentiva il respiro affannato, il battito del cuore, accelerato e nervoso. Sentiva le sue mani tremare, la sua bocca balbettare. Gli occhi rossi e febbricitanti dietro lo schermo delle lenti degli occhiali. Aveva dormito poco e male, questo lo sapeva. E aveva fretta, probabilmente era in ritardo per il lavoro. Drusilla stava china, coperta dal mantello, bene attenta che la luce non le raggiungesse il viso. I suoi occhi guizzavano a destra e sinistra, nell'ansia di riconoscere l'uomo che stava cercando. No, non era una preda. Sapeva che dentro di lui non desiderava esserlo.

 

- Sono in ritardo, sono in ritardo! Questa volta il signor Nemauser mi licenzia veramente! -. Accelerava il passo, continuando a fissare il quadrante dell'orologio, asciugandosi la fronte sconvolta per la corsa. Ma sapeva che ormai era troppo tardi: gli sportelli dell'ufficio postale stavano aprendo proprio in quel momento.

- Signor Holmwood, lei è in ritardo -.

- Si, signor Nemauser. Mi scusi -.

- Come sempre -. Secco. Arido. Tagliente.

William Holmwood guardò la schiena del suo datore di lavoro, mentre desideri che sapeva provenire da quella parte del suo cervello che non accettava le regole di quella assurda società, affioravano dal suo inconscio, minacciosi e allettanti. L'uomo si allontanò ritornando nel suo ufficio. Al suo passaggio gli altri impiegati abbassavano lo sguardo. Lo stesso fecero quando fu William a passare per andare a sedersi al suo sportello, ma sapeva che il significato di quel gesto era completamente diverso nel suo caso. Quando si fu seduto sullo sgabello, tirò un sospiro di sollievo. Dietro i pannelli che delimitavano la sua postazione, lontano dagli sguardi curiosi dei suoi colleghi, si sentiva al sicuro. Non poteva certo dire apertamente quello che pensava di ognuno di loro. Ma era un altro il motivo principale del suo sollievo: su quello sgabello lui diventava qualcosa di diverso, migliore. Le persone che venivano in posta si rivolgevano a lui come ad una autorità, gli chiedevano un servizio che solo lui poteva dare. In un certo senso diventava indispensabile e importante per quelle persone. Quello sgabello era come un trono. Alle volte, la sera, poco prima di chiudere la cassa e trascinarsi a casa, aveva avuto la tentazione di portarselo via, infilarselo sottobraccio e sistemarlo nel posto d'onore, alla sua scrivania, dove si ritrovava tutte le sere a sedersi e scrivere componimenti dedicati a Cecily.

 

"Posta ordinaria, pacco o raccomandata?"; frase collaudata, mossa collaudata. Sapeva che i clienti rimanevano colpiti se lui faceva quella domanda mentre aveva ancora la testa abbassata sui documenti che rimanevano da compilare. Emanava professionalità e potere, incuteva timore e suscitava rispetto. Quindi alzava lo sguardo, dapprima con gli occhi socchiusi, quindi riaprendoli con noncuranza, come di chi ormai fa quel lavoro da anni. Sorriso, quindi la frase successiva: "Mi dica pure". Ma, alla vista della bambina, William rimase senza parole.

 

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William: Quali demoni?

bambina: Quelli che arriveranno. Presto verranno a cercarci, ci inseguiranno. Dobbiamo essere pronti a scacciarli. Non permettiamo loro di impadronirsi di noi.

William: Chi ti ha raccontato che esistono i demoni?

bambina: Nessuno.

William: E come fai a dire con così tanta convinzione che loro arriveranno?

bambina: Li ho visti, mi sono voltata indietro ed erano là

William: Là dove?

La bambina indica un punto lontano, senza dire una parola. William guarda in quella direzione, senza vedere niente.

William: Non li vedo, piccola.

bambina: Allora non potrai combatterli.

 

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- Signore, mi ascolta? -.

William ritornò a guardare la madre (supponeva) della bambina.

- Mi scusi. Diceva? -.

- Raccomandata. Ecco l'indirizzo e la busta -.

William prese ciò che la donna gli porgeva. Un altro fuggevole sguardo alla bambina. Non poté fare a meno di notare che aveva la manina chiusa a pugno. La bambina, notando il modo in cui lui la guardava, si trasse, nascondendosi dietro la madre. William allora distolse lo sguardo, imbarazzato. Si guardò intorno di soppiatto, cercando di capire se qualcuno aveva notato quello che era successo. Vedendo che nessuno aveva fatto caso a lui o alla bambina (stranamente, nemmeno la madre), era tornato ancora una volta ad osservare la bambina. Lei continuava a rimanere dietro il braccio della madre, studiandolo con grandi e tremanti occhi blu. Quella bambina aveva, paradossalmente, paura di lui. Non capiva se doveva esserne divertito o spaventato lui stesso. Per ora era semplicemente incredulo. Dopo un primo attimo di smarrimento, iniziò a scartabellare intorno agli affari della madre, bolli, timbri, denaro, senza la benché minima fretta. Voleva che quella bambina rimanesse lì il più possibile.

 

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La bambina si alza e si avvia nella direzione che aveva indicato. William la guarda allontanarsi da lui, cercando di capire il significato di quello che lei le ha appena detto.

William: Cosa vogliono questi demoni?

La bambina si ferma, si gira e lo fissa come se avesse fatto una domanda superflua. William comincia a pensare che sia così.

William: Dovrei saperlo già?

Bambina: Tu la sai già.

William: Ti assicuro che…

Ma la bambina ricomincia a camminare.

William: Aspetta!

Si ferma. Torna a guardarlo. I suoi occhi blu sembrano volerlo inghiottire.

William: insegnami a vederli.

Bambina: Io sono qui per dare la caccia ai demoni, non per insegnarti a difenderti.

William: Voglio darti una mano!

Bambina: Tu hai solo paura. Paura per te stesso. Lo so, l'ho visto. Tu mi lascerai morire.

William: Io… io sono solo un impiegato postale.

Bambina: Ciò che non serve viene eliminato. Un impiegato postale non serve contro i demoni.

William: E allora cosa dovrei fare?

Bambina: Non puoi scegliere. Non ti darà scelta.

William: Chi?

 

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La bambina se n'era andata. Le scartoffie debellate. Gli sportelli erano quasi tutti chiusi. William se ne stava appollaiato sul suo sgabello e si guardava intorno. La desolazione dell'ufficio deserto era spaventosa e gelida. Erano ormai venti minuti che nessuno entrava dalla porta agitando il campanello appeso allo stipite. La tentazione di chiudere prima era forte. La tentazione. Si era sempre considerato un uomo mite, virtuoso, ma era come se non fosse una sua scelta volontaria; aveva la sensazione che era quello che era per l'impossibilità di essere qualcosa di diverso. La chiave era probabilmente tutta un quella parola: impossibilità. "Cos'altro potrei essere?" Molte volte, pensando alla sua esistenza mediocre e immutabile, si chiedeva se non ci fosse qualcos'altro che avrebbe potuto rappresentare la vera vocazione della sua vita, uno scopo a cui votare la sua esistenza priva di significato. Allungò una mano nel suo borsello da impiegato per estrarre un quadernino nero e spiegazzato. Non si riteneva un poeta memorabile. Lo stesso si dilettava, scriveva i suoi pensieri in rima, ostinandosi con le stesse parole, frustrato dal desiderio di trovarne sempre di nuove. Era proprio questa la chiave: la sua vita ruotava intorno ad un unico, frustrante desiderio …

 

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Solo, in piedi in mezzo al nulla, William si guardava intorno, mentre il sole accecante lo arrostiva e rosolava. Sentiva ogni liquido del suo corpo evaporare, uscire dalla sua pelle, allontanarsi da lui, salendo verso l'alto. Il sole gli stava rubando la vita. Quasi a sfidare questa stella un po' troppo vicina, William rivolse lo sguardo al cielo. Come era ovvio, un enorme chiazza blu gli si impressionò sulla retina, impedendogli di vedere quanto accadeva intorno. E proprio allora si accorse che qualcuno arrivava, si avvicinava a lui, rapidamente. Preso dal panico, aveva iniziato a girarsi intorno, a scatti, sentendosi assediato, come una preda in trappola. La sua visuale era completamente oscurata da quella macchia, solo ai lati gli era possibile intravedere qualcosa. Ma non riusciva, in definitiva, a capire chi gli stava davanti. "Oh, mio Dio, sono arrivati!" Si era buttato in ginocchio, più perché gli era mancata la forza di rimanere in piedi che per implorare.

Bambina: Accetti passivamente ciò che ti accade, William?

L'uomo alzò lo sguardo. La macchia blu era sparita.

Bambina: Non lasciare che siano altri a guidare il tuo volere. La tua passione ti dice dove andare, ma non sempre questo è un bene.

William: Piccola, io non …

Ma non riuscì a finire la frase. La bambina era già scomparsa.

Quella bambina era il Bene, quella bambina era il Male. Stava a lui capire cosa voleva fare. "Libero arbitrio".

 

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"Il mio animo avverte qualcosa, come un segno nascosto nelle stelle, che forse comincerà con questa festa una serie di avvenimenti quali porteranno alla fine una vita che disprezzo, mediante una morte prematura. Ma colui che siede al governo della mia sorte diriga la mia vela" Romeo "Romeo e Giulietta" W. Shakespeare

 

- Il mio unico problema sono io -.

William era davanti allo specchio della toletta. Stava sistemandosi il cravattino, ma lo scarso successo del suo proposito lo rendeva nervoso. All'arrivo della madre alle sue spalle, scattò rabbiosamente.

- William, tesoro, sei strano oggi. E' successo qualcosa al lavoro? -.

- No, mamma. Piantala di fare sempre le solite domande con lo stesso tono piagnucoloso! -.

Si rese conto di rimproverare sua madre per ciò che era lui stesso. Dio, quanto si odiava per questo! Si girò, sentendosi in colpa e accertandosi che sua madre non avesse fatto caso ai suoi modi. Paradossalmente, sperava che fosse troppo preoccupata per dargli peso.

- William …-.

La donna si tormentava le dita della mani, che aveva giunte all'altezza dell'addome. Poi, notando lo sguardo del figlio si di lei, aveva iniziato a stropicciasi il vestito fatto con stoffa a buon mercato.

- Mamma … -.

Senso di colpa, scava, e scava. Cercò di calmarsi e rincuorarla. - Non è successo niente. Solo una giornata più pesante del solito. E poi, stanotte non ho dormito bene, quindi… -

- Ti ho sentito agitarti nel sonno. Devi avere avuto incubi terribili! -.

- Sono solo sogni. Non hanno alcuna importanza -. Fece una pausa di silenzio, pensando bene a cosa stava per dire. - E poi, non me lo ricordo già più! -, mentì, sorridendole.

- Fai attenzione. Ci sono tanti balordi in giro per le strade della città il venerdì sera -.

 

La vecchia aveva ragione…

 

Mio padre era un impiegato postale. Mio fratello maggiore era un impiegato postale. Io sono un impiegato postale. Questo dà da pensare sulle mie scelte, non è vero? E poi, cos'altro avrei potuto fare? Qualcuno doveva pur prendersi cura di mia madre e io sono l'unico figlio che le è rimasto. Dopo la morte di mio padre e Cliff, sono diventato tutta la sua famiglia. Se non ci fossi io… non le rimarrebbe niente. Il suo attaccamento a me a molto a che fare con l'egoismo, questo lo so. Ma dopo una certa età o diventiamo totalmente altruisti, o totalmente egoisti. E mia madre appartiene a questa seconda schiera di persone. E Io? A quale schiera appartengo? Non lo so, non penso mai al futuro. Non vedo ancora la necessità di immaginarmi vecchio e inutile.

 

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Ora capiva a cosa servivano le monetine. Beh, dire che lo aveva capito era veramente troppo: diciamo che aveva capito cosa la bambina voleva farne. Mentre entrambi correvano senza guardarsi indietro, lei le lanciava alle loro spalle, e pochi secondi dopo si avvertiva un'esplosione seguita da un urlo lacerante e per niente umano.

Brividi gli correvano giù per la schiena, lasciando una scia di panico sulle braccia e sulle gambe. Non aveva il coraggio di guardarsi alle spalle, nemmeno quando aveva la certezza che tutti i demoni erano morti. Non li voleva vedere, non voleva vedere i loro corpi lacerati, il loro sangue ovunque.

La bambina aveva smesso di correre e si era voltata ad osservare la sua opera, avvicinandosi alle membra sventrate. William rimaneva di spalle, la testa bassa, gli occhi chiusi.

Bambina: Non avere paura di ciò che sei. Altrimenti, come potrai affrontare loro?

William: Non chiedermi di farlo. Non so se riuscirei a reggere

Bambina: Sei più forte di quanto immagini. Sei l'unico abbastanza forte per farlo.

William alzò la testa spalancando gli occhi. Da dove veniva quella frase? Dal suo passato? Dal suo futuro? Si girò, l'unica cosa che vedeva era la bambina.

William: Dove sono i demoni? Io vedo solo te.

Bambina: Dentro di te

Dicendo così, improvvisamente la bambina era diventata qualcosa di diverso. Si era avventata su di lui, la mano a pugno, pronta a scaricarle addosso una pioggia di monetine. Quello che era diventata nemmeno lui era riuscito a capirlo. Il suo viso aveva iniziato a deformarsi, i suoi occhi diventare due pozzi scuri e senza fondo. I suoi denti sempre più aguzzi e minacciosi. Quando fu su di lui, un urlo raccapricciante le era uscito da quella che era una volta la sua bocca.

Bambina: Sei tu che hai scelto, William. Io sono il Bene, io sono il Male.

William era finito a terra, rantolante sotto la creatura, mentre il buio lo inghiottiva e gli impediva di vedere cosa gli stava facendo.

William: Dio, no! Ti prego, no!