By
Sara
I
personaggi delle serie "Angel" e "Buffy, the vampire
slayer", appartengono a Joss Whedon, la WB, ME e la Fox, gli autori non ha
alcuno scopo di lucro e non intendono violare alcun copyright.
***Disclaimer
& Note dell'Autore/Autrice***
Note:La
ff è ambientata principalmente nel passato prima della nascita di William,
Spike avrà sempre il nome di William, ma non è Spike pre vampirizzazione. Solo
che secondo me questo nome gli sta proprio bene
Questa
è la mia prima ff. fatemi sapere!
sara_akela@yahoo.it
Prologo
Willow
Tara e Down erano sedute in salotto a casa Summers a parlare di magia. Anzi
parlavano di anime gemelle e di altre vite.
Down
era curiosissima a proposito, aveva sempre sognato di sapere chi era in una
vita passata e se le persone che conosceva le aveva già incontrate.
Mentre
Tara raccontava le sue esperienze, furono interrotte da delle grida che
provenivano da fuori
D:
sono tornati i fidanzatini
W:
Down! Se tua sorella ti sente ti uccide. Buffy e Spike non sono fidanzati…
anche se lo sembrano!
D:
vado a chiamarli prima che distruggano il porticato.
Down
fece entrare la sorella e il vampiro, quasi trascinandoli con la forza.
D:
su morosetti, basta effusioni d’amore. Unitevi alla nostra discussione sulle
vite passate
Buffy
e Spike lanciarono un occhiataccia a Down, la quale li fece sedere sul divano
D:
ok eterni nemici mortali, che cercate in ogni attimo di uccidervi a vicenda
state seduti e zitti! Qui si fanno discorsi seri. Stiamo parlando di anime
gemelle!
B:
beh se si parla di anime a te non dovrebbe importare Spike!
Buffy
si rese subito conto di essere stata un arpia. Spike strinse la mascella e i
suoi occhi si fecero blu scuro, come il mare in tempesta. Non avrebbe aspettato
un attimo di più, aveva sentito anche troppo. Si alzo e si avviò alla porta.
No
non poteva essere così cattiva. Ok picchiarsi, ok offendersi. Ma non ferire,
non così a fondo. Lui non l’aveva mai fatto e lei in quel momento se ne
vergogno.
La
cacciatrice si precipitò alla porta e gli si mise di fronte prima che lui potesse
aprirla.
B:
mi spiace, meriterei un pugno per la mia lingua lunga! Non volevo dire quello
che ho detto, avevo momentaneamente il cervello spento! Rimani per favore.
Spike
la fisso un attimo diritta negli occhi e togliendosi la giacca si mise a sedere.
Buffy
lo segui e rivolse uno sguardo a Willow sperando che l’amica la togliesse da
questa situazione imbarazzante.
W:
stavamo appunto parlando di vite passate e Tara ci stava raccontando le sue
esperienze di regressione.
S:
è pericoloso giocare con la magia streghette
T:
vedi Spike, questa non è proprio magia. È come se ti addormentassi e rivivessi
una tua vita passata. Non succede nulla, in pratica la tua anima ti riporta in
luoghi dove è già stata.
S:
non fa per me! Come gentilmente qualcuno mi ricordava io un’anima non ce l’ ho.
T:
ma l’ hai avuta, prima che tu fossi un vampiro, e prima ancora di essere
William eri qualcun altro.
B:
sarebbe bello vedere chi eravamo. Magari qualcuno di famoso!
Magari
qualcuno di felice, pensò! In quel momento Spike si voltò a guardarla con un
sorriso triste, come se avesse sentito il tuo pensiero.
T:
possiamo provare se vuoi! Io non sono molto esperta però lo so fare. Ti
sembrerà come se stessi vedendo un film, solo che l’attrice sei tu, proviamo?
B:
ok, cosa devo fare?
T:
sederti comoda e decidere quanto indietro andare. Poi dovrai solo chiudere gli
occhi. Potresti incontrare anche noi, a volte la anime si inseguono.
E
le anime gemelle si ritrovano in ogni vita!
B:
ok tentar non nuoce, sarà divertente! Ma come decido dove andare?
T:
sarà la tua anima a guidarti, potresti scoprire cose divertenti.
Buffy
si sedette comoda e chiuse gli occhi e dopo qualche parola di Tara tutto
diventò buio e il sogno ebbe inizio.
Inizialmente
vicino al nome dei personaggi c’è tra parentesi il nome della persona nel tempo
presente, quindi immaginatevi quei volti!
Capitolo
1
Inghilterra molto molto tempo fa!
Elisabeth
si sveglio nel suo morbido letto. I raggi del sole filtravano dalla finestra, e
quel mattino aveva deciso che sarebbe stata una bella giornata.
Si
vestì e scese le scale della sua bella casa.
Ad
aspettarla in sala da pranzo c’erano la madre Catherina (Willow) e il padre
Alexander (Angel) che bofonchiavano qualcosa. Appena entrata la giovane ebbe il
sospetto che i genitori tramassero qualcosa alle sue spalle.
E:
buongiorno
A:
buon giorno a te cara Elisabeth. Hai riposato bene?
C:
hai visto che splendida giornata mia cara. Adatta per un pic-nic! Chissà quanti
giovani vorrebbero passare una bella giornata in tua compagnia. Noi volendo…
E:
no grazie mamma. Lo so che cercate di farmi incontrare qualche giovane e
facoltoso nobiluomo da sposare, ma io oggi ho già un impegno
I
genitori la guardarono curiosa e rimasero con il volto attento aspettando che
la figlia continuasse.
Elisabeth
non sapeva come uscirne. Non avrebbe voluto mentire ai suoi genitori, ma l’idea
di uscire con un altro brutto e noioso giovane amico di famiglia non
l’allettava minimamente.
E:
devo appunto andare a fare un pic-nic con un amico. Lui non l’avete mai visto,
perché è da poco arrivato a Londra. Ma è un cugino della mia amica Juliet
(Tara). Infatti, verrà anche lei con me.
Ancora
imbarazzata e sconcertata per la storia che si era appena inventata si avvicino
e dopo aver baciato i genitori si avviò alla porta
E:
anzi corro da lei a vedere se si è ricordata del pic-nic. Passo fra un po’ a
prendermi le cose e prepararmi…
Si
chiuse la porta alle spalle lasciando i genitori stupefatti
C:
deve aver preso da te…
Il
padre guardo sua moglie stupita
C.
a mentire così male intendo. Chissà che non lo incontri veramente un “cugino di
Juliet”.
Elisabeth
corse dall’amica che vedendola preoccupata si precipitò da lei
J:
cos’è successo?
E:
mi sono messa dai guai e tu devi darmi una mano a non farmi scoprire.
Racconto
la vicenda all’amica, la quale dopo il racconto scoppio in una fragorosa
risata.
J:
solo tu sai cacciarti nei guai in quel modo! Non ti preoccupare andiamo a farci
un pic-nic al fiume io e te! Diremo ai tuoi che mio cugino ci aspetta li!
Elisabeth
si sentì più tranquilla e abbraccio l’amica
E:
se non ci fossi tu sarei persa!
J:
ora vai a casa a prepararti. Ci troviamo da te alle 11. A dopo
E
senza aspettare risposta Juliet si allontano per le scale di casa ancora
ridendo per l’accaduto.
Alle
11 in punto Juliet si presentò a casa di Elisabeth, ed una volta salutati i
genitori, presero i cesti da pic-nic e s’incamminarono verso il fiume.
Giunte
lì si sedettero comode attorno ad un albero, senza parlare, assaporando la pace
e la tranquillità del luogo e del momento.
J:
perché continui a rifiutare gli appuntamenti fissati dai tuoi? Sei ancora una
ragazza, è vero ma prima o poi dovrai decidere con chi sposarti. Gli anni
passano anche per te mia cara.
E.
si lo so, lo so! Ma tu non hai visto gli uomini che mi propongono i miei. Non è
solo una questione di aspetto fisico, di bellezza! Non mi trasmettono nulla. Io
lo conosco già l’uomo dei miei sogni.
L’amica
rimase a bocca aperta, senza riuscire a dire nulla, solo a balbettare…
J:
ma come lo conosci… chi è? Come l’ hai incontrato, dai racconta!
Elisabeth
fissò il cielo sorridente, con uno sguardo sognante
E:
beh lo vedo ogni notte, nei miei sogni! Mi appare questo giovane, non lo vedo
in volto, ma conosco la sua anima. Parliamo e lui mi conosce, conosce il mio
profondo.
Lo
so che è solo un sogno, ma quasi ne sono innamorata; e so che esiste nella
realtà! Perché sarebbe troppo brutto innamorarsi di qualcuno e poi accorgersi
che non esiste.
Io
lo sto aspettando da molto e sono certa che appena lo incontrerò il mio sogno
acquisterà un volto!
J:
tu sei pazza, una pazza sognatrice. Ma è per questo che sei la mia migliore
amica, quindi ti aiuterò nella tua folle impresa. Speriamo che il tuo
innamorato fantasma si bello ed attraente. Sarà divertente cercarlo, eheheh…
Le
due amiche prepararono la tovaglia per il pic-nic, e passarono il pranzo
chiacchierando e fantasticando sul volto del giovane innamorato di Elisabeth.
Dopo
aver riso tanto da togliere il fiato si distesero sulla coperta e guardando il
cielo e sognando si addormentarono.
Elisabeth
fu svegliata da un foglio di carta che le volò sul viso. Si mise a sedere di
scatto e così fece Juliet, spaventata dallo scossone datale dall’amica.
E:
ci siamo addormentate. Fortuna che questo foglio ci ha svegliate o rischiavamo
di trovarci qui in piena notte.
Elisabeth
prese il foglio e lo guardò attentamente.
J:
cosa dice? Cosa c’è scritto
E:
è vuoto… ma da dove arriva?
W:
scusatemi signorine, il foglio è mio, mi è stato portato via dal vento!
Le
ragazze si voltarono in direzione della voce, che proveniva indubbiamente da un
uomo che aveva appena fatto una corsa. Elisabeth aveva il sole sugli occhi e
non riusciva a vedere il volto del giovane, e si fece ombra con il foglio
trovato.
Il
giovane si avvicinò a loro in modo che potessero vederlo, ed Elisabeth rimase
quasi senza fiato quando incrociò i suoi occhi.
W:
proprio quel foglio, grazie per averlo fermato, non ce la facevo più a
rincorrerlo
E:
ma è un foglio vuoto! Perché rincorre un foglio vuoto?
W:
perché in quel foglio devo scrivere una poesia.
E:
e non poteva usarne un altro?
W:
no signorina, perché a quel foglio appartengono le parole che scriverò. Il
foglio in cui si vuole incidere parte della nostra anima è quello per un certo
motivo. Non possiamo perdere parte di ciò che ci circonda, o rischiamo di
perdere l’ispirazione. Nulla è per caso, neppure il foglio che ha in mano.
E:
ma se il foglio è fuggito forse non voleva le parole della sua poesia
W:
o forse cercava la nostra ispirazione
Le
parole del giovane vennero interrotte da un ragazzo con i capelli neri che lo
raggiunse di corsa
L:
William hai raggiunto il tuo dannato foglio? O scusatemi signore.
Accenno
un inchino e si avvicinò alle due amiche.
L:
piacere Leonard (Xander)
L:
questo sciocco ragazzo, che sicuramente non si sarà presentato, è William
(Spike) il mio migliore e più pazzo amico. È un sognatore dovete perdonare la
sua maleducazione
W:
so scusarmi da solo, ed in ogni caso io e la signorina…
E:…Elisabeth
W:
la signorina Elisabeth stavamo parlando di cose più importanti di una
presentazione
E:
veramente lui parlava e io ascoltavo, comunque… piacere Elisabeth
E
porse la mano a Leonard passando
davanti a William quasi senza guardarlo
J:
piacere Juliet, la migliore amica dell’altra pazza qui presente.
E
pose la mano ad entrambi i giovani, mentre Elisabeth si allontanò da William ed
incrociò le braccia.
L:
signorine è stato un vero piacere conoscervi e spero fortemente di incontrarvi
nuovamente durante la nostra permanenza
a Londra. Ora dobbiamo proprio andare.
Calò
un profondo silenzio e Leonard e Juliet si accorsero che William ed Elisabeth
non stavano ascoltando nessuno ma si stavano guardando fissi negli occhi come
se attorno a loro non esistesse nulla.
W:
posso riavere il mio foglio?
E:
ma è certo che abbia trovato la sua ispirazione?
W:
non e non lo potrò saper finché lo tiene lei
E:
beh io credo di volerlo tenere con me! Se mi ha raggiunto forse dovevo averlo
io. Non ci ha pensato?
Si
fissarono ancora con uno sguardo di sfida
W:
e come facciamo ad esserne certi?
E:
facciamo così: lo terrò io per un po’ e se ci rincontreremo, vorrà dire che
vuole tornare da lei e glielo restituirò.
W:
d’accordo a presto allora
E:
a presto
W:
non parlavo con lei ma con il mio foglio…
E:
… ed io con il suo amico
I
rispettivi amici trascinarono via William ed Elisabeth sospirando e guardando
il cielo
J:
Elisabeth! Sei stata proprio scorbutica e scortese! Erano due giovani carini e
simpatici, avresti potuto trovare il volto che cercavi…
E:
stai scherzando spero! È stato così antipatico e scorbutico e indisponente e…
Mentre
diceva le ultime parole si voltò verso la direzione in cui erano andati i
ragazzi.
J:
certo hai ragione, lo trovi proprio insopportabile… secondo me questa notte il
tuo innamorato avrà un bel volto
E:
cosa dicevi?
J:
nulla! Solo che si sta facendo tardi ed è meglio andare
L:
William, solitamente sei più socievole con le belle ragazze, e soprattutto non
lasci andare così facilmente i tuoi fogli. Ed ora come farai senza ispirazione
William
sorrise voltandosi indietro
W:
non mi serve il foglio. Ho incontrato la mia musa ispiratrice!
Capitolo
2
Elisabeth
rientrò in casa come una furia, sbattendosi la porta alle spalle.
La
madre spaventata da tutto quel fracasso accorse il salotto e rimase per un
attimo ad osservare il viso corrugato della figlia, seduto sulla poltrona e con
gli occhi fissi al caminetto.
C:
anche tuo padre fa quell’espressione quando è arrabbiato. È andato male il
pic-nic? Hai litigato con Juliet?
E:
no, non sono arrabbiata. Anzi si, lo sono. Tutta colpa di quello sciocco e
arrogante ragazzo!
C:
ragazzo…quale ragazzo?
Elisabeth
raccontò alla madre l’incontro fatto nel pomeriggio. Dopo un attimo di silenzio
Catherina guardò la figlia con un dolce sorriso
C:
e com’è questo William?
E:
scorbutico e totalmente pazzo e…
C:
e…
E:
con due splendidi occhi azzurri ed un bellissimo sorriso – disse quasi sognante
la giovane – ma rimane pazzo! Quasi urlò.
C:
e lo rivedrai? Quando?
E:
non lo so, non credo… anzi spero proprio di no!
La
madre sorrise passandole una mano sul viso
C:
spero di conoscerlo presto questo William; era ora che iniziassi a cercarti un
fidanzato.
E:
mamma ma allora non mi stai ascoltando. Io lo detesto, non lo posso sopportare
e di certo non lo vorrei come fidanzato.
C:
bimba mia, io ti ho ascoltato bene, ma quello che dicevi era ben diverso da
quello che mostravi. Innanzi tutto conosco lo sguardo di mia figlia. In secondo
luogo io mi sono comportata allo stesso modo quando ho incontrato tuo padre. E
infine, ricordati Elisabeth, spesso amore e odio vanno assieme.
Elisabeth
andò a dormire presto quella notte, e i sogni non tardarono ad arrivare.
Il
suo giovane innamorato comparve anche quella notte, non lo vide in volto ma
riconobbe due splendidi occhi azzurri. Parlarono e passeggiarono. Prima che
Elisabeth si svegliasse il giovane le si avvicinò e le posò un dolce bacio
sulle labbra per poi sussurrarle: “ voglio solo vedere se c’è un noi in te e
me”.
Si
svegliò di colpo, guardandosi attorno e scoprendo con delusione di essere nella
sua stanza, e che con lei non c’era nessuno.
Dopo
aver fatto colazione si recò da Juliet per andare assieme al mercato, e durante
il viaggio le raccontò il sogno fatto.
J:
e com’era il bacio?
E:
dolcissimo! Mai provato nulla di simile.
J:
bene cerchiamolo, potrebbe essere chiunque. Hai mai pensato al panettiere?
E:
ma avrà vent’anni più di me! Inoltre il mio lui è romantico e gentile e ha dei
bellissimi occhi azzurri…
J:
azzurri come quelli di William? Chissà come sono apparsi due occhi al tuo
fantasma, solo dopo il nostro incontro di ieri.
Disse
sogghignando Juliet
E:
non dire stupidaggini. Lui è diverso dal mio amore, e i suoi occhi sono
diversi. Se fosse qui ora te lo potrei confermare, li ricordo bene.
E
mentre diceva questo si voltò di scatto, andando a sbattere addosso a qualcuno
e cadendo a terra.
E:
mi scusi, non l’avevo vista…
E
alzò lo sguardo verso il giovane che le porgeva la mano per aiutarla ad
alzarsi.
W:
non possiamo incontrarci sempre così noi due.
Elisabeth
si fece aiutare e rimase immobile a fissarlo negli occhi
Juliet
la scosse da quel momento che si stava facendo imbarazzante
J:
buongiorno William. Scusi la mia amica ma ha dormito male stanotte e ogni tanto
si ferma a fissare la gente. Elisabeth dovresti lasciare la mano di William
credo gli possa servire.
Elisabeth
si scosse e tornando alla realtà visibilmente imbarazzata cercò alla meno
peggio di salvarsi da una figuraccia.
E:
buongiorno William, scusatemi ma la caduta mi ha fatto girare la testa, allora
sono stata ferma aspettando che mi passasse. Non volevo fissarvi, veramente non
vi guardavo neppure.
W:
non vi preoccupate Elisabeth è un onore farsi guardare da voi. State bene ora?
E:
meglio grazie. Il vostro amico Leonard non è con voi?
L:
si, si è fermato a chiacchierare con una conoscente.
Dopo
un attimo Leonard fece la comparsa tra loro, entusiasta e con un enorme
sorriso.
L:
William ho una splendida notizia. Siamo stati invitati ad una festa a casa di mia
zia Sofia, ci sarà molta gente. Dobbiamo solo trovare due dame che ci
accompagnino.
Poi
Leonard si fermò un attimo e guardò le giovani donne che erano lì.
L:
oh, ma siete voi, che piacere incontrarvi, non vi avevo riconosciuto in un
primo momento.
In
quello ebbe una folgorazione, il suo viso s’illuminò
L:
signore, sareste così gentili da accettare un nostro invito ad un ballo?
Ovviamente se non siete impegnate o avete altro da fare! Sapete noi siamo nuovi
del posto. Una mia parente ci ha invitato e noi non conosciamo nessuno qui…
tranne voi. Saremmo veramente onorati se voleste accompagnarci. Sarà
divertente.
J:
che bello! È da tanto che non partecipiamo ad un ballo. Vi accompagniamo con
molto piacere. Non è vero Elisabeth?
E:
veramente non saprei…dipende da quand’è …
L:
questa sera. Il preavviso non è molto…
J:
perfetto. A che ora è?
L:
sarebbe alle 8. Vi verremmo a prendere noi ma non sappiamo dove abitate!
J:
accompagnateci a casa ora, così saprete dove venirci a prendere.
L:
perfetto vogliamo andare?
Leonard
prese sotto braccio Juliet e si avviarono verso casa. Elisabeth e William
rimasero un attimo senza parole.
W:
perché ho l’impressione che abbiano deciso per noi.
E:
perché lo hanno fatto! Poi siamo noi i pazzi
Si
sorrisero e si avviarono per raggiungere gli amici che nel frattempo stavano
tramando alle loro spalle.
L:
dovete sapere mia cara Juliet che il mio amico William è molto timido e a volte
si comporta un po’ troppo da gentiluomo, rischiando di lasciarsi scappare
ottime occasioni.
Io
credo che a William piaccia molto la vostra amica Elisabeth, ma non lo
ammetterebbe mai. Rischia addirittura di rivelarsi indisponente nei suoi
confronti.
J:
anche Elisabeth è così, è molto dolce ma se ha paura o si sente “attaccata” si
mette sulla difensiva e non fa avvicinare nessuno.
Credo
che in ogni modo anche ad Elisabeth piaccia William. Ma noi cosa possiamo fare?
Se solo sospettassero che ci stiamo intromettendo sarebbero guai.
L:
ma noi non c’intromettiamo! Noi creeremo solamente delle buone occasioni
affinché i nostri amici possano conoscerci meglio.
J:
siamo terribili, ma credo possa funzionare! In fondo lo facciamo per il loro
bene.
Si
sorrisero e si fermarono dinnanzi a casa di Elisabeth raggiunti poco dopo dagli
altri.
E:
bene allora, vi siete accordati?
J:
si. c’incontreremo tutti qui alle ore 7.30.
Rimasero
un attimo in silenzio e dopo che Juliet e Leonard si furono scambiati uno
sguardo d’intesa, le due amiche si avviarono alla porta.
W:
a questa sera allora. Buona giornata
E:
a questa sera.
Rimasero
un momento a guardarsi, ma subito dopo si voltarono a guardare i rispettivi
amici.
William
e Leonard si allontanarono e le due giovani entrarono a casa sorridendo.
Capitolo
3
C:
cosa pensi di indossare?
Chiese
la madre ad Elisabeth, fermandosi sulla porta della camera
E:
mamma, non ti avevo visto. Entra dammi una mano!
C:
vediamo… un ballo! È da molto che non vai ad un ballo. E chi sarà il tuo
accompagnatore?
E:
nessuno. Non ci sarà nessun accompagnatore ufficiale. Io e Juliet accompagniamo
Leonard e William solo perché sono nuovi qui. Siamo quattro amici che vanno ad
un ballo. Nessun appuntamento, nessun fidanzato!
C:
bene come vuoi! Ma se per caso in questa festa ci fosse un bel giovane che si
accorgesse di quanto sia splendida mia figlia non ci sarebbe nulla di male.
Disse
quasi con tono supplichevole Catherine. Elisabeth sorrise, sua madre le faceva
tenerezza. Sapeva leggerle dentro, e conosceva ciò che provava forse prima
ancora di se stessa.
E:
no! Non ci sarebbe nulla di male.
C:
bene allora cerchiamo il vestito più bello e prepariamoci. Quando William ti
vedrà rimarrà senza parole…
E:
MAMMA!
Poi
la due donne si guardarono e scoppiarono in una fragorosa risata. Elisabeth si
avvicinò alla porta e la chiuse, poi recandosi vicino alla madre e iniziando a
frugare nell’armadio fece un sorriso malizioso
E:
speriamo…
7.30
William
e Leonard si trovarono di fronte alla casa di Elisabeth e attesero un po’.
L:William,
facciamo così. Io vado a prendere Juliet e tu nel frattempo suoni il campanello
e aspetti Elisabeth. Ci ritroviamo qui davanti. Va bene?
Fece
per andarsene ma William lo blocco per un braccio
W:
Leonard noi siamo come fratelli vero?
L’uomo
fece segno di si con la testa
W:
ci conosciamo da una vita e ognuno di noi sa com’è fatto l’altro. Mi spieghi
allora perché ho la sensazione che tu mi stia giocando un brutto scherzo?
L:
io? Non potrei mai, non so come fai a pensarlo. Se non fossimo così amici
potrei quasi offendermi…
W:
niente sceneggiate con me Leo; ho girato molti più teatri inglesi di voi e
riconosco quando qualcuno finge.
Leonard
lo guardò con un dolce sorriso
L:
William non vi voglio ingannare, vorrei solo che non vi faceste scappare
un’altra occasione. Ho visto come la guardate, e non permetterò che buttiate
tutto al vento per nulla. Quindi da buon fratello ho deciso di impedirvelo,
costi quel che costi.
Lo
lascio senza parole, ma prima che l’amico potesse controbattere
L:
e non ditemi che non vi fa piacere rimanere un po’ solo con lei, perché
altrimenti sareste voi il bugiardo.
William
scosse la testa e sorrise all’amico
W:
arrivate presto voi e Juliet anche se temo che anche lei stia complottando
L:
lo facciamo solo per il vostro bene
E
ridendo se ne andò.
Il
giovane prese coraggio e avvicinandosi alla porta busso.
Dopo
poco la porta si apri e un uomo gli si parò davanti, guardandolo fisso negli
occhi..
W:
buonasera, io sono William, un amico di Elisabeth, e sono venuto a prenderla
per il ballo.
E
sempre guardandolo negli occhi gli porse la mano
W:
buonasera, io sono il padre di Elisabeth, si sta preparando, accomodatevi.
William
entrò e segui Alexander fino in soggiorno
A:
vuole bere qualcosa?
W:
no grazie, è ancora troppo presto per me.
A:
credevo foste in quattro, non doveva esserci anche Juliet?
W:
si infatti, il mio amico Leonard è andato a prenderla fra poco dovrebbero
essere qui.
A:
quindi siete voi l’accompagnatore di mia figlia
E
nonostante la promessa fatta alla moglie non riuscì a non guardarlo con un’aria
di sfida e un po’ di disappunto.
William
non sapeva cosa rispondere, si sentiva a disagio e in imbarazzo. Aveva la
sensazione che qualunque cosa avesse detto sarebbe stata la risposta sbagliata.
C:
Alexander, non mettere in imbarazzo il nostro ospite, te l’ ho detto che è solo
una serata tra amici!
Catherine
era intervenuta al momento giusto. William si senti salvato e avvicinandosi
sorrise alla donna appena entrata.
C:
molto piacere mio caro, io sono Catherina, la madre di Elisabeth. Voi dovete
essere William?
W:
il piacere è mio signora
E
con molta dolcezza baciò la mano della donna.
C:
un vero gentiluomo, aveva ragione mia figlia a dire che…
Ma
fu bloccata dalla voce di Elisabeth che era appena entrata nella stanza
E:
buona sera William, siete solo?
William
si voltò in direzione della voce e le parole gli morirono in bocca. Pensò
solamente che dopo quella visione avrebbe anche potuto morire, e che se non
riprendeva a respirare non ci sarebbe mancato molto.
Alexander
rimase abbagliato alla vista della figlia e dopo essersi voltato in direzione
del giovane pensò che forse ora qualcosa da bere lo avrebbe accettato.
W:
siete bellissima Elisabeth. Disse con la poca aria che gli rimaneva.
Lei
abbasso lo sguardo sentendosi quasi intimorita, ma allo stesso tempo felice per
quel complimento.
E:
grazie siete molto gentile. Leonard e Juliet non ci sono?
W:
credo stiano arrivando, ci aspettano qui fuori.
E:
bene allora possiamo andare!
W:
certo.
Si
voltò salutando i genitori della ragazza e poi le si avvicinò e le porse il
braccio.
Lei
lo prese e uscirono, noncuranti degli sguardi scambiati tra Catherina e
Alexander.
Alexander
iniziò a camminare impaziente per il salone.
A:
non sono tranquillo. Perché mi hai fatto accettare? In fondo non lo conosciamo
neppure quel giovane, potremmo aver lasciato nostra figlia con un delinquente
C:
no caro, te l’ ho già detto, ho parlato con Sofia, la zia di Leonard, e mi ha
assicurato per lui e per il suo amico William. Mi ha riferito che è figlio di
una nobile famiglia scozzese. Dovresti esserne contento, magari…
A:
no, no e poi no. È fuori discussione. Ma hai visto come l’ ha guardata quando è
scesa?
C:
si come tu hai guardato me la prima volta che siamo usciti assieme.
A:
appunto! So bene cosa ha in mente quel giovane
C:
ma allora ho sposato un delinquente
Disse
con la voce tra la rabbia e le risate
C:
Alexander non capisco il tuo comportamento. Sono mesi che presenti giovani
facoltosi a tua figlia perché trovi marito; e adesso che lei esce con un bel
ragazzo tu reagisci cosi?
A:
beh è diverso. Tutti gli altri erano uomini da poco, sapevo che mia figlia non
avrebbe mai accettato, ma lui…
C:
pensi che se ne potrebbe innamorare!
A:
già! Io devo comportarmi da genitore normale e cercare marito a mia figlia, ma
è la mia bimba.
C:
non lo è più da molto. Ma ti vorrà sempre bene anche se amerà qualcun altro.
A:
già se ha preso da te farà di testa sua.
C:
neanche a mio padre piacevi. Se non avessi fatto di testa mia non saremmo qui a
parlare ora!
A:
come non gli piacevo, ma se…
C:
no credimi. Tu eri molto simile a quel giovane che è appena uscito ora con tua
figlia.
Alexander
sorrise e baciò la moglie.
A:
ceniamo ora?
C.
d’accordo. Sei più tranquillo ora?
A:
si. Ma io ero molto più bello da giovane.
Capitolo
4
Arrivarono
tutti a casa di Sofia prima del previsto, non era ancora arrivato nessuno, così
la zia di Leonard poté farsi presentare i suoi amici e raccontare qualche
aneddoto imbarazzante su di lui e su di William da bambini.
Poco
dopo iniziarono ad arrivare gli altri ospiti e in meno che non si dica la sala
era piena di gente che ballava e chiacchierava. I due amici andarono a prendere
da bere, mentre Juliet e Elisabeth parlavano in un angolo della stanza.
Mentre
aspettavano da bere William si voltò verso le ragazze e rimase nuovamente
incantato a fissare Elisabeth.
L:
la consumerai in questo modo.
W:
cosa…- come distolto dai suoi pensieri
L:
che è tutta la sera che la guardi, mentre dovresti avvicinarti e parlarle o
farla ballare.
W:
non credi che sia la donna più bella che hai mai visto.
L:
molto carina, indubbiamente. Soprattutto credo che ci sia qualcuno di
innamorato.
W:
innamorato? No ti stai sbagliando io… beh forse potrei…
L:
inoltre mio caro, la signora è bella di natura, ma si è anche preparata con cura.
E una donna quando ci mette tanto amore nel farsi bella è perché spera che
qualcuno lo noti. Dato che so di non essere io, per forza lo ha fatto per te.
W:
tu ti stai sbagliando, io non credo ci sia interesse da parte sua. Oggi al
mercato parlava con Juliet di un fantomatico innamorato. Magari pensava di
incontrarlo qui…
L:
già e io probabilmente sono sordo cieco e muto. Non offendete la mia
intelligenza William, se vi voltaste ora potreste vedere che i suoi occhi sono
puntati su di voi.
William
non si voltò, sarebbe stato poco gentile. Maledetta cortesia a volte malediva
le sue origini inglesi.
J:
sei splendida Elisabeth questa sera. Era da un bel po’ che non vi preparavate
con tanta cura per un ballo. Non è che questo centra con la presenza di
qualcuno dagli occhi blu?
E:
Juliet! Ma sei come mia madre! Niente appuntamento. Niente fidanzato. Nulla di
tutto ciò e poi non ho mai detto che mi piace William.
J:
ed io non ho detto che parlavo di lui
E:
mmm tu in questi giorni stai tramando alle mie spalle e non è bello.
J:
Beth ascoltami. Innanzi tutto non sto tramando ma lo faccio per il tuo bene.
Inoltre si vede che ti piace, questa sera non gli hai staccato gli occhi di
dosso e lo stesso ha fatto lui. C’è qualcosa tra voi, ma tu hai troppa paura
per accorgertene. Non puoi cercare un uomo che forse non esiste quando c’è
qualcuno in carne ed ossa, non posso permettertelo. Non ho parlato di fidanzati
ma almeno provaci a conoscerlo o rischi di rimpiangere di non averlo fatto.
Elisabeth
abbracciò l’amica e sorrise.
E:
grazie. A volte ti strozzerei ma grazie.
Poco
dopo furono raggiunte dai ragazzi e stettero ancora un po’ a parlare.
E:
fa caldo qui.
J:
hai ragione! Io andrei fuori a prendere un po’ d’aria.
L:
concordo, voi avviatevi noi vi raggiungiamo, prima Juliet mi deve concedere il
ballo che mi ha promesso.
W:
ma…
L:
niente discussioni.
E
ancora ridendo Leonard e Juliet si avviarono alla pista da ballo mentre William
ed Elisabeth uscirono in terrazzo.
J:
credi che funzionerà?
L:
me lo auguro o dovremmo ballare tutta la notte.
William
ed Elisabeth camminarono un po’ per poi sedersi su di una panchina ad osservare
le stelle.
E:
è un bellissimo cielo stellato. Vi farete ispirare dalle stelle per la vostra
poesia?
W:
non saprei, inoltre non avrei nulla su cui scrivere…
I
due si guardarono e risero.
E:
si sta proprio bene qui, credo che potrei starci in eterno. Raccontatemi di voi
William.
W:
beh dopo i racconti di Sofia credo che sappiate più che a sufficienza di me.
Si
voltò e la guardò dritta negli occhi e a lei per un attimo mancò il fiato
W:
parlami di te Elisabeth.
E:
non c’è molto da sapere su di me. Sono una ragazza normale, tutto sommato
felice, vivo con i miei genitori, che avete già conosciuto, e come tutte le
giovani della mia età devo trovare marito.
Mio
padre mi presenta uomini che non piacciono neppure a lui con cui sono costretta
a passare noiosissimi pomeriggi. Ma non ho ancora trovato chi ha conquistato il
mio cuore.
W:
e il giovane di cui parlavate stamani con Juliet… non volevo origliare
scusatemi ma...
E:
non ti preoccupare ti sono venuta addosso io, era in evitabile non sentire. In
verità non esiste è solo un sogno che faccio ogni notte e a cui spero di dare
il volto dell’uomo che sposerò
W:
e non avete nessun indizio, non l’avete ancora trovato?
E:
forse.
Gli
sorrise guardandolo, per poi abbassare il volto imbarazzato.
E:
e voi siete fidanzato? Chiese un po’ intimorita e sperando con tutto il cuore
che dicesse di No.
W:
non ancora, ma anche mia madre cerca di presentarmi future spose. Finora non è
andata molto bene. Passare pomeriggi con donne che non fanno che sistemarsi i
capelli e raccontarmi pettegolezzi di cui non m’importa, non è proprio tra le
mie massime aspirazioni. Vorrei incontrare qualcuno con cui poter parlare senza
problemi, con cui divertirmi, come sto facendo ora con te.
Abbassarono
il volto e rimasero un po’ in silenzio.
E:
conoscendoli Leonard e Juliet resteranno dentro a ballare fino a non reggersi
più in piedi, pur di lasciarci soli. Ormai è tardi io dovrei andare, forse è il
caso di avvertirli.
W:
beh accontentiamoli Elisabeth così smetteranno di complottare. Se me lo
permettete vi accompagno a casa io.
E:
molto volentieri, avvertiamoli e andiamo.
Dopo
aver avvisato gli amici e averli lasciati a bocca aperta nel vederli andare via
assieme s’incamminarono verso casa di Elisabeth parlando di ogni cosa venisse
loro in mente.
Arrivati
di fronte a casa si fermarono un attimo a guardarsi per assaporare ancora quel
momento.
W:
ho trascorso una bellissima serata con voi.
E:
anche io e sarebbe bello potersi rivedere.
W:
io solitamente non esprimo quello che provo, ma ha ragione Leonard rischio di rimpiangerlo
per tutta la vita. Sei la persona più speciale che abbia mai incontrato e mi
piacerebbe vedere se c’è un noi tra te e me.
Elisabeth
sentendo quelle parole quasi sussultò, il suo cuore iniziò a battere fortissimo
e si senti stordita.
E:
neppure io esprimo mai quello che provo e non vorrei che ti facessi una brutta
idea di me; ma credo che potrei rimpiangerlo anche io.
Detto
questo si avvicinò e gli diede un piccolo e dolcissimo bacio sulle labbra.
William
era scioccato ma si sentiva l’uomo più felice del mondo, i suoi occhi
brillarono come se avesse raggiunto il cielo.
E:
scusatemi io non volevo essere sfacciata…
W:
non scusarti, hai fatto ciò che avrei voluto fare io.
Si sorrisero entrambi imbarazzati e si
allontanarono un attimo, anche se sentivano come se ci fosse stata una calamita
che li spingeva l’uno verso l’altro.
William
si avvicinò nuovamente e le accarezzo il viso
W:
a presto allora.
E:
a presto e buona notte.
Questa
volta fu lui a chinarsi e a posarle sulle labbra il più dolce bacio che
avessero mai provato.
W:
ora è meglio che andiate, o i tuoi genitori si preoccuperanno.
E:
sì meglio andare.
Si
guardarono ancora un attimo negli occhi e si sorrisero. Elisabeth arrivò alla porta
e prima di aprirla si voltò nuovamente a guardarlo. Lo salutò con un cenno
della testa ed entrò in casa.
William
rimase immobile a lungo ad osservare la porta chiusa e a riprendere le piene
facoltà di se.
Inspirando
a fondo il profumo di lei rimasto nell’aria se n’andò verso casa canticchiando
una vecchia canzone.
Elisabeth
rimase appoggiata alla porta con lo sguardo sognante perso nel vuoto, finché
una luce non si accese e lei fu riportata alla realtà.
C:
com’è andata tesoro
E:
benissimo mamma, ora vado a dormire domani ti racconto.
Salì
le scale di corsa e prima di arrivare in camera si fermò di fronte alla stanza
dei suoi genitori, dove il padre, appoggiato allo stipite, la guardava cercando
di mantenere un’aria seria.
Lei
lo guardò e senza dire nulla lo baciò su una guancia e corse in camera sua con
ancora il sorriso sulle labbra.
Catherine
raggiunse il marito e lo abbracciò
A:
hai visto la luce nei suoi occhi?
C:
sì Alexander, ho visto mia figlia felice. Andiamo a dormire ci faremo raccontare
domani.
Capitolo
5
Il
mattino dopo Elisabeth fece colazione con i genitori. Non disse una parola ma
mantenne un sorriso stampato in faccia per tutto il tempo.
C:
ti sei divertita cara ieri sera?
E:
moltissimo mamma. È stata una serata… speciale.
A:
in che senso speciale? Dovrei sapere qualcosa? Quel giovanotto come si è
comportato?
C:
Alexander! Non fare l’interrogatorio a tua figlia. Anzi perché non ci aspetti
in salotto mentre noi sistemiamo qui?
L’uomo
guardò la moglie quasi con fare arrabbiato, ma la conosceva troppo bene e
sapeva che se aveva deciso nulla l’avrebbe smossa. Rassegnato si alzò e se ne
andò sperando almeno che poi gli avrebbe riferito la chiacchierata.
C:
ora raccontami nei dettagli. È vero che sono tua madre ma le serate romantiche
mi sono sempre piaciute. Mi ricordano quando avevo la tua età
Elisabeth
raccontò alla madre per filo e per segno la serata fino all’arrivo di fronte a
casa e alle parole di William, le stesse del sogno.
C:
allora potrebbe essere l’uomo dei tuoi sogni? Tu cos’ hai fatto?
E:
lo sapevo che non avrei dovuto raccontarti il sogno, non fare castelli in aria
adesso. Comunque, e questo papà assolutamente non lo deve sapere, l’ ho
baciato! Lo so che è un atteggiamento poco signorile, ma non so cosa mi è
preso, non ho saputo resistere.
C:
hai fatto bene cara! Io ho dovuto aspettare un secolo il primo bacio di tuo
padre. Se avessi avuto il coraggio di prendere l’iniziativa mi sarei
risparmiata settimane di patemi d’animo. Non ti preoccupare non glielo
racconterò. Ora vai pure da Juliet, ti si legge in faccia che vuoi raccontare
tutto alla tua amica.
Elisabeth
arrivò dall’amica e si presentò davanti alla sua porta con un sorriso
trentacinque denti. Quando Juliet se la trovò davanti la fece entrare di corsa
per farsi raccontare l’accaduto, ed Elisabeth ripeté minuziosamente la serata.
J:
e com’è stato?
E:
incredibile. Ho ancora i brividi se ci penso.
J:
lo rivedrai?
E:
spero proprio di sì!
Su
quello Elisabeth si incupì
E:
e se non dovesse funzionare? Se mi fossi sbagliata e ora stesse ridendo di me?
J:
no! Sono vietati pensieri tristi. Goditi questo momento e in caso la testa te
la fascerai solo dopo essertela rotta. Perché invece non pensi a come
incontrarlo di nuovo casualmente?
Le
amiche risero. Nel frattempo William non rideva di lei ma canticchiava mentre
usciva dalla doccia.
Una
volta in camera si trovò di fronte Leonard che lo guardava quasi ridendo.
L:
non pensavo ti piacesse cantare. A cosa dobbiamo tutto questo buon’umore?
W:
alla donna più meravigliosa che io abbia mai incontrato.
L:
allora è andata bene con la dolce Elisabeth. Vi siete declamati romantiche
poesie?
W:
mi ha baciato Leonard. Molto meglio delle poesie.
L:
beh vedo che non avevi bisogno del mio aiuto. Io ti credevo timido e indifeso e
alla fine hai concluso più di me!
W:
non sono l’unico ad essere rimasto colpito dall’incontro dell’altro giorno
allora. Come è andata la tua serata con Juliet.
E:
beh devo ammettere che la trovo molto graziosa e andiamo molto d’accordo. Ma
abbiamo passato la serata a parlare di voi due mentre tu eri attaccato alle sue
labbra. Così imparo a non pensare ai fatti miei.
W:
non dare la colpa a me adesso
E:
la rivedrai?
W:
assolutamente. Voglio rivederla ma non so quando.
E:
beh dovremmo avere un altro incontro casuale.
W:
dovremmo?
E:
beh se permetti anche io gradirei vedere la bella Juliet, ingrato di un amico.
I
due risero ed una volta preparati uscirono sperando di incontrarle in paese.
Ebbero la stessa idea anche le due amiche e passarono quasi un ora a
rincorrersi.
J:
io non capisco perché non riusciamo a trovarli. È piccolo questo paesetto, a
meno che non siano andati in centro a Londra proprio oggi.
E:
mi sembri molto coinvolta da questa ricerca! Non è che anche tu sia ansiosa di
vedere qualcuno?
J:
beh io credo che Leonard sia un bel ragazzo. Ma non lo conosco abbastanza dato
che ieri sera mentre tu eri tra le braccia del tuo William noi parlavamo di voi
e non di noi.
Elisabeth
blocco l’amica con un braccio e sbiancò
E:
Juliet eccoli. E adesso cosa faccio, come mi comporto?
J:
innanzi tutto ti calmi, respiri e poi con molta tranquillità andiamo nella loro
direzione facendo finta di nulla.
Le
due giovani fecero come deciso, ma Elisabeth continuava a tenere la testa fisso
sul terreno e sentiva il cuore accelerare ogni momento.
Leonard
le vide e trascinò William fino di fronte a loro.
L:
buongiorno signore, che piacevole coincidenza.
J:
già! “ è più di un’ora che giriamo alla vostra ricerca, chiamala coincidenza”
pensò sempre sorridendo Juliet.
Ci
fu un momento di silenzio poi timidamente Elisabeth alzò il volto incrociando
lo sguardo con William e gli sorrise. Un attimo dopo si sentì diventare rossa come
un peperone e voltò il viso verso Juliet.
Nessuno
diceva nulla e la situazione diventava imbarazzante.
L:
sapete che io non ho mai visto Londra.
J:
non ci credo! Veramente non ci siete mai stato?
L:
non è vero. L’ ho già vista ma mi sembrava una scusa più graziosa per invitarvi
ad accompagnarci.
Tutti
lo guardarono un attimo poi scoppiarono a ridere
J:
io vengo molto volentieri, non dovrebbero esserci problemi.
E:
io non credo di potere. Se andiamo a Londra dovremmo fermarci almeno una notte
fuori e non so se i miei genitori sarebbero molto d’accordo.
W:
vi prego Elisabeth – mentre parlava le si avvicinò leggermente – non vorrete
lasciarmi solo con questi due. Se volete posso venirlo a chiedere io ai vostri
genitori. Disse timidamente.
E:
beh tentar non nuoce. Spero.
I
quattro si avviarono verso casa di Elisabeth e Leonard e Juliet rimasero un
momento indietro.
L:
a quanto pare se la cavano molto bene anche da soli quei due.
J:
già meglio di noi
L:
beh spero di avere qualche giorno per conoscervi senza preoccuparci per i
nostri amici.
Juliet
gli sorrise e prendendolo sotto braccio si avvicinò agli altri che nel
frattempo non si erano neppure guardati.
W:
Elisabeth per quanto riguarda ieri sera…
E:
vi prego non ditemi che vi dispiace e…
W:
volevo dirvi che sono felice di quel che è successo
E:
anche io. E gli regalò il più bel sorriso che avesse.
Entrarono
tutti e quattro in casa e raccontarono a Catherine ed Alexander i loro progetti
per quel fine settimana.
C:
mi sembra una splendida idea. Potreste stare a casa di mia sorella Margareth,
sono certa che sarebbe felice di ospitarvi per due notti.
Alexander
aveva passato il tempo ad osservare la figlia e dopo che la madre aveva
terminato di parlare, si era avvicinato a William
A:
posso parlare un momento con voi, in privato?
Si
era creato un innaturale silenzio e l’aria era tesa.
W:
certo.
E
lasciando tutti immobili William aveva seguito il padre di Elisabeth nel suo
studio.
Quando
la porta si era chiusa Elisabeth aveva guardato preoccupata la madre
E:
cosa sta succedendo?
C:
Calmati, non sta succedendo nulla. Tuo padre vuole solo conoscerlo meglio, è
normale.
E:
ed è una cosa bella o brutta?
La
madre le si avvicinò e le accarezzo il viso
C:
bella!
Nel
frattempo nello studio, mentre William rimaneva fermo in piedi di fronte alla
porta, Alexander continuava a camminare avanti ed indietro; finché si fermò
dinnanzi a lui e lo guardò diritto negli occhi.
A:
io ho sempre permesso a mia figlia di andare fuori liberamente. È una ragazza
responsabile e non mi preoccupo per questo. Non voglio impedirle di venire a
Londra con voi, mi sono informato e so che siete dei bravi ragazzi. Non ci
sarebbe nulla di male nel fare una scampagnata di qualche giorno con degli amici.
W:
ma…
A:
ma ho visto quella luce nei suoi occhi questa mattina. Ho visto mia figlia
felice, quella felicità che si dipinge nel volto delle bambine quando parlano
del loro principe azzurro, come se ce lo avessero di fronte. Non so cosa ci sia
tra voi e non so cosa possa essere successo. Meno ancora posso sapere cosa
pensa o prova mia figlia, quindi non sto dicendo che è innamorata di voi, se
capissi le donne sarei un re. Ma so che è felice e non voglio che lei torni da
questo viaggio innamorate di voi per poi farsi spezzare il cuore.
W:
che cosa mi state chiedendo? Disse William non abbassando nemmeno un attimo lo
sguardo.
A:
non voglio fare il padre apprensivo e chiedervi che intenzioni avete con lei, e
non mi permetto di chiedervi cosa provate, voglio solo che sappiate che se le
spezzerete il cuore dopo averla illusa dovrete vedervela con me.
W:
io non so cosa provo per sua figlia, ma credo sia la persona più straordinaria
che abbia mai incontrato. Vorrei conoscerla di più, sapere com’è e mi creda se
le dico che l’ultima cosa al mondo che farei è ferirla. Elisabeth è la ragazza
più forte che mi sia mai trovato di fronte, non permetterà che la ferisca.
A:
non volevo metterti a disagio ma conosco mia figlia, diciamo che volevo
prepararti perché lei è come sua madre e io ci ho messo meno di un minuto ad
innamorarmene. Sanno rubarti il cuore senza che tu te ne accorga.
I
due uomini si guardarono e si sorrisero come se avessero stretto un patto. Poi
William si voltò per uscire
A:
quando partirete?
W:
venerdì mattina credo.
A:
divertitevi, le raccomandazioni le farò poi ad Elisabeth
William
lo ringraziò con un cenno del capo ed usci
Quando
lo videro uscire lo guardarono aspettando notizie ed Elisabeth si sentiva in
imbarazzo.
Lui
la guardò e le sorrise per rassicurarla
W:
a che ora partiamo venerdì?
Capitolo
6
Il
venerdì mattina si ritrovarono tutti di fronte a casa di Juliet e partirono in
carrozza diretti a Londra. Il viaggio si rivelò più lungo del previsto e furono
costretti a fare tappa in un piccolo paese lungo il tragitto. Non c’era un
granché tranne una locanda, un panettiere, una clinica e qualche casa.
Si
diressero subito alla locanda e mentre chiedevano per le stanze, Elisabeth
avvisò la zia del ritardo e che sarebbero arrivati solo l’indomani. Tornò dagli
amici che la stavano aspettando
J:
Elisabeth ci sono solo due stanze
E:
ma non può essere tutto pieno, non c’è nessuno qui.
J:
no infatti. Ma in totale ne hanno tre, quindi io te mia cara dovremmo dividerci
la stanza.
E:
ok. Portiamo su le nostre cose allora.
Le
due amiche giunsero in camera e iniziarono a sistemarsi.
J:
sei felice di questo viaggio?
E:
sì molto, a parte questa fermata imprevista.
J:
beh potrebbe essere divertente. Non è il massimo dividere la stanza con te, me
ci si dovrà accontentare.
E:
Juliet, mi vergogno per te. Non mi vorrai mica dire che avresti preferito
passare la notte con un uomo.
J:
certo che no. Non con un uomo qualunque, ma magari Leonard
Elisabeth
scoppiò a ridere coprendosi il viso con le mani e in evidente imbarazzo.
J:
già prendimi in giro, come se tu non preferiresti addormentarti fra le braccia
di William
E:
è sconveniente
J:
è sconveniente – ripeté l’amica imitando la voce – parli come mia nonna.
E:
vuoi dirmi che tu sei già stata a letto con un uomo
J:
beh ricordi Federico, l’uomo che avrei dovuto sposare e che poi mi ha piantato
due settimane prima del matrimonio…
E:
ma… non me l’avevi mai detto?
J:
beh all’ora era una cosa imbarazzante.
E:
e com’è stato
J:
Elisabeth! Ora sono io stupita, da dove tutta questa curiosità. Non avrai
intenzione di…
E:
no no no, cosa vai a pensare!
J:
calmati, ti stavo prendendo in giro. Comunque non ne ho un gran ricordo, non
c’era passione fra di noi ne troppo amore.
E:
questa è stata l’unica volta?
J:
più o meno, mi ci sono avvicinata con qualcun altro ma non ho più fatto l’amore
con nessuno. Secondo me ce lo si sente dentro quando è il momento e la persona
adatta, deve dirtelo il cuore, la testa e il corpo poi il resto è magia.
E:
e con Leonard c’è questa magia?
J:
non lo so mia cara è un po’ troppo presto per dirlo non credi? Non ci siamo
neppure toccati. Sarà da scoprire. Speriamo che questa sera ce ne sia
l’occasione; senza dover pensare a voi due.
E:
ancora con questa storia, mi spiace ma non riuscirai a farmi sentire in colpa.
Siete stati voi a macchinare alle nostre spalle.
J:
ok ho capito. Però potresti ricambiare il favore e lasciare me e il caro
Leonard da soli per conoscerci.
Si
guardarono e risero. Dopo essersi vestite scesero per cenare.
Mangiarono
nella locanda parlando del più e del meno, per poi spostarsi in veranda per un
caffè.
W:
è una bellissima serata, si sta così bene fuori all’aria aperta.
L:
già serata ideale per passeggiare. Che ne dite andiamo a perlustrare questo
paese?
W:
si perché no?!
Juliet
guardò Elisabeth con aria supplichevole e l’amica la guardò sospirando.
E:
io preferisco rimanere qui. Vorreste farmi compagnia William?
W:
certo! – disse un po’ stupito
Juliet
sorrise e prendendo sottobraccio Leonard approfittò per trascinarlo via, prima
che cambiasse idea.
E:
scusami, ma credo che volessero stare un po’ da soli.
W:
non ti preoccupare anche a me fa piacere passare del tempo da solo con te.
Si
sorrisero e rimasero un po’ ad osservare il cielo
E:
la prima volta che ci siamo incontrati mi avete detto che siete un poeta.
W:
veramente ho detto che scrivo poesie
E:
e non è la stessa cosa?
W:
no. Perché se pensate che qualcuno sia un poeta date per scontato che sia bravo
e io dubito di esserlo.
E:
ve l’ hanno mai detto che è quasi fastidioso puntigliare così tanto sulle
parole?
W:
ma le parole hanno un preciso significato e un certo peso quando vengono dette.
Non volevo essere fastidioso
E:
no non lo siete, è bello quando lo fate voi.
Si
guardarono nuovamente, per un tempo infinito, senza riuscire a staccarsi gli
occhi di dosso.
La
situazione stava diventando alquanto pericolosa. Elisabeth sentì di nuovo
quella sensazione che la attirava a lui come una calamita, ma decise che
avrebbe resistito.
E:
beh potreste leggermi una delle vostre poesie un giorno.
W:
per farti scappare a gambe levate?
Risero
ed Elisabeth si alzò e andò ad appoggiarsi alla ringhiera di legno che
circondava il portico. William la seguì e si mise di fianco a lei a guardare un
punto nel vuoto.
E:
cosa guardi?
W:
nulla. Fisso un punto lontano senza guardare niente in particolare. È un bel
modo per far fluire i pensieri.
E:
avete molti pensieri allora!? – lo guardò sorridendo.
W:
in verità solo uno, ma sta occupando tutta mia mente da qualche giorno.
Si
voltò versò di lei e la guardò fissa negli occhi.
E:
un pensiero ingombrante e fastidioso insomma.
W:
il più bello che abbia mai avuto. Ha due splendidi occhi verdi e dei soffici
capelli color miele
Dicendo
questo si avvicinò a lei e le accarezzo il viso
E:
credo che il vostro pensiero in questo momento sia terrorizzato.
W:
perché? Le chiese avvicinando sempre di più il volto al suo, tanto che parlando
le loro labbra quasi si sfioravano.
E:
perché è confuso, non sa cosa prova e ha paura di ferirsi.
William
si allontano leggermente da lei e le
prese le mani fra le sue
W:
non voglio ne ferirvi, ne spaventarvi. Non abbiamo nessuna fretta è che quando
sono con te non capisco più nulla.
E:
già neppure io. Provo cose mai sentite e quando mi siete così vicino – e così
dicendo si avvicinò nuovamente a lui – il mio cuore inizia a battere come se
volesse esplodere.
Erano
così vicini da non riuscire a guardarsi negli occhi. Sentivano l’attrazione
crescere fino a che William le posò dei leggeri baci sulle labbra, che
crescevano sempre più di intensità e di passione. Elisabeth schiuse le labbra e
il loro bacio diventò più che passione, diventò un fuoco che bruciava, tanto da
lasciarli senza fiato.
Dopo
un tempo che sembrò un eternità si staccarono e iniziando a respirare si
accorsero dell’accaduto. Elisabeth tornò a sedere, non capiva nulla sapeva solo
che il suo cuore la sua mente e il suo carpo la spingevano verso di lui.
E:
ora è meglio che vada nella mia stanza, domani sarà una lunga giornata.
W:
avete ragione, andrò anche io.
Così
facendo si avviarono al piano di sopra e si fermarono davanti alla stanza delle
due giovani, Elisabeth aprì la porta e
si fermò sull’uscio.
W:
allora buona notte, a domani.
E:
si buona notte.
Lui
si voltò e fece due passi nella direzione della sua stanza.
E:
William…
I
due giovani si guardarono un attimo e poi senza accorgersene erano nuovamente
uno tra le braccia dell’altro. Elisabeth lo attirò ancora di più a se, e così
facendo entrarono nella stanza aperta.
Lo
scialle che la giovane teneva sulle spalle cadde a terra e William percorse con
le mani la schiena quasi nuda di lei. L’atmosfera si stava scaldando finché
William non si stacco bruscamente da lei.
W:
no, aspetta.
E:
hai ragione non possiamo. Non ancora
W:
si, non andiamo oltre o credo di non potermi più fermate. È meglio che io vada.
E:
si! È meglio
Si
avviarono alla porta e senza dire nulla si sorrisero.
Dopo
che William si fu chiuso la porta alle spalle si diresse nella sua stanza e
raggiunto il terrazzo si accese una sigaretta e aspirò l’aria della notte.
Dopo
un attimo entrò Leonard felice e raggiante.
L:
William una serata splendida. Juliet è una ragazza adorabile, siamo veramente
fatti l’uno per l’altro e… state fumando.
W:
già. – disse senza guardare l’amico.
L:
solitamente fumate solo quando siete molto nervoso o preoccupato. È successo
qualcosa con Elisabeth
W:
credo che mi farà impazzire.
L:
cos’è successo – chiese raggiungendo l’amico in terrazzo
W:
non mi è mai successo di essere così attratto da una ragazza, sotto tutti gli
aspetti. Cuore, testa e corpo. Quando sono con lei perdo la ragione, non riesco
a resisterle.
L:
William non hai risposto alla mia domanda? Cosa è successo l’ hai baciata di
nuovo.
W:
si. Ma non è stato solo un bacio. È stato un uragano.
Nel
frattempo nella stanza accanto anche Juliet rientrava felice. Appena varcata la
soglia trovò lo scialle dell’amica a terra e una volta raccolto si avvicinò al
letto dove c’era un’Elisabeth con gli occhi chiusi che sospirava.
J:
cosa c’è? Stai male?
Elisabeth
scatto a sedere sul letto, accortasi solo in quel momento dell’arrivo
dell’amica.
E:
no non ti preoccupare tutto bene
J:
perché il tuo scialle era per terra davanti alla porta?
Ci
pensò un attimo e si rese conto che se l’amica fosse rientrata solo un attimo
prima avrebbe assistito ad una scena difficile da spiegare. Subito arrossì e
Juliet si accorse del cambiamento dell’amica
J:
oh oh! Voglio che mi racconti per filo e per segno cosa è successo – disse con
aria entusiasta
E:
ci siamo baciati, due volte. Prima giù e poi davanti alla porta.
J:
beh non credo che sia stato un bacetto come il primo, data la tua reazione.
E:
Juliet io non so cosa pensare. È stata pura passione, io non sapevo resistere…
non te lo so neppure spiegare.
J:
e poi…
E:
e poi ci siamo trovati qui dentro, io senza scialle e lui che percorreva la mia
schiena con le dita.
J:
wow, sono quasi senza fiato. E poi cos’è accaduto
E:
si è fermato e ha detto che era meglio non continuare.
J:
già meglio così o al mio rientro avrei assistito a una scena indimenticabile.
Come ti senti?
E:
scombussolata. Non ho mai provato una cosa simile…
J:
questo me l’ hai già detto, ma non so se ti è piaciuto e se sei felice?
E:
è stato fantastico e sono molto felice. Credimi se non si fosse fermato lui io
non so se sarei riuscita a farlo.
Le
due amiche risero e passarono buona parte della notte a chiacchierare e a
parlare della serata di Juliet. Una volta a letto Elisabeth faticò ad
addormentarsi, non riusciva a smettere di pensare a quella sera.
Capitolo
7
Il
mattino, dopo aver fatto colazione, ripartirono diretti a Londra e per l’ora di
pranzo giunsero a casa della zia di Elisabeth. Non appena Margareth li vide
arrivare li accolse come se fossero tutti figli suoi. Dopo che ebbero pranzato
le signore lasciarono gli uomini alle loro chiacchiere e si accomodarono in
giardino.
M:
come sta mia sorella e il mio adorabile cognato
E:
bene zia e vi porgono i loro saluti.
M:
innanzi tutto datemi del tu e poi raccontatemi dei bei giovani che vi
accompagnato. Tua madre mi ha affermato che sareste arrivati con i vostri
fidanzati.
E:
cosa? No, non sono i nostri fidanzati.
J:
non ancora – disse una sorridente Juliet
M:
questo è lo spirito giusto mia cara, se vuoi accalappiare un uomo devi partire
con l’intento di farlo. Beh in ogni caso ognuna di voi ha già adocchiato uno?
J:
beh si! Anche se Elisabeth è più veloce
E:
ma no! Zia non darle retta…
M:
non ti preoccupare, ho avuto vent’anni anche io. E poi credo abbia ragione la
tua amica, perché lui è già cotto di te, e viceversa a quanto vedo.
E:
ma io non ti ho detto chi è
M:
tesoro si vede lontano un miglio che i begl’occhi blu di William sono tutti per
voi.
Elisabeth
abbasso il volto imbarazzato me sorridente.
J:
volevamo visitare Londra, cosa ci consigli.
M:
di cercare i posti più romantici ovviamente!
Le
tre donne scoppiarono a ridere e dopo poco furono raggiunte dai due ragazzi e
dal marito di Margareth.
L:
cosa dite signore, vogliamo fare un primo giro per Londra?
Le
tre coppie si avviarono per le strade della città passeggiando e ridendo per
ogni cosa, giunti ad un parco Margareth e il marito lasciarono i giovani da
soli e ritornarono verso casa. Leonard e Juliet fecero una passeggiata nel
giardino mentre Elisabeth e William si fermarono sotto un albero.
Per
un po’ non si dissero nulla guardando tutti quelli che passavano.
E:
vogliamo parlarne?
W:
di cosa – chiese sedendosi e appoggiando la schiena all’albero
E:
di ieri sera, oggi sei stato così serio, quasi triste, non vorrei che fosse per
causa mia.
Lui
le sorrise e guardandola dolcemente le tese una mano perché lei si sedesse
vicino.
W:
no! Non è colpa vostra. Però si sto pensando a ieri e sono confuso. Quando sono
con te non capisco più nulla e ogni barlume di razionalità scompare. Non vorrei
che il mio comportamento ti possa aver offeso. Io ho il massimo rispetto per te
e forse non avrei dovuto…
William
abbassò il capo ma Elisabeth gli accarezzò il viso e lo portò a guardarla
nuovamente.
E:
William quello che è successo ieri era una cosa che volevamo entrambi. Io non
so cosa sento per te ma so di certo che mi hai fatto perdere la testa. Non
avevo mai provato nulla di simile per qualcuno e non avevo mai desiderato tanto
qualcuno, se non vi foste fermato voi io… - improvvisamente si rese conto di
quello che aveva detto e abbassò il viso diventando rossa.
E:
vedi, quando sono con te dico quello che mi passa per la testa senza rendermi
conto, scusami e dimentica tutto ciò che ho detto…
William
sorrise e prendendole il volto tra le mani la guardò dritta negli occhi
W:
no, non voglio dimenticare nemmeno una parola di quello che mi hai detto, ed è
bello che tu dica quello che pensi, sei così dolce quando lo fai.
Le
diede un piccolo e dolce bacio e tornò a guardarla negli occhi.
W:
non sono certo di ciò che provo per te ma forse mi sto…
L:
ehi piccioncini
La
voce squillante di Leonard in lontananza li fece sobbalzare e staccare l’uno
dall’altro. In notevole imbarazzo si alzarono e raggiunsero gli amici.
J:
si è fatto tardi è il caso che ci avviamo verso casa dei tuoi zii, non vorrei
che si preoccupassero.
Giunti
a casa si recarono ognuno nelle proprie stanze per prepararsi per la cena, dopo
poco Elisabeth irruppe nella stanza di Juliet.
J:
ciao, pensavo non arrivassi più!
E:
mi stavi aspettando?
J:
beh dopo la romantica scena di oggi pomeriggio di fronte a tutti, mi sarei offesa
se non venivi a dirmi nulla.
Elisabeth
raccontò della chiacchierata che avevano avuto e delle ultime parole di
William, prima di essere interrotte.
J:
ma ti rendi conto! Forse avrebbe potuto dirti che si sta innamorando di te.
E:
ma forse no, non lo sappiamo.
J:
però c’è una cosa più importante di questa.
E:
non me lo chiedere
J:
e invece si! Tu ne sei innamorata?
E:
è troppo presto per dirlo, non ci conosciamo troppo bene…
J:
ma… - disse l’amica capendo che non aveva finito di parlare
E:
forse mi sto…
Le
parole furono interrotte dal bussare della porta. Juliet andò ad aprire e si
trovò di fronte Leonard che si guardava attorno come se sperasse di non essere
visto.
J:
ma allora è un vizio il tuo
L:
cosa?
J:
niente lascia stare. Ti serve qualcosa?
L:
ho urgente bisogno di parlare con te, riguarda…
E:
salve Leonard
L:
carissima Elisabeth, non sapevo foste qui. Beh vi lascio da sole allora, noi
due parleremo un’altra volta…
E:
no, stavo per andarmene io, fermati pure. Vi lascio soli. Ciao ciao
E
senza dire altro uscì e rientrò nella sua stanza, mentre Juliet faceva
accomodare Leonard.
J:
che succede, sembra tu abbia visto un fantasma.
L:
peggio, molto peggio.
J:
parla non lasciarmi col fiato sospeso.
L:
la madre di William vuole che lui torni a casa.
J:
adesso?
L:
no, ma gli è arrivata una sua lettera prima che partissimo.
J:
beh, magari vuole solo che torni per un po’…
L:
tu non la conosci! È una brava donna, ma da quando ha perso suo marito ha rivolto
tutte le sue attenzioni su William e su suo fratello Massimo (Giles).
J:
continuo a non capire. Arriva al dunque.
L:
lei gli sta cercando una moglie e a quanto pare l’ ha trovata. Questo che ora ti
dico l’ ho saputo da Massimo e William non lo sa. Quando lui tornerà a casa,
convinto che sua madre voglia solo presentargli un'altra ragazza e convinto
magari di potergli parlare di una giovane di cui si è innamorato…
J:
ma allora è veramente innamorato di Elisabeth
L:
si, ma non è questo il punto, quando arriverà si troverà già tutto pronto per
una sfarzosa cerimonia.
J:
no è proprio questo il punto, perché anche Elisabeth è innamorata di lui.
Leonard
si sedette sulla sedia come se avesse il peso del mondo sulle spalle.
L:
allora avremmo due cuori spezzati.
J:
ma non possiamo fare nulla?
L:
no! Anche se lo dicessimo a William ormai sarebbe tardi. Lo conosco
accetterebbe la decisione di sua madre piuttosto che ferirla.
J:
ma così spezza il cuore di Elisabeth.
L:
dannazione! Non so cosa fare.
J:
domani, mentre torniamo verso casa tu ne parlerai con William e io con
Elisabeth. Una volta saputa la verità decideranno sul da farsi.
L:
e questa sera? Lasciamo un’altra notte per illudersi, forse è peggio!
J:
diciamo che se andrà male avranno un bel ricordo in più.
L:
stiamo giocando con il fuoco, non avremmo mai dovuto intrometterci. Se tutto
andasse per il verso sbagliato sai che daranno la colpa anche a noi.
J:
si, ma dobbiamo stargli vicino ugualmente. Il dolore maggiore sarà il loro.
Meglio andare a cena.
Juliet
si avviò alla porta con il viso triste e il cuore pesante, al pensiero di ciò
che avrebbe provato la sua migliore amica.
L:
aspetta se usciamo con questa faccia sembra che andiamo al funerale.
Capirebbero tutto.
J:
ma non riesco a non pensarci.
L:
beh pensa a questo. Potrebbe andar male ma potrebbe andar bene. Se giochiamo
bene le nostre carte forse c’è speranza, forse potrebbero decidere assieme come
andrà a finire.
J:
hai ragione! Noi impediremo questa sofferenza. Sì!
Leonard
vide uscire Juliet dalla stanza, fiera e orgogliosa come se avesse la soluzione
a tutto e sorrise al pensiero del repentino cambio d’umore.
La
seguì e scesero assieme in sala da pranzo per raggiungere gli ignari amici che
li stavano aspettando.
Capitolo
8
La
cena trascorse piacevolmente, dopo essersi spostati in soggiorno e aver
chiacchierato un po’ se ne andarono tutti a dormire molto presto.
Dopo
quasi un ora che Elisabeth si rigirava nel letto decise di scendere in
biblioteca e leggere qualcosa. Avvicinandosi alla porta vide la luce del camino
accesa e si fermò sulla soglia. Vide William appoggiato al camino con un libro
in mano, intento a leggere ad alta voce una poesia. Si fermò estasiata ad
ascoltare le sue parole.
Non
esprimere l’amore,
quello vero è sempre ascoso;
è uno spirito che si muove
silenzioso, misterioso
dichiarai il mio grande amore
il mio cuore le si aprì;
con paura orrenda, fredda,
ah, tremando, lei fuggì.
Come
fu da me lontana
Un viandante l’accostò,
silenzioso, misterioso:
sospirò e la conquistò
dopo
averla letta si fermò e guardando il fuoco sospirò.
E:
è bellissima. L’ hai scritta tu?
William
si voltò di scatto, accortosi solo in quel momento della sua presenza.
W:
no, non è mia. È del signor William Blake. Mi avevi quasi spaventato. È da
molto che sei qui?
E:
no, sono arrivata in tempo per ascoltare la tua declamazione e non volevo
spaventarti. Pensi veramente che non bisogna dichiarare il proprio amore?
W:
no, io credo che bisogna rischiare.
E:
già inoltre è bello sapere di essere amati.
Elisabeth
gli sorrise. Sarebbe stato veramente splendido sentirsi dichiarare da lui l’amore,
pensò timidamente.
William
rimase un momento ad osservarla, con una leggera vestaglia addosso e con i
capelli scompigliati. Bellissima come sempre.
W:
anche tu non riuscivi a dormire?
E:
già, ero scesa per leggere, magari un buon libro mi avrebbe distratto.
Mentre
parlava si avvicinò al camino e si sedette vicino al fuoco per scaldarsi un
po’.
W:
anche i tuoi pensieri ti impediscono di dormire? Beh allora ti lascio scegliere
un libro in pace.
E:
no rimani. Se posso vorrei sentirti leggere ancora. Hai una bella voce.
William
le sorrise e prendendo un libro di fiabe per bambini le si sedette accanto.
E:
mio padre quand’ero piccola mi leggeva sempre una favola quando non riuscivo a
dormire.
W:
anche il mio. Si sedeva accanto a me, mi abbracciava e iniziava a leggere
tenendomi stretto a se.
Elisabeth
si fece più vicina e lo guardò sorridendo.
E:
allora voglio lo stesso trattamento.
William
le mise un braccio attorno alle spalle e la strinse a se mentre con l’altra
mano sfogliava le pagine cercando la storia giusta da raccontare.
Dopo
mezz’ora Elisabeth si era addormentata, con la testa appoggiata alla sua
spalla. William chiuse il libro e rimase a guardarla dormire. Il respiro lento della
giovane lo aveva quasi ipnotizzato. Tutti i suoi sensi erano concentrati su di
lei.
W:
vorrei poterti stringere a me tutte le sere della mia vita. Come si può starti
lontano?! Aveva ragione tuo padre, è facile innamorarsi di te. Sembri una
bambina indifesa ed è buffo perché so che se mi sentissi, faresti la faccia
offesa e mi daresti una bella lezione. Sto parlando con una ragazza che dorme…
sto praticamente parlando da solo. Cosa mi hai fatto Elisabeth?
Rimase
ancora lì ad osservarla, quasi contemplandola senza accorgersi di una presenza
alle sue spalle, che per tutto il tempo lo aveva ascoltato. Leonard risalì le
scale cercando di fare il minimo rumore possibile, come avrebbe potuto aiutare
il suo amico? Sentiva il cuore pesante, l’unica cosa che voleva fare era
dormire e dimenticare l’amore che aveva percepito poco prima nella stanza.
Quello stesso amore che rischiava di essere spezzato. Doveva lasciargli la loro
notte, domani avrebbe agito.
William
prese Elisabeth tra le braccia e salì le scale fino alla porta della ragazza.
Entrò e la adagiò dolcemente sul letto coprendola. Rimase ancora un momento a
guardarla dormire poi si voltò e fece per andarsene.
E:
William
Quasi
gridò sedendosi sul letto. Lui le si avvicinò e sedendosi vicino le accarezzò
il viso per tranquillizzarla. Era spaventata e respirava affannosamente.
W:
sono qui. Era solo un brutto sogno.
E:
tu te ne stavi andando!
William
la guardò perplesso, non capendo a cosa si riferisse.
E:
stavamo passeggiando e poi tu sei salito su di una nave e sei andato via. Io
sapevo che tu non saresti più tornato e…
Inizio
a piangere sommessamente. Lui le si fece ancora più vicino e l’abbraccio.
W:
sono qui ora.
E:
si ma prima o poi te ne potresti andare.
Si
sentiva una bambina ma quel sogno l’aveva turbata, l’idea di perderlo le faceva
male al cuore.
W:
Elisabeth guardami! – e così dicendo le sollevò il viso fino ad incontrare il
suo sguardo. – io non posso prometterti di non dover mai partire. Potrebbe succedere
che io me ne debba andare. Ma posso prometterti di ritornare. Non so spiegarti
come, ma so che c’è un legame speciale tra noi. So che in qualunque vita ti
cercherei e una volta ritrovata anche se dovessi andarmene tornerei da te.
E:
mi sento sciocca ma quel sogno mi ha spaventato.
W:
non sei sciocca. Sei molto dolce. È bello sapere di essere importante per
qualcuno… come tu lo sei per me.
Ora
era lui a sentirsi in imbarazzo. Doveva assolutamente uscire dalla stanza o non
si sarebbe più staccato da lei.
W:
ora ti lascio riposare, devi tornare a dormire.
E:
William puoi rimanere qui con me?
Si
ritrasse un attimo. Lei era così bella e gli chiedeva di rimanere e lui non
avrebbe voluto altro. Stava per rifiutare ma ebbe come la sensazione che l’indomani
se ne sarebbe pentito se le avesse detto di No.
W:
d’accordo, rimarrò fino a che non ti sarai addormentata.
Lei
si avvicinò e gli fece delicatamente scivolare la giacca di dosso e senza
dargli il tempo di capire cosa stava succedendo lo baciò. Il bacio si fece a
poco a poco più appassionato fino a lasciarli senza fiato. Lei lo attirò ancora
più a sé fino a che si ritrovarono entrambi distesi sul letto. Entrambi non
capivano cosa stava accadendo, sapevano solo che ne avevano bisogno. William le
fece scendere delicatamente la spallina della camicia da notte e iniziò a
baciarle il collo e la spalla. Elisabeth dal canto suo, persa nelle sue
sensazioni, iniziò a sbottonargli la camicia fino a posare le mani sul suo
petto. Questo contatto fece rabbrividire entrambi e li accese ancor più di
passione.
Concentrati
su questi primi contatti, furono riportati bruscamente alla realtà dal forte
suono di una porta che sbatteva. Si staccarono di colpo l’uno dall’altra
cercando di capire cos’era successo. Dopo un attimo si sentì bussare alla porta
e ad Elisabeth quasi si fermò il cuore. E se fosse stata sua zia o chiunque
altro e fosse entrato?
J:
Elisabeth sono Juliet, va tutto bene? Ho sentito la tua porta sbattere, posso
entrare?
E:
no! – disse alzando la voce – scusami ma ho appena fatto la doccia e non sono
presentabile. Non ti preoccupare avevo lasciato la porta leggermente aperta e
un colpo di vento l’ ha fatta chiudere. Torna pure a dormire.
J:
d’accordo, buonanotte.
Rimasero
immobili ascoltando ogni rumore, fino a che non sentirono la porta della stanza
di Juliet chiudersi e finalmente poterono riprendere fiato. Dopo un attimo si
guardarono e quasi scoppiarono a ridere. William appoggiò la testa al cuscino e
si passò una mano sul viso prendendo un lungo respiro.
W:
credo di aver perso dieci anni di vita.
E:
non me ne parlare, credo che il mio cuore si sia fermato quando ho sentito
bussare alla porta.
Elisabeth
si distese e appoggiò la testa sul petto di William, ascoltando attentamente il
battito del suo cuore, che lentamente si stava calmando.
E:
va bene anche così.
Lui
le cinse le spalle con un braccio e sorrise
W:
va benissimo così.
Rimasero
in silenzio con la testa piena di pensieri, fino a che non riuscirono
finalmente ad addormentarsi.
Capitolo
9
Elisabeth
si svegliò fra le sue braccia. La casa era ancora in silenzio e il sole non era
ancora sorto. Rimase ad osservarlo, quasi trattenendo il fiato. Poi mosse
lentamente la mano e gli accarezzò il volto, seguendo lentamente ogni tratto
del viso.
E:
come vorrei svegliarmi ogni mattino così. – pensò sorridendo.
William
percepì quella carezza e si sentì felice. Prima di aprire gli occhi pensò che
nulla avrebbe rovinato quella giornata iniziata così bene.
W:
buongiorno
E:
buongiorno a te.
Rimasero
ad osservarsi, persi l’uno negli occhi dell’altro, il tempo sembrava immobile.
W:
hai dormito bene?
E:
mai stata meglio, sei uno splendido cuscino, mi serviresti tutte le volte che
non riesco a dormire.
W:
non mi tentare potrei prenderti sul serio.
E:
dormono tutti, senti che silenzio, deve essere ancora molto presto.
W:
già ed è meglio che io torni nella mia stanza. Sarebbe difficile dare
spiegazioni del perché io esca dalla tua stanza di mattina.
Elisabeth
fece cenno di sì col capo, ma sentiva già freddo alla sola idea che lui se
n’andasse. William si alzò, si rimise le scarpe e riprese la sua giacca, tutto
ciò nel silenzio più totale e lottando con se stesso per non ritornare tra le
sue braccia. Arrivò fino alla porta e si fermò prima di aprirla. Non riusciva
ad andarsene avrebbe voluto dirle tante cose, abbracciarla di nuovo… si voltò
di scatto e se la ritrovò in piedi di fronte a lui.
E:
prima che tu te ne vada voglio che tu sappia che ho passato la notte più bella
della mia vita. Non mi sono mai sentita più sicura e protetta. Non so cosa
sarebbe successo se ieri sera la porta non fosse rimasta aperta, e non capisco
cosa mi succede. Tu scateni in me sensazioni mai provate. Io non so quali sono
i tuoi sentimenti per me, e a dire la verità non so neppure quali sono i miei…
Questo discorso detto tutto d’un fiato fu interrotto da un bacio. William aveva
ascoltato le sue parole e aveva sentito l’imbarazzo ma anche il bisogno di
dirle e non era riuscito a trattenersi. Sapeva che lei aveva già espresso il
pensiero di entrambi e nulla meglio di quell’espressione d’amore poteva
confermarlo.
W:
scusami, non volevo interrompere quello che mi stava dicendo…
E:
no. Hai concluso egregiamente il mio discorso.
W:
spero che potremmo scoprire cosa sarebbe accaduto se avessimo chiuso la porta.
E:
lo spero anche io.
W:
ora devo andare, a più tardi.
Elisabeth
si alzò in punta di piedi e posò un leggero bacio sulle sue labbra, come fosse
stata una carezza.
E:
a dopo
William
uscì e si richiuse la porta alle spalle.
W:
mi serve una doccia fredda – disse sorridendo e avviandosi verso la sua stanza
Una
volta che fu entrato, la porta di Juliet si aprì e dopo che la giovane ebbe controllato
che non ci fosse nessuno in giro si avviò verso la camera dell’amica.
Elisabeth
sentì bussare e quando aprì la porta vide la sua migliore amica con le mani sui
fianchi e con un sorriso divertito.
J:
ho appena visto un giovane uscire dalla tua stanza. Credo di meritare una
spiegazione.
Dopo
quasi un’ora Juliet uscì dalla stanza dell’amica. Entrò in silenzio nella sua e
si vestì con il viso cupo ed il cuore pesante. Si preparò per scendere a fare
colazione e aspettò vicino alla porta finché non vide Leonard uscire dalla sua.
Lo guardò con il viso serio e gli fece cenno di seguirla. Senza farsi vedere
raggiunsero il giardino e si sedettero su una panchina. Restarono entrambi con
gli occhi puntati a terra senza avere il coraggio di parlare.
J:
non possiamo dirglielo – disse tutto d’un fiato.
L:
dobbiamo farlo. Tu non sai cosa è accaduto ieri sera.
J:
no tu non sai cos’è accaduto questa notte.
Si
guardarono per un attimo minacciosi, ma presto si resero conto che era inutile
prendersela l’uno con l’altra. Tutto ciò che stava accadendo era più grande e
impetuoso di quello che immaginavano. Con calma si raccontarono ciò che avevano
visto e sentito e nuovamente calò un silenzio pesante tra loro.
L:
lo capisci che non possiamo dirglielo, sarebbe solo doloroso e non servirebbe a
nulla. Loro sono innamorati, io credo che William non potrebbe mai sposare
un’altra donna. Sarebbe solo complicare le cose. Sono certa che ne usciranno
indenni comunque. Noi non ci dobbiamo intromettere, sarebbe come cercare di
fermare un onda gigante con un ombrello. Andrà comunque nella direzione che
deve andare. Non devono saperlo ed inoltre sono certa che William la
prenderebbe male. Si chiederebbe perché non lo abbiamo detto prima, magari lo
facciamo sentire in colpa per non aver parlato con sua madre (Joice) subito,
per non aver potuto evitare questo caos e risparmiare sofferenze inutili tutti.
Dobbiamo farlo per lui, sono certa che quando si presenterà il problema saprà
spiegare a sua madre la situazione e impedire il matrimonio. Dobbiamo avere
fede.
L:
no no e ancora no! Tu non capisci. Noi abbiamo il dovere di dirglielo. Rifletti
e se poi quando arriva a casa William trova tutto già pronto con la sposa che
lo aspetta all’altare e non riesce a parlare con sua madre, come lo risolviamo
il problema dopo? Pensi che la futura moglie accetterà che il suo sposo pensi e
ami un’altra? Pensa a tutto, ma soprattutto pensa alla povera Elisabeth. Se
venisse a scoprire tutto dopo non credi che si sentirebbe tradita e raggiata,
magari penserà che William sapeva già tutto e voleva solo divertirsi con lei!
Pensi di riuscire a spiegare e far ragionare una donna con il cuore infranto?
Soprattutto se questa donna è la tua amica Elisabeth. Noi dobbiamo dire loro
ciò che sappiamo e lasciargli scegliere cosa fare, devono sapere le carte che
ci sono in tavola prima della prossima mossa.
Il
viso di Juliet passò dall’arrabbiato al triste, allo sconsolato. Si prese la
testa fra le mani come se pesasse quintali.
J:
ma con che coraggio posso dirle che l’uomo che ama deve sposare un’altra. Che
lei non può fare nulla per cambiare le cose ma che deve solo sperare e credere
in lui. Con che parole, in che momento…
L:
Juliet io devo dire al mio migliore amico che sua madre ha deciso della sua vita
senza chiedergli nulla. Devo dirgli che io e suo fratello lo sapevamo prima di
lui e che rischia di perdere l’unica donna di cui si sia veramente innamorato a
causa della donna che l’ ha messo al mondo e che lo abbia mai amato veramente
J:
fino ad ora.
L:
già fino ad ora. Perché ora c’è qualcun altro che lo ama e lui ha il diritto di
darle spiegazioni del perché il suo sorriso si potrebbe trasformare in pianto.
Sono certo che troveremo il momento e le parole giuste. Quando saremo giunti a
casa troveremo il coraggio per farlo. Costi quel che costi.
J:
saremo coraggiosi, i nostri amici se lo meritano.
Senza
più parlare e senza guardarsi rientrarono in soggiorno e dopo aver fatto
colazione ripartirono diretti a casa.
Capitolo
10
Arrivati
di fronte a casa di Elisabeth lei si avviò alla porta e William la seguì,
mentre i loro amici aspettavano nella carrozza.
E:
siamo arrivati. Il nostro week-end è finito.
W:
già, ma sono state delle giornate meravigliose.
Rimasero
ad osservarsi, poi William si avvicinò e le posò un leggero bacio sulle labbra.
Lei sorrise.
E:
potrebbero vederci.
W:
spero che succeda, vorrei che tutto il mondo sapesse cosa provo per te.
E:
anche a me piacerebbe saperlo.
Il
giovane apri la bocca come per parlare, ma la porta che si apriva interruppe il
suo momento. Catherina apparve alla porta e il suo sorriso si allargò vedendo i
due giovani così vicini e felici.
C:
ah siete arrivati. Avevo sentito delle voci, perché non entrate?
W:
grazie signora, ma io devo andare, devo contattare mia madre, forse dovrò
tornare a casa per un po’, so che mi aveva cercato.
Elisabeth
ebbe un sussulto. Passò dal pensiero che venivano interrotti ogni qual volta
lui le stava per dichiarare i suoi sentimenti, a quello che il dolore
lancinante al cuore che aveva appena sentito faceva male.
Catherine
vide il volto della figlia e senza attirare l’attenzione su di se rientrò e
richiuse la porta.
E:
te ne vai?
W:
devo! Mia madre mi aveva mandato una lettera in cui chiedeva che rientrassi, ma
non credo che starò via molto.
E:
mi sembra di rivivere l’incubo che ho fatto questa notte.
William
le accarezzò il volto con la mano e la guardò dolcemente, come se fosse una
bimba smarrita.
W:
prometto che non mi vedrai partire su nessuna nave.
E:
preferirei che mi dicessi che non partirai.
W:
devo farlo Elisabeth.
Si
guardarono ancora un attimo, poi lui le sorrise e tornò alla carrozza. Prima di
salire si voltò verso di lei.
W:
credo che partirò domattina. Se vuoi venirmi a salutare sarò nella pensione
fino alla 9.00. spero di vederti.
Senza
aspettare una risposta, risalì e la carrozza riparti. Dopo un attimo la porta
di casa si riaprì e due mani la presero per le spalle.
C:
tornerà! Ora vieni dentro e racconta alla tua mamma come sono andati questi
giorni a Londra.
Dopo
un paio d’ore dal suo rientro, dopo aver fatto un bel bagno e aver raccontato a
Catherine cosa fosse successo era in camera sua a guardare il soffitto e a
pensare a lui. Sentì il campanello suonare e la porta aprirsi, ma per un po’
nessun rumore. Juliet era entrata in casa con il volto di una che aveva visto
un fantasma.
C:
Juliet, c’è qualcosa che non va? È successo qualcosa?
J:
nulla…beh in verità devo dare una brutta notizia ad Elisabeth.
C:
riguarda William?
J:
si…
E:
cosa è successo a William?
Le
due donne si voltarono verso le scale, da dove proveniva la voce.
J:
nulla, ma ho bisogno di parlarti. Possiamo sederci?
Elisabeth
era seria in volto e seguì l’amica senza dire nulla. Catherine andò con loro,
sentiva che sua figlia avrebbe avuto bisogno di lei.
Juliet
parlò tutto d’un fiato, senza alzare il viso sull’amica, sentiva comunque il
peso del suo sguardo. Percepiva il suo dolore e la sua rabbia. Quando finì di
parlare nessuno disse nulla per un tempo indefinito. Il silenzio fu interrotto
dalla voce di Elisabeth, rotta della lacrime.
E:
lui lo sa?
J:
Leonard deve averglielo detto oggi pomeriggio.
E:
partirà ugualmente? Ha detto qualcosa?
J:
non so nulla, ma sì partirà domattina.
Elisabeth
non disse più nulla. Con calma si alzò dalla sedia con il volto rigato dalle
lacrima. Sua madre le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, ma la sentì
irrigidirsi e rifiutare il contatto. Senza dire una parola uscì dalla stanza e
si diresse in camera sua. Le due donne rimaste nel salone si guardarono e
rimasero immobili in piedi. Dopo poco dei passi veloci entrarono nella stanza
con fare minaccioso.
A:
cosa è successo a mia figlia e questa volta non accetto un “ sono cose da
donna” perché se lei piange io devo saper con chi prendermela.
Le
campane avevano suonato le 7. Elisabeth si alzò dal letto e questo le sembrò un
sollievo. Non era riuscita a chiudere occhio. Scese le scale senza far rumore ed
entrò nello studio di suo padre. Inspirò il profumo di libri e si sedette sulla
sedia dove da piccola andava a rintanarsi quando non riusciva a dormire. Questa
volta però non c’erano ginocchia su cui sedersi, ne braccia che la stringevano
per rassicurarla che tutto sarebbe andato bene, il dolore non sembrava voler
passare.
A:
non credo che ci staremo più in due su quella sedia, sei un po’ troppo
cresciuta.
Elisabeth
si voltò e guardò suo padre. Stava venendo a salvarla come ogni volta, era lì
per farla calmare e cacciare i mostri dei suoi incubi. Ma questa volta era
realtà e faceva male.
E:
immagino che la mamma ti abbia raccontato tutto.
A:
già e mi dispiace.
E:
non è vero papà. Tu sei felice che nessun uomo mi porti via da te.
Alexander
sentì come se un paletto gli si conficcasse nel cuore ( scusate ma… non potevo
non inserire neanche un paletto di frassino), come poteva pensare che lui fosse
felice di vederla soffrire.
A:
no, mi dispiace veramente. Tu sei e sarai sempre la mia bambina, ma non potrei
tenerti legata a me se tu fossi infelice. William mi piace, sembra un bravo
ragazzo ed inoltre ti rendeva felice…
E:
già ma ora dovrà far felice qualcun altro… - non riuscì a finire la frase che
le si riempirono gli occhi di lacrime.
Alexander
le andò vicino e l’abbracciò come faceva quando era piccola e aspettò in
silenzio che usasse tutte le lacrime che aveva. Quando si fu calmata la scostò
in modo da poterla guardare negli occhi.
A:
Elisabeth ascoltami bene ora: William non mi sembra uno sciocco che si fa
gestire la vita come fosse un burattino. Sono quasi certo che lui sia
innamorato di te… e d’altronde come potrebbe non esserlo. Dovrebbe essere sordo
e cieco per non innamorarsi di te. – lei sorrise, era felice che suo padre
fosse lì a rassicurarla – io non so come funzionino le cose ora tra voi
“giovani” ma credo che tu debba fare qualcosa. Non puoi fare nulla per
impedirgli di partire… ma puoi dargli un buon motivo per tornare.
La
guardò riflettere sulle sue parole, le asciugò una lacrima ancora appoggiata
alla sua guancia e in silenzio si alzò e si diresse alla porta.
E:
papà…grazie.
Alexander
si fermò e sorrise, senza voltarsi salì le scale fino alla porta della sua
stanza dove Catherine lo aspettava.
C:
l’ ho sempre saputo che nostra figlia è fortunata… ha un padre meraviglioso.
A:
sì è vero!
Ridendo
entrarono nella stanza lasciando Elisabeth seduta nella sedia di suo padre,
mentre guardava la città svegliarsi e una debole luce di speranza si accendeva
nel suo volto.
Erano
già le 9.20 e William aveva già i bagagli pronti e continuava a camminare
avanti e indietro per la stanza. Leonard entrò e guardò l’amico fumare una
sigaretta e guardarsi attorno come a cercare qualcosa.
L:
hai già preso tutto.
W:
si lo so. Stavo solo controllando di non lasciare nulla.
L:
per il momento stai solo lasciando un solco per terra. La carrozza ci sta
aspettando, dobbiamo andare.
W:
come dobbiamo?
L:
non penserai davvero che ti faccia andare da solo?
W:
grazie…allora andiamo. Che ora sono?
L:
9.30 quasi, io non credo che a questo punto lei verrà. Juliet ha detto che non
l’ ha presa bene.
W:
già, allora andiamo.
L:
perché non vai tu da lei?
W:
perché non saprei cosa dirle. Le ho promesso che in ogni caso sarei tornato da
lei, ma ora non ne sono certo neppure io. Devo lasciarle tempo e sperare che
lei sia qui quando tornerò. Perché a costo di dover aspettare un’altra vita non
posso lasciarla scappare. Elisabeth è parte di me e so che anche se perdessi
ogni cosa, anche se perdessi la mia anima, basterebbe trovare lei per ritrovare
me stesso.
Leonard
usci dalla stanza, portando giù alcuni bagagli e lasciando l’amico a fare i
conti con se stesso. Appena fuori, caricò le borse e dopo un attimo sentì dei
passi di corsa e una voce femminile familiare.
E:
aspetta non partire.
Leonard
mise la testa fuori dalla carrozza e vide il suo sguardo deluso quando si
accorse che non era il suo lui.
E:
oh sei tu… ti prego non dirmi che è già partito.
Leonard
si limitò a farle un cenno con la testa in modo che si voltasse. Lei si girò di
scatto e lo vide di fronte a se. Con i suoi splendidi occhi che la fissavano e
con il volto segnato da una notte insonne…come quella che aveva passato lei.
W:
Elisabeth, io non… non pensavo che vi avrei visto. Non so neppure cosa dirti,
io…
Gli
si avvicinò e lo guardò diritto negli occhi cercando di trattenere le lacrime.
E:
non dire nulla, non parliamone adesso. Io capisco che tu debba partire e non
posso chiederti di rimanere – mentre parlava tirò fuori dalla borsa un foglio
bianco – ma posso chiederti di ripormelo.
Era
come quello che le era volato in faccia la prima volta che si erano conosciuti.
Lui lo prese fra le mani come se lei le avesse consegnato un tesoro.
E:
è molto importante per me. Conservalo con cura e se ti viene l’ispirazione
scrivici una delle tue poesie, ma ti prego voglio riaverlo dalle tue mani. – la
voce era rotta e ormai non riusciva più a trattenere le lacrime.
W:
prometto che ci starò attento e te lo riporterò, dovesse volerci una vita lo
riavrai indietro.
La
abbracciò stretta a se come non volesse lasciarla andare. Come se potesse dirle
tutto con un abbraccio.
E:
ti prego non metterci una vita, già non riesco a respirare senza, ne ho
bisogno. Riportalo da me, il mio cuore deve tornare intero.
Rimasero
ancora per un po’ uno tra le braccia dell’altro, a scambiarsi lacrime e tacite
promesse. Poi si staccarono e senza dire altro William salì in carrozza e
parti.
L:
William, non sono affari miei, ma Elisabeth ti ha dato una lettera prima di
partire?
W:
no, mi ha dato un pezzo del suo cuore, e io glielo riporterò indietro.
Elisabeth
inspirò a fondo e chiuse per un attimo gli occhi.
Buffy
si destò improvvisamente, facendo spaventare tutti.
D:
allora come è andata sorellina? È stato bello?
Non
capiva nulla, per un attimo fu stordita e si guardò attorno cercando di
rimettere ogni cosa al proprio posto nella sua mente. Poi li vide, vide quegli
occhi, che nonostante avessero un’espressione strafottente la guardavano sempre
con lo stesso amore. Sorrise. L’unica cosa che Buffy fece fu donargli il più
dolce dei sorrisi e pensare che allora aveva mantenuto la sua promessa… era
tornato.
Spike
rimase senza fiato ( per modo di dire), per un attimo aveva letto amore per
lui. Ma poi si impose di tornare alla realtà, era la cacciatrice, non poteva
provare amore per lui.
S:
ehi sei felice perché hai incontrato la tua anima gemella Angel nella tua
precedente vita? Finalmente hai confermato ciò che hai sempre sentito, perché
non corri da lui?
In
un attimo tutto le ritornò alla mente. Doveva tornare lì. Doveva sapere se lui
era tornato, se aveva mantenuto la sua promessa. Si girò di scatto verso Tara e
si raddolcì nel vedere la sua amica.
B:
Ju… Tara, devi riportarmi lì.
Capitolo
11
T:
Buffy è andato tutto bene?
B:
si ma ho bisogno di sapere cosa è successo. Devo saperlo…
S:
cos’è il tuo amore ti ha abbandonato e vuoi sapere se tornerà da te?
Buffy
si voltò di scatto e puntò gli occhi in quelli di Spike. Tentennava tra il
desiderio di buttargli le braccia al collo e quello di dargli un bel pugno. Da
un lato era il suo William, ma dall’altro era solo Spike, l’involucro era lo
stesso ma non c’era l’anima che aveva fatto innamorare Elisabeth. Almeno era
quello che la mente le urlava. Perché il suo cuore non era dello stesso parere.
La sua anima l’aveva riconosciuto ed era felice di averlo ritrovato. Per un
attimo le tornò alla mente tutto ciò che Spike aveva fatto per lei, il modo in
cui la guardava, come vegliava su di lei quando dormiva, pensando che lei non
si fosse mai accorta della sua presenza sull’albero. Aveva comunque bisogno di
sapere se William fosse tornato da Elisabeth, se la sua promessa di non
abbandonarla era stata mantenuta, se il suo desiderio di fidarsi di Spike
poteva venire alla luce. Non voleva essere ferita, non ancora, il suo cuore
bramava pace e l’avrebbe trovata ad ogni costo.
B:
il mio amore mi ha promesso di tornare e so che lo farà.
S:
ma allora la sua è una mania, quella di abbandonarti intendo. Scusa ma se sei
così certa che manterrà la sua promessa perché vuoi controllare.
B:
perché diciamo che almeno attualmente non è tra le persone più affidabili che
io conosca.
S:
e io che pensavo che il tuo Angel fosse un esempio di virtù. Forse sei riuscita
a farlo scappare anche da quella vita, ti sei mai chiesta se forse il problema
non sei tu?
Un
pugno ben assestato lo fece volare all’altro lato della stanza. Era furiosa,
perché riusciva a ferirla così tanto?
Spike
si alzò senza dire nulla, in fondo lo sapeva che se l’era meritato. Si avviò
alla porta e prima di uscire fece un cenno col capo a tutte le presenti
S:
signore…
Uscì
senza chiudere la porta e Buffy lo seguì in veranda.
B:
vai al diavolo Spike
S:
prima o poi tocca a tutti – fece alcuni passi per andarsene ma poi si voltò nuovamente
con l’espressione tra il furioso e il triste – sai cacciatrice sono felice che
tu ora abbia la certezza che Angel sia la tua anima gemella, almeno potrò
metterci una pietra sopra.
Le
diede le spalle ma prima di andarsene le sussurrò un ultima cosa con voce
titubante
S:
peccato però…mi sarebbe piaciuto vedere se c’era un noi in te e me. – in
silenzio sparì nella notte.
Buffy
rimase immobile come pietrificata, non sapeva se mettersi a piangere o urlare
di gioia. Il cuore le faceva male e non sapeva se era ferito o se si stava
solamente liberando dallo strato di ghiaccio che lo teneva rinchiuso. Due mani
le si posarono sulle spalle.
W:
rientriamo, devi raccontarci tutto.
Una
volta seduta sul divano Buffy si calmò e guardò le sue amiche. Erano ancora al
suo fianco, c’erano sempre state. I suoi pensieri furono interrotti da Dawn che
fremeva dalla curiosità.
D;
allora, come è stato? C’eravamo noi?
B:
quasi tutti, ma avevate dei ruoli particolari. Non ti ho ancora incontrato Dawn
ma so che ci sarai, lo sento.
W:
io chi ero, dai dicci chi c’era e soprattutto chi era la tua anima gemella,
anche se già lo immagino…
B:
beh su chi è la mia anima gemella io non ci scommetterei troppo, comunque…
Willow tu eri mia madre, Tara tu la mia migliore amica e Xander era il mio
migliore amico della mia anima gemella.
W:
che non ci vuoi dire chi è allora indagheremo noi… Angel chi era?
B:…
mio padre
W:
ma se non è lui la tua anima gemella, allora chi è? Che conosciamo rimane Riley
e Giles.
Buffy
in quel momento abbassò il capo imbarazzata.
D:
io lo sapevo che era lui, ma è perfetto!
B:
non è proprio la parola che avrei usato
io.
W:
io non ho ancora capito, è Riley? – disse con tono non troppo entusiasta
Willow, anche perché era un uomo sposato.
T:
no Willow, manca ancora una persona alla tua lista di pretendenti… Spike.
W:
oh!
B:
già oh! Bella scoperta vero, diciamo inaspettata.
D:
insomma inaspettata io me l’aspettavo.
T:
si in effetti anche io!
B:
ma se lo sapevate tutti non potevate dirmelo prima, almeno evitavo lo shock.
Tutte
si misero a ridere e la tensione sparì.
T:
ora ci vuoi raccontare perché vuoi ritornare lì se lui è qui?
B:
perché ho bisogno di sapere se… fidarmi – le piangeva il cuore al pensiero di
non farlo, lei ne aveva bisogno e avrebbe voluto crederci e basta, ma le era
bastato scottarsi una volta.
Con
calma Buffy raccontò tutto ciò che aveva vissuto, fin nei minimi dettagli.
Quando ebbe finito Dawn aveva gli occhi lucidi. Nessuno aveva il coraggio di
parlare e nulla da dire.
B:
quando posso riprovare?
T:
beh, abbiamo bisogno di riposare un po’, magari domani sera…
B:
bene…
D:
poco fa Spike ti ha detto la stessa cosa!
A
Buffy si fermò il cuore, sperava che nessuno avesse sentito la loro discussione
o almeno nessuno si fosse accorto di questa cosa.
B:
sì lo so. Ma voglio tornare ugualmente.
Nessuno
aggiunse altro e dopo un po’ andarono tutti a dormire. Il sonno di Buffy fu
agitato, quella notte nessuna ombra su di un albero la vegliava.
La
giornata passò tranquilla, anche se faceva ogni cosa con la sensazione di
essere tornata da una lunga vacanza e di dover tornare alla quotidianità.
Giunse sera molto velocemente e prima di raggiungere Tara e le altre, fece un
breve giro di ronda. Voleva andare da lui, dal suo lui ma cosa gli avrebbe
detto? “sai sei tu la mia anima gemella, ma tu sei un vampiro senz’anima quindi
non capisco perché ti amo ugualmente”… Alt! Da quando lo amava? Sapeva che
Elisabeth amava William, ma nonostante le anime fossero le stesse erano
indubbiamente persone diverse. Inoltre Spike non aveva l’anima. Questo era un
problema: lei lo amava, indipendente dall’anima, prima ancora di fare quella
specie di viaggio spirituale, e se n’era accorta solo adesso…
B:
ma allora sono proprio un idiota!?
C:
Buffy… ti senti bene?
B:
Clem, ciao cosa fai qui?
C:
stavo andando fino da Willy e passo sempre di qua. Ti ho visto gesticolare e
parlare da sola.
B:
oh parlavo a voce alta?
C:
solo la parte in cui dicevi di essere un idiota…
B:
oh bene! Così ora tutti i demoni di Sunnydale penseranno che sono impazzita.
C:
no, solo innamorata.
B:
COSA?
C:
beh: prima sorridi, poi fai il viso arrabbiato, poi ti dai dell’idiota… insomma
sembra tu abbia scoperto di essere innamorata!
B:
sicuro che non ho detto altro a voce alta?
C:
Ok diciamo che ogni tanto riesco a leggere nel pensiero (non credo sia vero, ma
concedetemelo)
Buffy
abbasso il capo imbarazzata, mancava solo che tutti sapessero che era
innamorata di Spike, una cacciatrice innamorata di un vampiro, di nuovo, c’è
qualcosa di più ridicolo?
C:
un vampiro innamorato di una cacciatrice
B:
ti hanno mai detto che è maleducazione leggere nel pensiero
C:
si scusa, è che mi capita poche volte e così approfitto… comunque è normale che
tu sia arrabbiata, ma tornerà ha preso solo poca roba.
B:
di cosa stai parlando?
C:
Spike. Ieri sera ha caricato uno scatolone pieno di fogli in auto, una
bottiglia di scotch ed è partito.
Buffy
rimase immobile senza dire nulla e Clem se ne andò lasciandola sola con i suoi
pensieri.
Se
n’era andato, e poi parlava delle abitudini di Angel di abbandonarla. A quanto
pare non era da meno. Ma dove poteva essere andato e soprattutto perché se
n’era andato. Entrò nella cripta e la trovò particolarmente silenziosa. Nessun
suono dalla tv, nessuna battutina tagliente, nulla. Ai piedi del sarcofago
qualche pezzo di carta appallottolato e sopra un foglio ancora bianco. Buffy si
limitò a sorridere e ad uscire chiudendosi la porta alle spalle.
B:
no questa è solo coincidenza e poi mi hai promesso che me lo avresti ridato tu.
Ora andiamo a verificare se sei un uomo di parola.
Capitolo
12
Erano
passate quasi due settimane da quando lui era partito e ancora non aveva sue
notizie. Juliet passava quasi ogni giorno da lei, per vedere come stava e per
sapere se aveva notizie, ma la ritrovava ogni volta più triste. Elisabeth
sfoggiava sempre i suoi sorrisi migliori, ma i suoi occhi non mentivano. La
speranza era l’unica cosa che teneva stretta a se, aveva bisogno di crederci,
ma ogni giorno diventava più difficile.
Una
mattina il campanello suonò, ma Elisabeth rimase seduta sulla poltrona di suo
padre a leggere un libro. Sicuramente era Juliet che passava a salutarla, era
veramente un ottima amica. Stranamente però sentì bussare alla porta dello
studio, non era da lei. Sua madre si affacciò cupa in viso ed Elisabeth sentì
una morsa al cuore.
C:
tesoro, c’è una signora che vuole parlare con te. L’ ho fatta accomodare in
soggiorno.
Elisabeth
si mosse dallo studio alla stanza dove l’aspettavano misurando i suoi passi.
Era spaventata! Non sapeva perché e non sapeva chi fosse la donna che la
voleva, sentiva solo il suo cuore battere.
Appena
entrata nella stanza si trovò una donna molto bella che la guardava
incuriosita. Poi le si avvicinò e le sorrise.
S:
piacere io sono Sophie e tu dovresti essere Elisabeth?
La
giovane fece cenno di sì col capo e la sua espressione perplessa disse più di
mille parole.
S:
aveva ragione, siete veramente molto bella e dolce. Ma non immaginavo che vi
avesse descritto così bene, pensavo che esagerasse ma avevo torto.
E:
chi…? – chiese con voce titubante Elisabeth, non aveva ancora capito chi fosse
la signora di fronte a lei.
S:
William, mio figlio. Avete ragione non mi ero presentata a dovere, scusatemi.
Si
sentì le gambe deboli, non era certa di riuscire a reggersi in piedi. Cosa
voleva dire tutto ciò, perché era venuta da lei? Era solo curiosità, era venuta
a dirle di stare lontana da suo figlio, o era li perché William non aveva avuto
il coraggio di dirle di persona che ora amava un'altra?
Sophie
vide la giovane sbiancare, e si sentì in colpa per non aver avuto più tatto, le
si avvicinò e le posò una mano sul braccio, guardandola come una madre guarda
la figlia.
S:
scusami cara, avrei dovuto essere più chiara. Sediamoci dobbiamo parlare.
Elisabeth
si sedette e per un po’ non ebbe il coraggio di guardarla, poi con calma alzò
il viso e vide che non c’era nessuna strega cattiva di fronte a se, ma solo una
bella donna che la guardava con estrema dolcezza. Con calma prese coraggio e
iniziò a parlare.
E:
scusi se le sono sembrata un po’ turbata, ma non aspettavo la sua visita, non
vorrei sembrarle sgarbata ma… perché è qui?
S:
volevo conoscerti, mi hai incuriosito. Credimi non molti ci riescono. Devi
sapere che quando William è partito per venire qui con Leonard io ho incontrato
una giovane donna, bella e intelligente, adatta a mio figlio e ho pensato che
avrebbe potuto essere una perfetta moglie.
Sophie
si fermò vedendo che le sue parole avevano irrigidito la giovane davanti a lei,
nel frattempo Elisabeth sentiva il suo cuore spezzarsi.
S:
Massimo, l’altro mio figlio ha parlato con Leonard, ma ha ingigantito le mie
intenzioni. Non avevo preparato nessun matrimonio, volevo solo farli incontrare
e speravo che sarebbe nato qualcosa. Quando William è arrivato la giovane era
lì con me, così hanno potuto parlare da soli e conoscersi meglio.
Elisabeth
sentì una lacrima scenderle sul viso, ma non doveva piangere in fondo era una
delle possibilità, sapeva che avrebbe potuto accadere. Ma allora perché faceva
così male.
S:
io ero molto speranzosa e già immaginavo un matrimonio e quando la giovane è
uscita dalla stanza sorridendo ho pensato subito che fosse la volta buona ma…
La
giovane trattenne il fiato, come se quel ma avesse momentaneamente spento
l’incendio che la bruciava dentro.
S:
ma lei mi si è avvicinata e mi ha detto che William era l’uomo più interessante
e gentile che avesse mai incontrato, ma non avrebbe potuto sposarlo perché lui
amava un’altra.
Immaginami
ero senza parole. Mio figlio era stato via qualche settimana e si era
innamorato.
Andai
nella stanza e lo trovai che mi aspettava. Mi parlò di una giovane donna, bella
e intelligente che aveva conquistato il suo cuore. Mi ha raccontato di cosa è
accaduto, di come si sia innamorato e del dolore che ha provato quando ha
ricevuto la notizia, del fantomatico matrimonio, da Leonard. Inoltre mi ha
raccontato una favola di una fanciulla che ha lasciato andar via il suo amato,
perché potesse scegliere della sua vita, dandogli in cambio un foglio bianco
come fosse parte del suo cuore. Io dovevo conoscervi, dovevo accertarmi che non
foste solo la principessa di una favola. -
Elisabeth
questa volta non riuscì a trattenere le lacrime. Lui l’amava e non aveva
sposato un'altra e non aveva mentito… ma perché non era tornato da lei?
S:
William non sa che sono venuta qui e spero che non lo venga a sapere. Ora è in Irlanda
per fare una cosa per me, ma fra due giorni tornerà a casa. Sono certa che poi
verrà da voi.
E:
ma perché… perché mi ha raccontato tutto questo?
S:
perché William sorrideva quando parlava di voi e nei suoi occhi c’era amore…
volevo solo vedere se c’era la stessa luce anche nei vostri.
E:
e l’avete vista? – chiese titubante e un po’ imbarazzata
S:
questo lo sappiamo solo io e te.
Sorrise.
Non si dissero molto altro. Prima di andarsene Sophia scambiò quattro
chiacchiere con Catherina e Alexander e poi in silenzio com’era arrivata se ne
andò. Elisabeth aveva una speranza nuova, non si era sposato ora doveva solo
tornare da lei.
Passarono
due giorni, tre e al quarto ancora non era tornato. Il mattino del quinto
Elisabeth scese a far colazione e come ogni giorno si mise nello studio di suo
padre a leggere. Ad un tratto qualcosa scese dall’alto e le si posò sopra il
libro che stava leggendo. Un foglio bianco. Il suo foglio bianco. Non aveva il
coraggio di voltarsi, non avrebbe retto un'altra delusione. Con calma chiuse il
libro, si alzò in piedi e si voltò il più lentamente possibile, fino a
incontrarli di nuovo. Quegli occhi blu che l’avevano stregata fin dal primo
momento che li aveva visti. Non pensò ad altro, entrambi non pensarono ad
altro. Volevano solo ritrovarsi e abbracciarsi. Rimasero stretti l’uno
all’altra come a non volersi perdere. Dopo un tempo interminabile, quando
lacrime di gioia avevano rigato i loro volti solo un sussurro riempì la stanza
silenziosa.
W:
mantengo sempre le mie promesse.
Capitolo
13
Buffy
riaprì gli occhi lentamente e non si mosse, non disse nulla. Willow le si
avvicinò e le mise una mano sulla spalla, come ad attirare la sua attenzione.
Sapeva di essere tornata ma voleva assaporare ancora per un attimo quella
sensazione. Quella che le stava riempiendo gli occhi di lacrime, quella
sensazione di completezza, di gioia, quella che la faceva sentire viva. Viva
come non si sentiva più da molto. Era una sensazione che la riempiva, che le
allargava il sorriso, qualcosa che aveva provato quand’era Elisabeth e stava
con William. Qualcosa che provava solo con lui in questa vita.
W:
Buffy tutto bene?
Questa
volta si voltò e guardò le sue amiche e sua sorella e sorrise.
B:
benissimo grazie!
D:
allora è tornato!? – chiese un entusiasta Dawn
B:
sì! Ha mantenuto la sua promessa.
T:
adesso cosa farai?
Già
cosa fare. Lei sapeva di amare Spike ma come dirlo? L’aveva respinto e trattato
male e se lei gli avesse raccontato dell’anima gemella, probabilmente lui
avrebbe pensato che ora l’amava solo per quello. Sperava che questo viaggio le
avrebbe reso le cose più facili, ma non era stato così.
B:
non lo so. Ma ho deciso di affrontare le cose un po’ alla volta. Devo prendere
in mano la mia vita e darci una sistemata. Basta bugie e basta paura.
T:
ma tu ne sei innamorata?
Buffy
sorrise, non voleva rispondere alla domanda. Se qualcuno doveva sapere che lei
amava Spike, il primo avrebbe dovuto essere Spike.
B:
fino a qualche mese fa se qualcuno mi avesse parlato di anime gemelle, io avrei
pensato ad Angel.
D:
ma “l’incantesimo” delle vita passate l’ hai fatto solo ieri. Prima non sapevi
che lui non fosse la tua anima gemella, perché parli di mesi?…
B:
Perché molte cose sono cambiate da tempo, lui se n’è andato da tanto dalla mia
vita. Io non so ancora che effetto mi farebbe rivederlo o risentirlo, ma so che
le cose sono diverse.
Il
telefono squillo e Dawn andò a rispondere. Rimase un momento senza parole,
bloccata dalla voce che aveva parlato.
D:
un attimo ora te passo. – Si appoggiò il ricevitore al petto e guardò la
sorella.
D:
parli del demone e… Angel
Buffy
per un attimo si ritrasse, ma poi si alzò tranquilla non le faceva più lo
stesso effetto di un tempo.
B:
Angel ciao.
A:
ciao Buffy come stai? È da un po’ che non ci sentiamo.
B:
già da un po’… io sto bene e tu? – sentiva quella voce e per un attimo non vide
il suo primo amore, ma quell’uomo che in un’ altra vita le aveva fatto da padre
e che arrivava quando lei ne aveva più bisogno.
A:
come sempre! Ti ho chiamato perché ho bisogno di un libro che avete al negozio
di magia, volevo sapere se avrei potuto venire a prendermelo, se non era un
problema. So che non ci sentiamo da molto e chiamarti solo per lavoro…
B:
Angel non c’è problema, Anja sarà ben felice di venderti qualcosa.
A:
spero di poterti vedere quando verrò a Sunnydale… - un vociare interruppe la
sua frase. Buffy sentì distintamente la voce di Cordelia, non capì cosa dicesse
ma sentì bene un nome… Spike
B:
Spike? – chiese con voce tremante.
A:
già il buon vecchio Spike era a Los Angeles ieri. L’ ho trovato sotto casa, con
la macchina piena di fogli, ubriaco che blaterava qualcosa. L’ ho ospitato per
un po’, il tempo che smaltisse la sbornia e poi se n’è andato.
B:
cosa ti ha detto?
A:
di comprensibile poco. Ha farfugliato di anime gemelle, del fatto che sono
sempre il più fortunato e che doveva andare a bruciare degli stupidi sogni. Non
mi ha detto molto, solo che avrei dovuto chiamarti e che dovevi dirmi delle cose.
B:
Angel io…
A:
lo so, non sono io quello a cui devi dire qualcosa.
B:
ma…
A:
ho più di duecento anni Buffy, e poi lo sento quello che provi. Spero di
vederti per salutarti. Saluta Dawn.
Senza
aspettare risposta riattaccò lasciando lei ancora con il ricevitore
all’orecchio, mentre cercava di riordinare gli ultimi pensieri.
W:
cosa voleva? Come stai?
Buffy
riagganciò con calma il telefono e rimase immobile a valutare ciò che provava.
B:
solo un libro, passerà a prenderselo al negozio. – poi si risvegliò come da un
sonno – ragazze devo andare, devo sistemare delle cose.
Come
un fulmine uscì e si diresse alla cripta di Spike, quando arrivò la trovò
ancora vuota.
Chiuse
la porta e iniziò a guardarsi attorno. Perché doveva sempre essere così
impulsivo. Perché agiva senza riflettere, lui era così cuore e passione. Se
fosse stata sincera con lui dal primo momento tutto ciò non sarebbe accaduto.
Dannazione
aveva paura. Chiunque l’avrebbe giudicata. Guardando da fuori lei appariva
cattiva. Lui l’amava e le aveva sempre aperto il cuore, aveva sempre rischiato
e le aveva dato tutto, e lei in cambio l’aveva umiliato, picchiato e aveva riso
sul suo amore per lei. Già una stronza! Ma non era tutto così semplice, lui era
sempre un vampiro, era la stessa persona che aveva cercato di ucciderla, che
aveva minacciato i suoi amici. È vero era cambiato ma lei come poteva esserne
certa. Non è facile fidarsi di qualcuno, e lo è ancora meno dopo che ti hanno
già spezzato il cuore. Inoltre tanto amore è prorompente e se ricevi tanto devi
dare tutto di te. Ma lei era certa, di non avere abbastanza, che le avessero
già portato via ogni cosa.
Si
sedette sulla sua poltrona e sorrise. Era bello essere amati da lui, ma sarebbe
stato ancora meglio amarlo dello stesso amore. Avrebbe desiderato più di ogni
altra cosa sentire quella passione scorrere in lei, il cuore battere quando
arrivava, voleva amare qualcuno con la stessa intensità con cui Spike riusciva
ad amarla, e voleva che quel qualcuno fosse lui. Si sentiva viva, tutti quei
sentimenti che la attraversavano, pensava che non li avrebbe più provati.
Si
accorse che al lato della poltrona c’era un libro. Lo prese fra le mani e lo
sfogliò. Poesie di Pablo Neruda. Al centro c’era qualcosa. Un segnalibro. Una
foto. Una foto di lei. Lesse la poesia che era scritta su quella pagina, e lo
fece a voce alta:
”Non
t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o
freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo
come si amano certe cose oscure,
segretamente,
tra l'ombra e l'anima.
T'amo
come la pianta che non fiorisce e reca
dentro
di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie
al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il
concentrato aroma che ascese dalla terra.”
Si
fermò un momento, sembrava che quelle parole fossero scritte per lei… per loro.
Fece
per riprendere a leggere ma una voce alle sue spalle la precedette.
”T'amo
senza sapere come, né quando, né da dove,
t'amo
direttamente senza problemi né orgoglio:
così
ti amo perché non so amare altrimenti
che
così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così
vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così
vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.”
Buffy
non si mosse, la voce di Spike riempiva ancora l’aria, avrebbe voluto piangere
e farsi consolare fra le sue braccia. Sorrise e si voltò con calma verso di
lui, guardandolo quasi con aria di sfida.
S:
ho dimenticato qualcosa, sapevo che il mio falò non era completo. Come mai da
questa parti cacciatrice?
B:
così passavo per sapere com’era stato il tuo soggiorno a Los Angeles. Mi hai
spedito una cartolina?
S:
allora ti ha chiamato la tua anima gemella!?
B:
no mi ha solo chiamato Angel.
Spike
finse di ignorare la sua ultima frase, ma cosa voleva dire?
B:
mi ha detto che sarebbe passato per prendere un libro e fare un saluto.
S:
ne sarai felice. Rivedere il tuo amato! Allora Angel della tua vita presente
sta per tornare, e quello della tua vita passata è tornato da te?
B:
non era lui quello che doveva tornare da me. Non era lui che mi aveva promesso
che mi avrebbe ritrovato in ogni vita. Ma sì la mia anima gemella, il mio amore
ha mantenuto la sua promessa, in ogni vita.
Non
disse altro, ma si limitò a puntare gli occhi su quelli di lui.
Spike
dal canto suo era confuso e non era certo di aver capito, pensava solo che la
sbronza non gli era del tutto passata.
Capitolo
14
Erano
in silenzio, uno di fronte all’altra, senza staccarsi gli occhi di dosso per un
attimo. Buffy per un momento pensò al gioco che faceva quand’era bambina. Ci si
guarda fissi negli occhi e chi ride per primo ha perso. Sorrise a quel
pensiero.
Spike
dal canto suo era perso nei suo occhi. Quanto amava la giovane donna davanti a
lui. Ogni volta che l’aveva di fonte lo pensava. Quando lottavano, quando
litigavano, quando parlavano come fossero vecchi amici, ogni volta lui pensava
solo che l’amava. Che l’amava da una vita, forse anche da di più e che era lei
che aveva sempre aspettato e cercato, ancor prima di conoscerla. Era nei suoi
pensieri in ogni momento e gli dava la sensazione che il suo cuore battesse, la
sentiva sua, come se lo fosse sempre stata, come se fosse la sua anima gemella…
un momento! Ripensò velocemente al discorso di poco prima e guardò il sorriso
che spuntava fra le labbra di lei e il tempo si fermò!
Tutto
era immobile, come se ogni cosa si fosse fermata, ogni suono si fosse zittito,
solo un pensiero batteva nella sua mente, ma non voleva illudersi, non voleva
più farsi male.
S:
che vuoi dire cacciatrice – disse cercando di mantenere la voce il più fredda
possibile – il tuo amato Angel non è tornato da te?
B:
Spike, hai sempre il brutto vizio di non ascoltare quando uno parla… non è
Angel la mia anima gemella.
S:
ma allora chi è?
Lei
sorrise e gli si fece più vicina
B:
non l’ hai ancora capito? E io che ti credevo più perspicace?
S:
no, non ho capito. Forse ho bisogno che tu mi dia qualche altro indizio.
B:
è innanzitutto la persona più fastidiosa che io conosca – disse questo ancora
più vicina, quasi a sfiorargli le labbra.
S:
io non sono fastidioso…
B:
oh! Si che lo sei…
Spike
sorrise e si avvicinò per baciarla, si sentiva l’uomo più felice del mondo,
anzi il vampiro… un pensiero lo folgorò, si irrigidì e si allontanò da lei. Buffy
lo seguì con lo sguardo mentre si sedeva sulla sua poltrona, con il capo chino,
come se portasse sulle spalle il peso del mondo.
S:
mi dispiace – Buffy continuava a fissarlo incredula – scoprire chi è la tua
anima gemella e non trovarla. Forse per un momento te ne sei dimenticata anche
tu, ma così ti risparmierò l’umiliazione di accorgertene quando magari è troppo
tardi, io non ho un anima. Non sono la persona di cui la tua si è innamorata.
Mi spiace, ma non ti preoccupare faremo finta che questa conversazione non sia
mai avvenuta, così potrai dimenticare la pazzia che stavi per commettere.
Mantenne
la testa bassa, aspettando che lei assimilasse le sue parole e se ne andasse.
Sentì i suoi passi muoversi verso di lui e alzò il viso per guardarla. Stava in
piedi, sorridendo come se si sentisse sollevata. Poi improvvisamente assunse un
espressione cupa e iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza,
avvicinandosi sempre di più alla porta rimasta aperta.
B:
no, non l’ ho dimenticato. Ho pensato anche io a questa cosa e ho scoperto che
c’è un problema a cui non ho ancora trovato una spiegazione. Già la mia anima è
innamorata della tua e tu ora non ce l’ hai. quindi io non ti amo!
Si
fermò con una mano appoggiata alla porta, dandogli le spalle. Spike nel
frattempo si sentì morire. Di nuovo! Lo sapeva che non avrebbe dovuto
illudersi, quel viaggetto non poteva fare miracoli. Lei riprese a parlare,
emozionata come se fosse nuda di fronte ad un milione di persone, come se fosse
indifesa.
B:
e qui arriva il problema! L’intoppo al mio ragionamento sensato… io sono
innamorata di te! Da prima di scoprire tutta questa cosa delle anime gemelle,
probabilmente da prima che me ne rendessi conto. Io ti ho riconosciuto, anima o
no, tu sei la stessa persona di cui probabilmente mi sono innamorata in ogni
vita.
Spike
alzò il viso di colpo, aveva veramente sentito quelle parole, non era un sogno.
Le gli aveva detto che lo amava. Nessun altro pensiero attraversò la sua mente,
nessun suono arrivò alle sue orecchie. Solo una sensazione: era vivo!
Lei
si voltò e inclinò il capo a guardarlo aspettando una sua reazione. Sorrideva,
lo vedeva chiaramente, lui stava sorridendo e piangendo allo stesso tempo. Si
alzò con calma dalla poltrona e misurando i suoi passi si avvicinò a lei.
S:
così io sarei fastidioso?
B:
tremendamente insopportabile – disse chiudendosi la porta alle spalle, quella
volta voleva vedere come andava a finire senza interruzioni. – e irascibile per
di più.
S:
senti da che pulpito, io irascibile! Sei tu quella che impaletta quelli che ti
trovi davanti solo perché hanno i denti più lunghi dei tuoi.
Mentre
parlavano erano uno vicino all’altro e si muovevano per la stanza. Spike le
cingeva la vita con un braccio e lei teneva le braccia attorno al suo collo.
Parlavano, si sorridevano e si avvicinavano sempre di più al letto. Se qualcuno
li avesse visti da fuori avrebbe giurato che stavano ballando, e in fondo era
quello che avevano sempre fatto.
S:
come presuntuoso? – e con dolcezza la distese sul letto mettendosi vicino a lei
B:
ma sì! Giri sempre con quell’aria di “ adesso arrivo io che sono bello da
togliere il fiato. Maledizione!” – disse cercando di imitare la sua voce.
Lui
sorrise e fissò gli occhi sui suoi.
S:
ma è vero!
Risero.
Poi Spike tornò serio e le accarezzò il viso, dolcemente, come a voler imparare
i suoi lineamenti, come a disegnare con i polpastrelli il suo volto.
S:
inoltre tu mi ami, quindi da oggi girerò anche con l’aria di “sono il vampiro
più felice del mondo, maledizione”.
Buffy
lo fece stendere e si appoggio con le braccia al suo petto, iniziando a dargli
leggeri baci, come se stesse seguendo un percorso ben preciso. Poi si fermò con
le labbra sopra le sue, quasi a sfiorarle.
B:
lo sai che in questa vita non mi hai ancora baciato… perché se anche tu per
caso provi qualcosa per me dovresti dimostrarmelo.
Spike
sorrise e spostò le sue mani, che stavano accarezzando la schiena di lei, a
circondarle il viso e nel modo più dolce possibile la baciò. Dopo un tempo che
sembrò interminabile, Buffy si stacco e si mise a cavalcioni su di lui.
B:
dunque anche tu provi qualcosa per me, tipo affetto fraterno – disse in tono
canzonatorio per prenderlo in giro.
La
attirò nuovamente a se e questa volta il bacio fu pura passione, fino a
togliere il fiato.
La
stacco da se quel tanto da poterla guardare diritta negli occhi.
S:
io ti amo e credo di amarti da sempre. Se il mio cuore potesse battere credo
scoppierebbe.
B:
io credo che batterebbe in sincronia col mio, anzi adesso te lo provo.
Spike
la osservò incredulo, mentre lei gli toglieva la maglia e si toglieva anche la
sua. Si sfilò il reggiseno e rimase per un momento a osservare Spike
visibilmente entusiasta della vista che aveva di fronte. Lui mosse le mani per
poterla toccare ma lei lo blocco.
B:
ah ah! Questo è un “discorso” che continueremo dopo, prima devo farti sentire
una cosa.
Appoggiò
il suo petto nudo a quello di lui e il contatto tra la loro pelle eccitò
entrambi.
S:
è un nuovo tipo di tortura questo?
B:
ssshhh – disse appoggiando un dito sulle sue labbra – ascolta.
Chiuse
gli occhi e sentì il cuore di Buffy battere contro il suo petto. Era un suono
ben ritmato, un po’ accelerato, e a Spike sembrò la più bella melodia che
avesse mai udito.
S:
sento il tuo cuore battere.
B:
e se invece fosse il tuo? Anche io sento qualcosa battere contro di me, può
essere solo perché siamo così vicini, ma non ha importanza ora, è il risultato
che conta.
Lui
richiuse gli occhi e ripensò alla sensazione che aveva sentito prima. Si
sentiva vivo e ora sentiva anche un cuore battere nel suo petto. Non era il
suo, ma aveva ragione lei, questo non aveva importanza.
Buffy
avvicinò nuovamente le labbra alle sue.
B:
ce ne faremo bastare uno.
Senza
aspettare una sua replica lo baciò ancora con rinnovata passione. Spike la
strinse. Si appartenevano e nulla li poteva dividere. La spinse sotto di se e
iniziò a baciarle il collo.
S:
sbaglio o avevamo un “discorso” da continuare?
Fecero
l’amore con tutta la passione e il desiderio che avevano. Erano come due amanti
che si rincontravano dopo essere stati separati a lungo. Si amarono senza
trattenersi, dandosi totalmente.
La
notte li lasciò mentre si addormentavano stretti l’uno all’altra e l’alba li
ritrovò ancora abbracciati.
Buffy
aveva la testa appoggiata al suo petto e pian piano iniziò a svegliarsi. Spike
sentì i suoi movimenti e la strinse ancora di più a se.
S:
buon giorno.
B:
ottimo direi.
S:
Buffy, mi racconterai cosa hai visto della tua vita passata?
B:
si ma preparati perché ci saranno parti molto buffe, se sapessi chi era il tuo
migliore amico…
S:
e su noi due hai racconti interessanti da fare? – disse con tono sensuale
B:
non proprio, sicuramente non quello che intendi tu per “interessante”. Prima di
questa notte non ho ricordi di aver mai fatto l’amore con te.
S:
allora dovremmo provvedere a crearne molti di nuovi. – disse baciandola.
B:
una cosa però…in quel che ho visto della mia vita passata, tu mi hai promesso
che saresti rimasto con me o che almeno saresti sempre tornato e mi avresti
ritrovato, in ogni vita. È ancora valida quella promessa? – disse abbassando
gli occhi, quasi imbarazzata.
Le
sollevò il volto e la baciò, con tutto l’amore che poteva.
S:
sempre! Ti ritroverei ovunque, in ogni vita, a costo di camminare per tutto il
mondo. Per quanto riguarda questa invece non servirà tornare da te… perché non
ho intenzione di andarmene da qui.
Mentre
erano uno vicino all’altra, fuori dalla cripta la notte lasciava completamente
spazio al giorno. Il sole sorgeva su Sunnydale e ogni anima aveva trovato la
sua compagna di viaggio.
Capitolo
15
Qualche
anno dopo…
Buffy
era appena uscita dalla doccia e si stava vestendo. Si ritrovò davanti allo
specchio mentre finiva di prepararsi e rimase a fissarsi a lungo. Quante cose
erano cambiate in quegli anni, lei ora non era più la stessa, non aveva più il
fisico di un tempo ma si piaceva lo stesso e poi era felice. Qualche anno prima
aveva pensato di aver incontrato l’uomo della sua vita, ma poi le cose non
erano andate come immaginava. Quando infine si era convinta che sarebbe rimasta
sola, che forse la felicità non era destinata a lei, lui era tornato, o meglio
lei lo aveva nuovamente riconosciuto come l’uomo che amava e che aveva sempre
amato.
Finì
di sistemarsi i capelli. Sì era bella! Non aveva più la linea dei vent’anni ma
nel suo sguardo si leggeva ancora lo stesso fuoco di un tempo, si era preparata
per lui, quella sera sarebbero usciti solo loro due come una volta, dovevano
festeggiare.
Sentì
l’acqua della doccia smettere di scorrere, uscì dalla stanza e buttò uno
sguardo in quella della sorella. Come facesse a trovare la porta per uscire, con
tutta la confusione che c’era non lo avrebbe mai capito. Ultimamente usciva con
un ragazzo e sembrava felice, era cresciuta ma passava ancora secoli in bagno
per prepararsi.
Scese
lentamente le scale, senza farsi sentire, infondo era ancora la cacciatrice.
Rimase immobile a metà scale sorridendo.
Angel
era seduto su una poltrona, dandole le spalle, non l’aveva sentita scendere.
Buffy
rimase affascinata nel vedere quell’omone tenere tra le braccia una bimba di
circa quattro anni. Le stava raccontando una favola e lei sembrava quasi
spaventata, muoveva i suoi capelli biondi facendo no con la testa. Aveva gli
stessi capelli della mamma e spesso le stesse espressioni buffe, ma lo sguardo
era indubbiamente quello del suo papà. Si era chiesta spesso come era stato
possibile concepire la piccola Sarah, ad un certo punto aveva solo smesso di
chiederlo e aveva deciso che era stato un miracolo. Scese ancora un po’ le
scale avvicinandosi ai due, rimase a guardarli e la sua espressione si addolcì
ancora di più.
Angel
era stato il suo amore e il primo a spezzarle il cuore, pensava di averlo perso
per sempre ma fortunatamente le cose non erano andate così. Mentre lo guardava
le tornava in mente il padre di un'altra vita, quando teneva in braccio lei
raccontandole le favole. Sperava, anzi sapeva che Sarah aveva un padre come
quello che aveva avuto Elisabeth e le si sentì riempire il cuore di gioia.
La
piccola si voltò e vedendola sorrise, scese velocemente dalla ginocchia di
Angel.
Sa:
papà, papà…
Angel
si voltò e guardò Sarah correre verso le scale, passare al fianco di Buffy e
buttarsi velocemente tra le braccia di Spike.
Buffy
si voltò a guardarlo, anche lui era rimasto sempre un vampiro e infatti non
l’aveva sentito scendere. La piccola Sarah lo adorava, stravedeva per il suo
papà. Quasi era gelosa e non sapeva di chi dei due.
Sa:
papà, lo zio Angel mi sta raccontando una storia di paura.
I
due genitori si voltarono guardando il vampiro ancora seduto sulla poltrona,
che alzava le mani in segno di difesa.
A:
calma! Non pensavo che Biancaneve fosse di paura!
Sa:
ma c’è una signora cattiva, che vuole fare male alla principessa.
S:
a sì? E poi cosa succede? – chiese dolcemente Spike
Sa:
arriva un principe e salva la principessa. Lo zio ha detto che sono bellissimi
e allora io ho detto che il principe eri tu e la mamma era la principessa…ma -
la piccola si rabbuio – non dovevo dirvelo.
B:
perché amore?
Sa:
perché lo zio Angel ha detto che ti saresti arrabbiata se dicevo che il papà
veniva a salvarti e che tu dici sempre che ti salvi da sola.
Dopo
un momento di silenzio i tutti si misero a ridere. Buffy prese Sarah dalle
braccia di Spike e la strinse a se.
B:
io non mi arrabbierei mai con te e poi, ma non dirlo a nessuno, ogni tanto mi
faccio salvare dal tuo papà.
La
bimba rise e strinse le braccia attorno alla sua mamma, contenta di avere un
segreto da condividere con lei. Buffy in quel momento sentì solo che era
totalmente completa.
Spike
si infilò lo spolverino e Buffy dopo aver coccolato ancora un po’ la figlia
indossò la sua giacca di pelle.
S:
Angel grazie che rimani qui con Sarah.
A:
non vi preoccupate, mi piace avere una nipotina. In ogni caso aspetto Giles che
deve mostrarmi alcune pergamene…
Sa:
arriva nonno Rupert. Che bello!
B:
è quello che speri. Tanto lo sappiamo che quando ritorniamo vi troviamo a
giocare per terra come i bambini, le pergamene sono una scusa.
Risero
ancora, quella serenità che per tenti anni era stata negata a quella casa ora
era un’ottima ricompensa.
Vedendo
uscire i genitori la piccola si attaccò alla gamba del papà, quasi piangendo.
Sa:
perché andate via? Voglio venire anche io!
S:
lo sai che non puoi! Questa serata è solo per mamma e papà! E poi domani
festeggiamo il tuo compleanno, quindi a nanna presto e controlla Angel e Giles
che non facciano disastro.
La
piccola si staccò dalla sua gamba , asciugò le lacrime e assunse la stessa
espressione che aveva Buffy quando aveva una missione. Spike le diede un bacio.
Come amava le due donne che aveva vicino.
Uscirono
e incrociarono Giles che arrivava, senza pergamene me con il gelato.
Si
incamminarono verso il cimitero, sorridendo all’idea di due uomini dall’età media di 150 anni, piegati ai
voleri di una bambina di quattro anni.
S:
speriamo che non ci distruggano la casa, come l’ultima volta.
B:
già ti ricordi l’anno scorso? Abbiamo trovato Sarah che dormiva e loro che
giocavano con un trenino.
S:
si, chissà dove l’avevano preso poi quel trenino.
B:
ricordi ancora la nostra prima serata speciale?
S:
come potrei dimenticarla, per la prima volta mi hai dato del fastidioso.
La
cacciatrice gli diede un leggero pugno sul braccio.
S:
dai scherzavo, ricordo ogni istante di quella notte – e mentre parlava le
circondò la vita con le braccia.
B:
e mi trovi ancora attraente come allora?
S:
di più, ogni giorno che passa sei sempre più bella e io sempre più innamorato
di te. – la baciò per confermare le sue parole.
Dopo
un momento che sembrò lunghissimo, si staccarono giusto in tempo per evitare
l’attacco di un paio di vampiri. Senza molta fatica se ne sbarazzarono in
fretta.
B:
mi piace questa cosa della nostra serata speciale.
Ogni
anno infatti, da quando si erano dichiarati i loro sentimenti, in quella notte
tornavano ad essere solo il vampiro e la cacciatrice. Niente mamma e papà, o
marito e moglie. Solo cacciatori e amanti. Si vestivano come un tempo e
ricordavano chi erano prima di avere una famiglia e altri doveri, e chi in
verità sarebbero per sempre stati. Non c’erano più sacri doveri, c’era Faith e
Angel che facevano la ronda. Avevano una vita “normale”, anche se ogni volta
che lo dicevano ridevano. Ma quella notte era solo loro, di Buffy e Spike,
della cacciatrice e del vampiro.
S:
pochi demoni questa sera.
B:
avranno guardato il calendario, forse hanno più paura di noi che di Angel e
Faith.
S:
e fanno bene! Noi siamo i migliori. Noi siamo pericolosi.
B:
beh mio bel vampiro, dato che non c’è lavoro perché non mi porti alla tua
cripta, e mi mostri quanto sei pericoloso. – disse guardandolo maliziosa.
S:
non chiedo di meglio. Sei pronta cacciatrice ad ore di dura lotta?
B:
sempre!
La
porta della cripta si chiuse alle loro spalle e il mondo che aspettava fuori si
sarebbe fermato per quella notte. Come molti anni prima la sera li lasciò
abbracciati. Quel momento era loro, era per il loro amore, era delle loro anime
gemelle.