Fanfiction
ospitata per gentile concessione del Bloodylove
in attesa di riuscire a rintracciare l'autrice.
A
SENTIMENTAL JOURNEY
Di Sara
Sommario: fine della VI stagione.
Shipper: B/S, ma non solo
Rating: ok ok, io a 14 anni leggevo di peggio, ma mi astengo
dal portare altri sulla cattiva strada: almeno 17 anni
Spoiler: qualcosa della settima?
Disclaimer: Tutto di Joss Whedon, della Mutant Enemy, purtroppo della Fininvest che a quanto pare non se
ne rende ben conto. E ovviamente mio. (Avvertenza per
i “colleghi” fanwriter:
la ricercatrice italiana è mia, ma la potete riutilizzare, se vi sta simpatica.
Solo, avvisatemi, sono affezionata alle mie creature!)
Feedback: si grazie. A
diasprorosso@hotmail.com
Capitolo I
Capitolo II
Capitolo III
Capitolo IV
Capitolo V
Capitolo VI
Capitolo I
Di notte, e in mezzo l'oceano
Finalmente. Non ne poteva più di tutto
quel sole. E adesso di nuovo la tragedia del viaggio. Lungo, a brevi tappe,
tutto per rinviare al massimo il momento del ritorno. Come avrebbe potuto
guardarla di nuovo in faccia?
No, il problema non si poneva, Lei,
semplicemente, non lo avrebbe voluto vedere, probabilmente l'unica cosa che
desiderava era ucciderlo. E probabilmente era l'unica cosa che desiderava anche
lui.
Il senso di colpa l'aveva dimenticato.
Ricordava solo certe esaltazioni sentimentali, per il resto non gli era mai
sembrato d'aver perso chissà cosa. Finché non era arrivata Lei, e la sua vita
così spettacolare e selvaggia all'improvviso era diventata qualcosa di cui
vergognarsi, qualcosa da farsi perdonare e per cui essere rifiutati. Lui che
per più di un secolo aveva avuto tutto quello che voleva senza chiedere.
Semplicemente, se l'era preso, aveva afferrato il mondo per il collo e ne aveva
succhiato tutto ciò che gli serviva. Letteralmente.
Alla fine aveva tentato di fare lo
stesso anche con Lei. No, non l'avrebbe mai perdonato. E ora a lui interessava
soltanto questo, il perdono di qualcuno a cui aveva fatto del male. Perché
erano troppi quelli a cui ormai non lo poteva più chiedere.
L'aereo si alzò dalla pista, Il Cairo
splendeva sotto di lui. Città perfetta per nascondersi, città in cui non
facevano troppe domande. Un disastro partire per l'Europa dall'Africa in quel
momento, i controlli ai documenti erano moltiplicati, e il suo era talmente
falso.. Aveva fretta il giorno della partenza,
semplicemente non aveva avuto il tempo. Dall'Europa sarebbe stato tutto più
semplice, ma qui aveva dovuto mettersi in contatto con un sacco di esseri dei
cui favori avrebbe fatto volentieri a meno. Aveva appena riavuto l'anima e già
rischiava di corromperla con le cattive compagnie: le vecchie abitudini son
sempre dure a morire. Sarebbe arrivato a Roma, di lì, basta
aerei e controlli per un po', almeno fino a quando si sarebbe sentito
pronto per tornare. Ora no, era troppo presto.
Accanto a lui una ragazzina dormiva.
La invidiò: sarebbe stato bello staccare la mente per un pò.
Aveva lunghi e soffici capelli biondi. La fitta al cuore arrivò subito, e lì
rimase. Chissà se Lei stava un po' meglio. Chissà se s'era ripresa. Il
Mediterraneo, scuro e lontano, riposava sotto le nuvole.
La luna splendeva su Sunnydale, Dawn stava alla
finestra della sua camera. Avrebbe dovuto finire la relazione per il giorno
dopo, ma tutta quella luce l'aveva distratta. Sua sorella non accennava a
tornare, e non era uscita del migliore degli umori. Del resto ormai era così da
tanto di quel tempo. Da quando l'avevano riportata indietro non l'aveva più
vista sorridere davvero. Sembrava del tutto impegnata nel suo ruolo di
salvatrice del mondo, come se fosse l'unico motivo per cui valesse la pena di
rimanere lì, tra loro, le persone che la amavano. Certo, il disastro con Spike
non aveva aiutato ad avvicinarla a loro, e la dipendenza di Willow
aveva fatto il resto.
Forse in fondo aveva ragione: Spike, Anya, Giles, Willow, Tara… Se
n'erano andati tutti. Erano rimaste loro due, e Xander.
Come dire che Buffy doveva combattere da sola: e
questo non era il suo stile di caccia.
Tornò al libro, le orecchie tese ad aspettare
il rumore della porta. Le mancavano tutti, ma più di tutti Tara e Spike, gli
unici che l'avevano trattata da amica, gli unici con cui non s'era mai sentita
un grumo d'energia. Di Tara purtroppo non poteva più aspettare il ritorno, ma
lui forse.. No. Se n'era andato senza avvisarle, dopo
aver tentato di far del male a sua sorella.
Eppure l'avrebbe accolto a braccia
aperte.
Capitolo II
L’angelo di marmo
Buffo, buffo davvero. Un vampiro nella
Basilica di San Pietro.
E tutte quelle croci!
Appena arrivato in aeroporto s’era
fermato ad un caffè, in America sul cappuccino italiano giravano leggende, ed
era curioso. Al tavolo aveva trovato un depliant sulla città, e gli erano
caduti gli occhi su un’immagine della chiesa.
Non che per un londinese dell’800
occorressero depliant per sapere dell’esistenza di San Pietro. Quando
era ragazzo aveva letto così tanti racconti di viaggi in Italia che gli
sembrava di conoscerla come conosceva la sua vecchia Inghilterra.
E poi c’era quell’altra
cosa. La religione cattolica, per quanto ricordava, aveva un sacramento, la
confessione. E la sua anima avrebbe proprio avuto bisogno di un qualche
perdono. Certo, non poteva farlo. Non poteva sedersi davanti ad un prete e
dirgli: “Buongiorno, sono un vampiro, ho ammazzato gente per
divertimento negli ultimi 120 anni, ma, dato che ho
appena riavuto la mia anima e me la sono ritrovata davanti ben sporca di
sangue, avrei bisogno che lei le desse una bella mano di bianco lasciandomi
usufruire di un sacramento a cui non avrei neppure diritto. Già, perché, a mio
tempo, ero anglicano. Sa, quelli che alla confessione
non ci credono”.
Ma neppure poteva mentire. Non se
voleva confessarsi.
Eppure, appena la luce del giorno era
calata, aveva lasciato l’aeroporto e si era diretto verso
E adesso stava nascondendosi in mezzo
ai turisti, tutti davanti a quella scultura della Vergine. Bellissima,
commovente. Si era dimenticato certe emozioni, quel dolore sordo di fronte alla
bellezza.
Si allontanò, troppa gente, e sentir
parlare un accento slavo ancora gli faceva scorrere brividi lungo la schiena. E
gli ricordava Drusilla.
La chiesa era immensa, ma all’improvviso
si sentì attratto da quello che gli pareva un monumento funebre. Gli sembrava
di ricordare quell’immagine, in un’incisione
appesa nel salotto di Cecily. Che strano, essere
assalito da tutti quei ricordi proprio in un luogo in cui non era mai stato
prima.
Chiese ad un uomo che gli stava
accanto di che cosa si trattasse:
“il Monumento agli Stuart del
Canova. Splendido, vero?”
“Già. Grazie”.
Un angelo piangeva affranto,
nascondendosi il volto. Si, era splendido.
Il confessionale era scomodo, ma rassicurante. Al di là della grata la voce del
prete suonò paterna, e Spike si sentì vagamente ridicolo. Cosa stava facendo,
lui, in ginocchio!
“Dimmi, figliolo”
“Mi scusi, non so che m’è preso,
non sono neppure cattolico”
“Forse, un momento di sconforto..”
“Mi scusi, davvero”
Fuori, in strada, la penombra della
sera l’avrebbe protetto. Corse fino alla metropolitana,
senza fermarsi.
Doveva tornare a Londra, non era di
una confessione che aveva bisogno, non di un perdono estorto con la menzogna.
Ma doveva tornare a Londra, sulla propria tomba. Doveva tornare dove tutto era
iniziato.
“Dawn, la colazione?”
“Mangio una mela per strada, sono in ritardo! Ci vediamo stasera.”
Buffy versò il caffè nella tazza. Sua sorella sembrava
avere sempre meno bisogno di lei. Probabilmente ormai s’era
abituata, in fondo tra il lavoro e la caccia non era mai a casa. Neppure quello
le era riuscito bene.
Da quando era morta sua madre le
sembrava tutto difficile. Da quando era morta lei poi!
Se n’erano
andati tutti, Xander le rimaneva vicino solo per
abitudine, o per solitudine.
Tara le mancava, forse più di tutti.
No. Più di tutti le mancava lui, ma non riusciva ad ammetterlo neppure di
fronte a se stessa.
Troppi gli errori, da parte di
entrambi. No, non sarebbe più tornato.
Era rimasta sola.
Capitolo III
Rose
La sua lapide era ancora lì, dove la ricordava.
Però era abbandonata, e gli sembrava incredibilmente vecchia. Chissà che
effetto doveva aver fatto il giorno dopo vedere la fossa aperta..
Si inginocchiò, in silenzio. Qualcuno
aveva messo dei fiori freschi, delle splendide rose bianche, simili a quelle
che sua madre amava tanto. Un attimo: quelli erano fiori costosi, quelli erano
fiori appena raccolti, chi diavolo stava spendendo dei soldi per la sua tomba?
Guardò le altre lapidi, in quell’ala del
cimitero risalivano tutte al secolo prima, ma solo alcune avevano fiori
freschi, per forza, tutta quella gente era morta da più di cent’anni,
chi poteva ricordarsi di loro!?! Di sicuro nessuno di
vivo.
Guardò meglio, tra i fiori sulle altre
tombe riconosceva altre rose come le “sue”. Non
gli diceva niente di buono.
“Buonasera”
La voce era morbida, ma l’accento
pesante. L’italiana era giovane, sulla trentina, i capelli
cortissimi, quasi militari, scuri come la carnagione olivastra imponeva. Non
era bellissima, ma lo sguardo era ipnotico. Aveva l’aria
di voler dire qualcos’altro.
“Buonasera”
“Pensavo di essere l’unica a
venire qui a questi orari.”
“In effetti il tramonto non è il momento più confortante per una
visita al cimitero.”
“Confortante? No, credo che non lo sia per molti. Ma
qui non vedo pericoli. E’ dei vivi che bisogna aver paura”
La guardò meglio. Sorrideva in un modo
strano.
“Mi scusi, ora devo proprio andare.”
“Le piacciono le rose antiche?”
Si fermò. Quella donna doveva saperne
qualcosa, ed aveva l’aria di chi non aspettava altro
che poterglielo dire. Tornò sui suoi passi e le si mise davanti.
“Piacevano a mia madre. Lei chi è?”
“Buffa reazione, volevo farle la stessa domanda. Anche
se credo di sapere la risposta. Ma forse mi sbaglio”
Continuava a sorridere, e la cosa
aveva l’aria di essere rischiosa. Lei era umana, lo sentiva,
ma era pericolosa, e non capiva le sue intenzioni.
“Sì, di certo si sbaglia”
“Io sono una ricercatrice. E qui vede quasi tutti gli oggetti
della mia ricerca”
E con un gesto del braccio indicò le
lapidi. Le era vicino, e riconosceva il profumo di sandalo. Strano profumo per
una donna, ma pareva adatto.
Oh, a che diavolo stava pensando,
forse era una pazza furiosa a caccia di vittime in un cimitero, e lui pensava
al suo profumo.. Bè, non lo
avrebbe certo potuto uccidere più di così.
“Ricercatrice? Di cosa, scusi, qui vedo solo tombe. Studia lapidi?”
La risata era bassa, appena accennata
in un sorriso ironico. Lo guardò seducente. Già,quello
era proprio fascino, e in abbondanza.
“Mi occupo di ricerche storiche. In particolare, sto
studiando ormai da un anno di una strana epidemia che colpì questa zona di
Londra nel
“Epidemia?”
“Così pare. In pochissimo tempo morirono molte persone,
tutti giovani sani, tutti morti di notte, fuori casa. E ritrovati con strani
segni sul collo. Pensi che all’epoca si pensò
a dei vampiri!”
Spike cercò di fare un’espressione
tra lo scettico e il divertito.
“In effetti le stranezze non sono poche. Soprattutto in un caso.
Pensi che la tomba di una delle vittime fu profanata
la notte stessa del funerale, il corpo venne sottratto e mai più ritrovato.
Quello è il caso che ho studiato di più. Sono riuscita perfino a ritrovare un
ritratto a carboncino del morto, e a risalire alla sua abitazione. Ovviamente
la casa non c’è più, ma lì vicino c’è un
bellissimo giardino, che risale proprio all’epoca di
cui mi sto occupando. E’ lì che raccolgo le rose.”
“Allora è lei che..”
“A forza di leggere di loro mi ci
sono affezionata. Mi pareva
carino, pensi che se la ricerca porterà a qualcosa di interessante potrebbe
essere il mio primo lavoro pubblicato.
Dovevo pur
ricambiare.”
“A me pare un po’ lugubre”
“Può sembrare, in effetti”
“Bè, la ringrazio, ora devo proprio andare. Arrivederci.”
Non aspettò il saluto, era meglio fare
in fretta, non aveva proprio voglia di sapere come la sua storia avrebbe fatto
la fortuna di qualche squallido editore. La fortuna..
No, alla fine l’avrebbero letta giusto un paio di bibliotecari
ammuffiti. Ecco, sarebbe stato divertente spedirne una copia all’inglese.
“William?”
Si voltò, d’istinto.
E si maledisse immediatamente di fronte alla faccia di lei, evidentemente
sorpresa. Le aveva confermato un sospetto, e adesso? Negare, negare tutto.
“Scusi, come mi ha chiamato?”
“Lei si è voltato”
Ora l’espressione
era di trionfo. Le si avvicinò a grandi falcate.
“Mi sono voltato perché l’ho
sentita parlare, e qui siamo solo io e lei.”
Sembrava una minaccia. Meglio. Avrebbe
lasciato perdere. Lui era un estraneo, con fare minaccioso, e lì non c’era
nessuno. Lui non poteva aggredirla, ma lei non lo sapeva. Forse l’avrebbe
spaventata abbastanza.
“Già. Solo io e lei. Ma lei si è
voltato”
Evidentemente non la spaventava
abbastanza. Come era potuto cadere così in basso, una volta gli bastava lo
sguardo giusto e le donne fuggivano terrorizzate. Da vivo gli bastava di meno,
ma quello non era così piacevole da ricordare..
“Perché mi ha chiamato William? Io non mi chiamo
William, e noi non ci siamo presentati.”
“Lei è identico a quel disegno. Se vogliamo escludere
i capelli. E quella lapide, quella su cui era inginocchiato. E’
quella di William. L’unico cadavere mancante.”
“Lei è pazza.”
“No, non lo sono. E tu.. tu
sei un vampiro.”
Il paletto era proprio lì, a un
centimetro dal suo petto, appuntito abbastanza da fargli scorrere un brivido
lungo la schiena. Lei lo guardava negli occhi, sprezzante, un sorriso
soddisfatto e l’aria di chi ha vinto la lotteria.
Sopravvivere agli attacchi di tre
cacciatrici per finire vittima di una storica a caccia di best seller! Si, proprio in basso..
“Che vuoi fare con quel paletto?”
“Oh, niente di grave, mister morto vivente. Solo un
accordo”
“Un accordo?”
La ragazza allungò un dito a
sfiorargli il viso, lo fece scorrere lungo la cicatrice sulla fronte, per
posarlo sull’angolo delle labbra.
Nonostante la situazione, Spike si
lasciò decisamente distrarre dalla cosa. Forse non cercava un best seller..
La mano di lei si impossessò
violentemente della sua nuca, abbassandogli la testa come per baciarlo. Il suo
respiro caldo gli sfiorava la bocca, gli occhi scuri fissi nei suoi:
“Voglio diventare come te.”
Capitolo IV
Notturno con vampiro
“Buffy, cos’hai, ti sto parlando!”
La cacciatrice si voltò trasognata
verso la sorella: chissà perché aveva alzato la voce..
Aveva alzato la voce?!?
“Dawn, è meglio essere chiare su questo punto, questo non
dovrebbe essere il tuo tono quando mi parli… Almeno, non
quando nell’altra stanza c’è un assistente sociale, per
favore, facciamo almeno finta di essere una famiglia normale, dove io oltre ad
essere la tua sorella maggiore sono anche il tuo tutore, sai quello strano
personaggio a cui tu dovresti obbedire? Ti prego, sai che..”
“Hai finito?”
Lo sguardo della più piccola era
proprio quello che non ci voleva.
Ormai era cresciuta, e sarebbe stato
sempre più difficile. Buffy aveva una gran voglia di scapparsene da qualche parte ad aspettare la maggiore età
della sorella.
“Dawn, davvero, non mi pare il caso di..”
“Senti, non so a cosa stessi pensando, ma il caffè è
pronto da un pezzo, e di là ormai mister comesichiama
mi sta facendo il terzo grado. Probabilmente pensa che tu abbia dei problemi
seri, dato che sei scomparsa da trenta minuti. E spero, sottolineo spero, che
non mi abbia sentita chiamarti per ben cinque volte prima di avere la tua
attenzione, perché potrebbe credere di avere ragione. Ora, torni in salotto con
me o preferisci restare qui a meditare sul senso cosmico del bollitore?”
Gli occhi verdi della cacciatrice
erano sgranati: a cosa stava pensando?
“E quindi ti chiami?”
“Spike”
“No, questo davvero non può essere un nome.”
“William?”
“Andiamo meglio.”
Il paletto era appoggiato sul tavolo,
abbastanza lontano da lui per non poterlo afferrare, abbastanza vicino a lei
per spaventarlo. Le corde che lo legavano alla sedia in compenso erano ben
strette, e lei pareva soddisfatta del suo lavoro mentre lo guardava come
valutando la situazione. La testa gli sarebbe scoppiata per la nausea: quella
donna doveva essere davvero a caccia di un vampiro per avere tutto quell’aglio
già pronto, molto di più di quanto ne sarebbe bastato per farlo girare al largo
da lì.
Era stato un idiota, avrebbe dovuto
tagliare la corda subito, appena lei gli aveva parlato delle rose, non avrebbe
mai dovuto voltarsi, non avrebbe dovuto cadere in
quella trappola. Ma era stato un idiota, e adesso era lì.
“Allora, capiamoci.. William.
Inizio questa ricerca un anno fa, e lo faccio pensando che si tratterà di una
cosa noiosa, ma che tanto la gente ci si sollazza sui fatti di sangue, e che
quindi potrei cercare di raschiare un po’ il fondo con le possibili
risposte a quello che mi sembrava un semplice caso di mania omicida. Il che già
sarebbe stato più che interessante, dato che il primo serial killer di cui ci
si è occupati è il caro Jack. E tu capisci che questo mi permetteva di far
risalire nel tempo il fenomeno..”
“Sì, hai ragione, tutto
questo è mortalmente noioso”
Le corde stringevano davvero troppo, e
iniziava ad aver fame.
Lei sorrise, e continuò:
“Un po’ di pazienza, ho bisogno di
spiegarti tutto per bene. Insomma, arrivo qui, inizio
a lavorare sui documenti dell’epoca, sui fascicoli della
polizia, e inizio ad avere dei dubbi. Nei fascicoli mi ritrovo sempre qualche
testimone che racconta di strani personaggi visti con le vittime poco prima
della loro scomparsa. Nell’insieme riesco a risalire ad un
gruppo, due donne ed un uomo, giovani, belli, misteriosi.
Tranne che per le ultime vittime. Lì compare un altro uomo, più basso dell’altro,
meno massiccio, non viene mai visto da solo.. E questo
tizio compare proprio nelle testimonianze che seguono alla sparizione di uno
dei cadaveri delle vittime. Il tuo.”
E adesso? Avrebbe dovuto negare ed
accusarla di essere una pazza? E se lei avesse fatto delle prove per verificare
la sua ipotesi? Sapeva dei paletti, se avesse saputo anche del resto? Se avesse
provato a tirare le tende e a lasciare entrare la luce del sole nella stanza?
Ormai mancavano poche ore all’alba. E poi aveva fame..
“Continuo ad annoiarmi..”
“Certo che per l’età che hai pazienza zero, eh?
Insomma, data la natura delle ferite, date le modalità degli omicidi, dati gli
indizi raccolti, inizio a chiedermi se per caso non possano essere vere le voci
che girarono subito dopo la tua scomparsa, e che vennero riportate da qualche
giornale popolare già all’epoca. Sai, qualcuno già lo
pensava, che tu fossi diventato un vampiro. Del resto, scomparire così dalla
tomba proprio mentre nel tuo quartiere la gente muore dissanguata, non è
proprio un sistema sicuro per nascondersi..”
“Chi ti dice che mi interessasse nascondermi? Per noi
non era necessario.”
“Noi? Parlami di loro”
“Scordatelo”
“Allora parlami di te. Sai, sono curiosa. Che hai
fatto in questi ultimi 123 anni? E cosa ti ha spinto a tornare sulla tua tomba?”
Mister comesichiama
stava affondato nella poltrona, in salotto, a prendere appunti sul suo taccuino
con una terribile faccia da avvoltoio.
“E quindi, signorina Summers,
lei lavora come..?”
“Consulente, consulente scolastica. Vede, mi sembrava
una bella opportunità, anche perché lavoro nella scuola di Dawn,
così posso profittarne per seguirla più da vicino, controllare il suo andamento
scolastico, verificare direttamente se ha problemi d’inserimento..”
Fai la faccia da brava mamma Buffy, ce la puoi fare, è solo un burocrate, e tu hai
affrontato di peggio in vita tua.. Appunto, hai
affrontato troppo di peggio, di come si affrontano i burocrati non ne sai
proprio niente.. Fai la faccia da corn flakes mattutini e torta di mele la domenica, su su, ce la puoi fare..
“Di certo sono ottime intenzioni, signorina, ma non ha
paura di soffocarla un po’?”
Cosa cosa cosa?
Ma perché ogni volta qualcosa non deve funzionare?
“Scusi?”
“Voglio dire, Dawn sta
crescendo, è un’adolescente, e lei sa quanto tendano a rivendicare i
propri spazi. Voglio dire, è lodevole da parte sua tanto impegno, e
probabilmente nel suo essere così.. diligente, ci sta
dietro il fatto che lei sia così giovane. Ma le assicuro, la pedanteria
danneggia qualunque genitore, anche se è giovane come lei.”
Oddio.. Le
avevano dato della madre oppressiva. Doveva essere per il taglio dei capelli.
“Ma guardi, Dawn sa che so
divertirmi, non sono così rigida, voglio dire, ci divertiamo..”
“Signorina, o fa la madre o fa la sorella maggiore, ma
deve dare a Dawn dei riferimenti precisi, quindi ne
tenga conto. E se non sa cosa fare, cerchi di ricordarsi quali erano i suoi
problemi a quell’età. Del resto non le dovrebbe riuscire molto
difficile, non è poi passato tutto questo tempo”
“Già.”
“Ora mi scusi, devo continuare il mio giro. Mi sarebbe
piaciuto chiederle altre cose, ma Dawn
ed io abbiamo parlato parecchio mentre lei era occupata in cucina.”
Il tono dell’ultima
frase le fece abbassare lo sguardo.
“Comunque passerò tra un mese, mi farò vivo io per
fissare il prossimo appuntamento.”
“Se avesse bisogno di qualsiasi chiarimento..”
“Certo signorina Summers, certo. Arrivederci”
“Arrivederci”
Si chiuse la porta alle spalle. Non si
sarebbe mai abituata a quelle visite.
“Dawn?”
“Che c’è, è già andato?”
La ragazzina aveva in mano la solita
vaschetta di gelato al cacao.
“Dawn, quella roba ti fa male..”
“Uffa, ma devi sempre rimproverarmi qualcosa? Ho fame..”
“Se hai fame mangia qualcosa di sano. Che vi siete
detti con l’assistente sociale mentre io ero in cucina?”
Dawn si lasciò cadere sul divano, affondando il cucchiaio
nel gelato.
“Di sano non c’è rimasto nulla, dobbiamo fare
la spesa. E non preoccuparti di quello, gli ho detto che mi fai fare sempre i
compiti e che mi porti a scuola ogni mattina in perfetto orario. Non mi ha
chiesto niente dei furti, credo che non ne sapesse nulla, e io di certo non
gliel’ho detto.”
“Ok ok. Ora andiamo a fare
la spesa.” Sedendosi accanto alla sorella “Com’è
questo gelato?”
Capitolo V
Giles
“Cosa vuoi da me?”
Quella storia iniziava a stancarlo. Non
si era liberato di lei al cimitero per colpa del chip, e in fondo doveva
ammettere che era anche perché l’aveva
incuriosito. Ma ora il tutto
stava iniziando ad apparire come un deja
vu, e no, non ne aveva voglia. Fosse stato ancora William the Bloody probabilmente l’avrebbe lasciata giocare ancora
per un po’, ma non erano più giochi per lui, e continuava a
sentirla pericolosa.
“Te l’ho già detto cosa voglio. Eppure
il mio inglese non mi pareva tanto male..”
Lo guardava dritto negli occhi. Non
aveva mai smesso. Le aveva raccontato per ore della sua vita da vampiro, e lei
non aveva mai distolto lo sguardo. Non gli era mai successo. Se non altro la
ragazza aveva del carattere.
“Guarda, m’è capitato altre volte. Gente
che voleva essere vampirizzata, per via dell’eterna
giovinezza, per la forza, l’immortalità…Ma te
l’assicuro, il prezzo da pagare è alto, e non credo ne
valga la pena. Se lo dico io che sono pratico.. E poi,
non è immortalità, noi siamo già morti. Solo che ci
conserviamo bene.”
E lei, tanto per cambiare, sorrideva,
in quel modo enigmatico.
“Vedo..” lo
stava valutando come lui valutava le sue vittime. E non faceva nulla per
dissimulare. “Non è l’immortalità
ad interessarmi. In fondo ogni
uomo è un’immortale. Porta con sé secoli e secoli di storia e
può lasciare memoria di sé per altrettanto tempo. Non occorre il morso di un
vampiro per questo. Per un sacco di altre cose sì. Sono
quelle che mi sembrano divertenti.”
E adesso?
“Qui stiamo bene Giles. Solo, ci manca un po’. Mi
manca un po’. Per Dawn non posso
assicurare, non mi parla un gran che.”
La voce del suo Osservatore sembrava
dispiaciuta, dall’altra parte dell’Oceano. Già, dall’altra parte dell’Oceano.
Che si dispiacesse, l’aveva piantata lì da sola!
“Senta Giles, lo so che il Consiglio ha bisogno di
lei, e che io non sono la più affidabile delle Cacciatrici e che proprio per
questo ora le tocca dimostrare di aver fatto tutto il
possibile per ostacolarmi nel mio brutto vizio di creare casini..”
“Buffy, non..”
“Giles, la prego, non ho finito, mi lasci dimostrare
che sono cresciuta! Ora, Willow si sta riabilitando,
e intorno a me non ci sono più streghe impazzite, ex demoni della vendetta o .. amanti vampiri..”
Doveva, doveva assolutamente
concludere il discorso senza crollare per la vergogna. Sarebbe mai riuscita a
parlare con il suo Osservatore di quella storia senza bloccarsi per l’imbarazzo?
No, ma doveva ignorare la questione.
“Insomma, intorno a me non c’è proprio
più nessuno, a parte un amico dal cuore infranto e una sorella minore in piena
crisi adolescenziale. E lei può
capire quanto questo sia oggettivamente difficile.. E
mi possa distrarre dai miei compiti.”
“Buffy, io..”
“Mi ascolti, la prego! Non le sto dicendo che non ce
la faccio, anche il nuovo lavoro mi sta piacendo, insomma, non è il sogno della
mia vita, ma qualunque cosa sarebbe meglio del Doublemeat, e poi stando a scuola sto proprio sopra la
bocca dell’Inferno, e tutto il giorno in mezzo agli adolescenti
di Sunnydale, voglio dire, nel mezzo dell’azione,
così posso sempre avere il polso della situazione demoniaca… E
così tengo d’occhio Dawn..”
Oddio, lo stava trattando come l’assistente
sociale. Ma doveva proprio giustificarsi di fronte a qualsiasi maschio adulto
le capitasse a tiro? No. Solo con quelli umani. Doveva risolvere questo
problema della figura paterna, e al più presto.
“Poi lo stipendio è buono, e Xander
sta aiutandoci con la manutenzione della casa. Però, signor Giles, io mi alleno
come al solito, faccio le ronde come al solito, faccio anche le ricerche che
devo fare quando capita qualcosa di nuovo, chessò, un
demone feticista che ruba i pon pon
alle cheerleaders..”
Ecco, lo sentiva ridere. Forse era la
strada giusta?
“Però, davvero, sono sempre stata una schiappa in
quella roba, avrei davvero bisogno di qualcuno che mi desse una mano con la
teoria. E lo so che dovrei fare da sola, ma quale
cacciatrice prima di me è morta due volte, è tornata dal paradiso e s’è
ritrovata orfana, con sorellina minorenne casa fatiscente e montagna di debiti
a carico? E se l’è cavata lo stesso? Insomma, non le chiedo di venirmi
a fare da balia, semplicemente a darmi una mano con mostri e vampiri.. voglio dire, è quello che fa un osservatore, no? Ho dimostrato
di farcela da sola, bene, perché adesso non torna?”
Era terrorizzata dalla possibile
risposta. Le avrebbe fatto la solita lavata di capo.
“Buffy, posso parlare ora?”
“Ssssii..”
No, terrorizzata era poco.
Semplicemente pietrificata.
“Io volevo appunto dirti che sto per tornare.”
“E quando? La vengo a prendere all’aeroporto,
se arriva di mattina posso prendermi un giorno di permesso, e far saltare la
scuola a Dawn, oh, sarà così felice..”
“Buffy, posso finire?”
Imbarazzo..
Peggio di una bambina indisciplinata, perché la faceva sentire sempre così?
“Torno, ma perché devo sistemare un po’ di
cose. Tra cui far visita a Willow. Non potrò stare
sempre a Sunnydale. ”
Tanta delusione. Anche troppa. Se n’era
accorto.
“Insomma Buffy,
sarà diverso. Sei cresciuta, in
ogni senso. Come hai detto prima, sei matura, e hai
dimostrato di sapertela cavare. E hai bisogno di me più che altro per le
ricerche. Il Consiglio ha pensato che potrei farti da consulente, ma per questo
non servirà il contatto quotidiano. Non hai più bisogno di una guida. Ma ci
sarò quando ne avrai davvero bisogno. Però di questo non voglio parlare per
telefono. Ci vediamo sabato, va bene?”
Non sarebbe mai riuscita a dare un
tono un po’ meno deluso alla sua voce. Si concentrò sul fatto
che sabato sarebbe tornato.
“Ok, a che ora?”
No, non c’era
riuscita.
Ormai era giorno, fuori dalla stanza.
Lo avrebbe fatto impazzire.
“Puoi farmi qualunque cosa. Ma non ti darò quello che
vuoi.”
“E perché, si può sapere? Non ti piaccio abbastanza?”
Lo sguardo di lei che lo teneva fermo,
gli appoggiò tranquilla una mano sul ginocchio. La cosa, stranamente, lo turbò.
Quella donna gli faceva uno strano effetto.
“Ho smesso con quella vita. E non faccio le cose
perché le vogliono gli altri. Non è nel mio stile”
Lei abbassò lo sguardo. Forse ce l’aveva
fatta.
Di nuovo il sorrisetto ironico. No,
non ce l’aveva fatta. Ai vecchi tempi l’avrebbe
fatta fuori, quella stronza..
“Lei lo sa quanto la ami, spero..”
“Cosa?”
“Voglio dire, stai facendo questo per quella ragazza
di cui parlavi prima, no? Ti si leggeva negli occhi.”
“Si, lei lo sa”
“E apprezza?”
“Non c’è proprio niente da apprezzare”
Di nuovo quegli occhi, arroganti.
“Dio, non c’è sogno proibito più diffuso tra
le donne che il cambiare un uomo. E fin da ragazza tutti ti ripetono che non ce
la farai mai, neppure a cambiare il modo in cui il tuo uomo strizza il
dentifricio. E tu, demone assassino da più di cent’anni,
ti trasformi in uomo virtuoso e caritatevole. Come può non
apprezzare?”
“Resto un vampiro”
“Dettagli.”
Capitolo VI
Redenzioni
“Niente anima, eh? Divertente..
E basterebbe questo a decidere chi è buono e chi no? Dio mio, che spasso. Tutta
la fatica che ho fatto per imparare a stare al mondo ed è così semplice. E
spiegami un po’, che ci facevano tutta la rabbia, la passione e l’amore
di cui mi hai parlato in questa specie di mostro che avresti dovuto essere?”
“Cosa intendi dire?”
“Voglio dire: sono sentimenti. Dove stavano se non
avevi l’anima?”
“Appunto.”
“Tu sai che per un po’ di secoli
l’anima non l’hanno avuta le donne, per un
altro po’ non l’hanno avuta i “selvaggi”, e
via di seguito. Bé, alla fine si, lo sai, qualche
volta c’eri.”
“Quelle erano opinioni. Oggettivamente, io non avevo
un’anima.”
“E adesso ce l’hai. Meglio?”
“Per niente. Nel pacchetto era compresa una coscienza”
“Ah, per quella stai tranquillo, basta abituarsi. Un
sacco di gente fa come se ne fosse sprovvista. Vedrai, sarai un magnifico essere
animato. Adesso ti va un caffè? O preferisci il mio collo?”
Prima o poi lo avrebbe fatto ridere.
Era una strana donna. Alla fine le aveva raccontato anche della sua storia con Buffy, dopo tutte quelle ore era un po’ come
parlare a sé stessi, e svuotare finalmente il sacco iniziava a dargli una
specie di sollievo. Chissà, forse sarebbe stato quello il risultato se non
fosse scappato a gambe levate da quella chiesa.. No,
probabilmente il prete l’avrebbe fermato subito dopo la
prima strage, per il disgusto. E sarebbe stato del tutto controproducente.
“Hey bellezza bionda, lo vuoi quel caffè o no? Voglio
dire, non so tu, ma io inizio ad avere anche fame.”
No, non gli sarebbe mai stata neppure
simpatica.
“Stavo pensando. Mi hai legato a questa sedia, mi
minacci da ore con quel dannato paletto, mi hai costretto a raccontarti i cazzi
miei, mi puoi lasciare in pace almeno per un minuto?”
L’aria affabile di lei
immediatamente sostituita dall’insopportabile tono arrogante a
cui ormai si stava abituando.
“No, questo ti deve essere ben chiaro: chi decide qui
sono io, io decido quando e se lasciarti in pace.”
Sì, avrebbe voluto poterla ammazzare,
ma lentamente, in modo molto doloroso. Rimasero in silenzio, a guardarsi negli
occhi.
Poi lei appoggiò le mani alle sue
spalle, abbassandosi leggermente per non distogliere lo sguardo dal suo. E di
nuovo sembrò prenderlo in giro, la voce
stucchevolmente gentile: “Allora?”
“Allora cosa?”
“Non hai fame anche tu?”
“Sì. Certo, se mi lasciassi libero potrei toglierti
dall’incombenza di procurarmi del sangue fresco. Inizia ad
essere tardi, e non è così facile trovarne in posti dove non ti chiedano
spiegazioni.”
Ora gli era ad un soffio.
“Tesoro, mi pare di averti ampiamente spiegato che non
hai bisogno di procurarti altro sangue. Sono ben lieta di fornirtene io.”
Sillabò lentamente, con soddisfazione:
“No.”
Lei si allontanò con stizza.
“Bene, troverò qualcun altro disposto a farlo. E ne
sarai responsabile.”
“Cosa?”
“Bè, William, diciamo che di te mi fido abbastanza, con
tutti questi sensi di colpa e ansie di redenzione che ti ritrovi, sono sicura
che se ti decidessi lo faresti davvero. Voglio dire, pensa che divertente: tu
ti rifiuti di vampirizzarmi, trovo un altro vampiro che mi dice di sì, e poi
magari, non completa il lavoro e se ne approfitta per farsi solamente un bello
spuntino. Tutto a causa tua. Sarei morta comunque, e inutilmente. Senza la minima possibilità di redenzione.”
“Redenzione? Se diventassi come me non ne avresti
comunque.”
“Dunque. Vediamo se afferri: come ti ho spiegato,
tutti gli uomini hanno un’anima, ma non per questo sono
buoni. E fin qui credo che ci sia arrivato anche tu, voglio dire, in 120 anni e
passa..”
“Non trattarmi da idiota e vieni al dunque.”
“La differenza la fa il libero
arbitrio: gli uomini possono e devono scegliere. Sono le loro scelte a fare di loro quello che sono.
Ora, caro demone, tu hai un’anima. Ma sta a te decidere come
usarla. Certo, è bella sporca di quello che hai fatto fin qui, ma, almeno
stando a quel poco che ne so io di teologia, l’unica cosa
che può aiutarti a ripulirla un po’ sono le buone azioni. E un’azione
davvero ottima potrebbe essere ad esempio salvarmi da una fine peggiore di
quella che farei se solo mi mordessi un po’.
Potrebbe essere
anche piacevole, sai?”
“Tu sei pazza.”
“Pazzia, non c’è che dire, ma non senza un
metodo.”
“Cosa..”
“Ok, fa niente, nessun morsetto per oggi, vorrà dire
che dovrò arrangiarmi. Ma sarà un problema comunque: potresti tentare di scappare
mentre sono fuori. Certo, c’è il sole..
ma non so, magari ti basta una coperta, o magari quello che ho letto sui
vampiri e il sole non è neppure vero.”
“Lo è.”
“Capisci, vero, che in questo frangente non mi posso
certo fidare di te? No, telefonerò a un tipo che conosco e ci manderò lui. E’
abbastanza stupido e abbastanza disonesto da non chiedermi nulla se gli faccio
capire che verrà adeguatamente ricompensato per farlo.”
“Conosci gente interessante per essere una povera
ricercatrice in trasferta.”
“Ecco, adesso puoi startene in pace a pensare. Basta
che tu lo faccia in silenzio.”
Giles l’aveva a
malapena salutata. Non aveva fatto neppure in tempo a salutare
sua sorella che già s’era messo in viaggio per Los
Angeles. Doveva andare a vedere come stava Willow.
Urgentemente. Come se Willow non avesse già
abbastanza persone che si occupavano di lei. Dawn ci
sarebbe rimasta male.
La cripta era ancora lì, ancora vuota.
La impressionava saperla vuota. Clem non c’era
da giorni, le aveva lasciato un biglietto a proposito di un qualche raduno
demoniaco nel deserto. Le avrebbe salutato Anyanka,
nel caso fosse stata là.
Tutto questo avrebbe dovuto
inquietarla, mentre d’improvviso le sembrava tutto
così normale, banale.. noioso. Rise tra sé: noioso.
Una vita a lamentarsi dei suoi compiti, a desiderare ordinarie giornate da
studentessa, e adesso trovava noioso il cacciare demoni ogni notte, e occuparsi
di una sorella minore e di una casa!
Le mancava qualcosa. Forse avrebbe
dovuto ricominciare a studiare, magari dei corsi serali, tra la cena di Dawn e le ronde, un paio d’ore: da
brava madre-single stava imparando a fare miracoli con il suo tempo.
No, non le mancava qualcosa: le
mancava qualcuno, e non qualcuno a caso.
Incredibile: le bastava entrare dove
lui aveva vissuto per sentirsi costretta ad essere sincera con se stessa. Come
se lui avesse potuto sentirla e sbatterle in faccia la verità, come al solito.
Strano che lei si ostinasse a mentirgli.
Anche se lui fosse stato lì, l’avrebbe
fatto. E decise di farlo. Ad alta voce.
“Mi manca qualcuno su cui sfogare la rabbia”
“Buffy, fallo su di me. Ma ti prego, tieni conto che, io,
posso farmi male. Tutto, pur di non doverti venire a cercare di nuovo qui.”
Xander era sulla porta, con una delle sue improbabili
camicie hawaiane.
“Ok ok. Ti va di andare a
prendere Dawn e poi a mangiare qualcosa tutti e tre?
Giles non si è fermato neppure un’ora, e credo che lei ci rimarrà
molto male.”
“E tu? Come ci sei rimasta?”
“Xander, andiamo a prendere Dawn.”
“Ma dovremmo dirlo a Buffy.”
“Willow, non è ancora il momento. Del resto io non volevo
informare neppure te. Ma il
Consiglio vuole procedere.”
La strega si affacciò alla finestra.
Le sbarre chiudevano la vista su quel vicolo sporco. Probabilmente era meglio
così, le sembrava di poter sentire l’odore di quella spazzatura
attraverso il vetro.
“Willow, non è che io mi fidi ancora del tutto di te. Certo, mi dicono che tu ti sia comportata bene
finora: ma non sarà facile. E non potrai aiutare nessuno per un sacco di tempo,
forse soltanto te stessa. In condizioni normali sarei intervenuto più
duramente, ti sei dimostrata pericolosa, e di solito..”
Si voltò verso l’osservatore
“Di solito quelli pericolosi li fate fuori.”
“Già”
Gli dispiaceva dover essere così duro
con Willow. In fondo a guardarla ora gli ricordava la
ragazzina che piombava in biblioteca durante i cambi d’ora,
il piccolo genio terrorizzato dai suoi coetanei più che dai mostri della sua
amica cacciatrice. Ma quello era il passato, e non se lo poteva più permettere.
Li avrebbe uccisi. Willow voleva distruggere il
mondo, e ci sarebbe anche potuta riuscire. Alzò lo sguardo fino ad incontrare
quello della ragazza: “Ho..
Abbiamo deciso di darti un’altra possibilità. Ma dovrai
stare sotto il diretto controllo del Consiglio. In
Inghilterra.”
“Potrò salutarli?”
“Meglio di no. Domani ti accompagnerò in aeroporto.
Ora scusami, devo incontrare una persona.”
La porta si chiuse e la strega si
stese sul letto. Domani.
[continua]