By
Silea
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Normandia, decimo secolo dopo
Cristo.
La nave era imponente.
Lunga, snella, con solo le file di remi a manovrarla mentre le vele erano
ammainate aveva una presenza vagamente minacciosa. Non sorprendentemente. Era
una delle più belle imbarcazioni vichinghe che Etienne
avesse mai visto.
Non che fosse un
esperto, assolutamente, ma aveva viaggiato abbastanza lungo le coste della
Normandia da aver visto un buon numero di barche sia mercantili che non.
E questa era una
vera meraviglia.
Lo doveva essere
considerando che apparteneva ad uno dei nobili più rispettati e potenti tra i
vichinghi. I distintivi colori che esibiva erano più che sufficienti a farla
riconoscere a chiunque avesse mai sostato nei pressi di un porto. Per la prima
da quando Leo gli aveva assegnato la missione Etienne fu felice di essere stato
scelto. Il capo dei cacciatori non gli aveva detto esattamente chi erano gli
“onorati ospiti” del barone Gher, quando lo aveva
informato del suo incarico, l’avesse fatto la risposta del capo banda a tale
proposta sarebbe stata molto più entusiasta. Si trattava pur sempre di una
missione di rappresentanza ma almeno ci sarebbero stati altri guerrieri con cui
parlare.
Era noto a tutti
nel circolo dei mercenari e dei cacciatori che assieme ad Inge viaggiava sempre
quello che aveva fama di essere il miglior guerriero delle terre che si
affacciavano sul mar del Nord. Circolavano vere e proprie leggende sulla sua
forza e sulla sua abilità come cacciatore, storie così straordinarie da
risultare incredibili.
“Se soltanto un
decimo di quello che si racconta è vero probabilmente oggi incontrerò uno dei
più grandi guerrieri della storia…”
Anche le specifiche
del suo incarico avevano molto più senso ora. Quando avevano parlato nello
studio del capo dei cacciatori, Leo non gli aveva ordinato di scortare gli
ospiti del barone, come era già accaduto nel passato, ma di fargli da guida.
Ora era chiaro il
motivo di tale precisazione.
“Uno non scorta
il miglior guerriero ed i suoi compagni, uno gli
mostra il territorio…”
Etienne lanciò uno
sguardo al barone Gher aspettando che si muovesse
prima di seguirlo a qualche passo. Dietro di loro si trovavano la sua banda ed
i servi che il nobile si era portato. Era un seguito imponente anche per gli
standard di un uomo come il barone.
Etienne sapeva che
la presenza di un così grande numero di accompagnatori, e soprattutto la
presenza dei suoi Cacciatori, in effetti dei soldati
di ventura ben addestrati, in un incontro che doveva solo segnare un accordo
commerciale tra due nobili serviva solo come dimostrazione di forza. L’uomo
sperava solo che le trattative non si rivelassero troppo noiose.
“Magari accadrà
qualcosa di interessante durante gli incontri…”
Chissà perché non
ci credeva.
Erano imponenti.
“Come le loro
navi…”
La maggior parte
degli uomini scesi dall’imbarcazioni superava di tutta
la testa Etienne e gli altri normanni. Era una sensazione strana per il capo banda abituato ad essere sempre la persona più alta, od
almeno una delle più alte in qualsiasi situazione. Distrattamente lanciò
un’occhiata al resto del seguito, notando per la prima volta che, anche se non
raggiungevano la sua altezza, anche i servi scelti dal barone erano più alti
della media.
“Chissà perché
comincio a credere che non sia stata una scelta casuale…”
Gher fece un passo avanti, imitato dal capo vichingo, un
uomo anziano, in evidente soprappeso, che, nonostante non avesse lineamenti
solenni né particolarmente regali, riusciva ad avere ugualmente un’aria
autorevole, e porse il braccio in un gesto di amicizia. Era facile riconoscere
la figura di fronte al barone.
“Inge Egillsson…”
Ed alla sua destra,
nella stessa posizione in cui si trovava Etienne rispetto a Gher,
c’era il protagonista di decine di racconti che si sentivano nelle locande
della Normandia, quello che da molti veniva definito il miglior guerriero in
vita.
“E’ basso.”
Fu il primo, un po’
sorpreso, pensiero del capo banda.
“Almeno per un
vichingo.”
Con una certa
soddisfazione Etienne si rese conto che al guerriero mancavano un paio di dita per
raggiungere la sua altezza, e questo considerando i centimetri aggiuntivi
regalati dallo splendido elmo che indossava. Nonostante questo torreggiava
senza difficoltà sugli altri vichinghi. C’era qualcosa di distintivo nei suoi
gesti, una sicurezza, una potenza del tutto naturale a cui gli altri
rispondevano. La deferenza con cui lo trattavano era stata evidente già durante
le operazioni di sbarco.
Con interesse
Etienne notò che alla sua cintura era fissata una spada dall’elsa intarsiata e
il suo petto era coperto da una cotta di maglia finemente lavorata. Un
armamento molto costoso e prerogativa generalmente solo
di nobili personaggi. L’uomo davanti a lui doveva godere di un prestigio non
indifferente fra i suoi conterranei.
-Kai.
Si presentò il
guerriero porgendo il braccio.
-Etienne.
Fu la risposta del
normanno.
Era noioso.
L’interno raduno
era noioso.
“Ci dovrà pur
essere qualcosa da fare…”
Etienne si aggirava
per il campo al limite della disperazione. Dentro la tenda più grande Gher ed Inge Egillsson stavano
discutendo i particolari dei trattati commerciali che volevano sottoscrivere.
“Cinque
giorni. Cinque giorni e
non riescono a raggiungere un accordo…”
Esasperante non
cominciava a descrivere il contenuto di quelle discussioni, meticolose fino a diventare
pedanti, lunghe abbastanza da sembrare infinite, così piene di falsa cortesia e
linguaggio diplomatico da necessitare di una traduzione per essere comprese.
Etienne aveva presenziato alla prima seduta, tenuta il pomeriggio stesso dello
sbarco, e l’esperienza gli era stata sufficiente a dare forfait alla successiva
ed a tutte quelle che erano seguite.
Kai, evidentemente più esperto di lui in situazioni
diplomatiche, non si era presentato neanche per la prima.
“La sua assenza
mi avrebbe dovuto mettere in allarme…”
Così, dal giorno
successivo i due gruppi di guerrieri si erano ritrovati con intere giornate da
occupare in qualche modo, con il solo obbligo, imposto ad entrambi i comandanti
dai rispettivi signori di non scontrarsi direttamente.
“Potrebbe dar
vita a cattivo sangue…”
Aveva detto Gher. Etienne aveva annuito nonostante l’unica parola che
gli veniva in mente per descrivere l’ordine era “ridicolo”. Così i due gruppi
di guerrieri si erano addestrati da soli per ore prima di ritrovarsi per la cena
riuniti attorno allo stesso fuoco.
“Per stringere
amicizia, o perlomeno conoscersi abbastanza da rispettarsi.”
Come ordine non era
stato sbagliato.
Avevano cominciato
a scambiarsi delle storie durante la cena. La barriera linguistica era stata
superata grazie a Dag, uno dei guerrieri vichinghi,
l’unico a parlare fluentemente entrambe le lingue. I due gruppi si erano
alternati nel narrare e la serata era passata in fretta, come le successive.
Il problema era
trovare un modo per occupare i giorni, uno poteva addestrarsi solo per un certo
numero di ore prima di annoiarsi a morte. Così, di comune accordo, Etienne e Kai avevano deciso di esplorare assieme ai propri uomini la
zona attorno all’accampamento, appositamente stabilito lontano dalle cittadine
della costa.
“Serviva una
zona neutrale.”
Era stato il
commento di Gher.
I due giorni
successivi avevano organizzato delle partite di caccia per procurare carne
fresca all’accampamento, cervi, conigli avevano dato la caccia a qualsiasi
animale. Ora le dispense erano colme. Il cuoco aveva minacciato di dare ad
Etienne cibo avvelenato se il flusso di cacciagione non fosse immediatamente
cessato.
“Ci sarà pur
qualcosa da fare per oggi…”
Un grido attirò
l’attenzione di Etienne.
Una delle sentinelle
aveva bloccato quello che sembrava uno contadino.
Felice per la momentanea distrazione il capo banda andò verso i due uomini,
adesso impegnati in una discussione abbastanza burrascosa.
-Cosa sta
succedendo?
Chiese Etienne non
appena fu sufficientemente vicino.
-Nulla signore.
Replicò la
sentinella con uno sguardo seccato ed una scrollata di spalle. Dietro di lui
l’uomo continuava ad agitarsi, gli occhi spalancati intento a mormorare fra se
e se. Con la coda dell’occhio Etienne notò che anche Kai
e Dag si erano avvicinati.
-Quale è il tuo
problema, uomo?
Chiese il
Cacciatore rivolgendosi al pastore.
-Signore, un
gigantesco orso sta tormentando il mio villaggio da settimane, i raccolti
vengono distrutti, i campi devastati, ed ora sono scomparsi anche un paio di
vitelli del mio gregge, signore dovete fare qualcosa per aiutarci prima che
quella bestia ci mandi in rovina…
L’uomo sembrava
veramente disperato. Ed a giudicare dall’improvviso interesse che Kai aveva mostrato non appena Dag
aveva finito di tradurgli le parole del pastore, probabilmente non gli sarebbe
dispiaciuto andare a caccia di qualcosa di più pericoloso di un cervo. Ma non
aveva importanza, anche se i vichinghi non si fossero mostrati interessati alla
nuova battuta, Etienne aveva tutta l’intenzione di cogliere la possibilità di
lasciare l’accampamento per qualche giorno.
-Aspetta qui.
–Disse il Cacciatore con un mezzo sorriso. L’uomo annuì una volta, calmandosi
alla notizia. –Organizzerò i miei uomini e vedremo di dare la caccia a questo orso.
Non
sorprendentemente Kai e la sua squadra di guerrieri
vichinghi si erano uniti alla spedizione. Sorprendentemente non c’era voluto
molto a convincere il barone della necessità della partita di caccia una volta
scoperto che anche i vichinghi volevano farne parte. Stessa cosa era accaduta a
Kai. Sembrava che sia Egellisson
che Gher fossero soddisfatti degli sforzi che i due
gruppi di guerrieri stavano facendo a favore dello stabilirsi di un qualche
affiatamento tra i loro uomini e dell’evidente riuscita di essi.
“Qualsiasi cosa
per migliorare il rapporto tra i nostri due popoli…”
Al Cacciatore non
interessava il motivo, ma l’idea di avere con sé quello che era giudicato da
molti il miglior guerriero del tempo, e la sua squadra scelta, anche in quella
che era solo un partita di caccia, non gli dispiaceva
affatto.
Finalmente dopo una
giornata di cammino, visto che per cortesia nei riguardi dei vichinghi, nonché
per impiegare più tempo, Etienne ed i suoi uomini avevano lasciato al campo i
cavalli, il gruppo arrivò al villaggio, anche se una descrizione di “manciata
di capanne” non gli avrebbe fatto alcun torto.
Tacitamente avevano
deciso di aspettare l’alba del giorno dopo per cominciare a cercare le tracce
dell’orso, preferendo usare le ore prima del tramonto per procurarsi la cena e
prendere accordi con i locali per l’alloggiamento. Nessuno di loro aveva fretta
di tornare al campo base ed alle trattative diplomatiche.
La zona da battere,
quella appena oltre i limiti dei campi coltivati, era formata da un centinaio
di metri boscaglia rada con un terreno duro cosparso di pietrisco e lastre di
pietra affioranti sulla superficie. Con l’allontanarsi dal villaggio la
boscaglia diventava un bosco fitto, il suolo ancora pietroso oltre ad essere
coperto da arbusti, fronde e ramoscelli, strappati dagli alberi soltanto un
paio di giorni prima, durante un violento temporale.
Non la migliore
combinazione per cercare tracce.
L’urlo che squarciò
il normale silenzio proveniva dalla loro destra, non troppo lontano, nella zona
battuta dai vichinghi.
Era un urlo
straziante, chiaramente uno di dolore e sorpresa.
Etienne ed i suoi
cacciatori si scambiarono solo uno sguardo prima di correre verso il suono, le
lance pronte ad essere usate, e tutti i sensi tesi a cogliere la più piccola
informazione sulla posizione dell’orso.
Al primo seguì un
altro urlo.
Etienne allungò il
passo, seguito dagli altri.
Ci volle solo un
paio di minuti per raggiungere il posto da cui provenivano le urla. Non sorprendentemente,
anche se il bosco si faceva più rado, non si ritrovarono esattamente in una
radura.
La scena che
trovarono li fece esitare per un istante sul limitare dello spiazzo.
A terra c’era uno
dei vichinghi, un uomo grosso dai capelli lunghi ed i lineamenti decisi, da
guerriero, evidentemente ferito. Nonostante una gamba piegata ad un angolo
innaturale stava tentando disperatamente di allontanarsi dall’orso che
torreggiava su di lui, entrambe le zampe anteriori alzate, pronte a colpire con
gli artigli e la lancia del vichingo piantata nel
torace, chiaramente non sufficiente per fermarlo.
“Un brutto
colpo… ha mancato tutti gli organi… e lo ha ferito… abbastanza da farlo
infuriare…”
Pensò
spassionatamente Etienne.
La bestia ruggì,
quasi urlò, e si scagliò contro l’uomo che si stava trascinando con le mani
cercando di aggrapparsi disperatamente a qualcosa, quasi stesse affogando in
mezzo ad un mare.
L’istante di pausa
fu sufficiente ad Etienne per valutare la situazione e capire che non sarebbe
mai potuto arrivare in tempo per salvare il vichingo, e che l’orso era troppo
lontano da lui per sperare di colpirlo scagliando la lancia.
Poi accadde
qualcosa di inaspettato.
Una figura uscì
dalla fitta boscaglia dal lato opposto dei cacciatori, diretta verso i due. Era
veloce, molto più qualsiasi uomo Etienne avesse mai visto correre . Lo riconobbe facilmente.
Come sempre aveva
l’elmo, come sempre indossava a cotta di maglia ed al suo fianco aveva la
spada.
“Kai.”
Il vichingo neanche
rallentò.
Piantò la propria
lancia nell’orso, ma non fermò la propria corsa, né cercò di evitarlo.
Caricò direttamente
l’animale, afferrandolo e sollevandolo di peso per scagliarlo ad un paio di
metri di distanza.
“Impossibile…”
Pensò Etienne.
Era impossibile,
nessun umano poteva sollevare di peso un orso.
Nessuno poteva
sollevare a quel modo più di cento chili di carne e muscoli con tanto di zanne
ed artigli.
Stavano arrostendo
la carne sul fuoco.
Un caldo,
confortevole fuoco.
Etienne non si
sentiva particolarmente confortato, anche se quella che stavano cucinando era
la carne dell’orso e Dag, il guerriero ferito, se la
sarebbe cavata con un paio di nuove cicatrici.
Continuava a
lanciare occhiate nervose ed incuriosite verso Kai.
Non sapeva come reagire, né tanto meno sapeva come agire. I suoi uomini, anche
loro perplessi, sedevano in silenzio attorno al fuoco, distrattamente
concentrati sulle fiamme.
Il fatto che il
vichingo fosse capace di sollevare un orso di peso, affrontarlo a mani nude ed
ucciderlo spezzandogli il collo non era neanche stata la sorpresa più
sconcertante della giornata.
No, quella era
stata quando Kai si era tolto l’elmo per tergersi il
sudore.
Ed i cacciatori
avevano scoperto che non avevano di fronte il più forte guerriero della loro
generazione, ma una donna.
“Impossibile…”
Lo stava dicendo
veramente troppo oggi.
Lo aveva fatto
anche quando Kai si era tolta l’elmo.
Quella era stata
un’esclamazione, quasi un urlo a dire il vero.
Fu la presenza di Dag al suo fianco che lo distolse dai propri pensieri.
Sembrava che alla fine i vichinghi avessero deciso che era arrivato il momento
di dargli delle spiegazioni.
-Come è possibile?
Esordì un po’
brusco Etienne, ancora incredulo davanti a quanto aveva visto.
“Devo smetterla
di ripeterlo…”
-Non è la prima
volta che affronta un orso in questo modo.
Fu la replica
accompagnata da una scrollata indifferente delle spalle. Il vichingo aveva
interpretato male la domanda, e lo aveva fatto apposta.
-Ma è una donna.
Osservò Raniero
dall’altra parte del fuoco, sconvolto all’idea.
-E’ il miglior
guerriero della nostra generazione.
Fu la replica,
anche se suonava più come una constatazione.
-Cosa è?
Chiese alla fine
Kenneth, un altro dei cacciatori riuniti attorno al fuoco, sbrigandosi a farsi
il segno della croce quando gli occhi di Kai
incontrarono i suoi per un istante.
Gli occhi di Dag si strinsero per un attimo, la collera evidente sul
volto.
-E’ Kai, discendente della linea di Hildr.
Ancora una volta
non rispondendo alla domanda fatta. Kenneth distolse lo sguardo, ma una mano
gli corse sotto la veste, verso il crocefisso che portava.
-Come può riuscire
a fare quello che ha fatto?
Chiese alla fine
Etienne.
Passarono un paio
di minuti prima che Dag rispondesse.
-Si narra che
alcune donne, alcune guerriere, accompagnino la anime
degli eroi morti nel Valalla ad aspettare il Ragnarök.
-Le valchirie.
Disse Etienne.
Dag annuì.
-Lei diventerà una
di loro.
Nessuno disse
niente, sperando che il vichingo continuasse il racconto.
Passarono diversi
minuti prima che Dag proseguisse. Quando lo fece
sembrava immerso nei propri pensieri, come se parlasse a se stesso più che agli
altri.
-E’