AFFAMATA
By Silea
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E’ difficile.
Sempre più
difficile.
Ormai quasi
impossibile da ignorare.
Una sensazione
forte, una necessità che si fa sempre più impellente.
“Fame… fame…”
E niente da
magiare.
Glory vaga per le
strade senza meta, alla ricerca di qualcosa che sa di non poter trovare, anche
se non ricorda più come fa a sapere una cosa simile. Non c’è cibo qui, ovunque sia
qui. Ci sono cose che gli somigliano ma sono diverse, troppo diverse per essere
commestibili.
“Tossiche… si,
tossiche…niente altro che veleno, solo deserto e veleno attorno… ed io non ho
più tempo… non ho più forza…”
E’ sempre più
difficile ricordare chi e cosa fosse lei stessa.
“Lei? Si, lei…”
Perché sia qui,
ovunque fosse qui, è già dimenticato.
“Importante? …
no, non doveva essere importante… un caso… solo un caso…”
Glory continua a
vagare, girando su se stessa, avvicinandosi incerta verso le insegne verdi dei
negozi, allungando i propri sensi verso di esse, tornando sui propri passi.
“La luce è
familiare.. così familiare… come a casa… ma non è casa…”
Scuote la testa, si
allontana.
I ricordi si fanno
sempre più confusi.
I suoi sensi si
ottenebrano, è difficile capire il mondo che la circonda. Le percezioni si
alterano, quello che prima erano singole, distinte, forme che andavano a
comporre il tessuto della realtà ora erano diventate un’unica massa amorfa
interrotta irregolarmente da brillanti luci pulsanti, quasi dolorose nella loro
intensità.
E mentre la
percezione del mondo esterno non diventa che quella di un confuso blocco di
materia, la sua memoria continua a tornare, insistentemente, quasi
ossessivamente, sull’orribile sensazione di vuoto che prova. Che ha cominciato
a provare da tempo. Sempre più forte e del tutto inarrestabile.
E mentre si
indebolisce sente qualcosa spingere contro la sua coscienza, appena al suo
limitare.
“Giù, giù stai a
cuccia, Gahelk…”
E’ un riflesso,
qualcosa che pensa senza conoscerne il vero significato. A queste parole sono
legati vaghi, vaghi, ricordi: una bestia con due zampe, due braccia. Sente
qualcosa dentro di sé agire istintivamente e quella cosa si calma, non spinge
più contro la sua coscienza. E’ un sollievo eppure tinto di amarezza.
“Buono ospite…
bravo ospite…”
Le parole si
spengono, il loro senso si perde.
Il tempo perde
significato.
Trascorre
immutabile.
Tutto quello che
percepisce ora è il vuoto.
“Vuoto…”
Dentro si sé, fuori
di sé.
Nulla ha più senso.
Presente, passato e
futuro smettono di aver significato.
Tutto è eternamente
uguale.
Eternamente vuoto.
Poi lentamente,
dolorosamente, le sue percezioni cambiano.
L’avrebbe definita
una sorpresa se fosse stata in grado di descrivere l’avvenimento.
Di nuovo c’è un
mondo che la circonda e lei che ne è divisa.
Qualche secondo
ancora per rendersi conto di poter pensare, poi per capire di avere un corpo
che può controllare.
“Glory…il mio
nome… è il mio nome…ma c’è altro… non ricordo…”
Le ci vuole altro tempo
per rimettere insieme i pezzi della sua memoria. E’ un processo lungo,
difficile e faticoso, deduce ed ipotizza quanto manca per riempire i vuoti che
le rimangono. Non ricorda tutto e non sa quanto ha dimenticato.
“Kazen e Blefegh
mi hanno Esiliata in un ospite umano…”
Glory si guarda
attorno, nuovamente consapevole di ciò che la circonda.
Guarda le sue mani.
“Diverse…”
Le dita sono punte
aguzze piantate nel cranio di un altro umano, inginocchiato di fronte a lei,
mugolante, gemente.
Non sapeva che si potessero
trasformare.
Sente la leggera
energia rimasta all’interno dell’umano.
“Cibo…è cibo…”
Non è esattamente
il nutrimento con cui si alimentava a casa ma gli somiglia.
Abbastanza da fare
tacere momentaneamente il vuoto se non a farlo scomparire.
Non sapeva che
quell’energia degli umani fosse cibo. Ricordava di aver tentato di cercare del
nutrimento e di non averlo trovato.
“Forse la
credevo troppo diversa…”
Il suo istinto
sembrava pensarla altrimenti.
Estraendo le mani
dal cranio dell’umano, Glory sente un brivido di paura.
“Vicina, ci sono
andata troppo vicina… ho rischiato di impazzire…”
La realizzazione
non la rende che più determinata nel tornare a casa.
“La mia chiave…
devo andare a prendere la mia chiave… aprire il passaggio… casa…”
C’era qualcosa che
non ricordava a proposito del passaggio, qualcosa che la spaventava, che la
rendeva disperata.
“E’ qui sento il
suo profumo… casa…”
Ignorò la
sensazione.
“Infondata, è
solo una sensazione infondata…”
Glory non riusciva
a richiamare un singolo motivo per cui usare il passaggio fosse così
pericoloso.
Così inutile.
Glory ne avverte la
presenza così vicina, sa che deve solo trovarne la chiave per poter tornare a
casa.
E’ una tentazione
irresistibile.
Glory percepisce la
chiave in lontananza.
E’ l’unica cosa su
cui concentra i pochi, deboli sensi che le rimangono.
Aveva un modo per
tornare a casa.
Lo avrebbe usato.