CONDANNATA
By Silea
Disclaimer: personaggi, situazioni ed eventi coperti da
copyright sono proprietà degli aventi diritto, ed usati senza il loro consenso
per scopi privi di lucro.
Condannata.
Era un concetto
difficile da accettare.
Anche se era la
realtà.
La realtà che si
trovava costretta a vivere.
La cosa che più la
disturbava, che più la colpiva, era che a condannarla in maniera tale erano
stati Kazen e Blefegh. Gli
stessi al cui fianco aveva combattuto per cacciare gli Spietati.
E neanche gli
Spietati erano mai stati così crudeli con i loro avversari sconfitti.
“E loro li
abbiamo combattuti perché erano troppo feroci.”
Suonava ironico.
Era un tragedia invece.
“Oh, non mi sono
mai illusa che la nostra alleanza durasse per sempre.”
Non aveva motivo di
continuare un volta raggiunto l’ultimo obbiettivo comune. E loro tre non
avevano altro a legarli, non il clan, non il sangue.
Le uniche cose che
avrebbero potuto mantenere l’alleanza una volta che la sua immediata utilità
pratica sarebbe scomparsa.
Presto o tardi
sarebbe scoppiata una lotta per il potere. All’ultimo sangue.
“E’ scoppiata
troppo presto…”
Ed invece di essere
l’uno contro l’altro, erano stato due contro una.
Una mossa
intelligente e completamente inaspettata da parte loro. Kazen
e Blefegh avevano di nuovo messo da parte
quell’individualismo che veniva insegnato a tutti loro sin dalla più tenera
età, un modo di vita più che una filosofia, qualcosa che faceva parte della
loro stessa natura, quando non esisteva ancora un immediato pericolo alla loro
esistenza.
Glory era la più forte tra loro tre, ma i suoi poteri non
potevano confrontarsi a lungo contro l’unione degli altri due.
Infatti, la guerra,
ma era stata più una battaglia, era durata poco.
E se il nome dei
vincitori erano stato scontato, il finale era stato una sorpresa.
Invece di
garantirle l’Oblio, come loro tre avevano fatto anche per gli Spietati,
nonostante millenni di guerra, abusi e torture, Kazen
e Blefegh l’avevano condannata a questo. Per
l’eternità.
Immortale,
intrappolata in questo corpo incapace di contarla, di sostenerla, sarebbe
lentamente impazzita, perdendo coscienza di sé per l’eternità, incapace di
vivere, incapace di morire.
“Avevo solo
sperato nella più piccola delle Misericordie.”
L’Oblio.
Era stata delusa.
Ed ora la sua
coscienza non si sarebbe mai unita agli altri Geni della sua dimensione.
Entità che erano
meno degli Dei, ed al contempo più di essi.
I Geni erano più
potenti, infinitamente tali, ma non avevano più la possibilità di agire, né
sentivano alcuna necessità di farlo.
Diventavano forze
che controllavano vari aspetti della natura e della struttura della loro
dimensione. Alcuni Dei potevano influenzarne alcune, ma non controllarle,
quello mai. Erano forze che però avevano coscienza di sé e perfetto
appagamento.
“Li odio per
questo…”
Ancora più, dopo
aver capito esattamente cosa le avevano fatto.
All’inizio i suoi
tentativi di prendere il controllo dell’ospite erano stati del tutto istintivi.
Espressione di una basilare necessità di autoconservazione. Le ci era voluto
tempo per capire il motivo per il quale continuava a perdere conoscenza e a non
ricordare cosa fosse accaduto in quel lasso di tempo.
Era stata una
sensazione concertante all’inizio anche priva di conoscenza Glory
aveva sempre saputo cosa accadeva attorno a sé, la sua memoria degli eventi
sempre perfetta.
Alla fine aveva
compreso cosa le avevano fatto. L’avevano costretta nel corpo di un ospite
senziente, per quanto orribilmente simile ad un Gahelk,
la cui coscienza, ed anche il suo inconscio, lottavano continuamente contro di
lei, riuscendo spesso a recuperare il controllo del proprio corpo.
Un corpo non adatto
ad ospitarla.
Scelto perché non
era adatto ad ospitarla.
Incapace di sostentarla.
Il suo semplice
esistere all’interno di questo corpo consumava energia. Energia che non aveva
mezzi o modi di rimpiazzare.
Ed una volta che
l’energia di questo ospite fosse finita, Glory
sarebbe impazzita.
Dopo un processo,
lungo, doloroso e probabilmente lei probabilmente sarebbe stata consapevole di
quanto stava accadendo, almeno ad un qualche livello.
“La mia unica
possibilità di sopravvivenza è tornare a casa...”
Nella propria
dimensione, lontana da questo dannato posto in cui non c’era nulla di adatto a
sostentarla, nulla che somigliasse lontanamente a ciò di cui aveva bisogno.
“Prima di
impazzire…”
Doveva tornare a
casa.
Avrebbe trovato un
modo.