IL SARTO

By Silea

 

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Il campanello sulla porta trillò leggermente, attirando l’attenzione di Lloyd, che sedeva vicino alla sua macchina da cucire, occupato nella sistemazione di una giacca da cerimonia. Sperava fosse un buon cliente, era estate e generalmente con la bella stagione il suo volume di affari diminuiva. Forse i miei clienti vanno tutti in vacanza nei mesi estivi. Beati loro, io non me lo posso di certo permettere, tendono a non tornare però. Comunque a settembre in genere ne arrivano sempre di nuovi.

Alzò la testa dal piano di lavoro e la riconobbe subito nonostante non la vedesse da tempo. In piedi, poco oltre l’ingresso si trovava una delle sue vecchie clienti abituali, scomparsa da un giorno all’altro anni prima.

Il vecchio sarto piegò la testa da un lato per osservarla meglio. Jeans sdruciti, una magliettaccia sformata dal dubbio colore, forse anni prima era stata verde, o forse blu, difficile da dire, la ragazza aveva una ovvia espressione di disagio sul volto, “…e vestita in quella maniera tutti l’avrebbero, o signore, sembra un incrocio tra una barbona ed un’evasa.”

Lloyd era decisamente orripilato dalla visione di insieme che la ragazza dava. Strano che non gli fosse ancora venuto un infarto dallo spavento. L’aveva sempre ritenuta una ragazza piena di buon gusto, magari un a volte eccessivamente appariscente ma da quello arrivare a questo!

Si schiarì la gola per attrarne l’attenzione.

-Si? Posso esserle utile?

La ragazza sembrò sprofondare ancora di più all’interno degli abiti troppo grandi, Lloyd non voleva sbagliarsi ma doveva aver perso diversi chili dall’ultima volta che l’aveva vista. “Chiaramente la fortuna non è dalla sua parte da tempo, ridursi in questo stato neanche avesse perso tutto quello che possedeva.” Scosse la testa sconsolato alla vista che aveva davanti agli occhi. Non sapeva quanto avevesse ragione.

-Salve signor Lloyd… io… ecco… volevo… -L’uomo quasi calvo la guardava senza accennare minimamente a toglierla dall’imbarazzo. Si stava godendo la scena in realtà, non aveva mai visto la ragazza tentennare in qualcosa prima. Era un vero spettacolo, inquietante a pensare a cosa l’avesse potuta ridurre così, ma comunque una rarità. -… avrei bisogno di un vestito nuovo.

Dannazione, lei non balbettava. Non balbettava mai! “Su, datti una regolata, sei qui ora, andrà tutto bene… l’incubo è finito… è tutto finito… hai superato anche questo…

-Un vestito miss Faith?

Lloyd le rispose pesantemente sarcastico, la stava squadrando con un sopracciglio alzato, un’espressione di disapprovazione chiara sul volto. La cacciatrice stava spostando nervosamente il peso da un piede all’altro, conscia della condanna neanche troppo silenziosa che stava ricevendo. “dannazione so che sono vestita da shifo, ma con lui che mi guarda così mi sento colpevole di chissà quale reato… mica ho ammazzato qualcuno… non di certo per prendere questi abiti… e comunque non nelle ultimi ventiquattro ore… basta non ho intenzione di sentirmi più colpevole…” Deglutì un paio di volte prima di continuare.

-Veramente, io pensavo di rifarmi l’intero guardaroba.

-Ecco ora va meglio. -Il vecchio le sorrise condiscendente. –Ha in mente qualcosa di preciso?

Faith sorrise, un’aria sognante sul volto. Quante volte negli ultimi anni aveva desiderato essere lì, invece della fogna dove si era ritrovata. Buona parte delle sue fantasie si erano concentrate proprio su quello che le abili mani di quest’uomo potevano fare…

-Pelle, pelle nera, magliette, maglioni. Tutto abbastanza casual, ma non sportivo, se possibile meno appariscente di come mi vestivo prima…

Quanto non avrebbe pagato per avere un vestito cucito da lui mentre era in prigione. “Chiunque abbia disegnato quelle uniformi merita una eterna permanenza all’inferno.”

Lloyd annuì e cominciò a prenderle rapidamente le misure mentre le illustrava le stoffe ed i modelli che aveva nel negozio. Sapeva che Faith era imbottita di denaro, ed un intero guardaroba, soprattutto di pelle era un affare. Sorrise fra sé, considerando le entrate degli ultimi tempi la cosa non poteva che sollevarlo. Fu interrotto a metà descrizione di uno degli ultimi arrivi dal trillo del campanello della porta. Irritato alzò la testa, solo per vedere un altro dei suoi clienti abituali di anni prima, anche lui scomparso misteriosamente da un giorno all’altro.

Il sarto si accorse che Faith si era irrigidita alla vista dell’uomo appena entrato. Lloyd si chiese se si conoscessero. Ed in quali termini. “Amanti? Hanno appena rotto?” Ed a giudicare dalla faccia sorpresa di lui, od almeno quella che il sarto credeva fosse la faccia sorpresa, era difficile dirlo con quel cliente, aveva conosciuto poche persone così monoespressive, nessuno dei due sapeva che l’altro sarebbe stato lì.

-Mister Angel, è un piacere rivederla.

-Il piacere è mio signor Lloyd.

Il sarto lo squadrò da capo a piedi. Anche lui era vestito in maniera a dir poco ordinaria, senza arrivare al dozzinale, ma sfiorandolo di poco. Notò il giro vita alla prima occhiata. Era tra i suoi doveri di sarto notarlo.

-Abbiamo messo su qualche chiletto, eh?

Angel si grattò la testa, imbarazzato. Faith ghignò divertita all’innegabile osservazione, se non sbagliava il vampiro stava anche arrossendo al commento.

-E’ stato un periodo stressante…

-Ah, ah, -Fece Lloyd annuendo e lasciando intendere che non credeva ad una parola. Faith cercava disperatamente di non scoppiare a ridere. Gli occhioni languidi da cucciolo sgridato che Angel rivolse al sarto furono quasi troppo da sopportare. –Capisco… venga pure, si sieda qui sul divanetto mentre vado a prendere qualcosa per miss Faith. Sarà da lei appena finisco.

In un lampo il sarto scomparve nel retrobottega, lasciando una cacciatrice ed un vampiro a squadrarsi impacciati, l’uno seduto su un divano di raso con il mento appoggiato sulle mani, l’altra immobile al centro del negozio le braccia ancora alzate per permettere a Lloyd di prendere tutte le misure necessarie.

Entrambi con espressioni che variavano tra lo stupito, lo sconcertato e l’imbarazzato. “Anche lui è imbarazzato? Interessante... chissà perché poi… ma chissenefrega del perché… posso stuzzicarlo un po’ prima che Lloyd torni…” Pensò Faith.

-Credevo che tu fossi a L.A. a salvare innocenti…

Faith sapeva meglio che aspettare che Angel rompesse un silenzio. Il vampiro amava troppo la sua fama di stoico laconico per fare una mossa simile.

-Io credevo che tu fossi in prigione a scontare i tuoi peccati.

Si squadrarono a lungo cercando di capire se potevano fidarsi l’una dell’altro, e quanto potevano dirsi. Che entrambi si trovassero qui era un segreto, quel tanto era evidente, il perché di una tale scelta era dannatamente importante e personale poi. Di certo non lo volevano condividere. Era una cosa veramente troppo importante. Cosa sarebbe successo se l’avessero usata contro di loro? Sarebbe stata un’ottima arma per ferirli, per costringerli in un angolo e chiedere pietà…

Alla fine Faith decise di tentare, di dire la verità al vampiro. Di prendere un rischio. Forse Angel poteva essere degno di fiducia, del resto parlava talmente poco che gli sarebbe stato difficile tradirla no? E poi se era qui anche lui forse avrebbe capito l’importanza della cosa.

Fece un respiro profondo, raccogliendo il coraggio di fare la propria confessione “Un’altra in meno di due anni, sta cominciando a diventare un vizio, per fortuna almeno l’ho piantata con quella fandonia della redenzione. Non faceva per me. Ho fatto bene a scegliermi un bravo avvocato. Durante l’appello tra il fatto che ero minorenne nel momento del reato e la mancanza di prove sostanziali da parte dell’accusa è riuscito a farmi assolvere, più o meno. Sono di nuovo ufficialmente libera.”

Quando ripensava al periodo passato in galera aveva ancora i brividi, quel colore, quell’orribile colore ormai la perseguitava anche nei suoi incubi. -Mi ero scocciata di quel dannato arancione fosforescente delle divise della prigione. Faceva botte con la mia carnagione. Parevo un mocio vileda lavato male dimenticato dentro ad un secchio. E tu?

-Non ce la facevo più a reggere le battute di Cordelia su come mi vestivo. –Un attimo di pausa. Angel non poteva mai dire più di due frasi attaccate senza minimo tre secondi di silenzio in mezzo ed un’espressione contrita sul volto a causa dello sforzo che faceva nel parlare. Altrimenti che fine avrebbe fatto la sua fama di laconico? Del resto ripensare alle occhiate della sua segretaria era doloroso. Chiuse gli occhi e ripensò a quanto era accaduto. A tutte le volte che lei lo aveva guardato così, come se lui fosse stato un mostro, quando non aveva fatto nulla.

Quegli sguardi delusi, li poteva vedere davanti a sé anche ora e soffriva. Il rimpianto era chiaro sul suo volto come la sofferenza che provava. Era duro confrontarsi con quanto aveva fatto. Ma lo doveva fare. Si fece forza e chiuse gli occhi riportando alla mente tutte quelle volte che quelle occhiate amare e senza speranze di Cordelia ed anche di Doyle lo aveva ferito. Era un paladino. Doveva affrontare queste cose –Come abbiamo fatto a ridurci così?

Un mezzo sorriso sulle labbra dei due. Ma nessuno voleva approcciare veramente come fossero arrivati in tali situazioni in primo luogo. Furono salvati dall’imbarazzo dall’ingresso di un’altra figura ancora, che caricò poco cerimoniosamente la porta sbattendola dopo essere entrato.

-Basta, io non ce la faccio più! Pianto tutto! E all’inferno con l’amore e la redenzione! Col cavolo che esistono!

Appena all’interno del negozio l’ossigenato si fermò all’improvviso, rendendosi conto di chi fosse il suo pubblico. Era scioccato, ma anche gli altri due lo erano però. Quante possibilità esistevano che loro tre entrassero nello stesso negozio, lo stesso giorno, a meno di cinque minuti l’uno dall’altro quando tutti non erano più stati lì dentro da anni?

Deve essere un segno misterioso dei poteri che sono.” Non c’era altra spiegazione decise Angel.

Cos’è sono finito dentro Passions? Quando per caso tutti si incontrano in un certo luogo in un certo orario giusto in tempo per beccare qualcuno che sta facendo qualcosa che non dovrebbe fare?” Si chiese Spike, già scocciato dalla presenza degli altri.

Che sfiga…” Pensò Faith, era troppo chiedere di non inciampare in qualcuno degli eroi per mezz’ora? Insomma neanche chiedesse di avere un’intera puntata di quarantacinque minuti per sé…

-Spike? Tu che ci fai qui?

-Giusto chiodo, perché qui? E che fine ha fatto il tuo spolverino?

Angel e Faith si scambiarono una sguardo di intesa, meglio attaccare uniti il nuovo venuto piuttosto che affrontare la spinosa situazione che nessuno voleva discutere. Se c’era un problema era meglio ignorarlo fino a quando fosse stato possibile. Perché attaccare il vero nemico quando ci si poteva scontrare con altri che non contavano praticamente nulla per le sorti del mondo?

Lui li squadrò un attimo preso di contropiede, riprendendosi subito però. Si era stancato di essere una vittima. Dannazione se se ne era stancato, chi credevano di essere quei due? I protagonisti della serie?

-A giudicare da come siete vestiti per il vostro stesso motivo.

Arrossirono tutti e tre. Lloyd scelse quel momento per uscire dal retro, le braccia piene di abiti sia maschili che femminili.

-Anche lei qui mister William?

Angel si girò per a squadrare Spike, l’espressione stupita. Perlomeno aveva un sopracciglio più alto dell’altro, quindi o aveva una contrattura ai nervi facciali del lato destro del volto o stava cercando di esprimere qualcosa attraverso i suoi lineamenti. Con scarso successo in realtà.

-William?

L’altro scosse le spalle arrossendo nuovamente.

-Immagino che la sua visita abbia a che fare con quella specie di straccio color verde palude al tramonto che ha indosso mister William. –Lloyd si stava riferendo alla camicia che Spike aveva. Sia Angel che Faith scoppiarono a ridere senza ritegno, ora che l’attenzione non era più su di loro. Furono zittiti da uno sguardo del sarto.

-Venga, si accomodi anche lei. Vado a prenderle qualche camicia con un colore definito, quanto a lei mister Angel, -Il vampiro si fece piccolo piccolo sul divano, cercando di sfuggire a quegli occhi che lo giudicavano così severamente. –Non credo che i sacchi della mondezza formato condominiale siano di moda quest’anno. Le porterò qualche altro abito dal taglio classico mentre da un’occhiata a questi… -Lo sommerse con una bracciata di abiti con attualmente un taglio deciso e definito. –Miss Faith, se vuole intanto provarsi qualcuno di quelli che ho portato per lei.

Tutte e tre annuirono mentre Faith sceglieva un abito ed andava nel camerino di prova. Con un po’ di fatica Angel emerse dal mucchio che lo sommergeva. Mentre dava un’occhiata ai vestiti decise di fare un po’ di conversazione.

-Non credevo di trovarti qui. Non dopo la fatica di arrivare fino in Africa per un’anima.

-Anima? –L’altro vampiro era positivamente scioccato ed anche un po’ incavolato dall’assunzione. –Io cercavo la mia identità, altro che anima, c’è stato un problema di traduzione, io il dialetto zulu non l’ho mai saputo pronunciare bene… -Spike scrollò le spalle sconsolato. Sapeva che avrebbe dovuto dar retta a Drusilla ed imparare altre lingue oltre all’inglese, ma loro avevano dominato il mondo! Semplicemente non era giusto che non tutti lo capissero quando parlava. –Del resto non sono mica l’unico che ha un anima qui dentro.

Angel ebbe la decenza di mostrarsi imbarazzato.

-Non ce la facevo più a sopportare certe commenti. E poi almeno io sono stato maledetto. Mica me la sono andata a cercare come altri qui.

Spike aspirò una boccata di fumo dalla sigaretta che si era appena acceso. In effetti quella non era stata l’idea migliore che avesse mai avuto. Ma del resto lui era impulsivo no? Mica aveva avuto tempo di ragionarci su, mentre si annoiava durante il viaggio durato per giorni “…mai che si trovasse una coincidenza quando servisse…” o veniva macellato dalle “prove” da superare.

-Dillo a me, oltre tutto l’unico modo di stare con quella stronza di una bionda era vestirmi in questo modo di merda.

-Lo so, secondo te perché me ne sono andato? Almeno sono potuto tornare al bianco e nero. Sapevo che prima o poi mi avrebbe costretto a vestirmi con un celeste pastello o che so io…

Faith tornò dal camerino, con indosso un elegante vestito nero, con il colletto alla coreana.

-Che ne pensate?

La guardarono per un istante.

-Bello, veramente bello.

Commento dal laconico Angel

-Il nero fa risaltare il colore dei tuoi capelli ed aggiunge espressività ai tuoi occhi, dovresti prenderlo sai.

L’artistico Spike.

Faith, annuì, accettando i loro suggerimenti, poi prese un paio di pantaloni dal mucchio portato da Lloyd e tornò nel camerino.

-Sapete? –Disse alzando la voce per farsi sentire. –La storia dell’anima è un’idiozia bella e buona.

-Completamente d’accordo. Se la sarà inventata qualcuno e l’avrà scritta in una dannata profezia. E da lì l’hanno copiata tutti. Probabilmente è facile trovare cose che fanno rima con anima. –Spike sbuffò sprezzante. Non tutti erano poeti abili come lui. -Oppure hanno tradotto male da chissà quale lingue antica, morta e sconosciuta che leggevano correntemente in quattro o cinque senza che mai nessuno gli avesse insegnato come fare.

-Secondo me sono stati gli osservatori.

L’apporto di Angel era stato più… corto.

-Può darsi… a loro piacciono le filastrocc… volevo dire le profezie… -Aggiunse Faith. –Comunque ‘sta storia dell’anima non fa che aumentare i casini. Per giustificare le tue azioni cercano le peggio spiegazioni. Secondo alcuni sono passata dalla parte del sindaco perché ero talmente innamorata di Buffy… –Tutti i presenti nella stanza rabbrividirono all’idea, sapevano cosa significava. Era l’amore eterno della tua vita, che tu lo volessi o no. Avresti fatto tutto per lei… redimerti… diventare malvagio “Perché a me è toccato redimermi e a lei di diventare cattiva?” Rifletté Spike, invidioso. –…e non ricambiata, che dovevo trovare un modo per odiarla o/e per farmi odiare. Già che c’erano potevano farmi commettere un omicidio-suicidio almeno avrei liberato il mondo da lei. –Uscì dal camerino indossando pantaloni di pelle nere asfittici. –Come ci stò?

I due annuirono mentre cercavano di recuperare le loro lingue. Perché erano andati dietro a Buffy? L’altra cacciatrice era molto, molto meglio. Capiva anche l’importanza del nero e della pelle. Cosa si poteva chiedere di più? Avevano sbagliato tutto, dannazione. Anche Faith li guardava attentamente, realizzando che in effetti nessuno dei due era male, poi una volta che Lloyd avesse finito... certo erano un po’ “…freddi…”, ma a quello si poteva rimediare, ne era certa. Ghignò fra sé…

Era l’inizio di quella che sarebbe stata una bellissima amicizia, Faith lo sapeva. Ne era certa quanto era certa del fatto che non sarebbe stata affatto un’amicizia.

 

 

Qualche ora dopo pagarono i loro acquisti con le loro visa platinum, intaccando appena i loro conti personali, nonostante la spesa di diverse migliaia di dollari. Lloyd li ringraziò profusamente di essere tornati da lui, raccomandandoli di chiamarlo per qualsiasi problema, e di non preoccuparsi, li avrebbe avvertiti appena gli fossero arrivati nuovi modelli. Spike, Angel e Faith si goderono l’attenzione che il sarto gli prestava, decisamente era molto più soddisfacente che comprare la roba ai grandi magazzini.

Appena fuori dal negozio tutti e tre si guardarono un po’ sospettosi mentre camminavano con le proprie buste piene di abiti nuovi, due o tre per ogni mano. La prima a parlare fu Faith, tanto valeva chiarire subito il perché si potesse permettere di andarsi a vestire nella migliore boutique di Sunnydale.

-Di certo non lavoravo per beneficenza. Il sindaco era ricco e pagava bene omicidi e taglieggiamenti. Senza contare i bonus di produttività…

Fu poi la volta del bello e maledetto.

-Angelus aveva fatto degli ottimi investimenti immobiliari all’inizio del secolo. Aveva comprato anche qualche azione. Aveva decisamente senso degli affari.

-Io ho rubato tutto quello che potevo. Ho cominciato da Angelus per poi passare a Darla e poi saccheggiando durante la rivolta dei Boxer, mentre mettevo a ferro e fuoco la città. Seta e oppio si vendevano bene in Europa all’epoca.

Si guardarono in volto l’un l’altro.

-Il crimine non paga lo sapete?

Fece osservare Faith, il tono serio.

Ci fu un attimo di silenzio.

Scoppiarono tutti a ridere.